NEWSLETTER RICERCA E INNOVAZIONE N. 17
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UNIONE INDUSTRIALE PRATESE<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
<strong>NEWSLETTER</strong> <strong>RICERCA</strong> E <strong>INNOVAZIONE</strong> N. <strong>17</strong><br />
MONOGRAFIE<br />
Ciclodestrine<br />
Nel 1904 fu isolato, da Shardinger, un nuovo<br />
organismo capace di produrre acetone e alcol<br />
etilico dagli zuccheri e dagli amidi contenuti<br />
nelle piante. Nel 1911 egli scoprì che lo stesso<br />
organismo (Bacillus macerans) produceva<br />
una grossa quantità di destrine (il 25-30%)<br />
dall’amido.<br />
Poi impiegò fino al 1935 per isolare tre prodotti<br />
che chiamò “prodotto cristallizzato<br />
alfa“,“prodotto cristallizzato beta e “prodotto<br />
cristallizzato gamma“.<br />
Solo nel 1942 venne determinata, grazie alla<br />
cristallografia a raggi-x, la struttura del “prodotto<br />
cristallizzato alfa“ e del “prodotto cristallizzato<br />
beta“, cioè l’alfa-ciclodestrina e la<br />
beta-ciclodestrina.<br />
Nel 1948, infine, oltre ad individuare la struttura<br />
della gamma-ciclodestrina, si scoprì che<br />
le ciclodestrine potevano formare complessi<br />
per inclusione.<br />
Figura 1<br />
Da allora sono state scoperte numerosissime<br />
ciclodestrine (delta-,sigma-,xi-,eta-) ma è solamente<br />
con l’avvento degli anni ’90 che la<br />
ricerca su queste molecole ha avuto un notevole<br />
sviluppo e la letteratura scientifica annovera<br />
anche una rivista specializzata<br />
dedicata, in gran parte,<br />
alle ciclodestrine (Journal<br />
of Inclusion Phenomena and<br />
Macrocyclic Chemistry).<br />
L’amido (la cui struttura è rappresentata<br />
in Figura 1) è un<br />
polimero naturale, polisaccaride,<br />
con una struttura che<br />
comprende dalle 50.000 alle 200.000 unità monometriche<br />
(glucosio).<br />
L’amido è composto da due polimeri naturali:<br />
l’amilosio (circa il 20%) e l’amilopectina (circa<br />
l’80) che si differenziano per il modo in cui i<br />
monomeri (glucosio) si vanno a legare fra loro.<br />
La degradazione enzimatica, ad opera delle<br />
alfa-amilasi, “taglia”, letteralmente, attraverso<br />
una reazione di idrolisi, la lunga catena dell’amido<br />
e produce glucosio, maltosio e altre<br />
molecole di piccole dimensioni. Inoltre sono<br />
prodotti oligomeri, ovvero molecole formate<br />
anche da 1.000 unità base di glucosio.<br />
Le destrine appartengono a quest’ultima categoria<br />
ovvero agli oligomeri e sono molecole<br />
eterogenee, lineari o ramificate, variamente<br />
solubili in acqua.<br />
Con una particolare alfa-amilasi, la cicloglucotransferasi,<br />
oltre alla reazione di idrolisi, si verifica<br />
una contemporanea ciclizzazione intramolecolare<br />
ed il prodotto di reazione, diventa<br />
una destrina ciclica, cioè una ciclodestrina.<br />
Per l’esattezza possiamo definire le ciclodestrine<br />
come polisaccaridi formati da 6 (alfaciclodestrine),7<br />
(beta-ciclodestrine) o 8 (gamma-ciclodestrine)<br />
unità di glucosio, (vedi<br />
Figura 2). Numerosi studi evidenziano che,<br />
allo stato solido, le ciclodestrine (CDs) originano<br />
cristalli secondo due diverse tipologie<br />
di aggregazione che dipendono sia<br />
dal tipo di ciclodestrina, sia dalla eventuale<br />
presenza di altre sostanze. In particolare,<br />
le molecole incluse, possono disporsi<br />
secondo una struttura a “gabbia” o<br />
a “canale”. Per semplicità possiamo schema-<br />
Figura 2<br />
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE - Newsletter Ricerca e Innovazione n. <strong>17</strong> del 21/12/2005 1
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE<br />
tizzare le CDs con tronchi di cono nei quali la<br />
zona in blu rappresenta la cavità interna (Figura<br />
3). Nella struttura a “canale” (rappresentata<br />
in Figura 4) si verifica una sorta di<br />
impilamento di un tronco di cono sull’altro con<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
caratteristiche idrofobiche interne, le dimensioni<br />
della molecola in modo da intervenire sulla<br />
solubilità, la stabilità all’ossigeno ed ai raggi<br />
UV ed infine l’interazione con le molecole ospiti.<br />
Sfruttando le capacità di formare o meno legami<br />
covalenti con altre CDs si possono realizzare<br />
strutture complesse, costituite da più<br />
molecole (strutture supramolecoleri), capaci di<br />
ospitare facilmente molecole organiche.<br />
Figura 3<br />
Figura 4<br />
conseguente allineamenti dei canali che assumono<br />
elevata lunghezza. All’interno dei canali<br />
possono essere alloggiate eventuali molecole<br />
ospiti ed il contatto fra le molecole può avvenire<br />
sia con la metodologia testa-coda, sia con<br />
quella testa-testa. Nella struttura a “gabbia”,<br />
invece, la cavità di ogni CDs è ostruita, da<br />
ambo i lati, da altre molecole di CDs, cosicché<br />
si formano tante cavità isolate quant’è il numero<br />
di molecole assemblate. Per realizzare tale<br />
struttura le CDs possono disporsi a spina di<br />
