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Progetto - Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

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<strong>Progetto</strong> di ricerca<br />

1. Titolo Caratterizzazione ecologico-strutturale, dendroecologica e<br />

genetica <strong>del</strong>le cenosi con abete bianco (Abies alba Mill.) nel<br />

<strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> e <strong>Monti</strong> <strong>del</strong>la <strong>Laga</strong><br />

2. Istituzione<br />

proponente<br />

Università Politecnica <strong>del</strong>le Marche<br />

Dip.to di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali<br />

Via Brecce Bianche, 60131 Ancona<br />

Segreteria Amministrativa Tel.: 071-220 4859; Fax 071 220 4856;<br />

e-mail: m.a.alegi@univpm.it<br />

3. Coordinatore di<br />

progetto<br />

Prof. Carlo Urbinati<br />

Sezione: Gestione e Produzione Agraria e Forestale<br />

Area: Sistemi Forestali<br />

071 220 4274 - 071 220 4856<br />

c.urbinati@univpm.it www.univpm.it/carlo.urbinati<br />

4. Durata e<br />

importo progetto<br />

12 mesi 28.000 euro


Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

5. Curriculum <strong>del</strong><br />

coordinatore di<br />

progetto e<br />

pubblicazioni più<br />

significative<br />

relative<br />

all’argomento<br />

Laureato in Scienze Ambientali (<strong>Gran</strong>d Valley State University, USA), in Scienze Forestali<br />

(Università di Padova), dottore di Ricerca in Ecologia Forestale (Padova). Ricercatore<br />

all’Università di Padova fino al 2002 e poi professore associato presso l’Università<br />

Politecnica <strong>del</strong>le Marche (UNIVPM). Docente degli insegnamenti di “Dendrometria e<br />

Selvicoltura” nel Corso di Studio in Scienze Forestali e Ambientali (L), di “Gestione<br />

Sostenibile <strong>del</strong>le Risorse Forestali” nel corso di Studio in Scienze Agrarie e <strong>del</strong> Territorio<br />

(LM) e nella Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, profilo in "Gestione<br />

Sostenibile dei Sistemi collinari e montani". E’ responsabile <strong>del</strong> laboratorio di<br />

dendroecologia (TREERINGLAB) presso il D3A. Svolge attività di ricerca nei settori<br />

<strong>del</strong>l'ecologia forestale e <strong>del</strong>la selvicoltura, applicando metodologie d’analisi<br />

dendrocronologica, dendroclimatica, geostatistica e <strong>del</strong>la struttura verticale dei<br />

popolamenti forestali:<br />

- l’analisi dei dinamismi spazio-temporali <strong>del</strong>la vegetazione forestale in relazione ai<br />

cambiamenti climatici e globali, con particolare riferimento ad aree marginali ed al limite<br />

superiore <strong>del</strong> bosco;<br />

- la sensitività al clima ed ai disturbi antropogeni <strong>del</strong>le cenosi forestali alpine ed<br />

appenniniche;<br />

- la conservazione, gestione e valorizzazione di specie di conifere appenniniche (tasso e<br />

abete bianco);<br />

- la simulazione e implementazione di mo<strong>del</strong>li selvicolturali per la Gestione Forestale<br />

Sostenibile (GFS), con particolare riferimento ai boschi cedui appenninici. Partecipa a<br />

progetti di ricerca nazionale e internazionale, anche con funzione di coordinamento<br />

scientifico, fra i quali:<br />

progetto LIFE08 NAT /IT/000371 RESILFOR (REstoring SILver-fir FORest)<br />

finalizzato alla ricostituzione di boschi a dominanza di faggio con Abies alba<br />

nell’Appennino Tosco-Marchigiano.<br />

progetto “Codice Forestale Camaldolese. Le radici <strong>del</strong>la sostenibilità” (MIPAAF e<br />

INEA) finalizzato alla ricostruzione storica <strong>del</strong>la gestione forestale e <strong>del</strong>la<br />

selvicoltura camaldolese con particolare riferimento all’abete bianco.<br />

<strong>Progetto</strong> FORESTPAS2000 (Foreste e Pascoli <strong>del</strong>la Rete Natura 2000: Indirizzi di<br />

gestione sostenibile in Italia Centrale, MIPAAF D.M. 37469 28/12/2010) finalizzato<br />

a definire linee guida per la gestione <strong>del</strong>le risorse forestali e pastorali in aree<br />

Rete Natura 2000 di Marche e Umbria.<br />

E' autore di oltre 50 pubblicazioni in riviste nazionali ed internazionali e svolge attività<br />

editoriale per numerose riviste scientifiche internazionali, fra le quali:<br />

Carrer M., Urbinati C., (2001) Spatial analyses of structural and tree-ring related parameters in a timberline<br />

forest of Italian Alps. Journal of Vegetation Science, 12: 643-652.<br />

Carrer M., Urbinati C., (2001) Assessing climate-growth relationships: a comparative study between linear and<br />

non-linear methods. Dendrochronologia 19: 57-65.<br />

Carrer M., Urbinati C (2003) Age dependent tree-ring growth responses to climate of Larix decidua Mill. and<br />

