03.11.2014 Views

3 - S.Anna hospital

3 - S.Anna hospital

3 - S.Anna hospital

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Sommario<br />

2<br />

www.santanna<strong>hospital</strong>.it<br />

S. <strong>Anna</strong> Hospital Magazine<br />

Viale Pio X, 111- 88100 Catanzaro<br />

Tel. 0961 5070456<br />

Direttore Responsabile<br />

Marcello Barillà<br />

marcello.barilla@santanna<strong>hospital</strong>.it<br />

Direttore Editoriale<br />

Giuseppe Failla<br />

Direttore Generale<br />

S. <strong>Anna</strong> Hospital<br />

Direttore Scientifico<br />

Prof. Benedetto Marino<br />

Referente Medico<br />

Alfonso Agnino<br />

Direttore Dipartimento<br />

Chirurgia Cardiovascolare<br />

S. <strong>Anna</strong> Hospital<br />

Progetto grafico<br />

Il segno di Barbara Rotundo<br />

info@graficailsegno.com<br />

Stampato in 25.000 copie presso<br />

Rubbettino SpA<br />

Soveria Mannelli (CZ)<br />

Registrazione<br />

Autorizzazione Tribunale di Catanzaro<br />

n. 3 del 6 aprile 2009<br />

postatarget magazine NAZ/571/2009<br />

3 EditorialE<br />

Il lavoro non può<br />

che proseguire<br />

di Giuseppe Failla<br />

4 ORGANIZZAZIONE<br />

Alfonso Agnino<br />

direttore<br />

del Dipartimento<br />

6 INDAGINI<br />

Lo screening sul giudizio<br />

consolidato dei pazienti<br />

di Renato Mannheimer<br />

10 CONVEGNI<br />

Clinica e ultrasuoni<br />

in patologia vascolare<br />

12 Il prof. De Franciscis<br />

dell’Università “Magna<br />

Græcia” annuncia<br />

l’utilizzo didattico dei<br />

lavori del convegno<br />

13 L’Arteriopatia<br />

obliterante degli arti<br />

inferiori<br />

14 Novità tecnologiche<br />

nella prevenzione<br />

vascolare: L’IMT e<br />

l’Arterial Stiffness<br />

15 La calza elastica<br />

non è più un problema<br />

16 CARDIOPSICOLOGIA<br />

Avere a cuore<br />

la serenità del paziente<br />

18 QUALITÀ<br />

Il Sant’<strong>Anna</strong> conferma<br />

la certificazione<br />

di qualità<br />

19 LETTERE AL MAGAZINE<br />

AVVISO IMPORTANTE PER I LETTORI<br />

L’equipe medica del S.<strong>Anna</strong> Hospital, nell’intento di rendere sempre più veloci e proficui<br />

i contatti con i pazienti, chiede loro e/o ai loro familiari di voler fornire il proprio<br />

indirizzo di posta elettronica. Chi intende aderire a tale richiesta, può comunicare il<br />

suddetto indirizzo scrivendo direttamente a: info@santanna<strong>hospital</strong>.it<br />

Chi non desidera ricevere il<br />

S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine<br />

può comunicarlo all’indirizzo<br />

magazine@santanna<strong>hospital</strong>.it


Editoriale<br />

S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

di Giuseppe Failla<br />

Il lavoro non può che proseguire<br />

Fa un certo effetto aprire il giornale al mattino e leggere che tutta l’equipe operatoria ha interrotto<br />

il rapporto di collaborazione con il S.<strong>Anna</strong> Hospital. E se lo ha fatto a chi ha la responsabilità di dirigere<br />

l’ospedale, immaginiamo cosa abbiano potuto pensare i pazienti e il resto dell’opinione pubblica<br />

calabrese. Anche perché, la notizia, per quanto poco circostanziata, aveva un taglio allarmato (e<br />

questo è per certi versi comprensibile) e di conseguenza, allarmante. Ma tant’è: la logica dell’informazione<br />

segue spesso strade sue ma comunque garantisce sempre tempi e modi per ristabilire la verità<br />

dei fatti. Così, subito dopo quella prima notizia, i calabresi hanno avuto la possibilità di leggere che il<br />

Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare del S.<strong>Anna</strong>, in tutte le sue articolazioni, diagnostiche e terapeutiche,<br />

stava proseguendo con assoluta regolarità il suo lavoro e che del resto, non avrebbe potuto<br />

essere altrimenti. Pochi giorni dopo, infine, stampa e televisione raccontavano all’opinione pubblica la<br />

nuova organizzazione del Dipartimento stesso, per quanto concerne alcune sue figure apicali, aggiungendo<br />

che non solo il lavoro proseguiva con assoluta regolarità ma che anzi si sarebbe implementato<br />

con l’aumento dei posti letto, assegnati dalla Regione al S.<strong>Anna</strong> e destinati all’Utic, l’Unità di Terapia<br />

Intensiva Cardiologica che proprio in questi giorni sta andando ad aggiungersi alla già operativa Unità<br />

di Emodinamica e Terapia Interventistica Cardiovascolare.<br />

In questo numero del Magazine torniamo sulle vicende delle scorse settimane. Non perché vi siano novità<br />

o qualcosa di particolare da aggiungere ma solo per ribadire ai nostri lettori e tra di loro ai pazienti<br />

in special modo, che l’obiettivo principe del Centro Regionale di Alta Specialità del Cuore era e resta<br />

quello di continuare a garantire standard di qualità il più elevati possibile alle sue prestazioni. Obiettivo<br />

che permane legato essenzialmente, oggi come in passato, all’organizzazione complessiva dell’Azienda,<br />

ai criteri di gestione e a una filosofia di lavoro di squadra degli operatori, i cui risultati sono stati finora e<br />

resteranno in futuro frutto dell’apporto e della professionalità di tutti e non dei singoli. Non vi è dunque ragione<br />

di caricare di significati impropri una scelta che il S.<strong>Anna</strong> ha prima ben ponderato e poi compiuto<br />

e che si colloca nell’ordine naturale delle vicende, che ciascuna azienda vive nella sua autonomia. Per il<br />

S.<strong>Anna</strong>, per tutto quello che si muove al suo interno, il fulcro rimane il malato e il dovere che l’ospedale<br />

ha di dare al malato risposte globali, che non si esauriscono nel solo gesto chirurgico, per quanto fondamentale<br />

esso sia ma contengono un’insieme di azioni e funzioni che solo un’organizzazione e non<br />

certo una individualità, qualunque sia il suo ruolo, possono dare. È in virtù di questa organizzazione che<br />

il Centro Regionale di Alta Specialità del Cuore continua a confermare la sua certificazione di qualità secondo<br />

standard e requisiti che sono rigorosissimi ed è in virtù di quella stessa organizzazione che anche<br />

recentemente gli organi di governo della sanità hanno manifestato la volontà di valorizzare ulteriormente<br />

il nostro ospedale, nell’ambito del ridisegno del Sistema Sanitario Regionale; così come è grazie<br />

a quella stessa organizzazione che si riescono ad allestire eventi di respiro nazionale, come il convegno<br />

che ha visto presente in Calabria il gotha dell’angiologia italiana e del quale parliamo in queste stesse<br />

pagine.<br />

I calabresi debbono dunque essere certi che poiché il S.<strong>Anna</strong> Hospital è patrimonio di tutti, anche di chi<br />

cardiopatico non è, rimane intatta la sua volontà di continuare ad avvalersi di una equipe medica fortemente<br />

motivata, autenticamente in grado di condividere il lavoro di squadra, giovane ma al contempo<br />

con una già robusta esperienza alle spalle, capace quindi di continuare ad acquisire tempestivamente<br />

conoscenze e innovazioni, proprio perché associa al dato anagrafico quello della forte motivazione al<br />

lavoro e alla crescita. L’intendimento del Sant’<strong>Anna</strong>, quindi, è di proseguire il suo percorso, continuando<br />

a implementare, qualificandola ulteriormente, la propria offerta di servizi in risposta alla domanda<br />

di salute dei cittadini; ciò allo scopo di mantenere e rafforzare nel tempo il suo ruolo all’interno del<br />

Servizio Sanitario Regionale e della comunità medico scientifica, nazionale e internazionale.<br />

3


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

Organizzazione<br />

Alfonso Agnino direttore<br />

del Dipartimento<br />

4<br />

Il cardiochirurgo ritorna al Sant’<strong>Anna</strong> dopo una parentesi da primario in Puglia.<br />

