Musei in Emilia-Romagna - Istituto per i Beni Artistici, Culturali e ...

E C B 

EDITRICE 

COMPOSITORI 

Musei in 

Emilia-Romagna

Musei in Emilia-Romagna

© Testi e immagini IBC Istituto per i beni Artistici, 

Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna 

© 2000 Istituto per i Beni Artistici, Culturali 

e Naturali della Regione Emilia-Romagna 

via Farini 17 - 40124 Bologna 

© 2000 EDITRICE COMPOSITORI 

via Stalingrado 97/2 - 40128 Bologna 

tel. 051 4199711 - fax 051 327877 

e-mail: 1865@compositori.it 

http://www.compositori.it 

ISBN 88-7794-224-X 

L’editore si dichiara disponibile a corrispondere 

il pagamento dei diritti di cui non è stato possibile 

raggiungere i detentori.

Musei in Emilia-Romagna 

Con uno scritto di 

Ezio Raimondi 

Inserti fotografici di 

Luigi Ghirri 

E C B 

EDITRICE 

COMPOSITORI


Istituto per i Beni Artistici 

Culturali e Naturali 

Presidente 

Ezio Raimondi 

Direttore 

Nazzareno Pisauri 

Consiglio Direttivo 

Dante Bolognesi 

Graziano Campanini 

Maurizio Festanti 

Franca Manenti Valli 

Angelo Varni 

Isabella Zanni Rosiello 

Curatore 

Orlando Piraccini 

Coordinamento 

Anna Marina Foschi 

Collazione schede 

Elisabetta Landi 

Sergio Venturi 

Collaborazioni 

Anna Bacchelli 

Anna Bassanelli 

Argia Bertoni 

Franco Bonilauri 

Enzo Calabrò 

Rosaria Campioni 

Laura Gasparini 

Dorotea Mattuzzi 

Vincenza Maugeri 

Zeno Orlandi 

Anita Pagliani 

Alessandro Zucchini 

Redazione schede 

Vincenzo Bazzocchi (v.b.) 

Franco Bonilauri (f.b.) 

Lidia Bortolotti (l.b.) 

Rosaria Campioni (r.c.) 

Valeria Cicala (v.c.) 

Marta Cuoghi Costantini (m.c.c.) 

Isabella Fabbri (i.f.) 

Marina Foschi (m.f.) 

Micaela Guarino (m.g.) 

Maria Pia Guermandi (m.p.g.) 

Elisabetta Landi (e.l.) 

Fiamma Lenzi (f.l.) 

Gabriella Lippi (g.l.) 

Luisa Masetti Bitelli (l.m.b.) 

Vincenza Maugeri (v.m.) 

Maria Luigia Pagliani (m.l.p.) 

Vito Paticchia (v.p.) 

Giovan Battista Pesce (g.b.p.) 

Stefano Pezzoli (s.p.) 

Orlando Piraccini (o.p.) 

Giovanni Serpe (g.s.) 

Patrizia Tamassia (p.t.) 

Massimo Tozzi Fontana (m.t.f.) 

Sergio Venturi (s.v.) 

Le schede non siglate sono redazionali 

Il repertorio fotografico in bianco-nero a corredo delle 

schede è stato fornito dal Gabinetto Fotografico Ibc, 

dalle direzioni dei musei, dagli uffici alla cultura delle 

Amministrazioni provinciali, dal Centro regionale di 

catalogazione (C.R.C.) 

I tre inserti fotografici a colori comprendono immagini 

di Luigi Ghirri eseguite fino al 1985 per i volumi Emilia-Romagna 

del Touring Club Italiano, che qui si ringrazia 

unitamente a Paola Ghirri ed alla Biblioteca Panizzi 

di Reggio Emilia per aver concesso la pubblicazione 

Progetto grafico e impaginazione 

Giordano Rossi

Sommario 

pagina 9 

Lorenza Davoli 

Presentazione 

Ezio Raimondi 

11 Un repertorio, un sistema 



14 Note di lettura 

Schede 

17 Provincia di Piacenza 

27 Provincia di Parma 

43 Provincia di Reggio Emilia 

59 Provincia di Modena 

79 Provincia di Bologna 

119 Provincia di Ferrara 

141 Provincia di Ravenna 

163 Provincia di Forlì-Cesena 

185 Provincia di Rimini 

199 Bibliografia Generale 

201 I servizi museali 

227 Indici dei luoghi e dei nomi 

Inserti fotografici di Luigi Ghirri, 

numerati fuori testo dopo le pagine 64, 112 e 176

9 

Presentazione 

È stato detto che l’arte “fiorisce meglio laddove l’uomo 

deve correggere la natura”. Forse per questo i luoghi, i 

musei, i palazzi, le chiese dell’Emilia-Romagna ne racchiudono 

tanta parte e tanto significativa rispetto a 

molte altre regioni d’Italia e d’Europa, magari più conosciute 

e celebrate per il loro patrimonio storico e artistico. 

Né appare possibile e utile, per l’Emilia-Romagna, 

tracciare la tradizionale demarcazione tra arti maggiori 

e arti minori, che anzi il più delle volte anche i più straordinari 

capi d’opera ci sono giunti contornati e in qualche 

modo esaltati dalla fitta trama dei manufatti di gran mestiere, 

decori eleganti, disposizioni sapienti, ambientazioni 

e scenografie suggestive. 

Questo non solo nelle maggiori città d’arte, come Parma, 

Ferrara, Bologna, in cui si sono sviluppate importanti 

scuole e maniere artistiche, ma anche in centri minori 

come Correggio, Guastalla, Carpi, Imola, Faenza e 

numerosi altri luoghi in cui sono ben visibili sia il riverbero 

dei centri maggiori che le influenze esterne pervenute 

non solo dal Veneto e dalla Toscana, come si può 

notare nel ferrarese e in Romagna, ma anche dalla Francia 

e dall’Europa settentrionale, come è avvenuto per 

Parma e Piacenza. 

Anche il collezionismo di grande tradizione, presente in 

Emilia-Romagna con esempi di massimo splendore, corona 

il nostro patrimonio in maniera singolare per le forti 

connessioni stilistiche, i rimandi e le integrazioni tematiche, 

in cui la vita dei massimi capolavori propone la 

coralità del contesto e l’eloquenza del dialogo piuttosto 

che il silenzio dell’opera unica e irraggiungibile. Così avviene 

ad esempio per uno stupefacente Antonello da 

Messina nella collezione del Collegio Alberoni di Piacenza, 

tra pregevoli dipinti caravaggeschi e fiamminghi, 

come pure per i Monet, Renoir, Cézanne, Morandi, de 

Pisis e altri importanti contemporanei che nella Fondazione 

Magnani Rocca di Traversetolo si misurano con 

Filippo Lippi, Carpaccio, Tiziano, Dürer, Rubens, Goya, 

Van Dyck. 

Ma altrettanto interessante appare il collezionismo dedicato 

agli oggetti d’uso, di cui il panorama museale 

emiliano romagnolo è ricchissimo. Si va dal Museo Internazionale 

delle Ceramiche di Faenza, noto in tutto il 

mondo, al Museo della Marineria con i colori delle sue 

vele dispiegate all’aperto nel porto canale di Cesenatico, 

al Museo Guatelli di Ozzano Taro, che tra tutti è forse 

il più stupefacente. E proprio l’autore di quest’ultimo, 

Ettore Guatelli, ci offre una chiave di lettura del collezionismo 

che presiede alle molte raccolte formatesi 

nella seconda metà del secolo appena concluso. Scrive 

Guatelli in una recente pubblicazione dell’Istituto per i 

Beni Culturali: “Inizialmente ho raccolto per riutilizzare. 

Ai contadini fa caso di tutto… Ma prendevo sempre 

quello che ‘mi piaceva’. Cose inutili, ma anche ingegnosissime, 

poetiche nella loro umiltà, da amare. E da far 

venire il desiderio di capire, di sapere chi c’era e che cosa 

c’era dietro queste cose, come e in quali circostanze 

si usassero. Cose che stimolavano la fantasia, la creatività. 

E ho continuato anche quando ne ho avute tantissime, 

da far dire a qualcuno che avevo un museo”. 

Avviene dunque per questa raccolta ciò che in qualche 

modo è avvenuto in passato per la pittura, la scultura, i 

libri antichi, i documenti archivistici, che sono giunti nei

10 

musei, nelle biblioteche e negli archivi storici per assumere 

funzioni diverse da quelle d’origine. In fondo anche 

il celebre Sigismondo Malatesta ritratto con i due 

alani da Piero della Francesca a Rimini, il Salone dei Mesi 

di Palazzo Schifanoia a Ferrara o il ‘Cristo’ di Andrea 

Mantegna conservato nel Palazzo dei Principi di Correggio 

furono eseguiti per ragioni diverse da quelle 

puramente estetiche per cui oggi sono conservati e 

venerati. Ed erano ragioni pratiche: di culto o di encomio; 

propagandistiche, o, anche, conoscitive se 

non strettamente strumentali, come avvenne per la 

gran parte dei reperti dell’archeologia e dell’artigianato 

storico. Perché stupirsi, allora, se il rapidissimo 

sviluppo delle tecnologie nel XIX e XX secolo, che non 

ha riscontro nei secoli precedenti, ha ridotto enormemente 

il tempo di cambio d’uso degli oggetti della cosiddetta 

cultura materiale, moltiplicando vistosamente 

il numero dei nuovi musei in cui gli oggetti caduti 

in disuso trovano ricovero? 

Certo il fenomeno è rilevante. Basti pensare che più di 

un quinto degli oltre 300 musei descritti in questo repertorio 

riguarda i beni demo-antropologici latamente 

intesi: non solo gli ormai tradizionali musei della civiltà 

contadina, ribaditi un po’ per ogni dove sul territorio regionale, 

ma numerosi altri dedicati a tutti i mestieri, a 

tutte le tecniche e a tutte le scienze della modernità; e, 

in più, alle collezioni degli oggetti più disparati: dagli 

orologi ai soldatini, dalle figurine ai manifesti pubblicitari, 

dalle auto alle motociclette e agli altri mezzi da trasporto 

fino, addirittura, agli aeroplani. 

Tutto questo pone anche problemi funzionali e gestionali 

di non facile soluzione, come si può comprendere. 

Da un lato, proprio per le rapide trasformazioni in corso, 

non è pensabile concepire una sorta di numero chiuso 

dei musei di interesse pubblico, mentre dall’altro è 

forte il rischio della frammentarietà e ripetitività di 

strutture troppo deboli per garantire da sole buoni servizi 

e sufficiente vitalità culturale. 

È per fronteggiare proprio questi problemi che la nuova 

legge della nostra Regione sulle biblioteche, gli archivi 

storici, i musei e i beni culturali, approvata nel 

febbraio scorso, cerca di promuovere i sistemi museali 

al fine di razionalizzare e rafforzare sinergicamente 

le singole realtà, individuando nelle amministrazioni 

provinciali – oltre che nell’Istituto regionale per i Beni 

Culturali – il fulcro dell’intera organizzazione museale 

nei diversi ambiti territoriali. Altrattanto significativa 

ci pare la scelta di porre al centro dello sviluppo della 

nuova organizzazione museale, come pure di quella bibliotecaria 

e archivistica, la definizione e il progressivo 

perseguimento di standard di servizio adeguati alle 

più recenti istanze di promozione e di valorizzazione 

dei beni culturali. 

Ci paiono queste scelte non solo organizzative, ma 

esplicitamente rivolte agli aspetti qualitativi, una buona 

premessa per lo sviluppo dei futuri servizi culturali, che 

sempre più correttamente dovremo integrare con i processi 

informativi e i modelli di acculturazione generale 

indotti dai nuovi tramiti della comunicazione. 

Lorenza Davoli 

Assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna

11 

Ezio Raimondi 

Un repertorio, un sistema 

Sono trascorsi più di quindici anni da quando l’Istituto 

per i beni artistici, culturali e naturali pubblicava, a cura 

di Ranieri Varese, la Guida ai Musei dell’Emilia-Romagna, 

affiancata, come spiegava il suo presidente, 

Giuseppe Gherpelli, da una prima indagine statistica 

delle raccolte della regione. Ed era dunque tempo di riprendere 

quel lavoro e di esperire una nuova ricognizione 

della realtà museale e dei suoi incrementi e sviluppi, 

che, bisogna subito aggiungere, sono stati quanto 

mai rilevanti, con il moltiplicarsi delle proposte e 

con il crescere dell’attenzione alla varietà del patrimonio 

culturale e al suo significato non solo artistico ma 

civile. Così, proprio perché questo paesaggio si è ampliato, 

è parso necessario elaborarne, a più mani ma 

muovendo naturalmente da una prospettiva comune, 

il corrispondente repertorio descrittivo, presentandolo 

anche, sul confine simbolico e reale del Duemila, come 

un riepilogo o un quadro analitico delle tendenze e 

delle risposte istituzionali alla fine del secolo. Quasi a 

conclusione di un capitolo, se non addirittura di un ciclo, 

è una topografia che conviene conoscere e insieme 

interpretare nel vario combinarsi di tematiche, architetture 

e luoghi tra passato e presente, modernizzazione 

e memoria. 

È vero che le Province intanto hanno promosso a loro 

volta cataloghi e guide unificate dei propri musei con 

un’informazione aggiornata e precisa, per di più in presa 

diretta; ma le loro esplorazioni illustrative si fermano, 

come è ovvio, al territorio provinciale e al suo costituirsi 

in sistema, in insieme articolato e compiuto di 

senso. Ciò che non si può ricavarne è per l’appunto uno 

sguardo globale esteso a tutte le parti della regione, rispetto 

a cui i sistemi provinciali divengono momenti di 

un sistema più ampio, circoscrizioni autonome ma correlate 

di una nuova struttura unitaria in una mappa enciclopedica 

comune. Di qui la ragione aggiunta di un repertorio 

regionale con la sua logica integrativa e il suo 

disegno sinottico, così da guidare il lettore o il curioso 

di provincia in provincia e mostrargli, nella sorprendente 

pluralità delle forme e delle situazioni, dalla Romagna 

adriatica all’Emilia padana, dalla Bassa all’Appennino, 

la convergenza di uno stile di vita, la comunanza 

di un costume, che si traduce soprattutto nella 

volontà di non dimenticare l’invenzione dell’uomo e le 

sue tracce, ciò che resta del suo rapporto storico con le 

metamorfosi della natura. Ma mentre registra e descrive, 

un repertorio è anche un invito alla comparazione 

mettendo a confronto tipologie, condizioni, prestazioni, 

servizi, allestimenti, criteri, tassonomie, accertando 

affinità, differenze, contraddizioni, fissando gerarchie, 

alternanze, proporzioni come in un bilancio a più 

soggetti e più titoli, dove la razionalità deve insieme fare 

i conti con i valori del caso. E in questo modo si rende 

visibile un’immagine di sistema con la sua rete plurima 

di rapporti, con il suo intreccio di interessi e di 

storie, con il suo potenziale di dialogo e di comunicazione 

interna: non resta altro che metterlo alla prova. 

Nel nostro caso, forse, si può ripetere ancora una volta 

la vecchia e gloriosa definizione per cui il museo è una 

istituzione al servizio della società, che acquisisce, 

conserva, comunica e presenta beni della natura e dell’uomo 

per l’accrescimento del sapere, la salvaguardia

12 

e lo sviluppo del patrimonio di educazione e di cultura 

da essi rappresentato. Come si apprende dal repertorio, 

i musei dell’Emilia-Romagna nascono dalla presenza 

di una comunità che vuole farne una testimonianza 

attiva di cultura, si legano profondamente a un 

territorio cittadino (la città di Cattaneo) e ne divengono 

quasi uno specchio oggettivo e simbolico, un segno 

tangibile di identità e di appartenenza. Perciò essi rimandano 

sempre a un luogo e a un contesto rappresentando 

ciò che Francesco Arcangeli chiamava tramando, 

ossia una memoria, un valore che unisce l’uomo 

alla terra, alla natura che sembra senza storia. 

Ma questo carattere «locale» è proprio quello che, allorché 

confluisce in un sistema più vasto e policentrico, 

diventa un principio originale, un modo di essere, 

uno stile di civiltà che si apre sul mondo senza 

rinunziare alle proprie radici e sa dialogare alla pari, 

anche quando si tratta di musei. Anche il mondo museale 

è investito dai processi della globalizzazione e 

chiede innovazioni adeguate, dalle tecniche espositive 

a quelle della comunicazione, e non si può parlare 

di «sistema regionale» astraendo da questa grande 

trasformazione che entra nella nostra stessa esistenza. 

Ma il futuro non fa parte di un repertorio e delle 

sue intenzioni o dei suoi doveri. Gli basta sperare, 

nell’ordinato dispiegarsi delle sue schede, che, comunque 

sia, il museo continui ad essere, e forse più 

di ieri, un luogo dell’esperienza e del gusto del concreto, 

una sede del rapporto con l’altro, una scuola 

della riflessione sul destino dell’uomo nella società 

che avanza. In Emilia-Romagna è una speranza ancora 

di casa.


Emilia-Romagna

14 


Note di lettura 

Sono 363 i musei e le raccolte che figurano in questo 

repertorio, compresi anche alcuni edifici monumentali 

che per la ricchezza dei loro apparati e per le modalità 

che regolano il rapporto con il pubblico si configurano 

come vere e proprie entità museali. 

Il repertorio è strutturato per ambiti territoriali provinciali, 

da Piacenza fino a Rimini, con un criterio che tiene quindi 

conto anche delle ragioni di sistema espresse dalla nuova 

legge regionale. Tale scansione territoriale corrisponde, 

inoltre, alle modalità della ricerca e dei rilevamenti svolti 

dall’Istituto per i beni culturali che pure hanno visto impegnate 

le Amministrazioni provinciali con iniziative volte a 

favorire una migliore conoscenza e l’effettiva valorizzazione 

dei propri patrimoni museali. All’interno di ogni capitolo 

provinciale, i musei risultano ordinati secondo gli ambiti comunali. 

Per ciascun comune, poi, si propone una scansione 

ordinata sia sulla base delle effettive pertinenze giuridiche 

che delle aree tipologico-tematiche. 

Provincia per provincia, vengono qui riassunti i dati numerici 

che si riferiscono ai musei inseriti nel repertorio, 

quantomeno alla loro distribuzione, alle varietà tipologiche 

ed alle titolarità. 

Per la provincia di Piacenza figurano 23 musei nei seguenti 

ambiti comunali: Bettola, Bobbio, Castell’Arquato, Gazzola, 

Lugagnano Val d’Arda, Monticelli d’Ongina, Piacenza, Pianello 

Val Tidone, Travo, Vigolzone, Villanova sull’Arda. Di 

questi, 10 sono tipologicamente ascrivibili al campo della 

storia dell’arte, 4 all’antichità; 3 sono i musei storici, 2 dell’area 

tecnica e scientifica, 2 di quella naturalistica, 1 di quella 

demo-antropologica. Villa Verdi a Sant’Agata di Villanova 

d’Arda rappresenta la categoria delle case-museo. Prevalgono 

i musei di pertinenza comunale (12), mentre tra le 

strutture di competenza statale figurano gli scavi di Veleia 

dotata anche di un antiquarium. Ben 5 sono i musei privati, 

alcuni convenzionati con enti pubblici, fra i quali spicca il 

Museo di Auto e Moto d’Epoca nei pressi del suggestivo borgo 

di GrizzanoVisconti. Spiccano per l’importanza delle loro 

raccolte i piacentini Palazzo Farnese, con i musei civici in 

via di completo riordinamento, e Collegio Alberoni con la 

Galleria che ospita, tra i tanti capolavori, il celebre Ecce Homo 

di Antonello da Messina. 

Sono 36 i musei censiti nel territorio parmense, nei comuni 

di Bardi, Bedonia, Berceto, Busseto, Collecchio, Colorno, 

Compiano, Fidenza, Fontanellato, Langhirano, Neviano degli 

Arduini, Parma, Salsomaggiore, Soragna, Traversetolo e 

Zibello. Con quelli artistici (11), sono in buon numero i musei 

demo-antropologici (7), tra i quali figura la Raccolta Etnografica 

“Ettore Guatelli” di Ozzano Taro a Collecchio; seguono 

quelli naturalistici (5), alcuni dei quali di pertinenza 

dell’Università di Parma e le case-museo o dimore storiche 

(5), fra le quali le case natali di Giuseppe Verdi a Busseto e di 

Arturo Toscanini nella città capoluogo, o la stessa Rocca dei 

Meli-Lupi, peraltro ricca anche di opere d’arte di particolare 

valore, o i castelli di Compiano e di Torrechiara. Da segnalare 

anche la presenza di musei storici, alcuni dei quali relativi 

all’età risorgimentale, come nel caso di Langhirano e di 

Neviano degli Arduini. Ascrivibile all’area tecnica e scientifica 

(che comprende 3 musei e raccolte), ma di grande valore 

anche sul piano storico, è la suggestiva Spezieria del monastero 

di San Giovanni Evangelista a Parma. Per l’antichità 

figura in repertorio il solo Museo Archeologico Nazionale di 

Parma, entro quel Palazzo della Pilotta che vanta per la sua 

Galleria Nazionale, uno dei più interessanti riordinamenti 

museali degli ultimi anni. Per quanto concerne le pertinenze, 

prevalgono anche in ambito parmense i musei civici (14), 

seguiti da quelli privati (7) e da quelli statali (6): fra questi 

ultimi va noverato anche il celebre Complesso di San Paolo 

con le Camere del Correggio e dell’Araldi e la Cella di 

Santa Caterina. 

Dalla Fondazione Magnani Rocca è gestita, infine, la prestigiosa 

raccolta del letterato e critico musicale Luigi Magnani 

nella villa di Mamiano di Traversetolo. 

Boretto, Brescello, Canossa, Correggio, Gattatico, Gualtieri, 

Guastalla, Luzzara, Montecchio Emilia, Novellara, Poviglio, 

Reggio Emilia, Rolo, San Martino in Rio: in questi ambiti 

comunali si distribuiscono i 35 musei della provincia 

reggiana, ovviamente con una forte concentrazione nel capoluogo. 

Sono 17 i nuclei che compongono il sistema museale 

cittadino in larga parte di pertinenza civica e riuniti nel 

palazzo di via Spallanzani entro il quale nell’ultimo periodo 

sono stati oggetto di notevoli ed efficaci riordinamenti. A 

Reggio, ma anche nel territorio provinciale, prevalgono i 

musei d’arte (13), seguiti da quelli demo-antropologici (6) e 

da quelli archeologici (5). 

Tra questi ultimi, oltre alla prestigiose raccolte reggiane 

figurano il Museo della Terramara di Santa Rosa a Poviglio 

e il Museo Nazionale “Naborre Campanini” del Castello di 

Canossa. 

Sono 4 i musei storici, fra i quali può essere iscritta anche Casa 

Cervi che sta approntando un nuovo sistema espositivo 

delle sue raccolte documentarie e artistiche, mentre per la 

sua originalità si segnala il Museo di Peppone e Don Camillo 

di Brescello. Netta è la prevalenza di musei civici (25). Tra 

le raccolte pubbliche è recente l’apertura al pubblico della 

Raccolta d’Arte della Provincia a Palazzo Magnani; sempre

15 

a Reggio Emilia, si nota la presenza, tra gli ecclesiastici, 

del Museo Missionario Francescano presso il convento 

dei Frati Cappuccini. 

Per la provincia di Modena figurano nel repertorio 54 musei 

riguardanti i comuni di Bastiglia, Campogalliano, Carpi, Castelfranco 

Emilia, Castelvetro, Fanano, Finale Emilia, Fiorano 

Modenese, Fiumalbo, Formigine, Maranello, Marano 

sul Panaro, Mirandola, Modena (22), Montefiorino, Montese, 

Nonantola, Pavullo nel Frignano, Ravarino, San Felice 

sul Panaro, Sassuolo, Savignano sul Panaro, Sestola, Spilamberto, 

Vignola. Con quelli artistici si nota una prevalenza 

di musei scientifici e della tecnica (13) con una segnalazione 

per il Museo Ferrari di Maranello, per il Centro di Documentazione 

dell’Industria Italiana della Piastrella di Ceramica di 

Sassuolo, ma anche per il Museo della Bilancia di Campogalliano, 

di recente riordinato. 

Sono 8 i musei naturalistici in parte ascrivibili all’ambito 

universitario modenese, mentre all’antichità si riferiscono 

9 nuclei, tra i quali - oltre alle notissime raccolte modenesi - 

figurano quelli della Rocca Estense di San Felice sul Panaro, 

di Ravarino, Nonantola e di Spilamberto. Tra i 5 musei 

storici si segnalano quello oramai celebre della Repubblica 

Partigiana di Montefiorino e quello di recente costituitosi 

all’interno dell’antica rocca di Montese, oltre al Monumento 

al Deportato di Carpi. 

Alla prevalenza di musei civici (28) fanno riscontro le discrete 

pertinenze universitarie dell’Università di Modena e 

dei privati, titolari complessivamente di 16 musei. Alla proprietà 

dello Stato va ascritta, oltre alle raccolte estensi modenesi, 

il Museo Storico dell’Accademia Militare di Palazzo 

Ducale. 

Sono 76 i musei rilevati nella provincia di Bologna, con una 

ampia concentrazione nel capoluogo emiliano (45). Al sistema 

museale cittadino l’Università degli Studi concorre con 

21 nuclei, alcuni dei quali riuniti all’interno di Palazzo Poggi. 

È accertata la presenza di musei nei territori comunali di Argelato, 

Bazzano, Bentivoglio, Budrio, Castel del Rio, Dozza 

Imolese, Imola, Lizzano in Belvedere, Marzabotto, Medicina, 

Monterenzio, Ozzano dell’Emilia, Pieve di Cento, San 

Giovanni in Persiceto, San Lazzaro di Savena, Sasso Marconi, 

Zola Predosa. 

Ai 29 musei storico-artistici presenti sull’intero territorio 

provinciale si aggiungono i 27 naturalistici, scientifici e 

della tecnica, mentre in numero minore sono quelli archeologici 

(8), storici (7) e demo-antropologici (3). Complessivamente 

sono 30 i musei civici, 9 gli ecclesiastici (si 

va dal Museo di Santo Stefano a quello di San Domenico), 

3 gli statali (oltre alla Pinacoteca Nazionale e al Museo dell’Accademia 

di Belle Arti, il Museo “Pompeo Aria” e l’area 

archeologica di Marzabotto. Sei musei risultano di proprietà 

privata. A Bologna è stato di recente istituito dall’Azienda 

Usl il Museo della Sanità e dell’Assistenza presso la 

chiesa di Santa Maria della Vita, che conserva il celebre 

Compianto di Niccolò dell’Arca. 

Per Ferrara e la sua provincia si contano 42 musei distribuiti 

nei comuni di Argenta, Berra, Bondeno, Cento, Codigoro, 

Comacchio, Copparo, Mesola, Ostellato, Sant’Agostino, 

Vigarano Mainarda, Voghiera, oltre che nella città 

capoluogo: di questi 16 riguardano la storia dell’arte, 5 

l’antichità, 10 la tecnica, la scienza e gli aspetti naturalistici. 

Quattro sono i musei storici, come pure quelli demo-antropologici. 

Il sistema cittadino ferrarese comprende 22 nuclei museali 

tra i quali i due statali di Palazzo Ludovico il Moro (Museo 

Archeologico Nazionale di Spina) e di Palazzo dei Diamanti 

(Pinacoteca Nazionale), oltre alla notissima Casa 

Romei. Sono 5 le raccolte universitarie configurate come 

veri e propri musei, al pari del Castello estense di pertinenza 

dell’Amministrazione provinciale. Se a Palazzo 

Massari si concentrano le civiche raccolte d’arte moderna 

e contemporanea (di recente ampliate con nuove ed importanti 

accessioni come la raccolta Malabotta dedicata a 

Filippo de Pisis), a Palazzo Schifanoia si mostrano quelle 

non meno illustri della grande tradizione artistica ed umanistica 

della città. 

Anche per il territorio ferrarese risultano inseriti nel repertorio 

alcuni musei in via di ordinamento, ma certamente 

di grande interesse, come la ‘nave romana’ di Comacchio 

e la ‘casa’ del pittore Remo Brindisi, ricca di capolavori 

del Novecento italiano ed internazionale. 

In provincia di Ravenna, nei territori comunali di Alfonsine, 

Bagnacavallo, Bagnara di Romagna, Brisighella, Casola Valsenio, 

Castel Bolognese, Cervia, Cotignola, Faenza, Lugo, 

Massa Lombarda, Ravenna e Russi sono distribuiti 35 musei 

con una prevalenza di nuclei d’interesse storico-artistico 

(10) e naturalistico e scentifico (9). Tra quelli storici (10), 3 

vanno intesi come case-musei: Casa Varoli a Cotignola, la 

Casa Natale di Vincenzo Monti ad Alfonsine, il Cardello di Alfredo 

Oriani a Casola Valsenio. 

A Ravenna (9) e a Faenza (6) si presentano le maggiori concentrazioni 

di servizi museali. A Faenza, dove è attivo il rinomato 

Museo Internazionale delle Ceramiche, risulta da 

tempo chiusa al pubblico la Pinacoteca comunale che pure 

vanta uno dei patrimoni d’arte più consistenti dell’intero territorio 

romagnolo; mentre a Ravenna è in atto un complesso 

ampliamento delle raccolte comunali all’interno della Loggetta 

Lombardesca occupata fino a qualche tempo anche 

dall’Accademia di Belle Arti, ora trasferita in altra sede. Tra 

i musei d’arte va segnalata la recente costituzione del Museo 

Civico “Giuseppe Ugonia” a Brisighella; tra quelli naturalistici 

si sta ulteriormente sviluppando il Museo della Civiltà 

Salinara di Cervia.

16 

Si nota una netta prevalenza di musei civici (24), mentre 5 sono 

di gestione privata (tra questi il Museo degli Strumenti Musicali 

Meccanici “Marino Marini” in località Savio di Ravenna 

ed il Museo dell’Arredo Contemporaneo di Russi). Statali sono 

invece il museo del neoclassico palazzo Milzetti di Faenza e 

quello Nazionale di Ravenna. Due gli ecclesiastici: oltre al Museo 

Arcivescovile di Ravenna, quello parrocchiale di Bagnara 

di Romagna, legato al nome di mons. Alberto Mongardi. 

I 36 musei della provincia di Forlì sono distribuiti nei comuni 

di Bagno di Romagna, Bertinoro, Borghi, Castrocaro Terme 

e Terra del Sole, Cesena, Cesenatico, Forlì, Forlimpopoli, 

Galeata, Longiano, Modigliana, Premilcuore, San Mauro 

Pascoli, Santa Sofia, Sarsina e Savignano sul Rubicone. Risultano 

diffusi in questi ambiti sia i nuclei artistici (10) che 

quelli archeologici (8, tra gli altri il Museo Nazionale di Sarsina), 

come pure quelli demo-antropologici e della tecnica e 

della scienza (8) e naturalistici (5). Due case-museo rivestono 

particolare interesse: quella Pascoli di San Mauro e quella 

Moretti a Cesenatico. Sul piano storico, notevole importanza 

hanno il Museo del Risorgimento e quello del Teatro 

nel forlivese Palazzo Gaddi. Sempre a Forlì, è prossimo il 

riordinamento generale dei musei civici all’interno del grande 

complesso conventuale di San Domenico. Sulle colline 

cesenati è in fase avanzata di realizzazione il parco-museo 

delle Miniere di Zolfo di Formignana, come pure, a Cesenatico, 

sorgerà la sezione a terra del Museo della Marineria. 

Risulta netta anche nel territorio forlivese la preminenza di 

musei civici (23). Tra i 6 privati, è aperto da qualche anno a 

Longiano il Museo Italiano della Ghisa con rari esemplari di 

produzione otto-novecentesca. Sempre a Longiano ha sede 

la Fondazione Tito Balestra che detiene una raccolta d’arte 

del Novecento italiano (tra le altre, circa duemila opere di 

Mino Maccari) tra le più interessanti a livello regionale. Della 

Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena è la pinacoteca 

nata una decina d’anni fa all’interno della sede dell’istituto, 

comprendente tra le altre notevoli opere del sei-settecento 

emiliano e romagnolo. 

Distribuiti nei comuni di Bellaria-Igea Marina, Cattolica, 

Gemmano, Mondaino, Montefiore Conca, Montescudo, Riccione, 

Rimini, Saludecio, S. Giovanni in Marignano, Santarcangelo 

di Romagna, Verucchio figurano 25 musei per la provincia 

riminese: 7 artistici, 5 archeologici (ma va considerato 

anche il Lapidario inserito nel contesto del Museo della 

Città di Rimini, progettato negli anni Ottanta all’interno dell’ex 

collegio dei Gesuiti), 5 demo-antropologici, 6 naturalistici, 

scientifici e della tecnica, 2 storici. Ben 21 sono i musei 

civici, 2 quelli privati. Tra i 2 musei di pertinenza ecclesiastica 

figura il Tesoro del Duomo entro il complesso del Tempio 

Malatestiano. Nel territorio riminese vanno ricordati, per la 

loro rilevanza, il Museo Civico Archeologico di Verucchio 

con le sue importanti testimonianze villanoviane, il Museo 

Naturalistico della Riserva Naturale di Onferno, il Museo degli 

Usi e Costumi della Gente di Romagna. A Riccione sarà 

prossimamente aperta la Galleria Comunale d’Arte Moderna 

di Villa Franceschi che si affiancherà al Museo del Territorio 

del Centro Culturale La Pesa. 

In apposite sezioni del repertorio, a ognuno dei 363 musei 

emiliani e romagnoli si riferiscono sia schede descrittive 

che note informative. Le prime analizzano storie e processi 

formativi, illustrano i cosiddetti contenitori e gli ordinamenti 

delle diverse raccolte, offrono itinerari di visita, descrivono 

le opere o i materiali di maggior rilievo, evidenziano 

le attività culturali svolte nei singoli musei; le seconde riferiscono 

- aggiornati all’anno appena trascorso - i principali 

dati di servizio, a cominciare da quelli che riguardano le 

ubicazioni delle sedi museali, i recapiti e le modalità di visita, 

i servizi offerti al pubblico.


Emilia-Romagna 

Provincia di Piacenza

18 MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

Provincia di Piacenza 

1 

Bettola 

(Pradello Colombo) 

Museo Colombiano 

Il museo ha sede nella torre trecentesca 

che alcuni storici locali indicano come 

casa natale di Cristoforo Colombo, la cui 

famiglia sarebbe stata originaria della 

frazione di Pradello. 

Nell’edificio, più volte abbassato per 

motivi di stabilità, e restaurato per cura 

dell’ultimo proprietario, un piacentino 

già direttore del Waldorf Astoria di New 

York, sono esposti alcuni pannelli che 

ripercorrono la storia di quella famiglia 

e dei suoi rapporti con queste terre. 

Nei pressi del capoluogo, alle falde del 

Monte Zucchero, è visitabile una grande 

fornace per laterizi d’età romana, 

mentre nella locale scuola media sono 

conservati numerosi frammenti di vasellame, 

di mattoni e di tegole rinvenuti 

nel territorio comunale che costituiscono 

una piccola raccolta anche ad uso 

didattico. 

(i.f.) 

2 

Bobbio 

Museo Nazionale del Castello 

Malaspina 

Il castello sorge nell’area ove probabilmente 

si trovava l’antica Bobbio. Fu edificato 

nel 1304 per volere di Corradino 

Malaspina, primo signore della città. Nel 

1342 pervenne ai Visconti ed un secolo 

più tardi a Luigi Dal Verme, alla cui famiglia 

si deve la trasformazione dell’edificio 

- nel sedicesimo secolo - in una lussuosa 

dimora signorile. 

Dopo il 1814 il castello passò ai Piccinini, 

e da questi ceduto allo Stato nel 

1956. L’interno del mastio è suddiviso in 

cinque piani. 

Attualmente è aperto al pubblico il primo 

piano composto da due sale con 

arredi e mobili del XV e XVI secolo ed 

un grande camino con lo stemma dei Dal 

Verme, oltre ad alcune tracce di decorazioni 

murali, tra le quali un’immagine 

cinquecentesca della Madonna col Bambino 

e quella d’un guerriero nell’atto di 

brandire una mazza. 

(i.f.) 

3 

Bobbio 

Museo della Città 

Il museo, di cui è aperta la prima sezione 

nel salone del refettorio entro il complesso 

monastico benedettino di San 

Colombano, è dedicato alla storia di 

Bobbio. Si propone un percorso didattico-informativo 

che si sviluppa attraverso 

testi, immagini e programmi interattivi. 

La sezione iniziale è dedicata alla 

figura di San Colombano e alla fondazione 

del cenobio. Particolare spazio è 

riservato alla produzione dello scriptorium 

bobbiese. 

I programmi interattivi su calcolatore 

dispongono d’interfacce speciali per i 

portatori di handicap visivi, uditivi e 

motori non gravi. Le successive sezioni, 

negli ambienti delle antiche cucine e nei 

sotterranei (restaurati grazie ai finanziamenti 

del Giubileo 2000) sono dedicate 

all’Abbazia, nelle sue valenze architettoniche, 

storiche ed economiche e a 

momenti della storia bobbiese rivisitati 

attraverso i materiali dell’Archivio Storico 

Comunale. 

(m.l.p.) 

Per un museo della città, Bobbio 1997. 

Bobbio, Museo dell’Abbazia di S. Colombano: 

Teca eburnea, II-IV secolo d.C. 

4 

Bobbio 

Museo dell’Abbazia 

di S. Colombano 

Inaugurato nel 1961, il museo occupa 

quattro delle sale cinquecentesche prospicienti 

il chiostro dell’Abbazia, vasto 

complesso benedettino costituito da diversi 

corpi di fabbrica. 

Il primo centro di vita monastica sorse 

nel 614 ad opera di S. Colombano. L’abate 

Agilulfo promosse la costruzione 

del monastero verso la fine del IX secolo. 

A questo periodo risalgono il campanile 

e l’adiacente absidiola della basilica 

protoromanica, riedificata tra il 

1456 e il 1522. 

L’intero edificio è caratterizzato da una 

struttura grandiosa: l’interno è a croce 

latina, a tre navate con decorazione pittorica 

eseguita da Bernardino Lanzani 

nel 1526. Splendido il coro ligneo intarsiato 

da Domenico da Piacenza (1488). 

Nella cripta del XV secolo sono collocati 

il prezioso sarcofago marmoreo di S. 

Colombano, realizzato nel 1480 da Giovanni 

Patriarchi da Milano e i sepolcri 

del secondo e del terzo abate di Bobbio, 

S. Attala e S. Bertulfo. 

Nel 1910, durante alcuni lavori di restauro, 

venne scoperto un pregevole 

mosaico pavimentale della prima metà 

del XII secolo. 

La raccolta del museo comprende reperti 

archeologici di epoca romana rinvenuti 

nei dintorni. Si tratta, in prevalenza, 

di anfore da trasporto della prima 

età imperiale e frammenti lapidei; di 

notevole importanza la lapide donata da 

re Liutprando a Cumiano, che fu abate 

dal 653 al 661, alcuni capitelli figurati 

della basilica originaria, arredi sacri e 

dipinti di Luini, Lanzani e Campi. 

Di particolare pregio le oreficerie e la 

serie degli arredi sacri, tra i quali la preziosa 

Teca Eburnea databile tra il II e 

il IV secolo d.C. 

(f.b.) 

La Chiesa, il Monastero ed il Mosaico di San 

Colombano in Bobbio, Bobbio 1992; B. Boccaccia 

(a cura), Il Museo di San Colombano in Bobbio, 

Castelsangiovanni 1994.

Provincia di Piacenza MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

19 

5 

Castell’Arquato 

Museo Geologico e Paleontologico 

Un primo nucleo museale si costituì nel 

1927 con una raccolta paleontologica - 

sistemata nei locali dell’ Archivio Comunale 

- sostanzialmente fondata sulla collezione 

di molluschi fossili di Odoardo 

Bagatti. Attualmente il museo ha sede 

nell’ex Ospedale di Santo Spirito che conserva, 

nella Sala del Camino, un pregevole 

soffitto a cassettoni. Si presentano 

materiali prevalentemente provenienti 

dal territorio locale. Nella particolare formazione 

pliocenica detta del “Piacenziano” 

sono stati rinvenuti rari esemplari di 

cetacei fossili, nel 1934, nei calanchi di 

Monte Falcone e, nel 1983, in quelli di Rio 

Carbonaro. Si conservano oltre ottocento 

esemplari fossili di trecentosettantadue 

entità sistematiche ed un nucleo 

mineralogico e petrografico. 

(g.b.p.) 

Castell’Arquato, Chiostro della Collegiata 

6 


Museo “Luigi Illica” 

Il museo è stato istituito nel 1964 in 

seguito all’acquisto di un consistente 

numero di libretti d’opera di Luigi Illica 

(1857-1919) da parte dell’Amministrazione 

Comunale. Inizialmente allestito 

nel torrione del Duca, è stato poi trasferito, 

nel 1984, nella sede attuale del 

Palazzo Pretorio. 

La raccolta ricostruisce la figura del 

noto librettista, che scrisse per Giordano, 

Mascagni, Puccini. Avviata la felicissima 

collaborazione con Giuseppe 

Giacosa, compose i libretti di Bohème, 

Tosca, Madama Butterfly per Puccini; 

Iris, Le maschere e Isabeau per Mascagni; 

Andrea Chénier per Giordano. 

Oltre alla produzione letteraria, il museo 

raccoglie lettere autografe, materiali 

fotografici, costumi teatrali, bozzetti, 

locandine. Si segnalano, inoltre, il 

pregevole ritratto eseguito da P. Guberti 

e la piccola macchina da scrivere dello 

scrittore. 

(l.b.) 

M. Morini, Luigi Illica, Piacenza 1961; M. Morini, 

Illica Luigi, in Enciclopedia dello Spettacolo, 

VI, Roma 1975, pp. 490-492. 

7 


Museo della Collegiata 

Il museo è stato istituito nel 1932, a 

seguito dei lavori di ripristino della Collegiata, 

edificio romanico consacrato 

Castell’Arquato, Museo della Collegiata: La Comunione 

degli Apostoli, paliotto, XIII secolo 

nel 1122 e più volte rimaneggiato fino al 

radicale restauro del 1911. Della struttura 

originaria si conservano gli splendidi 

capitelli figurati degli inizi del XII 

secolo; parti della seconda metà del 

secolo sono state ricomposte nell’ambone 

e nell’altare maggiore. Le sculture, 

attribuite alla “Scuola di Piacenza”, 

si datano al 1170. La cappella di S. Caterina, 

costruita ai primi del ’400, è decorata 

con affreschi coevi. Degni di segnalazione 

sono, inoltre, la vasca battesimale 

monolitica dell’VIII secolo e il Crocefisso 

della fine del XIV. Alla stessa 

epoca risalgono i resti degli affreschi 

sulla parete adiacente un’absidiola della 

chiesa primitiva, raffiguranti La Trinità 

secondo un’interessante iconografia 

poi giudicata eretica. 

Nel museo si conservano opere d’arte, 

arredi e oggetti liturgici provenienti dalla 

Collegiata, tra i quali figurano una croce 

ambrosiana in argento cesellato da 

Bartolomeo Zucconi (1540), e notevoli 

tessuti come il paliotto di manifattura 

bizantina del XIII secolo e il piviale di 

seta bianca del XV; inoltre, mobili, codici, 

documenti pergamenacei dal 1120 e 

antifonari del XVI e XVII secolo conservati 

nei locali attigui al chiostro. Nella 

quadreria figurano affreschi staccati del 

XV e del XVI secolo, un polittico a fondo 

oro degli inizi del Quattrocento, una 

Natività di Cristoforo Caselli (1502),



opere di scuola emiliana del Sei-Settecento, 

tre tele del napoletano Gaspare 

Traversi (Deposizione, Cristo deriso e 

Cristo mostrato al popolo), una Estasi 

di S. Francesco attribuita a Francesco 

del Cairo, dipinti di Spada, Spolverini, 

Magnasco, Landi, Stern. 

Nella raccolta si conservano, inoltre, 

reperti romani provenienti dal territorio 

e frammenti architettonici di varie 

epoche. 

(f.b.) 

P. Ceschi Lavagetto, Il Museo della Collegiata 

di Castell’Arquato, Piacenza 1994. 

8 

Gazzola 

Castello di Rivalta 

La rocca medievale, con il suo massiccio 

dongione quadrato, domina l’ampio 

greto del Trebbia. Trasformato dai Landi 

nella seconda metà del XV secolo in 

una residenza fastosa, l’edificio fa perno 

sull’elegante cortile loggiato decorato 

dall’architetto Antonio da Lugano e 

dal maestro Antonio da Pavia con fregi 

in cotto, capitelli e medaglioni. Tra gli 

interventi settecenteschi si segnalano 

la facciata a timpano e lo scalone che 

dal cortile porta al piano nobile. 

All’interno, il percorso museale si svolge 

attraverso vaste sale ornate di affreschi 

ed arredate con mobili dal XVI al 

XIX secolo e dipinti seicenteschi. 

Notevole è il salone d’onore quattrocentesco, 

lungo venticinque metri con 

camino monumentale e soffitto a cassettoni. 

Nella Sala delle Armi, oltre ad importanti 

cimeli della battaglia di Lepanto 

(1571), si conserva una raccolta di spade, 

di sciabole (del XVIII e XIX secolo), 

di fucili e di uniformi dell’Ottocento. Tra 

i materiali del castello-museo figura un 

nucleo costituito da amuleti, ornamenti 

ed armi del Mato Grosso. 

(v.m.) 

C. Artocchini, Castelli Piacentini, Piacenza 

1983; Il Castello di Rivalta. Itinerario e cenni 

storici, Piacenza 1991. 

9 

Lugagnano Val d’Arda 

Antiquarium di Veleia 

Lugagnano Val d’Arda: Scavi di Veleia 

Lugagnano Val d’Arda, Antiquarium di Veleia: 

Statua di togato 

L’antiquarium, inaugurato nel 1975, è 

collocato al piano terra della palazzina 

fatta costruire da Maria Luigia d’Austria 

come sede della direzione degli scavi 

dell’antica Veleia. Vi sono ospitati alcuni 

dei materiali provenienti dall’area 

dello scavo ed una documentazione 

didattica. Tra l’altro, è possibile confrontare 

la prima pianta degli scavi 

archeologici redatta da P.A. Martini nel 

1767 con quelle realizzate sulla base 

delle indagini più recenti. Si possono 

esaminare le copie in gesso delle due 

preziose tavole bronzee, oggi custodite 

al Museo Archeologico Nazionale di 

Parma: la Tabula alimentaria traiana 

e la Lex de Gallia Cisalpina. 

Nelle vetrine sono disposti i corredi di 

tombe preromane scavate nella zona nel 

1876. Nei corredi sono identificabili armi 

ritualmente spezzate, appartenenti 

alla fine della seconda età del Ferro. 

Altri corredi appartengono, invece, a 

sepolcri di cremati in età romana, rinvenuti 

ai margini della città e databili tra 

il I e gli inizi del III secolo d.C. Sono presenti 

anche elementi decorativi e iscrizioni 

provenienti dall’area del foro. 

Veleia, nell’alta valle del Chero, fu municipio 

romano verso la metà del I secolo 

d.C. Tracce di un insediamento più antico 

sono testimoniate nei pressi di un 

sepolcreto dell’età del Ferro. La città fu 

rinvenuta proprio grazie alla scoperta 

della tavola bronzea iscritta traianea, la 

più grande pervenutaci dall’età romana, 

che nel 1760 venne in possesso del duca 

di Parma Filippo di Borbone, il quale 

diede inizio a scavi sistematici.


21 

Furono così riportati alla luce il foro, la 

basilica, le terme e numerosi altri edifici, 

oltre a statue e numerosi reperti di 

grande valore. 

Sulla pavimentazione in arenaria del 

foro, ben conservata, si vedono le impronte 

delle lettere in bronzo del duoviro 

L. Lucilius Priscus che finanziò la 

fabbrica. 

(m.l.p.) 

M. Calvani Marini, Veleia - Guida alla visita 

della zona archeologica e dell’antiquarium, 

Parma 1975; M. Calvani Marini, Veleia, in Storia 

di Piacenza dalle origini all’anno Mille, Milano 

1990, pp. 797-804. 

10 

Monticelli d’Ongina 

Museo etnografico del Po e della 

Civiltà Contadina e Artigiana 

La raccolta privata è allestita dal 1974 

nelle cantine della Rocca Pallavicino 

Casali, utilizzata anche per manifestazioni 

periodiche indette dal Centro 

Culturale “Enrico Mattei”. Fatta erigere 

dal 1420 da Rolando Pallavicino con 

pianta rettangolare cinta da fossato, 

torri cilindriche, mastio e cammini di 

ronda, la rocca racchiude al suo interno 

una cappella affrescata dai cremonesi 

Bonifacio e Benedetto Bembo su 

commissione di Carlo Pallavicino. Il 

museo esplica una funzione di documentazione 

e conoscenza etnografica 

riferita soprattutto all’ambiente fluviale 

cui si collega l’acquario, che illustra 

la fauna ittica del medio Po. L’allestimento 

di questo settore permette di 

osservare le specie locali documentate 

da apposite schede con i dati scientifici 

relativi alla diffusione e all’ambiente. 

Nel percorso espositivo sono 

inseriti anche due diorami con esemplari 

faunistici: rettili, mammiferi e 

uccelli. Il museo raccoglie inoltre le 

testimonianze delle attività tradizionali 

praticate lungo il Po: imbarcazioni 

impiegate per i diversi mestieri, attrezzi 

dei pescatori e dei cavatori di ghiaia, 

reti, fiocine oltre a materiale iconografico. 

Rimandano al fiume anche alcuni 

Piacenza, Palazzo Farnese 

reperti archeologici e paleontologici 

esposti in due vetrine con frammenti 

di vegetali e resti ossei di vertebrati e 

invertebrati del Cenozoico e del Neozoico, 

rinvenuti nel tratto medio del 

corso fluviale. L’area territoriale di specifico 

riferimento museale corrisponde 

al tratto medio del corso del Po. Il terzo 

nucleo tematico del museo, dedicato 

alla civiltà contadina ed all’artigianato 

tradizionale, propone materiali 

sul lavoro nei campi, sui mestieri (l’arrotino, 

il fabbricante di scope, il bottaro, 

il maniscalco, il norcino, la filatrice) 

e sulla tipica casa locale. 

(g.b.p.) 

Oggetti e mestieri. La vita dei tuoi avi. La tua 

storia, Per i tuoi figli. Per un catalogo ragionato 

del museo, nn. 1-5, Monticelli d’Ongina 

1981-88. 

11 

Piacenza 

Musei di Palazzo Farnese 

Museo Civico 

Il museo ha sede, insieme alla Pinacoteca 

Civica, alla prima sezione del 

Museo Archeologico, al Museo delle 

Carrozze e al Museo del Risorgimento, 

nello storico Palazzo Farnese. Il monumentale 

complesso venne edificato nel 

1559 da Francesco Paciotto per Margherita 

d’Austria, figlia naturale di Carlo 

V e moglie di Ottavio Farnese, nipote 

di Paolo III. All’architetto subentrò 

nel 1561 Jacopo Barozzi detto il Vignola, 

già impegnato per la famiglia nella 

residenza di Caprarola. Dopo un’interruzione 

di circa vent’anni, il cantiere 

riprese nel 1588 per concludersi nel 

1602 con il compimento della prima 

metà della mole vignolesca sotto la direzione 

di Giacinto Barozzi, figlio del 

Vignola, Giovanni Battista Fornovo e 

Gianfrancesco Testa. 

Il percorso del museo, riallestito nel 

1997, si apre al piano rialzato con la sezione 

delle maioliche e dei vetri, con 

pezzi di epoca compresa tra XVI e XVIII 

secolo. Seguono l’Appartamento stuccato 

e una parte dei Fasti Farnesiani, 

esposti in alcune sale decorate con stucchi 

progettati da A. Sighizzi con apporti 

del Bibiena. La decorazione fu commissionata 

nel 1685 dal duca Ranuccio 

II, che affidò a Marcantonio Franceschini, 

Giovanni Evangelista Draghi e 

Mauro Oddi l’esecuzione del ciclo pittorico 

intitolato ad Alessandro Farnese.



Piacenza, Musei di Palazzo Farnese: Fegato etrusco di Piacenza, II-I secolo a.C. 

Quattro paracamini monumentali in 

legno dorato, preziose opere dell’intagliatore 

Lorenzo Aili (1675) testimoniano 

degli splendori della corte farnesiana 

insieme ad altri arredi del XVII secolo. 

Nel 1690 Sebastiano Ricci terminò la 

serie dei quadri incorniciati da stucchi, 

ventisei a tutt’oggi esistenti, con le Storie 

di Paolo III Farnese. 

Riproduzioni fotografiche documentano 

poi le opere d’arte trasferite a Napoli 

da Carlo di Borbone (1734), non comprese 

nella parziale restituzione del 

1928. L’itinerario di visita prosegue con 

la sezione degli affreschi provenienti in 

gran parte dalla chiesa di S. Lorenzo, 

databili tra la prima metà del XIV e gli 

inizi del XV secolo. Pregevoli i frammenti 

della cappella di Santa Caterina, 

ascrivibili a maestranza vicina a Giovannino 

de’ Grassi. Le sale successive (10- 

14) conservano sculture romaniche della 

“Scuola di Piacenza”, epigrafi e stemmi; 

da segnalare un rarissimo Crocifisso 

in rame e bronzo, da Vigolo Marchese, 

della fine dell’XI secolo. Seguono 

altre sculture, tra XV e XVIII secolo, e la 

sezione delle armi antiche, comprensiva 

di alcuni ritratti. È attualmente aperta 

solo la prima sezione del Museo Archeologico, 

con testimonianze relative al popolamento 

del territorio dal Paleolitico 

al Neolitico. Si prevede un riallestimento 

in questi locali del celebre fegato etrusco 

di Piacenza, unica fonte diretta di 

conoscenza dell’epetonopia etrusca, databile 

tra la fine del II e l’inizio del I secolo 

a.C. 

Pinacoteca Civica 

Al primo piano, nelle sale dell’“Appartamento 

Novo” abitato dal 1675 dalla 

duchessa, sono esposti i Fasti Farnesiani, 

del Brescianino e di Ilario Spolverini, 

per tredici anni pittore di corte 

(sec. XVII), autore dell’imponente serie 

dedicata a Elisabetta Farnese, regina 

di Spagna dal 1714 e protagonista dei 

quadroni allineati negli ambienti contigui 

alla camera dell’alcova. Tra le opere 

della pinacoteca, di provenienza soppressiva, 

privata o di committenza Farnese, 

si segnalano i dipinti della sala del 

trono (Tempesta, Brescianino, Spolverini) 

ma soprattutto il Tondo di Botticelli, 

il pezzo più importante della collezione, 

di provenienza Landi di Bardi e di 

Compiano; seguono tele di Camillo Boccaccino, 

Girolamo Mazzola Bedoli, Malosso, 

Sons, Lanfranco, Tiarini. In una 

sala sono raccolte opere di produzione 

seicentesca, lombarda e genovese, da 

Nuvolone a Castello e Merano; Sustermans, 

Storer, De Longe, Moreelse rappresentano 

la sezione fiamminga. 

Le ultime due sale riguardano il periodo 

tra Sette ed Ottocento, dominato dal 

piacentino Gaspare Landi. Sono esposte 

inoltre opere di Sebastiano Galeotti e 

Gaetano Gandolfi. 

Museo delle Carrozze 

La raccolta, distribuita in dieci sale dei 

sotterranei del palazzo, è considerata la 

più importante in Italia per la qualità e 

la consistenza degli esemplari esposti, 

ben quarantacinque carrozze databili 

tra Sette e Ottocento. Restaurate e complessivamente 

in buono stato di conservazione, 

provengono dalla collezione del 

conte Dionigi Barattieri di San Pietro, 

donata al Comune nel 1948 dall’erede di 

questi, il conte Silvestro Brondelli di 

Brondello. Tra i pezzi più significativi 

figura una berlina di gala a quattro posti 

costruita a Torino intorno alla metà del 

XVIII secolo: decorata da stemma gen- 

Piacenza, Musei di Palazzo Farnese: Storie di Santa Caterina, prima metà del XIV secolo


23 

tilizio, è rivestita da una ricca tappezzeria 

in seta e velluto. Alla fine del secolo 

risale un affine esemplare decorato da 

intagli e dorature. Si passa, quindi, alle 

vetture ottocentesche, tra le quali si 

annoverano stages capienti fino a dodici 

persone, due classici landau, un hansom 

cab utilizzata a Londra come taxi e 

una Brougham Clarence a due posti. 

Di recente acquisizione è una prestigiosa 

carrozza proveniente dal Quirinale, 

realizzata nel 1879 da Cesare Sala per 

casa Savoia. In mostra sono anche carrozze 

scoperte adatte a passeggiate e 

gite in campagna, una spider a due posti 

e un brake a sei, carrozzelle per bambini 

e numerosi oggetti d’uso come finimenti, 

staffe e bardature. 

(e.l.) 

F. Arisi, Il Museo Civico di Piacenza, Piacenza 

1960; S. Soster, Il museo negato. Problemi museografici 

e proposte di piano per Piacenza e il 

suo comprensorio, Ricerche Ibc/1, Bologna 

1978; Il Palazzo Farnese di Piacenza. Guida 

rapida, Piacenza 1986; S. Pronti, Nuove acquisizioni 

documentarie e critiche sul tondo 

Botticelli del Museo Civico di Piacenza, Piacenza 

1988; S. Pronti, Il Museo Civico di Piacenza 

in Palazzo Farnese, Piacenza 1988; S. 

Pronti (a cura), Il Palazzo Farnese a Piacenza, 

La Pinacoteca e i Fasti, Milano 1997; S. Pronti, 

Le carrozze. La raccolta di Palazzo Farnese a 

Piacenza, Milano 1998. 

12 

Piacenza 

Museo del Risorgimento 

Inaugurato come istituto autonomo nel 

1937, è poi confluito tra i musei di Palazzo 

Farnese. Posto sotto la sorveglianza 

della sezione piacentina dell’Istituto per 

la Storia del Risorgimento, che mantiene 

la proprietà dei materiali esposti, 

donati in parte dal conte Barattieri, comprende 

documenti, uniformi e cimeli che 

ripercorrono la storia risorgimentale della 

città dal 1831 al 1870. Ampio spazio è 

dedicato al movimento mazziniano e 

garibaldino, all’attività dei patrioti locali 

e in particolare di Giuseppe Manfredi, 

presidente del comitato insurrezionale 

nel 1857 e governatore delle province 

parmensi. Tra i cimeli figura un tricolore 

con stemma sabaudo, oltre al bozzetto 

Piacenza, Museo del Risorgimento 

per il monumento a Garibaldi nel piazzale 

antistante la stazione, sono presenti 

armi e monete, con oltre cinquemila 

pezzi fra i quali la serie completa delle 

monete coniate a Piacenza. 

(e.l.) 

A. Gigli, E. Lodigiani, S. Pronti, C. Sforza Fogliani 

(a cura), Il Risorgimento a Piacenza, 

Piacenza 1985. 

13 

Piacenza 

Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi 

La galleria è allestita in un edificio costruito 

da Giulio Arata tra il 1924 ed il 

1931, che utilizza un’ala dell’ex monastero 

di S. Siro, destinato ad ospitare 

l’ingente collezione d’arte donata al 

Comune da Giuseppe Ricci Oddi, industriale 

meccanico e proprietario terriero. 

La raccolta, incrementata nel tempo, 

anche dopo la morte del donatore 

(1937), illustra - con oltre ottocento o- 

pere distribuite per ambiti regionali in 

venticinque sale del museo - la civiltà 

figurativa italiana dal 1830 al 1930. Particolarmente 

cospicua è la sezione relativa 

all’800 lombardo, rappresentato da 

pezzi di altissima qualità come il celebre 

Ritratto di Chopin di Hayez, La 

culla vuota di Segantini, Alba domenicale 

di Morbelli, oltre a dipinti del Piccio, 

di Previati, Cremona, Induno, Mosè 

Bianchi. Tra le opere di ambito emiliano 

si segnalano tele di Ghittoni, Bocci, 

Perinetti, Tansini, P. e N. Sidoli, Bot, 

Arrigoni, Bertucci, Graziosi. Tra i macchiaioli 

figurano Signorini, Fattori, 

Lega, Cabianca, Serresi, Banti, Abbati, 

D’Ancona, Cannicci, Gioli. Una stanza è 

dedicata ad Antonio Fontanesi. Interessante 

il nucleo di opere esposto nella 

sala 17, dove buona parte del ’900 italiano 

è documentata intorno alla Danzatrice 

in riposo di Francesco Messina 

e sono presenti, tra gli altri, dipinti 

di Boccioni, Casorati, Tosi, Bucci, Moro, 

Carena, Carpi, Carrà, Richetti, Spadini, 

Campigli, Morelli, Cascella, Sironi. 

Meritano inoltre segnalazione tele di 

Zandomeneghi, Boldini, Mancini, Klimt. 

Marussig, Levi, Rosai, Soffici, Funi, Cassinari, 

De Grada, de Pisis, De Chirico, 

Treccani e altri artisti completano l’itinerario 

attraverso la pittura italiana del 

Novecento. 

Tra gli scultori si ricordano Medardo 

Rosso, qui con Ecce Puer e Madame 

Noblet, Gemito, Wildt, Canonica. La galleria, 

a seguito di un accurato restauro 

conservativo dell’edificio, verrà riaperta 

nel corso dell’anno 2000. 

(f.b.) 

F. Arisi, Guida breve alla Galleria Ricci Oddi 

di Piacenza, Piacenza 1984; F. Arisi, Galleria 

d’Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza 1988. 

Piacenza, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi: 

Francesco Hayez, Ritratto giovanile di Chopin, 1833



14 

Piacenza 

Museo del Teatro 

Allestito nel foyer del Teatro Municipale, 

il museo descrive ordinatamente le 

vicende storiche dell’edificio, costruito 

su progetto di Lotario Tomba all’inizio 

dell’800 sul luogo di due teatri settecenteschi, 

di Cittadella, distrutto da un incendio 

nel 1798, e delle Saline, demolito 

in quegli stessi anni in quanto fatiscente. 

Nella documentazione esposta figurano 

la locandina dello spettacolo rappresentato 

per l’inaugurazione, che avvenne 

il 10 settembre 1804 con Zamori, 

ossia l’eroe delle Indie, dramma serio per 

musica di Giovanni Simone Mayr, un bozzetto 

del “secondino” dipinto da D. Menozzi 

nel 1826, i figurini acquerellati di 

L. Braghini per Annibale in Bitinia, 

datati 1821 e alcuni cimeli di Giuseppe 

Verdi e Luigi Illica. All’ultimo piano, tradizionalmente 

riservato agli scenografi, 

un ampio corridoio è stato adeguato a 

spazio espositivo. Qui si conservano fotografie 

di artisti e libretti di opere di inizio 

secolo uscite di repertorio. 

(l.b.) 

M.G. Forlani, Il Teatro Municipale di Piacenza 

(1804-1984), Piacenza 1985. 

naturali di istituti scolastici cittadini. 

Consistente, in particolare, è la raccolta 

di espositori e strumenti scientifici 

dell’Istituto “DomenicoRomagnosi”, dove 

operarono studiosi come Giacomo 

Trabucco, Michele del Lupo ed Edoardo 

Imparati. Il museo è organizzato in 

tre sezioni: Scienze della Terra, Botanica 

e Zoologia. Sono esposte, tra l’altro, 

collezioni di fossili e due diorami, con 

piante essiccate o tessute e animali 

impagliati. Vengono ricostruiti alcuni 

ambienti tipici della zona piacentina, 

come il bosco di alta collina e la foce del 

fiume Trebbia. 

(g.b.p.) 

C. Francou, Museo di Storia Naturale di Piacenza 

(Guida alle Sale), Piacenza 1991. 

16 

Piacenza 

Museo Capitolare 

di Sant’Antonino 

Il museo è allestito nei locali cinquecenteschi 

contigui alla Basilica di S. Antonino 

che, fondata nel IV secolo e cattedrale 

fino al IX, fu sede dei preliminari 

della pace di Costanza (1183). L’edificio 

attuale risale al cantiere dell’XI 

secolo. Al portale di marmo del 1172, di 

notevole qualità, venne addossato nel 

1350 da Pietro Vago un grande pronao, 

detto il “Paradiso”; aperto da un ampio 

arco ogivale e completato da guglie slanciate, 

diviene l’elemento caratteristico 

del complesso architettonico. L’interno, 

a tre navate, rivela tuttora tracce dell’impianto 

originario nonostante le sovrapposizioni 

dell’età barocca e i rifacimenti 

neogotici. Nel braccio nord del 

transetto sono stati collocati alcuni 

affreschi dell’XI secolo. Nel braccio 

destro si apre la cappella del Sacramento, 

al cui altare è una pala di Bernardo 

Castello. Tele di Francesco Nuvolone 

decorano la cappella di testata della 

navata. Nel presbiterio affreschi di 

Camillo Gavassetti e tele di Roberto De 

Longe. In una cappella della navata 

destra è una Crocefissione lignea del 

XV secolo. Nel museo si conservano 

suppellettili di uso liturgico, codici miniati 

rarissimi, pergamene e incunaboli. 

Pregevole la Brandazza, crocifisso 

bronzeo del XIII secolo. Tra i numerosi 

dipinti figurano opere di De Longe e 

Giulio Cesare Procaccini. 

(f.b.) 

E.F. Fiorentini, Le Chiese di Piacenza, Piacenza 

1976. 

15 

Piacenza 

Museo di Storia Naturale 

Il museo, al primo piano del quattrocentesco 

Palazzo Scotti da Fombio, venne 

istituito nel 1990 con l’obiettivo di 

fornire un’unica sede alle diverse raccolte 

naturalistiche, pubbliche e private, 

presenti nella città. Proprietà dell’Opera 

Pia “Collegio Morigi”, l’edificio è 

nobilitato da un portale proto rinascimentale 

che immette in un grande cortile 

porticato. Lo scalone e il sopralzo 

vennero progettati da Cosimo Morelli. 

Il nucleo principale delle collezioni è 

costituito da materiali litologici, mineralogici 

e zoologici di prevalente interesse 

locale, provenienti in gran parte 

dai gabinetti ottocenteschi di scienze 

Piacenza, Museo Capitolare di Sant’Antonino: Giorgio da Muzano e Prete Taddeo, Corale miniato, XV 

secolo


25 

Piacenza, Galleria Alberoni: Antonello da Messina, 

Ecce Homo, 1473 

provenienti dalle collezioni alberoniane 

già conservate nei palazzi romani e nella 

residenza piacentina, figurano importanti 

opere di Antonello da Messina 

(Ecce Homo, 1473), Dughet, Cerquozzi, 

Courtois, Mola, Giordano, Gaulli, 

Solimena, Ceruti, Pannini, Ferrari, oltre 

ad una raccolta di dipinti fiamminghi di 

Bouts, Provost, Mabuse, de Blés. Altrettanto 

preziosa è la raccolta degli arazzi 

fiamminghi divisi in tre serie: serie di 

Priamo (sec. XV), tessuta in occasione 

delle nozze di Massimiliano d’Asburgo 

con Maria di Borgogna; serie di Enea e 

Didone (sec. XVII), su cartoni di Gian 

Francesco Romanelli; serie di Alessandro 

Magno (sec. XVII), su cartoni di 

Jacob Jordaens. Tra le oreficerie sacre 

si segnala l’ostensorio con pietre preziose 

del piacentino Angelo Spinazzi 

(1761), autore di reliquiari e di altri 

oggetti d’uso liturgico conservati nell’Opera 

Pia, che tuttora sussiste nel collegio 

con funzioni di seminario. 

Al piano terreno della galleria, dove 

sono esposti tessuti e paramenti, figura 

il piviale ricamato da Pietro Scilti in 

argento e oro. Seguono sculture e cimeli 

alberoniani: il cappello cardinalizio, il 

forziere da viaggio, alcuni oggetti personali 

e la celebre scrivania che, insieme 

alla pendola cinese donata da Clementina 

Sobieski, rappresenta uno dei 

più rilevanti esempi di ebanisteria del 

Settecento. 

(f.b.) 

F. Arisi, L. Mezzadri, Arte e storia nel Collegio 

Alberoni di Piacenza, Piacenza 1990; F. Arisi, 

La Galleria Alberoni di Piacenza, Piacenza 

1991. 

17 

Piacenza 

Galleria Alberoni 

La galleria è annessa al Collegio istituito 

dal cardinale Giulio Alberoni (1664- 

1752) per la formazione dei chierici 

indigenti ed aperto nel 1751 nell’antico 

Ospedale di San Lazzaro. Qui è esposta 

una parte delle collezioni del cardinale, 

figura eminente della politica farnesiana 

e artefice, in qualità di rappresentante 

ducale presso la corte di Spagna, 

tra il 1714 ed il 1719, delle nozze tra 

Filippo V ed Elisabetta Farnese. Nel 

Collegio si conservano la biblioteca, l’archivio 

con il fondo alberoniano, nonché 

le attrezzature dei gabinetti di fisica e 

di scienze naturali, quest’ultimo costituitosi 

sulle raccolte donate nel 1810 da 

padre Zaccaria da Piacenza dell’ordine 

francescano minore. Nel 1802 venne 

fondato l’osservatorio meteorologico; 

nel 1874 si aggiunsero l’osservatorio 

astronomico e il gabinetto sismologico, 

con un archivio a partire dal 1922. Per 

la galleria fu costruita la sede annessa 

al Collegio nel 1964 (nel centenario della 

nascita del cardinale) su progetto di 

Vittorio Gandolfi. Tra gli oggetti d’arte, 

Piacenza, Biblioteca del Collegio Alberoni



18 

Pianello Val Tidone 

Museo Archeologico 

Nei sotterranei della rocca quattrocentesca 

già dei Dal Verme è stato di recente 

allestito il museo archeologico che 

raccoglie i materiali provenienti dal territorio 

comunale. Il museo corona un’attività 

decennale di scavi e ricerche di 

superficie condotte dall’Associazione 

“Pandora” in stretta collaborazione con 

la Soprintendenza archeologica dell’Emilia-Romagna. 

Il percorso espositivo si 

snoda in modo discreto negli antichi 

ambienti e coniuga una buona leggibilità 

espositiva con un adeguato apparato 

didattico-didascalico. Le sale offrono 

un quadro della storia e delle dinamiche 

del popolamento antico dell’area, dalla 

preistoria all’età romana. Spiccano i 

consistenti materiali architettonici, 

l’instrumentum, e alcuni importanti 

reperti numismatici. Il museo guarda 

con particolare attenzione al mondo 

della scuola e svolge specifiche visite 

guidate per i vari livelli di istruzione. 

(m.l.p.) 

19 

Travo 


Negli ambienti del castello, già degli 

Anguissola, che ne furono infeudati dai 

Visconti agli inizi del Trecento, sono 

esposti materiali provenienti dagli scavi 

recentemente condotti nell’area circostante 

dalla competente Soprintendenza. 

I manufatti, illustrati da un esauriente 

apparato didattico-informativo e 

da un consistente apparato fotografico, 

rispecchiano aspetti della vita quotidiana 

dei primi abitatori della Val Trebbia. 

È in fase di progettazione l’ampliamento 

del museo con una sezione romana 

destinata a documentare, tra l’altro, il 

santuario di Minerva Medica, tra i più 

rinomati nell’antichità i cui resti sono 

murati nella canonica della vicina località 

di Caverzago. 

(m.l.p.) 

M. Bernabò Brea, I primi agricoltori, Piacenza 

1992. 

20 

Vigolzone 

(Grazzano Visconti) 

Museo di Auto e Moto d’Epoca 

Aperto nel 1988 per iniziativa di un 

gruppo di collezionisti, il museo ha sede 

nei locali di una ex fabbrica a Grazzano 

Visconti. In questa località Giuseppe 

Visconti, agli inizi del Novecento, restaurò 

il castello e vi costruì attorno un 

villaggio neomedievale con botteghe 

artigiane che presentano esposizioni 

permanenti. Nel museo è ordinata una 

ricca raccolta di automobili e motociclette 

di fabbricazione italiana e straniera. 

Fra i pezzi più interessanti spiccano 

una Fiat 508 Balilla, “Berlina” a tre 

marce del 1932, appartenuta al fisico 

Enrico Fermi, esemplari di Lamborghini, 

Ferrari e Harley Davidson. Tra le 

curiosità è da ricordare un prototipo in 

legno e vimini di beach car, costruito e 

immatricolato negli anni Cinquanta. 

Nella sezione dedicata alle “due ruote”, 

si parte dalla bicicletta da bersagliere 

del 1915 (completa di manichino di soldato 

piumato), per proseguire poi tra 

una Guzzi ed una Iso fornite di sidecar, 

ed un motociclo Magnat Debon del 

1925, fino ad un esemplare sontuoso di 

Harley Davidson. Nel museo figurano 

anche trofei, targhe storiche, elementi 

di singole auto e moto. 

(i.f.) 

21 

Villanova sull’Arda 

Villa Verdi 

La villa di Sant’Agata fu acquistata, ampliata 

e sistemata nel 1849 da Giuseppe 

Verdi, che qui abitò con la seconda 

moglie, Giuseppina Strepponi. L’odierno 

percorso museale, che riguarda solo 

una parte dell’edificio, attraversa la 

stanza della Strepponi, con gli arredi 

originali, lo spogliatoio della cantante, 

dov’è sistemato un fortepiano, la camera 

da letto - studio di Verdi, con un letto 

a baldacchino e uno scrittoio con 

alcuni oggetti, un pianoforte, libri e il 

busto - ritratto in terracotta eseguito da 

Vincenzo Gemito, già nel parco della villa, 

e altre due sale, nelle quali si conservano 

documenti, fotografie, copie di 

opere verdiane e l’arredo della camera 

da letto del Grand Hotel di Milano dove 

il musicista morì. La villa è circondata 

da un grande parco progettato dal compositore 

e fa parte di un itinerario verdiano 

che ha altre tappe a Roncole e a 

Busseto. 

(m.g.)



Provincia di Parma


Provincia di Parma 

1 

Bardi 

Museo della Civiltà Valligiana 

Il museo è stato istituito nel 1976 dall’Associazione 

“Studi e Ricerche dell’Alta 

Val Ceno” nel castello di Bardi. 

Edificato tra il XIII e il XIV secolo, caratterizzato 

da massicce cortine murarie, 

camminamenti di ronda, mastio e torri 

di guardia, il complesso costituisce - 

nonostante i numerosi rifacimenti - un 

esempio rilevante di architettura fortificata 

medievale. Gli interni conservano 

in parte i soffitti a cassettoni e le decorazioni 

a grottesche risalenti alla residenza 

dei principi Landi, tra Quattro e 

Cinquecento, ai quali si deve la costruzione 

della cappella gentilizia nel cortile 

a portici. Più tardo è il giardino pensile 

denominato “delle Donne”. 

Il museo, situato nei quartieri già destinati 

agli alloggi delle guardie, documenta 

le arti e i mestieri praticati nella 

vallata. Sono poco meno di mille gli oggetti 

che compongono il percorso espositivo, 

distribuito in prevalenza con un 

criterio di rievocazione ambientale. Si 

tratta in gran parte di suppellettili e 

attrezzature relative al lavoro e alla vita 

quotidiana, alla pastorizia, alle attività 

boschive, all’allevamento e all’agricoltura. 

Vi si trova anche una esposizione 

permanente di macchine da guerra medievali 

ricostruite a grandezza naturale 

e funzionanti. 

(m.t.f.) 

2 

Bardi 

Museo del Bracconaggio 

e delle Trappole 

La raccolta, allestita all’interno del castello 

col supporto del Corpo Forestale 

dello Stato, documenta con reperti e diorami 

la storia e gli attrezzi utilizzati nel 

bracconaggio e nel trappolaggio attraverso 

i secoli ed in più continenti. Oltre 

alle numerose tagliole esposte in diverse 

bacheche rivestono un particolare 

interesse ventisei diorami, di cui quattordici 

a grandezza naturale, che illustrano 

le trappole per la selvaggina consueta, 

ma anche quelle di animali africani. 

Inoltre sono visibili alcune tagliole o 

trappole antiuomo. 

(s.v.) 

3 

Bedonia 

Museo del Seminario Vescovile 

Il museo è ordinato all’interno del seminario, 

attiguo al santuario della Madonna 

di San Marco, e comprende la Pinacoteca 

Parmigiani, una raccolta di scienze 

naturali intitolata a mons. Silvio Ferrari, 

l’Opera Omnia “Romeo Musa”. Qui 

ha sede, inoltre, il Centro Studi “Cardinal 

Casaroli”. 

Il seminario di Bedonia fu istituito e 

aperto nel 1846 come luogo di formazione; 

cessata tale funzione nel 1981 la 

struttura è stata adibita a finalità conservative 

e di valorizzazione del proprio 

patrimonio culturale in particolare sul 

piano didattico. 

Ordinata in forma di quadreria, la raccolta 

d’arte del seminario comprende 

importanti dipinti sei settecenteschi di 

Bedonia, Museo del Seminario Vescovile: Gaspare 

Venturini (attr.), Annunciazione, fine 

XVI secolo 

scuola bolognese ed emiliana pervenuti 

attraverso le donazioni Sidoli, del 1935, 

e di don Parmigiani, nel 1946. A queste 

si è aggiunto un nucleo di ventisette opere 

acquistate nel 1946. Tra i dipinti più 

rilevanti della collezione si annoverano 

opere di Ludovico Carracci, Bartolomeo 

Passerotti, Mastelletta, Luigi Crespi. 

Nell’edificio è pure allestita l’Opera 

Omnia “Romeo Musa”, che raccoglie in 

tre stanze e nel corridoio antistante il 

“corpus” donato dagli eredi dell’artista, 

che fu pittore, xilografo, poeta e scrittore. 

Interessanti, tra gli altri, i materiali 

che documentano l’attività xilografica, 

le incisioni per l’illustrazione de “I Promessi 

Sposi”, i bozzetti dei vari lavori 

pittorici dell’artista, nato a Bedonia nel 

1882 e morto a Milano nel 1960. 

Una biblioteca offre al pubblico la consultazione 

di oltre venticinquemila volumi, 

di cui circa seimila sono di epoca 

compresa fra il Cinquecento ed il 1820. 

Una sezione libraria è dedicata alla storia 

ecclesiastica. 

Le raccolte naturalistiche sono costituite 

da reperti zoologici, botanici e mineralogico-petrografici, 

raccolti da seminaristi 

o donati da ex alunni a partire 

dagli anni 1915-1950 per iniziativa di 

monsignor Silvio Ferrari (1892-1968), 

insegnante di scienze. 

La raccolta zoologica comprende uccelli 

locali ed esotici, mammiferi, rettili, 

pesci, qualche anfibio, esemplari entomologici 

e malacologici. 

La botanica locale è rappresentata da 

una raccolta di alcune piante officinali, 

legni di quasi cento specie, con qualche 

esempio di lavorazione e di utilizzo, e 

dieci erbari. Tra i campioni di minerali e 

di rocce si trovano cristalli di zolfo delle 

miniere siciliane ed esemplari di solfuri 

da Belgio e Inghilterra. I materiali sono 

presentati in un percorso che comprende 

anche ricostruzioni d’ambiente sistemate 

in nicchie murarie. Vengono inoltre 

esposti alcuni reperti archeologici e 

materiali d’interesse etnografico e storico-scientifico. 

(f.b./g.b.p.) 

V. Pancotti, Seconda esposizione d’arte sacra, 

catalogo guida, s.l. 1926.

Provincia di Parma MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

29 

5 

Busseto 

Museo Civico Villa Pallavicino 

Berceto, Museo del Tesoro del Duomo: Pluteo longobardo murato nell’altare maggiore 

4 

Berceto 

Museo del Tesoro del Duomo 

Al museo, inaugurato nel 1991, si accede 

dalla terza cappella a destra del Duomo 

intitolato a S. Moderanno, vescovo 

di Rennes, che dal 719 fu abate del 

monastero sorto per ordine di Liutprando 

nella vicina Bercé, poi distrutto 

da una frana. L’abbazia benedettina 

fu all’origine di Berceto, quale importante 

postazione sulla Via Francigena. 

Il Duomo fu costruito tra il XII e il XIII 

secolo. Nuovi cantieri fecero seguito 

nel corso del Cinquecento e poi nel 

1845. Il rifacimento ottocentesco della 

facciata non compromise, tuttavia, il 

portale del XII secolo, con lunetta e 

architrave scolpito. 

L’interno a tre navate conserva pregevoli 

opere d’arte. Si segnalano l’altare 

maggiore costituito da una formella con 

il motivo dei pavoni ai lati della croce, 

risalente alla fondazione longobarda 

del monastero, il sepolcro di S. Boccardo, 

del 1355, e il tabernacolo in marmo, 

del 1542. 

Nelle vetrine del museo sono ordinati, 

oltre a reperti provenienti dalla chiesa 

più antica, oreficerie sacre, rari calici 

databili all’XI secolo e paramenti, tra i 

quali il piviale ritenuto di S. Moderanno, 

variamente attribuito a manifattura 

bizantina tra VIII e IX secolo o ad artigianato 

lucchese del XII secolo. 

(f.b.) 

G. Bertozzi, Berceto e il suo Duomo, Parma 

1992. 

Busseto, Museo Civico Villa Pallavicino 

Il museo ha sede dal 1958 nella cinquecentesca 

Villa Pallavicino, divenuta di 

proprietà comunale nel 1954. Tra le 

residenze più rilevanti dell’antico ducato 

parmense, la villa ebbe in origine la 

denominazione di “Buffalora”, luogo di 

delizia voluto dai Pallavicino il cui stemma 

ispirò la planimetria dell’edificio, 

con cinque corpi disposti a scacchiera e 

comunicanti tramite loggiati. Il casino 

sorge al centro di un ampio giardino cinto 

da fossato. Segna l’ingresso un imponente 

padiglione settecentesco sormontato 

da un fastigio e decorato da 

sculture. Gli studi più recenti hanno 

legato a Giovanni Maria Falconetto l’attribuzione 

del complesso, già riferita a 

Vignola, ma contraddetta dal compimento 

del nucleo originario a una data 

precedente la visita di Carlo V, nel 1532. 

Risalgono ai cantieri successivi, tra Sei 

e Settecento, la sopraelevazione della 

villa e le decorazioni degli interni, riferiti 

al genovese Giovanni Evangelista 

Draghi. Il grande affresco del salone è 

invece attribuito a Ilario Spolverini. 

Il museo, istituito nel 1915 nella sede 

municipale, dove furono sistemati materiali 

pervenuti grazie a donazioni (in



gran parte dal lascito Seletti), reperti 

dall’Archivio Storico Comunale e arredi 

provenienti da corporazioni soppresse 

(in particolare da S. Anna), è attualmente 

ordinato in diversi ambienti della 

villa. In alcune sale affrescate si conservano 

mobili d’epoca, ceramiche e 

dipinti. Di particolare interesse risultano 

alcuni pezzi relativi alle vicende verdiane, 

tra i quali una spinetta degli inizi 

del XIX secolo. Altre memorie rimandano 

ai bussetani Ireneo Affò, Pietro 

Balestra, autore di alcuni dipinti e ad 

Alberto Pasini, pittore orientalista rappresentato 

dal quadro con La moschea 

di Costantinopoli. Al primo piano è 

esposta una raccolta, sia grafica che pittorica, 

di Isacco Gioacchino Levi, autore 

delle decorazioni sul soffitto del Teatro 

Verdi di Busseto. Attualmente sono 

in corso operazioni di restauro della villa, 

con il conseguente riallestimento del 

museo. 

(l.b.) 

G.F. Vignoli, Il Museo Civico di Busseto nel 

Palazzo Pallavicino, «Parma per l’arte», 8, 10 

maggio 1958, p. 5; T. Cavalli, Busseto. Storia. 

Arte. Guida del museo. Episodi inediti verdiani, 

Parma 1966; L. Gambara, in Le ville del 

Parmense, Parma 1966, pp. 506-516; G. Adani, 

M. Foschi, S. Venturi, Ville dell’Emilia- 

Romagna. Dal castello-villa all’influsso di 

Versailles, vol. II, Milano 1982, pp. 129-133. 

6 

Busseto 

(Roncole Verdi) 

Casa Natale di Giuseppe Verdi 

La casa di Roncole di Busseto nella quale 

Giuseppe Verdi nacque il 10 ottobre 

1813 si presenta come una costruzione 

modesta. Vi si conservano alcuni rari 

documenti e poche opere commemorative. 

Con il suo valore prevalentemente 

simbolico, va considerata come una tappa 

del percorso verdiano che si snoda 

attraverso alcuni edifici storici di Busseto, 

come a Palazzo Orlandi, dove il maestro 

si avviò alla musica e sposò Margherita 

Barezzi, fino a S. Agata di Villanova, 

nel piacentino. 

(m.g.) 

7 

Collecchio 

(Ozzano Taro) 

Raccolta Etnografica 

“Ettore Guatelli” 

La consistenza numerica, oltre trentamila 

pezzi ordinati in capannoni nel 

Podere Bella Foglia, fa sì che la raccolta 

si segnali tra le più importanti collezioni 

private italiane dedicate al lavoro 

contadino, artigiano e industriale. L’interesse 

della collezione, acquisita da 

enti pubblici, è accentuato anche dalla 

singolarità del percorso espositivo, con 

l’accorpamento di oggetti di uso e forma 

simile, a comporre effetti compositivi 

di grande suggestione scenografica. 

Si tratta di attrezzi agricoli e artigianali, 

arredi, suppellettili, giochi, strumenti 

musicali, capi di vestiario, documenti 

fotografici, raccolti in un periodo compreso 

dal dopoguerra ad oggi. 

Interessanti la sezione dedicata all’emigrazione, 

in particolare dalla campagna 

parmense all’Inghilterra, e la documentazione 

sui mestieri ambulanti spettacolari, 

dai saltimbanchi ai burattinai. 

Non mancano testimonianze di altre 

regioni, come nel caso di un carretto 

siciliano. 

Alcuni tra i materiali cartacei della collezione 

sono stati gravemente danneggiati 

da un incendio, divampato nel 

1995. 

(m.t.f.) 

P. Clemente, E. Guatelli (a cura), Il bosco delle 

cose. Il Museo Guatelli di Ozzano Taro, Parma 

1996. 

8 

Colorno 

Museo dell’Ingegno Popolare 

e della Tecnologia Preindustriale 

Il museo, inaugurato nel 1974, è allestito 

al primo piano dell’Aranciaia, costruita 

nel 1712 per volontà di Francesco 

Farnese nel complesso della reggia di 

Colorno, riedificata da Francesco Bibiena. 

La grande sala, definita “piazza coperta”, 

ospita una raccolta avviata negli 

anni Sessanta con intenti documentari 

circoscritti alla pianura parmense che 

sfocia nel Po. 

La cospicua raccolta, consiste di materiali 

etnografici relativi al lavoro dei 

campi, ai mestieri artigiani e alle attività 

fluviali in sezioni tematiche rispettivamente 

dedicate alle botteghe (dell’arrotino, 

del falegname, del cappellaio, 

del calzolaio), ai pesi e alle misure, alla 

vite e al vino, alla lavorazione della canapa 

e della lana, alla caccia, alla pesca, 

quest’ultima documentata anche da 

alcune barche per la navigazione sul Po. 

Sono rappresentate, inoltre, le attività 

connesse ai caseifici, con un ampio corredo 

di materiali per la produzione del 

parmigiano reggiano nel periodo tra le 

due guerre. 

Nel museo figurano numerosi oggetti di 

provenienza extra regionale, acquisiti 

alla fine degli anni Settanta, selezionati 

con criteri di documentazione apparentemente 

non definiti. In anni recenti 

sono stati acquistati corredi tipografici 

di diversa epoca e provenienza, destinati 

all’allestimento di una sezione sulla 

stampa. 

(m.t.f.) 

9 

Compiano 

Castello di Compiano 

Nel castello, d’impianto quattrocentesco, 

ma completamente rifatto fra Sette 

ed Ottocento, è allestita la Collezione 

Gambarotta, donata al Comune insieme 

con il castello dalla contessa Lina 

Raimondi Gambarotta nel 1987. Nella 

raccolta, costituita da arredi sei-settecenteschi, 

dipinti, arazzi e suppellettili, 

si conservano anche oggetti della massoneria 

inglese, monete della zecca di 

Compiano e manufatti d’arte orientale 

appartenuti agli ultimi proprietari dell’edificio. 

(s.v.)


31 

Fontanellato, Museo della Rocca Sanvitale: Parmigianino, Affreschi della Saletta di Diana e Atteone, 1523-24 

10 

Fidenza 


“Luigi Musini” 

Il museo, istituito nel 1965 in Palazzo 

Porcellini, è stato riallestito nel 1989 

nell’ex convento delle Orsoline, edificato 

nel 1708 e di recente ristrutturato 

come sede della Biblioteca e delle altre 

istituzioni culturali cittadine. Il nucleo 

centrale della raccolta è costituito dalla 

collezione del garibaldino Luigi Musini 

(1843-1903), donata al Comune dal 

figlio del patriota, Nullo. Ad essa si sono 

aggiunti documenti tratti dall’Archivio 

Comunale. 

Il percorso espositivo è ordinato con un 

criterio cronologico, dal 1802 alla proclamazione 

della repubblica nel 1946. 

Le nove sale del museo sono disposte 

per approfondimenti tematici con sezioni 

intitolate a “Napoleone e Maria 

Luigia”, “I Borboni”, “I Fidentini nel Risorgimento”, 

“Giuseppe Garibaldi”, “Giuseppe 

Verdi”, “Luigi Musini”, “Dall’Unificazione 

a Sarajevo”, “Dal 24 maggio 

1915 alla guerra di Spagna”, “La Seconda 

Guerra Mondiale e la Resistenza”. 

La tipologia del materiale esposto è in 

prevalenza documentaria. Si tratta di 

bandi, manifesti, fotografie e stampe, 

cui si aggiungono bandiere, uniformi e 

un numero limitato di armi. Nel museo 

è visibile una copia, delle sei esistenti, 

dell’album fotografico dei Mille. 

(p.t.) 

Il Museo del Risorgimento “Luigi Musini”, Bologna 

1989. 

11 

Fontanellato 

Museo della Rocca Sanvitale 

Il museo ha sede all’interno della Rocca 

Sanvitale, che rappresenta uno degli 

esempi più validi dell’architettura fortificata 

e residenziale della regione. 

Costruita sull’area della fortezza innalzata 

nel XII secolo dai Pallavicino, perfettamente 

conservata nell’assetto originario, 

con tre torri cilindriche e un 

torrione cinti da mura merlate e fossato, 

venne eretta dai Sanvitale, succeduti 

nel 1404 ai Pallavicini. Cicli pittorici 

cinquecenteschi, in parte attribuiti 

al Baglione, decorano alcuni 

ambienti dell’edificio, che racchiude al 

suo interno la celebre saletta affrescata 

tra il 1523 e il 1524 dal giovane Parmigianino 

con l’episodio di Diana e 

Atteone, tratto dalle Metamorfosi di 

Ovidio. Il racconto si snoda in senso 

orario nelle quattordici lunette a partire 

dall’effigie sopra la finestra, presunto 

Ritratto di Paola Gonzaga, 

moglie di Galeazzo Sanvitale. Sulla volta 

della saletta, un pergolato con putti 

sembra alludere alla correggesca 

Camera di S. Paolo, eseguita nel 1519. 

Nel 1948, gli stessi Sanvitale, che avevano 

abitato la rocca per oltre cinque 

secoli, cedettero la proprietà con gli 

arredi di famiglia al Comune. L’edificio 

fu successivamente adattato a sede 

museale. 

L’attuale percorso espositivo è introdotto 

da alcune sale, tra gli ambienti più 

interessanti dell’appartamento Sanvitale. 

Si segnalano la sala d’armi, con 

armi dal Sei all’Ottocento, la contigua 

stanza dei cimeli di Maria Luigia, dove 

è esposta la celebre mano con fiore al 

polso eseguita da Canova nel 1820, la 

sala da ricevimento, decorata da un fre- 

Fontanellato, Museo della Rocca Sanvitale: 

Teatrino delle marionette, metà dell’Ottocento



Langhirano, Castello di Torrechiara 

gio seicentesco ed allestita con un sontuoso 

arredo barocco nel quale spiccano 

una spinetta dipinta e uno stipo d’ebano 

del XVII secolo, e, infine, la camera 

nuziale, con mobili provenienti dal 

santuario della Madonna. 

Il percorso del museo si svolge al pian 

terreno, con accesso dal cortile. Pregevoli 

nella prima sala i “ritratti Sanvitale” 

attribuiti al Molinaretto e a Baldrighi 

e, nella stanza delle grottesche, 

recentemente restaurata, una tela di 

Carlo Francesco Nuvolone. La contigua 

sala con il teatrino dei figli di Maria Luigia 

è denominata “delle donne equilibriste” 

per il fregio monocromo attribuito 

ad un allievo di Cesare Cesariano, 

probabile autore della decorazione 

della vicina stanza degli amorini. 

Concludono l’itinerario di visita la cosiddetta 

“camera ottica”, dove uno 

strumento ottocentesco riflette la piazza 

del paese attraverso un singolare 

gioco di specchi, e l’oratorio, costruito 

nel 1688 nell’antico mastio. 

(g.l.) 

Il castello di Fontanellato. Guida alla visita e 

alla ricostruzione della Rocca dei Conti Sanvitale, 

Fontanellato 1993; R. Tassi, La camera 

di Fontanellato, in La corona di primule, 

Parma 1994; M. Dall’Acqua, G. Guadalupi (a cura), 

Fontanellato, Parma 1994. 

12 

Langhirano 

Castello di Torrechiara 

Il castello, che sovrasta il borgo medievale 

di Torchiara, venne edificato tra il 

1448 e il 1460 su commissione di Pier 

Maria Rossi, che lo fortificò con una triplice 

cinta muraria attorno a un cortile 

quadrato e quattro torri angolari collegate 

da cortine merlate. Il percorso di visita 

si snoda nelle diverse sale che conservano 

arredi originali e importanti pitture 

murali. Gli interni furono decorati nel XVI 

secolo da Casare Baglione, che affrescò 

la cappella di S. Nicomede, alla base della 

torre di sud-est, le sale contigue e i saloni 

degli Stemmi e degli Acrobati. Nella 

Camera d’Oro, già rivestita di formelle 

laminate in oro zecchino, si conserva un 

ciclo pittorico attribuito a Bonifacio Bembo. 

Gli affreschi, eseguiti nel 1462, ritraggono 

le oltre quaranta proprietà dei Rossi 

raccontando nei termini del tardogotico 

cortese gli amori di Pier Maria Rossi e 

Bianca Pellegrini. Il vano si affaccia su un 

loggiato risalente a un periodo compreso 

tra la fine del XVI secolo e gli inizi del Seicento, 

quando il fortilizio venne trasformato 

in dimora residenziale. 

(s.v.) 

13 

Langhirano 


“Faustino Tanara” 

Il museo, scaturito da una mostra allestita 

nel 1982 per ricordare il garibaldino 

Faustino Tanara (1831-1876) e il 

contributo di Langhirano al Risorgimento, 

è ospitato in due locali contigui 

alla Biblioteca comunale, all’ultimo piano 

del Palazzo municipale. Il nucleo 

principale della collezione è composto 

da cimeli e documenti di Tanara, donati 

dalla figlia nel 1930, successivamente 

integrati con materiali acquisiti attraverso 

altre donazioni e documenti tratti 

dall’Archivio Storico comunale. 

Nella prima sala sono illustrate le vicende 

politiche di Langhirano nel corso dell’Ottocento, 

con particolare attenzione 

alle due associazioni mutualistiche, la 

“Fratellanza Artigiana Langhiranese”, 

fondata da Tanara, e la “Società Femminile 

di Mutuo Soccorso”, i cui archivi 

si conservano nella biblioteca. 

La seconda sala è dedicata alle imprese 

di Faustino Tanara e al garibaldinismo 

locale. Sono esposti numerosi cimeli, 

tra i quali la divisa, le medaglie e alcune 

parti del carteggio del patriota. È in 

previsione il riordinamento del museo 

nei locali ristrutturati dell’ex macello, 

sede del Centro culturale, della Biblioteca, 

e dell’Archivio Storico. 

(p.t.) 

Museo del Risorgimento Faustino Tanara, Parma 

1983. 

14 

Neviano degli Arduini 

Museo Storico della Resistenza 

“S. Maneschi” 

Il museo è ospitato nel granaio ristrutturato 

di una casa posta nelle vicinanze 

del paese. La documentazione esposta 

è stata raccolta negli anni Settanta da 

alcuni partigiani del luogo con l’obiettivo 

di conservare la memoria della Resistenza 

locale sia dei protagonisti che dei


33 

luoghi che furono teatro degli avvenimenti. 

Si tratta in prevalenza di fotografie, 

ritratti dei partigiani che operavano 

nel territorio parmense, scene della 

Liberazione, immagini dei cippi eretti 

in ambito comunale. 

Il percorso espositivo è corredato da 

pannelli didascalici che illustrano le diverse 

tipologie delle armi usate dai partigiani 

e da alcune copie di documenti 

dell’epoca. 

(p.t.) 

15 

Parma 

Museo Archeologico Nazionale 

Allestito nel Palazzo della Pilotta, venne 

costituito nel 1761 come Museo Ducale 

d’Antichità da don Filippo di Borbone 

il quale, emulo del fratello, promotore 

delle campagne archeologiche 

di Ercolano e Pompei, volle dare sistemazione 

ai reperti rinvenuti nel corso 

degli scavi avviati dal 1760 a Macinesso, 

in prossimità della città romana di 

Veleia. Qui, nel 1747, era stata ritrovata 

la Tabula Alimentaria, la più grande 

iscrizione in bronzo dell’età romana. 

La raccolta si configura quindi nell’Italia 

settentrionale come uno dei primi 

esempi di museo destinato a fini conservativi 

in funzione di specifici rinvenimenti 

nel territorio. 

Oltre al nucleo originario costituito dai 

reperti di Veleia, il patrimonio archeologico 

della Pilotta comprende anche 

altri materiali di provenienza locale, 

accorpati prima del 1785 dal direttore 

Paciaudi a Luceria, vicino a Reggio Emilia, 

Parma e Fornovo. Più tardi si aggiungevano 

oggetti già appartenuti ai 

Farnese e ai Gonzaga, mentre le raccolte 

numismatiche andavano aumentando 

in seguito alle acquisizioni di 

monete provenienti da collezioni private, 

da Montechiarugolo, Chiaravalle e 

Lodi. La sistemazione attuale del percorso 

espositivo, che risale agli anni 

Sessanta, distribuisce su due piani le 

collezioni del museo. Al piano terreno 

sono ordinate le raccolte preistoriche 

messe insieme tra il 1867 e il 1875 sotto 

la direzione dell’archeologo di Fontanellato 

Luigi Pigorini, annoverato 

insieme al Chierici e allo Strobel tra i 

fondatori della paletnologia italiana. In 

questa sezione sono conservati i resti 

della palafitta terramaricola di Parma, 

dell’insediamento palafitticolo di Castione 

dei Marchesi, oltre a ceramiche, 

bronzi e manufatti in osso provenienti 

dal Castellazzo di Fontanellato. Al primo 

piano si trovano sculture, suppellettili, 

vetri e monete di arte greca, 

romana, italiota ed etrusca di provenienza 

non locale, la raccolta egizia, nella 

quale si segnala il frammento della 

tomba del XV secolo a.C. proveniente 

da Menphi e, nella sesta sala, l’insieme 

dei bronzi di Veleia, preceduto da un 

ciclo statuario di dodici sculture rinvenute 

nella basilica della città romana. 

Tra i pezzi più rilevanti della raccolta si 

ricordano, oltre alla Tabula del II secolo 

d.C., un’altra tavola bronzea con frammenti 

della lex de Gallia Cisalpina, il presunto 

ritratto di Antonino Pio, un ritratto 

di giovinetta della fine del I secolo d.C. 

e l’Ercole ebbro del II secolo d.C. 

Un’apposita sezione è dedicata ai resti 

di Parma romana e tardoantica, documentata 

da stele funerarie, iscrizioni, 

pavimentazioni musive e da oreficerie di 

età longobarda. 

(m.l.p.) 

A. Frova, R. Scarani, Parma. Museo Nazionale 

di Antichità, Parma 1965; E. Buffi, G. Lanzoni, 

Le monete puniche del Museo Archeologico 

Nazionale di Parma, «Rivista di Studi Fenici», 

9, 1981, pp. 99-120; M. Calvani Marini, Il ruolo 

del Museo d’Antichità di Parma dagli scavi 

borbonici a Veleia alle ricerche della nascente 

paletnologia italiana, in C. Morigi Govi, G. 

Sassatelli (a cura), Dalla Stanza delle Antichità 

al Museo Civico. Storia della formazione del 

Museo Civico Archeologico di Bologna, Bologna 

1984, pp. 483-492; C. Bolondi, L. Laurencich 

Minelli, La Collezione etnografica del Museo di 

Parma, in B. Brea, A. Mutti (a cura), ...Le terramare 

si scavano per concimare i campi..., 

Parma 1994, pp. 199-207. 

Parma, Galleria Nazionale: Teatro Farnese 

16 

Parma 

Galleria Nazionale 

La galleria, che ha origine dalle collezioni 

dell’Accademia di Belle Arti istituita 

nel 1752 dal duca don Filippo di 

Borbone, è ospitata all’interno del 

Palazzo della Pilotta. Il monumentale 

complesso, che trae la sua denominazione 

dal gioco basco della “pelota”, fu 

voluto da Ranuccio I Farnese come 

struttura di raccordo con la residenza 

ducale. Iniziato nella seconda metà del 

XVI secolo su progetto di Giovanni 

Boscoli, ma rimasto incompiuto, fu 

ampliato nel 1583 da Francesco Paciotto. 

Fra il 1602 e il 1611 vennero realiz-



Parma, Galleria Nazionale 

zate nuove ali su disegno di Simone 

Moschino, che nel 1618 progettò anche 

il grandioso scalone d’accesso al Teatro 

Farnese, ideato e realizzato da Giovanni 

Battista Aleotti - coadiuvato da una 

folta équipe di decoratori - tra il 1618 e 

il 1619. 

Nel palazzo vennero allestite dai Farnese 

la biblioteca e la famosa quadreria, 

quest’ultima per la maggior parte trasferita 

a Napoli nel 1734 per volontà di 

Carlo di Borbone, figlio ed erede di Elisabetta 

Farnese, ultima discendente 

della famiglia. Nel 1752 il ministro Guglielmo 

Du Tillot rafforzò la destinazione 

culturale della Pilotta, sistemandovi 

la neonata Accademia di Belle Arti e i 

reperti provenienti dagli scavi di Veleia, 

che formarono in tal modo il nucleo originario 

delle raccolte parmensi. Tra il 

1786 e il 1787 alcuni significativi dipinti 

toscani, provenienti dalla collezione 

del marchese Alfonso Tacoli Canacci, 

incrementarono il patrimonio della galleria, 

cui si aggiunsero più tardi opere 

provenienti da chiese e conventi soppressi 

e dipinti di collezioni private, 

come quelle dei conti Sanvitale (1834), 

di Francesco Callani e delle famiglie 

Baiardi (1839), Rossi (1851) e Dalla 

Rosa-Prati (1851). Nella prima metà del 

XIX secolo, per volontà della duchessa 

Maria Luigia d’Austria, la collezione 

venne ordinata in un nuovo allestimento 

dall’architetto Nicola Bettoli, che 

progettò solenni e luminosi saloni oggi 

completamente ristrutturati. Si devono 

poi ricordare l’importante riallestimento 

dovuto a Corrado Ricci (1896) e quello 

del 1967 sotto la direzione di Augusta 

Ghidiglia Quintavalle. Subito dopo, 

all’inizio degli anni Settanta, ha preso 

avvio un vasto progetto di ristrutturazione 

degli spazi museali, condotto dall’architetto 

Guido Canali, che ha comportato, 

oltre al restauro del palazzo, un 

notevole ampliamento degli spazi espositivi, 

con la realizzazione di nuovi percorsi, 

moderni servizi e impianti tecnici 

di climatizzazione e illuminazione 

all’avanguardia. 

La visita alla galleria può avvenire percorrendo 

due distinti itinerari, che hanno 

entrambi il loro inizio dal Teatro Farnese, 

utilizzato come uno spettacolare 

e scenografico atrio d’accesso. 

Il primo percorso espositivo (A) si svolge 

nelle ali ovest e nord dell’edificio: si 

apre con alcuni frammenti architettonici 

di area padana dall’XI al XIII secolo, 

tra i quali tre superbi capitelli di Benedetto 

Antelami provenienti dallo smembrato 

ambone del Duomo di Parma. Si 

prosegue con la rassegna dei primitivi 

italiani, con tavole di Simone dei Crocifissi, 

Paolo Veneziano, Spinello Aretino, 

Agnolo Gaddi, Beato Angelico, Giovanni 

di Paolo, Niccolò e Pietro Gerini e 

Bernardo Daddi. 

Si passa poi alla ricca sezione rinascimentale, 

con opere di Bernardino da 

Lendinara (due preziosi tronetti con 

tarsie lignee del 1494), Agnolo e Bartolomeo 

degli Erri, Cima da Conegliano, 

Francesco Francia, cui si accompagnano 

le più significative opere di artisti 

parmensi attivi a cavallo tra Quattro e 

Cinquecento, come Jacopo Loschi, Cristoforo 

Caselli, i tre fratelli Mazzola 

(Filippo, Michele e Pier Ilario) e Alessandro 

Araldi. Succede ad essi il Cinquecento 

emiliano, con opere dei ferraresi 

Dosso Dossi e Garofalo, e quello 

parmense, con i lavori dei principali 

contemporanei di Correggio e Parmigianino, 

Michelangelo Anselmi, Francesco 

Maria Rondani, Giorgio Gandini del 

Grano, Girolamo Mazzola Bedoli e Jacopo 

Bertoja. Il maturo Cinquecento è 

inoltre rappresentato da opere di Leonardo 

da Vinci (la cosiddetta Scapigliata), 

Sebastiano del Piombo (il bellissimo 

Ritratto di papa Paolo III Farnese), 

Giulio Romano, Hans Holbein il 

Parma, Galleria Nazionale: Leonardo da Vinci, 

La Scapigliata, 1506 c.


35 

Parma, Galleria Nazionale: Parmigianino, La 

schiava turca, 1530 c. 

Giovane (il famoso Ritratto di Erasmo 

da Rotterdam), Domenico Tintoretto, 

El Greco. 

Il percorso si snoda poi attraverso le 

principali esperienze figurative dell’Emilia 

del Seicento, con le opere di Ludovico 

e Annibale Carracci, Lionello Spada, 

Bartolomeo Schedoni, Giovanni 

Lanfranco, Sisto Badalocchio e Giovanni 

Francesco Barbieri, meglio noto come 

il Guercino. Nutrita è anche la rappresentanza 

dei pittori seicenteschi 

lombardi e genovesi, tra cui Francesco 

del Cairo, Panfilo Nuvolone e Gregorio 

de’ Ferrari. Cospicue le presenze straniere, 

con Anthonis Mor e Frans Pourbous 

il Giovane, entrambi ritrattisti di 

Alessandro Farnese, cui si aggiungono 

dipinti di Bartolomé Esteban Murillo e 

Anton Van Dyck. La serie delle sontuose 

tele di Sebastiano Ricci introduce al 

Settecento, illustrato da un bel numero 

di opere di scuola veneta, dai dipinti 

religiosi di Piazzetta e Tiepolo alle celebri 

vedute di Canaletto e Bellotto, e 

naturalmente di quella emiliana, con i 

dipinti di Giuseppe Maria Crespi, Felice 

Boselli e Cristoforo Munari, questi 

ultimi due particolarmente apprezzati 

per le loro raffinate nature morte. 

Il secondo itinerario (B) si snoda nelle 

splendide sale volute da Maria Luigia al 

principio del XIX secolo, oggetto d’un 

recente ed attento restauro (1991): 

nell’ampio e luminoso salone progettato 

dal Bettoli, dominato dai due colossi 

romani in basanite provenienti dagli 

Orti Farnesiani sul Palatino (Bacco ed 

Ercole) e concluso dalla nicchia entro 

cui trova posto la statua della sovrana 

scolpita da Antonio Canova, sono 

disposti su più file, in un allestimento 

che vuole richiamare quello delle antiche 

quadrerie, i saggi accademici premiati 

dal 1761 al 1795, opere di giovani 

artisti italiani e francesi, oltre ai celebri 

ritratti dei Borbone di Giuseppe Baldrighi 

e a pregiate opere di Jean Marc 

Nattier, Johan Zoffany e Hubert Robert. 

Nei più appartati ambienti della cosiddetta 

”Rocchetta” si snoda invece un 

percorso dedicato ai due grandi maestri 

attivi a Parma nel Cinquecento, Antonio 

Allegri e Francesco Mazzola: si possono 

così ammirare sublimi capolavori 

come la Madonna di San Girolamo e 

la Madonna della Scodella del maestro 

di Correggio, e la cosiddetta Schiava 

Turca e una serie di magnifici disegni 

del Parmigianino. 

Parma, Galleria Nazionale: Hans Holbein il Giovane, 

Ritratto di Erasmo da Rotterdam, 1530 

L. Fornari Schianchi, La Galleria Nazionale di 

Parma, Parma 1983; L. Fornari Schianchi (a 

cura), Il Palazzo della Pilotta a Parma. Dai 

servizi della corte alle moderne istituzioni culturali, 

Milano 1996; L. Fornari Schianchi (a 

cura), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo 

delle opere. Dall’antico al Cinquecento, Milano 

1997; L. Fornari Schianchi (a cura), Galleria 

Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il 

Cinquecento, Milano 1998; L. Fornari Schianchi 

(a cura), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo 

delle opere. Il Seicento, Milano 1999. 

17 

Parma 

Museo Bodoniano 

Il museo, inaugurato nel novembre 

1963, occupa un piano della Biblioteca 

Palatina nel palazzo farnesiano della 

Pilotta. Rievoca l’attività del tipografo 

Giambattista Bodoni, nato a Saluzzo nel 

1740 e attivo a Parma dal 1768 fino alla 

morte, avvenuta nel 1813. 

Il museo comprende una ricca collezione 

di stampati bodoniani, un cospicuo 

carteggio, una rilevante raccolta di punzoni 

e matrici. Tra le edizioni bodoniane 

si segnalano vari fogli volanti, oltre 

ad alcuni esemplari di particolare pregio, 

in seta e in pergamena. 

Di alto interesse è soprattutto la sezione 

dedicata all’officina bodoniana, che 

espone punzoni, matrici, forme ed altri 

attrezzi che mostrano il concreto svolgimento 

del lavoro tipografico. Tali suppellettili 

sono pervenute alla Biblioteca 

Palatina nel 1843 grazie all’interessamento 

del bibliotecario Angelo Pezzana, 

che ne suggerì l’acquisto alla duchessa 

Maria Luigia. 

Dagli eredi di Bodoni fu acquistato quattro 

anni dopo il copioso carteggio del 

saluzzese, comprensivo di alcune lettere 

inviate alla vedova del Bodoni, Paola 

Margherita Dall’Aglio, la quale curò nel 

1818 la pubblicazione postuma del Manuale 

tipografico, opera di grandissima 

importanza per la storia dell’arte 

tipografica. 

(r.c.) 

F. Barberi, Bodoni Giambattista, in Dizionario 

Biografico degli Italiani, 11, Roma 1969, pp. 

107-115; A. Ciavarella, Catalogo del Museo Bodoniano 

di Parma, 1984.



Parma, Camera di San Paolo: Correggio, Cupola della Camera della Badessa, 1518-19 

18 

Parma 

Complesso di San Paolo 

(Camere del Correggio e dell’Araldi - 

Cella di Santa Caterina) 

Il complesso dell’ex monastero di San 

Paolo con annessa chiesa, da un secolo 

chiusa, ha subito nel tempo diverse trasformazioni 

e manomissioni. Il monastero 

benedettino ebbe origine nel 1005 e 

conobbe il suo momento di maggior 

splendore a cavallo tra XV e XVI secolo, 

durante il reggimento delle badesse Cecilia 

Bergonzi e Giovanna da Piacenza. La 

prima affidò il progetto di costruzione di 

un nuovo monastero all’architetto Giorgio 

Edoari de Erba, con il quale collaborarono 

per la parte plastica Antonio e 

Gian Francesco d’Agrate, i più noti scultori 

parmigiani del tempo; la seconda volle 

le sue stanze decorate dall’Araldi e dal 

giovane Correggio. La stanza affrescata 

dal Correggio era compresa nell’appartamento 

della badessa. Venne commissionata 

all’artista dalla colta badessa, che 

amava circondarsi d’un cenacolo di poeti 

ed umanisti, che quasi certamente elaborarono 

il dotto programma iconografico 

della decorazione. Il Correggio, chiamato 

a dipingerla intorno al 1518-19, diede 

qui la sua prima grande prova come 

frescante e creò uno dei suoi capolavori 

più suggestivi. 

La volta è suddivisa in sedici spicchi 

impostati su lunette e separati da costoloni 

che si uniscono al rosone centrale, 

dorato, con tre lune falcate a rilievo (lo 

stemma della badessa), intorno a cui s’intrecciano 

rosei nodi di nastri. Negli spicchi 

è raffigurato un pergolato con festoni 

di frutta ove, entro ovali, si affacciano 

vivaci putti in atto di cacciare, coglier 

frutta, suonare il corno, ostentare trofei 

di caccia, preparare l’arco, abbracciare 

cani, etc. A questi fanno riscontro le 

splendide figurazioni d’ispirazione classica, 

dipinte a monocromo nelle sedici 

lunette alla base della volta. Nella cappa 

del camino, in pietra, scolpito da Gian 

Francesco d’Agrate, v’è ancora un affresco 

correggesco raffigurante Diana che 

ritorna dalla caccia. Accanto alla stanza 

correggesca v’è un’altra camera, affrescata 

nel 1514 da Alessandro Araldi, uno 

dei più attivi maestri nella Parma a cavallo 

tra il XV e il XVI secolo, prima dell’affermazione 

del grande Correggio. 

La ricchissima decorazione, anche se non 

raggiunge le finezze qualitative ed inventive 

di quella del più celebre ambiente 

contiguo, è di grande effetto, con una 

serie di ovati e lunette con scene sacre e 

profane inquadrati da una incorniciatura 

a candelabre all’antica. In questo ambiente 

è anche possibile ammirare una singolare 

pala in terracotta policroma, con la 

raffigurazione della Natività ed episodi 

della Vita di Cristo, precoce ed eccezionale 

esempio della grande tradizione plastica 

lombarda ed emiliana del Quattrocento. 

Nel refettorio, da poco recuperato, 

sono invece esposti una serie di affreschi 

staccati dei secoli XV-XVI, provenienti 

da diversi ambienti del monastero, 

uno splendido coro ligneo seicentesco, 

anch’esso recentemente restaurato. 

La visita è accompagnata da una proiezione 

in multivisione relativa alla cultura 

figurativa del Rinascimento a Parma. 

Attraversando l’antico giardino è possibile 

poi raggiungere la Cella di Santa 

Caterina, un piccolo vano destinato alla 

preghiera posto ai margini dell’area conventuale. 

Sulle due pareti Alessandro 

Araldi affrescò intorno al 1514 due scene 

della Vita di Santa Caterina d’Alessandria, 

e precisamente La disputa di Caterina 

davanti all’imperatore Massimino e 

Santa Caterina e San Girolamo. Lo stile 

del pittore sembra qui tradire in maniera 

particolare la conoscenza di modelli centro-italiani, 

in particolare le opere di 

Perugino e Pinturicchio, cui rimandano 

la classica compostezza delle figure e l’atmosfera 

di elegante sobrietà che caratterizza 

entrambi gli affreschi. 

M. Dall’Acqua (a cura), Il Monastero di San 

Paolo, Parma 1990.


37 

19 

Parma 

La Spezieria del monastero 

di San Giovanni Evangelista 

Le prime notizie sull’esistenza di una 

spezieria nel complesso abbaziale di 

San Giovanni Evangelista a Parma risalgono 

al 1201, ma la sua fondazione potrebbe 

essere anche precedente, dal 

momento che il monastero fu fondato 

nel 980 d.C. Si sa che all’interno del 

complesso era stato organizzato uno 

spazio per ospitare ed assistere i pellegrini 

ed è probabile che in un primo tempo 

la spezieria fosse unicamente al servizio 

del Benedettini e che solo successivamente 

sia divenuta pubblica. 

L’attuale sistemazione, per quanto riguarda 

gli arredi e le volte, risale alla 

fine del XVI secolo e ai primi anni di 

quello successivo, mentre la disposizione 

dei locali subì una radicale modifica 

nel 1766, allorché i monaci benedettini 

dovettero secolarizzare la farmacia per 

evitare la chiusura definitiva imposta 

dal ministro borbonico Du Tillot. Fu così 

che la porta di comunicazione con il 

convento venne murata, lasciando solo 

una piccola finestra con inferriate per il 

passaggio dei farmaci destinati ai monaci, 

mentre l’ingresso per il pubblico fu 

aperto verso l’esterno, là dove anche ora 

si trova. La conduzione della spezieria 

fu allora affidata a Luigi Gardoni, che la 

trasmise al figlio Ferdinando (1820) e 

poi al nipote Luigi (1881), ultimo speziale 

alla cui morte l’attività si interruppe. 

Nel 1896 lo Stato acquisì i locali, che 

furono riaperti al pubblico nel 1951, raccogliendo 

all’interno una ricca collezione 

di mortai, vasi da farmacia ed altri 

oggetti provenienti da diversi enti e da 

donazioni private. 

F. Zanetti, La storica Spezieria di S. Giovanni 

Evangelista, Parma 1967. 

20 

Parma 

Pinacoteca “Giuseppe Stuard” 

La pinacoteca è in parte costituita dalla 

raccolta delle centoquaranta opere 

che il collezionista parmigiano Giuseppe 

Stuard (1790-1834) lasciò per testamento 

alla Congregazione di Carità San 

Filippo Neri, proprietaria di una raccolta 

di dipinti e arredi connessi all’iconografia 

del Santo. Dal 1834, all’atto della 

donazione, i due nuclei furono accorpati 

nella sede attuale, in un antico edificio 

il cui prospetto su via Cavestro venne 

ridefinito tra il 1873 e il 1883 dall’architetto 

Pancrazio Soncini. 

Parma, Pinacoteca Stuard: Bernardo Bellotto, Paese in riva al fiume, metà XVIII secolo 

Parma, Pinacoteca Stuard: Parmigianino, Levriero, 

1523 c. 

Arricchito da progressive acquisizioni, 

il patrimonio della pinacoteca comprende 

attualmente oltre trecento opere 

pittoriche e grafiche, un considerevole 

numero di arredi dal Sei all’Ottocento 

e alcuni oggetti d’arte e artigianato. 

La scuola toscana dal Tre al Quattrocento 

è rappresentata da opere di 

Paolo di Giovanni Fei, Pietro di Giovanni 

d’Ambrogio, etc. Interessanti sono le 

tavole di Nicolò di Tommaso (Compianto), 

del Maestro della Misericordia 

(Madonna in trono col Bambino) e di 

Bicci di Lorenzo (Santi, facenti parte di 

un polittico). Una tavoletta raffigurante 

Cristo portacroce è attribuita all’ambito 

di Paolo Uccello. 

Tra le opere di maggior interesse si 

segnala un disegno a penna raffigurante 

un Levriero, eseguito dal Parmigianino 

per Fontanellato. Altri dipinti, di 

Lavinia Fontana, Orazio Samacchini, 

Sisto Badalocchio, Giovanni Lanfranco, 

Guido Reni, Guercino, Giuseppe Baldrighi 

e Pietro Melchiorre Ferrari illustrano 

la tradizione pittorica emiliana, 

mentre una serie di tele di Domenico 

Tintoretto, Sebastiano Ricci e Francesco 

Fontebasso rappresentano l’ambito



veneto. Tra gli stranieri figurano Porbous 

il Giovane, Zurbaran, Zoffany. Successive 

all’istituzione del museo sono le 

acquisizioni di due Nature morte del 

Grechetto, un Paesaggio di Bellotto, 

nonché la sezione ottocentesca con 

quadri di Carmignani, Pasini, Affanni, 

Baratta, Ximenes e Stroebel. 

(l.b.) 

G. Copertini, La Pinacoteca Stuard di Parma, 

Parma 1928; La Pinacoteca Stuard di Parma, 

Milano 1961; G. Cirillo, G. Godi, La Pinacoteca 

Stuard di Parma, Parma 1987; F. Barocelli, La 

Pinacoteca Stuard di Parma, Milano 1996. 

21 

Parma 

Casa Natale di Arturo Toscanini 

Situata nella zona popolare dell’oltretorrente, 

la casa dove nacque il grande 

direttore Arturo Toscanini (1867-1957), 

rappresenta uno dei luoghi simbolici per 

le memorie del maestro, che vi dimorò di 

fatto soltanto per pochi mesi. Donata 

dagli eredi Toscanini all’Amministrazione 

Comunale, che la ristrutturò istituendovi 

il museo nel 1967, raccoglie materiali 

provenienti in prevalenza dalle residenze 

del musicista a Milano, in via Durini, 

e a Riverdale, negli Stati Uniti. 

Il percorso espositivo, allestito in forma 

di casa-museo, riunisce edizioni musicali, 

numerosi oggetti appartenuti al 

maestro, cimeli, dipinti, locandine, disegni 

e fotografie. In una stanza appositamente 

attrezzata è possibile ascoltare le 

più celebri esecuzioni toscaniniane. La 

collezione si è recentemente arricchita 

di un pianoforte Bechstein appartenuto 

al cantante lirico Aureliano Pertile, al 

quale Toscanini fu molto legato. Altre 

testimonianze sul musicista sono conservate 

nello studio arredato presso il 

Conservatorio di musica “Arrigo Boito” 

di Parma. 