Pinus cembra L. Ecology 85(3): 730-740.<br />

Carrer M., Urbinati C. (2006). Long-term change in the sensitivity of tree-ring growth to climate forcing of Larix<br />

decidua (L.), New Phytologist 170:861-872.<br />

Buentgen U., Frank D., Wilson R., Carrer M., Urbinati C. Esper J. (2008). Testing for tree-ring divergence in the<br />

European Alps. Global Change Biology, 14: 2443–2453, doi: 10.1111/j.1365-2486.2008.01640.x.<br />

Gallucci V., Urbinati C. (2009). Dinamismi di accrescimento e sensitività climatica <strong>del</strong>l’abete bianco (Abies alba<br />

Mill.) nel SIC Alpe <strong>del</strong>la Luna-Bocca Trabaria (PU). Forest@ 6 (1): 85-99 [doi: 10.3832/efor0564-006].<br />

Corona C., Guiot J., Edouard J. L., Chalie F., Buentgen U., Nola P., Urbinati C. (2010). Millennium-long summer<br />

temperature variations in the European Alps as reconstructed from tree rings. Climate of the Past, 6: 379-<br />

400.<br />

Carrer M., Nola P., Motta R., Urbinati C. (2010). Contrasting tree-ring growth to climate responses of Abies alba<br />

toward the southern limit of its distribution area. Oikos, 119: 1515–1525 (doi: 410.1111/j.1600-<br />

0706.2010.18293.x)<br />

Bagnara L., Urbinati C. (2010) <strong>Progetto</strong> per la conservazione e la valorizzazione ambientale <strong>del</strong>l’area floristica n<br />

51 “Macchia <strong>del</strong>le Tassinete” (MC). Comune di Cingoli, Regione Marche.<br />

Gallucci V., Urbinati C. (2011). Abete bianco nelle faggete dei <strong>Monti</strong> <strong>del</strong>la <strong>Laga</strong>: quattro secoli di storia negli<br />

anelli legnosi. Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi, 174: 13-16.<br />

Piermattei A., Renzaglia F., Urbinati C. (2012). Recent expansion of Pinus nigra Arn. above the treeline in the<br />

Central Apennines, Italy . Annals of Forest Sciences: 69 (4): 509-517.<br />

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Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

6. Parole chiave<br />

Abies alba, faggete appenniniche, struttura cronologico-spaziale, sensitività<br />

climatica, variabilità genetica, frammentazione <strong>del</strong>l’habitat, potenziale<br />

adattativo, valorizzazione ecosistemica.<br />

7. Il progetto di ricerca<br />

7.1 Introduzione<br />

L’attuale distribuzione <strong>del</strong>la variabilità genetica nell’abete bianco al limite inferiore <strong>del</strong> suo areale dipende<br />

principalmente: A) dalle dinamiche di ricolonizzazione postglaciale e B) dalle conseguenze demografiche<br />

e genetiche <strong>del</strong>l’attuale distribuzione frammentata. L’ipotesi più accreditata è che l’abete bianco sia<br />

sopravvissuto durante l’ultima glaciazione in un numero esiguo di popolazioni di piccole dimensioni in<br />

alcuni rifugi <strong>del</strong>l’Europa meridionale (nei Balcani, in Italia centro-meridionale e in Spagna) (Konnert e<br />

Bergmann 1995) dai quali si sarebbe nuovamente diffuso verso nord. Raggiunta la massima diffusione nel<br />

Medioevo, la sua distribuzione, soprattutto nell’area circum-mediterranea, sarebbe stata principalmente<br />

mo<strong>del</strong>lata dallo sfruttamento antropico (Terhurne-Berson et al. 2004, Liepelt et al. 2009, Piovani et al.<br />

2010). La penisola italiana è probabilmente la porzione <strong>del</strong>l’areale <strong>del</strong>la specie meno studiata con<br />

strumenti genetici (Zieghenaghen et al. 2005 e Liepelt et al. 2009). Non è chiaro quale sia l'origine <strong>del</strong>le<br />

popolazioni <strong>del</strong>l'Italia centrale e la loro relazione con i popolamenti <strong>del</strong>l’Appennino settentrionale e<br />

meridionale (Konnert e Bergmann 1995, Vicario et al. 1995, Parducci et al. 1996). Le ipotesi più accreditate<br />

propongono un’espansione dal probabile rifugio calabro-lucano (Parducci et al. 1996) o che rappresentino<br />

loro stesse un’area rifugio (Konnert e Bergmann 1995, Vendramin et al. 1999, Terhurne-Berson et al.<br />