pesce (Figura 5) oppure a mattonelle (Figura<br />
6). Delle tre ciclodestrine<br />
(alfa, beta e<br />
gamma) quella cha ha<br />
avuto maggior successo<br />
a livello industriale<br />
è la beta-ciclodestrina<br />
Tossicità<br />
Numerosi studi relativi alla tossicità, mutagenicità<br />
(cioè sulla loro capacità di indurre modificazioni<br />
del Dna), teratogenicità (cioè sulla<br />
loro capacità di alterare lo sviluppo di un embrione)<br />
e cancerogenicità delle CDs e dei loro<br />
derivati, sono stati condotti negli anni e successivamente<br />
aggiornati alla fine degli anni<br />
novanta.<br />
I dati ottenuti indicano che sono tossiche solamente<br />
a concentrazioni particolarmente elevate<br />
mentre non è stata osservata una tossicità<br />
acuta negli esperimenti sugli animali.<br />
A conferma di ciò basta ricordare che le betaciclodestrine<br />
sono vendute in Germania già dal<br />
1993 come additivo per il cibo sotto la sigla E<br />
459 e la legge non prevede un limite massimo<br />
utilizzabile, in quanto, non essendo assorbite nel<br />
tratto gastrointestinale, non risultano tossiche.<br />
Per usi tessili si usano beta-ciclodestrine modificate<br />
attraverso l’introduzione di gruppi monoclorotriazinici.<br />
Tale gruppo ha la funzione di<br />
ancorare le CDs ai substrati cellulosici con un<br />
legame covalente.<br />
I dati sulla tossicità di questa specifica CDs<br />
sono riportati in Tabella 1.<br />
Come si può notare i risultati delle analisi, condotte<br />
secondo le norme EOCD, confermano l’assenza<br />
di effetti sensibilizzanti o irritanti.<br />
Risultati analoghi sono stati ottenuti con i<br />
tessuti.<br />
Figura 5<br />
perché è quella più<br />
facilmente reperibile,<br />
che ha minori costi,<br />
e che, in genere, garantisce<br />
i migliori risultati.<br />
Si sono sintetizzate<br />
numerosi<br />
derivati delle CDs con<br />
l’intento di modificare,<br />
migliorandole, le<br />
Figura 6<br />
Tabella 1<br />
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UNIONE INDUSTRIALE PRATESE<br />
Complessi di inclusione<br />
La caratteristica più interessante delle CDs è<br />
la capacità di formare complessi solidi, per inclusione,<br />
di un numero molto vasto di molecole,<br />
prevalentemente di origine organica.<br />
Inizialmente la cavità, che presenta caratteristiche<br />
apolari, è piena di molecole d’acqua.<br />
Le interazioni non sono molto forti, vista la<br />
natura polare delle molecole d’acqua e sono<br />
presenti anche interazioni di tipo ripulsivo.<br />
Una molecola, con caratteristiche più apolari<br />
dell’acqua o decisamente apolari, “scaccia”,<br />
letteralmente, le molecole d’acqua dalla cavità,<br />
sostituendole, ed instaurando forti interazioni<br />
apolari con la cavità che stabilizzano la<br />
molecola.<br />
Il complesso che si realizza impone alle ciclodestrine<br />
di realizzare una struttura meno tensionata,<br />
più stabile, che dà un ulteriore impulso<br />
alla formazione del complesso.<br />
La capacità di formare i complessi è influenzata:<br />
- dalle reciproche dimensioni molecola ospite-cavità;<br />
- dalle interazioni che si creano fra la CDs e<br />
la molecola ospite;<br />
- dal tipo di solvente di reazione.<br />
Da sottolineare che la reazione di complessazione<br />
è condotta in acqua o in una miscela<br />
acqua-cosolvente.<br />
Il numero di glucosi determina le dimensioni<br />
della cavità:<br />
- le alfa-ciclodestrine complessano preferibilmente<br />
molecole alifatiche;<br />
- le beta-ciclodestrine complessano molecole<br />
aromatiche o eterocicli;<br />
- le gamma-ciclodestrine complessano molecole<br />
di grosse dimensioni come macromolecole<br />
o steroidi.<br />
Le CDs possono complessare anche composti<br />
ionici. L’inclusione esercita profondi effetti sulle<br />
proprietà chimiche e fisiche della molecola ospite<br />
e possono essere raggiunte performance<br />
inaspettate ed altrimenti irraggiungibili come,<br />
per esempio, un aumento della solubilità della<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
molecola ospitata in matrici con scarsa affinità,<br />
oppure un aumento la stabilità della molecola<br />
ospitata nei confronti di agenti ossidanti.<br />
La reazione di complessazione (Figura 1) avviene<br />
attraverso un meccanismo, apparentemente<br />
complesso, che prevede, in preferenza,<br />
di lavorare in soluzione.<br />
Le CDs sono prodotti solidi insolubili nei solventi<br />
di reazione per cui l’unica via percorribile<br />
è quella di creare una fine dispersione di CDs e<br />
tanto più fine è la dispersione, tanto maggiore<br />
è la reattività delle CDs.<br />
Nella dispersione di CDs si solubilizzano le molecole<br />
ospiti (G), indipendentemente dalla loro<br />
fase originaria (solida, gassosa o liquida) e,<br />
qualora la solubilizzazione risultasse impossibile,<br />
anche le molecole di G devono essere disperse<br />
più finemente possibile.<br />
Solamente in queste condizioni può avvenire<br />
la reazione di complessazione fra CDs e G con<br />