(m.g.) 

Casa Toscanini. Breve guida al museo, Parma 

1992. 

22 

Parma 

Museo dei Burattini e delle 

Marionette “Giordano Ferrari” 

Il museo è stato di recente istituito sulla 

base di una convenzione tra il Comune e 

la Provincia di Parma e il Banco di Sardegna, 

attuale proprietario dei materiali 

esposti, ed è in fase di riordinamento. 

Consiste di fondali, marionette, teste, 

pupi e burattini appartenuti al burattinaio 

e collezionista Giordano Ferrari di 

Parma e riuniti nel corso quasi secolare 

dell’attività di animazione teatrale esercitata 

dalla sua famiglia. Nella raccolta 

compaiono esemplari prodotti dai Ferrari 

e opere di collezione, come ad esempio 

alcune marionette sette-ottocentesche. 

Non mancano pupi siciliani ed altri 

oggetti più recenti. 

(m.g.) 

23 

Parma 

Centro Studi e Archivio 

della Comunicazione 

Emanazione dell’Università di Parma, il 

centro si è costituito alla fine degli anni 

Settanta, insediandosi in un vasto edificio 

costruito nel 1953 da Pier Luigi Nervi, 

con lo scopo di provvedere alla catalogazione, 

allo studio, alla conservazione 

ed all’incremento di importanti raccolte 

di cultura contemporanea: arte, 

media, progetto, fotografia e spettacolo. 

È attualmente in fase di riassetto 

all’interno dell’antico complesso restaurato 

della Certosa di Valsesia. La sezione 

artistica comprende oltre un migliaio di 

esemplari fra dipinti e sculture e circa 

quindicimila disegni di artisti del Novecento 

italiano ed internazionale. Nel settore 

dedicato ai media, si conservano 

migliaia di pezzi, tra bozzetti e manifesti 

sia pubblicitari che cinematografici, gli 

archivi di Carboni, Iliprandi, Provinciali, 

Sepo, Testa e Vitale, undicimila disegni 

di satira e fumetto ed oltre tremila disegni 

per illustrazioni di periodici e quotidiani. 

La sezione “Progetto” conserva un 

corpus rilevantissimo di disegni d’architettura 

e design, maquette, oggetti di 

lavoro e di studio appartenuti a celebri 

progettisti, mentre per la fotografia si 

contano oltre tre milioni di negativi su 

lastra e su pellicola, oltre un milione di 

stampe, rari apparecchi fotografici. Film 

originali e circa quattromila videotape 

sono raccolti nella sezione ”Spettacolo” 

del centro parmense. 

24 

Parma 


Istituito dall’ornitologo padre G.B. Fourcault 

nel 1766, il museo nasce originariamente 

come Gabinetto degli Animali, ma 

a questo nucleo si aggiunsero nel tempo 

altre collezioni, soprattutto quando, nella 

seconda metà dell’Ottocento, ne divenne 

direttore il naturalista Pellegrino Strobel. 

Attualmente il museo è organizzato 

in due sedi: una nel Palazzo dell’Università, 

l’altra presso l’Orto Botanico. Nella 

prima sede si segnalano la collezione storica 

di Fourcault, del XVIII secolo, e la 

Collezione Sistematica dei Vertebrati di 

Angelo Andres, direttore del museo dal 

1899 al 1926. Quest’ultima, allestita tra il 

1923 e il 1925, comprende oltre duemila 

reperti. Sono esposte al pubblico anche 

due raccolte di etnografia africana, di 

provenienza Pigorini e Falzoi. Tra le collezioni 

zoologiche merita attenzione il 

nucleo “Vittorio Bottego”, con circa seicento 

esemplari provenienti dall’Eritrea, 

tra i quali rare madrepore del golfo di 

Massaua. Presso l’Orto Botanico si trovano 

diverse sale didattiche dedicate in prevalenza 

agli invertebrati: molluschi, cnidari, 

echinodermi, artropodi. Non mancano 

aule per lo studio dell’evoluzione 

biologica e della fauna urbana. Sono infine 

accessibili al pubblico una parte della 

Collezione Del Prato, costituita da esemplari 

di avifauna parmense, e il nucleo 

etnografico, comprensivo di materiali 

provenienti dallo Zaire. Altre raccolte, 

soprattutto di invertebrati, sono disponibili 

solo per ragioni di studio. 

(g.b.p.)


39 

S. Bulla, Breve rassegna dei Vertebrati della 

Collezione Andres (o Collezione Sistematica) 

del Museo di Storia Naturale di Parma, Parma 

1997; V. Parisi, Il Museo di storia naturale dell’Università, 

Parma 1997. 

25 

Parma 

Museo Paleontologico Parmense 

Il museo, che ha sede presso l’Istituto di 

Geologia dell’Università, vanta alcune 

raccolte di notevole entità e rarità. Si 

segnalano, tra gli altri, i resti di cetacei 

fossili, scheletri completi e parziali provenienti 

dalle alluvioni villafranchiane di 

Monte Giogo e dall’area padana. Figurano 

nel museo anche materiali della collezione 

Strobel, con importanti resti delle 

terramare italiane e di altri paesi. In 

mostra sono serie di selci scheggiate, 

rocce e fossili pliocenici. 

(g.b.p.) 

26 

Parma 

Collezioni dell’Istituto 

di Mineralogia 

La collezione mineralogica e petrografica 

dell’Università era originariamente 

costituita da circa diecimila pezzi provenienti 

per la maggior parte dalle raccolte 

Piroli, Cavezzali, Guidotti. Ingente 

anche il nucleo accorpato dal conte 

Filippo Linati. L’ultima catalogazione 

completa dell’intero patrimonio venne 

curata da Girolamo Cocconi tra il 1866 

e il 1867. Successivamente, una serie di 

cambiamenti di sede e problemi di 

gestione a lungo perduranti hanno ridotto 

il numero degli esemplari a circa 

duemilacinquecento, accessibili al pubblico 

solo in parte. 

Tra i pezzi esposti nel vasto ingresso del 

Dipartimento di Scienze della Terra sono 

da ricordare la raccolta di baritine 

provenienti da Vernasca, in provincia di 

Piacenza, i campioni di ilvaite dell’Isola 

d’Elba, i quarzi delle Alpi Occidentali e 

i solfuri provenienti dalla Romania. 

(g.b.p.) 

27 

Parma 

Orto Botanico 

Istituito nel 1770 per volontà dell’abate 

G. Battista Guatteri (1739-1793), 

l’Orto Botanico fu progettato dall’architetto 

Ennemond Alexandre Petitot 

(1727-1801) e terminato nel 1793. In 

seguito, su iniziativa di G. Passerini, che 

ne fu direttore dal 1843 al 1893, la struttura 

originaria venne ampliata con altri 

tre edifici: la Scuola di Botanica, al cui 

interno venivano eseguite le osservazioni 

al microscopio, la serra calda e il 

semenzaio. 

Tra le numerose piante sono di particolare 

interesse la Ginkgo biloba piantata 

nel 1795 e le collezioni di rose e di 

piante acquatiche. 

Presso la Scuola di Botanica si conservano 

gli erbari storici di Caspini (1722) 

e di Jan (1820), una xiloteca, una pollinoteca 

comprendente diversi esemplari 

di fossili del Terziario e del Quaternario 

e una piccola collezione di filliti 

raccolte nel 1960. 

(g.b.p.) 

Parma, Fondazione Glauco Lombardi: Sala espositiva 

28 

Parma 

Fondazione Glauco Lombardi 

Il museo è formato dall’insieme di alcuni 

degli arredi già appartenuti ai Borbone 

e alla duchessa Maria Luigia, dispersi 

tra il 1862 e il 1868 ma recuperati in 

parte dal collezionista Glauco Lombardi 

nell’intento di documentare la storia 

di Parma dal 1748 al 1859. Fondato a 

Colorno nel 1915 e inaugurato nel 1961 

nel Palazzo della Riserva, trasformato in 

casino di gioco da Ennemond Alexandre 

Petitot nel 1764, il museo conserva 

opere d’arte, suppellettili e gioielli distribuiti 

nelle diverse sezioni del percorso 

espositivo. Cimeli di Maria Luigia 

costituiscono il “Museo Napoleonico”, 

allestito nel salone e in due stanze contigue. 

Qui si possono ammirare alcuni 

capi preziosi del guardaroba della sovrana: 

il manto ducale ricamato in platino, 

frammenti del mantello imperiale 

e l’abito da cerimonia donatole da Napoleone 

nel 1810; la famosa corbeille 

nuziale disegnata da Prud’hon, il calco 

della mano della duchessa opera del 

Canova, album, diari, gioielli, effetti personali 

e persino il cestino da lavoro del-



l’imperatrice, autrice anche di alcune 

delle vedute ad acquerello esposte nelle 

sale. Nella collezione non mancano 

lettere del Bonaparte e del Re di Roma. 

Nel “Museo Toschi” è poi documentata 

l’attività incisoria praticata dall’artista 

parmigiano, mentre nella Raccolta Petitot 

si annoverano disegni dell’architetto 

e incisioni di Benigno Bossi. Opere 

francesi del XVIII secolo, allineate in 

un’apposita sala, completano l’arredo 

del palazzo. 

Nell’archivio del museo sono ordinate 

ottocento lettere di Maria Luigia alla 

figlia Albertina. 

(e.l.) 

Guida al Museo Glauco Lombardi, Parma 1972. 

29 

Parma 

Museo d’Arte Cinese 

e Sezioni Etnografiche 

Il Museo venne istituito nel 1900 nella 

palazzina delle Missioni Estere. La sua 

formazione fu originata dalla raccolta 

degli oggetti provenienti dalle terre di 

missione, accorpati dalla fine dell’Ottocento 

a fini didattici per iniziativa del 

vescovo Conforti. La collezione, di pertinenza 

della “Pia Società di San Francesco 

Saverio per le Missioni Estere”, 

comprende una sezione di arte cinese e 

materiali d’interesse etnografico. Nella 

prima sezione si conservano numerosi 

materiali in bronzo, ceramiche, dipinti 

e monete. Si segnalano vasi rituali a partire 

dall’XI secolo a.C. fino al XIII secolo 

d.C., realistici ritratti di bonzi dal VI 

al IX secolo, statuette, una decina di 

specchi. Tra le numerose terrecotte 

funerarie della collezione si conserva 

una scultura del 200 a.C. raffigurante 

una tartaruga con il serpente, considerata 

il più antico esemplare datato. 

Numerose le porcellane, dal X e XIII 

secolo ai nostri giorni; tra gli oggetti in 

gres figurano manufatti porcellanati e 

ceramiche di varie tipologie. Notevoli la 

tazza bianco blu del periodo Husuan-Te, 

dal 1426 al 1435, il vaso di epoca Chia 

Ching, tra il 1522 e il 1566, la tazza 

K’ang-Shi, databile dal 1662 al 1722 e 

alcune fantasiose manifatture sei-settecentesche. 

Interessanti i vasi liturgici fatti eseguire 

dai gesuiti nel corso del XVIII secolo. 

Fra i dipinti più significativi, va menzionata 

una serie di ritratti, mentre 

completano la raccolta saggi di calligrafia, 

stampe e calchi da pietre incise. La 

collezione comprende inoltre quasi novemila 

monete dal XIII secolo a.C. al 

1911 e nuclei minori di giade, avori, 

sculture in pietra e in legno, tabacchiere, 

peltri, smalti e amuleti. Nella sezione 

etnografica sono esposti strumenti e 

armi dalla Cina, stampe giapponesi, 

utensili indonesiani, armi dell’Oceania, 

manufatti dal Congo, Pakistan, Australia, 

Amazzonia. 

(f.b.) 

30 

Parma 

Collezione Borsari 1870 

La collezione è ospitata nell’edificio 

costruito negli anni Trenta come sede 

degli uffici del retrostante stabilimento 

della Borsari. Si autodefinisce “primo 

Museo italiano della Profumeria” e testimonia, 

attraverso la raccolta esposta, la 

storia dell’azienda che ha preso il nome 

dal suo fondatore, Lodovico Borsari. Fin 

dallo scadere dell’ Ottocento, quando fu 

avviata la produzione a livello industriale 

dei profumi (si ricorda la “Violetta di 

Parma”), un’attenzione particolare venne 

rivolta all’immagine dei preparati. Si 

spiegano, quindi, la varietà delle linee e 

delle forme dei flaconi, favorita dalla qualificata 

lavorazione locale del vetro, la 

grafica accurata delle etichette e la cura 

per il messaggio pubblicitario, testimoniata 

dai manifesti a grande dimensione 

così come dai calendarietti profumati largamente 

distribuiti presso i parrucchieri 

o attraverso le pagine dei rotocalchi di 

moda. La collezione restituisce nel suo 

complesso un interessante capitolo di 

storia del costume, della grafica e della 

pubblicità fino alla prima metà del Novecento. 

Il percorso espositivo si completa 

con gli arredi originali del laboratorio chimico 

di Borsari: il tavolo da lavoro con gli 

strumenti e con i flaconcini delle essenze 

di base per preparare i profumi accanto 

ai contenitori in metallo per lo stoccaggio 

del prodotto. 

(p.t.) 

S. Coradeschi (a cura), La Collezione Borsari 

1870, Milano 1990. 

31 

Salsomaggiore 

Museo Paleontologico 

di Scienze Naturali 

Il museo, formatosi da una raccolta ordinata 

in alcuni locali di un istituto scolastico 

su iniziativa del Gruppo Paleontolofilo, 

è in fase di definitivo trasferimento 

nella sede del Palazzo dei Congressi, 

facente parte del complesso termale 

decorato da Galileo Chini. Qui è 

previsto un riallestimento della collezione 

naturalistica con due ampie sezioni 

tematiche. Nella prima sarà trattato 

lo sviluppo del golfo pliopleistocenico 

padano mediante una lettura stratigrafica 

del torrente Stirone; saranno presenti 

modelli tridimensionali illustranti 

lo sviluppo del golfo padano. La seconda 

sala verrà dedicata alla filogenesi dei 

mammiferi marini. 

(g.b.p.) 

32 

Soragna 

Rocca dei Meli-Lupi 

La rocca, tra le più sfarzose case museo 

in territorio emiliano, venne edificata 

nel 1385 dai principi Meli-Lupi, che 

durante la metà del XVI secolo e nuovamente 

alla fine del Seicento adeguarono 

la struttura fortificata ai criteri dell’architettura 

residenziale. L’edificio, a 

pianta quadrata con quattro torri angolari, 

si svolge attorno ad una corte sulla 

quale si apre lo scalone realizzato nel 

1695 su disegno di Carlo Virginio Dra-


41 

ghi. Dal cortile, una lunga galleria cinquecentesca 

detta “il Bocchirale” conduce 

al vasto parco all’inglese, il cui 

assetto risale in prevalenza all’impianto 

progettato nel 1772 da Raimondo Casalini 

e agli interventi di Luigi Voghera e 

Camillo Rusca, che tra il 1822 e il 1834 

aggiunsero la serra, la caffè house e il 

laghetto romantico sul quale prospetta 

il tempietto neogotico merlato. 

L’itinerario di visita agli ambienti della 

rocca, dove si conservano gli arredi originari, 

comincia con la Sala Rossa al pian 

terreno, con sei Paesaggi di Francesco 

Monti detto il Brescianino incorniciati 

dai preziosi intagli di Giuseppe Bosi. 

Attraverso la Sala del Biliardo o degli 

Antenati, si accede poi al Salone degli 

Stucchi, ideato nel 1688 dall’architetto 

Draghi per Giampaolo IV, che commissionò 

gli affreschi con Il Trionfo dei 

Meli Lupi a Francesco e Ferdinando 

Bibiena, probabili autori dei disegni per 

gli stucchi di Giacomo Mercoli. 

Dalla vicina Galleria dei Poeti, costruita 

nel 1792 da Giovan Battista Fontana, si 

arriva all’Oratorio di Santa Croce, edificato 

nel 1616 dal cremonese Pedardi e 

decorato dal Mercoli nel 1697. Qui si 

conservano il monumento funebre di 

Ugolotto Lupi, del 1351, già nella chiesa 

di S. Francesco al Prato di Parma, e un 

rilievo marmoreo di Giovanni Antonio 

Amadeo, datato al 1470. 

Risalgono al cantiere cinquecentesco 

del palazzo il Salone delle Grottesche 

affrescate da Cesare Baglione e la Sala 

d’Ercole, dipinta intorno al 1543 da Niccolò 

dell’Abate. La visita al piano nobile 

culmina con l’appartamento di Giampaolo 

IV, costituito dalla sala del trono, 

dal salotto e dall’alcova. 

Il complesso, realizzato nei primi anni 

del Settecento e rivestito dagli intagli e 

dagli stucchi dorati di Lorenzo Aili e Giacomo 

Mercoli, rappresenta l’episodio 

senza dubbio più straordinario nella 

decorazione d’interni in ambito regionale, 

reso più prezioso dai mobili del veneziano 

Fanoli. 

(e.l.) 

G. Cirillo, G. Godi, B. Colombi, Soragna, Milano 

1996. 

33 

Soragna 

Museo Ebraico “Fausto Levi” 

La posizione geografica di Soragna, al 

centro dei territori degli Stati Parmensi 

dove alla metà del XVI secolo si insediarono 

le otto comunità ebraiche di Borgo 

S. Donnino, attuale Fidenza, Busseto, 

Colorno, Cortemaggiore, Fiorenzuola, 

Monticelli e della stessa Soragna, è 

apparsa ideale per la costituzione di un 

museo di cultura ebraica che, inaugurato 

nel 1982, è stato successivamente 

dedicato alla memoria del suo fondatore, 

Fausto Levi. Il museo è articolato in 

diverse sezioni negli ambienti annessi 

alla sinagoga. Nelle due salette a sinistra 

dell’ingresso si trova la sezione storica 

generale con bolle papali, grida e documenti 

dal 1555 al 1803, in originale o 

riprodotti e testimonianze sulle deportazioni 

e l’Olocausto. Sempre a piano terra, 

un vasto ambiente allestito di recente 

è dedicato alla documentazione delle 

antiche comunità ebraiche di Cortemaggiore, 

Fiorenzuola e Soragna, mentre un 

apparato fotografico illustra gli interni 

delle antiche sinagoghe del territorio. Al 

piano superiore si conservano alcuni 

arredi provenienti dalla sinagoga di Cortemaggiore. 

Nell’atrio di accesso alla 

sinagoga sono esposti argenterie sacre, 

libri, materiali di culto dal XVIII al XIX 

secolo. Il percorso di visita comprende 

anche la suggestiva aula sinagogale inaugurata 

nel 1855 in stile neoclassico, decorata 

da stucchi di Antonio Rusca e affreschi 

di Giuseppe Levi. Non meno interessante 

è il matroneo, chiuso da grate 

in metallo finemente lavorato. 

(v.m.) 

34 

Traversetolo 

Museo “Renato Brozzi” 

Il museo è stato istituito a seguito della 

donazione al Comune di Traversetolo di 

una consistente raccolta di oggetti appartenuti 

al noto orafo locale Renato 

Brozzi (1887-1963). All’interno del Palazzo 

comunale sono ordinate statue e 

varie opere di fusione, ma anche strumenti 

di lavoro, testimonianze, cimeli 

legati alla vita ed all’attività dell’artista. 

Nell’archivio del museo si conservano 

importanti documenti, fotografie, carteggi 

sui rapporti d’amicizia e di lavoro 

dell’artista di Traversetolo con Gabriele 

D’Annunzio. 

(o.p.) 

A. Mavilla (a cura), Carteggio Brozzi-D’Annunzio 

1920-1928, Traversetolo 1994. 

35 

Traversetolo 

(Mamiano) 

Fondazione Magnani Rocca 

Costituita dal letterato e critico musicale 

Luigi Magnani (1906-1984), la Fondazione 

ha aperto al pubblico nel 1990 

l’ottocentesca Villa Magnani di Mamiano, 

situata entro un vasto parco di pittoresco 

impianto romantico, con la sua 

notevolissima collezione d’arte antica e 

moderna, ricca di autentici capolavori. 

Il percorso espositivo, voluto dallo stesso 

Magnani, comprende un centinaio di 

opere. Tra i dipinti più rilevanti della 

raccolta spiccano una tavola di scuola 

centroitaliana raffigurante una Madonna 

col Bambino, eseguita tra l’XI e il 

Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca: 

Albrecht Diirer, Madonna col Bambino, 1495



come la vasca in malachite di Thomire, 

donata dallo zar Alessandro I a Napoleone, 

e alcuni mobili eseguiti dall’ebanista 

Jacob. La Fondazione è dotata di 

una sala attrezzata per esposizioni temporanee 

e conferenze. 

(f.b.) 

S. Tosini Pizzetti (a cura), Capolavori dalle collezioni 

della Fondazione Magnani Rocca, Bologna 

1990. 

36 

Zibello 

Museo della Civiltà Contadina 

“Giuseppe Riccardi” 

Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca: Francisco Goya, La famiglia dell’Infante don Luis, 1784 

XII secolo; due polittici rispettivamente 

di Mello da Gubbio e Giovanni del 

Biondo; San Francesco che riceve le 

stimmate di Gentile da Fabriano; Madonna 

col Bambino di Filippo Lippi; S. 

Sebastiano di Lorenzo Costa; Madonna 

col Bambino di Albrecht Diirer; Cristo 

Morto di Vittore Carpaccio; Sacra 

Conversazione di Tiziano; Ritratto di 

Ferdinando Gonzaga di Peter Paul 

Rubens; Ritratto equestre di Giovanni 

Paolo Balbi di Antonie Van Dyck; La 

Famiglia dell’Infante don Luis di 

Francisco Goya; e ancora, opere di Mazzolino, 

Ortolano, Beccafumi, Pittoni, 

G.B. Tiepolo, Fiissli, Dawe, sculture di 

Bartolini e Canova, incisioni di Schongauer, 

Diirer, Rembrandt. 

Di notevole interesse la raccolta d’arte 

moderna e contemporanea, che - oltre 

ad un cospicuo nucleo di dipinti di Giorgio 

Morandi - annovera quadri di Monet, 

Renoir, Cézanne, de Pisis, Guttuso, 

Carrà, De Chirico, Manzù, Burri. 

Tra gli arredi della villa si segnalano 

alcuni celebri esemplari di stile impero, 

La raccolta di strumenti, attrezzi e macchine 

del medico condotto del paese, 

Giuseppe Riccardi, è stata ordinata nel 

1985 all’interno di una struttura museale 

comunale ubicata nell’ex convento 

dei Domenicani. Fondato alla fine del 

Quattrocento, l’edificio, di pianta quadrata, 

con un pregevole chiostro con 

lunette affrescate, ospitava fino a pochi 

anni prima la scuola media locale. Sono 

poco meno di mille gli oggetti facenti 

parte della collezione, rappresentativa 

del territorio locale. È completa la serie 

degli strumenti per la macellazione e la 

lavorazione del maiale, indicativi della 

locale produzione del culatello. Alcuni 

pezzi curiosi sembrano sottolineare la 

vicinanza con la raccolta Guatelli di Collecchio: 

tra questi, un carro funebre 

ottocentesco con cavalli di cartapesta. 

Del museo fanno parte alcuni reperti 

archeologici provenienti da terreni un 

tempo bagnati dal Po. 

(m.t.f.)



Provincia di Reggio Emilia


Provincia di Reggio Emilia 

1 

Boretto 

Museo del Po, della Navigazione 

Interna e del Governo delle Acque 

Il museo è stato fondato nel 1997 a 

seguito di un primo allestimento di materiali 

della Sezione Autonoma del Genio 

Civile per il Po, istituita nel 1925 con 

compiti di manutenzione dei fondali e 

regolamentazione della navigazione. 

Attualmente, nella sede dell’Azienda 

Regionale per la Navigazione Interna, si 

conserva una serie di natanti storici e 

numerosi attrezzi relativi ai vari reparti 

di lavorazione: pialle, sgorbie, scalpelli 

per la calafatazione, timoni, ancore, 

oblò ed altri strumenti di bordo delle 

draghe dismesse. Il reparto di forgiatura, 

tuttora integro, espone modelli lignei 

per la carpenteria dei grandi raccordi 

per le pompe di dragaggio, semilavorati, 

crogiuoli, lingotti e tenaglie. 

Inoltre, saranno allestite varie sezioni 

sulla storia della navigazione fluviale in 

Emilia-Romagna, della cantieristica, delle 

bonifiche e del governo delle acque. 

Nel piazzale si trova l’imponente pirodraga 

“Secchia” varata a Venezia agli inizi 

degli anni Trenta. 

(s.v.) 

F. Bonilauri, V. Maugeri (a cura), Il Museo del 

Po. Linee progettuali per un sistema museale 

della navigazione fluviale, Bologna, pp. 105- 

116; F. Foresti, M. Tozzi Fontana, Imbarcazioni 

e navigazione del Po. Storia pratiche tecniche 

lessico, Bologna 1999. 

2 

Brescello 

Antiquarium 

L’antiquarium comunale, istituito nel 

1958 e situato nell’ex monastero quattrocentesco 

di San Benedetto, conserva 

interessanti testimonianze dell’antichità 

del territorio di Brescello, fondato, 

probabilmente, come oppidum cenomane 

situato a nord del Po, quando 

il fiume aveva un diverso corso. Già in 

età romana risulta localizzato a sud del 

fiume ed abitato dalla tribù Arnensis, a 

differenza degli altri centri emiliani, 

iscritti nella tribù Pollia. Guado non difficile, 

Brescello costituì un punto di 

importanza strategica sul percorso fluviale. 

Il patrimonio del museo è costituito, 

tra l’altro, da lapidi funerarie, da 

due mosaici del I secolo d.C. e da frammenti 

in marmo. 

Unica nell’Italia settentrionale è la statua 

raffigurante un uomo vestito di 

mantello con cappuccio, detto lacerna, 

indossato dai battellieri del Po. La scultura 

è databile alla seconda metà del I 

secolo d.C. 

(m.l.p.) 

A. Bezzi, M. Corradi, G.A. Mansuelli, Memorie e 

studi a ricordo dell’inaugurazione del Museo 

comunale, Brescello 1964; Brescello: il Museo 

Archeologico, in F. Bonilauri, V. Maugeri (a cura), 

Il Museo del Po. Linee progettuali per un 

sistema museale della navigazione fluviale, 

Bologna, pp. 105-116. 

3 

Brescello 

Museo di Peppone e Don Camillo 

Il museo è ospitato al secondo piano del 

complesso monastico quattrocentesco 

di S. Benedetto, in parte restaurato, 

dove si trovano la biblioteca, l’antiquarium 

ed altri servizi culturali. La sua formazione 

risale alla mostra allestita nel 

1989 comprendente gli oggetti utilizzati 

nella serie cinematografica dedicata 

ai notissimi personaggi di Giovannino 

Guareschi; si costituì così il primo nucleo 

della raccolta, poi trasformata in 

esposizione permanente. 

Oltre agli oggetti di scena - celebre il 

carro armato, protagonista di un memorabile 

episodio, che accoglie il visitatore 

nel piazzale - il museo conserva locandine, 

fotografie di scena e materiali 

cartacei relativi ai film girati tra il 1951 

e il 1965. 

Tra i cimeli esposti nella sala principale 

figurano la motocicletta di Peppone e la 

bicicletta di don Camillo; nella sala successiva 

sono state ricostruite la canonica 

di don Camillo e la cucina di Peppone. 

Dal 1996, in una sala del percorso 

espositivo è anche allestito il laboratorio 

del liutaio Raffaele Vaccari, costruttore 

di violini originario di Lentigione, 

una frazione di Brescello. Vetrine con 

attrezzi, forme per strumenti e un ricco 

materiale fotografico ne documentano 

la produzione, diffusa a livello internazionale. 

Una mostra antologica permanente 

di fotografie, scritti, disegni di 

Guareschi e dei relativi filmati è allestita, 

per volontà dei figli, presso il Centro 

Studi di Busseto dedicato allo scrittore 

parmense. 

(p.t.) 

Guida al paese di Peppone e Don Camillo, Reggio 

Emilia 1996; Brescello, paese di Don Camillo, 

Brescello s.d. 

4 

Canossa 

Museo Nazionale 

“Naborre Campanini” 

Il museo, inaugurato nel 1893, alla sommità 

della rupe di Canossa raccoglie in 

prevalenza materiali rinvenuti tra le 

rovine del castello durante gli scavi eseguiti 

dal CAI della Val d’Enza, sotto la 

direzione di Gaetano Chierici prima e di 

Naborre Campanini poi, tra il 1877 ed il 

1890. 

Il castello di Canossa, di cui rimangono 

poche strutture in elevazione nei lati 

sud ed est del rilievo, ma che si può ipoteticamente 

ricondurre a una tipologia 

ripetitiva del sistema fortificato attonide, 

è stato sede dello storico incontro 

tra Papa Gregorio VII e re Enrico IV di 

Franconia, alla presenza di Matilde e 

dell’Abate di Cluny, nel gennaio 1077. 

Nella raccolta figurano la singolare vasca 

battesimale in arenaria del XII secolo; 

capitelli di diversa fattura e datazione; 

frammenti di ceramiche con smalti 

policromi, stemmi graffiti e insegne 

araldiche, vetri, coppe, ampolle con 

fregi, posate in bronzo, chiavi, utensili 

in rame, bronzo e ferro, frammenti in 

marmo e in arenaria di provenienza 

funeraria. 

(f.b.)

Provincia di Reggio Emilia MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

45 

Correggio, Museo Civico: Arazzo fiammingo raffigurante 

la caccia al cinghiale (part.), XVI secolo 

5 

Correggio 

Museo Civico 

Il museo, allestito nell’ala occidentale del 

Palazzo dei Principi, è stato inaugurato 

nel 1995 nell’ambito di un organico piano 

di lavori per la riorganizzazione degli 

istituti culturali e il recupero del grande 

edificio storico. Il palazzo, fatto erigere 

dal 1507 da Francesca di Brandeburgo, 

vedova di Borso da Correggio, forse su 

progetto dell’architetto ferrarese Biagio 

Rossetti, aveva visto un primo intervento 

di restauro delle facciate, ad opera dell’ingegner 

Zucchini nel 1925. L’edificio 

conserva il portale originario in pietra d’Istria; 

nel cortile porticato sono collocati 

una vera da pozzo con lo stemma dei da 

Correggio e un leone marmoreo proveniente 

da un sepolcro romano rinvenuto 

a Rio Saliceto (I-II secolo d.C.). Il nucleo 

originario della raccolta civica, formata 

alla fine del Settecento, è costituito da 

parti dei dodici arazzi di manifattura fiamminga 

tardocinquecentesca che ornavano 

il palazzo. Nel 1813 la collezione venne 

incrementata da un gruppo di ritratti, 

cui si aggiunsero dipinti di ambito locale, 

copie e incisioni da Antonio Allegri detto 

il Correggio (1489-1534), cui si attribuisce 

il Volto di Cristo acquistato nel 1995. 

Una tavola di analogo soggetto, eseguita 

da Andrea Mantegna, si conserva nella 

sala dedicata al pittore padovano; nella 

collezione figurano dipinti attribuiti al 

Moretto e a Mattia Preti; ritratti di Sante 

Peranda e Bartolomeo Passerotti, opere 

di Domenico Panetti, Giulio Cesare Amidano, 

Jean Boulanger, fra Stefano da Carpi, 

Girolamo Donnini, Luigi Asioli, oltre a 

nature morte e sculture di ambito padano 

del XVI secolo. Una banca dati per testi 

e immagini fornisce informazioni sul Correggio. 

Pannellature mobili documentano 

l’attività incisoria di Paolo Toschi e 

Francesco Rosaspina. Infine, la sezione 

archeologica raccoglie reperti di ambito 

locale, di epoca preromana, romana e 

medievale, con prevalenza di frammenti 

ceramici. Nella collezione sono ospitati 

esemplari di monete coniate nella zecca 

di Correggio tra il 1569 e il 1630 e medaglie 

celebrative. 

(f.b.) 

A. Ghidini (a cura), Il Museo civico di Correggio, 

Milano 1995. 

6 

Correggio 

(San Martino Piccolo) 

Museo delle Arti 

e delle Tradizioni Popolari 

Correggio, Museo Civico: Antonio Allegri detto Il Correggio, Volto di Cristo 

La raccolta, formata dal medico psichiatra 

Carlo Contini, è stata aperta al 

pubblico nel 1970 presso la Scuola alberghiera 

di Carpi. Risale agli anni 

Ottanta il suo trasferimento nella sede 

attuale, costituita da un capannone e da 

una casa contadina situati in prossimità 

di un vasto bosco di piante autoctone. 

Gli oltre duemila oggetti della collezione 

provengono in gran parte dalla pianura 

tra Reggio, Modena e Mantova, con 

particolare attenzione al folklore e alle 

tradizioni locali. Non mancano, tuttavia, 

materiali riguardanti altri territori, 

come alcune gramole per la canapa



romagnole, una slitta russa del XVIII 

secolo e un carretto siciliano. 

Da segnalare sono anche gli imponenti 

carri agricoli con i frontoni e i timoni 

decorati con fregi dalla complessa simbologia 

apotropaica. Oltre a questo nucleo 

consistente, da confrontarsi con 

quello di S. Benedetto in Polirone, la 

raccolta comprende molti attrezzi agricoli, 

suppellettili e oggetti devozionali 

esposti con il duplice criterio tipologico 

e di ricostruzione ambientale: dalla stalla 

alla cantina, dalla cucina alla camera 

da letto. 

L’associazione “Amici del museo” promuove 

periodicamente incontri e iniziative 

didattiche. 

(m.t.f.) 

Carri agricoli reggiano-modenesi, Reggio Emilia 

1981. 

7 

Gattatico 

Museo Cervi 

Il museo ha sede nella casa colonica che 

fu abitata dalla famiglia dei sette fratelli 

Cervi, fucilati il 28 dicembre 1943 per 

la loro attività antifascista. In questa 

casa ha vissuto, fino alla sua morte, 

avvenuta nel 1970, il padre Alcide che 

ha raccontato, per tutta la vita, agli 

innumerevoli visitatori la vicenda dei 

figli, testimoniandone i valori. All’interno 

dell’edificio, infatti, si custodisce un 

interessante patrimonio costituito in 

parte da oggetti e opere pittoriche donati 

da enti pubblici, associazioni e privati 

cittadini nel corso delle visite effettuate 

a questo luogo, vero e doloroso 

emblema della Resistenza italiana. Nel 

1972 si è costituito l’Istituto Alcide Cervi. 

Tre anni dopo, l’Amministrazione 

Provinciale di Reggio Emilia ha acquistato 

l’intero podere per dare vita al 

museo. L’attuale percorso espositivo si 

sviluppa nella superficie abitativa composta 

dalla cucina e dalle stanze da letto, 

arredate con il mobilio modesto della 

famiglia Cervi. Nella stalla sono invece 

conservati gli attrezzi per il lavoro dei 

campi e anche quelli per la filatura, la 

tessitura, l’apicoltura, tipiche attività 

delle famiglie contadine dell’epoca in 

ambito reggiano. 

È in corso di realizzazione un progetto 

di ridefinizione e di ampliamento del 

percorso museale. 

(p.t.) 

Museo Cervi. Guida alla visita, Reggio Emilia 

1991. 

8 

Gualtieri 

Donazione Tirelli - Museo 

Documentario e Centro Studi 

“Antonio Ligabue” 

Gualtieri, Palazzo Bentivoglio: Affresco della Sala dei Giganti 

Le due raccolte sono esposte nel palazzo 

Bentivoglio, fatto erigere alla fine del 

Cinquecento su progetto di Giovan Battista 

Aleotti detto l’Argenta da Ippolito 

Bentivoglio, la cui famiglia aveva ricevuto 

Gualtieri in feudo dagli Estensi. 

Ippolito fu il principale committente 

degli affreschi della Sala dei Giganti, 

attribuiti a Sisto Badalocchio e Giovanni 

da San Giovanni e raffiguranti episodi 

della Gerusalemme Liberata e L’investitura 

di Cornelio Bentivoglio, sopravvissuti 

alla demolizione parziale 

dell’edificio (1751) insieme alle decorazioni 

della cappellina, ornata di stucchi, 

e delle sale di Giove e di Icaro. In 

quest’ultimo ambiente è stata allestita 

nel 1992 la raccolta donata dal sarto teatrale 

Umberto Tirelli, nativo di Gualtieri. 

Si tratta di una cinquantina di opere, 

prevalentemente grafiche, di artisti in 

gran parte legati da rapporti di amicizia 

al collezionista, scomparso nel 1990, tra 

i quali Balthus, Cagli, Casorati, Clerici, 

De Chirico, L. Fini, Guttuso, Maccari e 

Manzù. 

Completano la raccolta il costume di 

Pier Luigi Pizzi per l’Enrico IV di Pirandello 

e quello di Piero Tosi per il Ludwig 

di Visconti, entrambi provenienti dalla 

donazione “Tirelli Costumi” destinata 

dall’autore al Museo della Moda di Palazzo 

Pitti a Firenze. 

Nella sala di Giove ha sede il Museo 

Documentario dedicato ad Antonio Ligabue 

(1899-1965), costituito da un 

Autoritratto e da ventiquattro riproduzioni 

fotografiche di altrettanti dipinti 

del maestro naïf, vissuto a Gualtieri. 

Multipli di sculture, lastre, incisioni, 

audiovisivi, fotografie e documenti corredano 

il patrimonio del Centro Studi 

istituito nel 1988. 

(m.g.) 

G. Cuppini, Il Palazzo Bentivoglio a Gualtieri. 

Recupero di una struttura urbana, Gualtieri 

1968; Donazione Umberto Tirelli, s.l., s.d.


47 

9 

Guastalla 

Museo della Biblioteca Maldotti 

Guastalla, Biblioteca Maldotti: Vera da pozzo 

e monete della zecca di Guastalla. Tra i 

materiali lapidei, sistemati ai piedi dello 

scalone, figurano alcuni reperti rinvenuti 

in ambito locale, tra i quali un 

interessante esemplare di mattone romano 

con il marchio di fabbrica, datato 

tra l’anno 17 e il 14 a.C., recuperato nei 

pressi della basilica. 

Pregevole la vera da pozzo già nell’odierna 

piazza Garibaldi, decorata con gli 

stemmi dei committenti Ferrante I e 

Isabella di Capua. 

(e.l.) 

10 

Luzzara 

(Villa Superiore) 

Museo Nazionale delle Arti Naïfs 

“Cesare Zavattini” 

Il museo, che ha sede nell’ex convento 

agostiniano presso la chiesa di S. Lorenzo 

in località Villa Superiore, è stato fondato 

in seguito al primo concorso d’arte 

dedicato agli artisti naïfs, ideato e 

promosso dal regista e scrittore padano 

Cesare Zavattini, nativo di Luzzara. Le 

opere presenti sono oltre duecento di 

vari artisti italiani e stranieri alle quali 

si aggiungono sessantasette esemplari 

realizzati in occasione del trentesimo 

anniversario della Resistenza nel 1975 

e ventiquattro donati nel 1991 dal Museo 

Internazionale di Arte Naive di Jan 

in Spagna, oltre ad altre donate da vari 

artisti. Tra le opere si trova l’Aratura di 

Antonio Ligabue, depositata in comodato 

gratuito. Il museo conserva, inoltre, 

materiale grafico, fotografico e biobibliografico 

che testimonia questo particolare 

aspetto della vicenda artistica 

del Novecento. 

(e.l.) 

11 

Montecchio Emilia 

(Aiola) 

Museo Etnografico 

“La Barchessa” 

La denominazione del museo ricorda la 

tradizionale componente architettonica 

della corte rurale emiliana, rettangolare 

a pilastrata aperta, atta al ricovero 

degli attrezzi, della canapa e dei cereali 

prima della lavorazione. È luogo privilegiato 

per la costruzione, la manutenzione 

e la riparazione degli strumenti 

di lavoro. 

I temi rappresentati dai circa tremila 

oggetti esposti e dal corredo fotografico 

conservato si riferiscono ai grandi lavori 

dei campi, dal dissodamento dei terreni 

alla mietitura; ai trasporti, alla tessitura, 

alla cucina, alla cantina e ai mestieri 

del fabbro, del falegname e del sel- 

Le raccolte d’arte allestite presso la 

Biblioteca Comunale, istituita sul lascito 

dell’abate Marcantonio Maldotti, vennero 

acquisite tra Otto e Novecento in 

seguito ad acquisti e donazioni di nuclei 

collezionistici diversi. 

La quadreria, ordinata nel 1936, conserva 

alcuni pregevoli dipinti dal XVII al 

XX secolo. Tra le altre, si ricordano opere 

di Luca Ferrari, Giuseppe Bazzani, e 

di Giorgio Anselmi, autore di quattro 

tele con Episodi dell’Eneide giunte 

alla fine degli anni Ottanta dalla raccolta 

Bisini. Interessanti i ritratti sei-settecenteschi 

dei Gonzaga di Guastalla, tra 

i quali le principesse Teodora di Darmstadt 

e Carlotta di Schleswig-Holstein, 

nonché la nota serie degli otto ritratti 

femminili provenienti dalla villa Paralupi 

al Maso di Luzzara, importante testimonianza 

per la storia del costume nel 

XVII secolo. L’Ottocento locale è rappresentato 

dal rilevante nucleo delle 

tele del guastallese Antonio Gualdi. 

Conclude il percorso della pinacoteca 

una sezione naïf, con oltre duecento 

esemplari tra dipinti, sculture e oggetti 

donati dallo studioso d’arte Nevio Iori. 

Nel percorso espositivo figurano, inoltre, 

miniature ottocentesche, medaglie 

Luzzara, Museo Nazionale delle Arti Naïfs “Cesare Zavattini”: Luigi Pillittu, La famiglia



laio. L’elemento più rilevante dell’intero 

complesso museale, situato nel cuore 

della zona di produzione del parmigiano 

reggiano, è nella ricostruzione di un 

caseificio settecentesco, trasferito dal 

sito originario e sistemato in uno spazio 

contiguo al museo e alla scuola di Aiola. 

Grazie all’impegno dei promotori dell’istituzione, 

sostenuti dalla comunità locale, 

è stato inoltre collocato nel contesto 

del museo un casello a vapore dell’inizio 


(m.t.f.) 

12 

Novellara 

Museo Civico Gonzaga 

Il museo, temporaneamente chiuso a 

seguito del terremoto del 1997, si distribuisce 

in tredici sale al piano nobile della 

rocca di Novellara, iniziata da Guido 

Gonzaga nel 1385 e ristrutturata tra 

Quattro e Cinquecento. 

Perduti gli affreschi eseguiti da Lelio 

Orsi nella seconda metà del Cinquecento, 

sopravvivono in alcune sale i fregi 

e le decorazioni del maestro di Novellara 

e dei suoi allievi, tra i quali Orazio 

Perucci, che nel 1605 dipinse due stanze, 

e Raffaello Motta, detto Raffaellino 

da Reggio, alla cui mano sono oggi assegnate 

le grottesche della Sala del Fico o 

della Contessa al pian terreno dell’edificio, 

strappate nella seconda metà dell’Ottocento 

e ricomposte ora nel percorso 

espositivo. 

All’Orsi, per quarant’anni artista dei 

Gonzaga, sono dedicate cinque sale del 

museo, nel quale è stato trasferito il 

ciclo affrescato dal pittore nel salone 

centrale del Casino di Sopra, sulla base 

delle indicazioni iconografiche del conte 

Camillo I, presumibilmente nel 1558. 

Nella rocca si conservano inoltre i camini 

in marmo di Verona progettati dallo 

stesso Lelio Orsi e alcuni dei soffitti a 

cassettoni originari. 

Nella prima sala del museo, fondato nel 

1934, sono collocati tre frammenti di 

affreschi datati 1280, provenienti dalla 

distrutta chiesa di San Giovanni della 

Fossa. Nella galleria dei ritratti figurano 

eminenti personalità della dinastia: 

da Camillo I a Filippo Alfonso, grande di 

Spagna, da Vittoria di Capua a Matilde 

d’Este. 

(f.b.) 

Guida al Museo Gonzaga, Novellara 1990. 

13 

Novellara 


Inaugurato negli anni Settanta nella 

Rocca dei Gonzaga, sede del municipio 

e del Museo civico, il museo contadino 

raccoglie circa cinquemila oggetti, tremila 

dei quali sono esposti nei sotterranei 

dell’ala nord secondo un criterio storico-illustrativo 

inteso alla ricostruzione 

ambientale e alla presentazione di 

cicli produttivi. Sono così rappresentati 

i grandi lavori agricoli, dalla preparazione 

del terreno alla raccolta dei prodotti; 

la stalla, il caseificio, la lavorazione 

del maiale, il mulino. 

Tra gli ambienti riproposti figurano la 

cucina, la camera da letto, la stanza 

dedicata ai lavori femminili domestici: 

filatura, tessitura e bucato. Sono poi 

ricostruite le diverse fasi della lavorazione 

della canapa e ricostruiti spazi e 

attrezzi di lavoro di alcuni artigiani: il 

seggiolaio, il ciabattino, il sellaio, il maniscalco, 

l’arrotino, il fabbro, il falegname 

e il bottaio. 

Uno spazio a parte è riservato alla produzione 

del vino. 

(m.t.f.) 

Novellara, Museo Civico Gonzaga 

14 

Poviglio 

Museo della Terramara 

di Santa Rosa 

In prossimità del centro di Poviglio, in 

località Santa Rosa, sono in corso da circa 

dieci anni gli scavi di un insediamento 

terramaricolo ampio circa sette ettari. 

Qui sono stati individuati due nuclei abitati, 

di impianto irregolarmente quadrangolare, 

circondati ciascuno da un 

terrapieno e da un fossato di vaste 

dimensioni. L’abitato più piccolo, di circa 

un ettaro, venne fondato intorno al 

1500 a.C. Due secoli dopo le strutture 

difensive furono potenziate da un abitato 

più grande, munito a sua volta di 

strutture difensive. 

Di recente le indagini si sono allargate 

dallo scavo all’analisi dei resti situati nel


49 

territorio, fino alla realizzazione di una 

carta archeologica per l’area povigliese. 

I materiali restituiti dallo scavo sono 

stati oggetto di alcune mostre temporanee 

e quindi definitivamente sistemati 

in un piano appositamente attrezzato 

del Centro Culturale Polivalente. 

Nelle vetrine è ampiamente documentata 

la produzione ceramica: ciotole, 

coppe, doli, oggetti votivi, fusaiole e pesi 

da telaio. Ma non manca l’oggettistica in 

bronzo, con ornamenti personali e strumenti 

di lavoro. 

Un ampio apparato didattico inquadra i 

singoli reperti nello sviluppo diacronico 

del villaggio e nell’ambito degli insediamenti 

terramaricoli dell’Emilia occidentale. 

(m.l.p.) 

M. Bernabò Brea, M. Cremaschi, La terramara 

di Santa Rosa di Poviglio (RE), in G. Bermond 

Montanari (a cura), La formazione delle città 

in Emilia-Romagna, catalogo della mostra, 

Bologna 1987, pp. 6-10; M. Bernabò Brea, Poviglio 

(Reggio Emilia). Località Fodico. La terramara 

Santa Rosa, «Bollettino di Archeologia», 

5-6, 1990, pp. 120-130; M. Bernabò Brea, L. 

Bronzoni, S. Costa (a cura), Gli scavi della 

Terramara Santa Rosa a Fodico di Poviglio, 

guida all’esposizione, Castelnuovo Sotto 1999. 

L’Archivio di Stato sorge sull’area di un 

vasto complesso di edifici di proprietà 

dell’abbazia di Marola sui quali l’architetto 

Alberto Pacchioni costruì nel 1551 

la chiesa e il convento destinati alla 

comunità dei frati minori osservanti che 

qui si erano insediati. 

All’allontanamento dell’ordine, nel 1783, 

fu dato inizio ai lavori per la fabbrica di 

un palazzo da adibire a residenza del 

governatore della città. Nel 1849 l’architetto 

Pietro Marchelli progettò l’attuale 

palazzo su commissione dei fratelli 

Croppi. 

Le collezioni del museo, istituito poco 

dopo il 1892, quasi contemporaneamente 

all’Archivio stesso, provengono 

in parte dal materiale archivistico, nonché 

dalla cospicua donazione del conte 

Ippolito Malaguzzi Valeri, che nel 1899 

lasciò una raccolta di cinquantasette 

monete romane, quasi duecento monete 

di zecche diverse oltre a quella di 

Reggio, della regione e non, e una buona 

parte dei duecentotrentasei sigilli dei 

governi e degli uffici amministrativi di 

Reggio, dei comuni della provincia, di 

collegi, accademie e corporazioni religiose 

(dal XIV al XIX secolo). 

Da segnalare il modellino ligneo della 

Sala del Tricolore, eseguito nel 1773 dall’architetto 

L. Bolognini, la bandiera 

borbonica, fazzoletti e coccarde tricolori, 

bottoni, ritratti di epoca risorgimentale. 

(g.s.) 

U. Dallari, L’Archivio di Stato di Reggio Emilia, 

in Gli Archivi della Storia d’Italia, Rocca 

S. Casciano 1910, pp. 192-194. 

16 

Reggio Emilia 

Musei Civici 

I Musei Civici sono allestiti nell’antico 

convento dei Frati Minori Conventuali di 

S. Francesco, ampliato nella seconda 

metà del XIII secolo, ristrutturato nel XV 

e nuovamente rimodernato nel XVIII 

secolo ad opera dell’architetto G.M. Ferraroni. 

Il nucleo storico delle raccolte è 

costituito dalla collezione di Lazzaro 

Spallanzani (Scandiano 1729-Pavia 

1799), acquisita dalla municipalità reggiana 

alla morte dello scienziato e collocata 

nel 1830 nell’ala nord del palazzo, 

già sede del liceo cittadino. Con le successive 

acquisizioni, che hanno ampliato 

il primitivo nucleo spallanzaniano, i 

Musei Civici costituiscono oggi un interessante 

modello di museo unitario, suddiviso 

in diverse e specifiche sezioni. 

15 


Museo dell’Archivio di Stato 

Reggio Emilia, Musei Civici, Collezione Spallanzani: Tavole dalle Historiæ Naturalis di J. Jonston



Museo Lazzaro Spallanzani 

e Collezioni naturalistiche 

La collezione Spallanzani costituisce 

una vasta raccolta che nel suo insieme 

riflette la varietà di interessi dello scienziato 

nei campi più diversi della storia 

naturale. Distribuita originariamente 

nell’abitazione di famiglia a Scandiano, 

comprende reperti zoologici, con particolare 

riferimento alle forme di vita 

marine, fossili, minerali e reperti litologici, 

in gran parte frutto delle raccolte 

effettuate da Spallanzani nel corso dei 

suoi numerosi viaggi. A tali reperti 

scientifici si uniscono oggetti personali 

e di arredo, tra cui ricordi del viaggio in 

Turchia, un raro gioco della dama in 

ambra, vasi di alabastro, piccole sculture, 

soprammobili realizzati con conchiglie, 

tavole zoologiche e arredi in differenti 

varietà di marmi. Oggetti tutti che 

costituiscono, nella loro eterogeneità e 

peculiarità, un interessante, tardivo 

richiamo alla cultura delle wunderkammern. 

L’attuale percorso espositivo 

è opera di Alfredo Jona (1846-1929), 

che alla fine dell’Ottocento ordinò e 

classificò il nucleo originario secondo gli 

enunciati tassonomici linneani. In questo 

ordinamento la raccolta settecentesca 

fu nettamente distinta dai materiali 

acquisiti nel corso del XIX secolo, 

quando la destinazione a museo si 

allargò gradualmente a tutto il primo 

piano dell’edificio, accogliendo gli 

ampliamenti delle collezioni naturalistiche, 

etnografiche e i reperti archeologici 

del Museo di Storia Patria, fondato 

nel 1862 da don Gaetano Chierici. 

Le collezioni naturalistiche si completano 

con le raccolte zoologiche esposte 

nella sala Vallisneri, comprendenti una 

sezione sistematica ed una dedicata alla 

fauna locale, nonché gli esemplari esotici 

della Collezione Franchetti. Tra 

queste la cospicua collezione dell’agronomo 

reggiano Filippo Re (1763-1817), 

circa ottomila esemplari di piante locali 

ed esotiche, le più antiche raccolte di 

Jacopo Zannoni (1615-1682) e gli erbari 

Bertolini (inizi del XIX secolo) e Cremona 

Casoli (sec. XX). Alle scienze della 

terra sono dedicate due salette in cui 

è trattato il tema della geologia nel territorio 

reggiano. Nelle vetrine dedicate 

agli scienziati reggiani, infine, sono 

esposti oggetti personali del medico e 

naturalista Antonio Vallisneri (1661- 

1730), del naturalista Bonaventura Corti 

(1729-1813) e del fisico Leopoldo Nobili 

(1784-1835). 

Reggio Emilia, Musei Civici, Collezione Spallanzani: Zebra di Grant e leonessa del Massai 

Ricostruzione del 1916 ad opera del tassidermista milanese Giuseppe Bruschi 

Reggio Emilia, Musei Civici, Collezione Chierici: 

Statuetta in terracotta, VI secolo a.C. 

Museo Gaetano Chierici 

e Collezione paletnologica 

La collezione paletnologica costituisce 

il nucleo originario del Museo di Storia 

Patria formato nel 1862 da don Gaetano 

Chierici (1819-1886), fondatore della 

scuola paletnologica italiana. Integralmente 

ripristinata nel 1975 secondo 

l’ordinamento avviato da Chierici, 

riconosciuto alla fine del XIX secolo 

come modello di metodo scientifico, la 

collezione appare nel suo allestimento 

un documento fondamentale di cultura 

museologica, espressa nella classificazione 

cronologica dei reperti riuniti secondo 

associazioni ricorrenti in determinati 

ambiti geografici e sequenze 

stratigrafiche. 

L’esposizione, articolata in tre serie, una 

provinciale e due extraprovinciali, ripartisce 

in una successione di cinquantadue 

vetrine materiali dell’archeolitico, 

del neolitico, eneolitico, del Bronzo 

e del Ferro. Seguono l’età romana, documentata 

da materiali provenienti dal-


51 

Reggio Emilia, Musei Civici, Collezione Chierici: 

Stele funeraria a edicola, I secolo d.C. 

le necropoli attorno a Brescello, e l’età 

barbarica, rappresentata da corredi di 

tombe longobarde. Di grande interesse 

i reperti recuperati dal Chierici a Ca’ di 

Marco, nelle caverne della Pianosa e nei 

siti di Bellanda e Demorta, le rilevazioni 

stratigrafiche di terreni effettuate nel 

corso di campagne di scavo ed una serie 

di sepolcri dell’età del Rame e del Ferro, 

da Remedello e Sant’Ilario d’Enza, 

integralmente rimossi con il letto di terra 

di appartenenza. Seguono poi i materiali 

etnografici dell’America settentrionale, 

collezionati da Antonio Spagni 

(1809-1876), che li donò alla città di 

Reggio nel 1844. Corredano l’esposizione 

la carta archeologica della provincia 

di Reggio e i cimeli che documentano 

inoltre l’impegno politico di Chierici a 

favore dell’Unità d’Italia. 

Galleria dei marmi romani 

Voluta da Gaetano Chierici nel 1875, la 

galleria è apprestata nel portico del 

chiostro di S. Francesco. Sono oltre 

duecento i pezzi romani esposti: stele 

funerarie, cippi, statue di vari personaggi, 

urne cinerarie, frammenti architettonici, 

altari, in larga parte risalenti 

alla prima età imperiale e provenienti da 

Brescello, Goleto di Boretto, San Maurizio 

e Reggio Emilia. I materiali dal 

Medioevo al Settecento ammontano 

invece a circa trecentocinquanta esemplari, 

tra lapidi, sculture, colonne e capitelli. 

Tra le opere più interessanti si 

segnalano una Madonna con Bambino 

della seconda metà del XIII secolo, la 

vasca battesimale con i simboli degli 

Evangelisti, della fine del Mille e il portale 

di palazzo Fontanelli, attribuito a 

Bartolomeo Spani (1517), autore di una 

serie di sculture in marmo provenienti 

dalla chiesa di San Giacomo Maggiore. 

Di Prospero Sogari detto il Clemente, è 

un’acquasantiera già nell’oratorio della 

Visitazione di Maria Vergine. Sulle pareti 

del vestibolo e dell’atrio si allineano 

importanti mosaici pavimentali, databili 

alla prima età imperiale romana e dall’XI 

al XII secolo, provenienti da quattro 

chiese reggiane: S. Giacomo Maggiore, 

S. Prospero, S. Tomaso e dal Duomo. 

Il ciclo, raccolto tra il 1874 e il 1919 

dal Chierici e da Naborre Campanini, 

documenta con pezzi di rilevante consistenza 

e qualità l’epoca della piena 

ripresa delle funzioni urbane, con il 

rifiorire dell’economia agricola e dello 

sviluppo demografico. 

Museo di Arte Industriale 

Nel 1877 Gaetano Chierici aveva esposto 

nelle cinque vetrine finali del Museo di 

Storia Patria una sezione medievale e 

rinascimentale per le arti decorative in 

ambito locale. A questo primo nucleo di 

oggetti, in parte provenienti dall’Archivio 

segreto del Comune, si aggiunsero 

importanti materiali e documenti sullo 

sviluppo dell’arte della seta a partire dal 

1673, raccolti da Naborre Campanini. Nel 

1904 il Museo di Arti Industriali aprì i battenti 

nell’ala a nord dell’atrio; nel 1974 fu 

riesposto nella Galleria Fontanesi e nel 

1995 nuovamente ordinato. Tra i pezzi 

più significativi della collezione, si ricordano 

il modello ligneo del duomo di Reggio, 

eseguito da Prospero Sogari, e gli 

automi dell’orologio del Palazzo Comunale. 

Vengono poi gruppi plastici in terracotta, 

metalli, strumenti di misura, 

armature e armi, oreficerie, legni, cuoi, 

tessuti e accessori. Particolarmente ricca 

la raccolta numismatica, comprendente 

monete, medaglie e punzoni, e 

quella delle ceramiche, italiane, iranico 

orientali e cinesi, queste ultime presenti 

nel lascito del ministro Pansa Sanford 

insieme a bronzetti e dipinti su seta. 

Galleria Fontanesi 

La galleria, istituita nel 1902, riordinata 

nel 1977 e poi notevolmente ampliata 

nel 1995, illustra l’evoluzione della 

civiltà artistica locale attraverso ampie 

tipologie di produzione - dalle stampe 

alle oreficerie, alle ceramiche, ai tessuti 

- con prevalenza di dipinti dal XIV al 

XIX secolo. Introducono il percorso e- 

spositivo un importante gruppo di affreschi 

reggiani prodotti fra Tre e Quattrocento 

e alcune tavole cinquecentesche, 

di Giovanni Socino e Nicolò Pata- 

Reggio Emilia, Galleria Fontanesi: Alessandro 

Tiarini, Ritratto della contessa Camilla Ruggeri 

Brami



con elementi geometrici e figure zoomorfe, 

reca un’iscrizione funeraria dedicata 

a un magistrato vissuto in una località 

denominata Sala. Segue la documentazione 

di età ellenistica, pertinente a 

piccoli sepolcreti riferibili ai Liguri orientali, 

con ossuari entro cassette litiche rinvenuti 

a Roncolo e Bosco Cernaieto. 

Reggio Emilia, Musei Civici, Galleria Fontanesi 

razzi. Da segnalare il dossale di ambito 

trecentesco riminese-ferrarese e la 

scultura in terracotta raffigurante S. 

Sebastiano del XV secolo. Nella seconda 

sala, dedicata alla cultura artistica 

della Ghiara, si conservano tele di 

Lorenzo Franchi (Madonna in trono 

col bambino e S. Giovanni), Alessandro 

Tiarini (Ritratto della contessa 

Camilla Ruggeri Brami), Luca Ferrari, 

Carlo Bononi, Filippo Tarchiani e un 

cospicuo nucleo delle opere di Paolo 

Emilio Besenzi, tra i più significativi rappresentanti 

della produzione locale del 

XVII secolo (tra le altre, S.Caterina che 

bacia le piaghe di Cristo). Seguono dipinti 

di Elisabetta Sirani (Immacolata 

Concezione), Cristoforo Munari (Natura 

morta), Felice Boselli, Francesco 

Vellani, Gaetano Gandolfi (Crocefissione) 

e fra Stefano da Carpi (Autoritratto). 

Nella sezione moderna figurano, per 

l’Ottocento, opere di Prospero Minghetti, 

Alfonso e Gaetano Chierici, Alessandro 

Prampolini, Lazzaro Pasini, Cirillo 

Manicardi, Antonio Fontanesi 

(1818-1882), l’artista reggiano al quale 

la Galleria è intitolata e di cui si conservano 

numerose ed importanti opere, 

come Solitudine e Marina in burrasca. 

Augusto Mussini e Giovanni Costetti 

rappresentano gli inizi del secolo successivo. 

Collezioni di Preistoria e Protostoria 

Inaugurata nel 1975, la sezione di Preistoria 

e Protostoria, ideata e realizzata da 

Giancarlo Ambrosetti, comprende manufatti 

rinvenuti in prevalenza nel pedeappennino 

reggiano, ordinati secondo 

le periodizzazioni cronologiche convenzionali: 

dal paleolitico, al mesolitico, al 

neolitico, documentato da importanti reperti, 

tra i quali la celebre Venere litica 

proveniente da Chiozza di Scandiano. 

Alcune terremare rappresentano l’età 

del Bronzo: Cavazzoli, Torretta, Case 

Cocconi. Le restanti vetrine sono dedicate 

ai luoghi collegati al mondo terramaricolo 

situati sui rilievi: Castetto, Felina, 

Torlonia di Sopra e Campo Pianelli, 

frequentato dall’età del Bronzo e rappresentato 

da una scelta significativa di 

ossuari e corredi funerari. Nel museo si 

trovano inoltre buccheri, ceramiche 

depurate con decorazioni a bande, ceramiche 

attiche, manufatti in bronzo e 

iscrizioni etrusche (VI-V secolo a.C.). Da 

segnalare due cippi etruschi, rinvenuti 

presso Rubiera, uno dei quali, decorato 

Museo Renato Marino Mazzacurati 

Inaugurato nel 1995, il museo raccoglie 

essenzialmente le opere di Renato Marino 

Mazzacurati (1907-1969) donate da 

Carla Marzi al Comune nel 1974. L’artista, 

nativo di San Venanzio di Galliera, 

iniziò i suoi studi a Venezia proseguendoli 

a Roma, dove fondò la rivista d’arte 

e letteratura “Fronte”, frequentata da 

Scipione, Carrà, Ungaretti. Notevole poi 

la sua attività di pittore della Resistenza. 

Il percorso della sua opera pittorica 

e scultorea si svolge dalle tendenze figurative 

della scuola romana all’esperienza 

cubista e all’astrattismo, fino all’adesione 

all’informale degli anni Sessanta. 

Nuovo Museo di Reggio 

in Età Romana 

Il museo raccoglie i reperti dell’età romana 

rinvenuti nel corso degli scavi intrapresi 

negli anni Cinquanta nel centro di 

Reggio sotto la vigilanza di Mario Degani. 

Nel 1975 la collezione fu organizzata 

da Giancarlo Ambrosetti in sezione archeologica 

provvisoria, completata tra il 

1997 e il 1998 nell’allestimento definitivo, 

secondo un ordinamento tematico. 

Nella prima sala si segnalano una lastra 

frammentaria alludente ad una importante 

opera pubblica voluta dall’imperatore 

Vespasiano ed una interessante 

pavimentazione musiva proveniente da 

una domus di via S. Carlo. Seguono campionature 

di anfore vinarie ed olearie e 

vasellami di uso domestico con frammenti 

di statuaria collocati sugli stipiti di 

accesso alla seconda sala. Il percorso 

espositivo continua con una sezione epigrafica 

ed una dedicata ai culti: fram-


53 

menti scultorei raffiguranti divinità si 

alternano ad elementi ornamentali per 

giardini e abitazioni e ritratti funerari, tra 

i quali una pregevole stele proveniente 

dalla necropoli di S. Maurizio. All’edilizia 

residenziale si riferiscono decorazioni 

parietali policrome e frammenti architettonici 

in marmo; il tema dell’idraulica 

è illustrato da fistulae in piombo e da 

tubuli in terracotta. L’itinerario espositivo 

prosegue poi nella seconda saletta con 

la sezione di numismatica, inaugurata nel 

1997. Costituito in seguito a lasciti e donazioni 

(Ferretti, Siliprandi, Balletti, 

Ferrari), questo nucleo raccoglie i lingotti 

di Campegine, il tesoro romano 

repubblicano di Borzano, bronzi aurei 

imperiali. Dal 1957 è esposto il tesoro 

romano-barbarico rinvenuto nel centro 

cittadino. L’esposizione si completa con 

una sezione dedicata all’archeologia cristiana 

e altomedievale. 

(e.l./g.b.p) 

17 


Civica Galleria 

“Anna e Luigi Parmeggiani” 

Singolare esempio di casa-museo privata, 

la galleria ha sede nel palazzetto di 

stile eclettico eretto tra il 1924 e il 1930 

su progetto di Ascanio Ferrari. Così l’aveva 

voluto Luigi Parmeggiani che qui 

costruì la collezione d’arte trasferita a 

Reggio nel 1924, al suo rientro da Parigi. 

Acquisita dal Comune e resa pubblica 

nel 1932, la galleria raccoglie un ricco 

patrimonio artistico: dipinti, arredi, 

armi, oreficerie, tessuti, che nel loro 

G. Ambrosetti (a cura), La Galleria Fontanesi, 2 

voll., Reggio Emilia 1977; L. Bellocchi, Le monete 

romane repubblicane nei Civici Musei di Reggio 

Emilia, «Cataloghi dei Civici Musei», 5, Reggio 

Emilia 1979; Z. Davoli, Le raccolte di stampe 

dei Civici Musei. 1: Stampe di autore e di interesse 

reggiano, Reggio Emilia 1983; M. Pigozzi, 

Disegni di decorazione e scenografia nelle collezioni 

pubbliche reggiane, Reggio Emilia 1984; M. 

F. Spallanzani, La collezione naturalistica di 

Lazzaro Spallanzani: i modi e i tempi della sua 

formazione, «Documenti per la storia delle Arti, 

dell’Archeologia e delle Scienze a Reggio Emilia», 

3, Reggio Emilia 1985; G. Ambrosetti (a cura), 

Nuove letture e acquisizioni nei Musei Civici 

di Reggio Emilia 1984-1985, Reggio Emilia 

1986; G. Ambrosetti (a cura), Nuove letture e 

acquisizioni nei Musei Civici di Reggio Emilia 

1986-1989, Reggio Emilia 1989; I. Damiani, A. 

Maggiani, E. Pellegrini, A. Serges, L’età del ferro 

nel reggiano. I materiali delle collezioni dei Civici 

Musei di Reggio Emilia, «Cataloghi dei Civici 

Musei», 12, Reggio Emilia 1992; C. Bolondi, L. 

Laurencich Minelli, La collezione etnografica del 

Museo di Parma, in ... Le terremare si scavano 

per concimare i prati..., catalogo della mostra, a 

cura di M. Bernabò Brea, A. Mutti, Parma 1994, 

pp. 199-207 e 458-477; M. De Luca, V. Mazzarella, 

Il Museo Marino Mazzacurati. Opere della donazione 

Carla Marzi, Bologna 1995; Progetto di 

ristrutturazione e riorganizzazione di Palazzo 

S. Francesco, sede dei Civici Musei, Bologna 

1998; M. Mussini (a cura), La Galleria Antonio 

Fontanesi nei Musei Civici di Reggio Emilia, 

Reggio Emilia 1998; C. Franzoni (a cura), “Il portico 

dei marmi”. Le prime collezioni a Reggio 

Emilia e la nascita del Museo Civico, «Documenti 

per la storia delle Arti, dell’Archeologia e 

delle Scienze a Reggio Emilia», 8, Reggio Emilia 

1999. 

Reggio Emilia, Galleria Parmeggiani: Portale d’ingresso



Reggio Emilia, Galleria Parmeggiani: Reliquiario, 

manifattura francese del XV secolo 

insieme offrono una vasta panoramica 

sulla produzione europea dal Medioevo 

all’Ottocento. Sono manifesti l’interesse 

artistico e il valore documentario dell’insieme 

collezionistico, la cui formazione 

è connessa all’ambiente cosmopolita 

di Parigi dell’ultimo trentennio 

dell’Ottocento. Qui riparò nel 1886 Parmeggiani, 

costretto a rifugiarsi - per i 

propri trascorsi anarchici - in casa di 

Ignacio Leon y Escosura, pittore, collezionista 

e mercante d’arte, per conto del 

quale si impegnò, sotto lo pseudonimo 

di Louis Marcy, nella commercializzazione 

di oggetti d’arte decorativa noti 

come “produzione Marcy”. Nel 1920 

Parmeggiani sposò Anne Detti, figlia del 

pittore spoletino Cesare Detti e della 

sorella di Escosura. A Reggio trasferì un 

patrimonio formato dalla raccolta Escosura, 

da un nucleo di dipinti di Detti e 

da alcuni falsi Marcy, oggetti di fabbricazione 

ottocentesca (armi e gioielli) la 

cui recente produzione, occultata da 

Parmeggiani, è tuttora oggetto di studi. 

Dopo un lungo periodo di chiusura, nel 

1988 la galleria è stata riaperta al pubblico 

con l’ordinamento originario. 

Superato il portale del XV secolo, proveniente 

da palazzo Morel a Valencia, il 

percorso si svolge attraverso dodici 

sale. Dall’ingresso, con marmi e terrecotte, 

si accede alla sala delle armi, dove 

sono raccolti un nucleo di spadini dal 

XVII al XIX secolo, un gruppo di oggetti 

eseguiti in Francia in forme rinascimentali 

intorno al 1840 e svariati pezzi 

degli anni 1870-80 di produzione Marcy. 

Il percorso prosegue con le sale dei 

gioielli, dei costumi e dei velluti, con abiti 

e paramenti dal Sette all’Ottocento 

utilizzati da Escosura per i suoi dipinti 

di ambientazione storica. Viene poi la 

sala spagnola con opere su tavola del XV 

e XVI secolo che costituiscono il maggior 

complesso di pittura spagnola in 

Italia. L’arredo del salone restituisce nel 

suo insieme il gusto collezionistico di 

fine Ottocento. Di qui si accede alla sala 

Detti, con dipinti dell’artista e alle sale 

fiamminga e franco inglese, dove sono 

esposti gruppi di opere distinte per 

scuole nazionali. 

Chiudono il percorso le sale Escosura 

con quadri dell’artista spagnolo: ritratti 

e soggetti storici tra suggestive ricostruzioni 

di ambiente che spesso comprendono 

oggetti presenti nella stessa 

collezione del museo. 

(m.c.c.) 

L. Boccia, Armi antiche delle raccolte civiche 

reggiane, Reggio Emilia 1984; G. Ambrosetti, E. 

Farioli, Guida introduttiva alla Civica Galleria 

Anna e Luigi Parmeggiani. Raccolte Ignacio 

Leon y Escosura, Cesare Detti, Louis Marcy, 

Luigi Parmeggiani, Reggio Emilia 1988; M. 

Cuoghi Costantini, Tessuti e costumi della Galleria 

Parmeggiani, Bologna 1994; E. Farioli, 

Reggio Emilia: la Galleria Anna e Luigi Parmeggiani, 

in Atti del convegno: Case e museo e 

allestimenti d’epoca: interventi e recupero museografico 

a confronto, Saluzzo 1994, in c.d.s. 

18 


Museo del Tricolore 

Il museo è stato inaugurato nel 1985 

presso la Torre del Bordello, nei locali 

adiacenti alla Sala del Tricolore, dove il 

7 gennaio 1797 fu acclamato il vessillo 

divenuto poi nazionale. Luogo elettivo 

della storia civica reggiana, la sala ellittica 

a palchetti fu realizzata tra il 1754 

e il 1774 dall’architetto L. Bolognini per 

l’archivio comunale, poi trasferito nel 

palazzo di S. Giorgio. I materiali del museo 

provengono dalle collezioni di storia 

politica e istituzionale dei civici 

musei. Il percorso è articolato in quattro 

sale, dove sono esposti documenti, 

cimeli, stendardi e dipinti che vanno 

dall’epoca napoleonica ai moti del 1831 

attraverso le testimonianze delle vicende 

e dei protagonisti della città di Reggio 

Emilia. 

(p.t.) 

19 


Museo Archivio del Teatro 

Il teatro municipale fu costruito nel 

1852 sull’antica cittadella dall’architetto 

C. Costa e inaugurato cinque anni più 

tardi. La facciata, composta in due ordini 

classici, è sormontata da venti statue 

eseguite da scultori reggiani e disposte 

secondo il progetto di B. Catellani. La 

decorazione dell’atrio fu affidata a Gerolamo 

Magnani, Giuseppe Ugolini e Pasquale 

Zambini. Nel 1856, Domenico 

Pellizzi affrescò la volta della sala delle 

rappresentazioni. Nel 1857 Alfonso 

Chierici e Giovanni Fontanesi dipinsero 

rispettivamente il primo e il secondo 

sipario, conservati tuttora nel sito originario. 

Il terzo è opera recente del pittore 

Omar Galliani. Nel 1980 il teatro è 

stato dedicato alla memoria dell’attore 

reggiano Romolo Valli. 

Il museo corrisponde a un percorso che 

si snoda negli spazi accessibili al pubblico 

in occasione degli spettacoli e nell’altra 

metà del teatro, il palcoscenico e 

il sottopalco, dove sono situati i carrelli 

portaquinte per il movimento delle 

scene e gli apparati tecnici per la produzione 

degli effetti sonori, dei quali il 

“Valli” è particolarmente ricco. Fanno 

parte della macchineria numerosi strumenti, 

tra i quali argani, tamburi, due 

ordini di paglioli e strade pensili per l’attraversamento 

del palcoscenico, coperto 

dalla soffitta originale in legni prove-


55 

Reggio Emilia, Museo e Archivio del Teatro: Tamburi per il movimento delle scene 

cura nella prima metà dell’Ottocento, 

ospita servizi sanitari diversificati. Il 

nucleo originario della raccolta è costituito 

dalla biblioteca del dottor Zani, 

direttore dell’Istituto dal 1871 al 1873: 

circa un migliaio di volumi cui si aggiunsero 

il lascito Tamburini ed altri nuclei 

librari comprensivi di testi di psichiatria, 

neurologia, anatomo-istopatologia, 

periodici dell’Ottocento. Una sezione 

raccoglie testi di medicina legale, di criminologia, 

nonché i principali saggi di 

Lombroso e di Ferri. Il centro comprende, 

inoltre, un archivio con documenti 

dal XVIII al XIX secolo e un fondo fotografico 

ordinato dal 1880. Nelle due sale 

del museo sono esposti strumenti terapeutici 

e di contenzione e strumenti di 

laboratorio, oltre a ceramiche, ricami, 

manufatti in cuoio, dipinti e sculture realizzati 

dai ricoverati. Nell’annesso oratorio, 

la cui riedificazione risale al 1785, si 

conservano alcuni interessanti dipinti 

sei-settecenteschi. 

(f.b.) 

nienti dall’Austria. Nell’atrio sono esposti 

modellini di antichi teatri reggiani, 

esiti di ricostruzioni moderne; nella 

biblioteca si conservano alcune scenografie. 

Presso il teatro è organizzato dai 

primi anni Settanta un Archivio-Biblioteca 

concepito come un centro di documentazione 

multimediale specializzato 

in musica e spettacolo. Il centro comprende 

un archivio sui teatri reggiani, 

un’ingente biblioteca con settemila volumi, 

oltre duemila libretti, spartiti e 

abbonamenti a periodici specializzati e 

una compact discoteca con cinquecento 

opere, molte delle quali di raro ascolto 

o contemporanee. Dal 1983 è consultabile 

la discoteca-nastroteca “Arrigo 

ed Egle Agosti”, una delle più consistenti 

raccolte discografiche storiche 

italiane d’opera. 

I locali di deposito sono stati recentemente 

oggetto di interventi atti ad adeguarli 

ad una opportuna conservazione 

dei materiali. Sono stati anche ampliati 

gli spazi di consultazione. 

(l.b.) 

A.M. Parmeggiani, G. Degani, Il Teatro Municipale 

di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1972; Il 

Teatro Municipale di Reggio Emilia, guida al 

teatro, Reggio Emilia 1982; S. Davoli, G. Bizzarri 

(a cura), I sipari del Teatro Valli di Reggio 

Emilia dipinti da Alfonso Chierici, Giovanni 

Fontanesi, Omar Galliani, Reggio Emilia 1991; 

L. Bortolotti (a cura), scheda in Le stagioni del 

teatro. Le sedi storiche dello spettacolo in Emilia-Romagna, 

Bologna 1995, pp.227-231. 

20 


Centro di Documentazione 

di Storia della Psichiatria 

Istituito nel 1991 dall’Unità Sanitaria Locale 

n. 9, dalla Provincia di Reggio Emilia 

e dall’Istituto per i Beni Culturali della 

Regione Emilia-Romagna, il centro 

conserva il patrimonio bibliografico, 

archivistico e iconografico dell’Istituto 

Neuropsichiatrico di San Lazzaro, situato 

nel vasto complesso di edifici sorto sul 

luogo utilizzato nel Duecento come lebbrosario 

e destinato dal 1536 all’accoglienza 

degli alienati. Adibito a luogo di 

Il cerchio del contagio, catalogo della mostra, 

Reggio Emilia 1980. 

21 


Raccolta d’Arte della Provincia 

Allestita nel neoclassico Palazzo Magnani, 

sede di periodiche esposizioni dedicate 

al mondo artistico contemporaneo, 

la Raccolta d’Arte della Provincia di Reggio 

Emilia si compone in prevalenza di 

opere novecentesche, con l’eccezione di 

due paesaggi attribuibili a Fontanesi. 

Nella collezione, costituitasi a seguito di 

acquisti da parte dell’ente, ma anche di 

donazioni e lasciti, sono compresi oltre 

cento dipinti ed opere grafiche di maestri 

del Novecento italiano e di artisti di 

ambito emiliano: tra gli altri, Manicardi, 

Gaudenzi, Notari, Ossola, Korompay, 

Ettorre, Incerti, Tedeschi, Mazzacurati, 

Luzzati, Zancanaro. 

(e.l.) 

S. Parmeggiani (a cura), La Raccolta d’Arte 

della Provincia di Reggio Emilia, Reggio Emilia 

1994.



22 



“A. Motti” 

La raccolta di materiali agricoli storici è 

iniziata negli anni Settanta come complemento 

dell’attività didattica dell’Istituto 

Professionale di Stato per l’Agricoltura 

“A. Motti”. Gli oggetti provengono 

in gran parte dalle famiglie degli stessi 

allievi e dei docenti che ne sono rimasti 

proprietari; l’Istituto, come depositario, 

ne cura, oltre alla promozione, anche 

il restauro, la manutenzione e la catalogazione. 

Il patrimonio conservato nella 

sede di villa Gaida consta di circa seicento 

pezzi, in massima parte relativi ai 

cicli della vitivinicoltura e dei cereali, 

dalla semina all’aratura, all’erpicatura, 

alla molitura, alla panificazione. L’esposizione 

è corredata di pannelli didattici 

relativi alla terminologia degli oggetti. 

Va aggiunto che nella sede dell’Istituto 

a Castelnovo ne’ Monti, nei locali usati 

fino al 1980 come stallatico, si trova una 

sezione integrativa del museo comprendente 

oltre mille oggetti, tra suppellettili 

e attrezzi di lavoro esemplificative 

dell’attività agricola teorizzata nel Settecento 

dal celebre agronomo reggiano 

Filippo Re. Il criterio espositivo adottato 

prevede la ricostruzione di ambienti 

tradizionali e di episodi di vita quotidiana. 

Alcuni modellini lignei riproducono 

scene agresti. 

(m.t.f.) 

Nel Palazzo Vescovile di Reggio, attestato 

dal XII secolo, ampliato nel XV e 

nel XVI, e successivamente modificato 

nel Seicento dall’architetto Bartolomeo 

Avanzini, sono raccolte ed esposte al 

pubblico pregevoli opere d’arte, in parte 

di proprietà della Curia e in parte provenienti 

da chiese soppresse della diocesi 

reggiana. 

Nelle prime due sale, dalle volte decorate 

nei modi di G. Boulanger, si conservano 

due grandi paesaggi seicenteschi. 

Altre vedute settecentesche sono 

distribuite negli uffici del vescovado: 

nelle stanze contigue si trovano opere 

di C. Bononi, G. Baccarini, A. Celesti, 

J. Palma il Giovane, oltre a diversi dipinti 

di scuola emiliana, sculture, arredi e 

rilievi e vari materiali lapidei d’età romanica. 

(e.l.) 

24 


Museo del Santuario 

della Madonna della Ghiara 

Nel museo, istituito nel 1982, negli 

ambienti adiacenti al chiostro, sono 

esposti numerosi oggetti facenti parte 

del patrimonio del santuario, un edificio 

notevole sia sul piano artistico che 

su quello devozionale, costruito dal 

1597 e consacrato nel 1619 come santuario 

per l’immagine miracolosa della 

Vergine con il Bambino, affrescata dal 

Bertone su disegno di Lelio Orsi (1573). 

Nel 1615 fu ultimata la costruzione del 

tempio a croce greca, progettato dal ferrarese 

Balbi, ma eseguito dal reggiano 

Francesco Pacchioni, che modificò la 

cupola disegnata dal senese Pugliani. 

La decorazione dell’interno, avviata 

durante il terzo decennio del XVII secolo, 

rappresenta uno degli esempi più 

rilevanti dell’arte figurativa barocca in 

ambito emiliano. All’impresa concorsero 

Ludovico Carracci, Tiarini, Talami e 

Guercino, per le pale d’altare; Desani, 

Bononi, Ferrari, Spada e Tiarini, per gli 

affreschi. Di particolare ricchezza il 

complesso decorativo della cappella 

della Madonna della Ghiara, progettato 

dall’architetto Giovan Battista Magnani 

(1615). 

Tra gli oggetti conservati nel museo, 

relativi alla storia della basilica, oltre al 

disegno dell’Orsi e alla sinopia dell’affresco 

del Bertone, compaiono reliquiari, 

ostensori, medaglie votive e importanti 

esempi di oreficerie tra i quali la 

croce e i sei candelieri eseguiti dai romani 

Gianfrancesco Frangi e Marco Marchi 

per il duca Francesco I d’Este 

(1634); la corona in argento, perle e pietre 

preziose realizzata nel 1674 dall’orafo 

reggiano Michele Augusta, gioielli 

di manifattura italiana del Cinquecento. 

La Camera dei Paramenti contiene pa- 

23 


Raccolta Diocesana d’Arte Sacra 

Reggio Emilia, Raccolta Diocesana d’Arte Sacra: Lastra antelamica, XIII secolo


57 

25 


Museo Missionario Francescano 

Reggio Emilia, Santuario della Madonna della Ghiara: Giovanni Bertone, Vergine con il Bambino, 1573 

rati liturgici dal XVI al XIX secolo. Tra 

gli ex voto della Sala del Tesoro si conserva 

il dipinto di Luca Ferrari raffigurante 

La salvazione di Laura da Correggio. 

Il museo, di proprietà comunale come 

tutto l’insieme della basilica, costituisce 

una sezione organica dei Musei Civici di 

Reggio Emilia. 

(f.b.) 

G.A. Rossi (a cura), La basilica della Madonna 

della Ghiara, Reggio Emilia 1994; A. Bacchi, M. 

Mussini (a cura), Il Santuario della Madonna 

della Ghiara a Reggio Emilia, Torino 1996. 

Reggio Emilia, Museo Missionario Francescano: 

fra Stefano da Carpi, Madonna col Bambino e 

Sant’Antonio da Padova 

Il museo è situato dal 1969 nel convento 

dei Cappuccini, costruito nel 1574 e riedificato 

tra il 1946 e il 1949. Trae origine 

dall’istituzione del collegio missionario di 

S. Giuseppe da Leonessa per la formazione 

di giovani destinati alla missione di 

Trebisonda, in Turchia (1927); di qui provengono 

i materiali etnografici e le icone 

greco-turche collezionate da padre Domenico 

Manfredini da Montecuccolo, l’iniziatore 

della raccolta. A questo nucleo 

originario si aggiunsero in breve opere 

d’arte ed oggetti liturgici o di artigianato 

conventuale, ordinati da A. Rossi da Leguigno 

in un salone e in tre stanze attigue. 

La quadreria annovera numerosi 

dipinti di pittori emiliani dal XVI al XIX 

secolo. Pregevole la serie delle tele di fra 

Stefano da Carpi, pittore cappuccino presente 

anche all’interno della chiesa con 

la pala col Trionfo della Croce, del 1749. 

Nel museo sono esposti, inoltre, argenti 

di uso liturgico, un Crocefisso settecentesco 

in avorio, rami incisi, acquasantiere, 

sculture in terracotta policroma e 

numerose icone. La biblioteca del convento, 

ricca di oltre cinquantamila volumi, 

conserva anche una raccolta di manoscritti 

e cinquecentine. 

(f.b.) 

F. Bonilauri, A. Garuti, Le collezioni dei Cappuccini 

di Reggio Emilia, Bologna 1992. 

26 

Rolo 

Museo della Tarsia 

Il museo, allestito in alcune sale della 

residenza municipale, nasce nel 1994 

con lo scopo di documentare la tecnica 

artistica della tarsia nell’ambito rolese, 

affermatasi a partire dalla seconda metà 

del Settecento, sia pure innestata su 

esperienze anteriori. Il primo esemplare 

documentato risulta, infatti, il pulpito 

della chiesa di Rolo, eseguito nel 1752 

da Giuseppe Preti. Caratterizza questa 

produzione una decorazione a sottili



La fabbricazione tradizionale delle scope. 

Indagine condotta nella zona di San Martino 

in Rio, Bologna 1980; M. Turci, A. Guaitoli (a 

cura), Progetto di riorganizzazione funzionale 

e allestimento del Museo dell’Agricoltura e 

del Mondo rurale di San Martino in Rio, San 

Martino in Rio 1986. 

28 

San Martino in Rio 

Museo dell’Automobile 

Rolo, Museo della Tarsia. Ribalta, fine del XVIII secolo 

racemi di legno chiaro, a volte ornati di 

bacche o piccoli fiori, e vedute urbane 

di ispirazione rinascimentale. 

Nelle sale del museo, la storia e la fortuna 

della tarsia rolese sono illustrate in 

una serie di pannelli didattici che affiancano 

gli oltre trenta esemplari presenti, 

tavoli, cassettoni, armadi ed altri 

mobili. Per presentare le diverse tecniche 

costruttive sono esposti e descritti 

gli attrezzi del mestiere. Completa la 

raccolta una piccola sezione con diversi 

disegni e incisioni. Il museo si configura 

anche come centro di documentazione 

e di organizzazione di corsi di formazione 

e restauro mirati al recupero 

della tecnica della tarsia. 

È prossima la riapertura del museo 

recentemente sottoposto ad un nuovo 

allestimento. 

(m.g.) 

G. Castagnaro, D. Ferretti, G. Truzzi (a cura), 

L’arte della tarsia a Rolo. Mobili Tecniche materiali, 

Reggio Emilia 1996. 

27 


Museo dell’Agricoltura 

e del Mondo rurale 

Il museo è allestito dal 1994 nella rocca 

trecentesca, sede dell’Amministrazione 

e della Biblioteca comunali. Fondato da 

Enzo Carretti, sviluppa il tema della storia 

del lavoro contadino e artigianale nella 

media pianura reggiana, documentata 

da circa millecinquecento oggetti distribuiti 

nelle sezioni dedicate al territorio, 

alla produzione agricola, alla lavorazione 

della canapa, del truciolo e della 

saggina, alla trasformazione alimentare, 

alla casa rurale, al ciclo della vite e 

del vino. Il museo si avvale di una fototeca, 

di una nastroteca e di una biblioteca 

specializzata che raccoglie, tra l’altro, 

la collana delle guide tematiche edite 

in occasione delle diverse manifestazioni 

espositive. 

(m.t.f.) 

La raccolta di autovetture d’epoca è stata 

iniziata nel 1956 da Emilio Storchi Fermi 

e da Giulio Campari, che hanno convogliato 

a San Martino in Rio la collezione 

del bolognese Domenico Gentili. Nel 

1965 l’intero nucleo è stato ospitato nell’attuale 

capannone, ampliato nel 1994. 

La caratteristica della collezione, composta 

da ottanta autovetture, otto motociclette, 

un centinaio di biciclette ed 

alcuni carri, sta nella pluralità dei proprietari 

associati, che garantiscono il 

restauro, la manutenzione ed il funzionamento 

dei singoli pezzi. Si ha così un 

complesso di mezzi meccanici che possono 

venir messi in movimento ed offrire 

una dimostrazione anche itinerante, 

al di fuori dello spazio museale. 

Fra le autovetture dalla seconda decade 

del Novecento agli anni Sessanta, 

con numerose fabbriche rappresentate 

(Alfa Romeo, Ansaldo, Aston Martin, 

Fiat, Ford, Itala, Lancia, MG, Mercedes, 

Moretti, Jaguar, Rolls-Royce, SPA, 

Zedel) si segnalano una Zedel Landaulet 

del 1910, appartenuta alla regina d’Italia 

Margherita di Savoia, una Fiat Nsu 

Ardita del 1935, utilizzata dal generale 

tedesco Kesserling nella campagna d’Africa, 

una Fiat 505 del 1919, una Ford T 

del 1916, un’Itala 50 del 1920. Fra le 

motociclette figura un’Indian Sidecar 

del 1918, unico esemplare esistente in 

Italia. 

Il museo è affiliato all’Auto-moto Club 

Storico Italiano ed è riconosciuto dalla 

Federazione Internazionale dell’Automobile. 

(s.p.)



Provincia di Modena


Provincia di Modena 

3 

Carpi 

Museo Civico “Giulio Ferrari” 

Carpi, Castello dei Pio 

1 

Bastiglia 


Istituito ufficialmente nel 1977, il museo 

è originato da una iniziativa di ambito 

scolastico che ha portato ad una raccolta 

di oggetti della vita contadina finalizzata 

ad una mostra a carattere documentario 

e didattico. 

Il successo ottenuto dall’esposizione ha 

determinato ulteriori donazioni di materiali, 

che - collocati nell’ex scuola materna 

parrocchiale - hanno consentito la 

ricostruzione di ambienti domestici, 

insieme ad alcuni momenti della lavorazione 

dei principali prodotti agricoli: 

la canapa, il vino, il formaggio. In un 

apposito capannone sono collocate 

macchine agricole anche di grandi dimensioni. 

Nel suo attuale ordinamento, 

il museo presenta anche un discreto 

numero di fotografie storiche, di varia 

provenienza con scene di vita e di lavoro 

contadini. 

(m.t.f.) 

2 

Campogalliano 

Museo della Bilancia 

Istituito nel 1989, il museo è stato 

inaugurato nel 1997 nella sede attuale 

con un assetto espositivo completamente 

rinnovato. 

Sviluppato su due piani, il primo dei 

quali destinato in parte a mostre temporanee, 

il percorso museale si apre 

con uno spazio riservato ad attività 

didattiche e sperimentali. Sono inoltre 

documentate ciclicamente alcune botteghe 

e attività commerciali che hanno 

storicamente utilizzato, in modo 

significativo, lo strumento della bilancia, 

come la farmacia, la drogheria, la 

posta, i banchi del mercato. 

Al piano superiore si trova l’esposizione 

permanente che illustra la storia 

della bilancia e della sua evoluzione 

tecnologica fino ai modelli moderni. 

L’intera raccolta vanta quasi seicento 

esemplari di varie epoche e provenienti 

anche da altri paesi. In una sala, 

dedicata a Campogalliano e che contiene 

un plastico riproducente la pianta 

della città, alcuni strumenti di grandi 

dimensioni testimoniano della locale 

produzione delle bilance nel nostro 

secolo. Postazioni informatiche e 

video consentono di approfondire singoli 

aspetti proposti dal percorso 

museale. 

(p.t.) 

R. Gibertoni, A. Melodi, G. Luppi (a cura), Il 

Museo della Bilancia di Campogalliano, Milano 

1995. 

Carpi, Museo Civico “Giulio Ferrari”: Jusepe de 

Ribera (attr.), Il Filosofo 

L’apertura del museo, istituito già nel 

1895, risale al 1914 nelle sale del castello, 

il grandioso edificio che riporta alla 

storia trecentesca di Carpi. Qui, dal 

1331, i Pio di Savoia animarono una delle 

corti più prestigiose dell’umanesimo 

padano. Dell’antico splendore testimoniano, 

oltre al cortile di gusto bramantesco, 

documentato nel 1509, alcuni 

ambienti del castello: la Torre di Passerino 

Bonacolsi, con decorazioni tardogotiche 

degli inizi del XV secolo, la Sala 

dei Cervi, la Stanza dei Re, con frammenti 

delle antiche ornamentazioni, il 

Salone dei Mori, affrescato dal forlivese 

Giovanni del Sega nel 1506, le Sale dei 

Trionfi, ispirate al celebre ciclo pittorico 

di Schifanoia, e l’elegante cappella 

rinascimentale, dipinta agli inizi del Cinquecento 

da Bernardino Loschi. Nel 

percorso espositivo si conserva una parte 

dell’ornamentazione trecentesca della 

Rocca Nuova. Recentemente, sono 

stati esposti nella sala del forno alcuni 

affreschi commissionati da Alberto III 

Pio a Giovanni del Sega per la facciata

Provincia di Modena MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

61 

del palazzo su Borgogioioso, l’attuale 

piazza dei Martiri. 

Il patrimonio del museo, incrementato 

nel 1913 dal lascito Foresti, comprende 

diverse raccolte storiche e artistiche. 

Della raccolta d’arte antica fanno parte 

opere dal XV al XVIII secolo riferibili ad 

artisti in prevalenza di ambito locale ed 

emiliano, come Loschi, Del Sega, Mastelletta 

(San Cristoforo), Calvaert, 

Scarsellino (Annunciazione), Stringa, 

Massari, Caula, fra Stefano, con la sola 

eccezione dei dipinti dei veneti Vincenzo 

Catena e Palma il Giovane (Allegoria), 

del calabrese Mattia Preti (Il convito 

di Salomone) e dello spagnolo 

Jusepe de Ribera, al quale si attribuisce 

Il Filosofo. 

La sezione dell’Ottocento comprende 

una cospicua rassegna di tele di Adeodato 

Malatesta, Giovanni Muzzioli, Luigi 

Asioli. Albano Lugli, Fermo Forti, Lelio 

Rossi, Andrea Becchi, Carlo Grossi, 

Vittorio Guandalini documentano poi la 

vivace produzione pittorica locale del 

XIX secolo, mentre per il Novecento si 

segnalano opere di Casanova, Salvarani, 

Baschieri, Bisi, Voltolini, Mazelli, Beltrami, 

Casarini e Guttuso. Completano 

il patrimonio artistico del museo interessanti 

nuclei di sculture, in prevalenza 

in terracotta e di ambito locale, di 

ceramiche a graffito dal Cinque al Settecento, 

di vetri e di ventagli. Nella loggia 

sud sono esposte piccole collezioni 

di medaglie e di monete di interesse 

locale, ferri battuti, armi, bronzi, arredi 

sacri e oreficerie. Arredano le stanze del 

castello mobili e cornici dal XVI al XVIII 

secolo, ma soprattutto pregevoli paliotti 

in scagliola, che degnamente rappresentano 

il rinomato artigianato carpigiano. 

Nella sezione dedicata alla xilografia, 

inaugurata nel 1936, figurano 

cinque esemplari a chiaroscuro di Ugo 

da Carpi. Tra le miniature si conservano 

codici del XV secolo e antifonari cinquecenteschi. 

Organizzata nella loggia di Ponente, la 

sezione etnografica del museo ospita 

una ricca documentazione relativa all’industria 

carpigiana del truciolo, rappresentata 

da una cospicua serie di antichi 

strumenti di lavorazione che illustrano 

l’altissima qualità tecnica raggiunta 

nel corso del XIX secolo. 

Nella sezione archeologica sono raccolti 

reperti, rinvenuti in ambito locale, che 

documentano gli antichi insediamenti 

delle terramare dell’età del Bronzo fino 

all’epoca post classica. Particolarmente 

interessanti sono i materiali provenienti 

dalla vasta terramara in località Savana 

a Cibeno. Non meno pregevoli sono 

le memorie ed i cimeli riuniti nella sezione 

risorgimentale del museo. Oltre ad 

alcuni interessanti dipinti, come il Ritratto 

di Ciro Menotti di Adeodato 

Malatesta, ed il Ritratto di Giuseppe 

Garibaldi di E. Ximenes, sono esposti 

i documenti e le onorificenze del generale 

Manfredo Fanti, ritratto nel celebre 

bozzetto di Paolo Troubetzkoy. 

(e.l.) 

A. Garuti, Museo Civico: Itinerario, Carpi 1985; 

A. Garuti, Carpi. Museo Civico, Bologna 1990. 

4 

Carpi 

Museo Monumento al Deportato 

Carpi, Museo Monumento al Deportato: Sala 

dei Nomi 

Il Museo Monumento è stato inaugurato 

nel 1973, a conclusione di un impegno 

assunto dal Comune già negli anni 

dell’immediato dopoguerra per onorare 

il ricordo delle vittime delle deportazioni 

nazifasciste. Infatti, a pochi chilometri 

dalla città, nella frazione di Fossoli, 

si trovava un campo di raccolta e 

transito degli italiani destinati a campi 

di sterminio. Il museo è situato in un’ala 

del pian terreno del Castello dei Pio. 

È stato progettato (dopo un concorso 

internazionale) dallo studio dell’architetto 

Ludovico Belgiojoso (anch’esso 

internato) in una forma che “tende a 

creare - sono parole sue - un’emozione 

ancora valida a molti anni di distanza”. 

Il percorso di visita passa attraverso 

quattordici sale, sei delle quali decorate 

a graffiti su cartoni di Longoni, Picasso, 

Guttuso, Cagli e Legér. Frasi scelte 

dalle “Lettere di condannati a morte 

della Resistenza Europea” sono incise 

sulle pareti spoglie, solamente intonacate, 

e si snodano di stanza in stanza 

catturando il visitatore in un’emozione 

intensa e riflessiva. 

Pochi gli oggetti, collocati al centro di 

ciascuna sala, scelti da Lica e Albe Steiner 

per la forza della loro capacità evocativa 

delle condizioni di vita nei campi 

di concentramento. Il percorso espositivo 

si chiude con la Sala dei nomi: sui 

muri e sulle volte sono incisi, come nella 

sinagoga di Praga, i nomi di quattordicimila 

deportati italiani nei campi di 

concentramento nazisti. 

Nel cortile del museo i nomi di alcuni 

campi di concentramento nazisti sono 

incisi su sedici stele polidirezionate, alte 

sei metri, in forma di lapidi funerarie. 

Nel 1984 il comune di Carpi ha ottenuto 

dallo Stato la concessione dell’area 

dell’ex campo di Fossoli. In attesa dell’attuazione 

di un progetto di recupero 

del sito, è possibile visitare quanto rimane 

delle baracche, utilizzate fino agli 

anni Sessanta, occupate prima dalla comunità 

di Nomadelfia e poi dai profughi 

giuliani e dalmati. 

(p.t.) 

R. Gilbertoni, A. Melodi, Il Museo Monumento 

al Deportato a Carpi, Milano 1993.



5 

Castelfranco Emilia 

(Gaggio di Piano) 

Raccolta del Lavoro Contadino 

e Artigiano 

La raccolta, donata da Celeste Simonini 

al Comune di Modena nel 1974, è da 

allora conservata nella villa Sorra Frosini 

di Gaggio di Piano, proprietà di un 

consorzio di quattro comuni del comprensorio. 

Fatta edificare da Francesco 

Sorra verso la metà del Settecento, la 

villa fu progettata probabilmente dall’architetto 

G.A. Torri e decorata dal pittore 

modenese F. Vellani (sec. XVIII). 

La splendida residenza nobiliare è circondata 

da un vasto parco all’inglese 

sistemato nel 1827 con serre, ghiacciaie 

ed un laghetto con torre colombaia. 

Fanno parte del complesso anche una 

aranciaia e una scuderia, dove si trova 

collocata attualmente la maggior parte 

dei materiali della raccolta, e un caseificio 

costruito a scopo didattico alla fine 

degli anni Settanta. 

La parziale inagibilità della villa ha determinato 

la chiusura nel 1986 del museo, 

il cui patrimonio è in corso di inventariazione, 

catalogazione e restauro da 

parte del Museo Civico di Modena. L’intera 

raccolta ammonta ad oltre ottomila 

oggetti: attrezzi e suppellettili del 

mondo contadino, capi di vestiario e 

stoffe, corredi matrimoniali e per neonati, 

strumentazioni e prodotti artigianali 

delle botteghe del fabbro, dell’orologiaio, 

dell’orafo, del peltraio. Sono 

esposti, inoltre, alcuni calessi, carretti e 

birocci. 

(m.t.f.) 

6 



Il museo è allestito all’interno di Palazzo 

Piella, un edificio ottocentesco recentemente 

restaurato, che si affaccia 

direttamente sulla via Emilia. Nell’ordinamento 

espositivo trovano adeguata 

collocazione i materiali provenienti dagli 

scavi condotti di recente nel territorio 

di Castelfranco ad opera della Soprintendenza 

archeologica. 

Il percorso museale illustra lo sviluppo 

del centro dall’età preistorica a quella 

romana, fino al Medioevo e dispone di 

numerosi momenti informativi che inquadrano 

le problematiche storiche e 

archeologiche di Castelfranco nel contesto 

provinciale e regionale. Particolarmente 

importante, nel panorama dei 

materiali custoditi nel museo, è il ripostiglio 

di aes signatum rinvenuto nel 

1897 nel podere Cappella. Si tratta di 

bronzo lingottato che veniva utilizzato 

come mezzo di scambio in assenza di 

moneta. Recenti indagini archeometriche 

sembrano peraltro avvalorare l’ipotesi 

che i “lingotti” possano in realtà 

essere pani da fusione per l’ottenimento 

di oggetti finiti. 

(m.l.p.) 

D. Neri (a cura), Il Museo civico archeologico, 

Firenze 1999. 

7 

Castelvetro 

Raccolta Storica di Strumenti 

per la Lavorazione del Legno 

“Romano Bonvicini” 

È in fase di progettazione l’allestimento, 

in alcune sale di Palazzo Rangoni, di 

un museo destinato ad ospitare la raccolta 

comunale di strumenti per la lavorazione 

del legno. 

Già di proprietà della “Cooperativa 

Legno di Castelvetro”, la raccolta - già 

denominata “Fondo Bonvicini” - comprende 

alcune centinaia di esemplari 

dalla fine dell’Ottocento ai primi anni 

del secolo. Alcuni attrezzi per la vinificazione 

troveranno invece posto nell’enoteca 

di Levizzano Rangone. 

(s.v.) 

8 

Fanano 

Parco Urbano di Sculture in Pietra 

Il Parco è stato istituito di recente a 

seguito di un generale riordinamento 

della consistente raccolta di opere plastiche 

contemporanee formatasi a partire 

dal 1983 con le annuali edizioni del 

“Simposio Internazionale di Scultura su 

pietra”. Grazie a tale iniziativa, promossa 

anche con l’intento di rivalutare la 

cultura lapicida storica locale, si è composto 

un patrimonio di oltre duecento 

esemplari scultorei eseguiti direttamente 

in diversi spazi urbani e del territorio 

di Fanano da artisti italiani (fra i 

quali Pompili, Zamboni, Riva, Massari, 

Bernacchi, Sanna) e di altri paesi. 

Le opere sono collocate nelle piazze, in 

spazi pubblici e sulle facciate degli edifici 

del centro storico e delle frazioni 

vicine, tra cui Lotta, Serramazzoni, Trignano, 

Ospitale, Fellicarolo e Trentino, 

in una estensione territoriale di oltre 

novanta chilometri quadrati, e lungo 

precisi itinerari artistici e naturalisticoambientali. 

(o.p.) 

G. Dotti Messori, P. Messori, C.F. Teodoro, Fanano 

Ieri e Oggi. Vicende e immagini del paese 

della pietra, Modena 1989; Guida al Museo, 

Modena 1998. 

Fanano, Parco Urbano di Sculture in Pietra: 

Fontana di Piazza Marconi, part.


63 

9 

Finale Emilia 

Museo Civico di Storia Naturale 

Il museo è nato alla fine degli anni Sessanta, 

con la formazione di diverse raccolte 

d’interesse archeologico, geologico 

e paleontologico da parte di studiosi 

e volontari locali. Nel 1992 è stato ordinato 

dal Comune al piano terra di un’edificio 

urbano, in attesa di una definitiva 

sistemazione, con il Museo Civico del 

Territorio, prevista all’interno del Castello 

delle Rocche, dal quale proviene 

la grande Aquila Estense, in terracotta 

(sec. XVI), esposta nella sala d’ingresso. 

La raccolta archeologica, ricca 

di oltre milleduecento oggetti, conserva 

numerosi reperti preistorici, tra i 

quali selci e vasellami provenienti da 

una vicina terramara, nonché ceramiche 

domestiche, mattoni manubriati, 

esagonette pavimentali e tessere musive 

d’età romana, databili prevalentemente 

al I secolo d.C. Figura, inoltre, 

una ricca collezione numismatica di circa 

quattrocento esemplari. Frammenti 

di ceramiche di epoca compresa tra il 

XV ed il XVII secolo sono stati recuperati 

nel corso di scavi effettuati nel centro 

del paese, sul sito del monastero di 

Santa Chiara e del castello. Seguono poi 

la raccolta geologica, con oltre ottocento 

reperti, quella paleontologica e quella 

malacologica. Le tipologie dei materiali 

riguardano la geopaleontologia e la 

zoologia con valenza locale, regionale, 

nazionale ed estera. La maggior parte 

dei reperti deriva dalle ricerche dei 

componenti delle associazioni dei volontari 

locali, ad eccezione della collezione 

ornitologica proveniente per donazione 

dalle raccolte del Collegio San 

Carlo di Modena. Il museo ha come 

obiettivo l’illustrazione bioevolutiva dei 

concetti generali delle scienze naturali. 

I materiali del settore naturalistico consistono 

in campioni di minerali, rocce e 

fossili, vegetali, vertebrati, invertebrati 

di valenza nazionale ed estera. Tra i 

reperti fossili vegetali risulta ben rappresentato 

il Carbonifero della Germania, 

mentre per i vertebrati è da segnalare 

un frammento di proboscidato, 

recuperato nel 1980 a Vibo Valentia dai 

ricercatori del museo. Seguono oltre 

cento esemplari di conchiglie, provenienti 

da diversi ambienti marini. D’interesse 

etnografico, infine, è la raccolta 

formata da Antonio Simoni, governatore 

dell’Etiopia dal 1936 al 1938 e donata 

di recente al museo. Vi si conservano 

numerose armi bianche dal Seicento 

all’Ottocento, oltre a oggetti della tribù 

etiope Sidamo. 

(g.b.p.) 

10 


Museo Civico del Territorio 

Il museo, istituito nel 1991, ha sede al 

secondo piano della locale Stazione delle 

autocorriere, in attesa di una definitiva 

collocazione nel Castello delle Rocche, 

accanto al Museo Civico di Storia 

Naturale. 

L’assetto museale è dominato dall’imponente 

plastico dell’edificato del centro 

storico agli inizi dell’Ottocento, che 

evidenzia il Panaro della Lunga, il tratto 

del navile modenese che attraversando 

l’abitato formava la città d’acqua, 

documentata da alcuni reperti di imbarcazioni 

fluviali e dalle riprese fotografiche 

del centro storico eseguite nel XIX 

secolo da Giovan Battista Magni. 

Documenti sul Teatro Sociale, sulla Società 

Operaia e la Cooperativa Braccianti, 

insieme ad antiche carte del territorio 

e ad oggetti liturgici della scomparsa 

comunità ebraica, formano un 

interessante nucleo per la costituzione 

di un museo della città 

(s.v.) 

11 

Fiorano Modenese 

(Spezzano) 

Museo della Ceramica 

Finale Emilia, Museo Civico del Territorio: Plastico del Centro Storico di San Felice sul Panaro 

Il museo, che documenta il primato nazionale 

dell’industria ceramica della 

quale Fiorano partecipa insieme a Sassuolo, 

è allestito nel castello di Spezzano 

ed è collegato ad un centro di documentazione. 

Il fortilizio conserva tuttora il ponte levatoio, 

il cortile cinquecentesco e, nel 

grande salone, un ciclo di affreschi eseguiti 

tra il XVI e il XVII secolo raffiguranti 

cinquantasei vedute dei feudi dei Pio. 

Nelle varie sale sono presentate, tramite 

pannelli, plastici, ricostruzioni ambientali 

ed esposizione di reperti autentici 

o in copia, le diverse fasi della produzione 

fittile dal neolitico all’età contemporanea: 

dalla preparazione delle 

argille alla cottura della ceramica, ai tipi



di fornace, alle varie forme ed alla qualità 

delle decorazioni. 

Una parte della documentazione e delle 

vetrine espositive è riservata al territorio 

fioranese. 

(s.v.) 

12 

Fiumalbo 

Museo di Arte Sacra 

Maranello, Galleria Ferrari 

Fiumalbo, Museo di Arte Sacra: Tabernacolo eucaristico, 

metà del XV secolo 

Il museo ha sede all’interno della Chiesa 

di Santa Caterina (detta “dei rossi”, 

poiché sede, fino a qualche tempo fa, 

dell’omonima confraternita), originariamente 

delle monache domenicane. 

Eretta nel 1601 dal rettore Ottavio Lenzini, 

presenta all’interno un interessante 

complesso di arredi sacri ed opere 

pittoriche al quale si richiama la maggior 

parte degli oggetti esposti in diverse 

vetrine allestite nello spazio del coro. 

Figurano intagli, argenterie, paramenti 

di epoche diverse; tra gli altri, un piatto 

per elemosina ed una croce astile del 

XVI secolo. 

(s.v.) 

13 

Formigine 

Museo Civico 

Il museo, attualmente in corso di riordinamento 

all’interno del castello comunale 

comprende materiali d’interesse 

naturalistico ed archeologico provenienti 

in parte dalle grotte di Gaibola e 

Monte Valestra. Di un certo interesse 

sono anche le testimonianze geologiche 

e la documentazione sulla flora e sulla 

fauna della fascia pedemontana dell’Appennino 

modenese. 

(m.l.p.) 

14 

Maranello 

Galleria Ferrari 

La galleria nasce dalla volontà del fondatore 

della casa automobilistica, il leggendario 

Enzo Ferrari, unita all’impegno 

dell’Amministrazione comunale. 

Inagurata nel 1996, dopo alcuni lavori 

di trasformazione della struttura, è gestita 

direttamente dall’azienda Ferrari 

che ha introdotto anche uno spazio 

commerciale per la promozione del proprio 

marchio. 

La sede che ospita la galleria è stata 

costruita per iniziativa del Comune e 

comprende due edifici polifunzionali 

(accanto è un Centro Congressi) nell’area 

adiacente allo stabilimento automobilistico. 

L’esposizione si sviluppa su 

due livelli: al piano inferiore, in uno spazio 

completamente aperto, si possono 

ammirare alcune delle più famose vetture 

Sport e Granturismo. I modelli sono 

esposti a rotazione. Lo spazio espositivo 

viene anche occupato per mostre 

temporanee. 

Il percorso di visita suggerito inizia dal 

piano sopraelevato nel quale viene proposta 

la storia di Enzo Ferrari e della 

nascita del mito delle vetture con il suo 

nome. Si passa dalla ricostruzione fedele 

dello storico ufficio a Modena, sobrio 

ed essenziale, alla cartolina della contessa 

Baracca che invita ad adottare il 

simbolo del “cavallino rampante” usato 

dal figlio aviatore. Una sezione della Galleria 

è interamente dedicata alla Formula 

1: nel percorso circolare attorno 

alle cinque monoposto rosse sono le 

coppe e i trofei vinti e una ricca esposizione 

di immagini con tutta la vicenda 

della casa automobilistica e degli uomini 

che hanno contribuito a costruirne la 

fortuna. 

(p.t.)

Piacenza, un interno di Palazzo Farnese 

Nelle pagine seguenti: Piacenza, l’esterno dell’edificio 

I

Xy 

XX 

VV

IV 

Piacenza, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi

Piacenza, Collegio Alberoni 

V

Gli scavi di Velleia 

VI


Nelle pagine seguenti: Bobbio, Abbazia di San Colombano 

VII

Il castello di Bardi 

X

Il castello di Torrechiara 

XI

Parma, Palazzo della Pilotta 

XII

Parma, Galleria Nazionale 

Nelle pagine seguenti: Parma, Teatro Farnese 

XIII

XVI 

Parma, Fondazione Glauco Lombardi

Parma, Fondazione Glauco Lombardi 

Nelle pagine seguenti: Parma, Camera di San Paolo, affreschi del Correggio 

XVII

XX 

Soragna, Rocca dei Meli-Lupi

Busseto, Villa Verdi 

XXI

Novellara, Casino di sotto 

XXII

Fontanellato 

Nelle pagine seguenti: Reggio Emilia, scorcio con il Teatro Valli 

XXIII

XXVI 

Reggio Emilia, Musei Civici, Collezione Spallanzani 

A destra: Reggio Emilia, scorcio con il Santuario della Madonna della Ghiara

XXVIII 

Gattatico, Museo Cervi

Modena, Galleria Estense 

XXIX

Modena, Palazzo dei Musei, il Lapidario 

XXX

Sassuolo, Reggia Estense 

XXXI

Nonantola, Abbazia Benedettina 

XXXII


65 

15 

Marano sul Panaro 

Museo di Ecologia 

e Storia Naturale 

Inaugurato nel 1994 nell’antico palazzo 

Montecuccoli, il museo si propone di 

favorire la conoscenza dell’ambiente 

tramite progetti volti a valorizzare il territorio 

e a promuovere l’educazione 

naturalistica, garantita da un apposito 

servizio in collaborazione con il CIRDA, 

Centro Intercomunale Ricerca e Didattica 

Ambiente di Marano sul Panaro, 

Savignano sul Panaro e Vignola. 

Il percorso espositivo è suddiviso in sette 

sale, le prime due dedicate alla geologia, 

alla paleontologia e all’ecologia; il 

seguito dell’itinerario di visita riproduce 

tramite pannelli, acquaterrari e diorami 

i più significativi ambienti naturali 

dall’Appennino alla pianura modenese. 

Le collezioni comprendono reperti 

mineralogici, paleontologici e zoologici, 

con migliaia di esemplari provenienti da 

tutta Europa; tra le raccolte botaniche 

si segnalano il ricco erbario e le sezioni 

micologica e lichenologica. Completano 

il percorso didattico una sala multimediale, 

attrezzata per la visione di filmati 

e diapositive e un laboratorio scientifico 

fornito di microscopi biologici e stereomicroscopici, 

oltre ad attrezzature 

finalizzate allo studio di rocce e organismi 

vegetali e animali. Testi a carattere 

scientifico e naturalistico sono consultabili 

nella biblioteca, nell’emeroteca e 

nella videoteca del museo. 

(s.v.) 

16 

Mirandola 

Museo Civico 

Mirandola, Museo Civico: Justus Sustermans, 

Ritratto di Alfonso IV d’Este 

Il museo ha sede nell’ex Collegio dei 

Gesuiti, costruito nel 1690 per Alessandro 

I Pico dagli architetti Briano e Scarabelli, 

e comprende distinte sezioni e- 

spositive: quelle archeologica e numismatica 

e la pinacoteca. 

La sezione archeologica raccoglie ceramiche, 

vetri, monete, frammenti scultorei 

e architettonici, provenienti dagli 

scavi eseguiti nel territorio. I reperti 

coprono un ampio arco di tempo che va 

dall’età del Bronzo, fino al periodo longobardo. 

È anche presente una selezione 

della notevole raccolta ceramica 

appartenente all’alto Medioevo ed all’età 

rinascimentale. È pure esposto un raro 

plastico ligneo della città di Mirandola, 

risalente alla fine del Seicento. La sezione 

numismatica propone interessanti 

serie di monete dell’età romana e collegate 

alla Zecca dei Pio, operante tra l’inizio 

del Cinquecento ed i primi anni del 

sec. XVIII. Sono pure presenti monete 

legate alla Zecca Estense. Particolarmente 

interessante la presenza di medaglie 

quattro-cinquecentesche, fra le quali 

spiccano esemplari di Pisanello e di 

Niccolò Fiorentino; a quest’ultimo si 

deve la medaglia con il Ritratto di Giovanni 

Pico della Mirandola e l’immagine 

delle Tre Grazie. 

Nella Pinacoteca sono presenti, in larga 

misura, opere pittoriche legate alla storia 

ed ai personaggi della famiglia pichense. 

Nella nutrita serie ritrattistica 

sono compresi esemplari di particolare 

pregio come il Ritratto di Alessandro I 

Pico del veneziano Sante Peranda (del 

quale è anche la Conversione di San 

Paolo nella sala grande del Municipio) e 

il Ritratto di Alfonso IV d’Este del fiammingo 

Sustermans. 

(m.l.p./e.l.) 

V. Erlindo (a cura), L’Arte restaurata. Quadreria 

Civica e Arredi lignei della Chiesa del Gesù 

a Mirandola, Modena 1990. 

17 

Modena 

Galleria Estense 

Le raccolte artistiche, già di proprietà 

dei duchi estensi, sono state annesse al 

Palazzo dei Musei già nel 1894. Nel 

1854, per volere di Francesco V d’Austria, 

erede dell’antico patrimonio del 

casato d’Este, vennero per la prima volta 

esposte al pubblico in Palazzo Ducale 

fino al 1880, anno in cui pervennero 

all’attuale sede con un ordinamento 

predisposto da Adolfo Venturi. Il museo 

occupa venti sale nelle quali sono presenti 

varie tipologie delle collezioni e- 

stensi, smembrate in seguito alla devoluzione 

del 1598 e nuovamente impoverite 

nel 1746 dalla vendita di Dresda 

e dalle ruberie bonapartiste del 1796: 

Modena, Galleria Estense: Jacopo Alari Bonacolsi, 

Vaso Gonzaga



dipinti, sculture, disegni, incisioni, strumenti 

musicali, ceramiche, terrecotte, 

miniature, vetri, avori, armature, cui si 

aggiunsero, tra le altre, la raccolta del 

marchese Obizzi, donata ad Ercole III 

d’Este nel 1803. 

Il percorso della galleria si apre con la 

sezione dei primitivi, dove sono esposte 

opere di epoche comprese tra il XIV e il 

XV secolo. Qui figurano dipinti di Simone 

dei Crocifissi, Barnaba e Tommaso 

da Modena, Agnolo e Bartolomeo degli 

Erri (Incoronazione della Vergine) 

che, insieme a Cosmè Tura (Sant’Antonio), 

rappresentano la pittura d’ambito 

modenese e ferrarese, pure protagonista 

della sala successiva. Seguono 

Francesco Bianchi Ferrari, Cima da 

Conegliano (Pietà), Vincenzo Catena, 

Andrea Solario, Gian Francesco Caroto, 

Francesco Zaganelli, Giovan Francesco 

Maineri, Boccaccio Boccaccino, Girolamo 

da Carpi, Garofalo (Madonna in 

trono e Santi), Niccolò dell’Abate, Dosso 

Dossi (numerosi dipinti tra cui il 

Modena, Galleria Estense 

Modena, Galleria Estense: Velázquez, Ritratto 

di Francesco I d’Este, 1638-39 

Ritratto di Ercole I d’Este) documentano 

la produzione figurativa di area 

padana insieme a Correggio e Lelio Orsi. 

Tintoretto, Veronese, Jacopo Bassano, 

Palma il Giovane, Pietro della Vecchia e 

Domenico Fetti sono tra i protagonisti 

del primo salone, mentre nei due vasti 

ambienti contigui si allineano opere del 

seicento emiliano. Di particolare interesse 

gli “ovali” di Agostino, Annibale e 

Ludovico Carracci per il ferrarese Palazzo 

dei Diamanti, cui fanno seguito 

dipinti di Guido Reni (Crocefisso), 

Francesco Stringa, Alessandro Tiarini, 

Scarsellino, Guercino e ancora Camillo 

Filippi, Bastarolo, Spada, Ferrari, Schedoni, 

Lana, Gennari, Bononi, Procaccini, 

Tournier, Le Brun, Strozzi, Cignani, 

Sustermans, Rosa. 

Celeberrimo il Ritratto del Duca Francesco 

I eseguito da Velázquez. 

La galleria, come custode di un patrimonio 

artistico di origine privata, conserva 

anche raccolte ducali di antichità, 

sculture, maioliche, strumenti musicali, 

oggetti in materiali preziosi. Nell’atrio, 

dov’è allestita una campionatura di 

questo ingente patrimonio, trovano 

posto alcune terrecotte di produzione 

apula insieme a bronzetti di ambito 

etrusco italico e romano, pietre dure, 

smalti, cristalli di rocca e oggetti esotici 

e avori, tra i quali la sella da parata 

del duca Ercole I. Nella raccolta delle 

sculture, oltre allo straordinario Busto 

di Francesco I di Gian Lorenzo Bernini 

si annoverano il cofano nuziale degli 

Embriachi, opere rinascimentali in 

bronzo di Bertoldo di Giovanni, Vittoria, 

della Porta, Jacopo Alari Bonacolsi detto 

l’Antico, autore del celebre Vaso 

Gonzaga, Giambologna, Tacca. Tra gli 

esempi più pregevoli della produzione 

dei plasticatori emiliani del Cinquecento 

si segnalano la Testa di Vecchio di 

Guido Mazzoni e le sculture di Antonio 

Begarelli (tra le quali l’Immacolata). 