L’Unità di Terapia Intensiva Chirurgica affidata alla direzione di Bruno Madaffari<br />

Alla conferenza stampa di presentazione di Alfonso<br />

Agnino, nuovo direttore del Dipartimento<br />

di Chirurgia Cardiovascolare e di Bruno Madaffari,<br />

nuovo direttore dell’Unità di Terapia Intensiva<br />

Chirurgica e Rianimazione, c’erano tutti i vertici del<br />

S.<strong>Anna</strong> Hospital, quasi a voler rappresentare con<br />

un’unica immagine, in un solo colpo d’occhio, lo spirito<br />

di unità dell’ospedale e la condivisione nelle sue<br />

scelte che contano. Il direttore generale, Giuseppe<br />

Failla, il direttore sanitario, Gaetano Muleo, i direttori<br />

delle unità operative, Pino Caliò, Saverio Iacopino<br />

e Bindo Missiroli, tutti intorno al tavolo, davanti ai<br />

giornalisti in attesa di ascoltare il racconto ufficiale<br />

di un cambiamento significativo in sé ma che non<br />

sposta di una virgola capacità ed efficacia del Centro<br />

regionale di Alta Specialità del Cuore nel dare<br />

risposte alla domanda di salute dei cardiopatici calabresi<br />

e nel darla a quei livelli di eccellenza che, per<br />

primi, i calabresi stessi conoscono. Il S.<strong>Anna</strong> Hospital<br />

continua regolarmente a lavorare, garantendo<br />

l’emergenza-urgenza per 24 ore al giorno e per 365<br />

giorni all’anno, con i consueti standard di qualità:<br />

questo il messaggio principale che la struttura ha<br />

inteso veicolare attraverso i mezzi di informazione<br />

e che ripropone oggi in questo numero del suo Magazine.<br />

Un messaggio importante e definitivamente<br />

chiarificatore, dopo che nei giorni immediatamente<br />

precedenti al cambio al vertice del Dipartimento di<br />

Chirurgia Cardiovascolare, le notizie si erano rincorse<br />

confusamente fino a ipotizzare addirittura lo<br />

smantellamento del Dipartimento stesso. «Si è trattato<br />

di un ordinario avvicendamento al vertice - ha<br />

rassicurato il direttore generale, Failla. L’equipe operatoria<br />

è qui e prosegue la propria attività, a dimostrazione<br />

che c’é un lavoro di squadra che non è mai<br />

venuto meno. È accaduto solo che qualcuno è andato<br />

via, perché ha esaurito il rapporto di condivisione<br />

della filosofia di lavoro che è alla base del modello S.<br />

<strong>Anna</strong>; un modello - ha tenuto a puntualizzare il DG<br />

- che senza concedere nulla ai personalismi, tiene


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

5<br />

fermamente al centro di tutta l’attività ospedaliera il<br />

paziente e lui soltanto. Condividere e praticare senza<br />

riserve questa filosofia è la condizione necessaria<br />

per far parte della nostra squadra». Da tutti i direttori<br />

di Unità presenti, è arrivata la conferma di questa<br />

chiave di lettura dei fatti ma soprattutto della condivisione<br />

di un metodo e, appunto, di una filosofia<br />

di lavoro. Fino alle parole conclusive del direttore<br />

sanitario del S.<strong>Anna</strong>: «In sanità - ha detto Gaetano<br />

Muleo - non esiste un uomo solo al comando ma<br />

un gruppo di persone che si muovono concordemente<br />

in un’unica direzione. Bisogna sempre porsi<br />

dei traguardi di miglioramento e noi lo faremo, non<br />

dimenticando, com’è stato finora, l’importanza di<br />

quanti, pur stando nelle retrovie, per così dire, coadiuvano<br />

il lavoro dei medici» È in virtù di questi dati<br />

di fondo, dunque, che l’ospedale si è mosso nel fare<br />

le sue scelte, compresa quella dei medici chiamati a<br />

ricoprire gli incarichi direttivi. Due nomi noti ai pazienti<br />

del S.<strong>Anna</strong> e all’opinione pubblica calabrese<br />

più in generale. Alfonso Agnino torna da direttore<br />

del Dipartimento, dopo una permanenza di otto<br />

anni come primo operatore, esperto tra i più accreditati<br />

in Italia per quanto concerne le tecniche di<br />

chirurgia mini invasiva ma soprattutto dopo una recente<br />

parentesi da primario di cardiochirurgia a Bari.<br />

«Non ho avuto alcun dubbio a tornare in Calabria<br />

perché sono calabrese di origine e sono fortemente<br />

legato a un territorio che conosco - ha detto Agnino.<br />

Soprattutto, non ho avuto alcun dubbio a tornare al<br />

S.<strong>Anna</strong> che, dopo gli anni trascorsi in Francia, tanta<br />

parte ha avuto nella mia formazione e nell’acquisizione<br />

dell’esperienza medica. Abbiamo un progetto<br />

solido che porteremo avanti insieme con gli altri<br />

colleghi, animati come sempre da un forte spirito di<br />

gruppo e consapevoli, come lo siamo sempre stati,<br />

che essere un’eccellenza in sanità significa alzare<br />

sempre un po’ di più l’asticella. I traguardi raggiunti<br />

in questi anni sono stati per noi motivo di soddisfazione<br />

ma soprattutto stimolo a darci slancio nuovo,<br />

perché le conoscenze sulla malattia si ampliano<br />

con regolarità, così come le metodiche di diagnosi<br />

e cura si evolvono e si innovano velocemente; chi<br />

come il S.<strong>Anna</strong> vuole mantenere alti gli standard di<br />

qualità, migliorandoli, non può che stare al passo<br />

con i cambiamenti. I pazienti - ha aggiunto Agnino -<br />

hanno sempre saputo che in questo ospedale è così<br />

che si lavora e devono essere certi che è così che si<br />

continuerà a lavorare in futuro».<br />

Infine, un emozionato Bruno Madaffari («sono nato<br />

con il S.<strong>Anna</strong> e sono onorato di assumere questo<br />

incarico» - ha detto) ha confermato che «si produrrà<br />

il massimo sforzo per implementare l’uso di metodiche<br />

all’avanguardia come l’endoprotesi, la Tavi,<br />

l’Ecmo, utile a migliorare il quadro respiratorio in<br />

caso di gravi patologie con interessamento polmonare,<br />

l’assistenza ventricolare sinistra e il supporto<br />

nel settore intensivistico e anestesiologico. A proposito<br />

di quest’ultimo, l’obiettivo per noi è di offrire<br />

anche ai pazienti che presentano quadri clinici particolarmente<br />

complessi la possibilità di una risposta<br />

terapeutica chirurgica, che significa mettere l’operatore<br />

nelle condizioni di poter compiere efficacemente<br />

il gesto chirurgico».


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

Indagini<br />

Lo screening sul giudizio<br />

consolidato dei pazienti<br />

6<br />

L’ISPO del professor Renato Mannheimer valuta i risultati dell’indagine<br />

condotta dal Sant’<strong>Anna</strong> sui pazienti cardiopatici trattati nell’ultimo biennio<br />

