Piscinas - Sardegna Turismo
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DANIELE PELLEGRINI<br />
84 PISCINAS<br />
SOPRA: UN RAMO SECCO CREA DELICATI GIOCHI D’OMBRA SULLA SABBIA DELLE DUNE. A FRONTE: CERVI (UNA FEMMINA<br />
CON IL CERBIATTO E UN MASCHIO) NELLA MACCHIA CHE SI ESTENDE ALLE SPALLE DELLE DUNE DI PISCINAS.<br />
QUASI STERMINATA, LA SOTTOSPECIE PROPRIA DELL’ISOLA (CERVUS ELAPHUS CORSICANUS) È OGGI IN NETTA RIPRESA.<br />
GRUCCIONE<br />
(MEROPS APIASTER)<br />
FRANCO TESTA/COLL. NATTA<br />
industriale e turismo possano andare d’amore e d’accordo.<br />
Perché nasce la duna? In che modo il vento costruisce castelli di<br />
sabbia che cambiano forma ma non cascano mai? Fa un certo effetto<br />
sentirselo spiegare da uno che non s’è mai occupato di ecosistemi,<br />
ma la competenza acquisita scarpinando tra mare e montagna è indiscussa:<br />
“Volevo impadronirmi del segreto di un piccolo universo,<br />
dove tutto sembra finito e, invece, tutto è rimasto vivo”. Finito come<br />
il mondo minerario, di cui pure <strong>Piscinas</strong> fa parte (vedere il servizio a<br />
pagina 56); vivo come le dune, le sue piante e i suoi animali. E allora<br />
ecco la storia del vento, che per millenni soffia da nord-ovest e rintuzza<br />
la sabbia verso l’entroterra; ecco i cumuli color crema colonizzati<br />
da vegetali psammofili (letteralmente,<br />
amici della sabbia): la gramigna delle spiagge,<br />
lo sparto pungente, i ginepri che si prostrano<br />
assecondando le raffiche. Piante che chiedono<br />
poco, sopportando alti tassi di salinità e facendo<br />
quasi a meno dell’acqua, e danno molto:<br />
è il fitto reticolo delle loro radici, infatti,<br />
DOMENICO RUIU<br />
APPUNTI DI NATURA<br />
Lo scenario fatato di <strong>Piscinas</strong> si spalanca<br />
all’improvviso davanti agli occhi del visitatore che<br />
percorre la strada. Questa scende in strette<br />
curve, fra ruderi spettrali e bosco magnificamente<br />
invadente, da Montevecchio, paese-mausoleo<br />
dell’epopea mineraria. Le dune si ergono alte e si<br />
allontanano per più di 3 chilometri dal mare,<br />
insinuandosi nel bosco e nella rigogliosa macchia.<br />
La sabbia, sottilissima e ambrata, copre<br />
tutto, assecondando gli umori dei venti, così che<br />
il paesaggio è perennemente mutevole. A dare<br />
fissità ci provano tenaci lentischi, cespugliosi ginepri<br />
coccoloni, filliree, corbezzoli e rudi olivastri,<br />
resi striscianti dalla violenza dei venti. Cannucce<br />
selvatiche, sparse tamerici e giunchi indicano<br />
che in passato c’era l’acqua. E poi euforbie e cisti, e<br />
soprattutto una diffusa presenza floreale che,<br />
all’approssimarsi della precoce primavera, spruzza<br />
di colori la sinuosa coltre dorata. Caute pernici<br />
frequentano il limitare delle dune, mentre le lepri vi<br />
si addentrano costantemente. Come le volpi,<br />
che scavano la tana sotto le radici dei ginepri. In<br />
primavera arrivano i gruccioni, che nidificano<br />
a frotte nei pressi del vicino rigagnolo. Topi selvatici,<br />
scarabei, piccoli passeriformi tessono trame di segni<br />
sulla sabbia, per testimoniare la vita sulla duna.<br />
MA LA SCARICA PESANTE di adrenalina al naturalista<br />
curioso l’assicura la visione delle evidenti tracce<br />
del cervo sardo (Cervus elaphus<br />
corsicanus). Orme inconfondibili<br />
svelano lunghe traversate<br />
allo scoperto, raccontando una<br />
frequentazione che parrebbe<br />
fuori luogo soltanto immaginare.<br />
Scampato a uno stermino<br />
che sembrava incombente, il cervo<br />
sardo sta conoscendo qui nuova<br />
abbondanza. Diversi esemplari<br />
vivono ai confini delle dune, che<br />
attraversano regolarmente,<br />
offrendo all’osservatore paziente<br />
e fortunato un’emozione<br />
indescrivibile. (Domenico Ruiu)<br />
‘‘<br />
Angela comprese di essere soltanto una formicuzza al cospetto della Grande Duna: un’entità che ti catturava,<br />
ti rimpiccioliva e ti annullava. Si fermò a osservare Viotti che marciava più spedito ed era già abbastanza lontano,<br />
dentro la vallata di sabbia costeggiante il bastione rivolto all’hotel. Gli sembrò un microscopico bambino<br />
che procedeva lasciandosi alle spalle orme come capocchie di spillo. E destinato, di lì a poco, a diventare invisibile<br />
sullo sfondo della piana di <strong>Piscinas</strong>. (Giampaolo Pansa, 1998)