Nelle stanze successive altre rarità collezionistiche, 

tra le quali coralli, un uovo 

di struzzo, cristalli, testimoniano del 

gusto raffinato della corte estense insieme 

ad alcuni straordinari arredi, come 

lo scrittoio da viaggio di Leone Leoni e 

lo scrigno d’ambra del XVII secolo. 

Al centro della XI sala la celebre arpa


67 

Modena, Galleria Estense: Gian Lorenzo Bernini, 

Busto di Francesco I d’Este 

doppia di Gian Battista Giacomelli e 

Giulio Marescotti rappresenta la sezione 

dedicata agli strumenti musicali con 

il violino e il violoncello di Domenico 

Galli, unici nel loro genere, e i cosiddetti 

“strumenti muti” in marmo. All’interno 

della stessa Galleria Estense è esposto 

un importante nucleo di medaglie appartenenti 

al Medagliere estense, costituito 

da cinque collezioni di monete, 

medaglie, gemme, placchette raccolte a 

Ferrara dagli Estensi già nel corso del 

XV e XVI secolo. Tra le medaglie più preziose 

si segnalano quelle eseguite da 

Pisanello con il Ritratto del duca Leonello 

d’Este, da Petralcino da Firenze 

con il Ritratto del duca Borso d’Este e 

quella dello Sperandio da Mantova con 

i Ritratti di Ercole e Sigismondo d’Este. 

Non mancano esemplari più tardi 

come quelli di Giovanni Antonio da Foligno 

e di Giovanni Cristoforo Romano, 

fino alla serie metallica di Casa Savoia, 

comprendente novanta medaglie con i 

ritratti della famiglia. 

(e.l.) 

J. Bentini (a cura), La Galleria Estense di Modena. 

Guida illustrata, Bologna 1987; A. Venturi, 

La R. Galleria Estense di Modena, 1882 

(ristampa anastatica), Modena 1989. 

18 

Modena 

Museo Lapidario Estense 

Il Lapidario Estense, fondato per iniziativa 

dell’archeologo e studioso Celestino 

Cavedoni e istituito dal duca Francesco 

IV nel 1828, è in fase di definitivo allestimento 

nel quadriportico del Palazzo 

dei Musei. Raccoglie reperti lapidei suddivisi 

in due sezioni, quella greco-romana 

e quella medievale e moderna. Alla 

prima serie appartengono frammenti di 

sculture, miliari, cippi, stele sepolcrali, 

iscrizioni votive e sarcofagi, rinvenuti tra 

il XV e il XVI secolo. 

Nella seconda, figurano monumenti 

sepolcrali medievali e rinascimentali, 

tombe di lettori, legisti, medici, umanisti, 

nobili modenesi, croci, iscrizioni, 

frammenti architettonici. 

(e.l.) 

19 

Modena 

Museo Civico Archeologico 

Etnologico 

La nascita del museo si ricollega direttamente 

all’intenso dibattito culturale e 

politico sul tema delle ricerche paletnologiche 

e della istituzione dei musei 

civici, come luogo deputato alla conservazione 

dell’identità cittadina nello 

scenario di profondo cambiamento degli 

anni immediatamente post-unitari. 

Le origini dell’istituzione si riconducono, 

infatti, al secolo scorso ed alle ricerche 

sui resti delle terremare volute da 

Giovanni Canestrini, Carlo Boni, Francesco 

Coppi e Arsenio Crespellani, le 

cui collezioni costituiscono il nucleo 

principale del museo. 

Nelle sale è custodita la documentazione 

relativa allo sviluppo storico e alle 

dinamiche del popolamento dell’area 

urbana e del territorio modenese, dalla 

preistoria al Medioevo. 

I manufatti spaziano dal paleolitico al 

neolitico modenese rappresentato dalla 

cultura di Fiorano e del Pescale, all’età 

del Rame, del Bronzo, con i resti 

delle terremare, alla prima età del Ferro 

fino ai resti etruschi di Mutina romana. 

Di particolare interesse è la sezione 

etnologica la cui istituzione risale 

anch’essa al secolo scorso e all’affermarsi 

delle teorie antropologiche comparative. 

Vi sono conservati reperti provenienti 

dalla Nuova Guinea e da necropoli precolombiane 

del Perù: ceramiche, oggetti 

di corredo, tessuti databili tra l’XI e il 

XVI secolo. Altre testimonianze provengono 

dall’Asia, dall’Africa e dall’Amazzonia. 

Il museo opera attivamente nel territorio 

in collaborazione con la Soprintendenza 

ai Beni Archeologici e gestisce la 

carta archeologica digitale della Provincia, 

progetto realizzato in collaborazione 

con la stessa Soprintendenza, la 

Regione Emilia-Romagna (IBACN) e la 

Provincia di Modena. La realizzazione 

di questa carta ha permesso di istituire, 

nell’ambito dei Piani Regolatori Generali 

di vari Comuni, norme specifiche di 

tutela archeologica che consentono di 

salvaguardare attualmente circa millecento 

aree archeologiche delle oltre tremila 

censite. 

Attualmente il museo è impegnato assieme 

al Comune di Castelnuovo Rangone 

anche nella realizzazione del parco 

Archeologico e museo all’aperto della 

terramara di Montale. 

(m.l.p.) 

A. Cardarelli, Il Museo Civico di Modena e la 

ricerca archeologica nel Modenese, in Misurare 

la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano. 

Il caso modenese, catalogo della mostra, 

Modena 1983, pp. 11-17; A. Cardarelli, La formazione 

del Museo Civico e gli studi paletnologici 

a Modena, in C. Govi Morigi, G. Sassatelli 

(a cura), Dalla Stanza delle antichità al Museo 

Civico. Storia della formazione del Museo Civico 

Archeologico di Bologna, catalogo della 

mostra, Bologna 1984, pp. 499-509; A Cardarelli, 

Guida al Museo Archeologico - Etnologico di 

Modena, Modena 1990; Guida al Museo Archeologico 

Etnologico di Modena, Modena s.d.



20 

Modena 

Museo Civico d’Arte 

Raccolte d’arte, ma anche nuclei di interesse 

storico e scientifico sono inseriti 

all’interno del Palazzo dei Musei lungo 

un percorso espositivo articolato in 

sezioni tematiche e tipologiche. Un interesse 

più particolare riveste la Collezione 

Campori. Infatti, nella raccolta, 

appartenuta a Matteo Campori e donata 

al Comune di Modena nel 1929, figurano 

dipinti di Campi, Stringa, Schedoni 

(Sacra Famiglia e S. Giovannino), 

Lana, Manfredi, Regnier, Ferrari (S. 

Giovanni Battista), Crespi, fra Stefano 

e Jolli. Nella sezione dedicata all’arte 

sacra sono esposti importanti esempi 

della produzione figurativa locale tra XII 

e XVIII secolo, come gli affreschi provenienti 

dal Duomo e dipinti di autori 

quali Tommaso da Modena, Pellegrino 

Munari, Gian Gherardo delle Catene, 

Sigismondo Caula e Francesco Stringa. 

L’arte modenese fra Otto e Novecento, 

ben rappresentata nelle raccolte civiche, 

è in parte esposta nelle sale del 

Palazzo Comunale, dove sono visibili 

numerosi dipinti di Adeodato Malatesta 

e una selezione di opere provenienti dal 

Premio Poletti, il concorso istituito nel 

1872 per volontà testamentaria dell’architetto 

modenese Luigi Poletti. Tra le 

sculture si segnalano un’acquasantiera 

di maestranza wiligelmica, la celebre 

Madonna di Piazza del Begarelli, la 

serie dei calchi in gesso; elementi architettonici 

in terracotta e assicelle da soffitto 

documentano la prassi costruttiva 

locale tra XV e XVI secolo. Fanno parte 

delle collezioni civiche oreficerie, ceramiche 

e vetri, in prevalenza di manifattura 

locale; gli oltre duemila esemplari 

di tessuti e merletti di provenienza Gandini, 

cui si aggiungono cuoi, carte decorate, 

coni, punzoni, sigilli, timbri, medaglie, 

disegni, stampe e fotografie. Da 

segnalare la raccolta degli strumenti 

scientifici, la collezione di armi e la serie 

dei finimenti da cavallo. 

Più di cento sono gli strumenti musicali 

conservati nel museo, provenienti in 

gran parte dalla raccolta del musicologo 

Luigi Francesco Valdrighi, donata nel 

1880; pregevoli il coperchio di spinetta 

decorato a grottesche (sec. XVII), il salterio 

in astuccio (1764), il cembalo costruito 

da Pietro Termanini (1741) e gli 

strumenti a fiato di Antonio Apparuti. 

Nella sezione si segnalano inoltre una 

raccolta di campane ed un corpus cartaceo 

costituito da esemplari dell’editoria 

musicale dal XVII al XIX secolo. 

(e.l.) 

M. Canova, E. Pagella (a cura), Guida al Museo 

d’Arte Medievale e Moderna di Modena, Modena 

1990; E. Pagella, Le raccolte d’arte del 

Museo Civico di Modena, Modena 1992. 

21 

Modena 

Gipsoteca Graziosi 

La gipsoteca è parte integrante delle 

civiche raccolte d’arte. Essa comprende 

sessantasei gessi tra originali e calchi 

di opere eseguite a partire dal 1898 

da Giuseppe Graziosi, noto artista nato 

a Savignano sul Panaro nel 1879 e morto 

a Firenze nel 1942. A questo ingente 

gruppo di opere, donato dagli eredi dell’artista 

nel 1984, il nuovo allestimento 

del museo ha affiancato altri lavori di 

Graziosi, di recente acquisizione. 

Il percorso espositivo si apre sui lavori 

giovanili di ispirazione verista dell’artista 

(Il figlio della gleba), successivamente 

influenzato dalla tradizione plastica 

modenese del XVII secolo (Fontana 

dei fiumi). Oltre all’attività di 

scultore, l’itinerario di visita del museo 

documenta con tredici dipinti ed oltre 

duecento fogli tra disegni, litografie e 

incisioni la produzione pittorica e grafica 

di Graziosi. 

(e.l.) 

G. Guendalini, G. Martinelli Braglia, La Gipsoteca 

Graziosi, Modena 1984. 

22 

Modena 

Galleria Civica 

Modena, Museo Civico d’Arte: Scultore emiliano, Acquasantiera, inizi del XII secolo 

Istituita nel 1963, ma attiva già dal 1959, 

la galleria si caratterizza come un centro 

di produzione culturale che promuove 

lo studio e la divulgazione dell’arte 

contemporanea e della fotografia. 

La sua sede, situata inizialmente al pia-


69 

no terra del Palazzo dei Musei, è stata 

di recente trasferita nel Palazzo Santa 

Margherita, accanto ad altre due importanti 

istituzioni cittadine, la Biblioteca 

Civica Delfini e l’Istituto Musicale Orazio 

Vecchi. Qui dispone di ampie sale 

espositive oltre ad attrezzati laboratori 

didattici. Dal 1983 utilizza, per rassegne 

fotografiche e importanti mostre a tema 

sull’arte del Novecento, la Palazzina dei 

Giardini Pubblici, eretta nel 1634 da 

Gaspare Vigarani su idee di Gerolamo 

Rainaldi e Bartolomeo Avanzini, e completata 

nel 1750 da Pietro Bezzi. La galleria 

possiede due importanti raccolte 

permanenti, entrambe avviate nel 1989 

e dedicate rispettivamente al disegno 

contemporaneo e alla fotografia. Esito 

di donazioni, oltre che di acquisti, la 

“Raccolta del disegno contemporaneo” 

è costituita da oltre cinquemila esemplari, 

che nel loro insieme offrono un 

ampio panorama dell’arte italiana del 

Novecento con riferimento ai movimenti 

e alle tendenze che ne hanno 

segnato l’evolversi: dalle generazioni di 

inizio secolo rappresentate da Morandi, 

de Pisis, Sironi, Capogrossi, Afro, Carrà, 

Campigli, Ferrazzi, Prampolini, Mafai, a 

quelle del secondo dopoguerra, con 

disegni di Fontana, Melotti, Dorazio, 

Morlotti, Accardi, Novelli, sino alle nuove 

generazioni, con Nunzio, Tirelli, Benati, 

W. Vaccari, Della Casa. Non mancano 

gli esponenti dell’arte povera e della 

pop art italiana come Paolini, Olivieri, 

Spagnulo, Pozzati, Boetti. 

L’architettura del nostro secolo è documentata 

da Aldo Rossi e Ico Parisi, Paolo 

Portoghesi e Andrea Branzi. 

Di recente è stato acquisito un gruppo 

di opere dello scenografo modenese Koki 

Fregni. 

La “Raccolta Fotografica” si compone di 

quasi tremila immagini d’autore. Il nucleo 

originario è costituito dalla collezione 

del fotografo modenese Franco 

Fontana, donato alla galleria nel 1991 e 

successivamente arricchito di nuove 

immagini. 

Formatasi principalmente grazie ad un 

assiduo rapporto con i più famosi fotografi 

internazionali, la raccolta offre un 

vasto panorama della storia della fotografia 

del nostro secolo, con Bragaglia, 

Man Ray, Cartier-Bresson, Capa, Ghirri, 

Toscani, Fontcuberta, Hamilton, Giacomelli, 

Avedon, sino alle più giovani generazioni. 

A questo nucleo si aggiungono alcune 

centinaia di immagini acquisite dalla 

Galleria Civica in oltre trent’anni di attività 

espositiva, nonché quelle entrate a 

far parte del suo patrimonio in occasione 

delle rassegne di “Modena per la 

fotografia”. 

(m.c.c.) 

La raccolta fotografica Franco Fontana: nuove 

acquisizioni, catalogo della mostra, Modena 

1993; M.G. Battistini, P. Deggiovanni (a cura), 

Raccolta del disegno contemporaneo. Catalogo 

generale, Bologna 1994; W. Guadagnini (a cura), 

Modena per la fotografia 1995: catalogo generale, 

Milano 1995; C. Zanfi (a cura), Maestri del 

disegno contemporaneo nella collezione della 

Galleria Civica di Modena, catalogo della mostra, 

Cavriago 1998. 

Modena, Galleria Civica: Tazio Secchiaroli, Fellini sul set



23 

Modena 

Museo Muratoriano 

Il museo risale al 1931 ed è ospitato nella 

canonica della Chiesa di Santa Maria 

di Pomposa, della quale era stato parroco 

dal 1716 Ludovico Antonio Muratori 

(1672-1750). L’intero isolato forma 

la cosiddetta Aedes Muratoriana, che 

comprende la chiesa nella quale Ludovico 

Pogliaghi eseguì il sepolcro monumentale 

dello storico modenese. 

L’odierno percorso del museo si articola 

all’interno dell’appartamento abitato 

da Muratori. Nei restanti ambienti dell’edificio 

ha la propria sede la Deputazione 

di Storia Patria per le Antiche Province 

Modenesi. 

L’itinerario di visita si apre con la biblioteca 

settecentesca nella quale sono 

conservate tutte le edizioni delle opere 

di Muratori, alcuni autografi e la collezione 

delle medaglie coniate in suo onore. 

Si prosegue con lo studio, entro il 

quale, oltre ai mobili, ai cimeli e a oggetti 

personali, sono conservati alcuni ritratti 

del Muratori. Una saletta contigua 

ne documenta l’attività di sacerdote, 

seguita da una piccola stanza alle cui 

pareti si allineano alcune vedute dei luoghi 

muratoriani. 

(p.t.) 

T. Sorbelli, La tomba di L.A. Muratori e il 

Museo muratoriano in Modena, «Atti e Memorie 

Della R. Deputazione di Storia Patria per 

le Provincie Modenesi», VII, 1931; T. Sorbelli, Il 

Museo muratoriano della città di Modena, Modena 

1950. 

24 

Modena 

Museo della Figurina 

Il museo è stato istituito nel 1992 a 

seguito della donazione al Comune di 

Modena della più ricca collezione tuttora 

esistente a livello mondiale di figurine 

a datare dalla prima metà dell’Ottocento 

fino ai giorni nostri. È attualmente 

ubicato in una sede provvisoria, in 

attesa di essere riordinato presso il 

Palazzo Santa Margherita, nel centro 

storico della città. L’intera raccolta comprende 

oltre settecentocinquantamila 

esemplari raccolti da Giuseppe Panini, 

il fondatore dell’omonima industria grafica 

nel 1961. Uno dei nuclei più rari è 

rappresentato dalle figurine Liebig, edite 

tra il 1873 ed il 1975 dall’omonima 

società produttrice dell’estratto di carne. 

La raccolta comprende oltre cinquantamila 

pezzi, compresi i bozzetti, le 

prove di stampa e le pietre litografiche. 

Migliaia sono le figurine dei grandi 

magazzini parigini “Au Bon Marché”, 

“cigarette cards” ottocentesche statunitensi. 

Il museo raccoglie, inoltre, immagini da 

scatole di fiammiferi, carte di caramelle 

e calendarietti di barbieri ed altre 

rarità che nell’insieme costituiscono un 

vero e proprio centro di documentazione 

per la storia della grafica e della 

comunicazione pubblicitaria. 

(e.l.) 

25 

Modena 

Raccolta d’Arte 

della Provincia di Modena 

La raccolta è allestita in permanenza dal 

1994 nelle sale di rappresentanza del 

Palazzo Provinciale costruito tra il 1843 

e il 1849 dall’architetto Cesare Costa. 

Qui sono esposti dipinti e sculture prevalentemente 

di ambito modenese ed 

emiliano dalla metà del secolo scorso al 

secondo Novecento. 

Il percorso espositivo si apre sulla produzione 

della locale Accademia sino al 

rinnovamento impressionista e agli sviluppi 

nel Déco e nel Chiarismo rappresentati 

da opere di Malatesta, Muzzioli, 

Reggiani, Valli, Graziosi e ancora Jodi, 

Cappelli, Zoboli, Forghieri. Figurano 

poi in mostra le diverse correnti artistiche 

del Novecento, interpretate da Soli, 

Magelli, Gualdi, Annovi, e le tendenze 

figurative espresse nel dopoguerra da 

Bertoli, Pelloni, Vecchiati, Trevisi. Non 

mancano opere di maestri del Novecento 

italiano, come Guttuso, Sughi, 

Zancanaro, Mattioli, Rossi. 

Completa la raccolta un nucleo di dipinti 

di epoca compresa tra il XVI ed il XIX 

secolo provenienti dall’Educatorio Provinciale 

S. Paolo di Modena. 

In questa sezione si segnalano una pala 

d’altare di Giovan Battista Codebue e la 

serie di quattro Nature morte di Felice 

Rubbiani. 

(e.l.) 

G. Guandalini (a cura), Raccolta d’Arte della 

Provincia di Modena, catalogo della mostra, 

Modena 1990; G. Martinelli Braglia, 800 e 900 a 

Modena, Raccolta d’Arte della Provincia, catalogo 

della mostra, Modena 1997. 

26 

Modena 


e della Strumentazione Scientifica 

In fase di realizzazione al piano terra 

dell’ex Foro Boario, riunisce le collezioni 

dell’originario museo istituito da 

Francesco III d’Este nel 1776, su iniziativa 

del Dicastero dei Riformatori degli 

Studi, poi ulteriormente incrementate 

in seguito alla donazione di Mons. Fogliani, 

che lasciò all’ateneo dell’Università 

modenese la propria ingente raccolta 

naturalistica. 

Le tre sezioni del costituendo museo 

(delle scienze della terra, della vita e 

della strumentazione scientifica) comprendono 

le raccolte paleontologiche, 

geologiche e mineralogiche delle quali 

oggi sono visibili due scheletri di dinosauri 

acquistati negli Stati Uniti nel 1966 

oltre a circa millecinquecento strumenti 

della collezione di fisica, nonché una 

notevole donazione di macchine matematiche. 

(g.b.p.) 

27 

Modena 

Museo Astronomico e Geofisico 

Il museo del Dipartimento di Scienze 

dell’Ingegneria dell’Università di Modena 

si colloca nella sede storica dell’Osservatorio 

Geofisico nella torre sud-


71 

l’attività dell’Istituto si orientò verso le 

misure meteorologiche e le osservazioni 

terrestri. La nuova denominazione di 

Osservatorio Geofisico, assunta nel 

1892 e conservata a tutt’oggi, sancisce 

questo mutamento di indirizzo, cui conseguì 

una sostanziale modificazione 

dell’attrezzatura. 

Nel corso del Novecento ha incrementato 

la propria attività, rimettendo non 

solo in efficienza gli strumenti astronomici 

ma adeguando le ricerche geofisiche 

e meteorologiche al continuo perfezionamento 

scientifico. 

(m.c.c.) 

P. Frontero, L. Lombroso, S. Pugnagli, L’osservatorio 

più moderno: nuove strutture per la 

disponibilità di dati meteorologici, Bologna 

1989. 

Singolari sono la raccolta di scheletri 

fetali in posizione eretta fissati in vari 

atteggiamenti e tre mummie femminili 

realizzate nell’Ottocento. Qui si trovano 

anche la collezione antropologica di crani 

del Gaddi e la interessante raccolta 

di impregnazioni pirometalliche dell’orecchio 

interno umano, nonché di altri 

mammiferi e uccelli. Il museo è annesso 

al Teatro Anatomico, voluto dal celebre 

notomista Antonio Scarpa (1775). 

Particolarmente rilevanti sono le terrecotte 

dipinte, quasi tutte a grandezza 

naturale, che raffigurano le diverse fasi 

della gravidanza e del parto; furono eseguite 

in Bologna nella seconda metà del 

Settecento da G.B. Manfredini sotto la 

supervisione del celebre ostetrico Giovanni 

Antonio Galli. 

(g.b.p.) 

Modena, Museo Astronomico e Geofisico: Globo 

celeste di Delemarche, 1847 

orientale del Palazzo Ducale di Modena. 

Sorto nel 1936, con il suo patrimonio di 

strumenti astronomici e ottici, carte 

geografiche e libri scientifici, cimeli e 

quaderni di osservazioni, documenta il 

tipico ambiente di studio scientifico del 

secolo scorso. 

Tra i più interessanti strumenti meritano 

attenzione il cannocchiale di 

Fraunhofer del 1821, i telescopi di 

G.B. Amici del 1815 e, dello stesso anno, 

il cerchio meridiano di Reichenbach ed 

Erfel. Benché l’interesse per l’astronomia 

a Modena abbia radici nel XVI secolo, 

la nascita di un istituto di studi astronomici 

e geofisici si concretizzò solo nel 

corso dell’Ottocento, grazie anche agli 

studi di ottica condotti da Giambattista 

Amici. Istituito formalmente da Francesco 

IV nel 1826, l’Osservatorio Astronomico 

venne affidato alla direzione di 

Giuseppe Bianchi che accanto alle 

osservazioni astronomiche condotte 

con strumenti raffinati, attivò i rilievi 

dei dati meteorologici. Lo sviluppo economico 

di cui beneficiò la città nel corso 

del XIX secolo influì sull’evoluzione 

dell’Osservatorio. Dopo il 1863, durante 

la direzione di Domenico Ragona, 

28 

Modena 

Museo di Anatomia Umana 

Aperto nel 1854 ed arricchito fino al 

1926 per opera dei direttori anatomici 

Paolo Gaddi e Giuseppe Sperino, occupa 

attualmente il primo piano del vecchio 

Istituto universitario di Anatomia 

Umana. I circa millecento pezzi esposti 

documentano i diversi apparati umani. 

Modena, Museo di Anatomia Umana 

29 

Modena 

Museo di Zoologia 

L’istituzione del museo risale alla fine 

del Settecento con lo scopo di conservare 

reperti naturalistici di particolare 

interesse per il territorio locale, per lo 

più donati da cittadini modenesi. Allestito 

nell’ambito del Dipartimento di 

Biologia Animale dell’Università di Mo-



dena, contiene oltre tremila vertebrati 

naturalizzati (uccelli, mammiferi, pesci, 

rettili), circa mille esemplari di vertebrati 

(specialmente pesci e rettili) conservati 

sotto liquido, duecentocinquanta 

scheletri e parti anatomiche di vertebrati, 

alcune centinaia di invertebrati 

conservati in alcool o formalina. Oltre 

ad una considerevole raccolta malacologica, 

il museo conserva una collezione 

entomologica ed una di animali parassiti 

e velenosi. 

(g.b.p.) 

30 

Modena 

Museo di Paleontologia 

Il museo nasce nel 1786, quando il vescovo 

di Modena mons. Fogliani dona al 

rettorato dell’Università degli Studi la 

propria raccolta naturalistica. Alla collezione 

originaria si sono aggiunti in 

seguito numerosi esemplari provenienti 

soprattutto da donazioni da parte di 

diversi docenti di paleontologia dell’Università 

modenese. Nel 1926 il museo 

Modena, Museo di Paleontologia: Pianta dicotiledine, 

Eocene medio 

ha acquisito la collezione malacologica 

Coppi con esemplari provenienti dall’Appennino 

modenese. Nel 1946 pervengono 

al museo i fossili Bentivoglio e 

successivamente le raccolte Montanaro 

Gallitelli. 

L’esposizione è costituita per la maggior 

parte da fossili animali, vertebrati e invertebrati, 

ma non mancano reperti 

vegetali. Notevole la raccolta di pesci e 

delle palme fossili dall’Eocene di Bolca, 

nel territorio veronese. 

(g.b.p.) 

31 

Modena 

Museo di Mineralogia e Geologia 

L’origine del museo risale al 1786, quando 

il vescovo di Modena mons. Fogliani 

lasciò la sua raccolta naturalistica 

all’Università. Nel 1814 la collezione si 

arricchì notevolmente con la donazione 

di una preziosa collezione di minerali 

da parte di Massimiliano, fratello 

del duca Francesco IV d’Austria-Este. 

Fondatore e studioso della paleontologia 

e geologia modenese è stato Pietro 

Doderlein che a metà dell’Ottocento 

raccolse e studiò numerosi fossili. Oltre 

a materiali di carattere regionale, la raccolta 

mineralogica e petrografica comprende 

alcuni pezzi rari, come la 

meteorite caduta ad Albareto di Modena 

nel 1765 e una collezione di zeoliti, 

unica al mondo. 

(g.b.p.) 

32 

Modena 

Orto Botanico 

L’Orto Botanico venne fondato ufficialmente 

dal duca di Modena Francesco III 

nel 1762, ma già dal 1758 Gaetano Rossi 

aveva preso a tenervi le “dimostrazioni” 

delle piante da lui stesso raccolte 

ed ordinate nella parte del Giardino 

Ducale riservata a questo uso. Con la 

riforma degli Istituti Universitari del 

1772 e la contestuale istituzione di un 

corso di materia medica, ove erano previste 

nozioni di chimica e botanica, l’orto 

venne trasferito sotto la giurisdizione 

dell’Università; in quegli stessi anni 

si accrebbe di due serre destinate alla 

flora delicata e di una vasca per le piante 

acquatiche. 

Le sue vicende successive, connesse a 

quelle del ducato e poi del regno, sono 

inoltre legate all’opera dei botanici che 

lo diressero: fra questi si ricordano 

Roberto De Langier, responsabile dell’orientamento 

scientifico, Filippo Re, 

che lo arricchì di nuove collezioni, Giovanni 

Brignoli di Brunhoff, al quale si 

deve l’avvio del Museo Botanico e dell’Erbario. 

Grazie a loro, il patrimonio dell’orto 

ebbe un notevole incremento: 

libri, esemplari di erbario, collezioni di 

semi, frutti, legni ed altri reperti vegetali. 

Le collezioni di piante vive, modificatesi 

nel tempo col mutare degli orientamenti 

scientifici e didattici, attualmente 

superano il migliaio di esemplari. 

Il complesso edilizio più importante dell’orto 

modenese è costituito dalle Serre 

Ducali, edificate nella prima metà dell’Ottocento 

per ospitare un numero 

sempre crescente di esotismi come imponevano 

i principi del collezionismo 

dell’epoca. 

È recente, invece, la costruzione di una 

serra polifunzionale per la coltivazione 

delle piante succulente, esposte secondo 

le strategie adattive, la filogenesi e 

sistematica, i problemi legati all’estinzione. 

Ancor più recente è la serretta a 

clima caldo-umido per la coltivazione 

delle piante carnivore, delle orchidacee, 

delle felci. Il “parterre”, ordinato 

nel 1772, è costituito da una serie di 

aiuole disposte a raggiera intorno ad 

una vasca centrale. Ospita più di settecento 

specie botaniche appartenenti in 

gran parte alla flora europea. L’alboreto, 

infine, ospita quasi duecento essenze 

legnose, nostrane ed esotiche, di 

antica e recente introduzione. 

(m.c.c.) 

D. Dallai, L’Orto Botanico dell’Università di 

Modena. Guida alla visita e note sui recenti 

interventi e sui programmi di attività, Modena 

1990.


73 

34 

Modena 

Museo Lapidario del Duomo 

Modena, Museo Storico dell’Accademia Militare 

33 

Modena 

Museo Storico dell’Accademia 

Militare 

Il museo è allestito nel Palazzo Ducale 

di Modena. Sorto per volontà di Francesco 

I d’Este (1635), l’edificio venne 

costruito in forma di reggia sul luogo 

dell’antico fortilizio estense dall’architetto 

romano Bartolomeo Avanzini, che 

si avvalse di suggerimenti di Bernini e 

Borromini, soprattutto per l’organizzazione 

del cortile, culminato con la 

costruzione dello scalone monumentale 

(1678). Nel 1724, con la messa in opera 

delle sculture di P. Spani detto Clemente, 

venne completata la decorazione 

plastica del prospetto dell’edificio, il 

cui cantiere fu proseguito dagli architetti 

Vigarani, Loraghi, Bezzi, Termanini, 

ed ultimato da G.M. Soli con la sistemazione 

dell’ala orientale del palazzo 

(inizi sec. XIX). Gli interni vennero affrescati 

da Francesco Stringa e Marco 

Antonio Franceschini (1696). Nel 1756 

fu ultimato il “salottino d’oro” alla francese, 

eseguito dallo scultore Antonio 

Salvatori per Francesco III. 

Dal 1862 il palazzo ospita l’Accademia 

Militare. Nelle sale degli appartamenti 

ducali, dove fino al 1880 si conservava 

la quadreria oggi alla Galleria Estense, 

è allestito il museo. Inaugurato nel 1905, 

alla memoria degli ufficiali ex allievi delle 

Accademie Militari caduti in guerra, 

è stato riaperto nel 1988 dopo un meticoloso 

lavoro di riordino. Le raccolte 

sono allestite in nove sale. Sono esposti 

cimeli e ricordi di ex-allievi caduti in età 

risorgimentale, nelle guerre coloniali e 

nei due conflitti mondiali, e i documenti 

relativi alla storia ed alle vicende dell’Accademia 

dal 1863 ai giorni nostri. Vi 

si trovano inoltre divise storiche, una 

collezione di figurini e modelli militari e 

due tricolori, uno donato nel 1849 da 

Carlo Alberto all’Accademia Militare di 

Torino e l’altro, del 1891, dell’Accademia 

di Fanteria e Cavalleria. 

Il percorso espositivo si conclude in 

modo solenne con la “Camera d’oro”, 

nella quale si conservano i ritratti di circa 

cinquecento ufficiali decorati con la 

medaglia d’oro al valor militare, e il 

“Tempio della Gloria”, suggestivo ambiente 

in forma ovale impreziosito da 

colonne, sacrario dei caduti della prima 

guerra mondiale. 

(p.t./s.v.) 

A. Biondi (a cura), Il Palazzo Ducale di Modena, 

Modena 1987. 

Il museo, istituito nel 1951, è attualmente 

sottoposto ad un progetto di riordino 

che prevede un nuovo allestimento 

di tutti i reperti, debitamente restaurati, 

nell’intento di recuperare l’originale 

rapporto sia storico che ambientale 

tra il duomo e l’antico chiostro, sede del 

lapidario, e rendere evidenti, anche tramite 

alcune postazioni informatiche, le 

relazioni tra i singoli frammenti e il loro 

effettivo contesto. 

L’itinerario si apre lungo il fianco sinistro 

della cattedrale di Modena. Tempio 

del potere comunale e tra le più insigni 

espressioni della civiltà romanica padana, 

la chiesa venne edificata a partire 

dal 1099 dall’architetto Lanfranco, il 

quale si avvalse di Wiligelmo e dei suoi 

collaboratori per i rilievi dei prospetti 

dell’edificio. 

La Porta Regia fu aggiunta nel 1178 dai 

maestri campionesi, ai quali pure si 

deve il grande rosone gotico, con vetrate 

di Giovanni da Modena, e il completamento 

della celebre torre campanaria, 

detta della Ghirlandina, iniziata da 

Lanfranco. 

Nell’interno, dove elementi dell’architettura 

borgognona si fondono al tradizionale 

impianto basilicale, si conservano 

importanti opere di B. degli Erri, 

Bonascia, Dossi, Mazzoni e Begarelli. 

Il patrimonio del museo comprende 

sculture e frammenti architettonici datati 

tra il VI e il XV secolo, provenienti 

dalla cattedrale. 

Tra le opere più rilevanti figurano le otto 

grandi metope che decoravano i 

salienti del tetto del duomo. 

Realizzate nella seconda metà del XII 

secolo, simboleggiano le mitiche creature 

che nell’immaginario medievale 

abitavano i confini del mondo conosciuto. 

G. Trovabene, Il Museo Lapidario del Duomo, 

in Modena. I Beni Culturali, Modena 1984.



35 

Modena 

Museo del Combattente 

Istituito ufficialmente nel 1995, il museo 

è ordinato in alcuni ambienti presso 

la Casa del Mutilato, sede dell’Associazione 

Nazionale Combattenti e Reduci. 

Nella raccolta, formatasi già nei 

primi anni Settanta, figurano oltre seimila 

fotografie di carattere bellico che 

documentano i vari fronti, la prigionia, 

momenti della Resistenza e i disastri 

prodotti dai bombardamenti. Copiose 

sono le raccolte di giornali e pubblicazioni 

d’epoca, volantini, e scritti vari. 

Oltre novecento sono gli oggetti esposti, 

monete e tessere annonarie, utensili 

provenienti dai campi di prigionia, 

oltre a divise, mantelline del 1915-18 e 

caschi coloniali e vari equipaggiamenti 

bellici. È esposta una bicicletta originale 

del 1912, come pure l’attrezzatura di 

un soldato sciatore. Particolare valore 

storico ha la divisa di Enrico Marabini, 

ufficiale garibaldino, medaglia d’argento 

per la battaglia della Bezzecca del 

1866. 

(p.t.) 

36 

Modena 

Museo dell’Auto Storica 

“Stanguellini” 

Il museo nasce nel 1996 per volontà di 

Francesco, figlio di Vittorio Stanguellini 

costruttore di automobili da competizione. 

La collezione, che ha sede presso 

la concessionaria Fiat, si compone di una 

trentina di vetture da corsa e coupé, tra 

le quali figurano le prime vetture Sport 

750 e 1100 di derivazione Fiat, il motore 

di intera costruzione Stanguellini del 

1950 e ancora la Stanguellini Junior 

1100 degli anni Sessanta fino alla celebre 

“Colibrì” disegnata da Scaglione e la 

prestigiosa “Formula 3”. Sono presenti, 

oltre ad attrezzi di lavoro e pezzi unici di 

motori, anche documenti fotografici e 

pubblicitari, targhe e diplomi. 

(s.v.) 

37 

Modena 

Museo d’Auto e Moto d’epoca 

“Umberto Panini” 

Il museo, sorto per volontà di Umberto 

Panini, espone circa quaranta auto, 

trenta moto, diverse biciclette ed alcuni 

mezzi militari. La raccolta, ordinata 

presso l’Azienda Agricola Hombre, è 

prevalentemente dedicata alla Maserati, 

di cui viene illustrata la storia dal 

1926 con l’ausilio di pannelli e documenti. 

Tra gli esemplari più notevoli figurano 

una “6 CM” del 1936, una “A6 GCS berlinetta 

Pininfarina” del 1953, la “420M 

58 Eldorado”, oltre a vari prototipi mai 

realizzati tra cui la “Chubasco del 1990”. 

Altre vetture completano la collezione: 

una “Mercedes 300 S1 gullwing”, una 

“BMW 507 roadster” e varie automobili 

americane ed europee. 

(s.v.) 

38 

Modena 

(Villanova) 

Museo dei Presepi 

Il museo, fondato da Don Sesto Serri nel 

1972, ha sede nell’ex-asilo parrocchiale, 

all’interno del parco a fianco della 

chiesa parrocchiale di Villanova. Qui 

sono raccolti oltre cento presepi di varie 

epoche, provenienti da tutto il mondo. 

Di notevole interesse sono le sculture 

napoletane (circa una settantina) databili 

tra Sei e Settecento. 

Rilevanti sono il presepio palestinese, il 

grande presepio ambientato nella Piazza 

Grande di Modena dell’Ottocento, 

realizzato da R. Minutolo, come pure 

quello ambientato nella Roma del secolo 

scorso. Nella collezione si conserva 

anche un gruppo ligneo del XIV secolo, 

raffigurante Madonna con Bambino. 

Sono inoltre presenti icone russe e 

dipinti di naïfs slavi. 

(e.l.) 

Montefiorino, Museo della Repubblica Partigiana 

di Montefiorino 

39 

Montefiorino 

Museo della Repubblica 

Partigiana di Montefiorino 

Il museo, ospitato in alcuni locali della 

duecentesca rocca dei Montecuccoli, è 

stato inaugurato nel 1979 e riallestito nel 

1994, in occasione delle Celebrazioni per 

il 50° anniversario della Repubblica Partigiana 

di Montefiorino (18 giugno - 2 agosto 

1944). I temi sviluppati dal percorso 

espositivo - ulteriormente ampliato nel 

1996 con l’aggiunta di due sale introduttive 

dedicate alla Resistenza e alle zone 

libere - seguono un criterio sia cronologico 

che tematico. 

La Resistenza nell’Appennino modenese 

e reggiano, i partigiani sulla linea gotica, 

la zona libera di Montefiorino, gli aspetti 

sociali sono illustrati tramite fotografie, 

documenti, cimeli, armi, oggetti di equipaggiamento 

e ritratti, raccordati da brevi 

testi narrativi. Leggii tematici consentono 

di approfondire gli argomenti trattati 

attraverso la riproduzione dei documenti 

più significativi, insieme a tre punti 

video che trasmettono le testimonianze 

dei protagonisti. Un plastico in terra-


75 

cotta riproduce il territorio teatro degli 

eventi. In località Monchio, già zona libera, 

sorge il “Memorial Santa Giulia - Sculture 

per la Resistenza”, un complesso di 

quattordici giganteschi monoliti d’arenaria 

disposti ai piedi della salita per la chiesa 

omonima, eseguiti da scultori italiani 

e stranieri a ricordo dell’eccidio compiuto 

nella zona. 

(p.t.) 

Dal Museo di Montefiorino al Parco di S. Giulia 

- Provincia di Modena, itinerari della Resistenza, 

Modena s.d. 

40 

Montese 

Museo Storico di Montese 

Il museo è allestito nella rocca dei Montecuccoli, 

edificata a partire dal XII secolo 

all’incrocio dei due percorsi medievali 

diretti al passo della Calanca e al Frignano. 

Ricostruita nel 1394 dai Montecuccoli, 

cui era stata concessa in feudo 

nel 1212, ha subito nel 1885 il completo 

ripristino della torre merlata, peraltro 

fatiscente dal XVI secolo, e di gran parte 

del fortilizio. D’un certo interesse la 

sobria facciata del palazzo feudale, la 

porta di accesso a sesto acuto e l’antica 

cisterna del castello. L’intero complesso, 

definitivamente restaurato in questi 

ultimi anni, ospita importanti rassegne 

di arte contemporanea e un qualificato 

programma di musica classica e di jazz. 

Inaugurato nell’aprile del 1999, il museo 

presenta un percorso espositivo articolato 

in sei spazi tematici. 

Il primo, intitolato “insediamenti e territorio”, 

illustra tramite mappe appositamente 

predisposte la preistoria, l’età 

etrusca e romana, la presenza di pievi e 

oratori, le fortificazioni e le emergenze 

naturalistiche del comprensorio. 

Il secondo, dedicato alla cultura materiale 

e all’economia dell’acqua, racconta 

i cicli del pane, della castagna, e propone 

i risultati di un censimento dei mulini 

nel territorio montesino. Segue poi 

l’ampia sezione storica nella quale, insieme 

all’analisi degli avvenimenti, vengono 

presentati oggetti significativi dell’equipaggiamento 

in dotazione agli eserciti 

tedesco e americano: alcune teche 

conservano giornali, riviste, manifesti e 

documenti di propaganda di tutte le parti 

in conflitto. Due ampie mappe, realizzate 

da giovani artisti, descrivono le fasi 

delle operazioni militari nel Mediterraneo 

e in Italia negli anni 1939-1945. 

Un’intera sala è dedicata alla partecipazione 

del Corpo di Spedizione Brasiliano 

(FEB) alla Campagna d’Italia e al ruolo 

avuto nella liberazione di Montese. 

Diorami rievocano ambienti tipici della 

guerra in montagna mentre un plastico 

illustra le tappe dell’avanzata brasiliana 

lungo il fronte appenninico dal novembre 

1944 all’aprile 1945. Chiudono l’allestimento 

gli anni della ricostruzione e 

del ritorno della democrazia nel paese. 

Sul Montello, a quota 919 metri poco distante 

dal museo e di notevole bellezza 

paesaggistica, l’Istituto ha effettuato il 

primo intervento di recupero di un’area 

interamente fortificata dai tedeschi: 

sentieri attrezzati, pannelli esplicativi e 

dépliant illustrativi permettono ai visitatori 

di comprendere dal vivo la dura 

realtà del fronte. 

(v.p.) 

41 

Montese 

Forum Artis Museum 

L’esposizione, inaugurata nel 1995, è 

allestita nell’ambito della Rocca dei 

Montecuccoli e documenta con circa 

cento opere plastiche varie tendenze 

artistiche d’avanguardia. Sono presenti 

artisti contemporanei in rappresentanza 

di sedici stati. 

Nata da un’iniziativa ideata da Fabio 

Tedeschi, la mostra permanente si articola 

in diverse linee di percorso, dalle 

esperienze creative neo-formali all’arte 

concettuale, all’“open sculpture” ed “interior 

sculputure” e così via. Il museo, che 

promuove annualmente rassegne temporanee 

di sculture, si propone come atto 

costitutivo iniziale di una Galleria comunale 

d’Arte Contemporanea. 

(s.v.) 

42 

Montese 

Museo Augusto Righi 

La raccolta di materiali sulla figura dell’eminente 

fisico bolognese è ordinata 

in alcuni ambienti comunali, presso il 

gruppo culturale “Il Trebbo”. Inaugurata 

nel 1996, con il sostanziale contributo 

dell’Istituto di Fisica dell’ateneo bolognese, 

conserva numerose fotografie e 

pubblicazioni inerenti le ricerche dello 

scienziato del quale sono stati anche 

riprodotti due apparecchi: del 1893 è 

l’oscillatore a tre scintille atto a generare 

onde elettromagnetiche e a captarle, 

e un pendolo per lo studio della composizione 

di due moti pendolari ortogonali. 

Vi sono, inoltre, strumenti legati al 

territorio montesino, ad opera di Salvatore 

Pincherle, matematico di fama 

mondiale, e di Fausto Morini, già direttore 

dell’Istituto di Botanica presso l’Università 

di Bologna. 

(s.v.) 

43 

Montese 

(Iola) 

Raccolta di Cose Montesine 

Il museo, ordinato nella seicentesca canonica 

della chiesa parrocchiale di 

Iola, contiene una ricca documentazione 

del territorio montesino, raccolta 

da componenti del gruppo culturale 

“Il Trebbo”. 

I materiali in mostra vanno dalla geologia 

e paleontologia alla flora e fauna, ai 

documenti e cimeli della seconda guerra 

mondiale, alla vita ed al lavoro contadini, 

agli ambienti dei mestieri tradizionali. 

(s.v.)



44 

Nonantola 

Antiquarium 

L’antiquarium, istituito nel 1990, è allestito 

nella Sala degli Affreschi del Palazzo 

Comunale, corrispondente all’antico 

refettorio del monastero benedettino 

fondato dal re longobardo Anselmo nel 

752. Si conservano reperti dell’età del 

Bronzo medio, tardo-villanoviani ed e- 

truschi, ma soprattutto d’età romana 

con oggetti d’uso domestico, strumenti 

di lavoro e materiali legati all’edilizia. Di 

eccezionale interesse è la lamina aurea 

proveniente dall’insediamento terramaricolo 

di Redù. 

Il ricco apparato didascalico illustra e 

spiega i diversi momenti storici e le loro 

perculiari caratteristiche. 

Un’aula didattica appositamente attrezzata 

è a disposizione delle classi scolastiche 

che vogliano realizzare in museo 

un momento di approfondimento e di 

laboratorio. 

(m.l.p.) 

45 

Nonantola 

Tesoro dell’Abbazia 

di San Silvestro 

Importante centro di vita politica e religiosa, 

l’abbazia benedettina di Nonantola, 

consacrata nel 753, fu al centro di 

importanti eventi politici e religiosi. 

Distrutta dagli ungari nell’889 e ricostruita, 

grazie ai conti di Canossa, divenne 

un centro di cultura monastica di primaria 

importanza. Riedificata nel 1117, 

nel 1514 passò ai cistercensi che vi rimasero 

fino alla soppressione nel 1769. 

L’edificio, pur rimaneggiato nel XVIII secolo, 

costituisce un esempio significativo 

di architettura romanica d’ambito 

padano, in parte conservato nell’antico 

monastero benedettino, nonostante le 

alterazioni subite tra il 1914 e il 1917. 

La chiesa, a pianta basilicale a tre navate, 

è caratterizzata da una cripta costituita 

da volte sostenute da colonne decorate 

da capitelli dell’VIII secolo. Vi si 

conserva un pregevole affresco di Michele 

di Matteo del 1460. 

Nel Tesoro dell’Abbazia sono custoditi 

arredi, paramenti e rari esempi di oreficeria 

liturgica del X e XI secolo, tra i 

quali due stauroteche bizantine ornate 

di smalti, il reliquiario in lamina d’argento 

del braccio di S. Silvestro opera 

di Giuliano da Bologna del 1272, la cassetta 

d’avorio decorata e la lipsanoteca 

in argento sbalzato con le reliquie dei 

Santi Senesio e Teopompo dell’XI secolo. 

Nell’archivio abbaziale sono conservate 

oltre settemila pergamene, diplomi 

imperiali, bolle e codici relativi alle 

vicende del monastero dall’VIII secolo. 

Notevoli l’Evangeliario miniato di 

Matilde di Canossa con legatura in 

argento sbalzato e il graduale con canti 

gregoriani rilegato in lamine d’avorio 

del X secolo. Da segnalare, inoltre, nella 

Sala Verde del palazzo abbaziale, il 

celebre dipinto di Ludovico Carracci 

con S. Carlo Borromeo tra gli appestati 

(1612). 

(f.b.) 

Nonantola, Abbazia di S. Silvestro: Evangeliario 

di Matilde di Canossa, prima metà del XII 

secolo 

46 

Pavullo nel Frignano 

Museo Naturalistico 

del Frignano 

Istituito nel 1982 da privati d’intesa con 

l’Amministrazione comunale e l’Accademia 

“Lo Scoltenna”, con l’obiettivo di 

documentare la storia e la realtà faunistico 

vegetazionale del territorio frignanese 

(della quale offre un esempio il Parco 

Ducale di Pavullo), il museo è collocato 

al secondo piano del Convento dei 

Cappuccini. Qui sono ordinati materiali 

di prevalente valenza locale e regionale, 

provenienti dalle ricerche di diversi collezionisti 

in campo botanico, tra i quali 

mons. Adolfo Lunardi (1878-1956), Domenico 

Riva (1856-1895), Vittorio Mori 

(1898-1981) e don Alberto Cortesi, oltre 

che da recuperi da parte del Corpo Forestale 

dello Stato. 

(g.b.p.) 

47 

Ravarino 

Mostra Storico-Didattica 

La mostra storico-didattica permanente 

consegue all’attività di ricerca programmata 

tra gli anni Settanta e Ottanta dall’Amministrazione 

comunale e dal Consiglio 

di interclasse delle scuole locali, eseguita 

dal Gruppo comunale per la ricerca 

antropostorica, dagli alunni delle scuole e 

dalle loro famiglie, con la collaborazione di 

tutti i cittadini. Dalle esposizioni realizzate 

in tale contesto di ricerca e di studio, ha 

preso corpo la mostra permanente di 

materiali paleontologici e archeologici 

d’età romana e medievale. Si tratta di frammenti 

di suppellettili, vasi, oggetti in 

metallo, lucerne, che consentono di ricostruire, 

con una certa efficacia sul piano 

didattico, alcuni aspetti della vita quotidiana 

delle popolazioni antiche in ambito 

locale. Il percorso è teso a ricostruire, in 

sintesi, i momenti più salienti della storia 

e del popolamento del territorio in relazione 

anche alle testimonianze che illustrano 

lo sviluppo dei luoghi limitrofi. 

(m.l.p.)


77 

48 

San Felice sul Panaro 

Mostra Archeologica 

“Giuseppe Venturini” 

La mostra, di recente inaugurata nei 

locali del maschio della Rocca estense, 

è intitolata a Giuseppe Venturini (1877- 

1965), studioso e storico locale. In permanenza 

sono ordinati materiali di provenienza 

locale, in parte appartenenti 

alla collezione dello stesso Venturini, in 

parte risultato di prospezioni e di ricerche 

locali dovute a gruppi di volontari e 

ricercatori. 

I reperti rinvenuti contribuiscono a 

definire il quadro del popolamento 

antico nell’area. Sono documentati insediamenti 

di diversa importanza, il 

progredire dell’organizzazione territoriale 

ed economica, gli usi, i costumi, la 

religiosità dall’età preistorica alla tarda 

romanità. 

(m.l.p.) 

49 

Sassuolo 


dell’Industria Italiana 

della Piastrella di Ceramica 

Sorto per volontà della Assopiastrelle e 

del Comune di Sassuolo nel 1995, il Centro 

ha sede nella cascina di caccia cinquecentesca 

di Ercole Pio, signore di 

Sassuolo. 

Oltre ad una sezione storica, che documenta 

gli aspetti tecnici della lavorazione 

ceramica dall’antichità ai giorni 

nostri, il Centro ospita anche una biblioteca 

ed un archivio specializzati. 

Sono in esposizione oltre mille esemplari 

di piastrelle, create da noti architetti, 

designer, artisti e stilisti del Novecento 

e contemporanei, tra i quali 

Ponti, Guttuso, Valentino, Versace, Munari. 

(e.l.) 

Centro di Documentazione dell’Industria Italiana 

delle Piastrelle di Ceramica, Sassuolo 

1997 

Savignano sul Panaro, Museo dell’Elefante 

50 

Savignano sul Panaro 

Museo dell’Elefante 

Il museo, di recente ampliato e riordinato 

presso il Centro Civico, propone un 

interessante percorso sulla filogenesi 

dei proboscidati. Al centro dell’attenzione 

si pone lo scheletro di un elefante 

dell’età pliocenica, ritrovato nel 1980 

in località Bocchirolo sul fiume Panaro. 

Si conserva anche una copia della famosa 

“Venere” di Savignano, figura femminile 

del paleolitico superiore, oggi al 

Museo Pigorini di Roma, che fu trovata 

nel Panaro nel 1925. 

(m.l.p.) 

Nel segno dell’Elefante. Geologia, paleontologia 

e archeologia del territorio di Savignano sul 

Panaro, Savignano sul Panaro 1990; L’elefante 

di Savignano, s.l., s.d. 

51 

Sestola 

Museo della Civiltà Montanara 

Il museo è allestito nell’ex scuderia del 

Palazzo del Governatore, nel complesso 

della Rocca di Sestola. La raccolta, qui 

collocata dal 1986, si è formata da un 

nucleo originario di attrezzi del lavoro 

contadino e artigiano reperiti dalla cooperativa 

culturale “Scamadul”, cui il 

comune affida la gestione del museo. In 

seguito a depositi e donazioni si sono 

aggiunti alla collezione altri materiali, 

organizzati in sei sezioni, suddivise in 

altrettante sale allestite secondo criteri 

di ricostruzione ambientale. Complessivamente 

il patrimonio del museo supera 

oggi i millecinquecento pezzi. Oltre alle 

botteghe artigiane del fabbro, del falegname, 

del calzolaio, sono stati rievocati 

alcuni ambienti della casa rurale, la cucina, 

la camera da letto, la cantina, la stalla. 

Una sezione dedicata alla tela, la lana 

e il cucito, espone telai e strumenti per la 

tessitura; slitte, sci e vari attrezzi illustrano, 

invece, un interessante settore 

intitolato “La neve e il ghiaccio”. 

(m.t.f.) 

52 

Sestola 

Museo degli Strumenti Musicali 

Meccanici 

Il museo, costituito da una parte della 

collezione degli strumenti musicali 

meccanici dell’olandese Eduard Thoe-



nes, è allestito al piano superiore del 

Castello di Sestola. Documentato già nel 

IX secolo, il fortilizio è stato restaurato 

secondo i criteri dell’edilizia fortificata 

rinascimentale, tuttora evidenti nella 

cinta muraria a contrafforti dominata da 

una torre circolare. 

Sono oltre cento i pezzi esposti, databili 

dagli inizi del XVII secolo fino ai nostri 

giorni, che documentano l’evoluzione 

della tecnica e della meccanica applicate 

alla costruzione di apparecchi per la 

riproduzione dei suoni e della musica. 

Dagli organetti ai piani a cilindro (che 

utilizzano un meccanismo che consente 

alla macchina di leggere la musica e 

dunque di suonare senza il musicista), 

agli autopiani, ai fonografi e ai grammofoni, 

gli strumenti esposti - quasi tutti 

funzionanti - possono essere ascoltati 

durante il percorso di visita. 

(p.t.) 

53 

Spilamberto 

Mostra Archeologica del Fiume 

Panaro 

La mostra, allestita in forma permanente 

al piano terra del torrione medievale, 

nasce alla fine degli anni Settanta a 

seguito delle ricognizioni sul terreno e 

dei rinvenimenti effettuati dalla competente 

Soprintendenza nella zona del 

Panaro. I materiali raccolti costituiscono 

una rilevante documentazione sullo 

sviluppo dell’insediamento dalla preistoria 

all’età classica. 

È possibile apprezzare l’evoluzione dell’organizzazione 

territoriale e le caratteristiche 

delle diverse popolazioni, da 

quelle preistoriche sino all’organizzazione 

fondiaria romana. Oltre a due pozzi 

d’acqua, uno parzialmente ricostruito, 

con relativi reperti, tra gli oggetti 

esposti figurano corredi funebri di sepolcri 

dell’eneolitico: vasi troncoconici 

e boccali in terracotta, lame di selce, 

rame ed osso. 

(m.l.p.) 

Archeologia nel fiume Panaro, catalogo della 

mostra, Spilimberto 1979; B. Bagolini (a cura), Il 

Neolitico e l’Età del Rame. Ricerca a Spilimberto 

e S. Cesario 1977-1980, Bologna 1981; B. 

Bagolini (a cura), Archeologia a Spilimberto. 

Ricerche nel territorio (Spilimberto - S. Cesario), 

Bologna 1984. 

54 

Vignola 

Museo Civico 

Il museo è stato istituito nel 1978 per 

iniziativa del Gruppo Vignolese Ricerche 

d’intesa con l’Amministrazione Comunale, 

con l’intento di conservare e 

valorizzare un cospicuo nucleo di reperti 

geopaleontologici del fiume Panaro e 

delle aree limitrofe. Dopo una serie di 

mostre temporanee ed itineranti, nel 

1986, si perviene all’apertura al pubblico 

di un’esposizione permanente al 

secondo piano della palazzina che ospita 

gli uffici comunali. 

I materiali del museo risalgono all’ambito 

geologico e paleontologico con particolare 

riferimento alle aree dell’Appennino 

modenese e al bacino fossilifero 

del Panaro. 

Il percorso espositivo è articolato in due 

ambienti dedicati rispettivamente alla 

paleontologia e alla mineralogia. 

Un primo settore illustra i concetti 

scientifici generali; una seconda parte 

riguarda l’ambito locale. La paleontologia 

è introdotta da una serie di pannelli 

relativi alla formazione dei fossili. Tre 

bacheche presentano reperti di provenienza 

estera, relativi alle ere paleozoica, 

mesozoica e cenozoica collegate 

all’illustrazione grafica del tempo geologico 

in senso bioevolutivo. 

La paleontologia locale è documentata 

dai fossili del Panaro rinvenuti nelle 

aree di Vignola e di Marano. 

Tra i reperti fossili si segnalano una 

mandibola di tapiro, ritrovata nel 1987, 

ed una costola di cetaceo. 

(g.b.p.)



Provincia di Bologna


Provincia di Bologna 

1 

Argelato 

(Funo) 


e della Canapa 

“Giuseppe Romagnoli” 

Il museo è stato fondato dall’imprenditore 

Giuseppe Romagnoli, appassionato 

collezionista di oggetti del lavoro contadino 

della pianura bolognese. Il patrimonio 

raccolto, quantificabile in circa quattromila 

pezzi, consta in prevalenza di suppellettili 

e strumenti relativi alle varie fasi 

del ciclo della lavorazione della canapa. 

Un ampio spazio è dedicato alla vite e al 

vino, specialmente alla cantina, documentata 

con botti, torchi, fiaschi, bicchieri 

e misure. Di particolare interesse 

sono quindici locomobili restaurate e perfettamente 

funzionanti, collocate presso 

una casa colonica di proprietà della famiglia 

a Castagnolo Minore di Bentivoglio. 

Notevoli anche alcuni modellini di macchine 

agricole, costruiti da operai della 

fabbrica del collezionista. 

(m.t.f.) 

G. Romagnoli, Storia di una fibra prestigiosa 

nella civiltà contadina bolognese: la canapa, 

Bologna 1976. 

2 

Bazzano 


“Arsenio Crespellani” 

Il museo ha sede nella rocca voluta da 

Giovanni II Bentivoglio e terminata nel 

1490. La massiccia costruzione fu eretta 

sul poggio che domina Bazzano, nel 

luogo di un precedente edificio tardoduecentesco. 

Nel piano nobile, alcune 

sale sono affrescate con figure di guerrieri 

(Sala dei Giganti), stemmi ed elementi 

araldici. L’origine del museo risale 

alla fine del secolo scorso. Denominato 

“Museo degli Scavi Sociali”, fu 

destinato a raccogliere il materiale che, 

recuperato dalla locale Società per gli 

scavi archeologici, costituita dal modenese 

Arsenio Crespellani, forma ancor 

oggi il nucleo principale della raccolta. 

Bentivoglio (San Marino), Museo della Civiltà Contadina 

Il museo si divide in due sezioni: archeologica 

e di storia moderna. La prima si 

articola cronologicamente in tre nuclei: 

quello preprotostorico raccoglie il materiale 

proveniente dal territorio bazzanese 

e collocabile tra il paleolitico inferiore 

e la seconda età del Ferro, con una 

netta prevalenza per la documentazione 

dell’età del Bronzo. 

Il materiale romano deriva, per la maggior 

parte, dagli scavi ottocenteschi dei 

due pozzi “Sgolfo” e “Casini”, che restituirono 

anfore, brocche, bottiglie, boccali, 

utensili in ferro, scalpelli, asce, chiavi, 

pesi di piombo e una serie di vasi in 

bronzo databili fra il I e il V secolo d.C. 

La sezione di storia moderna, che conserva 

una piccola raccolta di armi e divise 

del XIX secolo, è stata integrata nel 

1983 da testimonianze sull’economia, la 

società e la realtà politica locale postunitaria, 

esposte nella parte della raccolta 

intitolata “In nome del re. Bazzano al 

tempo della statistica del Regno d’Italia: 

1860-1870”. 

(m.p.g.) 

La Rocca Bentivolesca e il Museo Civico «A. 

Crespellani» di Bazzano, Bologna, s.d.; S. 

Santoro Bianchi (a cura), Un secolo di archeologia: 

dall’album all’informatica, Bologna 

1992. 

3 

Bentivoglio 

(San Marino) 


Il museo è stato istituito nel 1975. Fin 

dagli anni Sessanta un’associazione di 

contadini ed ex contadini (“Gruppo della 

stadura”) aveva iniziato la raccolta di 

materiali e suppellettili nelle campagne 

della zona. L’intervento di studiosi riuniti 

intorno alla cattedra di Storia Economica 

di Bologna (il “Centro Economia, 

Società, Tecnologie”), nel riconoscere 

il valore storico e documentale 

della raccolta, oltre alle sue potenzialità 

didattiche, favorì la costituzione del 

museo, che si dette una forma gestionale 

inedita per quel tempo con l’associazione 

di enti pubblici e privati. Nel 

1998 è stata creata l’“Istituzione Villa 

Smeraldi”. L’efficacia del museo consiste 

nella semplicità delle sue coordinate 

concettuali. Una cornice territoriale 

precisa: la pianura a nord di Bologna 

bonificata nel XVIII secolo; un contratto 

di lavoro: la mezzadria, in vigore per 

oltre sette secoli, durante i quali modi 

di vita e di produzione hanno subito 

scarse modifiche; i sistemi colturali e i

Provincia di Bologna MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

81 

prodotti relativi: il grano e la vite e, in 

modo fortemente specializzato fino al 

secondo dopoguerra, la canapa. Il tutto 

viene presentato alla luce del rapporto 

che legava la campagna alla città. 

Praticando la raccolta degli oggetti conformemente 

a questi criteri, il museo ha 

perseguito fin dalla sua fondazione l’ambizioso 

obiettivo di coniugare la ricerca 

storiografica con l’attività espositiva e 

didattica propria di un museo modernamente 

inteso, presentando l’innovazione 

tecnologica come il risultato di 

dinamiche sociali e culturali complesse. 

A differenza della maggior parte dei 

musei del settore, a Villa Smeraldi le 

tecniche agrarie e lavorative del passato 

non sono al primo posto nell’esposizione; 

l’accento è invece posto sulla storia, 

all’interno della quale le vicende dell’innovazione 

si dipanano. 

La raccolta ammonta ad oltre cinquemila 

oggetti, comprendenti attrezzi, 

grandi macchine, mobili e suppellettili. 

Esistono una biblioteca storica specializzata 

(oltre tremila volumi e riviste italiane 

ed estere) comprendente un consistente 

numero di opuscoli ereditati 

dalle cattedre ambulanti di Agricoltura 

ed un ricco Archivio fotografico. 

Sono presenti stoffe, costumi, tappezzerie, 

nonché stampe, incisioni e matrici. 

Il museo dispone, inoltre, di diverse 

pubblicazioni relative ad esposizioni 

temporanee, di uno schedario inventariale 

catalografico e di videocassette 

tematiche. 

(m.t.f.) 

Poggi, dell’Istituto delle Scienze dal 

quale sarebbero poi discesi i momenti 

più importanti della formazione e dello 

sviluppo delle istituzioni culturali bolognesi: 

la Biblioteca Universitaria, l’Accademia 

di Belle Arti, il Conservatorio 

musicale e la Pinacoteca, istituita presso 

il noviziato gesuitico di S. Ignazio 

come quadreria della stessa Accademia. 

Quest’ultima, sorta nel 1804 sulla soppressa 

Accademia Clementina, fu istituita 

nel 1710 per iniziativa di Giampietro 

Zanotti sotto la protezione di Clemente 

XI. Già nel 1796, il Senato bolognese 

aveva provveduto a riunire in 

pubblica collezione i dipinti degli edifici 

religiosi soppressi, insieme a quelli 

dell’Istituto delle Scienze. Nel 1882, la 

separazione delle accademie dagli istituti 

per la conservazione portò alla 

nascita del museo moderno. Nel 1884 si 

aggiunse la donazione Zambeccari: la 

seconda in ordine di tempo, in quanto 

già nel 1762 mons. Francesco Zambeccari 

aveva devoluto all’Accademia un 

primo nucleo di dipinti, incrementati da 

quelli di provenienza Savorgnan, Casali 

e dalle opere regalate dagli accademici 

d’onore. Nei primi due decenni del 

Novecento, soprintendente Malaguzzi 

Valeri, la sede della pinacoteca fu 

ammodernata da Edoardo Collamarini 

Il museo della civiltà contadina di San Marino 

di Bentivoglio, Bologna s.d.; C. Poni, Per 

un archivio popolare: il Museo di San Marino 

di Bentivoglio, «Quaderni Storici», n. 31, gennaio-aprile 

1976. 

4 

Bologna 

Pinacoteca Nazionale 

Le origini del museo vanno rintracciate 

nelle attività promosse da Luigi Ferdinando 

Marsili, che nel 1711 portarono 

alla fondazione, all’interno di Palazzo 

Bologna, Pinacoteca Nazionale: Vitale da Bologna, San Giorgio e il Drago, 1335-40



Bologna, Pinacoteca Nazionale: Ercole de’ Roberti, Maddalena piangente, 1478-83 c. 

Bologna, Pinacoteca Nazionale: Raffaello, E- 

stasi di Santa Cecilia, 1515 c. 

Bologna, Pinacoteca Nazionale: Guido Reni, 

Strage degli Innocenti, 1611 

e di nuovo ristrutturata alla fine degli 

anni Sessanta per opera di Cesare Gnudi 

e dell’architetto Leone Pancaldi. Nel 

1988 prima, e poi nell’ultimo periodo, 

hanno avuto luogo ulteriori lavori di 

ampliamento. Il percorso espositivo si 

apre sulla sezione dei primitivi, inaugurata 

da due Crocefissi del XIII secolo, 

nella maniera di Giunta Pisano. Seguono 

le sale dedicate al Trecento bolognese: 

dalle opere dello pseudo Jacopino 

a Vitale da Bologna, rappresentato 

da alcune tavole (S. Giorgio) e dagli 

affreschi già in S. Apollonia a Mezzaratta, 

staccati e ricomposti secondo la 

struttura originale (Presepe, Storie del 

Vecchio e del Nuovo Testamento, 1338- 

1340 ca.). Tra il 1333 e il 1334 si data il 

polittico di Giotto (Madonna col Bambino 

e Santi), esposto insieme ad opere 

di Lorenzo Veneziano, Lorenzo Monaco, 

Andrea di Bartolo. Nella sezione rinascimentale, 

oltre al polittico di Antonio 

e Bartolomeo Vivarini (1450), figurano 

tavole di Cima da Conegliano e Marco 

Zoppo. Francesco del Cossa (Pala dei 

Mercanti, 1474), Costa, Francia, de 

Roberti, Aspertini rappresentano il proto 

classicismo bolognese, interrotto 

dall’ Estasi di S. Cecilia (1513) di Raffaello, 

esposta con la pala del Perugino 

(1495 ca.). Opere di Ortolano, Garofalo, 

Innocenzo da Imola, Bagnacavallo 

svolgono la lezione del raffaellismo; è 

poi la volta di Parmigianino, Niccolò dell’Abate, 

Tibaldi. Importanti pale di Ludovico 

(Madonna Bargellini), Annibale 

e Agostino Carracci sono esposte 

nella sezione monotematica collegata al 

corridoio tramite la grande sala dedicata 

a Guido Reni. Da qui si diparte il corridoio 

che porta all’aula didattica Cesare 

Gnudi, dove si allineano opere di 

Ludovico Carracci, Albani, Domenichino, 

Guercino, protagonista della seconda 

sala sul corridoio con tele di Pasinelli, 

Burrini, Giuseppe Maria Crespi, Cignani, 

Franceschini, dal Sole, Sebastiano 

Ricci. L’ultima sezione è dedicata alla 

fase più avanzata della pittura bolognese, 

rappresentata da Luigi Crespi, dai 

tre Gandolfi, Ubaldo, Gaetano, Mauro, 

fino a Felice Giani.


83 

Gabinetto dei Disegni 

e delle Stampe 

Primo nucleo della raccolta delle incisioni 

fu il fondo grafico formato alla fine 

del Seicento dal pittore Pier Francesco 

Cavazza, direttore dell’Accademia Clementina. 

Tra il 1755 e il 1756 la collezione 

venne incrementata da Benedetto 

XIV che la lasciò all’Istituto delle 

Scienze. Nel 1789 l’Istituto acquistò gran 

parte del fondo Savioli, cui si aggiunsero 

la donazione napoleonica, i duecentoquaranta 

fogli Rosaspina e i dodicimila 

esemplari della Calcografia Pontificia 

donati da Pio IX. Nel 1884 venne formalmente 

acquisita la serie delle stampe 

Lambertini. Attualmente, il Gabinetto 

delle Stampe conserva circa trentamila 

incisioni, tra le quali importanti 

opere tedesche e fiamminghe. La produzione 

italiana è rappresentata, tra gli 

altri, da Mantegna, Jacopo De’ Barbari, 

Stefano Della Bella, Castiglione, Salvator 

Rosa, Grechetto, Tiepolo. Nell’ambito 

della scuola bolognese ed emiliana 

figurano stampe di Marcantonio Raimondi, 

l’opera quasi completa dei Carracci, 

numerosi fogli di Cantarini, Reni, 

Guercino. La sezione dei disegni conserva 

circa dodicimila studi di varie epoche 

e scuole: al nucleo originario di provenienza 

soppressiva si aggiunsero le 

raccolte Piancastelli (1916), Sampietro 

(1917), Faccioli (1918), Muzzi (1927), 

Marchesini (1932), Bloch (1959) e le 

consistenti cartelle Serra (1922). La sezione 

locale è rappresentata dal XVI al 

XIX secolo con opere di Aspertini, Carracci, 

Domenichino, Reni, Guercino, 

Gennari, Cantarini, Pasinelli, Franceschini, 

Crespi, Bigari, Gandolfi, Giani, 

Muzzi, Serra e molti altri. 

Sezione Espositiva e Didattica 

La Sezione Espositiva e Didattica ha 

sede presso il Palazzo Pepoli Campogrande, 

che ospita anche i servizi di 

documentazione della pinacoteca oltre 

al Nucleo Carabinieri per la Tutela del 

Patrimonio Artistico. Palazzo Pepoli 

Campogrande è tra le più insigni dimore 

senatorie bolognesi. Venne costruito 

nella seconda metà del XVII secolo su 

commissione del conte Odoardo Pepoli. 

Giovanni Battista Albertoni progettò la 

facciata, Gian Giacomo Monti l’atrio e 

Francesco Angelini la galleria al piano 

nobile. L’interno dell’edificio contiene 

importanti cicli decorativi. Nel 1665, 

Domenico Maria Canuti affrescò sulla 

volta dello scalone i Trionfi di Taddeo 

Pepoli, dipingendo dopo un anno sul soffitto 

del salone d’onore, insieme al quadraturista 

Domenico Santi detto il Mengazzino, 

L’Apoteosi di Ercole, generalmente 

ritenuto il soffitto più rappresentativo 

della civiltà barocca bolognese. 

Gli affreschi di soggetto mitologico, eseguiti 

nel 1702 da Giuseppe Maria Crespi 

nelle sale contigue (L’Allegoria delle 

Stagioni, L’Olimpo), caratterizzati da 

toni trasgressivi e popolareschi, sono 

considerati tra i capolavori giovanili dell’artista. 

Nel 1708, Donato Creti e Marcantonio 

Chiarini dipinsero la volta di 

una sala con l’episodio di Alessandro 

che taglia il nodo di Gordio e i soffitti 

di alcune stanze minori. 

(m.l.p./e.l.) 

A. Emiliani, La Pinacoteca Nazionale di Bologna, 

Bologna 1967; A. Emiliani, La Pinacoteca Nazionale 

di Bologna, Bologna 1972; C. Bernardini, R. 

D’Amico, G. Degli Esposti, A. Mazza, M. Medica, C. 

Pirani (a cura), La Pinacoteca Nazionale di Bologna, 

Bologna 1987; A. Emiliani, Il Politecnico delle 

Arti. Un libro bianco per la Pinacoteca nazionale 

e l’Accademia di Belle Arti di Bologna, Bologna 

1989; A Emiliani (a cura), La Pinacoteca 

Nazionale di Bologna, Milano 1997; E. Fiori (a cura), 

La Pinacoteca Nazionale di Bologna, Firenze 

1997; G.P. Cammarota, Le origini della Pinacoteca 

Nazionale di Bologna, Bologna 1998. 

Bologna, Palazzo Pepoli Campogrande: Domenico Maria Canuti, Trionfo di Ercole, 1666



Bologna, Museo Civico Archeologico: Anfora 

attica a figure nere 

5 

Bologna 


Il museo, ospitato nel quattrocentesco 

Palazzo dell’Ospedale di Santa Maria della 

Morte - edificio quattrocentesco ristrutturato 

nel 1875 - nasce nel 1881 dalla 

fusione di due musei, quello Universitario, 

erede della “Stanza delle Antichità” 

dell’“Accademia delle Scienze” fondata 

da Luigi Ferdinando Marsili (1714), e 

quello Comunale, da poco arricchitosi 

della grande collezione del pittore Pelagio 

Palagi (1860) e di numerosissimi reperti 

provenienti dalle fortunate campagne 

di scavo condotte in quegli anni a 

Bologna e nel suo territorio. L’ordinamento 

del museo, oggi ampiamente rinnovato 

rispetto all’allestimento originale, 

è articolato nelle sezioni che espongono 

reperti provenienti dalle Collezioni 

Palagi e Universitaria (Sale Egiziana, 

Greca, Etrusco-Italica e Romana), ed in 

quelle che documentano la storia cittadina 

dalla preistoria all’età romana (sezioni 

preistorica, etrusca, lapidario). 

La preistoria del bolognese è rappresentata 

da una serie di strumenti in pietra 

del paleolitico e da numerosi manufatti 

che documentano il Neolitico, l’età 

del Rame e l’età del Bronzo. Di particolare 

rilevanza il ripostiglio di Rocca di 

Badolo (XVI secolo a.C.), con le sue quarantuno 

asce di bronzo, e i reperti da 

numerosi siti abitativi, fra cui quello di 

Toscanella di Dozza Imolese, da cui proviene 

tra le altre cose una ben conservata 

forma di fusione per falce e punte 

di freccia. Caratterizza il percorso espositivo 

una ricchissima sezione etrusca. 

La fase villanoviana di Bologna (II metà 

del VI secolo a.C.) è illustrata da una 

vasta scelta dei circa quattromila corredi 

tombali delle necropoli (si ricordano 

fra le altre quelle di Savena, S. Vitale, 

Benacci, Arnoaldi), comprendenti 

Bologna, Museo Civico Archeologico: Monumento 

etrusco in arenaria 

oggetti di uso personale e strumenti in 

bronzo, nonché vasellame in ceramica e 

bronzo. Si segnalano l’askos Benacci, 

forma vascolare molto rara, databile alla 

fine dell’VIII secolo a.C., e lo straordinario 

complesso del “ripostiglio di S. 

Francesco”, rinvenuto presso l’omonima 

basilica. Si tratta del deposito di una 

fonderia, costituito da un grande dolio 

che conteneva oltre 14 mila pezzi di 

bronzo, interi e frammentati, sia di produzione 

locale che di altre provenienze. 

La fase pienamente urbana di Felsina, 

la Bologna etrusca (fase “Certosa” o felsinea) 

è ancora una volta illustrata prevalentemente 

da corredi tombali, fra i 

quali spiccano quelli eccezionali della 

“Tomba grande” e della “Tomba dello 

sgabello”, provenienti dalla necropoli 

dei Giardini Margherita. Dal sepolcreto 

della Certosa proviene invece l’omonima 

situla in bronzo decorata con scene 

di vita militare, civile e religiosa. 

Di grande rilevanza il nucleo di circa 

duecentocinquanta stele figurate in arenaria, 

che costituivano il segnacolo di 

tombe più prestigiose. Alla cultura villanoviana 

di Verucchio, il sito principale 

della Romagna della prima età del Ferro, 

è dedicata una sala in cui è esposta 

una tomba principesca caratterizzata da 

una ricca supellettile in legno. 

Per quanto riguarda l’età romana, nell’atrio 

è esposto il torso marmoreo loricato 

dell’imperatore Nerone rinvenuto 

durante il XVII secolo nella zona del teatro 

(Piazza dei Celestini), mentre fra l’atrio 

e il cortile è distribuita la ricca collezione 

di lapidi, databili prevalentemente 

fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., 

interessanti sia per la documentazione 

onomastica e magistratuale che per la 

testimonianza offerta da alcune decorazioni 

con scene ispirate alla professione 

del defunto. Nel cortile sono collocate 

anche alcune pietre miliari provenienti 

dalla Via Aemilia. Passando alle sezioni 

dedicate agli oggetti di provenienza 

collezionistica, nella sala con le antichità 

etrusco-italiche si segnalano i buccheri 

e, tra gli specchi, la famosa patera 

cospiana. Nella sezione greca è esposta 

l’Athena Lemnia, proveniente dalla


85 

Bologna, Museo Civico Medievale: Manno Bandini 

da Siena, Bonifacio VIII, 1301 

collezione Palagi, una bella copia d’età 

augustea di un originale fidiaco in bronzo. 

Cospicua la serie delle ceramiche 

greche e magno greche, delle gemme e 

delle oreficerie. Una menzione particolare 

merita la collezione egizia, una fra 

le più importanti d’Europa, in gran parte 

di provenienza Palagi e recentemente 

riallestita, ricca di più di tremila 

oggetti quali sarcofagi, stele, ushabti e 

manufatti vari, che documentano tremila 

anni di civiltà. Tra i pezzi più importanti 

spiccano i rilievi provenienti dalla 

tomba di Horemheb a Saqqara (XIII 

secolo a.C.), monumento riscoperto da 

scavi recenti, cui è dedicato un video in 

computer-grafica. Di recente il museo è 

stato arricchito da una sezione informatica, 

con cinque postazioni dedicate al 

pubblico. 

C. Morigi Govi, G. Sassatelli (a cura), Dalla 

stanza delle antichità al Museo Civico. Storia 

della formazione del Museo Civico Archeologico 

di Bologna, Bologna 1984; C. Morigi Govi, 

G. Meconcelli Notarianni (a cura), Il Museo 

Civico Archeologico di Bologna, Guida, Imola 

1988; C. Morigi Govi, S. Tovoli, In visita alla 

collezione egiziana, Museo Civico Archeologico, 

Bologna 1992. 

6 

Bologna 

Museo Civico Medievale 

Bologna, Museo Civico Medievale 

Dal 1985 il Museo ha sede all’interno del 

palazzo edificato alla fine del Quattrocento 

per Bartolomeo Ghisilardi e acquistato 

dalla famiglia Fava nel 1810. 

I restauri più recenti, con la rimozione 

di interventi tardo ottocenteschi, hanno 

riportato alla luce testimonianze di 

preesistenti strutture di epoca romana 

e medievale, decorazioni pittoriche del 

XIII secolo ed elementi della struttura 

originaria inglobati nel palazzo 

Le prime due sale dell’odierno percorso 

espositivo illustrano la formazione 

del museo i cui primi nuclei furono quelli 

del medico e naturalista Ulisse Aldrovandi, 

apertosi in Palazzo Pubblico nel 

1617; la “stanza delle meraviglie” del 

marchese Ferdinando Cospi, allestita 

nel medesimo palazzo nel 1675, e la raccolta 

“sperimentale” del generale Luigi 

Ferdinando Marsili, collocatasi nell’ambito 

dell’Istituto delle Scienze, inaugurato 

nel 1714 in Palazzo Poggi, sede dello 

Studio. In quest’ultima sede, tra il 

1742 e il 1743 i due primi nuclei furono 

trasferiti anch’essi e incrementati dalla 

donazione di Benedetto XIV. Fu da quei 

fondi, aumentati nel tempo da patrimoni 

soppressivi, lasciti, acquisizioni, che 

vennero selezionati i materiali destinati 

a formare il primo museo civico 

(1881). Le opere esposte nelle due sale 

risultano dalla selezione tipologica delle 

diverse collezioni: tra le testimonianze 

del “Nuovo Mondo” figurano uova di 

struzzo e noci di cocco impreziosite da 

incisioni, oggetti di provenienza o di 

gusto orientale. 

Largo spazio è dedicato agli strumenti 

scientifici, tra i quali un orologio notturno 

del XVI secolo e lastre di incisioni 

(1756). Una sala raccoglie parte dei 

materiali esotici della collezione Palagi. 

Il percorso museale prosegue con il 

nucleo medievale e del primo Rinascimento, 

costituito da opere collegate alla 

storia cittadina, come nel caso della Statua 

di Bonifacio VIII, eseguita nel 1301



per il Palazzo pubblico dall’orafo Manno 

Bandini da Siena con lastre di rame dorate 

su anima lignea, il S. Pietro Martire 

di Giovanni di Balduccio, già in S. Domenico, 

e le sculture provenienti dalla loggia 

della Mercanzia. 

La cultura dello Studio è documentata 

dai monumenti funebri dei dottori, come 

quello attribuito a Jacopo Lanfrani, e 

quelli eseguiti da Pier Paolo delle Masegne 

e da Andrea da Fiesole. Tra le altre 

opere scultoree si segnala la Lastra 

Garganelli, attribuita a Francesco del 

Cossa. Nella raccolta dei bronzetti figurano 

il modello per la Fontana del Nettuno 

del Giambologna, il Busto di Gregorio 

XV del Bernini e il S. Michele 

Arcangelo dell’Algardi. Tra gli avori un 

Trittico della Bottega degli Embriachi e 

gli esemplari della Sierra Leone (secc. 

XV-XVI). 

Le arti decorative sono rappresentate da 

esemplari di oreficeria e medaglistica, 

vetri, tessuti, armi, alcune di provenienza 

Bentivoglio, molte dalla collezione 

Marsili; da segnalare l’armatura da torneo 

della famiglia Cospi. Nel 1995 si è 

aggiunta al percorso espositivo una 

importante collezione di codici miniati 

bolognesi dei secoli XIII-XVI. 

Del patrimonio museale fanno inoltre 

parte la raccolta degli strumenti musicali, 

la più importante del territorio regionale, 

in attesa di essere esposta in 

altra sede, e un’ampia raccolta di ceramiche 

composta da trecento pezzi dal 

XIII al XIX secolo, di varia produzione, 

destinata alle sale del piano nobile, affrescate 

dai Carracci (Storie di Giasone, 

1584). 

(m.g.) 

Introduzione al Museo Civico Medievale. Palazzo 

Ghisilardi Fava, Bologna 1983; C. Ravanelli 

Guidotti, Ceramiche occidentali del 

Museo Civico medievale di Bologna, Bologna 

1985; L.G. Boccia, L’armeria del Museo Civico 

medievale di Bologna, Busto Arsizio 1991; J.H. 

van der Meer, Strumenti musicali europei del 

Museo Civico Medievale di Bologna, Bologna 

1993. 

Bologna, Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini: Teatrino delle marionette, XVIII 

secolo 

7 

Bologna 

Museo Civico d’Arte Industriale 

e Galleria Davia Bargellini 

Le due raccolte sono ospitate nel seicentesco 

palazzo Bargellini progettato 

da Bartolomeo Provaglia e detto anche 

“dei Giganti” per i due atlanti in arenaria, 

di Gabriele Brunelli e Francesco 

Agnesini, che ornano il portale. Nel 

1839 il palazzo passò dai Bargellini ai 

Davia che lo abitarono fino al 1874. 

La Galleria Davia Bargellini, di proprietà 

dell’omonima Opera Pia, istituita nel 

1874 dal marchese Giuseppe Davia, collezionista 

e pittore dilettante, comprende 

opere pittoriche e grafiche e vari 

arredi. In particolare i dipinti rappresentano 

un raro esempio di quadreria 

senatoria e riflettono le ragioni artistiche, 

ma anche di rappresentanza e di 

devozione dei suoi proprietari. Dal 1924 

le opere della galleria sono esposte al 

piano terreno del palazzo insieme ai 

materiali del Museo Civico Industriale il 

cui ordinamento si deve al conte Francesco 

Malaguzzi Valeri allora soprintendente 

alle Gallerie di Bologna. Costituite 

con intenti educativi, di miglioramento 

del gusto e, seppure in misura 

minore, come repertorio di modelli per 

il mondo dell’artigianato, le raccolte 

d’arte applicata o “industriale” sono 

esposte con i materiali della Galleria 

Davia Bargellini in ragione del loro potere 

rievocativo di una dimora nobile settecentesca 

e rivelano, nell’allestimento 

sostanzialmente originario, i criteri museografici 

del Malaguzzi Valeri. 

Nel 1926, l’Amministrazione Comunale 

stipulò con l’Opera Pia la convenzione 

che tuttora regola la coesistenza dei due 

nuclei museali. I materiali compresi nelle 

raccolte hanno provenienze diverse. 

Si tratta in buona parte di acquisti effettuati 

intorno agli anni Venti sul mercato 

antiquario, ma anche di depositi delle 

Opere Pie bolognesi, di lasciti al 

Comune o di donazioni. Tra i dipinti più 

rilevanti della galleria si annoverano la 

celebre Madonna dei denti di Vitale da 

Bologna (1345), una tavola di Antonio 

Vivarini, il Ritratto di gentildonna di 

Prospero Fontana, opere di Bartolomeo 

Passerotti, i quadri “di stanza” di Mar-


87 

Bologna, Museo Civico d’Arte Industriale e 

Galleria Davia Bargellini: Vitale da Bologna, 

Madonna dei denti, 1345 

cantonio Franceschini, e, ancora, dipinti 

di Giuseppe Maria e Luigi Crespi, Brill, 

Magnasco e Felice Torelli. 

Ad arredare le sale del museo concorrono, 

inoltre, opere di scultura bolognese, 

come il Busto di Virgilio Bargellini 

di Vincenzo Onofri (sec. XV) e 

le settecentesche statuette in terracotta 

di Giuseppe Maria Mazza. Per le arti 

decorative si segnalano i cassoni cinquecenteschi, 

le ceramiche graffite rinascimentali, 

arredi barocchi, mobili 

per ebanisteria in miniatura, come il 

modello di palazzina arredata, cornici 

finemente intagliate e dorate e un settecentesco 

teatrino con marionette. 

Completano il percorso espositivo l’imponente 

berlina di gala (fine sec. XVIII) 

e opere più recenti come il cancello floreale 

di Giuseppe Da Col e l’insegna 

novecentesca della bottega di ferri battuti 

di Sante Mingazzi. 

(m.g.) 

R. Grandi (a cura), Il Museo Davia Bargellini, 

Bologna 1987; S. Tumidei (a cura), Il Museo 

Davia Bargellini, Bologna 1997. 

8 

Bologna 

Collezioni Comunali d’Arte 

La galleria venne istituita nel 1936 nelle 

sale di Palazzo d’Accursio abitate fino 

al 1859 dal legato pontificio. Incaricato 

dell’allestimento fu Guido Zucchini, ingegnere 

e storico dell’arte che un anno 

prima aveva organizzato in quegli spazi 

la mostra dedicata al Settecento Bolognese, 

un’importante iniziativa destinata 

anche a promuovere l’uso museografico 

dell’appartamento del Legato. 

Il gusto per la ricostruzione d’ambiente 

prevale, infatti, nell’ordinamento espositivo, 

dove hanno trovato sistemazione 

opere pervenute al Comune in età 

postunitaria (eredità Palagi, 1860; Baruzzi, 

1878) e nei primi decenni del 

Novecento (lasciti Pepoli, Pizzardi, 

Rusconi), oltre agli arredi settecenteschi 

già conservati in palazzo d’Accursio. 

A questo nucleo appartiene il gruppo 

dei diciotto dipinti di Donato Creti 

donati al Senato nel 1744, accorpati nella 

galleria vidoniana affrescata da Mengazzino 

e Caccioli nel 1665. 

Sono oltre duecento le opere esposte 

nelle venti sale delle Collezioni Comunali, 

dove, oltre a dipinti di ambito nazionale 

- di Signorelli, Tintoretto, Nuvolone, 

Artemisia Gentileschi, Pietro Longhi 

- la produzione figurativa emiliana 

prevale con Vitale da Bologna, Lippo di 

Dalmasio, Jacopo di Paolo, Francesco 

Francia, Ludovico Carracci, Cittadini, 

Guido Cagnacci, Giuseppe Maria Crespi, 

Ubaldo e Gaetano Gandolfi. 

Alle arti decorative tra Cinque e Settecento 

sono dedicate le sale Rusconi, che 

si concludono con la celebre stanza a 

paese di Valliani e Martinelli (inizi sec. 

XIX); una sala documenta Palagi artista 

e collezionista. La sezione dell’Ottocento 

espone opere di Hayez, Fantuzzi, Serra, 

Mancini, Faccioli. Di scena, nella terza 

sala, la cultura di Alfonso Rubbiani, 

rappresentata da progetti di restauro e 

ricami Aemilia Ars. 

(e.l.) 

Bologna, Palazzo d’Accursio, Collezioni Comunali d’Arte 

Collezioni Comunali d’Arte. L’Appartamento del 

Legato in Palazzo D’Accursio, Bologna 1989.



9 

Bologna 

Museo Morandi 

Interamente dedicato al pittore bolognese 

Giorgio Morandi (1890-1964), il 

museo - ufficialmente inaugurato nell’ottobre 

1993 - è ospitato al secondo 

piano di Palazzo d’Accursio, accanto 

alle Collezioni Comunali d’Arte, in ambienti 

appositamente ristrutturati e 

adattati. Il nucleo delle opere morandiane 

(oltre duecentosessanta esemplari) 

comprende dipinti (dal 1910 al 

1964), oltre un centinaio di fogli tra 

disegni ed acquerelli, circa ottanta opere 

grafiche e due sculture. L’itinerario 

di visita si completa con la ricostruzione 

dello studio di Morandi nella casa di 

via Fondazza, che si presenta come una 

sorta di “stanza della memoria” comprendente 

oggetti personali dell’artista 

e della famiglia, e la piccola, ma interessante 

collezione d’arte antica già di 

proprietà del maestro. Il museo offre al 

Bologna, Museo Morandi: Giorgio Morandi, Natura morta, 1957 

pubblico le opere già in precedenza 

esposte nella sezione morandiana della 

Galleria Comunale d’Arte Moderna, in 

larga parte formatasi a seguito delle 

nove donazioni effettuate dalle sorelle 

dell’artista a partire dal 1964, ad un 

anno di distanza dalla morte di Morandi. 

Sono esposte inoltre le ventidue opere 

della collezione di Francesco Paolo 

Ingrao, acquisite dal Comune nel 1985. 

Appartengono al museo anche numerosi 

legati testamentari, tra i quali figurano 

la collezione appartenuta a Cesare 

Gnudi, e alcuni depositi, come la piccola 

Natura Morta a suo tempo donata 

dall’artista al critico ed amico Francesco 

Arcangeli. 

È in fase avanzata la costituzione di un 

Archivio Morandi, comprensivo di documenti 

e materiali informativi sull’artista 

e sulla sua opera. 

(o.p.) 

Museo Morandi. Guida, Bologna 1993; M. Pasquali 

(a cura), Museo Morandi. Catalogo Generale, 

Bologna 1996. 

10 

Bologna 

Galleria Comunale d’Arte 

Moderna 

L’atto di fondazione del museo risale al 

1925, allorché Nerina Armandi Avogli 

aprì al pubblico le collezioni d’arte di Villa 

delle Rose. Nell’immediato dopoguerra, 

sotto la direzione di Francesco Arcangeli, 

l’assetto espositivo della Galleria 

venne radicalmente trasformato anche 

grazie a nuove, importanti acquisizioni 

volute dal noto critico e studioso 

bolognese. Con l’apertura della nuova 

sede nel quartiere fieristico, progettata 

da Leone Pancaldi, ed inaugurata ufficialmente 

nel 1975, ebbe inizio un’ulteriore 

fase di espansione della raccolta, 

incrementata a seguito di donazioni da 

parte di artisti e privati collezionisti. Il 

patrimonio della galleria vanta oltre 

quattromila opere, per la metà grafiche, 

esposte in permanenza e a rotazione in 

spazi espositivi per una superficie di 

quasi tremila metri quadrati. Alla raccolta 

afferisce anche il cospicuo nucleo 

delle opere dell’Ottocento, nel quale ha 

un ruolo di primaria importanza il “Fondo 

Palagio Palagi”. 

È ottimamente rappresentato, nel complesso, 

il panorama dell’arte emiliana del 

nostro secolo, integrato dai maggiori 

maestri italiani del primo e del secondo 

dopoguerra. Non mancano alcuni tra i 

più rappresentativi artisti stranieri come 

Moore, Pollock, Fautrier, Ernst. Negli 

ultimi anni si sono aggiunte alle raccolte 

numerose ed importanti acquisizioni 

volte ad illustrare momenti e tendenze 

dell’arte italiana ed internazionale più 

attuale. Sono entrate a far parte del 

patrimonio della Galleria esemplari di 

arte pop, con Festa, Schifano, Ceroli, 

Angeli, di arte cinetica, con Castellani e 

Gianni Colombo, di arte programmata, 

con Boetti, Gilardi ed altri. Si segnalano, 

infine, annessioni di opere rappresentative 

delle tendenze giovanili dell’arte italiana. 

Agli inizi del 1997 è stato inaugurato 

un nuovo settore espositivo denominato 

“Spazio Aperto”, destinato ad 

ospitare mostre su figure e movimenti


89 

Bologna, Galleria Comunale d’Arte Moderna 

giovanili in ambito regionale. Tale sezione 

integra la normale programmazione 

espositiva della galleria, scandita da importanti 

eventi sia all’interno del museo 

che a Villa delle Rose, riaperta nel 1989 

dopo una prolungata fase di restauro ed 

utilizzata, come sede di mostre temporanee. 

(o.p.) 

Due decenni di acquisizioni alle raccolte 

comunali d’arte, Bologna 1970. 

11 

Bologna 

Casa Carducci 

Riaperta al pubblico nel 1996 dopo un lungo 

periodo di chiusura per restauro, Casa 

Carducci ha ritrovato l’aspetto che aveva 

nel 1921, anno della sua inaugurazione. Fu 

allora Albano Sorbelli, discepolo di Carducci 

e direttore per molti anni della Biblioteca 

dell’Archiginnasio, a guidare il riordino 

del materiale librario ed archivistico e 

la ricostruzione fedele dell’ambiente di vita 

quotidiana del poeta. L’edificio, che risale 

al 1500, fu per almeno due secoli luogo di 

culto della Confraternita di Santa Maria 

della Pietà detta del Piombo. Nel 1798, in 

seguito alle soppressioni napoleoniche, i 

locali furono trasformati in abitazioni. Dal 

1890 vi risiedette il Carducci, presente a 

Bologna fin dal 1860, anno in cui era stato 

chiamato ad insegnare Letteratura italiana 

all’Università. Acquistata, quando ancora 

era abitata dal poeta, dalla regina Margherita 

- proprio per evitare che andasse 

disperso il patrimonio raccolto in anni di 

studio - la dimora fu donata al Comune 

all’indomani della morte del Carducci, nel 

1907. Decorato nello stile delle case borghesi 

di fine Ottocento, l’appartamento 

conserva l’assetto originario. L’elemento 

dominante è costituito dalla biblioteca ricca 

di quarantamila volumi e comprendente 

molte edizioni rare, ottocentottanta cinquecentine 

e testi commentati e annotati 

dallo stesso Carducci. I libri catalogati ed 

ordinati dal poeta, per autore o per materia, 

sono distribuiti in sei ambienti: autori 

stranieri nella sala d’ingresso, letteratura 

italiana del Sette-Ottocento e testi sul 

Risorgimento nella seconda sala; nello studio, 

intorno al tavolo da lavoro e alle pareti 

figurano la collezione di edizioni dantesche, 

classici latini e opere di consultazione. 

Libri sono diposti anche nella camera 

da letto e nella sala da pranzo. Nei quattro 

armadi del corridoio è conservato il materiale 

d’archivio con epistolari e manoscritti. 

Alle pareti, nelle varie stanze, sono visibili 

busti e ritratti carducciani. Nella casa 

ha sede la “Commissione per i Testi in Lingua”, 

presieduta per molti anni dal poeta. 

A fianco della palazzina, addossata alle 

mura urbiche è il giardino memoriale, 

dominato dal monumento al Carducci. 

Scolpito in marmo bianco di Carrara da 

Leonardo Bistolfi, fu inaugurato nel 1928: 

quattro pannelli raffiguranti complesse 

allegorie sull’opera letteraria e le vicende 

storiche risorgimentali fanno da sfondo ad 

una statua del poeta seduto in atteggiamento 

pensoso. 

(p.t.) 

G. Fasoli, M. Saccenti, Carducci e Bologna, Milano 

1985; Invito alla Biblioteca e Casa Carducci, 

Ozzano Emilia 1996.



12 

Bologna 

Museo Civico del Risorgimento 

Bologna, Museo Civico del Risorgimento: 

Gaetano Belvederi, Napoleone III, 1865 c. 

Il museo è stato inaugurato nel 1893. Collocato 

in una sala al pian terreno del 

Museo Civico, offriva un allestimento 

molto curato anche da un punto di vista 

scenografico con le pareti ornate dagli 

stemmi delle città della regione e dai busti 

dei grandi protagonisti del Risorgimento 

italiano. Nelle vetrine erano esposti i documenti, 

i cimeli, le medaglie: una mole 

di materiale la cui raccolta aveva avuto 

inizio già dieci anni prima dell’apertura 

del museo, in occasione dell’Esposizione 

Nazionale di Torino (1884) nell’ambito 

della quale fu allestito un padiglione sul 

Risorgimento italiano. A questo nucleo 

vennero aggiunti altri materiali nel 1888 

anno delle Celebrazioni per l’VIII Centenario 

dello Studio e dell’Esposizione emiliana 

a Bologna. In questo contesto, a San 

Michele in Bosco fu allestito il “Tempio 

del Risorgimento”. Il successo ottenuto 

dalla mostra fu tale che il Consiglio Comunale 

deliberò l’istituzione del Museo del 

Risorgimento. Chiuso al pubblico durante 

la seconda guerra mondiale, è stato riaperto 

nel 1954 con la denominazione di 

“Museo civico del primo e secondo Risorgimento”. 

Nei decenni successivi, l’esposizione 

ha subito alterne vicende con vari 

riallestimenti e periodi di chiusura. Dal 

1990 il museo è ospitato al pian terreno 

di Casa Carducci, dove attualmente ha 

sede. Il percorso espositivo si sviluppa in 

cinque sale, a partire dal periodo napoleonico 

fino alla prima guerra mondiale. 

Il materiale esposto costituisce una selezione 

alquanto ridotta del ricco patrimonio 

museale. Particolare attenzione è 

dedicata alla storia della città di Bologna 

nel periodo risorgimentale. In mostra 

figurano divise, armi, uniformi, bandiere 

ed anche stampe e dipinti (tra le altre, 

opere di Muzzi e Ademollo). 

(p.t.) 

A. Albertazzi, F. Tarozzi, La classe dirigente bolognese 

e il «Tempio del Risorgimento», «Bollettino 

del Museo del Risorgimento», XXXIV, 

1989; A. Varni, Un Museo per il Risorgimento 

nella Bologna del dopoguerra, «Bollettino del 

Museo del Risorgimento», XXXIV, 1989; Invito 

al Museo civico del Risorgimento. Casa Carducci, 

Bologna 1990. 

13 

Bologna 

Civico Museo Bibliografico 

Musicale 

Il museo, allestito nell’ex convento agostiniano 

di S. Giacomo Maggiore (1267), 

oggi sede del Conservatorio musicale, 

trae origine dalla prestigiosa raccolta di 

padre Giovanni Battista Martini (1706- 

1784), comprendente una delle più 

importanti biblioteche musicali esistenti 

a livello mondiale, cui si aggiunge la 

cospicua galleria dei ritratti di musicisti 

collezionati dallo stesso Martini. Passata 

alle cure di padre Stanislao Mattei 

(1750-1825), la biblioteca si arricchì di 

alcune centinaia di sue composizioni 

manoscritte, e da raccolta privata divenne 

istituzione pubblica. Dopo vari e 

alterni progetti in epoca napoleonica, tra 

il 1917 - anno di donazione al Comune - 

ed il 1927 - anno di reale entrata in possesso 

- la raccolta martiniana, forse depredata, 

nel frattempo, di alcuni pezzi 

importanti, confluì nel Liceo musicale, 

istituito nel 1804. Dopo anni di incuria, 

nel 1855 fu nominato primo bibliotecario 

stabile Gaetano Gaspari (1808- 

1881), maestro di cappella in San Petronio 

e studioso di storia della musica. 

Durante la sua trentennale gestione la 

biblioteca incrementò il patrimonio storico-musicale, 

fra cui spicca l’acquisizione 

della ingente collezione di libretti. 

L’attuale ordinamento del museo segue 

ancora i criteri adottati dal Gaspari, poi 

conservati nel tempo dai suoi successori, 

anche all’indomani dell’istituzione, 

nel 1942, del Conservatorio Statale 

“G.B. Martini”, al quale compete giuridicamente 

una parte del patrimonio storico-musicale. 

Nel suo complesso, il 

museo comprende una delle più cospicue 

raccolte di musica e trattati a stampa 

del Cinque e Seicento, nonché rari 

volumi manoscritti, tra i quali il celebre 

Q 15, costituito da composizioni polifoniche 

quattrocentesche. Nella collezione 

si segnalano, inoltre, i ventisette volumi 

di Ottaviano Petrucci, primi esemplari 

di stampa musicale e un fondo di 

circa diecimila libretti per musica. Nella 

celebre quadreria, che già nel 1773 

contava ottanta ritratti, comprendente 

Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale: 

Cincinnato Baruzzi, Busto in marmo di Gioacchino 

Rossini


91 

circa trecento esemplari nel 1784, si 

conservano opere straordinarie di G.M. 

Crespi (Libreria musicale), J. Reynolds, 

T. Gainsborough, C. Giaquinto, W. 

Keeble, P. Batoni, L. Crespi e una serie 

di personaggi ritratti da A. Crescimbeni. 

Figurano inoltre una notevole raccolta 

di stampe di epoche diverse, venti sculture, 

undici strumenti musicali storici, 

fotografie e cimeli ottonovecenteschi. 

(v.b.) 

F. Parisini, La Biblioteca del Liceo musicale, «Il 

Bibliofilo», IV, nn. 9-10, 1883; F. Parisini, Della 

vita e delle opere del padre G.B. Martini, Bologna 

1887 (rist. anat., Bologna 1970); C. Sartori, 

Il R. Conservatorio di musica “G.B. Martini” 

di Bologna, Firenze 1942; A. Schnoeblen, 

Padre Martini’s Collection of letters in the Civico 

Museo Bibliografico Musicale. An annotated 

Index, New York 1979; V. Bazzocchi, “L’illustrazione 

della Biblioteca” del Liceo musicale 

di Bologna nel Carteggio Gaspari-Catelani 

(1848-1866), «L’Archiginnasio», LXXXVIII, 1983; 

Collezionismo e Storiografia musicale nel 

Settecento, Bologna 1984; Padre Martini. Musica 

e cultura nel Settecento europeo, Atti del convegno, 

13-15 settembre 1984, Firenze 1987. 

14 

Bologna 

Museo del Patrimonio 

Industriale 

Fondato nel 1982, il museo è nato dalla 

riscoperta dei materiali storici dell’Istituto 

Tecnico Aldini Valeriani, voluta dal 

Comune di Bologna in occasione del 

centenario della più antica scuola tecnica 

cittadina. La ricerca, condotta da 

un gruppo di studiosi di storia economica 

dell’Università di Bologna, è sfociata 

nella mostra “Macchine Scuola 

Industria” allestita nell’ex Sala Borsa tra 

il 1980 ed il 1981. Da allora fino alla metà 

degli anni Novanta, il patrimonio del 

museo ha trovato spazio in un’ala dell’edificio 

che ospita l’Istituto scolastico. 

Oggi il museo è ubicato presso la Fornace 

Galotti, grande fabbrica per la produzione 

di laterizi con forno tipo Hoffmann. 

Costruita nel 1887, la fornace è 

stata definitivamente abbandonata nel 

1966. Acquistata dal Comune di Bologna, 

è divenuta sede museale dopo i 

radicali restauri condotti tra il 1984 ed 

Bologna, Museo del Patrimonio Industriale: 

Modello di mulino da seta (scala 1:2) 

il 1990. La raccolta consta prevalentemente 

di materiali utilizzati per le applicazioni 

didattiche: attrezzi, modelli e 

macchine funzionanti ad energia idraulica, 

elettrica e a vapore, ma anche di 

modelli presentati alle esposizioni internazionali 

del secolo scorso. È corredata 

da un archivio e da una biblioteca 

storica. 

Il museo rende concreto un approccio 

decisamente originale alle tematiche 

dell’archeologia industriale - considerate 

alla luce della nozione più ampia di 

“patrimonio industriale” - secondo un 

metodo non dissimile da quello adottato 

per il Museo della Civiltà Contadina 

di San Marino di Bentivoglio. 

In particolare, gli studi sull’assetto produttivo 

bolognese durante l’antico regime, 

si sono tradotti in un percorso espositivo 

che ha come chiave di volta la storia 

della produzione serica, fondata su 

un assetto idraulico urbano in grado di 

fornire energia a un gran numero di ruote 

motrici (la più alta concentrazione fu 

raggiunta nel XVII secolo) distribuite 

lungo il percorso dei canali in città. Tra 

i pezzi più importanti è da annoverare 

il modello ligneo in scala di un mulino 

da seta bolognese del secolo XVII, 

costruito dagli insegnanti e dagli allievi 

dell’istituto, sulla scorta di disegni originali 

dell’epoca. 

Stretto è il rapporto con il mondo dell’industria. 

Intensi sono pure gli scambi 

con le strutture scientifiche preposte 

alla valorizzazione del patrimonio industriale 

mondiale. Il museo pubblica il 

semestrale “Scuolaofficina”, una tra le 

più qualificate riviste del settore a livello 

internazionale. 

(m.t.f.) 

Macchine scuola industria. Dal mestiere alla 

professionalità operaia, Bologna 1980. 

15 

Bologna 

Museo Ebraico 

Istituito nel 1999 da Comune, Provincia 

e Comunità Ebraica e dall’Istituto 

per i Beni Culturali, con lo scopo di conservare 

e valorizzare il patrimonio culturale 

ebraico a Bologna e in Emilia- 

Romagna, il museo ha sede in Palazzo 

Pannolini, storico edificio posto all’interno 

dell’ex ghetto. L’itinerario di visita 

è suddiviso in tre spazi: al piano terra 

si trovano la sezione espositiva permanente, 

e quella destinata ad attività 

temporanee; al primo piano è allestito il 

centro di documentazione del museo. 

L’assetto espositivo, corredato da strumenti 

multimediali e apparati illustrativi 

e didattici, affronta il tema dell’identità 

ebraica, spiegata per punti essenziali 

attraverso la storia e la cultura della 

comunità bolognese, i rapporti con 

l’università, le relazioni commerciali e 

con il credito convenzionale, gli usi, i 

costumi, le feste, i riti. Due sale sono 

dedicate alla permanenza degli ebrei a 

Bologna e nelle altre città emiliane e 

romagnole. Nel centro di documentazione 

sono consultabili le fonti bibliografiche 

e le “banche dati” collegate al 

museo e ai vari istituti della rete telematica. 

Fra le molteplici iniziative culturali 

del museo, si segnalano i corsi di 

lingua ebraica, antica e moderna. 

(f.b.) 

F. Bonilauri, V. Maugeri, Il Museo Ebraico di 

Bologna e luoghi e materiali ebraici in Emilia-Romagna, 

in Musei Ebraici in Europa. 

Orientamenti e prospettive, Milano 1998, pp. 

48-61; F. Bonilauri, V. Maugeri, Guida al Museo 

Ebraico di Bologna, Roma 2000 (in corso di 

stampa).



16 

Bologna 

Museo dell’Accademia di Belle Arti 

Il museo documenta le vicende storiche 

dell’Accademia di Belle Arti, erede dell’istituzione 

nazionale napoleonica che, 

fondata nel 1804, ha preceduto la Pinacoteca 

Nazionale (1882), allestita nello 

stesso edificio. Nell’aula magna, adattata 

nell’ex chiesa di S. Ignazio ed utilizzata 

come biblioteca, si conservano due 

dipinti di Giacomo Pavia e Felice Torelli, 

mentre l’Allegoria della Famadi Marcantonio 

Franceschini e i due busti di 

Clemente XI e del cardinale Aldrovandi, 

rispettivamente di Agostino Cornacchini 

(attr.) e Bernardino Ludovisi (1728), 

sono esposti nella Sala Clementina, adeguata 

all’organizzazione di mostre di 

oggetti di piccolo formato. Nell’attigua 

saletta di Curlandia, sede dell’Accademia 

Clementina, nata nel 1710 sotto la 

protezione di Clemente XI, si trova il 

Monumento al duca Pietro di Curlandia, 

eseguito da Giacomo De Maria 

su progetto di Angelo Venturoli. Nel corridoio 

degli uffici sono collocati i rilievi in 

terracotta dei premi settecenteschi Marsili-Aldrovandi. 

(m.l.p./e.l.) 

V. Scassellati, F. Valli, L’Accademia di Belle Arti 

di Bologna dall’età napoleonica allo Stato unitario 

1903-1883, in Didattica 3. Emilia-Romagna. 

L’istruzione artistica postsecondaria, 

catalogo della mostra, Forlì 1980; I Concorsi 

Curlandesi, catalogo della mostra, Bologna 

1980; Dall’Accademia al vero, catalogo della 

mostra, Bologna 1983; E. Farioli, C. Poppi, Bologna 

1804-1813: un’Accademia napoleonica 

fra tradizione e rinnovamento, in Nel laboratorio 

del neoclassicismo, «Ricerche di storia 

dell’arte», n. 33, 1988; L’Accademia di Bologna. 

Figure del Novecento, catalogo della mostra, 

Bologna 1988; S. Benassi, L’Accademia Clementina, 

Bologna 1988; F. Farneti, V. Riccardi 

Scassellati, L’Accademia di Belle Arti, Firenze 

1997. 

17 

Bologna 

Musei di Palazzo Poggi 

All’interno di Palazzo Poggi, sede del rettorato 

dell’Università di Bologna, si conservano 

alcune delle collezioni storiche 

dell’Istituto delle Scienze, fondato nel 

1711 da Luigi Ferdinando Marsili. Costruito 

per Alessandro e Giovanni Poggi 

tra il 1549 e il 1560, su progetto di Bartolomeo 

Triachini con indicazioni di Pellegrino 

Tibaldi (al quale si deve la realizzazione, 

assieme a Nicolò dell’Abate, 

di importanti cicli pittorici nelle sale del 

palazzo), nel corso del Settecento l’edificio 

fu integrato con alcune parti destinate 

all’Istituto delle Scienze: la Torre 

della Specola, progettata nel 1712 per gli 

studi di astronomia da Giuseppe Antonio 

Torri e terminata nel 1723 da Carlo 

Francesco Dotti e la monumentale Aula 

Magna (1756), oggi nel percorso della 

Biblioteca Universitaria, addossata al 

fianco settentrionale del palazzo, progettato 

dallo stesso Dotti. 

(e.l.) 

A. Ottani Cavina (a cura), Palazzo Poggi da 

dimora aristocratica a sede dell’Università di 

Bologna, Bologna 1988. 

Aula Carducci 

L’aula dedicata a Giosue Carducci apre 

il percorso museale di Palazzo Poggi. 

Qui, dal 1860 e per quarantatré anni il 

poeta tenne le sue lezioni di letteratura. 

All’interno sono conservati gli arredi 

originari, nonché il busto bronzeo 

eseguito a Roma dal Bastianelli. Di fronte 

si apre la sala dell’Ercole, con l’omonima 

statua in macigno scolpita nel 

1730 da Angelo Piò, già situata nel cortile 

dell’edificio. 

(e.l.) 

Museo Storico dello Studio 

e dell’Ottavo Centenario 

Istituito nel 1888 all’Archiginnasio in 

occasione dell’Ottavo Centenario dell’Università 

e trasferito nel 1948 all’interno 

di Palazzo Poggi, conserva centinaia di 

documenti dall’XI secolo, pergamene, 

codici, incunaboli, sigilli, lauree, statuti, 

donazioni, autografi, medaglie, insegne 

rettorali. Tra i tanti cimeli del museo figura 

la toga di Luigi Galvani. Sono esposti, 

inoltre, oltre venti ritratti ad olio di illustri 

docenti dello Studio. Insieme agli 

Bologna, Museo Storico dello Studio e dell’Ottavo 

Centenario: Il sigillo dell’Università 

oltre quattrocento dipinti della raccolta 

iniziata nel 1754 dal cardinale bolognese 

Filippo Maria Monti, costituiscono la 

quadreria dell’Università circa seicento 

opere distribuite nelle sale del rettorato 

e della biblioteca. Nella collezione figurano 

opere di Donato Creti, Lucia Casalini 

Torelli, Vandi, Zanotti, Keeble, Crescimbeni, 

oltre al busto marmoreo di 

Eustachio Manfredi, scolpito dal celebre 

notomista Ercole Lelli. 

(e.l.) 

Museo Aldrovandiano 

Ricostituito presso l’Accademia delle 

Scienze nel 1907 e dal 1913 annesso alla 

Biblioteca Universitaria in Palazzo Poggi, 

il museo conserva una parte esigua 

dell’ingente patrimonio che formava la 

collezione donata al Senato nel 1603 

con disposizione testamentaria dal celebre 

naturalista Ulisse Aldrovandi 

(1522-1605), docente di filosofia naturale 

presso l’Università e fondatore dell’Orto 

Botanico. 

Il nucleo aldrovandiano, collocato inizialmente 

nel Palazzo comunale insieme 

alla raccolta naturalistica di Ferdinando 

Cospi, fu trasferito in Palazzo 

Poggi dopo la fondazione dell’Istituto 

delle Scienze. 

Depauperato dalle spoliazioni napoleoniche, 

venne ridistribuito nei diversi


93 

istituti universitari. Nelle bacheche settecentesche 

del museo sono esposte le 

splendide tavole acquerellate che corredano 

i volumi della Storia Naturale, 

dove l’Aldrovandi descrisse piante ed 

animali con un approccio scientifico 

innovatore, basato sull’indagine ed integrato 

dall’illustrazione. 

Si possono osservare minerali, fossili, 

animali essiccati o impagliati, la celebre 

Ranina Aldrovandi, preparati di origine 

vegetale o animale. 

I materiali delle raccolte comprendono 

anche il carteggio e le opere del naturalista 

illustrate da una collezione di 

tavolette xilografiche, un ricco erbario 

in sedici volumi, quattro ritratti, uno dei 

quali del Palagi, e un ritratto a mosaico 

di Benedetto XIV. 

(v.c.) 

F. Rodriguez, Il Museo Aldrovandiano della 

Biblioteca Universitaria di Bologna, Bologna 

1956; S. Tugnoli Pattaro, Il Museo Aldrovandiano, 

in I laboratori storici e i musei dell’Università 

di Bologna. I luoghi del sapere, Bologna 

1988, pp. 51-55. 

Museo Marsiliano 

Il museo venne allestito nelle sale della 

Biblioteca Universitaria nel 1930 nell’ambito 

delle celebrazioni per il secondo 

centenario della morte di Luigi Ferdinando 

Marsili, insigne generale e 

uomo di cultura enciclopedica, al quale 

si deve la fondazione a Bologna, nel 

1711, dell’Istituto delle Scienze, inaugurato 

in Palazzo Poggi nel 1714. Marsili 

segnò con il suo operato un momento 

innovativo nella vita intellettuale della 

città e nell’interesse per il mondo 

antico. 

Mentre i materiali archeologici, provenienti 

dalle collezioni marsiliane, sono 

visibili al Museo Civico Archeologico, le 

raccolte di Palazzo Poggi, che si articolano 

in due grandi ambienti dell’edificio, 

sono costituite in buona parte da materiali 

cartacei. 

Qui figurano i manoscritti e le opere a 

stampa che documentano gli studi del 

Marsili dall’antichità classica all’arte 

militare, dalla geografia all’etnologia fino 

alle scienze naturali. Sono anche visibili 

modelli in legno di fortificazioni, carte 

geografiche e disegni. 

(v.c.) 

I. Ventura Folli, I musei scientifici Aldrovandiano 

e Marsiliano della Biblioteca Universitaria 

di Bologna, «Museologia scientifica», 

suppl., V, 1988; F. Farinelli, Il filosofo e la città. 

Luigi Ferdinando Marsili e l’Istituto delle 

Scienze, in I Laboratori storici e i musei 

dell’Università di Bologna. La città del sapere, 

Bologna 1987. S. Leydi, La stanza dell’Architettura 

militare, in I luoghi del conoscere. I 

laboratori storici e i musei dell’Università di 

Bologna, Milano 1988. 

Museo delle Navi e delle Antiche 

Carte Geografiche 

La formazione del museo, ordinato 

all’interno di Palazzo Poggi, accanto alle 

altre raccolte del Rettorato dell’Università 

degli Studi, rimanda alla Camera di 

Geografia e Nautica realizzata nel 1724 

nell’ambito dell’Istituto delle Scienze. 

Sono presenti dieci rarissimi modelli di 

varie imbarcazioni, galeoni, vascelli da 

guerra realizzati dal Cinquecento al 

secolo XVIII, fra i quali Le Royal Louis, 

Le Bien Aimé (1771) e Le Vainqueur. 

Una sezione del museo raccoglie importanti 

tavole incise su rame del XVII secolo 

pubblicate a Bologna, Parigi, Marsiglia, 

Amsterdam e in Inghilterra. 

(s.v.) 

Specola e Museo di Astronomia 

Bologna, Museo Aldrovandiano, Legno inciso per una xilografia 

È allestito dal 1979 in tre ambienti dell’edificio 

della Specola di Palazzo Poggi 

per la cui costruzione già nel 1702 il 

generale Marsili si era rivolto ad Eustachio 

Manfredi. Progettata nel 1712 da 

G.A. Torri e compiuta nel 1725 da C.F. 

Dotti, la torretta, o sala degli otto finestroni, 

ruotata rispetto all’edificio con le 

quattro facce orientate ai punti cardinali 

e apertura nella volta per l’osservazione 

dello zenit, sorse appositamente 

per l’uso degli strumenti extrameridiani 

e dei telescopi lunghi. 

Oltre ai pregevoli strumenti del Sisson,



Bologna, Museo di Astronomia: Astrolabio 

montati nel 1741, sono esposti numerosi 

strumenti nautici, agrimensori e 

geodetici ed un cannocchiale del Campani 

a tubi rigidi, forse unico rimasto di 

questo genere, lungo ben otto metri. 

Di notevole interesse la linea meridiana 

in ottone e marmo di Ercole Lelli (1741) 

e la meridiana filare del 1726. Un’altra 

sala conserva alcuni astrolabi e rarissime 

carte stampate a Pechino all’inizio 

del Seicento dai padri gesuiti. 

(s.v.) 

A. Braccesi, Gli inizi della Specola di Bologna, 

«Giornale di Astronomia», 4, 1978; E. Baiada, 

Notizie sull’origine e lo sviluppo della Specola 

bolognese e della sua strumentazione negli archivi 

cittadini, in Gli strumenti nella storia e 

nella filosofia della scienza, Bologna 1983, pp. 

127-138. 

Istituito nel 1757 per iniziativa di Benedetto 

XIV, che aveva acquistato il Gabinetto 

scientifico del celebre chirurgo 

Giovanni Antonio Galli (1708-1782), è 

ordinato all’interno di Palazzo Poggi. Si 

tratta della ricostruzione di un laboratorio 

sperimentale, in anticipo sulla sua 

epoca, che attesta l’alto livello dell’ostetricia 

del XVIII secolo mediante tavole 

anatomiche, modelli di creta, di legno 

e di cera, strumenti chirurgici. 

(s.v.) 

I materiali dell’Istituto delle Scienze, Bologna 

1979. 

Museo Indiano 

Il museo, ordinato all’interno di Palazzo 

Poggi, accanto alle altre raccolte del 

Rettorato dell’Università degli Studi, 

accoglie la collezione di reperti e materiali 

riuniti in India nel 1902 da Francesco 

Pullè (1850-1934), scienziato e patriota. 

Vi si conservano cloisons, porcellane 

cinesi, alcune armi e stoffe, piccoli bronzetti, 

vasi e piatti indiani in metallo, 

oltre a diversi manoscritti. 

(s.v.) 

18 

Bologna 

Orto Botanico e Erbario 

Il primo orto botanico bolognese, denominato 

“Orto dei Semplici”, sorse nel 

1568 nell’area cortilizia di Palazzo d’Accursio, 

nello spazio che nel 1925 venne 

occupato dalla Sala Borsa su progetto di 

Edoardo Collamarini. Fu fondato per iniziativa 

di Ulisse Aldrovandi (1522-1605), 

professore di filosofia naturale presso 

l’Università di Bologna, e creatore - nel 

1556 - del museo di storia naturale. Dal 

1803, l’Orto Botanico si estende negli 

oltre due ettari di terreno tra le porte 

urbiche di San Donato e Mascarella, dove 

sono coltivati più di cinquemila esemplari 

di piante locali ed esotiche. Qui 

sono allestite diverse aree tematiche: le 

piante officinali, le piante ornamentali, 

il bosco-parco, e la ricostruzione di 

diversi ambienti naturali. Tra le specie 

in terra si ricordano Ginkgo biloba 

(femmina) e Magnolia grandiflora. Di 

particolare interesse le tre serre che 

accolgono piante tropicali e grasse. 

