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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

della virtù.<br />

Le etiche che rispondono alla domanda “che cosa è giusto fare?” pronunciano norme capaci<br />

<strong>di</strong> regolare i nostri atti in base ad un principio o a più principi interconnessi, in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dai fini che gli attori possono proporsi in rapporto ad una qualche concezione del mondo, della<br />

vita terrena od ultraterrena, della storia ecc. Queste etiche normative si <strong>di</strong>stinguono in<br />

deontologiche e consequenzialistiche.<br />

Le etiche deontologiche ci <strong>di</strong>cono che un atto è giusto o ingiusto, lecito od illecito in base<br />

alla sua qualità intrinseca, rapportata ad un principio o regola generale dell'agire: un'idea della<br />

ragione in morale ovvero ragion pratica, un'idea della <strong>di</strong>gnità umana o altro. Il tipo-base <strong>di</strong><br />

queste etiche è quella kantiana. Ad esso si richiamano oggi sia la teoria della giustizia <strong>di</strong> John<br />

Rawls sia l'etica del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Karl-Otto Apel e Jürgen Habermas.<br />

Le etiche consequenzialistiche chiamano giusto quell'atto che produce il miglior esito<br />

complessivo, visto da un punto <strong>di</strong> vista impersonale che dà egual peso all'interesse <strong>di</strong> ognuno.<br />

Di queste etiche il tipo fondamentale è l'utilitarismo, che identifica quel miglior esito<br />

complessivo con il saldo netto più alto <strong>di</strong> piacere umano aggregato (piaceri meno dolori, e<br />

riguardante la totalità degli in<strong>di</strong>vidui).<br />

L'utilitarismo ha subito in seguito una grande quantità <strong>di</strong> mutamenti, più ancora delle teorie<br />

deontologiche. Per un certo aspetto si può <strong>di</strong>re che esso oggi sopravviva in due cose largamente<br />

separate: un utilitarismo filosofico e prevalentemente metaetico da un lato, ed è questo un esito<br />

molto sbia<strong>di</strong>to rispetto all'utilitarismo sensista dei fondatori (Bentham, Stuart Mill). Per altro<br />

verso l'utilitarismo è uscito dalla filosofia ed è <strong>di</strong>ventato una pura e semplice teoria della scelta<br />

razionale: theory of rational choice, che è una trattatistica relativa a come prendere le migliori<br />

decisioni, sviluppata nei terreni specifici dell'economia, in parte anche delle politiche<br />

pubbliche, o in sotto settori come quello militare.<br />

L'approccio utilitaristico si può anche definire una teoria che giu<strong>di</strong>ca le azioni in base al<br />

bene che producono, e non c'è dubbio che esso contiene un elemento <strong>di</strong> correlazione dei mezzi<br />

al fine, fine che uno sceglie come definizione dell'utilità.<br />

Facciamo le seguenti osservazioni: 1) l'utilitarismo parla <strong>di</strong> bene,ma quando parla <strong>di</strong> bene<br />

questo è esclusivamente un bene non morale, scelto cioè in base al gusto, in base alle<br />

sensazioni, in base ai valori <strong>di</strong> una civiltà, ma non è compito <strong>di</strong> una teoria morale stessa<br />

sceglierlo. Inoltre esso è un bene aggregato, cioè - si <strong>di</strong>ceva una volta - derivante da piaceri, più<br />

avanti si <strong>di</strong>sse scelte e oggi si <strong>di</strong>ce preferenze in<strong>di</strong>viduali.<br />

Occorre tenere a mente queste cose perché impe<strong>di</strong>scono <strong>di</strong> confondere l'utilitarismo con il<br />

teleologismo. Le teorie teleologiche, o etiche del bene, <strong>di</strong>cono che c'è un bene comune, ovvero<br />

un bene supremo, che viene definito in base ad una qualche teoria o religiosa o metafisica o <strong>di</strong><br />

filosofia della storia e che è considerato al <strong>di</strong> sopra e al <strong>di</strong> fuori delle preferenze in<strong>di</strong>viduali, sia<br />

come bene supremo <strong>di</strong> ciascun singolo in<strong>di</strong>viduo, sia come bene proprio della comunità. L'agire<br />

morale <strong>di</strong> queste teorie consiste dunque nell'or<strong>di</strong>nare finalisticamente, non solo tutti i nostri atti,<br />

ma tutta la nostra vita al conseguimento <strong>di</strong> quel bene, cioè al conseguimento, all'avvicinamento<br />

della nostra vita personale al modello <strong>di</strong> vita buona o - nel greco <strong>di</strong> Aristotele - `eu zen'.<br />

Aristotele resta la base delle etiche teleologiche, <strong>di</strong> cui abbiamo <strong>di</strong> recente visto una<br />

riproposizione negli autori detti appunto neoaristotelici (Alasdair MacIntyre, Charles Taylor).<br />

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