2004). Un'ipotesi più recente sostiene infine che l'Appennino nord-occidentale possa essere stato a sua<br />

volta un rifugio glaciale (Muller et al. 2007). La determinazione <strong>del</strong>l’origine dei popolamenti<br />

<strong>del</strong>l’Appennino centrale e <strong>del</strong>le loro relazioni con gli altri nuclei appenninici è dunque di cruciale<br />

importanza sia da un punto di vista storico-evolutivo che, soprattutto, per permettere la corretta gestione<br />

<strong>del</strong>le risorse genetiche (la cui variabilità solitamente è tanto maggiore quanto più vicine sono le<br />

popolazioni alle aree rifugio) e per una progettazione di strategie di conservazione in-situ. I nuclei<br />

<strong>del</strong>l’Appennino centrale sono caratterizzati da una distribuzione frammentata e da una posizione<br />

marginale rispetto all’areale <strong>del</strong>la specie, caratteristiche che possono portare ad un’accelerazione dei<br />

processi che determinano erosione <strong>del</strong>la variabilità genetica (Eckert et al. 2008). La perdita di biodiversità<br />

causata dall’erosione genetica è considerata una <strong>del</strong>le minacce più pressanti per la sopravvivenza degli<br />

ecosistemi forestali a livello globale. Un’elevata variabilità genetica è fondamentale per una popolazione<br />

per mantenere un potenziale adattativo adeguato, e questo è particolarmente importante per le specie<br />

forestali in quanto poco adatte a migrare rapidamente per fronteggiare i cambiamenti ambientali (Willi et<br />

al. 2006).<br />

Il ruolo <strong>del</strong>le popolazioni periferiche è considerato importante per la conservazione <strong>del</strong>la biodiversità,<br />

poiché solitamente queste popolazioni hanno caratteristiche genetiche peculiari (es. conservazione <strong>del</strong>la<br />

variabilità genetica nelle aree rifugio durante le glaciazioni) e poiché è probabile che esse abbiano subito<br />

differenti pressioni selettive rispetto a quelle al centro <strong>del</strong>l’areale (Hampe & Petit 2005, Leonardi et al.<br />

2012). Nonostante ciò è stato dimostrato che per molte specie di conifere europee i cambiamenti climatici<br />

stanno determinando un netto calo di sopravvivenza e crescita al limite inferiore <strong>del</strong>l’areale, accelerando<br />

la perdita di variabilità genetica (Reich & Oleksyn 2008). Tale impoverimento genetico è stato<br />

recentemente evidenziato per le popolazioni frammentate di abete bianco <strong>del</strong>l’Appennino tosco-emiliano<br />

(Piovani et al. 2010).<br />

L’ attuale frammentazione <strong>del</strong>l’areale appenninico <strong>del</strong>l’abete bianco, oltre che dai driver climatici <strong>del</strong><br />

post-glaciale, è stato determinato anche dall’intervento antropico soprattutto in tempi più recenti. Tale<br />

fattore in molti casi ha determinato la rarefazione <strong>del</strong>la specie, ma in altri ne ha favorito la diffusione, in<br />

virtù <strong>del</strong>l’elevato valore economico degli assortimenti legnosi, sebbene anche con materiale di<br />

3


Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

4<br />

provenienza alloctona, con conseguenti<br />

problemi di rimescolamento genetico (Fig. 1).<br />

L’abete bianco appenninico è attualmente<br />

presente sia in popolamenti puri, monospecifici,<br />

di origine prevalentemente artificiale sia misti e<br />

naturaliformi, prevalentemente in cerrete e<br />

faggete.<br />

I caratteri strutturali e compositivi dei boschi<br />

con abete bianco sono spesso il risultato dei<br />

pregressi interventi selvicolturali eseguiti a<br />

carico direttamente <strong>del</strong>l’abete o <strong>del</strong>le altre<br />

specie (es. ceduazioni nella faggeta) e, più<br />

recentemente, <strong>del</strong>l’abbandono gestionale che<br />

caratterizza molti popolamenti forestali,<br />

soprattutto all’interno di aree protette o Rete<br />

Natura2000. La mancanza o carenza <strong>del</strong>le<br />

tradizionali attività selvicolturali che spesso<br />

hanno garantito la sopravvivenza <strong>del</strong>l’abete<br />

bianco, sta determinando importanti<br />

problematiche relative soprattutto alla<br />

rinnovazione <strong>del</strong>la specie e quindi alla<br />

conservazione dei boschi con abete bianco,<br />

obiettivo prioritario da garantire, così come determinato dalla Direttiva europea 92/43 “Habitat”, che<br />

considera prioritari gli habitat di faggeta appenninica con abete bianco (9210* – Faggeti degli Appennini<br />

con Taxus e Ilex; 9220* – Faggeti degli Appennini con Abies alba; 9510* – Foreste sud-appenniniche di<br />

