La calcificazione vascolare nel paziente con insuf... - ResearchGate
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Rassegna<br />
Recenti Prog Med 010; 101: -5<br />
<strong>La</strong> <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica<br />
Mario Cozzolino 1 , Elena Missaglia 1 , Alberto Ortiz , Antonio Bellasi 3 , Teresa Adragao ,<br />
Theofanis Apostolou 5 , Giorgio Vescovo 6 , Maurizio Gallieni 7<br />
Riassunto. Le linee-guida Kidney Disease Improving Global<br />
Outcomes (KDIGO) hanno introdotto per la prima volta,<br />
<strong>nel</strong> 006, la definizione e i criteri diagnostico-terapeutici<br />
di un disordine sistemico del metabolismo minerale – la<br />
<strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> – causato dall’<strong>insuf</strong>ficienza renale<br />
cronica. Viene suggerito che la diagnosi sia effettuata <strong>con</strong><br />
RX addominale ed ecocardiogramma in alternativa alla più<br />
complessa TC. <strong>La</strong> patologia è associata a fattori di alto rischio<br />
cardio<strong>vascolare</strong> <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente prognosi sfavorevole.<br />
Di tali fattori, uno dei più importanti è l’iperfosfatemia;<br />
pertanto è necessario individuare marcatori precoci delle<br />
anomalie dell’omeostasi del fosforo (quale FGF-3) al fine<br />
di identificare tempestivamente i pazienti maggiormente<br />
critici, in cui attuare terapia adeguata: il trattamento <strong>con</strong> sevelamer<br />
costituisce strategia efficace, in aggiunta alla sola<br />
somministrazione di carbonato di Ca, e una serie di evidenze<br />
sembra suggerire una preferenza a favore di sevelamer<br />
rispetto ai chelanti a base di calcio.<br />
Parole chiave. Calcificazione <strong>vascolare</strong>, calcio, chelanti a<br />
base di calcio, FGF-3, fosforo, <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica,<br />
iperfosfatemia, iperparatiroidismo, ormone paratiroideo,<br />
rischio cardio<strong>vascolare</strong>, sevelamer.<br />
Summary. Vascular calcification in chronic kidney disease.<br />
Patients affected by chronic kidney disease (CKD) suffer by<br />
se<strong>con</strong>dary hyperparathyroidism and hyperphosphatemia.<br />
The new KDIGO guidelines identify a new definition in CKD-<br />
MBD (Mineral Bone Disorder), in which vascular calcification<br />
plays a central role. In fact, CKD patients that present<br />
vascular calcification have highest risk of cardiovascular<br />
morbility and mortality. Recently, it has been elucidated<br />
that the <strong>con</strong>trol of phosphate is one of the major problems<br />
for the nephrology community. Furthermore, new markers,<br />
such as FGF-3, have been identified as inducers of vascular<br />
calcification and cardiovascular disease in CKD. Therefore,<br />
the use of calcium-free phosphate-binders may reduce<br />
the risk of cardiovascular disease by reducing both serum<br />
phosphate and FGF-3 levels.<br />
Key words. Calcium, cardiovascular risk, chronic kidney disease,<br />
fibroblast growth factor-3, hyperparathyroidism, hyperphosphatemia,<br />
parathyroid hormone, sevelamer, vascular<br />
calcification.<br />
Introduzione<br />
<strong>La</strong> <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica (CKD, se<strong>con</strong>do<br />
l’acronimo internazionale = Chronic Kidney Disease)<br />
rappresenta, negli Stati Uniti, la se<strong>con</strong>da<br />
causa di morte dopo il carcinoma polmonare. L’aumento<br />
di mortalità è evidente in tutti gli stadi della<br />
malattia, compresi i meno gravi 1 . <strong>La</strong> causa di<br />
questo fenomeno è essenzialmente legata all’aumento<br />
del rischio cardio<strong>vascolare</strong> dovuto alla presenza<br />
di patologia <strong>vascolare</strong>: nei pazienti <strong>con</strong> CKD,<br />
infatti, si rilevano <strong>con</strong> elevata frequenza lesioni<br />
aterosclerotiche e arteriosclerotiche. Accanto ai<br />
classici fattori di rischio per queste lesioni (fumo,<br />
dislipidemia, ecc.), vi sono quelli tipici del CKD ed,<br />
in particolare, l’iperparatiroidismo e l’osteodistrofia<br />
renale.<br />
Il termine “Cronic Kidney Disease - Mineral Bone<br />
Disorder” (CKD-MBD), nato <strong>nel</strong> 2006, è stato<br />
presentato per la prima volta in un Position Statement<br />
della KDIGO 2 . In questa pubblicazione si è<br />
definito il CKD-MBD come un disordine sistemico<br />
del metabolismo minerale, causato dalla malattia<br />
renale cronica, caratterizzato da tre manifestazioni<br />
(presenti da sole o in associazione): anomalie di<br />
parametri di laboratorio (Ca, P, PTH e vitamina D),<br />
anomalie ossee e <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> (figura 1).<br />
Cronic Kidney Disease– Mineral BoneDisorder<br />
(CKD-MBD)<br />
Disordine sistemico del metabolismo minerale, causato dalla<br />
<strong>insuf</strong>ficienza renale cronica, caratterizzato da tre manifestazioni<br />
(presenti da sole o in associazione):<br />
1. anomalie di parametri di laboratorio (Ca, P, PTH e vitamina D)<br />
2. anomalie ossee<br />
3. <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong><br />
Figura 1. Definizione di CKD-MBD.<br />
1<br />
Ospedale S. Paolo, Milano; Ospedale Virgen del Rocío, Siviglia (Spagna); 3 Ospedale S. Orsola-Malpighi, Bologna; Ospedale S. Cruz,<br />
Carnaxide (Portogallo); 5 Ospedale Evangelismos, Atene (Grecia); 6 Ospedale di Vicenza; 7 Ospedale S. Carlo Borromeo, Milano.<br />
Pervenuto il 23 agosto 2010.
