LE FOSFORITI NELLA PENISOLA SALENTINA - culturaservizi.it
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<strong>LE</strong> <strong>FOSFORITI</strong> <strong>NELLA</strong> <strong>PENISOLA</strong> SA<strong>LE</strong>NTINA<br />
Origine delle fosfor<strong>it</strong>i: le concentrazioni di fosfor<strong>it</strong>i si sono formate<br />
dall'accumulo di scheletri ossei di animali terrestri e marini che<br />
hanno fissato il fosforo sotto forma di fosfato tricalcico e si sono<br />
foggiati uno scheletro.<br />
Le fonti prime del fosforo sono indubbiamente le rocce eruttive e<br />
gli scisti cristallini che lo contengono sotto forma di minerale, principalmente<br />
come apat<strong>it</strong>e. Dalla degradazione di questi minerali ad opera<br />
di acque circolanti, nelle quali il fosforo può passare, in soluzione, in<br />
notevole quant<strong>it</strong>à, specie se vi sono presenti ammoniaca, anidride carbonica,<br />
cloruro di sodio, esso viene disperso nel terreno vegetale o portato<br />
in soluzione nelle acque del mare, sotto forma di acido fosforico o<br />
di fosfati alcalini o ammonici.<br />
Gli animali marini lo fissano foggiandosene uno scheletro o conchiglia<br />
: anche alcune piante lo fissano e da queste, usate come alimenti,<br />
passa negli animali terrestri. Il fosforo contenuto in soluzione nelle<br />
acque, inoltre, precip<strong>it</strong>a chimicamente quando queste si versano in un<br />
bacino ricco di carbonato di calcio in soluzione, o si trovino a contatto<br />
con dei calcari o delle marne, nelle cui fend<strong>it</strong>ure si formeranno poi dei<br />
noduli o dei grani di purissimi minerali fosfatici.<br />
I più grandi depos<strong>it</strong>i utili di fosforo, però, sono quelli derivati dall'accumulo<br />
di spoglie e di organismi continentali e marini, come lo dimostra<br />
la presenza di residui ossei entro i giacimenti di fosfati.<br />
Questi cumuli impuri e notevolmente poveri furono in un tempo<br />
successivo, ulteriormente concentrati per liscivazione della parte calcarea<br />
più solubile e successivamente diagenetizzati. Questa formazione<br />
fosfatica può successivamente essere erosa dall'azione meccanica e si<br />
formano allora caratteristici noduli fosfatici che si r<strong>it</strong>rovano di frequente<br />
nelle alluvioni sabbiose ricche di c<strong>it</strong>toli.<br />
Secondo Cajeux la presenza di uno strato di fosfor<strong>it</strong>e in una serie<br />
sedimentaria indica una trasgressione del mare su di un'area continentale<br />
di debole rilievo, segu<strong>it</strong>a da una rapida diminuzione del livello<br />
marino in segu<strong>it</strong>o ad un sollevamento continentale.<br />
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I fosfati nel Salento: per quanto riguarda i fosfati salentini il Franco<br />
spiega in modo diverso l'origine del fosfato calcico nei noduli del<br />
Capo di Leuca. Esso riempie le camere delle globigerine provenendo<br />
dall'acqua del mare; difatti i foraminiferi vivono in ambienti dove abbondano<br />
le alghe, che disfacendosi sciolgono il fosfato nell'acqua marina.<br />
Dalla putrefazione del sarcode dei foraminiferi , si sviluppa ammoniaca;<br />
questa precip<strong>it</strong>a il fosfato calcico dalla soluzione, che, successivamente,<br />
si depos<strong>it</strong>a nelle camere del perischeletro del foraminifere.<br />
Così depos<strong>it</strong>ato, esso viene sottratto all'azione' dissolvente del mare,<br />
finché, accumulandosi i sedimenti, non raggiunge la sua completa stabil<strong>it</strong>à.<br />
Il giacimento a noduli fosfatici più importante della penisola Salentina<br />
è quello verso il Capo di S. Maria di Leuca. Questo banco,<br />
scoperto dal Cappellini e dal De Giorgi, si estende per un lungo tratto<br />
dalla punta Ristola fino alla collina del Meliso, per una lunghezza di un<br />
chilometro. E' un banco di 70 ± 80 cm. di spessore, incassato nel sabbione<br />
calcareo Pliocenico. Nella grotta Porcinara (detta Strisciu dalla gente<br />
del luogo), che fu scavata artificialmente nel tufo sin dalla più remota<br />
antich<strong>it</strong>à, è visibile tale formazione che si può seguire all'interno per<br />
una lunghezza di circa 15 m. notando sempre le stesse caratteristiche.<br />
Da quanto ho potuto osservare sul luogo è possibile notare nella<br />
grotta una successione di tre livelli con caratteristiche alquanto diverse.<br />
Il primo, posto alla base, è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da una puddinga ricchissima di<br />
noduli fosfatici, molto debolmente lapidificata da scarso tenore calcareo.<br />
Nel secondo la parte calcarea cementante prevale sui noduli fosfatici<br />
a grana più piccola dei precedenti.<br />
Infine il terzo è formato da noduletti di circa un cm. sparsi nel<br />
calcare tufaceo.<br />
Recentemente, nei lavori del porto di Leuca, nel tagliare una via<br />
verso la base della collina del Meliso, è stata trovata la continuazione<br />
del banco fosfor<strong>it</strong>ico. Questo si riconosce facilmente tra le rocce incascassanti,<br />
essendo cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da noduli ciottoliformi di fosfor<strong>it</strong>e, legati a<br />
mo' di puddinga da un cemento calcareo e da una ganga di calcare<br />
molto duro. I noduli sono duri, di forma varia e di colore che va dal<br />
giallo al rossastro con macdhiette verdastre nelle fratture fresche; alcuni<br />
contengono dei corallari e denti di squalo.<br />
Benché esteso, questo banco non ha alcuna impotranza industriale,<br />
essendo basso il contenuto di 13 20, — variabile cioè dall'il al 18% — e per<br />
la mancanza di adeguati mezzi di trasporto. Nel 1890 De Giorgi scoprì<br />
un giacimento analogo a quello di Leuca, ma con noduli più grandi<br />
fino ad un diametro di 15 cm., lungo la via che va da Vignacastrisi a<br />
Castro, a 500 m. dal mare, seguibile per un centinaio di metri con<br />
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potenza variabile tra 30 e 90 cm. Identici depos<strong>it</strong>i sono stati trovati,<br />
pure, nello scavo di un pozzo a 30 m. di profond<strong>it</strong>à presso la masseria<br />
Lame, fra Carpignano e Borgagne.<br />
Torulli e Marcucci hanno trovato che i noduli di Castro hanno<br />
contenuti di P 00, variabili dal 2,7 al 17,5%.<br />
Molte sono state le ricerche nella penisola Salentina allo scopo di<br />
utilizzare industrialmente questo materiale e per r<strong>it</strong>rovare la formazione<br />
dalla quale gli elementi fosfatici del conglomerato sarebbero<br />
derivati.<br />
Non è stato possibile, però, rintracciare la roccia fosfatica madre<br />
né trarne un perfosfato utile all'agricoltura.<br />
MARISA TUCCARI<br />
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