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Magazine - S.Anna hospital

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N.14 - agosto 2013<br />

<strong>Magazine</strong>


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

SOMMARIO<br />

3 POLITICA SANITARIA<br />

Pianificare gli interventi<br />

Valorizzare l’eccellenza<br />

6 CONVEGNI<br />

Corso Istituzionale SIDV<br />

IX Congresso Fleboforum<br />

8 Il futuro è la Scleromousse<br />

9 Biologia & Clinica<br />

10 Cellulite: non basta l’estetista<br />

12 Sinergie necessarie<br />

13 Novità negli anticoagulanti<br />

15 QUALITÀ<br />

Regione e DNV Italia<br />

promuovono il S.<strong>Anna</strong><br />

17 STILI DI VITA<br />

Staccare la spina<br />

per curare se stessi<br />

18 LO PSICOLOGO AL TUO FIANCO<br />

AVVISO IMPORTANTE PER I LETTORI<br />

www.santanna<strong>hospital</strong>.it<br />

N.14 - agosto 2013<br />

<strong>Magazine</strong><br />

L’equipe medica del S.<strong>Anna</strong> Hospital, nell’intento di rendere sempre più veloci e proficui i contatti con<br />

i pazienti, chiede loro e/o ai loro familiari di voler fornire il proprio indirizzo di posta elettronica. Chi<br />

intende aderire a tale richiesta, può comunicare il suddetto indirizzo scrivendo direttamente a: info@<br />

santanna<strong>hospital</strong>.it<br />

S. <strong>Anna</strong> Hospital <strong>Magazine</strong><br />

Viale Pio X, 111- 88100 Catanzaro<br />

Tel. 0961 5070456<br />

Direttore Responsabile<br />

Marcello Barillà<br />

marcello.barilla@santanna<strong>hospital</strong>.it<br />

Direttore Editoriale<br />

Giuseppe Failla<br />

Direttore Generale S. <strong>Anna</strong> Hospital<br />

Direttore Scientifico<br />

Prof. Benedetto Marino<br />

Progetto grafico<br />

Il segno di Barbara Rotundo<br />

info@graficailsegno.com<br />

Stampato in 27.000 copie presso<br />

Rubbettino print - Soveria Mannelli (CZ)<br />

Registrazione<br />

Autorizzazione Tribunale di Catanzaro<br />

n. 3 del 6 aprile 2009<br />

postatarget magazine NAZ/571/2009<br />

Referente Medico<br />

Alfonso Agnino<br />

Direttore Dipartimento Chirurgia<br />

Cardiovascolare S. <strong>Anna</strong> Hospital<br />

Chi non desidera ricevere il<br />

S.<strong>Anna</strong> Hospital <strong>Magazine</strong><br />

può comunicarlo all’indirizzo<br />

magazine@santanna<strong>hospital</strong>.it<br />

2


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

Politica Sanitaria<br />

Pianificare gli interventi<br />

Valorizzare l’eccellenza<br />

Nel corso della seduta aperta del consiglio comunale di Catanzaro sulla sanità,<br />

il DG del S.<strong>Anna</strong> ha ribadito la necessità di realizzare la Rete dell’Emergenza<br />