Annesso all’Istituto universitario di Botanica 

è anche l’Erbario, costituitosi nel 

corso dell’Ottocento e comprendente 

un patrimonio erbariologico di notevole 

entità e valore scientifico. Espone numerosi 

erbari raccolti dal XVI secolo in 

poi, per un totale di oltre centodiecimila 

campioni. Di particolare interesse sono 

l’Hortus siccus florae italicae, iniziato 

nel 1816, e l’Hortus siccus exoticus, 

costituito tra il 1820 e il 1830 da Antonio 

Bertoloni (1775-1869), professore di 

Botanica e Prefetto dell’Orto Botanico 

dal 1816 al 1868. 

(g.b.p.) 

R. Savelli, L’Orto Botanico di Bologna, Bologna 

1963; G. Evangelisti, Dall’antico al nuovo Orto 

Botanico, «Strenna storica bolognese», 1977. 

Museo Ostetrico 

“Giovanni Antonio Galli” 

Bologna, Museo Ostetrico: G. Manzolini, Modello anatomico con due feti, funicoli, placente e membrane, 

XVIII secolo


95 

19 

Bologna 

Museo di Geologia e Paleontologia 

“Giovanni Capellini” 

Il museo è legato al Dipartimento di 

Scienze della Terra dell’Università. 

Inaugurato nel 1881 in occasione del II 

Congresso Geologico Internazionale, è 

intitolato a Giovanni Cappellini (1833- 

1922), primo presidente e fondatore 

della Società Geologica Italiana. 

Oltre ai circa trentamila pezzi raccolti 

dallo stesso Cappellini tra il 1860 e il 

1911, il museo accoglie le collezioni storiche 

di Marsili, Aldrovandi e Monti; la 

ricca collezione di pesci fossili di Bolca 

(1870); la collezione di Cicadeoidee, la 

più grande d’Europa; i due scheletri del 

proboscidato Mastodon arvenensis, il 

fossile del maldentato Scelidoterium 

cappellinii. Ricordiamo infine il modello, 

lungo 26 metri e alto 4, del dinosauro 

del Giurassico Diplodocus carnegiei. 

Nella stanza marsiliana sono presenti 

sedici pezzi, quattordici dei quali appartenenti 

ad elefanti fossili, come il 

Palaeoloxodon e il Mammuthus, descritti 

e figurati dal Marsili nel suo “Danubius 

Pannonico Mysicus observationibus 

geograficus... perlustratus”, 

del 1726. 

È poi conservato un legno fossile di 

Lithoxilon secundum ex Transilvania, 

citato nell’“instrumentum donationis” 

del 1711, cioè il catalogo a stampa 

della prima donazione. Si segnala, infine, 

il singolare modello di miniera, dono 

di Federico Augusto Elettore di Sassonia 

a Marsili. 

Il museo conserva le catene che per due 

anni cinsero le caviglie del Marsili prigioniero 

dei turchi, donate quale ex voto 

alla Vergine Annunziata nella cappella 

dell’istituto da lui stesso fondato. 

(g.b.p.) 

Guida al Museo Geologico G. Capellini della R. 

Università di Bologna, Imola 1918; C. Sarti, I 

fossili e il diluvio universale, Bologna 1988. 

20 

Bologna 

Museo di Antropologia 

Fondato nel 1908 da Fabio Frassetto in 

collegamento con il nuovo insegnamento 

universitario il museo, che occupa 

uno spazio espositivo di oltre seicento 

metri quadrati presso l’Istituto di Antropologia, 

documenta in prevalenza l’evoluzione 

della specie umana a partire dai 

Primati, in un viaggio a ritroso nel tempo 

dalla comparsa delle Australopitecine 

sino alle moderne forme di Homo 

Sapiens Sapiens. 

Il percorso espositivo si apre con una 

serie di teste umane in gesso e di calchi 

facciali, spesso policromi, delle diverse 

razze umane. Fra questi spicca la collezione 

costituita tra il 1927 e il 1932 dall’antropologo 

fiorentino Lido Cipriani 

per conto della “Reale Società Geografica” 

come sostegno didattico all’insegnamento 

di Biologia delle Razze. Di 

notevole interesse l’insieme dei calchi 

cranici esibiti per documentare le deformazioni 

etniche in uso presso alcune 

popolazioni a scopo estetico, rituale o 

sociale. 

La sezione è corredata da microdiorami 

sugli aspetti dell’adattamento della specie 

umana ai condizionamenti ambientali. 

Nel complesso degli strumenti impiegati 

dall’Istituto di Antropologia nel 

corso del Novecento per gli studi nel 

campo dell’osteometria, della fisiologia, 

della morfologia umana, figurano svariati 

utensili per la misurazione della 

vista, della sensibilità cutanea, delle 

dimensioni dello scheletro, l’antropometro 

di Frassetto, tavolette e scale cromatiche 

per la valutazione dei colori 

dell’occhio, della pelle, dei capelli. 

Il cuore del percorso espositivo è costituito 

da un itinerario che ripercorre le 

tappe dell’ominazione, ponendole in 

relazione con lo sviluppo fisico dell’uomo, 

le caratteristiche paleoambientali, 

le testimonianze della cultura materiale. 

La rassegna si conclude con una serie 

di reperti osteologici del periodo compreso 

tra il Neolitico e l’età Romana. Di 

interesse locale la documentazione relativa 

ai siti della Grotta di Gaibola, della 

Grotta e del Sottoroccia del Farneto 

e ad alcune sepolture villanoviane o di 

fase felsinea rinvenute nell’area metropolitana 

bolognese. 

(f.l.) 

C. D’Amico, Dalla terra alle stelle, «IBC Informazioni», 

4, n. 6, 1996, pp. 65-66. 

21 

Bologna 


Normale 

Chiamato popolarmente “delle cere a- 

natomiche”, il museo fu trasferito nel 

1908 nella sede attuale, presso l’Istituto 

universitario di Anatomia Umana 

Normale dove venne danneggiato in 

parte durante il secondo conflitto mondiale. 

Conserva la raccolta delle cere 

anatomiche del Gabinetto di Anatomia 

dell’Istituto delle Scienze, fondato nel 

1742 ad opera di Benedetto XIV che ne 

commissionò i pezzi al notomista Ercole 

Lelli (1702-1766). 

Tra le sculture esposte, corredate dei 

relativi pannelli preparatori, meritano 

segnalazione gli otto Scorticati, a grandezza 

naturale, finalizzati allo studio dei 

muscoli superficiali e profondi dell’uomo; 

Adamo ed Eva, realizzati con la collaborazione 

di Domenico Piò e Ottavio 

Toselli e, di Anna Morandi Manzolini, la 

famosa serie delle mani, l’Autoritratto 

e il Busto di Giovanni Manzolini, autore 

del Feto con funicolo e placenta. 

Di pregevole fattura sono anche le cere 

ottocentesche di C. Susini e G. Astorri. 

Al museo è annessa la collezione di Luigi 

Calori. Fondata nel 1860, è costituita 

da oltre millecinquecento crani umani, 

tra i quali il supposto cranio di Atalarico, 

rinvenuto nel 1838 a Barbianello sulla 

collina bolognese. 

(g.b.p.) 

I materiali dell’Istituto delle Scienze, Bologna 

1979; Le cere anatomiche bolognesi del Settecento, 

Bologna 1981; I luoghi del conoscere. I 

laboratori storici e i musei dell’Università di 

Bologna, Bologna 1988.



22 

Bologna 

Museo di Anatomia e Istologia 

Patologica “Cesare Taruffi” 

Il museo, fondato nel 1804, è intitolato 

a Cesare Taruffi (1821-1902), professore 

di Anatomia Patologica presso l’Università 

di Bologna. 

Dei circa duemila preparati di vertebrati, 

solo trecento sono visibili al pubblico 

all’interno dell’Istituto universitario 

di Anatomia e Istologia Patologica. 

Si tratta di materiale teratologico proveniente 

in gran parte da reperti conservati 

in alcool e formalina oppure 

riprodotto in modelli di cera, già presenti 

nel Museo Teratologico istituito 

dallo stesso Taruffi. 

(g.b.p.) 

23 

Bologna 

Museo di Anatomia Comparata 

Il museo è stato fondato da Gaetano 

Gandolfi nel 1814, ma il suo maggior sviluppo 

si ha tra il 1819 ed il 1861 sotto la 

direzione di Antonio Alessandrini. Dal 

1936 si trova nella sede attuale dell’Istituto 

universitario di Anatomia Comparata. 

Possiede oltre diecimila preparati 

anatomici ottocenteschi, eseguiti 

principalmente da Antonio Alessandrini 

e da Sebastiano Richiardi, che illustrano 

l’evoluzione dei vertebrati: pesci, 

anfibi, rettili, uccelli, mammiferi. Già 

allestito da Ercole Giacomini negli anni 

Trenta, il museo è stato riordinato a partire 

dal 1973 con l’inserimento di nuove 

vetrine ed un percorso espositivo a 

carattere didattico-scientifico. Oltre ai 

numerosi scheletri di vertebrati, tra cui 

degno di nota è quello del capodoglio, 

meritano segnalazione i preparati relativi 

agli apparati respiratorio, circolatorio, 

digerente e urogenitale. Per le attività 

didattiche sono disponibili plastici 

e modelli. È presente un percorso, con 

preparati non “in vitro” e con didascalie 

in Braille. 

(g.b.p.) 

24 

Bologna 


Il museo, sorto dalla divisione del Gabinetto 

delle Scienze dell’Università voluta 

da Carlo Farini nel 1860, si trova nella 

sede attuale - presso l’Istituto universitario 

di Zoologia - dal 1933. Gli 

esemplari esposti, circa ottomila tra 

vertebrati e invertebrati, provengono in 

parte dalle collezioni di Aldrovandi, 

Cospi e Marsili, ed in parte si legano alle 

diverse fasi di ampliamento del museo. 

Il percorso espositivo, introdotto da una 

visita ai parchi nazionali d’Abruzzo e del 

Gran Paradiso, mediante diorami (tra i 

primi ideati a livello nazionale), propone 

un sistema articolato di sezioni tematiche. 

Particolarmente interessanti sono le 

due sezioni dedicate rispettivamente 

alla caccia (illustrata sia attraverso le 

tecniche di cattura e riconoscimento 

delle tracce, la lavorazione delle pelli e 

altre attività connesse con la presenza 

dei “trofei”), e agli animali estinti o in 

via di estinzione. Non meno importante 

è la sezione che illustra il progredire della 

complessità organizzativa nei vari 

gruppi animali. Vastissimo è il repertorio 

degli esemplari presenti nel settore 

ornitologico del museo. 

L’Istituto di Zootecnia, che sorge a breve 

distanza dal museo, conserva lungo 

il corridoio d’ingresso tre vetrine con 

esemplari tassidermizzati di avifauna da 

allevamento, pollame, piccioni e qualche 

reperto e modello relativi alla cunicultura. 

Alcune vetrine riguardanti l’apicoltura 

sono ora presso l’Istituto Nazionale 

di Apicoltura. 

(g.b.p.) 

M. Marini, B. Sabelli, S. Tommasini, Breve guida 

al Museo di Zoologia dell’Università di Bologna, 

Bologna 1978. 

25 

Bologna 

Museo di Mineralogia 

“Luigi Bombicci” 

Il museo è situato dal 1903 all’interno 

del Dipartimento di Scienze della Terra 

e geologico-ambientali dell’Università 

di Bologna, nell’edificio appositamente 

costruito da Pasquale Penza. Si è formato 

nel 1862, a seguito della divisione 

del Gabinetto delle Scienze dell’Università, 

stabilita da C. Farini nel 1860. Il 

percorso espositivo è scandito in tre 

ampie sezioni: le collezioni di mineralogia 

generale; le collezioni regionali; la 

collezione di rocce e campioni di interesse 

giacimentologico. La prima sezione 

è composta da oltre cinquemila e- 

semplari. Sono da segnalare la serie 

monografica della silice; le collezioni di 

meteoriti, di minerali fluorescenti, delle 

pietre dure, le ambre. Le collezioni 

regionali comprendono oltre dodicimila 

campioni e riguardano diversi ambiti 

territoriali italiani. Particolarmente ricca 

è la raccolta riguardante la realtà 

emiliana e romagnola. Una sezione tratta 

gli aspetti topografici e mineralogici 

del territorio bolognese. Sono visibili 

numerosi modelli didattici. 

(g.b.p.) 

P. Gallitelli, 120 anni di vita dell’Istituto e del 

Museo di Mineralogia e Petrografia dell’Università 

di Bologna, «Atti dell’Accademia delle 

Scienze», 4, 1974, pp. 1-83. 

26 

Bologna 

Raccolta di Topografia, Geodesia 

e Fisica Mineraria 

La raccolta è ordinata nella sede della 

Facoltà d’Ingegneria, interessante edificio 

realizzato nel 1936 su progetto dell’architetto 

Vaccari. Si compone di circa duecento 

strumenti scientifici ottocenteschi, 

tra i quali si segnalano numerosi squadri 

agrimensori e ottici, una serie di livelli 

“Berthelmy” acquistati dalla Commissione 

Geodetica Italiana dal 1888, oltre a traguardi, 

bussole, teodoliti e tacheometri. A


97 

questi si aggiungono altri nuclei tematici 

di oggetti. Di alto interesse la strumentazione 

impiegata nella determinazione delle 

differenze di longitudine: un cronometro 

marino costruito da Frodsham a Londra 

nel 1865, una bussola delle tangenti ed 

alcuni registratori di segnali a tamburo 

rotante. Nell’ultimo nucleo, composto da 

strumenti per calcoli numerici, si conservano 

tavolette di ottone della fine del XVIII 

secolo per la riduzione delle distanze inclinate, 

un aritmometro e macchine da calcolo 


(s.v.) 

27 

Bologna 

Museo di Fisica 

Il museo, inaugurato nel 1982, trae origine 

dalle “Stanze di Fisica” previste dal 

Marsili, collegandosi quindi alle vicende 

dell’Istituto universitario, fondato da 

Augusto Righi all’inizio del Novecento. 

I materiali raccolti in tre ampie sale dell’istituto 

illustrano lo sviluppo delle 

scienze fisiche negli ultimi tre secoli. Il 

Seicento è rappresentato, tra l’altro, 

dagli strumenti del laboratorio ottico 

dello scienziato spoletino Giuseppe 

Campani, tra i più celebri costruttori di 

microscopi e telescopi dell’epoca, la cui 

collezione, unica per completezza e unitarietà, 

venne acquistata nel 1747 da 

Benedetto XIV per le raccolte scientifiche 

dell’Istituto delle Scienze. Tra le 

testimonianze del XVIII secolo si ricorda 

il gabinetto di fisica di lord George 

Cowper, tra le più ricche dotazioni dell’epoca 

e corredato di documentazione. 

Nella strumentazione del XIX secolo si 

annoverano una pila di Volta, tra le più 

antiche esistenti, un prototipo di galvanometro 

astatico verticale appartenuto 

a Leopoldo Nobili, un piezometro Oersted, 

un modello di locomotiva a vapore 

realizzato a Castelmaggiore alla metà 

dell’Ottocento con materiali usati per 

locomotive vere. Seguono quasi tutte le 

attrezzature di Augusto Righi, massimo 

esponente italiano della fisica ottocentesca, 

mentre il Novecento è rappresentato 

da Quirino Majorana, il cui lascito 

costituisce una delle più consistenti 

dotazioni del museo. 

(m.t.f.) 

G. Dragoni, La ricostruzione del Museo dell’Istituto 

di Fisica dell’Università di Bologna, in 

Gli strumenti nella storia e nella filosofia della 

scienza, Bologna 1983; G. Dragoni, Il Museo di 

Fisica, in Storia illustrata di Bologna. I Musei 

dell’Università, 8, VII, Milano 1987. 

28 

Bologna 

Raccolte dell’Istituto Ortopedico 

Rizzoli 

Le raccolte dell’Istituto, ospitato dal 

1896 nell’ex-monastero olivetano di San 

Michele in Bosco eretto nel 1364, ma le 

cui origini risalgono al XII secolo, sono 

ordinate in tre sezioni: i preparati anatomici, 

l’archivio del gabinetto fotografico 

e la biblioteca scientifica che comprende 

la Donazione Vittorio Putti. La 

prima sezione, che sarà prossimamente 

ordinata nella sala Bacchelli, prefigura 

un museo osteologico costituito da centodue 

preparati a secco, quattrocento 

sotto formalina e circa cento impianti 

Bologna, Museo di Fisica 

protesici e strumenti scientifici. Nella 

raccolta si trovano, inoltre, una sfera 

armillare del 1528, un globo di Greuter 

del 1636 e due splendide stauette anatomiche 

del XVI secolo.Particolarmente 

ricco l’archivio fotografico specialistico, 

che conserva circa trentacinquemila 

immagini scattate tra il 1896 ed il 1945. 

Tra le raccolte librarie e documentarie, 

la collezione donata dal celebre chirurgo 

ortopedico Vittorio Putti (1880- 

1940), sistemata nell’ex appartamento 

del priore conventuale, comprende 

manoscritti e incunaboli, oltre duecento 

cinquecentine, ventottomila volumi e 

quasi mille testate di riviste specializzate. 

Interessante anche la raccolta di 

riproduzioni di ferri chirurgici dall’età 

antica a quella preindustriale. L’importante 

patrimonio cartaceo dell’Istituto è 

conservato nella libreria olivetana, progettata 

per l’abate Taddeo Pepoli da 

Gian Giacomo Monti e decorata da Canuti 

e Haffner (1677). 

(r.v./s.v.) 

A. Cioni, A.M. Bertoli (a cura), L’Istituto Rizzoli 

in San Michele in Bosco. Il patrimonio artistico 

del monastero e vicende storiche di cento 

anni di chirurgia ortopedica, Milano 1996.



29 

Bologna 

Museo Scientifico 

del Liceo Galvani 

Ordinato di recente in una vasta aula 

nell’ala più antica del palazzo costruito 

dai Gesuiti a fianco della Chiesa di Santa 

Lucia, oggi sede del Liceo Classico 

Galvani, il museo raccoglie strumenti e 

materiali dello storico Gabinetto di fisica 

e di scienze naturali dell’istituto. Nelle 

diverse sezioni museali figurano 

oggetti dal Settecento ai giorni nostri. 

Sono esposti strumenti rari come un 

piccolo planetario settecentesco o la 

sfera armillare che riproduce il modello 

tolemaico della sfera celeste. Ancora 

funzionanti sono galvanometri e macchine 

elettrostatiche, mentre figurano 

in museo anche varie testimonianze 

degli esperimenti scientifici di Galvani. 

Le scienze naturali sono rappresentate, 

in particolare, dall’erbario con piante 

essiccate facenti parte della collezione 

di Antonio Federico Polonio. 

(o.p.) 

La Cassa di Risparmio bolognese, dalla 

fine dell’Ottocento, raccoglie materiali 

di interesse storico-artistico, con particolare 

attenzione a quelli riguardanti la 

storia e le vicende culturali della città e 

del suo territorio. Il patrimonio, che 

consta attualmente di oltre venticinquemila 

opere, è custodito presso la 

Chiesa di S. Giorgio in Poggiale. L’edificio, 

di recente completamente restaurato, 

è divenuto una delle principali sedi 

espositive in ambito bolognese, in grado 

di proporre a rotazione le raccolte 

dell’istituto bancario, ma anche di ospitare 

mostre a carattere nazionale ed 

internazionale. Il patrimonio artistico e 

storico della Cassa di Risparmio si articola 

in varie sezioni tematiche e tipologiche. 

Tra le altre, la sezione numismatica 

comprende le monete coniate dalla 

Zecca di Bologna dal 1191 al 1861, cui 

si aggiungono tessere, pesi, distintivi e 

placchette. Nella sezione bibliografica 

sono inserite, oltre ad ex-libris e manifesti, 

anche edizioni pregiate e codici 

manoscritti e miniati. La biblioteca, che 

comprende una cospicua emeroteca, 

consta di circa sessantamila titoli ed è 

di pubblica consultazione. Assai consistente 

è il nucleo di documenti legati 

alla storia della città, in particolare alle 

vicende e ai personaggi risorgimentali. 

Vi si trovano poi bandi, manifesti, provvedimenti 

legislativi emessi dalla Municipalità 

e dal Legato, nonché testimonianze 

delle antiche corporazioni, delle 

confraternite e della loro organizzazione. 

Almeno diecimila sono le lastre e i 

negativi fotografici che consentono di 

ricostruire le vicende urbanistiche non 

solo di Bologna, ma dell’intera Emilia. 

La sezione propriamente artistica raccoglie 

dipinti, disegni e incisioni di autori 

prevalentemente bolognesi operanti 

tra il XV e il XIX secolo. 

I materiali, tutti catalogati, sono stati 

oggetto di numerose pubblicazioni a 

stampa in occasione delle mostre del 

patrimonio della Cassa di Risparmio 

realizzate regolarmente nella Chiesa di 

San Giorgio in Poggiale. 

(m.l.p.) 

F. Varignana, Le Collezioni d’Arte della Cassa 

di Risparmio in Bologna. I dipinti, Bologna 

1972; A. Emiliani, F. Varignana, Le Collezioni 

d’Arte della Cassa di Risparmio in Bologna, I 

disegni, Bologna 1973; F. Varignana, Bologna, 

Le Collezioni d’Arte della Cassa di Risparmio 

in Bologna, I disegni II, Mappe agricole e 

urbane del territorio bolognese dei secoli XVII 

e XVIII, Bologna 1974; F. Varignana, Bologna, Le 

Collezioni d’Arte della Cassa di Risparmio in 

Bologna, I disegni III, Dal Paesaggio Romantico 

alla veduta urbana, Bologna 1977; F. Varignana, 

Bologna, Le Collezioni d’Arte della 

Cassa di Risparmio di Bologna, Le Incisioni. 

I, Giuseppe Maria Mitelli, Bologna 1978; F. 

Cristofori, G. Roversi (a cura), Le Collezioni 

d’Arte della Cassa di Risparmio di Bologna. Le 

Fotografie. I, Pietro Poppi e la fotografia dell’Emilia, 

Bologna 1980; F. Cristofori, G. Roversi 

(a cura), A. Romagnoli, Le Collezioni d’Arte 

della Cassa di Risparmio di Bologna. Le 

Fotografie. II, Arnaldo Romagnoli, Il volto di 

Bologna, Bologna 1982; L. Bellocchi, Le Collezioni 

d’Arte della Cassa di Risparmio in Bologna, 

Le monete di Bologna, Bologna 1997. 

30 

Bologna 

Collezioni d’Arte e di Storia della 

Cassa di Risparmio in Bologna 

Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia della Cassa di Risparmio in Bologna: Giuseppe Maria Crespi, 

Scena di Battaglia: Clorinda e Tancredi, 1725 c.


99 

31 

Bologna 

Museo della Sanità 

e dell’Assistenza 

Inaugurato alla fine del 1999, il museo 

comprende luoghi espositivi, uffici e 

servizi ricavati dall’impianto architettonico 

dell’antico Ospedale della Vita 

(1270-1798). Fa parte del complesso il 

Santuario a pianta ellittica progettato 

da Bergonzoni (1692), con cupola disegnata 

da Antonio Bibiena, al cui interno 

è posto il Compianto del Cristo 

morto di Niccolò dell’Arca (realizzato 

nel 1463) composto da sette statue in 

terracotta. Inoltre, l’apertura al pubblico 

dell’Oratorio dei Battuti, a cui si accede 

solo tramite il museo del quale è parte 

integrante, permette un percorso 

multidisciplinare: religioso, artistico e 

culturale. Tuttora consacrato, può essere 

utilizzato anche per concerti, conferenze, 

convegni. 

La sua origine risale al XV secolo, ma la 

forma attuale, a pianta rettangolare, è 

dell’inizio del XVII secolo. Fra le opere 

che decorano le pareti e il soffitto sono 

la pala d’altare del Nosadella; quattro 

statue in stucco dei santi protettori della 

città, due delle quali eseguite da Alessandro 

Algardi; i quadri con episodi della 

fondazione e della vita dell’ospedale, 

fra cui quelli di Cavedoni, Menghino del 

Brizio, Calvaert; Il Transito della Vergine 

(1519-1522) di Alfonso Lombardi, 

che chiude idealmente il percorso iniziato 

con la scena delle madonne piangenti 

di Niccolò dell’Arca. 

Gli spazi espositivi si concentrano prevalentemente 

in due sale: nella prima è 

la quadreria in cui spiccano le due opere 

di Gaetano Gandolfi, gli arredi liturgici 

e i paramenti sei-settecenteschi 

legati alla storia del Santuario, il famoso 

Ritratto di Luigi XIV Re di Francia 

in miniatura, realizzato da Jean Petitot. 

La seconda sala contiene 150 vasi 

da farmacia (non tutti esposti) provenienti 

dalla vecchia farmacia dell’Ospedale 

della Vita. 

(m.f.) 

32 

Bologna 

Museo di San Petronio 

Il museo, ordinato da Tito Azzolini nel 

1894, in due ambienti al piano superiore 

della Fabbriceria, documenta sei 

secoli di storia della Basilica di San 

Petronio. Espressione della devozione 

civica dei bolognesi, il tempio venne 

costruito a partire dal 1390 con la direzione 

di Antonio di Vincenzo. Il cantiere, 

interrotto nel 1401 alla morte dell’architetto, 

riprese dal 1425 con l’impresa 

decorativa della “Porta Magna” di 

Jacopo della Quercia. Le porte laterali 

furono scolpite da Amico Aspertini, 

Nicolò Tribolo, Francesco da Milano, 

Giacomo Silla, Alfonso Lombardi, Lazzaro 

Casario, Zaccaria Zacchi, Properzia 

de’ Rossi e Ercole Seccadenari. 

Nel 1538 fu messo in opera il rivestimento 

marmoreo disegnato da Domenico 

Aimo da Varignana. 

L’interno tardogotico conserva importanti 

cicli decorativi: di Giovanni da 

Bologna, Museo della Fabbriceria della Basilica di San Petronio: Arduino Arriguzzi, Modellino ligneo



Modena, nelle cappelle di S. Abbondio 

e Bolognini del 1410; di Lorenzo Costa, 

Giacomo e Francesco Francia nella 

cappella Vaselli. Tra le pale d’altare 

figurano L’Estasi di S. Rocco (1527) 

del Parmigianino e la Pietà di Amico 

Aspertini (1519), autore delle decorazioni 

sulle fiancate dell’organo eseguite 

nel 1531, tornate alla luce in seguito 

a recenti restauri. Si segnalano, inoltre, 

le vetrate di Giacomo da Ulma (1464) 

e gli stalli intarsiati di Giacomo Agostino 

De Marchi (1495) e Raffaele da Brescia 

(1513). 

Nel museo, parzialmente riallestito alla 

fine degli anni Cinquanta, figura il nucleo 

originario dei progetti per il completamento 

della facciata elaborati da 

Peruzzi, Giulio Romano, Vignola, Cristoforo 

Lombardi, Domenico Tibaldi, 

Palladio e Terribilia. Nella stessa sezione 

sono inseriti il modellino ligneo dell’Arriguzzi 

del 1513, i due modelli in 

legno e stucco per la volta centrale, eseguiti 

da Floriano Ambrosini nel 1592. 

Oltre alla documentazione sul cantiere 

di San Petronio, il museo conserva opere 

d’arte, oggetti liturgici, graduali e 

antifonari miniati. 

Di particolare pregio i corali di Martino 

da Modena, G.B. Cavalletti e Taddeo 

Crivelli (secc. XV-XVI); quattro rilievi di 

Properzia dè Rossi (1525), la statua in 

marmo di S. Procolo, dovuta per la parte 

superiore ad Alfonso Lombardi, e gli 

strumenti per la meridiana del Cassini 

(1655), restaurata da Eustachio Zanotti. 

Tra le oreficerie più interessanti si 

segnalano due cofani della bottega degli 

Embriachi (sec. XV) e una croce astile 

in argento sbalzato del bolognese Battista 

del Gambaro (1547). 

(f.b.) 

M. Fanti, Il Museo di San Petronio, Bologna 

1970; M. Fanti, Il Museo e l’Archivio Storico, in 

La Basilica di San Petronio, vol. 2, Bologna 

1984; R. D’Amico, R. Grandi, Il tramonto del 

medioevo a Bologna. Il cantiere di San Petronio, 

Bologna 1987. 

33 

Bologna 

Museo di Santo Stefano 

Il museo ha sede all’interno del complesso 

monastico della Basilica di Santo 

Stefano. Luogo di eccezionale importanza 

nella topografia religiosa cittadina, 

il gruppo delle ‘sette chiese’ si articola 

in uno straordinario insieme architettonico 

nel quale si distinguono la 

chiesa del Crocifisso, la cripta, le basiliche 

del S. Sepolcro e dei Santi Vitale e 

Agricola; il cortile di Pilato, con il celebre 

catino di Liutprando, le chiese del 

Martyrium o della Trinità e della Benda, 

il chiostro benedettino con capitelli 

antropomorfi (sec. XIII). Il museo fu 

sistemato da Francesco Malaguzzi Valeri 

nel refettorio e inaugurato nel 1916. 

Nel 1980 ebbe una collocazione provvisoria 

fino al 1999, quando lavori di sistemazione 

lo hanno portato alla veste 

attuale. È allestito in quattro sale che 

terminano con la cappella della Benda: 

nella prima sala sono bassorilievi, statue 

e capitelli; nella seconda, tavole e 

affreschi staccati dei secc. XIV-XVI; nella 

terza, tele e pale d’altare (secoli XVII 

e XVIII). Da queste sale si accede al 

“Tesoro di Santo Stefano”: due piccole 

stanze con raccolte di oreficerie sacre e 

reliquiari, fra cui quello di S. Petronio di 

Jacopo da Roseto (1380), reliquie della 

Santa Croce del XVII secolo, reliquia 

della Benda del XVII secolo, e altri reliquiari, 

pissidi, candelieri, croci astili, 

ostensori, tutti dei secoli XVII-XIX. La 

quarta sala (cappella della Benda) con 

il Sancta Sanctorum (secc. XVI-XVIII), 

col reliquiario in legno di San Floriano 

(XVIII secolo), paramenti sacri (XVIII 

secolo), fra cui la mitria di Sant’Isidoro, 

e un affresco staccato del XIII secolo: la 

Strage degli Innocenti di Berlinghiero 

da Lucca. Annesso al museo è attivo un 

laboratorio di restauro di oreficeria, 

libri, paramenti e arredi sacri in genere. 

(v.m.) 

L. Serchia (a cura), Nel segno del SS. Sepolcro, 

Vigevano 1987; 7 colonne e 7 chiese, la vicenda 

ultramillenaria del complesso di S. Stefano in 

Bologna, Bologna 1987. 

34 

Bologna 

Museo di San Domenico 

Il museo è stato ordinato nel 1956 nei 

locali contigui alla sacrestia della basilica 

dai frati Domenicani, che nel 1228 

Bologna, Museo della Basilica di Santo Stefano: Simone dei Crocifissi, Gruppo dei Magi, 1370 c.


101 

Bologna, Museo della Basilica di San Domenico: 

Michelangelo, Angelo ceroferario, 1494 

avevano avviato il cantiere dell’edificio, 

consacrato nel 1251. La basilica a tre 

navate venne aumentata delle cappelle 

Pepoli sul fianco nord nel corso del XIV 

secolo e, tra il 1530 e il 1535, della cappella 

Ghisilardi, disegnata da Baldassarre 

Peruzzi. L’abside fu costruita nel 

XVII secolo. Tra il 1722 e il 1733 Carlo 

Francesco Dotti rimodernò l’intero 

impianto. La facciata subì rimaneggiamenti 

tra la fine del XIX e gli inizi del 

XX secolo. Il museo raccoglie importanti 

opere d’arte ed arredi appartenenti 

alla basilica, nella quale si conservano 

tuttora dipinti e sculture di straordinario 

valore. Tra il 1265 e il 1267, Nicola 

Pisano scolpì l’urna in collaborazione 

con gli allievi Arnolfo di Cambio, Pagno 

di Lapo e fra Guglielmo. Tra il 1469 e il 

1473 Niccolò da Bari, detto per questa 

impresa Niccolò dell’Arca, realizzò la 

cimasa, integrata nel 1494 da Michelangelo, 

autore dell’angelo ceroferario 

di destra e delle statue di S. Petronio e 

S. Procolo; la statua del Battista si deve 

a Girolamo Coltellini. Alfonso Lombardi 

eseguì i rilievi del gradino marmoreo 

(1532). Nella basilica si segnalano inoltre 

lo Sposalizio di S. Caterina di Filippo 

Lippi (1501), il coro di fra Damiano 

da Bergamo (1541-1549), la pala con i 

Misteri del Rosario (1599-1600) dipinti 

da Ludovico Carracci, Cesi, Calvaert, 

Lavinia Fontana, Reni, Albani, Domenichino 

e il S. Tommaso d’Aquino del 

Guercino (1662). 

Nel museo meritano segnalazione la 

tavola con la cosiddetta Madonna del 

velluto di Lippo di Dalmasio (1390 ca.), 

la Madonna col Bambino di Giovanni 

Francesco da Rimini (1459), il Busto 

di S. Domenico di Niccolò dell’Arca 

(1474), La Carità e S. Francesco, due 

affreschi staccati di Ludovico Carracci 

e inoltre opere di Luini, Prospero Fontana, 

Ubaldo Gandolfi. Nella sala superiore 

si conservano il reliquiario di 

S. Luigi di Francia (fine del sec. XII), calici, 

ostensori, paramenti di manifattura 

emiliana e un baldacchino con gli stemmi 

delle compagnie delle arti (1631). 

(f.b.) 

A. D’Amato, I Domenicani a Bologna, 2 voll., 

Bologna 1987-88. 

35 

Bologna 

Museo di San Giuseppe 

Il museo ha sede in locali attigui all’elegante 

chiostro di G.A. Conti (1722) annesso 

alla chiesa di S. Giuseppe, costruita 

nel 1841 su disegno di Filippo Antolini 

nel luogo ove, nel 1273, era stata edificata 

la chiesa di S. Maria Maddalena di 

Valle di Pietra, per conto del giurista 

Foscherari. 

Nel museo si conservano circa cento 

dipinti e diversi arredi sacri provenienti 

da chiese e conventi della provincia 

cappuccina di Romagna, tra i quali figurano 

opere di Pietro Lianori, Marco Zoppo, 

Innocenzo da Imola, Prospero Fontana, 

Calvaert, Cesi, Passerotti, Faccini, 

Cantarini, Franceschini, Crespi, 

Gandolfi, Calvi. Meritano segnalazione 

anche i gruppi plastici di Zaccaria Zacchi 

da Volterra (sec. XVI), Mazza, Piò, 

Sarti. Alcune opere rimandano all’interessante 

interno ottocentesco di San 

Bologna, Museo di San Giuseppe: Marco Zoppo, 

Crocifisso, 1461 

Giuseppe, dove si possono ammirare 

pitture di Malatesta, Guardassoni, Muzzi, 

Deschwanden e le statue di Putti, 

Berozzi, Bernardi, Testoni, nonché il 

suggestivo gruppo con la Pietà di Angelo 

Piò. 

(e.l.) 

36 

Bologna 

Museo della Santa 

Nella chiesa del Corpus Domini e nell’attiguo 

monastero è ordinato il museo 

che documenta la figura di Santa Caterina 

de’ Vigri (1413-1463). Costruita da 

Nicolò di Marchionne e Francesco Fucci 

tra il 1477 e il 1480, la chiesa fu decorata 

in facciata dal portale in cotto attribuito 

allo Sperandio o a Pagno di Lapo. 

Tra il 1684 e il 1695 Gian Giacomo Monti 

ristrutturò l’interno dell’edificio, che 

gli affreschi di Marcantonio Franceschini 

ed Enrico Haffner, e gli stucchi di 

Giuseppe Maria Mazza, trasformarono 

in uno dei complessi più rappresentativi 

della decorazione bolognese dell’età 

barocca. 

Alla sinistra della navata il percorso del 

museo si apre con la cappella dove si



Bologna, Museo della Santa: Santa Caterina de’ 

Vigri, Breviario 

venera il corpo seduto e incorrotto della 

Santa. Qui sono esposti la Madonna 

del Pomo e il Gesù Bambino dipinti 

dalla stessa Caterina, i manoscritti delle 

sue opere (Breviario e Le sette armi 

spirituali), numerosi ex voto e reliquiari. 

Tra i cimeli della santa clarissa, 

dilettante di musica oltreché pittrice, 

figura la celebre “violeta”, testimonianza 

preziosa di viella del XV secolo. Nella 

sala attigua sono conservate piccole 

tavole eseguite da Giulio Morina nel 

1594; il letto della Santa, alcune sedie, 

un crocefisso ligneo del XV secolo e un 

manto ricamato donato da una nobile 

famiglia bolognese. 

(l.m.b.) 

M. Tiella, La “Violeta” di Santa Caterina de’ 

Vigri (Sec. XV) nel convento del Corpus Domini, 

Bologna, Firenze 1974; V. Fortunati Pierantoni 

(a cura), Lavinia Fontana 1552-1614, 

Milano 1994. 

37 

Bologna 

Museo Missionario d’Arte Cinese 

Aperto al pubblico nel 1964, e interamente 

riallestito nel dicembre 1996 in 

alcuni ambienti del Convento di S. Paolo 

al Monte, il museo espone testimonianze 

artistiche ed etnografiche connesse 

all’attività missionaria dei frati 

Minori francescani della provincia minoritica 

emiliana, operanti in Africa e 

nell’estremo Oriente. Ben documentata 

è la realtà cinese tra fine Ottocento e 

gli inizi del nostro secolo. 

Accanto a reperti di notevole valore storico-artistico 

(una serie di statuette in 

bronzo a soggetto buddista, o rare sculture 

in legno dallo Hunan), il museo 

comprende manufatti d’uso quotidiano. 

Figurano reperti etnografici dell’Oceania 

e dell’Africa centrale, da dove provengono 

strumenti musicali ed avori. 

Una sezione del museo è dedicata a testimonianze 

storiche ed artistiche legate 

alla storia del Convento dell’Osservanza. 

(v.m.) 

38 

Bologna 

Museo di Ronzano 

Il museo, che raccoglie la collezione di 

cimeli risorgimentali avviata da padre 

Santi nel 1935, è allestito nel convento, 

sede di un collegio dell’ordine dei servi 

di Maria. Sorto come romitorio femminile 

nel 1140, ospitò le monache della 

Santissima Trinità dai primi anni del XIII 

secolo al 1265, per passare poi ai “fratres 

milites” della Beata Vergine Gloriosa, 

meglio noti come frati gaudenti. A 

partire dal 1475 fu dei padri domenicani, 

che riedificarono l’intero complesso, 

ultimato nel 1485 da G. Nadi e G. Piccinini. 

La facciata, decorata da rosone, 

venne rifatta verso la metà dell’Ottocento. 

Nell’interno dell’edificio, ad ignoti 

artisti di scuola emiliana e lombarda 

del primo Cinquecento si debbono gli 

affreschi delle cappelle e dell’arco trionfale. 

Nel chiostro del convento è un pregevole 

pozzo della fine del XV secolo. 

Nell’Ottocento il complesso fu dimora 

estiva dell’archeologo Giovanni Gozzadini 

che rinvenne nei dintorni dell’eremo 

reperti della prima età del Ferro e 

dell’epoca etrusca, poi custoditi nel 

museo. 

Tra i cimeli della raccolta Santi figurano 

alcune memorie carducciane, donate 

dalla figlia del poeta, Libertà, e il 

nucleo della donazione Gozzadini, comprendente 

documenti, carteggi, autografi 

di Saffi, Mazzini, Cavour e d’Azeglio; 

libri rari, fotografie storiche, stampe 

di Pio IX, oltre a una raccolta di circa 

quattrocento medaglie celebrative. 

Nel museo, temporaneamente chiuso 

per un intervento di adeguamento dei 

locali, sono custoditi anche oggetti d’uso 

conventuale. 

(f.b.) 

39 

Bologna 

Museo Storico-Didattico 

della Tappezzeria 

Dal 1990 il museo ha sede nella neoclassica 

Villa Spada, edificata verso la 

fine del XVIII secolo per la famiglia Zambeccari 

dall’architetto Giovanni Battista 

Martinelli e decorata dalle pregevoli 

sculture e fregi di Giacomo Battista 

Martinelli. 

Divenuta proprietà di Clemente Spada, 

attorno al 1930, la villa fu gravemente 

danneggiata nel corso dell’ultimo conflitto. 

Nel 1985 il Comune approvò il 

progetto di restauro dell’edificio, che fu 

quindi destinato ad ospitare il museo già 

allestito in Palazzo Salina Brazzetti, a 

seguito della costituzione, nel 1966, dell’Associazione 

“Museo Nazionale Storico 

Didattico della Tappezzeria”. 

Si deve a Vittorio Zironi la formazione 

della raccolta, progressivamente incrementata 

da lasciti e donazioni da parte 

di privati. 

Il museo è allestito in dieci sale, con il 

percorso espositivo che si articola in


103 

diverse sezioni dedicate ai vari tipi di 

tessuti, di produzione italiana e francese 

dal XVI secolo all’Ottocento, dai merletti, 

ai ricami, ai paramenti sacri, agli 

abiti, alle bandiere e agli stendardi, alle 

pelli, alle passamanerie, ai telai e agli 

attrezzi per la tappezzeria. 

Di rilievo la collezione dei tessuti orientali 

e il patrimonio dei materiali complementari 

alla pratica artigianale: borchie 

fuse e cesellate, dal Quattrocento 

al secolo scorso, cornici per carta, stampi, 

pelli stampate, bordure in velluto, 

frange. Il museo è dotato di un attrezzato 

laboratorio per i restauri dei tessuti 

e degli arazzi, nonché di una biblioteca 

specializzata. 

(v.m.) 

S. Zironi, Il Museo Storico Didattico della Tappezzeria, 

Bologna 1981; Museo Storico Didattico 

della Tappezzeria, Bologna 1986; O Tassinari 

Clò, Il Museo della Tappezzeria nel Palazzo 

del Ravone (La rinascita di Villa Spada), 

Bologna 1991. 

40 

Bologna 

Museo Nazionale del Soldatino 

“Mario Massacesi” 

Il museo, attualmente ordinato all’interno 

di Villa Aldrovandi Mazzacurati, è 

stato istituito con l’esposizione al pubblico 

della collezione di Mario Massacesi 

(1920-1981). Lo stesso Massacesi è 

stato l’ispiratore e il primo direttore del 

museo, che detiene oggi migliaia di 

esemplari, rari esempi di modellismo 

militare, diorami, attrezzature per wargame. 

L’ordinamento museale, che propone a 

rotazione i pezzi unici, di particolare 

pregio collezionistico, consente un percorso 

sostanzialmente didattico in grado 

di fornire un racconto completo della 

storia del soldatino in due secoli di 

produzione italiana ed estera. Si va dagli 

esemplari di valore antiquariale, di legno, 

di stoffa, di stagno e di altri materiali, 

fino alle ricostruzioni storiche dei 

nostri giorni. Fra i pezzi più antichi figurano 

gli “Adam Schweitzer” del 1820, gli 

“Ammon di Furth” (1880-1910), i “Pellerin 

d’Épinal” (1870), gli “Heyde”, i “Lucotte”, 

i “Gebruder Schneider” (1903- 

1904). 

(s.v.) 

R. Nannetti, Il Museo nazionale del soldatino 

Mario Massaccesi, Bologna 1997. 

41 

Bologna 

Museo Ducati 

Il museo, istituito nel 1998, illustra le 

fasi dell’impegno motociclistico competitivo 

della Ducati dall’ultimo dopoguerra 

ad oggi. Un accenno alla tradizione 

ed alla fondazione della ditta nei 

primi anni Venti è visibile all’inizio dell’itinerario 

di visita con l’esposizione di 

apparecchiature elettriche, radiofoniche, 

fotografiche e cinematografiche relative 

alle prime produzioni che resero 

rinomato il marchio. 

Il percorso si articola nella presentazione 

di ventisei motociclette, esposte in 

nove “tappe”, lungo una “pista” circolare 

illuminata, al cui centro si trova una 

struttura a forma di grande casco che 

contiene una saletta multimediale. 

Attorno si aprono sei ambienti corredati 

da motori e da alcuni componenti 

meccanici, disegni, immagini fotografiche, 

dépliant illustrativi e video storici 

delle tecniche meccaniche e delle 

imprese sportive di maggior rilievo, che 

illustrano le diverse moto prodotte: dal 

“Cucciolo”, primo prodotto del 1946, 

all’applicazione del sistema di distribuzione 

Desmodromica che contraddistingue 

i motori Ducati, alla “Marianna”, 

il motore trialbero bicilindrico parallelo 

e quello a coppie coniche, alla “Pantah” 

ma anche alle più recenti moto da competizione 

che hanno concorso alla categoria 

“Superbike”, ricostruendo così 

l’intera storia evolutiva del motore. 

Il museo è inoltre dotato di un gift-shop 

dove sono reperibili capi d’abbigliamento, 

manifesti, libri ed esemplari dell’oggettistica 

Ducati. 

(s.v.) 

42 

Budrio 


e Paleoambientale 

Il museo è allestito nell’antico palazzo 

della Partecipanza, edificato tra il XVII e 

il XVIII secolo e ristrutturato nell’Ottocento. 

Istituito nel 1968 ed inaugurato 

nel 1982, espone con criterio diacronico 

materiali dell’età del Bronzo e del Ferro 

e reperti di epoca romana provenienti da 

scavi archeologici e ricognizioni di superficie 

condotti nell’ultimo trentennio nella 

zona della bassa valle dell’Idice e nei 

distretti amministrativi di Castenaso e di 

Budrio. La documentazione archeologica 

e il relativo apparato didattico sono 

integrati da uno strumento multimediale 

che permette al pubblico di seguire la 

genesi del territorio e lo sviluppo degli 

insediamenti, visualizzati su un plastico 

che illustra la distribuzione topografica 

degli insediamenti sino al Medioevo. 

Relativamente all’età dei Metalli, numerosi 

materiali d’uso quotidiano (vasellame, 

attrezzi metallici, oggetti in osso, 

manufatti in pietra) provenienti dall’abitato 

eneo di Trebbo Sei Vie e dal sito villanoviano 

di Castenaso, consentono di 

ricostruire l’organizzazione insediativa 

della prima pianura bolognese, caratterizzata 

da una fitta punteggiature di villaggi, 

con prevalente vocazione agricolopastorale, 

i cui elementi connotativi sono 

illustrati anche attraverso reperti archeozoologici 

e ricostruzioni paleoambientali. 

Il percorso museale riserva l’ultima 

sezione alle testimonianze della cultura 

materiale legate alla colonizzazione 

romana della pianura padana e al processo 

di centuriazione. Scavi e prospezioni 

di superfici all’interno della maglia 

centuriale nel distretto budriese, ove si 

incontrano le pertinenze territoriali delle 

colonie di Bononia e Claterna, hanno 

fatto poi confluire presso il museo 

interessanti materiali relativi alle suppellettili, 

alle attrezzature e strutture 

edilizie e costruttive delle fattorie costruite 

sui nuovi territori del dominio 

romano. 

(f.l.)



Il territorio di Budrio nell’antichità, Atti della 

giornata di studi, Bologna 1982; F. Servetti 

Donati, Gli scavi archeologici - Il Museo Civico 

Archeologico e Paleoambiente di Budrio. Materiali 

e toponimi di origine romana, in Eadem 

(a cura), Budrio. Casa nostra, Budrio 1993, pp. 

56-59; G. Trippa, M.L. Montanari, Due passi per 

Budrio, a cura di E. Silvestri, Budrio 1993; La 

macchina del tempo racconta: Budrio fra 

Zena, Savena e Quaderna e il suo museo, Budrio 

1995. 

43 

Budrio 


“Domenico Inzaghi” 

La prima configurazione della civica 

raccolta di dipinti, disegni e incisioni 

risale al 1821, allorché Domenico Inzaghi 

donò il suo ricco patrimonio d’arte 

alla Partecipanza, alla quale venne assegnato 

nel 1839, alla morte della vedova 

del collezionista. Nel 1931, con lo scioglimento 

della Società agraria, tutti i 

beni passarono al Comune, che istituì in 

quello stesso anno la pinacoteca in 

Palazzo Boriani, già sede della Partecipanza, 

acquisito agli inizi dell’Ottocento 

dai Dalla Noce che lo avevano fatto 

restaurare ed affrescare. Il più recente 

riallestimento della pinacoteca, risalente 

al 1989, ha consentito di presentare 

al pubblico l’intera collezione, compreso 

anche il fondo delle stampe e dei disegni, 

dopo una serie di campagne catalografiche 

e di restauro. Nella raccolta 

figurano notevoli opere pittoriche di 

Vitale da Bologna, Tommaso Garelli, 

Cristoforo di Benedetto, Innocenzo da 

Imola, Dosso Dossi, Denijs Calvaert, 

Bartolomeo Passerotti, Bagnacavallo il 

Giovane, Lavinia Fontana, Francesco 

Brizio, Mastelletta, Cesare Gennari, 

Alessandro Tiarini, Francesco Albani, 

Simon Vouet, Lorenzo Pasinelli, Antonio 

Mezzadri, Vittorio Maria Bigari, Gian 

Domenico Ferretti, Ubaldo e Mauro 

Gandolfi. 

Nella sezione grafica sono comprese 

opere provenienti dalla raccolta Inzaghi, 

tranne la serie delle Antiche Chiese 

di Roma di Antonio Sarti e le novecentesche 

Vedute di città d’Italia di Antonio 

Carbonati. Tra i disegni si conservano 

fogli pregevoli di Guercino, Vittorio 

Maria Bigari, Donato Creti; tra le incisioni 

fogli di Diirer e dei Carracci, mentre 

tra le stampe francesi spicca la serie 

di Callot. In una sala è esposto un bel 

gruppo in terracotta di Giuseppe Maria 

Mazza. 

(l.m.b.) 

C. Bernardini, La Pinacoteca civica di Budrio. 

Guida illustrata, Bologna 1989. 

44 

Budrio 

Museo dell’Ocarina e degli 

Strumenti Musicali in Terracotta 

L’ocarina in terracotta di Budrio è uno 

strumento musicale a fiato la cui origine 

risale alla metà del secolo scorso. Il 

museo, inaugurato nel dicembre 1994, 

si propone come luogo di raccolta e di 

conservazione di questi strumenti e della 

varia documentazione che riguarda la 

loro storia. A questi materiali di provenienza 

locale si affiancano diverse tipologie 

di strumenti musicali in terracotta 

provenienti da tutto il mondo. 

Budrio, Pinacoteca Domenico Inzaghi. Cristoforo di Benedetto, Madonna col Bambino e Santi


105 

La raccolta è stata incrementata in 

occasione di alcune mostre allestite a 

partire dagli anni Ottanta, e comprende 

attualmente una cospicua serie di 

ocarine corredate dagli attrezzi per la 

loro fabbricazione utilizzati dai diversi 

artigiani che hanno operato a Budrio o 

che, trasferitisi dal paese natale, hanno 

diffuso la conoscenza di questo strumento 

in Italia e nel mondo. 

(p.t.) 

45 

Castel del Rio 

Museo della Guerra 

Il museo, sorto per iniziativa di un gruppo 

di cittadini di Castel del Rio - poi riuniti 

in associazione con lo scopo di raccogliere 

documenti relativi sulla seconda 

guerra mondiale - è stato recentemente 

trasferito in un ampio locale soppalcato 

al secondo piano del palazzofortezza 

Alidosi. L’edificio, attuale residenza 

municipale, fu costruito nel 1510 

per volere del cardinal Francesco, ma 

realizzato limitatamente ad un’ala, costituita 

da un corpo centrale su pianta 

quadrata e due bastioni. La raccolta 

comprende in prevalenza armi, divise, 

attrezzature, materiale bellico degli e- 

serciti che combatterono nel territorio 

imolese e bolognese nel corso della 

seconda guerra mondiale. In buon numero 

anche reperti e testimonianze sulla 

realtà locale nel periodo che precedette 

lo scoppio del conflitto. 

(p.t.) 

Dozza Imolese, Museo della Rocca: Felice Torelli, Ritratto di Emilio Malvezzi, 1711-13 

46 

Dozza Imolese 

Museo della Rocca 

Il museo, che si compone di diversi 

nuclei storici e artistici (dipinti e arredi 

in prevalenza del XVII secolo, raccolte 

di armi, di arte moderna, e di materiali 

della civiltà contadina), è ospitato 

all’interno della rocca posta alla sommità 

del borgo medievale, fortificato da 

Caterina Sforza nel XV secolo. Nel 1562 

e nel 1676 ne furono infeudati rispettivamente 

i Campeggi e i Malvezzi, che 

abitarono la rocca ricostruita da Giorgio 

Marchesi (1480-1484) e venne nuovamente 

modificata tra il 1565 e il 1594 

con baluardi, mura merlate e torrioni 

cilindrici. Una passerella sostituisce oggi 

il ponte levatoio. 

Dell’assetto interno dell’edificio sopravvivono 

l’elegante loggia rinascimentale, 

le carceri con le iscrizioni dei condannati, 

e un pozzo a rasoio. All’arredo seicentesco 

dell’edificio richiamano alcuni 

notevoli Ritratti di personaggi della 

famiglia Malvezzi, eseguiti da Pier Francesco 

Cittadini e Felice Torelli, un 

S.Girolamo del Tiarini e un arazzo di manifattura 

fiamminga. Intatto il mobilio 

della stanza che ospitò Pio VII. 

La raccolta d’arte moderna comprende 

i bozzetti relativi ad affreschi eseguiti 

sulle facciate degli edifici del borgo, in 

occasione delle varie edizioni del concorso 

“Muro dipinto”. All’importante 

rassegna artistica hanno partecipato, a 

partire dagli anni Sessanta, noti pittori



Imola, Museo Civico “Giuseppe Scarabelli”: Bacheca con collezione di fossili 

italiani come Remo Brindisi, Ennio 

Calabria, Carlo Cattaneo, Giuseppe De 

Gregorio, Riccardo Licata, Concetto 

Pozzati, Aligi Sassu, Alberto Sughi, Bruno 

Saetti, Domenico Purificato, Tono 

Zancanaro, Sebastián Matta. La raccolta 

della civiltà contadina è costituita da 

oggetti provenienti in gran parte dalla 

Romagna, allestiti nella cucina e nell’anticucina 

della rocca. Nelle cantine 

si conservano attrezzi per la vinificazione. 

(s.v.) 

47 

Dozza Imolese 

Museo Parrocchiale d’Arte Sacra 

Il museo, aperto al pubblico nel 1978, 

ha sede nell’edificio contiguo alla Chiesa 

parrocchiale dell’Assunta. Ricostruita 

verso la fine del XV secolo e restaurata 

tra il 1942 e il 1945, la chiesa conserva 

una lunetta con rilievo raffigurante 

la Vergine di arte romanico-bizantina, 

una tavola di Marco Palmezzano 

(Madonna col Bambino e i Santi Giovanni 

Battista e Caterina, 1492) e buoni 

dipinti di scuola bolognese di epoca 

compresa tra il XVI e il XVII secolo. 

Altri arredi della chiesa sono custoditi 

nell’attiguo museo, insieme ad oggetti 

provenienti da luoghi di culto delle campagne 

circostanti: dipinti su tela e su 

tavola, disegni ed incisioni, stampe antiche, 

paramenti sacri ed argenterie liturgiche. 

(f.b.) 

48 

Imola 

Museo Civico 

“Giuseppe Scarabelli” 

Il civico Museo di Storia Naturale e di 

Archeologia deve la sua fondazione, 

attorno alla metà del secolo scorso, all’iniziativa 

congiunta di un gruppo di 

scienziati imolesi capeggiati dal geologo 

e paleontologo Giuseppe Scarabelli. 

Le collezioni museali, fra le quali spicca 

la raccolta formatasi a seguito delle 

indagini condotte direttamente dallo 

Scarabelli in suolo imolese, pur avendo 

conosciuto col tempo aggiustamenti di 

assetto, non hanno subito sostanziali 

manomissioni e mantengono intatta 

un’indole museografica che è il riflesso 

più diretto del clima culturale entro il 

quale tale organismo conservativo si è 

caratterizzato. 

A partire dal 1995, in coincidenza con il 

novantesimo anniversario della scomparsa 

dello Scarabelli, ha preso il via un 

progetto di recupero che, nel pieno 

rispetto filologico dell’impostazione voluta 

dal suo fondatore, oltre al ripristino 

espositivo, ha reso possibile sia la 

revisione scientifica del patrimonio geologico 

e archeologico, sia l’organizzazione 

di una serie di mostre e la stampa 

dei cataloghi delle collezioni. La fisionomia 

del museo - che ha sede al piano 

terreno dell’ex complesso conventuale 

e chiesastico di San Francesco, assieme 

ad altri istituti culturali della città - pur 

composita, mostra dunque una forte 

impronta naturalistica che gli deriva 

dall’essere i nuclei dedicati alle scienze 

naturali il segmento patrimoniale maggiormente 

caratterizzante. 

Nel vasto salone d’accesso si susseguono 

alcune raccolte di grandissimo valore, 

fra le quali vanno menzionate la collezione 

ornitologica composta specialmente 

da avifauna locale, la collezione 

entomologica Pirazzoli ricca di oltre settemila 

specie, l’erbario Tassinari, l’interessante 

e suggestivo insieme di oggetti 

etnografici provenienti da diversi paesi 

del globo. Il settore naturalistico comprende, 

ancora, numerosi reperti zoologici 

sia di tipo scheletrico che in forma 

tassidermizzata, lepidotteri, rettili, 

una collezione di malacofauna di acque 

locali, dal Mediterraneo e dal Mar Rosso, 

diverse campionature di minerali, 

fossili e pietre dure originarie della 

penisola italiana e di altre parti del mondo. 

Grande articolazione presenta la 

raccolta geologica e paleontologica 

costituita dallo Scarabelli. 

Fra le rocce, i fossili e i resti osteologici 

di maggiore rilievo scientifico si hanno 

i campioni delle varie formazioni geologiche 

marchigiane e dell’Appennino 

tosco-romagnolo, la flora e la fauna fossili 

delle filliti del Senigalliese, la celebre 

“Fauna di Imola” a mammiferi terrestri 

del Quaternario. Alle esplorazioni 

condotte dallo Scarabelli in territorio


107 

imolese si legano gli importanti nuclei 

archeologici del museo. Allo scienziato 

si debbono, infatti, la scoperta e lo scavo 

della Grotta del Re Tiberio e delle 

famose stazioni dell’età del Bronzo di 

Monte Castellaccio e S. Giuliano di Toscanella. 

(f.l.) 

P. Zangheri, Il museo di storia naturale di 

Imola e considerazioni sull’attuale stato delle 

istituzioni naturalistiche in Italia, «Studi 

Romagnoli», VI, 1955, pp. 157-189; F. Mancini, 

Imola città d’arte. Il Palazzo dei Musei, Imola, 

s.d.; R. Campioni, Il Museo civico di Imola 

dalla nascita all’apertura al pubblico (1857- 

1897), in C. Govi Morigi, G. Sassatelli (a cura), 

Dalla stanza delle Antichità al Museo Civico. 

Storia della formazione del Museo Civico 

Archeologico di Bologna, catalogo della mostra, 

Bologna 1984, pp. 531-538; F. Lenzi, I Civici 

Musei di Imola e la Collezione Scarabelli: problemi 

di riordino, in F. Lenzi, M.L. Pagliani (a 

cura), Memoriae. Attività ed esperienze archeologiche 

in Emilia-Romagna, inserto di 

«IBC Informzioni», nn. 5-6, 1987, pp. 53-54; C. 

Pedrini, La Pinacoteca e i Musei Civici. 

Notizie storiche, in La Pinacoteca di Imola, 

Bologna 1988, pp. 10-37; F. Lenzi, M.L. Pagliani, 

C. Mari, Un museo per la città: il caso di Imola, 

«Ippogrifo», II, 1, 1989, pp. 73-76; C. Pedrini, Il 

Museo e l’archeologia del territorio, in M. 

Pacciarelli (a cura), L’archeologia del territorio 

imolese, Imola 1994, pp. 9-10; M. Pacciarelli, 

G.B. Vai (a cura), La Collezione Scarabelli. 1. 

Geologia, Bologna 1995; M. Paccarelli (a cura), 

La Collezione Scarabelli. 2. Archeologia, Bologna 

1996: M. Pacciarelli, G. Sassatelli (a cura), 

Acque, grotte e Dei. 3000 anni di culti preromani 

in Romagna, Marche, Abruzzi, catalogo 

della mostra, Fusignano 1997. 

49 

Imola 

Pinacoteca Comunale 

Il primo nucleo della pinacoteca civica 

risale all’Iconoteca degli illustri Imolesi, 

una galleria di ritratti allestita dal medico 

imolese Luigi Angeli nel 1819 e tuttora 

visibile nel corridoio superiore della 

Biblioteca comunale. 

È nel 1868, però, che si registra la data 

di nascita della pinacoteca dopo che il 

sindaco Giovanni Codronchi Argeli aveva 

avviato la raccolta di dipinti e sculture 

di proprietà comunale, di privati e 

dei soppressi ordini religiosi. Il nuovo 

allestimento nel restaurato convento di 

San Domenico risale al 1988 e propone 

Imola, Pinacoteca Comunale: Lavinia Fontana, La Madonna Assunta di Ponte Santo e i Santi Cassiano 

e Crisologo, 1584 

un percorso museale che ricollega le 

opere, di epoche e scuole diverse, con 

il patrimonio di edifici e di documenti 

artistici presente in città. 

La visita inizia con un gruppo di pregevoli 

affreschi quattrocenteschi; da notare 

il S. Cristoforo di Tommaso Cardello, 

datato 1469, la Madonna in trono



bozzetto di U. Gandolfi. Una serie di 

ritratti, fra cui quello di due bambini della 

famiglia Gommi di G. Zampa, completa 

la serie delle quadrerie private. 

Al termine del percorso, la sezione dedicata 

all’arte contemporanea: ad opere 

di artisti imolesi come A. Montevecchi, 

T. Dalla Volpe, A. Margotti, M.G. Dal 

Monte, G. Sartelli, si affiancano quelle 

di Guttuso, de Pisis, Casorati, Cantatore, 

Tilson. 

C. Pedrini (a cura), La Pinacoteca di Imola, 

Bologna 1988. 

50 

Imola 

Raccolta e Collezione d’Arte 

di Palazzo Tozzoni 

Imola, Palazzo Tozzoni: Lo scalone che porta al piano nobile 

col Bambino e S. Antonio di Cristoforo 

Scaletti e l’interessante frammento 

con l’Annunciazione messo in luce 

durante i lavori di recupero nel convento 

di San Domenico. 

Percorsa una lunga galleria, che accoglie 

riproduzioni di dipinti un tempo 

presenti a Imola, ora in altre città a 

seguito di dispersioni e vendite, si accede 

all’antico dormitorio del convento 

dove è esposta la quadreria di soggetto 

religioso. Ad artisti operanti nel Quattrocento, 

come il Maestro del Trittico di 

Imola ed il veneto Pelosio, si affiancano 

opere cinquecentesche di artisti locali, 

come Innocenzo da Imola e Gaspare 

Sacchi. La scuola bolognese è presente 

con il Martirio di S. Stefano del manierista 

Samacchini, con la tela seicentesca 

di D.M. Viani e un piccolo dipinto di 

U. Gandolfi. Completano il panorama 

delle opere di soggetto sacro alcuni 

dipinti di Lavinia Fontana e del forlivese 

G. Zampa. 

Piccole celle monastiche ospitano opere 

da collezioni private; si segnalano due 

Nature morte del Codino (primi decenni 

del XVIII secolo) e quattro tele di paesaggi 

di G.G. Santi del 1685, il Ritratto 

di giovane gentiluomo di B. Cesi ed un 

Il palazzo dei conti Tozzoni è divenuto 

museo civico nel 1981, per volontà dell’ultima 

discendente, Sofia Serristori, 

che ha voluto in questo modo donare alla 

città di Imola una testimonianza integra 

e preziosa della vita di una famiglia nobile 

in una città di provincia. 

Le antiche case Tozzoni furono trasformate 

in palazzo tra il 1726 e il 1738 dall’architetto 

Domenico Trifogli, probabilmente 

su disegni di Alfonso Torreggiani. 

Seguendo gli esempi dell’edilizia signorile 

bolognese del Settecento, i conti 

Tozzoni dotarono la loro dimora di una 

sala di rappresentanza e di una scala 

nobile impreziosita dalle sculture del 

fiammingo Janssens. Il salone, arricchito 

dai quadri della collezione della famiglia 

tra cui spiccano gli ovali del Donnini 

e le opere del Beccadelli, separa i due 

appartamenti del piano nobile, entrambi 

esempi rari e ben conservati dei modi 

di abitare che si sono avvicendati nel 

tempo. L’appartamento “impero” mantiene 

l’aspetto che Giorgio Barbaro Tozzoni 

volle donargli, tra il 1818 e il 1819, 

in occasione delle nozze con Orsola Bandini, 

quando commissionò ai faentini 

Pasquale Saviotti e Angelo Bassi rispettivamente 

la decorazione e l’ebanisteria 

delle sale. 

Il salotto del Papa e il salotto Rosso del-


109 

l’appartamento “barocchetto” hanno arredamenti 

in parte seicenteschi e stucchi 

e intagli ispirati al gusto del primo 

Settecento; nell’alcova, invece, allestita 

nel 1738 per le nozze tra Giuseppe Tozzoni 

e Carlotta Beroaldi, ambiente e corredi 

dialogano insieme secondo il gusto 

leggiadro e barocchetto emiliano. Nel 

Settecento, presumibilmente intorno al 

1780, l’acquisizione di una quadreria privata, 

la Pighini, incrementò le raccolte 

del palazzo che, in parte disperse, ammontano 

attualmente a circa duecento 

dipinti di epoca compresa tra la fine del 

Cinquecento e gli inizi del Novecento. 

Nella collezione prevale la componente 

bolognese (Lavinia Fontana, Cesi, Passerotti) 

e romagnola (Fenzoni, Giani). 

Non mancano tuttavia le presenze venete 

di Giovan Battista Langetti, Pietro 

Liberi e Antonio Zanchi. 

Le vetrine delle sale delle collezioni raccolgono 

stampe, medaglie, ceramiche, 

terrecotte, ricordi di famiglia e arredi 

liturgici provenienti dai vari altari di 

famiglia. Si segnalano poi la cucina e le 

cantine, dove sono stati raccolti gli strumenti 

del lavoro contadino legati al ciclo 

del grano, della canapa e dell’uva, alcuni 

dei quali provenienti dai possedimenti 

Tozzoni, fonte della loro richezza. 

A. Mazza (a cura), La collezione di Palazzo 

Tozzoni a Imola. Ipotesi per un catalogo, 

Bologna 1981; A. Mazza, P. Saviotti, A. Bassi, 

Nell’ “appartamento impero” di Palazzo Tozzoni, 

«Il carrobbio», VIII, 1982, pp. 219-230; A. 

Mazza, I dipinti veneti delle collezioni comunali 

di Palazzo Tozzoni a Imola, «Notizie da 

Palazzo Albani», XIV, n. 1, 1985, pp. 845-948. 

alle armi da fuoco, sono stati attuati quegli 

interventi di trasformazione della 

struttura difensiva che le hanno conferito 

l’aspetto tipico delle rocche rinascimentali. 

Il percorso di visita della rocca, restaurata 

negli anni Sessanta ed inaugurata 

come sede museale nel 1975, si snoda 

attraverso sale, camminamenti e torrioni. 

Nell’interno si conservano le due notevoli 

raccolte di armi e ceramiche, che 

sono state oggetto, in tempi recentissimi, 

di studio, catalogazione e restauri. La raccolta 

di armi è composta da circa seicento 

pezzi che vanno dal XIII al XIX secolo. 

Si tratta, in prevalenza, di armi bianche, 

ma sono in buon numero anche le armature 

e le armi da fuoco, comprese le artiglierie 

da posta rinascimentali. 

Nelle sale del mastio e del torrione sudovest, 

in un recentissimo allestimento 

arricchito da ampi apparati didascalici, 

sono esposte le ceramiche arcaiche del 

periodo alidosiano rinvenute durante i 

lavori di restauro effettuati negli anni Sessanta. 

La rocca ospita, inoltre, l’Accademia 

pianistica “Incontri con il Maestro”. 

(p.t.) 

G.L. Reggi, Ceramiche della Rocca Sforzesca di 

Imola, Imola 1974; La Rocca Sforzesca di 

Imola, Imola 1987; S.E.L. Probst, C. Ravanelli 

Giudotti, Musei Civici di Imola, La Rocca 1. 

Collezioni d’armi e ceramiche, Imola 1998. 

52 

Imola 


Inaugurato nel 1938, il museo è allestito 

nell’ex convento di San Francesco che 

ospita la biblioteca ed altre civiche istituzioni 

culturali, ma non è al momento visitabile. 

La sua formazione si deve a Romeo 

Galli, bibliotecario e conservatore delle 

civiche raccolte imolesi. Donate nel 1907 

dal conte Anton Domenico Gamberini 

(1831-1910), fecero seguito altri nuclei 

di collezionisti privati. Il percorso museale 

si articola in cinque sale. Nella prima, 

dedicata all’occupazione francese (1796- 

1814) si segnala la documentazione su 

Pio VII Chiaramonti, che fu vescovo di 

Imola. Nella seconda, si documentano i 

primi moti e la prima guerra d’indipendenza 

(1821-1849) con cimeli e documenti 

su Giovanni Maria Mastai Ferretti 

vescovo di Imola poi papa Pio IX. Le 

vicende garibaldine sono largamente illustrate 

nella terza e nella quarta sala, mentre 

l’ultima sezione del museo è dedicata 

al contributo degli imolesi alle guerre 

coloniali e al primo conflitto mondiale 

(1895-1918). 

(p.t.) 

M. Marani, Il Museo del Risorgimento a Imola, 

«Rassegna storica del Risorgimento», XXVI, 

luglio 1939, pp. 845-848; F. Mancini, La città di 

Imola. Il Palazzo dei Musei, Imola 1966. 

51 

Imola 

Collezioni d’Armi e Ceramiche 

della Rocca Sforzesca 

Le due raccolte sono ordinate all’interno 

della Rocca Sforzesca, grandiosa architettura 

caratterizzata da quattro torri 

angolari e mastio quadrangolare, già degli 

Alidosi, eretta nel 1259 su un preesistente 

fortilizio dell’XI secolo, successivamente 

ampliata e modificata. Durante il 

periodo sforzesco, per adeguare la rocca 

Imola, Museo del Risorgimento



53 

Imola 

Museo Diocesano d’Arte Sacra 

Il museo ha sede nel Palazzo Vescovile, 

antistante la cattedrale, alla cui ristrutturazione 

nel 1766 attese il noto architetto 

Cosimo Morelli con la progettazione 

dell’atrio, dello scalone ed anche 

della grande sala al piano nobile. La facciata 

risale al 1845. 

L’apertura al pubblico del museo risale 

al 1962. L’odierno ordinamento nelle 

sale dell’appartamento di Pio IX è stato 

realizzato nel 1993, in occasione del 

bicentenario della nascita del pontefice, 

già vescovo di Imola. Tra le principali 

opere della raccolta, formata da dipinti, 

sculture, argenterie, arredi liturgici, 

materiali lapidei provenienti dalla cattedrale 

e dalle chiese della diocesi, si annoverano, 

al piano terreno, un pregevole 

sarcofago bizantino con ornamenti di 

carattere esarcale, due leoncini romanici 

e due figure femminili, provenienti dal 

duomo, oltre ad una carrozza di gala e 

una berlina del XVIII secolo donate dal 

cardinal Chiaramonti, poi papa Pio VII. 

Al piano superiore del palazzo, si conservano 

codici miniati del XIV e XV secolo, 

oltre ad alcuni frammenti di affreschi 

staccati riferiti a Vitale da Bologna, una 

Imola, Museo Diocesano d’Arte Sacra 

tavola attribuita a Paolo Veneziano 

(Madonna col Bambino), una pala di 

Innocenzo da Imola, una tavola raffigurante 

la Madonna col Bambino di Marco 

Palmezzano ed un’opera di uguale 

soggetto ricondotta all’ambito di Bartolomeo 

Vivarini, un rame dipinto da Bartolomeo 

Cesi (I Santi Rocco e Cassiano), 

una Sacra Famiglia del Canuti e 

una serie di tempere di P. Pesci con figure 

di N. Bertuzzi. 

(f.b.) 

54 

Lizzano in Belvedere 

(Poggiolforato-Querciola) 

Museo Etnografico 

“Giovanni Carpani” 

Il museo, fondato nel 1976, conserva 

raccolte di oggetti, strumenti di lavoro 

e suppellettili dell’alta valle del Reno 

che fin dagli anni Sessanta un gruppo 

coordinato da Giovanni Carpani aveva 

salvato dalla dispersione. L’esistenza di 

associazioni culturali come il “Rugletto 

dei Belvederiani” e di riviste come “La 

Musola” e “Nueter” ha favorito il consolidarsi 

dell’iniziativa e la creazione di un 

museo civico. 

La consistenza del patrimonio ammonta 

a circa tremila oggetti, di cui duemila 

esposti in permanenza. 

Una sezione del museo, relativa alla vita 

quotidiana, è ordinata come ricostruzione 

ambientale presso una dimora 

settecentesca di Poggiolforato, mentre 

il nucleo numericamente più consistente, 

relativo ai lavori agricoli, è conservato 

nell’ex scuola elementare della frazione 

Querciola, recentemente restaurata. 

Di un certo interesse sono le testimonianze 

delle attività boschive, in particolare 

quella della raccolta della castagna. 

(m.t.f.) 

55 

Marzabotto 


“Pompeo Aria” 

Il museo è in diretta connessione con la 

vasta area archeologica demaniale costituita 

dal centro urbano di Pian di 

Misano e dall’acropoli di Misanello. L’antica 

città di Marzabotto, nata lungo la 

valle del Reno su un vasto pianoro sul 

quale si erge anche il moderno edificio 

museale, rappresenta un eccezionale 

esempio di organismo urbano di età 

etrusca, il cui assetto funzionale è ancora 

perfettamente leggibile in ognuna 

delle sue componenti fondamentali. 

Colpisce specialmente la regolarità geometrica 

del tracciato urbano costruito 

come un grande reticolato le cui strade, 

dotate di marciapiedi e fornite di sistemi 

di smaltimento delle acque reflue, 

corrono ortagonalmente suddividendo 

lo spazio cittadino in quartieri, ove trovano 

posto numerosi edifici ad uso abitativo 

e i laboratori artigianali, specializzati 

prevalentemente nella fabbricazione 

dei laterizi e nella produzione metallurgica. 

Un’area sacra, composta da stabilimenti 

adibiti al culto, è ubicata sull’altura 

dominante di Misanello. I resti strutturali 

conservati sino all’altezza dei basamenti 

rappresentano le evidenze monumentalizzate 

di due edifici templari 

affiancati dai rispettivi altari. L’impian-


111 

questo scenario Marzabotto acquista la 

funzione di caposaldo a controllo di una 

via appenninica - la valle del Reno - di 

estrema importanza per le comunicazioni 

fra un versante e l’altro della penisola. 

Colpita da un inarrestabile declino 

a partire dalla metà del IV secolo a.C., 

la città decadde rapidamente per non 

risorgere mai più. A questa brusca interruzione 

nella continuità di vita dobbiamo 

la sua conservazione sino a noi e la 

sua riscoperta in seguito ad una serie di 

prospezioni archeologiche che hanno 

preso l’avvio nel secolo scorso e continuano 

tuttora. 

Il museo, collocato in stretta contiguità 

con l’antico abitato, trae origine dalla 

collezione iniziata attorno al 1831 dalla 

famiglia Aria, antica proprietaria dei 

fondi ove sorgeva la città etrusca. L’assetto 

museale, che nella sua configurazione 

attuale risale al 1979, conserva 

integralmente i numerosissimi materiali 

reperiti nel corso delle indagini su 

questo sito, insieme alle diverse testimonianze 

archeologiche che documentano 

l’ordito insediativo della media valle 

del Reno nell’arco di tempo compreso 

fra la preistoria e l’età romana. In particolare, 

la vita dell’antica città viene 

illustrata secondo una successione topografica 

che ricostruisce i vari aspetti 

del centro abitato: dalla frequentazione 

a scopo religioso dell’acropoli e del santuario 

urbano dedicato al culto delle 

acque, alla struttura architettonica delle 

dimore private, agli arredi e alle suppellettili 

domestiche sino all’organizzazione 

delle officine e degli impianti produttivi. 

Non mancano, infine, materiali 

collegabili con gli usi e i costumi funerari 

di età etrusca, che fanno parte di 

corredi tombali rinvenuti in varie località 

del territorio. 

(f.l.) 

Marzabotto, Area archeologica: Sepolcreto settentrionale 

G.A. Mansuelli, Guida alla città etrusca e al 

Museo di Marzabotto, 2 a ediz., Bologna 1972; 

G.A. Mansuelli, A.M. Brizzolara, S. De Maria, G. 

Sassatelli, Guida alla città etrusca e al Museo 

di Marzabotto, Bologna 1982; E. Brizio, Guida 

alle antichità della Villa e del Museo Etrusco di 

Marzabotto, Bologna 1986; G. Sassatelli, La 

città etrusca di Marzabotto, Bologna 1989. 

to urbanistico è completato da due zone 

cimiteriali (necropoli est e nord) ove si 

trovano ancora in situ numerose tombe 

del tipo a cassone in lastre di pietra 

ancora osservabili nei loro particolari 

costruttivi. Ai piedi dell’acropoli, al di 

fuori del perimetro urbano, è posto un 

altro edificio religioso che il non perfetto 

allineamento con il sistema stradale 

della città rivela anteriore alla fondazione 

della Marzabotto di V secolo a.C. Esso 

viene interpretato come santuario fontile 

perché si trova in stretta vicinanza 

di una sorgente presso la quale si praticavano, 

evidentemente sin da tempi 

antichissimi, culti salutari delle acque. 

Benché preceduta da una fase di vita 

risalente al VI secolo a.C., la nascita di 

Marzabotto nel suo aspetto attuale si 

colloca agli inzi del V secolo a.C. in un 

quadro di mutamenti storici e politici 

che danno vita a un processo di riorganizzazione 

da parte degli Etruschi del 

tessuto insediativo padano e conducono 

al consolidamento di centri preesistenti 

come Bologna e alla fondazione 

di nuove realtà insediative in luoghichiave 

dal punto di vista itinerario. In 

56 

Medicina 

Museo Civico 

Il museo, istituito nel 1965, è stato riaperto 

al pubblico nel 1998 con un nuovo 

ordinamento all’interno del Palazzo 

della Comunità, che ospita la biblioteca 

civica, l’auditorium e sale d’esposizione. 

Nell’ edificio cinquecentesco - ristrutturato 

a partire dal 1701 da Alfonso Torreggiani 

e ultimato tra il 1775 e il 1779 

sotto la direzione di Bernardo Gamberini 

- il museo documenta la storia del 

territorio e della comunità in sette 

sezioni espositive con scansioni tematiche: 

dall’antichità (con materiali dell’età 

del Bronzo, del Ferro, romana e 

medievale) all’arte e all’architettura 

(con opere per lo più di carattere liturgico) 

alle tradizioni artigianali (con il 

laboratorio del maestro liutaio Ansaldo 

Poggi) agli aspetti della scienza (con gli 

arredi e suppellettili dell’antica Farmacia 

dell’Ospedale, gli erbari del convento 

dei Carmelitani e la documentazione



Medicina, Museo Civico: Antica Farmacia dell’Ospedale 

sul veterinario Adelmo Mirri. In apposite 

sezioni sono esposte numerose opere 

della collezione personale di Aldo 

Borgonzoni, donate dall’artista alla 

municipalità, e diversi oggetti di interesse 

locale, tra i quali la macchina dell’orologio 

della torre civica costruita da 

Vincenzo Burzi nel 1824, gli utensili di 

Silvio Marabini, costruttore di filarini, e 

un telaio tipico della bassa bolognese. 

(v.m.) 

57 

Monterenzio 

Museo Civico “Luigi Fantini” 

Il museo ha sede all’interno della Casa 

della Cultura nel centro di Monterenzio 

ed è collegato all’area archeologica di 

Monte Bibele, che sorge sul massiccio 

omonimo a cavaliere fra le valli dell’Idice 

e dello Zena, a nord dei paesi di S. 

Benedetto del Querceto e di Quinzano. 

La sua istituzione, seguita ad una prima 

mostra permanente di materiali archeologici 

nel 1983, trae origine dalla scoperta 

avvenuta nei primi anni Sessanta 

di un insediamento sorto nel cuore dell’Appennino 

fra la metà del IV e gli inizi 

del II secolo a.C. Qui, un ventennale 

programma di indagini archeologiche, 

promosse dal Comune e dirette dall’Università 

di Bologna, ha messo in luce i 

resti di un grande villaggio impostato su 

terrazzamenti artificiali in località Pianella 

di Monte Savino e costituito da circa 

cinquanta abitazioni a vano unico, 

con muri perimetrali realizzati in blocchi 

e lastre di arenaria, alcune delle quali 

ancora parzialmente visibili in alzato. 

L’insediamento, che appare caratterizzato 

nel suo versante meridionale da 

una capiente cisterna per l’acqua ad uso 

collettivo, presenta segni visibili di una 

radicale distruzione avvenuta fra la fine 

del III e lo scorcio iniziale del II secolo 

a.C., probabilmente in concomitanza 

con l’affacciarsi di truppe romane in 

area bolognese e con la serie di eventi 

bellici che condussero nel breve volgere 

di alcuni anni alla fondazione di 

Bononia e all’apertura di due strade 

consolari - formidabili assi di penetrazione 

verso il nord - come la via Emilia 

e la Flaminia minor. 

Fondato dagli Etruschi, il sito di Monte 

Bibele fu da essi popolato con successive 

integrazioni da parte di elementi di 

origine celtica risalenti al momento della 

discesa dei Galli Boi nella pianura 

padana. Su una cima attigua all’abitato 

sono stati scoperti i resti della sua ampia 

necropoli, composta di oltre centocinquanta 

sepolture con i relativi corredi, 

mentre una terza culminazione del massiccio 

di Monte Bibele ospita un’area 

all’aperto con funzioni sacrali. La documentazione 

archeologica è completata 

dal rinvenimento di un deposito votivo 

etrusco ricollegabile all’esistenza di uno 

dei molti santuari appenninici per il culto 

delle acque salutari, attivo probabilmente 

a partire dagli inizi del V secolo 

a.C. La stipe ha restituito quasi duecento 

bronzetti ex voto a figura umana e una 

grossa quantità di ceramiche, molte delle 

quali di formato miniaturistico. 

Nel museo vengono ricostruite la storia 

e le vicende di questo centro. Dopo una 

prima sezione, interamente dedicata alle 

peculiarità geologico-ambientali della 

media ed alta valle del torrente Idice, 

sono illustrati i diversi aspetti connessi 

alla quotidianità, rivisitata attraverso le 

suppellettili e le attrezzature domestiche, 

le attività produttive, i commerci, 

l’alimentazione e lo sfruttamento delle 

risorse economiche, la scrittura, la circolazione 

monetaria. Uno spazio apposito 

è riservato ai corredi funerari rinvenuti 

nel sepolcreto di Monte Tamburino, 

fra i quali ha particolare rilievo la tomba 

14, una deposizione maschile caratterizzata 

dalla presenza di un elmo e di 

armi accompagnati da vasellame con 

iscrizioni etrusche. La storia della vallata 

viene seguita anche in età romana 

attraverso i secoli, dal Medioevo sino 

all’età moderna, con un’attenzione particolare 

per i temi della viabilità, dell’organizzazione 

civile ed ecclesiastica del 

territorio, per le caratteristiche insediative 

e gli aspetti economici, fra i quali si 

segnalano l’attività molitoria e l’estrazione 

mineraria. È in via di realizzazione 

una nuova sede museale, dotata di 

più ampi spazi espositivi e di strutture 

per la didattica e per la ricerca scientifica 

in collegamento con l’Università 

degli Studi di Bologna. 

(f.l.)

In questa e nelle pagine seguenti: 

Bologna, Palazzo d’Accursio 

XXXIII

Bologna, Palazzo d’Accursio 

XXXVI

Bologna, Museo Civico Archeologico 

XXXVII

Bologna, Museo Civico Archeologico 

XXXVIII


Nelle pagine seguenti: Statua di Bonifacio VIII 

XXXIX


XLII

Bologna, Palazzo Poggi 

Nelle pagine seguenti: Affresco di Pellegrino Tibaldi 

XLIII

Bologna, la Specola di Palazzo Poggi 

XLVI

Bologna, Museo di Anatomia Umana 

XLVII

Bologna, Pinacoteca Nazionale 

XLVIII

XLIX

Bologna, Galleria Davia Bargellini 

L

Bologna, Galleria Davia Bargellini 

Nelle pagine seguenti: Bologna, Santa Maria della Vita, il Compianto di Niccolò dell’Arca 

LI

Bologna, Casa Carducci 

LIV

La Rocca Sforzesca di Imola 

LVI


113 

Monterenzio, Museo Civico “Luigi Fantini”: Vasi, fine IV-II sec. a. C. 

F. Lenzi, M.L. Pagliani, Archeologia e storia 

della Valle dell’Idice, Bologna s.d.; D. Vitali (a 

cura), Monterenzio e la Valle dell’Idice. Archeologia 

e storia di un territorio, catalogo della 

mostra, Bologna 1983; D. Vitali, A. Gottarelli, 

Prospettive di valorizzazione della zona 

archeologica di Monte Bibele, in B. Amendolea, 

R. Cazzella, L. Indrio (a cura), I siti archeologici. 

Un problema di musealizzazione all’aperto, 

atti del convegno, Roma 1988, pp. 195-200; V. 

Morrone (a cura), Guida al Museo «L. Fantini» 

e all’area archeologica a Monte Bibele, Bologna 

1989; D. Vitali, L. Pini, S. Vellani, S. Orfanelli, 

L’abitato etrusco-celtico di Monte Bibele (Monterenzio), 

Bologna, in M.T. Guaitoli, G. Sassatelli 

(a cura), L’Alma Mater e l’antico. Scavi dell’Istituto 

di Archeologia, catalogo della mostra, 

Bologna 1991, pp. 22-29; D. Vitali, F. Guidi, L. 

Minarini, La stipe di Monte Bibele, in M. Pacciarelli, 

G. Sassatelli (a cura), Acque, grotte, e 

Dei. 3000 anni di culti preromani in Romagna, 

Marche, Abruzzo, catalogo della mostra, 

Fusignano 1997, pp. 112-153. 

58 

Ozzano dell’Emilia 

Museo dell’Istituto Nazionale 

per la Fauna Selvatica 

Presso la sede dell’Istituto sono ordinate 

alcune collezioni di uccelli e mammiferi, 

fra i quali si segnalano rari esemplari 

di rapaci, di lupo appenninico e di orso 

marsicano. All’esterno dell’edificio sono 

stati riprodotti alcuni ambienti naturali 

della pianura padana che, con la messa 

a dimora di essenze vegetali autoctone e 

l’immissione di alcune caratteristiche 

specie faunistiche, svolgono una funzione 

didattica rivolta alla rinaturalizzazione 

dell’ambiente agricolo e ad una corretta 

gestione faunistica. 

(g.b.p.) 

59 


Museo di Anatomia degli Animali 

Domestici 

Museo di Patologia Generale 

e Patologia Speciale Veterinaria 

La formazione del Museo di Anatomia 

degli Animali Domestici, legato alla 

Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università 

di Bologna, risale al 1882, ad opera 

del professor Clemente Papi (1845- 

1922) il quale incrementò il nucleo già 

esistente di circa cento preparati, eseguiti 

da Gaetano Gaddi e Luigi Alfredo 

Gotti, docenti nello Studio bolognese. 

Nel 1885, il museo contava già un patrimonio 

di oltre seicento preparati, ulteriormente 

incrementato fino alle duemila 

unità all’inizio del Novecento, che sono 

attualmente presenti nell’odierno ordinamento. 

I materiali esposti sono rappresentati 

da dissezioni cadaveriche delle 

principali specie domestiche, trattate 

con la tecnica della conservazione “a secco”, 

così definita dall’ultima fase della 

preparazione, costituita dall’essicazione 

all’aria dopo un appropriato trattamento 

con sublimato corrosivo e/o arsenico. 

Tale metodo di conservazione fu largamente 

sostituito, agli inizi del Novecento, 

quando si diffuse l’uso della formalina. 

Tra i vari preparati figurano quelli che 

illustrano le fasi di accrescimento dei 

diversi animali. Una sezione è dedicata 

al movimento del cavallo. 

Nella stessa sede è allestito il Museo di 

Patologia Generale e Patologia Speciale 

Veterinaria, legato anch’esso alla Facoltà 

di Medicina Veterinaria dell’Università 

di Bologna. Le raccolte, provenienti 

dal Gabinetto di Anatomia Comparata, 

smembrato nel 1863, furono 

ordinate e riclassificate da G.B. Ercolani 

negli ultimi anni del secolo scorso. 

Successivamente, nuovi preparati, per 

lo più donati da specialisti veterinari attivi 

in ambito provinciale bolognese, 

andarono ad incrementare la raccolta 

originaria del museo. I pezzi esposti, in 

prevalenza in cera, creta e gesso, sono 

tutti a grandezza naturale e riproducono 

visceri di animali domestici con lesioni 

anatomo-patologiche e mostruosità 

animali. 

(g.b.p.) 

60 

Pieve di Cento 

Museo Civico 

Il museo è stato inaugurato nel 1994 nella 

Rocca comunale, antico fortilizio costruito 

dai bolognesi su progetto di Antonio 

di Vincenzo, notevolmente modificata 

nel corso dei secoli. Due sezioni 

sono ordinate in altrettante porte della 

città, di recente restaurate. Nei diversi 

ambienti sono ospitate interessanti raccolte 

(costituite mediante acquisizioni 

da parte dell’Amministrazione Comunale, 

donazioni e depositi da collezionisti 

privati), che documentano la storia



del paese, attraverso le sue modificazioni 

urbanistiche e gli sviluppi socioecononomici 

e culturali. Tra i pezzi più 

pregevoli si segnalano gli Atlanti Illustrati 

del Coronelli, le sculture del pievese 

Zacchini e le lettere del Beato Calasanzio. 

Completa il percorso di visita la 

ricostruzione dell’interno di una torre di 

guardia. 

Presso Porta Asia, una delle quattro antiche 

porte urbiche di Pieve, si trova una 

sezione dedicata al ciclo completo della 

locale lavorazione della canapa, dalle 

opere agricole alla tessitura. Presso 

Porta Ferrara, vasto complesso monumentale 

comprensivo del cassero di una 

porta merlata e di un contiguo palazzo 

ottocentesco, è stata allestita la sezione 

della Liuteria Pievese, un’importante 

attività artigianale documentata dalla 

fine del Settecento, illustrata da strumenti 

musicali, attrezzi e materiali di 

lavoro. Fa capo a quest’ultima sezione 

museale la Scuola di Liuteria, per la quale 

si prevede un trasferimento nel foyer 

del Teatro Comunale, tuttora in corso di 

restauro. 

(e.l.) 

61 



Il primo nucleo del museo si è formato 

nel 1810, sulla base delle segnalazioni 

fornite dal pittore Antero Mignatti relativamente 

ad un consistente nucleo di 

dipinti necessitanti di adeguato ricovero 

e di conservazione a seguito delle 

soppressioni napoleoniche degli edifici 

di culto del paese. 

Alcune opere vennero raccolte presso 

l’ex convento dei padri Scolopi, dove 

rimasero a lungo depositate. Solo nel 

1941 esse furono trasferite nel Palazzo 

della Partecipanza e qui accorpate ad 

altri nuclei di pertinenza comunale, dell’Ospedale 

civile e dell’Opera Pia Galuppi. 

In seguito agli eventi bellici, le raccolte 

furono trasferite nell’antico ospedale, 

poi Palazzo Mastellari, dove la pinacoteca 

si è ufficialmente costituita 

nel 1980. L’edificio, ampliato tra il 1770 

e il 1772 dall’architetto luganese Carlo 

Santini, è oggi sede del Centro Culturale 

“Vladimiro Ramponi” che accoglie 

anche la Biblioteca Comunale, l’Archivio 

Storico e lo Schedario dei padri Scolopi. 

Nella pinacoteca, di recente dotata di 

nuovi spazi espositivi, si conservano oltre 

centotrenta dipinti dal XVI al XIX 

secolo. Particolarmente rappresentata 

è la civiltà figurativa del Seicento con 

opere di Scarsellino (S. Michele Arcangelo 

abbatte il demonio accanto a S. 

Giacomo ed Alessandro Mastellari), 

Sirani, Loves, De Hase (Sant’Elena ritrova 

la Croce), Cavedoni, Monti (Il 

Pieve di Cento, Pinacoteca Comunale: Ignoto 

scultore del XIV secolo, Madonna col Bambino 

Pieve di Cento, Pinacoteca Comunale: Domenico 

Pedrini, San Nicola da Bari con i Santi 

Rocco e Sebastiano, part., 1774 

Battesimo di Cristo), Zallone (La Madonna 

col Bambino e i Santi Francesco 

e Orsola), Zola (Paesaggio con 

torrente, alberi ed edifici rustici), 

mentre il Settecento propone, tra gli 

altri, i nomi di Giuseppe Marchesi, Domenico 

Pedrini (San Nicola da Bari 

con i Santi Rocco e Sebastiano), Antonio 

Magnoni. Si conservano, inoltre, intagli 

e vari arredi liturgici, carte topografiche. 

Tra le sculture, un pregio particolare 

riveste la trecentesca scultura 

lignea policroma della Madonna col 

Bambino, detta Santa Maria della Misericordia. 

Nel 1989 è stata allestita una sezione 

d’arte moderna e contemporanea, con 

opere di maestri del Novecento italiano 

(tra gli altri, Alberto Martini, Cuniberti, 

Veronesi, N. Zamboni), oltre ad una 

serie di sculture in terracotta del pievese 

Antonio Alberghini. 

(v.m.) 

C. Fabbri, Il patrimonio ritrovato, Cento 1983; 

R. D’Amico, F. Gozzi (a cura), La Pinacoteca 

Civica di Pieve di Cento. Catalogo Generale, 

Bologna 1985; S. Evangelisti (a cura), Pinacoteca 

Civica. Collezioni Comunali del Novecento. 

Catalogo Generale, Bologna 1989.


115 

sono le “Sale dei Maestri Storici” (1875- 

1899) e quelle dedicate agli autori del 

primo ventennio del Novecento, con 

opere di Carrà, De Chirico, Depero, 

Martini, Modigliani, Savinio, Sironi e altri 

celebri pittori, ed una grande collezione 

di opere di Severo Pozzati (Sepo) 

di proprietà comunale. 

Nell’ambito delle raccolte permanenti 

va segnalato, inoltre, un cospicuo nucleo 

di sculture di grandi dimensioni, in 

parte collocate nel vasto giardino del 

museo. 

(e.l.) 

G. Di Genova, Il Museo d’Arte delle Generazioni 

Italiane del Novecento “Giulio Bargellini”. 

Catalogo generale, Bologna 1999. 

63 

San Giovanni in Persiceto 


Documentario Liutprando 

Pieve di Cento, Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del Novecento “Giulio Bargellini”: Alberto 

Savinio, Il ritorno 

62 


Museo d’Arte delle Generazioni 

Italiane del Novecento 

“Giulio Bargellini” 

Il museo, aperto di recente all’interno e 

nel contesto di un silo granario appositamente 

ristrutturato, è sorto per volontà 

dell’imprenditore e collezionista 

di Pieve di Cento, Giulio Bargellini, promotore 

del progetto culturale in stretta 

collaborazione con il Comune. La struttura 

si propone come centro di documentazione, 

di studio e di valorizzazione 

delle generazioni artistiche italiane 

dell’ultimo secolo. A questo scopo le 

collezioni permanenti, ordinate per sezioni 

tematiche, tipologiche e monografiche, 

sono collegate a mostre temporanee, 

iniziative culturali ed attività 

didattiche favorite da rapporti con analoghe 

strutture nazionali ed estere. Tra 

le prime collezioni già rese permanenti 

Il museo, tuttora in fase di riordinamento, 

nel cassero dell’ottocentesca 

Porta Garibaldi, propone una raccolta di 

materiale archeologico, proveniente dal 

territorio e concesso in deposito al 

Comune dalla Soprintendenza Archeologica 

dell’Emilia-Romagna. I reperti 

appartengono a tre nuclei principali e 

sono il risultato di altrettanti momenti 

di ricerca. Un primo nucleo è costituito 

da ceramica graffita rinascimentale rinvenuta 

all’interno del perimetro del Palazzo 

comunale nel 1981. Vi è poi un’ingente 

quantità di materiale recuperato 

nel corso di alcune campagne di ricognizione 

archeologica di superficie, che 

hanno interessato negli anni 1993 e 

1994 la zona centuriata compresa tra 

San Giovanni e Sant’Agata Bolognese, 

nonché una raccolta di reperti provenienti 

da un vico altomedievale nel territorio 

di Sant’Agata. Nel suo complesso, 

la raccolta riveste un notevole valore 

documentario sulla storia antica dell’agro 

persicetano. 

(m.p.g.) 

S. Gelichi (a cura), San Giovanni in Persiceto 

e la ceramica graffita in Emilia-Romagna nel 

’500, «Ricerche di archeologia Altomedievale e 

Medievale», 14, 1986.



64 


Museo del Cielo e della Terra 

Istituito all’inizio del 1998, si articola in 

tre sezioni. Il Centro Astronomico Naturalistico, 

affidato al “Gruppo Astrofili 

Persicetani”, si compone di un planetario 

(terzo in Italia per dimensione), con 

cupola del diametro di 9,1 metri, di un 

osservatorio astronomico con telescopio 

da 40 centimetri, una stazione meteorologica 

e una raccolta di minerali 

nella quale si conserva una ricca collezione 

di meteoriti. 

Interessante è l’orto botanico (occupa 

uno spazio di oltre due ettari), nel quale 

sono state messe a dimora circa trecento 

specie appartenenti soprattutto 

alla flora spontanea arborea ed arbustiva 

dell’Emilia-Romagna. 

La seconda sezione, gestita dal “Centro 

Agricoltura e Ambiente”, è costituita 

dall’area di riequilibrio ecologico in 

località La Bora, a breve distanza dal 

centro storico persicetano. L’area si 

estende per circa ventidue ettari destinati 

alla sopravvivenza, la tutela e lo studio 

delle specie floro-faunistiche autoctone, 

proprie della pianura bolognese. 

L’ultima sezione, tuttora in fase di allestimento, 

in collaborazione con il Museo 

dell’Istituto di Fisica dell’Università di 

Bologna, con sede nell’ex convento di S. 

Francesco, è dedicata alla Tecnoscienza: 

oltre all’esposizione di strumenti 

scientifici, si propongono mostre temporanee 

tematiche, convegni e attività 

didattica. 

(s.v.) 

65 

San Lazzaro di Savena 


“Luigi Donini” 

San Lazzaro di Savena, Museo Archeologico 

“Luigi Donini”, Punta di freccia, selce 

Il museo, intitolato allo speleologo sanlazzarese 

Luigi Donini, ha sede dal 1985 

in un edificio storico con annesso parco 

situato all’interno di una vasta area 

adibita a verde pubblico. 

L’interesse di questa entità museografica 

da un lato converge sugli aspetti geologici 

e naturalistici più significativi del 

vicino Parco Regionale dei Gessi Bolognesi 

e dei Calanchi dell’Abbadessa, che 

costituisce un macrosistema ambientale 

di grande pregio, dall’altro è rappresentato 

dalle testimonianze archeologiche 

collegate con le prime fasi della presenza 

umana a nord degli Appennini. 

Ad integrazione delle conoscenze relative 

all’assetto paleoambientale del territorio 

e all’evolversi del paesaggio, il 

patrimonio museale include alcuni importanti 

resti di invertebrati fossili dell’ultimo 

Glaciale e una serie di materiali 

risalenti all’età dei Metalli. 

La sezione di apertura del museo dedica 

speciale attenzione agli aspetti geomorfologici 

del margine appenninico 

bolognese. Oltre a numerosi campioni 

di minerali e di rocce originari del quadrante 

collinare, il museo raccoglie diversi 

fossili marini e terrestri rinvenuti 

lungo i corsi d’acqua a meridione e a 

oriente del capoluogo. 

Il percorso è arricchito da una serie di 

reperti che illustrano le principali peculiarità 

del sistema carsico dei Gessi: 

varie forme di cristalizzazione e un interessante 

spaccato relativo ai fossili provenienti 

dagli strati marnoso-argillosi 

interposti alle bancate di gesso, ove si 

conservano resti di pesci, foglie e frustuli 

vegetali carbonizzati, tronchi gessificati. 

La collezione paletnologica offre al visitatore 

una vasta panoramica sulla formazione 

del territorio e sulla sua occupazione 

da parte di gruppi umani paleolitici 

durante il Pleistocene medio e 

superiore, documentati da migliaia di 

manufatti in pietra. All’esplorazione sistematica 

delle numerose cavità carsiche 

che costellano la zona degli affioramenti 

gessosi si deve il recupero di un 

numero ingente di materiali paleontologici 

utili per ricostruire un dettagliato 

quadro ambientale relativo agli episodi 

aridi e freddi dell’ultimo Glaciale e 

del primo Tardiglaciale. 

Dai pozzi della Cava Ieche provengono, 

ad esempio, strumenti in pietra del 

Paleolitico medio, ossa di Megaloceros 

giganteus e Bison priscus e pollini 

testimonianti una flora con pino silvestre, 

betulla e salice nano. 

I depositi della Cava Filo databile fra il 

18.200 e l’11.150 B.P. debbono la loro 

importanza al ritrovamento di una significativa 

associazione faunistica “fredda” 

caratterizzata da resti di Bison priscus, 

che rappresentano il più ricco lotto 

sinora venuto alla luce in Italia. Con parti 

scheletriche di alcuni individui simili 

per taglia è stato pertanto possibile 

riproporre al pubblico un esemplare 

completo di adulto in connessione anatomica. 

Le raccolte del periodo più recente gettano 

luce sulle complesse vicende che 

inseriscono il territorio nel mosaico di 

culture fiorite nell’arco di tempo intercorrente 

tra il Postglaciale e le età dei 

Metalli. 

Il quadro dell’antica demografia stanziale 

sino alle soglie del primo millennio 

a.C. riserva uno spazio anche alle popolazioni 

dell’età del Rame e del Bronzo. 

Alcuni materiali villanoviani concludono 

l’ideale itinerario del museo, per il


117 

quale è in corso di realizzazione un impegnativo 

progetto per l’adeguamento 

strutturale, l’ampliamento degli spazi 

espositivi ed il riallestimento delle raccolte. 

(f.l.) 

F. Lenzi, Materiali e documenti per un museo 

della preistoria. Guida didattica, Bologna 

1985; F. Lenzi, G. Nenzioni, C. Peretto (a cura), 

Materiali e documenti per un museo della 

preistoria. San Lazzaro di Savena e il suo territorio, 

Bologna 1985; F. Lenzi, G. Nenzioni, Il 

tempo e la natura. Culture e insediamenti 

peristorici nella zona dei Gessi, Bologna 1991; 

G. Nenzioni, Il Museo Archeologico “L. Donini”, 

in W. Romani (a cura), San Lazzaro di 

Savena, la storia, l’ambiente, la cultura, 

Bologna 1992, pp. 491-493; F. Lenzi, G. 

Nenzioni, Lettere di pietra. I depositi pleistocenici: 

sedimenti, industrie e faune del margine 

appenninico bolognese, Bologna 1996; G. 

Nenzioni, Fra natura e storia: un esempio di 

ecomuseo dell’area dei gessi bolognesi, in 

Archeologia e Ambiente, Atti del Convegno 

internazionale, Forlì 1999, pp. 373-377. 

66 


Fondazione 

“Cardinale Giacomo Lercaro” 

La Fondazione, intitolata al celebre arcivescovo 

bolognese, detiene una consistente 

raccolta d’arte moderna, allestita 

in permanenza ed aperta al pubblico 

dal 1989 nella sede di Villa S. Giacomo, 

collegata all’edificio di proprietà 

dell’Opera Diocesana “Madonna della 

Fiducia”, costruito nel 1966 dall’architetto 

Giuseppe Coccolini ed inizialmente 

adibito a collegio per studenti stranieri 

dell’Università di Bologna. 

La collezione si è formata agli inizi degli 

anni Settanta per volontà di alcuni artisti 

bolognesi, tra i quali Borgonzoni, 

Mandelli, Pasqualini e Ilario Rossi, che 

donarono loro opere in ricordo dell’azione 

svolta dal cardinale Lercaro anche 

nel campo della cultura e per la promozione 

delle arti. Alla scomparsa del prelato 

la collezione venne aumentata da 

donazioni di altri pittori e scultori italiani. 

Attualmente il museo comprende 

oltre settecento opere esemplari del 

panorama figurativo del nostro secolo, 

in particolare del secondo dopoguerra. 

Tra gli artisti presenti figurano Guttuso, 

Mirko, Guidi, Sassu, Cagli, Saetti, Maccari. 

Con un’opera del 1935 e tre acqueforti 

figura anche Giorgio Morandi. 

Notevoli risultano alcune serie plastiche 

come quelle di Manzù e Minguzzi; 

si segnalano, inoltre, sculture di Marini, 

Martini, Messina, Murer, Arnaldo e Giò 

Pomodoro. 

(o.p.) 

M. Pasquali (a cura), La Raccolta d’arte moderna 

del cardinal Lercaro, Bologna 1989. 

67 

Sasso Marconi 

Museo Guglielmo Marconi 

San Lazzaro di Savena, Fondazione “Cardinale Giacomo Lercaro”: Marino Marini, Cavallo, 1952 

Sotto la scalinata d’accesso alla villa, già 

residenza estiva della famiglia Marconi, 

si trova il mausoleo dove è sepolto 

Guglielmo Marconi (1874-1937), celebre 

inventore della radio. Nel parco 

adiacente si possono vedere una ricostruzione 

dell’antenna, usata negli e- 

sperimenti di telegrafia senza fili nel 

1895, una grande statua dello scienziato 

ed una sezione del panfilo Elettra che 

fungeva da laboratorio galleggiante. 

L’ordinamento espositivo, suddiviso in 

più spazi della villa, grazie all’integrazione 

di apparati storici, ipertesti, filmati 

e dispositivi interattivi, consente di 

ripercorrere le vicende che hanno caratterizzato 

la formazione e la vita dell’inventore 

con un’attenzione particolare 

per il periodo che va dal 1895, primi 

esperimenti di telegrafia senza fili, al 

1901, anno del primo segnale radio 

attraverso l’Atlantico. 

Al pianterreno, oltre ad un gift-shop, si 

trovano apparati illustranti la storia dell’elettricità 

e della radio con strumenti



funzionanti e fedelmente ricostruiti da 

Maurizio Bigazzi, oltre ad alcuni apparecchi 

della Compagnia Marconi ed altri 

modelli di radio provenienti anche da 

alcuni collezionisti della “Associazione 

Italiana per la Radio d’Epoca”. Dopo una 

sala riunioni e proiezioni al primo piano, 

si sale alla sezione multimediale e interattiva 

dove in alcune postazioni il visitatore 

può guardare brevi filmati che 

spiegano gli apparati fondamentali alla 

storia delle radiocomunicazioni e mettere 

in funzione gli strumenti marconiani 

più significativi. In un angolo presso 

la finestra della “stanza dei bachi”, dove 

partì il famoso segnale che superava l’ostacolo 

naturale della collina dei Celestini, 

sono stati ricostruiti i mobili e gli 

strumenti del laboratorio del giovane 

Marconi. 

(s.v.) 

Zola Predosa, Fondazione Ca’ La Ghironda: 

Giacomo Manzù, Il cardinale seduto, 1989 

68 

Zola Predosa 

Fondazione Ca’ La Ghironda 

La Fondazione è sorta per volontà di 

Francesco Martani, noto medico, scultore 

e collezionista. Convenzionata con il 

Comune, rende pubblica la fruizione di 

un ampio podere, di circa dieci ettari, esito 

di un intervento decennale che ha 

visto la sua completa ristrutturazione 

edilizia e ambientale. In questo spazio, 

entro il quale sono state messe a dimora 

alcune migliaia di piante di specie locale 

o naturalizzate ed alcune esotiche, si articola 

un percorso museale all’aperto comprendente 

circa centoventi opere scultoree 

di celebri artisti del Novecento e 

contemporanei, sia italiani che stranieri, 

integrate nell’ambiente naturale. 

Tra le altre, figurano sculture di Messina, 

Manzù, Ceroli, Cascella, Ghermandi, 

Minguzzi e Munari. 

(s.v.)



Provincia di Ferrara


Provincia di Ferrara 

1 

Argenta 

Museo Civico 

Il museo è stato di recente riaperto al 

pubblico all’interno dell’ex chiesa di San 

Domenico, al termine di complesse opere 

di restauro che hanno coinvolto l’intero 

edificio. Donata nel 1495 ai domenicani 

dalla Confraternita dei Battuti 

Bianchi ed ampliata nel 1522, la chiesa 

è stata concessa in uso al Comune di 

Argenta dalla Diocesi Arcivescovile di 

Ravenna insieme alla vicina chiesa dei 

Santi Giovanni Battista ed Evangelista. 

L’edificio, che presenta caratteri architettonici 

di derivazione rossettiana, è ad 

un’unica navata, con decorazioni ad 

affresco nell’abside attribuite all’ambito 

dei Coda riminesi. 

Un primo nucleo museale si era qui 

costituito già nel 1973 con dipinti e sculture 

esposti lungo le cappelle. I quadri, 

circa una ventina, provengono in parte 

dal primo nucleo della pinacoteca, formato 

dal sindaco Giuseppe Vandini, che 

nel 1869 raccolse in municipio le opere 

più pregevoli delle chiese argentane. La 

collezione fornisce una documentazione 

della vicenda artistica in ambito locale 

tra Cinque e Seicento, dove si incrociano 

esperienze figurative ferraresi. Si 

segnalano, tra le altre, opere del Garofalo 

(Madonna col Bambino tra i Santi 

Lazzaro e Giobbe), dell’argentano Antonio 

Aleotti (Vergine in trono), del ravennate 

Francesco Longhi (Madonna con i 

Santi Pietro e Paolo) dello Scarsellino 

(Decollazione del Battista), di Camillo 

Ricci (Il terremoto di Argenta), di Jacopo 

Bambini (Noli me tangere), di Pietro 

Dulauvier (Fuga in Egitto). Al centro 

della navata è collocata la sezione archeologica 

del museo. I reperti, provenienti 

dagli scavi effettuati dal 1982 al 

1993, documentano la storia del territorio 

a partire dal VI secolo d.C., periodo 

al quale si riferisce il prezioso pavimento 

musivo ravennate rinvenuto nell’abside 

della vicina pieve di San Giorgio. 

Dalla stessa campagna di scavi provengono 

pezzi di grande interesse, tra i 

quali una fibbia ostrogota a testa d’aquila, 

numerosi oggetti in vetro e metalli 

e monete della zecca di Venezia del XII 

secolo. Di poco successivi sono i materiali 

recuperati nell’insediamento pedelacustre 

di Palmanova, nei pressi del 

Argenta, Museo Civico: Antonio Aleotti, La Vergine in trono tra gli angeli musici e i Santi Pietro, 

Giacomo, Giovanni Battista e Paolo, inizio XVI secolo 

presunto sito del castello di Argenta. Si 

tratta di contenitori di uso comune, ai 

quali si aggiungono un peso da rete in 

piombo e una fibbia in bronzo. Ceramiche 

graffite tra Cinque e Seicento sono 

emerse, invece, da uno scavo edile in via 

Matteotti. Tra i rinvenimenti più recenti 

si segnala la rassegna dei reperti di via 

Vinarola: legni, metalli, vetri e ceramiche 

databili al XIII secolo. È previsto l’inserimento 

nel percorso espositivo del 

museo di una sezione dedicata al Duecento 

argentano. 

(g.l./m.l.p.) 

G. Viroli (a cura), La Pinacoteca Civica di Argenta, 

Argenta 1987. 

2 

Argenta 

(Campotto) 

Museo delle Valli d’Argenta 

e Marmorta 

Il museo è stato istituito nel 1990. Ha 

sede in un antico casino di campagna di 

proprietà del Consorzio della Bonifica 

Renana, ceduto con contratto decennale 

al Comune di Argenta. Dal 1992 il 

museo è gestito da una società privata 

di servizi, “A.G. Gestione Natura”, mentre 

la progettazione e la consulenza 

scientifica sono coordinate da un apposito 

comitato. Inoltre, è collegato ad un 

Centro di Documentazione Storico-Naturalistica 

e si propone una lettura della 

realtà delle valli, comprensiva di un 

inquadramento storico del territorio e 

degli interventi sull’ambiente unitamente 

ad una illustrazione degli aspetti 

vegetazionali e faunistici specifici. Il 

Centro svolge un ruolo non meramente 

conservativo ma specialmente didattico-divulgativo, 

utilizzando metodi e 

supporti espositivi audiovisivi, introduttivi 

al laboratorio all’aperto rappresentato 

dal biotopo vallivo argentano. 

La struttura rientra tra le articolazioni 

del sistema ecomuseale del Delta del Po 

progettato dalla Provincia di Ferrara. 

Dal 1995, presso lo stabilimento idrovoro 

di Saiarino, costruito nel 1924 e 

tuttora attivo e visitabile, si trova una

Provincia di Ferrara MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

121 

sezione museale che raccoglie reperti di 

archeologia industriale relativi alla bonifica, 

oltre ad attrezzi del lavoro tradizionale 

in valle e materiali d’archivio e 

fotografici storici. 

(g.b.p.) 

3 

Berra 


Il Bracciante Agricolo 

La raccolta, formata da Severino Peron 

ed ospitata in ambienti di sua proprietà 

non agibili al pubblico, comprende un 

cospicuo nucleo di materiali in larga 

parte provenienti dall’area comprensoriale 

di Berra. 

Sono circa trecento i pezzi conservati 

nel museo: utensili, macchine o strumentari 

di intere botteghe, spesso appartenuti 

ad artigiani rinomati in ambito 

locale. Sono rappresentate la falegnameria, 

la mascalcia, la liuteria e la 

carpenteria che viene documentata da 

attrezzi per la costruzione di barche per 

la navigazione del Po. Figurano poi 

attrezzi da botteghe di meccanico, di 

battirame, per la lavorazione della canapa, 

per la vinificazione e per la stalla. 

Sono presenti nella raccolta anche 

utensili domestici, tra i quali un torchio 

da pasta, una macchina da cucire, un 

mulino manuale per cereali poveri e i 

primi elettrodomestici documentano la 

vita rurale in ambito locale tra gli anni 

Trenta e Cinquanta. Suggestiva la ricostruzione 

in sito di un’aula scolastica. 

Particolarmente interessante è la collezione 

di biciclette: di fabbricazione in 

prevalenza ferrarese, sono adeguate 

alle attività dei diversi proprietari: il fattore, 

il prete, il carabiniere, il postino e, 

ancora, il pescivendolo, il fruttivendolo, 

il venditore di brustolini, l’arrotino. 

Un proiettore “Path”‚ del 1895, e una 

collezione di pellicole d’epoca testimoniano 

dell’interesse del collezionista per 

la storia del cinema. Sono presenti, inoltre, 

alcuni trattori e un camioncino “Fiat 

Balilla 514”. 

(m.t.f.) 

4 

Bondeno 


“Galileo Cattabriga” 

La pinacoteca è stata istituita nel 1996. 

Intitolata all’artista bolognese del Novecento, 

Galileo Cattabriga, raccoglie numerose 

opere pittoriche di arte moderna 

e contemporanea accanto ad alcuni 

dipinti antichi, fra i quali figura il San 

Giovanni Evangelista di Simone Cantarini, 

donato nel 1877 al Comune di 

Bondeno dal marchese Gioacchino Napoleone 

Pepoli che soggiornò nella villa 

di Stellata dal 1870 al 1877. Dell’intero 

patrimonio artistico comunale, comprendente 

oltre duecento opere, è e- 

sposto nelle sale del museo, all’interno 

di un edificio appositamente predisposto, 

un nucleo di circa sessanta opere 

pittoriche, grafiche e plastiche. Tra gli 

artisti presenti si segnalano Tono Zancanaro, 

Remo Brindisi, Nanni Tedeschi, 

Guglielmo Sansoni (Tato), Carlo Rambaldi. 

Al piano terra, una sala è adibita 

ad esposizioni temporanee di artisti 

contemporanei. 

(l.m.b.) 

G. Campanini, L. Scardino (a cura), La Pinacoteca 

Civica di Bondeno Galileo Cattabriga, 

San Giovanni in Persiceto 1996. 

5 

Cento 


La pinacoteca si è costituita nel 1839 

all’interno del Palazzo del Monte di 

Pietà. Qui furono riunite numerose opere 

d’arte provenienti da vari edifici di 

culto soppressi in età napoleonica. Nei 

decenni successivi, a quel primo nucleo 

si aggiunsero altre opere provenienti da 

acquisizioni effettuate dal Comune, da 

depositi di privati e da pubbliche istituzioni. 

Negli anni Quaranta furono ampliati 

gli spazi espositivi. Carlo Ludovico 

Ragghianti procedette a una schedatura 

finalizzata all’aggiornamento attributivo 

dei dipinti in base alle indicazioni 

della coeva storiografia artistica. Risale 

a quel periodo l’ingresso in museo di una 

parte degli affreschi - staccati e trasportati 

su tela - di Casa Pannini, eseguiti 

dal Guercino e dalla sua bottega fra 

il 1615 e il 1617. 

Il percorso espositivo attuale della pinacoteca 

si snoda secondo un criterio cronologico. 

Vi si registra la più alta concentrazione 

di opere del Guercino e dei 

suoi allievi e seguaci, prevalentemente 

centesi e in buona parte imparentati con 

il pittore. Studi recenti hanno consenti- 

Bondeno, Pinacoteca Civica “Galileo Cattabriga”: Tono Zancanaro, Ritratto di Luisa, 1968



della galleria sono attualmente esposte 

oltre duecentocinquanta opere. L’ordinamento 

espositivo ricostruisce il percorso 

creativo di Bonzagni dalla formazione 

accademica a Brera alla partecipazione 

al movimento futurista, alla sua 

attività di illustratore della mondanità 

milanese e parigina nella stagione della 

belle époque. Si traccia, inoltre, un interessante 

itinerario lungo la complessa 

vicenda artistica italiana della prima 

metà del Novecento, illustrata da notevoli 

opere di Wildt (autore del monumento 

funebre allo stesso Bonzagni), 

Sironi, Carrà, Russoli, Balla, Dudreville, 

de Pisis, Sassu, Funi, Fontana, Capogrossi, 

Guttuso ed altri. 

(o.p.) 

Cento, Pinacoteca Civica: Il Guercino, Affresco di Casa Pannini, 1615-17 

to di stabilire le effettive paternità delle 

singole opere di marca guercinesca, 

come quelle riferite alla famiglia Gennari: 

da Benedetto senior a Giovanni Battista, 

da Lorenzo, Bartolomeo, Ercole a 

Cesare e Benedetto junior. Accanto a 

questa nutrita serie di opere che certamente 

caratterizzano la pinacoteca centese 

rispetto ad altre realtà museali 

regionali, il percorso espositivo comprende 

alcuni dipinti di pittori manieristi 

bolognesi, come La Madonna in trono 

e Santi di Ludovico Carracci e l’Annunciazione 

di Ubaldo Gandolfi. Sono 

pure visibili diversi esemplari di una 

interessante raccolta di stampe, prevalentemente 

sei-settecentesche - di recente 

restaurate - tratte da opere del 

Guercino e della sua bottega. 

(l.m.b.) 

La Pinacoteca civica di Cento: catalogo generale, 

Bologna 1987; F. Gozzi (a cura), La Pinacoteca 

civica di Cento. Guida illustrata, Bologna 

1987; F. Gozzi (a cura), Il Guercino. Le 

stampe della Pinacoteca civica, catalogo della 

mostra, Cento 1996. 

6 

Cento 

Galleria d’Arte Moderna 

“Aroldo Bonzagni” 

La galleria è stata ufficialmente istituita 

nel 1988 con il trasferimento all’interno 

del cinquecentesco Palazzo del Governatore 

dell’intera raccolta dedicata al 

pittore centese Aroldo Bonzagni (1887- 

1918) e di altre importanti opere ottonovecentesche 

già presenti nella Pinacoteca 

comunale. Nelle ventidue sale 

Cento, Galleria d’Arte Moderna “Aroldo Bonzagni”: 

Achille Funi, Natura morta 

7 

Cento 


“Giuseppe Borgatti” 

Il piccolo, ma interessante museo è ordinato 

in una sala del foyer del Teatro 

Comunale, edificato su progetto di 

Antonio Giordani tra il 1856 e il 1861. Il 

primo e principale nucleo risale al 1933 

con la donazione effettuata dal celebre 

tenore Giuseppe Borgatti (1871-1950), 

al quale il teatro era stato intitolato nel 

1924 alla presenza dello stesso cantante. 

Nel 1977, la raccolta è stata incrementata 

da un altro illustre centese, il 

flautista Arrigo Tassinari (1889-1988). 

Tra i cimeli di Giuseppe Borgatti, la cui 

carriera - conclusasi nel 1914 - fu segnata 

da costanti affermazioni nell’ambito 

verista e wagneriano figurano diplomi, 

attestati, lettere autografe (tra le quali 

una corrispondenza di D’Annunzio), 

fotografie, caricature e ritratti. Si segnalano, 

in particolare, un dipinto di Carlo 

Stragliati raffigurante l’artista nei panni 

di Andrea Chenier e alcuni bronzetti 

di Antonio Alberghini. La sezione dedicata 

ad Arrigo Tassinari (fu primo flauto 

solista dell’orchestra della Scala sotto 

la direzione di Arturo Toscanini, e 

insegnò per oltre vent’anni al Conser-


123 

vatorio di Santa Cecilia in Roma, dove 

fu maestro di Severino Gazzelloni), attualmente 

in fase di riordinamento, si 

compone di piccoli oggetti personali, 

lettere, ritratti, incisioni rare oltre a due 

flauti e un pianoforte appartenuti al musicista. 

