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Intervista a Enzo Lavolta - Torino Magazine

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<strong>Enzo</strong> <strong>Lavolta</strong><br />

e la città virtuosa<br />

dove vivere sempre meglio<br />

34 anni, Presidente della<br />

Fondazione Smart City -<br />

Assessore all’Ambiente,<br />

all’Energia, allo Sviluppo<br />

Tecnologico e ai Lavori<br />

Pubblici – il più giovane<br />

amministratore della città<br />

svela gli scenari che<br />

renderanno <strong>Torino</strong> una<br />

metropoli attrattiva, ‘inclusiva’<br />

ed economicamente allineata<br />

ai migliori standard europei<br />

di GUIDO BAROSIO<br />

foto FRANCO BORRELLI e UFFICIO STAMPA<br />

Intervenire sul futuro della propria città e seguirne la<br />

trasformazione: in assoluto non esiste sfida più stimolante<br />

per un amministratore. Ed <strong>Enzo</strong> <strong>Lavolta</strong> –<br />

pugliese di nascita (nato a Ostuni nel 1978) e torinese<br />

di adozione – può seguire questo processo<br />

attraverso due ruoli paralleli: quello di presidente<br />

della Fondazione Smart City e quello di assessore<br />

con deleghe di rilievo strategico: Ambiente, Energia,<br />

Sviluppo Tecnologico e Lavori Pubblici. Con lui facciamo<br />

innanzitutto luce sulla definizione destinata a diventare<br />

un brand torinese da qui al 2020.<br />

Cosa si intende per Smart City<br />

«Una città Smart deve essere capace di coniugare innovazione<br />

e qualità della vita, con l’intera area metropolitana<br />

che si candida a diventare laboratorio di innovazione.<br />

Il percorso di Smart City si snoderà attraverso un<br />

confronto tra pubblico e privato, destinato ad attrarre<br />

finanziamenti, razionalizzare la spesa, conseguire risparmi<br />

di energia e costruire un progetto di città vivibile, a<br />

basse emissioni, con l'apporto delle nuove tecnologie<br />

e di una governance pubblica nuova e concreta. Personalmente<br />

immagino che una città sostenibile debba<br />

essere accogliente, adatta alle famiglie, in cui si possa<br />

vivere piacevolmente, con un sistema di trasporti efficiente.<br />

Una città che sia colta ed internazionale, creativa,<br />

ma soprattutto che sia solidale ed aperta, attraente<br />

per donne, uomini, idee, culture e capitali. Se ben<br />

declinata Smart City potrà essere l’occasione per definire<br />

un nuovo modello, oltre che di trasformazione economica,<br />

di innovazione sociale e di inclusione».<br />

Da dove si parte<br />

«I filoni più importanti su cui abbiamo concentrato la nostra<br />

attenzione sono individuati nel Tape (Turin Action Plan<br />

for Energy). Dove si prevede l’attuazione di oltre 50 azioni<br />

volte alla riduzione delle emissioni di CO 2 di oltre il 40%<br />

al 2020, considerando il 1991 come anno di riferimento.<br />

Le principali azioni riguardano l’estensione del teleriscaldamento,<br />

il Piano urbano di mobilità sostenibile<br />

(Pums), l’efficientamento energetico degli edifici, e ancora<br />

azioni nei settori edilizia e terziario, industria, trasporti,<br />

produzione locale di energia elettrica, pianificazione territoriale,<br />

acquisti pubblici ecologici, coinvolgimento degli<br />

stakeholders. Un manuale operativo, più che un breviario<br />

delle buone intenzioni».<br />

Facciamo qualche passo indietro. Quando inizia<br />

l’esperienza politica di <strong>Enzo</strong> <strong>Lavolta</strong><br />

«Molto presto. Ho iniziato ad interessarmi alla politica<br />

negli anni del liceo, al Cattaneo. Poi, intorno al 2000,<br />

Durante l’intervista<br />

«Smart City<br />

è una grande<br />

occasione<br />

per rendere<br />

riconoscibile<br />

il nostro<br />

territorio, quindi<br />