Alla seduta aperta del consiglio comunale di<br />

Catanzaro, dedicata ai temi della sanità, ha<br />

portato il proprio contributo anche il Sant’<strong>Anna</strong><br />

Hospital. Lo ha fatto per bocca del suo direttore<br />

generale, l’ingegnere Giuseppe Failla, il quale ha<br />

concentrato il suo intervento su due aspetti essenziali:<br />

la dimensione regionale del Centro di<br />

Alta Specialità del Cuore, che ha sede nel capoluogo<br />

ma accoglie pazienti da tutte e cinque le<br />

provincie e la necessità che in Calabria venga definita<br />

al più presto la Rete dell’Emergenza.<br />

Dopo avere ricordato che Catanzaro ospita altre<br />

due strutture al servizio dell’intera regione<br />

(l’Università Magna Graecia e la Fondazione<br />

Campanella), Failla ha sottolineato come «il<br />

Sant’<strong>Anna</strong> Hospital rappresenta una struttura di<br />

Alta Specialità nel senso propriamente tecnico<br />

ma soprattutto giuridico che la denominazione<br />

richiama. Quindi, non una struttura autoreferenziale<br />

che si arroga la libertà di autodefinirsi<br />

un’eccellenza ma una struttura in possesso dei<br />

requisiti organizzativi e funzionali esplicitati<br />

puntualmente nell’unico atto formale tutt’oggi<br />

in vigore sull’Alta Specialità e cioè il D.M. del 29<br />

gennaio 1992. Tali requisiti - ha aggiunto di DG<br />

- oltre a definire un’Alta Specialità, concorrono<br />

nella sostanza a garantire i volumi di prestazioni<br />

che la qualificano come tale. Non è quindi casuale<br />

che il Sant’<strong>Anna</strong> Hospital registri una media di<br />

circa 4.200 ricoveri all’anno, con 1.000 interventi<br />

di chirurgia cardiaca, 800 di chirurgia vascolare,<br />

3.200 di cardiologia interventistica ed elettrofisiologia<br />

e cardiostimolazione, 800 dei quali funzionali<br />

all’attività chirurgica. Il nesso strettissimo<br />

3


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

tra il volume di prestazioni e la qualità delle prestazioni<br />

stesse è ormai un punto fermo della cultura<br />

e della legislazione sanitaria. Basti pensare,<br />

giusto per rimanere ai fatti calabresi, al numero<br />

di Centri nascita chiusi proprio perché, in virtù<br />

del numero basso di casi, non garantivano ai pazienti<br />

gli standard di sicurezza necessari.<br />

Anche la distribuzione su base territoriale del<br />

numero complessivo dei ricoverati non è casuale<br />

- ha proseguito Failla. Dall’ultima rilevazione<br />

condotta, infatti, risulta che circa il 29% di<br />

loro proviene dalla provincia di Cosenza, il 25%<br />

da quella di Reggio Calabria, il 24% da quella di<br />

Catanzaro, il 13% da quella di Crotone e il 9%<br />

da quella di Vibo Valentia. I numeri, dunque, dimostrano<br />

inconfutabilmente come il Sant’<strong>Anna</strong><br />

Hospital operi al servizio dell’intera collettività<br />

regionale, svolgendo peraltro le sue funzioni in<br />

regime di accreditamento istituzionale; il che ne<br />

fa un presidio efficace per la tutela del diritto alla<br />

salute dei cittadini calabresi, unitamente e soprattutto<br />

al pari delle altre strutture pubbliche».<br />

Una puntualizzazione, quest’ultima, necessaria,<br />

secondo il DG, «anche per sgombrare il campo<br />

dall’equivoco di definizioni sbrigative e superficiali,<br />

che sovente presentano una sanità privata<br />

quasi che questa fosse in rapporto di contrapposizione<br />

con quella pubblica; definizioni che dunque<br />

non raccontano lo scenario di integrazione<br />

funzionale tra strutture pubbliche e strutture<br />

accreditate, disegnato e regolamentato dal legislatore,<br />

bensì raccontano qualcosa d’altro, di non<br />

ben definito, suscettibile delle più diverse interpretazioni,<br />

anche le più arbitrarie e a volte anche<br />

strumentalmente maliziose. È dunque auspicio<br />

del Sant’<strong>Anna</strong> - ha detto Failla - che nel dibattito<br />

e nell’agire politico ma anche nelle cronache<br />

dei media, ai fini di una corretta informazione<br />

dell’opinione pubblica, si guardi al sistema sanitario<br />

complessivamente inteso come a un patrimonio<br />

comune, nel quale vi sono certamente<br />

problemi da risolvere, ritardi da colmare, sprechi<br />

da cancellare ma anche realtà i cui tratti distintivi<br />

sono quelli della professionalità, dell’acquisizione<br />

continua di conoscenza ed esperienza, della<br />

formazione del personale, dell’innovazione nella<br />

tecnologia e nelle metodiche di diagnosi e di<br />

cura». Insomma riorganizzare e razionalizzare il<br />

sistema sanitario è necessario ma le azioni finalizzate<br />

a questo obiettivo non possono prescindere<br />

dalla valorizzazione del migliore patrimonio esistente<br />

di strutture pubbliche e accreditate, da<br />

cui il sistema stesso muove. «Sotto quest’aspetto<br />

- ha detto ancora il DG - il S. <strong>Anna</strong> Hospital ha<br />

ritenuto coerente, apprezzandola, la scelta della<br />

Regione (operata a suo tempo nell’ambito della<br />

distribuzione dei posti letto alla sanità accreditata)<br />

di assegnare al Centro delle unità in più,<br />

che hanno tra l’altro consentito di affiancare alla<br />

Terapia Intensiva Chirurgica quella Cardiologica.<br />

Restano tuttavia ancora aperti e purtroppo<br />

irrisolti i problemi legati all’area dell’emergenza/<br />

urgenza. Un’area tutt’altro che trascurabile, nella<br />

quale ricadono ogni anno una media di circa 800<br />

ricoveri sui complessivi 4.200 che vengono effettuati<br />

al S. <strong>Anna</strong> Hospital.<br />

La Regione ha più volte manifestato, nel corso<br />

degli anni, la volontà di allestire una Rete dell’Emergenza<br />

che fosse razionale, efficiente ed efficace.<br />

Ma a quella volontà sono seguiti atti e comportamenti<br />

discontinui, talvolta contradditori,<br />

se non addirittura viziati da scarsa chiarezza ed<br />

eccessiva nebulosità. Il primo tentativo di collegare<br />

funzionalmente le strutture Spoke con<br />

quelle Hub, attraverso l’individuazione di aree<br />

di competenza definite e grazie alla mediazione<br />

del servizio 118 - ha ricordato Failla - si è in-<br />

4


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

terrotto in corso d’opera. Di quella ipotesi, peraltro<br />

concretamente avviata con l’acquisto di<br />

attrezzature telematiche di cui anche il S.<strong>Anna</strong><br />

Hospital è stato dotato, da un certo punto in poi<br />

non si è saputo più nulla. Il tema dell’emergenza/urgenza<br />

è tornato così in una dimensione di<br />

sostanziale indefinitezza, nella quale hanno preso<br />

corpo documenti programmatici ufficiali, cui<br />

però non hanno fatto seguito né tavoli di lavoro<br />

e confronto operativi, né tantomeno provvedimenti<br />

attuativi di ciò che era stato programmato.<br />

Questo, almeno, per quanto riguarda atti e fatti<br />

di cui il S. <strong>Anna</strong> Hospital ha contezza. Il documento<br />

di marzo 2012 sul riordino della rete ospedaliera,<br />

deliberato in applicazione dei precedenti<br />

indirizzi dell’ottobre 2010, indica infatti il S. <strong>Anna</strong><br />

Hospital come possibile Hub di riferimento ma -<br />

ha precisato il DG - al di là di qualche contatto informale<br />

con il Dipartimento della Salute o con la<br />

struttura del Commissario, nessuno, ufficialmente,<br />

ha inteso convocare il Centro di Alta Specialità<br />

del Cuore, né renderlo destinatario di alcuna comunicazione<br />

ufficiale. Eppure la Regione starebbe<br />

continuando il lavoro di progettazione della<br />

rete o almeno questa è la notizia che circola tra<br />

gli addetti ai lavori. Il Sant’<strong>Anna</strong> Hospital è consapevole<br />

che il suo ruolo non è quello di indirizzare<br />

le scelte dell’organo politico esecutivo in una direzione<br />

piuttosto che in un’altra. Potrebbe però<br />

certamente offrire il proprio contributo, in virtù<br />

del ruolo che svolge e che gli è stato riconosciuto<br />

prima di tutto dai pazienti e poi dalla comunità<br />

medico scientifica. Resta insoluto, quindi, il problema<br />

di quei circa 800 ricoveri effettuati ogni<br />

anno in regime di emergenza/urgenza.<br />

Il Sant’<strong>Anna</strong> Hospital - ha detto ancora Failla - ha<br />

continuato finora ad accogliere i pazienti inviati<br />

dalle diverse strutture ospedaliere presenti sul<br />

territorio regionale. Lo ha fatto e continuerà a<br />

farlo ogni volta che sarà necessario, in virtù di un<br />

principio etico cui l’ospedale non è mai venuto<br />

meno e che vede l’essere umano al centro della<br />

propria attività in quanto elemento fondante<br />

della sua stessa ragion d’essere. È stato così fin<br />

da quando nacque, oltre mezzo secolo fa e così<br />

sarà per il futuro, anche a costo di quei sacrifici<br />

economici che la Regione e l’Asp per prime conoscono<br />

bene. Anche a costo dell’incertezza<br />

totale nella quale le prestazioni in emergenza/<br />

urgenza vengono assicurate. Anche a costo dei<br />

confronti, spesso estenuanti, che ne seguono e<br />

che appartengono a un’anomalia che probabilmente<br />

non trova riscontro in altre Regioni. Ma se<br />

tutto questo è frutto di un principio etico, appare<br />

altrettanto etico chiedere di sapere che a titolo<br />

questo lavoro viene svolto e auspicare di conseguenza<br />

un quadro di riferimento normativo certo.<br />

Sono questi gli elementi su cui la Regione non<br />

ha finora inteso fare chiarezza, così come da anni<br />

resta ancora inevasa la richiesta del Sant’<strong>Anna</strong><br />

Hospital di vedere riconosciuto in atti quel servizio<br />

di pronto soccorso cardochirurgico che la<br />

struttura espleta nei fatti, 24 ore al giorno e per<br />

365 giorni all’anno. È il caso di ribadire da ultimo,<br />

però - ha concluso il DG - che nell’atteggiamento<br />

del Sant’<strong>Anna</strong> Hospital non vi è spirito polemico,<br />

né intento di forzare la mano ad alcuno. Resta in<br />

ogni caso singolare e difficilmente comprensibile<br />

una situazione ambigua, nella quale il Centro<br />

svolge di fatto un ruolo che all’occorrenza torna<br />

utile ma del quale ci si dimentica un attimo dopo<br />

che è stato svolto e per di più ai livelli di qualità<br />

che nessuno, almeno a parole, si dice disposto a<br />

non riconoscere».<br />

5


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

CONVEGNI<br />

Corso Istituzionale SIDV<br />

IX Congresso Fleboforum<br />

Il S.<strong>Anna</strong> Hospital per la seconda volta ha riunito il gotha dell’angiologia<br />

