“Lo strano caso della contaminazione del grano ... - Tutto Sanità
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apporto tra la tensione di vapore acqueo <strong>del</strong> prodotto e la<br />
tensione di vapore <strong>del</strong>l’acqua alla stessa temperatura, con<br />
valori che variano tra 0 a 1).<br />
Questo fungo si sviluppa essenzialmente durante le fasi<br />
di stoccaggio dei cereali con valori di aw a partire da 0,80-<br />
0,85, corrispondenti ad un contenuto di umidità di circa<br />
16-17%. I fattori critici che determinano la <strong>contaminazione</strong><br />
con la micotossina sono il contenuto di umidità dei cereali<br />
da stoccare superiore al 14-15%, la <strong>contaminazione</strong> dei<br />
silos e attrezzature utilizzate per essiccare e trasportare le<br />
granaglie, ritardi nella fase di essiccamento <strong>del</strong>le granaglie<br />
prima <strong>del</strong>l’immagazzinamento, infiltrazioni di acqua o<br />
formazione di condensa durante l’immagazzinamento.<br />
È una micotossina molto resistente alle temperature<br />
elevate, all’irraggiamento solare e alla luce ultravioletta.<br />
Viene assorbita rapidamente nello stomaco e soprattutto<br />
nell’intestino tenue e viene distribuita principalmente nei<br />
reni e in misura minore in fegato, muscoli e grassi. Nel<br />
sangue si lega alle proteine sieriche, tra cui l’albumina, per<br />
cui viene eliminata molto lentamente con le urine. La<br />
determinazione di ocratossina nel sangue umano e nelle<br />
urine rappresenta un biomarker di esposizione tramite la<br />
dieta a livello individuale.<br />
È una potente nefrotossina in tutte le specie animali su<br />
cui è stata finora saggiata (topi, ratti, cani, suini, scimmie<br />
e polli). Altri effetti tossici <strong>del</strong>l’ocratossina<br />
comprendono cancerogenicità, teratogenicità,<br />
immunotossicità e neurotossicità. Il principale<br />
organo bersaglio <strong>del</strong>l’ocratossina rimane<br />
comunque il rene su cui provoca<br />
cancerogenicità a livello dei tubuli prossimali<br />
in misura proporzionale sia alla dose che al<br />
tempo di esposizione. Le specie più sensibili<br />
alla tossicità <strong>del</strong>l’ocratossina sono il cane e il suino.<br />
Il meccanismo con cui l’ocratossina causa nefrotossicità<br />
e cancerogenicità non è ancora noto, né se sia genotossica<br />
cioè capace di interagire direttamente con il DNA cellulare<br />
determinando mutazioni geniche. Pertanto l’ocratossina<br />
rimane inclusa nel Gruppo 2B secondo la classificazione<br />
<strong>del</strong>lo IARC (International Agency for Research on Cancer),<br />
cioè tra i composti con accertata cancerogenicità per gli<br />
animali e potenziale cancerogenicità per l’uomo.<br />
Esperti <strong><strong>del</strong>la</strong> FAO (Organizzazione <strong>del</strong>le Nazioni Unite<br />
per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e <strong>del</strong>l’OMS<br />
(Organizzazione Mondiale <strong><strong>del</strong>la</strong> <strong>Sanità</strong>) hanno stabilito per<br />
l’uomo la dose massima giornaliera tollerabile (TDI) di 16<br />
ng/kg di peso corporeo, arrotondata a 100 ng/kg di peso<br />
corporeo come dose massima settimanale tollerabile, in<br />
considerazione <strong>del</strong> lungo tempo di emivita plasmatica<br />
nell’uomo pari a 35,5 giorni, 10 volte maggiore rispetto a<br />
quanto osservato nel ratto.<br />
Secondo gli esperti <strong><strong>del</strong>la</strong> Commissione Europea (SCF,<br />
Scientific Committee for Food) sarebbe opportuno ridurre<br />
l’esposizione giornaliera all’ocratossina al disotto di 5<br />
ng/kg di peso corporeo.<br />
Indagini condotte sull’uomo con metodi analitici sempre<br />
più sensibili hanno permesso di rivelare la presenza di<br />
ocratossina a livelli sempre più bassi evidenziando<br />
percentuali molto elevate di campioni di sangue positivi<br />
È resistente alle<br />
alte temperature,<br />
all’irraggiamento<br />
solare e alla luce<br />
ultravioletta<br />
all’ocratossina. In particolare fino al 100% di campioni<br />
positivi sono stati riscontrati in numerose indagini condotte<br />
in diversi Paesi europei, anche se a livelli di concentrazione<br />
media relativamente bassi. Studi epidemiologici sono stati<br />
condotti nei Balcani, sempre nell’uomo, per verificare<br />
l’ipotesi di un coinvolgimento <strong>del</strong>l’ocratossina nell’eziologia<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> nefropatia endemica balcanica (BEN) e <strong>del</strong> carcinoma<br />
uroteliale che in quell’area geografica si verificano più<br />
frequentemente, ma con risultati contrastanti.<br />
Una diffusa presenza di ocratossina è stata riscontrata<br />
in tracce anche nel latte umano.<br />
La presenza di ocratossina è trascurabile invece nel<br />
latte vaccino e di altri ruminanti poichè i<br />
microrganismi presenti nel rumine<br />
detossificano l’ocratossina trasformandola<br />
in ocratossina • che viene escreta rapidamente<br />
con le urine.<br />
Dunque l’ocratossina è così diffusa negli<br />
alimenti che è praticamente impossibile<br />
ridurre a zero l’esposizione umana. D’altro<br />
canto normalmente i livelli di <strong>contaminazione</strong> sui diversi<br />
prodotti controllati risultano essere molto bassi.<br />
È stato calcolato che, sulla base dei livelli di<br />
<strong>contaminazione</strong> trovati nei diversi prodotti alimentari e dei<br />
consumi medi pro-capite determinati per fasce di età e<br />
abitudini alimentari, le quantità di ocratossina ingerite nei<br />
diversi Paesi europei derivano per circa il 50% dai cereali,<br />
seguiti da vino (13%), caffè (10%), spezie (8%), birra (5%),<br />
cacao (4%), frutta essiccata (3%, prevalentemente uva<br />
passa e uva sultanina) e prodotti carnei prevalentemente di<br />
origine suina (1%). L’esposizione media giornaliera<br />
comunque si attesterebbe su valori relativamente bassi.<br />
Aspetti legislativi<br />
I limiti di ocratossina A negli alimenti per l’uomo sono<br />
stabiliti dal Reg. (CE) n. 466/2001, successivamente<br />
modificato dai Regg. nn. 472/2002, 683/2004 e 123/2005.<br />
Questi regolamenti stabiliscono limiti massimi ammissibili<br />
che vanno da un minimo di 0,5 µg/kg (ppb) per gli alimenti<br />
dietetici e per bambini o lattanti fino ad un massimo di 10<br />
µg/kg per il caffè solubile e le uve secche, con valori di 5<br />
µg/kg per caffè torrefatto (compreso quello macinato), di<br />
2 µg/kg per vini, mosti e succhi d’uva, di 5 µg/kg per i<br />
cereali non lavorati (compreso riso non lavorato e <strong>grano</strong><br />
pugliasalute - trentatre - maggio 2006