(l.b.) 

Il teatro e la città, 130 anni di attività tra storia 

nazionale e locale, Cento 1994. 

8 

Codigoro 

(Pomposa) 

Museo Pomposiano 

Il museo è ordinato al piano superiore 

del monastero del famoso complesso 

benedettino pomposiano. Vi si conservano 

diversi nuclei di materiali, in larga 

parte riferibili alle vicende edilizie della 

basilica fin dalla prima fase della sua 

costruzione, avvenuta nel VII secolo 

d.C., e recuperati nel corso delle campagne 

di scavo condotte all’interno delle 

navate, ma anche durante i restauri 

della stessa chiesa, del convento e del 

vicino Palazzo della Ragione. 

Codigoro, Monastero di Santa Maria di Pomposa 

Monastero di Santa Maria di Pomposa: Pavimento 

in mosaico, XI secolo 

Tra i reperti più interessanti figura un 

capitello-imposta lavorato a giorno del 

VI secolo d.C., di pertinenza ravennate. 

Sono anche esposti stucchi decorativi 

dell’VIII-IX secolo e affreschi frammentari 

del X-XI secolo. 

Una sezione del museo comprende 

reperti archeologici, fra i quali meritano 

una particolare menzione i due cippi 

marmorei etruschi, gli unici finora 

recuperati lavorati con tale materiale, e 

certamente da riferire alle necropoli 

spinetiche. I cippi, che dovevano essere 

sormontati, in antico, da un coronamento 

bronzeo a punta sono databili al 

V secolo a.C. 

(m.l.p.) 

G. Pavan, Il Museo Pomposiano, «Musei Ferraresi», 

VII, 1977, pp. 74 ss.; G. Sassatelli, Due segnacoli 

tombali etruschi al Museo di Pomposa, 

«Emilia Preromana», VIII, 1980, pp. 47-51; C. Di 

Francesco, Pomposa. La fabbrica, i restauri, 

Ravenna 1992. 

9 

Comacchio 

Museo della Nave Romana 

Il museo, attualmente in corso di allestimento, 

è stato istituito in seguito al 

ritrovamento a Valle Ponti di uno scafo 

romano completo di carico. Il relitto, 

individuato nel 1981, è stato recuperato 

solo nel 1989, dopo un lungo periodo 

di studio sui metodi e gli strumenti da 

utilizzare, nonché sulla predisposizione 

di spazi attrezzati, finalizzati alle operazioni 

di scavo, recupero e restauro. 

Alcune mostre e pubblicazioni hanno 

comunque consentito, nel frattempo, di 

accedere alle informazioni “restituite” 

dalla nave, che si riferiscono ai prodotti 

trasportati, ai loro contenitori, agli oggetti 

d’uso quotidiano, compresi i capi 

d’abbigliamento che documentano la 

vita a bordo di un’imbarcazione di età 

augustea. 

Nel ricco nucleo di oggetti, accanto al 

materiale ceramico, alle anfore, alle lucerne, 

tipologie piuttosto diffuse, spiccano 

alcuni reperti alquanto rari, fra i 

quali tre tempietti e una pisside decorata 

in piombo. 

Gli oggetti ritrovati nella nave dovevano 

essere destinati alla vendita. Infatti, hanno 

le caratteristiche del prodotto di serie 

e di scarso pregio: le lamine di bronzo 

appaiono ottenute a stampo, ritagliate e 

assemblate per incastro o saldate. Il 

relitto ha restituito anche un discreto 

numero di cuoi che forniscono un quadro 

abbastanza preciso delle calzature,



quarto del I secolo a.C. Sono state recuperate, 

infatti, cinque serie di calzature 

di uso civile quotidiano, una giubba, 

diversi tipi di sacche utilizzate dai marinai. 

Non mancano manufatti in legno, tra 

i quali un mortaio finemente decorato e 

alcune cassettine che potevano costituire 

una sorta di farmacia di bordo o i 

ferri da viaggio di uno dei tanti medici 

circulatores dell’epoca. 

(m.l.p.) 

Culture umane nel delta del Po, Bologna 1988; 

F. Berti (a cura), La nave romana di Comacchio, 

catalogo della mostra, Bologna, 1990. 

10 

Comacchio 

Museo Civico delle Valli 

di Comacchio 

Comacchio, Museo della Nave Romana: Lo scafo a fasciame del “barcone” rinvenuto nel 1981 

degli indumenti e dei contenitori usati 

dalla gente di bordo. Il rinvenimento della 

nave consente di spaziare sui dettagli 

dell’abbigliamento romano dell’ultimo 

Il museo, di tipo territoriale, si rifà all’ambiente 

delle valli, alle risorse e al 

lavoro per utilizzarle e prevede un percorso 

che, partendo dalla Casa di vigilanza 

della Foce, visita le due stazioni di 

pesca di Pegoraro e Serilla ed il casone 

Coccalino, luogo di sorveglianza contro 

la pesca di frodo. 

Nei “casoni” e nelle “tabarre” - appositi 

magazzini per la costruzione e la conservazione 

degli attrezzi da pesca - sono 

visibili gli oggetti di arredo e gli strumenti 

di lavoro. Particolarmente interessanti 

sono i lavorieri, costituiti da 

una lunga serie di pali infissi nel fondo 

lagunare: tra loro collegati da una intelaiatura 

di pertiche e grisole (incannicciate), 

delimitano un perimetro cuneiforme 

nel quale una serie di bacini triangolari 

comunicanti consentono la cattura 

differenziata del pesce e delle anguille. 

Sono pure documentate le attrezzature 

(barche, utensili), l’organizzazione 

generale degli addetti nei “casoni”, 

la manifattura e la commercializzazione 

del pescato. L’esposizione nei 

“casoni” si lega all’illustrazione (pannelli 

e segnaletica) e ai servizi informativi, 

didattici e di trasporto lungo i percorsi 

di visita. 

(g.b.p.) 

Musei per l’ambiente. Colloquio internazionale, 

«Quaderni di Campotto», Cento 1999. 

Comacchio, Valli di Comacchio: Un tipico casone


125 

11 

Comacchio 

Museo Mariano d’Arte Sacra 

Contemporanea 

Il museo ha sede al primo piano del convento 

dei frati Cappuccini (annesso alla 

chiesa di S. Maria in Aula Regia, la 

cui costruzione risale alla metà del Seicento) 

e comprende una raccolta di circa 

centocinquanta oggetti tra dipinti, 

sculture e ceramiche ispirate al culto 

mariano. 

La raccolta, avviata nel 1977 per iniziativa 

di padre Antonio Stacchini si è successivamente 

incrementata grazie 

soprattutto a donazioni di singoli artisti. 

Le opere sono in larga misura ascrivibili 

all’ambito artistico regionale. Sono 

anche presenti alcuni noti artisti del 

secondo Novecento italiano, a cominciare 

da Remo Brindisi, principale animatore 

del museo nel corso degli anni 

Ottanta. 

(o.p.) 

12 

Comacchio 

(Lido di Spina) 

Museo Alternativo 

“Remo Brindisi” 

L’apertura del museo risale al 1973 su 

iniziativa di Remo Brindisi (1918-1996), 

all’interno della propria abitazione estiva 

fatta costruire dallo stesso artista a 

Lido di Spina. Progettata dall’architetto 

milanese Nanda Vigo, la casa è stata 

disegnata in funzione di un’unità abitativa 

e del lavoro artistico, ma anche di 

museo aperto al pubblico, immaginata e 

di fatto realizzata da Brindisi. Dopo la 

scomparsa dell’artista, il museo e l’intero 

patrimonio in esso conservato sono 

stati acquisiti dal Comune di Comacchio, 

per volontà testamentaria dello stesso 

Brindisi. Attualmente sono in corso 

lavori di restauro dell’edificio e di riordino 

sia delle raccolte artistiche che del 

prezioso “fondo” archivistico e documentario. 

Il museo è in fase di riallestimento. 

L’edificio è caratterizzato da un 

grande “cilindro” centrale che collega i 

diversi piani con gli spazi abitativi, quelli 

dello studio e quelli espositivi. 

La raccolta, nella quale sono pure inserite 

opere del maestro, comprende circa 

duemila esemplari e documenta tutte 

le principali correnti pittoriche del 

Novecento a livello internazionale. Si va 

da Segantini e Medardo Rosso a Modigliani, 

Boccioni, De Chirico, Severini, 

Casorati, Sironi, de Pisis, fino a Fontana, 

Burri, Capogrossi, Licini, Vedova, 

Rotella e Manzoni. Tra gli artisti stranieri 

figurano Picasso, Braque, Miró, Chagall, 

Matisse, Klee, Appel, Sebastian Matta. 

In un apposito padiglione dedicato alla 

scultura, aperto nel 1987, Brindisi ha 

inserito oltre cento opere plastiche tra 

le quali si segnalano esemplari di Giacometti, 

Moore, Melotti, Ceroli. 

(o.p.) 

Museo Alternativo “Remo Brindisi”, numero 

speciale di «Mixer», II, 4, 1978. 

13 

Copparo 

Quadreria Civica di Arte 

Contemporanea 

L’attuale allestimento deriva da un riordinamento 

dell’intero patrimonio comunale 

d’arte figurativa, realizzato agli 

inizi degli anni Novanta all’interno della 

Torre Estense, sede della Biblioteca 

civica, e nelle cosiddette “botteghe artigiane” 

adiacenti all’antico edificio. In 

esposizione figura una limitata selezione 

di opere facenti parte della raccolta 

comunale e comprendente tra l’altro le 

donazioni Marchesi, Cinti e Bighi e i 

dipinti acquisiti in occasione delle dieci 

edizioni del “Premio Copparo” svoltesi 

tra il 1952 e il 1968 nell’ambito del 

“Settembre Copparese”. 

In quest’ultimo nucleo si trovano interessanti 

opere giovanili di noti artisti 

emiliani e d’area padana: tra gli altri, 

Rambaldi, Ruffini, Banchieri, Raccagni, 

Nanni, Guerreschi, Piraccini, Korompay 

e Contini. 

(o.p.) 

Comacchio (Lido di Spina), Museo Alternativo “Remo Brindisi” 

G. Pellizzola (a cura), Collezione comunale. 

Premio Copparo 1952-1968. Oreste Marchesi, 

Italo Cinti, catalogo della mostra, Copparo 

1990; L. Scardino, Oreste Marchesi (1883-1949). 

Le opere nella civica quadreria di Copparo, Ferrara 

1999.



14 

Copparo 


Il museo è attualmente in fase di realizzazione 

in seguito all’acquisto da parte 

del Comune di Copparo, nel 1987, della 

sezione della collezione di Severino 

Peron relativa ai lavori agricoli. A sede 

museale è destinato un edificio rurale 

denominato la “Tratta”, opportunamente 

ristrutturato. In un primo tempo i 

materiali sono stati collocati, ed esposti 

al pubblico in una esposizione temporanea, 

presso l’ex mercato coperto della 

città. La raccolta comprende oltre settecento 

oggetti e risulta di un certo interesse 

anche per la sufficiente organicità 

di alcuni nuclei di testimonianze riguardanti 

il lavoro agricolo nel comprensorio 

copparese. In tale contesto, appare certamente 

utile un confronto con la collezione, 

quantitativamente assai più consistente, 

accorpata da Guido Scaramagli 

a San Bartolomeo in Bosco. 

(m.t.f.) 

del Tesoro, nella quale Benvenuto Tisi 

detto il Garofalo raffigurò in un celebre 

sfondato scene cortesi. Altre pitture 

murali attribuite all’artista e alla sua 

scuola si conservano nelle sale intitolate 

alle Storie di Giuseppe, ai Profeti e 

alle Sibille. 

Il museo, allestito al piano nobile, custodisce 

i reperti archeologici di Spina, la 

città etrusca fondata dai Pelasgi alla 

foce di uno dei rami del delta antico del 

Po. I materiali esposti, provenienti dai 

corredi di quattromila tombe delle necropoli 

di Valle Trebba e Valle Pega, 

documentano la civiltà fiorita tra la fine 

del VI e l’inizio del III secolo a.C., con 

prevalenza di vasi attici a figure rosse. 

La preminenza di testimonianze della 

15 

Ferrara 


di Spina 

L’apertura del museo risale al 1935 nelle 

sale al piano nobile del palazzo commissionato 

nel 1495 a Biagio Rossetti da 

Antonio Costabili, ambasciatore presso 

la corte di Ludovico il Moro. Ritenuto 

erroneamente residenza dello Sforza, 

sposo di Beatrice d’Este, l’edificio pervenne 

nel 1920 allo Stato, che dal 1933 

ne curò il restauro. La sua costruzione 

fu affidata nel 1503 a Girolamo Pasini e 

Cristoforo da Milano, i quali un anno 

dopo abbandonarono il cantiere, rimasto 

dunque incompiuto rispetto al progetto 

iniziale tuttora ignoto agli studiosi. 

Nel corso del XVII secolo alcuni interventi 

di ristrutturazione alterarono l’assetto 

originario della fabbrica, tuttavia 

leggibile nel cortile d’onore. Delle decorazioni 

cinquecentesche del palazzo 

sopravvivono gli affreschi della Stanza 

Ferrara, Museo Archeologico Nazionale di Spina: Oinochoe attica a figure rosse, fine del V secolo a.C.


127 

cultura greca determina il primato della 

collezione per quanto riguarda le 

ceramiche ateniesi fra il 480 e il 400 a.C. 

Non mancano, tuttavia, manufatti etruschi: 

bronzi figurati, oreficerie, epigrafi 

graffite su vasi. Tra i pezzi più rilevanti 

del percorso espositivo, inaugurato da 

due monossili, imbarcazioni del IV-V secolo 

a.C. provenienti dalla Valle Isola a 

nord di Comacchio, si ricordano la Pelike 

a figure rosse del Pittore di Berlino, l’Oinochoe 

attribuita al Pittore di Eretria, i 

pregevoli crateri, a calice, del Pittore di 

Peleo e del Pittore di Ifigenia, a campana, 

del Pittore di Altamura e, a volute, 

del Pittore di Kleophon. Di grande interesse 

è la sezione dedicata al vasellame 

alto-adriatico, di cui Spina fu importante 

centro di produzione. 

(m.l.p.) 

S. Aurigemma, N. Alfieri, Il Museo Nazionale 

Archeologico di Spina in Ferrara, Roma 1957 

(ristampa 1961); F. Berti, Recenti acquisizioni 

di ambre nel Museo Archeologico Nazionale di 

Ferrara, «Aquileia Nostra», I, 1979, pp. 313-327; 

D. Badaloni, G.P. Ghini, Due donne dell’Italia 

antica. Corredi da Spina e Tarentum, catalogo 

della mostra, Padova 1993. 

palazzo. Nel 1842 l’edificio passò al Comune 

di Ferrara, che provvide a trasferirvi 

la pinacoteca, istituita nel 1836 in 

seguito all’allestimento in una sala municipale 

di una quarantina di opere provenienti 

da varie chiese ferraresi: a questo 

primo nucleo si aggiunsero lasciti, donazioni 

e acquisti, tra i quali una parte della 

galleria Costabili. Nel 1956 la raccolta 

passò allo Stato, che la ordinò al piano 

nobile del Palazzo dei Diamanti. 

Il percorso espositivo si apre con la serie 

dei “Ritratti Villa”, del XVII secolo, allineati 

nell’ingresso. Seguono, nel salone 

d’onore, alcuni affreschi staccati da chiese 

ferraresi: dall’abbazia di S. Bartolo, da 

16 

Ferrara 


La Pinacoteca Nazionale è allestita nel 

Palazzo dei Diamanti, tra le più celebri 

architetture del Rinascimento italiano. 

Progettato da Biagio Rossetti per Sigismondo 

d’Este, fratello del duca Ercole 

I, l’edificio fu costruito tra il 1493 e il 1503 

al centro dell’“Addizione Erculea”, la 

ridefinizione urbanistica di Ferrara voluta 

dagli Estensi. Circa ottomilacinquecento 

bugne in marmo di Verona, allusive 

all’impresa erculea del diamante, 

caratterizzano due prospetti dell’edificio: 

il rivestimento fu scolpito da Gabriele 

Frisoni, autore delle candelabre angolari 

forse disegnate dallo stesso Rossetti. 

Nel 1567 ebbe termine il completamento 

delle facciate. Il portale seicentesco, 

ispirato ai rilievi plastici del Frisoni, 

venne aggiunto dai marchesi Villa, ai quali 

nel 1641 Francesco I aveva venduto il 

Ferrara, Pinacoteca Nazionale: Simone dei Crocifissi, Il sogno della Vergine



Carlo Bonone. Le Muse Erato e Urania 

commissionate dal duca Leonello per lo 

studiolo di Belfiore illustrano nella collezione 

Sacrati Strozzi la pittura del Quattrocento 

insieme a Cosmè Tura (autore 

di due parti superstiti del polittico di 

S. Maurelio), Vicino da Ferrara, Antonio 

da Crevalcore, Michele Pannonio e, 

nella raccolta Vendeghini Baldi, Ercole 

de’ Roberti, del Cossa, Baldassarre d’Este, 

Gentile da Fabriano, Andrea Mantegna, 

presente con la cimasa della Dormitio 

Virginisdel Museo del Prado. Nelle 

stanze lungo corso Rossetti sono esposte 

opere del Cinquecento: di Vittore 

Carpaccio, Dosso e Battista Dossi, Garofalo, 

Girolamo da Carpi, Mazzolino, Niccolò 

Pisano, Francesco Zaganelli, Ortolano, 

Bastarolo, Scarsellino, Tintoretto. 

In una sala è sistemato il complesso decorativo 

del demolito oratorio della Concezione, 

tredici affreschi eseguiti da Boccaccio 

Boccaccino, Garofalo, Michele 

Coltellini, Domenico Panetti, Baldassarre 

d’Este. Concludono l’itinerario espositivo 

quadri di Zola, Celebrano, Parolini 

e il famoso Ritratto di Benedetto XIV di 

Subleyras, insieme ad opere di Gandolfi 

e Hubert Robert. 

(e.l.) 

F. Barbicinti, Pinacoteca di Ferrara, Ferrara 

1855; G. Fei, Pinacoteca municipale di Ferrara, 

Ferrara 1887; J. Bentini, Un palazzo, un 

museo. La Pinacoteca Nazionale di Palazzo 

dei Diamanti, Bologna 1981; J. Bentini, E. Riccomini, 

La Pinacoteca nazionale di Ferrara. 

Notizie storiche, Bologna 1982; J. Bentini (a 

cura), Le raccolte d’arte della Cassa di Risparmio 

di Ferrara nella Pinacoteca nazionale di 

Palazzo dei Diamanti, Bologna 1984; J. Bentini, 

La Pinacoteca Nazionale di Ferrara, Bologna 

1992. 

17 

Ferrara 

Casa Romei 

Ferrara, Pinacoteca Nazionale: Cosmè Tura, Martirio di San Maurelio, 1480 c. 

dove provengono alcune parti del ciclo 

pittorico di fine del Duecento e la trecentesca 

Apoteosi di S. Agostino di Serafino 

de’ Serafini, e dal convento di S. Andrea, 

nel cui refettorio si trovavano gli 

affreschi del Garofalo esposti sulla parete 

di fondo. Nelle due sale con accesso 

dal corridoio figurano altre testimonianze 

del XIV secolo, rappresentato - oltre 

che da una raccolta di miniature - dal 

complesso tardogotico di casa Pendaglia, 

da alcune tavole del Maestro G.Z., 

del Maestro di Figline, di Francesco da 

Rimini. Opere di Cristoforo da Bologna e 

Simone dei Crocifissi provengono dalla 

collezione Costabili, mentre in tre sale 

contigue è allestito dal 1984 il nucleo dei 

dipinti della Cassa di Risparmio, con quadri 

di Giovanni da Modena, Lorenzo 

Costa, Domenico Panetti, Bastianino, 

Sorta come abitazione del banchiere 

Giovanni Romei, sposo di Polissena d’Este, 

all’epoca del marchesato di Leonello 

e Borso d’Este, la casa rappresenta 

un modello esemplare di dimora signorile 

ferrarese del Quattrocento. Edificata 

tra il 1440 e il 1455 circa, con soluzioni 

tardo gotiche ed insieme rinascimentali 

vicine alle architetture di Pietrobono 

Brasavola, Casa Romei si affaccia 

sull’antica via di San Francesco, asse 

Ferrara, Cortile interno di Casa Romei


129 

della nuova urbanizzazione sviluppatasi 

agli inizi del XV secolo non lontano da 

Palazzo Schifanoia. Destinata dal proprietario 

al vicino convento del Corpus 

Domini, luogo di ritiro e di sepoltura 

estense, nella seconda metà del Cinquecento 

la casa fu sottoposta, su commissione 

del cardinale Ippolito II, a 

interventi di ristrutturazione e d’ornato 

che rinnovarono il piano nobile. Dalla 

fine del secolo scorso Casa Romei è proprietà 

dello Stato, che tra gli anni Venti 

e Trenta avviò i primi lavori di recupero 

dell’edificio. Attualmente vi hanno 

sede uffici locali della Soprintendenza 

per i Beni Architettonici di Ferrara, 

Forlì, Ravenna e Rimini, curatrice del 

restauro e della valorizzazione dell’edificio 

e delle opere conservate nel museo 

istituitovi nel 1952. Disposti su due ordini 

con porticati aperti sul cortile principale, 

gli ambienti di casa Romei vennero 

affrescati in epoca rinascimentale. 

Al pian terreno, dalla Sala dei Profeti 

decorata con un giardino recintato si 

accede alla Sala delle Sibille, con affreschi 

attribuiti ad Andrea di Pietro e Giovanni 

Galeazzo da Milano, attivi a Ferrara 

nella seconda metà del Quattrocento. 

Qui si trova l’unico esemplare 

ferrarese superstite di camino a cappa 

emidecagonale. 

Al piano nobile i fregi a grottesche eseguiti 

dalla bottega dei Filippi, con riquadri 

rappresentanti Tobiolo e l’Angelo e 

David e Golia attribuiti a Bastianino, 

decorano la parte rinnovata su commissione 

del cardinale Ippolito II, il cui 

stemma campeggia nel Salone d’Onore. 

Lo studiolo di Giovanni Romei presenta 

un raro soffitto a cassettoni ornato di 

carte xilografate. 

Il percorso museale si snoda attraverso 

due piani dell’edificio. Lungo le pareti 

delle sale al piano nobile si allineano 

affreschi in prevalenza del XIV secolo, 

provenienti da chiese ferraresi. Nello 

studiolo di G. Romei e nell’adiacente 

“saletta verde” sono state riunite alcune 

sculture di recente restaurate. Al 

piano terreno si trova una raccolta lapidea 

in attesa di sistemazione. 

(m.g.) 

M. Calura, Casa Romei - Corpus Domini, ovvero 

amor profano e amor sacro, «Rivista di Ferrara», 

1934; G. Capponi, Casa Romei, in Restauri 

in Romagna e Ferrara, Forlì 1980; C. 

Muscolino, Casa Romei, una dimora rinascimentale 

a Ferrara, Bologna 1989. 

18 

Ferrara 

Civico Lapidario 

Il lapidario, che costituisce la più antica 

istituzione museale ferrarese, fu inaugurato 

nel 1735 presso Palazzo Paradiso 

per volontà del marchese Ercole Bevilacqua. 

Dal 1984 è allestito nell’ex chiesa 

di Santa Libera. Edificata intorno al 

1474 da Antonio Angelini per i frati agostiniani 

di Sant’Andrea, restaurata nel 

1556 e soppressa nel 1796, la chiesa è 

stata adeguata a funzioni espositive tra 

il 1979 e il 1983. Il nucleo originario della 

collezione, costituito dai marmi antichi 

sparsi nella città e nel territorio, e 

talvolta reimpiegati in edifici di culto, 

come nel caso del sarcofago di Annia 

Faustina proveniente dalla chiesa di 

S. Stefano, si è arricchito nel tempo in 

seguito alle donazioni settecentesche 

Baruffaldi, Scalabrini, Riminaldi e grazie 

a più recenti acquisizioni, tra le quali si 

ricorda il sarcofago di Aurelia Eutychia, 

l’esemplare certamente più rilevante in 

area Cisalpina. Nel museo si conservano 

in prevalenza materiali di ambito locale, 

ai quali si aggiungono marmi inscritti 

di varia provenienza, segno del gusto 

collezionistico della casa d’Este. Il percorso 

espositivo si apre, infatti, con le 

epigrafi donate da Ercole d’Este e da 

Ercole Bevilacqua, rispettivamente la 

stele dei Caesii e quella di Antonia Valeria. 

Si prosegue con un itinerario topografico 

costituito da monumenti funerari, 

stele, sarcofagi, cippi. Tra i materiali 

lapidei esposti si segnalano, inoltre, il 

sarcofago degli Aurelii, restituito da 

Voghenza, l’ara di Fronto e il cippo di 

Octavius, provenienti dal Po di Primaro. 

Infine, interessanti i documenti che si 

riferiscono al Po di Volano e il nucleo delle 

stele di Gambulaga. 

(v.c.) 

A.M. Visser Travagli, Il Lapidario del Museo 

Civico di Ferrara, Firenze 1983; A.M. Visser 

Travagli, Per la storia del Lapidario di Ferrara: 

aspetti e problemi museologici di una 

raccolta civica, in A. Donati (a cura), Il Museo 

Epigrafico, Faenza 1984, pp. 355-373; R. Selmi, 

Allestimento del Civico Lapidario nella ex 

Chiesa di Santa Libera a Ferrara, «Epigraphica», 

XLV, 1983, pp. 375-384; A.M. Visser 

Travagli, Santa Libera: pietre e progettazione, 

in V. Cicala (a cura), Segni delle pietre. 

Scritture e lapidari in Emilia-Romagna, Inserto 

di IBC Informazioni, 6, 1989, pp. 20-21. 

19 

Ferrara 

Museo Civico di Palazzo 

Schifanoia 

Il museo ha sede all’interno di Palazzo 

Schifanoia. Edificato intorno al 1385 

per Alberto V d’Este, il palazzo visse un 

momento di massimo splendore all’epoca 

di Borso d’Este che, nel 1465, ne 

affidò l’ampliamento all’architetto Pietro 

Benvenuto degli Ordini. Un’ulteriore 

ristrutturazione fu realizzata nel 

1493 per Ercole I dall’architetto e urbanista 

Biagio Rossetti, autore del cornicione 

in cotto che sostituì la merlatura. 

All’inizio del XVII secolo la delizia passò 

in eredità ai Cybo, duchi di Massa e 

Carrara. Concesso in affitto nel corso 

Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia: 

Bibbia della Certosa



del XVIII secolo, l’edificio subì interventi 

impropri, quali l’intonacatura delle 

pareti affrescate, riscoperte nel 1821 

e quindi sottoposte a restauro. 

Il Salone dei Mesi, situato al piano nobile, 

deriva il suo nome da uno dei più 

importanti cicli a fresco di soggetto profano 

del Rinascimento, eseguito tra il 

1469 e il 1470 sul programma iconografico 

elaborato dall’umanista e storiografo 

di corte Pellegrino Prisciani. Gli 

affreschi, che esprimono pienamente la 

cultura astrologica quattrocentesca, seguono 

la successione dei mesi, oggi leggibili 

in numero di sette: la scansione di 

ciascun scomparto in tre fasce orizzontali 

inquadrate verticalmente da elementi 

architettonici a fresco si riferisce 

ai trionfi delle divinità dell’Olimpo, ai 

simboli dello Zodiaco con i decani e alla 

vita di corte con episodi del buon governo 

di Borso d’Este. Principali autori del 

ciclo, progettato verosimilmente da 

Cosmè Tura, furono Francesco del Cossa, 

nei mesi di Marzo, Aprile, Maggio, 

ed Ercole de’ Roberti, per il mese di Settembre. 

La contigua Sala degli Stucchi, 

ideata da Domenico di Paris nel 

1467 e di recente restaurata, conserva 

un soffitto a lacunari con rilievi dorati e 

una fascia con le raffigurazioni delle 

Virtù e le Imprese del duca Borso e della 

sua famiglia. 

La prima destinazione museale del 

palazzo risale al 1898 e fu promossa da 

Adolfo Venturi che trasferì nel Salone 

dei Mesi gli importanti codici miniati 

del Quattrocento ferrarese, le raccolte 

archeologiche e quelle numismatiche, 

precedentemente conservati in Palazzo 

Paradiso. In anni recenti, le suddette 

raccolte ed altre serie di materiali, alcune 

delle quali provenienti anch’esse da 

Palazzo Paradiso, sono state ordinate 

lungo un percorso espositivo che occupa 

le restaurate strutture trecentesche 

del palazzo le cui pareti conservano 

interessanti brani a fresco tre-quattrocenteschi. 

Le raccolte archeologiche, accresciute 

nel corso del Settecento, sono costituite 

da ceramiche greche, etrusche e romane, 

vetri, lucerne e bronzetti, cui si 

Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi: Francesco del Cossa, Mese di Marzo, 

1469-70 

aggiunse nel XIX secolo la collezione 

egizia. Al Settecento risalgono anche le 

donazioni del cardinale Riminaldi, tra le 

quali figurano il gruppo delle gemme 

incise e il nucleo principale della collezione 

di bronzetti con opere di Giambologna 

e Algardi. 

Il Medagliere, incrementato da numerose 

donazioni, comprende tra l’altro 

monete italiane, medievali e moderne, 

le sezioni greca e romana, una raccolta 

di conii e punzoni della Zecca di Ferrara 

e una serie di medaglie eseguite da 

grandi artisti del Rinascimento: Matteo 

de Pasti, Sperandio e Pisanello che 

dedicò alcuni esemplari a Lionello d’Este. 

Tra i corali atlantici, esposti a rotazione, 

si segnalano la Bibbia commissionata 

da Borso e decorata da Guglielmo 

Giraldi e il Decretum Graziani 

miniato da maestranze degli anni di 

Ercole I. 

La raccolta degli avori vanta pezzi eterogenei 

di grande interesse come gli 

esemplari della Bottega degli Embriachi. 

Nel 1935 fu acquisita la collezione 

Pasetti, importante testimonianza della 

produzione ceramica graffita rinascimentale 

ferrarese; in seguito alla soppressione 

delle Opere Pie, sono pervenuti 

in deposito al museo un ingente 

numero di arredi sacri e un gruppo di 

dipinti ferraresi molti dei quali databili 

tra i secoli XVI e XVII: vi figurano quadri 

di Bononi, Scarsellino e la famosa 

Pala delle Zitelle del Bastarolo. 

Nell’ala trecentesca sono esposte altre 

opere di grande valore, come il polittico 

in alabastro dello scultore di Nottingham, 

degli inizi del XV secolo, la Madonna 

con Bambino, terracotta policroma 

di Domenico di Paris e una parte 

degli stalli e dei dossali del coro ligneo 

di Sant’Andrea, intarsiato nel XV 

secolo dalla Bottega dei Canozi da Lendinara. 

(m.g.) 

G. Gruyer, Le palais de Schifanoia à Ferrare, in 

Revue des Deux-Mondes, Août 1883; G. Medri, Il 

palazzo estense di Schifanoia dal secolo XIV al 

secolo XX, «Rivista di Ferrara», n. 7, 1935; Il 

Museo Civico di Ferrara. Donazioni e restauri, 

Catalogo della mostra, Firenze 1985; R. 

Varese, Atlante di Schifanoia, Modena 1989; A. 

M. Visser Travagli, Palazzo Schifanoia e palazzina 

Marfisa a Ferrara, Milano 1991.


131 

20 

Ferrara 

Palazzina di Marfisa d’Este 

La palazzina fu edificata intorno al 1559 

per Francesco I d’Este, marchese di 

Massalombarda, figlio di Alfonso I e di 

Lucrezia Borgia. Dal 1578 la dimora 

passò in eredità alla figlia naturale di 

Francesco, Marfisa, sposata in seconde 

nozze al principe di Massa Carrara Alderano 

Cybo. 

Il ritratto di Marfisa bambina figura di 

fronte a quello della sorella Bradamante 

negli affreschi della loggetta, attribuiti 

a Camillo Filippi, che nella seconda 

metà del XVI secolo eseguì le grottesche 

sulle volte dell’edificio, in collaborazione 

con i pittori della sua bottega. 

L’avvicendarsi degli affittuari e i successivi 

passaggi di proprietà determinarono, 

dalla metà del XVII secolo, crescenti 

livelli di degrado dell’intero complesso, 

acquistato infine, nel 1861, dal 

Comune di Ferrara. All’inizio del Novecento, 

grazie all’impegno di Giuseppe 

Agnelli - direttore della Biblioteca - e 

dell’Associazione “Ferrariae Decus” da 

lui promossa, fu avviato, con fondi 

Ferrara, Palazzina di Marfisa d’Este: Loggia 

degli aranci 

comunali e non, il progetto di recupero 

degli edifici. 

Tra il 1910 e il 1915 le decorazioni originarie 

dovute a Camillo, Cesare e Sebastiano 

Filippi e alla loro bottega, vennero 

in gran parte ridipinte da Giuseppe 

Mazzolani e Enrico Giberti (il restauro 

sarebbe stato completato nel ’38 da 

Augusto Pagliarini). 

I lavori ripresero nel 1937 con l’affidamento 

all’ingegner Savonuzzi del progetto 

di ripristino degli edifici, che a partire 

dal 1938 furono destinati alla rievocazione 

museale di una dimora cinquecentesca, 

secondo una proposta di Nino 

Barbantini, responsabile dei musei civici 

di Venezia e ordinatore di Cà Rezzonico. 

Perduti gli arredi originari, Barbantini 

allestì la casa museo con mobili 

reperiti sul mercato antiquario, molti 

dei quali provenienti dalla collezione 

veneziana Donà delle Rose. Oltre ad 

armadi, cassoni, tavoli e credenze, in 

prevalenza di età compresa tra il XVI 

ed il XVII secolo, nel museo figurano 

dipinti e sculture come il marmoreo 

Busto di Ercole I d’Este, eseguito per 

la Porta degli Angeli dal mantovano 

Sperandio di Bartolomeo Savelli e l’altorilievo 

in marmo, attribuito alla bottega 

di Antonio Lombardi, con la Madonna 

in trono col Bambino, S. Giorgio 

e il committente, forse identificabile 

con Alfonso I. 

La decorazione del pavimento originario 

è documentata da alcune piastrelle 

di ceramica, esposte nelle vetrine dell’ultima 

sala. 

L’ampio giardino, che un tempo collegava 

l’intero complesso con Palazzo 

Bonacossi, ospita la Loggia degli Aranci, 

esempio di pergolato dipinto aperto 

illusivamente su un finto sfondato. 

Amorini musicanti si affacciano dal soffitto 

dell’antiloggia, decorata a paesaggi. 

Scene di caccia e di pesca sono raffigurate 

nella Sala della Grotta. 

(m.g.) 

R. Varese, Ferrara. Palazzina di Marfisa, Bologna 

1980; A.M. Visser Travagli, Palazzo Schifanoia 

e palazzina Marfisa a Ferrara, Milano 

1991; A.M. Visser Travagli (a cura), Palazzina 

di Marfisa d’Este a Ferrara, Roma 1996. 

21 

Ferrara 

Casa dell’Ariosto 

All’interno dell’edificio, che risale al 

1528, forse su progetto del pittore e 

architetto Girolamo da Carpi, è in fase 

di ordinamento un percorso museale 

dedicato a Ludovico Ariosto. La casa fu 

costruita per lo stesso Ariosto che sulla 

porta d’ingresso fece incidere la celebre 

iscrizione: Parva sed apta mihi, 

sed nulli obnoxia, sed non sordida, 

parta meo sed tamen aere domus. 

Il prospetto, con due lesene angolari 

sovrapposte, mostra i tipici caratteri 

della sobria architettura presente nell’edilizia 

minore ferrarese. Passata ai 

conti Pompili di Ravenna, la casa fu 

quindi ceduta al Cittadella nel 1747 e 

successivamente, nel 1811, venne acquistata 

dal Comune di Ferrara. Gli ambienti 

interni dell’edificio conservano 

tuttora le caratteristiche originali del 

tempo dell’Ariosto, oltre a mobili ed arredi 

di pregio. 

(e.l.) 

22 

Ferrara 

Museo Boldini 

Assieme alle raccolte dell’Ottocento ed 

alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea 

“Filippo de Pisis”, il museo ha 

sede nel Palazzo Bevilacqua-Massari, 

sorto alla fine del Cinquecento e ampliato 

nel corso del Settecento con la costruzione 

dell’adiacente Palazzina “dei 

Cavalieri di Malta” - uno dei pochissimi 

esempi di architettura neoclassica a 

Ferrara - la realizzazione del parco e l’edificazione 

della Coffee-house. 

Nel 1860 il palazzo fu acquistato dai conti 

Massari. 

Nel dopoguerra l’edificio divenne proprietà 

del Comune di Ferrara che, nel 

1975, dopo gli opportuni restauri, lo 

destinò a sede dei musei di arte moderna. 

Il complesso di Palazzo Massari comprende 

anche il Padiglione d’Arte Contemporanea, 

situato nel giardino e de-



Ferrara, Museo Boldini: Giovanni Boldini, Ritratto 

del piccolo Subercause, 1891 

caratterizzerà la sua opera (Due cavalli 

bianchi). 

Nel primo salone, quattro dipinti tra il 

1889 ed il 1898, documentano il Boldini 

più celebre, il ritrattista della Belle 

époque (La contessa de Leusse o L’infanta 

Eulalia di Spagna), ma anche 

quello dell’indagine psicologica e il colorista 

raffinato, come testimonia il Piccolo 

Subercause. 

Sono numerose le opere, sia pittoriche 

che grafiche, che rimandano all’ambiente 

ed al gusto di Parigi, città nella 

quale Boldini visse a lungo (Platea durante 

lo spettacolo, ma anche Notturno 

a Montmartre del 1892-95 circa, e 

La passeggiata al Bois de Boulogne 

del 1909-10). In alcune sale del museo 

si integrano opere boldiniane a memorie 

e documenti che richiamano anche 

il contesto familiare e le amicizie del 

maestro. In un ambiente arredato con i 

mobili in stile Impero della camera da 

letto di Boldini compaiono i “ritratti di 

famiglia” di mano del padre Antonio, 

anch’egli pittore. 

Entro bacheche si conservano libri, lettere 

dell’artista e di suoi illustri corrispondenti, 

matrici e incisioni come il 

Ritratto di Edgar Degas databile attorno 

al 1880. Del pittore francese (raffigurato 

anche in un disegno a carboncino) 

è a sua volta un foglio - forse disegnato 

nel 1895 - con il Ritratto di Boldini 

in piedi con bombetta. Un Busto 

di Boldini in bronzo di Vincenzo Gemito 

risale agli anni 1877-78. In una sala, 

arredata con i mobili dello studio dell’artista, 

figura un realistico Autoritratto 

del 1911. Data al 1916 uno dei 

ritratti femminili più affascinanti del 

museo, La donna in Rosa, seduta sul 

divano Luigi XVI appartenuto a Boldini 

ed anch’esso presente in museo. 

Tra le opere degli ultimi anni figura l’effige 

della moglie Emilia Cardona del 

1927-28. 

(m.g.) 

A. Buzzoni (a cura), Museo Giovanni Boldini, 

catalogo generale completamente illustrato, Ferrara 

1997; M. Toffanello (a cura), Guida Museo 

Boldini Museo dell’Ottocento, Ferrara 1997. 

stinato ad attività espositive e la Sala 

Polivalente. Il Museo Boldini, il cui primo 

nucleo fu istituito nel 1935 dopo la 

morte del celebre artista (Ferrara 1842 

-Parigi 1934), è attualmente ordinato 

nell’ala sinistra del piano nobile del palazzo. 

Il percorso espositivo comprende 

anche la cosiddetta Palazzina di Malta. 

Sono in mostra dipinti, disegni, acquerelli, 

pastelli, tempere e incisioni di Boldini 

di cui il museo detiene complessivamente 

oltre cento opere pittoriche e 

più di un migliaio di opere grafiche. Le 

sale e i saloni del palazzo, affrescati e 

decorati con stucchi e raffinate carte da 

parati, e con gli arredi - in parte appartenuti 

allo stesso Boldini - costituiscono 

un contesto al tempo stesso suggestivo 

e consono alle opere esposte. I primi 

dipinti presenti, risalenti agli anni 

1865-75 annunciano i temi che saranno 

cari al pittore, dal ritratto (Le sorelle 

Laskaraki o Enea Vendeghini) al paesaggio 

(La Senna a Bougival) e mostrano 

già la tendenza al dinamismo che 

Ferrara, Museo Boldini: Giovanni Boldini, La 

donna in rosa, 1916 

23 

Ferrara 

Museo dell’Ottocento 

Assieme al Museo Boldini, è situato al 

piano nobile di Palazzo Massari e comprende 

la produzione più significativa 

dei pittori ferraresi del diciannovesimo 

secolo, ma anche opere di artisti di altra 

provenienza. Nelle prime tre sale sono 

riuniti dipinti di epoca preunitaria che 

evidenziano il rapporto con l’arte del 

passato rivisitata dai pittori locali anche 

attraverso la produzione di copie e l’attività 

di restauro. Vi figurano tra gli altri 

Giuseppe Pagliarini con la sua neorinascimentale 

Madonna col Bambino, Alessandro 

Mantovani, autore della Nuova 

Loggia Pia, una veduta delle grottesche 

in stile rinascimentale da lui stesso realizzate 

in Vaticano, oltre a Gaetano Domenichini 

e Massimiliano Lodi. Storie e 

protagonisti del glorioso passato estense 

sono rievocati dai pittori romantici 

ferraresi: oltre allo stesso Lodi, Giovan-


133 

ni Antonio Baruffaldi (da Tasso, il Tancredi 

battezza Clorinda morente), 

Gaetano Turchi, Girolamo Domenichini 

(Condanna di Ugo e Parisina). In due 

sale del museo sono esposti numerosi 

ritratti. Nella prima figurano vari componenti 

della famiglia Massari (che 

acquistò il palazzo nel 1860), per lo più 

ritratti con stile verista da Giuseppe 

Mazzolani. Nella seconda, l’Autoritratto 

con la famiglia e La famiglia del 

Plebiscito scandiscono i due estremi 

dell’opera di Giuseppe Pagliarini tra 

ritrattismo naturalista romantico e realismo 

fotografico. Negli ambienti successivi 

figurano due dei maggiori protagonisti 

dell’Ottocento ferrarese, Gaetano 

Previati e Giuseppe Mentessi. Del 

primo sono tra l’altro documentati l’incontro 

fondamentale del 1889 con Vittorio 

Groubicy e la conseguente esperienza 

divisionista simbolista (Assunzione 

o Paolo e Francesca).Dello stesso 

Previati figura nel salone d’onore del 

piano nobile la grande tela con Gli orrori 

della guerra. Alla formazione accademica 

di Mentessi e ai suoi interessi 

prospettici e scenografici si riferisce il 

Frammento architettonico esposto 

nel museo con le opere che rivelano l’influenza 

dei pittori scapigliati (Venezia - 

Sagrato della basilica di S. Marco) e 

con quelle ispirate ai temi sociali (Panem 

Nostrum Quotidianum). 

Di Alberto Pisa, Ignazio Turci, Giuseppe 

Coen, Giuseppe Chittò, ma anche di 

Previati e di Mentessi, il museo illustra 

la veduta e la pittura di paesaggio con 

soggetti sia ferraresi che di altre città e 

luoghi d’Italia ed europei. Notevole, infine, 

la raccolta di opere grafiche, esposte 

a rotazione, comprendente fogli di 

Mentessi e Previati e di altri artisti ottocenteschi 

e incisioni, disegni e studi 

accademici. Conclude il percorso espositivo 

un esempio di collezione borghese 

cittadina tra Otto e Novecento, appartenuta 

alla famiglia Zajna ed acquisita 

dal museo grazie alla Fondazione 

Pianori. 

(m.g.) 

24 

Ferrara 

Museo di Arte Moderna e 

Contemporanea “Filippo de Pisis” 

Il museo, che ha sede all’interno di Palazzo 

Massari, accanto alle altre civiche 

raccolte dell’Ottocento e boldiniane, è 

stato intitolato nel 1996 a Filippo de 

Pisis (1896-1956), in occasione del centenario 

della nascita del pittore ferrarese 

e dell’acquisizione di un eccezionale 

nucleo di opere depisisiane proveniente 

dalla collezione appartenuta a Manlio 

Malabotta e donata al Comune di Ferrara 

da sua moglie Franca Fenga. Si tratta 

di ben ventiquattro dipinti ad olio - 

tra i quali Pesci marci (1928), il celebre 

Gladiolo fulminato (1930), il Ritratto 

di Allegro (1940) e la Rosa nella 

bottiglia (1950) - settanta disegni, 

cinque acquerelli e quindici incisioni. Il 

nucleo, giunto ad incrementare il fondo 

de Pisis già esistente, è esposto in una 

apposita sezione del museo. 

Il percorso museale, che comprende 

opere dei più importanti artisti ferraresi 

del Novecento, inizia con due sale 

dedicate al centese Aroldo Bonzagni - 

di cui si espongono tra gli altri Fiamme 

nel Mediterraneo (1912) e Ritratto di 

Lina Poretti de Stefani (1913) - e ad 

Achille Funi, presente con diversi dipinti 

per lo più degli anni Venti e Trenta. 

Alla scultura è dedicata la successiva 

sezione, comprendente numerose opere 

di Arrigo Minerbi (tra le quali figura 

la Maschera funebre di Vittorio Grubicy, 

del 1920), ed altre di Enzo Nenci, 

Annibale Zucchini, Giuseppe Virgili. 

Seguono quindi le vedute urbane di Ferrara 

e quelle adriatiche di Mimì Quilici 

Buzzacchi e alcuni dipinti di Aldo Bandinelli. 

Due sale sono dedicate a Roberto 

Melli scultore (Signora col cappello 

nero e il Ritratto del pittore Costantini, 

in gesso) e pittore (Nozze d’oro, 

del 1956, e Ritratto del poeta Corrado 

Govoni, del 1957). 

La settima sala del museo ospita la 

Donazione Pozzati, acquisita nel 1995 e 

illustrante l’attività di Mario Pozzati con 

opere degli anni Trenta e Quaranta. 

Ritorna, infine, Filippo de Pisis con altri 

celebri dipinti, come Natura morta col 

martin pescatore, del 1925, La lepre e 

M. Toffanello (a cura), Guida Museo Boldini 

Museo dell’Ottocento, Ferrara 1997. 

Ferrara, Museo di Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”: Filippo de Pisis, Natura morta 

marina, 1932



Ferrara, Museo di Arte Moderna e Contemporanea 

“Filippo de Pisis”: Filippo de Pisis, La 

rosa nella bottiglia, 1950 

Natura morta marina, del 1932, Via 

degli Omenoni, del 1942, e Natura morta 

con calamaio del 1951. 

(m.g.) 

A Buzzoni (a cura), De Pisis, catalogo della 

mostra, Ferrara 1996; M. Toffanello (a cura), I 

De Pisis di Manlio e Franca Malabotta, Ferrara 

1998; M. Toffanello (a cura), con la collab. di G. 

Avanzi, Giuseppe Mentessi. Opere nelle collezioni 

del Museo dell’Ottocento di Ferrara, catalogo 

generale completamente illustrato, Ferrara 

1999. 

25 

Ferrara 

Museo dell’Illustrazione 

Il museo, che si collega ad un Centro 

Studi sull’Immagine Riprodotta, è stato 

istituito nel 1992. Dal 1995 ha sede presso 

la casa dove nacque e visse per 

vent’anni il celebre musicista Girolamo 

Frescobaldi. Nello storico edificio, costruito 

nel 1583, sono state ordinate - 

dopo i radicali restauri ultimati nel 1974 

- le varie strutture operative del centro, 

l’archivio e le sale espositive affacciate 

sul giardino interno. La collezione, formatasi 

inizialmente con la donazione 

della raccolta dello scenografo Mario 

Pompei, documenta la storia dell’illustrazione 

dal 1840 al 1940 attraverso 

bozzetti grafico-pittorici originali con 

relative riproduzioni a stampa in libri e 

periodici d’epoca, opere di incisione, 

cartellonismo, fumetto e caricatura. 

Tra i principali nomi della collezione 

figurano Gonin, Previati, Redenti, Bompart, 

Yambo, Gustavino, autore di alcune 

teste di terracotta e di una vetrata, 

Nasica, Vamba, Dudovich, Nardi, Nonni, 

Cambellotti, Beltrame, Ventura, Depero, 

Bisi e molti altri artisti protagonisti 

a Ferrara di mostre temporanee e iniziative 

didattiche. 

(e.l.) 

P. Pallottino, Museo dell’Illustrazione. Centro 

studi sull’immagine riprodotta, in Guida tematica 

di Ferrara e Provincia, Milano 1995, 

pp. 146-147. 

26 

Ferrara 

Museo Michelangelo Antonioni 

Il museo, intitolato e dedicato al regista 

ferrarese Michelangelo Antonioni, è 

stato istituito nel 1995, primo centenario 

della nascita del cinema, ed è inserito 

nel complesso di Palazzo dei Diamanti. 

Insieme a manifesti e a locandine 

dei suoi film sono attualmente esposti, 

in originale e con voluti ingrandimenti 

fotografici, i dipinti del regista. 

Le Montagne incantate - questo il titolo 

della serie pittorica presente nel 

museo - mostrano in sembianze di magiche 

lastre fotografiche lo stretto rapporto 

con l’immagine cinematografica. 

Altri importanti materiali sono attualmente 

conservati in deposito. 

(m.g.) 

M. Antonioni, Le montagne incantate ed altre 

opere, catalogo della mostra, Ferrara 1993. 

27 

Ferrara 


e della Resistenza 

I materiali raccolti per Ferrara in occasione 

dell’Esposizione generale italiana 

di Torino del 1884, presenti nel Padiglione 

del Risorgimento, ed alla Mostra 

di Bologna del 1888 “Il tempo del Risorgimento” 

costituiscono il primo nucleo 

del Museo del Risorgimento della città. 

Dapprima conservati presso la Pinacoteca 

Civica furono poi trasferiti nell’Ateneo 

ferrarese presso Palazzo dei Diamanti. 

Il museo venne inaugurato, in 

quella sede, nel 1903 in occasione delle 

celebrazioni per il 50° anniversario 

della morte dei patrioti ferraresi Domenico 

Malagutti, Giacomo Succi e Luigi 

Parmeggiani, fucilati dagli Austriaci durante 

la restaurazione austro-papalina 

del 1853. I materiali sono andati in parte 

perduti a causa dei danni subiti dall’edificio 

durante il secondo conflitto 

mondiale. 

Nel 1958 si è inaugurato il nuovo museo 

con la sezione risorgimentale alla quale, 

un anno più tardi, veniva aggiunta 

una sezione dedicata alla Resistenza. 

L’attuale percorso espositivo dedica tre 

sale alla storia risorgimentale ferrarese 

con cimeli, armi, bandiere, divise, medaglie 

e documenti dall’arrivo dei Francesi 

in città (1796) alla prima guerra 

mondiale. 

Nell’altra sala è esposta un’ampia raccolta 

di materiali relativi al periodo com- 

Ferrara, Portale d’ingresso del Museo del Risorgimento 

e della Resistenza


135 

preso tra il 1919 ed il 1945, in particolare 

sull’attività antifascista e la guerra 

di liberazione nel ferrarese. 

(p.t) 

E. Michel, Il Museo del Risorgimento di Ferrara, 

«Rassegna storica del Risorgimento», II, 

1915, pp. 689 ss.; Il Museo del Risorgimento e 

della Resistenza, in I. Nagliati (a cura), Guida 

tematica di Ferrara e Provincia, Milano 1995. 

28 

Ferrara 


Le origini del Museo risalgono all’istituzione 

dell’insegnamento di Storia Naturale 

presso l’Università di Ferrara, nel 

1862. Le collezioni, inaugurate dieci 

anni più tardi nell’ex convento delle 

Martiri di via Roversella, comprendevano 

inizialmente un nucleo mineralogico, 

ereditato dal preesistente Museo 

Civico, cui vennero ad aggiungersi numerosi 

materiali, zoologici, geo-paleontologici, 

mineralogici ed etnografici, donati 

da collezionisti ferraresi residenti 

all’estero, specialmente in Egitto e in 

Argentina. 

Figura importante per il museo è stato 

lo scultore e paleontologo Angelo Conti, 

al quale si deve la donazione di una 

consistente raccolta di invertebrati 

pleistocenici di Monte Mario. 

Dopo un prolungato periodo di abbandono, 

nel 1937 il museo è stato riaccorpato 

nella sede attuale, ricavata dall’architetto 

Carlo Savonuzzi in un’ala dell’ex 

ospedale di S. Anna. Nel dopoguerra, 

su iniziativa del direttore Mario 

Canella, le raccolte sono state ricostituite 

ed incrementate ed infine riordinate 

secondo un percorso espositivo in 

grado di assolvere anche a precise funzioni 

didattiche. 

Attualmente il museo, comprende una 

raccolta entomologica di circa centomila 

esemplari provenienti in prevalenza 

dagli ambienti umidi di pianura. Sono 

tuttora in incremento le collezioni erpetologica 

e dei micromammiferi. Tra i 

pezzi più rilevanti dell’itinerario di visita, 

di recente ulteriormente aggiornato 

sulla base del precedente riordinamento, 

meritano segnalazione i calchi di plesiosauro 

e di tirannosauro; la foca monaca, 

l’orso polare, il formichiere gigante 

e, nella ricca collezione ornitologica, la 

coppia di condor delle Ande e gli esemplari 

di uccelli del paradiso. 

Completano il museo un “Punto di Informazione 

e Documentazione” e una “Stazione 

di Ecologia del Territorio”, attivi 

dal 1987, oltre ad una biblioteca specializzata, 

e ad un osservatorio sulle 

comunità animali di ambienti umidi. 

Dal 1997 un’apposita sezione museale 

tratta il tema dell’ambiente tramite reperti, 

modelli e ricostruzioni multimediali. 

(g.b.p.) 

M.G. Mantovani, Museo di Storia naturale di 

Ferrara. Guida illustrata. Ferrara, 1980. 

Ferrara, Castello Estense, Soffitto, decorazioni del XVI secolo 

29 

Ferrara 

Museo del Castello 

Aperto al pubblico nel marzo 1998, consente 

di visitare quindici sale al piano terra 

e al piano nobile del Castello Estense 

e i sotterranei della Torre dei Leoni con 

le prigioni. Quest’ultima rappresenta il 

nucleo più antico della rocca edificata 

dagli Estensi quando pervennero alla 

signoria nel 1264 e la precedente torre fu 

incamiciata dalle fondamenta con un 

anello di spalti per ospitare le macchine 

belliche. Nel secolo successivo Nicolò II 

fece ampliare la fortificazione da Bartolino 

da Novara, che aggiunse altre torri 

disposte a quadrilatero con la prima, unite 

da corpi di fabbrica più bassi, e fece 

scavare l’ampio fossato. La famiglia e- 

stense vi si trasferì definitivamente alla 

fine del Quattrocento con Ercole I. In



Ferrara, Castello Estense 

questo periodo e nei primi anni del Cinquecento 

con Alfonso I il castello assunse 

la funzione e l’aspetto di residenza 

riservata alla gestione del governo e alle 

sale private dei duchi, divenendo nel corso 

del secolo un fastoso palazzo di corte, 

grazie all’opera di Girolamo da Carpi e 

dell’architetto Alberto Schiatti. Il percorso 

di visita si snoda attraverso le Sale Gotiche, 

le Cucine Ducali, la Sala del Cordolo 

adiacente alla torre originaria di cui 

incorpora parte della struttura, la Prigione 

di Don Giulio. Al piano nobile si trova 

la Sala dell’Aurora, posta all’interno della 

Torre dei Leoni, che fa parte, assieme 

alla Saletta dei Giochi e alla Sala dei Giochi, 

degli appartamenti privati e di rappresentanza 

realizzati dai Duchi a partire 

dalla seconda metà del XV secolo. Le 

decorazioni di queste ultime sale vennero 

affidate alla famiglia Lippi (il padre 

Camillo e i figli Cesare e Sebastiano), coadiuvata 

da Leonardo da Brescia e Ludovico 

Settevecchi: sono tutte databili al 

terzultimo decennio del XVI secolo. La 

visita sarà presto arricchita dal Centro di 

Documentazione estense, dove sarà possibile 

la consultazione computerizzata di 

archivi storici, testi ed elaborazioni multimediali 

e che vedrà un ampliamento 

importante con l’apertura al pubblico della 

salita alla Torre dei Leoni. 

M. Borella, Il Castello estense di Ferrara, Milano 

1990. 

30 

Ferrara 

Museo Italiano di Architettura, 

Design e Ingegneria Avanzata 

Il museo è stato aperto nell’ottobre 1998 

all’interno della casa che fu di Biagio 

Rossetti e che, edificata tra il 1491 ed il 

1498 e decorata da fregi attribuiti a 

Gabriele Frisoni, è generalmente considerata 

l’archetipo dell’edilizia domestica 

ferrarese. 

Frutto di un’intesa fra il Comune e la 

Facoltà di Architettura dell’Università 

di Ferrara, il museo raccoglie su tre piani 

dell’edificio i progetti e le rappresentazioni 

dell’architettura, documentata 

attraverso elementi di riproducibilità, 

quali plastici e modelli anche virtuali, 

fotografie e immagini animate, ma anche 

disegni e reperti originali. Sono e- 

sposte le blueprints dei disegni originali 

di F.L. Wright per il Museo Guggenheim 

di New York e quelli di F.O. 

Ghery per il nuovo Guggenheim di Bilbao, 

nonché numerosi disegni e reperti 

di Sartoris Horta e altri. Inoltre, viene 

illustrata (anche in CD-rom) la storia 

dell’edificio rossettiano e del suo ruolo 

nell’edilizia ferrarese quattro-cinquecentesca. 

(e.l.) 

31 

Ferrara 

Museo Anatomico 

“Giovanni Tumiati” 

Il museo è costituito dalla raccolta dei 

preparati anatomici realizzati e ordinati 

alla fine del Settecento dal medico 

Giovanni Tumiati, professore di anatomia 

umana presso la Facoltà di Medicina 

dell’Università di Ferrara. La collezione, 

incrementata tra il XVIII e il XIX 

secolo, anche con riproduzioni in cera, 

venne ospitata dal 1840 a Palazzo Paradiso. 

Dopo ripetuti spostamenti, è stata 

sistemata nel 1932 nella sede attuale, 

presso l’Istituto di Anatomia Umana. 

Nel museo sono ospitati oltre duemila 

pezzi: si tratta di calchi e statue anatomiche 

in gesso e in cera, preparati istologici, 

antropologici e anatomici di animali 

di diverse specie. Nella raccolta 

figurano, inoltre, alcuni strumenti per la 

dissezione. 

(g.b.p) 

32 

Ferrara 

Museo Geo-Paleontologico 

Il museo, finalizzato alla didattica universitaria, 

ebbe origine nel 1964 in seguito al 

trasferimento dell’Istituto di Geologia in 

Palazzo Turchi di Bagno, costruito tra il 

1493 e il 1501, probabilmente su progetto 

di Biagio Rossetti, autore del vicino 

Palazzo dei Diamanti. Sorto grazie all’interesse 

del professor Piero Leonardi, il 

museo espone al piano nobile dell’edificio 

oltre duemila pezzi distribuiti in quattro 

sezioni. La prima sezione, dedicata 

alla Paleontologia dei Vertebrati, contiene 

fossili disposti secondo un ordine 

sistematico ed evolutivo. Nel nucleo figurano 

esemplari di anfibi, rettili mesosauri 

del Permiano, terapsidi del Triassico, 

un coccodrillo marino e alcuni ittiosauri 

del Giurassico. I mammiferi sono rappresentati 

da crani di perissodattili giganti 

del Paleogene, della tigre dai denti a sciabola 

e del rinoceronte lanoso del Pleistocene. 

Al centro della sala sono sistemati 

alcuni scheletri pleistocenici italiani, 

come l’elefante e l’ippopotamo nani della 

Sicilia, lo stambecco, l’orso delle caverne. 

Nella sezione di Preistoria si conservano 

resti scheletrici in prevalenza cranici, 

dall’australopiteco all’uomo moderno: 

manufatti dal Paleolitico inferiore 

all’età del Ferro documentano l’evoluzione 

biologica e culturale della specie. La 

sezione di Paleontologia degli Invertebrati 

contiene fossili illustrati nei loro 

aspetti morfologici ed evolutivi da apparati 

didattici. L’evoluzione biologica della 

terra e i più importanti eventi geologici 

sono protagonisti dell’ultima sezione, 

intitolata alla Geologia storica e costituita 

da colonne stratigrafiche e ricostruzioni 

ambientali relative alle sequenze 

mesozoiche e cenozoiche delle Dolomiti 

e del Veneto. 

(g.b.p.)


137 

R. Posenato, Coccodrilli di mare e rinoceronti 

lanosi. Il Museo geo-paleontologico dell’Università 

di Ferrara, «IBC Informazioni», 4, n. 6, 

1996, p. 68. 

33 

Ferrara 

Orto Botanico 

L’Orto Botanico venne organizzato a fini 

didattici nel 1771 nei terreni di Palazzo 

Paradiso, sede dello Studio ferrarese. 

Trasferito nel 1919 in un appezzamento 

attiguo a Palazzo Schifanoia e poi 

riportato alla sede originaria, nel 1925, 

fu spostato definitivamente nel 1963 

presso l’Istituto di Botanica dell’Università 

e qui allestito secondo un ordine 

sistematico. Attualmente l’orto comprende 

circa millesettecento piante coltivate 

all’aperto e ordinate per famiglie, 

in aiuole distinte o in grandi serre; di 

particolare pregio le collezioni di piante 

succulente e le raccolte di orchidee 

e piante medicinali. 

(g.b.p.) 

rilievi del Giudizio Universale, l’ episodio 

artisticamente più rilevante, concepito 

secondo un’iconografia di diffusione 

europea. Lungo il lato meridionale sono 

visibili i resti della Porta dei Mesi, scolpita 

verso il 1230 da ignota maestranza antelamica. 

Un recente restauro ha restituito 

alla cromia originaria il rivestimento 

plastico dell’edificio. Il campanile, attribuito 

a Leon Battista Alberti fino al 

quarto ordine (1442), fu completato da 

Giovan Battista Aleotti, mentre la grande 

abside venne disegnata nel 1498 da Biagio 

Rossetti. Nell’interno, adattato nel 

1712 dall’architetto Mazzarelli, si ricordano 

il fonte battesimale attribuito a 

Nicholaus, la Madonna in trono e Santi 

(1524) e i Santi Pietro e Paolo (1530) del 

Garofalo, l’Incoronazione della Vergine di 

Francesco Francia, la pala con i Santi 

Lorenzo Martire e Francesco dello Scarsellino, 

e il Martirio di S. Lorenzo del 

Guercino (1629). Nel museo si conservano 

numerosi frammenti lapidei, una 

testata di sarcofago dell’VIII secolo, sei 

formelle marmoree del dodicesimo secolo, 

provenienti dal pergamo di S. Giorgio, 

e un bassorilievo duecentesco con Cristo 

benedicente. Una stanza è dedicata al Ciclo 

dei Mesi, composto da 12 formelle in marmo 

con scene tratte dal lavoro nei campi, 

dal celebre capitello istoriato attribuito 

al Maestro del Capitello del Battista e 

da una piccola statua equestre, forse 

Ritratto di Guglielmo degli Adelardi. Tra 

le sculture si ricordano la Madonna del 

Melograno (1408) e il S. Maurelio di Jacopo 

della Quercia. Al centro della sala sono 

collocate le famose portelle dell’organo 

con S. Giorgio che uccide il drago e l’Annunciazione, 

dipinte nel 1469 da Cosmè 

Tura, e le tavole già utilizzate come dossali 

dell’altare maggiore (1530). Interessante 

la serie degli otto arazzi con La vita 

e il martirio dei Santi Giorgio e Maurelio, 

tessuti tra il 1551 e il 1553 dal fiammin- 

34 

Ferrara 

Museo della Cattedrale 

Il museo è stato istituito nel 1929 ed ordinato 

nel salone soprastante l’atrio della 

Cattedrale. L’attuale allestimento comprende 

in prevalenza opere e arredi che 

documentano la storia e la fabbrica dell’antica 

chiesa dedicata a S. Giorgio, edificata 

dal 1135 per commissione di Guglielmo 

II degli Adelardi su progetto di 

Nicholaus, allievo di Wiligelmo, il cui 

nome si legge nella lunetta del portale 

centrale con S.Giorgio che uccide il 

drago. La facciata tripartita conserva i 

caratteri dell’iniziale impostazione romanica 

dalla base al primo ordine di loggette; 

un secolo più tardi fu integrata nel 

registro superiore con un nuovo ordine 

di loggiati, dodici bifore e la galleria lungo 

le cuspidi. Al cantiere gotico della cattedrale 

risalgono la sopraelevazione del 

protiro, sull’esempio del duomo di Modena, 

e la decorazione del timpano con i 

Ferrara, Museo della Cattedrale: Cosmè Tura, San Giorgio che uccide il drago, 1469



go Giovanni Karker su disegni di Garofalo 

e Camillo Filippi. Seguono arredi e 

paramenti sacri, tra i quali tre cappucci 

di piviali ricamati databili tra Cinque e 

Seicento e un paliotto ricamato in oro, 

ventidue corali miniati tra il 1473 e il 

1535, una croce in argento e quarzo della 

prima metà del XV secolo, il reliquiario 

di S. Giorgio di Bartolomeo da Regolio 

(1388). 

(f.b.) 

B. Giovannucci Vigi, Il Museo della Cattedrale 

di Ferrara, Bologna 1989. 

35 

Ferrara 

Museo Ebraico 

Il museo si trova all’interno della palazzina 

corrispondente all’edificio che nel 

1455 rappresentò il centro della comunità 

ebraica ferrarese. Articolato in tre 

sinagoghe, le Scole Tedesca, Fanese, tuttora 

in funzione, e Italiana, l’attuale complesso 

comprende alcuni spazi espositivi 

entro i quali sono documentati molteplici 

aspetti della vita e della cultura ebraiche: 

la nascita, la circoncisione, il riscatto 

del primogenito, l’ingresso nel mondo 

adulto, il matrimonio, la morte, oltre ai 

diversi momenti del culto religioso e 

comunitario, come la preghiera, le feste, 

i riti connessi agli avvenimenti storici dell’ebraismo. 

Nel 1999 è stata allestita una 

piccola sezione dedicata alla storia della 

comunità ebraica di Ferrara. Il percorso 

espositivo, che include la visita alle sinagoghe, 

termina nella Scola Italiana, utilizzata 

per manifestazioni comunitarie e 

culturali, e in una sala ove si proietta un 

video su “Ferrara ebraica”. 

(f.b.) 

agricolo e collezionista Guido Scaramagli 

in collaborazione con il Comune di 

Ferrara. Sono oltre dodicimila gli oggetti 

che la compongono, riuniti dallo stesso 

Scaramagli ed esposti in alcune sale 

di una casa rurale costruita intorno al 

1950, nel fienile annesso e nei due corpi 

laterali aggiunti negli anni Ottanta. In 

questi edifici sono stati ricostruiti un 

ambulatorio medico, botteghe artigiane, 

un’aula scolastica ed alcuni ambienti 

domestici. 

Nel fienile si trovano due ateliers di burattinai, 

corredati di palco, scene mobili 

e copioni. Una costruzione più recente 

ospita attrezzi e macchine per il lavoro 

agricolo, oltre a testimonianze dei mestieri 

ambulanti. Nello stesso capannone 

vengono allestite mostre temporanee. 

Nel museo è consultabile una biblioteca 

di agricoltura, nella quale figurano libri e 

riviste di particolare interesse e rarità 

come la raccolta integrale dell’“Agricoltore 

ferrarese”. 

(m.t.f.) 

G. Scaramagli, R. Sitti, C. Ticchioni (a cura), Inventario-guida 

del Centro di Documentazione 

Mondo Agricolo ferrarese. Raccolta Guido Scaramagli, 

Ferrara 1985. 

37 

Mesola 

Centro di Educazione 

Ambientale 

Inaugurato nel 1990, il centro è stato 

promosso e realizzato dall’Amministrazione 

Provinciale di Ferrara in alcuni 

ambienti del Castello della Mesola, delizia 

estense voluta da Alfonso II su progetto 

di Marco Antonio Pasi alla metà 

del Cinquecento. 

Sorto con uno scopo essenzialmente 

didattico-culturale per la diffusione della 

conoscenza naturalistica e ambientale 

del delta del Po, il centro dedica alcune 

sale alla descrizione degli aspetti 

evolutivi geomorfologici, la flora e la 

fauna dell’ambiente delle valli d’acqua 

dolce e salmastra, nonché quelle del 

Boscone della Mesola. Un ampio plastico 

dell’area deltizia mostra in modo sintetico 

l’altimetria, mentre le salette 

degli acquari, degli audiovisivi ed il laboratorio 

con la biblioteca naturalistica, 

costituiscono efficaci sussidi didattici. 

Presso la chiavica cinquecentesca di 

Torre dell’Abate, voluta da Alfonso II, 

sono visibili riproduzioni cartografiche 

36 

Ferrara 

(San Bartolomeo in Bosco) 


del Mondo Agricolo Ferrarese 

La collezione è stata aperta al pubblico 

nel 1981 per iniziativa dell’imprenditore 

Castello di Mesola, sede del Centro di Educazione Ambientale


139 

storiche del territorio mesolano. Un 

interessante modello in scala della torre 

mostra il funzionamento delle porte 

vinciane nel regolare afflusso e deflusso 

delle acque. 

(g.b.p.) 

E. Mantovani (a cura), Guida al Centro di Educazione 

Ambientale-Castello dei Mesola, Ferrara 

1991. 

38 

Ostellato 


del delta del Po 

Il museo, con una superficie attuale di 

circa 900 metri quadri, presenta alcune 

raccolte di notevole interesse ornitologico 

con oltre cinquemila reperti appartenuti 

a valenti tassidermisti. 

Esemplari provengono anche dalle collezioni 

di Vittorio Emanuele II e III di 

Savoia. 

Le sezioni museali illustrano in modo didattico 

la geomorfologia dell’area deltizia 

con riferimento alla fauna ornitologica 

ed ittica delle acque interne, con 

l’ausilio di alcuni acquari. 

Nel museo, la cui gestione è affidata 

all’Associazione “A.R.C.A. 113 Ecologico”, 

si organizzano ciclicamente mostre 

di carattere scientifico e divulgativo, ma 

anche rassegne nei campi dell’arte e 

dell’illustrazione sulle tematiche naturalistiche. 

(s.v.) 

39 

Sant’Agostino 

(Dosso) 

Centro Polifunzionale 

“Ferruccio Lamborghini” 

Inaugurato nel 1995 il Centro è una 

moderna struttura architettonica costruita 

accanto a uno degli stabilimenti 

industriali del gruppo Lamborghini. 

Destinato ad ospitare, nella parte soppalcata, 

iniziative promozionali e convegni, 

dedica tutto lo spazio espositivo 

a una selezione dei prodotti del marchio, 

a partire dal 1946 fino alla produzione 

recente. 

I materiali sono stati raccolti da Tonino 

Lamborghini, figlio di Ferruccio, per documentare 

l’esperienza imprenditoriale 

del padre. 

In mostra figurano una ventina di esemplari 

tra i più significativi della produzione 

di trattori per l’agricoltura a cominciare 

dalla fase pionieristica dell’immediato 

dopoguerra, con i piccoli 

“Carioca”. 

Per quel che riguarda le automobili sportive, 

sono esposti alcuni celebri modelli, 

tra i quali la leggendaria “Miura”. 

L’esposizione è corredata da una ricca 

documentazione fotografica sulla storia 

imprenditoriale ed umana di Ferruccio 

Lamborghini strettamente intrecciata 

alle vicende dell’azienda e dell’Italia del 

dopoguerra. 

(p.t.) 

40 

Vigarano Mainarda 

Esposizione del Progresso 

Agricolo “Enzo Cavallari” 

La mostra permanente è il risultato delle 

ricerche condotte da Enzo Cavallari, 

imprenditore agricolo, proprietario dai 

primi anni Settanta della grande tenuta 

denominata “la Diamantina”, già appartenuta 

agli Este e quindi ai Pallavicini. 

Allestita all’interno del palazzo, di fondazione 

quattrocentesca, la raccolta, 

aperta al pubblico nel 1981, comprende 

oggetti di varia provenienza. 

Si va da un interessante nucleo di materiale 

fotografico storico, in gran parte 

riguardante le bonifiche fino alla seconda 

guerra mondiale, alla documentazione 

contabile della tenuta, che si presenta 

in serie continue a partire dal 

1870 circa. 

Al piano terra dell’edificio è situato il 

deposito nel quale trovano asilo provvisorio 

alcune macchine agricole talora di 

grandi dimensioni. 

(m.t.f.) 

41 

Voghiera 


di Belriguardo 

Il museo è allestito nella torre della delizia 

di Belriguardo, edificata nel 1435 per 

Niccolò III d’Este da Giovanni da Siena 

e quindi da Antonio Brasavola. Ampliata 

successivamente da Pietro Benvenuto 

degli Ordini e Biagio Rossetti per il 

duca Borso, che commissionò a Cosmè 

Tura la decorazione della cappella 

(1469-1473), poi demolita da Alfonso II, 

la residenza estense venne affrescata 

per il duca Ercole I da Nicolò Pannizzato 

ed Ercole de’ Roberti. Nuovi interventi 

ebbero luogo nel XVI secolo ad 

opera di Girolamo da Carpi, Garofalo, 

Camillo Filippi ed altre maestranze. Dell’antico 

splendore della delizia, decaduta 

dal 1598 in seguito alla devoluzione 

alla Chiesa, testimoniano le sei bifore di 

gusto tardogotico e gli affreschi cinquecenteschi 

della Sala delle Vigne o delle 

Cariatidi. Negli anni Settanta l’edificio 

venne in parte acquistato dal Comune di 

Voghiera, restaurato ed adibito a biblioteca 

e museo. 

L’esposizione archeologica è costituita 

dai reperti di un abitato e di una necropoli, 

qui trasferiti da Voghenza, sito nel 

quale sono tuttora visibili resti distribuiti 

in un’area sepolcrale databile alla prima 

metà del II secolo d.C., divisa in cinque 

recinti funerari con stele e sarcofagi. Nel 

museo sono conservati alcuni corredi 

tombali. Tra le più frequenti tipologie di 

oggetti figurano coppe in ceramica fine, 

anfore, vetri, balsamari, monili in oro e 

ambra e stele funerarie. Viene pure 

documentata l’attività di scavo svolta nel 

sito archeologico di Voghenza. Nello 

stesso palazzo, dal 1993, una sala raccoglie 

in forma di mostra permanente 

ventiquattro opere, tra sculture e disegni, 

eseguiti tra il 1923 ed il 1963 da Giuseppe 

Virgili (1894-1968), scultore nativo 

di Voghiera. 

(m.l.p./e.l.) 

C. Cornelio Cassai, Voghenza: Antiquarium, 

«Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica», 

1979, pp. 223-226; Voghiera, Guida turistica, 

Voghiera 1987.



42 

Voghiera 

(Voghenza) 

Museo del Modellismo Storico 

Il museo, istituito nel 1983, è ospitato 

dal 1998 all’interno dell’edificio delle ex 

Scuole elementari di Voghenza. Qui, ad 

opera di collezionisti ed appassionati 

locali, sono stati organizzati i materiali 

della raccolta, in parte da loro stessi 

costruiti. L’itinerario si apre nelle sale al 

pian terreno con una notevole collezione 

di esemplari del modellismo automobilistico. 

Unico in Italia è il nucleo 

delle vetture da record, riprodotte in 

miniatura dalle origini ai giorni nostri. 

Soldatini di piombo delle più diverse 

tipologie caratterizzano una sezione 

dedicata all’organizzazione militare dagli 

antichi egizi alla seconda guerra 

mondiale. Particolarmente interessante 

risulta la serie degli eserciti estensi e 

la ricostruzione della battaglia della 

Polesella, del 1509. 

Il percorso espositivo prosegue poi al 

piano superiore, dove alcune sale a soggetto 

propongono nuclei collezionistici 

diversi. In un ambiente, allestito come 

una torre di guardia, è esposto un 

modello delle mura di Ferrara nel XV 

secolo. La loggia contigua, arredata in 

forma di nave, ospita modellini di imbarcazioni 

di tutte le epoche, mentre mezzi 

pesanti e aerei da combattimento 

sono sistemati in un’apposita sezione 

decorata da una grande veduta dell’aeroporto 

di Ferrara nel 1915. 

(e.l.)



Provincia di Ravenna


Provincia di Ravenna 

1 

Alfonsine 

Casa Natale di Vincenzo Monti 

L’edificio settecentesco, dove nacque il 

celebre poeta Vincenzo Monti (1754- 

1828), è divenuto di proprietà del Comune 

di Alfonsine nel 1957, su donazione 

di Cassiano Meruzzi. Nella casa si 

conservano tuttora parte dell’arredo 

originale, mobili, quadri, stampe, suppellettili 

e vari oggetti appartenuti allo 

stesso Monti. Sono anche esposte testimonianze 

biografiche del poeta ed edizioni 

delle sue opere. Di particolare pregio 

un busto dello stesso Monti, opera 

dell’artista bolognese Cincinnato Baruzzi 

(1790-1878). Al pianterreno della 

casa è ospitato il Centro Naturalistico 

che promuove iniziative e visite guidate 

finalizzate alla conoscenza della riserva 

naturale di Alfonsine. 

(o.p.) 

2 


Museo della Battaglia del Senio 

Il museo è ospitato all’interno del Centro 

Culturale Polivalente, insieme alla 

Biblioteca Comunale e all’Istituto storico 

della Resistenza e dell’Età Contemporanea 

della Provincia di Ravenna. 

È stato fondato nel 1981 dal Comune 

di Alfonsine, in collaborazione con 

la Provincia di Ravenna e la Regione 

Emilia-Romagna, e con il contributo 

dei nove comuni della Valle del Senio e 

dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore 

dell’Esercito Italiano particolarmente 

per raccogliere e conservare memorie 

e documenti sugli avvenimenti degli 

anni 1944-45 in Romagna. 

Obiettivo strategico di notevole importanza, 

Alfonsine fu liberata dal Gruppo 

di combattimento “Cremona”, che conseguì 

allora la prima vittoria militare in 

campo aperto durante la guerra di liberazione. 

La raccolta, organizzata per 

sezioni tematiche, è integrata da un 

archivio fotografico che documenta le 

modificazioni del territorio e le condizioni 

di vita della popolazione durante 

il periodo bellico. Nel cortile esterno è 

possibile vedere un esemplare di “Ponte 

Bailey”, utilizzato dagli inglesi nelle 

zone vallive e tutt’oggi in uso nell’ingegneria 

civile. I nuclei principali del museo 

comprendono armamenti, uniformi, 

bandiere, strumenti di uso militare. 

Una sala proiezioni consente di visionare 

il materiale audiovisivo della cineteca, 

che conserva documenti originali 

e fiction. 

(p.t.) 

3 

Bagnacavallo 

Centro Culturale “Le Cappuccine” 

Il Centro è stato istituito nel 1976 dall’Amministrazione 

Comunale nell’ex 

convento delle Suore Cappuccine, un 

ampio complesso edilizio di origine cinquecentesca, 

ampiamente ristrutturato 

nel corso del Settecento, acquistato 

dal Comune all’inizio degli anni Settanta. 

Al suo interno hanno sede il Centro 

Culturale Polivalente con la Biblioteca 

e l’Archivio comunali e le varie 

sezioni museali comprendenti raccolte 

artistiche antiche e moderne, naturalistiche, 

etnografiche oltre ad un piccolo 

nucleo di reperti e materiali lapidei 

d’interesse archeologico. 

Il consistente patrimonio artistico comunale 

è tuttora ordinato al piano superiore 

del museo. La sezione antica 

comprende dipinti e arredi provenienti 

da chiese e conventi del territorio, 

soppressi in età napoleonica, da alcune 

dimore nobiliari cittadine, da istituti 

di pubblica assistenza e beneficienza 

e da donazioni e lasciti. Tra i dipinti, dal 

Cinquecento al Settecento, per lo più 

di ambito locale ed emiliano, figurano 

alcune eccellenti opere di Giovan Battista 

Ramenghi, detto il Bagnacavallo 

(Madonna in trono e Santi, Sposalizio 

mistico di Santa Caterina), di 

Andrea Lili (Compianto di Cristo 

morto), Ferraù Fenzoni, Andrea Celesti, 

Pietro Paltronieri detto il Mirandolese, 

Tommaso Missiroli, Gaetano Gandolfi. 

Numerose sale ospitano dipinti, 

sculture e opere grafiche del Novecento 

italiano. Sono presenti, tra gli altri, 

Virgilio Guidi, Ernesto Treccani, Remo 

Brindisi, Giuseppe Rambelli. Un apposito 

spazio è dedicato al bagnacavallese 

Enzo Morelli, con dipinti, disegni e 

memorie donate di recente al museo 

dalla consorte dell’artista. Particolarmente 

ricco è il Gabinetto delle Stampe 

e dei Disegni con alcune migliaia di 

esemplari sia antichi (fogli di Diirer, 

Della Bella, Hogarth, Piranesi, Rosaspina) 

che di maestri contemporanei. 

La sezione etnografica del museo, già 

ordinata al pian terreno, ed ora in via 

di trasferimento presso il Centro Etnografico 

della Civiltà Palustre di Villanova, 

si è formata agli inizi degli anni 

Settanta nell’ambito di alcune iniziative 

ricognitive condotte nell’ambito delle 

scuole locali. La raccolta comprende 

oltre trecento oggetti, integrati da un 

ulteriore nucleo collezionistico conservato 

in deposito, in parte ripetitivo 

rispetto ai temi sviluppati nell’esposizione. 

Si tratta di materiali tipologicamente 

assai diversificati: pesi e misure, 

ceramiche e suppellettili domestiche; 

strumenti per la coltura del gelso 

e bachicoltura, e la tessitura domestica. 

Sono illustrati, inoltre, i cicli produttivi 

del latte e del pane, la lavorazione 

degli insaccati, l’illuminazione e i 

mestieri tradizionali del falegname, 

dell’arrotino, del fabbricatore di scope. 

Certamente curiosa è una macchina 

per la fabbricazione delle pipe in terracotta. 

Tra gli attrezzi del lavoro contadino 

si annoverano un aratro asimmetrico 

ottocentesco, ben conservato, 

un antico battitore in pietra per il grano, 

strumenti per la vinificazione e parti 

di carri romagnoli smontati. 

Sempre al piano terreno del Centro 

Culturale Polivalente, si trova la sezione 

naturalistica, inaugurata nel 1985. I 

reperti riguardano le diverse discipline 

naturalistiche: botanica, zoologia, paleontologia, 

geologia. Fanno parte della 

collezione fossili, conchiglie, rettili, 

anfibi, uccelli, insetti raccolti dai componenti 

della Società per gli Studi Na-

Provincia di Ravenna MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

143 

Una raccolta di stampe antiche, Imola 1986; 

Repertorio degli incisori italiani nel Gabinetto 

Stampe Antiche e Moderne del Comune 

di Bagnacavallo, Faenza 1993, vol. I, 1997, vol. 

II; O. Piraccini (a cura), Enzo Morelli 1896- 

1976. Una collezione un archivio d’arte, Bologna 

1996. 

4 

Bagnacavallo 

(Villanova) 

Centro Etnografico della Civiltà 

Palustre 

Bagnacavallo, Centro Culturale “Le Cappuccine”: Albrecht Dürer, Natività, bulino su rame, 1509 

All’interno di un edificio rurale a pochi 

chilometri dall’abitato di Bagnacavallo, 

vengono illustrate - mediante pannelli 

didattici, immagini ed oggetti - le principali 

caratteristiche scientifiche ed 

ecologiche delle specie vegetali utilizzate 

nei prodotti artigianali ottenuti dalla 

lavorazione delle cosiddette “erbe 

palustri”. La ricomposizione ecologica 

delle stesse permette di acquisire il processo 

di colonizzazione vegetazionale 

delle zone umide di acqua dolce e salmastre 

tipiche della zona. 

Dalla semplice identificazione specifica 

delle essenze e dalla loro collocazione 

in ambiente, si passa ad una riproposizione 

storica del processo di formazione 

della pianura padana sino alle recenti 

bonifiche e agli interventi di tutela di 

questi ambienti, che originarono la cultura 

valliva. Una sezione espositiva documenta 

le attività artigianali tipiche 

del territorio locale, dai numerosi lavori 

d’intreccio con le erbe palustri alla 

realizzazione dei capanni rurali. Inoltre, 

vengono rappresentati alcuni settori 

della produzione locale e dei mestieri: 

la bachicoltura e la tessitura domestica, 

i cicli produttivi del latte, del pane, del 

vino, dei salumi, il lavoro del falegname 

e dell’arrotino. 

(g.b.p./m.t.f.) 

turalistici della Romagna. Il gruppo, 

fondato nel 1986, gestisce anche l’area 

naturalistica “Oasi Pantaleoni”, di proprietà 

comunale. Strutturata in tre settori 

(conservazione, di scuola e ad evoluzione), 

secondo finalità di ricerca ed 

osservazione scientifica, didattica e ricreativa, 

l’oasi presenta anche un giardino 

officinale. 

(m.t.f./g.b.p) 

V. Bagnari, Villanova civiltà palustre, Lugo 

1987.



Tra i numerosi dipinti figurano una tavola 

di Innocenzo da Imola raffigurante La 

Vergine con i SS. Sebastiano e Rocco 

(1515) e i Misteri del Rosario risalenti 

al XVI secolo. 

Mattoni manubriati e alcuni frammenti 

lapidei sono compresi in un piccolo 

nucleo di materiali archeologici. 

In una sala sono esposte anche macchine 

da proiezione cinematografica degli 

inizi del Novecento, macchine fotografiche 

e da scrivere, attrezzi per la produzione 

della pasta, strumenti per la 

tessitura, oggetti del lavoro contadino e 

utensili dell’artigiano. 

In un’apposita sezione del museo sono 

esposti il pianoforte, gli spartiti, materiali 

iconografici e gli autografi del musicista 

livornese Pietro Mascagni. Si conserva 

anche un ricco carteggio (circa 

quattromilaseicento lettere, dal 1910 al 

1944) tra il compositore e la corista bagnarese 

Anna Lolli. 

(f.b.) 

6 

Brisighella 

Museo Civico “Giuseppe Ugonia” 

Bagnara di Romagna, Museo Parrocchiale “Mons. Alberto Mongardi”: Innocenzo da Imola, La Vergine 

con i Santi Sebastiano e Rocco, 1515 

5 

Bagnara di Romagna 

Museo Parrocchiale 

“Mons. Alberto Mongardi” 

Fondato da monsignor Alberto Mongardi, 

il museo è allestito dal 1965 nei 

locali della canonica della quattrocentesca 

Chiesa di Sant’Andrea. 

Nella sala maggiore si conservano arredi 

sacri provenienti dalla stessa parrocchiale 

e da altri edifici di culto del territorio. 

Pregevole la raccolta dei paramenti liturgici, 

di epoca compresa tra il Cinquecento 

e l’Ottocento, in particolare 

due apparati in broccato del XVIII secolo 

ed alcuni pizzi e tessuti ricamati. Si 

segnalano, ancora, un raro antifonario e 

un graduale, entrambi con xilografie firmate 

da Pierpaolo Porro, datate 1520 e 

1524, una bibbia e una Concordatiae 

Bibliorum del XVI secolo; inoltre, calici, 

pissidi, ostensori, reliquiari, candelieri 

(secc. XVII-XIX), maioliche fiorentine 

e imolesi e una raccolta di oltre mille 

medaglie e monete di epoca compresa 

tra Sei e Ottocento. 

Il museo è ospitato nell’ottocentesco 

Palazzo dell’ex Pretura, restaurato a 

partire dal 1981 per ospitare la collezione 

delle opere del pittore e litografo 

faentino Giuseppe Ugonia (1881-1944), 

donate al Comune di Brisighella dalla 

vedova. Al primo piano dell’edificio è 

stato ricostruito lo studio di Ugonia, con 

banco, torchio e tutti gli strumenti dell’artista, 

accanto ad acquerelli, cartoncini 

ed ex libris. Su richiesta è possibile 

prendere visione dell’opera completa 

di Ugonia, conservata in una saletta 

attigua secondo i criteri di una corretta 

conservazione, trattandosi di materiali 

particolarmente delicati che non è possibile 

proporre in esposizione permanente. 

Al secondo piano sono esposti dipinti 

provenienti in gran parte da chiese del 

territorio, che rappresentano un’importante 

testimonianza dell’arte soprattutto 

locale. Alcuni dei pezzi presentati


145 

7 

Brisighella 

Museo del Lavoro Contadino 

nelle Vallate del Lamone, Senio 

e Marzeno 

Brisighella, Museo Civico “Giuseppe Ugonia”: Giuseppe Ugonia, I cipressi del Monticino, 1920 

provengono dalla chiesa di San Bernardo, 

di proprietà dell’Azienda USL di 

Ravenna, di recente recuperata ed ora 

inserita nel circuito turistico-culturale 

della zona di Brisighella. 

Le opere coprono un arco cronologico 

che va dal XIV al XX secolo. Si segnalano 

dipinti di Bertucci il Giovane (Orazione 

nell’orto), Nicolò Paganelli (Crocefissione), 

Tommaso Missiroli, Antonio 

Fanzaresi, Pietro Piani, oltre alla 

grande pala del Guercino con S. Francesco 

d’Assisi e S. Ludovico di Francia, 

commissionata per la cappella Naldi 

della Chiesa di S. Francesco. 

Sono inoltre presenti stampe antiche e 

otto-novecentesche, ceramiche di produzione 

faentina (secc. XIV-XIX), argenti 

ed arredi sacri che offrono uno 

spaccato molto interessante del ricco 

patrimonio tuttora conservato nelle 

chiese del circondario. Fra i pezzi di 

maggior rilievo si segnala un presepe 

della fine del Quattrocento in terracotta 

policroma, di fattura faentina, proveniente 

dalla vicina chiesa parrocchiale 

di Zattaglia. 

(l.m.b.) 

A. Corbara, Le plastiche fiammingheggianti del 

tardo Quattrocento e la linea Faenza - Ferrara. 

Un presepe a Zattaglia, «Faenza», LIX, 1973, n. 

2-5; F. Di Castro (a cura), Ugonia Giuseppe, paesaggi, 

Milano 1994; Immagini della vita di 

S. Rita da Cascia, Faenza 1996; G. Lippi (a 

cura), Non solo pietà: opere d’arte degli ospedali 

della provincia di Ravenna, Ravenna 1997. 


all’interno della rocca eretta nel 1310 da 

Francesco Manfredi sui resti di una 

struttura difensiva e riedificata nell’assetto 

attuale tra il 1457 e il 1466 da 

Astorgio II. 

La struttura, alla quale nel 1503 i veneziani 

aggiunsero una terza torre - in 

aggiunta alle due torri cilindriche precedenti 

-, negli anni Sessanta è stata 

sottoposta a completo restauro ed adibita 

a sede museale. 

Il nucleo principale dell’esposizione 

consiste nella collezione privata del pittore 

Cornacchia, acquisita dalla locale 

Comunità Montana e composta da oggetti 

provenienti dalle vallate dei fiumi 

Senio, Lamone e Marzeno. 

Circa duemilatrecento pezzi, non tutti 

esposti al pubblico, documentano l’artigianato 

locale grazie alla fedele ricostruzione 

di alcune botteghe tradizionali: 

il calzolaio, il sellaio, il fabbro, il 

maniscalco, l’arrotino. 

Nel percorso espositivo, articolato in 

quattordici sale, sono illustrate la produzione 

agricola, la coltivazione e la 

manifattura della canapa e della lana, 

l’allevamento dei bachi da seta e la lavorazione 

del gesso; a quest’ultimo aspetto 

verrà dedicata un’esposizione permanente 

allestita in un edificio con forno, 

contiguo alla rocca. Nelle cantine 

trovano spazio botti, tini e attrezzature 

per la vinificazione. 

Nei sotterranei botti di rovere e oggetti 

d’arredo documentano la vinificazione, 

mentre nel cortile sono esposti alcuni 

carri agricoli. 

(m.t.f.) 

G. Cicognani, I. Oriani, Museo del lavoro contadino 

nelle vallate del Lamone, Marzeno, Senio: 

Rocca di Brisighella, Brisighella 1991; Museo 

del lavoro contadino nelle vallate del Lamone, 

Marzeno, Senio: Rocca di Brisighella, Faenza 

1996; Quaderni del Museo del Lavoro Contadino 

nelle Vallate del Lamone, Senio e Marzeno, 

Collana di studi e ricerche, 1-6 (dal 1989).



8 

Brisighella 

Museo della Pieve del Tho 

Nella cripta della chiesa ed in alcuni 

ambienti adiacenti è in mostra il materiale 

archeologico rinvenuto durante 

alcune campagne di scavo effettuate 

all’interno dell’edificio tra il 1951 ed il 

1967. Si tratta di reperti che rimandano 

alle origini della pieve di cui una tradizione 

leggendaria attribuisce a Galla 

Placidia la committenza della costruzione 

sulle rovine di un tempio romano. 

In effetti, le origini della chiesa, ricordata 

per la prima volta in un documento 

del X secolo, risalgono a tempi remoti. 

La stessa denominazione dell’edificio, 

dedicato a S. Giovanni in Ottavo, 

quindi del Tho, deriverebbe dall’ubicazione 

all’ottavo miglio da Faenza, lungo 

la strada transappenninica di comunicazione 

fra le coste adriatica e tirrenica, 

forse sul luogo di una stazione di 

posta o di un’altra struttura funzionale 

romana. Resti di queste antiche costruzioni 

sopravviverebbero in una delle 

colonne monolitiche di sostegno, ricavata 

da una pietra miliare del IV secolo, 

e nel capitello reimpiegato per l’acquasantiera. 

Nella pieve si segnalano la 

lunetta del X secolo già collocata sul 

prospetto esterno, due affreschi del 

Quattrocento e una scultura policroma 

in cotto di maestranza toscana della 

stessa epoca e una Madonna e Santi 

di Carlo Mengari e Sebastiano Scaletti 

datata 1516. 

Dalla navata destra si accede, tramite 

una scaletta, al percorso archeologico 

sotto il livello del pavimento, dove scavi 

hanno riportato alla luce una tomba 

alla cappuccina e un vano probabilmente 

utilizzato per inalazioni di acqua 

sulfurea. Sistemati in bacheche, sono 

esposti reperti archeologici tra i quali 

mattoni manubriati, laterizi bollati, mattoni 

con impronte umane, frammenti di 

capitelli, stele funerarie iscritte, un 

bronzo, forse votivo, esagonette pavimentali, 

frammenti di balsamari in vetro 

e alcuni grandi dolii in cotto recanti una 

numerazione progressiva graffita sull’orlo. 

Altri reperti, in prevalenza d’età 

romana, sono murati o infissi alle pareti 

in vari punti del complesso chiesastico. 

Meritano segnalazione, fra questi, la 

tavola lusoria incisa su mattone adatta 

a giochi come il filetto, una transenna di 

marmo greco, un frantoio per la spremitura 

delle olive, diversi frammenti di 

epigrafi funerarie. 

(f.l.) 

Brisighella, Pieve del Tho: Madonna col Bambino, 

metà del XV secolo 

M. Mazzotti, La pieve di Ottavo in Val di Lamone. 

Memorie storiche, Faenza 1951; G. Susini, 

Supplemento epigrafico faventino, «Studi Romagnoli», 

IX, 1958, p.193 e seg.; P. Lega, Guida delle 

Pieve di Ottavo, Faenza 1964; La Pieve del Tho, 

«Brisighella ieri e oggi», 5, 1977; B. Lega, La Pieve 

di San Giovanni Battista in Ottavo o Pieve Tho 

di Brisighella. Nella leggenda, nella storia, nell’arte, 

Firenze 1982. 

9 

Casola Valsenio 

Il Cardello 

Denominata “Il Cardello”, la casa-museo 

di Alfredo Oriani (1852-1909) sorge 

sui resti dell’antica foresteria dell’abbazia 

benedettina di Valsenio, risalente 

all’XI secolo. Acquistata dal padre 

di Alfredo nel 1855, fu restaurata nel 

1926 nel rispetto della struttura originaria. 

Del prevalente stile fascista in 

voga in quegli anni sono, invece, i sepolcri 

dello scrittore e della sua famiglia, 

realizzati tra il 1923 e il 1924. L’interno 

del Cardello offre un esempio della tipica 

residenza signorile romagnola di fine 

Ottocento, nonostante le indebite sottrazioni 

di alcuni oggetti d’arte e d’arredo 

avvenute durante l’ultimo conflitto 

mondiale. Proveniva, infatti, dal Cardello 

il celebre Ritratto dell’Ariosto, già 

attribuito a Tiziano. L’arredo è costituito 

da mobili di artigianato locale, madie, 

bacili, letti a colonnine. Caratteristica 

del gusto romagnolo di fine Ottocento è 

la cucina posta al piano terreno dell’edificio. 

Nello studiolo si conservano i 

circa seicento volumi della biblioteca di 

Oriani. L’archivio è invece conservato 

nella loggia. Nell’ampio sottotetto, dove 

è allestito un piccolo museo della tenuta, 

si trova esposta la celebre bicicletta 

dello scrittore. Di notevole interesse è 

il parco, caratterizzato dal pluricentenario 

cipresso, simbolo del Cardello, 

insieme alla vicina torre. Si contano 

trentamila piante risalenti agli interventi 

di arricchimento del verde attorno 

alla casa-museo di Alfredo Oriani, 

avviati a partire dagli anni Venti. 

(e.l.) 

Il Cardello di Casola Valsenio, testi di D. Bolognesi, 

E. Dirani, G. Rossi, Faenza 1999.


147 

10 

Castel Bolognese 

Museo Civico 

Il museo è stato inaugurato nella primavera 

1999 nel suo nuovo ordinamento al 

primo piano di un edificio opportunamente 

ristrutturato, che in precedenza 

ospitava una scuola materna. Si sono qui 

riunite le civiche raccolte storico-artistiche, 

a cominciare dall’Antiquarium 

che era stato istituito nel 1983 nella residenza 

municipale con l’intento di documentare 

l’evoluzione storica del territorio 

dalla preistoria al Medioevo e dell’abitato 

di Castel Bolognese, nato come 

centro di nuova fondazione negli ultimi 

decenni del XIV secolo. 

La sezione archeologica propone reperti 

relativi ai primi insediamenti in ambito 

castellano, rappresentati da manufatti 

litici appartenenti alla fase più antica 

del ciclo paleolitico. Ceramiche dell’età 

del Bronzo e materiali fittili, vitrei 

e metallici provenienti da ville, necropoli 

e insediamenti sparsi dell’età romana 

tracciano un quadro quasi completo del 

popolamento della vallata del Senio. Per 

la loro rarità, si segnalano alcuni monili 

in argento e argento dorato, riferiti ai tipi 

utilizzati presso le popolazioni ostrogote, 

rinvenuti nell’esplorazione di una 

necropoli del V-VI secolo d.C. ai margini 

del centro abitato. 

La sezione medievale della raccolta è 

costituita da ceramiche e altri oggetti 

(databili dal XIV al XVI secolo) recuperati 

nel corso di scavi nel centro urbano, 

nel territorio circostante e nell’area 

di Sant’Angelo in Campiano, ove sorgeva 

già prima del IX secolo d.C. l’antica 

pieve dipendente dalla diocesi imolese, 

distrutta quasi interamente in seguito ai 

danni subiti durante il secondo conflitto 

mondiale. 

La sezione artistica accoglie dipinti, disegni, 

smalti, medaglie e placchette, 

ceramiche risalenti al periodo fra il XVI 

ed il XX secolo, concentrando l’attenzione 

specialmente su alcune figure di 

artisti locali: Giovanni A. Antolini, Cassiano 

Balducci, Fausto Ferlini e il ceramista 

Angelo Biancini. I nuclei principali 

della raccolta sono rappresentati 

dalle opere di Giuseppe Guidi e di Giovanni 

Piancastelli, primo curatore della 

Galleria Borghese a Roma, città nella 

quale visse a lungo e divenne noto specialmente 

come ritrattista. 

Di Piancastelli (1845-1926) è esposta 

una cinquantina di lavori tra dipinti e 

disegni prevalentemente di soggetto 

francescano, provenienti dal locale convento 

dei Cappuccini. 

Il patrimonio del museo è completato 

dalle memorie relative al liutaio Nicola 

Utili (1888-1978) nativo di Castel Bolognese. 

Gli attrezzi del laboratorio, le 

sagome degli strumenti, oggetti vari ed 

un violino personale, illustrano l’attività 

del liutaio, specialista nella costruzione 

di violini senza punte. Il fondo Utili è 

attualmente esposto in una sala della 

residenza municipale. 

(f.l./m.g.) 

Castel Bolognese, Museo Civico: Giovanni Piancastelli, Pietà 

V. Brunetti, F. Zama, Castelbolognese. Il territorio 

dalla preistoria al medioevo, Castelbolognese 

1985; S. Gelichi, Castelbolognese (Ravenna). 

Pieve di Sant’Angelo in Campiano, «Studi 

e Documenti di Archeologia», II, 1986, p. 165; S. 

Gelichi, Castel Bolognese. Archeologia di un 

centro di nuova formazione, Firenze 1990; 

Giovanni Piancastelli. Opere conservate presso 

il Municipio di Castelbolognese, Castelbolognese 

1988; E. Blot, Un secolo di liuteria italiana 

1860-1960, I Emilia-Romagna, Cremona 

1994; V. Brunetti, La sezione artistica del Museo 

Civico di Castelbolognese, «Museo Informa», 

III, 5, 1999, p. 11. 

11 

Cervia 

Museo della Civiltà Salinara 

Il museo è stato fondato nel 1990 su iniziativa 

del Gruppo Culturale Civiltà Salinara, 

composto da ex lavoratori del settore, 

con lo scopo di documentare i processi 

di produzione e di lavorazione del



Cervia, Magazzino del Sale 

sale attraverso la raccolta di strumenti 

e materiali ed anche di testimonianze 

orali. L’assetto museale si articola sostanzialmente 

in due settori. 

Il primo comprende la mostra allestita 

all’interno dello storico magazzino del 

sale, dove viene rappresentata, tramite 

strumenti e apparati iconografici, la raccolta 

del sale prima della meccanizzazione 

del processo di estrazione, diffusa 

verso la fine degli anni Sessanta; il 

secondo è un percorso en plein air, 

all’interno della salina artigianale “Camillone”, 

nell’immediato entroterra cervese. 

(m.t.f.) 

12 

Cervia 

Museo dei Burattini 

e delle Figure 

Il museo è in corso di realizzazione su 

progetto del Comune e di “Arrivano dal 

Mare!”, Centro teatro di figura di Cervia. 

La raccolta conserva burattini padani di 

fine Ottocento, antichi copioni e attrezzi 

di scena, fondali dipinti, marionette 

del XVIII e del XIX secolo, pupi siciliani 

e teste di legno della metà del secolo 

scorso, baracche tradizionali con mute 

di burattini provenienti da diverse aree 

culturali italiane ed europee. Tra i più 

importanti nuclei della raccolta figurano 

i “fondi” Cervellati, Sansone, Ferrari. 

Particolarmente prezioso è il teatrino 

d’ombre giavanesi, della fine dell’Ottocento, 

con un’intera collezione di sagome 

di cuoio intagliate e dipinte a mano. 

Lo specifico progetto di allestimento 

museale interessa l’ex edificio scolastico 

di Villa Inferno - località all’interno 

dell’area delle saline cervesi - cui si aggiungerà 

un laboratorio permanente di 

restauro e conservazione, ad integrazione 

delle attività di animazione svolte dal 

Centro teatro di figura. 

(m.g.) 

13 

Cotignola 

Museo e Casa Luigi Varoli 

Il museo, dedicato a Luigi Varoli (1889- 

1958), è allestito all’interno di Palazzo 

Sforza, ricostruito nel 1961 sulle vestigia 

della struttura trecentesca. Qui è 

esposta la collezione che documenta - 

con una settantina di opere tra dipinti, 

sculture lignee, terrecotte e grandi cartapeste 

- la produzione artistica di Varoli, 

uno dei protagonisti della vicenda 

figurativa romagnola della prima metà 

del Novecento ricordato in una apposita 

sezione fotografico-documentaria. 

Oltre che pittore e scultore Varoli fu anche 

musicista, didatta e ceramista. 

Situata nel piccolo giardino della Biblioteca 

Comunale, Casa Varoli testimonia 

soprattutto l’attività musicale dell’artista, 

poiché conserva i suoi strumenti, tra 

i quali una spinetta e quattro contrabbassi, 

e ospita la Scuola musicale comunale. 

Le porte dipinte, i disegni e alcuni 

mobili costituiscono ulteriori memorie 

della vita e dell’opera di Varoli. Completa 

il percorso varoliano la Scuola di Arti 

e Mestieri, già diretta dal maestro, che 

promuove corsi amatoriali riguardanti le 

diverse tecniche artistiche praticate dal 

cotignolese. 

(m.g.) 

R. De Grada, Varoli, Ravenna 1970; Museo Varoli, 

Cotignola 1991. 

Cotignola, Museo e Casa Luigi Varoli: Dipinti e 

sculture di Luigi Varoli


149 

nuziale con il Ritorno di Ulisse, il Gabinetto 

d’amore con l’Allegoria delle stagioni, 

la straordinaria sala da bagno in 

stile pompeiano con decorazioni azzurre 

su fondo nero. Antonio Trentanove e 

i fratelli Francesco e Giovan Battista 

Ballanti Graziani eseguirono i bassorilievi 

in stucco. Di particolare interesse 

il giardino in stile romantico, in parte di 

proprietà privata. 

(e.l.) 

A. Ottani Cavina, Itinerario di Palazzo Milzetti, 

in L’Arte del Settecento Emiliano - L’età 

neoclassica, catalogo della mostra, Bologna 

1979, pp. 522-539; A.M. Iannucci, Palazzo Milzetti, 

«Bollettino d’Arte», 1982. 

Faenza, Palazzo Milzetti: Felice Giani, Soffitto, 1818 c. 

14 

Faenza 

Museo Nazionale dell’Età 

Neoclassica 

Il museo è aperto al pubblico dal 1979, 

all’interno di Palazzo Milzetti. Il percorso 

espositivo si articola attraverso le 

splendide sale del palazzo, preziosamente 

decorato ed arredato. L’edificio 

rappresenta, infatti, la più alta espressione 

della civiltà neoclassica romagnola, 

che ebbe proprio in Faenza una stagione 

particolarmente duratura della 

quale furono protagonisti gli stessi artisti 

impegnati al cantiere architettonico 

e decorativo del palazzo. 

Costruito da Giuseppe Pistocchi (1744- 

1814) nell’ultimo decennio del Settecento, 

sulle case Milzetti, venne completato 

dall’Antolini che ne ultimò lo 

scalone monumentale. Gli appartamenti 

al piano nobile furono decorati da Felice 

Giani (1758-1823), che affrescò cicli 

allegorici e mitologici “all’antica” ed episodi 

di storia romana. Databili intorno 

al 1818, riflettono il fenomeno di lunga 

durata della cultura neoclassica faentina, 

rappresentata dalle eleganti decorazioni 

degli ambienti dell’edificio: il 

Tempio di Apollo, ovvero il salone ottagonale 

dedicato al mito del dio del sole 

ed arredato con mobili disegnati dallo 

stesso Giani; la sala delle feste, con Episodi 

dell’Eneide, la stanza con le Allegorie 

della pace e della guerra, l’alcova, 

la sala del camino con pareti tappezzate 

con i drappi originari, la stanza 

Faenza, Palazzo Milzetti 

15 

Faenza 

Museo Internazionale 

delle Ceramiche 

Il museo venne fondato nel 1908, a 

seguito di una mostra allestita nell’ex 

convento di San Maglorio con ceramiche 

di manifatture italiane ed europee 

e pezzi di antica produzione, nell’ambito 

dell’Esposizione Internazionale organizzata 

a Faenza per celebrare il terzo 

centenario della nascita di Evangelista 

Torricelli. Chiusa l’esposizione, promossa 

da Gaetano Ballardini, le ceramiche 

rimasero in sede e costituirono di 

fatto il nucleo originario del museo, sorto 

con l’intento di contribuire alla rivitalizzazione 

dell’artigianato ceramico, 

che stava vivendo un periodo di grave 

crisi. Il primo direttore del museo fu lo 

stesso Ballardini che attivò numerose 

iniziative volte sia all’incremento delle 

raccolte che all’insegnamento dell’arte 

ceramica. Alla prima sezione “delle 

Nazioni” si aggiunsero nel tempo quelle 

dell’antica maiolica italiana, dell’Estremo 

Oriente, dei frammenti di scavo 

delle maioliche italiane, delle ceramiche 

preistoriche e del mondo classico, 

delle ceramiche dell’Oriente prossimo 

arricchitasi nel 1930 con l’importante 

donazione Martin; in seguito furono 

documentate ache le ceramiche precolombiana 

e africana. All’interno del



zione locale è rappresentata da bacini 

graffiti, ciotole, piatti e boccali del periodo 

arcaico, esemplari di “stile severo” 

e “stile bello”. Pregevole il nucleo dei 

“bianchi di Faenza”; ampiamente documentate 

le manifatture del XVIII e del 

XIX secolo. Una sezione è dedicata alla 

produzione degli artisti faentini del XX 

secolo. 

Il museo pubblica dal 1913 la rivista 

bimestrale specialistica “Faenza”; dal 

1979, ha sede al suo interno il laboratorio 

didattico “Giocare con l’arte” creato 

con la collaborazione di Bruno Munari; 

dal 1997 ospita il “Premio Faenza” che 

seleziona opere destinate alle proprie 

sezioni moderna e contemporanea. Da 

alcuni anni a questa parte il museo è 

oggetto di importanti lavori di ampliamento 

e ristrutturazione che hanno già 

determinato ed anche in futuro determineranno 

nuovi allestimenti. 

(m.g.) 

G.C. Bojani, C. Ravanelli Guidotti (a cura), Museo 

Internazionale delle Ceramiche in Faenza, 

Bologna 1989. 

16 

Faenza 


Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche: Bottega faentina, Versatore a conchiglia con figura 

di nanerottolo, XVI secolo 

museo si dette vita, fin dagli anni 1915- 

16, ad una scuola divenuta poi statale e 

trasformata nel 1938 in Istituto d’arte 

per la ceramica, l’attuale Istituto “Gaetano 

Ballardini”. I bombardamenti che 

colpirono Faenza durante l’ultima guerra 

determinarono la distruzione di una 

consistente parte delle raccolte del 

museo alla cui ricostituzione provvidero 

lo stesso Ballardini ed il suo successore, 

dal 1953, Giuseppe Liverani. 

Sono circa trentamila i pezzi attualmente 

conservati nel museo. Il patrimonio 

si è accresciuto nel corso del tempo 

di importanti collezioni private (Mereghi, 

Cora, Fanfani, Bracchini, Liverani). 

Oltre ai prodotti delle officine faentine 

ed italiane (Montelupo, Deruta, Casteldurante, 

Pesaro, manifatture venete, 

liguri, milanesi, abruzzesi), si sono 

anche di recente ampliate le raccolte 

orientali e medio orientali. La produ- 

Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche: 

Bottega urbinate, Piatto, 1580 

Il primo nucleo della civica pinacoteca 

si costituisce nel 1797, in seguito all’acquisizione 

della collezione d’arte di Giuseppe 

Zauli, il fondatore della locale 

Scuola di Disegno. Tale patrimonio viene 

successivamente incrementato con 

numerosi dipinti e vari arredi provenienti 

dalle chiese e dai conventi della 

città soppressi in età napoleonica. Fino 

al 1870, il museo e la scuola hanno vita 

comune. Solo nel 1879, la pinacoteca 

ottiene una propria sede autonoma 

all’interno dell’ex convento dei Gesuiti, 

mentre si amplia ulteriormente la consistenza 

della raccolta in seguito al 

deposito di opere provenienti dalla Congregazione 

di Carità, da donazioni private 

e dall’oculata campagna di acquisti 

promossa dall’allora direttore F. Argnani. 

Allo stesso Argnani si deve una raccolta 

consistente di reperti archeologici 

rinvenuti nella zona e di maioliche 

faentine, più tardi confluite nel museo 

delle ceramiche. 

Negli anni Venti l’assetto del museo fu 

alquanto ridimensionato, a livello di


151 

Faenza, Pinacoteca Comunale: Maestro di Santa Maria in Borgo, Crocifisso, XIII secolo 

vera e propria quadreria. Attualmente, 

la pinacoteca - ripartita nella sezione 

antica e nella galleria d’arte moderna - 

è in attesa di un nuovo allestimento. La 

parte più consistente delle raccolte è 

custodita nei depositi di Palazzo Mazzolani, 

mentre le opere rinascimentali, 

le grandi pale d’altare e il “fondo” di 

Domenico Rambelli sono tuttora nella 

sede originaria di Palazzo Studi. La 

sezione antica presenta una vasta gamma 

di testimonianze artistiche dall’età 

romana fino al Settecento. Mosaici, lapidi, 

sculture ed epigrafi attestano l’importanza 

raggiunta da Faenza già nell’antichità, 

mentre numerose e rilevanti 

opere pittoriche e plastiche documentano 

la pittura sia romagnola che di 

altre scuole italiane dal XIII al XVIII 

secolo. Figurano, tra le altre, opere di 

Giovanni da Rimini, Biagio d’Antonio da 

Firenze (Annunciazione), Marco Palmezzano 

(Madonna col Bambino in trono 

e i Santi Michele e Andrea), Innocenzo 

da Imola, Bagnacavallo, Giovanni 

Battista e Jacopo Bertucci, Ferraù Fenzoni, 

Luca Scaletti, Niccolò Paganelli, 

alle quali si aggiungono i dipinti di Battista 

e Dosso Dossi, Alessandro Allori, 

Francesco Furini, Rutilio Manetti, Albani, 

Tiarini, Bigari, Gaetano Gandolfi, 

Landi e Giani. Tra i settori tematici di 

rilievo figurano la serie delle vedute, e 

la pregevole raccolta delle nature morte 

con opere di Recco, Ruoppolo, Boselli, 

Resani, Magini, Levoli. Una tela con 

Fiori e frutta è attribuita a Francesco 

Guardi. Consistente il nucleo delle sculture,che 

annovera opere di Donatello 

(San Girolamo), Lombardi, Francesco 

di Simone, Rossellino (San Giovannino). 

La Galleria d’arte moderna raggruppa 

opere che vanno dal neoclassicismo 

al purismo, al romanticismo, al 

realismo. 

Di recente acquisizione sono alcuni 

dipinti di scuola francese dell’Ottocento, 

ai quali si affiancano due sculture di 

Rodin. Di notevole importanza è il “fondo” 

relativo a Domenico Baccarini e al 

“cenacolo” faentino di primo Novecento. 

Tra i maestri dell’arte italiana del 

nostro secolo, figurano nella pinacoteca 

faentina Morandi, de Pisis, Martini. Il 

gabinetto delle stampe e dei disegni 

comprende oltre ventimila fogli. 

Un progetto di risistemazione degli spazi 

museali all’interno di Palazzo Studi, 

di recente presentato dall’Amministrazione 

Comunale, ha consentito il riallestimento 

e l’apertura al pubblico - con 

visite guidate a richiesta - di una prima 

sezione che accoglie anche materiali 

archeologici. 

(l.m.b.) 

F. Argnani, La Pinacoteca Comunale di Faenza 

descritta e illustrata, Faenza 1881; A. Archi, La 

Pinacoteca di Faenza, Faenza 1957; E. Golfieri, 

La Pinacoteca di Faenza, Faenza 1964; Mostra 

dei restauri, catalogo della mostra, Faenza 

1985; S. Casadei, Pinacoteca di Faenza, Bologna 

1991; Pittura dell’Ottocento e Novecento 

dalle collezioni della Pinacoteca comunale di 

Faenza, catalogo della mostra, Faenza 1993; Il 

museo nascosto - Arte moderna nella Pinacoteca 

di Faenza, catalogo della mostra, Faenza 

1995; Incisori del XVI secolo nella Pinacoteca 

di Faenza, catalogo della mostra, Faenza 1995.



17 

Faenza 


Il museo, che trae origine dalla donazione 

del faentino d’adozione Arnaldo 

Minardi, appassionato di teatro, è stato 

istituito nel 1931 ed allestito presso la 

Biblioteca comunale. Dal 1984 ha sede 

all’ultimo piano di palazzo Milzetti ad 

eccezione dei materiali cartacei, libri, 

autografi e fotografie d’artisti, tuttora 

conservati presso la biblioteca. Sono 

circa novecento i pezzi della collezione, 

tra costumi e accessori di scena, bozzetti, 

scenografie di Romolo Liverani; 

sono anche in mostra un modellino in 

legno dipinto del boccascena del Teatro 

Masini, una galleria di ritratti di compositori 

e interpreti del teatro sia di prosa 

che musicale, e una raccolta di strumenti, 

tra i quali due virginali del Cinque 

e Seicento, una ghironda del 1759, 

un lirone ed un violino pochette della 

stessa epoca, nonché strumenti esotici 

provenienti soprattutto dall’Africa. È 

attualmente allo studio un piano di riordinamento 

del museo, mentre si sta procedendo 

al restauro di alcuni strumenti 

musicali e costumi di scena. 

(l.b.) 

18 

Faenza 


e dell’Età Contemporanea 

L’origine del museo risale al 1904, quando 

fu allestita in modo permanente, in 

un locale annesso alla Pinacoteca Comunale, 

una mostra dedicata al contributo 

dei Faentini al Risorgimento italiano, 

già presentata all’Esposizione Regionale 

Romagnola di Ravenna. 

Intorno agli anni Venti, il museo fu chiuso 

per consentire un allargamento degli 

spazi espositivi della pinacoteca, mentre 

l’allestimento di una mostra sull’indipendenza 

italiana determinò un ulteriore 

incremento della raccolta con 

documenti e cimeli sulla prima guerra 

mondiale. 

Nel 1929 il museo fu riaperto e sistemato 

nei locali della biblioteca a cura 

dell’allora direttore Piero Zama. Nel 

1960 si aggiunsero al museo altre testimonianze 

sulla lotta di liberazione. 

Il nucleo più significativo, dall’età napoleonica 

all’Unità d’Italia, comprende 

stampe, fotografie, dipinti, proclami, locandine, 

armi, bandiere, uniformi e cimeli 

vari. 

Nuovamente chiuse al pubblico nel 

1976, le raccolte sono conservate in un 

deposito, mentre presso la Biblioteca 

comunale è consultabile la documentazione 

cartacea comprendente anche 

numerosi autografi. 

(p.t.) 

E. Michel, Il Museo del Risorgimento di Faenza, 

«Il Risorgimento Italiano», VI, 1913; P. Zama, 

Il Museo del Risorgimento di Faenza e la sua 

sistemazione, «Bollettino della Biblioteca degli 

Archivi storici e dei Musei», XIV, 1930. 

19 

Faenza 

Museo Civico di Scienze Naturali 

“Domenico Malmerendi” 

Il museo, istituito nel 1980, viene gestito 

fino al 1993 dal Comune in collaborazione 

con l’Associazione Pangea e il 

Gruppo Speleologico Faentino. Il nucleo 

originario dei materiali del museo 

è costituito dalle collezioni ornitologiche 

ed entomologica di Domenico Malmerendi 

(1900-1980) e dai materiali 

abiologici del Museo Speleologico Romagnolo. 

La raccolta ornitologica malmerendiana, 

iniziata nel 1923, consiste 

di oltre duemilatrecento esemplari rappresentativi 

dell’avifauna regionale e 

nazionale, con un nucleo di reperti esotici. 

La collezione entomologica della 

stessa donazione, quantificabile in oltre 

ottocentoventimila esemplari in cinquecentosettanta 

scatole entomologiche, 

è costituita da un nucleo proveniente 

dai continenti extra-europei e da 

una serie italiana, che ben rappresenta 

le forme provenienti dall’Appennino, 

dalle pinete e dalle zone umide costiere 

della Romagna. La parte entomologica 

è completata dal doppionario del 

Malmerendi e dalla collezione Lazzari, di 

stretta pertinenza locale, comprensive 

entrambe di alcune migliaia di insetti. 

Per quanto riguarda la geopaleontologia, 

il corpo storico dei materiali è costituito 

dai reperti che già facevano parte 

del Museo Speleologico Romagnolo, i- 

stituito nel 1969 sulla base delle ricerche 

dei due gruppi speleologici cittadini, 

“Vampiro” e “Città di Faenza”, riunitisi 

nel 1966 nel Gruppo Speleologico 

Faentino. 

I materiali sono confluiti nel nuovo 

museo civico nel 1981. La consistenza 

delle collezioni del Gruppo Speleologico 

Faentino ammonta a oltre ventimila 

reperti con supporti espositivi risalenti 

ai primi anni di attività speleologica 

locale, tra i quali un plastico del comprensorio 

territoriale degli anni Trenta. 

Tra i materiali rinvenuti nel corso delle 

ricerche più recenti sono da segnalare 

gli almeno cinque olotipi di vertebrati 

provenienti dal giacimento del messianico 

finale della Cava del Monticino di 

Brisighella. 

(g.b.p.) 