italiana. Elia Diaco: «In Calabria, finalmente, “facciamo scuola” »<br />

Sono stati due giorni di lavoro<br />

intensi e ricchi di contenuti,<br />

partecipati da congressisti<br />

giunti da ogni parte della Calabria<br />

ma anche da Lazio, Campania,<br />

Puglia, Basilicata e Sicilia. Il<br />

S. <strong>Anna</strong> Hospital di Catanzaro,<br />

per la seconda volta, ha messo<br />

insieme il gotha dell’angiologia<br />

italiana, dopo il convegno<br />

dello scorso anno su “Clinica e<br />

ultrasuoni in patologia vascolare”.<br />

Erano due gli eventi in programma<br />

a San Nicolò Ricadi.<br />

«Innanzi tutto - spiega il dottor<br />

Elia Diaco, organizzatore<br />

dell’appuntamento e responsabile<br />

dell’ambulatorio di Angiologia<br />

dell’ospedale - il Corso<br />

Istituzionale di aggiornamento<br />

sulla diagnostica a ultrasuoni<br />

promosso dalla SIDV, la Società<br />

Italiana di Diagnostica Vascolare;<br />

un’iniziativa che tocca ogni<br />

volta una regione diversa e che<br />

in questo caso ha visto la Calabria<br />

come punto di aggregazione<br />

dei colleghi delle regioni del<br />

centro sud. Abbiamo presentato<br />

tutte le novità in campo tecnologico<br />

per quanto riguarda<br />

la diagnostica vascolare e l’Eco<br />

Color Doppler in particolare. Un<br />

ambito in continua evoluzione:<br />

al congresso, infatti, si è vista<br />

una novità pressoché assoluta<br />

e cioè l’Eco Color Doppler che ci<br />

consente di disporre di una visione<br />

in 4D piuttosto che quella<br />

bidimensionale. Un’innovazione<br />

che ci permetterà di navigare<br />

all’interno del vaso e valutare<br />

così le diverse tipologie di<br />

placca eventualmente presenti.<br />

Con questa tecnologia, non sostituiamo<br />

certo l’Angiotac ma i<br />

risultati finali cominciano a poter<br />

essere comparati.<br />

Il secondo evento - continua<br />

Diaco - è stato il IX Congresso<br />

Nazionale Fleboforum, che lo<br />

6


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

scorso anno si è tenuto a Napoli<br />

e che nel 2013 è approdato in<br />

Calabria. L’assise ha visto insieme<br />

il meglio della flebologia<br />

italiana, eminenti personalità<br />

che hanno illustrato le novità<br />

terapeutiche in questo ambito<br />

della medicina. Di particolare<br />

importanza, quelle sulla pannaculopatia,<br />

comunemente<br />

conosciuta come cellulite, una<br />

malattia che ha un dato epidemiologico<br />

importante soprattutto<br />

al sud. L’importanza<br />

del Congresso risiede nel fatto<br />

che oltre alle figure mediche,<br />

sono stati coinvolti i fisioterapisti<br />

e più particolarmente gli<br />

infermieri, profili professionali<br />

interessati al tema dei bendaggi,<br />

un aspetto importante nel<br />

trattamento di queste patologia.<br />

Significativa, nella seconda<br />

giornata di lavori, la presenza<br />

degli studenti universitari che<br />

hanno avuto una straordinaria<br />

opportunità di arricchimento<br />

della propria formazione.<br />

Possiamo dire - conclude Diaco<br />

- che grazie a eventi come<br />

questi, la nostra regione esce<br />

definitivamente da una sorta<br />

di anonimato. Non perché<br />

nel tempo non abbia espresso<br />

personalità di alto valore medico<br />

nel campo dell’angiologia,<br />

anzi tutt’altro. Finora però non<br />

eravamo riusciti a fare, come si<br />

suol dire, “scuola”; non eravamo<br />

cioè riusciti a creare momenti<br />

di confronto e di approfondimento<br />

corale, che fossero al<br />

contempo formativi e informativi<br />

per i colleghi e dessero loro<br />

l’opportunità di un contatto<br />

diretto con il meglio dell’angiologia<br />

italiana, sia ospedaliera e<br />

sia universitaria. Il fatto poi che<br />

questo risultato si riesca a coglierlo<br />

grazie al S. <strong>Anna</strong> Hospital<br />

e alla sua vocazione ad andare<br />

al di là delle sole attività di diagnosi<br />

e cura, ci inorgoglisce<br />

molto come medici ma soprattutto<br />

come calabresi. Il S.<strong>Anna</strong> è<br />

stato e rimane indiscutibilmente<br />

un punto di riferimento e di<br />

eccellenza per quanto riguarda<br />

la chirurgia cardiovascolare ma<br />

lo sta diventando anche per<br />

quanto riguarda l’angiologia.<br />

Questo è dimostrato dai numeri<br />

che registriamo ogni giorno<br />

in reparti e ambulatori ma anche<br />

certificato dalle maggiori<br />

società mediche che ci riconoscono<br />

il lavoro fatto e portato<br />

avanti negli anni ».<br />

La SIDV, Società Italiana di Diagnostica<br />

Vascolare, organizza<br />

ormai da qualche anno vari<br />

eventi istituzionali, definiti così<br />

proprio perché il sodalizio medico<br />

crede fortemente nell’attività<br />

formativa. «Una formazione<br />

- spiega il presidente, Pier Luigi<br />

Antignani - che sia mirata, controllata,<br />

di alto livello, destinata<br />

agli specialisti ma anche ai medici<br />

di medicina generale, ovviamente<br />

a secondo del target<br />

che caratterizza i diversi eventi.<br />

Cerchiamo sempre di dare una<br />

corretta informazione per poter<br />

svolgere al meglio l’attività<br />

diagnostica e di conseguenza<br />

dare un’indicazione terapeutica<br />

di alta qualità perché, in ogni<br />

caso, il paziente chiede questo<br />

e cioé uno specialista la cui for-<br />

7


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

mazione sia di alto livello». La<br />

scelta della SIDV di tenere un<br />

evento istituzionale in Calabria,<br />

però, si riempie inevitabilmente<br />

di ulteriori significati, perché<br />

si tratta di una regione il cui sistema<br />

sanitario è spesso, a torto<br />

o a ragione, sotto i riflettori.<br />

«È la sanità italiana in generale<br />

che in questo momento sta soffrendo<br />

- osserva però Antignani<br />

- anche se regioni come la Calabria,<br />

così estese e con realtà così<br />

diverse tra loro secondo le varie<br />

province e le varie situazioni,<br />

sono sicuramente più difficile<br />

da gestire.<br />

Uno degli scopi di questo evento<br />

è stato proprio quello di coagulare<br />

qui le presenze di tutte<br />

le realtà specialistiche calabresi<br />

(ma non solo) e dai nomi di relatori<br />

e partecipanti, penso che<br />

abbiamo fatto un bel lavoro e<br />

che lo abbia fatto soprattutto il<br />

collega Elia Diaco.<br />

Le presenze di colleghi giunti<br />

davvero da ogni angolo della<br />

regione mi danno molta gioia,<br />

perché significa un buon punto<br />

di partenza per lavorare tutti<br />

insieme; significa qualcosa che<br />

poi si riflette sui pazienti e sul<br />

servizio che offriamo loro come<br />

specialisti delle patologie vascolari».<br />

Il futuro è la SceloromOusse<br />

Gianluigi Rosi, angiologo a Perugia, è conosciuto<br />

in Italia come uno dei maggiori esperti<br />

di “Scleromousse”. «È una tecnica innovativa -<br />

spiega - messa a punto nel 2000, alla quale solitamente<br />

dico che si potrebbe conferire il Nobel.<br />

Perché ci consente di fare una sclerosi delle vene<br />

anche fino a un diametro di 1,5 cm. In altre parole,<br />

invece di sottoporre la persona a un’operazione,<br />

possiamo, attraverso una iniezione, indurre<br />