Al S.<strong>Anna</strong> Hospital la relazione con i pazienti non<br />

si esaurisce al momento della dimissione. A partire<br />

dal 2006, infatti, l’ospedale ha avviato e messo a<br />

punto un modello di rilevazione della soddisfazione<br />

dei pazienti, operati per patologie cardiovascolari,<br />

rispetto alle cure ricevute. La rilevazione, inoltre,<br />

vuole monitorare anche il percorso di terapia successivo<br />

al ricovero e il progressivo ritorno alle attività<br />

quotidiane, proprio nell’ottica di valorizzare una<br />

relazione, quella fra medico e paziente, che dovrebbe<br />

continuare anche al di là del periodo di degenza<br />

in ospedale. Il monitoraggio, condotto attraverso<br />

un questionario inviato per posta ai pazienti dopo<br />

la dimissione, è giunto ora alla terza edizione. La prima<br />

indagine, condotta nel 2006, ha permesso di ricostruire<br />

lo “storico” dell’attività svolta dall’ospedale<br />

e delle condizioni dei pazienti trattati a partire dal<br />

2001. La seconda rilevazione ha riguardato l’intervallo<br />

di tempo fra il secondo semestre del 2006 e il<br />

primo semestre 2008. La terza va dal secondo semestre<br />

2008 e i primi sei mesi del 2010. La partecipazione<br />

dei pazienti al monitoraggio è stata notevole: in<br />

totale sono circa 8.000 le persone che hanno risposto<br />

al questionario, pari a circa un terzo dei pazienti<br />

ricoverati, una considerevole mole di dati ricchi di<br />

spunti di riflessione. Vediamone alcuni.<br />

Come si evince dalla tabella 1, negli anni si è registrata<br />

una crescita dei pazienti provenienti da Reggio<br />

Calabria, mentre risultano in calo quelli che<br />

provengono da Catanzaro. Il maggior numero di<br />

pazienti giunge al S.<strong>Anna</strong> dalla provincia di Cosenza.<br />

Negli anni si registra un aumento di 5 punti percentuali<br />

delle pazienti di sesso femminile; gli uomini<br />

rimangono tuttavia nettamente maggioritari, rappresentando<br />

circa il 70% dei pazienti. Sono inoltre in<br />

crescita, anche se rimangono decisamente minoritari,<br />

i pazienti con meno di 45 anni; in crescita anche<br />

gli over 74enni. La fascia d’età in cui si concentra il<br />

maggior numero di pazienti è quella che va dai 65 ai<br />

74 anni. La tabella 2 mette in luce il deciso aumento<br />

dei trattamenti per patologie aritmologiche; sono<br />

invece in calo i by-pass cardiaci, la cui incidenza è


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

7<br />

dimezzata nell’arco di tempo considerato. Gli interventi<br />

più frequenti, benché in calo, rimangono tuttavia<br />

quelli di emodinamica.<br />

Dopo questa panoramica generale, concentriamoci<br />

ora sulla terza rilevazione, quella più recente.<br />

1. Come stanno i pazienti oggi?<br />

Il 57% degli intervistati giudica buono il proprio stato<br />

di salute attuale mentre il 39% lo considera discreto.<br />

Solo 2 persone su 100 lo giudicano negativamente,<br />

cui va purtroppo aggiunta una quota analoga di<br />

pazienti che risulta deceduta al momento della rilevazione.<br />

La valutazione<br />

positiva<br />

del proprio stato<br />

di salute attuale<br />

è in costante<br />

crescita: nella<br />

prima rilevazione<br />

lo giudicava<br />

buono il 47%<br />

degli intervistati,<br />

nella seconda<br />

rilevazione il<br />

53%: una crescita<br />

di ben 10 punti<br />

percentuali.<br />

Lo stato di salute<br />

attuale appare<br />

strettamente<br />

collegato con lo<br />

stato di salute alla dimissione: come mostra la figura<br />

1, chi giudicava il proprio stato di salute positivo alla<br />

dimissione lo ritiene più spesso buono anche oggi,<br />

e viceversa. Anche rispetto alle condizioni alla dimissione<br />

si rileva un deciso miglioramento nel tempo:<br />

dalla prima rilevazione ad oggi la quota di chi<br />

le giudica buone è cresciuta di 9 punti percentuali,<br />

passando dal 37% al 46% degli intervistati. I controlli<br />

dopo l’intervento giocano un ruolo fondamentale<br />

nel percorso di guarigione e i dati raccolti lo dimostrano:<br />

dichiara di sentirsi meglio chi ha effettuato


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

Indagini<br />

8<br />

un maggior numero di controlli dopo essere stato<br />

dimesso. Chi dichiara che attualmente le proprie<br />

condizioni sono buone ha fatto in media 2,2 controlli<br />

(figura 2).<br />

Va tuttavia registrata una flessione nell’abitudine<br />

ad effettuare controlli medici: dopo una crescita del<br />

5% circa fra la prima e la seconda rilevazione, la quota<br />

di chi dichiara di aver effettuato controlli nella<br />

terza rilevazione ritorna ai livelli del 2006 e cioè pari<br />

all’84% degli intervistati. Fra gli esami effettuati, risulta<br />

in calo l’elettrocardiogramma - che pure resta<br />

l’esame più diffuso - e la prova da sforzo; cresce invece<br />

l’holter.<br />

2. Quanto tempo serve per tornare alle normali<br />

attività?<br />

Com’è ovvio il tempo che intercorre fra la dimissione<br />

dall’ospedale e la ripresa delle normali attività dipende<br />

molto dal tipo di intervento effettuato. Il tipo<br />

di intervento con il tempo di ripresa più lungo è la<br />

sostituzione delle valvole cardiache (125 giorni in<br />

media): 6 intervistati su 10 dichiarano che la ripresa<br />

della normale attività è avvenuta dopo più di 3 mesi.<br />

Non si riscontrano variazioni di rilievo nei tempi per<br />

la ripresa della normale attività dopo gli interventi<br />

nel corso delle tre rilevazioni.<br />

3. Quanto conta la tempestività di intervento?<br />

È importante lasciare passare meno tempo possibile<br />

dai primi sintomi di una patologia cardiaca e il<br />

ricovero: più breve è il tempo intercorrente, infatti,<br />

migliore è la percezione<br />

dello stato di salute.<br />

In cifre: il 62% di<br />

chi ha lasciato passare<br />

meno di un mese fra i<br />

primi sintomi e il ricovero<br />

giudica buono il<br />

proprio stato di salute<br />

attuale, mentre dà un<br />

giudizio analogo solo<br />

il 52% di chi ha aspettato<br />

sei mesi o più per<br />

farsi ricoverare. Una<br />

differenza - 10 punti<br />

percentuali - che pesa<br />

molto. Va comunque<br />

notato che gli interventi<br />

tempestivi sono<br />

in crescita. In altre parole, aumenta la quota di coloro<br />

che lasciano trascorrere meno di un mese fra i<br />

primi sintomi e il ricovero: dal 37% della prima rilevazione<br />

si è passati al 40,5% della terza.<br />

4. Come ci si prende cura della propria salute?<br />

Una tipologia dei pazienti del S. <strong>Anna</strong>.<br />

Mettendo in relazione i due indicatori di attenzione<br />

alla propria salute rilevati, ossia la tempestività di<br />

intervento e il numero di controlli medici effettuati<br />

dopo la dimissione, è stato possibile individuare<br />

quattro profili di pazienti:<br />

a) Gli attenti (24%). Sono coloro che mostrano maggiore<br />

attenzione per la propria salute: infatti, hanno<br />

aspettato meno di 1 mese fra i primi sintomi e il<br />

ricovero e hanno effettuato 2 o più controlli dopo<br />

l’intervento.<br />

b) I convertiti (35%). All’inizio hanno tergiversato,<br />

aspettando più di un mese fra i primi sintomi e il<br />

ricovero, ma poi sembrano avere assunto un atteggiamento<br />

più attento e dopo l’intervento hanno effettuato<br />

2 o più controlli.<br />

c) I disinteressati (25%). Non si prendono molta cura<br />

di sé stessi: infatti hanno aspettato più di 1 mese fra<br />

i primi sintomi e il ricovero e non hanno effettuato<br />

controlli (o 1 al massimo) dopo l’intervento.<br />

d) Gli sfiduciati (16%). Avevano agito tempestivamente,<br />

lasciando passare meno di 1 mese fra i primi<br />

sintomi e il ricovero, però dopo l’intervento non<br />

hanno effettuato controlli (o al massimo 1), quasi


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

avessero perso fiducia<br />

nell’importanza delle<br />

cure.<br />

5. Concludendo<br />

La rilevazione intrapresa<br />

dal Sant’<strong>Anna</strong><br />

Hospital costituisce<br />

un valido esempio di<br />

ascolto delle esperienze<br />

dei pazienti e di<br />

monitoraggio dell’efficacia<br />

dei servizi sanitari<br />

offerti.<br />

Uno strumento utile<br />

anche per promuovere<br />

campagne di comunicazione<br />

sulla salute<br />

ai propri pazienti<br />

e ai cittadini più in<br />

generale. Ad esempio<br />

è un dato confortante<br />

che la maggioranza<br />

dei pazienti ossia 6<br />

su 10 rientri nelle tipologie<br />

dei pazienti<br />

“attenti” o “convertiti”<br />

ossia persone che<br />

prestano molta attenzione<br />

ai controlli<br />

nel corso del tempo.<br />

Abbiamo, a tale proposito,<br />

visto come i<br />

controlli sembrino<br />

correlati in modo positivo<br />

anche ad un<br />

buono stato di salute.<br />

Lo strumento presenta<br />

già un ottimo livello<br />

di definizione certamente, così come è formulato,<br />

risulta molto utile.<br />

Mi sento quindi di consigliare, anche se è un’intenzione<br />

già radicata nella direzione dell’Ospedale, di<br />

dare continuità alle rilevazioni nel tempo. Rispetto<br />

alla mia personale esperienza potrebbe essere utile<br />

integrare l’ascolto dei pazienti, con indagini mirate<br />

anche ai professionisti della salute come medici e<br />

operatori sanitari. Quest’ultime figure ad esempio<br />

sono testimoni preziosi dei processi di cura, spesso<br />

costituiscono il principale canale di comunicazione<br />

tra utenti e “ospedale” ma sono anche tra le voci<br />

meno ascoltate. È solo uno spunto in più, perché<br />

l’indagine in corso è già un esempio innovativo di<br />

auto-riflessività dell’ospedale e di attenzione ai propri<br />

pazienti che altre strutture potrebbero prendere<br />

a modello.<br />

Renato Mannheimer<br />

9


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

Convegni<br />

Clinica e ultrasuoni<br />

in patologia vascolare<br />

10<br />

Il Sant’<strong>Anna</strong> Hospital ha riunito a convegno il Gotha dell’angiologia italiana.<br />