successiva precipitazione del composto solido<br />
CDs-G.<br />
I fattori che prendono parte attiva nella formazione<br />
del complesso sono numerosi:<br />
- caratteristiche chimico-fisiche di G;<br />
- tipologia dei solventi usati;<br />
- metodologia di solubilizzazione/dispersione<br />
di G e CDs;<br />
- metodologia di agitazione;<br />
- eventuali interventi per massimizzare la precipitazione<br />
di CDs-G.<br />
Il complesso, successivamente essiccato, è<br />
estremamente stabile e, a temperatura ambiente,<br />
mostra tempi di vita particolarmente<br />
lunghi specialmente se in condizioni anidre.<br />
E’ possibile il rilascio di G, mediante riscaldamento<br />
del complesso.<br />
Questa metodica però risulta un’eccezione,<br />
perché nella maggior parte dei casi, è l’acqua<br />
che solubilizza il complesso CDs-G e, sfruttando<br />
l’equilibrio della reazione (Figura 2), innesca<br />
Figura 2<br />
Figura 1<br />
il processo inverso ovvero la sostituzione di G<br />
con acqua. Questo prevede un’ intervento sui<br />
parametri di reazione.<br />
Nel caso in cui le CDs complessino diverse molecole<br />
ospite si realizza un rilascio differente<br />
per le varie G, mentre, se differenti CDs complessano<br />
la medesima G, si può ottenere una<br />
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE - Newsletter Ricerca e Innovazione n. <strong>17</strong> del 21/12/2005 3
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE<br />
Applicazioni<br />
La microincapsualzione ha pesanti effetti sulla<br />
caratteristiche chimiche e fisiche di G, come<br />
già accennato nel paragrafo precedente. In<br />
sintesi tali effetti possono essere schematizzati<br />
in:<br />
- aumento della stabilità per molecole sensibili<br />
alla luce, alle radiazioni UV, all’ossigeno<br />
e al calore;<br />
- modificazione della reattività di G, una volta<br />
complessata;<br />
- diminuzione della volatilità;<br />
- aumento della solubilità in solventi/matrici<br />
con scarsa affinità;<br />
- trasformazione di molecole liquide (G) in solide<br />
(CDs-G);<br />
- protezione contro l’azione dei microrganismi;<br />
- mascheramento di cattivi odori e sapori;<br />
- mascheramento di pigmenti o sostanze colorate;<br />
- sviluppo di complessi con attività catalitica.<br />
Queste caratteristiche delle CDs e dei loro derivati<br />
le rendono adatte a numerose applicazioni<br />
in diversi settori:<br />
- Cosmetico: si usano complessi ciclodestrinici<br />
per controllare il rilascio di fragranze<br />
volatili in cosmetici e prodotti per uso personale.<br />
- Alimentare: la maggior parte degli aromi sono<br />
oli volatili o liquidi di origine vegetale il cui<br />
rilascio controllato è garantito dalla complessazione<br />
con CDs. La complessazione di<br />
grassi è un processo che serve alla loro rimozione<br />
dagli alimenti come, per esempio,<br />
la rimozione del colesterolo dal burro. L’uso<br />
di complessi colorati aiuta a far assumere ai<br />
cibi un aspetto più appetibile.<br />
- Farmaceutico: i farmaci devono necessariamente<br />
avere un minimo contenuto d’acqua<br />
per essere trattenuti dalle membrane<br />
cellulari ma, allo stesso tempo, essere sufficientemente<br />
idrofobi per riuscire ad oltrepassarle<br />
fino ad arrivare a quelle ospite.<br />
Queste caratteristiche possono essere migliorate<br />
con complessi ciclodestrinici che<br />
hanno la capacità unica di esaltare la tendenza<br />
a legarsi alle membrane cellulari.<br />
- Tessili.........<br />
Applicazioni tessili<br />
Vi sono due vie, opposte, nell’utilizzazione delle<br />
CDs nel settore tessile:<br />
- Assenza d’interazione sia fisica, sia chimica<br />
tra tessili e ciclodestrine.<br />
E’ noto che le CDs complessano fragranze e<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
profumi, per cui è possibile, per esempio durante<br />
i lavaggi dei capi, applicarle temporaneamente<br />
sotto forma di complessi che vengono<br />
attivati dalla evaporazione corporea.<br />
E’ possibile utilizzare CDs durante i lavaggi,<br />
in modo da rimuovere dai capi i cattivi odori.<br />
In conseguenza di ciò il capo risulta completamente<br />
inodore.<br />
- Permanente interazione fra le CDs ed i tessuti.<br />
Cds che hanno gruppi reattivi (come,<br />
ad esempio, quello monoclorotriazinico) possono<br />
reagire con i gruppi ossidrilici di fibre<br />
cellulosiche in modo analogo ai coloranti reattivi.<br />
Un legame permanente<br />
con PET è<br />
Figura 1<br />
ottenibile solamente<br />
con CDs che hanno<br />
lunghe catene alchiliche<br />
o gruppi idrofobici.<br />
Analogamente ai<br />
coloranti dispersi le<br />
CDs migrano all’interno<br />
della fibra alla temperatura<br />
di transizione<br />
vetrosa. Gruppi polari<br />
sulle CDs prevengono<br />
la migrazione al-<br />
Figura 2<br />
l’interno della fibra, cosicché<br />
tali CDs stazionano<br />
sulla superficie e<br />
non possono però essere<br />
rimosse con i lavaggi.<br />
In Figura 1 è rappresentato<br />
un esempio di CDs<br />
legata, mediante gruppi<br />
idrofobi, ad un polimero,<br />