Abies alba). Inoltre gli habitat con abete bianco risultano di rilevante importanza anche ai fini <strong>del</strong>la<br />

salvaguardia di alcune specie prioritarie di rapaci diurni tutelati ai sensi <strong>del</strong>la Direttiva europea 79/409<br />

“Uccelli” che prediligono le abetine come habitat di nidificazione (Bartolucci et al. 2007).<br />

7.2 Contestualizzazione <strong>del</strong> progetto<br />

Fig. 1. Areale <strong>del</strong>l’abete bianco<br />

e fitonimi specifici nel settore<br />

appenninico (Urbinati et al.<br />

2012, in prep.)<br />

Attualmente in Abruzzo vi sono tre principali ambiti in cui si annovera la presenza di popolazioni<br />

autoctone di abete bianco (Rovelli 1986, 1994, 1997, Gallucci et al., 2012):<br />

1) nei <strong>Monti</strong> <strong>del</strong>la <strong>Laga</strong>, in provincia di Teramo;<br />

2) nel gruppo <strong>del</strong> <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong>, sempre in provincia di Teramo;<br />

3) nei <strong>Monti</strong> Frentani (Abetina di Rosello, Selva <strong>Gran</strong>de, Monte Montaldo e Cascate <strong>del</strong> Verde), in<br />

provincia di Chieti.<br />

A questi si possono aggiungere alcuni popolamenti di origine artificiale: Fonte Vetica (AQ) e Bosco <strong>del</strong><br />

Pelinca (PE) nel <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong>, Carsoli e Fosso Fioio sui <strong>Monti</strong> Carseolani, Monte Rotondo, Aremogna,<br />

Alfedena (AQ), nei pressi di Roccaraso, Monte Porrara e Bocca di Valle nella Majella (CH).<br />

Il <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>del</strong> <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> e <strong>Monti</strong> <strong>del</strong>la <strong>Laga</strong> ospita pertanto gran parte <strong>del</strong> contigente di abete<br />

bianco regionale, soprattutto all’interno di faggete seminaturali lungo un gradiente altitudinale compreso<br />

fra 1200 e 1700 m slm (Fig. 2, Tab.1). Le analisi palinologiche evidenziano una maggiore diffusione<br />

pregressa <strong>del</strong>la specie in Abruzzo (Marchetti 1936, Marchesoni 1957, 1959), ma non consentono di<br />

attribuire con certezza ai nuclei di abete attuali il carattere residuale <strong>del</strong>le cenosi originarie. Essi si<br />

presentano sia con struttura verticale e distribuzione spaziale naturaliformi, sia con caratteri di più<br />

evidente artificialità.<br />

Numerose cenosi forestali, soprattutto faggete, sono caratterizzate da una prolungata fase postcolturale,<br />

condizione che ha determinato strutture spaziali e dinamismi di accrescimento non<br />

propriamente idonee alla conservazione <strong>del</strong>l’abete bianco (Gallucci & Urbinati 2011). E’ il caso dei nuclei<br />

con abete bianco nelle faggete <strong>del</strong>la Macera <strong>del</strong>la Morte, nel settore marchigiano <strong>del</strong> PNGSML in località<br />

Colle <strong>del</strong>l’Abete (comune di Acquasanta Terme, AP), dove il rapido accrescimento dei polloni di faggio <strong>del</strong>


Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

ceduo invecchiato ha determinato una progressiva ed eccessiva dominanza sull’abete bianco che si trova<br />

ora in condizioni vegetative estremamente precarie solo nel piano dominato (Gallucci e Urbinati, 2011).<br />

Recenti analisi hanno evidenziato: a) un’elevata variabilità genetica <strong>del</strong>l’abete bianco nel sito, b) la<br />

presenza di individui plurisecolari di abete bianco (anche > 350 anni), c) l’elevato apporto <strong>del</strong>le specie<br />

diverse dal faggio alla stratificazione <strong>del</strong>la struttura verticale (Life e Santini 2012, Belletti et al. 2012). A tale<br />

scopo, con il progetto LIFE+ RESILFOR (www.resilfor.eu), sono state previste azioni di conservazione e<br />

valorizzazione <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>l’abete sia mediante impianti con materiale locale (microarboreti), sia con<br />

diradamenti selettivi, cercinature, ecc. a carico <strong>del</strong> faggio intorno agli individui target. Appare<br />

fondamentale, anche ai fini di una programmazione e pianificazione di eventuali interventi colturali<br />

migliorativi, approfondire le conoscenze sulle più significative cenosi con abete bianco presenti nel<br />

settore abruzzese <strong>del</strong> PNGSML.<br />

Fig. 2 – Localizzazione dei principali nuclei di abete bianco presenti nel PNGSML<br />