M. Cozzolino et al.: <strong>La</strong> <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica 3<br />
Il Position Statement della KDIGO ha aperto la<br />
strada alla pubblicazione delle linee-guida per la<br />
diagnosi e la gestione di questa patologia 3 . Tuttavia,<br />
la maggior parte delle indicazioni incluse in esse è<br />
classificata come “suggerimento” e non come vera e<br />
propria raccomandazione. Questo pone il medico in<br />
una posizione di grande libertà, ma al <strong>con</strong>tempo, di<br />
grande responsabilità: a lui solo spetta il compito di<br />
costruire il miglior approccio terapeutico e gestionale<br />
per il particolare <strong>paziente</strong> che si trova di fronte.<br />
Nelle linee-guida KDIGO 2009 vengono introdotte<br />
per la prima volta raccomandazioni per lo<br />
screening della <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong>. In particolare,<br />
viene suggerito che la diagnosi possa essere<br />
effettuata anche <strong>con</strong> radiografia addominale laterale<br />
e <strong>con</strong> ecocardiogramma, in alternativa alla<br />
complessa e costosa tomografia computerizzata.<br />
Se<strong>con</strong>do le linee-guida, i pazienti <strong>con</strong> diagnosi<br />
di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> o valvolare vanno inclusi<br />
<strong>nel</strong>la classe di massimo rischio cardio<strong>vascolare</strong>.<br />
Pertanto, la presenza o meno di <strong>calcificazione</strong> dovrebbe<br />
rappresentare un fattore chiave <strong>nel</strong>la scelta<br />
delle strategie da adottare <strong>nel</strong>la gestione del <strong>paziente</strong>.<br />
In particolare, viene raccomandato che<br />
l’utilizzo di chelanti del P a base di Ca andrebbe limitato<br />
in pazienti <strong>con</strong> ipercalcemia, <strong>calcificazione</strong><br />
<strong>vascolare</strong>, bassi livelli di ormone paratiroideo<br />
(PTH) o malattia adinamica dell’osso (figura 2).<br />
Inoltre, si suggerisce che i livelli di P e Ca debbano<br />
rientrare <strong>nel</strong> range di normalità. Più complessa<br />
appare invece la gestione dei livelli di PTH:<br />
in questi esiste una grande variabilità, per cui gli<br />
obiettivi terapeutici dovrebbero essere valutati sul<br />
singolo <strong>paziente</strong>, prendendo in <strong>con</strong>siderazione altre<br />
variabili quali la presenza di iperfosfatemia,<br />
ipocalcemia e carenza di vitamina D. Andrebbe<br />
prestata attenzione anche agli andamenti temporali<br />
di questi parametri: variazioni <strong>nel</strong> tempo dei<br />
livelli di P o di PTH dovrebbero indurre ad adottare<br />
adeguate misure terapeutiche.<br />
Importante sottolineare, infine, che non sempre<br />
i livelli ematici dei minerali e degli ormoni coinvolti<br />
<strong>nel</strong> CKD-MBD permettono di avere un quadro<br />
completo della patologia, non prendendo in<br />
esame né il bilanciamento né l’omeostasi del calcio.<br />
Per questi motivi, è noto che il trattamento <strong>con</strong><br />
chelanti del P <strong>con</strong>sente di normalizzare i livelli di<br />
P e di PTH, ma l’utilizzo del carbonato di calcio può<br />
comunque favorire la progressione delle calcificazioni<br />
vascolari.<br />
Calcificazioni<br />
Restrizioni all’uso di chelanti a base di calcio<br />
Bassi livelli<br />
di PTH<br />
Ipercalcemia<br />
Malattia<br />
adinamica<br />
dell’osso<br />
Figura . Restrizioni <strong>nel</strong>l’uso dei chelanti del fosforo a base di calcio<br />
se<strong>con</strong>do le linee guida KDIGO.<br />
Il decorso della CKD-MBD<br />
<strong>La</strong> CKD-MBD, insieme al rischio di <strong>calcificazione</strong><br />
<strong>vascolare</strong>, comincia a manifestarsi precocemente<br />
<strong>nel</strong> corso della storia clinica del <strong>paziente</strong> <strong>con</strong><br />
<strong>insuf</strong>ficienza renale cronica. Infatti, tale patologia<br />
determina fin dal suo esordio una disregolazione<br />
del metabolismo minerale che ha <strong>con</strong>seguenze sia<br />
sullo scheletro, sia sul sistema cardio<strong>vascolare</strong>. Tali<br />
effetti si manifestano in tutti i pazienti <strong>con</strong> CKD<br />
e non solo in quelli sottoposti a emodialisi 4 . L’iperparatiroidismo,<br />
che compare <strong>con</strong> GFR intorno ai<br />
49,5 ml/min, è una delle prime manifestazioni associate<br />
al CKD-MBD, mentre l’iperfosfatemia si<br />
manifesta più tardivamente, quando il GFR è ridotto<br />
a 36,9 ml/min 5 . Ciò è spiegato dal fatto che il<br />
PTH ha un effetto fosfaturizzante, quindi per osservare<br />
variazioni significative dei livelli ematici<br />
di P è necessario che la patologia renale sia progredita<br />
a tal punto che gli effetti benefici del PTH<br />
non siano più evidenti.<br />
È interessante notare come la frazione di escrezione<br />
del fosforo cominci ad aumentare prima che si<br />
manifesti l’incremento del PTH. Ciò significa che<br />
esiste qualche altra sostanza che, oltre al PTH, agisce<br />
cercando di aumentare l’escrezione di P. Probabilmente<br />
tale ruolo è sostenuto dal FGF-23 (Fibroblast<br />
Growth Factor-23), una fosfatonina che inizia<br />
a svolgere la sua attività sul rene precocemente,<br />
quando il GFR è ancora di circa 90 ml/min e quando<br />
i livelli di PTH rientrano ancora <strong>nel</strong>la norma 6 .<br />
Le evidenze di associazione tra livelli ematici di P<br />
e rischio cardio<strong>vascolare</strong> sono numerose. Una metanalisi<br />
del 2009 ha evidenziato come l’iperfosfatemia<br />
sia associata ad un aumento del rischio di progressione<br />
della CKD, di patologie cardiovascolari, di coronaropatia,<br />
di infarto miocardico o di morte 7 . Tale associazione<br />
è risultata evidente sia <strong>nel</strong>la popolazione<br />
generale, sia nei soggetti <strong>con</strong> CKD (GFR
Recenti Progressi in Medicina, 101 (11), novembre 010<br />
È dunque importante adottare strategie atte a ridurre<br />
l’impatto della CKD-MBD sugli esiti clinici, e<br />
sebbene di notevole interesse, le evidenze che possano<br />
guidare il medico verso questo obiettivo sono ancora<br />
scarse. Per esempio, in uno studio retrospettivo<br />
è stato dimostrato che la somministrazione di chelanti<br />
del P è in grado di migliorare la sopravvivenza<br />
di pazienti <strong>con</strong> CKD 14 . Non tutti i chelanti del P, però,<br />
sembrano possedere questo effetto positivo. Nello<br />
studio RIND si è dimostrato che sevelamer riduce di<br />
11 volte la progressione della <strong>calcificazione</strong> coronarica<br />
rispetto a chelanti a base di Ca 14 (figura 3). Inoltre,<br />
in un’analisi se<strong>con</strong>daria è stato dimostrato come<br />
il trattamento <strong>con</strong> sevelamer abbia un importante<br />
effetto anche in termini di riduzione della mortalità:<br />
esso <strong>con</strong>sente di ridurre del 28% la mortalità assoluta<br />
rispetto ai chelanti a base di Ca 14 .<br />
CACS mediano<br />
Calcificazioni coronariche : studio RIND<br />
Sevelamer<br />