L’Eco Color Doppler si conferma come una tra le metodiche più innovative<br />

C<br />

’erano davvero i nomi più prestigiosi dell’angiologia<br />

italiana al convegno “Clinica e ultrasuoni in<br />

patologia vascolare”, promosso dal S.<strong>Anna</strong> Hospital<br />

sotto l’egida di tutte le società medico scientifiche di<br />

quel particolare ambito sanitario (Siapav, Sifsc, Cif,<br />

Giuv), presenti con i rispettivi presidenti anche in<br />

qualità di relatori. Un’assise ampia nei temi e molto<br />

partecipata, dunque, che ha confermato la vocazione<br />

del Centro Regionale di Alta Specialità del Cuore<br />

a essere, come ha detto il responsabile scientifico e<br />

organizzatore dell’evento, il dottor Elia Diaco, «punto<br />

di riferimento sul piano diagnostico e terapeutico<br />

ma anche protagonista di momenti formativi e<br />

informativi particolarmente qualificati per la comunità<br />

medica tutta. In aggiunta, naturalmente, all’implementazione<br />

delle conoscenze che ne deriva per<br />

il personale interno». Il convegno ha confermato<br />

che la metodica Eco Color Doppler vascolare rimane<br />

una tra le più innovative, anche perché, come ha<br />

puntualizzato lo stesso Diaco, «è oggetto di rapido e<br />

costante aggiornamento, attraverso sempre nuove<br />

apparecchiature e nuove tipologie di studio, a tutto<br />

vantaggio dei pazienti»; da qui la necessità di un<br />

confronto sistematico tra gli operatori.<br />

«Iniziative come questa - secondo l’opinione del<br />

professor Claudio Allegra, Direttore Master di Malattie<br />

Vascolari presso l’azienda ospedaliera “S. Giovanni<br />

- Addolorata” di Roma - andrebbero replicate su


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

tutto il territorio nazionale poiché danno le giuste<br />

indicazioni su come curare al meglio e nella maniera<br />

più appropriata il malato; su cosa si può pretendere<br />

da un determinato esame e quali esami è più<br />

o meno opportuno fare. Questo tipo di riflessioni e<br />

di confronti portano quindi a una maggiore appropriatezza<br />

nell’agire medico, non solo in termini diagnostici<br />

e terapeutici ma anche per quelli che sono<br />

gli aspetti sociali e di gestione delle risorse, legati a<br />

queste patologie».<br />

A questo proposito, l’importanza del convegno promosso<br />

dal S.<strong>Anna</strong> si collega direttamente al “peso”<br />

che hanno le malattie cardiovascolari. Esse rappresentano<br />

infatti la prima causa di morbilità: dire che<br />

una patologia è la prima causa di morbilità significa<br />

attestarne la portata sul livello di diffusione nella popolazione.<br />

In più occorre tener conto del fatto che,<br />

come ha sottolineato lo stesso professor Allegra, si<br />

tratta di patologie che secondo le proiezioni temporali<br />

non tenderanno a diminuire. Mentre, ad esempio,<br />

malattie come quelle infettive saranno ridotte<br />

o addirittura forse eliminate nell’arco di vent’anni,<br />

quelle cardiovascolari manterranno il loro grado di<br />

diffusione, conservando il loro potenziale di rischio<br />

invalidità per il paziente. Peraltro, c’è da dire che<br />

manifestazioni patologiche, come ad esempio le<br />

flebiti superficiali o profonde, spesso sono sottovalutate<br />

o curate in maniera non appropriata, anche<br />

perché non vi sono, a supporto del lavoro medico,<br />

indagini ad ampio spettro sulla popolazione, tali da<br />

consentire azioni di prevenzione primaria a tappeto.<br />

Il confronto è dunque servito anche per dare ai<br />

medici presenti tutta una serie di raccomandazioni<br />

finalizzate al miglior risultato per il paziente.<br />

L’approfondimento puntuale dei diversi aspetti della<br />

tematica del convegno è stato garantito da ben<br />

cinquanta tra relatori, moderatori e discussant, provenienti<br />

da strutture ospedaliere e universitarie di<br />

diverse regioni italiane, distribuiti in quattro diverse<br />

sessioni di lavoro. La prima, dedicata a “I tronchi sovraortici:<br />

il settaggio dell’apparecchio, le novità tecnologiche<br />

e le novità anestesiologiche. Il transcranico<br />

nel cardioembolismo”; la seconda, dedicata a<br />

“Trombosi venose e la malattia varicosa”; la terza,<br />

dedicata a “L’aorta e le arterie degli arti inferiori”; la<br />

quarta, dedicata a “Lo studio della CCSVI nei pazienti<br />

affetti da sclerosi multipla”. Due invece le letture<br />

magistrali, quella del già citato professor Allegra su<br />

“La trombosi venosa superficiale: attuale collocamento”<br />

e quella del professor Giuseppe Maria Andreozzi<br />

(direttore dell’unità operativa di Angiologia<br />

presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova)<br />

su “Siapav: modello di percorso terapeutico per<br />

arteriopatia obliterante degli arti inferiori”.<br />

Alla ricchezza degli interventi si è accompagnata<br />

dunque quella dei contenuti, come testimoniano i<br />

box di supporto a questo articolo, nei quali abbiamo<br />

cercato di sintetizzare un evento oggettivamente<br />

molto difficile da racchiudere in poche pagine.<br />

Non sono mancati spunti assai originali e non privi<br />

di suggestione come lo studio dell’insufficienza venosa<br />

cronica cerebrospinale nei pazienti affetti da<br />

sclerosi multipla, attraverso la valutazione eco color.<br />

Una frontiera medica nuova e ancora non completamente<br />

esplorata ma che potrebbe costituire un<br />

supporto valido alle terapie tradizionali, per evitare<br />

al paziente i peggioramenti repentini e drammatici<br />

che spesso accompagnano la malattia. Ma<br />

anche aspetti legati alla didattica e la formazione<br />

11


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine -11/2012<br />

Convegni<br />

dei medici, come l’integrazione dei percorsi e dei<br />

saperi tra strutture ospedaliere private accreditate<br />

e università. Molto interessante anche l’approfondimento<br />

di questioni “pratiche” per i pazienti, come la<br />

difficoltà di deambulazione o come l’uso delle calze<br />

elastiche e dunque la necessità di conciliare la cura<br />

della patologia con gli aspetti squisitamente estetici<br />

che inevitabilmente rischiano di condizionare le<br />

persone. Il convegno ha anche raccontato le nuove<br />

terapie ambulatoriali che arrivano addirittura a soppiantare<br />

quelle chirurgiche, con vantaggi enormi<br />

soprattutto per quei pazienti che sono avanti negli<br />

anni. Insomma, il convegno promosso dal S.<strong>Anna</strong><br />

promette di lasciare una traccia duratura nel tempo,<br />

confermando la vocazione dell’ospedale calabrese<br />

ad andare oltre le sue funzioni tradizionali e consolidare,<br />

ampliandolo, il proprio ruolo sul territorio<br />

tenendo sempre e comunque il paziente “al centro”.<br />

12<br />

IL PROF. DE FRANCISCIS DELL’UNIVERSITÀ “MAGNA GRÆCIA”<br />

ANNUNCIA L’UTILIZZO DIDATTICO DEI LAVORI DEL CONVEGNO<br />

lavori del convegno su “Clinica e ultrasuoni in patologia<br />