n.sito Toponimo Settore Comune Provincia<br />

1 Cortino <strong>Laga</strong> Cortino Teramo<br />

2 Altovia <strong>Laga</strong> Cortino Teramo<br />

3 Bosco <strong>del</strong>la Martese <strong>Laga</strong> Rocca Santa Maria Teramo<br />

4 Macchiatornella <strong>Laga</strong> Cortino Teramo<br />

5 Monte Pelone <strong>Laga</strong> Valle Castellana Teramo<br />

6 Colle Romicito <strong>Laga</strong> Valle Castellana Teramo<br />

7 Rio Castellano <strong>Laga</strong> Valle Castellana Teramo<br />

8 Colle Abetone <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Fano Adriano Teramo<br />

9 Segadacqua <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Crognaleto Teramo<br />

10 Pian <strong>del</strong>l'abete <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Crognaleto Teramo<br />

11 Lamalunga <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Fano Adriano Teramo<br />

12 Incodaro <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Fano Adriano Teramo<br />

13 Vadillo <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Fano Adriano Teramo<br />

14 Selva degli abeti <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Tossiccia Teramo<br />

15 Canaloni (Fosso Ravano) <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> Crognaleto Teramo<br />

Tab. 1 – Elenco dei principali nuclei abete bianco presenti nel PNGSML localizzati in Fig. 2<br />

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Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

7.3 Obiettivi e fasi <strong>del</strong> progetto<br />

Il presente progetto, nell’ambito <strong>del</strong> quale sarà attivato un assegno di ricerca presso UNIVPM, si propone<br />

quattro obiettivi primari da realizzare all’interno <strong>del</strong>le cenosi con abete bianco con particolare riferimento<br />

a quelle riferibili agli habitat 9210 (Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex) e 9220 (Faggeti degli<br />

Appennini con Abies alba) <strong>del</strong> settore abruzzese <strong>del</strong> PNGSML:<br />

1. determinare la struttura (spaziale e cronologica) <strong>del</strong>le cenosi selezionate e la capacità di rinnovazione<br />

<strong>del</strong>l’abete bianco;<br />

2. ricostruire la dinamica di accrescimento radiale e valutare la sensitività climatica attuale e pregressa<br />

<strong>del</strong>l’abete bianco;<br />

3. caratterizzare la struttura genetica di una parte significativa dei popolamenti di abete bianco per<br />

valutarne la variabilità genetica ed il potenziale adattativo, oltre a verificare l’effettiva autoctonia dei<br />

nuclei indagati;<br />

4. definire indirizzi gestionali per la conservazione, il miglioramento funzionale e la valorizzazione <strong>del</strong>le<br />

cenosi in oggetto e <strong>del</strong>l’abete bianco in particolare.<br />

7.4 Fasi operative <strong>del</strong> progetto<br />

1. Raccolta e analisi cartografica su piattaforma GIS per l’identificazione e la caratterizzazione preliminare<br />

dei siti di Tab. 1 e recupero dei dati storici e ambientali (dati climatici, cartografia e bibliografia<br />

tematica) (Con la collaborazione <strong>del</strong> personale <strong>del</strong>l’Ente <strong>Parco</strong>)<br />

2. Esecuzione di sopralluoghi per verificare l’idoneità <strong>del</strong>le cenosi alle analisi previste (estensione,<br />

distribuzione spaziale, stato vegetativo, presenza di rinnovazione (con la collaborazione <strong>del</strong> personale<br />

<strong>del</strong>l’Ente <strong>Parco</strong> o <strong>del</strong>l’UTB <strong>del</strong> CFS):<br />

a. Georeferenziazione puntuale o areale di tutti i principali nuclei identificati<br />

b. Caratterizzazione fisionomico-strutturale di tutti i principali nuclei identificati<br />

3. Selezione dei siti idonei per i campionamenti di dettaglio finalizzati alle analisi a) dendrometricostrutturali,<br />

b) dendrocronologiche e c) genetiche<br />

a. Rilevamento dei principali caratteri di contestualizzazione stazionale nei siti (fisiografici,<br />

amministrativi, naturalistici, storico-culturali, ecc.)<br />

b1. Rilevamenti dei principali parametri quali-quantitativi in aree di saggio tradizionali (anche<br />

relascopiche) e, solo nei siti più rappresentativi, in aree di saggio permanenti.<br />

b2. Prelievo di carote legnose su un congruo numero di individui di abete bianco<br />

c. Prelievo di campioni per analisi genetiche dalla maggior parte dei nuclei presenti per la<br />

verifica <strong>del</strong>l’autoctonia. Successivamente verrà svolto un campionamento più intensivo nei<br />

nuclei ritenuti di maggiore interesse per una caratterizzazione puntuale <strong>del</strong>la variabilità<br />

genetica e <strong>del</strong> potenziale adattativo di tali popolamenti.<br />

4. Elaborazione ed analisi dei dati raccolti<br />

a. Restituzione cartografica e mappatura di tutti i rilevamenti eseguiti in campo (con la<br />

collaborazione <strong>del</strong> personale <strong>del</strong>l’Ente <strong>Parco</strong>).<br />

b1. Calcolo di indici di diversità strutturale su base diametrica, ipsometrica e cronologica.<br />

b2. Caratterizzazione <strong>del</strong>le serie e dei dinamismi di accrescimento radiale, determinazione <strong>del</strong>la<br />

sensitività climatica.<br />

c1. Ricostruzione <strong>del</strong>le relazioni filogenetiche tra i popolamenti campionati e i restanti nuclei<br />

presenti lungo la dorsale appenninica (caratterizzati geneticamente in un recente progetto<br />