Sali di calcio<br />
Baseline 6 mesi 12 mesi 18 mesi<br />
Incremento d<br />
11 volte<br />
Figura 3. Punteggio di <strong>calcificazione</strong> coronarica associato a trattamento<br />
<strong>con</strong> sevelamer o sali di calcio.<br />
Il ruolo del fosforo <strong>nel</strong>la CKD-MBD<br />
<strong>La</strong> fisiopatogenesi della <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong><br />
in pazienti <strong>con</strong> CKD-MBD è molto complessa in<br />
quanto coinvolge numerosi meccanismi molecolari e<br />
può avere luogo in diversi tessuti e organi. Storicamente<br />
si tende ad assegnare al PTH il ruolo centrale<br />
in questa patologia, <strong>con</strong> Ca, P e vitamina D <strong>con</strong>siderati<br />
attori principali. Di recente, però, si è rivoluzionato<br />
questo schema, assegnando al P il ruolo di<br />
parametro chiave <strong>nel</strong>la fisiopatologia della CKD-<br />
MBD. Esistono numerose evidenze a supporto: <strong>nel</strong>le<br />
patologie ossea, paratiroidea, renale e cardio<strong>vascolare</strong>;<br />
ed anche di una diretta associazione fosforo<br />
e mortalità.<br />
FOSFORO E IPERPARATIROIDISMO SECOnDARIO<br />
Non è ancora noto se <strong>nel</strong>la ghiandola paratiroide<br />
esistano recettori per il<br />
P; tuttavia è stato dimostrato<br />
che il P stimola la secrezione<br />
di PTH 15 , stabilizzando<br />
il mRNA dell’ormone<br />
e aumentandone in questo<br />
modo la sintesi. Tale effetto<br />
sembra essere diretto, indipendente<br />
dai livelli di Ca e<br />
vitamina D e dai rispettivi<br />
recettori (figura 4).<br />
Il P è implicato anche <strong>nel</strong>l’iperplasia<br />
della paratiroide,<br />
che può rappresentare il legame<br />
tra iperfosfatemia ed<br />
iperparatiroidismo se<strong>con</strong>dario.<br />
Il P agisce, <strong>con</strong> un meccanismo<br />
non ancora del tutto<br />
chiaro, sulla via di segnale<br />
che si origina dall’interazione<br />
tra TGFα (Transforming<br />
Growth Factor α) ed Epidermal<br />
Growth Factor Receptor<br />
(EGFR).<br />
Riassorbimento<br />
renale<br />
di fosforo<br />
Escrezione renale<br />
di fosforo<br />
Livelli sierici<br />
di fosfato<br />
FGF-23<br />
I chelanti del P permettono di <strong>con</strong>trollare in<br />
modo efficace l’iperparatiroidismo se<strong>con</strong>dario associato<br />
al CKD. <strong>La</strong> loro azione è stata svelata in<br />
un modello animale di CKD 16 : in ratti nefrectomizzati<br />
uremici e iperfosfatemici il trattamento<br />
<strong>con</strong> chelanti del P (carbonato di calcio e sevelamer)<br />
ha ridotto in modo significativo i livelli sierici di<br />
PTH ed il peso della ghiandola paratiroide rispetto<br />
ai <strong>con</strong>trolli, attraverso una riduzione del tasso<br />
mitotico e della crescita delle cellule della paratiroide.<br />
FOSFORO E CALCIFICAzIOnE VASCOLARE<br />
In pazienti <strong>con</strong> CKD, l’iperfosfatemia è implicata<br />
direttamente <strong>nel</strong>la <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> in<br />
quanto induce iperparatiroidismo se<strong>con</strong>dario, che<br />
determina a sua volta perdita di massa ossea e aumento<br />
del rapporto Ca x P.<br />
1,25 (OH)D3<br />
assorbimento<br />
intestinale<br />
di fosforo<br />
assorbimento<br />
intestinale<br />
di calcio<br />
Livelli sierici<br />
di calcio<br />
Figura . Regolazione dei livelli di fosforo ed evoluzione dell’iperparatiroidismo se<strong>con</strong>dario.<br />
PTH
M. Cozzolino et al.: <strong>La</strong> <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica 5<br />
In un recente studio effettuato su pazienti <strong>con</strong><br />
CKD non in dialisi, livelli di fosfatemia > 4 mg/dl<br />
sono risultati associati in modo statisticamente significativo<br />
<strong>con</strong> la presenza di <strong>calcificazione</strong> <strong>nel</strong>le<br />
arterie coronariche, <strong>nel</strong>l’aorta discendente e <strong>nel</strong>le<br />
valvole aortiche e mitrali 17 . Nel medesimo studio<br />
si è osservato che maggiore è il grado di iperfosfatemia,<br />
più elevato è il numero di siti di <strong>calcificazione</strong><br />
osservati <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong>.<br />
È stato dimostrato che il P agisce inducendo<br />
<strong>nel</strong>le cellule della muscolatura liscia vasale una<br />
trasformazione fenotipica che le rende simili, per<br />
attività mineralizzante della matrice extracellulare,<br />
a osteoblasti 18 . Il meccanismo coinvolge Pit-1,<br />
un cotrasportatore fosfato/Na, ed implica un aumento<br />
dell’espressione di geni osteoblasto-specifici:<br />
Osf2/Cbfa-1. Cbfa-1, a sua volta, regola l’espressione<br />
dell’osteocalcina, uno dei geni più importanti<br />
dell’osteoblastogenesi 19 .<br />
Nonostante il ruolo centrale del P <strong>nel</strong>la <strong>calcificazione</strong><br />
ectopica, non tutti i chelanti del calcio hanno<br />
dimostrato la stessa efficacia <strong>nel</strong> ridurre il rischio<br />
di questa <strong>con</strong>dizione. In modelli animali di<br />
CKD, sevelamer è risultato superiore al carbonato<br />
di calcio <strong>nel</strong> ridurre il rischio di <strong>calcificazione</strong> renale,<br />
<strong>vascolare</strong> e miocardica 20.<br />
FOSFORO E MORBILITà/MORTALITà CARDIOVASCOLARE<br />
E PROGRESSIOnE DELLA InSuFFICIEnzA REnALE CROnICA<br />
Esistono molti dati relativi all’associazione tra<br />
iperfosfatemia e morbilità/mortalità cardio<strong>vascolare</strong><br />
in pazienti in dialisi. Tale associazione è stata<br />
dimostrata anche in soggetti sani 21 e in pazienti<br />
<strong>con</strong> funzione renale normale e storia di infarto<br />
miocardico 22 . Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato<br />
che l’effetto negativo del P è evidente anche<br />
nei pazienti <strong>con</strong> CKD non ancora in dialisi, nei<br />
quali l’iperfosfatemia è associata ad un notevole incremento<br />
della mortalità 23 .<br />
Nei pazienti <strong>con</strong> CKD in predialisi, infine,<br />
l’iperfosfatemia rappresenta anche un fattore indipendente<br />
di rischio di un più rapido declino della<br />
funzione renale 24 .<br />
È evidente, pertanto, l’importanza di <strong>con</strong>trollare<br />
la fosfatemia in questo tipo di pazienti attraverso<br />
una terapia adeguata. Va valutato quando e<br />
<strong>con</strong> quali modalità iniziare questo tipo di trattamento,<br />
per prevenire iperfosfatemia, iperparatiroidismo<br />
se<strong>con</strong>dario e <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong>.<br />
Fattore di crescita dei fibroblasti-23 (FGF-23):<br />
il suo ruolo <strong>nel</strong> CKD-MBD<br />
L’iperfosfatemia, tra le anomalie dei parametri<br />
di laboratorio tipiche della CKD-MBD, è quella <strong>con</strong><br />
la più forte associazione <strong>con</strong> la mortalità cardio<strong>vascolare</strong><br />
e per qualunque causa 24,25 . Tuttavia, è sempre<br />
più evidente come non sia sufficiente mantenere<br />