mentre, in Figura 2, una<br />
CDs è legata attraverso<br />
gruppi reattivi. Attualmente<br />
sono ipotizzabili tre possibili utilizzazioni:<br />
- Cattivi odori: CDs legate a tessuti possono<br />
ospitare, nelle loro cavità, sostanze organiche<br />
provenienti dalla sudorazione e quindi<br />
prevenire i cattivi odori. Si pensi, per esempio,<br />
ai calzini per uso sportivo per i quali si<br />
fa già un ampio uso di CDs. Tali tessili necessitano<br />
di essere lavati come quelli senza<br />
CDs. Un discorso simile potrebbe essere fatto<br />
per il fumo delle sigarette o per i cattivi<br />
odori che si possono formare in cucina.<br />
- Fragranze, aromi: è possibile, durante il lavaggio<br />
o in un momento successivo, incapsulare<br />
fragranze, che, lentamente rilasciate,<br />
rendono più gradevole l’utilizzo del tes-<br />
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE - Newsletter Ricerca e Innovazione n. <strong>17</strong> del 21/12/2005 4
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE<br />
sile. Si pensi, per esempio, a lenzuola di lino<br />
o a tende che profumano gli ambienti. Il<br />
rilascio degli aromi è graduale e procede fino<br />
ad esaurimento mentre, durante il lavaggio,<br />
si verifica la rimozione totale e la “ricarica”.<br />
- Applicazioni farmaceutiche: è possibile introdurre,<br />
all’interno delle cavità, farmaci<br />
che, lentamente e in maniera controllata,<br />
un po’ come avviene per i cerotti transcutanei,<br />
sono rilasciati ed, attraverso la pelle<br />
del paziente, entrano nell’organismo. Inoltre<br />
è possibile “catturare” e successivamente<br />
identificare composti organici, provenienti<br />
dal paziente, non rilevabili in altro modo ed<br />
aprendo così nuovi metodi diagnostici.<br />
- Inclusione di altre molecole: è possibile includere,<br />
ad esempio, repellenti per zanzare<br />
o altri insetti.<br />
Considerazioni finali<br />
L’uso delle CDs è per ora limitato a fibre cellulosiche<br />
e sintetiche.<br />
La natura delle CDs è relativamente simile a<br />
quella della cellulosa per cui, con piccole modifiche,<br />
è possibile introdurre gruppi reattivi capaci<br />
di legarsi in maniera permanente alla cellulosa.<br />
In modo analogo è possibile modificarle in modo<br />
che esse interagiscano positivamente con le<br />
fibre sintetiche ed, in particolare, con il PET.<br />
PUBBLICAZIONI<br />
Lana e Chitosano<br />
I trattamenti tradizionali antifeltranti della lana,<br />
a base di cloro, e quelli antirestringimento, a<br />
base di resine poliammidiche contenenti epicloroiddrina<br />
(1-cloro-2,3-epossipropano), sono<br />
consolidati dal punto del processo ma presentano<br />
limiti tecnologici.<br />
Il presente studio è stato effettuato nell’ottica<br />
di sostituirli con processi più efficaci.<br />
Il processo studiato si realizza in due fasi:<br />
1. pretrattamento acido con perossido d’idrogeno<br />
(pH=5,5, 1h, 80°C, rapporto di bagno<br />
30/1) o pretrattamento basico con perossido<br />
d’idrogeno (pH=9, 1h, 70°C, rapporto<br />
di 30/1) che carica positivamente la superficie<br />
della lana, preparando l’ancoraggio, che<br />
avviene nella fase successiva, del biopolimero,<br />
il chiosano, carico positivamente;<br />
2. trattamento con chitosano: i campioni di<br />
lana pretratatti sono immersi in una soluzione<br />
acquosa, a temperatura ambiente per<br />
20 minuti, con un rapporto di bagno 20/1.<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
Maggiori difficoltà si incontrano nell’utilizzarle<br />
su fibre cheratiniche, perché non si riescono a<br />
trovare sostituenti che portino ad un’interazione<br />
positiva con la fibra. L’unica possibiltà consiste<br />
nel legarle ad una resina che, in un momento<br />
successivo, deve essere fissata alla fibra.<br />
Le considerazioni suddette sono scaturite da<br />
colloqui con il centro di ricerche sui finissaggi<br />
tessili della Ciba (Monaco di Baviera) e con il<br />
Cnr di Napoli.<br />
Lo stesso Cnr di Napoli, lo scorso gennaio, quando<br />
entrò in vigore la legge anti-fumo, pubblicizzò<br />
un tessuto che era in grado di assorbire il<br />
fumo delle sigarette.<br />
In generale sarebbe interessante riuscire a produrre<br />
tessuti in grado di assorbire fumi e che, in<br />
seguito ad un lavaggio, possano completamente<br />
rilasciare il fumo assorbito.<br />
Purtroppo, ad oggi, si incontrano ancora difficoltà<br />
perché i meccanismi di desorbimento dei<br />
cattivi odori inclusi non permettono il rilascio di<br />
tutte molecole assorbite e così, dopo un certo<br />
numero di cicli, non si verifica più un efficace<br />
desorbimento.<br />
Interessanti prospettive si ipotizzano con l’uso<br />
delle ciclodestrine nella tintura di fibre poliammidiche<br />
perché esse possono aumentare la resa<br />
e l’uniformità della tintura attraverso complessi<br />
per inclusione delle materie coloranti.<br />
I risultati sperimentali convalidano le ipotesi.<br />
Si contano diversi brevetti sui tessuti e ciclodestrine<br />
e due di questi sono di aziende pratesi<br />
