I monumenti romani
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Dall’Agricoltura –all’Intercultura<br />
PACHINO – NUCET parlano la stessa lingua<br />
Scriviamo queste pagine per quelli che non hanno vissuto<br />
la nostra esperienza.,per quelli che, come noi, studiano la<br />
storia dai libri sui banchi di scuola. Confessiamo: non è<br />
stato facile! Però abbiamo lavorato, con passione, spinti<br />
dal desiderio di aiutare i nostri compagni a scoprire dai<br />
nostri occhi e dai nostri cuori la verità della storia e far<br />
luce nelle leggende.<br />
Ci ha fatto piacere scriverla, pensando che i nostri amici<br />
sentiranno, così come abbiamo sentito noi, che Romania e<br />
Italia hanno una storia di lavoro, di creazione, di lotta ed<br />
eroismo, che dobbiamo conoscere e amare, così come<br />
amiamo noi stessi. Perchè l'amore per il Paese deve<br />
essere lo stesso con i sentimenti con i quali siamo nati e<br />
con i quali dobbiamo crescere: profonda, seria, degna,<br />
nobile.<br />
Progetto linguistico Comenius 1 accordo n°05-ITA01-S2C02-00060-1
Dall’Agricoltura –all’Intercultura<br />
PACHINO – NUCET parlano la stessa lingua<br />
La Lupa Romana<br />
La leggenda di Roma<br />
Si racconta che molto tempo fà, quando i lupi erano<br />
fratelli con gli agnelli e giocavano insieme, viveva un<br />
imperatore e una imperatrice. Ed erano molto anziani, che<br />
appena potevano camminare per come erano gobbi .<br />
Avevano due bambini. Erano molto orgogliosi di loro e li<br />
amavano tantissimo perchè erano coraggiosi, forti e buoni<br />
con tutta la gente.<br />
E arrivò per i ragazzi il tempo di sposarsi. Trovarono due<br />
spose belle e fecero due matrimoni grandiosi, la loro<br />
notizia arrivò molto lontano. Dopo un po’ di tempo<br />
l'imperatore e l’imperatrice morirono, lasciando l'impero<br />
ai loro figli. Prima di morire consigliarono loro di essere<br />
buoni e perdonare la gente, di non discutere fra di loro e<br />
condurre l'impero a turno: un anno un fratello, l'hanno<br />
prossimo l'altro e così via.<br />
Il primo anno fu il turno del fratello maggiore. Comandò<br />
con gentilezza e giustizia un anno però, quando arrivò il<br />
turno del fratello minore, non glielo permise e mandò in<br />
prigione lui e sua moglie. Loro avevano una bimba.<br />
Rimasta senza genitori la bimba crebbe a casa di un<br />
buttero e quando divenne grande si sposò con il figlio<br />
delbuttero. Dopo un anno vennero alla luce due gemelli,<br />
bellissimi e carini come due perle. La loro mamma li<br />
amava come i suoi occhi, li coccolava e giocava con loro<br />
con tanto amore e gentilezza.<br />
Però quando l'imperatore, loro zio, sentì della loro<br />
nascita, mandò un servo di notte per rapirli e ucciderli e<br />
mandare in prigione la loro mamma. Però il servo non<br />
ebbe il coraggio di ammazzarli e li mise in una cesta e poi<br />
li posò lungo le rive del fiume.<br />
L'acqua li trascinò per molto tempo<br />
finche la cesta si<br />
fermò ….<br />
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Il posto era deserto, lontano da dove viveva la gente, solo<br />
animali selvaggi vivevano lì. Svegliatesi ed affamati, i<br />
bambini incominciarono a gridare. Si avvicinò loro una<br />
lupa e, come li vide, si ricordò dei suoi cuccioli che erano<br />
stati uccisi dai<br />
cacciatori i<br />
giorni scorsi.<br />
Al posto di<br />
mangiarli lei si<br />