i livelli di P <strong>nel</strong>la norma per evitare l’incremento<br />
di mortalità. Ciò significa che <strong>nel</strong>l’omeostasi<br />
di questo minerale devono svolgere un ruolo importante<br />
anche altre sostanze.<br />
Oggi l’attenzione è rivolta al FGF-23, una proteina<br />
<strong>con</strong> effetto ipofosfemizzante, dotata di azione<br />
sistemica. FGF-23 (Fibroglast Growth Factor-23)<br />
appartiene alla famiglia dei fattori di crescita dei<br />
fibroblasti, di cui fanno parte 22 altre molecole<br />
suddivise in 7 sottofamiglie ed è sintetizzato in<br />
prevalenza <strong>nel</strong> tessuto osseo, da parte di osteociti<br />
e osteoblasti 26,27 . L’azione fisiologica di FGF-23 sul<br />
metabolismo di P e vitamina D è stata scoperta<br />
<strong>con</strong> lo studio di diverse malattie genetiche caratterizzate<br />
da anomalie <strong>nel</strong>l’espressione di questa<br />
proteina. Esistono infatti alcune forme ereditarie<br />
di rachitismo caratterizzate da un aumento dei livelli<br />
di FGF-23, in cui si osservano ipofosfatemia<br />
e anomalie ossee 28 .<br />
<strong>La</strong> presenza della proteina Klotho è essenziale<br />
affinché FGF-23 possa esercitare la sua azione.<br />
Klotho è un cofattore permissivo per il recettore di<br />
FGF-23 e, al <strong>con</strong>tempo, ne determina la specificità<br />
tessutale. È stato dimostrato che livelli estremamente<br />
elevati di FGF-23 in assenza di Klotho non<br />
hanno alcun impatto sul metabolismo minerale.<br />
L’importanza di Klotho è sottolineata dal fatto che<br />
topi privi di questo gene hanno un fenotipo biochimico<br />
praticamente identico a quello di topi FGF-<br />
23 knockout, caratterizzato (tra le altre anomalie)<br />
da iperfosfatemia, ipervitaminosi D, ipercalcemia<br />
e ipoglicemia.<br />
FGF-23 esercita il suo effetto ipofosfatemizzante<br />
agendo principalmente sul rene: esso aumenta<br />
l’escrezione renale di P riducendo l’espressione dei<br />
cotrasportatori Na/P (NPT2a e NPT2c), riduce i livelli<br />
di 1,25(OH) vitamina D, inibendo la 1 alfa<br />
idrossilasi e stimolando la 24 idrolasi.<br />
Le recenti evidenze sul ruolo chiave di FGF-23<br />
<strong>nel</strong> metabolismo del P hanno fatto sì che il meccanismo<br />
fisiopatologico dello sviluppo dell’iperparatiroidismo<br />
in pazienti <strong>con</strong> CKD sia stato riesaminato.<br />
Oggi si ritiene che, <strong>con</strong> il progredire dell’<strong>insuf</strong>ficienza<br />
renale, l’escrezione del P si riduca e, di<br />
<strong>con</strong>seguenza, si determini iperfosfatemia. Questa<br />
<strong>con</strong>dizione, a sua volta, causa un incremento della<br />
secrezione di FGF-23 da parte degli osteoblasti. Tale<br />
sostanza aumenta l’escrezione renale del P e riduce<br />
i livelli circolanti di calcitriolo, causando in<br />
questo modo iperparatiroidismo se<strong>con</strong>dario 29 .<br />
È stato dimostrato che i livelli di FGF-23 aumentano<br />
col progredire della CKD e risultano associati<br />
in modo inversamente proporzionale <strong>con</strong> il<br />
GFR 30 . Pazienti <strong>con</strong> CKD sottoposti a emodialisi<br />
presentano valori di FGF-23 circa cento volte più<br />
elevati rispetto alla popolazione generale e tali livelli<br />
aumentano in modo parallelo ai livelli di fosfatemia,<br />
man mano che si assiste alla riduzione<br />
della funzione renale 31 . L’aumento di FGF-23 è<br />
precoce <strong>nel</strong> corso della CKD: analogamente a<br />
quanto succede per il PTH, FGF-23 aumenta fin<br />
dalle primissime fasi della malattia 32 , molto prima<br />
rispetto all’esordio dell’iperfosfatemia 33 .<br />
Il livelli di FGF-23 sono risultati un predittore<br />
dello sviluppo di iperparatiroidismo se<strong>con</strong>dario mi-
6<br />
Recenti Progressi in Medicina, 101 (11), novembre 010<br />
gliore rispetto agli altri parametri tradizionalmente<br />
<strong>con</strong>siderati: fosfatemia, livelli di PTH, calcemia,<br />
ecc. 33 e sono stati associati ad una più rapida<br />
progressione della malattia renale cronica 34 .<br />
Diversi studi hanno dimostrato che FGF-23<br />
rappresenta un marker di rischio cardio<strong>vascolare</strong>.<br />
Dallo studio PIVUS, un trial prospettico, osservazionale,<br />
effettuato su pazienti di 70 anni di età, è<br />
emerso che livelli elevati di FGF-23 (anche restando<br />
<strong>nel</strong>l’intervallo di normalità) sono collegati<br />
ad un maggior grado di aterosclerosi 35 , all’aumento<br />
dell’indice di massa del ventricolo sinistro, al rischio<br />
di iperplasia del ventricolo sinistro 36 , e in un<br />
altro trial, in pazienti <strong>con</strong> funzione renale compromessa<br />
(eGFR12,5 mcg/die) 44 .<br />
L’integrazione alimentare <strong>con</strong> Ca non solo non è<br />
un efficace strumento di prevenzione delle fratture,<br />
ma presenterebbe anche rischi per la salute. Per<br />
esempio, in uno studio <strong>nel</strong> quale sono state arruolate<br />
oltre 36.000 donne in post-menopausa, randomizzate<br />
a ricevere Ca (1 g/die) e vitamina D (400 UI)<br />
o placebo per 7 anni, è stato dimostrato che l’integrazione<br />
alimentare aumenta leggermente la BMD,<br />
non riduce il rischio di fratture, ma incrementa in<br />
modo notevole il rischio di calcolosi renale 45 .<br />
Un’interessante metanalisi ha preso in <strong>con</strong>siderazione<br />
studi nei quali il Ca era stato somministrato<br />
in monoterapia, non in associazione <strong>con</strong> vitamina<br />
D. Ne è emerso che il Ca non ha alcun effetto preventivo<br />
sulle fratture vertebrali e sembra addirittura<br />
aumentare il rischio di quelle dell’anca 46 .<br />
Nello scegliere un trattamento medico, bisogna<br />
pertanto avere una visione complessiva degli esiti.<br />
L’esempio classico è quello dell’ovariectomia preventiva<br />
effettuata in pazienti sottoposte a isterectomia.<br />
Questo intervento annulla le probabilità che<br />
le pazienti sviluppino una forma rara di neoplasia<br />
(il carcinoma delle ovaie), ma le espone a un elevatissimo<br />
rischio di patologie cardiovascolari. Il parallelismo<br />
<strong>con</strong> il Ca è immediato: l’integrazione alimentare<br />
<strong>con</strong> questo minerale in donne in post-menopausa<br />
migliora leggermente lo stato di salute<br />
dello scheletro, ma espone le pazienti a un aumento<br />
del rischio di infarto miocardico.<br />
Nel <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> CKD esistono certamente alcune<br />
giustificazioni teoriche per la somministrazione<br />
di sali di Ca: la carenza di vitamina D, che riduce<br />
l’assorbimento intestinale di Ca; la presenza<br />
di ipocalcemia, che aumenta il rischio di iperparatiroidismo;<br />
l’iperfosfatemia, che giustifica l’impiego<br />
di chelanti del P a base di Ca. Per questi motivi<br />
le linee-guida suggeris<strong>con</strong>o di adottare misure per<br />
mantenere i livelli di Ca nei limiti di normalità,<br />
sebbene <strong>con</strong> una debole forza della raccomandazione<br />
e una bassa qualità delle evidenze.