Il chiosano è un prodotto di sintesi che si ottiene<br />
per diacetilazione della chitina (Figura 1)<br />
che è il polisaccaride più abbondante in natura.<br />
L’enorme diffusione naturale della chitina<br />
dovrebbe garantire bassi costi del chitosano e<br />
quindi del processo.<br />
Controllando le condizioni di reazione è possibile<br />
ottenere molecole di chitosano con diversi<br />
gradi di acetilazione (DD) e, di conseguenza,<br />
Figura 1<br />
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE - Newsletter Ricerca e Innovazione n. <strong>17</strong> del 21/12/2005 5
UNIONE INDUSTRIALE PRATESE<br />
con diverse caratteristiche chimico-fisiche.<br />
Il chitosano permette di rispettare tutte le norme<br />
in fatto di eco-compatibilità, è solubile in<br />
acqua, presenta caratteristiche simili a quelle<br />
della poliammide (almeno dal punto di vista della<br />
feltrabilità) ed ha una struttura simile a quella<br />
della cellulosa.<br />
In questo studio sono stati utilizzati tre prodotti<br />
con DD variabili da 82,9% a 95,3%.<br />
L’intera mole di dati raccolti ha permesso di<br />
trarre le seguenti conclusioni:<br />
- Bagnabilità: non si osservano significative<br />
differenze fra lana pretrattata e quella non<br />
pretrattata.<br />
- Restringibilità: la lana pretrattata in ambiente<br />
basico mostra una resistenza al restringimento<br />
assai maggiore dei campioni pretrattati<br />
in ambiente acido o non protrattati.<br />
Si ritiene che, essenzialmente, il risultato<br />
sia dovuto ad una più incisiva modificazione<br />
della superficie fibrosa a carico degli<br />
acidi grassi.<br />
- Tingibilità: non si osservano significative differenze<br />
fra lana pretrattata e quella non<br />
pretrattata.<br />
Anche il chiosano, inteso come concentrazione<br />
e tipologia, influenza le caratteristiche del<br />
Figura 2<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
prodotto finito. Di seguito sono riportate le conclusioni<br />
estrapolabili dai risultati dei test eseguiti<br />
su campioni pretrattati in ambiente basico:<br />
- Restringibilità: un aumento della concentrazione<br />
e della viscosità del chiosano rendono<br />
la lana meno restringibile, ma valori di<br />
biopolimero troppo alti in soluzione hanno<br />
effetti negativi sulla feltrabilità (Figura 2)<br />
- Tingibilità: bassi gradi di viscosità ed elevate<br />
concentrazioni consentono una diffusione<br />
del chiosano all’interno della fibra migliore<br />
e quindi tempi più bassi di tintura<br />
- Solidità del colore: i test eseguiti sia per la<br />
solidità al lavaggio, sia per la solidità allo<br />
sfregamento ad umido ed a secco, non indicano<br />
relazioni con le caratteristiche e la<br />
quantità di chitosano<br />
- Ausiliari di tintura: non è necessario utilizzare<br />
agenti livellanti, in quanto il chiosano<br />
stesso si comporta come tale.<br />
Trattamenti innovativi antifeltranti su manufatti<br />
di lana<br />
L’esigenza dei consumatori è quella di poter<br />
effettuare autonomamente la manutenzione dei<br />
capi di lana. Di conseguenza è necessario produrre<br />
manufatti in lana irrestringibili.<br />
I metodi tradizionali per ottenere l’irrestringibilità<br />
prevedono processi a base di cloro che,<br />
tuttavia, danneggiano le fibre.<br />
In questo lavoro si percorre una strada alternativa<br />
che prevede l’uso di acidi perossidici<br />
combinati o meno con enzimi.<br />
Sono stati pretrattati campioni di lana con una<br />
soluzione acquosa contenete perossido d’idrogeno,<br />
soda caustica, diciannamide e gluconato<br />
di sodio per 30 minuti a 30°C.<br />
Successivamente sono stati sottoposti all’azione<br />
di una soluzione acquosa, contenente una<br />
proteasi alcalina e solfato di sodio in presenza<br />
di trietanolammina. Al termine della reazione<br />
l’enzima è stato inattivato mediante trattamento<br />
termico ed i campioni sono stati lavati<br />
ed asciutti.<br />
Il gluconato di sodio ha la funzione di migliorare<br />
la mano, mentre il perossido d’idrogeno ha<br />
un’azione sbiancante.<br />
Il grafico proposto in Figura 1 mostra che può<br />
essere eliminato il restringimento della lana trattandola<br />
per 30 minuti con una concentrazione<br />
Figura 1<br />
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UNIONE INDUSTRIALE PRATESE<br />
Figura 2<br />
di enzima pari a 1% e una concentrazione di<br />
solfato di sodio pari a 1,4% (punto rosso sulla<br />
superficie).<br />
Dati del tutto analoghi si ottengono variando i<br />
tempi di trattamento da 20 a 60 minuti.<br />
Nelle condizioni ottimali di trattamento espresse<br />
dal punto rosso non si hanno effetti negativi<br />
sulle proprietà meccaniche (Figura 2), anche<br />
se si osserva una perdita di peso pari al 3,71%<br />
Figura 3). L’indice di bianco sale da 18,5 (quello<br />
del campione di controllo) fino a 32,4 dopo il<br />
pretrattamento e fino a 36 dopo un trattamento<br />
con 1,5% di enzima e 1,5% di solfato di<br />
sodio. In quest’ultimo caso si ottiene anche<br />