attrattivo, ideale<br />

per chi immagina<br />

degli investimenti<br />

mirati»<br />

25


Nella sala del Consiglio Comunale<br />

torino magazine coverstory <br />

incuriosito dalle problematiche del mio quartiere, Campidoglio,<br />

sono ‘inciampato’ in una sezione dei Ds. Ci<br />

sono entrato chiedendo conto di alcune cose che non<br />

andavano sul territorio. La risposta, al mio approccio<br />

da ‘rompiscatole’, è stata ‘vuoi solo indicarci i problemi<br />

o anche fartene carico’. Così ho incominciato ad<br />

interagire con la politica in modo concreto. C’erano dei<br />

miei coetanei che lamentavano la mancanza di un luogo<br />

dove poter fare musica, ed è stata la priorità da affrontare.<br />

Dopo un anno mi sono misurato col primo appuntamento<br />

amministrativo e sono stato eletto consigliere.<br />

Da amministratore neofita ho studiato cos’è un regolamento,<br />

cos’è una delibera, e ho preso dimestichezza<br />

con gli strumenti tecnici necessari per poter agire concretamente.<br />

Sono cresciuto grazie anche alla disponibilità<br />

e alla saggezza incontrata nella sezione che frequentavo.<br />

A metà del mandato – avevo 22 anni – sono<br />

diventato coordinatore della commissione alla cultura<br />

e alle politiche giovanili. È stata un’esperienza fondamentale:<br />

avevo a disposizione risorse (anche se limitate),<br />

potevo determinare le scelte e misurarmi col territorio.<br />

Così quel problema iniziale ha trovato una soluzione<br />

e abbiamo trasformato una vecchia fabbrica – l’ex<br />

Albert di via Bellardi, periferia ovest di Parella – in una<br />

importante realtà giovanile sul territorio. A distanza di<br />

dieci anni quello spazio – che oggi si chiama bellArte –<br />

è ancora particolarmente attivo e cammina con le proprie<br />

gambe, senza bisogno di fondi pubblici».<br />

Oggi lo scollamento tra giovani e politica è sempre<br />

più forte. La tua sembra essere una storia completamente<br />

diversa…<br />

«Molto dipende da come si cresce. Io ho fatto per 15<br />

anni lo scout. In quella esperienza ho sempre trovato<br />

forte la necessità di tradurre l’entusiasmo giovanile nell’impegno<br />

civico. Più avanti ho incontrato un partito strutturato<br />

e credibile ed è arrivato il giusto sfogo. Non è vero<br />

che i giovani non vogliono fare politica, è vero il contrario.<br />

Io ho tantissimi amici coetanei che non hanno nessuna<br />

tessera e non sono interessati a fare gli amministratori,<br />

però sono attivi nel terzo settore, nel volontariato<br />

e nella cooperazione. E tutti quanti hanno anche<br />

un lavoro e non vogliono fare dello loro esperienza sociale<br />

una professione. Si impegnano generosamente senza<br />

chiedere nulla in cambio. Per me la politica è questo.<br />

I partiti non sono sempre luoghi naturalmente<br />

accoglienti, ma sono sfidanti. Per ottenere risultati, per<br />

portare avanti le proprie idee, occorre mediare e dedicare<br />

del tempo».<br />

Oggi si pensa che la politica debba necessariamente<br />

passare dalla rete e dai social network.<br />

Cosa ne pensi<br />

«Non si può sostituire la democrazia con la rete e coi<br />

social network. Molto spesso si confonde la partecipazione<br />

con un tweet. I social network garantiscono l’immediatezza<br />

più di ogni altro mezzo, ma è un approccio<br />

unidirezionale. Si tratta di scenari che vanno com-<br />

presi e usati per ciò che davvero rappresentano. Io gestisco<br />

personalmente la mia pagina Facebook e Twitter<br />

(@enzolavolta, ndr), anche se mi piace di più il secondo:<br />

più fruibile e immediato, la regola dei 140 caratteri<br />

obbliga necessariamente alla sintesi. Trovo molto interessante<br />

seguire i temi del momento con gli hashtag,<br />