una sclerosi della vena e ridurre la vena stessa,<br />

appunto senza alcun intervento chirurgico».<br />

La Scleromousse costituisce un’alternativa<br />

anche sul piano dell’efficacia<br />

«Sicuramente sì. Del resto, anche l’intervento<br />

chirurgico può dare luogo a recidive. Sono proprio<br />

queste ultime la problematica maggiore<br />

della malattia varicosa; a distanza di uno, due o<br />

tre anni, le vene varicose possono rivenire fuori<br />

e quindi la persona deve sottoporsi a un nuovo<br />

trattamento. È ovvio che se disponiamo di uno<br />

non invasivo, che non necessita di anestesia, che<br />

può essere fatto in ambulatorio, che ha dei costi<br />

8


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

più che ragionevoli, tutto questo va incontro alle<br />

esigenze del paziente a parità di risultati, anzi<br />

direi anche con risultati migliori. In più, la Scleromousse<br />

consente di fare trattamenti a individui<br />

con più di settant’anni, un’età in cui l’intervento<br />

chirurgico può porre più di un problema».<br />

Il livello di gravità della patologia è una variabile<br />

che condiziona la possibilità di utilizzare<br />

la Scleromousse<br />

«No, può essere utilizzata in qualunque caso.<br />

Può dare qualche effetto collaterale di fastidio,<br />

dolore, bruciore, che si protrae per qualche giorno.<br />

Ma sicuramente un conto è fare un’iniezione<br />

direttamente in vena e un altro è sfilare la vena<br />

stessa come azione meccanica».<br />

Il gesto chirurgico quindi scomparirà dall’orizzonte<br />

della patologia<br />

«Per quelle che sono le mie indicazioni, è già<br />

scomparso da sette anni. È comprensibile che<br />

chi ha fatto da sempre chirurgia abbia difficoltà<br />

ad andare verso questo nuovo tipo di procedura,<br />

perché occorre saper fare un’ecografia, il gesto<br />

che si compie non è chirurgico ma si inietta una<br />

sostanza in vena… Insomma, per un operatore<br />

di vecchia scuola è un po’ più difficile accettare<br />

il cambiamento, non è certo difficile per i chirurghi<br />

più giovani».<br />

Quali sono oggi le prospettive di sviluppo<br />

della Scleromousse<br />

«Sicuramente come in tutte le metodiche ci saranno<br />

affinamenti. Basti pensare, ad esempio,<br />

a come in questi anni abbiamo incrementato<br />

progressivamente il diametro delle vene su cui<br />

riusciamo a intervenire. Siamo partiti da diametri<br />

di appena 4, 6 mm e oggi trattiamo vene che<br />

arrivano fino a un centimetro e mezzo» .<br />

Possiamo dire infine che la Scleromousse, a<br />

parte gli aspetti medici, semplifica la vita al<br />

paziente<br />

«Certo. L’individuo che si sottopone a questo<br />

trattamento, fatta eccezione per gli sforzi fisici<br />

veri e propri, di fatto il pomeriggio successivo<br />

continua la normale attività. Quella fisica, ripeto,<br />

dovrà sospenderla per qualche giorno ma per<br />

il resto, la persona può continuare a fare il suo<br />

lavoro».<br />

BIOLOLOGIA & CLINICA<br />

All’impegno della comunità<br />

medica, sul tema delle<br />

vene varicose, fa da contraltare<br />

quello della ricerca. A<br />

Capo Vaticano, Ferdinando<br />

Mannello del dipartimento di<br />

Scienze Biomolecolari dell’università<br />

“Carlo Bo” di Urbino ha<br />

svolto una relazione sulle metallo<br />

proteasi di matrice e sul loro<br />

ruolo nella malattia venosa<br />

cronica. « Le metallo proteasi di<br />

matrice - spiega il cattedratico<br />

- sono degli enzimi che degradano<br />

le proteine; quest’azione<br />

fisiologica viene effettuata in<br />

tutti i tessuti, quindi compresa<br />

la parte dei vasi sanguigni, sia<br />

arterie e sia vene. In presenza<br />

di determinati fattori come infiammazioni,<br />

degenerazione<br />

di un tessuto, alterazioni della<br />

funzionalità di questo tessuto,<br />

le metallo proteasi scatenano<br />

la loro attività ben oltre i livelli<br />

normali. A questo punto, l’eccessiva<br />

capacità di degradare<br />

le proteine porta a un danno<br />

grave del tessuto. Un percorso,<br />

chiamiamolo così, può essere:<br />

scompenso della pressione<br />

arteriosa, danno sui vasi, attivazione<br />

delle metallo proteasi,<br />

degrado eccessivo delle proteine.<br />

Ciò determina una vena<br />

sempre meno rigida e meno<br />

strutturata in maniera classica<br />

ed ecco che si genera una vena<br />

9


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

varicosa. Su questo percorso,<br />

si va ad appoggiare, peggiorando<br />

la situazione, un reperto<br />

infiammatorio, con alcune sostanze<br />

che si chiamano interleuchine<br />

e che sono dei mediatori,<br />

fanno cioè da tramite tra<br />

la fisiologia e l’infiammazione<br />

stessa. Quest’ultima porta ovviamente<br />

ad avere un peggioramento<br />

perché richiama globuli<br />

bianchi, crea una vasodilatazione,<br />

determina tutta una<br />

serie di fenomeni a cascata.<br />

Aver scoperto che le metallo<br />

proteasi da una parte e le interleuchine<br />

dall’altra lavorano<br />

insieme in sinergia per generare<br />

la patologia della varice, che<br />

aggravandosi può arrivare fino<br />

all’ulcera venosa, significa non<br />

solo avere individuato i meccanismi<br />

con cui nasce ed evolve<br />

la malattia ma soprattutto aver<br />

individuato dei target terapeutici<br />

cioè dei bersagli, che possono<br />

essere raggiunti e bloccati<br />

attraverso dei farmaci».<br />

All’università di Urbino, uno di<br />

questi è stato studiato in particolare.<br />

«Si chiama Suledexide<br />

(Vessel) - spiega Mannello<br />

- ed è una complessa miscela<br />

di componenti, che sono normalmente<br />

presente nei nostri<br />

tessuti, si chiamano Glicosaminoglicani.<br />

Questa miscela, che<br />

è naturale, da una parte ferma<br />

l’attività proteolitica e quindi<br />

vengono inibite le metallo<br />

proteasi, dall’altra parte blocca<br />

il reperto infiammatorio, fa<br />

in modo cioè che le interleuchine,<br />

mediatori dell’infiammazione,<br />

non siano più attive.<br />

Bloccare questi due elementi<br />

significa aver trovato uno<br />

dei possibili target terapeutici<br />

(speriamo di aggiungerne<br />

altri), in modo da fermare la<br />

malattia nelle prime fasi e non<br />

creare una cura quando ormai<br />

la malattia è conclamata, degenerata,<br />

diventata grave, con<br />

costi sanitari altissimi, con sofferenze<br />

personali elevate, con<br />

una qualità della vita peggiorata.<br />

Oggi, la nostra attenzione<br />

è concentrata sulla precocità.<br />

Vogliamo cioè approfondire<br />

ricerche e conoscenze in stadi<br />

precoci. La collaborazione di<br />

noi biologi con i clinici che fanno<br />

analisi, clinica e strumentale,<br />

ha lo scopo di identificare<br />

dei target e dei farmaci efficaci<br />

quando ancora i danni provocati<br />

dalla patologia non sono<br />

così gravi, in modo tale da<br />

bloccarne l’evoluzione. Questa<br />

è una speranza che nutriamo,<br />

anche perché oggi abbiamo<br />

delle buone basi per poterlo<br />

puntare anche a questo risultato.<br />

Da questo punto di vista,<br />

considero molto utile e fecondo<br />

il confronto che abbiamo<br />

potuto avere qui in Calabria».<br />