vascolare”, opportunamente registrati,<br />

I<br />

saranno destinati anche a un uso didattico. «È una<br />

scelta ormai condivisa in quasi tutti gli atenei - ha<br />

spiegato il professor Stefano De Franciscis, direttore<br />

dell’unità operativa complessa di Chirurgia Vascolare<br />

dell’università “Magna Graecia” di Catanzaro. Si<br />

tratta di utilizzare tutte le conoscenze di un territorio<br />

dal punto di vista sanitario per formare le nuove<br />

leve dei medici». Una visione a 360 gradi, quella<br />

di de Franciscis, che ha infatti puntualizzato come<br />

«ormai la sanità non possa più essere arroccata nelle<br />

grandi strutture, ospedaliere o universitarie che siano.<br />

Le capacità e le professionalità esistono dappertutto,<br />

forse soprattutto nel privato - ha specificato<br />

- dove lavorare è una sfida continua: la necessità di<br />

aggiornamento, non disgiunta da quella della buona<br />

gestione delle risorse, sintetizza infatti il top delle<br />

capacità». Da qui l’orientamento dell’accademico a<br />

integrare nei percorsi formativi contenuti e professionalità<br />

presenti al convegno. «Dopo aver visto la<br />

qualità dei relatori, l’intelligenza della sequenza delle<br />

relazioni e le modalità di interagire del pubblico<br />

- ha spiegato De Franciscis - ho proposto al dottor<br />

Diaco, responsabile scientifico del convegno, di<br />

utilizzare queste capacità per completare percorsi<br />

formativi, prevalentemente post-laurea». Convinto<br />

dunque della bontà dell’idea in termini didattici di<br />

diffusione e condivisione dei saperi, il professor de<br />

Franciscis crede anche che attraverso questa strada<br />

passino ulteriori effetti positivi. «Il miglior modo di<br />

risparmiare risorse in sanità - dice - è migliorare la<br />

qualità. Gran parte degli sprechi, in Calabria come<br />

altrove, derivano dalla cattiva gestione delle professionalità.<br />

La sfida più alta da accettare in sanità,<br />

quindi, è alzare la qualità legandola alla valorizzazione<br />

massima delle risorse umane di cui disponiamo».<br />

L’obiettivo è molto ambizioso, soprattutto se si<br />

considera che i rapporti di interazione tra le diverse<br />

strutture sanitarie presenti sul territorio non sempre<br />

è agevole. «Tra le strutture c’è una consolidata competitività<br />

- ammette de Franciscis. Ognuno cerca di<br />

essere il più possibile attrattivo rispetto all’utenza<br />

e questo non sempre è una scelta felice perché si<br />

rischia di disperdere capacità e professionalità. Per<br />

molti anni abbiamo avuto un sistema di governo<br />

un po’ miope, che ha fatto grandi investimenti ma<br />

senza finalizzarli al miglioramento della qualità. Fi-


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

nanziamenti andati prevalentemente al pubblico<br />

finendo per penalizzare così il privato, dove l’alta<br />

professionalità è l’unico strumento di lavoro. Per<br />

fortuna - conclude l’accademico - le cose recentemente<br />

stanno cambiando, perché si sta cercando di<br />

imporre al pubblico i livelli di produttività che hanno<br />

i privati mentre a questi ultimi si sta cercando di<br />

garantire la possibilità di utilizzare le capacità formative<br />

e strategiche del pubblico per migliorare il<br />

rapporto col paziente».<br />

L’ARTERIOPATIA OBLITERANTE<br />

DEGLI ARTI INFERIORI<br />

13<br />

Il professor Giuseppe M. Andreozzi, direttore<br />

dell’unità operativa di Angiologia presso l’Azienda<br />

Ospedaliera Universitaria di Padova, è stato il<br />

protagonista di una delle due lectio magistralis che<br />

hanno caratterizzato il convegno. Il tema: l’arteriopatia<br />

obliterante degli arti inferiori. Patologia nota<br />

agli addetti ai lavori e ancora di più ai malati, perché<br />

dietro il nome scientifico si nasconde la difficoltà di<br />

camminare, l’affaticamento che sopraggiunge dopo<br />

appena pochi metri percorsi. «La malattia - spiega<br />

lo stesso professor Andreozzi - consiste nel restringimento<br />

o nell’occlusione di un’arteria degli arti inferiori,<br />

il che significa meno sangue alle gambe durante<br />

il movimento e da qui la difficoltà che affligge<br />

il malato». Rispetto a questo, vi sono alcuni messaggi,<br />

semplici e chiari che è utile destinare al malato<br />

stesso. «L’arteriopatia obliterante - aggiunge lo specialista<br />

- è causata dall’aterosclerosi e quindi anche<br />

in questo caso, come per l’infarto, entrano innanzi<br />

tutto in gioco tutti quei fattori di rischio che conosciamo<br />

e che vanno necessariamente prevenuti.<br />

Parliamo ad esempio dei livelli di colesterolo, dei trigliceridi,<br />

del fumo. Le modalità di prevenzione sono<br />

altrettanto note e vanno dalla corretta alimentazione<br />

a una sana e misurata attività fisica». Vi sono poi<br />

gli aspetti legati alla “riconoscibilità” della malattia.<br />

«Ancora oggi - spiega il professor Andreozzi - il trenta<br />

per cento delle arteriopatie periferiche è spesso<br />

sotto diagnosticato: o perché viene scambiato per<br />

altra malattia o perché il paziente non presenta sintomi.<br />

Dunque è fondamentale cercare le arteriopatie<br />

occulte; questo può essere fatto in maniera semplice<br />

e poco costosa: misurando cioè la pressione a<br />

braccia e caviglie e facendo una banale divisione.<br />

Esiste un indice di riferimento, al di sotto del quale<br />

significa che siamo in presenza della malattia e di<br />

conseguenza si impone la profilassi con tutte le procedure<br />

necessarie». Dal punto di vista terapeutico,<br />

per la persona affetta da arteriopatia obliterante,<br />

prima di ogni altra è fondamentale l’attività fisica.<br />

«Deve essere però una passeggiata - puntualizza lo<br />

specialista - e non una corsa. Il paziente vasculopatico<br />

non deve stressarsi oltre certi limiti, perché altrimenti<br />

c’è il pericolo per lui di passare da una buona<br />

pratica a un ulteriore fattore di rischio. Quindi prevenzione,<br />

attività fisica, poi i farmaci e infine il gesto<br />

chirurgico, per ripristinare la continuità di un vaso<br />

ristretto o occluso».<br />

A proposito della chirurgia, però, c’è un ultimo messaggio<br />

che il professor Andreozzi ritiene indispensabile<br />

lanciare. «La chirurgia non è prevenzione - puntualizza.<br />

Oggi purtroppo si tende a essere troppo<br />

precocemente interventisti e invece occorre che<br />

l’indicazione all’intervento, sia esso endovascolare,<br />

cioè con l’uso del famoso palloncino, sia di chirurgia<br />

tradizionale, venga data solo quando è effettivamente<br />

necessario. Un intervento precoce, infatti,<br />

potrebbe inficiare la storia della malattia. Insomma<br />

- conclude lo specialista - tutto il percorso, dalla prevenzione<br />

alla diagnosi e dalla cura farmacologica<br />

all’eventuale intervento chirurgico, deve sottostare<br />

a rigorosi criteri di appropriatezza».