M. Cozzolino et al.: <strong>La</strong> <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica 7<br />
Tuttavia, è bene notare che l’ipocalcemia non<br />
rappresenta una problematica importante <strong>nel</strong>la<br />
gestione del <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> CKD. Questa <strong>con</strong>dizione,<br />
infatti, ha un’incidenza piuttosto bassa 47 : raggiunge<br />
il 20% solo quando il GFR scende sotto i 20<br />
ml/min. Iperfosfatemia e livelli di PTH rappresentano<br />
di certo questioni di maggiore importanza per<br />
lo specialista in nefrologia.<br />
Sono ormai numerose le evidenze a sfavore dell’utilizzo<br />
dei chelanti a base di Ca e del ruolo che<br />
un bilancio positivo del Ca svolga sullo sviluppo di<br />
calcificazioni vascolari. Dosi molto elevate di Ca<br />
orale, pertanto, andrebbero evitate. Dosi più basse,<br />
invece, possono risultare utili se si riesce a<br />
mantenere neutro il bilancio del minerale <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong><br />
(anche attraverso l’impiego di una dieta<br />
specifica o di bagni di dialisi a bassa <strong>con</strong>centrazione<br />
di Ca). Inoltre, ai chelanti a base di Ca andrebbero<br />
preferite le efficaci alternative terapeutiche<br />
esistenti.<br />
Un capitolo a parte merita la gestione della calcemia<br />
in pazienti trattati <strong>con</strong> cinacalcet. Il cinacalcet<br />
è il primo dei farmaci “calcio mimetici”, capaci<br />
cioè di aumentare la sensibilità dei recettori<br />
calcio-sensibili della paratiroide nei <strong>con</strong>fronti del<br />
calcio extracellulare e di ridurre la secrezione di<br />
ormone paratiroideo e i livelli di calcemia. Si è rivelato<br />
un farmaco utile in nefrologia per il <strong>con</strong>trollo<br />
dell’iperparatiroidismo, in pazienti dializzati<br />
già in trattamento <strong>con</strong> chelanti del P e vitamina<br />
D attiva, senza aumentare i livelli di Ca o di P.<br />
Tuttavia, a volte, l’utilizzo di questo farmaco provoca<br />
ipocalcemia. Come gestire questa <strong>con</strong>dizione?<br />
Gli interventi attuati per <strong>con</strong>trastare gli effetti<br />
ipocalcemizzanti di cinacalcet, come per esempio<br />
la somministrazione di dosi orali di Ca, possono<br />
causare ulteriori riduzioni della secrezione di PTH,<br />
portando i livelli ematici dell’ormone al di sotto dei<br />
valori normali e risultando, così, in un carico eccessivo<br />
di Ca che può provocare calcificazioni ectopiche,<br />
anche vascolari. Pertanto la supplementazione<br />
a lungo termine <strong>con</strong> Ca in pazienti trattati<br />
<strong>con</strong> cinacalcet può essere pericolosa. È preferibile<br />
quindi ridurre la dose del farmaco 48 .<br />
In <strong>con</strong>clusione, <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> CKD-MBD il<br />
<strong>con</strong>trollo dell’apporto di Ca è fondamentale ed i<br />
momenti chiave in cui questo si rende necessario<br />
sono almeno tre. Nell’emodialisi è necessario <strong>con</strong>trollare<br />
la <strong>con</strong>centrazione di calcio <strong>nel</strong> bagno di<br />
dialisi. In soggetti <strong>con</strong> iperfosfatemia è necessario<br />
ridurre la somministrazione di chelanti del P a base<br />
di Ca (figura 2). Infine, in pazienti <strong>con</strong> iperparatiroidismo<br />
trattati <strong>con</strong> cinacalcet è bene evitare<br />
che i livelli di Ca si riducano eccessivamente.<br />
Calcio e rischio di aritmia<br />
Il Ca è coinvolto in numerose funzioni dei miociti:<br />
ha un ruolo chiave non solo <strong>nel</strong>la <strong>con</strong>trazione<br />
e <strong>nel</strong> rilassamento, ma anche <strong>nel</strong> coordinamento di<br />
molte funzioni cellulari (crescita, differenziamento,<br />
produzione di energia, ecc.) e <strong>nel</strong>l’apoptosi.<br />
I livelli citoplasmatici di Ca all’interno dei miociti<br />
sono attivamente mantenuti circa 10.000 volte<br />
più bassi rispetto ai fluidi extracellulari, grazie a<br />
un complesso sistema di pompe, scambiatori e canali<br />
ionici. All’interno dei miociti, il Ca necessario<br />
alla <strong>con</strong>trazione è <strong>con</strong>tenuto all’interno del reticolo<br />
sarcoplasmatico 49 . Viene liberato <strong>nel</strong> citosol durante<br />
la sistole e prontamente riassorbito durante<br />
la diastole. Quando le <strong>con</strong>centrazioni citoplasmatiche<br />
di Ca sono particolarmente elevate, intervengono<br />
anche i mito<strong>con</strong>dri, esercitando un effetto<br />
tampone.<br />
Alcune <strong>con</strong>dizioni patologiche possono alterare<br />
le <strong>con</strong>centrazioni di Ca all’interno dei miociti. Per<br />
esempio, queste aumentano in presenza di acidosi<br />
associata a ischemia e riperfusione, in quanto la<br />
riduzione del pH intracellulare attiva gli scambiatori<br />
Ca/Na e se le <strong>con</strong>centrazioni non vengono tamponate<br />
dai mito<strong>con</strong>dri, possono avere effetti tossici<br />
sulla cellula. Nei pazienti <strong>con</strong> CKD che presentano<br />
acidosi metabolica, tale <strong>con</strong>dizione si verifica<br />
frequentemente.<br />
Il Ca è coinvolto anche <strong>nel</strong>la proliferazione cellulare:<br />
è in grado di attivare AKT, una proteinochinasi<br />
che ha un ruolo <strong>nel</strong>lo sviluppo dell’ ipertrofia<br />
cardiaca. In alcune <strong>con</strong>dizioni patologiche,<br />
come CKD e <strong>insuf</strong>ficienza cardiaca, l’attivazione<br />
di AKT è più elevata della norma: di <strong>con</strong>seguenza<br />
si osserva dilatazione cardiaca, aumento dell’angiotensina<br />
II e presenza di sovraccarico di volume.<br />
Gli stessi effetti potrebbero essere provocati, quindi,<br />
da elevati livelli di Ca, attraverso l’interazione<br />
<strong>con</strong> AKT.<br />
L’effetto più evidente del sovraccarico di Ca sui<br />
miociti è l’apoptosi. Quando l’eccesso citoplasmatico<br />
di Ca supera la capacità tampone dei mito<strong>con</strong>dri, infatti,<br />