una superficie delle fibre più liscia come si rile-<br />
RICERCHE<br />
Fibre auxetiche<br />
L’esperienze quotidiana mostra che un materiale,<br />
sottoposto ad una sollecitazione di trazione,<br />
subisce un allungamento nella direzione<br />
della trazione mentre si contrae nella direzione<br />
perpendicolare alla trazione.<br />
La Figura 1 esemplifica quanto descritto.<br />
Per caratterizzare il comportamento del materiale<br />
si utilizza il coefficiente di Poisson : mu<br />
Figura 3<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
va da immagini al SEM nonché da valutazioni<br />
della mano eseguite sui campioni.<br />
La Figura 1 mostra che tutte le condizioni di<br />
trattamento sperimentate producono un restringimento<br />
negativo che sottintende un aumento<br />
delle dimensioni dei tessuti. Si ipotizza<br />
che si manifesti un aumento di “volume” delle<br />
fibre conseguente al fatto che la superficie<br />
delle fibre, più liscia, consente all’acqua di occupare<br />
aree maggiori.<br />
I dati ottenuti suggeriscono che le condizioni<br />
ottimali di trattamento per ottenere sbianca,<br />
prevenzione del restringimento, biopolishing<br />
dopo un primo trattamento alcalino e trattare<br />
i tessuti di lana per 30 minuti a 45°C con 1% di<br />
enzima e 1,4% di solfato di sodio.<br />
nella quale rappresenta la variazione di dimensione<br />
ed L la dimensione originale.<br />
Per molti materiali da costruzione, come per<br />
esempio l’acciaio, mu è positivo (ovvero il materiale<br />
si comporta come quello, ipotetico, di<br />
Figura 1) e riflette il principio di conservazione<br />
del volume.<br />
Altri materiali, detti auxetici, hanno coefficiente<br />
di Poisson inaspettatamente negativo, poiché<br />
essi manifestano un aumento delle dimensioni<br />
sia nella direzione longitudinale, sia in quella<br />
Figura 1<br />
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perpendicolare. La Figura 2 esemplifica il comportamento<br />
di un materiale auxetico.<br />
In natura esistono materiali auxetici (il sughero,<br />
le ossa…) mentre altri possono essere prodotti<br />
dall’uomo (alcune schiume per esempio).<br />
I materiali auxetici possono essere ottenuti,<br />
partendo da comuni materiali, conferendo loro<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
ce richieste, devono avere spessori di circa 1<br />
cm mentre, in prospettiva, i materiali auxetici<br />
garantiranno le medesime performance con<br />
spessori assai minori e con la possibilità di adattarsi<br />
ai movimenti dell’utilizzatore.<br />
Basandosi su studi iniziati nei primi ’90 che indicavano<br />
che polimeri costituiti da cristalli liquidi<br />
potevano essere utilizzati a tale scopo,<br />
una equipe di ricercatori statunitensi ritenendo<br />
che un polimero formato da cristalli liquidi<br />
possa acquisire proprietà auxetiche, ne ha sintetizzato<br />
uno in cui sono state innestate strutture<br />
laterali rigide su base aromatica (bifenili,<br />
Figura 2<br />
una macro-struttura, particolare, a nido d’ape.<br />
La Figura 3 illustra un esempio di materiale auxetico,<br />
ottenuto con struttura a nido d’ape,<br />
nella condzione di tensione nulla.<br />
La Figura 4, invece, mostra il materiale sottoposto<br />
a trazione.<br />
Il coefficiente di Poisson negativo garantisce<br />
proprietà interessanti ai materiali quali un aumento<br />
di durezza e di resistenza al taglio, ma<br />
spesso questo va, in parte, a svantaggio dell’elasticità.<br />
Realizzando tessuti a maglia o ortogonali<br />
ottenuti con filamenti a singola o più<br />
bave costituiti da<br />
polimeri auxetici è<br />
possibile realizzare<br />
tessuti con proprietà<br />
non convenzionali.<br />
Va sottolineato<br />
che per polimeri<br />
auxetici<br />
s’intende non quei<br />
polimeri che manifestano<br />
caratte<br />
Figura 3 ristiche auxeti<br />
che perché macro-strutturati<br />
a nido d’ape, bensì i polimeri<br />
modificati ad hoc a livello<br />
molecolare per conferirgli microstrutture<br />
auxetiche.<br />
In tal modo tali filati potrebbero<br />
manifestare proprietà auxetiche<br />
indipendentemente<br />
dalla macro-struttura utilizzata.<br />
I tessuti realizzati con fibre<br />
auxetiche possono essere utilizzati<br />
per ottenere giubbotti<br />
antiproiettile, caschi militari ecc.<br />
Attualmente i materiali protettivi<br />
convenzionali, per garantire le performan-<br />
Figura 5<br />
Figura 4<br />
trifenili, quadrifenili, pentafenili) con angoli variabili<br />
fra 0 e 75°.<br />
La fase di ricerca successiva consisterà nell’innestare<br />
strutture laterali con angoli di 90°.<br />
In Figura 5 è rappresentato un esempio dei<br />
polimeri sintetizzati: le parti evidenziate costituiscono<br />
i gruppi introdotti che rendono le fibre<br />
auxetiche a livello molecolare.<br />
Le maggiori attese, secondo i ricercatori, riguardano<br />
proprietà meccaniche quali resistenza<br />
agli impatti, assorbimento di energia durante<br />
un urto e la resistenza alla frattura ed al<br />
taglio.<br />