CELLULITE : NON BASTA L’ESTETISTA<br />

Agli incontri di Capo Vaticano, un intervento<br />

molto atteso era quello del professor Claudio<br />

Allegra (primario emerito di Angiologia presso<br />

l’ospedale S. Giovanni Addolorata di Roma)<br />

sulla cellulite. Il termine fa venire in mente per<br />

prima cosa la dimensione estetica del problema<br />

che affligge molte donne e dunque la cosmesi<br />

e l’istituto di bellezza ma in realtà - e senza nulla<br />

togliere alla dignità dell’una e dell’altro - ci troviamo<br />

di fronte a una vera e propria patologia.<br />

«Parliamo - spiega Allegra - del sintomo di una<br />

malattia o di un abito costituzionale. La cellulite<br />

è appunto un abito del Mediterraneo, nel<br />

senso che le nostre donne, dal centro sud Italia<br />

e fino al nord Africa hanno questo abito costituzionale,<br />

caratterizzato generalmente da un<br />

10


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

busto stretto e da gambe che tendono invece<br />

a ingrossare. La cellulite è un fenomeno che si<br />

lega a una situazione ormonale peculiare; è una<br />

forma ereditaria, quindi familiare, che bisogna<br />

cercare di bloccare prima che le gambe da belle<br />

e tornite, magari un po’ ricche di acqua, diventino<br />

gambe con cellulite a grossi nodi. Questa patologia<br />

- continua il professore - si abbina a dei<br />

disturbi correlati, genetici o familiari anch’essi,<br />

come pressione bassa, stato di ansia, ritenzione<br />

idrica, facilità di formazioni cistiche ormonali,<br />

che colpiscono spesso il seno o le ovaie o la<br />

tiroide ma presenta anche una facilità alle dermatiti<br />

allergiche o a contatto. Dunque si tratta<br />

di sintomi che rientrano in un quadro generale.<br />

Purtroppo, però, la cellulite è stata per così dire<br />

decontestualizzata. Oggi se n’è fatto un problema<br />

a se stante, per motivi un po’ di scarsa cultura<br />

e un po’ di convenienza, perché se la patologia<br />

viene scissa dai caratteri generali costituzionali<br />

e familiari, diventa una malattia da curare prescindendo<br />

da tutto il resto. Insomma, un abbonamento<br />

quotidiano, a vita, presso il cosiddetto<br />

medico estetista anzi estetico. In realtà le indicazioni<br />

giuste, più che sul piano terapeutico su<br />

quello delle sane abitudini di vita, dall’attività<br />

sportiva all’alimentazione al massaggio, sono il<br />

sistema migliore per avere gambe “nostrane” e<br />

basta». Ma se è vero che di solito le donne sono<br />

attente alla cura del proprio corpo, è anche vero<br />

che c’è chi invece si lascia andare, inconsapevole<br />

di correre dei rischi. «Oltre a quello estetico -<br />

spiega Allegra - c’è il rischio di non deambulare<br />

bene. C’è una sofferenza legata a implicazioni<br />

vascolari che risentono anche dei cambiamenti<br />

climatici improvvisi. Si imbibisce il grasso a<br />

livello di cosce e ginocchia, e questo spinge a<br />

camminare in modo innaturale per evitare che<br />

le gambe si urtino tra loro; da qui il vagismo, che<br />

nel tempo provoca artrosi dell’anca o del ginocchio<br />

e dunque si passa da un disturbo gestibile<br />

come la cellulite a una vera e propria malattia<br />

della deambulazione». Occorre dunque attenzione,<br />

senza allarmismi inutili ma anche senza<br />

valutazioni superficiali, soprattutto quando si<br />

tratta di affrontare il problema. La domanda allora,<br />

come si dice in questi casi, sorge spontanea:<br />

studio medico e centro estetico o istituto<br />

di bellezza sono tra loro complementari, in concorrenza<br />

o, peggio ancora, in conflitto «Sono<br />

complementari - risponde il professore. Occorre<br />

che ci sia prima di tutto una cognizione medica<br />

vascolare della malattia e poi, ricevute le necessarie<br />

indicazioni mediche, anche l’estetista può<br />

giocare un ruolo. A queste condizioni, le due figure<br />

diventano un duo inscindibile che produce<br />

benefici per paziente. Ci vuole collaborazione<br />

cosciente e culturalmente indotta».<br />

11


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

SINERGIE NECESSARIE<br />

A maggio dell’anno scorso, in<br />

occasione del convegno “Clinica<br />

ed ultrasuoni in patologia<br />

vascolare”, organizzato dal<br />

S.<strong>Anna</strong> Hospital, il professor<br />

Stefano De Franciscis era stato<br />

esplicito nel dirsi convinto<br />

dell’opportunità di integrare le<br />

attività esclusivamente ospedaliere<br />

con quelle di formazione<br />

universitaria. Nel 2012, il<br />

direttore dell’Unità Operativa<br />

Complessa di Chirurgia Vascolare<br />

del policlinico Mater Domini<br />

di Catanzaro aveva quindi<br />

deciso di utilizzare i lavori<br />

di quel convegno nell’ambito<br />

della sua attività di docente.<br />

Quest’anno, a Capo Vaticano,<br />

De Franciscis si è addirittura<br />

portato dietro gli allievi, confermando<br />

così quella sua valutazione<br />

iniziale.<br />

«Valutazione che resta positiva<br />

- dice - perché positivi sono<br />

i suoi risultati. Il fatto che oggi<br />

qui ci siano tutti gli specializzandi<br />

della nostra università<br />

per partecipare ai corsi di formazione<br />

organizzati da società<br />

scientifiche ma soprattutto<br />

organizzati dall’esperienza<br />

ospedaliera, sia pubblica, sia<br />

accreditata, è la testimonianza<br />

che nella realtà queste sinergie<br />

non sono solo necessarie,<br />

come preventivavamo l’anno<br />

scorso ma sono utili. I risultati<br />

- continua De Franciscis - si vedono,<br />

cominciano a vedersi, al<br />

punto che stiamo cercando e<br />

probabilmente dall’anno prossimo<br />

ci riusciremo, di rendere<br />

sinergici non solo i saperi ma<br />

anche le strutture. Intendiamo<br />

cioè chiedere la disponibilità<br />

alle strutture ospedaliere, più<br />

a quelle accreditate che a quelle<br />

pubbliche, di partecipare<br />

ai percorsi formativi offrendo<br />

le sedi per la formazione. Un<br />

esempio per tutti è proprio il<br />

S.<strong>Anna</strong>, dove lavora un gruppo<br />

di eccellenza in chirurgia vascolare<br />

e con il quale già oggi i<br />

nostri specializzandi svolgono<br />

attività formative.<br />

Ebbene, è mia intenzione chiedere,<br />

oltre alla disponibilità<br />

delle competenze di singoli<br />

docenti anche quella di spazi<br />

fisici dove fare formazione, in<br />

modo che ci sia un percorso<br />

formativo universitario sviluppato<br />

e strutturato all’interno<br />

dell’ospedale. Riuscire in questo,<br />

sarebbe proprio come fare<br />

un gran goal, perché la Calabria<br />

sarebbe la seconda regione dopo<br />

l’Emilia a dar vita a un’esperienza<br />

simile, visto che le altre<br />

regioni si tengono lontane da<br />

questo tipo di commistione».<br />

Quest’ultimo dato conferma la<br />

difficoltà di dialogo tra istituzioni<br />

sanitarie, che già lo scorso<br />

anno De Franciscis aveva messo<br />

in evidenza. «Permane una<br />

difficoltà culturale - conferma<br />

il professore - perché ancora<br />

oggi in molte parti d’Italia si<br />

ritiene che l’ospedalità accreditata<br />

solo perché privata sia<br />

un’ospedalità esclusivamente<br />