mise intorno a<br />
loro come una<br />
madre e diede<br />
loro da<br />
mangiare.<br />
E cosi passò il<br />
tempo....<br />
I bambini divennero abbastanza grandi per correre in giro<br />
con i lupi. Un giorno alcuni pastori vennero a prenderli e li<br />
portarono in un ovile.<br />
Però non fu facile<br />
domarli, perchè i bambini<br />
erano forti, veloci nei<br />
movimenti e se venivano<br />
avvicinati cominciavano a<br />
gridare e mordere così come la<br />
lupa aveva insegnato. A loro<br />
non piaceva il latte o la carne<br />
cotta. Volevano solo carne<br />
cruda, senza sale e il latte<br />
fresco. Dormivano fuori, sulla<br />
terra fredda, non volevano<br />
dormire in casa, nel letto. Dopo<br />
molto tempo i pastori<br />
riuscirono ad abituare i bambini alla vita degli uomini.<br />
Impararono a parlare e a vestirsi come loro. E i nipoti del<br />
l’imperatore crebbero belli e forti come le fate delle favole.<br />
Furono chiamati Romulus e Remus.<br />
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La notizia della loro bravura, forza e bellezza andò molto<br />
lontano. E camminando loro nell’ impero scoprirono di<br />
essere i nipoti dell’ imperatore e che il loro nonno e la<br />
loro mamma erano in prigione. In quel momento, presi<br />
dalla furia,<br />
chiamarono<br />
tutti i<br />
pastori,<br />
presero<br />
l'imperatore<br />
e lo<br />
mandarono<br />
in prigione,<br />
e rimisero il<br />
loro nonno<br />
sul trono<br />
dove era il<br />
suo posto.<br />
Per<br />
ringraziarli il nuovo imperatore regalò ai suoi nipoti metà<br />
dell’ impero. Sul posto dove la lupa li aveva incontrati<br />
costruirono un palazzo grandissimo e bellissimo. E poiché<br />
non sapevano che nome dargli, decisero di mettersi alla<br />
prova: chi avrebbe avvistato più aquile insieme,avrebbe<br />
dato il proprio nome al palazzo.<br />
Remus vide sei aquile e Romulus dodici. E il palazzo si<br />
chiamò Roma, il nome di chi lo governò con pace e<br />
giustizia per molto tempo.<br />
La statua "La Lupa di Roma", simbolo della latinità del<br />
popolo romeno, è una presenza emblematica della<br />
capitale e di altre città del Paese<br />
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Dal 1997 a Bucarest, la troviamo ad aspettarci passando<br />
da Piazza Romana, all’ inizio del Bl.d Lascar Catargiu.<br />
Realizzata in bronzo, alta di 0.80m e messa su un<br />
basamento di pietra alto di 2.50 m, "La Lupa Romana"<br />
mantiene viva la legenda di coloro che hanno fondato<br />
Roma, Romulus e Remus, che sono stati salvati dalla<br />
morte, quando erano piccolini dalla lupa, che diede loro<br />
da mangiare il suo latte. Quest’anno, "La Lupa Romana"<br />
compia 100 anni.<br />
La statua è stata portata a<br />
Bucarest, come dono dello stato<br />
italiano, durante l'esposizione<br />
giubiliana "Carol 1-40 anni di<br />
signoria e Romania - 25 anni di<br />
regno", e sul suo basamento di<br />
pietra si può leggere "Regalo di<br />
Roma - 1906".<br />
In un primo tempo la statua fu nel Parco Carol I, dove fu<br />
esposta , poi un anno più tardi<br />
fu nel Museo Militare, che era<br />
situato nello stesso parco. Non<br />
rimase per molto tempo<br />
nemmeno li, nel 1908 fu portata<br />
nella ex Piazza di Roma, che si<br />
trova all’ entrata della via<br />
Lipscani, vicino al posto dove<br />
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oggi c’e il Magazzino Bucarest.<br />