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Newsletter n. <strong>17</strong><br />
In Figura 1 è rappresentato lo schema dell’intero<br />
processo: la prima formula schematizza la<br />
struttura policarbossilica del cotone, la seconda<br />
la struttura del cotone carbossimetilato e la<br />
terza quella del cotone “antibatterico”. I campioni<br />
ottenuti sono stati sottoposti a test per<br />
misurarne l’attività antimicrobica: sono stati<br />
Figura 1<br />
Tessuti di cotone antibatterici mediante nitrato<br />
d’argento<br />
E’ stato sviluppato un processo, costituito da<br />
tre fasi, finalizzato alla produzione di cotone<br />
carbossimetilato a cui viene legato argento, in<br />
modo permanente, che gli fornisce caratteristiche<br />
antibatteriche. Tale materiale, per esempio,<br />
può essere usato, in ambito medico, per<br />
garze/bende (TNT o a maglia), per la cura di<br />
ustioni o ulcere. Per realizzare la reazione di<br />
carbossimetilazione è stato scelto un processo<br />
acquoso che consente di ottenere solo bassi<br />
gradi di sostituzione (intorno a 0,25), ma preserva<br />
l’integrità delle fibre e garantisce valori<br />
ottimali di traspirabilità, rigonfiamento, idrofilia<br />
e, soprattutto, genera una superficie con le<br />
caratteristiche di un gel. L’agente antimicrobico<br />
è il nitrato d’argento, il suo uso, come antiseptico,<br />
è noto da molto tempo. Ad elevate<br />
concentrazioni esso risulta tossico per i tessuti<br />
viventi ma, in concentrazioni dello 0,5% in soluzione<br />
acquosa, mostra un significativo effetto<br />
antimicrobico senza risultare tossico. In tali<br />
condizioni esso è usato per curare ulcere o ferite<br />
da ustioni. Il processo realizza una reazione<br />
di scambio fra lo ione sodio, introdotto sul<br />
cotone con la carbossimetilazione, e lo ione argento,<br />
che è il vero responsabile dell’attività<br />
antibatterica. Si realizza così un parziale sostituzione<br />
dello ione sodio con quello di argento.<br />
Operativamente il processo consiste in:<br />
1. Carbossimetilazione: i campioni di cotone<br />
sono trattati con una soluzione di acqua/<br />
etanolo 1/9 in presenza di soda caustica e<br />
acido monocloroacetico.<br />
2. Reazione di scambio: i campioni provenienti<br />
dalla fase 1 sono trattati a temperatura ambiente<br />
con una soluzione di etanolo/acqua<br />
85/15 e acido acetico glaciale per tempi<br />
variabili (da 20 minuti a 4 ore) e successivamente<br />
spremuti per rimuovere l’eccesso<br />
di prodotti chimici.<br />
3. Reazione di scambio: i campioni provenienti<br />
dalla fase 2 sono trattati con una soluzione<br />
di etanolo/acqua 85/15 contenente nitrato<br />
d’argento ad una concentrazione variabile<br />
fra 0,1 e 0,2% a temperatura ambiente per<br />
un tempo variabile da 20 minuti a 4 ore,<br />
quindi sono spremuti ed essiccati a 122°C.<br />
Figura 2<br />
utilizzati i metodi AATCC 30 e Test Method 0923<br />
(meglio noto come Dow Corning Method) impiegando<br />
come batteri prova sia lo Staphylococcus<br />
aureus, battere Gram-positivo, sia la<br />
Klebsiella pneumoniae, battere Gram-negativo<br />
ed un metodo diffusionale in agar descritto in<br />
letteratura (AATCC Rev. 2 (12), pp 15-<strong>17</strong> del<br />
2002), specifico per cotone che ha subito finissaggi<br />
antibatterici.<br />
Il campione che ha dato i risultati migliori è un<br />
tessuto a maglia con elevate caratteristiche di<br />
gelificazione superficiale; esso presenta, sia nei<br />
confronti dello Staphylococcus aureus, sia della<br />
Klebsiella pneumonite, una riduzione dell’attività<br />
batterica pari al 99,95% già dopo 1 ora.<br />
Le tradizionali garze già esplicano la funzione<br />
antibatterica, essendo imbevute con una soluzione<br />
acquosa di nitrato d’argento ma non hanno<br />
una ritenzione di argento equivalente a quella<br />
dei tessuti oggetto dello studio.<br />
Per evidenziare le migliori caratteristiche dei<br />
campioni carbossimetilati è stato eseguito un<br />
Dunk-and-Drain Test modificato per confrontare<br />
il tessuto a maglia citato in precedenza (indicato<br />
con Camp nella Figura 2) con lo stesso<br />
tessuto non carbossimetilato (indicato con Rif<br />
nella Figura 2). Come si può osservare la ritenzione<br />
di argento nel tessuto carbossimetilato<br />
è molto più elevata e si mantiene più a<br />
lungo nel tempo.<br />
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BREVETTI<br />
TNT autoestinguenti<br />
Un tessuto in TNT autoestinguente (capace<br />
cioè di no propagare la fiamma e di estinguerla<br />
autonomamente), può essere costituito da tre<br />
veli di TNT ciascuno ottenuto con tecnica<br />
“spunbonded”. Tale tecnica è una delle possibili<br />
tecniche per la realizzazione di TNT che<br />
può essere applicata solo alle fibre sintetiche<br />
termoplastiche. I<br />
tre veli, successivamente,<br />
sono accoppiati<br />
fra loro in<br />
modo da formare<br />
una struttura a<br />
sandwich a tre strati<br />
(Figura 1 a sinistra)<br />
Figura 1 e la coesione degli<br />
strati è assicurata da<br />