commerciale e quindi, un certo<br />

senso, non meritevole di formare<br />

né di essere riconosciuta<br />

come eccellenza ma questo<br />

non è assolutamente vero. In<br />

Calabria è stato più facile dimostrarlo<br />

perché ci sono poche<br />

realtà operative, quindi è age-<br />

12


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

no meccanismi d’azione completamente diversi<br />

rispetto a quelli attualmente in uso e che consistono<br />

nell’assunzione orale a dosi prevedibili e<br />

fisse, in modo da non richiedere quel controllo<br />

periodico in laboratorio che, per esempio nel<br />

caso dell’assunzione di Cumadin, è indispensabile<br />

ogni due o tre settimane per lo meno. Questa<br />

routine rappresenta sicuramente un disagio<br />

per il malato. In anni recenti, sono state messe<br />

a punto modalità per rendere meno complicata<br />

la vita del paziente: penso ad esempio all’auto<br />

regolazione del farmaco, basata sull’esame di laboratorio<br />

fatto in farmacia o addirittura a casa,<br />

comprandosi l’apparecchio apposito. Ma nonovole<br />

il confronto ed è semplice<br />

la verifica di quello che succede<br />

e di come si lavora. Ma in realtà<br />

è così in ogni altra parte d’Italia;<br />

il panorama della sanità è cambiato.<br />

Oggi gran parte di quella d’eccellenza<br />

è privata non è più<br />

pubblica; esistono certamente<br />

le grandi strutture pubbliche<br />

ma in una congiuntura in cui<br />

c’è la necessità di un controllo<br />

della spesa, le strutture pubbliche<br />

spesso faticano. Le strutture<br />

private, invece, riescono ad<br />

avere una migliore qualità della<br />

spesa, dando un servizio che<br />

complessivamente è migliore<br />

perché di buon livello tecnico<br />

ma contestualmente anche di<br />

buon valore economico e così<br />

diventano un’eccellenza. Stiamo<br />

cavalcando questa tigre<br />

- continua De Franciscis - per<br />

sdoganare (anche se il termine<br />

è antipatico) il concetto che<br />

“privato uguale commerciale”<br />

per farlo diventare “privato<br />

uguale eccellenza” e in questo<br />

un ruolo pieno lo gioca sicuramente<br />

la formazione». E di formazione,<br />

a capo Vaticano, gli<br />

specializzandi dell’università<br />

Magna Graecia ne hanno avuta<br />

ai massimi livelli. Una parte<br />

dell’evento, infatti, è stata dedicata<br />

fondamentalmente alla<br />

diagnostica delle malattie vascolari<br />

fatta con gli ultrasuoni<br />

e quindi Doppler, Color Doppler<br />

ed ecografi.<br />

Gli specialisti venuti da ogni<br />

parte d’Italia per il convegno<br />

hanno accettato di buon grado<br />

di fare delle lezioni vere proprie,<br />

spiegando non solo i metodi<br />

più moderni nell’utilizzo<br />

delle apparecchiature ma anche<br />

i settaggi più raffinati, cioè<br />

le migliori regolazioni delle apparecchiature<br />

stesse per ottenere<br />

il rendimento più efficace<br />

e quindi i migliori risultati sul<br />

piano diagnostico.<br />

NOVITÀ NEGLI ANTICOAGULANTI<br />

Non è facile la vita di quei malati costretti ad assumere<br />

anticoagulanti, soprattutto per via dei<br />

frequenti e regolari controlli di laboratorio cui<br />

debbono sottoporsi. Aspetti ben conosciuti da<br />

Gualtiero Palareti, direttore dell’Unità Operativa<br />

di Angiologia e Malattie della coagulazione<br />

al policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna, che<br />

al convegno Sidv ha parlato proprio di farmaci<br />

anticoagulanti. «Ci sono delle novità - spiega Palareti.<br />

Si tratta di nuovi farmaci diretti, che han-<br />

13


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

stante queste facilitazioni, l’enorme numero di<br />

pazienti anticoagulati nel mondo richiede dei<br />

farmaci più semplici, più gestibili, in modo da<br />

evitare comunque i controlli ripetuti e frequenti.<br />

La risposta è negli anticoagulanti diretti di cui<br />

dicevo all’inizio. Tali farmaci - continua Palareti -<br />

si rivolgono inizialmente a pazienti che fanno la<br />

terapia per una condizione di fibrillazione atriale<br />

ma abbiamo già numerosi studi che dimostrano<br />

la loro utilizzabilità in soggetti che sono andati<br />

incontro a trombosi venose profonde o embolia<br />

polmonare, patologie frequenti nella nostra popolazione,<br />

soprattutto anziana e che richiedono<br />

un trattamento anticoagulante. Questi nuovi<br />

farmaci possono essere usati pressoché direttamente<br />

al momento della diagnosi o anche<br />

a lungo termine. Hanno dimostrato di essere<br />

sicuri quanto quelli utilizzati fin qui e al tempo<br />

stesso di essere efficaci quanto il farmaco anticoagulante<br />

di riferimento. È chiaro che anch’essi<br />

espongono al rischio emorragico; ci possono<br />

essere situazioni in cui è indispensabile una valutazione<br />

di laboratorio per verificarne gli effetti<br />

ma non sarà il famoso INR (l’indagine per calcolare<br />

i corretti livelli terapeutici di farmaci come<br />

il Cumadin, ndr) che finora hanno dovuto fare<br />

tutti i pazienti. Saranno test diversi, fatti solo se<br />

necessario e non routinariamente. Quindi un<br />

passo in avanti che migliora la qualità della vita<br />

e tende anche a superare certe problematiche<br />

organizzative dei sistemi sanitari, legate appunto<br />

alla necessità dei controlli periodici e all’adattamento<br />

della terapia. Questi nuovi farmaci non<br />

sono ancora disponibili in Italia ma lo saranno<br />

tra poco. Ribadisco che miglioreranno la qualità<br />

della vita ai pazienti anche se porranno nuovi<br />

problemi ai quali dovremo abituarci, sui quali riflettere<br />

per adattare le nostre conoscenze all’uso<br />

pratico. Gli studi clinici, infatti, sono una cosa<br />

ma poi occorre verificare se e quali problemi<br />

possono esserci nella nostra popolazione, che è<br />

spesso anziana e ha le sue specificità».<br />

Dunque, una vita più semplice per il soggetto<br />

sottoposto a terapia anticoagulante. Palareti<br />

però “frena” sull’ipotesi di una pressoché totale<br />

autonomia del paziente, come accade ad esempio<br />

per i diabetici. «È possibile che non vi sia più<br />

la necessità di controlli così frequenti come<br />

accade ora - spiega - ma non dovrebbe essere<br />

possibile autoregolarsi la terapia. A differenza<br />

delle terapie per il soggetto diabetico, infatti,<br />

queste sono fisse; è fondamentale indurre il<br />

paziente a essere aderente alle prescrizioni e a<br />

mantenere la terapia, perché dimenticarsi della<br />

medicina o ridurla può portare a un rischio.<br />

Questi farmaci sono molto rapidi nel fare effetto<br />

ma esso svanisce altrettanto velocemente<br />

se non si assumono con regolarità. A una diminuzione<br />

dei controlli, dunque, corrisponde un<br />

contatto più intenso col medico, che deve dare<br />

le istruzioni giuste per una terapia che va fatta e<br />

va fatta bene».<br />

14


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

QUALITÀ<br />

Regione e DNV Italia<br />

promuovono il S.<strong>Anna</strong><br />

Il Centro di Alta Specialità del Cuore ha superato brillantemente le verifiche per<br />

il rinnovo della Certificazione di Qualità e sulla Check list in sala operatoria<br />