si osserva rottura della membrana mito<strong>con</strong>driale,<br />
rilascio di citocromo C e attivazione della caspasi,<br />
<strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente apoptosi del miocita 50 .<br />
In <strong>con</strong>dizioni patologiche, quale la CKD, i miociti<br />
gestis<strong>con</strong>o il Ca in modo completamente diverso<br />
dalla norma e <strong>con</strong> maggiore difficoltà. L’aumento<br />
dei livelli di Ca durante la <strong>con</strong>trazione diviene<br />
più lento, così come la susseguente riduzione dei<br />
livelli di Ca durante la fase di rilassamento risulta<br />
prolungata 51 .<br />
L’eccesso di Ca può esercitare un vero e proprio<br />
effetto tossico sui miociti (e quindi sul miocardio),<br />
attraverso diversi meccanismi: causando un eccessivo<br />
<strong>con</strong>sumo energetico poiché incrementa la <strong>con</strong>trattilità;<br />
esercitando un effetto aritmogenico, in<br />
quanto maggiore energia è utilizzata per la <strong>con</strong>trazione<br />
e non può essere utilizzata per il funzionamento<br />
di trasportatori di Ca; provocando apoptosi,<br />
anomalie della crescita e del differenziamento<br />
(causa di ipertrofia o di atrofia cardiaca). Tutto<br />
ciò può avere ripercussioni cliniche estremamente<br />
negative, quali rimodellamento del miocardio e aumento<br />
del rischio di morte cardiaca improvvisa.<br />
Quest’ultima è una delle cause più importanti<br />
di mortalità osservata nei pazienti <strong>con</strong> CKD. Dei<br />
20 decessi su 100 pazienti in dialisi che si verificano<br />
ogni anno, infatti, 5 sono attribuibili ad essa.
Recenti Progressi in Medicina, 101 (11), novembre 010<br />
<strong>La</strong> morte cardiaca improvvisa può essere dovuta<br />
a ischemia, ma anche ad altre <strong>con</strong>dizioni patologiche,<br />
prima fra tutte la sindrome del QT lungo.<br />
Nei pazienti sottoposti a dialisi la presenza di sindrome<br />
del QT lungo (un fattore di rischio per aritmia)<br />
è molto comune. Il Ca è implicato direttamente<br />
<strong>nel</strong> prolungamento del QT osservato nei pazienti<br />
<strong>con</strong> CKD, poiché, in <strong>con</strong>dizioni patologiche, prolunga<br />
la fase di ripolarizzazione dei miociti 52 . Inoltre,<br />
in un modello animale di sindrome del QT lungo<br />
è stato dimostrato come l’aumento delle <strong>con</strong>centrazioni<br />
di Ca citosolico induca l’insorgenza di aritmie<br />
cardiache 53 . È lecito, a questo punto, ipotizzare<br />
che il sovraccarico di calcio (come può essere osservato<br />
nei pazienti <strong>con</strong> CKD) possa determinare<br />
un aumento del Ca intracellulare nei miociti, <strong>con</strong><br />
<strong>con</strong>seguente aumento del rischio di aritmia. In uno<br />
studio effettuato su 79 pazienti in dialisi peritoneale,<br />
i livelli citosolici di Ca sono risultati fortemente<br />
associati alla durata del QT e <strong>nel</strong>la metà dei<br />
soggetti valutati questo è risultato prolungato. I livelli<br />
di Ca sono coinvolti anche <strong>nel</strong> meccanismo<br />
aritmogenico associato ai peptidi natriuretici (NP),<br />
proteine che aumentano i livelli di cGMP, una molecola<br />
che a sua volta attiva i canali ionici, specialmente<br />
<strong>nel</strong> miocardio. È stato dimostrato che i livelli<br />
di peptide natriuretico cerebrale (BNP) nei pazienti<br />
sottoposti a dialisi sono più elevati e superiori anche<br />
a quelli di pazienti <strong>con</strong> disfunzione sistolica, oltre<br />
ad essere direttamente proporzionali al QTc.<br />
Uno studio effettuato in un modello animale ha<br />
permesso di dimostrare che livelli elevati di BNP<br />
bloccano l’attività del SERCA (Sarco/Endoplasmic<br />
Reticulum Ca2+ ATPase), l’enzima che pompa attivamente<br />
il Ca dal citosol al reticolo sarcoplasmatico,<br />
aumentando i livelli di Ca citosolico e incrementando<br />
il rischio di aritmia 54 . Sempre in un modello<br />
animale è stato dimostrato che i NP incrementano<br />
i transienti di Ca, aumentando il tempo di ripolarizzazione<br />
e quindi il QT 55 .<br />
Oltre ai modelli animali, anche evidenze cliniche<br />
dimostrano l’associazione tra NP e rischio di<br />
aritmia. In pazienti <strong>con</strong> <strong>insuf</strong>ficienza cardiaca grave,<br />
trattati <strong>con</strong> nesiritide, un analogo del BNP, è<br />
stato necessario interrompere la somministrazione<br />
del farmaco per l’elevata mortalità a 30 giorni 56 ,<br />
a causa di aritmie.<br />
In <strong>con</strong>clusione, in <strong>con</strong>siderazione del ruolo chiave<br />
del sovraccarico di Ca <strong>nel</strong>l’insorgenza di aritmie<br />
potenzialmente fatali, nei pazienti <strong>con</strong> CKD la valutazione<br />
della calcemia e il <strong>con</strong>trollo elettrocardiografico<br />
del QT risultano strumenti utili <strong>nel</strong>la<br />
prevenzione della morte cardiaca improvvisa.<br />
Diagnosi radiografica di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong><br />
Se<strong>con</strong>do le linee-guida KDIGO, i pazienti <strong>con</strong><br />
<strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> vanno <strong>con</strong>siderati a massimo<br />
rischio cardio<strong>vascolare</strong>. Per questo motivo la<br />
diagnosi di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> assume una<br />
grande importanza e dovrebbe guidare la gestione<br />
del <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> CKD-MBD 2.<br />
Attualmente tale diagnosi si avvale di diverse<br />
tecniche. Le più sofisticate sono rapprsentate dalla<br />
Electron Beam Computed Tomography (EBCT)<br />
e la Multislice Computed Tomography (MSCT).<br />
Entrambe <strong>con</strong>sentono una valutazione quantitativa<br />
e sono <strong>con</strong>siderate il gold standard diagnostico<br />
per la valutazione della <strong>calcificazione</strong> coronarica e<br />
dell’aorta; tuttavia hanno il limite di essere costose,<br />