<strong>del</strong>l’IGV-CNR di Firenze e <strong>del</strong>l’Università di Parma) tramite metodi di clustering bayesiano e<br />

metodi di filogenesi classica.<br />

c2. Stima dei principali parametri per descrivere la struttura e la variabilità genetica dei<br />

popolamenti indagati.<br />

c3. Analisi integrata dei dati dendrocronologici e genetici<br />

d. Determinazione di eventuali pattern distributivi dei diversi parametri analizzati sull’intero<br />

territorio indagato<br />

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Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

5. Definizione degli indirizzi per la conservazione e la gestione <strong>del</strong>l’habitat prioritario *9220 (Faggeti degli<br />

Appennini con Abies alba e Abies nebrodensis), da includere nella pianificazione e nella<br />

regolamentazione <strong>del</strong> <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>del</strong> <strong>Gran</strong> <strong>Sasso</strong> e <strong>Monti</strong> <strong>del</strong>la <strong>Laga</strong>.<br />

7.5 Caratterizzazione <strong>del</strong>le attività previste<br />

1. Analisi cartografica<br />

a. Allestimento cartografico di specifici layer tematici per la caratterizzazione preliminare dei siti di<br />

studio (DTM, accessibilità, carta vegetazione, tipi forestali, habitat Natura 2000, vincoli ambientali,<br />

ecc.)<br />

2. Esecuzione di sopralluoghi e realizzazione<br />

a. Georeferenziazione puntuale o areale di tutti i principali nuclei identificati<br />

b. Sommaria caratterizzazione fisionomico-strutturale di tutti i principali nuclei identificati<br />

3. Metodi di campionamento<br />

a. Compilazione di schede descrittive <strong>del</strong>le caratteristiche stazionali, <strong>del</strong>l’assetto fisionomico e<br />

gestionale (densità, origine e funzione <strong>del</strong> bosco, tipo di governo e trattamento, accessibilità,<br />

disturbi, etc.).<br />

b1. Realizzazione di aree di saggio circolari di dimensione variabile (10-20 m di raggio) o relascopiche<br />

in relazione alla struttura e densità dei soprassuoli: cavallettamento totale con soglie diametriche<br />

da definire in loco, rilevamento ipsometrico su un campione rappresentativo <strong>del</strong>le altezze. Il<br />

numero di aree di saggio da realizzare in ogni sito sarà variabile in funzione <strong>del</strong>l’estensione e dei<br />

caratteri <strong>del</strong>le cenosi.<br />

Realizzazione di un numero limitato di aree permanenti (n. 2-3) di almeno 1200 m 2 di superficie,<br />

con mappatura e cartellinatura degli individui arborei presenti, misurazione diametro <strong>del</strong> fusto,<br />

altezza totale e di inserzione <strong>del</strong>la chioma, 4 proiezioni cardinali a terra <strong>del</strong>la chioma, stato<br />

vegetativo, presenza rinnovazione.<br />

b2. Campionamento dendrocronologico (prelievo di carotine legnose) su almeno 20 individui di abete<br />

bianco per ogni popolamento, distribuiti per posizione sociale. il campionamento interesserà gli<br />

individui presenti all’interno <strong>del</strong>le aree di saggio ma verrà esteso alle aree circostanti per ricercare<br />

individui dominanti, più vecchi, utili all’allungamento <strong>del</strong>le cronologie medie ed alla ricostruzione<br />

<strong>del</strong>le dinamiche di accrescimento.<br />

c. Prelievo di pochi aghi da circa 300 individui da ripartire tra il campionamento diffuso <strong>del</strong>la<br />

maggior parte dei popolamenti per lo studio <strong>del</strong>le relazioni filogenetiche tra popolamenti e la<br />

verifica <strong>del</strong>l’autoctonia e il campionamento intensivo dei popolamenti ritenuti più interessanti per<br />

un approfondimento sulla distribuzione <strong>del</strong>la variabilità genetica e sul potenziale adattativo.<br />