consente l’informazione in tempo reale e permette di<br />

cogliere al volo i commenti di chi è collegato in quel preciso<br />

istante».<br />

Da un punto di vista politico, qual è il limite maggiore<br />

della rete<br />

«Noi viviamo in una società post-idelogica. E la rete –<br />

in particolare coi social network – esalta uno dei limiti<br />

maggiori della società post-idealogica: la ‘cultura del no’.<br />

Certo che è facile orientare i cittadini verso il ‘no’ – no<br />

alla Tav, no ai partiti, no alle coalizioni, no ai finanziamenti…<br />

– ma poi occorre trovare delle soluzioni. E lì certamente<br />

la rete non basta. La vera sfida è orientare i no<br />

verso il dialogo e la partecipazione. Quando ho iniziato<br />

a fare politica, se non concludevo il mio intervento<br />

con una proposta concreta arrivavano subito i rimbrotti.<br />

Dopo il no ci deve sempre essere un ‘allora…’. È fondamentale,<br />

altrimenti l’interlocuzione risulta faziosa».<br />

Quando è nata la tua passione per l’ambiente e la<br />

green economy<br />

«Anche in questo caso l’esperienza scoutistica mi ha<br />

condizionato in modo decisivo, perché si vive con forza<br />

il rispetto verso quello che ci circonda. E questo vale<br />

per la città come per i grandi scenari naturali. Oggi penso<br />

che la green economy sia la vera risposta alla crisi:<br />

quando si hanno meno risorse occorre usarle meglio e<br />

in modo meno stupido. Sono entusiasta dello sviluppo<br />

sostenibile e non mi appassiona la decrescita felice. Non<br />

credo che Latouche sbagli a predicarla, però anche quello<br />

rappresenta un ‘no’. Noi abbiamo bisogno di un’idea<br />

di sviluppo. Negli ultimi 15 anni la Germania ha fortemente<br />

sostenuto la green economy ed oggi i risultati<br />

sono sotto gli occhi di tutti».<br />

Cosa rispondi a chi pensa che la green economy non<br />

rappresenti una veloce occasione di business<br />

«Gli direi che non puntare sulla green economy è un atto<br />

di egoismo che non possiamo permetterci. L’egoismo<br />

non ci permette di superare la crisi. Se 10 o 15 anni fa<br />

avessimo fatto come la Germania – dove quei provvedimenti<br />

vennero votati dal 90% del Parlamento – oggi<br />

vivremo la crisi in un contesto completamente diverso.<br />

Invece siamo costretti ad inseguire. Ma l’Europa ci prospetta<br />

una straordinaria opportunità, quella di agire in<br />

un forte contesto condiviso. Ci sono importanti finanziamenti<br />

da intercettare, anche se purtroppo il nostro Paese<br />

se li lascia sovente sfuggire: basti pensare che siamo<br />

tra gli ultimi paesi nella graduatoria europea di chi riesce<br />

a mettere a frutto questi percorsi. Fortunatamente <strong>Torino</strong><br />

è in felice controtendenza, ma il sistema Italia non può<br />

recuperare molto meno di quanto investe a livello europeo.<br />

È inaccettabile».<br />

Anche a livello imprenditoriale serve un diverso<br />

approccio culturale<br />

«Certamente, serve costruire una nuova mentalità, sia<br />

nelle imprese che nelle amministrazioni. Anche perché<br />

bisogna distinguere tra chi sposa davvero la causa<br />

della green economy e chi si limita ad un semplice<br />

greenwashing. Fortunatamente sul nostro territorio ci<br />

sono aziende che lavorano bene nella direzione giusta,<br />

come l’Oreal. Ma la regola vale per tutti: chi inquina<br />

meno risparmia. Noi, come amministrazione, stiamo<br />

facendo molto, a partire dalle scuole, che hanno un forte<br />

valore simbolico e dimostrativo verso le nuove generazioni.<br />

Certo, le scelte green vanno ragionate in prospettiva<br />

e non danno immediata visibilità. Questo non<br />

sempre piace al politico, che deve capitalizzare in vista<br />