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

Convegni<br />

NOVITÀ TECNOLOGICHE NELLA PREVENZIONE VASCOLARE:<br />

L’IMT E L’ARTERIAL STIFFNESS<br />

14<br />

La diagnosi precoce delle patologie cardiovascolari,<br />

in particolare quelle vascolari aterogenetiche,<br />

è in essere da tempo. Si è invece modificata la<br />

tecnologia e di conseguenza c’è un’evoluzione importante<br />

nella precisione delle valutazioni diagnostiche.<br />

«Si tratta - spiega il dottor Leonardo Aluigi - di markers<br />

biologici, cioè indicatori, direttamente ottenibili<br />

con macchine ultrasonografiche, gli ecografi, che<br />

ci danno le impressioni di quella che potrà essere la<br />

malattia ancor prima che abbia dato manifestazioni<br />

cliniche. Sono elementi importanti per la diagnosi<br />

nel soggetto singolo anche se non sono, in assoluto,<br />

elementi orientativi per la terapia. Questi indicatori<br />

hanno dato la possibilità di studiare statisticamente<br />

grandi fasce di popolazione e quindi riscontarli<br />

su un singolo soggetto consente di fare delle previsioni<br />

sull’evoluzione di patologia del vaso in esame<br />

ma anche su eventi che cerchiamo di evitare,<br />

come ictus e infarto». Le novità tecnologiche nella<br />

prevenzione vascolare consentono, al contempo,<br />

al medico di lavorare meglio e al paziente di essere<br />

meglio curato. «La nuova tecnologia e il know how<br />

dell’operatore, la sua curva di apprendimento, insieme<br />

danno risultato - dice Aluigi - perché, detto in<br />

parole povere, non si guida la Ferrari se prima non si<br />

sa guidare la Cinquecento. Quindi, facilitato il lavoro<br />

del medico attraverso una tecnologia, il risultato è<br />

molto più performante e calato nel contesto clinico<br />

del singolo paziente, può essere tradotto efficacemente<br />

in prevenzione». I benefici di queste novità<br />

riguardano tutti, sia chi è già ammalato e sia chi<br />

potrebbe ammalarsi. Però, spiega ancora lo specialista,<br />

«parliamo prevalentemente di aspetti preventivi<br />

primari e quindi di persone che avendo storie di<br />

familiarità per patologie cardiovascolari o fattori di<br />

rischio incisivi come ipertensione e fumo, vogliono<br />

conoscere lo stato attuale della loro situazione circolatoria<br />

attraverso lo studio dei vasi e sulla base di<br />

questo decidere l’aggressività della terapia ma sempre<br />

partendo dal contesto clinico sul quale calare il<br />

risultato dello studio.<br />

Per chi è già affetto dalla patologia, invece, il vantaggio<br />

consiste nell’evitare l’aggravamento; parliamo<br />

quindi di una secondaria ma utile per ridurre<br />

l’impatto di una malattia che può portare all’ictus o<br />

all’infarto, due veri e propri killer in tutto il mondo<br />

occidentale».


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

LA CALZA ELASTICA<br />

NON È PIÙ UN PROBLEMA<br />

I<br />

ndossare una calza elastica a volte è necessario.<br />

Meno scontato è che ciò accada senza provocare<br />

un disagio al paziente. Per una donna, ad esempio,<br />

il fattore estetico può rappresentare un problema<br />

e non è detto che non lo rappresenti anche per<br />

uomo. La terapia compressiva, però, è fondamentale<br />

nel trattamento di insufficienza venosa e varici.<br />

«Fare accettare al paziente l’idea di indossare la calza<br />

elastica - spiega il professor Fabrizio Mariani - è<br />

un problema che oggi risolviamo facilmente. Disponiamo<br />

infatti di calze sottili e non più spesse come<br />

nel passato, realizzate con filati moderni e colorati<br />

come la microfibra, in grado quindi di sostituire una<br />

calza normale. È chiaro che la calza deve essere appropriata,<br />

dunque sarà sempre il medico a scegliere<br />

quella adatta alla cura ma è una scelta che può tenere<br />

conto anche degli aspetti legati alla bellezza<br />

e alla vestibilità. In più, una calza elastica giusta fa<br />

sentire le gambe leggere. Si tratta insomma di illustrare<br />

al paziente come stanno le cose e una volta<br />

fatto questo, egli non avrà difficoltà ad accettare<br />

l’idea di indossarla e anzi, difficilmente potrà più<br />

farne a meno».<br />

A parte questi problemi, la calza elastica ha fatto<br />

molta strada e altra promette di farne. «La strada<br />

fatta - prosegue Mariani - è stata tantissima rispetto<br />

al passato. Negli ultimi vent’anni anni sono state<br />

acquisite molte conoscenze nuove che prima non<br />

avevamo. Abbiamo compreso ad esempio che il<br />

ruolo della terapia compressiva è fondamentale<br />

non solo per la cura dell’insufficienza venosa ma<br />

anche per aumentare l’efficacia di altre terapie,<br />

come quella chirurgia o la terapia sclerosante. Per<br />

ognuna di esse c’è una tipologia di calza utile a far<br />

conseguire il risultato migliore per il paziente. Non<br />

a caso - conclude lo specialista - oggi parliamo di<br />

terapia integrata, perché nell’insufficienza venosa<br />

è raccomandato l’uso di una pluralità di strumenti<br />

che abbiamo a disposizione. La calza elastica o il<br />

bendaggio, nel caso in cui vi siano ulcere o patologie<br />

gravi, rivestono un ruolo riconosciuto ormai da<br />

tutta la comunità mediaca internazionale».<br />

15


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

Cardiopsicologia<br />

Avere a cuore<br />

la serenità del paziente<br />

16<br />

A tre anni dall’istituzione del servizio di Cardiopsicologia, il suo responsabile fa<br />

il punto su un’attività di supporto fondamentale per il paziente e la sua famiglia<br />