4. Metodi di analisi<br />

a. Database relativo a tutti i siti campionati.<br />

b1. Analisi degli assetti strutturali anche mediante utilizzo di indici di diversità di stratificazione<br />

verticale (Vertical Evenness, T-Strat, ecc..) e dove possibile analisi geostatistica (point-pattern e<br />

surface pattern analysis) per individuare eventuali pattern di distribuzione spaziale.<br />

b1. Costruzione di cronologie (assolute, indicizzate o BAI) dei singoli individui arborei e medie<br />

stazionali, per classe cronologica o posizione sociale.<br />

Calcolo <strong>del</strong>le relazioni clima-accrescimento per l’individuazione dei fattori climatici limitanti<br />

l’accrescimento radiale <strong>del</strong>l’abete bianco:<br />

1) relazioni clima-accrescimento medie, calcolate come correlazione media tra serie di ampiezza<br />

standardizzata degli anelli e corrispondenti serie storiche di parametri climatici con procedura<br />

bootstrap;<br />

2) relazioni clima-accrescimento mobili (moving correlations), cioè calcolate su finestre temporali<br />

di ampiezza prescelta per valutare la variabilità pregressa <strong>del</strong>la risposta al clima ed ipotizzare<br />

possibili tendenze alla variabilità climatica in atto.<br />

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Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

c1. Analisi genetiche: genotipizzazione di tutti gli individui campionati con un set di 16 marcatori<br />

microsatellite recentemente sviluppato dal laboratorio <strong>del</strong>l’IGV-CNR di Firenze.<br />

c2. Analisi <strong>del</strong>la variabilità genetica e <strong>del</strong>la struttura genetica spaziale mediante calcolo degli indici di<br />

eterozigosi, allelic richness, coefficiente di inbreeding, indici di differenziazione, analisi<br />

<strong>del</strong>l’autocorrelazione spaziale.<br />

c3. Analisi <strong>del</strong>le relazioni filogenetiche tra le popolazioni campionate e conseguente verifica<br />

<strong>del</strong>l’autoctonia mediante alberi filogenetici (Neighbour-joining, UPGMA), clustering bayesiano<br />

(Structure, Geneland), componenti principali spaziali (sPCA), analisi discriminante (DAPC) .<br />

d. Applicazione di tecniche di analisi multivariata (cluster analysis, PCA, analisi <strong>del</strong>le corrispondenze)<br />

per determinare la presenza di tendenze, pattern e traiettorie <strong>del</strong>le diverse variabili misurate.<br />

8. Unità operative coinvolte nel progetto<br />

8.1 Ente capofila <strong>del</strong> progetto<br />

Dip.to D3A (UNIVPM) svolge attività di ricerca scientifica, didattica universitaria ed attività per conto terzi<br />

nelle sezioni di Agricoltura suolo ed Ambiente, Economia e Tecnologie Agro-alimentari, Produzione e<br />

Gestione Agraria e Forestale, Scienze Molecolari, Microbiologiche, Zootecniche.<br />

All’interno <strong>del</strong>la sezione di Sezione di Gestione e Produzione Agraria e Forestale, l’Area di Sistemi<br />

Forestali, svolge ricerche in due ambiti principali: 1) l’analisi <strong>del</strong>le risposte degli ecosistemi forestali ai<br />

cambiamenti d’uso <strong>del</strong> suolo e <strong>del</strong> clima; 2) la definizione di mo<strong>del</strong>li per la gestione sostenibile e<br />

multifunzionale <strong>del</strong>le risorse forestali mediante l’utilizzo di tecniche di analisi geostatistica,<br />

dendrocronologica e dendroclimatica. In relazione a tali dinamismi ambientali è opportuno adattare le<br />

tecniche di gestione forestale, e quindi da alcuni anni il gruppo di ricerca sviluppa mo<strong>del</strong>li di gestione<br />

sostenibile per garantire le molteplici funzioni richieste oggi alle risorse forestali (conservazione <strong>del</strong>la<br />

biodiversità, capacità di stoccaggio <strong>del</strong> carbonio, difesa idrogeologica, produzione di legname da opera,<br />

legno energia e servizi vari, ecc.).<br />

8.2 Collaborazioni<br />

Per le analisi genetiche il D3A si avvarrà <strong>del</strong>la collaborazione <strong>del</strong>l’Istituto di Genetica Vegetale <strong>del</strong><br />

Consiglio <strong>Nazionale</strong> <strong>del</strong>le Ricerche, Unità organizzativa di Firenze (IGV-CNR-FI), in particolare <strong>del</strong> dott.<br />

Giovanni Giuseppe Vendramin (coordinatore) e <strong>del</strong> dott. Andrea Piotti oltre che <strong>del</strong>la dott.ssa Cristina<br />

Leonarduzzi <strong>del</strong> Dipartimento di Bioscienze <strong>del</strong>l’Università di Parma.<br />