delle future tornate amministrative».<br />

Dopo le grande sfida olimpica Smart City può essere<br />

un vessillo dietro il quale incamminarsi<br />

«Smart City è una straordinaria opportunità per il futuro<br />

di questa città. Riconosce consapevolmente lo sforzo<br />

di tante imprese, che, nonostante la fatica di una crisi<br />

economica, hanno investito in ricerca. Imprese che<br />

rappresentano l’eccellenza, ma anche realtà giovani che<br />

nascono attraverso l’incubatore. Inoltre Smart City è una<br />

grande occasione per rendere riconoscibile il nostro territorio,<br />

quindi attrattivo, ideale per chi immagina degli investimenti<br />

mirati. Ci sono tutti gli ingredienti perché il futuro<br />

della nostra città possa essere definito Smart. Ma vorrei<br />

aggiungere un sogno personale: nel 2016 – a dieci<br />

anni esatti dalle Olimpiadi – mi piacerebbe che tutto il<br />

patrimonio olimpico venisse utilizzato in modo efficiente<br />

anche dal punto di vista energetico».<br />

Possiamo ipotizzare delle azioni concrete che<br />

permettano alle aziende uno sviluppo economico<br />

in ottica Smart<br />

«Sicuramente, a partire da quegli edifici che vanno definiti<br />

‘stupidi’ in quanto energivori. Il primo risparmio, ma<br />

«I partiti non sono<br />

sempre luoghi<br />

naturalmente<br />

accoglienti ma sono<br />

sfidanti»<br />

Con il sindaco Piero Fassino


<strong>Enzo</strong> <strong>Lavolta</strong> con la figlia Neda<br />

«Smart City potrà<br />

essere l’occasione<br />

per definire<br />

un nuovo modello,<br />

oltre che<br />

di trasformazione<br />

economica,<br />

di innovazione<br />

sociale<br />

e di inclusione»<br />

anche la prima fonte di business, può essere collegata<br />

alle bollette. Innanzitutto va fatta una premessa: ci<br />

sono aziende – quelle che lavorano nell’edilizia – che<br />

hanno contribuito molto alla crescita della città, ma che<br />

oggi si trovano in forte crisi. Se quelle aziende si occupassero<br />

della trasformazione degli impianti – facendo<br />

lavorare tutta la filiera collegata alle imprese – si<br />

potrebbe arrivare ad un risparmio sulle bollette fino al<br />

40%. E noi, come amministrazione, abbiamo tutti gli<br />

strumenti per affidare la riscossione delle bollette ad<br />

un soggetto privato. A questo punto la road map è<br />

segnata. Il cittadino che oggi paga 100 continuerebbe<br />

a pagare 100 fino alla completa copertura del costo<br />

sui lavori; ma dopo avrebbe una bolletta fortemente<br />

ridotta, perché il nuovo impianto garantirebbe un<br />

risparmio notevole e costante nel tempo. Con questo<br />

tipo di prospettiva si otterrebbero tre grandi risultati:<br />

un vantaggio ambientale, un vantaggio per le aziende<br />

incaricate dei lavori, un vantaggio per il cittadino<br />

che risparmierebbe sulle bollette. Il tutto senza costi<br />

aggiuntivi per l’amministrazione e la comunità. Così<br />

si diventa Smart».<br />

Ci sono anche altri esempi<br />

«Certo. Pensiamo al nostro straordinario patrimonio<br />

di verde urbano, dove siamo passati da 6 milioni di<br />

metri quadrati a 18. Oggi in collina<br />

abbiamo 90 chilometri di<br />

sentieri, che vanno mantenuti e<br />

puliti, ma le risorse non ci sono. In<br />

più c’è un problema: ciò che cade<br />

dagli alberi e rimane a ridosso delle<br />

radici, il legnaio, ma anche le<br />

ramaglie e gli sfalci delle potature,<br />

viene considerato un rifiuto e non<br />

certo una opportunità. Sbagliato,<br />

non si tratta di immondizia ma di<br />

materia prima che può essere utilizzata<br />

a fini industriali. Così abbiamo<br />

pensato di affidare la raccolta<br />

ad aziende che non danno costi<br />

all’amministrazione, perché sono<br />