tre anni dall’introduzione del Servizio<br />

di Cardiopsicologia al S.<strong>Anna</strong><br />

A<br />

Hospital, abbiamo chiesto al responsabile,<br />

il dottor Roberto<br />

Ruga, di fare il punto sulla sua<br />

esperienza con i pazienti. «In<br />

generale - spiega Ruga - abbiamo<br />

cercato di creare nei<br />

malati le condizioni ottimali<br />

per poter affrontare, quanto<br />

più serenamente possibile,<br />

l’intervento chirurgico e il<br />

decorso post operatorio. La<br />

finalità è sempre quella di<br />

promuovere un senso di fiducia<br />

nelle proprie capacità e un<br />

atteggiamento collaborativo. Abbiamo<br />

fornito al malato il supporto<br />

necessario a convivere con la malattia,<br />

acquisendo le competenze psicologiche<br />

per gestirla nella vita quotidiana. Ma non solo di<br />

questo si è trattato. Abbiamo anche stimolato l’elaborazione<br />

delle emozioni suscitate dal passaggio in<br />

ospedale e dei sentimenti ad esso connessi, per permettere<br />

alla persona di prendere coscienza di quei<br />

meccanismi difensivi che però non aiutano, come la<br />

negazione della malattia, la collera, la rassegnazione,<br />

la depressione o l’ansia. Il passo finale è stata la<br />

spinta ad adottare invece quei comportamenti che<br />

siamo soliti definire “cardiosalutari”, per migliorare<br />

lo stile di vita riducendo lo stress, l’ansia, l’ostilità».<br />

Quando c’è di mezzo uno psicologo, il luogo comune<br />

vuole che egli finisca per avere un ascendente<br />

forte sulla persona trattata ma Ruga rassicura: «La<br />

cardiopsicologia parte dall’assunto che vi sia una<br />

stretta relazione tra il corpo e la mente, quindi tra<br />

le emozioni e il sistema cardiovascolare. Lo psicologo<br />

non si sostituisce affatto alla persona<br />

nel prendere decisioni ma l’aiuta<br />

a rinforzare le sue capacità di ragionamento,<br />

stimola l’attitudine<br />

a risolvere i problemi, migliora<br />

l’equilibrio interiore della persona<br />

stessa, potenziandone<br />

l’autostima che viene messa<br />

a dura prova dalla malattia.<br />

Dare aiuto a un individuo in<br />

difficoltà con un intervento<br />

di sostegno, significa accompagnarlo<br />

in un percorso<br />

di conoscenza di sé che, attraverso<br />

la relazione empatica<br />

con lo psicologo, gli consenta di<br />

acquisire una maggiore consapevolezza<br />

dei propri bisogni e di gestire<br />

le emozioni». Raccontata così, potrebbe<br />

sembrare semplice ma l’equilibrio<br />

emotivo di un paziente cardiopatico è un universo<br />

estremamente complesso e delicato, non fosse altro<br />

che per le condizioni eccezionali in cui egli si trova.<br />

La cosiddetta vita normale, infatti, si svolge in condizioni<br />

di salute buone e soprattutto fuori dall’ospedale.<br />

«Aiutare non è affatto facile - racconta ancora<br />

Ruga - esiste infatti una fase chiamata “negazione”,<br />

nella quale il malato non accetta e quindi rifiuta che<br />

l’evento della malattia possa aver colpito proprio lui.<br />

È il meccanismo di difesa di cui abbiamo parlato prima<br />

e che porta a un conseguente isolamento psicologico;<br />

tant’è che in tale fase il paziente non richiede<br />

spontaneamente un aiuto, anzi spesso è collerico e<br />

può mostrarsi irritato verso le persone vicine; finché<br />

non sopraggiunge una fase di contrattazione, nella<br />

quale assume atteggiamenti più benevoli e collaboranti.<br />

Purtroppo non è infrequente una fase di de-


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

pressione, durante la quale la persona teme di aver<br />

ridotte le proprie potenzialità di vita ed entra in un<br />

doloroso processo di rassegnazione; ma, se sostenuta<br />

bene, riacquista fiducia e forza di volontà; così,<br />

grazie a una migliore adesione terapeutica, entra<br />

nella fase finale dell’accettazione, guadagnando un<br />

atteggiamento ottimistico e una migliore partecipazione<br />

al processo riabilitativo. Solitamente per ottenere<br />

lo scopo facciamo due incontri con il paziente:<br />

il primo è volto a raccogliere informazioni generali,<br />

a partire dalle condizioni socio-culturali, le relazioni<br />

familiari, la conoscenza relativa alla propria malattia,<br />

una valutazione del rapporto con il team curante e<br />

con la struttura ospedaliera, le aspettative, il vissuto<br />

religioso. In un secondo momento si esploriamo il<br />

senso di rassegnazione rispetto agli eventi negativi<br />

e la conseguente paura di non farcela».<br />

Viene la curiosità di capire come dei quadri psicologici<br />

così complessi e delicati siano stati affrontati<br />

in questi anni, dopo l’attivazione del Servizio presso<br />

il Centro regionale di Alta Specialità del Cuore. «È<br />

servita sicuramente molta flessibilità mentale - racconta<br />

Ruga - e uno sforzo, per così dire, di saggezza.<br />

Non abbiamo seguito sempre degli schemi fissi;<br />

per chi soffre di patologie cardiache, spesso le cose<br />

sono bianche o nere e le scelte devono essere nette.<br />

Inutile dire che dietro questa apparente sicurezza<br />

c’è la ricerca di punti fermi che sostengano una<br />

volontà vacillante e conflittuale. Anche nella vita<br />

quotidiana il cardiopatico tende a scandire il tempo<br />

in modo piuttosto rigido, distinguendo il divertimento<br />

dal lavoro, il piacere dal dovere. Noi, invece,<br />

abbiamo cercato di spingere il paziente a imparare<br />

dal cuore, ad essere meno rigido e programmato e<br />

soprattutto a comprendere che si può trovare piacere<br />

nei doveri di ogni giorno. Parlando con i malati<br />

mi piace ricordare sempre un vecchio detto zen:<br />

“Quando ero giovane, con la mia intelligenza volevo<br />

cambiare il mondo. Oggi che sono diventato saggio<br />

voglio cambiare me stesso”.<br />

Del resto - conclude Ruga - io per primo imparo<br />

molto dai pazienti: visti da fuori, quelli che hanno<br />

subito un intervento al cuore rischiano di mostrarci<br />

solo la drammatica (anche se necessaria) evidenza<br />

di una sofferenza psicofisica, mentre occorre riuscire<br />

a cogliere la “vita” di quella parte dell’anima che<br />

ci resta nascosta».<br />

ESISTE UNA RELAZIONE TRA<br />

CARATTERE E RISCHIO D’INFARTO?<br />

Schematizzando possiamo dire che sì, esiste<br />

la cosiddetta personalità del cardiopatico,<br />

cioè un modo di essere che espone la persona<br />

a un rischio maggiore di andare incontro a problemi<br />

cardiologici, anche se non tutti i cardiopatici<br />

hanno lo stesso carattere. L’espressione<br />

“personalità coronarica” indica quelle persone<br />

con tendenza alla perseveranza nel lavoro, con<br />

scarsi interessi extra-lavorativi, un forte impulso<br />

a dominare; sono persone che però lamentano<br />

una certa insicurezza nella vita interiore.<br />

Un altro profilo di personalità predisposta o<br />

a rischio è la personalità di “tipo A”, che comprende<br />

un complesso di comportamenti ed<br />

emozioni riscontrabile in persone che si sentono<br />

cronicamente in conflitto con gli altri per<br />

raggiungere i propri obbiettivi. I loro tratti tipici<br />

sono infatti: competitività, lotta per il successo,<br />

ambizione, aggressività, ostilità, vigilanza,<br />

linguaggio esplosivo, intolleranza, alti livelli di<br />

performance. Questa costellazione di emozioni<br />

e comportamenti finisce per costituire un<br />

vero e proprio stile di vita, un modello che il<br />

soggetto adotta automaticamente per fronteggiare<br />

un ambiente percepito come ostile<br />

e che pretende di controllare. A questo tipo di<br />

personalità, si contrappone quella di “tipo B”,<br />

che invece comprende individui più sereni e<br />

rilassati, che sembrano l’immagine speculare<br />

dei “tipi A” ma non per questo si tratta di persone<br />

meno sveglie e produttive; sono semplicemente<br />

caratterizzate da meno eccessi, minore<br />

tensione, più pacatezza, un migliore adattamento<br />

alle esigenze dell’ambiente, una migliore<br />

qualità della vita rilevabile in una maggiore<br />

capacità di adeguarsi e tollerare le diversità<br />

degli altri. C’è infine la personalità di “tipo D”<br />

che si riferisce alla persona che prova emozioni<br />

negative come depressione, ansia o rabbia e le<br />

reprime cronicamente. Essa si associa a un individuo<br />

stressato, pervaso da preoccupazione<br />

e insicurezza, che cova sentimenti di tensione,<br />

tende a essere inibito, insicuro e non ha molta<br />

propensione a relazionarsi con gli altri; la sua<br />

strategia è il ritiro, ha difficoltà a manifestare le<br />

proprie emozioni e si tiene tutto dentro.<br />

17


S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine - 11/2012<br />

Qualità<br />

Il Sant’<strong>Anna</strong> conferma<br />

la certificazione di qualità<br />

18<br />

Gli ispettori di DNV Italia sottolineano positivamente l’istituzione dell’Unità di<br />

Terapia Intensiva Cardiologica nonché l’attenzione verso il Risk Management<br />