Il dott. Giovanni G. Vendramin (giovanni.vendramin@igv.cnr.it) laureato in Scienze Forestali all’Università<br />

di Firenze, dal 1986 è ricercatore presso l’lstituto di Genetica Vegetale <strong>del</strong> Consiglio <strong>Nazionale</strong> <strong>del</strong>le<br />

Ricerche <strong>del</strong> quale è attualmente dirigente di ricerca. L’ambito principale di ricerca è la conservazione<br />

<strong>del</strong>le risorse genetiche degli alberi forestali, sia di conifere che di latifoglie attraverso lo studio <strong>del</strong>la<br />

variabilità genetica e dei flussi genici al fine di valutarne gli aspetti filogeografici, <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>le<br />

migrazioni e l’organizzazione <strong>del</strong> genoma vegetale, anche mediante metodi molecolari (SSRs, SNPs).<br />

Partecipa e coordina numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali nel settore <strong>del</strong>la genetica degli<br />

alberi forestali. Collabora con numerose riviste scientifiche ed è autore di centinaia di pubblicazioni a<br />

stampa, in riviste e libri nazionali e internazionali, fra le quali:<br />

L. Parducci, A.E. Szmidt, A. Madaghiele, M. Anzidei, G.G. Vendramin (2001) – Family structure in Abies nebrodensis (Lojac.) Mattei and<br />

differentiation from related Abies species using allozymes and chloroplast microsatellites. Theoretical and Applied Genetics 102: 733-740.<br />

C. Vettori, G. G. Vendramin, M. Anzidei, R. Pastorelli, D. Paffetti, R. Giannini (2004) - Geographic distribution of chloroplast variation in Italian<br />

populations of beech (Fagus sylvatica L.). Theoretical and Applied Genetics 109: 1-9.<br />

O.K. Hansen, G.G. Vendramin, F. Sebastiani, K.J. Edwards (2005) - Development of microsatellite markers in Abies nordmanniana (Stev.) Spach<br />

and cross-species amplification in the Abies genus. Molecular Ecology Notes 5: 784-787<br />

R. Cheddadi, G.G. Vendramin, T- Litt, L. François, M. Kageyama, S. Lorentz, J-M Laurent, J-L de Beaulieu, L. Sadori, A. Jost, D. Lunt (2006) -<br />

Imprints of glacial refugia in the modern genetic diversity of Pinus sylvestris. Global Ecology and Biogeography 15: 271-282.<br />

E. Cremer, S. Liepelt, F. Sebastiani, A. Buonamici, I.M. Michalczik, B. Ziegenhagen, G.G. Vendramin (2006) - Identification and characterization of<br />

nuclear microsatellite loci in Abies alba Mill. Molecular Ecology Notes 6: 374-376.<br />

D. Magri, G.G. Vendramin, B. Comps, I. Dupanloup, T. Geburek, D. Gömöry, M. Latalowa, T. Litt, L. Paule, J.M. Roure, I. Tantau, W.O. van der<br />

Knaap, R.J. Petit, J-L de Beaulieu (2006) - A new scenario for the Quaternary history of European beech populations: palaeobotanical<br />

8


Abete bianco Settembre 2012 UNIVPM - CNR - PNGSML<br />

evidence and genetic consequences. New Phytologist 171: 199-221<br />

Buiteveld, G.G. Vendramin, S. Leonardi, K. Kamer, T. Geburek (2007) - Genetic diversity and differentiation in European beech (Fagus sylvatica L.)<br />

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D. Grivet, F. Sebastiani, R. Alía, T. Bataillon, S. Torre, M. Zabal-Aguirre, G. G. Vendramin, S.C. González-Martínez (2011) Molecular footprints of local<br />

Adaptation in two Mediterranean conifers, Mol Biol Evol. 28 (1): 101-116.<br />

9 Bibliografia citata<br />

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9


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10. Cronoprogramma <strong>del</strong>le attività<br />

Mesi<br />

Azioni 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12<br />

10.1. Raccolta documentazione e<br />

cartografia esistente<br />

10.2. Allestimento preliminare <strong>del</strong>la<br />

cartografia<br />

10.3. Prima fase rilevamenti di campo<br />

(autunno 2012) in alcune formazioni<br />

rappresentative<br />

10.4. Analisi dei dati raccolti<br />

(strutturali, dendroecologici e<br />

genetici)<br />

10.5. Aggiornamento cartografico<br />

10.6. Definizione preliminare degli<br />

indirizzi di gestione<br />

10.7 Seconda fase rilevamenti di<br />

campo (primavera-estate 2013) nelle<br />

restanti formazioni selezionate<br />

10.8 Analisi globale dei dati;<br />

integrazione cartografica e degli<br />

indirizzi gestionali<br />

10.9 Relazione finale e presentazione<br />

pubblica dei risultati<br />

Ancona 14 settembre 2012<br />

Il coordinatore <strong>del</strong> progetto<br />

Prof. Carlo Urbinati<br />

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