Lo scorso mese di giugno ha fatto segnare due<br />

importanti risultati positivi per il Centro regionale<br />

di Alta Specialità del Cuore. Le verifiche<br />

del Dipartimento regionale per la Tutela della<br />

Salute sull’adozione della check-list in sala operatoria<br />

e quelle dell’Ente certificatore per il rinnovo<br />

della Certificazione di Qualità sono state infatti<br />

superate con successo.<br />

La check-list in sala operatoria<br />

è uno strumento a<br />

garanzia della sicurezza del<br />

paziente. Essa è costituita<br />

da un insieme di verifiche<br />

e adempimenti, che garantiscono<br />

l’abbattimento<br />

della percentuale di rischio<br />

operatorio. È opinione condivisa<br />

delle Organizzazioni<br />

internazionali della sanità<br />

che l’uso sistematico della<br />

check-list in sala operatoria<br />

contribuisca ogni anno<br />

a salvare la vita di milioni<br />

di persone nel mondo. L’obbligo di utilizzarla è<br />

scattato in Calabria dal 1 gennaio 2013 successivamente<br />

a due decreti del presidente della Giunta<br />

Regionale. Ma gli ispettori del Dipartimento<br />

hanno avuto modo di verificare che in realtà il<br />

S.<strong>Anna</strong> utilizza la check-list in sala operatoria già<br />

dal 2011, dopo avere formato il personale interessato<br />

al tema anche con la collaborazione del<br />

dottor Alessandro Ghirardini della Direzione Generale<br />

Programmazione Sanitaria del Ministero<br />

della Salute, responsabile del Progetto Sicurezza<br />

in sala operatoria per la diffusione della check-list<br />

nelle strutture sanitarie italiane. Da qui le conclusioni<br />

degli ispettori regionali, dalla cui verifica è<br />

emerso che il S.<strong>Anna</strong> dedica “una attenzione alta<br />

alle tematiche della qualità e gestione del rischio<br />

clinico”.<br />

Questo risultato è frutto della lungimiranza del<br />

direttore sanitario, Gaetano Muleo, che con largo<br />

anticipo ha avviato a suo tempo il processo<br />

di introduzione della check-list. «Le scadenze di<br />

legge - commenta oggi il DS - vanno sicuramente<br />

rispettate ma in sanità, quando si ritiene che i<br />

processi siano maturi, si va avanti nell’interesse<br />

del malato e a prescindere dalle scadenze. Nel<br />

2010, noi pensavamo che l’uso della check-list<br />

fosse a tutto vantaggio dei pazienti; abbiamo verificato<br />

che c’era la disponibilità del personale a<br />

ricevere la formazione necessaria e quindi siamo<br />

partiti con il lavoro perché non c’era motivo di<br />

rinviare oltre. Esserci trovati pronti con due anni<br />

di anticipo sulla scadenza imposta in un secondo<br />

momento dalla normativa regionale è stato, per<br />

così dire, un effetto collaterale positivo ma a noi<br />

15


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

premeva innanzi tutto la sicurezza del paziente.<br />

La check-list, infatti, serve a verificare tutto ciò<br />

che in una sala operatoria può apparire scontato.<br />

Ma proprio perché siamo in una sala operatoria,<br />

niente deve essere dato per scontato: dall’identità<br />

del malato alla sterilizzazione dello strumentario,<br />

dai tempi di somministrazione degli<br />

antibiotici nel pre-operatorio a tutta una serie di<br />

altri elementi. Deve esserci insomma la certezza<br />

che tutto sia come deve essere e questa certezza<br />

non può che venire da protocolli di comportamento<br />

e di procedura puntualmente descritti,<br />

certi e fissati punto per punto; protocolli a cui il<br />

personale deve attenersi rigorosamente ad ogni<br />

intervento. Può apparire banale ma non lo è affatto;<br />

altrimenti il ministero della Salute non si<br />

sarebbe preoccupato di approntare un progetto<br />

nazionale per l’adozione della check-list. Il punto<br />

è che generalmente, in sala operatoria, il livello<br />

di attenzione è sempre e comunque alto; ma un<br />

conto è che quel livello sia legato al senso di responsabilità<br />

personale di ciascun operatore e alla<br />

sua esperienza; un conto è che quel livello sia<br />

garantito da un protocollo da seguire, la cui applicazione<br />

dovrà essere verificabile in qualunque<br />

momento per accertare che ognuno abbia svolto<br />

esattamente il compito che è chiamato a svolgere.<br />

La check-list - conclude Muleo - è dunque<br />

una sicurezza in più per il malato ma è anche uno<br />

strumento per elevare il grado di integrazione<br />

del lavoro di équipe. Ognuno sa perfettamente<br />

quello che fa e sa perfettamente quello che fanno<br />

gli altri. Per noi al S.<strong>Anna</strong>, questo è un dato di<br />

primaria importanza, perché è proprio il gioco<br />

di squadra che produce la prestazione di qualità<br />

per il paziente».<br />

Oltre alle verifiche sull’adozione della check-list,<br />

il Centro regionale di Alta Specialità del Cuore ha<br />

anche superato quelle per il “rinnovo” della Certificazione<br />

di Qualità ai sensi della norma ISO<br />

9001:2008. Ciò significa che il S.<strong>Anna</strong> ha passato<br />

non il normale test annuale ma il riesame triennale,<br />

ben più impegnativo. I verificatori di DNV<br />

Italia, l’Ente certificatore con sede a Oslo, anche<br />

in questo caso non hanno registrato anomalie di<br />

1° grado, quelle cioè relative al mancato rispetto<br />

della normativa cogente, né anomalie di 2° grado,<br />

quelle di gravità inferiore ma da rimuovere<br />

comunque, per evitare che possano diventare<br />

di 1° grado. Tra le positività segnalate nel report<br />

finale: l’impegno costante in termini di investimento<br />

ai fini dell’ammodernamento delle infrastrutture<br />

e degli ambienti, nonché l’accreditamento<br />

di eccellenza, ottenuto dall’Ambulatorio<br />

di Angiologia, secondo i criteri stabiliti dalla Siapav,<br />

la Società Italiana di angiologia e patologia<br />

vascolare. Molto apprezzata anche l’attività convegnistica<br />

del S.<strong>Anna</strong>, con particolare riferimento<br />

a quella su procedure cliniche e diagnostica in<br />

chirurgia vascolare cardiochirurgia.<br />

16


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

STILI DI VITA<br />

Staccare la spina<br />

per curare se stessi<br />

Un periodo di vacanza lontano dalla routine quotidiana si rivela un toccasana<br />