un trattamento di idrointerlacciatura. Occorre<br />
regolare la potenza dei getti d’acqua in modo<br />
da interlacciare in modo maggiore gli strati esterni<br />
rispetto a quello interno. In tal modo, quando<br />
il tessuto inizia a bruciare, lo strato interno<br />
collassa e s’innesca il meccanismo autoestinguente.<br />
L’idrointerlacciatura, fra tutte le varie<br />
tecniche che potrebbero essere impiegate per<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
legare il sandwich, è quella che meglio riesce a<br />
mantenere soffice lo strato interno e, contemporaneamente,<br />
a compattare quelli esterni fornendo<br />
anche una mano gradevole.<br />
Il collassamento dello strato interno può essere<br />
facilitato utilizzando una mista di fibre con un<br />
vasto spettro di denaraggio ed anche utilizzando<br />
fibre aventi sezioni diverse (ovali, trilubali),<br />
così da realizzare una interlacciatura disomogenea.<br />
Inoltre possono essere utilizzate, in mista,<br />
fibre quali quelle aramidiche (kevlar, nomex<br />
in particolare), fibre intuminescenti o a base<br />
melamminica.<br />
In Figura 2 si riporta lo schema dell’apparato<br />
utilizzato per idrolegare i tre veli di TNT. In P i<br />
tre veli vengono posizionati su un apposito supporto<br />
e pre-interlacciati, in modo da conferire<br />
al futuro sandwich un minimo di stabilità. I tamburi<br />
che in Figura sono evidenziati con i numeri<br />
da 1 a 5, sono le vere e proprie stazioni di<br />
idrointerlacciatura, in cui i tre veli vengono legati.<br />
Il tamburo identificato con il numero 6 in<br />
Figura 2, serve per imprimere immagini sul tessuto.<br />
Il prodotto a sanwich può essere usato<br />
come strato superiore di materassi o come imbottitura<br />
in capi protettivi.<br />
In Figura 3 si riporta un’immagine del tessuto.<br />
Figura 2<br />
CURIOSITA’<br />
Tnt idrolegati per usi speciali<br />
La Texas Tech University attorno al 1999 ha<br />
iniziato ad interessarsi all’idrolegatura (alternativa<br />
alla classica agugliatura meccanica)<br />
come metodica per realizzare TNT.<br />
Attorno al 2001 gli ambienti del Ministero della<br />
Difesa Statunitense iniziarono ad interessarsi<br />
a questo particolare coesionamento di fibre,<br />
nell’ottica di realizzare prodotti decontaminanti<br />
ed, inizialmente, fu chiesto alla Texas Tech<br />
University di realizzare uno studio finalizzato a<br />
definire lo stato dell’arte dell’idrolegatura. Successivamente<br />
vennero richieste, alla medesima<br />
università, informazioni riguardo ad una<br />
macchina nota come H1 sviluppata dalla Fehrer<br />
AG (Austria) e brevettata dalla medesima azienda.<br />
La macchina H1 (Figura 1 a destra) per-<br />
Figura 1<br />
Figura 3<br />
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mette di produrre veli TNT, mediante idrolegatura,<br />
costituiti da fibre naturali, per applicazioni<br />
sofisticate come quelle medicali, con costi<br />
di produzione contenuti.<br />
Poi il Ministero della Difesa USA ha commissionato<br />
alla Tech University una ricerca volta a<br />
sviluppare prodotti in fibra naturale, decontaminanti,<br />
realizzati con la tecnologia H1.<br />
Il motivo risiede nel fatto che l’idrolegatura riesce<br />
a far acquisire compattezza ad una struttura<br />
multistrato, pur mantenendola flessibile<br />
e, conseguentemente, capace di pulire anche<br />
superfici complesse.<br />
I ricercatori della Texas Tech University, dopo<br />
aver attentamente analizzato il processo produttivo,<br />
hanno deciso di apportare modifiche<br />
sia nella fase di cardatura, sia durante il momento<br />
di pulizia delle fibre, in quanto, anche<br />
facendo riferimento a ciò che era emerso ad<br />
una conferenza internazionale sull’agugliatura<br />
tenutasi nel 2000, ritenevano che l’ottimizzazione<br />
di tali fasi fosse di cruciale importanza<br />
Newsletter n. <strong>17</strong><br />
Uno speciale trattamento rende le superfici<br />
esterne altamente soil-release.<br />
I fazzoletti/pannetti realizzati mantengono<br />
un’ottima mano, sono dotati di buona traspirabilità<br />
e possono essere utilizzati per pulire/<br />
decontaminare la pelle.<br />
Applicazioni che potrebbero vedere impegnati<br />
questi pannetti sono quelle relative all’igiene<br />
domestica, ospedaliera o a livello industriale.<br />
Figura 2<br />
Figura 3<br />
per aumentare la qualità dei prodotti.<br />
La Figura 2 è un velo di TNT prodotto via agugliatura<br />
tradizionale, mentre la Figura 3 è l’immagine<br />
di un velo di TNT prodotto con il processo<br />
H1 modificato.<br />
Attualmente tale patnership ha permesso di<br />
realizzare un prodotto a sandwich costituito<br />
da uno strato interno di carbone attivo che<br />
lavora in adsorbimento, quale agente antimicrobico,<br />
e da due strati esterni in cotone.<br />
Se usato come un fazzoletto il tessuto può<br />
essere utile per pulire superfici, abiti o parti<br />
del corpo da contaminanti sia biologici, sia chimici.<br />
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