R. Rava, C. Piersanti (a cura), Museo Civico di 

Scienze Naturali. Il contenitore e il progetto 

museografico, Faenza 1985. 

20 

Lugo 

Museo Civico Francesco Baracca 

Il primo allestimento di un museo dedicato 

a Francesco Baracca (1888-1918) 

risale al 1924. Cimeli legati alla memoria 

dell’eroe della prima guerra mondiale 

e pioniere dell’aviazione italiana, celebrato 

dal monumento del faentino Domenico 

Rambelli (1936) nel centro di 

Lugo, furono esposti nella rocca. Dal 

1993 il museo ha sede a Casa Baracca, 

donata al Comune di Lugo dalla famiglia 

proprio per questo scopo. Si tratta di un 

edificio di primo Novecento, caratterizzato 

in facciata da elementi floreali e tuttora 

decorato con alcune delle vetrate 

originarie. 

Apre il percorso espositivo al pian terreno 

il Caccia “Spad VII S 2489”, l’aereo


153 

Lugo, Museo Civico Francesco Baracca 

dell’ aviatore lughese: presentato in posizione 

di volo, reca sul fianco il cavallino 

rampante, emblema personale di Baracca, 

già ufficiale di cavalleria, suggerito 

poi dalla madre del pilota ad Enzo Ferrari 

come marchio delle sue automobili. 

Nella sala contigua, oggetti personali 

ricostruiscono in parte la biografia di 

Baracca. Tra gli altri sono esposti il violino 

dell’aviatore, fotografie di scuola e 

ricordi di vita lughese. Il tema del volo è 

ripreso dall’aereo da ricognizione G91Y 

dell’Aviazione italiana, collocato nel cortile 

del museo nell’estate 1997. L’attuale 

allestimento del museo è in fase di 

ulteriore ampliamento. 

(p.t.) 

A. Tamburini (a cura), Lugo: il volto della città, 

Ravenna 1992. 

21 

Lugo 

Mostra Permanente 

della Resistenza 

La mostra è stata allestita nel 1980 all’ultimo 

piano di Casa Baracca a cura della 

sezione locale dell’Associazione Nazionale 

Partigiani d’Italia. Apre il percorso 

espositivo una carta topografica che 

evidenzia la linea del fronte e i luoghi 

della Resistenza nel territorio, accanto 

ad un pannello con le fotografie dei caduti. 

Nelle sale contigue sono ordinati 

pannelli didattici con immagini fotografiche 

disposte secondo un percorso storico 

cronologico dalla prima guerra 

mondiale alla Liberazione dell’aprile 

1945.Una sala è dedicata all’antisemitismo 

e ai campi di sterminio nazisti. La 

raccolta è arricchita da cimeli, per la 

maggior parte armi e divise del periodo 

della Resistenza. 

(p.t.) 

22 

Massa Lombarda 

Museo Civico “Carlo Venturini” 

Inaugurato nel 1990, il museo ha sancito 

il momento conclusivo di un intenso 

lavoro di recupero e valorizzazione di 

una raccolta che costituisce un episodio 

importante nella storia di Massa 

Lombarda e, al contempo, evidenzia un 

esempio emblematico del collezionismo 

antiquario del secondo Ottocento, rivisitato 

attraverso una figura singolare 

come quella di Carlo Venturini (1809- 

1886), che proprio nella città massese 

ebbe i natali. 

Affiliato a società di carattere storico e 

archeologico e diplomatico presso alcuni 

paesi stranieri, il Venturini riprodusse 

nella propria dimora-museo la variegata 

cultura acquisita nel corso di un’intera 

esistenza. Alla sua morte, libri e 

oggetti, con la casa ove il collezionista 

aveva nel frattempo organizzato le proprie 

raccolte secondo un ordine tematico, 

vengono devoluti alla città. Dopo 

un lungo periodo di oblio, durante il 

quale l’intero patrimonio ha subito diverse 

traversie ed è rimasto inaccessibile, 

a partire dai primi anni Ottanta il 

Comune di Massa Lombarda ha intrapreso 

un progetto di recupero e di sistemazione 

museografica all’interno dell’attuale 

Centro Culturale Polivalente 

intitolato all’illustre cittadino, ove già 

aveva trovato posto la civica Biblioteca. 

Uno dei nuclei portanti dell’intera collezione 

è rappresentato da materiali 

antichi, in netta prevalenza ceramici, di 

origine greca, magno-greca ed etrusca. 

Vi si annoverano alcuni buccheri, vasi 

corinzi ed etrusco-corinzi, un piccolo 

repertorio della produzione figurata e 

non, dal meridione d’Italia. 

Il pezzo più pregevole è rappresentato 

Massa Lombarda, Museo Civico “Carlo Venturini”: 

Lucerna



da una hydria a figure rosse attribuibile 

all’officina di Assteas e Python (IV 

secolo a.C.). Riccamente documentate 

inoltre alcune classi di oggetti come il 

vasellame a vernice nera, i balsamari 

dell’antica Apulia e le lucerne, che il collezionista 

raccolse nel tentativo di organizzare 

una campionatura completa per 

l’età romana. 

Di un certo interesse è la raccolta dei 

bronzi, tra i quali figurano fibule della 

prima e seconda età del Ferro, oggetti 

appartenenti all’instrumentum domesticum 

romano, piccole appliques ed alcune 

statuette di destinazione votiva. 

Per la loro rarità, venata anche di un certo 

esotismo, meritano attenzione i reperti 

provenienti dal Nord Africa - e 

segnatamente le stele con iscrizioni 

puniche dal tofet di Cartagine - il cui 

possesso da parte del Venturini si deve 

alla carica di rappresentante diplomatico 

del governo di Tunisi in Ancona. 

Le arti decorative sono invece rappresentate 

da maioliche abruzzesi e di produzione 

faentina dei secoli XVII e XVIII. 

Notevole il desco da parto settecentesco 

della bottega Ferniani. Teiere, caffettiere, 

servizi da camera, vetri di uso 

corrente documentano la produzione 

italiana di suppellettili domestiche, con 

l’aggiunta di manufatti di produzione 

industriale. 

La raccolta numismatica è formata da 

una sezione antica con oltre trecento 

esemplari di età romana, mentre quella 

moderna annovera circa cento pezzi 

ottocenteschi europei e tunisini. Il patrimonio 

naturalistico è costituito da 

fossili, conchiglie e minerali esposti nei 

contenitori originali dell’antico museo. 

L’Amministrazione comunale di Massa 

Lombarda ha recentemente varato un 

progetto per la costituzione di un Museo 

della Città, comprendente - oltre alla Collezione 

Venturini - la quadreria e le altre 

raccolte civiche. Il museo avrà sede in 

un edificio storico della città, appositamente 

ristrutturato. Nell’attuale sede, 

che fu della Confraternita di Santa Maria 

Assunta detta dell’Ospitale, resterà 

allestita la collezione d’arte di pertinenza 

ospedaliera. 

(f.l.) 

F. Lenzi, M.L. Pagliani, Carlo Venturini tra collezionismo 

e antropologia, Bologna 1982; M.L. 

Pagliani, Musei nascosti: la collezione Venturini 

di Massa Lombarda, «Rassegna di studi 

sul territorio», 3, 1983, pp. 56-63; F. Lenzi, Dal 

salotto al museo: una collezione tardo ottocentesca 

a Massa Lombarda, «Ippogrifo», III, 3, 

1990, pp. 393-399; F. Lenzi, Da una collezione il 

museo. A Massa Lombarda il recupero di 

un’importante raccolta, «IBC Informazioni», 

VI, 1-2, 1990, pp. 56-57. 

23 


Museo della Frutticoltura 

“Adolfo Bonvicini” 

Il museo illustra il ruolo di Massa Lombarda, 

capitale della frutticoltura e della 

produzione agroalimentare dell’Italia 

settentrionale, fino alla fine degli anni 

Cinquanta. L’esistenza in loco di alcune 

tra le più note marche di succhi di frutta 

e affini ha permesso la raccolta di 

materiali relativamente recenti. Sono 

circa settecento i pezzi esposti nel 

museo - che ha sede all’interno di un 

edificio di non antica costruzione - 

secondo l’impostazione scientifica dello 

storico Fiorenzo Landi. 

Al primo piano si trovano suppellettili 

della casa rurale, materiali relativi alle 

bonifiche e alla struttura poderale, e al 

secolare contratto di mezzadria, oltre 

ad un modello in scala dei locali di lavoro 

di un laboratorio industriale per la 

produzione di succhi di frutta. 

Il percorso espositivo continua al secondo 

piano con un ricco corredo iconografico 

e documentale sulla storia della 

frutticoltura. 

(m.t.f.) 

Massa Lombarda, Museo Civico “Carlo Venturini”: Augusto Cicognani, Ricostruzione ideale delle 

stanze della Domus di Augusto sul Palatino 

F. Landi, G. Monari (a cura), Il museo della frutticoltura 

di Massa Lombarda, Faenza 1989.


155 

24 

Ravenna 


Il Museo Nazionale ha sede dal 1913-14 

all’interno del complesso conventuale 

di San Vitale, in stretta contiguità con 

alcuni fra i più celebrati monumenti dell’arte 

ravennate come l’omonima basilica 

e il Mausoleo di Galla Placidia. È composto 

da un formidabile e poliedrico 

insieme di raccolte storiche, archeologiche 

e artistiche che si snodano lungo 

gli antichi chiostri, nelle sale e negli 

Ravenna, Museo Nazionale: Mosaico con La Danza delle Stagioni 

ambienti dell’ex convento benedettino, 

occupando una superficie espositiva di 

oltre cinquemila metri quadrati. Iscrivibile 

nella compagine delle abbazie preminenti 

della città ravennate, il monastero 

è già in vita nel tardo X secolo e 

raggiunge il suo floruit tra Quattrocento 

e Settecento, allorché vengono edificati 

i tre chiostri con i relativi corpi di 

fabbrica ed annessi strutturali, ad opera 

di artefici come Andrea Da Valle, 

Antonio Giuseppe Soratini e di maestranze 

provenienti da Milano, Padova 

e Cesena. 

Gli ambienti dei chiostri “nuovo” e “della 

cisterna” offrono ospitalità al lapidario, 

di cui fanno parte un ricco nucleo 

di iscrizioni e pietre funerarie romane e 

l’ampio compendio di elementi lapidei 

ed in cotto che esemplificano lo sviluppo 

dell’arte scultorea dall’epoca paleocristiana 

all’età moderna. 

Nelle salette ubicate sul lato meridionale 

del quadrilatero più antico sono 

sistemati i resti dell’urbica Porta Aurea, 

fatta erigere dall’imperatore Claudio, e 

una selezione dei reperti tratti dagli scavi 

della grande villa romana di Russi. 

Al piano superiore trova ampio sviluppo 

espositivo una molteplicità di manufatti 

ed oggetti artistici che alimentano 

due filoni patrimoniali del museo: la collezione 

di antichità ed archeologia e 

quella convenzionalmente definita delle 

“arti minori”. La prima comprende un 

vastissimo campionario di reperti raccolti 

nel sottosuolo ravennate e nell’ambito 

territoriale circostante. Dai reperti 

di epoca preistorica risalenti in 

prevalenza all’età del Bronzo (Valle Felici, 

Mensa Matelica, Valle Standiana, 

Tanaccia di Brisighella), si passa ai materiali 

rinvenuti nel centro urbano, i 

quali testimoniano dell’esistenza di un 

abitato preromano databile tra il V e gli 

inizi del II secolo a.C. 

La porzione più consistente della collezione 

archeologica pertiene comunque 

al noto sito di Classe, la cui lunga vita 

insediamentale ha inizio con l’impianto 

del porto militare voluto da Augusto per 

stanziarvi la flotta a strategico controllo 

dei mari d’Oriente. Le diverse campagne 

di scavo, specialmente nelle necropoli 

classicane e nel quartiere portuale 

di Fondo Chiavichetta, hanno fatto 

confluire al museo una messe cospicua 

di reperti che offrono un’articolata 

conoscenza della realtà archeologica di 

questo straordinario centro antico. 

Spiccano, per la loro finezza esecutiva, 

i contenitori vitrei policromi, i prodotti 

dell’oreficeria, i pezzi ornamentali, anche 

se non manca un’esauriente rassegna 

degli oggetti della quotidianità. Al 

novero dei preziosi appartengono anche 

i frammenti aurei di un ornamento 

barbarico di manifattura ostrogota risalente 

al V-VI secolo d.C., detto Corazza 

di Teodorico. 

Seguono, quindi, gli eleganti esiti della 

scultura bizantina e dell’arte costantinopolitana 

rappresentati dal bassorilievo 

di Ercole che uccide la cerva e dal 

sarcofago con l’episodio dell’Incredulità 

di San Tommaso. Delle raccolte di 

antichità fanno parte, inoltre, vari documenti 

archeologici riferibili al cosiddetto 

Palazzo di Teodorico, sarcofagi, mosaici 

e le suppellettili funebri della necropoli 

di S. Martino in Gattara presso 

Brisighella. 

Un accurato allestimento ha ricevuto in 

anni recenti la collezione numismatica 

del museo, ordinata nella galleria del 

piano ammezzato. Dei due settori espositivi 

l’uno, di taglio più chiaramente 

didattico, ripercorre i momenti salienti 

della monetazione romana, mentre l’al-



tro presenta le importanti serie monetali 

di età tardoantica, bizantina e ostrogota. 

È specialmente il nucleo bizantino 

a restituire indispensabili informazioni 

sul funzionamento della zecca a 

Ravenna. 

I segmenti collezionistici che costituiscono 

la sezione delle “arti minori” provengono 

in gran parte dalle raccolte 

classensi e ne perpetuano senza sostanziali 

alterazioni l’impostazione di marca 

settecentesca, improntata a criteri materici 

o tipologici. 

Nell’ambito della piccola bronzistica a 

tutto tondo, che raggruppa opere medievali, 

rinascimentali e moderne prevalentemente 

italiane ed europee, si 

distinguono i lavori della scuola padovana, 

qui documentata da un’opera autografa 

di Andrea Riccio. 

Degna di nota, per l’eccezionalità artistica 

di alcuni manufatti, è la raccolta 

degli avori e degli intagli in osso. Si va 

dalla copertura eburnea di evangeliario 

chiamata Dittico di Murano, alla formella 

con il mito di Dafne e Apollo, al 

cofanetto costantinopolitano ravvivato 

da scene di giocolieri e animali. A botteghe 

embriacesche e ad artigiani ispirati 

da questo stile si attribuiscono alcuni 

cofanetti databili al XV secolo. Su tutti 

risalta il grande scrigno ottagonale 

con Storie di Stella e Maccabruna, u- 

scito dalla bottega di Baldassarre degli 

Embriachi. 

Seguono raccolte di tessili, ebanisterie 

ed elementi d’armatura di non minore 

importanza. Bellissimo esempio di arredo 

ligneo è la ravennate Farmacia dei 

Mori (fine sec. XVIII), ricomposta in 

museo con il suo settecentesco corredo 

di maioliche. 

Di particolare interesse è la serie di duecento 

dipinti su tavola ed icone - con rari 

esemplari di produzione russa e serba 

tra la fine del XV ed il XVII secolo - pervenute 

principalmente attraverso i Camaldolesi 

di Classe. 

Un’ultima sezione è dedicata alle ceramiche, 

con esemplari d’eccezionale rarità 

come il piatto con Episodi della 

passione di Cristo da Deruta, il boccale 

faentino con ricca decorazione istoriata 

(sec. XVI), i piatti urbinati con 

Episodi dell’Eneide e dalle Storie di 

Tito Livio, le maioliche delle celebri 

botteghe di Castelli d’Abruzzo. 

(f.l.) 

Ravenna, Museo Nazionale: Copertura di evangeliario detta “Dittico di Murano”, prima metà del VI 

secolo 

C. Ricci, Raccolte artistiche di Ravenna, Bergamo 

1905; A. Annoni, Il Museo Nazionale nei 

chiostri di S. Vitale. Regio Museo Nazionale in 

Ravenna, Ravenna 1921; S. Muratori, Il Regio 

Museo Nazionale di Ravenna, Roma 1937; G. 

Bovini, Guida del Museo Nazionale di Ravenna, 

Ravenna 1951; G. Bermond Montanari, I vetri 

del Museo Nazionale di Ravenna, «Felix Ravenna», 

44, 1967, pp. 5-39; G. Bermond Montanari, 

Museo Nazionale di Ravenna. Itinerario e 

Notizie, Ravenna 1969; G. Pavan (a cura), Icone 

delle collezioni del Museo Nazionale di 

Ravenna, Santa Sofia 1979; F. Zurli, A.M. 

Iannucci (a cura), Ceramiche dalle collezioni 

del Museo Nazionale di Ravenna, Bologna 1982; 

P. Angiolini Martinelli, Le icone della Collezione 

Classense di Ravenna, Bologna 1982; E. Cocchi 

Ercolani, Imperi Romano e Bizantino. Regni 

barbarici in Italia attraverso le monete del 

Museo Nazionale di Ravenna, Ravenna 1985; L. 

Martini, Piccoli bronzi e placchette del Museo 

Nazionale di Ravenna, Ravenna 1985; L. 

Martini, C. Rizzardi, Avori bizantini e medievali 

nel Museo Nazionale di Ravenna, Ravenna 

1990; C. Rizzardi, I tessuti copti del Museo 

Nazionale di Ravenna, Roma 1993; A.M. 

Iannucci, L. Martini, Museo Nazionale di 

Ravenna, Roma 1993; L. Martini, Il Museo 

Nazionale di Ravenna: le raccolte artistiche, in 

«Museo Informa», III, 5, 1999, p. 4.


157 

25 

Ravenna 


Inaugurata nel 1829 come Galleria dell’Accademia 

di Belle Arti, la pinacoteca 

venne trasferita tra il 1970 e il 1972 nella 

Loggetta Lombardesca, elegante 

struttura all’interno del complesso del 

monastero di Santa Maria in Porto, 

costruita tra il 1503 ed il 1518, tradizionalmente 

attribuita alla cerchia dei Lombardo. 

Il nucleo originale della pinacoteca 

è costituito dalle numerose opere 

d’arte provenienti dagli ordini religiosi 

soppressi in età napoleonica, alle quali 

si sono aggiunte, nel corso dell’Ottocento, 

diversi lasciti e donazioni private. 

Attualmente, il museo si articola in tre 

ampie sezioni permanentemente aperte 

al pubblico. La raccolta dei dipinti antichi 

comprende opere di artisti dal XIV al 

XVIII secolo. Sono presenti, tra i romagnoli, 

Marco Palmezzano (Natività, Presentazione 

al Tempio), Baldassarre 

Carrari (Cristo Deposto), Giovanni Battista 

Bertucci (S. Girolamo e due committenti 

della famiglia Cavina, 1599), 

Francesco Zaganelli (Adorazione dei 

pastori), Girolamo Marchesi (Storie di 

Santi), Niccolò Rondinelli (Madonna 

col Bambino e i Santi Girolamo e Caterina), 

Luca, Francesco e Barbara Longhi 

e Andrea Barbiani (Madonna del 

Rosario e S. Domenico); tra gli artisti 

bolognesi e ferraresi, Camillo Procaccini, 

Bastianino, Alessandro Tiarini, Guercino 

(S. Romualdo), Carlo Cignani 

(Madonna col Bambino e Santa Rosa), 

Gioseffo dal Sole, Marcantonio Franceschini; 

tra i veneti: Antonio Vivarini, Bartolomeo 

Montagna (S. Giovanni Battista), 

Paris Bordon (Il Redentore), Jacopo 

Ligozzi, Giovanni Antonio Pellegrini; 

tra i toscani, Giorgio Vasari (Deposizione, 

1548), Cecco Bravo. Per le scuole 

non italiane si segnala l’Allegoria dell’abbondanza 

del raro Maestro di Flora. 

In questa sezione è esposta la celebre statua 

di Guidarello Guidarelli, ritenuta 

eseguita da Tullio Lombardo nel 1525. 

La Galleria d’arte moderna comprende 

importanti opere otto-novecentesche. 

Un’ intera sezione riunisce artisti, per lo 

più ravennati e d’area romagnola, alcuni 

dei quali operosi nell’ambito dell’Accademia 

di Belle Arti di Ravenna. Sono 

presenti tra gli altri, Pazzini, Ugonia, 

Toschi, Torchi, i fratelli Guaccimanni, 

Miserocchi, Saporetti, Rambelli, Baccarini, 

Varoli, Salietti. Figurano pure in 

mostra, tra le tante, opere di Telemaco 

Signorini, Armando Spadini, Carlo Ademollo, 

Tono Zancanaro, Virgilio Guidi, 

Felice Carena, Bruno Saetti ed un notevole 

disegno a matita di Gustav Klimt, 

acquisito dalla pinacoteca ravennate nel 

1919. Dalla metà degli anni Settanta, 

Ravenna, Pinacoteca Comunale: Giorgio Vasari, Deposizione, 1548 

numerose mostre temporanee - monografiche 

e collettive - hanno reso possibile 

la costituzione di una raccolta d’arte 

contemporanea con opere di alcuni 

tra i maggiori artisti italiani: Accardi, 

Bartolini, Baruchello, Bacosi, Benati, 

Bendini, Boetti, Bonora, Bragaglia, 

Cascella, Castellani, Cattani, Cuniberti, 

Dadamaino, Fabro, Festa, Francese, 

Ginna, Guerzoni, Guidi, Landi, Manai, 

Mirko, Morlotti, Paladino, Pozzati, Saetti, 

Sartelli, Turcato, Veronesi, e molti 

altri. È in fase di studio un progetto di 

ristrutturazione della Loggetta che prevede 

anche l’organizzazione di nuovi



Ravenna, Pinacoteca Comunale: Marco Palmezzano, 

Santo martire 

percorsi espositivi per la costituzione di 

un “Museo d’Arte della Città”, con l’utilizzo 

a tal fine degli spazi già occupati dall’Accademia 

di Belle Arti, di recente trasferita 

ad altra sede. 

(l.m.b.) 

C. Ricci, La Galleria di Ravenna, Bologna 1898; 

A. Arfelli, La Galleria dell’Accademia di Ravenna, 

Roma 1936; A. Martini, La Galleria dell’Accademia 

di Ravenna, Venezia 1959; G. Milantoni 

(a cura), Le opere in piccolo della Pinacoteca 

di Ravenna, Faenza s.d.; C. Giovannini, 

F. Ricci, Museo, Scuola, Città. La galleria 

dell’Accademia di Ravenna, Bologna 1981; Pinacoteca 

Comunale di Ravenna. Opere dal XIV 

al XVIII secolo, Ravenna 1988; Pinacoteca 

Comunale di Ravenna. Nuove acquisizioni 

1975-1988, Ravenna 1988; Per un museo, catalogo 

della mostra, Ravenna 1989; Pinacoteca 

Comunale di Ravenna. Collezione moderna 

800-900, Ravenna 1990; N. Ceroni, C. Spadoni 

(a cura), Pinacoteca di Ravenna. Collezione 

contemporanea: donazioni, lasciti, acquisti, 

Ravenna 1994. 

26 

Ravenna 

Museo Ornitologico 

e di Scienze Naturali 

Il museo è stato inaugurato nel 1970 a 

seguito dell’acquisizione da parte del 

Comune di Ravenna della donazione 

Brandolini. Nella sala, intitolata all’ ornitologo 

ravennate, è esposto il nucleo 

originario della raccolta, costituito dall’avifauna 

della provincia di Ravenna e 

della Romagna. Simbolo del museo è il 

pettirosso, il cui primo esemplare venne 

imbalsamato da Brandolini nel 1906. 

Nel corso degli anni la collezione si è 

incrementata con esemplari di diffusione 

internazionale. Oltre alle raccolte 

ornitologiche, nel museo sono conservati 

altri nuclei collezionistici tra i quali 

particolarmente importante è quello 

dei lepidotteri. Unica nel suo genere è 

la sezione etnografica “Cavazzutti”. 

Corredano il percorso espositivo apposite 

sezioni didattiche. Nella biblioteca 

del museo, aperta al pubblico e dotata 

di pregevoli volumi antichi, sono ospitate 

l’ovoteca, la discoteca e l’emeroteca. 

Recentemente il museo si è arricchito 

di una sezione dedicata ai fossili 

e ai minerali, mentre è pure allo studio 

un piano generale di trasferimento del 

museo ad altra sede, onde consentire 

un riassetto di tutto il sistema per una 

sua più razionale fruizione. 

(g.b.p.) 

27 

Ravenna 


L’attuale ordinamento del museo, all’interno 

della Biblioteca Classense, risale 

al 1997 e comprende i cimeli risorgimentali 

ravennati già presentati all’Esposizione 

Regionale Romagnola del 

1904. Rimasta sulla carta l’idea di trasformare 

la raccolta in una esposizione 

permanente, così come era avvenuto in 

quegli stessi anni in altre città, i materiali 

furono riuniti in un deposito ed 

Ravenna, Museo del Risorgimento 

esposti in diverse occasioni celebrative 

(Cinquantesimo della morte di Giuseppe 

Garibaldi, 1932; Centenario dell’unione 

con il Piemonte, 1959). L’odierno 

ordinamento rappresenta dunque la 

prima, stabile sistemazione della collezione, 

con una sezione espressamente 

dedicata a “Garibaldi e Ravenna - tra 

Storia e Mito (1848-1849)”. 

Oltre a numerosi documenti cartacei, 

bandi, locandine, stampe, disegni, fotografie, 

sono esposti importanti cimeli, 

fra i quali si segnalano le armi e il mantello 

dell’eroe dei due mondi, i presunti 

stivali di Anita, lo sgabello utilizzato 

da Pio IX. È in corso lo studio di una 

nuova sistemazione museale nell’attigua 

chiesa di San Romualdo, ora Sacrario 

dei Caduti. 

(p.t.) 

Mostra del Risorgimento, in L’Esposizione Regionale 

Romagnola illustrata, 19 giugno 1904, 

pp. 3-6; G. Cortesi (a cura), Mostra del Risorgimento, 

Ravenna 1959; Garibaldi e Ravenna 

tra storia e mito (1848-1849). Verso il Museo 

del Risorgimento, Ravenna 1997. 

28 

Ravenna 

Planetario 

Si tratta di uno ZKP 2 della Zeiss. Inaugurato 

nel 1985, proietta su una cupola 

di otto metri di diametro, sotto la quale 

trovano posto cinquantadue persone, la 

volta celeste con circa 5 mila stelle 

ripartite nei due emisferi; la mobilità 

delle strumentazioni consente di mostrare 

il cielo a qualsiasi latitudine. Sono 

inoltre rappresentati a velocità superiore 

i movimenti apparenti della volta 

celeste e il succedersi del giorno e della 

notte. Un modello in pianta illustra il 

sistema solare con la fascia dello zodiaco. 

Di grande effetto la simulazione della 

pioggia delle stelle cadenti, la visione 

del pianeta Giove coi quattro satelliti 

galileiani e la rappresentazione di una 

galassia in rotazione. Sulla cupola vengono 

inoltre proiettati i più importanti 

elementi di riferimento della geografia 

astronomica e scale graduate per il calcolo 

delle coordinate astronomiche.


159 

Sulla parete sud-est del planetario è stato 

realizzato dallo gnomonista Mario Arnaldi 

un imponente quadrante solare. 

La terrazza del planetario è utilizzata 

periodicamente per pubbliche osservazioni. 

Sono in via di realizzazione percorsi 

astronomici nell’area circostante 

il planetario, realizzati con diversi orologi 

solari. 

(s.v.) 

Nel museo, ordinato al piano inferiore 

del Palazzo dell’Arcivescovado, si conservano 

i materiali provenienti dall’antica 

cattedrale ursina (IV secolo), distrutta 

nel Settecento. 

Alla “Sala Lapidaria”, come fu chiamato 

in origine il museo, sono aggregati 

materiali tipologicamente vari e di diversa 

provenienza: lapidi romane, frammenti 

architettonici, capitelli, stele, 

fronti di sarcofagi, sculture, fra le quali 

una statua acefala in porfido raffigurante 

un imperatore vittorioso del V 

secolo. Di notevole importanza il calendario 

liturgico in marmo, l’Ambone di 

Adeodato con iscrizione dell’anno 597, 

proveniente dalla Chiesa dei Santi Giovanni 

e Paolo, la cappella marmorea dei 

Santi Quirico e Giuditta, della prima 

metà del V secolo, con bassorilievi sui 

quattro fronti; frammenti serici e parati 

liturgici e la pianeta del vescovo 

Angelopte, risalente al XII secolo. 

Il percorso museale prosegue nella cappella 

arcivescovile, detta anche Oratorio 

di S. Andrea o di S. Pier Crisologo, 

eretta per volontà di Pietro II, vescovo 

di Ravenna dal 491 al 519. È preceduta 

da una piccola ardica con volta a botte 

rivestita da mosaici, come pure la volta 

a vele del VI secolo; le lunette laterali 

sono affrescate dal pittore ravennate 

del Cinquecento, Luca Longhi. 

Dall’oratorio si accede alla Torre Salustra, 

probabile resto dell’omonima porta 

romana del I secolo d.C. Qui si custodisce 

la cattedra del vescovo Massimiano, 

capolavoro della scultura eburnea 

eseguito da artisti di influssi alessandrini 

e bizantini. 

Al secondo piano del palazzo si trova l’Archivio 

arcivescovile, dove sono custodite 

circa tredicimila pergamene databili 

dal VII secolo, sei papiri, tra i quali il diploma 

pontificio di Pasquale I (819) e 

un codice miniato di Giulio Clovio. 

Nelle sale sono esposte alcune opere 

d’arte, tra le quali una Madonna col 

Bambino di Baldassarre Carrari e il 

Busto del Cardinal Capponi di Gian 

Lorenzo Bernini. 

(f.b.) 

29 

Ravenna 

Museo Arcivescovile 

Ravenna, Museo Arcivescovile: La cattedra eburnea del Vescovo Massimiano, prima metà del VI secolo



Ravenna, Tomba di Dante 

rarità come la riproduzione in bronzo 

del monumento di Dante a Trento del 

fiorentino Cesare Zocchi oltre a cimeli, 

corone, targhe. Tra le memorie dantesche 

figura anche la cassetta di legno 

fatta costruire dal padre Antonio Santi, 

che custodì le ossa del poeta dal 1677 

al 1865. Attiguo al museo, e quindi in 

continuità fisica e tematica, è il Centro 

Dantesco dei Frati Minori Conventuali. 

Fondato nel 1964 da Padre Severino 

Ragazzini, detiene un ricco patrimonio 

sia librario che storico-artistico. La biblioteca 

dispone di oltre diecimila volumi 

con una ricca sezione dantesca. Il 

museo del Centro, disposto su tre lati 

del chiostro, comprende medaglie e 

placchette, illustrazioni, dipinti e un’originale 

raccolta di piccole sculture in 

bronzo (tra le altre, opere di Henry 

Moore e di Giacomo Manzù) formatasi 

a seguito delle annuali mostre internazionali 

a tema dantesco. 

(f.b.) 

31 

Ravenna 

(Savio) 


Meccanici “Marino Marini” 

Il museo, che comprende l’intera raccolta 

del collezionista Marino Marini, è stato 

aperto al pubblico nel 1972 all’interno 

di un edificio lungo la Statale Romea, a 

breve distanza dalla città di Ravenna. È 

esposta una parte cospicua degli oltre 

quattrocento strumenti musicali meccanici, 

tra organi a cilindro, portativi di piccole 

dimensioni, comunemente chiamati 

organi di Barberia, organi da fiera, 

automata a rulli chiodati, a cartoni e rulli 

perforati, a carillon, fonografi, per lo 

più risalenti alla fine del XIX secolo, quasi 

tutti funzionanti e corredati del loro 

repertorio originario. In primo piano figurano 

gli strumenti eseguiti in tutto il 

mondo dagli artigiani italiani nel periodo 

di massima diffusione della produzione 

30 

Ravenna 

Museo Dantesco 

Il museo ha sede nell’edificio all’interno 

dei restaurati chiostri francescani. Il 

percorso espositivo risale al 1989, anno 

della riapertura del museo, e ripercorre 

l’andamento ideato da Corrado Ricci 

nel 1921, in occasione delle manifestazioni 

celebrative del VI centenario della 

morte di Dante. A quella storica ricorrenza 

ed alla storia della tomba dantesca 

si rifà in particolare l’odierno ordinamento. 

Il patrimonio del museo, formatosi 

prevalentemente a seguito di 

donazioni, comprende importanti opere 

d’arte. Si ricordano tra le altre i busti 

danteschi del bolognese Alfonso Borghesani 

e del ceramista romagnolo Angelo 

Biancini e le pitture di Guido Cadorin 

e Adolfo De Carolis. Nella “Sala di 

Montevideo” (così chiamata perché 

donata al museo - con gli ornati a fresco 

e con la boiserie del milanese Giovanni 

Buffa - per volontà degli emigrati italiani 

di quella città) si conservano alcune 

Ravenna (Savio), Museo degli Strumenti Musicali Meccanici “Marino Marini”


MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

161 

di strumenti musicali meccanici, tra la 

metà dell’Ottocento ed il quarto decennio 

del nostro secolo. 

(p.t.) 

Guida introduttiva agli strumenti musicali 

meccanici, Collezione Marino Marini, Ravenna 

s.d. 

32 

Ravenna 

(Marina di Ravenna) 

Museo Nazionale delle Attività 

Subacquee 

Il museo è stato di recente inaugurato a 

Marina di Ravenna dalla “The Historical 

Diving Society, Italia”, in alcuni locali forniti, 

tramite apposita convenzione, dall’Amministrazione 

Comunale. Scopo del 

museo è quello di promuovere lo studio 

della storia delle attività subacquee 

anche mediante la realizzazione di mostre 

temporanee, l’organizzazione di convegni 

e la pubblicazione di strumenti 

divulgativi. Nelle varie sezioni espositive 

sono presenti attrezzature e materiali da 

palombaro, da subacqueo e strumenti per 

foto-sub. Un’area è dedicata alla marina 

militare con il “maiale”, mezzo d’assalto 

subacqueo dell’ultimo conflitto mondiale. 

Si conserva in museo anche il gesso 

originale della statua sommersa nelle 

acque di S. Fruttuoso in Liguria, raffigurante 

il Cristo degli Abissi, ad opera dello 

scultore Guido Galletti. 

(s.v.) 

luce un quartiere termale, con calidarium 

a suspensurae, pavimenti marmorei 

e due piccole vasche. Il sito, ricoperto 

all’inizio della seconda guerra 

mondiale, è stato interessato da nuovi 

scavi a partire dal 1953. 

La villa risulta ancora oggi da esplorare 

nella sua totale estensione. I vasti ambienti, 

per tipologia e destinazioni d’uso, 

ed i materiali in essi ritrovati (in parte 

esposti al Museo Nazionale di Ravenna), 

rendono la villa di Russi paragonabile 

alle maggiori dimore romane dell’Italia 

centrale. Sono stati recuperati, e 

sono oggi visibili, pavimenti musivi a 

decorazioni geometriche di buona fattura, 

zoccolature di intonaco a falso 

marmo, frammenti di intonaci decorati 

a motivi vegetali stilizzati o sormontati 

da uccelletti. 

La visita è corredata da materiale informativo 

e documentario riunito in un’apposita 

aula didattica. 

(s.v.) 

34 

Russi 

Museo dell’Arredo 

Contemporaneo 

Il museo si è costituito nel 1988 per 

volontà dell’imprenditore ravennate R. 

Biagetti, su progetto di G.K. Koenig, F. 

Alison e G. Ghigiotti. Nell’edificio principale 

è ospitata una selezione di oltre 

centocinquanta mobili e complementi 

d’arredo riuniti nella mostra permanente 

“Brani di storia dell’arredo, 1880- 

1980” e ambientati in una “scenografia 

luminosa” ideata dall’architetto P. Castiglioni. 

Suddivisa per aree cronologiche, 

la collezione illustra, con arredi autentici 

e rieditati, il design spagnolo dell’epoca 

di Gaudí, passando all’Austria di 

Thonet, alla Scozia e all’Inghilterra di 

Mackintosh, al Bauhaus, rappresentati 

da sedie, poltrone, tavoli, lampade ed 

altre creazioni. Opere di F.L. Wright 

documentano il razionalismo di primo 

Novecento, seguito dalla produzione di 

Rietveld, Le Corbusier, Van der Rohe, 

A. Alto fino al grande design italiano 

33 

Russi 

Villa Romana 

La villa, il cui impianto originario risale 

al I secolo a.C., è stata scoperta casualmente 

nel 1938 durante l’escavazione di 

argilla per una vicina fornace. La ragguardevole 

profondità, circa dieci-undici 

metri, è dovuta agli strati alluvionali 

che già dal tardo antico interessarono la 

zona. I primi scavi hanno portato alla 

Russi, Museo dell’Arredo Contemporaneo



degli ultimi decenni (Magistretti, Sottsass, 

Castiglioni, Scarpa, Piretti, Aulenti). 

Accanto all’edificio principale del 

museo è sorto nel 1995, su progetto di 

E. Sottsass e J. Grawunder, un padiglione 

che ospita corsi di design, architettura 

e arte, tenuti da noti progettisti 

e attuati con la collaborazione di artigiani 

artisti. Il museo organizza mostre 

temporanee. 

(m.g.) 

Brani di storia dell’arredo, Ravenna 1988. 

35 

Russi 

(San Pancrazio) 

Museo della Vita Contadina 

in Romagna 

L’origine del museo risale ad un’iniziativa 

didattica della fine degli anni Sessanta, 

avviata dal maestro Luigi Silvestroni, 

che impegnò le famiglie degli 

alunni elementari in una ricerca sulla 

storia agricola locale. 

In alcuni locali della scuola si conservano 

circa mille oggetti e suppellettili tipici 

della casa rurale ravennate del secolo 

scorso, attrezzi per il lavoro nei campi, 

sull’aia e nella stalla, utensili provenienti 

da botteghe artigiane e dal corredo 

degli ambulanti. 

La raccolta, connotata da una certa 

organicità sia tipologica che tematica, è 

corredata da un vasto apparato documentario 

e fotografico e da testimonianze 

orali diligentemente raccolte dagli 

alunni della scuola. 

(m.t.f.)



Provincia di Forlì-Cesena


Provincia di Forlì-Cesena 

1 

Bagno di Romagna 

(Ridracoli) 

Museo della Fauna di Romagna 

Bertinoro, Museo Diocesano dell’Arredo Sacro: Piviale, XVIII secolo 

Inaugurato nel 1989 all’interno del settecentesco 

Palazzo Giovannetti, in prossimità 

della diga di Ridracoli, dal 1990 il 

museo viene gestito dalla Cooperativa 

“Natura Viva” d’intesa con Romagna 

Acque s.p.a., proprietaria dell’edificio 

che ospita anche l’albergo “Il Palazzo”. 

Istituito inizialmente come Museo dei 

Mammiferi di Romagna, presenta oggi 

una raccolta pressoché completa della 

fauna vertebrata del territorio regionale, 

con particolare riferimento alle specie 

(oltre cinquanta esemplari) della vallata 

bidentina, dalla pianura al crinale 

tosco-romagnolo ed al Parco nazionale 

del Monte Falterona, di Campigna e delle 

foreste casentinesi. L’assetto allestitivo, 

che si articola in diversi ambienti del 

palazzo, propone esemplari imbalsamati 

e diorami, uno dei quali, al piano terreno 

dell’edificio, ospita tutti gli ungulati 

presenti nel territorio appenninico 

romagnolo. Sono pure rappresentate le 

specie estinte in Romagna, come il castoro 

europeo. Una sezione del museo 

propone pesci, anfibi, rettili ed oltre 

duecento uccelli. Alcuni esemplari, come 

la lince, la martora o il gatto selvatico, 

non appartenenti alla fauna romagnola, 

sono presenti per ragioni di completezza 

sistematica e con intenti comparativi 

a livello informativo e specificamente 

didattico. 

(g.b.p.) 

2 

Bertinoro 

Centro per lo studio e la conservazione 

dell’arredo sacro e del 

costume religioso 

Il centro è sorto nel 1985 all’interno della 

rocca, antica struttura fortilizia risalente 

all’XI secolo e successivamente 

trasformata in sede vescovile, su iniziativa 

della Soprintendenza per i Beni 

Artistici e Storici di Bologna d’intesa 

con la Curia diocesana di Forlì e Bertinoro. 

In alcuni ambienti dell’appartamento 

vescovile, e nella grande sala a 

due campate a crociera (decorata nel 

XV e XVI secolo e con affreschi raffiguranti 

Storie di Santi), sono stati raccolti 

paramenti ed arredi sacri provenienti 

da chiese, oratori, complessi conventuali 

del territorio diocesano di Bertinoro 

e Forlimpopoli, in particolare da 

edifici e strutture dell’area collinare ed 

appenninica dismessi al culto ed in via 

d’abbandono. 

In apposite vetrine sono state collocate 

alcune centinaia di esemplari per diverse 

tipologie dell’arredo sacro. Oltre a 

provvedere alla salvaguardia ed alla 

conservazione del patrimonio chiesastico, 

il centro ha avviato una intensa attività 

di studio e di ricerca specialmente 

sulle manifatture tessili tradizionali e 

sulle antiche argenterie liturgiche. 

Attualmente sono in corso consistenti 

lavori di recupero della rocca finalizzati 

al parziale utilizzo dell’antica struttura 

come sede universitaria. 

(v.m.) 

F. Faranda (a cura), Centro per lo studio e la 

conservazione dell’arredo liturgico e del costume 

religioso, Bologna 1985; F. Faranda, Documenti 

e arredi delle chiese di Forlimpopoli, 

Forlì 1987. 

3 

Borghi 

(San Giovanni in Galilea) 

Museo e Biblioteca Renzi 

Il museo prende il nome dal suo fondatore 

Don Francesco Renzi, appassionato 

studioso locale e collezionista di antichità. 

Inaugurato l’8 giugno 1879, ha 

ottenuto il pubblico riconoscimento di 

Ente morale nel 1885. Ha sede tuttora 

all’interno del quattrocentesco castello 

malatestiano di San Giovanni in Galilea. 

Chiuso a seguito dei gravi danni subiti 

dall’edificio durante i bombardamenti 

del 1944, il museo è stato riordinato nel 

1968 con l’apporto diretto dell’Amministrazione 

comunale. Allestito in sei locali 

disposti su due piani, comprende 

quattro sezioni espositive dedicate alla 

paleontologia, alla preistoria, alla storia 

romana, all’età medievale e moderna. 

Di particolare rilevanza è la raccolta 

archeologica comprendente tra l’altro 

le testimonianze risalenti all’età del 

Bronzo e del Ferro che hanno nel sito 

di Ripa Calbana uno degli abitati di maggiore 

interesse. I manufatti in bronzo 

(cinturoni a sbalzo, fibule, monili, asce, 

pendagli) sono probabilmente da ricollegare 

a sepolture riferibili al Villanoviano, 

nell’aspetto culturale affermatosi 

nella Romagna orientale con epicentro 

a Verucchio. Nell’ambito della sezio-

Provincia di Forlì-Cesena MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

165 

ne romana trovano posto iscrizioni lapidarie 

e stele funerarie di età repubblicana, 

laterizi bollati, anfore, ceramiche, 

monete e frammenti architettonici provenienti 

dal territorio circostante. Le 

collezioni della sezione medievale e moderna 

comprendono prevalentemente 

resti lapidei di epoche diverse rinvenuti 

nei dintorni del castello e provenienti 

da edifici di culto della zona. È anche 

esposta una nutrita serie di materiali ceramici 

(tra i quali piatti e boccali d’epoca 

rinascimentale), ai quali si è voluta 

collegare idealmente una bottega d’arte 

in attività, con annessi spazi espositivi, 

nell’intento di offrire al pubblico 

una testimonianza della continuità dell’antica 

pratica artigianale in ambito 

locale. In un’apposito spazio espositivo 

figurano alcuni dipinti e stampe per lo 

più seicentesche e del secolo scorso 

donate al museo dallo studioso d’arte 

Mario Massaccesi. 

(f.l.) 

G. Gerola, Il piccolo Museo di S. Giovanni in 

Galilea, «Felix Ravenna», XXIV, 1916, pp. 927- 

934, 955-970, 987-1014; G. Susini, S. Giovanni in 

Galilea. Il lapidario romano, «Notizie degli Scavi 

di Antichità», XV, 1961, pp. 44-45; R. Scarani, E. 

Silvestri, G. Susini, S. Giovanni in Galilea. Il 

Museo “Renzi”, Faenza 1968; S. Foschi, Storia ed 

archeologia nel piccolo Museo Renzi di S. 

Giovanni in Galilea, Bologna 1982; S. Foschi, 

Storia illustrata di Borghi, Bologna 1988; 

Origine e storia antica dell’area collinare cesenate 

e riminese, Atti del convegno, S. Giovanni in 

Galilea 1991, Rimini 1993. 

4 

Borghi 

(Masrola) 


Si tratta di una collezione privata di un 

certo rilievo, anche in considerazione 

della presenza di oggetti non frequenti 

in questo tipo di raccolte, come nel caso 

di un frantoio a trazione animale che 

attesta la tradizione olivicola locale. 

Gli oggetti sono disposti, approssimativamente 

per ambiti tematici, all’interno 

ed all’esterno di un capannone adiacente 

al mobilificio del proprietario. Il 

patrimonio che comprende oltre mille 

pezzi non è inventariato. Fanno parte 

della collezione diverse attrezzature 

acquisite da artigiani che hanno cessato 

le loro attività (falegname, tornitore, 

bottaio, fabbro, maniscalco, calzolaio, 

barbiere, etc.). Accanto al frantoio figurano 

un mulino da grano, una locomobile 

ed alcuni piccoli motori a scoppio, 

funzionanti, associati ad una grande 

trebbiatrice. 

(m.t.f.) 

5 

Castrocaro Terme e Terra del Sole 

Museo dell’Uomo e dell’Ambiente 

Istituito nel 1972 come museo etnografico, 

è ospitato all’interno del Palazzo 

Pretorio o dei Commissari di Terra del 

Sole. L’edificio, attribuito al Buontalenti, 

fu sede del governo della Romagna 

fiorentina dalla seconda metà del XVI 

secolo, allorché Cosimo I fece costruire 

la cittadella al confine con lo Stato pontificio. 

Sotto l’apparente aspetto di villa 

medicea per quattro secoli il palazzo 

fu luogo di giudizio e di pena, come è 

ampiamente documentato nelle carte 

dell’Archivio Storico comunale e nelle 

Terra del Sole, Palazzo dei Commissari 

carceri segrete all’interno dell’edificio, 

nelle iscrizioni e nei dipinti delle carceri 

e del tribunale. Il museo è nato per 

volontà dell’Associazione Pro Loco con 

lo scopo di conservare le testimonianze 

del mondo contadino e artigianale che 

andava inevitabilmente perdendosi. 

L’attuale allestimento consta di tredici 

sale introdotte da una interessante collezione 

di fossili donata da Mario Pini di 

Castrocaro. La raccolta museale è stata 

riprodotta in modo razionale, didattico 

e sistematico, corredata da didascalie, 

destinazioni d’uso, grafici e proiezioni 

multimediali di immagini e documentari. 

L’intento è quello di raccontare l’evoluzione 

del territorio e dell’uomo, a 

partire dalla preistoria fino alla rivoluzione 

industriale, cioè fino a quando il 

lavoro manuale fu soppiantato dalla 

macchina. Tra i vari insediamenti abitativi 

della valle dell’Acquacheta, l’attenzione 

viene rivolta al centro storico della 

città del Sole, raro esempio rinascimentale 

di città fortificata. Si passa 

quindi ad illustrare gli usi e i costumi, il 

tradizionale arredamento della casa, il 

lavoro domestico, le varie occasioni di 

incontro nella vita associativa di un tempo, 

gli strumenti del lavoro artigianale, 

il ciclo del grano e del vino e i grandi 

attrezzi in uso nelle campagne. La sala 

dedicata al territorio è stata realizzata 

in collaborazione con il Dipartimento di 

Scienze della Terra e Geologico Ambientale 

dell’Università degli Studi di 

Bologna. Il percorso prevede una serie 

di step che illustrano come, attraverso 

carte tematiche ottenute tramite le 

moderne tecniche di elaborazione computerizzata, 

possa venire studiato, rappresentato 

e quindi letto il territorio. 

Dopo il divieto di accesso alle carceri 

segrete per motivi di conservazione e 

sicurezza, è allo studio un percorso di 

visita alternativo che segnali le originarie 

funzioni del palazzo. 

(m.f.) 

Terra del Sole. Una città d’‘autore’, Castrocaro 

1988; Terra del Sole. Guida storico-artistica, 

Forlì 1988; A.M. Dal Lauro (a cura), Un Archivio 

Toscano in Romagna: inventario dell’Archivio 

storico preunitario di Castrocaro-Terra 

del Sole, 1473-1859, Bologna 1989.



Cesena, Museo Archeologico: Piatto in argento, 

IV secolo a.C. (part. dell’interno) 

6 

Cesena 


Ideato e progettato già sul finire degli 

anni Cinquanta, per iniziativa del Comune 

di Cesena, il museo è stato inaugurato 

nel 1969 (con la denominazione di 

Museo Storico dell’Antichità) all’interno 

dell’ampio e monumentale ambiente 

sottostante la celebre biblioteca costruita 

fra il 1447 ed il 1452 da Matteo Nuti 

per volontà di Malatesta Novello. 

L’allestimento del museo, segnalatosi 

sin dall’inizio per il criterio rigorosamente 

didattico nell’ordinamento delle 

varie raccolte accumulate fin dal primo 

Ottocento nei locali annessi alla 

stessa biblioteca è stato di recente completamente 

aggiornato secondo più 

moderni criteri espositivi e museografici. 

Il percorso presenta in apertura le 

collezioni geologiche e preistoriche, 

così da ricomporre il mosaico dei contesti 

ambientali e degli eventi culturali 

che hanno disegnato la fisionomia del 

territorio intorno a Cesena prima dell’ingresso 

del centro romagnolo nell’orbita 

di Roma. Variegato e composito, il 

panorama delle emergenze archeologiche 

di età preromana comprende - per 

citare gli esempi più significativi - i 

manufatti della cultura di Diana (Neolitico 

recente) dalla Fornace Marzocchi 

di S. Egidio, le ceramiche legate al culto 

delle acque della sorgente della Panighina 

di Bertinoro, i materiali delle stazioni 

di Diegaro, Valle Felici di Cervia, 

Capocolle di Bertinoro, Guado della 

Fornasaccia, Mensa Matelica di Ravenna. 

La facies umbra che contraddistingue 

in Romagna la seconda età del Ferro 

ha invece due importanti capisaldi 

negli insediamenti di Casa del Diavolo e 

di S. Egidio. 

La ricca documentazione storica riferibile 

al periodo romano, i cui esordi risalgono 

alla metà del III secolo a.C., con 

l’arrivo dei primi coloni, si sviluppa, a 

partire dalle testimonianze dell’area 

urbana per poi passare a quelle del territorio 

circostante e dell’area centuriata 

gettando via via luce sulla vita rustica 

e domestica, sugli elementi dell’armatura 

e dell’abito militare, sull’artigianato 

artistico, sulle attività produttive e 

l’esercizio del commercio, sulle tecniche 

edilizie. Sono inoltre da segnalare i 

lacerti di mosaici pavimentali provenienti 

dalla cittadina via Tiberti conservati 

nell’atrio del museo, l’interessante 

raccolta numismatica ed un nucleo 

cospicuo di iscrizioni per lo più di destinazione 

funeraria, mentre alcuni monumenti 

lapidei perpetuano nelle loro epigrafi 

il ricordo di vari momenti della vita 

cittadina. Merita attenzione, come 

documento esemplare, e al tempo stesso 

curioso, dell’erudizione umanistica e 

della tradizione di studi locali, l’iscrizione 

falsa redatta nel XVI secolo con lo 

scopo di assicurare veridicità storica al 

divieto di valicare il fiume Rubicone, 

trasgredito da Cesare secondo la narrazione 

delle fonti letterarie. 

Una menzione particolare merita poi la 

celebre coppia di grandi piatti da mensa 

in argento dorato con scene figurate, 

senza dubbio una delle principali scoperte 

dell’archeologia regionale. 

Oggetti raffinatissimi e prestigiosi (oltre 

sei chilogrammi di metallo ciascuno) 

e quindi “tesaurizzati” con un occultamento 

intenzionale, essi sembrano 

essere appartenuti ad una delle famiglie 

aristocratiche ravennati della tarda romanità. 

L’itinerario si conclude con un’interessante 

esposizione di ceramiche di epoca 

medievale e d’età malatestiana, alcune 

delle quali rinvenute durante lavori 

di sterro al di sotto della pavimentazione 

della Biblioteca. 

(f.l.) 

A. Donati, Fonti cesenati romane, «Studi Romagnoli», 

XVII, 1966, pp. 11-77; M. Bollini, A. 

Campana, A. Donati, V. Righini, G. Susini, A. 

Veggiani, Cesena. Il Museo Storico dell’Antichità, 

Faenza 1969; O. Piraccini, Verifica e Progetto, 

I servizi museografici della città di Cesena 

e del suo comprensorio, Ricerche Ibc, n. 2, 

Bologna 1978; G. Susini, L’evo antico, in Storia 

di Cesena, vol. I, Rimini 1982; P.G. Fabbri, G. 

Conti, L. Baldacchini, La Biblioteca Malatestiana 

di Cesena, Roma 1992; Museo Archeologico 

di Cesena, Cesena 1998. 

Cesena, Museo Archeologico: Piatto in argento, IV secolo a.C. (part. del bordo)


167 

7 

Cesena 


Aperta nel 1984, su iniziativa del Comune 

d’intesa con l’Istituto regionale per i 

Beni Culturali, ha sede all’interno dell’antico 

complesso monastico di San Biagio, 

accanto ad alcune altre strutture culturali 

cittadine. La sua istituzione risale 

al 1883, ad opera di Adriano Loli Piccolomini, 

che in alcune sale della Biblioteca 

Malatestiana riunì l’intero patrimonio 

civico formatosi a seguito delle soppressioni 

napoleoniche degli edifici di culto 

cesenati e, successivamente, grazie ad 

alcuni depositi e donazioni da parte di 

collezionisti privati e della stessa Congregazione 

di Carità. Verso la metà degli 

anni Venti, necessità di nuovi spazi per i 

depositi librari della Malatestiana determinarono 

lo smembramento di una parte 

della raccolta. Numerose opere d’arte 

vennero ospitate all’interno del Palazzo 

Comunale e solo con i dipinti di maggior 

pregio, nell’immediato dopoguerra, si 

costituì una piccola quadreria in una 

saletta della stessa biblioteca. Nella 

attuale sede, la pinacoteca propone parte 

considerevole di un patrimonio consistente 

in oltre trecento esemplari pittorici 

dal Quattrocento al secolo scorso. 

Si va da una serie di affreschi frammentari 

di scuola romagnola del XV secolo, 

provenienti da vari luoghi sacri della città 

e dallo stesso convento di San Biagio, ad 

alcune tavole quattro-cinquecentesche 

(fra le altre, Madonna col Bambino e 

Santi dell’argentano Antonio Aleotti, 

1510; il cosiddetto Cristo di Casa Lancetti, 

del cesenate Scipione Sacco, 1545; 

Ritratto di Filasio Roverella attribuito 

a Baldassarre Carrari). Per il Sei-Settecento 

si ricordano alcune Madonne di 

Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato, 

opere di Cignani, Todeschini, Batoni, 

Piazzetta, oltre alle pitture di alcuni tra i 

maggiori artisti locali come il Serra, il 

Razzani, il Milani. Va osservato che due 

tra le più prestigiose opere della Pinacoteca 

(La Presentazione al Tempio di 

Francesco Francia e S. Francesco che 

riceve le Stimmate del Guercino) sono 

attualmente visibili negli edifici di culto 

di provenienza, l’uno in un altare laterale 

della Basilica della Madonna del Monte, 

l’altro nella chiesetta dei Cappuccini. 

Uno spazio espositivo del museo è riservato 

all’Ottocento ed al primo Novecento 

con opere per lo più d’interesse locale 

ed una importante raccolta grafica di 

Gino Barbieri. In una piccola sezione 

dedicata all’arte contemporanea si propongono 

alcuni esemplari della Collezione 

Morellini, comprendente fra l’altro 

opere di Cagli, Guttuso, Fazzini, Mazzacurati, 

Mirko, Melli, Turcato, Vangelli, 

Purificato. 

(o.p.) 

O. Piraccini, Verifica e Progetto, I servizi museografici 

della città di Cesena e del suo comprensorio, 

Ricerche Ibc, n. 2, Bologna 1978; O. 

Piraccini, La Pinacoteca Comunale di Cesena, 

Cesena 1984. 

Cesena, Pinacoteca Comunale: G.B. Salvi detto il Sassoferrato, Vergine Annunciata, 1632 c.



8 

Cesena 

Museo delle Scienze Naturali 

Il museo è sorto su iniziativa del Comune 

di Cesena nel 1990, inizialmente come 

“Istituto Conservazione e Studio 

Materiali Naturalistici della Romagna”. 

Ha sede all’interno della loggetta veneziana 

e del torrione di piazza della Rocca 

Malatestiana e si articola in cinque 

ambienti espositivi nei quali sono ordinate 

varie raccolte di materiali di varia 

natura e provenienza. 

Di particolare interesse sono le collezioni 

del laboratorio scientifico del Liceo 

Classico “V. Monti” di Cesena, formatesi 

a partire dai primi decenni dell’Ottocento 

fino alla metà del nostro 

secolo e comprendenti fra l’altro esemplari 

minerali e vegetali e fauna oltre a 

strumentazioni ad uso didattico. Il museo 

si completa con una sezione all’aperto 

nel contesto del suggestivo parco 

della rocca nel quale sono presenti numerose 

specie arboree anche d’una certa 

rarità e dove si possono pure vedere 

diverse tipologie di rocce dell’area collinare 

e montana cesenate. 

(g.b.p.) 

9 

Cesena 


Cesena, Museo dell’Agricoltura: Tipiche “caveie” 

romagnole 

Istituito nel 1974 come Museo della Civiltà 

Contadina Romagnola, deve la sua 

origine al deposito effettuato dall’artista 

locale Mario Bocchini di un’ingente 

raccolta di materiali etnografici, successivamente 

acquisita dall’Amministrazione 

Comunale di Cesena, ordinati 

all’interno della torre femmina della 

Rocca Malatestiana. Fino alla metà degli 

anni Ottanta il museo ha conservato l’iniziale 

allestimento in forma ricostruttiva 

di luoghi e funzioni del lavoro contadino, 

largamente rispondente agli o- 

rientamenti culturali del collezionista 

cesenate. È quindi iniziata un’opera di 

generale riordino delle diverse raccolte 

tesa a rappresentare, anche con opportuni 

supporti didattici, i diversi cicli produttivi 

come quelli del grano, del mais, 

della canapa. 

Particolarmente efficace risulta l’allestimento 

dell’esposizione permanente 

su la vite e il vino, nell’ultimo piano della 

torre. 

L’attuale patrimonio del museo (integrato 

da recenti donazioni di collezionisti 

cesenati), consiste in oltre duemila 

esemplari per lo più provenienti dal territorio 

cesenate e da altre zone della 

Romagna, cronologicamente ascrivibili 

alla fine del secolo scorso ed alla prima 

metà del Novecento. Tra i più interessanti 

pezzi antichi figurano un battitore 

in pietra per il grano d’epoca romana 

ed un torchio per le vinacce del Settecento 

e ceramiche votive dal Seicento 

al secolo scorso. 

(m.t.f.) 

O. Piraccini, Il museo della civiltà contadina 

romagnola, Cesena 1974; G. Pedrocco, M. Tozzi 

Fontana (a cura), La vite e il vino, Bologna 

1993; Museo dell’Agricoltura. Catalogo del museo, 

Cesena s.d. (ma 1997). 

10 

Cesena 

Pinacoteca della Cassa 

di Risparmio 

Istituita nel 1985 dalla Cassa di Risparmio 

di Cesena in un apposito spazio 

espositivo all’interno dell’edificio tardo 

ottocentesco che ospita la sede centrale 

dell’istituto, la pinacoteca comprende 

oltre quaranta dipinti dalla metà del 

XV secolo alla fine del Settecento. Il 

patrimonio si è formato nel corso degli 

ultimi decenni attraverso una sistematica 

campagna di acquisizione, tesa in 

particolare a documentare aspetti e 

momenti salienti della vicenda figurativa 

emiliana e romagnola. 

L’ordinamento del museo propone inizialmente 

le opere del Maestro di S. Miniato 

e del Maestro del Tondo Miller, 

esponenti della cultura figurativa fiorentina 

ai quali non fu certamente estra- 

Cesena, Pinacoteca della Cassa di Risparmio: 

Donato Creti, Morte della Vergine (part.)


169 

Cesena, Pinacoteca della Cassa di Risparmio: 

Cristoforo Savolini, S. Giovanni Battista (part.) 

neo il contributo dei pittori provenienti 

dalla Romagna qui rappresentata dalle 

tavole del Maestro di Marradi, attivo 

in Toscana tra XV e XVI secolo. 

Eccezionalmente documentato è il pittore 

forlivese Marco Palmezzano con la 

celebre Madonna in trono e i Santi 

Giovanni Battista e Filippo Benizi, 

proveniente dalla faentina Raccolta 

Ferniani, la Madonna col Bambino, 

parte di una pala di grandi dimensioni, 

smembrata e dispersa, già conservata 

nella Collezione Lee of Fareham di Londra, 

il Cristo portacroce già presso la 

Raccolta Pacelli di Roma. 

Opere del Bagnacavallo, Girolamo Marchesi, 

Luca Longhi, Ferraù Fenzoni, 

Denis Calvaert, Alessandro Ardenti, 

Lanfranco, Scarsellino, Spada, Tiarini, 

Guercino, Sirani, Cagnacci, Serra, Savolini 

delineano un interessante percorso 

nella pittura romagnola ed emiliana del 

Cinquecento e del Seicento, ma non 

mancano dipinti di interesse extraregionale 

come nel caso di Sodoma, Brusasorci, 

Santi di Tito. Anche il Settecento 

propone alcuni tra i maggiori protagonisti 

della scena artistica bolognese, 

da Canuti a Pasinelli, da Dal Sole a Franceschini 

(autore dello splendido Abbraccio 

tra la Giustizia e la Pace), da 

Milani a Creti (del quale è stato recuperato 

sul mercato antiquariale, nel 1994, 

il celebre Transito della Vergine, già nella 

Collezione Vitetti di Roma). 

(e.l.) 

A. Mazza, La Collezione dei dipinti antichi 

della Cassa di Risparmio di Cesena, Bologna 

1991. 

11 

Cesena 

(Borello) 

Museo della miniera di zolfo 

di Formignano 

Cesena (Borello), La miniera di zolfo di Formignano 

Il bacino solfifero romagnolo-marchigiano, 

non più in funzione dalla metà 

degli anni Sessanta, ha avuto un rilievo 

primario nella produzione di zolfo. 

Almeno dal XVIII secolo, infatti (quando 

cominciò a svilupparsi l’industria 

dell’acido solforico), fino al primo decennio 

del XX, la produzione romagnola 

dello zolfo, insieme con quella siciliana, 

conferiva all’Italia il primo posto nel 

mondo. Il sito di una ventina di ettari, 

nel quale sorgono tre blocchi di edifici 

e alcuni capannoni disposti lungo due 

strade parallele, è stato dapprima vincolato 

con il piano paesistico regionale. 

In seguito il Comune di Cesena ha acquistato 

l’area, destinandola a finalità culturali 

e turistiche. Il progetto prevede 

di presentare, attraverso la visita dei 

vecchi impianti di fusione, di parte delle 

gallerie sotterranee e degli edifici di 

superficie, la ricostruzione dell’intero 

ciclo produttivo, così come era e come 

l’innovazione ha modificato nel corso 

del tempo. Attualmente sono stati raccolti 

nella sede provvisoria di Borello 

documenti scritti e materiali grafici e 

fotografici connessi alla lavorazione dello 

zolfo, a cura della Società di ricerca e 

studi della Romagna Mineraria, che organizza 

manifestazioni culturali e visite 

negli spazi messi in sicurezza. 

In particolare sono visibili: una sezione 

in scala delle gallerie di estrazione, il 

modello di un forno Gill e il plastico del 

villaggio minerario. 

(m.t.f.) 

Zolfi e zolfatari. Un’attività mineraria scomparsa 

del Cesenate, catalogo della mostra, Cesena 

1986; S. Lolletti, M. Tozzi Fontana (a cura), 

La miniera. Tra documento e racconto, rappresentazione 

e conservazione, Bologna 1991.



12 

Cesenatico 

Antiquarium 

Ordinato nel 1981 in alcuni spazi della 

Biblioteca Comunale, raccoglie materiali 

archeologici, frutto di rinvenimenti per 

lo più non collegati a scavi sistematici, 

provenienti da insediamenti di epoca 

romana sparsi nell’entroterra della cittadina 

balneare, presentati con un ordinamento 

didattico che agevola la conoscenza 

dei principali aspetti dell’organizzazione 

quotidiana in zone eminentemente 

agricole, segnate dalla presenza 

di ville rustiche e di agglomerati insediativi 

con le loro dotazioni edilizie e con 

i loro piccoli sepolcreti. 

Tra gli elementi di maggior valore testimoniale, 

per quanto concerne il quadro 

sociale ed economico del territorio nell’evo 

antico, vanno ricordate le testimonianze 

collegate all’esplorazione della 

fornace romana a Ca’ Turci, un complesso 

produttivo del quale sono ancora 

visibili in situ due dei forni con la relativa 

camera di combustione e il praefornium. 

L’esemplificazione della gamma 

di prodotti di questo impianto proposta 

dal museo pone in evidenza un’attività 

artigianale iniziata nel corso del III secolo 

a.C. e specializzata da un canto nella 

fabbricazione di stoviglie di uso corrente 

e, dall’altro, nella modellazione di statue 

a tutto tondo da utilizzarsi probabilmente 

come complementi d’arredo per 

l’edilizia privata. È previsto un prossimo 

trasferimento dell’antiquarium all’interno 

del costituendo Museo della Città nella 

sede dell’ex Casa di Riposo. 

(f.l.) 

D. Giorgetti, Cesenatico: note di antichità, in 

G. Susini (a cura), Storia di Cesena, vol. I, 

Rimini 1982. 

13 

Cesenatico 

Museo della Marineria 

Il museo è attualmente costituito da una 

“sezione galleggiante” in un tratto del 

portocanale che attraversa il centro cittadino 

e ospita dieci imbarcazioni tipiche 

della marineria a vela dell’alto e 

medio Adriatico. Bragozzi, trabaccoli, 

lance, paranze, topi, battane: sono queste 

le barche galleggianti, tutte databili 

tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del 

nostro secolo. 

Di grande effetto scenografico è il corredo 

delle vele colorate che anima il 

museo durante il periodo estivo. Le 

imbarcazioni, perfettamente restaurate 

secondo le caratteristiche e le funzioni 

d’uso, sono dotate delle strumentazioni 

originali sia per la pesca che per il trasporto 

di materiali. 

Un considerevole nucleo di oggetti e 

documenti riguardanti vari aspetti della 

marineria romagnola, già raccolti in 

una sala del palazzo delle scuole elementari, 

sarà esposto nella “sezione a 

terra” del museo di cui saranno prossimamente 

avviati i lavori di costruzione 

in uno spazio antistante il porto canale, 

su progetto dell’architetto Antonio Nicoli. 

(m.t.f.) 

Cesenatico, Antiquarium: Testa di giovane, proveniente dalla Fornace romana 

La marineria romagnola. L’uomo, l’ambiente. 

Atti del Convegno, Cesenatico 1977, Cesenatico 

s.d.; Cesenatico. Museo della Marineria, Cesenatico 

1984; A. Nicoli, Non solo di museo, «Informazioni 

IBC», V, num. 3-4, 1989, pp. 23-26.


171 

14 

Cesenatico 

Casa Moretti 

Acquisita dal Comune di Cesenatico nel 

1980, per volontà testamentaria di Ines, 

sorella di Marino Moretti, la casa abitata 

dal celebre poeta e scrittore è oggi un 

rinomato Centro di studi e di ricerca sulla 

letteratura del Novecento. L’edificio, 

affacciato sul portocanale, conserva 

pressoché intatti la sua struttura, oltre 

all’arredo (comprendente mobili antichi 

e dipinti e stampe di varie epoche) 

ed al patrimonio librario e documentario, 

donati anch’essi alla comunità cesenaticense, 

che rimandano alla vita ed 

all’opera di Moretti. 

Nato a Cesenatico il 18 luglio 1885, 

Moretti si dedica giovanissimo alla letteratura. 

Nell’archivio morettiano figurano, 

oltre ai testi pubblicati (a cominciare 

dalle prime novelle e poesie, attorno 

al 1902-1903 e dagli articoli e saggi 

scritti per vari giornali e riviste), manoscritti 

e appunti relativi all’intera produzione 

letteraria: dal primo romanzo, 

Il sole del sabato del 1916 alle Poesie 

scritte col lapis, del 1910, ai libri più 

noti (I puri di cuore, 1923; L’Andreana, 

Cesenatico, Casa Moretti: La casa del Santo 

Sangue, copertina del libro di Marino Moretti 

1938; La vedova Fioravanti, 1941) nei 

quali lo scrittore narra storie di semplice 

quotidianità, fino a I Grilli di Pazzo 

Pazzi del 1951 ed alle ultime raccolte 

poetiche, come Diario senza le date 

del 1966. Un importante nucleo archivistico 

è costituito dal carteggio che rivela 

l’ampiezza e l’intensità dei rapporti 

e delle amicizie di Moretti con poeti, 

scrittori, artisti ed intellettuali del suo 

tempo. Fondi librari e documentari di 

altri scrittori sono stati di recente donati 

alla casa-museo. 

S. Santucci (a cura), Uno scrittore nel secolo: 

Marino Moretti. I libri e i manoscritti; i luoghi 

e gli amici, catalogo della mostra, Cesenatico 

1983, Rimini 1983; L’archivio e la biblioteca 

di Casa Moretti a Cesenatico, «Informazioni 

IBC», nn. 4-5, luglio-ottobre 1984; La casa 

sul canale, Cesenatico 1989; Cesenatico: una 

casa per scrivere, «Informazioni IBC» nn. 3-4, 

maggio-agosto 1990. 

15 

Forlì 


“A. Santarelli” 

Forlì, Museo Civico Archeologico “A. Santarelli”: 

Fermaglio di cinturone ostrogoto 

La raccolta archeologica, che è all’origine 

del museo, si forma nel corso dell’Ottocento 

in seguito a varie donazioni 

da parte di collezionisti locali. Ad essa, 

nel 1875, l’archeologo forlivese Antonio 

Santarelli conferisce organico ordinamento 

espositivo, comprendente anche 

i reperti provenienti dagli scavi condotti 

in quel tempo in siti di interesse paletnologico 

come Bertarina di Vecchiazzano, 

Villanova e San Varano. Tale ordinamento 

è stato largamente modificato 

con il trasferimento del museo dal Palazzo 

della Missione (dove aveva sede 

anche un lapidario arricchito nel 1895 

dalla donazione Albicini) al Palazzo degli 

Istituti Culturali in cinque ambienti 

nell’ala sinistra del secondo piano. Nei 

primi anni Sessanta, si opera un nuovo 

trasferimento delle raccolte nella grande 

sala del seminterrato del palazzo, 

dove il museo è attualmente collocato. 

In quella occasione l’ordinamento dei 

materiali viene completamente rinnovato 

secondo più moderni orientamenti 

di carattere cronologico e topografico 

che improntano tuttora l’assetto 

museale, in attesa del trasferimento 

nella nuova sede dei musei della città 

presso l’ex convento di San Domenico 

in corso di restauro. L’itinerario relativo 

all’antica demografia forlivese copre 

un ampio ventaglio cronologico che dal 

Paleolitico inferiore si spinge alla fine 

dell’evo antico. Illustrano uno fra i più 

remoti insediamenti umani della penisola 

italiana e dell’Europa intera i manufatti 

litici del giacimento di Monte Poggiolo, 

cui si attribuisce un’età di circa 

800 mila anni dal presente. Rinvenimenti 

storici, in buona parte effettuati 

dal Santarelli, e recenti acquisizioni 

descrivono lo sviluppo delle culture che 

si sono avvicendate nei dintorni di Forlì



e nella vallate circostanti dal Neolitico 

alla fase della celtizzazione della pianura 

padana. I nuclei di maggiore rilievo 

sono riferibili agli stanziamenti dell’età 

del Bronzo di Bertarina di Vecchiazzano 

e Coriano e al ripostiglio di S. Lorenzo 

in Noceto. Alcuni reperti fanno capo 

al momento terminale della prima età 

del Ferro. La stele di S. Varano, vicina 

alla produzione bolognese delle pietre 

protofelsinee, esibisce i motivi decorativi 

della sfinge alata e dei capridi affrontati 

davanti all’albero della vita, tipici 

della sfera funeraria. Dal canto suo, la 

tomba del guerriero di Carpena ha restituito 

una panoplia completa, della quale 

il pezzo eccellente è costituito dal pettorale 

salvacuore in bronzo sbalzato. 

La sequenza diacronica prosegue con le 

testimonianze relative alla Forum Livi 

romana sia di epoca repubblicana che 

di età imperiale, provenienti da diverse 

zone dell’odierno tessuto urbano e rappresentate 

specialmente da instrumentum 

domesticum. La testa della 

cosiddetta Dea di Schiavonia, copia 

romana (I secolo a.C.) di un originale 

greco, costituisce uno dei pochi esempi 

di manifestazioni artistiche rinvenuti 

in città. Una citazione particolare va 

riservata al mosaico con soggetto marino 

posto a rivestimento di un vasto ambiente 

absidato di una grande residenza 

signorile scoperta a Meldola (inizi VI 

secolo d.C.). Tra i pezzi d’età teodoriciana, 

si conserva il ritratto marmoreo 

tardoantico, riutilizzato in una fontana, 

che è supposto raffiguri Atalarico, nipote 

dell’imperatore. 

Nel portico adiacente al salone del 

museo è ordinata la raccolta lapidaria 

romana. Insieme ad elementi architettonici, 

frammenti di mosaici, laterizi ed 

altri manufatti vi si trovano le iscrizioni 

recuperate nel centro urbano, in particolare 

quella di Costricio, e nei vici e 

pagi del territorio. Alcune epigrafi con 

dedica votiva si accompagnano ad altre 

testimonianze iscritte di carattere funerario 

che commemorano cittadini foroliviensi. 

Un’ultima sezione è dedicata alle iscrizioni 

del vicino municipio di Forlimpopoli; 

particolarmente interessanti sono 

quelle provenienti dalla località Melatello, 

ove esisteva un complesso di opifici 

rurali. 

(f.l.) 

A. Santarelli, Galleria e Museo di Forlì, in Le gallerie 

nazionali italiane, vol. III, Roma 1897, pp. 

141-159; A. Montanelli, Sul riordinamento della 

Pinacoteca e Biblioteca Comunali di Forlì, Forlì 

1920; A. Arfelli, La Pinacoteca e i Musei 

Comunali, Roma 1935; G.A. Mansuelli, R. Turci, 

Il nuovo Museo Archeologico comunale di Forlì, 

«Bollettino d’Arte», I-II, 1961, pp. 182-185; R. 

Turci, Guida al Museo Archeologico di Forlì, 

Milano 1962; G. Susini, Il Lapidario romano del 

Museo civico di Forlì, in R. Turci, Guida al 

Museo Archeologico di Forlì, Milano 1962; A. 

Baldini, M.L. Pagliani, Il Museo Archeologico “A. 

Santarelli”, in G. Viroli, Per un modello di cultura 

figurativa. Forlì, città e museo, Bologna 

1980, pp. 105-114; L. Prati, Forlì. Museo archeologico 

“A. Santarelli”, in «Bullettin de l’Association 

Internationale pour l’Histoire du Verre», 9, 1981- 

83, pp. 134-137; L. Prati, Antonio Santarelli e 

“l’incipiente patrio museo” archeologico di 

Forlì, in C. Morigi Govi, G. Sassatelli (a cura), 

Dalla Stanza delle Antichità al Museo Civico. 

Storia della formazione del Museo Civico 

Archeologico di Bologna, catalogo della mostra, 

Bologna 1984, pp. 523-530; G. Susini (a cura), 

Storia di Forlì. L’evo antico, Bologna 1989; G. 

Bermond Montanari, M. Massi Pasi, L. Prati, 

Quando Forlì non c’era. Origine del territorio e 

popolamento umano dal Paleolitico al IV sec. 

a.C., catalogo della mostra, Forlì 1996; G. Furani, 

L. Prati, in Museo Archeologico, Forlì 1996. 

16 

Forlì 


Dal 1922 la Pinacoteca Civica di Forlì ha 

sede nel monumentale edificio dell’Ospedale 

vecchio che tuttora ospita la 

Biblioteca comunale, il Museo Archeologico 

“A. Santarelli”, il Museo Etnografico 

“B. Pergoli”, ed altre raccolte 

storiche della città di Forlì. 

Costruito a partire dal 1722 su progetto 

di Giuseppe Merenda, l’edificio è stato 

terminato dopo la morte dell’architetto 

con varianti che hanno riguardato 

il grande scalone d’accesso (1778) ad 

opera di Raimondo Compagnini e la facciata 

disegnata da Giuseppe Pani nel 

1827. La pinacoteca forlivese ha origine 

nel 1838. Nel Palazzo della Missione 

(oggi sede dell’Amministrazione Provinciale 

di Forlì-Cesena) furono raccolte 

le opere d’arte rimaste di proprietà 

civica dopo le soppressioni napoleoniche; 

a queste si aggiunsero dipinti ed 

affreschi provenienti dalla Residenza 

municipale e dalla Cattedrale. Notevole 

impulso alla nuova istituzione venne 

fornita dal canonico Domenico Brunel- 

Forlì, Pinacoteca Civica: Antonio Rossellino, Urna del Beato Marcolino Amanni, 1458


173 

Forlì, Pinacoteca Civica: Marco Palmezzano, Annunciazione, inizi XVI secolo 

li, direttore della Biblioteca comunale e 

dal conte Pietro Guarini, gonfaloniere 

della città. Nel 1845 e nell’anno successivo 

vennero aperte le prime due sale 

espositive, la Galleria delle Stampe, il 

Gabinetto dei Disegni, la Sala degli 

Arazzi, e la Sala del Palmezzano. Ulteriori 

incrementi si ebbero nei decenni 

successivi con le donazioni dello stesso 

Guarini e di Melchiorre Missirini (amico 

e biografo di Antonio Canova) comprendenti 

opere di grande pregio come 

le tavole di Beato Angelico, ed anche in 

seguito alle leggi eversive del 1866. La 

celebre Ebe canoviana fu acquistata 

dalla famiglia Guarini. 

Dopo il trasferimento nel Palazzo dell’ex 

ospedale ed un primo riassetto delle raccolte, 

le grandi celebrazioni del quinto 

centenario della nascita di Melozzo - nel 

1938 - costituirono l’occasione per un 

generale riallestimento della pinacoteca, 

in coincidenza anche con la donazione 

da parte di Carlo Piancastelli delle sue 

prestigiose raccolte artistiche, storiche e 

documentarie. Il progetto museografico, 

messo a punto da Francesco Malaguzzi 

Valeri e da Luisa Becherucci, è rimasto 

sostanzialmente inalterato anche nel 

dopoguerra e si riflette nell’odierno ordinamento. 

Attualmente le raccolte (comprendenti 

oltre millecinquecento esemplari tra 

dipinti e sculture, oltre che ceramiche, 

miniature, stampe e disegni, ebanisterie 

e arredi vari) occupano almeno venti sale 

espositive distribuite principalmente nel 

piano nobile dell’edificio. Nel salone centrale 

- l’astanteria del vecchio ospedale - 

si conservano le grandi pale d’altare per 

lo più della pittura romagnola ed emiliana 

del Sei-Settecento. Si ricordano tra le 

altre le opere di Ludovico Carracci (San 

Carlo adora il Bambino, 1614 c.), Francesco 

Albani (San Sebastiano, 1636), 

Guido Cagnacci (Gloria di S. Mercuriale 

e Gloria di S. Valeriano, 1644), Guercino 

(Annunciazione, del 1648 e S. Giovanni 

Battista che predica, 1654), 

Benedetto Gennari il Giovane (Madonna 

del Rosario, fine Seicento), Carlo 

Cignani (Incoronazione di Santa Rosa, 

1685 c.), Felice Andrea e Francesco 

Antonio Bondi (Crocefissione, inizi Settecento). 

Le sale adiacenti sono dedicate 

a Marco Palmezzano (tra le diverse 

tavole si ricordano La Madonna col 

Bambino in trono fra i Santi Severo e 

Valeriano con tre angeli musicanti, 

1520 c., La Madonna col Bambino in 

trono fra i Santi Bartolomeo e Antonio 

da Padova, 1513, L’Annunciazione, 

inizi Cinquecento, La glorificazione 

di Sant’Antonio Abate in trono fra 

San Giovanni Battista e San Sebastiano, 

1496-97), al Pestapepe (emblematica 

insegna di spezieria affrescata nel 

XV secolo) tradizionalmente ritenuta 

opera di Melozzo, ma ora attribuita a pittore 

romagnolo influenzato da Francesco 

del Cossa, con la celebre Dama dei 

gelsomini assegnata a Lorenzo di Credi, 

i primitivi (con dipinti di eccezionale 

pregio come nel caso della Natività e 

della Preghiera nell’orto di Beato Angelico. 

Tra le sculture figurano opere di 

Tommaso Fiamberti, Francesco di Simone 

Ferrucci, e la raffinatissima Urna del 

beato Marcolino Amanni di Antonio



Rossellino. Particolarmente ricca è la 

raccolta degli artisti romagnoli ed emiliani 

del Cinquecento e del primo Seicento: 

tra gli altri, Francesco Zaganelli 

detto il Cotignola (La Concezione della 

Vergine, 1513), Innocenzo Francucci 

(La Vergine col Bambino in trono 

e Santi, 1527), Girolamo Marchesi (La 

madonna col Bambino fra due angeli 

e i Santi Mercuriale e Giovanni 

Battista, 1530 c.), Dosso Dossi (Deposizione 

dalla Croce, 1544 c.), oltre ai 

forlivesi Livio Agresti, Francesco, Pier 

Paolo e Sebastiano Menzocchi, Livio e 

Francesco Modigliani. 

Il percorso espositivo si chiude con una 

rassegna di opere ottocentesche dal 

neoclassicismo al verismo romagnolo. 

In mostra figura anche la quadreria 

Pedriali, acquisita nel 1964, con ventotto 

opere di varie epoche, per lo più 

di ambito emiliano. 

Nella sezione contemporanea figurano, 

tra l’altro, alcune Nature morte e varie 

incisioni di Giorgio Morandi appartenenti 

al Lascito Righini. Annessa alla 

pinacoteca è la Raccolta Verzocchi comprendente 

settanta opere dei maggiori 

pittori italiani del primo Novecento. 

Appartenuta all’industriale Giuseppe 

Verzocchi, la collezione - interamente 

Forlì, Pinacoteca Civica (Collezione Verzocchi): 

Carlo Carrà, Costruttori, 1949 

dedicata al tema “Il lavoro”, per volontà 

dello stesso committente - comprende 

tele, tra le altre, di Carrà, Casorati, De 

Chirico, Depero, Sironi, Rosai, Soffici, 

de Pisis, Birolli, Capogrossi, Turcato, 

Santomaso, Afro. È attualmente in corso 

l’attuazione di un progetto di trasferimento 

della pinacoteca e di altre raccolte 

civiche nella nuova sede museale 

all’interno dell’ex complesso conventuale 

di San Domenico. 

(m.f.) 

A. Arfelli, La Pinacoteca e i Musei Comunali di 

Forlì, Roma 1936; G. Viroli, Per un modello di 

cultura figurativa. Forlì, città e museo, Bologna 

1980; G. Viroli, La Pinacoteca Civica di 

Forlì, 1980; M. De Micheli, Il lavoro nell’arte. 

Collezione Verzocchi, Milano 1984; G. Viroli, La 

Collezione Pedriali nella Pinacoteca Civica di 

Forlì, Forlì 1985. 

17 

Forlì 

Armeria Albicini 

La raccolta è quasi interamente costituita 

dalle armi collezionate dal marchese 

Raffaello Albicini e donate alla 

città dal figlio Livio all’inizio del Novecento. 

Inizialmente collocata nel Palazzo 

della Missione, l’Armeria è stata trasferita 

nel 1922 all’interno del Palazzo 

dei musei dove tuttora conserva pressoché 

intatto l’originale ordinamento in 

tre grandi ambienti del piano nobile, 

decorati con gli emblemi araldici delle 

principali famiglie forlivesi, con la 

disposizione delle armi “a trofeo” e la 

parata di armi in asta. Sono in mostra 

oltre settecento esemplari di armi dal 

XV secolo al secondo Ottocento. 

Si va dalle armi in asta (falcioni, partigiane, 

roncole, corseche, alabarde, quadrelloni 

da breccia, lance, oltre ad un 

brandistocco a lame retrattili) alle armature 

(alcune delle quali di altissimo 

valore storico, come nel caso dell’armatura 

da torneo appartenuta a Brunoro 

Zampeschi, signore di Forlimpopoli nel 

secondo Cinquecento). Particolarmente 

nutrita la raccolta di spade e spadini. 

Tra i diciassette archibugi figura il cinquecentesco 

“Sforza Pallavicino”, con la 

cassa ornata da una lamina in ferro finemente 

lavorata a traforo, con motivi a 

girali e figurette di satiro. 

Tra le armi da fuoco corte, una pistola 

del Maestro dei tralci “a testa di animale” 

(1620 c.) ed una pistola “Acquafresca” 

(1695 c.). 

All’Armeria Albicini è stata annessa una 

raccolta di armi varie provenienti dal 

Congo, donata da Virginia Pedriali alla 

città di Forlì. 

(o.p.) 

G. Viroli, Per un modello di cultura figurativa. 

Forlì, città e museo, Bologna 1980; P. Pinti, Armi 

e Arte. Un viaggio per musei, chiese e castelli 

alla ricerca di armi antiche, alla scoperta 

di cose belle, Ascoli Piceno 1997; R. Bolzani, 

S. Masini, G. Rotazzo, L’antico valore. Genti e 

terre di Romagna dalle Compagnie di Ventura 

al Risorgimento, Milano 1993. 

18 

Forlì 

Museo Romagnolo del Teatro 

Costituitosi a seguito della donazione al 

Comune di Forlì da parte degli eredi di 

Angelo Masini (1844-1926) di una cospicua 

raccolta di cimeli e memorie 

legate alla vita ed all’attività del celebre 

tenore forlivese, il museo ha sede dalla 

fine degli anni Sessanta in alcuni locali 

al pianterreno di Palazzo Gaddi. 

Costruito in più fasi, l’edificio presenta 

caratteri cinquecenteschi nel piano terra 

e nel cortile. 

All’inizio del Settecento furono realizzati 

la scala ed il salone al piano nobile 

ad opera del bolognese Francesco Maria 

Angelini con il probabile contributo di 

Giuseppe Antonio Torri, mentre l’ala 

opposta fu decorata da Felice Giani prima 

del 1820. Il museo, incrementato da 

altri importanti lasciti e depositi e dal 

materiale raccolto da Antenore Colonelli 

sull’attività teatrale in Romagna, 

detiene un patrimonio di oltre seicentocinquanta 

oggetti. 

Nella sala dedicata al Masini sono esposti 

oggetti e ricordi dei trionfi artistici 

del tenore che cantò nei maggiori teatri 

italiani, ma anche all’Imperiale di San 

Pietroburgo ed in varie città sudameri-


175 

cane. Attiguo è l’ambiente che raccoglie 

un gran numero di strumenti musicali 

appartenuti a musicisti e concertisti 

della Romagna o prodotti dalla liuteria 

locale. Di particolare rilievo sono gli 

archi realizzati dalla famiglia Paganini. 

Di Secondo Paganini è esposto un quartetto 

d’archi (due violini, una viola, un 

violoncello) commissionati da Angelo 

Masini. 

Una sala del museo è riservata al soprano 

forlivese Maria Farneti (1877-1955), 

allieva di Mascagni, artista di raffinata 

vocalità, tra le maggiori interpreti dell’opera 

verista. 

Un’altra sezione del museo presenta le 

testimonianze del Teatro Comunale di 

Forlì, edificato su progetto di Cosimo 

Morelli ed inaugurato nella primavera 

dell’anno 1776, e poi ampliato e decorato 

da Gaetano Capizucchi e Mauro 

Berti nella prima metà dell’Ottocento. 

Manifesti, locandine, fotografie raccontano 

la vita del teatro fino alla sua distruzione 

nel 1944 a causa del crollo della 

torre civica minata dalle truppe tedesche 

in ritirata. 

Una vasta sala è dedicata ai Canterini 

Romagnoli, istituzione musicale fondata 

all’inizio del Novecento da Cesare 

Martuzzi, musicista innovativo e raffinato 

autore dialettale. Altri spazi del 

museo fanno riferimento a Ines Fronticelli 

Baldelli, in arte Ines Lidelba, l’elegante 

diva dell’operetta nota per i suoi 

fastosi spettacoli, e al grande attore 

Ermete Novelli del quale sono esposti 

diverse memorie, copioni, bauli da viaggio, 

costumi di scena. 

(l.b.) 

A. Mambelli, Musica e teatro a Forlì nel sec. 

XVIII, Forlì 1933; Musicisti e artisti forlivesi. 

Note storiche biografiche, Forlì 1957; Luigi e 

Giuseppe Secondo Paganini, eccellenti liutai 

romagnoli, «La Piè», 6, 1980, pp. 250-253; M. 

Raffaelli, Il teatro comunale di Forlì nella vita 

musicale italiana (1776-1944), Santa Sofia 

1982; Autunno forlivese 1955. Momenti di cultura 

e arte nella Forlì di inizio secolo, Predappio 

1995; R. Paganelli, Giuseppe Paganelli tenore, 

compositore, impresario (1882-1956), Forlì 

1998. 

19 

Forlì 

Museo Etnografico Romagnolo 

“B. Pergoli” 

È tra i più antichi musei italiani nel campo 

della cultura materiale. Le sue origini 

risalgono alle Esposizioni Romagnole 

Riunite allestite a Forlì nel 1921. In quella 

occasione Aldo Spallicci, Emilio Rosetti 

e Benedetto Pergoli realizzarono la 

Mostra Etnografica Romagnola, che 

costituì di fatto il primo nucleo del museo, 

inaugurato ufficialmente nell’aprile 1922 

all’interno del Palazzo dei musei. Inizialmente 

incentrato sui settori artigianali 

tradizionali (dall’ebanisteria, alla ceramica, 

alle tele stampate) e sui vecchi mestieri, 

nel dopoguerra il museo si è notevolmente 

sviluppato con una crescente presenza 

di strumenti e oggetti legati agli usi 

ed al lavoro contadini. Nel 1964 viene 

aperta, infatti, una nuova sezione museale 

all’interno di Palazzo Gaddi con macchine 

e attrezzi agricoli di grandi dimensioni. 

Attualmente il museo si articola in 

due ampi settori espositivi. Il primo si sviluppa 

all’interno del Palazzo dei musei e 

comprende consistenti collezioni di 

mobili, ceramiche e suppellettili varie con 

le ricostruzioni degli ambienti domestici 

della tipica casa colonica e di quella cittadina. 

Si succedono poi le botteghe tradizionali, 

quelle dello stampatore di tessuti 

a ruggine, del vasaio, del fabbro, del 

liutaio, del ciabattino, del cappellaio, e, 

infine, la caratteristica osteria romagnola. 

Tra gli arredi figura l’interessante serie 

pittorica dell’artista cesenate Giordano 

Severi, dedicata alle Rocche e ai Castelli 

di Romagna (1928-30). A Palazzo Gaddi, 

oltre alle macchine ed agli strumenti connessi 

ai vari cicli lavorativi nella campagna 

romagnola, si propongono le ricostruzioni 

di altre botteghe artigiane: quelle 

del barbiere, del droghiere, del fabbricante 

di caramelle, del tabaccaio, del cordaio, 

del sellaio, del maniscalco, del corniciaio, 

del falegname. Una sezione è 

dedicata alle attività marinare in Romagna, 

con modellini di imbarcazioni e riproduzioni 

delle vele della flotta peschereccia, 

ed alle saline di Cervia. 

(m.t.f.) 

L. Gambi, Il museo etnografico di Forlì, «Lares», 

1, 1942, pp. 18-19; G. Viroli, Per un modello 

di cultura figurativa. Forlì, città e museo, 

Bologna 1980; M. Foschi, L. Prati, Formazione, 

distribuzione e stato delle raccolte comunali, 

in O. Piraccini, Musei: il caso Forlì, inserto di 

«IBC Informazioni», n. 5, 1988. 

20 

Forlì 


“A. Saffi” 

Il primo nucleo del museo si forma nel 

1888 a seguito della donazione al Comune 

di Forlì di cimeli e documenti sulla 

vita e l’attività politica di Piero Maroncelli 

(1795-1846), voluta dalla moglie 

Amalia. 

Il museo, che si è poi ulteriormente arricchito 

grazie a lasciti e depositi da parte 

di cittadini forlivesi, specialmente nei 

primi decenni del nostro secolo, detiene 

oggi un vasto patrimonio che va dal 

periodo napoleonico sino alla seconda 

guerra mondiale. È stato trasferito nel 

1964 nel piano nobile di Palazzo Gaddi 

dove è ordinato in otto ampie sale intitolate 

a personaggi diversi o dedicate a 

specifici aspetti e temi storici. Tre sezioni 

sono dedicate ad altrettanti protagonisti 

del Risorgimento: Piero Maroncelli, 

Achille Cantoni e Aurelio Saffi. 

Seguono le sale dell’XI Reggimento 

Fanteria, glorioso reparto di stanza a 

Forlì (di cui è in mostra il “Diario Storico” 

dal 1871 al 1938); della prima guerra 

mondiale, con i cimeli dei forlivesi 

combattenti (tra gli altri Fulcieri Paulucci 

de Calboli); delle guerre d’Africa 

(particolarmente documentata quella 

d’Etiopia). 

Annessa al museo è la sala Raniero Paulucci 

de’ Calboli che raccoglie pregevoli 

rilegature (secc. XVI-XX), arredi e sculture 

di Adolfo Wildt, donate anch’esse 

alla città di Forlì dallo stesso Raniero in 

memoria del figlio Fulcieri. 

(p.t.) 

A. Mambelli, Il Museo del Risorgimento e gli 

archivi contemporanei in Forlì, «Rassegna 

storica del Risorgimento», XXVII, 1940, p. 1013 

e ss.



21 

Forlì 

Museo Storico Sezionale 

“Dante Foschi” 

In una sala al secondo piano della sede 

provinciale dell’Associazione Nazionale 

Mutilati e Invalidi di Guerra è ospitata 

una ricca ed eterogenea raccolta di 

materiali donati da soci e loro familiari. 

Si tratta per la maggior parte di cimeli 

storici relativi alla prima guerra mondiale 

e alle guerre coloniali. 

La raccolta comprende uniformi, medagli, 

bandiere, ma anche nuclei omogenei 

come quello con gli oggetti bellici 

riadattati dai soldati nelle trincee e 

quello con i cimeli del “santo dei mutilati”, 

Fulcieri Paulucci de’ Calboli; o 

come la raccolta di dipinti, eseguiti con 

tecniche diverse, del pittore Maceo Casadei 

su scene e aspetti del fronte nella 

guerra del 1915-18, e quelle di cartoline 

d’epoca. 

Nel 1993, tutto il materiale unitamente 

alla ricca biblioteca dell’Associazione, è 

stato donato al Comune di Forlì, che si 

è impegnato a conservarlo nella sede 

originaria. 

(p.t.) 

22 

Forlì 

Museo Ornitologico 

“Ferrante Foschi” 

Il museo è stato aperto al pubblico nel 

1984. Ha sede al piano terra del rinascimentale 

Palazzo Numai ed è incentrato 

sulla collezione ornitologica costituita 

da oltre tremila esemplari dell’avifauna 

italiana. 

Iniziata da Ferrante Foschi nel 1934 

(con una Ghiandaia marina, un Tarabuso 

ed un Airone Cenerino donati dal 

naturalista forlivese Pietro Zangheri) la 

collezione si è progressivamente ampliata 

fino al 1980, con l’acquisizione di 

numerose altre raccolte italiane, in alcuni 

casi risalenti al secolo scorso. 

Tra queste si segnalano, per importanza 

storica e ricchezza di esemplari, 

quelle Dal Nero di Verona, Dellagiacoma 

di Predazzo, Vici di Arcevia, Ragionieri 

e Rasoini di Firenze, Trischetta di 

Messina. 

Con la ricchezza delle sue raccolte e le 

molteplici attività in campo scientifico, 

promozionale e didattico, il museo svolge 

un ruolo di rilievo in campo nazionale. 

Ha, inoltre, una vasta biblioteca aperta 

al pubblico con migliaia di volumi di 

argomento naturalistico e scientifico. Il 

museo ospita una Società di studi naturalistici 

che organizza e realizza indagini 

e ricerche territoriali in accordo con 

enti pubblici in ambito regionale ed 

extraregionale. 

(m.f.) 

U.F. Foschi, Catalogo delle collezioni del Museo 

Ornitologico Ferrante Foschi, Forlì 1984; F. 

Foschi, Uccelli di Romagna, Rimini 1986. 

23 

Forlimpopoli 

Museo Archeologico Civico 

Inaugurato nel settembre 1961, il museo 

ha sede al piano terreno della rocca 

fatta erigere da Egidio Albornoz alla 

fine del Trecento sui ruderi dell’antica 

cattedrale di S. Maria di Forlimpopoli 

poi restaurata, un secolo più tardi, da 

Pino degli Ordelaffi. È stato di recente 

riordinato in sei ambienti espositivi nei 

quali sono disposte, in successione cronologica, 

le testimonianze connesse con 

la storia della città e del territorio circostante 

fra l’età preromana e l’alto 

Medioevo. 

Il primo nucleo dell’odierno museo si 

era formato attorno agli anni Trenta per 

opera di Andrea Benini che aveva riunito 

nell’ala orientale della rocca reperti 

archeologici, cimeli, materiali lapidei 

iscritti, unitamente a diversi oggetti 

d’arte provenienti da edifici di culto cittadini. 

L’odierno percorso espositivo - che presenta 

all’inizio diversi oggetti di origine 

extregionale, risalenti ad epoche e luoghi 

diversi - riserva uno spazio specifico 

alla preistoria ed alla protostoria 

locale. Nell’arco di questo ampio periodo 

di tempo risultano di particolare 

interesse i tecnocomplessi del Paleolitico 

inferiore, raccolti nel pedecollina a 

sud della città, con manufatti arcaici su 

ciottolo probabilmente coevi a quelli del 

giacimento di Monte Poggiolo di Forlì, 

e dunque ascrivibili alle primissime fasi 

del popolamento umano in Emilia-Romagna. 

Nell’ampio salone centrale del museo si 

entra in contatto con quella che fu la 

Forlimpopoli romana, l’antico Forum 

Popili, edificato lungo la via Emilia, sulla 

sinistra del torrente Ausa. I resti di 

grandi pavimenti musivi e i lacerti di 

rivestimenti pavimentali meno elaborati 

si rincorrono sulle pareti come quinte 

e pannelli scenici di grande effetto, 

attorniando oggetti delle più svariate 

tipologie. Ordinati entro vetrine e raccolti 

lungo le pareti del suggestivo ambiente 

a soffitti voltati, essi aprono numerosi 

squarci sulla vita domestica e le 

occupazioni dei foropopiliensi. Nella 

Sala III trova posto anche il lapidario 

romano che vede riunite alcune iscrizioni 

di grande valore testimoniale per 

la ricostruzione della vita civile e politica 

della città. 

Ai molteplici aspetti dello sviluppo 

demografico del territorio e dell’agglomerato 

urbano in età romana si riferiscono 

anche i materiali raccolti nelle 

altre sale del museo. Il percorso termina 

con una campionatura di ceramiche 

policrome risalenti all’epoca medievale 

e post medievale, recuperate in seguito 

a sterri avvenuti in diverse zone della 

città. 

(f.l.) 

G. Susini, Pietre iscritte foropopiliensi, 

«Forum Popili», 2, 1975, pp. 216-220; T. Aldini, Il 

museo di Forlimpopoli, «La Piè», 4, luglio 1980, 

pp. 156-158; T. Aldini, Manufatti del Paleolitico 

inferiore a Forlimpopoli, Forlimpopoli 1985; T. 

Aldini, Andrea Benini e i Civici Musei di 

Forlimpopoli, «Il Comune», XV, 2, 1986, pp. 6-7; 

T. Aldini, Il Museo Archeologico Civico di 

Forlimpopoli, Forlimpopoli 1990.

Ferrara, Museo Archeologico Nazionale di Spina 

LVII

Ferrara, Museo Archeologico Nazionale di Spina 

XLVIII

In questa e nelle pagine seguenti: 

Ferrara, Palazzo dei Diamanti 

LIX

Ferrara, Pinacoteca Nazionale 

LXII

Ferrara, Palazzina di Marfisa d’Este, la Loggia degli aranci 

LXIII

Ferrara, Museo Boldini 

LXIV

LXV

Il castello della Mesola 

LXVI

Delta del Po 

LXVII

Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche 

LXVIII

LXIX

Faenza, Palazzo Milzetti 

LXX

LXXI

Ravenna, Loggetta Lombardesca 

Nelle pagine precedenti: Ravenna, Pinacoteca Comunale, Statua funebre di Guidarello Guidarelli 

LXXIV

Ravenna, Museo Nazionale 

LXXV

Forlì, Pinacoteca Civica 

LXXVI

La Rocca di Forlimpopoli 

LXXVII

Cesena, Biblioteca Malatestiana e Museo Archeologico 

LXXVIII

Rimini, Tempio Malatestiano 

LXXIX

La Rocca Malatestiana di Verucchio 

LXXX


177 

24 

Galeata 

Museo Civico 

“Monsignor Domenico Mambrini” 

Galeata, Museo Civico “Monsignor Domenico 

Mambrini”: Chiave in ferro con impugnatura 

enea cinomorfa 

Galeata, Museo Civico “Monsignor Domenico Mambrini”: Madonna dell’Umiltà, XIV secolo 

Il museo è stato istituito nel 1944, allorché 

alla morte di Mons. Domenico Mambrini 

le sue collezioni di antichità e 

memorie patrie divennero di proprietà 

pubblica e furono ordinate nel Palazzo 

Pretorio, antico edificio ristrutturato 

nella prima metà del Seicento e alla fine 

del secolo scorso. 

L’attuale ordinamento consente una 

dettagliata lettura della storia di Galeata 

e del suo territorio, che ha il principale 

fulcro nelle vestigia del centro 

romano di Mevaniola, nei resti del 

cosiddetto Palazzo di Teodorico e nell’Abbazia 

di Sant’Ellero, carissima alla 

devozione locale. 

Mevaniola, identificata da Mons. Mambrini 

nel 1934, sorgeva su un pianoro nel 

borgo di Pianetto, nei pressi di Galeata. 

Qui, una serie di esplorazioni ha riportato 

parzialmente in luce i resti di alcuni 

edifici - il foro, le terme, il teatro a 

cavea semicircolare - risalenti al I secolo 

a.C., quando si dette avvio ad un programma 

di monumentalizzazione urbana 

per dotare delle necessarie strutture 

pubbliche la città, nel frattempo divenuta 

municipio. 

I materiali archeologici di Mevaniola 

offrono un’esemplificazione esauriente 

e ricca di dettagli su pressoché tutti gli 

aspetti della vita pubblica e privata nella 

città romana. Un unicum la chiave in 

ferro di grandi dimensioni e peso con 

impugnatura a testa di cane simile alle 

attuali e simboliche “chiavi della città”. 

Manufatti in pietra, bronzi votivi di età 

arcaica, reperti dell’orizzonte villanoviano 

ed umbro documentano il popolamento 

preistorico della vallata bidentina. 

Analogamente, i materiali di età 

teodoriciana, bizantina e longobarda 

testimoniano le ultime fasi di vita dell’antico 

centro romano, poi la presenza 

dei Goti o di piccole comunità gotizzate 

e, infine, l’arrivo di genti di stirpe straniera 

che diedero vita ad episodici stanziamenti 

nella valle. 

Il museo possiede anche una cospicua 

raccolta di iscrizioni, per lo più romane 

di ambito funerario, e di materiali lapidei 

riferibili alle diverse fasi di vita dell’Abbazia 

di S. Ellero e alle botteghe che 

lavorarono alla sua decorazione. Si segnala, 

in particolare, il bassorilievo marmoreo 

databile al XII secolo in due lastre 

raffiguranti rispettivamente il Santo 

eremita assistito da un angelo e Teodorico 

sul punto di essere disarcionato 

da cavallo. Nelle sale al piano superiore



è riunita una raccolta eterogenea di 

manufatti e materiali artistici e storici 

di varia natura, provenienti per lo più da 

edifici di culto della zona e da donazioni 

e lasciti. Al museo sono annessi una 

piccola biblioteca comprendente alcuni 

volumi e manoscritti antichi e l’Archivio 

Storico della Potesteria di Galeata dal 

1500 al primo trentennio del nostro 

secolo. Da ormai diverso tempo l’Amministrazione 

Comunale lavora all’ipotesi 

di un trasferimento del museo nel 

recentemente restaurato convento di 

Pianetto, in prossimità dell’area archeologica 

di Mevaniola. 

(f.l.) 

P. Monti, I materiali preromani del Museo 

Mambrini di Galeata, «Studi Romagnoli», X, 

1959, pp. 13-23; G. Susini, Fonti mevaniolensi, 

«Studi Romagnoli», X, 1959, pp. 25-58; Galeata. 

I monumenti, il museo, gli scavi di Mevaniola, 

Bologna 1983; G. Susini, Mevania, Mevaniola: 

le due Umbrie, in Cultura epigrafica dell’Appennino. 

Sarsina, Mevaniola e altri studi, 

Faenza 1985, pp. 7-14; P. Bolzoni, Idea di 

Galeata. ambiente, archeologia, architettura, 

Forlimpopoli 1997. 

25 

Longiano 

Museo del Territorio 

Il museo ha sede in un modesto edificio 

di proprietà comunale, costruito attorno 

agli anni Sessanta ed utilizzato come asilo 

infantile. Si è costituito in diversi momenti 

con l’aggregazione di materiali tipologicamente 

differenti e di varie provenienze 

anche se in larga misura riferibili 

all’ambito territoriale longianese. 

Attualmente sono presenti circa tremila 

oggetti, donati e depositati da collezionisti 

e ricercatori locali. La raccolta è 

ordinata in undici ambienti espositivi. 

Al piano terreno figurano strumenti e 

materiali legati ad attività artigianali tradizionali: 

falegname, fabbro, meccanico, 

calzolaio, muratore, barbiere. Sono anche 

esposti attrezzi per la lavorazione del 

vino. Al piano superiore dell’edificio, sono 

ricostruite la cucina tipica romagnola 

e la camera da letto “in stile anni Trenta”. 

In due sale vengono proposti strumenti 

per la lavorazione della tela, e per 

i lavori della campagna. Un ambiente è 

dedicato ad immagini devozionali di santi 

patroni, mentre lungo le scale sono 

appese fotografie originali riferite anche 

agli antichi castelli malatestiani. Sparsi 

nel piccolo giardino sono visibili attrezzi 

di grande mole per la semina, l’aratura 

ed altri lavori agricoli. 

(o.p.) 

26 

Longiano 

Museo d’Arte Sacra 

Istituito dal Comune di Longiano d’intesa 

con la Curia Vescovile di Cesena, il 

museo è stato inaugurato nel 1989. 

Ha sede all’interno della settecentesca 

Chiesa di S. Giuseppe Nuovo, elegante 

edificio a croce greca con pregevoli ornati 

in stucco realizzati dal riminese Antonio 

Trentanove fra il 1789 ed il 1791. 

Agli altari figurano tuttora tre grandi 

pale già attribuite a Gian Gioseffo Dal 

Sole, ed oggi assegnate ad Antonio Zanchi 

il Giovane (Transito di San Giuseppe, 

Madonna col Bambino e i Santi 

Francesco Saverio e Francesco di 

Paola, Angeli in volo e medaglione con 

Madonna col Bambino). Tra gli altri 

Longiano, Fondazione Tito Balestra: Mino Maccari, Al mare, 1952 

dipinti della chiesa sono segnalabili il S. 

Valerio Martire di Giuseppe Rosi (del 

1748, con un’interessante veduta del 

paese di Longiano), una pregevole Crocefissione 

seicentesca, ed una Via Crucis 

del XVIII secolo. Alcuni quadri e arredi 

(tra gli altri, alcune eleganti panche 

decorate) provengono dalla chiesetta 

della Madonna di Loreto annessa al Castello 

Malatestiano. Appartengono 

all’arredo originale di S. Giuseppe Nuovo 

suppellettili sacre (argenterie, intagli, 

paramenti) esposte insieme ad altri 

oggetti e depositate nel museo da edifici 

di culto del territorio longianese. 

(v.m.) 

O. Piraccini, Il patrimonio artistico della 

Provincia di Forlì. Gli edifici di culto del territorio 

delle Diocesi di Cesena e Sarsina, Rapporto 

18 della Soprintendenza alle Gallerie, Bologna 

1974; M. Cellini, Longiano. S. Giuseppe Nuovo. 

Museo d’Arte Sacra, Rimini 1989. 

27 

Longiano 

Fondazione Tito Balestra 

Costituitasi nel 1989 con lo scopo di 

tutelare la raccolta d’arte moderna del 

poeta e scrittore longianese Tito Balestra 

(1923-1976), la Fondazione ha se-


179 

Longiano, Fondazione Tito Balestra: Mino 

Maccari, Senza titolo, 1962 

Longiano, Museo Italiano della Ghisa 

de nel Castello Malatestiano, possente 

edificio due-trecentesco che domina 

il suggestivo borgo medievale. Nelle 

dodici sale del castello - che ha subito 

diverse modificazioni nel corso del 

tempo, dapprima nel XV secolo ad 

opera dei Rangoni, signori di Longiano, 

e nel secolo scorso, allorché divenne 

sede della residenza municipale - si 

conserva l’intera collezione di Tito 

Balestra comprendente oltre duemila 

opere pittoriche, grafiche e scultoree. 

Formatasi durante il lungo periodo di 

vita trascorso a Roma da Balestra 

(autore di numerose raccolte poetiche, 

da Quiproquo edito da Garzanti 

nel 1974 a Poesie di Liestal del 1976, 

e collaboratore de “Il Mondo” e di altre 

riviste letterarie) a contatto con gli 

ambienti artistici della capitale, la collezione 

presenta elementi di particolare 

interesse nel contesto della vicenda 

figurativa italiana del Novecento. 

Dell’opera di Mino Maccari, la Fondazione 

Tito Balestra detiene uno dei fondi 

più rilevanti tuttora esistenti a livello 

nazionale. Nelle sale del castello 

sono pure esposte notevoli serie pittoriche 

e grafiche di Mafai, Rosai, de 

Pisis, Morandi, Guttuso, Vespignani, 

Bartolini, Zancanaro, Ziveri, Campigli, 

Fantuzzi, Sironi, Vangelli e di altri 

maestri novecenteschi. Una sala è 

dedicata alle opere di artisti stranieri, 

quali Chagall, Kokoschka, Matisse, 

Heckel. 

La Fondazione, oltre a svolgere un’intensa 

attività di promozione e valorizzazione 

del proprio patrimonio, realizza 

importanti rassegne espositive sui 

protagonisti dell’arte e della letteratura 

del Novecento italiano. 

(o.p.) 

La Collezione Balestra, Roma 1982; F. Balestra 

(a cura), Incisioni di Mino Maccari per il 

“Selvaggio”, 1924-1943. Collezione Tito Balestra, 

Siena 1998. 

28 

Longiano 

Museo Italiano della Ghisa 


all’interno della ex Chiesa di S. Maria 

delle Lacrime nel vecchio borgo del paese, 

su iniziativa di Domenico e Antonio 

Neri, titolari di una importante ditta produttrice 

di materiali lavorati in ghisa. Qui 

è allestita una parte della raccolta, iniziata 

da Domenico fin dai primi anni Sessanta, 

e pure visibile in alcuni locali all’interno 

dell’azienda che ha sede in territorio 

longianese, lungo l’asse della Via 

Emilia. Complessivamente il museo conta 

oltre trecento elementi dell’antico arredo 

urbano in ghisa (lampioni, mensole, 

colonne, fontane, panchine, ringhiere, 

fittoni, lanterne) provenienti da diverse 

città sia emiliane e romagnole che 

italiane mediante donazioni da parte 

delle amministrazioni pubbliche, depositi 

privati e acquisti sul mercato antiquariale. 

Tra gli oggetti esposti figura un 

lampione del 1846 proveniente da Parma. 

Si segnalano, inoltre, un imponente 

palo (circa due tonnellate di peso) degli 

anni Venti-Trenta composto di tre parti 

con un grande pastorale proveniente dal 

Palazzo di Giustizia di Roma ed un altro 

modello (circa 8 metri d’altezza) costruito 

dalla Ditta Continentale già Brunt, a 

suo tempo collocato in Piazzale Loreto a 

Milano. Da Napoli viene un basamento di 

palo finemente decorato con una figuretta 

femminile, databile tra la fine dell’Ottocento 

e gli inizi del nostro secolo. 

Non meno preziose sono le lavorazioni 

di altri elementi decorativi connessi ai 

vecchi impianti d’illuminazione urbana, 

con mascheroni, forme antropomorfe, 

leoni alati e festoni vegetali. Il museo 

dispone di una ricca raccolta di cataloghi 

d’epoca di ditte produttrici di opere 

in ghisa, di un notevole archivio fotografico 

e di vario materiale documentario. 

Pubblica, inoltre, la rivista “Arredo 

& Città” dedicata agli aspetti storici ed 

all’attualità dell’ornato urbano. 

(o.p.) 

Il Museo Italiano della Ghisa, numero speciale 

di “Arredo & Città”, 11, n. 2, 1998.



29 

Modigliana 


“Silvestro Lega” 

Inaugurata nel 1999 all’interno di Palazzo 

Pretorio, notevole edificio di fine Trecento, 

ampliato e modificato nel secolo 

scorso, la pinacoteca comprende un cospicuo 

patrimonio figurativo otto-novecentesco. 

Accanto ad un prestigioso nucleo 

di opere del celebre Silvestro Lega, 

figura l’interessante raccolta donata nel 

1959 dal collezionista Michele Campana. 

Tra le altre, sono esposte opere di 

Annibale Gatti, Gino Barbieri, Baccio 

Maria Bacci, Armando Spadini, Edoardo 

Gordigiani, Luigi Servolini, Domenico 

Baccarini. Una sezione comprende i 

dipinti acquisiti a partire dagli anni Cinquanta 

in occasione delle varie edizioni 

del Premio Nazionale di pittura intitolato 

a Silvestro Lega. 

La raccolta documenta in modo originale 

movimenti d’avanguardia e tendenze 

del secondo Novecento, dall’astrattismo 

storico all’arte ottica e a quella 

concettuale. Sono presenti opere, tra 

le altre, di Getulio Alviani, Concetto 

Pozzati, Plinio Mesciulam. Completano 

il percorso museale altri dipinti (tra gli 

altri, I nuotatori del faentino Francesco 

Nonni) acquisiti attraverso donazioni 

o nel quadro delle iniziative espositive 

promosse dal Comune. 

(o.p.) 

O. Piraccini (a cura), Modigliana: Il Premio 

«Silvestro Lega», in Il “Campigna” e gli altri. 

Concorsi d’arte nel dopoguerra a Forlì e dintorni, 

Catalogo della mostra (Forlì 1997, Bologna 

1997, pp. 57-59; Pinacoteca Comunale 

“Silvestro Lega”, Modigliana 1999. 

30 

Modigliana 

Museo Civico 

“Don Giovanni Verità” 

Il museo, istituito nel 1932, ha tuttora 

sede nella casa dove visse Don Giovanni 

Verità (1807-1885), nota figura di sacerdote 

patriota del nostro Risorgimento, 

Modigliana, Museo Civico “Don Giovanni Verità” 

che salvò Giuseppe Garibaldi nell’agosto 

1849, durante la storica fuga del generale 

in terra di Romagna, ospitandolo nella 

sua dimora. Nell’edificio, che conserva la 

sua originale struttura ottocentesca, il 

museo si articola in diversi settori espositivi, 

alcuni dei quali mantengono l’iniziale 

ordinamento museale. Al piano terreno, 

la sezione risorgimentale comprende 

cimeli e documenti legati alla figura ed 

alla vita di Don Verità. È pure visitabile la 

camera da letto del sacerdote, arredata 

con francescana semplicità. Al piano 

superiore - dove, nell’allestimento originale, 

era collocata la biblioteca - è oggi 

allestita una mostra sulla Resistenza con 

documenti, immagini ed alcune armi e 

cimeli relativi all’attività partigiana nella 

zona modiglianese. In due sale si conservano 

copie di stampe con vedute del paese, 

provenienti dal Fondo Piancastelli 

della Biblioteca Comunale di Forlì e alcune 

celebri opere (Ritratto di Garibaldi, 

Ritratto di Don Verità) del pittore Silvestro 

Lega, nato a Modigliana nel 1826 

e morto nel 1895, partecipe anch’esso 

delle vicende risorgimentali. Nelle cantine 

della casa è collocata una piccola raccolta 

archeologica con reperti di provenienza 

locale che vanno dall’età del Bronzo 

al periodo romano. 

(p.t.) 

Camicia Rossa, numero monografico nel 

Centenario della morte di Don Giovanni Verità, 

8, 1935; P. Zama, Don Giovanni Verità, prete 

garibaldino, II ediz., Faenza 1966; L. Savelli, 

Guida di Modigliana, Faenza 1982; Comune di 

Modigliana. Centenario della morte di Don 

Giovanni Verità, Faenza 1985; 1826-1895. G. 

Matteucci, C. Sisi, Silvestro Lega. Opere dalle 

collezioni pubbliche e private nel centenario 

della morte, Bologna 1995. 

31 

Premilcuore 

Museo della Fauna del Crinale 

Romagnolo 

Istituito fin dal 1980, dapprima come 

raccolta permanente della flora e della 

fauna, a seguito di numerose donazioni 

da collezionisti privati e di depositi di 

materiali provenienti da diverse istituzioni 

(Provincia di Forlì, Comune di Premilcuore, 

ex A.s.f.d. di Pratovecchio, 

Associazione “Pro Natura” di Forlì), il 

museo ha sede in un edificio adibito a 

Centro Visita all’interno del Parco Nazionale 

delle Foreste Casentinesi. 

Nel 1993, per iniziativa diretta del Comune 

di Premilcuore e della provincia 

di Forlì, si è dato luogo ad un generale 

riordinamento delle raccolte, in funzione 

eminentemente didattica anche attraverso 

la ricostruzione di piccoli ecosistemi 

animali e vegetali. Nelle diverse 

“ricostruzioni ambientali” sono presenti, 

fra gli altri, il lupo, il daino, il cervo, 

varie speci di uccelli rapaci, ma anche 

insetti, anfibi e rettili. 

(g.b.p.) 

32 

San Mauro Pascoli 

Casa Pascoli 

La casa natale di Giovanni Pascoli (1855- 

1912), monumento nazionale dal 1924, 

è situata nel centro del paese. Qui il poeta 

trascorse la propria infanzia e la fami-


181 

33 

Santa Sofia 

Galleria d’Arte Contemporanea 

“Vero Stoppioni” 

Santa Sofia, Galleria d’Arte Contemporanea “Vero Stoppioni”: Mattia Moreni, Autoritratto n° 2, 1986 

glia Pascoli abitò fino alla morte del 

padre Ruggero. Notevolmente danneggiata 

nel corso della seconda guerra 

mondiale, è stata ricostruita nelle forme 

originali. Il percorso museale inizia dalla 

cucina, rimasta sostanzialmente intatta 

e nella quale si conservano i mobili esistenti 

al tempo dei Pascoli. Al primo piano 

sono esposte lettere autografe del 

poeta e alcune fotografie di famiglia, del 

padre Ruggero, della madre e delle sorelle 

Ida e Maria. Altri documenti pascoliani 

sono presenti nella camera da letto 

che conserva anch’essa arredi originali, 

oltre alla culla di Giovanni infante. 

Figurano anche gli autografi di illustri 

visitatori della casa. In un apposito ambiente 

sono sistemati alcuni mobili ed 

arredi dello studio di Bologna con le pubblicazioni 

dello stesso Pascoli ed i vocabolari 

da lui usati. Nel giardino sono visibili 

alcune delle piante ricordate dal poeta 

nelle sue liriche. 

(o.p.) 

Istituita nel 1990, la galleria è intitolata 

a Vero Stoppioni, fondatore ed animatore 

del “Premio Campigna”, uno dei 

principali concorsi d’arte in Italia del 

dopoguerra. Ha sede in un ex edificio 

scolastico opportunamente riadattato, 

che consente l’esposizione permanente 

di circa cento opere fra quelle acquisite 

nelle varie edizioni del Premio, dal 

1955 ad oggi. Fra gli artisti presenti figurano 

i maggiori esponenti della vicenda 

figurativa romagnola del Novecento, da 

Sughi a Cappelli, da Piraccini a Ruffini 

a Sartelli e alcuni protagonisti a livello 

nazionale ed internazionale come Korompay, 

Saffaro, Vacchi, Fieschi, Bonfanti, 

Francese, Mandelli, Morlotti, Soffiantino, 

Ruggeri, Plessi, Velickovic, 

Petlin, Berman. La galleria conserva 

anche un interessante fondo documentario 

con testimonianze relative alle 

diverse edizioni del premio, lettere 

autografe di artisti e critici d’arte, fra i 

quali figurano Francesco Arcangeli, 

Marco Valsecchi, Enrico Crispolti, Luigi 

Carluccio, Mario De Micheli, Giuseppe 

Raimondi. 