per la salute. Inoltre, riduce sensibilmente il rischio di infarto o ictus<br />

Meno venti per cento: di tanto si riduce il rischio<br />

di venire colpiti da infarto o ictus, se<br />

si hanno l’accortezza e il buon senso di prendersi<br />

almeno una settimana di sano riposo durante<br />

l’estate. Mettere in soffitta impegni e stress,<br />

infatti, significa fare ai vasi e al cuore il migliore<br />

regalo possibile. I tempi, economicamente parlando,<br />

sono quelli che sono ma non è necessario<br />

potersi permettere una vacanza extra lusso.<br />

Basta semplicemente entrare in un ordine di<br />

idee diverso dal solito: niente tour de force tra<br />

un appuntamento e l’altro, niente telefonino<br />

che squilla in continuazione... Molto meglio<br />

una sana partitella a carte con gli amici, tanto<br />

per intenderci. Lasciamo pure lo stress ai mesi<br />

invernali, quando i ritmi della fatica quotidiana<br />

faranno sentire i loro effetti (sovente negativi) a<br />

cominciare dai capricci della pressione arteriosa.<br />

L’essenziale è non rinunciare a sentirsi attivi. Anche<br />

se si è costretti a rimanere tra le quattro mura<br />

domestiche, questo non significa non poter<br />

godere comunque di quella famosa settimana,<br />

lontani da tutto ciò che contribuisce a condizionare<br />

la naturale voglia di libertà per dedicarsi a<br />

se stessi. Chi di noi non ha un hobby Chi non<br />

ama mettere ordine tra le proprie cose o magari<br />

cambiare la disposizione dei mobili Chi non<br />

vorrebbe avere il tempo per scrivere un diario o<br />

suonare uno strumento musicale Ecco: quella<br />

settimana lì è il momento giusto per farlo. E<br />

se anche non c’è un hobby da coltivare o uno<br />

strumento musicale da suonare, è comunque il<br />

momento buono per fare lunghe passeggiate,<br />

muoversi e bandire il panino all’hamburger del<br />

fast food sotto l’ufficio per dedicarsi alle insalate<br />

e alle verdure, che tanto aiutano l’organismo. E a<br />

proposito di amici dell’organismo, mai dimenticarsi<br />

di bere, bere parecchio. Fa caldo e disidratarsi<br />

significa che il cuore lavora di più per pompare<br />

il sangue che si fa più denso proprio in mancanza<br />

d’acqua. Per i fortunati che invece possono<br />

permettersi di chiudere casa per andare in<br />

vacanza, il consiglio di prendersi del tempo per<br />

sé non cambia, anche perché quello che conta<br />

davvero è lo “spirito” con cui si “stacca la spina”,<br />

a casa o fuori. E se il vacanziere è anche cardiopatico,<br />

allora farà bene a sottoporsi ai semplici e<br />

consueti controlli di routine prima di mettersi in<br />

viaggio.<br />

Ma, lo ripetiamo, quello che conta è lo “spirito”. I<br />

tempi difficili che la maggior parte delle persone<br />

è costretta ad affrontare non aiutano certo a sorridere.<br />

Il senso di solitudine, la demotivazione, le<br />

preoccupazioni e l’ansia per un futuro che molti<br />

vivono come una pesante incertezza, diventano<br />

emozioni negative, un vero e proprio “peso”<br />

poggiato sul cuore. Ed è quel carico che rischia di<br />

far aumentare l’infiammazione dei vasi, l’attività<br />

delle piastrine e la frequenza cardiaca, dando il<br />

via a una serie di reazioni endocrine che sfociano<br />

in una minore protezione delle arterie e una<br />

più alta probabilità di infarti e ictus. Il pericolo è<br />

consistente soprattutto in chi è più anziano o ha<br />

fattori di rischio cardiovascolari, come la pressione<br />

alta, il sovrappeso e il fumo.<br />

Non lasciamo che le preoccupazioni diventino<br />

il padrone assoluto della nostra vita. Essere responsabili<br />

verso se stessi e verso i propri affetti,<br />

a cominciare da quelli familiari, significa anche<br />

fermarsi quando il nostro organismo ce lo chiede.<br />

Bisognerebbe poter prendersi una pausa e<br />

staccare ogni volta che ce n’è il bisogno ma non<br />

sempre si può, questo è vero. Ma la stagione estiva<br />

è la migliore occasione per farlo. Non sprechiamo<br />

questo tempo.<br />

17


SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

Lo psicologo<br />

al tuo fianco<br />

La rubrica “Lo psicologo<br />

al tuo fianco” ospita la voce<br />

dei pazienti attraverso le<br />

loro testimonianze, che<br />

vengono commentate<br />

a cura del Servizio<br />

di Cardiopsicologia<br />

del S.<strong>Anna</strong>, di cui è<br />

responsabile il dottor<br />

Roberto Ruga.<br />

Il “cuore” dei buoni<br />

Dottor Ruga Grazie e complimenti per l’eccellente<br />

lavoro che Lei svolge con passione e professionalità.<br />

Aspettavo con ansia la sua visita mentre ero<br />

ricoverato al S. <strong>Anna</strong> per conoscerla di persona e<br />

stringerle la mano; perché prima del ricovero avevo<br />

visionato il suo sito ed ero rimasto veramente<br />

entusiasta del suo operato. L’incontro è stato<br />

salutare per me. Quello che mi ha colpito è stato<br />

come lei sia riuscito a infondere dentro di me una<br />

pace e una serenità indescrivibile mentre dialogavamo.<br />

Quando mi è stata fatta la diagnosi dal<br />

dottor Agnino, apprendere che era necessario un<br />

intervento cardiochirurgico per me è stato un duro<br />

colpo. All’inizio un po’ di depressione, poi mi sono<br />

messo nelle mani di Dio! Ho deciso di non andare<br />

da nessun’altra parte, come fanno molti calabresi<br />

che si rivolgono al nord. Ho creduto in Agnino e<br />

nell’équipe e mi sono affidato al S. <strong>Anna</strong> Hospital<br />

di Catanzaro.Ringraziando Dio e tutto lo staff del<br />

S. <strong>Anna</strong>, è andato tutto bene. Colgo l’occasione per<br />

ringraziare tutti e spero tanto che a nessuno venga<br />

mai in mente di penalizzare una realtà che abbiamo<br />

in Calabria, dove si fanno interventi di cardiochirurgia<br />

ad altissimi livelli; niente da invidiare alle<br />

migliori cardiochirurgie del nord Italia!<br />

Giuseppe Di Vico, Rossano (Cs)<br />

Alla domanda “funziona la psicoterapia” si può<br />

rispondere in vari modi, uno dei quali condivido<br />

pienamente: funziona ad esempio quando<br />

“qualcosa” è già accaduto nel paziente prima<br />

ancora che questi incontri lo psicoterapeuta.<br />

Prima dell’incontro ci sono già le aspettative della<br />

persona, le sue fantasie sulla situazione della<br />

quale sarà protagonista. Queste fantasie predispongono<br />

la persona ad essere positivamente<br />

influenzata dall’incontro. Sono del parere che<br />

la psicoterapia funziona in maniera elettiva proprio<br />

quando, ancora prima che essa inizi, qualcosa<br />

abbia già silenziosamente lavorato nel paziente,<br />

creando un atteggiamento favorevole al<br />

cambiamento.<br />

Dalla testimonianza riportata apprendiamo ad<br />

esempio che si tratta di una persona religiosa,<br />

alle prese con stati d’animo di sconforto, capace<br />

di affidarsi a qualcuno e di essere riconoscente.<br />

Non è difficile dedurre che sia una persona empatica,<br />

generosa, che mette il sentimento ai posti<br />

di comando; una persona che insomma vede<br />

col cuore, e se volessimo continuare questa<br />

ipotetica lista, aggiungeremmo che mette tutti<br />

a proprio agio, si lascia guidare dagli affetti, cerca<br />

fiducia e intimità, vuole sentirsi parte di qualcosa,<br />

dà particolare valore alla famiglia e ricerca<br />

l’armonia nei rapporti. Chi fa le cose col cuore ha<br />

un suo tipico approccio al mondo: si prende carico<br />

di ogni cosa, esponendosi purtroppo ad ogni<br />

sorta di rischio e di delusione. Esiste una cosiddetta<br />

“intelligenza del cuore” che queste persone<br />

hanno particolarmente sviluppata, a loro piace<br />

dare più che ricevere e sono sempre pronte a<br />

spostare le montagne o a correre dall’amico nel<br />

cuore della notte se sta male. Se una tale persona<br />

parlasse di sé, probabilmente ci racconterebbe<br />

di un amico del cuore, un piatto preferito, un<br />

gatto o un cane che ama come un figlio, di quaderni<br />

delle elementari ancora nel cassetto e un<br />

vecchio maglione stinto che non butterà mai via.<br />

Perché è uno che sa appassionarsi anche contro<br />

la ragione. Si tratta di una intelligenza che ha come<br />

canale privilegiato il sentimento, il calore degli<br />

affetti. Ma, come sempre accade, c’è un risvol-<br />

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SAH<br />

<strong>Magazine</strong><br />

to della medaglia: questa generosità emotiva a<br />

volte si tinge di una tendenza al sacrificio non<br />

richiesto, e può succedere che la persona ci resti<br />

male perché le sembra ovvio che gli altri debbano<br />

ricambiare, mentre questo non sempre<br />

succede, anzi… Di qui, il rischio di sprofondare<br />

nell’amarezza, nella solitudine, nella depressione.<br />

Difficile in tali casi offrire risposte logiche e<br />

razionali, che non farebbero presa. Purtroppo<br />

sono le patologie cardiache ad essere favorite<br />

trovando terreno fertile su cui attecchire, proprio<br />

perché la persona usa e abusa del suo “buon<br />

cuore”. Ma, come recita il detto, al cuor non si comanda,<br />

dunque è solo attraverso un genuino ed<br />

empatico ascolto, che si può iniziare un rapporto<br />

volto alla presa di coscienza delle proprie dinamiche<br />

interne prima, e al cambiamento poi. È<br />

ciò che sistematicamente ci proponiamo di fare.<br />

attraverso il Servizio di CardioPsicologia offerto<br />

a tutti i pazienti che subiscono un intervento di<br />

cardiochirurgia al S.<strong>Anna</strong>.<br />

Come le persone cambiano<br />

Se l’inferno esiste, io l’ho vissuto in questi ultimi<br />

anni perdendo prima un figlio e poco dopo mio<br />

marito. Poi, mi sono ammalata anch’io. La diagnosi<br />

non lasciava scampo, così sono entrata in<br />

sala operatoria con a casa una figlia adolescente<br />

attonita quanto me, affidata a parenti disorientati<br />

anche loro. I Medici hanno superato ogni difficoltà<br />

ridandomi un cuore funzionante, solo che ero io<br />

ad essere a pezzi. Ho un vago ricordo di quei momenti,<br />

ma un giorno, un attimo prima di risvegliarmi<br />

ho avuto una visione: mio padre e mia madre<br />

si prendevano cura del mio amato figlio defunto, e<br />

io potevo rivedere per qualche istante mio marito,<br />

dirgli quanto lo amassi e salutarlo degnamente,<br />

come non avevo avuto modo di fare prima della<br />

sua morte improvvisa. Sembrava tutto così reale,<br />

così vero, così rassicurante. Ma non era vero e io mi<br />

trovavo su un letto, nel reparto di cardiochirurgia<br />

del S.<strong>Anna</strong> Hospital di Catanzaro e di fronte a me<br />

vedevo lei, dottor Ruga, che mi sorrideva chiedendo<br />

la mia impressione sull’esercizio di rilassamento<br />

appena fatto. Mi resi conto che il cuore, per un<br />

istante, aveva creduto a quelle immagini da lei<br />

suggerite e aveva potuto completare un suo percorso,<br />

abbracciandone la presenza per un’ultima<br />

volta. Le chiesi come avesse fatto a sapere di mio<br />

marito e della mia situazione, ma non fece in tempo<br />

a rispondere perché in quel momento entrò<br />

mia figlia, accompagnata da mia sorella. Solo<br />

dopo alcuni giorni, con una riacquisita lucidità<br />

mentale, potei ricostruire una versione più plausibile<br />

di quella emozionante esperienza, ma ciò che<br />

contava più di ogni altra cosa, era l’esser uscita da<br />

una condizione depressiva: adesso avevo voglia<br />

di prepararmi ad affrontare il futuro insieme alla<br />

mia bambina. Il peggio era passato. Nei colloqui<br />

successivi stilammo insieme un programma e tanti<br />

buoni propositi che in parte ho realizzato. Non<br />

so se l’inferno esiste, ma so che esistono gli angeli.<br />

Grazie. (Lettera firmata)<br />

Protagonista di questa toccante testimonianza<br />

è il dolore, un dolore che viene da lontano, da un<br />

passato intriso di sofferenza dovuta a due perdite.<br />

Sovente, eventi luttuosi indeboliscono le difese<br />

immunitarie delle persone, scatenando un<br />

circuito di malattie. In questi casi non è facile reagire,<br />

per farlo, la paziente ha dovuto elaborare il<br />

lutto e lo ha fatto in parte ricongiungendosi immaginariamente<br />

con i suoi cari, portando a compimento<br />

un sospeso, seppur solo nella fantasia.<br />

Quando qualcosa di emotivamente vivido accade<br />

nella nostra testa, è come se fosse reale. L’esercizio<br />

proposto alla paziente, noto come “fantasia<br />

guidata”, attiva dei nuclei emotivi liberando<br />

la loro carica catartica finalizzata al raggiungimento<br />

di una migliore autonomia psicologica<br />

della persona. Questa esperienza ristrutturante<br />

ha sprigionato la motivazione al cambiamento e<br />

alla ripresa. Neanche io so se l’inferno esista, ma<br />

so che le persone cambiano.<br />

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