di sottoporre i pazienti a elevate dosi di radiazioni<br />
e di non <strong>con</strong>sentire comunque la discriminazione<br />
tra <strong>calcificazione</strong> intimale e mediale.<br />
Radiografia ed ecocardiografia, invece, sono tecniche<br />
semiquantitative, più semplici da eseguire e<br />
meno costose. Permettono di effettuare un efficace<br />
screening dei pazienti, al fine di individuare quelli<br />
a maggior rischio di eventi cardiovascolari. Inoltre,<br />
hanno il vantaggio di non necessitare dell’intervento<br />
di un radiologo per essere interpretate.<br />
Se<strong>con</strong>do le linee-guida KDIGO, la radiografia addominale<br />
laterale rappresenta una valida alternativa<br />
alla tomografia computerizzata <strong>nel</strong>la diagnosi<br />
di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> aortica, mentre l’ecocardiografia<br />
può essere utilizzata per rilevare la<br />
presenza di calcificazioni valvolari 2 .<br />
Diversi tipi di punteggi vengono utilizzati per<br />
il calcolo del livello di <strong>calcificazione</strong> e sono basati<br />
sull’analisi delle immagini radiografiche. Uno dei<br />
più noti è il punteggio di Kauppila. Si tratta di un<br />
indice della <strong>calcificazione</strong> dell’aorta addominale introdotto<br />
<strong>nel</strong> 1997 e basato su esami radiografici<br />
lombari. Ad ogni segmento dell’aorta addominale<br />
corrispondente alle vertebre L1, L2, L3 e L4 viene<br />
assegnato un punteggio da 0 a 3 in base alla severità<br />
della <strong>calcificazione</strong> osservata. <strong>La</strong> valutazione<br />
viene effettuata sia per la parte anteriore, sia per<br />
quella posteriore dell’aorta. <strong>La</strong> somma dei valori<br />
ottenuti rappresenta il punteggio di Kauppila e varia<br />
da 0 a 24 57 .<br />
Il gruppo di lavoro di Adragao ha introdotto, <strong>nel</strong><br />
2004, un punteggio di agevole utilizzo per la valutazione<br />
della <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong>, basato su<br />
una radiografia del bacino e una delle mani 58 (figura<br />
5 alla pagina seguente). Ciascuna immagine<br />
radiografica viene divisa in quattro quadranti: in<br />
caso di presenza di <strong>calcificazione</strong> viene assegnato 1<br />
punto al quadrante, altrimenti il punteggio è 0. <strong>La</strong><br />
somma dei punteggi ottenuti negli 8 quadranti determina<br />
il punteggio complessivo.<br />
Sono numerosi gli studi basati su questi e altri<br />
indici radiografici, nei quali i livelli di <strong>calcificazione</strong><br />
<strong>vascolare</strong> sono risultati associati <strong>con</strong> rischio di<br />
morte, <strong>con</strong> fattori di rischio per patologia cardio<strong>vascolare</strong>,<br />
<strong>con</strong> arteriopatia periferica e <strong>con</strong> il rischio<br />
di fratture patologiche.<br />
In pazienti sottoposti ad emodialisi la <strong>calcificazione</strong><br />
<strong>vascolare</strong> è risultata associata a una più<br />
elevata mortalità cardio<strong>vascolare</strong> e per qualunque<br />
causa 59-62 , a rigidità arteriosa (un importante fattore<br />
di rischio cardio<strong>vascolare</strong>) e a un aumento del<br />
rischio di frattura vertebrale 63,64 . In questi pazienti<br />
è stata dimostrata un’associazione tra densità<br />
minerale ossea (BMD) (valutata mediante<br />
DXA) e <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> 65 .
M. Cozzolino et al.: <strong>La</strong> <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> <strong>nel</strong> <strong>paziente</strong> <strong>con</strong> <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica 9<br />
Arteria<br />
iliaca<br />
Arteria<br />
radiale<br />
Arteria<br />
digitale<br />
l’acidificazione. Questi risultati<br />
dovrebbero essere utilizzati<br />
per ottimizzare la composizione<br />
del bagno di dialisi<br />
e del grado di alcalinizzazione<br />
in pazienti <strong>con</strong> nefropatia<br />
terminale (ESRD).<br />
Arteria<br />
femorale<br />
QuAL è IL nESSO TRA CALCIFICAzIOnE<br />
VASCOLARE E OSTEOPEnIA?<br />
Score = 4 Score = 4<br />
4 sezioni: iliaca, femorale, radiale e digitale. Presenza di <strong>calcificazione</strong> (irregolare o lineare) = 1<br />
Assenza di <strong>calcificazione</strong> = 0<br />
Figura 5. Indice di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> basato su radiogrammi: introdotto dal gruppo di lavoro di<br />
Adragao 5 .<br />
Se<strong>con</strong>do le linee-guida KDIGO, la valutazione<br />
della densità minerale ossea non dovrebbe essere<br />
effettuata routinariamente in pazienti <strong>con</strong> CKD 3-<br />
5, in quanto questa indagine non permette di predire<br />
il rischio di fratture né di determinare il tipo<br />
di osteodistrofia. Tuttavia, è stato di recente dimostrato<br />
che la valutazione della BMD femorale (ma<br />
non quella lombare) è associata in modo significativo<br />
<strong>con</strong> la porosità corticale 66 . Questo esame potrebbe<br />
pertanto essere utile per valutare la porosità<br />
corticale in pazienti <strong>con</strong> CKD 5, al fine di prevedere<br />
il rischio di fratture.<br />
Infine, elevati punteggi di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong><br />
sono risultati associati a valori dell’indice<br />
ABI
50<br />
Recenti Progressi in Medicina, 101 (11), novembre 010<br />
L’apporto di Ca raccomandato per soggetti anziani<br />
sani è elevato, sovrapponibile a quello <strong>con</strong>sigliato<br />
per bambini e adolescenti durante la crescita,<br />
per ovviare alla riduzione di massa ossea osservata<br />
in questa popolazione 70 . Tuttavia anche la<br />
prevalenza di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> aumenta <strong>con</strong><br />
l’età, suggerendo l’adozione di strategie opposte.<br />
Di recente uno studio randomizzato e <strong>con</strong>trollato,<br />
effettuato su un campione di donne sane in<br />
post-menopausa, ha messo ulteriormente in dubbio<br />