Una sezione del museo è dedicata a Mattia 

Moreni, il celebre artista informale 

attivo per qualche tempo proprio a Santa 

Sofia, nel corso degli anni Settanta- 

Ottanta. Qui, ha realizzato, tra l’altro, la 

grande Mistura (opera polimaterica eseguita 

a più riprese tra il 1976 e il 1984), 

tuttora esposta nella zona centrale del 

vasto ambiente espositivo del museo. Un 

ampliamento degli attuali spazi allestitivi 

consentirà prossimamente la creazione 

di un vero e proprio “museo nel museo” 

dedicato a Mattia Moreni. 

Collegato alla Galleria d’Arte Contemporanea 

è il Parco di Sculture all’Aperto, 

inaugurato nel 1993 sulle rive del fiume 

Bidente. Lungo un itinerario di circa 

due chilometri dalla località Capaccio, 

al centro di Santa Sofia, sono attualmente 

in opera, tra le altre, sculture 

monumentali di Francesco Somaini,



Nicola Carrino, Luigi Mainolfi. Nel 1997, 

nel tratto di fiume che attraversa Santa 

Sofia, è stato inaugurato un complesso 

scultoreo di Anne e Patrick Poirier intitolato 

L’esilio di Ulisse. 

(o.p.) 

O. Piraccini (a cura), Il “Campigna” e gli altri. 

Concorsi d’arte nel dopoguerra a Forlì e dintorni, 

Catalogo della mostra (Forlì 1997, Bologna 

1997; R. Barilli (a cura), Moreni & Co. 

Cinquanta artisti della Collezione di Santa 

Sofia, catalogo della mostra, Santa Sofia 1990- 

91, Milano 1990; D. Trento (a cura), Francesco 

Arcangeli a Santa Sofia (1967-1973), catalogo 

della mostra, Santa Sofia 1998. 

34 

Sarsina 


Sarsinate 

La raccolta di interesse eminentemente 

epigrafico riunita agli inizi del Seicento 

dall’erudito sarsinate Filippo Antonini 

può considerarsi il nucleo originale 

del museo, la cui istituzione da parte 

del Comune di Sarsina si data all’ultimo 

decennio dell’Ottocento, quando 

Sarsina, Mausoleo di Aulo Murcio Obulacco 

Sarsina, Museo Archeologico Nazionale Sarsinate: Cavallo e cavaliere 

l’archeologo forlivese Antonio Santarelli 

riceve l’incarico di procedere ad un 

primo ordinamento delle vestigia archeologiche 

provenienti dall’antica città 

romana. L’importanza e l’ampiezza 

delle collezioni museali, alle quali con il 

tempo si sono aggiunti i materiali della 

necropoli romana di Pian di Bezzo ed altri 

reperti frutto di numerose campagne 

di scavo in ambiente urbano ne hanno 

determinato in seguito l’acquisizione da 

parte dello Stato. La documentazione 

archeologica relativa all’intero arco di 

vita del centro umbro e romano copre 

quindi uno spazio temporale di diversi 

lustri, dal IV secolo a.C. al II secolo d.C., 

testimoniando la floridezza di cui la città 

ha goduto specialmente fra il periodo 

tardo repubblicano e l’epoca imperiale, 

momento nel quale si raggiunge il livello 

più alto di monumentalizzazione e di 

organizzazione urbanistica. 

Non sono molti i ruderi del municipium 

romano ancora visibili entro l’odierna 

Sarsina, ma fra essi risalta in particolar 

modo per la sua eleganza il mausoleo di 

Aulo Murcio Obulacco ricostruito, con 

l’aggiunta di elementi integrativi moderni, 

presso il Parco delle Rimembranze, 

proprio all’ingresso del paese. 

Si tratta di un singolare monumento 

funerario ad edicola terminante con 

un’alta guglia a forma di cuspide e volute 

a riccio che originariamente si elevava 

all’interno della necropoli di Pian di 

Bezzo, ubicata nel fondovalle a sud del 

colle Calbano su cui è arroccata la città. 

Dal punto di vista archeologico questa 

area cimiteriale rappresenta una vera 

rarità poiché il suo precoce interramento 

dovuto a cause naturali l’ha preservata 

nel suo primitivo assetto sino ai 

giorni nostri, consentendone lo scavo e 

lo studio integrale. 

Allineata lungo i margini della strada 

che conduceva alla volta di Cesena, la 

necropoli costituisce, infatti, una sorta 

di compendio di tutti monumenti sepolcrali 

di tipologia conosciuta in ambito 

regionale, primi fra tutti i monumenti 

lapidei a cuspide dei Murcii, il grande 

mausoleo pure ad edicola cuspidata con 

statue di defunti negli intercolumni di 

Rufo e la tomba a dado con fregio dorico 

di Publio Verginio Peto. I monumenti 

di questi due esponenti delle famiglie 

magnatizie sarsinati si conservano oggi 

presso il Museo Nazionale, dove sono 

stati sottoposti ad importanti interventi 

di restauro e di integrazione in occa-



183 

Sarsina, Museo Archeologico Nazionale Sarsinate: 

Statua di Attis 

sione dell’ultimo aggiornamento espositivo. 

Il museo occupa una dozzina di 

ambienti all’interno di un antico edificio 

nel centro storico sarsinate. 

Al piano terreno è ospitato il lapidario 

con l’ampia documentazione relativa 

agli aspetti architettonici ed artistici 

della città. Vi sono esposte le iscrizioni 

dei Sassinates illustri, le epigrafi civili, 

comprese quelle menzionanti l’erezione 

delle mura urbiche in età repubblicana, 

i documenti di carattere religioso con i 

resti dell’edificio di culto voluto da Cesio 

Sabino, personaggio illustre ricordato 

anche dal poeta Marziale. Seguono 

altre testimonianze iscritte e pietre 

funerarie di varia forma e tipologia provenienti 

dalla necropoli di Pian di Bezzo. 

Nel padiglione appositamente realizzato, 

contiguo alla sala V, è stata operata 

l’anastilosi del mausoleo funerario 

di Asfionio Rufo. Fra i molti materiali 

che illustrano l’edilizia pubblica e civile, 

sono di rilievo, per la loro qualità artistica, 

il complesso mosaico pavimentale 

a tessere policrome con scena centrale 

del Trionfo di Dioniso, recuperato 

durante l’esplorazione di una importante 

dimora privata cittadina, e una 

serie di statue di culto raffiguranti divinità 

orientali. Il percorso museale si 

conclude al piano superiore ancora con 

materiali ricollegabili ai diversi aspetti 

della città e della necropoli, mentre la 

presenza di reperti naturalistici ed oggetti 

della fase preromana forniscono al 

visitatore una sintesi della realtà storico-ambientale 

della vallata del Savio, 

documentando ciò che le indagini archeologiche 

hanno sinora posto in luce 

della Sarsina umbra. 

(f.l.) 

G. Susini, Paleografia sarsinate, «Studi Romagnoli», 

5, 1954, pp. 185-217; G. Susini, La data 

delle mura di Sarsina e le iscrizioni dei magistrati 

municipali, «Atti e memorie della Deputazione 

di Storia patria per le Province di Romagna», 

VIII, 1956-57, pp. 171-183; S. Aurigemma, 

I monumenti della necropoli romana di 

Sarsina, «Bollettino del Centro di Studi di Storia 

dell’Architettura», 19, 1963, pp. 5-107; G.V. 

Gentili, A. Mansuelli, G. Susini, A. Veggiani, Sarsina. 

La città romana. Il Museo Archeologico, 

Faenza 1967; J. Ortalli, Museo Archeologico Sarsinate, 

«Emilia Preromana», 9-10, 1981-82, pp. 

325-328; G. Susini, Scrittura e produzione culturale: 

dal dossier romano di Sarsina, in 

Cultura epigrafica dell’Appennino. Sarsina, 

Mevaniola e altri studi, Faenza, pp. 71-139; J. 

Ortalli, Il Lapidario di Sarsina: memorie romane 

tra epigrafia e archeologia, in V. Cicala (a 

cura), Segni dalle pietre. Scritture e lapidari 

in Emilia-Romagna, inserto di «IBC Informazioni», 

6, 1989; G. Susini, Documenti epigrafici 

di storia sarsinate, «Rendiconti dell’Accademia 

dei Lincei», VIII, 10, 1995, pp. 235-286. 

35 


Museo Diocesano di Arte Sacra 

Istituito nel 1987 su iniziativa della Soprintendenza 

per i Beni Artistici e Storici 

di Bologna d’intesa con la Diocesi di 

Cesena e Sarsina, il museo ha sede nel 

Palazzo Vescovile adiacente alla cattedrale 

intitolata a S. Vicinio, protovescovo 

sarsinate. Proprio dall’antica chiesa 

(di fondazione bizantina, ma ricostruita 

attorno al Mille e successivamente rimaneggiata) 

provengono numerosi frammenti 

lapidei e diversi arredi tuttora 

conservati nelle quattro sale del museo 

assieme a numerosi altri arredi sacri, 

dipinti, sculture, paramenti, argenterie 

qui raccolte da edifici dismessi al culto 

dell’area diocesana. Tra le pitture attualmente 

depositate nel museo figura 

la pregevole Madonna col Bambino di 

Scuola urbinate del XV secolo, proveniente 

dalla pieve di Montesorbo nel territorio 

di Mercato Saraceno. Di particolare 

interesse è anche una raccolta di 

antiche campane, alcune delle quali d’epoca 

tre-quattrocentesca. 

(f.b.) 

O. Piraccini, Il patrimonio culturale della Provincia 

di Forlì. Gli edifici di culto del territorio 

delle Diocesi di Cesena e Sarsina, Rapporto 

18 della Soprintendenza alle Gallerie di Bologna, 

Bologna 1973; F. Faranda, Il Museo d’Arte 

Sacra della Città e Comprensorio di Sarsina, 

Forlì 1988. 

Sarsina, Museo Diocesano di Arte Sacra: Madonna 

col Bambino, Scuola urbinate, XV secolo



36 

Savignano sul Rubicone 

Museo Archeologico del Compito 

Fondato nel 1926 per iniziativa di Don 

G. Franchini, titolare della parrocchia di 

S. Giovanni in Compito, il museo ha avuto 

la sua prima sede nella canonica collegata 

con la pieve romanica del VII 

secolo sorta sullo stesso luogo di un 

antico tempietto romano nelle vicinanze 

di un importante nodo stradale, la cui 

memoria è tuttora conservata nel nome 

dell’edificio di culto. Con il tempo vi 

sono confluiti numerosi reperti affiorati 

dall’area archeologica del Compito e 

databili soprattutto al periodo romano; 

si segnalano, fra gli altri, ceramiche a 

vernice nera, terre sigillate, lucerne, 

vetri, oggetti funerari provenienti da 

sepolture a cremazione e ad inumazione, 

resti di colonne e di mosaici pavimentali, 

testimonianze connesse con 

l’edificio di culto, alcuni frammenti 

architettonici relativi alla pieve stessa, 

nella quale sono anche reimpiegati 

materiali ascrivibili alla medesima epoca. 

Dopo un lungo periodo di chiusura, 

il museo ha riaperto da poco i battenti 

per iniziativa del Comune e della Soprintendenza 

per i Beni Archeologici in 

accordo con la Diocesi, trovando nuova 

collocazione in un edificio di proprietà 

pubblica sempre nei pressi della pieve. 

Vi saranno progressivamente trasferite 

le testimanianze relative al Compito e, 

nel futuro, altri materiali archeologici 

derivanti da scoperte effettuate nel territorio 

circostante. 

(f.l.) 

D. Scarpellini, Il Compito e la ceramica romana, 

Faenza 1979; D. Scarpellini, Savignano sul 

Rubicone. S. Giovanni in Compito, in P. von 

Eles Masi (a cura), La Romagna tra VI e IV 

secolo a.C., catalogo della mostra, Imola 1981, 

pp. 290-291.



Provincia di Rimini


Provincia di Rimini 

1 

Bellaria - Igea Marina 

Museo delle Conchiglie 

e della Carta Moneta 

Il museo ha sede nella Torre Saracena 

edificata nel 1673 dalla Camera Apostolica 

nel piano di fortificazione della costa, 

unica rimasta con i caratteri originali delle 

sei presenti a tre piani coperti a volta 

e con scala a chiocciola interna. Ai piani 

superiori dell’edificio è allestita la collezione 

malacologica, con reperti in parte 

provenienti dalla raccolta Desideri di 

Roma, acquistata dal Comune di Bellaria 

e ordinata dall’Istituto di Zoologia dell’Università 

di Bologna. Si tratta di una 

cospicua serie di conchiglie, molluschi, 

scheletri di organismi marini, madreporari, 

echinodermi, crostacei, corazze di 

tartarughe. Tra gli esemplari più rilevanti 

figurano alcuni nautili dell’Oceano 

Indiano, tritonidi, grandi volute, ostriche 

perlifere e le rare navicelle utilizzate dall’argonauta 

per l’incubazione delle uova. 

Al piano terra è collocata una raccolta 

della carta moneta fuori corso, donata al 

Comune di Bellaria da Ugo Graziani nel 

1972, e comprendente oltre duemila pezzi: 

dai biglietti di Credito delle Reali 

Finanze emessi nel 1750, alla valuta pontificia 

del Banco di Santo Spirito e del 

Monte di Pietà di Roma, modificata dal 

governo napoleonico, al raro nucleo delle 

“Notgeld” tedesche caratterizzate da 

giochi di parole allusivi all’inflazione degli 

anni Venti. 

(s.v.) 

2 

Cattolica 

Antiquarium Comunale 

Inaugurato nel 1973, l’antiquarium trova 

posto insieme al Museo della Marineria 

e alla Biblioteca Comunale nel 

Centro Culturale Polivalente, ideato e 

progettato agli inizi degli anni Settanta. 

Raccoglie principalmente le testimonianze 

archeologiche relative all’insediamento 

romano antecedente la fondazione 

di Cattolica, avvenuta nel XIII 

Cattolica, Antiquarium Comunale 

secolo ad opera di nuclei di abitanti di 

Rimini e di Focara. Scavi condotti nell’attuale 

piazza del Mercato Ortofrutticolo, 

nell’area cortilizia di casa Filippini 

e nelle adiacenze hanno recuperato i 

resti di un complesso edilizio unitario 

caratterizzato da diverse fasi che vanno 

dall’epoca tardo repubblicana e primoimperiale 

al periodo tardo romano o 

bizantino, utilizzato probabilmente come 

luogo di sosta lungo la Flaminia, 

tracciata nel 220-219 a.C. per il collegamento 

fra Pesaro e Rimini. Il percorso 

museale si realizza in dodici grandi 

vetrine. Una pannellatura perimetrale 

didascalica suggerisce la lettura delle 

varie classi di reperti, in prevalenza ceramici, 

vitrei, metallici, collegati all’insediamento 

romano di Cattolica. Non mancano 

informazioni sulla storia preromana 

del territorio e del bacino del fiume 

Conca, pur documentate da un più esiguo 

nucleo di materiali. Da alcuni anni il 

museo organizza interessanti corsi di 

storia e archeologia navale e promuove 

il censimento dei siti e dei reperti sommersi 

propedeutici alla realizzazione di 

una carta archeologica del mare. È prossimo 

il trasferimento del museo, con le 

sue due sezioni, nella nuova sede dell’ex 

Ospedale dei Pellegrini, un edificio di 

proprietà comunale ad impianto cinquecentesco 

con estesi rifacimenti databili 

agli anni Trenta. 

(f.l.) 

A. Tripponi, Il Museo Civico di Cattolica come 

esempio di decentramento, «Bollettino dei Musei 

Ferraresi», III, 1973, pp. 232-242; M.G. 

Maioli, M.L. De Nicolò, Antiquarium. Museo 

della Marineria, Verucchio 1995; Dove si cambia 

il cavallo. Luoghi di sosta lungo la Via 

Flaminia e le vie dei Romani, catalogo della 

mostra (Cattolica 1996), Verucchio 1995. 

3 

Cattolica 


Il nucleo originario del museo, inserito 

nel Centro Culturale Polivalente, rimanda 

all’allestimento della mostra “Barche 

e gente dell’Adriatico:1400-1900” realizzata 

a Cattolica nel 1985. 

Il percorso espositivo, arricchitosi nel 

tempo grazie a diverse donazioni, si articola 

in sezioni tematiche sui diversi 

aspetti della cultura del mare, con particolare 

riferimento all’attività portuale 

del tratto di costa che fa capo all’attuale 

Cattolica: dall’attività cantieristica alle 

tecniche di costruzione delle imbarcazioni 

adriatiche ai vari sistemi di pesca, 

alcuni dei quali, come lo spontale e 

la tratta, sono praticati tuttora. I modelli 

di imbarcazione esposti sono realizzati 

da Antonio Della Santina, che a partire 

dagli anni Trenta realizzò le prime 

barche da lavoro a vela, oltre a “sardellare”, 

“trabaccoletti” a motore e grandi 

pescherecci. Morse, squadre e utensili 

documentano la cantieristica locale della 

seconda metà dell’Ottocento, rappresentata 

da Giovanni Ubalducci e dalla 

sua famiglia. Non mancano rare 

immagini fotografiche sulla vita e il lavoro 

della gente di mare, illustrati da capi 

d’abbigliamento ed esemplari di reti da 

pesca tradizionali. 

È in corso di definizione un piano di riallestimento 

del museo. 

(o.p.) 

M.G. Maioli, M.L. De Nicolò, Antiquarium. Museo 

della Marineria, Verucchio 1995.

Provincia di Rimini MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

187 

5 

Mondaino 


Inaugurato nel 1981 all’interno della Rocca 

Comunale (di origine trecentesca, ma 

ampiamente ristrutturata da Sigismondo 

Pandolfo Malatesta), il museo comprende 

alcune centinaia di esemplari di ittioliti, 

filliti e rarissimi resti avifaunicoli provenienti 

dalle locali rocce tripolacee che 

depositatesi durante l’ultima fase del 

miocene, conservano al loro interno duplici 

impronte di pesci, foglie e resti di 

animali. Completano la raccolta serie 

Cattolica, Museo della Marineria 

4 

Gemmano 

Museo Naturalistico della 

Riserva Naturale di Onferno 

Il museo, istituito nel 1992 come Centro 

visita della Riserva naturale orientata 

di Onferno, è gestito dalla Cooperativa 

Grotte dell’Onferno, con la consulenza 

di un comitato tecnico scientifico. 

Il masso gessoso, base dell’antico 

insediamento difensivo, era ritenuto 

“porta dell’inferno” a causa dei vapori 

sprigionati dalla grotta. Quest’ultima si 

presenta come una tipica formazione 

di attraversamento con doppia apertura, 

documentata rispetto alla fauna 

ipogea con particolare riferimento ai 

pipistrelli, presenti in numero elevato 

e con esemplari di diverse specie. 

Il museo è allestito nei locali ricostruiti 

della canonica adiacente alla Pieve di 

Santa Colomba (sec. XI), in prossimità 

della grotta. I materiali esposti si riferiscono 

alla geopaleontologia e alla 

zoologia di ambito locale e regionale, 

con alcuni manufatti archeologici provenienti 

da ricerche di superficie. Il 

museo propone un’ampia documentazione 

dell’ambiente naturale, curando 

anche la tutela della flora e della fauna, 

e proponendo servizi di didattica ed 

educazione ambientale. 

Il percorso espositivo introduce il territorio 

di Onferno, la formazione del 

gesso, la vegetazione e il clima nella 

valle del Conca, e il complesso carsico 

locale. Per gli aspetti geopaleontologici, 

una vetrina espone campioni relativi 

alla formazione gessosa, minerali e 

reperti fossili tra i quali calcarenite 

organogena a bivalvi e pesci fossili miocenici 

di valenza nazionale e regionale. 

La fauna della riserva è poi documentata 

con una esposizione di vertebrati 

epigei, insetti e con un diorama. 

In due vetrine sono collocati esemplari 

dalla collezione ornitologica 

“Guglielmo Antinori” risalenti agli anni 

Trenta e Cinquanta; ad essi sono stati 

aggiunti reperti della raccolta naturalistico 

didattica della scuola media 

“Manfroni” di Riccione e provenienti 

da donazioni private, identificati per 

distribuzione geografica, altitudinale e 

habitat. 

(g.b.p.) 

L. Casini (a cura), La riserva naturale di Onferno, 

la grotta, il paesaggio, la fauna, Rimini 

1993. 

Mondaino, Museo Paleontologico: Fossile di 

rametto di ippocastano



7 

Montefiore Conca 

Museo della Linea Gotica 

Il museo, aperto alla fine degli anni 

Ottanta nella canonica della chiesa di 

S. Paolo ad opera di un collezionista privato 

di cimeli storici di carattere bellico, 

comprende circa quattromila oggetti 

per lo più legati alle vicende della seconda 

guerra mondiale. 

Un’ampia sezione del museo ha riferimento 

agli episodi bellici lungo la Linea 

Gotica in territorio riminese. 

Sono in mostra armi, divise, equipaggiamenti. 

Tra i reperti di maggior interesse 

storico figura il motore di una “fortezza 

volante” dell’aeronautica statunitense. 

Documenti e immagini fotografiche 

ricordano il territorio e la vita delle 

popolazioni a Montefiore e dintorni durante 

il periodo bellico. 

(o.p.) 

Mondaino, Rocca Malatestiana e Loggiato del Cosci 

minori di fossili di varia provenienza. Il 

percorso espositivo si articola per settori 

tematici e si avvale di un apparato documentario 

sul fenomeno della fossilizzazione. 

È in corso un nuovo allestimento 

sulla filogenesi dei pesci. Il museo (che 

oltre alle sale al pian terreno della rocca, 

utilizza anche la celebre Sala del Durantino) 

è dotato di una biblioteca scientifica 

e si caratterizza come laboratorio di 

ricerca paleontologica cui convergono 

studiosi e collezionisti che si riuniscono 

ogni anno per la mostra mercato di fossili 

e minerali di Mondaino, importante giacimento 

di sedimenti ‘a tripoli’, depositatisi 

all’inizio del periodo messianico, 

durante l’ultima fase del Miocene. La roccia 

tripolacea si presenta di colore chiaro, 

friabile, leggera e porosa. È aprendo 

gli strati di questa roccia, formata da 

microrganismi di natura silicea, che si 

scoprono le duplici impronte di pesci, 

foglie, resti di animali come quelli esposti 

nel museo. 

(g.b.p.) 

W. Landini, Museo Paleontologico, Verucchio 

1995. 

6 


Museo di Fossili e Minerali 

Il museo ha sede nella rocca fatta costruire 

da Pandolfo Malatesta nel terzo 

decennio del XIV secolo. Cinta da alte 

cortine murarie, sulle quali svetta la 

mole del mastio, la fortezza conserva al 

suo interno un pregevole ciclo di affreschi 

a soggetto epico e cortese, dipinti 

da Jacopo Avanzi e dai suoi collaboratori 

intorno al 1370. 

Formatosi a seguito di numerosi rinvenimenti 

effettuati in territorio di Montefiore, 

il museo è ospitato in alcune sale 

della rocca e comprende una cospicua 

serie di fossili, molti dei quali formatisi 

tra i dieci e i dodici milioni di anni fa, in 

età miocenica. 

Un’ampia sezione del museo è costituita 

da una serie di minerali provenienti 

dall’intero ambito regionale, selezionati 

ed ordinati dall’Istituto di Mineralogia 

dell’Università di Bologna. 

(g.b.p.) 

8 

Montescudo 

(Trarivi) 


Orientale 

Il museo, formatosi a più riprese nel corso 

degli anni Ottanta, è allestito nei locali 

annessi alla chiesa oggi denominata della 

Pace, nei pressi del paese di Montescudo. 

Intitolato a S. Pietro inter rivos, 

l’edificio ha origini medievali. Costruito 

sulle fondamenta di un’antica abbazia 

benedettina, è stato ampiamente modificato 

nel corso del XVIII secolo. Danneggiata 

durante i bombardamenti del 1944, 

la chiesa è stata di recente restaurata, 

così come la canonica che la affianca. Il 

percorso espositivo, che si snoda in alcune 

sezioni tematiche, racconta gli eventi 

bellici che interessarono il borgo di Montescudo 

ed il territorio collinare riminese 

lungo la linea gotica mediante fotografie, 

documenti ed un piccolo nucleo di oggetti 

raccolti ed ordinati dall’attuale parroco 

della chiesa, appassionato ricercatore di 

memorie locali. 

(o.p.)


189 

Riccione, Museo del Territorio “Luigi Ghirotti”: Tomba a cassone 

Il museo riserva la sezione finale alla fase 

della colonizzazione romana segnata da 

un fitto tessuto demografico imperniato 

sull’impianto di fattorie e di piccoli 

nuclei abitati a carattere rurale. Emblematico 

è il caso di S. Lorenzo in Strada 

lambito, con una apposita deviazione 

dell’asse lineare di percorrenza, dalla 

Flaminia, la cui importanza come via di 

comunicazione ha permesso la preservazione 

del sito fino ai giorni nostri. 

Per volontà dell’Amministrazione Comunale, 

recentemente ha cominciato a 

muovere i primi passi un progetto di 

ampliamento museale con un’ipotesi di 

trasferimento della struttura nella sede 

di Palazzo degli Agolanti, nell’entroterra 

riccionese, il cui impianto originale 

risale al XIV secolo. 

(f.l.) 

Nuovo Museo-Antiquarium cittadino: indicazioni 

di lavoro sulla vocazione e sul percorso 

di allestimento, Riccione 1986; L. Bagli, L’ex 

antiquarium di Riccione. Storia delle conoscenze 

archeologiche nel territorio riccionese, 

in L’età della pietra nella Valle del Conca e nel 

forlivese, Quaderno 3, Riccione 1987, pp. 7-10; 

L. Bagli (a cura), Guida al Museo del Territorio 

di Riccione, Riccione 1990; C. Giovagnetti, 

Museo del Territorio, Verucchio 1995. 

9 

Riccione 


“Luigi Ghirotti” 

Il museo è stato realizzato nel 1990 all’interno 

del Centro Culturale della Pesa, 

in luogo di un precedente antiquarium 

allestito nel 1977 presso la vecchia 

sede della Biblioteca comunale dal maestro 

dal quale l’attuale ordinamento ha 

preso il nome. Il percorso espositivo si 

propone di illustrare, con il supporto di 

un ampio e analitico apparato didattico, 

i processi di trasformazione che interessarono 

l’area costiera fra Riccione e 

Misano, compreso il retrostante settore 

pedeappeninico segnato dal corso del 

torrente Conca. Appositi moduli propongono 

una lettura di sintesi dell’origine 

e dell’evoluzione della vita sul nostro 

pianeta, fino all’esame della struttura 

geologica del territorio e delle tappe 

principali dello sviluppo delle comunità 

umane in ambito riccionese. L’impiego 

di calchi, plastici, diorami consente di 

rivisitare paleocontesti e paleoambienti 

complessi come il giacimento a vertebrati 

continentali del Pleistocene rinvenuto 

nell’alveo del torrente Conca, con 

i resti fossili di vegetali, molluschi e specie 

animali (si distinguono grandi mammiferi, 

come il Bison priscus, il Megacero 

e i Proboscidati). 

La presenza dell’uomo viene documentata 

nel museo riccionese da oggetti in 

pietra scheggiata risalenti al Paleolitico 

inferiore e da resti dei primi abitanti stabili 

ad economia agro-pastorale. Sono 

presenti materiali ascrivibili all’età dei 

Metalli, fra i quali risultano di particolare 

interesse quelli del periodo eneo, 

legati alle attività fusorie e all’artigianato 

metallurgico. 

10 

Riccione 


di Villa Franceschi 

Il museo è in fase di realizzazione all’interno 

di Villa Franceschi, pregevole 

architettura d’inizio Novecento, in stile 

liberty, tuttora in corso di restauro. Istituita 

dal Comune di Riccione, la galleria 

è destinata ad ospitare la civica raccolta 

d’arte moderna e contemporanea, 

comprendente oltre trecento opere, in 

prevalenza del secondo Novecento. Il 

nucleo più interessante, tuttora aggregato 

al Centro Culturale della Pesa, si è 

formato tra gli anni Cinquanta e Sessanta 

in occasione di alcuni concorsi di 

pittura, uno dei quali intitolato “Marine 

d’Italia”. La raccolta si è incrementata 

anche grazie ad alcuni lasciti e donazioni 

come quelle degli eredi Franceschi



e del pittore forlivese Maceo Casadei. 

Nella galleria riccionese sarà ospitata e 

posta in visione la cosiddetta “Raccolta 

Arcangeli”, importante nucleo di dipinti, 

sculture e opere grafiche facente parte 

delle collezioni d’arte moderna della 

Regione Emilia-Romagna. 

Acquisita dalla Regione nel 1973, a sostegno 

della istituzione della Fondazione 

Gaetano Arcangeli, la raccolta - formatasi 

su iniziativa di alcuni artisti bolognesi 

e del critico Francesco Arcangeli 

- comprende opere di importanti pittori 

e scultori contemporanei, quali Virgilio 

Guidi, Bruno Saetti, Giovanni Korompay, 

Mattia Moreni, Pompilio Mandelli, 

Ennio Morlotti, Sergio Vacchi, Vincenzo 

Satta, Piero Ruggeri. Il progetto 

museale di Villa Franceschi prevede anche 

sale per esposizioni periodiche e 

tematiche. 

(o.p.) 

O. Piraccini (a cura), Quadri in Comune. Per 

una Galleria d’arte moderna a Riccione, Catalogo 

della mostra, Riccione 1995. 

11 

Riccione 

Museo all’aperto di Sculture 

Contemporanee 

Riccione, Museo all’aperto di Sculture Contemporanee: 

Satoshi Izumi, Progetto, 1993 

La recente istituzione del museo scaturisce 

direttamente dalla rassegna internazionale 

d’arte intitolata “La pietra e il 

mare” tenutasi a Riccione dal 1991 al 

1995. Nel corso delle varie edizioni sono 

state acquisite dal Comune di Riccione 

oltre trenta grandi sculture. Le opere 

risultano attualmente collocate in diversi 

spazi urbani secondo un preciso 

itinerario che collega fra loro alcune delle 

“isole verdi” di Riccione. Il nucleo 

principale ha sede all’interno del Parco 

della Resistenza. Qui, nell’estate 1995, 

è stata posta in opera una monumentale 

“invenzione” dello scultore bolognese 

Nicola Zamboni intitolata È in arrivo 

una nave... Nei parchi e nei giardini 

pubblici riccionesi, sono presenti 

sculture prevalentemente in marmo, 

pietra serena o travertino eseguite in 

loco da artisti italiani e da scultori provenienti 

da Giappone, Argentina, Palestina, 

Germania ed altri paesi. La dotazione 

del museo è destinata ad essere 

ulteriormente incrementata con acquisizioni 

e realizzazioni per il completamento 

del percorso artistico “all’aperto” 

nella città balneare e nel vecchio 

centro storico riccionese. 

(o.p.) 

12 

Rimini 


Riccione, Galleria d’Arte Moderna di Villa Franceschi: Alberto Sughi, Studio per un interno, 1969 

Il museo è stato istituito nel 1990 all’interno 

dell’ex Collegio dei Gesuiti, costruito 

a partire dal 1746 accanto alla 

Chiesa di San Francesco Saverio edificata 

su progetto del noto architetto bolognese 

Alfonso Torreggiani. Divenuto 

sede del Seminario vescovile nel 1773, 

dopo le soppressioni napoleoniche l’edificio 

è stato trasformato in ospedale 

prima militare e poi civile. Completamente 

restaurato e perfettamente ade-


191 

Rimini, Museo della Città: Giovan Francesco 

Nagli detto il Centino, Davide e Golia, 1650 c. 

Rimini, Museo della Città: Scuola riminese, Il giudizio Universale, inizi XIV secolo 

guato alle funzioni museali, l’ex Collegio 

accoglie oggi le civiche collezioni 

d’arte, oltre alla raccolta archeologica 

tuttora in via di riordinamento, ed al 

lapidario romano. 

Il percorso espositivo si svolge lungo 

trenta sale sui due piani dell’edificio, e 

comprende circa cinquecento opere 

esposte che rendono compiutamente 

visitabile la vicenda artistica riminese 

dal XIV secolo all’Ottocento. Ampio 

spazio è dedicato alla celebre Scuola del 

Trecento riminese rappresentata da 

Giuliano e Giovanni da Rimini e dai loro 

allievi. Ai due maestri si riferiscono i 

frammenti del grandioso affresco con il 

Giudizio Universale distaccato nel 

1926 dall’arco trionfale della Chiesa di 

Sant’Agostino. Dello stesso Giovanni è 

il notissimo Crocefisso “Diotallevi”. 

Alla stagione malatestiana rimandano la 

celebre Pietà di Giovanni Bellini (1460) 

e l’altrettanto nota pala con S.Vincenzo 

Ferreri fra i Santi Sebastiano e 

Rocco del Ghirlandaio (1494). Tra le 

numerose tavole rinascimentali figurano 

la Madonna e San Giovanni Evangelista 

di Giovan Francesco da Rimini 

e La Veronica di Francesco Zaganelli. 

Una intera sezione è dedicata alle opere 

dei riminesi Benedetto e Bartolomeo 

Coda (con le grandi pale raffiguranti 

Madonna col Bambino, Santi ed Angeli 

musicanti, del 1513, e Lo sposalizio 

della Vergine, del 1515). 

A Bartolomeo è attribuibile il grande 

affresco rappresentante L’ultima cena, 

staccato con relativa sinopia dal refettorio 

nuovo del convento di San 

Francesco a fianco del Tempio Malatestiano. 

Nella cosiddetta “Sala di Scipione” 

figurano sette degli undici grandi 

pannelli del soffitto ligneo dipinto nel 

1570 dal pittore faentino Marco Marchetti, 

allievo e collaboratore del Vasari, 

per la sala nobile di Palazzo Marcheselli, 

e raffigurante il ciclo delle Imprese 

di Scipione a Cartagine ed in Spagna. 

Ampio spazio è riservato anche ai 

grandi arazzi seicenteschi, che in origine 

ornavano le pareti delle sale del Palazzo 

comunale, alcuni dei quali narrano 

le vicende della mitica regina assira, 

Semiramide. I preziosi tessuti sono riferibili 

alla manifattura d’Anversa diretta 

dall’arazziere Michiel Wouters. Ampiamente 

rappresentato è il Seicento riminese, 

con opere di Guido Cagnacci (tra 

le altre, La vocazione di San Matteo e 

Sant’Antonio Abate fra due santi) e 

di Giovan Francesco Nagli detto il Centino 

(S. Ubaldo libera un’ossessa, ma 

anche Davide e Golia, e Mosè e il serpente 

di bronzo). Nel museo sono pure 

presenti tre importanti opere del Guercino: 

San Girolamo, 1641, S. Antonio 

da Padova, 1659 e Il carnefice consegna 

a Salomè la testa del Battista, 

oltre a tele del Mastelletta, di Salvator 

Rosa, del Gennari, e, per il Settecento, 

di Piazzetta, Pittoni e Bigari. Sezioni 

sono dedicate alla pittura riminese tra



Rimini, Museo della Città: Domenico Ghirlandaio, S. Vincenzo Ferreri tra i Santi Sebastiano e Rocco, 1494 

Sette ed Ottocento (da Giovan Battista 

Costa a Giuseppe Soleri Brancaleoni, a 

Clemente Alberi, a Marco Capizucchi, a 

Guglielmo Bilancioni) fino al primo 

scorcio del nostro secolo. Oltre alla pittura, 

il museo offre un vasto repertorio 

di opere plastiche, materiali lapidei, 

ornati e arredi di epoche diverse e provenienti 

da vari luoghi ed edifici riminesi 

sia pubblici che chiesastici. 

(o.p.) 

P.G. Pasini, La Pinacoteca di Rimini, Milano 

1983; P.G. Pasini, Museo della città, Verucchio 

1995. 

Lapidario Romano 

L’ordinamento del lapidario, nell’atrio e 

nel cortile dell’ex Collegio dei Gesuiti, 

risale al 1981. Nell’attuale contesto del 

Museo della Città, l’interessante raccolta 

epigrafica costituisce la prima tappa 

di un percorso espositivo attraverso la 

storia di Rimini dall’antichità ai giorni 

nostri, di cui si sta procedendo all’allestimento 

della sezione romana. 

La costituzione del nucleo epigrafico - 

esisteva una raccolta fin dal Cinquecento 

- fu definitivamente organizzata 

in modo sistematico da Luigi Tonini, 

valente studioso locale, che raccolse i 

documenti epigrafici già noti, acquisiti 

nel corso dei secoli precedenti da diversi 

collezionisti riminesi, e quelli venuti 

alla luce nel corso di scavi o ritrovamenti 

occasionali. Lo stesso Tonini, nel 1872, 

realizzò una Galleria Archeologica nella 

sede della Biblioteca comunale, al piano 

terreno di Palazzo Gambalunga. 

Riallestito nel 1932, nell’ex convento di 

San Francesco, il Museo Archeologico - 

comprendente anche la vasta raccolta 

epigrafica - fu definitivamente chiuso a 

seguito dei gravi danni subiti durante le 

ultime vicende belliche. 

All’ingresso del Museo della Città figurano 

alcuni pannelli musivi di eccezionale 

valore, risalenti al III secolo d.C. 

Assieme al cosiddetto Mosaico delle 

barche, è segnalabile la scena con il 

Pastorello cinocefalo (secondo alcuni 

studiosi, potrebbe trattarsi di Anubi) 

proveniente da uno scavo urbano nell’odierna 

via Fratelli Bandiera. Le epigrafi, 

rimaste per qualche tempo depositate 

nell’area diroccata del museo, 

furono poi trasportate nel cortile della 

Rocca Malatestiana. 

Le iscrizioni riminesi, ora inserite nel 

lapidario del Museo della Città, coprono 

un arco di tempo che va dal II secolo 

a.C. al IV secolo d.C. Si tratta prevalentemente 

di iscrizioni funerarie, ma 

sono presenti anche diverse dediche sia 

di carattere religioso che onorarie. 

Alcuni monumenti funerari di notevoli 

dimensioni attestano la ricchezza di cui 

godettero i notabili della colonia riminese; 

l’onomastica, i rapporti familiari, 

le consuetudini del culto che emergono 

dai testi, tracciano un profilo centro-italico 

per molti dei personaggi che qui 

condussero la loro esistenza, ricoprendo 

incarichi di prestigio nella carriera 

municipale e avendo in precedenza militato 

nelle legioni. 

Risultano evidenti i legami con le grandi 

famiglie di Roma e la maggiore influenza 

esercitata da alcune gentes nell’Emilia-Romagna 

e nelle regioni limitrofe. 

(v.c.)


193 

denominazione di Museo delle Arti Primitive, 

fu trasferito nel 1988 nell’ala di 

Isotta di Castel Sismondo, sorto tra il 

1437 e il 1446 per volontà di Sigismondo 

Malatesta. Fondato da Delfino Dinz 

Rialto, studioso di culture extraeuropee, 

esploratore e collezionista, nato a 

Padova nel 1920 e morto a Rio de Janeiro 

nel 1979, il museo è divenuto di proprietà 

comunale, a seguito dell’acquisizione 

avvenuta nel 1975 e di quella successiva 

pervenuta dagli eredi, assieme 

alla biblioteca e all’archivio personale 

dello stesso Rialto. Nell’attuale ordinamento, 

il “Dinz Rialto” si configura come 

un museo etnologico dedicato alle diverse 

culture dell’Africa, dell’America 

precolombiana e dell’Oceania. 

La raccolta, che comprende oltre tremila 

reperti, è proposta nelle diverse sezioni 

espositive accompagnata da documenti 

relativi alle arti primitive intesi, 

come negli auspici dello stesso collezionista, 

ad illustrarne gli influssi sulla 

creatività artistica del nostro tempo. Al 

mondo magico dei primitivi è dedicata 

la prima sezione della raccolta africana, 

secondo l’ordinamento ideato dallo 

stesso collezionista. Segue poi una ricca 

selezione di materiali attinenti alla 

vita e ai riti tribali delle antiche genti del 

continente africano, mentre una sezione 

propone reperti delle principali culture 

americane: ceramiche, oggetti lapidei 

e metalli, antecedenti il XVI secolo. 

Le culture oceaniche sono invece rappresentate 

da sculture votive, maschere 

ed oggetti rituali, strumenti di lavoro, 

armi, elementi architettonici in parte 

ancor oggi persistenti presso quelle 

civiltà. 

(o.p.) 

M. Biordi, Museo delle culture extraeuropee 

«Dinz Rialto», Verucchio 1995. 

Rimini, Museo della Città: Anubi, mosaico del III secolo d.C. 

S. Aurigemma, Guida ai più notevoli monumenti 

romani e al Museo Archeologico Comunale, 

Rimini 1932; M. Zuffa, La tutela, la ricerca 

e l’organizzazione archeologica a Rimini 

dall’800 ai giorni nostri, Rimini 1978; Analisi 

di Rimini antica. Storia e archeologia per un 

museo, Rimini 1980; A. Donati, Rimini antica. 

Il lapidario romano, Rimini 1981; A. Tripponi, 

Rimini: il lapidario romano tre anni dopo, in 

Il Museo Epigrafico, Faenza 1984, pp. 439-445; 

C. Giovagnetti, Rimini, musei comunali: il 

lapidario romano, in V. Cicala (a cura), Segni 

delle pietre. Scritture e lapidari in Emilia- 

Romagna, “IBC Informazioni”, 6, 1989, pp. 9-11. 

13 


Museo delle culture extraeuropee 

“Delfino Dinz Rialto” 

Il museo, inaugurato nel 1972 nel palazzo 

dell’Arengo e del Podestà con la 

Rimini, Museo delle culture extraeuropee “Delfino 

Dinz Rialto”: Antica maschera Senufo, 

Costa d’Avorio



14 


Tesoro della Cattedrale 

Il museo, inaugurato nel 1993, ha sede 

nella Sala Ottagonale costruita di recente 

accanto al Tempio Malatestiano. Tra i 

maggiori capolavori della rinascenza italiana, 

purtroppo gravemente danneggiato 

nel corso dell’ultima guerra, il 

monumentale edificio fu progettato da 

Leon Battista Alberti come pantheon di 

famiglia di Sigismondo Malatesta e “tempio 

d’amore” dedicato alla terza moglie 

di questi, Isotta degli Atti. 

Nel 1447 il cantiere venne avviato sulla 

chiesa francescana già utilizzata dai 

signori di Rimini come luogo di sepoltura; 

nel 1450 l’Alberti ne avvolse la struttura 

con un rivestimento marmoreo ispirato 

alle grandi opere della classicità 

romana. Rimasto incompleto, il prospetto 

rimanda nelle fiancate alla tipologia 

classica del ponte di Tiberio, mentre 

la facciata si richiama all’Arco di 

Augusto. La decorazione marmorea degli 

interni venne affidata a Matteo de’ 

Pasti e Agostino di Duccio, autore dei 

rilievi plastici nella cappella degli Antenati. 

In quella d’Isotta, che ne custodisce 

il sepolcro eseguito probabilmente 

da Matteo de’ Pasti, si conserva un Crocefisso 

su tavola dipinto da Giotto verso 

il 1312. Da segnalare inoltre il sepolcro 

del committente, attribuito a Bernardo 

Ciuffagni e Francesco di Simone 

Ferrucci, e, nella cappella delle reliquie, 

il celeberrimo affresco di Piero della 

Francesca raffigurante Sigismondo Malatesta 

inginocchiato davanti a San 

Sigismondo, datato 1451. Nelle vetrine 

del museo sono custodite le argenterie 

sacre più pregevoli della cattedrale, circa 

una settantina di pezzi tra calici, pissidi, 

reliquiari, ostensori, paramenti, arredi, 

dipinti e sculture. 

(f.b.) 

15 


Museo Missionario 

di Santa Maria delle Grazie 

Il museo, istituito nel 1928, ha sede nell’edificio 

settecentesco fatto costruire 

da Gianantonio Alvarado di Madrid 

come quinta al sagrato del santuario 

francescano di Santa Maria delle Grazie 

sul colle di Covignano. La chiesa, edificata 

tra il 1389 e il 1391 è stata ricostruita 

nel XVI secolo. A quest’ultimo cantiere 

risale la navata sinistra, coperta da 

un soffitto ligneo a carena e decorata sulle 

pareti e sulla volta con affreschi attribuiti 

ad Antonio Cimatori. Nella chiesa 

si conservano, inoltre, uno stendardo 

processionale e un Crocefisso riferiti ad 

Ottaviano Nelli (inizi del XV secolo). 

Gravemente danneggiato - come pure la 

chiesa - durante l’ultimo conflitto bellico, 

il museo fu riaperto nel corso degli 

anni Sessanta. È in fase di progettazione 

un nuovo ordinamento espositivo, 

tuttora articolato in due sezioni. La prima, 

dedicata all’attività missionaria dei 

frati minori, comprende oggetti provenienti 

dalla Bolivia, dal Brasile, dalla 

Nuova Guinea, dal Congo, dall’Etiopia, 

dalla Somalia, dal Mozambico, oltre che 

dall’estremo Oriente al quale si riferiscono 

alcuni tra i pezzi più rilevanti dell’intera 

raccolta. In un secondo settore 

sono custoditi arredi liturgici e opere 

d’arte provenienti da varie sedi conventuali 

della provincia minoritica. Figurano 

dipinti assegnati, tra gli altri, a Ottaviano 

Nelli, Mastelletta, Lionello Spada, 

Francesco Albani, Bernardo Strozzi, 

Guercino, Jusepe de Ribera, Giuseppe 

Solari, Carlo Cignani e Giuseppe Maria 

Crespi. Una sezione d’arte moderna, articolata 

in due sale, presenta sculture di 

Bodini, Zauli, Melandri e una raccolta 

grafica con fogli di Guttuso, Tamburi, 

Brindisi, Maccari. 

(f.b.) 

G.C. Mengozzi (a cura), Museo delle Grazie. 

Guida, Rimini 1970. 

16 


Parco Tematico 

Museo dell’Aviazione 

Rimini, Tempio Malatestiano: Piero della Francesca, Sigismondo Malatesta inginocchiato davanti a 

San Sigismondo, 1451 

Progettato sulla fine degli anni Ottanta da 

un gruppo di ex ufficiali dell’Aeronautica 

Militare Italiana, il Parco-Museo è stato


195 

inaugurato nel 1994. Tra i più importanti 

di questo genere in Italia, copre un’area 

di oltre sessantamila metri quadrati. 

Qui sono collocati rari esemplari di velivoli: 

dal “Sukoi 7”, unico esistente in occidente, 

al “Mig 23” della nota serie russa, 

unico in Italia. Non meno raro è il “Saiman 

202” del 1932. Recente è l’acquisizione 

del “Corsair II”, donato dal governo 

statunitense. Particolarmente ricca la 

raccolta di documenti, oggetti, cimeli, 

uniformi, onorificenze e distintivi. In un 

apposito padiglione sono esposte collezioni 

di medaglie, tra le quali figura quella 

donata da Mussolini ad Italo Balbo per 

le transvolate atlantiche del 1930 e del 

1933. Il museo pubblica un semestrale 

“Sulle ali della storia” con informazioni e 

notizie sulla storia dell’aeronautica e sulle 

attività del Parco Tematico. 

(o.p.) 

17 


Museo Nazionale del Motociclo 

Inaugurato alla fine del 1994 a Cerasolo 

di Coriano per iniziativa di tre collezionisti, 

G. Corvatta, G. Savoretti e A. 

Zaghini, che hanno riunito le proprie 

raccolte in un unico contesto espositivo, 

il museo ripercorre l’evoluzione del 

mezzo motociclistico dall’inizio del secolo 

ai giorni nostri. Il grande parco della 

nuova sede, di recente strutturata in 

un edificio posto nelle immediate adiacenze 

di Rimini, è destinato ad ospitare 

manifestazioni all’aperto e raduni. 

È un museo unico nel suo genere, con 

oltre duecento esemplari presenti anche 

nell’attuale ordinamento, arricchitosi 

di nuove acquisizioni e prestiti da 

parte di vari collezionisti. 

Sono oltre cinquanta le marche che si 

riferiscono alla fine dell’Ottocento, ed al 

periodo tre le due guerre mondiali; circa 

settanta sono i mezzi costruiti prima 

del 1945. Un apparato documentario, 

fotografico e illustrativo correda il museo, 

che svolge anche una funzione di 

centro di documentazione. 

(o.p.) 

Saludecio, Museo d’Arte Sacra “Beato Amato 

Ronconi”: Guido Cagnacci, La processione del 

Santissimo Sacramento, 1627-28 

18 

Saludecio 


“Beato Amato Ronconi” 

Il museo, attualmente in fase di riordinamento, 

occupa alcuni ambienti annessi 

alla parrocchiale di San Biagio. La 

chiesa, progettata tra il 1786 e il 1800 

da Giuseppe Achilli e decorata dallo 

scultore Antonio Trentanove, integra di 

fatto l’odierno assetto museale che 

comprende notevoli suppellettili sacre, 

argenterie, intagli, ebanisterie, arredi 

liturgici e tessuti, dipinti, elementi decorativi 

provenienti da altri luoghi di 

culto del territorio di Saludecio. Numerosi 

sono gli oggetti che si legano al culto 

del Beato Amato Ronconi il cui corpo 

si venera all’interno della Chiesa di 

San Biagio ed al nome del quale è intitolata 

la piccola celletta (popolarmente 

nota come “Cappella dell’Olmo”, dalla 

reliquia rappresentata dall’antichissimo 

tronco d’albero che si conserva nell’interno). 

Nel museo e nella stessa parrocchiale si 

conservano alcune importanti pitture 

sei-settecentesche. Tra le altre si segnalano 

opere del Centino (I Santi Giuseppe, 

Sebastiano, Rocco e Sant’Antonio 

da Padova, 1660), di Guido Cagnacci 

(San Sisto Papa e La processione 

del Santissimo Sacramento, 

1627-28) e di Claudio Ridolfi (Decollazione 

del Battista, 1605). 

(o.p.) 

19 

San Giovanni in Marignano 

Museo Storico e Archeologico 

Il piccolo museo, che occupa uno degli 

ambienti della Biblioteca comunale situata 

nell’edifico dell’ex Casa del Fascio 

risalente ai primi anni Trenta, è stato ordinato 

nel 1984 con l’esposizione al pubblico 

di reperti archeologici di varia epoca, 

rinvenuti nel corso di uno scavo condotto 

sulle colline di Castel Vecchio intorno 

alla metà degli anni Cinquanta. Allo studio 

di questi materiali, rimasti a lungo inediti 

presso gli uffici comunali, ha fatto 

seguito una mostra divenuta poi permanente. 

Oltre alla sezione archeologica, è 

stata allestita una sezione documentaria 

sulla storia medievale e moderna del paese 

e del territorio di S. Giovanni. 

(f.l.) 

M.L. De Nicolò, Nuove ricerche su Conca città 

profondata, Quaderni del Museo di San Giovanni 

in Marignano, 1, S. Giovanni in Marignano 

1985. 

20 

Santarcangelo di Romagna 

Museo degli Usi e Costumi 

della Gente di Romagna 

Il museo, inaugurato nel 1981, è nato dal 

lavoro di raccolta avviato negli anni Sessanta 

da un gruppo di ricercatori riuniti 

dal 1973 nel Comitato etnografico guidato 

dal museologo Giuseppe Sebesta, 

fondatore del Museo degli usi e costu-



mi della gente trentina di San Michele 

all’Adige. 

La prima esposizione fu allestita presso 

i locali dell’ex macello comunale, un edificio 

ristrutturato risalente agli anni 

Venti. Nel 1985 è stato istituito il Centro 

Etnografico per la Ricerca e la Documentazione 

per il coordinamento delle 

campagne di ricerca e la didattica. Tra 

il 1987 e il 1989 vennero resi funzionali 

nuovi spazi espositivi con la sistemazione 

dell’area cortilizia e l’apertura di 

servizi didattici e di documentazione. 

Il museo illustra aspetti della vita e del 

lavoro e delle tradizioni popolari nel territorio 

riminese, nell’area compresa tra 

l’Appennino tosco-romagnolo e marchigiano 

e la costa adriatica. Le diverse 

sezioni dell’esposizione permanente si 

riferiscono ai principali cicli del lavoro 

agricolo (del grano, della canapa, del 

vino), e alle pratiche artigianali (stampa 

a ruggine su tessuto, metallurgia, liuteria). 

Particolare attenzione è dedicata 

ai riti, alle credenze, alle valenze simboliche 

connessi ai diversi oggetti ed al 

loro uso. 

Mulino Moroni di Poggio Berni 

Il mulino costituisce una sezione monotematica 

del museo santarcangiolese. 

L’antico edificio molitorio, documentato 

dal 1588 come Molino delle Sore e quindi 

come Molino dell’Osteria, è situato in 

prossimità della strada provinciale che 

da Santarcangelo porta a Villa Verucchio. 

Il nucleo più antico è quello centrale 

a ponte, dove si trova la macchina 

molitoria. Dismesso verso la metà degli 

anni Cinquanta, il mulino conserva l’impiantistica 

originale e costituisce un raro 

esempio di opificio idraulico tradizionale 

a ruote orizzontali per la produzione 

di farine alimentari. 

(o.p) 

M. Turci, M. Ricci, Museo degli Usi e Costumi 

della Gente di Romagna, Verucchio 1995. 

21 


Museo del Gioco del Pallone 

a Bracciale e Tamburello 

Il museo, già istituito nel 1993 come 

sezione distaccata del Museo degli Usi e 

Costumi della Gente di Romagna, in convenzione 

con la Federazione Italiana 

Palla e Tamburello e con l’Associazione 

Culturale “L. Amati” è attualmente in fase 

di trasferimento dalla sede originaria 

posta all’interno di un bastione, facente 

parte della cinta muraria malatestiana 

del paese. Proprio a ridosso delle antiche 

mura è ancora visibile il vecchio sferisterio, 

costruito alla fine del Settecento, 

nel quale il gioco del pallone è stato 

a lungo praticato con assiduità ad alti 

livelli agonistici. La raccolta, che comprende 

alcune rarità (come nel caso dei 

due tamburelli sette-ottocenteschi e del 

bracciale ligneo cinquecentesco per ambienti 

al chiuso) documenta la costruzione 

degli sferisteri a partire dall’inizio 

del secolo scorso e il loro ruolo all’interno 

dei nuovi assetti urbani. Fotografie 

d’epoca, manifesti, locandine, bandi, 

regolamenti sono relativi alla realtà santarcangiolese. 

(o.p.) 

M. Turci, M. Ricci, Museo degli Usi e Costumi 

della Gente di Romagna, Verucchio 1995. 

22 



Santarcangelo di Romagna, Museo degli Usi e Costumi della Gente di Romagna 

Istituito nel 1971 all’interno dell’edificio 

che ospita la Biblioteca Comunale, il 

museo occupa un modesto spazio espositivo 

contenente una serie di dipinti ed 

alcune ebanisterie per lo più provenienti 

da edifici di culto soppressi in età 

napoleonica. È in fase di progettazione 

un piano di riallestimento in altra sede 

della pinacoteca che comprende opere 

sei-settecentesche di interesse prevalentemente 

locale. Di pregio particolare 

è una grande tavola del pittore ravennate 

Luca Longhi raffigurante la Madonna 

in trono con i santi Francesco e Gior-


197 

gio (1531). Appartiene al patrimonio 

artistico comunale anche il prezioso 

polittico di Jacobello di Bonomo (Madonna 

in trono e Santi) eseguito nel 

1385 e che rappresenta l’unico documento 

certo dell’attività dell’artista veneziano, 

esemplare dell’intreccio dei 

rapporti tra la cultura lagunare e quella 

romagnola tra fine Trecento e primo 

scorcio del Quattrocento. Il dipinto, già 

sull’altare maggiore della Chiesa di San 

Francesco, è oggi depositato presso la 

Collegiata. 

(o.p.) 

S. Nicolini, Pinacoteca, in M. Biordi, S. Nicolini, 

M. Turci, Guida per Santarcangelo, Rimini 

1985. 

23 

Verucchio 


Il museo ha sede dal 1985 nell’ex monastero 

di Sant’Agostino, un complesso 

storico di notevole interesse architettonico 

eretto appena fuori le mura cittadine 

intorno al XII secolo e ripristinato 

per iniziativa dell’Amministrazione Comunale 

di Verucchio. 

A partire dal 1995 sono iniziati radicali 

lavori di riordinamento del museo e di 

ampliamento delle sezioni espositive, in 

grado di assicurare una nuova e più 

aggiornata rappresentazione della civiltà 

verucchiese, anche grazie ad un 

esauriente apparato documentario e 

didattico e ad accorgimenti allestitivi 

che consentono una percezione davvero 

completa di questa articolata e complessa 

realtà archeologica. 

Anche se le primissime notizie di rinvenimenti 

archeologici nell’area verucchiese 

risalgono al XVII secolo, è dalla 

seconda metà del secolo scorso che le 

scoperte relative all’antico insediamento 

villanoviano si moltiplicano, aprendo 

i primi squarci su questa straordinaria 

realtà locale dell’età del Ferro. I materiali 

rinvenuti già a quel tempo e quelli 

riportati alla luce in diverse altre occasioni, 

in seguito a scoperte fortuite o nel 

corso di più recenti campagne di scavo, 

Verucchio, Museo Civico Archeologico: Ambre 

trovano oggi posto nel museo verucchiese. 

Durante la prima età del Ferro, 

nell’arco temporale racchiuso fra gli inizi 

del IX e il pieno VII secolo a.C., Verucchio 

è stata il centro principale dei gruppi 

culturali villanoviani stanziati saldamente 

nel cuore dell’entroterra romagnolo, 

sede di un abitato presumibilmente 

capannicolo che occupava la 

sommità dello sperone roccioso dominante 

sul corso del fiume Marecchia. 

Il sito era caratteristicamente circondato 

da una serie di necropoli costituite da 

centinaia di tombe sistemate lungo i 

declivi del colle, in corrispondenza di 

antiche strade che uscendo dall’abitato 

lo mettevano in comunicazione con il 

territorio circostante. Ubicato in posizione 

privilegiata, in stretta contiguità 

topografica con la direttrice naturale 

rappresentata dalla Val Marecchia e dalla 

Val Tiberina, vero crocevia per il controllo 

dei traffici commerciali dall’area 

tosco-laziale verso il nord e viceversa, il 

centro villanoviano ha finito per estendere 

ampiamente la sua influenza sul 

territorio circostante dal mare sino all’area 

collinare, dotandosi anche di una forte 

organizzazione urbana e sociale. 

Testimoni di un assetto comunitario ben 

definito e della presenza di esponenti di 

alto rango sociale sono le numerose tombe 

con i relativi corredi funerari scoperte 

alle falde del colle. Nella generale ricchezza 

delle sepolture, prova evidente 

di un benessere diffuso, fanno spicco 

alcuni corredi “principeschi”, composti 

da oggetti d’eccezionale valore (armi, 

scudi, ornamenti personali, oreficerie, 

ambre, monili, mobili, vasellame). Di ri- 

Verucchio, Museo Civico Archeologico: Cinerario 

decorato a stampiglie


Provincia di 

lievo assoluto e di estrema rarità, nella 

ricchissima messe di testimonianze che 

le tombe verucchiesi hanno restituito, 

sono i materiali organici di vario tipo 

(cibi ed offerte alimentari, tessuti, oggetti 

in vimini, manufatti in legno) la cui 

preservazione si deve alla particolare 

qualità dei sedimenti nei quali i reperti 

legati alla sfera funebre sono stati sepolti. 

Fra questi vanno menzionati gli arredi 

lignei (tavolini, sgabelli, troni, poggiapiedi, 

casse e scatole di ogni tipo). 

Proveniente dalla tomba “Lippi 89” è un 

rarissimo e prezioso trono, intagliato 

con scene figurate. Per la loro unicità 

vanno pure segnalati i tessuti in lana, fra 

i quali una toga di grandi dimensioni, e 

la massiccia quantità di ornamenti in 

ambra, materia prima molto ambita e 

commerciata nell’antichità, che aveva in 

Verucchio uno dei centri di smistamento. 

Altri reperti verucchiesi sono conservati 

nella civica raccolta archeologica 

di Rimini e nel Museo Archeologico 

di Bologna, ove, insieme ad oggetti rinvenuti 

durante gli scavi condotti da 

Edoardo Brizio sul finire del secolo scorso, 

si trova pure la suppellettile di una 

tomba del sepolcreto Lippi. 

(f.l.) 

G.V. Gentili, Il Villanoviano della Romagna 

orientale con epicentro Verucchio, in Romagna 

protostorica, Atti del convegno, S. Giovanni in 

Galilea 1985, Viserba 1987, pp. 7-36; G.V. Gentili, 

L’età del ferro a Verucchio: cronologia degli 

scavi e scoperte ed evoluzione della letteratura 

archeologica, «Studi e documenti di Archeologia», 

II, 1986, pp. 1-4; G. Giuccioli, Museo Civico 

Archeologico di Verucchio, «Studi e documenti 

di Archeologia», II, 1986, pp. 43-44; M. 

Forte (a cura), Il dono delle Eliadi. Ambre e 

oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, 

catalogo della mostra, Rimini 1994; P. Eles von 

Masi, Museo Civico Archeologico, Verucchio 

1996. 

24 

Verucchio 

Rocca Malatestiana 

La rocca, il “mastin vecchio” ricordato 

da Dante nel XXV canto dell’Inferno, 

venne edificata verso la metà del XV 

secolo da Sigismondo Malatesta sulle 

fondamenta di un fortilizio più antico. 

Nel 1509, dopo un breve periodo sotto 

il dominio di Cesare Borgia, Verucchio 

fu direttamente governata dalla Chiesa. 

A qualche decennio fa risale un generale 

allestimento degli ambienti interni 

che negli anni scorsi sono stati nuovamente 

sottoposti a restauro. Vi si conservano 

arredi e oggetti d’uso domestico, 

armi antiche, dipinti e sculture di 

varie epoche e provenienze. Interessante 

la ricostruzione dell’assetto della 

camera della contessa Ippolita Comneno, 

rievocata nell’allestimento di vari 

arredi in un ambiente della fortezza. 

(s.v.) 

25 

Verucchio 

Galleria Comunale 

d’Arte Moderna 

La raccolta, dopo la nascita nel 1982 come 

Pinacoteca Comunale presso un edificio 

del paese, già sede della vecchia condotta 

medica, è attualmente interessata ad nuovo 

ordinamento espositivo. Il nucleo principale 

consiste in opere prevalentemente 

grafiche, acquisite tra gli anni Cinquanta- 

Sessanta in occasione di concorsi d’arte e 

di manifestazioni espositive a livello nazionale 

promosse in ambito verucchiese. 

Sono presenti, tra le altre, opere di Korompay, 

Capogrossi, Vedova, Fontana, Pozzati, 

Romiti, Castellani e Minguzzi. Non mancano 

opere del verucchiese Noberto Pazzini 

e di altri artisti del primo e secondo 

Novecento romagnolo. 

(o.p.)

199 

Bibliografia Generale 

A completamento delle indicazioni bibliografiche fornite dalle schede ai singoli musei, vengono qui menzionati repertori, guide, itinerari 

pubblicati dagli anni Ottanta ad oggi, riguardanti la rete museale regionale e più in generale il patrimonio culturale emiliano 

e romagnolo, anche con riferimento agli ambiti provinciali ed alle città maggiori. Sono inoltre citate guide territoriali o cittadine 

contenenti notizie rilevanti su strutture, servizi e patrimoni museali. 

Repertori, guide, itinerari nazionali 

- O.Piraccini, Emilia-Romagna, in Capire 

l’Italia. I musei. Schede, Touring Club Italiano, 

Milano 1980, pp. 82-104 

- V.Sgarbi (a cura), Tutti i musei d’Italia, 

Domus, Rozzano 1984 

- M.Tozzi Fontana, I musei della cultura 

materiale, La Nuova Italia Scientifica, Roma 

1984 

- M.Piccoli, Guida ai musei insoliti, Zanichelli, 

Bologna 1985 

- D. Primicerio, L’Italia dei musei: indagine 

su un patrimonio sommerso, Electa, 

Milano 1991 

- G.Dragoni (a cura), Il patrimonio storicoscientifico 

italiano: una realtà straordinaria, 

Grafis, Bologna 1991 

- F.Romagnuolo, Piccoli musei d’Italia, 

Lalli, Poggibonsi 1994 

- F.Drugman (a cura), I luoghi del sapere 

scientifico e tecnologico, Rosemberg & 

Sellier, Torino 1994 

- Il libro dei musei: guida ai 3000 musei 

d’Italia, Adnkronos libri, Roma 1996 

- I musei d’arte moderna in Italia, Le guide 

di Arte, Mondadori, Milano 1996 

- F.Bonilauri, V.Maugeri (a cura), Guida ai 

musei diocesani d’arte sacra e conventuali 

in Italia, De Luca, Roma 1996 

- Museo archeologico, Abaco, Forlì 1996 

- Musei d’Italia, Bell’Italia, grandi guide, 

Mondadori, Milano 1997 

- A.Bianchi, Musei da esplorare: dove, come, 

quando scoprire e visitare tesori nascosti 

d’Italia, Viennepierre, Milano 1997 

- A.Ferreri, F.Sperandio, Musei storici 

scientifici e amatoriali, Seat, Torino 1997 

- R.Togni, G.Forni, F.Pisani, Guida ai musei 

etnografici italiani: agricoltura, pesca, 

alimentazione e artigianato, L.S.Olschki, 

Firenze 1997 

- Emilia-Romagna, in Guida Touring. 

Musei d’Italia, Touring Club Italiano, Milano 

1998, pp. 259-319 

- Emilia-Romagna, in Guida Touring. 

Musei d’Italia, Touring Club Italiano, Milano 

1999, pp. 263-323 

Repertori, guide, itinerari regionali 

- Arte e Pietà. I patrimoni culturali delle 

Opere Pie, Ibc Dossier, Bologna 1980 

- Andar per musei, guida all’uso dei musei 

della Romagna meridionale, Romagna 

arte e storia, Rimini 1982 

- R.Varese (a cura), Guida ai musei dell’Emilia-Romagna, 

Electa, Milano 1984 

- F.Bonilauri, Musei e Raccolte dell’Emilia- 

Romagna. Prima indagine statistica, 

Ibc/Documenti 21, Bologna 1984 

- S.M.Bondoni, G.Busi, Cultura ebraica in 

Emilia-Romagna, Luisè, Rimini 1987 

- G.Adani (a cura), Rocche fortilizi castelli 

in Emilia-Romagna Marche, Amilcare 

Pizzi, Milano 1988 

- Emilia-Romagna, Touring Club Italiano, 

Milano 1991 

- A.Sacerdoti, M.A.Tedeschi, Emilia-Romagna. 

Itinerari ebraici, Venezia 1992 

- G.Adani, J.Bentini (a cura), Atlante dei 

beni culturali dell’Emilia-Romagna, 

3 voll., Amilcare Pizzi, Milano 1993-95 

- O.Piraccini, G.Serpe, A.Sibilia (a cura), 

Archivi dell’Arte. Il contemporaneo in 

Romagna, Grafis, Bologna 1994 

- Emilia-Romagna: Bologna, Ferrara, Ravenna, 

Parma, Modena, San Marino, Rimini 

e la riviera adriatica, Touring Club 

Italiano, Milano 1995 

- Emilia-Romagna. Guide Archeologiche 

3. Preistoria e Protostoria in Italia, Abaco, 

Forlì 1995 

- L.Bortolotti (a cura), Le stagioni del teatro. 

Le sedi storiche dello spettacolo in 

Emilia-Romagna, Grafis, Bologna 1995 

- A.Campigotto, M.Tozzi Fontana (a cura), 

Nel mondo delle cose. Collezioni private 

di interesse tecnico scientifico in Emilia- 

Romagna, Ibc Ricerche 18, Bologna 1997 

Repertori, guide, itinerari provinciali. 

I musei nelle guide cittadine 


- I patrimoni culturali delle Opere Pie di 

Piacenza, Ibc Dossier, Bologna 1981 

- Bobbio: guida storica artistica ambientale 

della città e dintorni, Edizioni degli 

Archivi Storici Bobiensi, Bobbio 1983 

- Piacenza: la città, Grafiche Lama, Piacenza 

1991 

- Piacenza: la provincia, Grafiche Lama, 

Piacenza 1991 

- Piacenza e la sua Provincia, Apt, Piacenza 

1993 

- S.Pronti, S.Quagliaroli, Guida di Piacenza 

e provincia: storia, arte, tradizioni, 

enogastronomia, agriturismo, Tip.le.co., 

Piacenza 1994 

- Castell’Arquato e dintorni: itinerario 

storico artistico, s.l., s.n. (1996) 

- Bobbio: guida storico-artistica, s.l., s.n. 

(1997) 

- Piacenza e provincia: dal Po all’Appennino 

tra borghi, castelli e abbazie, Touring 

Club Italiano, Milano 1998 


- A. de Marchi, Nuova guida naturalistica 

del parmense, Ermanno Albertelli, Parma 

1980 

- A.Ghidiglia Quintavalle, Fontanellato: itinerario 

artistico e storico, Ed.Comune, 

Fontanellato 1984 

- L.Fornari Schianchi (a cura), Parma. Storia, 

arte, monumenti, Bologna 1988 

- M.Dall’Acqua, Fontanellato: guida storico-artistica 

ad un ambiente padano, Ed. 

Comune, Fontanellato 1988 

- Parma e provincia: le città d’arte, l’Appennino, 

le terme, i castelli, il Po, Touring 



- M.Pirondini, Reggio Emilia. Guida storico-artistica, 

Bizzocchi, Reggio Emilia 1982 

- Gualtieri: piccola capitale del Po: breve 

guida al patrimonio storico e artistico, 

s.n., Gualtieri 1984 

- W.Baricchi (a cura), Insediamento storico 

e beni culturali. Comune di Reggio Emilia, 

Ibc Dossier 22, Reggio Emilia 1985 

- Guida turistica dell’Appennino Reggiano, 

s.l., s.n. (1986) 

- M.Festanti, G.Gherpelli, Storia illustrata 

di Reggio Emilia, 4 voll., Repubblica di 

San Marino 1987


Bibliografia 

- Appennino reggiano, Cassa di Risparmio 

di Reggio Emilia, Genova 1987 

- W.Baricchi (a cura), Insediamento storico 

e beni culturali. Appennino reggiano, 

s.n., Reggio Emilia 1988 

- Appennino reggiano, s.n., Reggio Emilia 

1988 

- V.Masoni, Correggio. Cinque secoli di politica 

culturale, Analisi, Bologna 1988 

- Bassa pianura reggiana, Cassa di Risparmio 

di Reggio Emilia, Genova 1989 

- I musei civici di Reggio Emilia, Reggio 

Emilia 1999 


- Insediamento storico e beni culturali. Alta 

valle del Secchia, Ibc Dossier 9, Modena 1981 

- G.Malagoli, R.Piccinini, M.L.Zambelli, Nonantola, 

la storia e i monumenti, Comune 

di Nonantola, 1986 

- F.Bocchi (a cura), Carpi. Atlante storico 

delle città italiane, Grafis, Bologna 1986 

- A.Biondi, M.Armandi, Guida di Modena, 

Modena 1988 

- Insediamento storico e beni culturali. Alta 

Valle del Panaro, Modena 1988 

- A.Garuti, Carpi: guida storico-artistica, 

Carpi 1990 

- G.Martinelli Braglia (a cura), Viaggio nei 

musei di Modena e provincia, Il fiorino, 

Modena 1997 

- Guida ai monumenti di Modena, Comune 

di Modena, Modena 1998 

- D.Dameri, A.Lodovisi, L.Longagnani, Modena 

una provincia da scoprire: rocche e 

castelli, musei e raccolte, itinerari nella 

storia, Amm.prov. Modena, Modena 1998 

- Musei della Provincia di Modena, 

Amm.prov. Modena, Modena 1998 

- Modena e provincia: le regge del ducato 

estense: Carpi, Vignola, Nonantola, Touring 



- P.E.Rubbi, O Tassinari Clò, Guida alle gallerie 

e ai musei di Bologna, Alfa Ed., Bologna 

1978 

- Insediamento storico e beni culturali. 

Montagna bolognese, Ibc Dossier, Bologna 

1980 

- Conoscenza e conservazione. Attività di 

catalogazione e restauro nelle chiese della 

città e della diocesi di Bologna, Provincia 

di Bologna, Bologna 1981 

- I musei della facoltà di scienze, Università 

degli studi di Bologna, Bologna 1984 

- I laboratori storici e i musei dell’Università 

di Bologna. La città del sapere, Amilcare 

Pizzi, Milano 1987 

- A.L.Ravaglia, Guida di Imola, Imola 1987 

- P.Venturi, Imola: guida alla città, Maggioli, 

Rimini 1987 

- I laboratori storici e i musei dell’Università 

di Bologna, I luoghi del conoscere, 

Amilcare Pizzi, Milano 1988 

- A.M. Brizzolara, I Musei Archeologici della 

Provincia di Bologna, Nuova Alfa, Bologna 

1989 

- A. e M. Vianelli, Bologna: nuova guida artistica 

storica e anedottica, Libr.Rizzoli, 

Bologna 1994 

- G.Bernabei, Bologna, nuova e completa 

guida di città e provincia, le cose da vedere, 

le cose da sapere, Santarini, Bologna 

1995 

- C.Sabattani, G.Gattilia, Alla scoperta di 

Imola: guida informativa, Noana, Reggio 

Emilia 1995 

- Bologna, Touring Club Italiano, Milano 

1996 

- T.Costa, Musei-Gallerie, in Tutta Bologna, 

per conoscere il meglio della città, a 

cura di T.Costa, S.D’altri, M.Poli, Studio 

Costa, Bologna 1997 

- Bologna e dintorni, Touring Club Italiano, 

Milano 1997 

- I musei d’arte e storia, Provincia di Bologna, 

Bologna 1998 

- Museando: guida ai musei di Imola e del 

Circondario, Comune di Imola, Imola 1999 


- C.Bassi, Nuova guida di Ferrara. Vita e 

spazio nell’architettura di una città emblematica, 

Bologna 1981 

- Musei ferraresi. Proposte di un sistema, 

Ferrara 1986 

- Musei biblioteche archivi nella provincia 

di Ferrara, Amm.Prov. Ferrara, Ferrara 

1990 

- B.Giovannucci Vigi, Ferrara: chiese, palazzi, 

musei, Nuova Alfa, Bologna 1991 

- M.Borella, Ferrara, Electa, Milano 1993 

- I.Nagliati, Guida tematica di Ferrara e 

provincia, Silvana, Cinisello Balsamo 

1995 

- L.Scardino, Itinerari di Ferrara moderna, 

Alinea, Firenze 1995 

- Ferrara, Ravenna, Rimini e Montefeltro, 

Touring Club Italiano, Milano 1997 


- C.Giovannini, F.Ricci, Museo, scuola, 

città. La galleria dell’Accademia di Ravenna, 

Ibc Ricerche, Bologna 1981 

- C.Giovannini, G.Ricci, Ravenna, Roma- 

Bari 1985 

- Storia di Ravenna, 5 voll. (dal 1990) 

- Faenza: guida alla città, Pro Loco, Faenza 

1992 

- L.Mozzati, Ravenna, Electa, Milano 1994 

- Città di Lugo: guida informativa, Noana, 

Reggio Emilia 1994 

- I.Zannier (a cura), Viaggio nei Musei della 

Provincia di Ravenna, Longo, Ravenna 

1995 

- Museo in forma. Rivista quadrimestrale 

della Provincia di Ravenna (dal 1997) 



- Bagnacavallo: storia, arte, natura, Edit 

Faenza, Faenza 1998 

- Andar per musei. Guida dei musei aderenti 

al Sistema della Provincia di Ravenna, 

Amm. Prov. Ravenna, Ravenna, 

s.d. (ma 1999) 


- O.Piraccini, Verifica e progetto. I servizi 

museografici della città di Cesena e del 

suo comprensorio, Ibc Ricerche 2, Bologna 

1978 

- O.Piraccini, Cesena, in Città da scoprire. 

Guida ai centri storici minori, 1, Touring 


- Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, 

le case sparse nella vallata del Bidente, 

Forlì 1984 

- Il museo diffuso. Beni culturali e didattica 

a Cesena, Mazzotta, Milano 1987 

- R.Domenichini, A.Menghi, A.Severi, Guida 

di Forlì, Maggioli, Rimini 1987, 2 a ediz. 

- O.Piraccini (a cura), Musei: il caso Forlì, 

Inserto di «IBC Informazioni», IV, 5, 1988 

- O.Piraccini (a cura), Scuola e beni culturali. 

Esperienze a Cesena, Inserto di «IBC 

Informazioni», V, 6, 1989 

- O Bandini, La valle del Rabbi, Maggioli, Rimini 

1988 

- S.Simeone, La valle del Montone, Maggioli, 


- Guida ai musei della Provincia di Forlì- 

Cesena, Numero speciale di «Mare & Monti», 

1, 1999 


- P.G.Pasini, Guida per Rimini, Maggioli, 


- M.Biordi, I Musei Civici, in Storia Illustrata 

di Rimini, IV, Milano 1991 

- G. Dal Ara, Il marketing dei musei. Circondario 

di Rimini, Amm.Prov. Rimini, 




- O.Piraccini (a cura), I musei e i luoghi. 

Rimini e provincia, Grafis, Bologna 1997



I servizi museali


I servizi museali 

I dati relativi ai singoli musei sono stati raccolti dai compilatori delle schede e aggiornati alla fine dell’anno scorso sulla base dei repertori pubblicati 

di recente a cura delle Amministrazioni provinciali, grazie anche alla collaborazione prestata dagli Assessorati comunali alla cultura e dalle 

direzioni dei vari istituti. Per ogni museo vengono indicati indirizzo e recapiti postali e telefonici, modalità d’ingresso e orari e i principali servizi 

forniti. A questi ultimi si fa generalmente cenno nelle singole schede. Si tace il servizio di posta elettronica, per il quale è quasi sempre utilizzabile 

l’indirizzo dell’amministrazione o dell’ente di competenza. Variazioni e modifiche sono naturalmente possibili specialmente per quel che 

concerne l’entrata in vigore di nuovi orari di visita successivamente al periodo di raccolta dei dati per la presente pubblicazione. La pertinenza 

del museo viene evidenziata da apposite sigle: statale (s), comunale (c), provinciale (pr), universitario (u), scolastico (sc), fondazione (f), associazione 

(as), ecclesiastico (e), privato (p). Informazioni relative a eventuali consorzi fra enti diversi vengono fornite nelle singole schede. 

PROVINCIA DI PIACENZA 

1 

Bettola 

(Pradello Colombo) 

Museo Colombiano 

29021 - Bettola 

Tel. 0523917718 

Ingresso: gratuito 

Apertura: a richiesta 

C 

2 

Bobbio 

Museo Nazionale del Castello 

Malaspina 

Strada del Torrino, 5 

29022 - Bobbio 

Tel. 0523962804 


Apertura: estivo, da lunedì a sabato 9-13, 

martedì e venerdì 16-19, sabato e domenica 

15-18; invernale, venerdì e sabato 15-17, 

domenica 16-18 

S 

3 

Bobbio 


Piazza Santa Fara, 5 

29022 Bobbio 

Tel. 0523962804 


Apertura: sabato 11,30-12,30 e 15,30-17, 

domenica 11,30-12,30 e 15,30-18; a richiesta 

negli altri giorni 

C 

4 

Bobbio 

Museo dell’Abbazia di S.Colombano 

Piazza Santa Fara, 5 

29022 - Bobbio 

Tel. 0523936018 

Ingresso: a pagamento 

Apertura: da giugno a settembre, sabato e 

domenica 11-12 e 15-18; da ottobre a maggio, 

sabato 16,30-18, domenica e festivi 11- 

12 e 15-18 

Servizi: visite guidate – guide/pubblicazioni 

– book/gift shop – accessi facilitati 

5 


Museo Geologico e Paleontologico 

Via Sforza Caolzio, 57 

29014 Castell’Arquato 

Tel. 0523803091 - fax 0523805161 


Apertura: estivo, da lunedì a venerdì 10- 

12 e 15-17, sabato e domenica 10-12 e 15- 

18; inverno, da lunedì a venerdì 9,30- 

12,30 e 14-17, sabato e domenica 10-12 e 

15-18 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – 

ristoro – accessi facilitati 

C 

6 


Museo “Luigi Illica” 

Palazzo Pretorio 

Piazza del Comune 

29014 Castell’Arquato 

Tel. 0523803982 - fax 0523805161 



C 

7 


Museo della Collegiata 

Piazza don Cagnoni, 3 

Tel. 0523805151 


Apertura: estate, da martedì a domenica 

9-12 e 14-18; inverno, sabato e domenica 

9-12 e 14-17; anche a richiesta 

Servizi: visite guidate – gift shop 

E 

8 

Gazzola 

Castello di Rivalta 

29010 Gazzola 

Tel. 0523978104/0523886258 - 

fax 0523978300 


Apertura: da marzo a novembre, sabato e 

domenica 9-12 e 15-18; su prenotazione 

solo per gruppi negli altri giorni 

P 

9 

Lugagnano Val d’Arda 

Antiquarium di Veleia 

29018 Lugagnano Val d’Arda 

Tel. 0523807113 


Apertura: da martedì alla domenica dalle 9 

a un’ora prima del tramonto 

Servizi: visite guidate – accessi facilitati 

S 

10 

Monticelli d’Ongina 

Museo Etnografico del Po e della 

Civiltà Contadina e Artigiana 

Rocca Pallavicino Casali 

Piazza Casali, 10 

29010 Monticelli d’Ongina 

Tel. 0523827185 


Apertura: domenica 14,30-18; a richiesta 



– biblioteca/fototeca 

P 

11 

Piacenza 

Musei di Palazzo Farnese 

Museo Civico 


Museo delle Carrozze 

Piazza Cittadella, 29 

29100 Piacenza 


Apertura: visite guidate da martedì a giovedì 

9,30-11, da venerdì a domenica 9,30- 

11 e 15-16,30 

Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio/ 

arch.fot. – book/gift shop – accessi facilitati 

C 

12 

Piacenza 


Piazza Cittadella, 29 


Tel. 0523326981- fax 0523328270 


Apertura: visite guidate da martedì a giovedì 

9,30-11, da venerdì a domenica 9,30- 

11 e 15-16,30

I servizi museali MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA 

203 


accessi facilitati 

13 

Piacenza 

Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi 

Via San Siro, 13 


Tel. e fax 0523320742 

Ingresso: in fase di riordinamento 


C 

14 

Piacenza 


Teatro Municipale 

Via Giuseppe Verdi, 41 


Tel. 0523492252 


Apertura: durante gli spettacoli e a richiesta 

C 

15 

Piacenza 


Palazzo Scotti da Fombio 

Via Taverna, 37 


Tel. 0523334980 


Apertura: da lunedì a mercoledì, venerdì e 

sabato 8,30-12,30, giovedì 8,30-12 e 15-17,30 

Servizi: visite guidate – biblioteca/mediateca/archivio 

– sale di studio 

C 

16 

Piacenza 

Museo Capitolare di Sant’Antonino 

Basilica di Sant’Antonino 

Piazza Sant’Antonino, 6 


Tel. 0523320653 


Apertura: a richiesta e su prenotazione 


biblioteca/archivio con sezione storica 

E 

17 

Piacenza 

Galleria Alberoni 

Collegio Alberoni 

Via Emilia Parmense, 77 


Tel. 0523577011 




biblioteca 

P 

18 

Pianello Val Tidone 


Rocca Comunale 

29010 Pianello Val Tidone 

Tel. 0523994111 



C 

19 

Travo 


Castello Anguissola 

29020 Travo 

Tel. 0523950155 


Apertura: mercoledì 15-18, sabato 9-12 e 

15-18, domenica 9-12 e 16-18 

S 

20 

Vigolzone 

(Grazzano Visconti) 

Museo di Auto e Moto d’Epoca 

Via Provinciale 

Tel. 0523870170 


Apertura: da marzo a novembre, sabato e 

domenica 9-12 e 14-19 

P 

21 

Villanova sull’Arda 

Villa Verdi 

Sant’Agata - Via Verdi, 22 

29010 Villanova sull’Arda 

Tel. 0523830210 


Apertura: da aprile a ottobre, da martedì a 

domenica 9-11,45 e 15-18,45 

Servizi: visite guidate 

P 

PROVINCIA DI PARMA 

1 

Bardi 

Museo della Civiltà Valligiana 

Castello di Bardi 

43032 Bardi 

Tel. 052571321 - fax 052571044 


Apertura: da marzo a maggio e ottobre, 

sabato 14-18 e domenica e festivi 10-18; 

giugno, settembre, feriali 14-19 e domenica 

e festivi 10-19; luglio e agosto, feriali 10-19, 

domenica 10-20; novembre, sabato 14-17, 

domenica e festivi 10-17 

Servizi: visite guidate – gift shop – archivio 

– ristoro 

C 

2 

Bardi 

Museo del Bracconaggio 

e delle Trappole 

Castello di Bardi 

Tel. 052571321 - fax 052571044 

43032 Bardi 

Ingresso: a pagamento (lire 6 mila, ridotto 

4 mila) 

Apertura: da marzo a maggio e ottobre, 

sabato 14-18 e domenica e festivi 10-18; 

giugno, settembre, feriali 14-19 e domenica 

e festivi 10-19; luglio e agosto, feriali 10-19, 

domenica 10-20; novembre, sabato 14-17, 

domenica e festivi 10-17 

Servizi: visite guidate – gift shop – archivio 

– ristoro 

C 

3 

Bedonia 

Museo del Seminario Vescovile 

Via don Stefano Raffi, 30 

43041 Bedonia 

Tel. 0525824420 - fax 0525820004 

Ingresso: gratuito (offerta libera) 

Apertura: luglio e agosto, da martedì a domenica 

10-12,30 e 16-18; a richiesta negli 

altri mesi 

Servizi: visite guidate – gift shop – biblioteca/archivio 

con sezione storica – accessi 

facilitati 

E 

4 

Berceto 

Museo del Tesoro del Duomo 

Via Romea, 1 

Tel. 052560087 


Apertura: tutti i giorni 9,30-12 e 15-19 

Servizi: book/gift shop – archivio 

E 

5 

Busseto 

Museo Civico Villa Pallavicino 

Via Provesi, 35 

43011 Busseto 

Tel. 052492239 

Ingresso: a pagamento (biglietti cumulativi 

per Casa Natale Giuseppe Verdi e luoghi 

verdiani) 


9,30-12,30 e 15-19; inverno, sabato e domenica 

9,30-12,30 e 14,30-17,30; anche a richiesta 


C



6 

Busseto 

(Roncole Verdi) 

Casa Natale di Giuseppe Verdi 

Via Verdi, 1 

43011 Busseto 

Tel. 052497450 - fax 052492360 

Ingresso: a pagamento (biglietti cumulativi 

per Museo Civico Villa Pallavicino e luoghi 

verdiani) 

Apertura: da marzo a dicembre 9,30-12,30 e 

15-19; gennaio e febbraio, sabato e domenica 

9,30-12,30 e 14,30-17,30; anche a richiesta 


C 

7 

Collecchio 

(Ozzano Taro) 

Raccolta Etnografica “Ettore Guatelli” 

Via Nazionale, 130 

43046 Collecchio 

Tel. 0521309737 


Apertura: domenica 10-12 e 14-19; a richiesta 


Servizi: visite guidate – book shop – biblioteca/archivio 

P 

8 

Colorno 

Museo dell’Ingegno Popolare 

e della Tecnologia Preindustriale 

Aranciaia della Reggia di Colorno 

Piazzale Veneto, 23 

43052 Colorno 

Tel. e fax 0521816939 




C 

9 

Compiano 

Castello di Compiano 

Via M. Rossi Sidoli, 15 

43053 Compiano 

Tel. 0525825125 - fax 0525825528 


Apertura: dal 15 luglio al 15 settembre, feriali 

e festivi 15-18,30; dal 16 settembre al 14 

luglio, domenica 15-18,30 


C 

10 

Fidenza 

Museo del Risorgimento “Luigi Musini” 

Via A. Costa, 3 

43036 Fidenza 

Tel. 0524526365 - fax 0524527239 


Apertura: estate, martedì e venerdì 16-18, 

mercoledì e giovedì 10-12 e 16-18, sabato 

10-12; inverno, martedì, mercoledì, venerdì 

10-12, sabato 15-18,30 

Servizi: gift shop 

C 

11 

Fontanellato 

Museo della Rocca Sanvitale 

Piazza Matteotti, 1 

43012 Fontanellato 

Tel. 0521822346 - fax 0521822561 


Apertura: da aprile a ottobre, feriali e festivi 

9,30-12,30 e 15-19; da novembre a marzo, 

da martedì a domenica 9,30-12,30 e 15-18 

C 

12 

Langhirano 

Castello di Torrechiara 

Dati non disponibili 

13 

Langhirano 


“Faustino Tanara” 

Palazzo Comunale 

Piazza Ferrari, 1 

Tel. 0521351111 - fax 0521858240 




C 

14 

Neviano degli Arduini 

(Sasso) 

Museo Storico della Resistenza 

“S. Maneschi” 

43020 Neviano degli Arduini 

Strada Provinciale 

Tel. 0521345001 



Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio/fototeca 

C 

15 

Parma 


Palazzo della Pilotta 

Piazza della Pilotta, 5 

43100 Parma 

Tel. 0521233718 - fax 0521386112 


Apertura: da martedì a domenica 9-18,30 

Servizi: visite guidate – guide 

S 

16 

Parma 

Galleria Nazionale 

Palazzo della Pilotta 

Piazza della Pilotta, 5 

43100 Parma 

Tel. 0521233617-0521233309 - fax 0521206336 


Apertura: da martedì a domenica 9-14 

Servizi: visite guidate – book shop – attività 

didattiche – biblioteca/fototeca/archivio 

S 

17 

Parma 

Museo Bodoniano 

Biblioteca Palatina 

Strada alla Pilotta, 3 

43100 Parma 

Tel. 0521220411- 0521220423 - fax 0521235662 


Apertura: feriali 9-12 

Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio 

– sale studio 

C 

18 

Parma 

Complesso di San Paolo 

(Camere del Correggio e dell’Araldi 

Cella di Santa Caterina) 

Tel. 0521233617-0521233309 - fax 0521206336 


Apertura: da martedì a domenica, 9-14 


S 

19 

Parma 

La Spezieria del monastero 

di San Giovanni Evangelista 

Borgo Pipa, 1 

43100 Parma 

Tel. 0521233309 



Servizi: gift shop – biblioteca/archivio – 


S 

20 

Parma 

Pinacoteca “Giuseppe Stuard” 

Via Cavestro, 14 

43100 Parma 

Tel. 0521231286 


Apertura: lunedì, mercoledì e sabato 9,30- 

18, domenica 9-13 

Servizi: book/gift shop – video – accessi 

facilitati 

C


205 

21 

Parma 

Casa Natale di Arturo Toscanini 

Via Tanzi, 13 

43100 Parma 

Tel. 0521285499 


Apertura: da martedì a sabato 10-13 e 15-18, 


Servizi: visite guidate – guide – book/gift shop 

C 

22 

Parma 

Museo dei Burattini e delle 

Marionette “Giordano Ferrari” 

Via del Parmigianino, 5 

43100 Parma 

Tel. 0521218882 - fax 0521846763 

In fase di ordinamento 

P 

23 

Parma 

Centro Studi e Archivio 

della Comunicazione 


24 

Parma 


Via Farini, 90 

43100 Parma 

Tel. 0521234082 – fax 0521236465 


Apertura: da martedì a venerdì 9-12 e 

14,30-17,30 

Servizi: visite guidate – biblioteca/sale studio 

e consultazione 

U 

25 

Parma 

Museo Paleontologico Parmense 

Istituto di Geologia dell’Università 

Via delle Scienze, 78 

43100 Parma 

Tel. 0521905322 - fax 0521905353 


Apertura: da lunedì a venerdì 8-18 (chiuso 

agosto) 

Servizi: visite guidate – archivio/arch.fot. 

– accessi facilitati 

U 

26 

Parma 

Collezioni dell’Istituto di Mineralogia 

Dipartimento di Scienze della Terra 

dell’Università 

Via delle Scienze, 78 

43100 Parma 

Tel. 0521905326 


Apertura: da lunedì a venerdì 8-18,30 

Servizi: biblioteca/sale studio – accessi facilitati 

U 

27 

Parma 

Orto Botanico 

Istituto di Biologia Evolutiva dell’Università 

Via Farini, 90 

43100 Parma 

Tel. 0521233524 



U 

28 

Parma 

Fondazione Glauco Lombardi 

Palazzo della Riserva 

Via Garibaldi, 15 

43100 Parma 

Tel. e fax 0521233727 

In corso di riordinamento 

F 

29 

Parma 

Museo d’Arte Cinese 

e Sezioni Etnografiche 

Istituto Saveriano per le Missioni Estere 

Via San Martino, 8 

43100 Parma 

Tel. 0521960420 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-12 e 15,30- 

19, sabato 9-12 

E 

30 

Parma 

Collezione Borsari 1870 

Via Trento, 30/a 

43100 Parma 

Tel. 0521771011 - fax 0521272953 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-12,30 e 

14,30-17,00; su prenotazione per gruppi 


P 

31 

Salsomaggiore 


di Scienze Naturali 

Viale Matteotti, 1 

43039 Salsomaggiore 

Tel. 0524574672 


P 

32 

Soragna 

Rocca dei Meli-Lupi 

Piazza Meli-Lupi, 5 

43019 Soragna 

Tel e fax 0524597964 


Apertura: estate, da martedì a domenica 9- 

11 e 15-18; inverno, da martedì a domenica 

9-11 e 14,30-17,30 


ristoro 

P 

33 

Soragna 

Museo Ebraico “Fausto Levi” 

Via Cavour, 46 

43019 Soragna 

Tel. 0524597953 


Apertura: settembre, ottobre e da marzo a 

luglio, feriali 10-12 e 15-17, domenica 10- 

12,30 e 15-18, chiuso il lunedì; anche a 

richiesta 


P 

34 

Traversetolo 

Museo “Renato Brozzi” 


Piazza Vittorio Veneto, 30 

43029 Traversetolo 

Tel. 0521842841 - fax 0521844465 



Servizi: visite guidate – book shop – archivio/fototeca 

C 

35 

Traversetolo 

(Mamiano) 

Fondazione Magnani Rocca 

Via Vecchia di Sala, 18 

43029 Traversetolo 

Tel. 0521848327 - fax 0521848337 

Ingresso: a pagamento; per gruppi su prenotazione 

Apertura: da marzo a novembre, feriali e 

domenica 10-18, chiuso il lunedì 


biblioteca/archivio/ sale di lettura – ristoro 


F 

36 

Zibello 


“Giuseppe Riccardi” 

Via Roma, 29 

43010 Zibello 

Tel. 052499124 



C



PROVINCIA DI REGGIO EMILIA 

1 

Boretto 

Museo del Po della Navigazione 

Interna e del Governo delle Acque 

Azienda regionale per la Navigazione 

Interna 

Via Argine Cisa, 11 

42022 Boretto 

Tel. 0522964672 - fax 0522964430 



Servizi: visite guidate/attività didattica 

C 

2 

Brescello 

Antiquarium 

Via F. Cavallotti, 31 

42041 Brescello 

Tel. 0522687526 - fax 0522684422 



C 

3 

Brescello 

Museo di Peppone e Don Camillo 

Via De Amicis, 2 

42041 Brescello 

Tel. 0522687526 - fax 0522684422 


Apertura: feriali e domenica, 9-18 



C 

4 

Canossa 

Museo Nazionale “Naborre Campanini” 

Castello di Canossa 

Via Castello, 8 

42026 Canossa 

Tel. 0522877127 


Apertura: estate, da martedì a domenica 9- 

12,30 e 15-19; inverno, da martedì a domenica 

9-15 


S 

5 

Correggio 

Museo Civico 

Palazzo dei Principi 

Corso Cavour, 7 

42015 Correggio 

Tel. 0522693296 - fax 0522541105 


Apertura: domenica e 1°e 3°sabato del mese, 

10,30-13 e 15-19; a richiesta negli altri 

giorni; chiuso agosto 


C 

6 

Correggio 

(San Martino Piccolo) 

Museo delle Arti e delle Tradizioni 

Popolari 

Via Bottegone, 16 

42015 Correggio 

Tel. 059685025 



P 

7 

Gattatico 

Museo Cervi 

Praticello 

Via Fratelli Cervi, 9 

42043 Gattatico 

Tel. e fax 0522678356 


Apertura: da aprile a settembre, da martedì 

a domenica 9-13 e 15-19; da ottobre a marzo, 

da martedì a domenica 9-12,30 e 15-17,30 

Servizi: visite guidate/attività didattica – 

book/gift shop – biblioteca/archivio/arch. 

fot. – sale lettura 

P 

8 

Gualtieri 

Donazione Tirelli - Museo Documentario 

e Centro Studi “Antonio Ligabue” 

Palazzo Bentivoglio 

Tel. 0522828696 - fax 0522828444 



Servizi: visite guidate – archivio/arch. fot. 

C 

9 

Guastalla 

Museo della Biblioteca Maldotti 


42016 Guastalla 

Tel. 0522826294 - fax 0522434058 


Apertura: estate, da lunedì a venerdì 14,30- 

18, sabato e domenica a richiesta; inverno, 

da lunedì a venerdì 14-18, sabato 9-12 


biblioteca/archivio/arch. fot./ sale lettura 

C 

10 

Luzzara 

(Villa Superiore) 

Museo Nazionale delle Arti Naïfs 

“Cesare Zavattini” 

Via Villa Superiore, 29 

42045 Luzzara 

Tel. e fax 0522977283 


Apertura: da martedì a sabato10-12 e 15,30- 

18,30, domenica e festivi 10-12; chiuso gennaio 

e febbraio 


biblioteca/archivio/arch. fot. 

C 

11 

Montecchio Emilia 

(Aiola) 

Museo Etnografico “La Barchessa” 

Via Capellini, 13 

42027 Montecchio Emilia 

Tel. 0522871271 - fax 0522871274 





P 

12 

Novellara 

Museo Civico Gonzaga 

Rocca dei Gonzaga 

Piazzale Marconi, 1 

42017 Novellara 

Tel. 0522655454 - fax 0522652057 

In fase di riordinamento; visitabile a 

richiesta 

C 

13 

Novellara 


Rocca dei Gonzaga 

Piazzale Marconi, 1 

42017 Novellara 

Tel. 0522655454 



C 

14 

Poviglio 

Museo della Terramara di Santa Rosa 

Via Parma, 1 

42028 Poviglio 

Tel. 0522960426 - fax 0522967680 


Apertura: estate, martedì e venerdì 16-19, 

mercoledì e giovedì 9,30-12,30, sabato 

9,30-12,30 e 17-19; inverno, martedì e mercoledì 

9-12,30, giovedì e venerdì 15-18, 

sabato 9-12,30 e 16-18,30; anche a richiesta 

Servizi: visite guidate /attività didattica – 

book/gift shop 

C


207 

15 


Museo dell’Archivio di Stato 

Palazzo Carmi 

Corso Cairoli, 2 

42100 Reggio Emilia 

Tel. 0522451328 


Apertura: su prenotazione 

S 

16 

Reggio nell’Emilia 

Musei Civici 

- Museo Lazzaro Spallanzani e 

Collezioni naturalistiche 

- Museo Gaetano Chierici e Collezione 

paletnologica 

- Galleria dei marmi romani 

- Museo di Arte Industriale 

- Galleria Fontanesi 

- Collezioni di Preistoria e Protostoria 

- Museo Renato Marino Mazzacurati 

- Nuovo Museo di Reggio in Età Romana 

Via Spallanzani, 1 

Tel. 0522437775/0522456476/0522456477 - 

fax 0522454049 


Apertura: da martedì a venerdì 9-12, sabato, 

domenica e festivi 9-12 e 15-18 


book/gift shop – biblioteca/archivio/fototeca 

– sale di studio e di lettura 

C 

17 


Civica Galleria 

“Anna e Luigi Parmeggiani” 

Corso Cairoli, 2 


Tel. 0522437775/0522456476 - 

fax 0522454049 


Apertura: da martedì a venerdì 9-12, sabato, 



biblioteca/archivio/fototeca – sale di studio 

C 

18 


Museo del Tricolore 

Palazzo del Comune 

Piazza Prampolini, 1 


Tel. 0522456222 - fax 0522456662 



Servizi: visite guidate, accessi facilitati 

C 

19 


Museo Archivio del Teatro 

Teatro Municipale “Romolo Valli” 

Piazza Martiri del 7 luglio 


Tel. 0522458811 



Servizi: visite guidate – accessi facilitati 

C 

20 



di Storia della Psichiatria 

Via Amendola, 2 


Tel. 0522295280 - fax 0522295205 


Apertura: lunedì, venerdì e sabato 8-13; 

martedì mercoledì e giovedì 8-13 e 15-18; luglio 

e agosto, chiuso mercoledì pomeriggio 


pubblicazioni – biblioteca/archivio – sale di 

studio – ristoro – accessi facilitati 

C 

21 


Raccolta d’Arte della Provincia 

Palazzo Magnani 

Corso Garibaldi 


Tel. 0522454437 



Servizi: visite guidate, pubblicazioni 

PR 

22 


Museo della Civiltà Contadina “A. Motti” 

Istituto Professionale di Stato per 

l’Agricoltura “A. Motti” 

Villa Gaida 

Via Newton, 41 


Tel. 0522942185 


Apertura: a richiesta (chiuso festivi e periodo 

estivo) 


SC 

23 


Raccolta Diocesana d’Arte Sacra 

Palazzo Vescovile 


Tel. 0522437766 



E 

24 


Museo del Santuario della Madonna 

della Ghiara 

Santuario della Madonna della Ghiara 

Corso Garibaldi, 44 


Tel. 0522439707 - fax 0522439584 


Apertura: domenica 15,30-18,30; a richiesta 

nei giorni feriali 

E/C 

25 


Museo Missionario Francescano 

Convento dei Frati Cappuccini 

Via Ferrari Bonini, 2/b 


Tel. 0522433201 - fax 0522434540 



Servizi: book/gift shop 

E 

26 

Rolo 

Museo della Tarsia 

Corso della Repubblica, 39 

42047 Rolo 

Tel. 0522666112/0522666734 - 

fax 0522666953 


Apertura: a richiesta 8,30-12,30; chiuso la 

domenica 


C 

27 


Museo dell’Agricoltura e del Mondo 

Rurale 

Rocca Estense 

Corso Umberto I, 25 

42018 San Martino in Rio 

Tel. 0522636726 - fax 0522695986 


Apertura: sabato 9-12; a richiesta negli altri 

giorni 


biblioteca/archivio/arch. fot. – sale studio e 

incontri – accessi facilitati 

C 

28 


Museo dell’Automobile 

Via A. Barbieri, 12 

42018 San Martino in Rio



Tel. 0522646230 - fax 0522698427 


Apertura: venerdì 20-24; prima domenica 

del mese 9-13; a richiesta negli altri giorni 

Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio/arch. 

fot. – sale studio e incontri – accessi 

facilitati 

P 

PROVINCIA DI MODENA 

1 

Bastiglia 


Piazza della Repubblica, 57 

41030 Bastiglia 

Tel. 059904866 


Apertura: da aprile a settembre, domenica 

15-18; da ottobre a marzo, domenica 14-17; 

anche a richiesta 


book/gift shop – biblioteca/archivio 

C 

2 

Campogalliano 

Museo della Bilancia 

Via Garibaldi, 34/a 

41011 Campogalliano 

Tel. 059527133 - fax 059527084 


Apertura: estate, sabato e festivi 10-12,30 

e 16-19; inverno, sabato e festivi 10-12,30 e 

15-18,30; anche a richiesta 

Servizi: visite guidate – book/gift shop 

C 

3 

Carpi 

Museo Civico “Giulio Ferrari” 

Castello dei Pio 

Piazza Martiri, 68 

41012 Carpi 

Tel. 059649298 


Apertura: dal 21 marzo a giugno, settembre 

e ottobre, giovedì, sabato e domenica 

10-12,30 e 15-18,30; luglio e agosto, giovedì, 

sabato e domenica 10-13 e 16-19; da 

no-vembre al 20 marzo, su richiesta 



fot. 

C 

4 

Carpi 

Museo Monumento al Deportato 

Castello dei Pio 

Via Manfredo Pio, 1 

41012 Carpi 

Tel. 059649204 


Apertura: giovedì, sabato, domenica e festivi 

10-12,30 e 15-18,30; ora legale, 10-13 e 

16-19 


C 

5 


(Gaggio di Piano) 

Raccolta del Lavoro Contadino 

e Artigiano 

Villa Sorra Frosini 

41013 Castelfranco Emilia 

Tel. 059243263 

Temporaneamente chiuso; visita a richiesta 

P 

6 



Palazzo Piella 

Corso Martiri, 204 

41013 Castelfranco Emilia 

Tel. 059926626 (uff. cultura Comune); 

059959371 - fax 059926363 


Apertura: sabato, domenica e festivi 10- 

12,30 e 16-19 

C 

7 

Castelvetro 

Raccolta Storica di Strumenti 

per la Lavorazione del Legno 

“Romano Bonvicini” 

Via Caledoni, 14 

41014 Castelvetro 

Tel. 059758811 (uff. cultura Comune) 

In corso di ordinamento; visita a richiesta 

C 

8 

Fanano 

Parco Urbano di Sculture in Pietra 

Centro storico di Fanano e frazioni 

41021 Fanano 

Tel. 053668696 e 053668825 (uff. turist. 

comune) - fax 0536668954 


Apertura: continuativa 

Servizi: visite guidate (a pagamento per 

gruppi) 

C 

9 



Via Trento Trieste, 4/b 

41034 Finale Emilia 

Tel. 053592812 - 0535788307- 

fax 0535788130 


Apertura: sabato 9-12 e 15-18, domenica 9-12 

Servizi: visite scolastiche su prenotazione – 

book/gift shop – biblioteca/archivio/fototeca 

C 

10 


Museo Civico del Territorio 

Sala autostazione 

Viale Stazione, 2 

41034 Finale Emilia 

Tel. 053592812/0535788307 – 

fax 0535788130 


Apertura: sabato 9-12 e 15-18, domenica 

9-12 

Servizi: visite scolastiche su prenotazione 

– book/gift shop 

C 

11 

Fiorano Modenese 

Spezzano 

Museo della Ceramica 

Castello di Spezzano 

Via Castello, 12 

41042 Fiorano Modenese 

Tel. 0536845064/0536833412 - 

fax 0536832446 


Apertura: sabato e domenica 15-19; su prenotazione, 

tutti i giorni 9-12 


C 

12 

Fiumalbo 

Museo di Arte Sacra 

Chiesa di Santa Caterina 

(detta “dei rossi”) 

Piazza Umberto, I 

41022 Fiumalbo 

Tel.053673922 - fax 053673074 


Apertura: da metà giugno a metà settembre, 

tutti i giorni 10-12,30 e 15,30-18,30; su 

prenotazione negli altri mesi 

E 

13 

Formigine 

Museo Civico 

Castello comunale 

Piazza Calcagnini, 1 

41043 Formigine 

Tel.059416250 - fax 059557421 (uff. cultura 

Comune) 

In corso di ordinamento; visite a richiesta 

C


209 

14 

Maranello 

Galleria Ferrari 

Via Dino Ferrari, 43 

41053 Maranello 

Tel. 0536943204 - fax 0536949714 


Apertura: tutti i giorni 9,30-12,30 e 15-18, 

chiuso il lunedì 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – archivio/fototeca 


P 

15 

Marano sul Panaro 

Museo di Ecologia e Storia Naturale 

Piazza Matteotti, 28 

41053 Marano sul Panaro 

Tel. 059744103/059793004 - fax 059705158 


Apertura: sabato e domenica 16-19; su prenotazione 

negli altri giorni, solo mattina 


C 

16 

Mirandola 

Museo Civico 

Via Francesco Montanari, 5 

41037 Mirandola 

Tel. 053521470 - fax 053521430 

Ingresso: a pagamento (lire 3 mila; gratuito 

per solaresche) 

Apertura: da lunedì a venerdì 9-13 e (tranne 

mercoledì) 15-17,30; su prenotazione 

sabato e domenica 

Servizi: visite guidate – biblioteca/mediateca/archivio 

– sale studio 

C 

17 

Modena 

Galleria Estense 

Palazzo dei Musei 

Largo di Porta S. Agostino, 337 

41100 Modena 

Tel. 059222145/059235004 - fax 059230196 


Apertura: martedì, venerdì e sabato 9-19; 

mercoledì e giovedì 9-14; domenica 9-13 

Servizi: visite guidate – book shop – biblioteca/archivio/fototeca 

S 

18 

Modena 

Museo Lapidario Estense 



41100 Modena 

Tel. 059222145/059235004 - fax 059230196 


Apertura: martedì, venerdì e sabato 9-19, 

mercoledì e giovedì 9-14, domenica 9-13 

Servizi: visite guidate – book shop – biblioteca/archivio/fototeca 

S 

19 

Modena 

Museo Civico Archeologico Etnologico 



41100 Modena 

Tel. 059223892/059206860 - fax 059224795 


Apertura: da martedì a venerdì 9-12, sabato 

9-13, martedì e sabato anche 16-19, domenica 

e festivi 10-13 e 16-19 


book shop – ristoro – accessi facilitati 

C 

20 

Modena 

Museo Civico d’Arte 



41100 Modena 

Tel. 059223892/059206860 - fax 059224795 




e festivi 10-13 e 16-19 

Servizi: visite guidate – book shop – ristoro 


C 

21 

Modena 

Gipsoteca Graziosi 



41100 Modena 

Tel. 059223892/059206860 




e festivi 10-13 e 16-19 



C 

22 

Modena 

Galleria Civica 

Palazzo Santa Margherita 

Corso Canalgrande 

Sez. Palazzina dei Giardini Pubblici 

41100 Modena 

Tel. 059206911/059206940/059222062 - 

fax 059206932 


Apertura: estiva, tutti i giorni 10-13 e 16-19; 

invernale, tutti i giorni 10-13 e 15-18 relativamente 

alle mostre in corso; anche su 

prenotazione telefonica 

C 

23 

Modena 

Museo Muratoriano 

Via Pomposa, 1 

41100 Modena 

Tel. 059241104 


Apertura: da lunedì a venerdì 17-19,30; anche 

su prenotazione per scolaresche 

C 

24 

Modena 

Museo della Figurina 

Via Scaglia Est, 9 

41100 Modena 

Tel. e fax 059344133 


Apertura: su prenotazione tutti i giorni 8- 

13 (lunedì e giovedì 8-17) 

C 

25 

Modena 

Raccolta d’Arte della Provincia di Modena 

Palazzo della Provincia 

Viale Martiri della Libertà, 34 

41100 Modena 

Tel. 059209440 - fax 059220686 


Apertura: sabato 9-11,30; su prenotazione 


PR 

26 

Modena 


e della Strumentazione Scientifica 

Via Bono da Nonantola 

Tel. 059218018 - fax 059378560 




U 

27 

Modena 

Museo Astronomico e Geofisico 

Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria 

dell’Università di Modena 

Palazzo Ducale 

Piazza Roma, 22 

41100 Modena 

Tel. 059370703 - fax 059373180 



U



28 

Modena 


Istituto di Anatomia Umana 


Viale Berengario, 16 

41100 Modena 

Tel. 059243566 - fax 059226769 



U 

29 

Modena 


Dipartimento di Biologia Animale 


Via Università, 4 

41100 Modena 

Tel. 059225067 - fax 059219958 



U 

30 

Modena 

Museo di Paleontologia 



Via Università, 4 

41100 Modena 

Tel. 059217084 - fax 059218212 



U 

31 

Modena 

Museo di Mineralogia e Geologia 



Piazza Santa Eufemia, 19 

41100 Modena 

Tel. 059417111 - fax 059417399 



U 

32 

Modena 

Orto Botanico 

Istituto di Botanica dell’Università 

di Modena 

Viale Caduti in Guerra, 127 

41100 Modena 

Tel. 0594390711 - fax 0594390704 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-13 

Servizi: visite guidate (su prenotazione per 

gruppi organizzati) 

U 

33 

Modena 

Museo Storico dell’Accademia Militare 

Palazzo Ducale 

Piazza Roma 

41100 Modena 

Tel. 059206660 


Apertura: visite individuali su prenotazione 

dal lunedì al venerdì 8,30-12,30 e 15-19 

Servizi: apertura domenicale su prenotazione 

con servizio di visita guidata 

S 

34 

Modena 

Museo Lapidario del Duomo 

Via Lanfranco, 6 

41100 Modena 

Tel. 059223474 


E 

35 

Modena 

Museo del Combattente 

Casa del Mutilato 

Viale L.A. Muratori, 201 

41100 Modena 

Tel. e fax 059237135 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-12 e 16-18, 

sabato 9-12, domenica su prenotazione 

Servizi: visite guidate – archivio/arch. fot. 

P 

36 

Modena 

Museo dell’Auto Storica “Stanguellini” 

Sede Concessionaria Fiat 

Via Emilia Est, 756 

41100 Modena 

Tel.059360062 - fax 059374845 


Apertura: da lunedì a venerdì 8,30-12,30 e 

15-18,30, sabato 9-12; su prenotazione anche 

domenica 


P 

37 

Modena 

Museo d’Auto e Moto d’epoca 

“Umberto Panini” 

Azienda Agricola Hombre 

Via Corletto Sud, 320 

41100 Modena 

Tel. 059510660 - fax 059510733 



P 

38 

Modena 

(Villanova) 

Museo dei Presepi 

Chiesa parrocchiale 

Via Villanova, 692/5 

41100 Modena 

Tel. 059849921/059849595 


Apertura: sabato e domenica 9-12 e 15-19; 

dicembre e gennaio, tutti i giorni, 9-12 e 15-19 

P 

39 

Montefiorino 

Museo della Repubblica Partigiana 

di Montefiorino 


Via Rocca, 1 

41045 Montefiorino 

Tel. 0536965139 - fax 0536965535 


Apertura: mercoledì 9,30-12,30 e 15,30-18,30, 

domenica 10-12,30 e 15-18 

C 

40 

Montese 

Museo Storico di Montese 

Rocca di Montese 

Via della Rocca, 291 

41055 Montese 

Tel. 059971111/051971127 - fax 059971100 

Ingresso: a pagamento; gratuito per le scuole 

Apertura: sabato 15-18, domenica 11-13 e 

15-18, luglio e agosto, feriali 15-18; anche 

su prenotazione 


C 

41 

Montese 

Forum Artis Museum 

Rocca di Montese 

Via della Rocca, 291 

41055 Montese 

Tel. 059971111 


Apertura: sabato 15-18, domenica 11-13 e 

15-18; luglio e agosto, feriali 15-18; anche 

su prenotazione 


C 

42 

Montese 

Museo Augusto Righi 

Via Panoramica, 60 

Tel. 059971106 


Apertura: da lunedì a sabato 8-13; anche a 

richiesta 

P


211 

43 

Montese 

(Iola) 

Raccolta di Cose Montesine 

Canonica della chiesa parrocchiale 

Tel. 059980035 


Apertura: luglio e agosto, domenica mattina; 

su prenotazione negli altri giorni 

P 

44 

Nonantola 

Antiquarium 


Via Marconi, 11 

41015 Nonantola 

Tel. 059896555 - fax 059896590 


Apertura: domenica e festivi 9,30-13 e 15- 

18,30 

C 

45 

Nonantola 

Tesoro dell’Abbazia di San Silvestro 

Abbazia di Nonantola 

Tel. 059549025 



E 

46 

Pavullo nel Frignano 

Museo Naturalistico del Frignano 

Convento dei frati Cappuccini 

Via Rainaudo 

41026 Pavullo nel Frignano 

Tel. 053620103 - fax 053620125 


Apertura: sabato e domenica 10-12 

C/P 

47 

Ravarino 

Mostra Storico-Didattica 

Via Roma, 105 

41017 Ravarino 

Tel. 059900130 - fax 059900200 


Apertura: seconda settimana di giugno, feriali 

20-23, domenica 15-23, su prenotazione 

C 

48 

San Felice sul Panaro 

Mostra archeologica “Giuseppe Venturini” 

Rocca Estense 

Via Mazzini, 15 

41038 San Felice sul Panaro 

Tel. 053584628 - fax 053584362 


Apertura: dal 1° marzo al 20 luglio e dal 20 

agosto al 31 ottobre, sabato 15,30-18,30, 

domenica 9,30-12,30 e 15,30-18,30 


C 

49 

Sassuolo 

Centro di Documentazione dell’Industria 

Italiana della Piastrella di Ceramica 

Palazzina della Casiglia 

Via Monte Santo, 40 

41049 Sassuolo 

Tel. 0536818111 - fax 0536807935 




P 

50 

Savignano sul Panaro 

Museo dell’Elefante 

Centro Civico 

Via Doccia, 72 

Tel. 059731439 - fax 0536730160 


Apertura: feriali su prenotazione; festivi 

14,30-18,30 

C 

51 

Sestola 

Museo della Civiltà Montanara 

Rocca di Sestola 

Via Castello 

41029 Sestola 

Tel. 053662324 - fax 053661621 

Ingresso: a pagamento (gratuito ragazzi; 

comprensivo ingresso Museo degli Strumenti 

Musicali Meccanici) 

Apertura: luglio e agosto, tutti i giorni 10- 

12 e 16-19 


archivio/arch. fot. – accessi facilitati 

C 

52 

Sestola 


Meccanici 

Rocca di Sestola 

Via Castello 

41029 Sestola 

Tel. 053662324 - fax 053661621 

Ingresso: a pagamento (gratuito ragazzi; comprensivo 

Museo della Civiltà Montanara) 

Apertura: luglio e agosto, tutti i giorni 10- 

12 e 16-19 


archivio/arch. fot. 

C 

53 

Spilamberto 

Mostra Archeologica del Fiume Panaro 

Corso Umberto I, 1 

Tel. e fax 059782317 


Apertura: sabato 20,30-22,30, domenica 

10-12; su prenotazione nei giorni feriali 

C 

54 

Vignola 

Museo Civico 

Piazza Carducci, 3 

41058 Vignola 

Tel. 059777706 - fax 059782317 


Apertura: domenica 10,30-12,30; su prenotazione 

nei giorni feriali 


C 

PROVINCIA DI BOLOGNA 

1. 

Argelato 

(Funo) 


e della Canapa “Giuseppe Romagnoli” 

Via Fratelli Rosselli, 26 

40050 Argelato 

Tel. 051861802 - fax 0516647162 




P 

2 

Bazzano 


“Arsenio Crespellani” 

Rocca Bentivolesca 

Via Contessa Matilde, 10 

40053 Bazzano 

Tel. 051831452 - fax 051831426 


Apertura: giovedì e sabato 15,30-19, domenica 

9-12 e 15,30-19; anche a richiesta per 

gruppi e scolaresche 


book/gift shop – biblioteca/archivio – sale 

di studio 

C 

3 

Bentivoglio 

(San Marino) 


Via Sanmarino, 35



40010 Bentivoglio 

Tel. 051891050 - fax 051898377 


Apertura: da maggio a settembre, tutti i giorni 

9,30-12,30, martedì e giovedì e sabato 

anche 14,30-17,30, domenica e festivi 16-20; 

marzo-aprile e ottobre-novembre, tutti i giorni 

9,30-12,30, martedì, giovedì e sabato anche 

14,30-18,30, domenica e festivi 14,30-18,30; da 

dicembre a febbraio, feriali 9,30-12,30 


book/gift shop – biblioteca/archivio/fototeca, 

ristoro 

PR (e altri enti) 

4 

Bologna 


Via Belle Arti, 56 

40126 Bologna 

Tel. 051243222 - fax 051251368 


Apertura: feriali 9-14, domenica 9-13 


biblioteca/archivio/arch. fot. – sale di studio 

e incontri 

S 

5 

Bologna 


Via dell’Archiginnasio, 2 

40124 Bologna 

Tel. 051233849 - fax 051266516 


Apertura: feriali 9-14, domenica e festivi 9- 

13 e 15,30-19 

Servizi: visite guidate/attività didattica – pubblicazioni 

– book/gift shop – biblioteca/archivio/arch. 

fot. – sale di studio e incontri 

C 

6 

Bologna 

Museo Civico Medievale 

Via Manzoni, 4 

40121 Bologna 

Tel. 051203930 - fax 051232312 

Ingresso: a pagamento (gratuito ragazzi e 

studenti) 

Apertura: lunedì, mercoledì, venerdì 9-14, 

sabato e domenica 9-13 e 15,30-19 

Servizi: visite guidate/attività didattica – pubblicazioni 

– book/gift shop – biblioteca/archivio/arch. 


C 

7 

Bologna 

Museo Civico d’Arte Industriale 

e Galleria Davia Bargellini 

Strada Maggiore, 44 

40125 Bologna 

Tel. 051236708 - fax 051232312 


Apertura: feriali 9-14, domenica 9-13 


archivio/fototeca 

C 

8 

Bologna 

Collezioni Comunali d’Arte 

Palazzo d’Accursio 

Piazza Maggiore, 6 

40121 Bologna 

Tel. 051203526/051203153 


Apertura: tutti i giorni 10-18; chiuso lunedì 


C 

9 

Bologna 

Museo Morandi 

Palazzo d’Accursio 


40121 Bologna 

Tel. 051203332/051203629 

fax 051203403/051204531 



pubblicazioni – book/gift shop – biblioteca/archivio/arch. 

fot. – sale di studio e 

incontri – ristoro – accessi facilitati 

C 

10 

Bologna 

Galleria Comunale d’Arte Moderna 

Piazza della Costituzione, 3 

40128 Bologna 

Tel. 051502859 - fax 051371032 


Apertura: tutti i giorni 10-18; chiuso lunedì 


pubblicazioni – book/gift shop – biblioteca/archivio/arch. 