Il Sant’<strong>Anna</strong> Hospital ha ottenuto anche per<br />

il 2012 la certificazione di qualità secondo<br />

i rigorosi criteri contenuti nella normativa<br />

ISO 9001:2008. Il Centro Regionale di Alta<br />

Specialità del Cuore venne certificato per la<br />

prima volta nel 2007 e due anni dopo fu tra<br />

le prime aziende calabresi ad adeguarsi, con<br />

largo anticipo rispetto alle scadenze di conformità,<br />

alla nuova disciplina oggi in vigore. Nel corso dell’ultima<br />

verifica, gli ispettori di DNV Italia, l’autorevole<br />

Agenzia internazionale con sede a Oslo, non hanno<br />

registrato anomalie di Categoria 1 (Maggiori), quelle<br />

cioè relative al mancato rispetto della normativa cogente;<br />

né anomalie di Categoria 2 (Minori), quelle cioè<br />

di gravità inferiore ma da rimuovere in ogni caso, per<br />

evitare che possano diventare di Categoria 1. Di contro,<br />

sono emerse una serie di positività e quelli che, in<br />

gergo, vengono definiti “spunti di miglioramento”. In<br />

particolare, i verificatori hanno riscontrato come al S.<br />

<strong>Anna</strong> sia sempre costante l’adeguamento tecnologico<br />

e al contempo rimane alto il livello di attenzione<br />

verso il cosiddetto Risk Management, il processo con<br />

cui si misura o si stima il rischio e successivamente si<br />

sviluppano le strategie per governarlo. In quest’ambito,<br />

DNV ha commentato positivamente l’istituzione<br />

di due organismi aziendali con l’obiettivo di disporre<br />

di una visione integrata di gestione-controllo e di gestione<br />

del rischio clinico. A proposito di quest’ultimo,<br />

i verificatori hanno preso atto di una serie di azioni<br />

incisive di miglioramento, citando a titolo di esempio<br />

nel rapporto finale: le attività per il monitoraggio delle<br />

infezioni ospedaliere con l’attivazione dello screening<br />

MRSA (Methicillin-resistant Staphylococcus aureus),<br />

lo stafilococco che può essere causa di infezioni<br />

batteriche in persone con il sistema immunitario debole,<br />

come nel caso di quelle sottoposte a intervento<br />

chirurgico; la rivisitazione delle procedure di<br />

sanificazione; i monitoraggi ambientali e<br />

di superficie, per i quali sono state stipulate<br />

apposite convenzioni con enti esterni.<br />

Sul fronte dell’offerta ospedaliera e delle<br />

Unità in particolare, la verifica di DNV ha<br />

accertato lo stato di avanzamento di tutte<br />

le procedure relative all’attivazione dell’UTIC, l’Unità<br />

di Terapia Intensiva Cardiologica. Quest’ultima, a<br />

breve, andrà infatti ad aggiungersi alla Unità di Emodinamica<br />

e Terapia Interventistica Cardiovascolare;<br />

questo in virtù della recente riorganizzazione della<br />

rete dell’ospedalità privata accreditata, stabilita dalla<br />

Regione, che ha previsto per il S.<strong>Anna</strong> cinque nuovi<br />

posti letto da destinare appunto all’UTIC. Per quanto<br />

riguarda infine lo scambio di informazione tra l’ospedale<br />

e il suo bacino di utenza, i verificatori del sistema<br />

qualità hanno apprezzato significativamente la terza<br />

edizione dell’indagine sul giudizio consolidato dei<br />

pazienti, condotta attraverso l’invio di questionari a<br />

risposta multipla. Il salto di qualità, rispetto alle edizioni<br />

precedenti, consiste nell’aver affidato, in questo<br />

caso, una ulteriore elaborazione dei risultati dell’indagine<br />

al prestigioso ISPO, l’Istituto per gli Studi sulla<br />

Pubblica Opinione, diretto dal professor Renato<br />

Mannheimer (ne riferiamo, in dettaglio, in altra parte<br />

del Magazine). Ciò ha consentito al S.<strong>Anna</strong> di raccogliere<br />

non solo i tradizionali dati relativi alla distribuzione<br />

territoriale dei pazienti, alla diffusione delle<br />

patologie e alla percezione sulla qualità delle prestazioni<br />

ricevute ma ha consentito anche di disegnare<br />

alcune tipologie standard dei pazienti stessi verso cui<br />

indirizzare informazioni mirate alla prevenzione delle<br />

malattie cardiovascolari e agli stili e comportamenti<br />

da adottare per conservare una buona qualità della<br />

vita dopo le cure ricevute.


Lettere<br />

Lettere al Magazine<br />

S.<strong>Anna</strong> Hospital Magazine -11/2012<br />

Ho cinquantacinque anni e da quasi venticinque soffro di coronaropatia diffusa. Ho subito tre infarti, due dei<br />

quali sull’arteria coronaria sinistra e l’altro sull’arteria coronaria destra. Nel 1989 mi è stato impiantato un<br />

by-pass sull’arteria interventricolare anteriore con mammaria sinistra. Nel 1992, dopo coronarografia, si è evidenziata<br />

la pervietà del by-pass e la chiusura, di due centimetri di lunghezza, dell’arteria coronaria destra. In seguito,<br />

nel 1997, ho avuto un intervento di angioplastica sull’arteria circonflessa che risultava occlusa al 95%. Dal<br />

1992 il circolo collaterale ha sopperito alla difficoltà circolatoria dovuta alla chiusura dell’arteria destra. Tuttavia,<br />

dal 1992 ad oggi, la situazione venutasi a determinare mi ha arrecato angina pectoris, affanno e insufficienza<br />

respiratoria durante le normali mansioni della vita quotidiana. Essendosi questi problemi aggravati sostanzialmente<br />

negli ultimi tempi, in particolare l’angina che era diventata sempre più intensa e prolungata, e constatata<br />

la refrattarietà ad ogni terapia, compresa l’ultima piuttosto importante prescrittami dal mio cardiologo, ho<br />

pensato di rivolgermi al Sant’<strong>Anna</strong> Hospital e in particolare al dott. Bindo Missiroli sulla cui alta competenza e<br />

professionalità avevo avuto modo di sentire già molti apprezzamenti. Dopo avermi visitato, il dott. Missiroli ha<br />

riscontrato una situazione tale da richiedere un immediato ricovero con conseguente coronarografia. Da questa<br />

è emerso come il by-pass del 1989 e lo stent del 1997 continuano a funzionare tutt’oggi molto bene ma anche<br />

come il circolo collaterale che fino a quel momento aveva sostenuto l’attività di circolazione nel cuore si era allentato.<br />

L’unica cosa da fare per garantirmi una certa prospettiva di vita futura era tentare di riaprire l’arteria destra<br />

chiusa ormai da vent’anni, operazione questa che non lasciava presagire moltissime possibilità di successo.<br />

Ma il dott. Missiroli, dopo un intervento durato diverse ore, è riuscito nell’impresa di riaprire l’arteria occlusa da<br />

vent’anni e di impiantarvi uno stent, dopo angioplastica. Due giorni dopo l’intervento ho potuto fare ritorno a<br />

casa ed avviare una lenta e progressiva ripresa. Ad oltre un mese dall’intervento, ho cominciato a godere di diversi<br />

benefici. Anzitutto è scomparsa l’angina, il respiro è tornato ad essere regolare e la frazione di eiezione è salita<br />

sensibilmente raggiungendo un livello più che soddisfacente. Posso già, ovviamente con prudenza, riprendere a<br />

fare le mie passeggiate a tutto vantaggio delle mie condizioni fisiche. Certo la cura terapeutica dovrà continuare<br />

ma ci sono ora tutte le condizioni per sperare in una qualità di vita decisamente migliore e per guardare al futuro<br />

con serenità. È proprio per lanciare un messaggio di speranza a quanti soffrono di problemi cardiaci che ho voluto<br />

comunicare questa mia esperienza. È mio desiderio, inoltre, portare alla conoscenza di quante più persone è<br />

possibile l’esistenza di un polo di eccellenza come il Sant’<strong>Anna</strong> Hospital di Catanzaro, un punto di luce tra le mille<br />

ombre della sanità calabrese. Il mio apprezzamento e la mia più piena riconoscenza al dott. Missiroli, per aver<br />

operato questo intervento straordinario e in qualche modo unico. A tutto il personale del Sant’<strong>Anna</strong> Hospital<br />

la mia gratitudine per la competenza, la professionalità e l’umanità con cui portano avanti ogni giorno il loro<br />

servizio al fianco di chi soffre.<br />

19<br />

Arabia Tommaso, Cutro (KR)<br />

Vorrei ringraziare il primario di cardiochirurgia, il dottor Alfonso Agnino, per la sua bravura, la sua umiltà nel<br />

mettersi a disposizione dei pazienti e confortarli come se fossero parte della sua famiglia. Questo dottore<br />

ancora molto giovane è un brillante chirurgo. Grazie, grazie, grazie, per come è stato bravissimo nell’operare la<br />

mia mamma.<br />

Marianna Giannarzia, Catanzaro<br />

Sono un ragazzo di 18 anni, esattamente 2 anni fa sono stato ricoverato al Sant’<strong>Anna</strong> e sottoposto a studio<br />

elettrofisiologico, dal quale fortunatamente non è emerso nulla di strano. Sento il dovere di ringraziare tutti i<br />

medici, in particolar modo il dottor Saverio Iacopino e tutto il personale paramedico che durante la mia degenza<br />

mi è stato fortemente accanto. Il Sant’<strong>Anna</strong> è uno dei centri più brillanti d’Italia, e questo lo si percepisce dalle<br />

opinioni positive di centinaia di calabresi e non che nella sfortuna hanno avuto la grande fortuna di incontrare<br />

professionisti all’avanguardia. Mi rammarica il fatto che la politica non dia un sostegno adeguato a questa<br />

struttura, sarebbe un peccato lasciar cadere anni ed anni di sacrifici. Grazie ancora a tutto il personale sanitario,<br />

grande vanto per noi calabresi.<br />

Giuseppe Cordì, Polistena (RC)

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!