‘pagate’ con quello che raccolgono.<br />

Anche in questo caso i vantaggi<br />

sono tre: si crea del lavoro e la<br />

città spende meno per lo smaltimento<br />

dei rifiuti e per la pulizia nelle<br />

aree verdi. Come vedi il principio<br />

è il medesimo: si parte da una<br />

criticità per creare nuove opportunità<br />

di impresa che, allo stesso<br />

tempo, migliorino l’ambiente e la<br />

qualità della vita».<br />

Restiamo alle aree verdi. I<br />

torinesi le sfruttano pienamente<br />

«Avviene sempre di più. E devo<br />

dire che sotto questo aspetto l’amministrazione è stata<br />

lungimirante. Una parte del merito va riconosciuta<br />

ad un nostro dirigente – Paolo Oddone – che, 15<br />

anni fa, pensò al progetto ‘<strong>Torino</strong> città d’acque’.<br />

L’obiettivo era ambizioso: rendere fruibili le sponde<br />

dei fiumi cittadini, al tempo in completo abbandono.<br />

Oggi quel piano si è completato al 90% e possiamo<br />

goderci un patrimonio straordinario, unico in Europa.<br />

Però, come in altri casi, si tratta sempre di azioni<br />

a lungo termine, dove bisogna immaginare il futuro<br />

ed avere a disposizione il tempo necessario per<br />

intervenire. Recentemente i torinesi sfruttano sempre<br />

meglio il loro patrimonio ambientale, anche se c’è<br />

ancora un ritardo nella lettura della città che definirei<br />

‘preolimpico’. Forse è arrivato il momento di cancellare<br />

quelle affermazioni, qualche volta sorprese,<br />

dove si commentano le nostre eccellenze dicendo<br />

‘non sembra neanche <strong>Torino</strong>’. Invece, per vedere davvero<br />

che cosa è diventata <strong>Torino</strong>, basta aprire bene<br />

gli occhi».<br />

Come passi il tuo tempo libero<br />

«Premesso che di tempo libero purtroppo non ne ho<br />

molto, quando gli impegni me lo consentono amo frequentare<br />

parchi e giardini insieme a mia figlia Neda,<br />

che ha due anni e mezzo. Con lei sono diventato un<br />

assiduo fruitore dei nostri giochi pubblici, molto belli<br />

e creativi facilitano la partecipazione corale. E poi adoro<br />

leggere. Mia moglie, che è antropologa, mi ha trasmesso<br />

la passione per i ‘diari di viaggio’; Chatwin e<br />

Kapuscinki sono tra i miei autori preferiti».<br />

Il tuo rapporto con la cucina Sei un gourmet<br />

«Più che altro sono uno straordinario cuoco! E per<br />

due semplici ragioni. Già a sei anni riscaldavo i piatti<br />

che mi avevano preparato e mettevo le mani in cucina.<br />

Dopo – nella mia esperienza di scout – ho sempre<br />

avuto il ruolo di cuoco e cambusiere. Insomma,<br />

ho imparato prestissimo… Da buon pugliese amo i<br />

prodotti del Sud, ma ho anche un pezzo di terra dove<br />

produco olio d’oliva. I miei piatti preferiti Impazzisco<br />

per i primi, pasta fatta in casa di matrice pugliese, adoro<br />

cucinarla e proporla agli amici».<br />

La nostra città ospita Nantes per ‘<strong>Torino</strong> incontra<br />

la Francia 2013’. Un brillante esempio di<br />

riconversione metropolitana, cosa ne pensi<br />

«Io sono innamorato della Francia, a Nantes sono stato<br />

recentemente e l’ho trovata splendida. Ci possono<br />

accomunare le ‘nuove vocazioni’, la capacità di<br />

reinventarsi. Loro hanno preso l’area più degradata<br />

– quella dell’isola, dove sorgevano i cantieri navali<br />

– trasformandola in una irresistibile esperienza culturale.<br />

Hanno rilanciato l’artigianato e la capacità<br />

manifatturiera, creando gigantesche ‘macchine’ che<br />

fanno rivivere il mito di Jules Verne. Quando faccio<br />

vedere le foto a mia figlia si ferma sempre ad ammirare,<br />

entusiasta, il grande elefante. Veramente<br />

formidabile». I

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