– spazi espositivi per mostre temporanee 

– ristoro – accessi facilitati 

C 

11 

Bologna 

Casa Carducci 


40125 Bologna 

Tel. e fax 051347592 


Apertura: tutti i giorni 9-13, giovedì anche 

16-17; chiuso lunedì 

Servizi: book/gift shop – biblioteca/archivio 


C 

12 

Bologna 

Museo Civico del Risorgimento 

Casa Carducci 


40125 Bologna 

Tel. e fax 051347592 

Ingresso: a pagamento (3.000) 

Apertura: tutti i giorni 9-13 (giovedì 9-17); 

chiuso lunedì 

Servizi: visite guidate – pubblicazioni – 


fot. – sale di studio – accessi facilitati 

C 

13 

Bologna 

Civico Museo Bibliografico Musicale 

Conservatorio Musicale 

Piazza Rossini, 2 

40126 Bologna 

Tel. e fax 051221117 


Apertura: feriali 9-13 (chiuso agosto e festività 

natalizie e pasquali) 


fot. – sale di studio 

C 

14 

Bologna 

Museo del Patrimonio Industriale 

Ex Fornace Galotti 

Via della Beverara, 125 

40131 Bologna 

Tel. 0516347770 - fax 0516346053 


Apertura: da settembre a giugno, giovedì e 

domenica 15-18, sabato 9,30-12,30 e 15-18; 



book shop – biblioteca/ar-chivio – sale di 

studio e incontri 

C 

15 

Bologna 

Museo Ebraico 

Via Valdonica, 1/5 

40126 Bologna 

Tel. 0512911280/0516569003 

fax 051235430 

Ingresso: a pagamento (intero 8 mila, ridotto 

4 mila) 

Apertura: da domenica a giovedì 10-18, 

venerdì 10-16; chiuso sabato e festività 

ebraiche 


book/gift shop – biblioteca/archivio – sale 

di studio e consultazione – accessi facilitati 

C (e altri enti)


213 

16 

Bologna 

Museo dell’Accademia di Belle Arti 

Via Belle Arti, 54 

40126 Bologna 

Tel. 051244252 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-18, sabato 

9-13; chiuso domenica e festivi 


S 

17 

Bologna 

Musei di Palazzo Poggi 

- Aula Carducci 

- Museo Storico dello Studio e dell’Ottavo 

Centenario 

- Museo Aldrovandiano 

- Museo Marsiliano 

- Museo delle Navi e delle Antiche Carte 

Geografiche 

- Specola e Museo di Astronomia 

- Museo Ostetrico “Giovanni Antonio Galli” 

- Museo Indiano 

Rettorato dell’Università degli Studi 

Tel. 0512099369/0512099360 

fax 051259600 

Via Zamboni, 33 

40126 Bologna 

Ingresso: libero 

Apertura: da lunedì a venerdì 8,30-17,30 

(estivo, lunedì, mercoledì, venerdì solo fino 

alle 14); a richiesta per le raccolte in 

corso di riordinamento 


fot. – sale studio 

U 

18 

Bologna 

Orto Botanico e Erbario 

Istituto Botanico dell’Università degli 

Studi 

Via Irnerio, 42 

40126 Bologna 

Tel. 0512091289 - fax 051259600 


Apertura: a richiesta da lunedì a venerdì 

8,30-12,30 

Servizi: visite guidate – biblioteca – sale 

studio 

U 

19 

Bologna 

Museo di Geologia e Paleontologia 

“Giovanni Capellini” 

Istituto di Geologia e Paleontologia 

dell’Università degli Studi 

Via Zamboni, 63 

40126 Bologna 

Tel. e fax 0512094525 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-12,30 


biblioteca – sale studio 

U 

20 

Bologna 

Museo di Antropologia 

Istituto di Antropologia dell’Università 

degli Studi 

Via Selmi, 3 

40126 Bologna 

Tel. 0512094201 - fax 051259600 


Apertura: da settembre a luglio, da lunedì 

a venerdì 9-13 


book shop – biblioteca/archivio – sale di 

studio e consultazione – accessi facilitati 

U 

21 

Bologna 

Museo di Anatomia Umana Normale 

Istituto di Anatomia Umana Normale 



40126 Bologna 

Tel. 051242217 


Apertura: a richiesta da lunedì a venerdì 

9-13 

Servizi: visite guidate – book shop 

U 

22 

Bologna 

Museo di Anatomia e Istologia 

Patologica “Cesare Taruffi” 

Istituto di Anatomia e Istologia 

Patologica dell’Università degli Studi 

Via Massarenti, 9 

40138 Bologna 

Tel. 051391540 - fax 051259600 



9-12 


– sale di studio e incontri – accessi facilitati 

U 

23 

Bologna 

Museo di Anatomia Comparata 

Istituto di Anatomia Comparata 


Via Selmi, 3 

40126 Bologna 

Tel. 051354243 - fax 051251208 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-13 


biblioteca/archivio – sale di studio e incontri 


U 

24 

Bologna 


Istituto di Zoologia dell’Università degli 

Studi 

Via Selmi, 3 

40126 Bologna 

Tel. 0512094164 - fax 0512094248 


Apertura: da lunedì a venerdì 8,30-18,30 


U 

25 

Bologna 

Museo di Mineralogia “Luigi Bombicci” 

Istituto di Mineralogia e Petrologia 


Piazza di Porta San Donato, 1 

40127 Bologna 

Tel. 051243556 - fax 051243336 


Apertura: estivo, lunedì, mercoledì e venerdì 

9-12,30; a richiesta negli altri mesi 


biblioteca/archivio – sale di studio 

U 

26 

Bologna 

Raccolta di Topografia, Geodesia 

e Fisica Mineraria 

Facoltà di Ingegneria 

Viale Risorgimento, 2 

40136 Bologna 

Tel. 0516443101 


Apertura: feriali a richiesta 


U 

27 

Bologna 

Museo di Fisica 

Dipartimento di Fisica dell’Università 

degli Studi 


40126 Bologna 

Tel. 051351101 - fax 051247244 



richiesta 

Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio/ 

sale di studio e consultazione 

U



28 

Bologna 

Raccolte dell’Istituto Ortopedico Rizzoli 

Istituto Ortopedico Rizzoli 

San Michele in Bosco 

Via Pupilli, 1 

Tel. 0516366315 - fax 0516366424 


Apertura: lunedì e martedì 10,30-13,30 e 

14,30-19; da mercoledì a venerdì 10,30-15; 

sabato 9-13 

Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio/fototeca 


U 

29 

Bologna 

Museo Scientifico del Liceo Galvani 

Via Castiglione, 38 

Tel. 051226461 



SC 

30 

Bologna 

Collezioni d’Arte e di Storia della 

Cassa di Risparmio in Bologna 

Via Morgagni, 3 

40121 Bologna 

Tel. 051230727 - fax 051232676 


Apertura: lunedì, mercoledì, venerdì 10- 

12,30 

Servizi: biblioteca/archivio/fototeca – sale 

di studio – sale mostre – accessi facilitati 

F 

31 

Bologna 

Museo della Sanità e dell’Assistenza 

Santa Maria della Vita 

Via Clavature, 18 

40124 Bologna 


Apertura: da martedì a domenica, 10-12 e 

15-18 

Servizi: visite guidate/attività didattiche – 

bookshop – sala espositiva – sala conferenze 

Ausl.Bo 

32 

Bologna 

Museo di San Petronio 

Piazza Maggiore 

40124 Bologna 

Tel. 051225442 - fax 051220637 


Apertura: tutti i giorni, 7-13 e 14,30-18,30 

Servizi: book/gift shop – biblioteca/archivio 

E 

33 

Bologna 

Museo di Santo Stefano 

Piazza Santo Stefano, 24 

40125 Bologna 

Tel. e fax 051223256 


Apertura: tutti i giorni 9-12 e 15,30-18 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – biblioteca/archivio/arch. 

fot. 

E 

34 

Bologna 

Museo di San Domenico 

Piazza San Domenico, 13 

40124 Bologna 

Tel. 0516400411 - fax 0516447152 


Apertura: da lunedì a venerdì 10-12 e 15,30 

-17,30 


archivio 

E 

35 

Bologna 

Museo di San Giuseppe 

Via Bellinzona, 6 

40135 Bologna 

Tel. 0516446406 - fax 0516400431 


Apertura: venerdì 9,30-12 e a richiesta 

E 

36 

Bologna 

Museo della Santa 

Via Tagliapietre, 19 

Tel. 051331274 


Apertura: tutti i giorni 9-12 e 16-19 

E 

37 

Bologna 

Museo Missionario d’Arte Cinese 

Convento dell’Osservanza 

Via dell’Osservanza, 88 

40136 Bologna 

Tel. 051580557 - fax 051582142 



E 

38 

Bologna 

Museo di Ronzano 

Via Gaibola, 18 

40136 Bologna 

Tel. 051581443 


E 

39 

Bologna 

Museo Storico-Didattico 

della Tappezzeria 

Villa Spada 

Via Casaglia, 3 

40135 Bologna 

Tel. 0516145512 - fax 051332346 


Apertura: tutti i giorni 9-13 (giovedì anche 

15-18) 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – biblioteca 


P 

40 

Bologna 

Museo Nazionale del Soldatino 

“Mario Massaccesi” 

Villa Aldrovandi-Mazzacurati 

Via Toscana, 19 

40141 Bologna 

Tel. 0516236020/0516234703 

fax 0516236700 


Apertura: feriali 8,30-12,30, domenica e festivi 

9,30-12,30 (chiuso agosto) 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – accessi 

facilitati 

P 

41 

Bologna 

Museo Ducati 

Via Cavalieri Ducati, 3 

40132 Bologna 

Tel. 0516413259 - fax 0516413342 




P 

42 

Budrio 


e Paleoambientale 

Via Mentana, 32 

40054 Budrio 

Tel. 051803547/801126 - fax 051808106 

Ingresso: a pagamento (gratuito giovani e 

anziani) 

Apertura: da ottobre a giugno, domenica 

15,30-18,30 (prima domenica del mese, anche 

10-12); a richiesta 


C 

43 

Budrio 

Pinacoteca Civica “Domenico Inzaghi” 

Via Mentana, 32 

40054 Budrio


215 

Tel. 051803547 

Ingresso: a pagamento (gratuito giovani e 

anziani) 

Apertura: da ottobre a giugno, domenica 

15,30-18,30 (prima domenica del mese, anche 

10-12); a richiesta 


C 

44 

Budrio 

Museo dell’Ocarina e degli Strumenti 

Musicali in Terracotta 


40054 Budrio 

Tel. 0516928281 - fax 0516928280 




C 

45 

Castel del Rio 

Museo della Guerra 

Palazzo Alidosi 


40022 Castel del Rio 

Tel. 054295554 - fax 054295938 


Apertura: domenica 14-18; anche a richiesta 

per gruppi 


C 

46 

Dozza Imolese 

Museo della Rocca 

Rocca Sforzesca 

Piazzale della Rocca, 1 

40026 Dozza Imolese 

Tel. 0542678240 - fax 0542678270 


Apertura: estate, da martedì a sabato 10- 

12 e 15-18, domenica 10-12 e 15-19; inverno, 

da martedì a sabato 10-12 e 14-17, domenica 

10-12 e 14-18 

C 

47 

Dozza Imolese 

Museo Parrocchiale d’Arte Sacra 

Chiesa dell’Assunta 

Via XX Settembre, 54 

40026 Dozza Imolese 

Tel. 0542678111 



E 

48 

Imola 

Museo Civico “Giuseppe Scarabelli” 

Via Verdi, 7 

40026 Imola 

Tel. 0542602609 


Apertura: da metà settembre ad aprile, domenica 

15,15-18,15; da maggio a metà settembre, 

domenica 15,45-18,45 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – biblioteca/archivio 

C 

49 

Imola 


Via Sacchi, 4 

40026 Imola 

Tel. 0542602608 


Apertura: da metà settembre ad aprile, sabato 

e domenica 15-18; da maggio a metà 

settembre, sabato e domenica 15,30-18,30 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – biblioteca/archivio/arch.fot. 

C 

50 

Imola 

Raccolta e Collezione d’Arte 

di Palazzo Tozzoni 

Palazzo Tozzoni 


40026 Imola 

Tel. 0542602609 


Apertura: da metà settembre ad aprile, 

sabato 9-12 e 14,15-19,15, domenica 15,15 e 

19,15; da maggio a metà settembre, sabato 

9-12 e 15,15-19,15, domenica 15,15-19,15 


C 

51 

Imola 

Collezione d’Armi 

e Ceramiche della Rocca Sforzesca 

Rocca Sforzesca 

Piazzale Giovanni delle Bande Nere 

40026 Imola 

Tel. 054223472/054234714 


Apertura: da ottobre ad aprile, sabato 9-12 

e 14,30-18,30, domenica 14,30-18,30; da 

maggio a settembre, sabato 9-12 e 15-19; 


Servizi: visite guidate, book/gift shop – biblioteca/archivio/arch.fot. 

C 

52 

Imola 


Via Verdi, 7 

40026 Imola 

Tel. 0542662609 



C 

53 

Imola 

Museo Diocesano d’Arte Sacra 


Piazza Duomo, 1 

Tel. 054224072 



Servizi: visite guidate – archivio – sala di 

consultazione 

E 

54 

Lizzano in Belvedere 

(Poggiolforato-Querciola) 

Museo Etnografico “Giovanni Carpani” 

40042 Lizzano in Belvedere 

Tel. 053451761 - fax 053453194 


Apertura: estate, tutti i giorni 9,30-12,30 e 

15-18; a richiesta negli altri mesi 


C 

55 

Marzabotto 


“Pompeo Aria” 

Via Porrettana sud, 13 

40043 Marzabotto 

Tel. e fax 051932353 

Ingresso: a pagamento (4.000 compresa 

area archeologica, gratuito per studenti) 

Apertura: tutti i giorni 9-12 e 15-18,30; area 

archeologica, tutti i giorni dalle 9 al tramonto 

Servizi: visite guidate, book/gift shop – ristoro 


S 

56 

Medicina 

Museo Civico 

Via Pillio, 5 

40059 Medicina 

Tel. 051697247 - fax 051697922 


Apertura: giovedì e sabato 9-13; domenica 

15-18; anche a richiesta 


C 

57 

Monterenzio 

Museo Civico “Luigi Fantini” 

Via Idice, 235



40050 Monterenzio 

Tel. 051929914 - fax 051929292 

Ingresso: gratuito (anche per l’area archeologica 

di Monte Bibele) 

Apertura: da martedì a venerdì 9-13; sabato, 


Servizi: visite guidate - book/gift shop 

C 

58 


Museo dell’Istituto Nazionale 

per la Fauna Selvatica 

Via Cà Fornacetta, 9 

40064 Ozzano dell’Emilia 

Tel. 051798746 - fax 051796628 



Servizi: visite guidate – biblioteca – sale di 

studio 

S 

59 


Museo di Anatomia degli Animali 

Domestici 

Museo di Patologia Generale e Patologia 

Speciale Veterinaria 

Facoltà di Medicina Veterinaria 

Via Tolara di Sopra, 50 

40064 Ozzano dell’Emilia 

Tel. 051792999 - fax 051792969 




studio – accessi facilitati 

U 

60 


Museo Civico 

Rocca Comunale, Porta Asia, Centro le 

Clarisse 

40066 Pieve di Cento 

Tel. 051975533 - fax 051974308 


Apertura: sabato, domenica e festivi 9,30- 

12,30 e 15,30-18,30; a richiesta negli altri 

giorni 


C 

61 



Centro Culturale “Vladimiro Ramponi” 


Piazza A. Costa, 10 

Tel. 051975533 - fax 051974308 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-12 a richiesta, 

sabato, domenica e festivi 9-13 e 15,30-18,30 


biblioteca/archivio/arch.fot – sale di studio 


C 

62 


Museo d’Arte delle Generazioni Italiane 

del Novecento “Giulio Bargellini” 


Tel. 0516861545 


Apertura: tutti i giorni 10-18 

P (convenz. Comune di Pieve di Cento) 

63 


Museo Archeologico Documentario 

Liutprando 

Cassero di Porta Garibaldi 

40017 San Giovanni in Persiceto 

Tel. 051821878 - fax 051825028 




C 

64 


Museo del Cielo e della Terra 

Osservatorio Astronomico “G. Abeti” 

Vicolo Baciadonne, 1 

40017 San Giovanni in Persiceto 

Tel. 051827067 



C/P 

65 


Museo Archeologico “Luigi Donini” 

Via Fratelli Canova, 49 

40068 San Lazzaro di Savena 

Tel. 051465132 


Apertura: da martedì a domenica 9-13; 

anche a richiesta, negli altri giorni, per 

gruppi e scolaresche 

Servizi: visite guidate – book shop – biblioteca/archivio/arch.fot. 

C 

66 


Fondazione 

“Cardinale Giacomo Lercaro” 

Ponticella - Villa San Giacomo 

40068 San Lazzaro di Savena 

Tel. 051474997 



F 

67 

Sasso Marconi 

Museo Guglielmo Marconi 

Villa Griffone 

Via Celestini, 1 

40037 Sasso Marconi 

Tel. 051846121/051846222 - fax 051846951 




F 

68 

Zola Predosa 

Fondazione Ca’ La Ghironda 

Ponte Ronca 

Via Leonardo da Vinci, 19 

40069 Zola Predosa 

Tel. 051265718/051233409 



F 

PROVINCIA DI FERRARA 

1 

Argenta 

Museo Civico 

Ex Chiesa di San Domenico 

Via G.B. Aleotti, 46 

44010 Argenta 

Tel. 0532852706 - fax 0532853111 


Apertura: sabato e domenica 15,30-18 

C 

2 

Argenta 

(Campotto) 

Museo delle Valli di Argenta 

e Marmorta 

Casino di Campotto 

Via Cardinala, 1 

44010 Argenta 

Tel. e fax 0532808058 


Apertura: tutti i giorni 9,30-13 e 15,30-18 

(chiuso lunedì) 



C 

3 

Berra 

Museo della Civiltà Contadina - Il Bracciante 

Agricolo 

Via Albersano, 35 

44033 Berra 

Tel. 0532831320 



P


217 

4 

Bondeno 

Pinacoteca Civica “Galileo Cattabriga” 

Piazza Garibaldi, 9 

44012 Bondeno 

Tel. 0532899258 - fax 032899270 


Apertura: sabato e domenica 10,30-12,30 e 

16,30-18,30; su richiesta negli altri giorni 

C 

5 

Cento 


Via Matteotti, 16 

44042 Cento 

Tel. 051903640 - fax 0516843380 


Apertura: da lunedì a venerdì 16-19; sabato 

e domenica 9,30-12,30 e 16-19; anche a 

richiesta 


C 

6 

Cento 


“Aroldo Bonzagni” 

Piazza Guercino, 39 

44042 Cento 

Tel. 051904196 - fax 051904531 


Apertura: da martedì a venerdì 9,30-12,30; 

sabato e domenica 9,30-12,30 e 16-19 


C 

7 

Cento 

Museo del Teatro “Giuseppe Borgatti” 

Teatro Comunale 

Corso Guercino, 31 

44042 Cento 

Tel. 051901710 


Apertura: su richiesta 

C 

8 

Codigoro 

(Pomposa) 

Museo Pomposiano 

Via Pomposa, 100 

44020 Codigoro 

Tel. e fax 0533719084 


Apertura: tutti i giorni, 8,30-19 


E 

9 

Comacchio 

Museo della Nave Romana 

Palazzo Bellini 

44022 Comacchio 

Tel. 0533310182 

In corso di ordinamento 

C 

10 

Comacchio 

Museo Civico delle Valli di Comacchio 

c/o Consorzio Azienda Speciale Valli di 

Comacchio 



Tel. 053381159 - fax 0533313053 




C/P 

11 

Comacchio 

Museo Mariano d’Arte Sacra 

Contemporanea 

Convento dei Frati Cappuccini 



Tel. 053281234/05333311623 


Apertura: sabato, domenica e festivi 9-12 e 

15-19 


E 

12 

Comacchio 

(Lido di Spina) 

Museo Alternativo “Remo Brindisi” 

via Niccolò Pisano, 45 


Tel. 053380116 

In corso di riordinamento; visitabile su 

richiesta 

C 

13 

Copparo 

Quadreria Civica di Arte Contemporanea 

Torre Estense 

Piazza del Popolo, 9 

44034 Copparo 

Tel. 0532864619/0532854647 



C 

14 

Copparo 


Casa la “Tratta” 

Via Nervesa della Battaglia 

44034 Copparo 

Tel. 0532864619/0532854647 

In corso di ordinamento 

C 

15 

Ferrara 

Museo Archeologico Nazionale di Spina 

Palazzo Ludovico il Moro 


44100 Ferrara 

Tel. 053266299 - fax 0532741270 


Apertura: tutti i giorni 9-13,30; chiuso il 

lunedì 

Servizi: book/gift shop 

S 

16 

Ferrara 


Palazzo dei Diamanti 

Corso Ercole I d’Este, 21 

44100 Ferrara 

Tel. 0532205844 - fax 0532204857 


Apertura: da martedì a sabato 9-14; domenica 

9-13 


– sale espositive 

– sale di studio e incontri 

S 

17 

Ferrara 

Casa Romei 

Via Savonarola, 30 

44100 Ferrara 

Tel. 0532240005 - fax 0532212267 


Apertura: tutti i giorni 8,30-14 


S 

18 

Ferrara 

Civico Lapidario 

Ex Chiesa di Santa Libera 

Via Camposabbionario, 1 

44100 Ferrara 

Tel. 053262038 - fax 053274068 




C 

19 

Ferrara 

Museo Civico di Palazzo Schifanoia 

Palazzo Schifanoia 

Via Scandiana, 25



44100 Ferrara 

Tel. 053262038/053262059 - fax 0532740685 






C 

20 

Ferrara 

Palazzina di Marfisa d’Este 

Corso Giovecca, 170 

44100 Ferrara 

Tel. 0532207450 - fax 0532740685 


Apertura: tutti i giorni 9,30-13 e 15-18 


C 

21 

Ferrara 

Casa dell’Ariosto 

Via Ariosto, 67 

44100 Ferrara 

Tel. 0532206952/0532209370/0532240263 


C 

22 

Ferrara 

Museo Boldini 

Palazzo Massari 

Corso Porta Mare, 9 

44100 Ferrara 

Tel. 0532202520 - fax 0532205035 


Apertura: tutti i giorni, 9-13 e 15-18 


– sale di studio – accessi facilitati 

C 

23 

Ferrara 

Museo dell’Ottocento 



44100 Ferrara 

Tel. 0532202520 - fax 0532205035 





C 

24 

Ferrara 

Museo di Arte Moderna 

e Contemporanea “Filippo de Pisis” 



44100 Ferrara 

Tel. 0532202520 - fax 0532205035 





C 

25 

Ferrara 

Museo dell’Illustrazione 

Via G. Frescobaldi, 40 

44100 Ferrara 

Tel. 0532211339 


C 

26 

Ferrara 

Museo Michelangelo Antonioni 

Palazzo dei Diamanti 


44100 ferrara 

Tel. 053210830 - fax 0532203064 




C 

27 

Ferrara 


e della Resistenza 


44100 Ferrara 

Tel. 0532200207 - fax 0532249299 


Apertura: feriali, 9-14 e 15-19, domenica, 9- 

12 e 15,30-18,30 


C 

28 

Ferrara 


Via de Pisis, 24 

44100 Ferrara 

Tel. 0532203381 - fax 0532210508 


Apertura: feriali 9-19, domenica 9-13 e 15- 

19; chiuso il lunedì 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – biblioteca/mediateca/archivio/arch.fot. 

– sale 

di studio 

C 

29 

Ferrara 

Museo del Castello 

Largo Castello 

44100 Ferrara 

Tel. 0532299261/0532299257 - fax 0532299260 


Apertura: tutti i giorni 9,30-17,30; chiuso 

lunedì 


PR 

30 

Ferrara 

Museo Italiano di Architettura, 

Design e Ingegneria Avanzata 

Facoltà di Architettura 


44100 Ferrara 

Tel. 0532742332 - fax 0532744042 



U 

31 

Ferrara 

Museo Anatomico “Giovanni Tumiati” 

Istituto di Anatomia Umana 

Facoltà di Medicina 

Via Fossato di Mortara, 66 

44100 Ferrara 

Tel. 0532207310 



U 

32 

Ferrara 

Museo Geo-Paleontologico 

Dipartimento di Scienze Geologiche 

Facoltà di Scienze Naturali 


44100 Ferrara 

Tel. 0532210341 




U 

33 

Ferrara 

Orto Botanico 

Istituto di Botanica 

Facoltà di Scienze Naturali 


44100 Ferrara 

Tel. 0532206914/0532209988 - fax 205035 


Apertura: feriali 9-13 


U 

34 

Ferrara 

Museo della Cattedrale 

Piazza della Cattedrale 

44100 Ferrara


219 

Tel. 0532202657 - fax 0532248964 


Apertura: tutti i giorni, 10-12 e 15-17; chiuso 

lunedì 


E 

35 

Ferrara 

Museo Ebraico 


44100 Ferrara 

Tel. e fax 0532210228 



Servizi: da domenica a giovedì, 10-12; visite 

guidate 

P 

36 

Ferrara 

(San Bartolomeo in Bosco) 

Centro di Documentazione del Mondo 

Agricolo Ferrarese 

Via Imperiale, 256 

44040 Ferrara 

Tel. 0532200207 


Apertura: estiva, tutti i giorni 9-12, domenica 

16-19; invernale, tutti i giorni 9-12, domenica 

15-18 

Servizi: visite guidate - biblioteca 

P 

37 

Mesola 

Centro di Educazione Ambientale 

Castello Estense 

Piazza Umberto, I 

44026 Mesola 

Tel. 0533993644 - fax 0533299729 

Ingresso: a pagamento (con visita al castello) 

Apertura: da luglio a novembre, feriali 9- 

12,30 e 16-18; da marzo a giugno, feriali 9- 

12,30 e 15-17; domenica a richiesta; chiuso 

lunedì 

Servizi: visite guidate – biblioteca – sale 

espositive – accessi facilitati 

PR 

38 

Ostellato 


del delta del Po 

Via Roma, 4 

44020 Ostellato 

Tel e fax. 0533680111 


Apertura: tutti i giorni 8-14 e 15-20; chiuso 

lunedì 


C 

39 

Sant’Agostino 

(Dosso) 

Centro Polifunzionale “Ferruccio 

Lamborghini” 

Via Statale, 342 

44040 Sant’Agostino 

Tel. 051862628/051861955 - fax 051863190 



P 

40 

Vigarano Mainarda 

Esposizione del Progresso Agricolo 

“Enzo Cavallari” 

Via Diamantina 

44049 Vigarano Mainarda 

Tel. 0532716952 



P 

41 

Voghiera 

Museo Archeologico di Belriguardo 

Via Provinciale, 274/a 

44019 Voghiera 

Tel. 0532328063 - fax 0532818030 


Apertura: domenica e festivi 15-18; anche 

a richiesta 


C 

42 

Voghiera 

(Voghenza) 

Museo del Modellismo Storico 

Via S. Leo 

44019 Voghenza 

Tel. 032815252 



P 

PROVINCIA DI RAVENNA 

1 


Casa Natale di Vincenzo Monti 

Via Passetto, 1 

48011 Alfonsine 

Tel. 0544869809 - fax 054484375 


Apertura: da martedì a sabato 9,30-12,30 e 

15-18, domenica 9,30-12,30; a richiesta da 

novembre a marzo 


C 

2 


Museo della Battaglia del Senio 


Piazza della Resistenza, 2 

48011 Alfonsine 

Tel. 054483585 - fax 054484375 


Apertura: da lunedì a sabato 9-13 e 15-18 


– sale di studio – 

sale espositive – accessi facilitati 

C 

3 

Bagnacavallo 

Centro Culturale “Le Cappuccine” 

Via Vittorio Veneto, 1/a 

48012 Bagnacavallo 

Tel. 0545934485 - fax 054563881 


Apertura: estate, feriali 16-19, festivi 10-12 

e 16-19; inverno, feriali 15-18, festivi 10-12 

e 15-18; chiuso il lunedì 

Servizi: book shop – biblioteca/archivio/archivio 

fot. – sale di studio – sale espositive 

C 

4 

Bagnacavallo 

(Villanova) 

Centro Etnografico della Civiltà 

Palustre 

Largo Tre Giunchi, 1 

48012 Bagnacavallo 

Tel. 054547122 - fax 054549878 


Apertura: martedì e giovedì, 9-12; chiuso 

luglio e agosto; anche a richiesta 

C 

5 

Bagnara di Romagna 

Museo Parrocchiale “Mons. Alberto 

Mongardi” 

Chiesa di Sant’Andrea 

Piazza IV Novembre, 2 

48010 Bagnara di Romagna 

Tel. e fax 054576054 





E 

6 

Brisighella 

Museo Civico “Giuseppe Ugonia” 

Piazzetta Porta Gabalo 

48013 Brisighella 

Tel. 054685777 - fax 074681491




Apertura: inverno, sabato 15-18,30, domenica 

10-12 e 15-18,30; estate, venerdì, sabato 

e domenica 10-12 e 15,30-19,30 


C 

7 

Brisighella 

Museo del Lavoro Contadino nelle 

Vallate del Lamone, Senio e Marzeno 


Via Pascoli 


Tel. 054683129 - fax 054680295 


Apertura: inverno, sabato 14,30-16,30, domenica 

e festivi 10-12 e 14,30-16,30; estate, 

tutti i giorni 10-12 e 15,30-19; chiuso lunedì 


C 

8 

Brisighella 

Museo della Pieve del Tho 

Pieve del Tho 


Ingresso: libero 

Apertura: inverno, tutti i giorni 9-12 e 15-17; 

estate, tutti i giorni 9-12 e 15-19 

E 

9 

Casola Valsenio 

Il Cardello 

Via Cardello, 9 

48010 Casola Valsenio 

Tel. 054673135 


Apertura: da aprile a ottobre, festivi 10-12 

e 15-19; su appuntamento negli altri mesi 

Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio/arch.fot. 


C 

10 

Castel Bolognese 

Museo Civico 

Viale Umberto I, 50 

Tel. 054650909 

48014 Castel Bolognese 


Apertura: prima domenica di ogni mese; 


C 

11 

Cervia 

Museo della Civiltà Salinara 

Magazzini del Sale 

Via Nazario Sauro 

48015 Cervia 

Tel. 0544993435/03389507741 


Apertura: inverno, mercoledì, sabato e 

festivi 15-18; estate, tutti i giorni 20,30-23 


C 

12 

Cervia 

Museo dei Burattini e delle Figure 

Centro Teatro di Figura 

Via Beneficio Secondo Tronco 

48015 Cervia 

Tel. 0544971958 - fax 05449719922 



Servizi: attività didattica 

C 

13 

Cotignola 

Museo e Casa Luigi Varoli 

Via Sforza, 24 

48010 Cotignola 

Tel. 054540111 - fax 054541574 



Servizi: visite guidate – archivio 

C 

14 

Faenza 

Museo Nazionale dell’Età Neoclassica 

Palazzo Milzetti 

Via Tonducci, 15 

48018 Faenza 

Tel. 0546662425 

Ingresso: a richiesta 

Apertura: feriali 8,30-13,30 a richiesta 

S 

15 

Faenza 

Museo Internazionale delle Ceramiche 

Via Baccarini, 19; uffici, via Campidori, 2 

48018 Faenza 

Tel. 054621240 - fax 054627141 


Apertura: estate, feriali 9-19, domenica 

9,30-13 e 15-19; inverno, da martedì a venerdì 

9-13,30, sabato e domenica 9,30-13 e 

15-18; chiuso il lunedì 

Servizi: visite guidate–book/gift shop – biblioteca/archivio/arch.fot.–sale 

di studio e conferenze 

– sezioni espositive – accessi facilitati 

C 

16 

Faenza 


Via Santa Maria dell’Angelo, 1 

48018 Faenza 

Tel. 0546660799 - fax 0546691679 

In corso di riordinamento; visite a richiesta 

C 

17 

Faenza 


Palazzo Milzetti 

Via Tonducci, 15 

48018 Faenza 

Tel. 054626493 

In corso di riordinamento; visite a richiesta 

C 

18 

Faenza 

Museo del Risorgimento e dell’Età 

Contemporanea 

Corso Matteotti, 2 

48018 Faenza 

Tel. 054621541 


C 

19 

Faenza 

Museo Civico di Scienze Naturali 

“Domenico Malmerendi” 

Via Medaglie d’Oro, 51 

48018 Faenza 

Tel. e fax 054662425 


Apertura: dal lunedì al venerdì 9-12 e 16-19; 


Servizi: visite guidate/attività didattica – biblioteca/mediateca/archivio 


C 

20 

Lugo 

Museo Civico Francesco Baracca 

Casa Baracca 

Via Francesco Baracca, 65 

48022 Lugo 

Tel. 054524821 - fax 054538534 

Ingresso: a pagamento (lire 2.000) 


Servizi: visite guidate –archivio/arch.fot. – 


C 

21 

Lugo 

Mostra Permanente della Resistenza 

Casa Baracca 

Via Francesco Baracca, 65 

48022 Lugo 

Tel. 054526759 



Servizi: visite guidate – biblioteca/archivio/arch.fot. 

P


221 

22 


Museo Civico “Carlo Venturini” 


48024 Massa Lombarda 

Tel. 054583534 - fax 054584019 

In corso di riordinamento; visitabile a 

richiesta 

C 

23 


Museo della Frutticoltura 

“Adolfo Bonvicini” 

Via Amendola, 40 

48024 Massa Lombarda 

Tel. 054583534 - fax 054584019 




studio 

C 

24 

Ravenna 


Monastero di San Vitale 

Via Fiandrini 

48100 Ravenna 

Tel. 054434424 - fax 054437391 


Apertura: tutti i giorni 8,30-19,30; chiuso il 

lunedì 


S 

25 

Ravenna 


Loggetta Lombardesca 

Via Roma, 13 

48100 Ravenna 

Tel. 0544482054 - fax 0544212092 


Apertura: lunedì, mercoledì, venerdì, sabato 

9-13, martedì, giovedì, domenica 9-13 

e 14,30-17,30 (periodo estivo, 16-19) 

Servizi: visite guidate – book shop - biblioteca/archivio/archivio 



C 

26 

Ravenna 

Museo Ornitologico e di Scienze Naturali 

Loggetta Lombardesca 

Via Roma, 13 

48100 Ravenna 

Tel. 0544482054 - fax 0544212092 

Ingresso: a pagamento (lire 4 mila) 

Apertura: estate, lunedì, mercoledì, venerdì, 

sabato 9-13, martedì, giovedì, domenica 

9-13 e 16-19; inverno, lunedì, mercoledì, 

venerdì, sabato 9-13, martedì, giovedì, 

domenica 9-13 e 14,30-17,30 


biblioteca/archivio – sale di studio – ristoro 


C 

27 

Ravenna 


Biblioteca Classense 

Via Baccarini, 3 

48100 Ravenna 

Tel. 0544482149 - fax 0544482104 



9-13; chiuso la domenica 

C 

28 

Ravenna 

Planetario 

Giardino Pubblico 

48100 Ravenna 




C 

29 

Ravenna 

Museo Arcivescovile 

Palazzo dell’Arcivescovado 

Piazza Arcivescovado, 1 

48100 Ravenna 

Tel. 0544218559 

Ingresso: a pagamento (comprensivo dell’ingresso 

ad altri monumenti ravennati) 

Apertura: estate, tutti i giorni 9-19; inverno, 

9-16,30 

E 

30 

Ravenna 

Museo Dantesco 

Ex Convento di San Francesco 

Via Dante Alighieri, 4 

48100 Ravenna 

Tel. 054430252 - fax 054482104 


Apertura: estate, tutti i giorni 9-12 e 15,30- 

18; inverno, 9-12; chiuso il lunedì 

Servizi: book shop – biblioteca/archivio – 

sale di studio 

C/E 

31 

Ravenna 

(Savio) 


Meccanici “Marino Marini” 

Via Romea Sud, 481 

48100 Ravenna 

Tel. 0544560547 


Apertura: estate, da venerdì a domenica 

10-12,30 e 14,30-19; inverno, da venerdì a 

domenica 9,30-13 e 14,30-18 


P 

32 

Ravenna 

(Marina di Ravenna) 

Museo Nazionale delle Attività Subacquee 

Viale IV Novembre, 86/a 

48100 Ravenna 

Tel. e fax 0544531013 



P 

33 

Russi 

Villa Romana 

Via Fiumazzo 

48026 Russi 

Tel. 0544581357 



S 

34 

Russi 

Museo dell’Arredo Contemporaneo 

Via Statale San Vitale, 253 

48026 Russi 

Tel. 05444419299 


Apertura: venerdì, sabato e domenica 

10,30-12,30 e 15,30-18,30; negli altri giorni 

a richiesta 


P 

35 

Russi 

(San Pancrazio) 

Museo della Vita Contadina in Romagna 

San Pancrazio 

Via XVII Novembre, 2 

48026 Russi 

Tel. 0544534007 



9-12 e 15-18, domenica 15-18 (da maggio a 

settembre); anche a richiesta 


C



PROVINCIA DI FORLÌ-CESENA 

1 

Bagno di Romagna 

(Ridracoli) 

Museo della Fauna di Romagna 

Tel. 0543971111 

47021 Bagno di Romagna 

Ingresso: a pagamento (visita alla diga, 

gratuito ragazzi) 

Apertura: estivo, feriali e festivi 10-12 e 14-18; 

invernale, sabato e domenica 10-12 e 14-18 


P 

2 

Bertinoro 

Centro per lo studio e la conservazione 

dell’arredo sacro e del costume religioso 

Rocca Vescovile 

Via Frangipane, 19 

47032 Bertinoro 

Tel. 0543445504 

Chiuso per restauro della Rocca Vescovile 

S 

3 

Borghi 

(San Giovanni in Galilea) 

Museo e Biblioteca Renzi 

Via Matteotti, 27 

47030 Borghi 

Tel. 0541939028 - fax 0541947612 


Apertura: estate, da martedì a sabato 9- 

12,30 e 14-17, domenica 15-18; inverno, da 

martedì a sabato 9-12,30 e 14-17, domenica 

14-17 


P 

4 

Borghi 

(Masrola) 


Via G. di Vittorio, 21 

47030 Borghi 

Tel. 0541939128 



P 

5 

Castrocaro Terme e Terra del Sole 

Museo dell’Uomo e dell’Ambiente 

Terra del Sole 

Palazzo Pretorio – Piazza d’Armi, 1 

47010 Castrocaro e Terra del Sole 

Tel. 0543766266 - fax 0543768445 


Apertura: estate, martedi, giovedì, sabato e 

domenica 16-18; inverno, martedì, giovedì 

e domenica 15-17; anche su prenotazione 


archivio 

C 

6 

Cesena 


Biblioteca Malatestiana - Chiostro 

di San Francesco 

Via Montalti 

47023 Cesena 

Tel. 0547355727 - fax 0547355719 


Apertura: da martedì a domenica 10-13 e 

16-19 


C 

7 

Cesena 


Centro Culturale San Biagio 

Via Aldini, 26 

47023 Cesena 

Tel. 0547355713 - fax 0547355719 


Apertura: da martedì a domenica 10-13 e 16-19 

Servizi: visite guidate – book shop – archivio/arch. 

fot. 

C 

8 

Cesena 

Museo delle Scienze Naturali 

Loggetta Veneziana e Torrione di Piazza 

della Rocca Malatestiana 

Piazza Zangheri, 6 

47023 Cesena 

Informazione e visite guidate: Iat 

Tel. 0547356327 - fax 0547356329 


Apertura: da martedì a domenica 10-13 e 

15-18 


C 

9 

Cesena 



Via Ordelaffi, 8 

47023 Cesena 

Tel. 054722409 - fax 0547355719 




C 

10 

Cesena 

Pinacoteca della Cassa di Risparmio 


47023 Cesena 

Tel. 0547358111 


Apertura: da lunedì a venerdì 9-13 e 15-16 

F 

11 

Cesena 

(Borello) 

Museo delle Miniere di Zolfo 

di Formignano 

47023 Cesena 

Tel. 054724762 (per informazioni) 

In corso di realizzazione 

C/P 

12 

Cesenatico 

Antiquarium 

Biblioteca Comunale “Marino Moretti” 

Via Leonardo da Vinci, 2 

47042 Cesenatico 

Tel. 054773264 - fax 0547674094 


Apertura: da lunedì a sabato 9-12 e 14-19, 

sabato, 8-13; chiuso la domenica 

Servizi: visite guidate su prenotazione 

C 

13 

Cesenatico 


Porto canale 

(per informazioni: Biblioteca Comunale) 


Tel. 054779264 - fax 0547674094 


Apertura: continuativa 

C 

14 

Cesenatico 

Casa Moretti 

Via M. Moretti, 1 


Tel. 054779279 - fax 0547791221 




– sala di studio 

C 

15 

Forlì 


“A. Santarelli” 


47100 Forlì 


Tel. 0543712606 - fax 0543712616 

Ingresso: gratuito


223 

Apertura: da martedì a sabato, 9-13,30, domenica, 

9-13 

Servizi: visite guidate – book shop – biblioteca/archivio/archivio 


C 

16 

Forlì 




47100 Forlì 

Tel. 0543712606 - fax 0543712616 


Apertura: da martedì a sabato 9-13,30, 

martedì e giovedì anche 15-17, domenica 

9-13 



C 

17 

Forlì 

Armeria Albicini 



47100 Forlì 

Tel. 0543712606 - fax 0543712616 


Apertura: da martedì a sabato 9-13,30, martedì 

e giovedì anche 15-17, domenica 9-13 



C 

18 

Forlì 

Museo Romagnolo del Teatro 

Palazzo Gaddi 


47100 Forlì 

Tel. 054321109 - fax 0543712616 

Ingresso. gratuito 

Apertura: da martedì a sabato 9-13, domenica 

10-12 


C 

19 

Forlì 

Museo Etnografico Romagnolo 

“B. Pergoli” 



Palazzo Gaddi 


47100 Forlì 

Tel. 0543712606 - fax 0543712616 

Tel. 054321109 



10-12 (Palazzo Gaddi), da martedì a 

sabato 9-13,30, anche 15-17,30 martedì e 

giovedì, domenica 9-13 (Palazzo dei Musei) 



C 

20 

Forlì 

Museo del Risorgimento “A. Saffi” 

Palazzo Gaddi 


47100 Forlì 

Tel. 054321109 - fax 0543712616 



10-12 


C 

21 

Forlì 

Museo Storico Sezionale “Dante Foschi” 

Via Piero Maroncelli, 3 

47100 Forlì 

Tel. 054332328 



P 

22 

Forlì 

Museo Ornitologico “Ferrante Foschi” 

Palazzo Numai 

Via Pedriali, 12 

Tel. 054327999 - fax 054333435 


Apertura: martedì, giovedì, sabato 9-12,30 

e 16-19, mercoledì e venerdì 9-12,30 e 14-16 


book/gift shop – biblioteca/arch.fot. – sale 

di studio 

P 

23 

Forlimpopoli 

Museo Archeologico Civico 


Piazza Fratti, 4 

47034 Forlimpopoli 

Tel. 0543749234/0543742163 

fax 0543749247 


Apertura: giovedì 15-17, domenica 10-12 e 

16-18 


C 

24 

Galeata 

Museo Civico 

“Monsignor Domenico Mambrini” 

Via Zanetti, 14 

47010 Galeata 

Tel. 0543975424 



richiesta 

Servizi: visite guidate – book/shop 

C 

25 

Longiano 


Via Giannini, 16 

47020 Longiano 


Apertura: domenica e festivi 15-18,30; anche 

a richiesta 

C 

26 

Longiano 


Chiesa di San Giuseppe Nuovo 

Via Borgo Fausto 


Tel. 0547665013 - fax 0547665860 (Comune) 


Apertura: festivi 15-18; anche su prenotazione 


E 

27 

Longiano 

Fondazione Tito Balestra 

Castello Malatestiano 

Piazza Malatestiana, 1 


Tel. 0547665850/0547665420 

fax 0547667007 


Apertura: sabato, domenica e festivi 10-12 

e 15-19; da martedì a venerdì su prenotazione 

Servizi: visite guidate – book shop – biblioteca/archivio/arch 



F 

28 

Longiano 

Museo Italiano della Ghisa 

Chiesa di Santa Maria delle Lacrime 

Via Santa Maria 


Tel. 0547652111 - fax 0547652199 


Apertura: sabato, domenica e festivi, 

14,30-18; anche su prenotazione; visite guidate 

a richiesta 

Servizi: book/gift shop – archivio 

P



29 

Modigliana 

Pinacoteca Comunale “Silvestro Lega” 

Palazzo Pretorio 

47015 Modigliana 

Tel. 0546942279 - fax 0546949514 



C 

30 

Modigliana 

Museo Civico “Don Giovanni Verità” 


47015 Modigliana 

Tel. 0546942279 - fax 0546949514 


Apertura: domenica, 11-17,30; a richiesta 



C 

31 

Premilcuore 

Museo della Fauna del Crinale 

Romagnolo 

Via Roma, 36 

47010 Premilcuore 

Tel. 0543956945 


Apertura: da giugno a settembre, tutti i 

giorni 9-12, martedì, giovedì, sabato e domenica 

anche 16-19; periodo invernale su 

prenotazione 


book/gift shop – sale di studio e conferenze 

C 

32 

San Mauro Pascoli 

Casa Pascoli 

Via Giovanni Pascoli, 46 

47030 San Mauro Pascoli 

Tel. 0541931412 


Apertura: tutti i giorni, escluso il sabato, 

8,30-11,30 e 15-18 


C 

33 

Santa Sofia 

Galleria d’Arte Contemporanea 

“Vero Stoppioni” 

Viale Roma, 5/a 

47018 Santa Sofia 

Tel. 0543972123 - fax 0543970345 



10-12 e 16-19; inverno, da martedì a domenica 

10-12 e 15-18 

Servizi: visite guidate – book shop – archivio/archivio 

fot. – sale espositive 

C 

34 


Museo Archeologico Nazionale Sarsinate 

Via Cesio Sabino, 39 

47027 Sarsina 

Tel. 054794641 

Ingresso: a pagamento (gratuito ai minori 

di 18 anni e anziani) 

Apertura: inverno, da martedì a domenica 

9-14; estate, tutti i giorni 9-14, martedì e 

venerdì anche 15-18; chiuso il lunedì 


S 

35 


Museo Diocesano di Arte Sacra 


Piazza Plauto, 4 

47027 Sarsina 

Tel. 054794901 



E 

36 

Savignano sul Rubicone 

(San Giovanni in Compito) 

Museo Archeologico del Compito 

Via S. Giovanni in Compito, 7 

47030 Savignano sul Rubicone 

Tel. 0541942194 (Biblioteca comunale) 



E/S 

PROVINCIA DI RIMINI 

1 

Bellaria - Igea Marina 

Museo della Conchiglie e della Carta 

Moneta 

Torre Saracena 

Via Torre, 78 

47814 Bellaria – Igea Marina 

Tel. 0541347186 


Apertura: dal 15 giugno al 15 settembre, 

tutti i giorni 16-19 e 20,30-23,30; a richiesta 

negli altri mesi 

C 

2 

Cattolica 

Antiquarium Comunale 



47033 Cattolica 

Tel. 0541967802 - fax 0541967803 


Apertura: da martedì a sabato, 10-13 e 14- 

19,30, lunedì, 10-13 

Servizi: visite guidate – book shop – biblioteca/archivio/mediateca/ 

sale di studio 

e conferenze – accessi facilitati 

C 

3 

Cattolica 



Piazza della Repubblica 

47033 Cattolica 

Tel. 0541967802 - fax 0541967803 


Apertura: da martedì a sabato 10-13 e 14- 

19,30, lunedì, 10-13 


– sale di studio e conferenze 


C 

4 

Gemmano 

Museo Naturalistico della Riserva 

Naturale di Onferno 

Strada Provinciale 

Piazza Roma, 1 (Direzione) 

47855 Gemmano 

Tel. 0541854060 - fax 0541854012 

Ingresso: gratuito (lire 3 mila con guida) 

Apertura: da giugno a settembre, tutti i 

giorni 9-12,30 e 15-19, maggio e ottobre, 

sabato, domenica e festivi 9-12,30 e 15-19; 

da novembre ad aprile a richiesta 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – biblioteca/archivio/mediateca 


– ristoro 

C 

5 

Mondaino 




47836 Mondaino 

Tel. 0541981674 - fax 0541982060 


Apertura: feriali 9-12 e 16-19; domenica e 

festivi 16-19 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – sale 

di studio e conferenze 

C 

6 


Museo di Fossili e Minerali 

Rocca Malatestiana


225 

Via Roma, 1 

47834 Montefiore Conca 

Tel. 054198035 - fax 0541980206 

Ingresso: a pagamento (con visita alla rocca) 

Apertura: da giugno a settembre, 10-12 e 

15-19; da ottobre a maggio, domenica, 10- 

12 e 15-19 


C 

7 



Via IX Febbraio, 4 

47834 Montefiore Conca 

Tel. 0541980045 


Apertura: da aprile a settembre, domenica 

9-12, da lunedì a sabato a richiesta 

P 

8 

Montescudo 

(Trarivi) 

Museo storico della Linea Gotica 

Orientale 

Chiesa della Pace 

47040 Montescudo 

Tel. 0541984273 




P 

9 

Riccione 


“Luigi Ghirotti” 

Centro La Pesa 

Viale Lazio, 6 

47838 Riccione 

Tel. 0541600113 - fax 0541600504 


Apertura: estate, da martedì a sabato 9-12 

e 20,30-22,30; inverno, da martedi a sabato 

9-12 e 15-18; chiuso domenica e lunedì 

Servizi: visite guidate (su prenotazione 

per scolaresche) /attività didattica – book 

shop – biblioteca/arch.fot. – sale di studio 

e conferenze – accessi facilitati 

C 

10 

Riccione 


di Villa Franceschi 

Via Roma 

47838 Riccione 

Informazioni: Museo del Territorio 

(tel. 0541600113) 

In corso di restauro e ordinamento 

C 

11 

Riccione 

Museo all’aperto di Sculture 

Contemporanee 

Parco della Repubblica e Centro storico 

Informazioni: Museo del Territorio 

(tel. 0541600113) 


C 

12 



Lapidario Romano 

Via Luigi Tonini, 1 

47900 Rimini 


Apertura: estivo, da martedì a sabato 10- 

12,30 e 16,30-19,30, domenica 16,30-19,30; 

inverno, da martedì a sabato 8,30-12,30 e 

17-19, domenica 16-19 



fot. – sale conferenze – sale espositive – accessi 

facilitati 

C 

13 


Museo della culture extraeuropee 

“Delfino Dinz Rialto” 

Castelsismondo 

Piazza Malatesta 


Tel. 0541785780 - fax 054128692 


Apertura: da metà giugno a metà settembre, 

tutti i giorni 17,30-19,30; da metà settembre 

a metà giugno, da martedì a venerdì 

8,30-13,30, sabato e domenica 17-19 


– sala di studio 


C 

14 


Tesoro della Cattedrale 

Tempio Malatestiano 

Via IV Novembre, 35 

Tel. 054156142 




E 

15 


Museo Missionario di S. Maria delle 

Grazie 

Covignano 

Via Santa Maria delle Grazie, 10 


Tel. 0541751061 - fax 0541751582 



E 

16 


Parco Tematico Museo dell’Aviazione 

Via Santa Aquilina, 58 


Tel. 0541756696 - fax 054126826 


Apertura: tutti i giorni, 9-19 

Servizi: visite guidate – book/gift shop – biblioteca/archivio 

– sale conferenze – ristoro 


P 

17 


Museo Nazionale del Motociclo 



P 

18 

Saludecio 

Museo d’Arte Sacra “Beato Amato 

Ronconi” 

Chiesa di San Biagio 

Piazza Beato Amato Ronconi 

47835 Saludecio 

Tel. e fax 0541982100 




E 

19 

San Giovanni in Marignano 

Museo Storico e Archeologico 

Biblioteca Comunale 

Via Roma, 59 

47048 San Giovanni in Marignano 

Tel. 0541955171 - fax 0541957390 


Apertura: da lunedì a sabato 9-12 e 15-18 


C 

20 


Museo degli Usi e Costumi della 

Gente di Romagna 

Via Montevecchi, 41 

47822 Santarcangelo di Romagna 

Tel. 0541624703 - fax 0541622074 

Ingresso: a pagamento (gratuito per le scuole) 

Apertura: da maggio a settembre, tutti i giorni 

16-19, escluso il lunedì; da ottobre ad aprile, 

martedì, giovedì e sabato 9-12 e 15-18,



mercoledì e venerdì 9-12, domenica 15-18 



fot. – sale di studio e conferenze – accessi 

facilitati 

C 

Molino Moroni 

Poggio Berni 

Via Santarcangiolese, 3651 

Tel. 0541629317 (custode) 



P 

21 


Museo del Gioco del Pallone 

a Bracciale e Tamburello 

Via Pio Massani, 7 

47822 Santarcangelo di Romagna 

Tel. 0541356356 - fax 0541356300 

Attualmente non aperto al pubblico 

C 

22 



Biblioteca Comunale 

Via Cavallotti, 3 

Tel. 0541356299 


Apertura: estivo, da lunedì a sabato 9-13,30; 

inverno, da lunedì a sabato 14,30-18,30 

C 

23 

Verucchio 


Via Sant’Agostino, 14 

47040 Verucchio 

Tel. 0541670280 - fax 0541670222 


Apertura: da ottobre a marzo, sabato 

14,30-18,30, domenica e festivi 10-12,30 e 

14,30-18,30; negli altri giorni su prenotazioni 

per scolaresche e gruppi 


C/S 

24 

Verucchio 



Tel. 0541670835 


Apertura: da ottobre a marzo, sabato 

14,30-18,30, domenica e festivi 10-12,30 e 

14,30-18,30; negli altri giorni su prenotazione 

per scolaresche e gruppi 

Servizi: visite guidate/ book/gift shop 

C 

25 

Verucchio 

Galleria Comunale d’Arte Moderna 

Via Sant’Agostino 


Temporaneamente chiusa al pubblico 

Informazioni: tel. 0541670222 

C



Indici dei luoghi e dei nomi


Indice dei luoghi 

1) Indice dei luoghi - Sono indicati in ordine alfabetico i Comuni con i rispettivi musei. In corsivo sono le località o frazioni. 

I numeri si riferiscono alle pagine delle singole schede. 

Aiola (Montecchio E.), 47 

Alfonsine, 142 

- Casa Natale di Vincenzo Monti, 142 

- Museo della Battaglia del Senio, 142 

Argelato, 80 

- Museo della Civiltà Contadina e della Canapa 

“Giuseppe Romagnoli”, 80 

Argenta, 120 

- Museo Civico, 120 

- Museo delle Valli di Argenta e Marmorta, 

120 

Bagnacavallo, 142 

- Centro Culturale “Le Cappuccine”, 142 

- Centro Etnografico della Civiltà Palustre, 

143 

Bagnara di Romagna, 144 

- Museo Parrocchiale “Mons. Alberto Mongardi”, 

144 

Bagno di Romagna, 164 

- Museo della Fauna di Romagna, 164 

Bardi, 28 

- Museo della Civiltà Valligiana, 28 

- Museo del Bracconaggio e delle Trappole, 

28 

Bastiglia, 60 

- Museo della Civiltà Contadina, 60 

Bazzano, 80 

- Museo Civico Archeologico “Arsenio Crespellani”, 

80 

Bedonia, 28 

- Museo del Seminario Vescovile, 28 

Bellaria-Igea Marina, 186 

- Museo delle Conchiglie e della Carta Moneta, 

186 

Bentivoglio, 80 


Berceto, 29 

- Museo del Tesoro del Duomo, 29 

Berra, 121 

- Museo della Civiltà Contadina - Il Bracciante 

Agricolo, 121 

Bertinoro, 164 

- Centro per lo studio e la conservazione dell’arredo 

sacro e del costume religioso, 164 

Bettola, 18 

- Museo Colombiano, 18 

Bobbio, 18 

- Museo della Città, 18 

- Museo dell’Abbazia di San Colombano, 18 

- Museo Nazionale del Castello Malaspina, 

18 

Bologna, 81 

- Aula Carducci, 92 

- Casa Carducci, 89 

- Civico Museo Bibliografico Musicale, 90 

- Collezioni Comunali d’Arte, 87 

- Collezioni d’Arte e di Storia della Cassa di 

Risparmio, 98 

- Gabinetto dei Disegni e delle Stampe (Pinacoteca 

Nazionale), 83 

- Galleria Comunale d’Arte Moderna, 88 

- Musei di Palazzo Poggi, 92 

- Museo Aldrovandiano, 92 

- Museo Civico Archeologico, 84 

- Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria 

Davia Bargellini, 86 

- Museo Civico del Risorgimento, 90 

- Museo Civico Medievale, 85 

- Museo dell’Accademia di Belle Arti, 92 

- Museo della Sanità e dell’Assistenza, 99 

- Museo della Santa, 101 

- Museo delle Navi e delle Antiche Carte 

Geografiche, 93 

- Museo del Patrimonio Industriale, 91 

- Museo di Anatomia Comparata, 96 

- Museo di Anatomia e Istologia Patologica 

“Cesare Taruffi”, 96 

- Museo di Anatomia Umana Normale, 95 

- Museo di Antropologia, 95 

- Museo di Fisica, 97 

- Museo di Geologia e Paleontologia “Giovanni 

Capellini”, 95 

- Museo di Mineralogia “Luigi Bombicci”, 96 

- Museo di Ronzano, 102 

- Museo di San Domenico, 100 

- Museo di San Giuseppe, 101 

- Museo di San Petronio, 99 

- Museo di Santo Stefano, 100 

- Museo di Zoologia, 96 

- Museo Ducati, 103 

- Museo Ebraico, 91 

- Museo Indiano, 94 

- Museo Marsiliano, 93 

- Museo Missionario d’Arte Cinese, 102 

- Museo Morandi, 88 

-Museo Nazionale del Soldatino “Mario Massaccesi”, 

103 

- Museo Ostetrico “Giovan Antonio Galli”, 94 

- Museo Scientifico del Liceo Galvani, 98 

- Museo Storico dello Studio e dell’Ottavo 

Centenario, 92 

- Museo Storico-Didattico della Tappezzeria, 

102 

- Orto Botanico e Erbario, 94 

- Pinacoteca Nazionale, 81 

- Raccolta di Topografia, Geodesia e Fisica 

Mineraria, 96 

- Raccolte dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, 

97 

- Sezione Espositiva e Didattica di Palazzo 

Pepoli Campogrande (Pinacoteca Nazionale), 

83 

- Specola e Museo di Astronomia, 93 

Bondeno, 121 

- Pinacoteca Civica “Galileo Cattabriga”, 

121 

Borello, 169 

Boretto, 44 

- Museo del Po, della Navigazione Interna e 

del Governo delle Acque, 44 

Borghi, 164 


- Museo e Biblioteca Renzi, 164 

Brescello, 44 

- Antiquarium, 44 

- Museo di Peppone e Don Camillo, 44 

Brisighella, 144 

- Museo Civico “Giuseppe Ugonia”, 144 

- Museo della Pieve del Tho, 146 

- Museo del Lavoro Contadino nelle Vallate 

del Lamone, Senio e Marzeno, 145 

Budrio, 103 

- Museo Civico Archeologico e Paleoambientale, 

103 

- Museo dell’Ocarina e degli Strumenti Musicali 

in Terracotta, 104 

- Pinacoteca Civica “Domenico Inzaghi”, 

104 

Busseto, 29 

- Casa Natale di Giuseppe Verdi, 30 

- Museo Civico Villa Pallavicino, 29 

Campogalliano, 60 

- Museo della Bilancia, 60 

Campotto, 120 

Canossa, 44 

- Museo Nazionale “Naborre Campanini”, 44 

Carpi, 60 

- Museo Civico “Giulio Ferrari”, 60 

- Museo Monumento al Deportato, 61 

Casola Valsenio, 146 

- Il Cardello, 146 

Castel Bolognese, 147 


Castel del Rio, 105 

- Museo della Guerra, 105 

Castelfranco Emilia, 62 

- Museo Archeologico, 62 

- Raccolta del Lavoro Contadino e Artigiano, 

62 

Castell’Arquato, 19 

- Museo della Collegiata, 19 

- Museo Geologico e Paleontologico, 19 

- Museo “Luigi Illica”, 19 

Castelvetro, 62 

- Raccolta Storica di Strumenti per la Lavorazione 

del Legno “Romano Bonvicini”, 62 

Castrocaro Terme e Terra del Sole, 165 

- Museo dell’Uomo e dell’Ambiente, 165 

Cattolica, 186 

- Antiquarium Comunale, 186 

- Museo della Marineria, 186 

Cento, 121 

- Galleria d’Arte Moderna “Aroldo Bonzagni”, 

122



229 

- Museo del Teatro “Giuseppe Borgatti”, 122 

- Pinacoteca Civica, 121 

Cervia, 147 

- Museo dei Burattini e delle Figure, 148 

- Museo della Civiltà Salinara, 147 

Cesena, 166 


- Museo della Miniera di Zolfo di Formignano, 

169 

- Museo delle Scienze Naturali, 168 

- Museo dell’Agricoltura, 168 

- Pinacoteca Comunale, 167 

- Pinacoteca della Cassa di Risparmio, 168 

Cesenatico, 170 


- Casa Moretti, 171 

- Museo della Marineria, 170 

Codigoro, 123 

- Museo Pomposiano, 123 

Collecchio, 30 

- Raccolta Etnografica “Ettore Guatelli”, 30 

Colorno, 30 

- Museo dell’Ingegno Popolare e della Tecnologia 

Preindustriale, 30 

Comacchio, 123 

- Museo Alternativo “Remo Brindisi”, 125 

- Museo Civico delle Valli di Comacchio, 124 

- Museo della Nave Romana, 123 

- Museo Mariano d’Arte Sacra Contemporanea, 

125 

Compiano, 30 

- Castello di Compiano, 30 

Copparo, 125 


- Quadreria Civica di Arte Contemporanea, 

125 

Correggio, 45 


- Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari, 

45 

Cotignola, 148 

- Museo e Casa Luigi Varoli, 148 

Dosso, 139 

Dozza Imolese, 105 

- Museo della Rocca, 105 

- Museo Parrocchiale d’Arte Sacra, 106 

Faenza, 149 

- Museo Civico di Scienze Naturali “Domenico 

Malmerendi”, 152 

- Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea, 

152 

- Museo del Teatro, 152 

- Museo Internazionale delle Ceramiche, 

149 

- Museo Nazionale dell’Età Neoclassica, 149 


Fanano, 62 

- Parco Urbano di Sculture in Pietra, 62 

Ferrara, 126 

- Casa dell’Ariosto, 131 

- Casa Romei, 128 

- Centro di Documentazione del Mondo 

Agricolo Ferrarese, 138 

- Civico Lapidario, 129 

- Museo Anatomico “Giovanni Tumiati”, 136 

- Museo Archeologico Nazionale di Spina, 

126 

- Museo Boldini, 131 

- Museo Civico di Palazzo Schifanoia, 129 

- Museo Civico di Storia Naturale, 135 

- Museo del Castello, 135 

- Museo della Cattedrale, 137 

- Museo dell’Illustrazione, 134 

- Museo dell’Ottocento, 132 

- Museo del Risorgimento e della Resistenza, 

134 

- Museo di Arte Moderna e Contemporanea 

“Filippo de Pisis”, 133 

- Museo Ebraico, 138 

- Museo Geo-Paleontologico, 136 

- Museo Italiano di Architettura, Design e Ingegneria 

Avanzata, 136 

- Museo Michelangelo Antonioni, 134 

- Orto Botanico, 137 

- Palazzina di Marfisa d’Este, 131 

- Pinacoteca Nazionale, 127 

Fidenza, 31 

- Museo del Risorgimento “Luigi Musini”, 31 

Finale Emilia, 63 

- Museo Civico del Territorio, 63 

- Museo Civico di Storia Naturale, 63 

Fiorano Modenese, 63 

- Museo della Ceramica, 63 

Fiumalbo, 64 

- Museo di Arte Sacra, 64 

Fontanellato, 31 

- Museo della Rocca Sanvitale, 31 

Forlì, 171 

- Armeria Albicini, 174 

- Museo Civico Archeologico “A. Santarelli”, 

171 

- Museo del Risorgimento “A. Saffi”, 175 

- Museo Etnografico Romagnolo “B. Pergoli”, 

175 

- Museo Ornitologico “Ferrante Foschi”, 

176 

- Museo Romagnolo del Teatro, 174 

- Museo Storico Sezionale “Dante Foschi”, 

176 


Forlimpopoli, 176 

- Museo Archeologico Civico, 176 

Formigine, 64 


Formignano, 169 

Funo, 80 

Gaggio di Piano, 62 

Galeata, 177 

- Museo Civico “Monsignor Domenico 

Mambrini”, 177 

Gattatico, 46 

- Museo Cervi, 46 

Gazzola, 20 

- Castello di Rivalta, 20 

Gemmano, 187 

- Museo Naturalistico della Riserva Naturale 

di Onferno, 187 

Grazzano Visconti, 26 

Gualtieri, 46 

- Donazione Tirelli - Museo Documentario e 

Centro Studi “Antonio Ligabue”, 46 

Guastalla, 47 

- Museo della Biblioteca Maldotti, 47 

Imola, 106 

- Collezioni d’Armi e Ceramiche della Rocca 

Sforzesca, 109 

- Museo Civico “Giuseppe Scarabelli”, 106 

- Museo Diocesano d’Arte Sacra, 110 

- Museo del Risorgimento, 109 


- Raccolta e Collezione d’Arte di Palazzo 

Tozzoni, 108 

Iola, 75 

Langhirano, 32 

- Castello di Torrechiara, 32 

- Museo del Risorgimento “Faustino Tanara”, 

32 

Lido di Spina, 125 

Lizzano in Belvedere, 110 

- Museo Etnografico “Giovanni Carpani”, 

110 

Longiano, 178 

- Fondazione Tito Balestra, 178 

- Museo d’Arte Sacra, 178 

- Museo del Territorio, 178 

- Museo Italiano della Ghisa, 179 

Lugagnano Val d’Arda, 20 

- Antiquarium di Veleia, 20 

Lugo di Romagna, 152 

- Mostra Permanente della Resistenza, 153 

- Museo Civico Francesco Baracca, 152 

Luzzara, 47 

- Museo Nazionale delle Arti Naïfs “Cesare 

Zavattini”, 47 

Mamiano, 41 

Maranello, 64 

- Galleria Ferrari, 64 

Marano sul Panaro, 65 

- Museo di Ecologia e Storia Naturale, 65 

Marina di Ravenna, 161 

Marzabotto, 110 

- Museo Archeologico Nazionale “Pompeo 

Aria”, 110 

Masrola, 165 

Massa Lombarda, 153 

- Museo Civico “Carlo Venturini”, 153 

- Museo della Frutticoltura “Adolfo Bonvicini”, 

154 

Medicina, 111 


Mesola, 138 

- Centro di Educazione Ambientale, 138 

Mirandola, 65 


Modena, 65 

- Galleria Civica, 68

230 MUSEI IN EMILIA-ROMAGNA Indice dei luoghi 

- Galleria Estense, 65 

- Gipsoteca Graziosi, 68 

- Museo Astronomico e Geofisico, 70 

- Museo Civico Archeologico Etnologico, 67 

- Museo Civico d‘Arte, 68 

- Museo d’Auto e Moto d’epoca “Umberto 

Panini”, 74 

- Museo dei Presepi, 74 

- Museo del Combattente, 74 

- Museo della Figurina, 70 

- Museo dell’Auto Storica “Stanguellini”, 74 

- Museo di Anatomia Umana, 71 

- Museo di Mineralogia e Geologia, 72 

- Museo di Paleontologia, 72 

- Museo di Zoologia, 71 

- Museo di Storia Naturale e della Strumentazione 

Scientifica, 70 

- Museo Lapidario del Duomo, 73 

- Museo Lapidario Estense, 67 

- Museo Muratoriano, 70 

- Museo Storico dell’Accademia Militare, 73 


- Raccolta d’Arte della Provincia di Modena, 

70 

Modigliana, 180 

- Museo Civico “Don Giovanni Verità”, 180 

- Pinacoteca Comunale “Silvestro Lega”, 

180 

Mondaino, 187 

- Museo Paleontologico, 187 

Montecchio Emilia, 47 

- Museo Etnografico “La Barchessa”, 47 

Montefiore Conca, 188 

- Museo della Linea Gotica, 188 

- Museo di Fossili e Minerali, 188 

Montefiorino, 74 

- Museo della Repubblica Partigiana di Montefiorino, 

74 

Monterenzio, 112 

- Museo Civico “Luigi Fantini”, 112 

Montescudo, 188 

- Museo della Linea Gotica Orientale, 188 

Montese, 75 

- Forum Artis Museum, 75 

- Museo Augusto Righi, 75 

- Museo Storico di Montese, 75 

- Raccolta di Cose Montesine, 75 

Monticelli d’Ongina, 21 

- Museo Etnografico del Po e della Civiltà 

Contadina e Artigiana, 21 

Neviano degli Arduini, 32 

- Museo Storico della Resistenza “S. Maneschi”, 

32 

Nonantola, 76 


- Tesoro dell’Abbazia di San Silvestro, 76 

Novellara, 48 

- Museo Civico Gonzaga, 48 


Ostellato, 139 

- Museo Civico di Storia Naturale del delta 

del Po, 139 

Ozzano dell’Emilia, 113 

- Museo dell’Istituto Nazionale per la Fauna 

Selvatica, 113 

- Museo di Anatomia degli Animali Domestici, 

113 

- Museo di Patologia Generale e Patologia 

Speciale Veterinaria, 113 

Ozzano Taro, 30 

Parma, 33 

- Casa Natale di Arturo Toscanini, 38 

- Centro Studi e Archivio della Comunicazione, 

38 

- Collezione Borsari 1870, 40 

- Collezioni dell’Istituto di Mineralogia, 39 

- Complesso di San Paolo, 36 

- Fondazione Glauco Lombardi, 39 

- Galleria Nazionale, 33 

- La Spezieria del Monastero di San Giovanni 

Evangelista, 37 

- Museo Archeologico Nazionale, 33 

- Museo Bodoniano, 35 

- Museo d’Arte Cinese e Sezioni Etnografiche, 

40 

- Museo dei Burattini e delle Marionette 

“Giordano Ferrari”, 38 

- Museo di Storia Naturale, 38 

- Museo Paleontologico Parmense, 39 


- Pinacoteca “Giuseppe Stuard”, 37 

Pavullo nel Frignano, 76 

- Museo Naturalistico del Frignano, 76 

Piacenza, 21 

- Galleria Alberoni, 25 

- Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, 23 

- Museo Capitolare di Sant’Antonino, 24 


- Museo delle Carrozze, 22 


- Museo del Teatro, 24 

- Musei di Palazzo Farnese, 21 

- Museo di Storia Naturale, 24 


Pianello Val Tidone, 26 


Pieve di Cento, 113 


- Museo d’Arte delle Generazioni Italiane 

del Novecento “Giulio Bargellini”, 115 


Poggiolforato, 110 

Pomposa, 123 

Poviglio, 48 

- Museo della Terramara di Santa Rosa, 48 

Pradello Colombo, 18 

Premilcuore, 180 

- Museo della Fauna del Crinale Romagnolo, 

180 

Querciola, 110 

Ravarino, 76 

- Mostra Storico-Didattica, 76 

Ravenna, 155 

- Museo Arcivescovile, 159 

- Museo Dantesco, 160 

- Museo degli Strumenti Musicali Meccanici 

“Marino Marini”, 160 


- Museo Nazionale delle Attività Subacquee, 

161 

- Museo Nazionale, 155 

- Museo Ornitologico e di Scienze Naturali, 

158 


- Planetario, 158 

Reggio Emilia, 49 

- Centro di Documentazione di Storia della 

Psichiatria, 55 

- Civica Galleria “Anna e Luigi Parmeggiani”, 

53 

- Collezioni di Preistoria e Protostoria, 52 

- Galleria dei marmi romani, 51 

- Galleria Fontanesi, 51 

- Musei Civici, 49 

- Museo dell’Archivio di Stato, 49 

- Museo del Santuario della Madonna della 

Ghiara, 56 

- Museo Archivio del Teatro, 54 

- Museo del Tricolore, 54 

- Museo della Civiltà Contadina “A. Motti”, 

56 

- Museo di Arte Industriale, 51 

- Museo Gaetano Chierici e Collezione paletnologica, 

50 

- Museo Lazzaro Spallanzani e Collezioni 

naturalistiche, 50 

- Museo Missionario Francescano, 57 

- Museo Renato Marino Mazzacurati, 52 

- Nuovo Museo di Reggio in Età Romana, 52 

- Raccolta d’Arte della Provincia, 55 

- Raccolta Diocesana d’Arte Sacra, 56 

Riccione, 189 

- Galleria d’Arte Moderna di Villa Franceschi, 

189 

- Museo all’Aperto di Sculture Contemporanee, 

190 

- Museo del Territorio “Luigi Ghirotti”, 189 

Ridracoli, 164 

Rimini, 190 

- Lapidario Romano, 192 

- Museo della Città, 190 

- Museo delle Culture Extraeuropee “Delfino 

Dinz Rialto”, 193 

- Museo Missionario di Santa Maria delle 

Grazie, 194 

- Museo Nazionale del Motociclo, 195 

- Parco Tematico Museo dell’Aviazione, 194 

- Tesoro della Cattedrale, 194 

Rolo, 57 

- Museo della Tarsia, 57 

Roncole Verdi, 30 

Russi, 161 

- Museo dell’Arredo Contemporaneo, 161 

- Museo della Vita Contadina in Romagna, 162 

- Villa Romana, 161 

Salsomaggiore, 40



231 

- Museo Paleontologico di Scienze Naturali, 

40 

Saludecio, 195 

- Museo d’Arte Sacra “Beato Amato Ronconi”, 

195 

San Bartolomeo in Bosco,138 

San Felice sul Panaro, 77 

- Mostra Archeologica “Giuseppe Venturini”, 

77 

San Giovanni in Galilea, 164 

S. Giovanni in Marignano, 195 

- Museo Storico e Archeologico, 195 

San Giovanni in Persiceto, 115 

- Museo Archeologico Documentario Liutprando, 

115 

- Museo del Cielo e della Terra, 116 

San Lazzaro di Savena, 116 

- Fondazione “Cardinale Giacomo Lercaro”, 

117 

- Museo Archeologico “Luigi Donini”, 116 

San Marino di Bentivoglio, 80 

San Martino in Rio, 58 

- Museo dell’Agricoltura e del Mondo rurale, 58 

- Museo dell’Automobile, 58 

San Martino Piccolo, 45 

San Mauro Pascoli, 180 

- Casa Pascoli, 180 

Sant’Agostino, 139 

- Centro Polifunzionale “Ferruccio Lamborghini”, 

139 

Santarcangelo di Romagna, 195 

- Molino Moroni, 196 

- Museo degli Usi e Costumi della Gente di 

Romagna, 195 

- Museo del Gioco del Pallone a Bracciale e 

Tamburello, 196 


Santa Sofia, 181 

- Galleria d’Arte Contemporanea “Vero 

Stoppioni”, 181 

Sarsina, 182 

- Museo Archeologico Nazionale Sarsinate, 

182 

- Museo Diocesano di Arte Sacra, 183 

Sasso Marconi, 117 

- Museo Guglielmo Marconi, 117 

Sassuolo, 77 

- Centro di Documentazione dell’Industria 

Italiana della Piastrella di Ceramica, 77 

Savignano sul Rubicone, 184 

- Museo Archeologico del Compito, 184 

Savignano sul Panaro, 77 

- Museo dell’Elefante, 77 

Savio, 160 

Sestola, 77 

- Museo degli Strumenti Musicali Meccanici, 

77 

- Museo della Civiltà Montanara, 77 

Soragna, 40 

- Museo Ebraico “Fausto Levi”, 41 

- Rocca dei Meli-Lupi, 40 

Spilamberto, 78 

- Mostra Archeologica del Fiume Panaro, 78 

Torrechiara, 32 

Trarivi, 188 

Traversetolo, 41 

- Fondazione Magnani Rocca, 41 

- Museo “Renato Brozzi”, 41 

Travo, 26 


Veleia, 20 

Verucchio, 197 

- Galleria Comunale d’Arte Moderna, 198 

- Museo Civico Archeologico, 197 

- Rocca Malatestiana, 198 

Vigarano Mainarda, 139 

- Esposizione del Progresso Agricolo “Enzo 

Cavallari”, 139 

Vignola, 78 


Vigolzone, 26 

- Museo di Auto e Moto d’Epoca, 26 

Villanova (Bagnacavallo), 143 

Villanova (Modena), 74 

Villanova sull’Arda, 26 

- Villa Verdi, 26 

Villa Superiore, 47 

Voghenza, 140 

Voghiera, 139 

- Museo Archeologico di Belriguardo, 139 

- Museo del Modellismo Storico, 140 

Zibello, 42 

- Museo della Civiltà Contadina “Giuseppe 

Riccardi”, 42 

Zola Predosa, 118 

- Fondazione Ca’ La Ghironda, 118


1) Indice dei nomi - Il presente indice si riferisce agli artisti (architetti, pittori, scultori, decoratori, illustratori, fotografi, etc.) menzionati 

nelle schede del repertorio. Vengono indicati in ordine alfabetico cognome e nome degli artisti o, se più noto, il soprannome. 

Aalto Alvar Hugo Henrik, 161 

Abbati Giuseppe, 23 

Accardi Carla, 69, 157 

Achilli Giuseppe, 195 

Ademollo Carlo, 90, 157 

Affanni Garibaldo, 38 

Affò Ireneo, 30 

Afro (Basaldella), 69, 174 

Agnesini Francesco, 86 

Agostino di Duccio, 194 

Agresti Livio, 173 

Aili Lorenzo, 22, 41 

Alari Bonacolsi Jacopo, 66 

Albani Francesco, 101, 104, 173, 194 

Alberghini Antonio, 114, 122 

Alberi Clemente, 192 

Alberti Leon Battista, 137, 194 

Albertoni Giovanni Battista, 83 

Aleotti Antonio, 120, 167 

Aleotti Giovanni Battista, 34, 46, 137 

Algardi Alessandro, 86, 99, 130 

Alison F., 161 

Allori Alessandro, 151 

Alviani Getulio, 180 

Amadeo Giovan Antonio, 41 

Ambrosini Floriano, 100 

Amidano Giulio Cesare, 45 

Andrea da Fiesole, 86 

Andrea di Bartolo, 82 

Andrea di Pietro, 129 

Angeli Franco, 88 

Angelini Antonio, 129 

Angelini Francesco Maria, 174 

Annovi Nereo, 70 

Anselmi Giorgio, 47 

Anselmi Michelangelo, 34 

Antelami Benedetto, 34 

Antolini Filippo, 101, 149 

Antolini Giovanni A., 147 

Antonello da Messina, 25 

Antonio da Lugano, 20 

Antonio da Pavia, 20 

Antonio di Vincenzo, 99, 113 

Apparuti Antonio, 68 

Appel Karel, 125 

Araldi Alessandro, 34, 36 

Arata Giulio, 23 

Ardenti Alessandro, 169 

Arnolfo di Cambio, 101 

Arrigoni Luigi, 23 

Arriguzzi (degli) Arduino, 100 

Asioli Luigi, 45, 61 

Aspertini Amico, 82, 83, 99, 100 

Augusta Michele, 56 

Aulenti Gae, 161 

Avanzini Bartolomeo, 56, 69, 73 

Avedon Richard, 69 

Baccarini Domenico, 151, 180 

Baccarini Giacomo, 56 

Bacci Maria Baccio, 180 

Bacosi Manlio, 157 

Badalocchio Sisto, 35, 37, 46 

Bagnacavallo (Bartolomeo Ramenghi, d.), 

82 

Bagnacavallo il Giovane (Giovanni 

Battista Ramenghi, d.), 104, 142, 151, 169 

Baglione Cesare, 31, 32, 41 

Balbi Alessandro, 56 

Baldassarre d’Este, 128 

Baldrighi Giuseppe, 32, 35, 37 

Balducci Cassiano, 147 

Balestra Pietro, 30 

Balla Giacomo, 122 

Ballanti Graziani Francesco, 149 

Ballanti Graziani Giovan Battista, 149 

Balthus (Balthasar Klossowskide Rola, d.) 

46 

Bambini Jacopo, 120 

Bandinelli Aldo, 133 

Banchieri Giuseppe, 125 

Banti Cristiano, 23 

Baratta Paolo, 38 

Barbiani Andrea, 157 

Barbieri Gino, 167, 180 

Barnaba da Modena, 66 

Barozzi Giacinto, 21 

Bartolini Lorenzo, 42 

Bartolini Luciano, 157 

Bartolini Luigi, 179 

Bartolomeo da Regolio, 138 

Baruchello Gianfranco, 157 

Baruffaldi Giovanni Antonio, 133 

Baruzzi Cincinnato, 142 

Baschieri, 61 

Bassano Jacopo, 66 

Bastarolo (Giuseppe Mazzuoli, d.), 66, 

128, 130 

Bastianelli, 92 

Bastianino (Sebastiano Filippi, d.), 128, 

129, 157 

Batoni Pompeo, 167 

Battista del Gambaro, 100 

Bazzani Giuseppe, 47 

Beato Angelico (fra Giovanni da Fiesole, 

d.), 34, 173 

Beccadelli, 108 

Becchi Andrea, 61 

Begarelli Antonio, 66, 68, 73 

Belgiojoso Ludovico, 61 

Bellini Giovanni, 191 

Bellotto Bernardo, 35, 38 

Beltrame Achille, 134 

Beltrami (Mario?), 61 

Bembo Benedetto, 20 

Bembo Bonifacio, 20, 32 

Benati Davide, 69, 157 

Bendini Vasco, 157 

Bergonzoni Giovanni Battista, 99 

Berlinghiero da Lucca, 100 

Berman Eugene, 181 

Bernacchi Roberto, 62 

Bernardi Bernardo, 101 

Bernardino da Lendinara, 34 

Bernini Gian Lorenzo, 66, 73, 86, 159 

Berozzi Carlo, 101 

Bertoja Jacopo, 34 

Bertoldo di Giovanni, 66 

Bertoli Elpidio, 70 

Bertucci Jacopo, 151 

Bertucci Giovanni Battista, il Giovane, 23, 

145, 151, 157 

Bertuzzi Nicola, 110 

Besenzi Paolo Emilio, 52 

Bettoli Nicola, 34, 35 

Bezzi Pietro, 69, 73 

Biagio d’Antonio da Firenze, 151 

Bianchi Ferrari Francesco, 66 

Bianchi Mosè, 23 

Biancini Angelo, 147, 160 

Bibiena Antonio, 99 

Bibiena Ferdinando, 41 

Bicci di Lorenzo, 37 

Bigari Vittorio Maria, 83, 104, 191 

Bilancioni Guglielmo, 192 

Birolli Renato, 174 

Bisi Carlo, 61, 134 

Bistolfi Leonardo, 89 

Boccaccino Boccaccio, 66, 128 

Boccaccino Camillo, 22 

Bocchini Mario, 168 

Bocci, 23 

Boccioni Umberto, 23, 125 

Bodini Floriano, 194 

Bodoni Gambattista, 35 

Boetti Alighiero, 88, 157 

Boldini Giovanni, 23, 132 

Bolognini L., 49, 54 

Bonascia Bartolomeo, 73 

Bondi Felice Andrea, 173 

Bondi Francesco Antonio, 173 

Bonfanti Arturo, 181 

Bononi Carlo, 52, 56, 66, 128, 130 

Bonora Maurizio, 157 

Bonzagni Aroldo, 122, 133 

Bordon Paris, 157 

Borghesani Alfonso, 160 

Borgonzoni Aldo, 113, 117 

Borromini Francesco, 73 

Boscoli Giovanni, 33 

Boselli Felice, 35, 52, 151 

Bosi Giuseppe, 41 

Bossi Benigno, 40 

Bot Osvaldo (Osvaldo Barbieri d.), 23


233 

Bottega degli Embriachi, 86, 100, 130, 156 

Bottega dei Canozi da Lendinara, 130 

Bottega Ferniani, 154 

Botticelli Sandro (Alessandro di Mariano 

Filipepi, d.), 22 

Boulanger Jean, 45, 56 

Bouts Aelbrecht, 25 

Bragaglia Carlo Ludovico, 69, 157 

Branzi Andrea, 69 

Braque Georges, 125 

Brasavola Antonio, 139 

Brasavola Pietrobono, 128 

Bravo Cecco, 157 

Brescianino (Francesco Monti, d.), 22, 41 

Briano, 65 

Brindisi Remo, 106, 121, 125, 142, 194 

Brizio Francesco, 104 

Brozzi Renato, 41 

Brunelli Gabriele, 86 

Brusasorci (Domenico Riccio, d.), 169 

Bucci Anselmo, 23 

Buffa Giovanni, 160 

Buontalenti Barnardo, 165 

Burri Alberto, 42, 125 

Burrini Giovanni Antonio, 82 

Cabianca Vincenzo, 23 

Cadorin Guido, 160 

Cagli Corrado, 46, 61, 117, 167 

Cagnacci Guido, 87, 169, 191, 195 

Calabria Ennio, 106 

Callot Jacques, 104 

Calvaert Denijs, 61, 99, 101, 104, 169 

Calvi Jacopo Alessandro, 101 

Cambellotti, 134 

Campi (Giulio?), 18, 68 

Campigli Massimo 23, 69, 179 

Canaletto (G.Antonio Canal, d.), 35 

Canali Guido, 34 

Cannicci, 23 

Canonica Pietro, 23 

Canova Antonio, 31, 35, 39, 42, 173 

Cantarini Simone, 83, 101, 121 

Cantatore Domenico, 108 

Canuti Domenico Maria, 83, 97, 110, 169 

Capa Robert, 69 

Capizucchi Gaetano, 175 

Capizucchi Marco, 192 

Capogrossi Giuseppe, 69, 122, 125, 174, 198 

Cappelli Evaristo, 70 

Cappelli Giovanni, 181 

Cardello Tommaso, 107 

Carena Felice, 23, 157 

Carmignani Giulio, 38 

Carmignani Guido, 38 

Caroto Gian Francesco, 66 

Carpaccio Vittore, 42,128 

Carpi Aldo, 23 

Carrà Carlo, 23, 42, 52, 69, 115, 122, 174 

Carracci Agostino, 66, 82, 83, 86, 104 

Carracci Annibale, 35, 66, 82, 83, 86, 104 

Carracci Ludovico, 28, 35, 56, 66, 76, 82, 

83, 86, 87, 101, 104, 122, 173 

Carrari Baldassarre, 157, 159, 167 

Carrino Nicola, 182 

Cartier Bresson 69 

Casadei Maceo, 176, 190 

Casalini Raimondo, 41 

Casalini Torelli Lucia, 92 

Casanova Achille, 61 

Casario Lazzaro, 99 

Cascella Michele, 23, 118, 157 

Caselli Cristoforo, 19, 34 

Casorati Felice, 23, 46, 108, 125, 174 

Cassinari Bruno, 23 

Castellani Enrico, 88, 157 

Castellani Leonardo, 198 

Castello Bernardo, 22 

Castiglione Baldassarre, 83 

Castiglioni P., 161 

Catellani B., 54 

Catena Vincenzo, 61, 66 

Cattabriga Galileo, 121 

Cattaneo Carlo, 106 

Cattani Giorgio, 157 

Caula Sigismondo, 61, 68 

Cavalletti Giovanni Battista, 100 

Cavazza Pier Francesco, 83 

Cavedoni Giacomo, 114 

Celebrano, 128 

Celesti Andrea, 56, 142 

Centino (Giovan Francesco Nagli, d.), 195 

Ceroli Mario, 88, 118, 125 

Cerquozzi, 25 

Ceruti Giacomo, 25 

Cesi Bartolomeo, 101, 108, 110 

Cézanne Paul, 42 

Chagall Marc, 125, 179 

Chiarini Marcantonio, 83 

Chierici Alfonso, 52, 54 

Chierici Gaetano, 52 

Chini Galileo, 40 

Chittò Giuseppe, 133 

Cignani Carlo, 66, 82, 157, 167, 173, 194 

Cima da Conegliano, 34, 66, 82 

Cimatori Antonio, 194 

Cittadini Pier Francesco, 87, 105 

Ciuffagni Bernardo, 194 

Clerici Fabrizio, 46 

Coccolini Giuseppe, 117 

Coda Bartolomeo, 191 

Coda Benedetto, 191 

Codino Francesco, 108 

Coen Giuseppe, 133 

Collamarini Edoardo, 81, 94 

Colombo Gianni, 88 

Coltellini Girolamo, 101 

Coltellini Michele, 128 

Compagnini Raimondo, 172 

Contini Emilio, 125 

Cornacchia Elvio, 145 

Cornacchini Agostino, 92 

Correggio (Antonio Allegri, d.), 34, 35, 36, 

45, 66 

Cossa (del) Francesco, 82, 86, 128, 130, 

173 

Costa Cesare, 54, 70 

Costa Giovan Battista, 192 

Costa Lorenzo, 42, 82, 128 

Costetti Giovanni, 52 

Courtois Jacques, 25 

Cremona Tranquillo, 23 

Crescimbeni A., 91, 92 

Crespi Giuseppe Maria, 35, 68, 82, 83, 87, 

91, 101, 194 

Crespi Luigi, 28, 82, 87, 91 

Creti Donato, 83, 87, 92, 104, 169 

Cristoforo da Bologna, 128 

Cristoforo da Milano, 126 

Cristoforo di Benedetto, 104 

Crivelli Taddeo, 100 

Cuniberti Pirro, 114, 157 

Da Col Giuseppe, 87 

Dadamaino, 157 

Daddi Bernardo, 34 

D’Agrate Antonio, 36 

D’Agrate Gian Francesco, 36 

Dalla Volpe Tommaso, 108 

Dal Monte Mario Guido, 108 

Dal Sole Gian Gioseffo, 82, 157, 169, 178 

Damiano da Bergamo (fra, Damiano 

Zambelli), 101 

D’Ancona Vito, 23 

Da Valle Andrea, 155 

Dawe Alan, 42 

De Bles Herri Met, 25 

De Carolis Adolfo, 160 

De’ Ferrari Gregorio, 35 

De Chirico Giorgio, 23, 42, 46, 115, 125, 

174 

Degas Edgard, 132 

Degli Erri Agnolo, 34, 66 

Degli Erri Bartolomeo, 34, 66, 73 

De Grada Raffaele, 23 

De Gregorio Giuseppe, 106 

De Hase Iacomo, 114 

Del Cairo Francesco, 20, 35 

Della Bella Stefano, 83, 142 

Della Casa, 69 

Della Porta Vittoria, 66 

Della Santina Antonio, 186 

Delle Catene Gian Gherardo, 58 

De Longe Roberto, 22, 24 

De Maria Giacomo, 92 

Depero Fortunato, 115, 134, 174 

De Pisis Filippo, 23, 42, 69, 108, 122, 125, 

131, 133, 151, 174, 179 

Desani Pietro, 56 

Deschwanden Paul Melchior, 101 

Detti Cesare, 54 

Di Credi Lorenzo, 173 

Domenichino (Domenico Zampieri, d.), 

82, 83, 101 

Domenichini Gaetano, 132 

Domenichini Girolamo, 133


Donatello (Donato de’ Bardi, d.), 151 

Donnini Girolamo, 45, 108 

Dorazio Piero, 69 

Dossi Battista, 128, 151 

Dossi Dosso, 34, 66, 104, 128, 151, 173 

Dotti Carlo Francesco, 92, 93, 101 

Draghi Carlo Virginio, 40, 41 

Draghi Giovanni Evangelista, 21, 29 

Dudovich Marcello, 134 

Dudreville Leonardo, 122 

Dulauvier Pietro, 120 

Dürer Albrecht, 42, 104, 142 

Edoari de Erba Giorgio, 36 

El Greco (Domenico Theotokopulos, d.), 35 

Ernst Max, 88 

Escosura Ignacio y Leon, 54 

Ettorre Omero, 55 

Fabro Luciano, 157 

Faccioli Raffaele, 87 

Falconetto Giovanni Maria, 29 

Fanoli da Venezia, 41 

Fantuzzi Eliano, 179 

Fantuzzi Rodolfo, 87 

Fanzaresi Antonio, 145 

Fattori Giovanni, 23 

Fautrier Jean, 88 

Fazzini Pericle, 167 

Fenzoni Ferraù, 109, 142, 151, 169 

Ferlini Fausto, 147 

Ferrari Ascanio, 52 

Ferrari Luca, 47, 52, 56, 57, 66, 68 

Ferrari Pietro Melchiorre, 25, 37 

Ferraroni Giovan Maria, 49 

Ferrazzi Ferruccio, 69 

Ferretti Gian Domenico, 104 

Festa Tano, 88, 157 

Fetti Domenico, 66 

Fiamberti Tommaso, 173 

Fieschi Giannetto, 181 

Filippi Camillo, 66, 131, 138, 139 

Filippi Cesare, 131 

Filippi Sebastiano, 131 

Fini Léonor, 46 

Fontana Giovan Battista, 41 

Fontana Franco, 69 

Fontana Lavinia, 37, 101, 104, 108, 109 

Fontana Lucio, 69, 122, 125, 198 

Fontana Prospero, 86, 101 

Fontanesi Antonio, 23, 52, 54 

Fontebasso Francesco, 37 

Fontcuberta, 69 

Forghieri Giovanni, 70 

Fornovo Giovanni Battista, 21 

Forti Fermo, 61 

Franceschini Marcantonio, 21, 73, 82, 87, 

92, 101, 157, 169 

Francesco da Milano, 99 

Francesco da Rimini, 128 

Francesco di Simone Ferrucci, 151, 173, 

194 

Francese Franco, 157, 181 

Franchi Lorenzo, 52 

Francia Francesco (Francesco Raibolini, 

d.), 34, 82, 87, 100, 137, 167 

Francia Giacomo (Giacomo Raibolini, d.), 

100 

Frangi Gianfrancesco, 56 

Frisoni Gabriele, 127, 136 

Fucci Francesco, 101 

Funi Achille, 122, 135 

Furini Francesco, 151 

Füssli Heinrich, 42 

Gaddi Agnolo, 34 

Gainbourough Thomas, 91 

Galeotti Sebastiano, 22 

Galletti Guido, 161 

Galliani Omar, 54 

Gandini del Grano Giorgio, 34 

Gandolfi Gaetano, 22, 52, 82, 83, 87, 99, 

142, 151 

Gandolfi Mauro, 82, 83, 104 

Gandolfi Ubaldo, 82, 83, 87, 101, 104, 108, 

122 

Gandolfi Vittorio, 25 

Garelli Tommaso, 104 

Garofalo (Benvenuto Tisi, d.), 34, 66, 82, 

120, 126, 128, 137, 138, 139 

Gaspare Landi, 20, 22 

Gatti Annibale, 180 

Gaudenzi, 55 

Gavassetti Camillo, 24 

Gaulli, 25 

Gemito Vincenzo, 23, 26, 132 

Gennari Bartolomeo, 122 

Gennari Benedetto, 66, 83, 122 

Gennari Benedetto jr., 122, 173, 191 

Gennari Giovanni Battista, 122 

Gennari Cesare, 104, 122 

Gennari Ercole, 122 

Gennari Lorenzo, 122 

Gentile da Fabriano, 42, 128 

Gentileschi Artemisia, 87 

Gerini Niccolò, 34 

Gerini Pietro, 34 

Ghery Frank, 136 

Ghermandi Quinto, 118 

Ghigiotti G., 161 

Ghirlandaio (Domenico Bigordi, d.), 191 

Ghirri Luigi, 69 

Ghittoni Francesco, 23 

Giacomelli Mario, 69 

Giacometti Alberto, 125 

Giacomo da Ulma, 100 

Giambologna (Jean de Boulogne, d.), 66, 

86, 130 

Giani Felice, 82, 83, 109, 149, 151 

Giaquinto Corrado, 91 

Giberti Enrico, 131 

Gilardi Piero, 88 

Ginna Arnaldo, 157 

Gioli Francesco, 23 

Giordani Antonio, 122 

Giordano Luca, 25 

Giotto di Bondone, 82, 194 

Giovanni Antonio da Foligno, 67 

Giovanni da Modena, 73, 100, 128 

Giovanni da Rimini, 151, 191 

Giovanni da San Giovanni, 46 

Giovanni da Siena, 139 

Giovanni del Biondo, 42 

Giovanni del Sega, 60, 61 

Giovanni di Balduccio, 86 

Giovanni di Paolo, 34 

Giovanni Francesco da Rimini, 101, 191 

Giovanni Galeazzo da Milano, 129 

Giraldi Guglielmo, 130 

Girolamo da Carpi, 66, 128, 131, 139 

Giuliano da Bologna, 76 

Giuliano da Rimini, 191 

Giunta Pisano (Giunta di Capitini, d.), 82 

Goya Francisco, 42 

Gonin Francesco, 134 

Gordigiani Edoardo, 180 

Graziosi Giuseppe, 23, 68, 70 

Grechetto (Giovanni Benedetto 

Castiglione, d.), 38, 82 

Grossi Carlo, 61 

Groubicy Vittorio, 133 

Guaccimanni Alessandro, 157 

Guaccimanni Vittorio, 157 

Guandalini Vittorio, 61 

Gualdi Alfredo, 70 

Gualdi Antonio, 47 

Guardassoni Alessandro, 101 

Guardi Francesco, 151 

Guercino (Giovanni Francesco Barbieri, 

d.), 35, 37, 56, 66, 82, 83, 101, 104, 121, 

137, 145, 157, 167, 169, 173, 191, 194 

Guerreschi Giuseppe, 125 

Guerzoni Franco, 157 

Guglielmo (fra) da Pisa, 101 

Guidi Giuseppe, 147 

Guidi Virgilio, 117, 142, 157, 190 

Gustavino, 134 

Guttuso Renato, 42, 46, 61, 70, 77, 108, 

117, 122, 167, 179, 194 

Haffner Enrico, 97, 101 

Hamilton David, 69 

Hayez Francesco, 23, 87 

Heckel Erich, 179 

Hogarth William, 142 

Holbein Hans il giovane, 34 

Horta Victor, 136 

Induno Matteo, 23 

Incerti Achille, 55 

Innocenzo da Imola (Innocenzo 

Francucci, d.), 82, 104, 108, 110, 144, 174 

Karker Giovanni, 137 

Keeble W., 91, 92 

Klee Paul, 125


235 

Klimt Gustav, 23, 157 

Kokoschka Oskar, 179 

Korompay Giovanni, 55, 125, 181, 190, 198 

Jacob, 42 

Jacobello di Bonomo, 197 

Jacopo da Roseto, 100 

Jacopo de’ Barbari, 83 

Jacopo della Quercia, 99, 137 

Jacopo di Paolo, 87 

Janssens Abraham, 108 

Jodi Casimiro, 70 

Jolli Antonio, 70 

Jordaens Jacob, 25 

Lana, 66, 68 

Landi Gaspare, 151 

Landi Marcello, 157 

Lanfranco, 73 

Lanfranco Giovanni, 22, 37, 169 

Lanfrani Jacopo, 86 

Langetti Giovan Battista, 109 

Lanzani Bernardino, 18 

Le Brun Charles, 66 

Le Corbusier (Charles- Edouard 

Jeanneret, d.), 161 

Lega Silvestro, 23, 180 

Legér Férnand, 61 

Lelli Ercole, 92, 94, 95 

Leonardo da Vinci, 34 

Levi Carlo, 23 

Levi Isacco Gioacchino, 30 

Levi Giuseppe, 41 

Levoli Nicola, 151 

Lianori Pietro, 101 

Liberi Pietro, 109 

Licata Riccardo, 106 

Licini Osvaldo, 125 

Ligabue Antonio, 46, 47 

Ligozzi Jacopo, 157 

Lili Andrea, 142 

Lippi Camillo, 136 

Lippi Cesare, 136 

Lippi Filippo, 42, 101 

Lippi Sebastiano, 136 

Lippo di Dalmasio, 87, 101 

Liverani Romolo, 152 

Lodi Massimiliano, 132 

Lombardi Alfonso, 99, 100, 101, 151 

Lombardi Antonio, 131 

Lombardi Cristoforo, 100 

Lombardo Tullio, 157 

Longhi Barbara, 157 

Longhi Francesco, 120, 157 

Longhi Luca, 157, 169, 196 

Longhi Pietro, 87 

Longoni Emilio, 61 

Loraghi, 73 

Lorenzo Monaco (Pietro di Giovanni, fra), 

82 

Lorenzo Veneziano, 82 

Loschi Bernardino, 60, 61 

Loschi Jacopo, 34 

Loves Matteo, 114 

Ludovico da Brescia, 136 

Ludovisi Bernardino, 92 

Lugli Albano, 61 

Luini Bernardino, 18, 101 

Mabuse (Jean Gossaert, d.), 25 

Maccari Mino, 46, 117, 179, 194 

Maestro della Misericordia, 37 

Maestro del Tondo Miller, 168 

Maestro del Trittico di Imola, 108 

Maestro di Figline, 128 

Maestro di Flora, 157 

Maestro di Marradi, 169 

Maestro di San Miniato, 168 

Maestro G.Z., 128 

Mafai Mario, 69, 179 

Magelli Vittorio, 70 

Magini Carlo, 151 

Magistretti, 161 

Magnani Gerolamo, 54 

Magnani Giovanni Battista, 56 

Magnasco Alessandro, 20, 87 

Magnoni Antonio, 114 

Maineri Giovan Francesco, 66 

Mainolfi Luigi, 182 

Malatesta Adeodato, 61, 68, 70, 101 

Malosso (Giovanni Battista Trotti, d.), 22 

Manai Piero, 157 

Mancini Antonio, 23, 87 

Mandelli Pompilio, 117, 181, 190 

Manetti Rutilio, 151 

Manfredi Bartolomeo, 68 

Manicardi Cirillo, 52, 55 

Manno Bandini da Siena, 86 

Mantegna Andrea, 45, 83, 128 

Mantovani Alessandro, 132 

Manzolini Morandi Anna, 95 

Manzoni Piero, 125 

Manzù Giacomo, 42, 46, 117, 118, 160 

Marchelli Pietro, 49 

Marchesi Girolamo, 157, 174 

Marchesi Giuseppe, 114 

Marchetti Marco, 191 

Marchi (de’) Giacomo Agostino, 100 

Marchi Marco, 56 

Margotti Anacleto, 108 

Marini Marino, 117 

Martinelli Giacomo Battista, 102 

Martinelli Giovanni Battista, 102 

Martinelli Vincenzo, 87 

Martini Alberto, 114 

Martini Arturo, 115, 117, 151 

Marussig Pietro, 23 

Massari Luca, 61 

Masegne (delle) Pier Paolo, 86 

Massari Luciano, 62 

Mastelletta (Giovanni Andrea Donducci, 

d.), 28, 61, 104, 191, 194 

Matisse Henry, 125, 179 

Matta Sebastián, 106, 125 

Mattioli Carlo, 70 

Mazelli, 61 

Mazza Giuseppe Maria, 101, 104 

Mazzacurati Renato Marino, 52, 55, 167 

Mazzarelli Francesco, 137 

Mazzola Filippo, 34 

Mazzola Michele, 34 

Mazzola Pier Ilario, 34 

Mazzola Bedoli Girolamo, 22, 34 

Mazzolani Giuseppe, 131, 133 

Mazzolino (Ludovico Mazoli, d.), 42, 128 

Mazzoni Guido, 66, 73 

Melandri Pietro, 194 

Melli Roberto, 133, 167 

Mello da Gubbio, 42 

Melotti Fausto, 69, 125 

Melozzo da Forlì, 173 

Mengari Carlo, 146 

Mengazzino (Domenico Santi, d.), 83 

Menghino del Brizio, 99 

Menozzi Domenico, 24 

Mentessi Giuseppe, 133 

Menzocchi Francesco, 174 

Menzocchi Pier Paolo, 173 

Menzocchi Sebastiano, 174 

Merano, 22 

Mercoli Giacomo, 41 

Merenda Giuseppe, 172 

Mesciulam Plinio, 180 

Messina Francesco, 23, 117, 118 

Mezzadri Antonio, 104 

Michele di Matteo, 76 

Mignatti Antero, 114 

Milani Giuseppe, 167, 169 

Minerbi Arrigo, 133 

Minghetti Prospero, 52 

Minguzzi Luciano, 117, 118, 198 

Minutolo R., 74 

Mirko (Basaldella), 117, 157, 167 

Miró Juan, 125 

Miserocchi Domenico, 157 

Missiroli Tommaso, 142, 145 

Modigliani Amedeo, 115, 125 

Modigliani Francesco, 173 

Modigliani Livio, 173 

Mola Pier Francesco, 25 

Molinaretto, 32 

Monet Claude, 42 

Montagna Bartolomeo, 157 

Montevecchi Amleto, 108 

Monti Gian Giacomo, 83, 97, 101 

Monti Giovanni Battista, 114 

Moore Henry, 88, 125, 160 

Mor Anthonis, 35 

Morandi Giorgio, 42, 69, 88, 151, 174, 179 

Morbelli Angelo, 23 

Moreelse, 22 

Morelli Cosimo, 110, 175 

Morelli Domenico, 23 

Morelli Enzo, 142 

Moreni Mattia, 181, 190 

Moretto (Alessandro Bonvicino, d.), 45


Morina Giulio, 102 

Morlotti Ennio, 69, 157, 181, 190 

Moro Gino, 23 

Moschino Simone, 34 

Motta Raffaello, 48 

Munari Bruno, 77, 118, 150 

Munari Cristoforo, 35, 52 

Munari Pellegrino, 68 

Murer Augusto, 117 

Murillo Bartolomé Esteban, 35 

Musa Romeo, 28 

Mussini Augusto, 52 

Muzzi Antonio, 83, 89, 101 

Muzzioli Giovanni, 61, 70, 

Nadi Gaspare, 102 

Nanni Mario, 125 

Nardi, 134 

Nasica (Antonio Majani, d.), 134 

Nattier Jean Marc, 35 

Nenci Enzo, 133 

Nelli Ottaviano, 194 

Niccolò dell’Abate, 41, 66, 82, 92 

Niccolo Fiorentino, 65 

Niccolò dell’Arca (Niccolò d’Antonio, d.), 

99, 101 

Niccolò Pisano (Niccolò di Bartolomeo 

dell’Abrugia, d.), 101, 128 

Nicolò di Marchionne, 101 

Nicolò di Tommaso, 37 

Nonni Francesco, 134, 180 

Notari Romano, 55 

Novelli Gastone, 69 

Nunzio, 69 

Nuti Matteo, 166 

Nuvolone Francesco, 22, 24, 32, 35, 87 

Oddi Mauro, 21 

Olivieri Claudio, 69 

Orsi Lelio, 48, 56, 66, 

Ortolano (Giovan Battista Benvenuti, d.), 

42, 82, 128 

Ossola Giancarlo, 55 

Pacchioni Alberto, 49 

Pacchioni Francesco, 56 

Paciotto Francesco, 33 

Paganelli Nicolò, 145, 151 

Pagliarini Augusto, 131 

Pagliarini Giuseppe, 132, 133 

Pagno di Lapo (Portigiani Pagno, d.), 101 

Paladino Mimmo, 157 

Palagi Pelagio, 84 

Palladio (Andrea di Pietro, d.), 100 

Palma il Giovane, 56, 61, 66 

Palmezzano Marco, 106, 110, 151, 157, 

169, 173 

Paltronieri Pietro (il Mirandolese), 142 

Pancaldi Leone, 82, 88 

Panetti Domenico, 45, 128 

Pani Giuseppe, 172 

Pannini Giovanni Paolo, 25 

Pannonio Michele, 128 

Paolini Giulio, 69 

Paolo di Giovanni Fei, 37 

Paolo Uccello, 37 

Paolo Veneziano, 34, 110 

Paris (di) Domenico, 130 

Parisi Ico, 69 

Parmigianino (Francesco Mazzola, d.), 31, 

34, 35, 37 

Parolini Francesco, 128 

Pasinelli Lorenzo, 83, 104, 169 

Pasini Alberto, 30, 38 

Pasini Girolamo, 126 

Pasini Lazzaro, 52 

Pasqualini Enzo, 117 

Passerotti Bartolomeo, 28, 45, 86, 104, 109 

Pasti (de’) Matteo, 130, 194 

Patarazzi Nicola, 51 

Patriarchi Giovanni, 18 

Pavia Giacomo, 92 

Pazzini Norberto, 157, 198 

Pedardi, 41 

Pedrini Domenico, 114 

Pellegrini Giovanni Antonio, 157 

Pelloni Tino, 70 

Pelosio Francesco, 108 

Penza Pasquale, 96 

Peranda Sante, 45, 65 

Perinetti Emilio, 23 

Perucci Orazio, 48 

Perugino (Pietro Vannucci, d.), 36 

Peruzzi Baldassarre, 100, 101 

Pesci Prospero, 110 

Petitot Ennemond Alexandre, 39 

Petitot Jean, 99 

Petlin Irving, 181 

Petralcino da Firenze, 67 

Piancastelli Giovanni, 147 

Piani Pietro, 145 

Piazzetta Giovanni Battista, 35, 167, 191 

Picasso Pablo, 61, 125 

Piccinini Giovanni, 102 

Piccio, 23 

Piero della Francesca, 194 

Pietro Benvenuto degli Ordini, 129, 139 

Pietro della Vecchia, 66 

Pietro di Giovanni d’Ambrogio, 37 

Pinturicchio (Bernardino di Betto, d.), 36 

Piò Angelo, 92, 101 

Piò Domenico, 95 

Piraccini Osvaldo, 125, 181 

Piranesi Giovanni Battista, 142 

Piretti Giancarlo, 161 

Pisa Alberto, 133 

Pisanello (Antonio Pisano, d.), 65, 67, 130 

Pistocchi Giuseppe, 149 

Pittoni Giovanni Battista, 42, 191 

Plessi Fabrizio, 181 

Poirier Anne e Patrick, 182 

Poletti Luigi, 68 

Pollock Jackson, 88 

Pomodoro Arnaldo, 117 

Pomodoro Giò, 117 

Pompei Mario, 134 

Pompili Graziano, 62 

Ponti Giò, 77 

Porro Pierpaolo, 144 

Portoghesi Paolo, 69 

Pourbous Frans il Giovane, 35, 38 

Pozzati Concetto, 69, 106, 157, 180, 198 

Pozzati Mario, 133 

Pozzati Severo (Sepo), 115 

Prampolini Alessandro, 52 

Prampolini Burico, 69 

Preti Giuseppe, 57 

Preti Mattia, 45, 61 

Previati Gaetano, 23, 133, 134 

Procaccini Camillo, 157 

Procaccini Giulio Cesare, 24, 66 

Provaglia Bartolomeo, 86 

Provost Jean, 25 

Prud’hon Pierre-Paul, 39 

Pugliani Cosimo, 56 

Purificato Domenico, 106, 167 

Putti Giovanni, 101 

Quilici Buzzacchi Mimì, 133 

Raccagni Andrea, 125 

Raffaele da Brescia, 100 

Raffaello (Sanzio), 82 

Rainaldi Gerolamo, 69 

Ray Man, 69 

Rambaldi Carlo, 121, 125 

Rambelli Domenico, 152 

Rambelli Giuseppe, 142, 157 

Razzani Giovan Battista, 167 

Recco Giuseppe, 151 

Redenti, 134 

Reggiani Mauro, 70 

Regnier Nicolas, 68 

Reynolds Joshua, 91 

Rembrandt, 42 

Reni Guido, 37, 66, 82, 83, 101 

Renoir Pierre-Auguste, 42 

Resani Arcangelo, 151 

Ribera (de) Jusepe, 61, 194 

Ricci Camillo, 120 

Ricci Sebastiano, 22, 35, 37, 82 

Riccio Andrea, 156 

Richetti Luciano, 23 

Ridolfi Claudio, 195 

Rietveld Gerrit Thomas, 161 

Riva Cesare, 62 

Robert Hubert, 35, 128 

Roberti (de’) Ercole, 82, 128, 130, 139 

Rodin Francoise Auguste, 151 

Romanelli Gian Francesco, 25 

Romano Giovanni Cristoforo, 67 

Romano Giulio, 34, 100 

Romiti Sergio, 198 

Rondani Francesco Maria, 34 

Rondinelli Niccolò, 157 

Rosapina Francesco, 45, 83, 142


237 

Rosa Salvator, 66, 83, 191 

Rosai Ottone, 23, 174, 179 

Rosi Giuseppe, 178 

Rossellino Antonio, 151, 174 

Rossetti Biagio, 45, 126, 127, 129, 136, 139 

Rossi Aldo, 69 

Rossi Ilario, 70, 117 

Rossi Lelio, 61 

Rossi (de’) Properzia, 99, 100 

Rosso Medardo, 23, 125 

Rotella Mimmo, 125 

Rubbiani Alfonso, 87 

Rubens Peter Paul, 42 

Ruffini Giulio, 125, 181 

Ruggeri Piero, 181, 190 

Ruoppolo Giovanni Battista, 151 

Rusca Antonio, 41 

Rusca Camillo, 41 

Russoli Franco, 122 

Sacchi Gaspare, 108 

Sacco Scipione, 167 

Saetti Bruno, 106, 117, 157, 190 

Saffaro Lucio, 181 

Salietti Alberto, 157 

Salvarani Arcangelo, 61 

Salvatori Antonio, 73 

Samacchini Orazio, 37, 108 

Sanna Antonio, 62 

Sansoni Guglielmo (Tato), 121 

Santi di Tito, 169 

Santi Giovan Gioseffo, 108 

Santini Carlo, 114 

Santomaso Giuseppe, 174 

Saporetti Edgardo, 157 

Sartelli Germano, 108, 157, 181 

Sarti Antonio, 104 

Sarti Sebastiano, 101 

Sartoris Alberto, 136 

Sassoferrato (Giovan Battista Salvi, d.), 

167 

Sassu Aligi, 106, 117 

Satta Vincenzo, 190 

Savinio Alberto, 115 

Savolini Cristoforo, 169 

Scaletti Cristoforo, 108 

Scaletti Luca, 151 

Scaletti Sebastiano, 146 

Scarabelli, 65 

Scarpa Carlo, 161 

Scarsellino (Ippolito Scarsella, d.), 61, 66, 

114, 120, 128, 130, 169 

Schedoni Bartolomeo, 35, 66, 68 

Schiatti Alberto, 136 

Schifano Mario, 88 

Schongauer, 42 

Scilti Pietro, 25 

Scipione (Gino Bonichi, d.), 52 

Sebastiano del Piombo (Sebastiano 

Luciani, d.), 34 

Seccadenari Ercole, 99 

Segantini Giovanni, 23, 125 

Serresi, 23 

Settevecchi Ludovico, 136 

Serafini (de’) Serafino, 128 

Serra Cristoforo, 167, 169 

Serra Luigi, 83, 87 

Servolini Luigi, 180 

Severini Gino, 125 

Sidoli N., 23 

Sidoli Pacifico, 23 

Sighizzi A., 21 

Signorelli Luca, 87 

Signorini Telemaco, 23, 157 

Silla Giacomo, 99 

Simone dei Crocefissi, 34, 66, 128 

Sirani Elisabetta, 114, 169 

Sirani Giovanni Andrea, 114 

Sironi Mario, 23, 69, 115, 122, 125, 174, 

179 

Socino Giovanni, 51 

Sodoma (Giovan Antonio Bazzi, d.), 169 

Soffiantino Giacomo, 181 

Soffici Ardengo, 23, 174 

Sogari Prospero, 51 

Solari Giuseppe, 194 

Solario Andrea, 66 

Soleri Brancaleone Giuseppe, 192 

Soli Cesare, 70 

Soli Giuseppe Maria, 73 

Solimena Francesco, 25 

Somaini Francesco, 181 

Soncini Pancrazio, 37 

Sons Jan, 22 

Soratini Antonio Giuseppe, 155 

Spada Lionello, 20, 35, 56, 66, 169, 194 

Spadini Armando 23, 157, 180 

Spagnulo Giuseppe, 69 

Spani Bartolomeo, 51 

Spani (Clemente), 73 

Sperandio di Bartolomeo (Sperandio 

Savelli), 67, 130, 131 

Spinazzi Angelo, 25 

Spinello Aretino, 34 

Spolverini Ilario, 20, 22, 29 

Stefano da Carpi, 45, 52, 57, 61, 68 

Steiner Albe, 61 

Steiner Lica, 61 

Stern Ignazio, 20 

Stragliati Carlo, 122 

Stringa Francesco, 61, 66, 68, 73 

Storer Johan Christoforus, 22 

Stroebel, 38 

Strozzi Bernardo, 66, 194 

Subleyras Pierre, 128 

Sughi Alberto, 70, 106, 181 

Sustermans Justus, 22, 65, 66 

Tacca Pietro, 66 

Talami Orazio, 56 

Tamburi Orfeo, 194 

Tansini Alfredo, 23 

Tedeschi Nani, 55, 121 

Tempesta (Pieter Mulier, d.), 22 

Termanini Pietro, 68, 73 

Terribilia (Francesco Morandi, d.), 100 

Testa Gianfranco, 21 

Testoni Vincenzo, 101 

Thomire Pierre Philippe, 42 

Tiarini Alessandro, 22, 52, 56, 66, 104, 151, 

157, 169 

Tibaldi Domenico, 100 

Tibaldi Pellegrino, 82, 92 

Tiepolo Giovan Battista, 35, 42, 83 

Tilson Joe, 108 

Tintoretto Domenico (Domenico Robusti, 

d.), 35, 37, 66, 87, 128 

Tirelli Marco, 69 

Tiziano (Vecellio), 42, 146 

Todeschini (G.Francesco Cipper, d.), 167 

Tomba Lotario, 24 

Tommaso da Modena, 66, 68 

Torchi Angelo, 157 

Torelli Felice, 87, 92, 105 

Torreggiani Alfonso, 108, 111, 190 

Torri Giuseppe Antonio, 62, 92, 93, 174 

Toscani Oliviero, 69 

Toschi Paolo, 45 

Toschi Orazio, 157 

Toselli Ottavio, 95 

Tosi Arturo, 23 

Tournier Nicolas, 66 

Traverso Gaspare, 20 

Treccani Ernesto, 23, 142 

Trentanove Antonio, 149, 178, 195 

Trevisi (?), 70 

Triachini Bartolomeo, 92 

Trifogli Domenico, 108 

Troubetzkoy Paolo, 61 

Tura Cosmè, 66, 128, 130, 137, 139 

Turcato Giulio, 157, 167, 174 

Turchi Gaetano, 133 

Turci Ignazio, 133 

Ugolini Giuseppe, 54 

Ugonia Giuseppe, 144, 157 

Utili Nicola, 147 

Vaccari Raffaele, 44 

Vaccari W., 69 

Vaccaro, 96 

Vacchi Sergio, 181, 190 

Vago Pietro, 24 

Valli Augusto, 70 

Vamba, 134 

Van der Rohe Ludwig Mies, 161 

Vandi, 92 

Van Dyck Antonie, 35, 42 

Vangelli Antonio, 167, 179 

Varignana (Domenico Aimo, d.), 99 

Varoli Luigi, 148, 157 

Vasari Antonio, 157 

Vecchiati Pompeo, 70 

Velázquez Diego, 66 

Velickovic Wladimir, 181 

Vellani Francesco, 52, 62


Ventura, 134 

Venturoli Angelo, 92 

Veronese (Paolo Caliari, d.), 66 

Veronesi Luigi, 114, 157 

Vespignani Lorenzo, 179 

Viani Domenico Maria, 108 

Vicino da Ferrara, 128 

Vigarani Gaspare, 69, 73 

Vignola (Jacopo Barozzi, detto il), 21, 100 

Vigo Nanda, 125 

Vigri (de’) Caterina, 101 

Virgili Giuseppe, 133, 139 

Vitale da Bologna, 82, 86, 87, 104, 110 

Vivarini Antonio, 82, 86, 157 

Vivarini Bartolomeo, 82, 110 

Voghera Luigi, 41 

Voltolini, 61 

Vouet Simon, 104 

Wiligelmo, 73, 137 

Wildt Adolfo, 23, 122, 175 

Wouters Michiel, 191 

Wright Frank Lloyd, 136 

Ximenes Ettore, 38, 61 

Yambo, 134 

Zacchi Zaccaria, 99 

Zacchini, scultore Pieve di Cento, 114 

Zaganelli Francesco, 66, 128, 157, 174 

Zallone Benedetto, 114 

Zambini Pasquale, 54 

Zamboni Nicola, 62, 114, 190 

Zampa Giuseppe, 108 

Zancanaro Tono, 55, 70, 106, 121, 157, 179 

Zanchi Antonio, 109, 178 

Zandomeneghi Federico, 23 

Zanotti Davide, 92 

Zauli Carlo, 194 

Zavattini Cesare, 47 

Ziveri Alberto, 179 

Zoboli Augusto, 70 

Zocchi Cesare, 160 

Zoffany Johan, 35, 38 

Zola Giuseppe, 114, 128 

Zoppo Marco, 82 

Zucchini Annibale, 45, 133 

Zucchini Guido, 87 

Zucconi Bartolomeo, 19 

Zurbaran Francisco (de), 38

Finito di stampare 

nel mese di marzo 2000 

da Grafiche Zanini - Bologna

Musei in Emilia-Romagna - Istituto per i Beni Artistici, Culturali e ...

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