l’appropriatezza dell’integrazione alimentare<br />
<strong>con</strong> Ca. Nei soggetti randomizzati a ricevere 1 g di<br />
citrato di Ca al giorno, infatti, si è osservato un aumento<br />
significativo del rischio di infarto miocardico,<br />
che ha cominciato a rendersi evidente dopo i<br />
primi 2 anni di trattamento 71 .<br />
Se l’apporto di Ca <strong>nel</strong>la popolazione sana è divenuto<br />
oggetto di <strong>con</strong>troversie, lo è ancora di più<br />
nei soggetti <strong>con</strong> CKD. In pazienti iperfosfatemici<br />
sottoposti a emodialisi è stato dimostrato che il<br />
trattamento <strong>con</strong> chelanti a base di Ca riduce l’attenuazione<br />
trabecolare <strong>nel</strong>le vertebre toraciche e,<br />
al <strong>con</strong>tempo, aumenta la <strong>calcificazione</strong> coronarica.<br />
È interessante osservare come la terapia <strong>con</strong> sevelamer,<br />
<strong>nel</strong>lo stesso campione, non abbia avuto un<br />
impatto negativo né sulla densità ossea, né sulla<br />
<strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> 72 .<br />
Le linee-guida internazionali non aiutano a fare<br />
completa chiarezza sul ruolo del Ca. Le KDIGO, per<br />
esempio, suggeris<strong>con</strong>o che l’uso di chelanti a base di<br />
calcio debba essere limitato in pazienti <strong>con</strong> ipercalcemia,<br />
<strong>calcificazione</strong> arteriosa, malattia ossea adinamica<br />
o livelli di PTH persistentemente ridotti (figura<br />
2). Non è chiaro, però, di quanto debba essere<br />
effettivamente ridotto il dosaggio dei chelanti a base<br />
di Ca e quali siano i pazienti a rischio di <strong>calcificazione</strong><br />
<strong>vascolare</strong> da sottoporre a screening.<br />
DOPO QuAnTO TEMPO L’ADOzIOnE DI un InTERVEnTO ChE hA<br />
un IMPATTO SuI FATTORI ASSOCIATI ALLA CALCIFICAzIOnE VASCOLARE<br />
DETERMInA EFFETTI VISIBILI In TERMInI DI MORTALITà?<br />
Nella popolazione generale (donne sane in postmenopausa)<br />
l’intervallo tra inizio della supplementazione<br />
<strong>con</strong> Ca e incremento del rischio di infarto<br />
miocardico è di circa 2 anni. L’effetto sulla mortalità<br />
dovrebbe, presumibilmente, risultare più tardivo.<br />
Nei soggetti <strong>con</strong> ESRD, l’aumento della mortalità<br />
diventa evidente dopo circa 2 anni dall’inizio<br />
della dialisi 13 . In questo gruppo di pazienti il livello<br />
di <strong>calcificazione</strong> coronarica al basale è risultato<br />
un significativo predittore di mortalità.<br />
QuALE ChELAnTE DEL FOSFORO MIGLIORA<br />
LA SOPRAVVIVEnzA DI PAzIEnTI COn CKD-MBD?<br />
Non esistono ancora forti evidenze a supporto<br />
della scelta di un trattamento o dell’altro. Tuttavia,<br />
una serie di evidenze sembra suggerire che sevelamer<br />
debba essere preferito ai chelanti a base di Ca,<br />
in quanto questi ultimi possono aumentare la mortalità<br />
cardio<strong>vascolare</strong>. Il primo dato è stato ottenuto<br />
in uno studio retrospettivo del 2007 effettuato su<br />
pazienti incidenti in emodialisi. Dopo 2 anni di follow<br />
up, sevelamer ha determinato migliori percentuali<br />
di sopravvivenza rispetto ai chelanti a base di<br />
Ca (76 vs 70% rispettivamente) 73 . <strong>La</strong> se<strong>con</strong>da evidenza<br />
è relativa allo studio RIND, <strong>nel</strong> quale pazienti<br />
incidenti sottoposti a emodialisi sono stati randomizzati<br />
a ricevere sevelamer o chelanti a base di Ca<br />
per 18 mesi, e poi tenuti in follow-up fino a 66 mesi.<br />
Al termine dei 18 mesi della fase randomizzata si sono<br />
rilevate differenze significative <strong>nel</strong>la <strong>calcificazione</strong><br />
carotidea a favore di sevelamer rispetto ai chelanti<br />
a base di Ca 74 (figura 3). Anche l’analisi a lungo<br />
termine della sopravvivenza (end-point se<strong>con</strong>dario)<br />
ha mostrato, già dopo 18 mesi, differenze a favore<br />
di sevelamer 13 . <strong>La</strong> terza evidenza deriva dallo<br />
studio DCOR, un trial randomizzato, in aperto, di<br />
<strong>con</strong>fronto tra la terapia <strong>con</strong> sevelamer e <strong>con</strong> chelanti<br />
a base di Ca in pazienti prevalenti sottoposti a emodialisi.<br />
Non sono state rilevate differenze statisticamente<br />
significative <strong>nel</strong>la mortalità per qualunque<br />
causa tra i due approcci terapeutici, eccetto che nei<br />
pazienti anziani (≥65 anni). In questo sottogruppo<br />
l’effetto benefico di sevelamer è risultato evidente a<br />
partire dai 2 anni di trattamento 75 .<br />
Conclusioni<br />
Le anomalie del metabolismo osseo nei pazienti<br />
<strong>con</strong> <strong>insuf</strong>ficienza renale cronica sono associate ad<br />
una prognosi sfavorevole. Sono sempre più numerose<br />
le evidenze a supporto di un’associazione tra<br />
CKD-MBD e rischio cardio<strong>vascolare</strong>. L’iperfosfatemia,<br />
in particolare, rappresenta uno dei più importanti<br />
fattori di rischio, anche per minime variazioni<br />
sieriche. Per questo motivo è importante identificare<br />
nuovi marker precoci (FGF-23) delle anomalie<br />
dell’omeostasi del P, che permettano di individuare<br />
tempestivamente i pazienti a maggior rischio<br />
di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong> e di attuare una terapia<br />
adeguata. Diversi studi hanno dimostrato che la<br />
<strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong>, indipendentemente dalla<br />
sua localizzazione, rappresenta un importante predittore<br />
di mortalità. L’esame radiografico rappresenta<br />
uno strumento semplice ed efficace per effettuare<br />
la diagnosi di <strong>calcificazione</strong> <strong>vascolare</strong>.<br />
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Indirizzo per la corrispondenza:<br />
Prof. Mario Cozzolino<br />
Azienda Ospedaliera San Paolo<br />
Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria<br />
uO nefrologia e Dialisi<br />
Via A. di Rudinì <br />
01 Milano<br />
E-mail: mariocozzolino@hotmail.com