Nel 1932, "La Lupa Romana" fu portata sul colle della<br />
Mitropolia. Dal 1946, quando i comunisti la spostarono di<br />
nuovo e fino al 1997, la statua è stata<br />
nella Piazza delle Confederazioni degli<br />
Stati Balcanici, posto conosciuto oggi<br />
come Parco Constantin Brancusi della<br />
Piaza Dorobanti. Questi movimenti della<br />
"Lupa Romana" ci fanno vedere che<br />
nell’arco di un secolo, in Bucarest non si è<br />
trovato un posto speciale per questo<br />
simbolo della latinità del popolo romeno e<br />
che il "regalo di Roma" è stato più un<br />
"inquilino" nella capitale della Romania che “un padrone di<br />
casa”. Il posto dove si trova oggi la rende accessibile per<br />
quelli che la vogliono vedere, è all’incrocio di Piazza<br />
Romana ed è stato rischioso per noi raggiungerla quando<br />
abbiamo voluto scattare delle foto, però è bene per la<br />
statua, perché è protetta. "La Lupa Romana" ha subito<br />
tre accidenti, il suo basamento di pietra è danneggiato.<br />
Però tranne questo, quest’anno "La Lupa Romana" compie<br />
100 anni.<br />
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Sicilia : Magna Grecia<br />
Attirati dalle bellezze naturali dell'isola, i greci si<br />
stabiliscono nel 735 a.C. circa lungo la costa orientale<br />
fondando, diversamente dai fenici, colonie di popolamento<br />
(colonie agrarie) e semplici empori. Allora la Sicilia era<br />
coperta da fertili terre vulcaniche, aree boscose e zone<br />
molto più ricche di risorse naturali: questo spinse i<br />
mercanti calcidici, venuti dall'Eubea, a fissare la loro<br />
dimora a Nasso, alle falde dell'Etna, e a fondare Leontini<br />
(attuale Lentini), come città prevalentemente agricola e<br />
Catania come città dedita ai commerci.Numerose altre<br />
colonie nascono poco dopo: Zancle (attuale Messina),<br />
Milazzo e Imera.<br />
Siracusa diviene la principale colonia greca nel 734 a.C.<br />
ad opera dei Corinzi venuti dopo i Calcidesi. Una serie di<br />
città elleniche si estende così lungo la costa insieme a<br />
Megara Iblea che, fondata dai megaresi, colonizza<br />
Selinunte, che successivamente fonda Eraclea Minoa.<br />
Circa un secolo dopo gli abitanti di Rodi e Creta avanzano<br />
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lungo la costa meridionale della Sicilia per fondarvi Gela<br />
da cui ha origine Agrigento nel 582.<br />
Tra i governi tirannici che si instaurano all'interno del<br />
paese hanno lunga durata quelli di Panenzio a Leontini, di<br />
Falaride ad Agrigento, di Ippocrate a Gela e di Gelone a<br />
Siracusa.<br />
Quando, intorno al 480 a.C., si delinea la minaccia<br />
cartaginese, le città greche (o siciliote) si coalizzano<br />
guidate dai rispettivi capi e riescono a resistere all'attacco<br />
dei nemici. Lo scontro decisivo coinvolge Siracusa e<br />
Agrigento presso Imera, sulla costa settentrionale, e si<br />
risolve con la vittoria sul generale cartaginese Amilcare<br />
Magone. Questa vittoria completa quella di Temistocle su<br />
Serse e contribuisce in gran parte a salvare la civiltà<br />
ellenica dalla minaccia barbara. Alla battaglia di Imera<br />
segue il periodo più florido dal punto di vista culturale ed<br />
artistico: Agrigento conosce il suo apogeo già al tempo del<br />
tiranno Falaride (571-554), uomo tanto potente quanto<br />
crudele, che faceva arrostire i suoi nemici in un toro di<br />
bronzo ma<br />
che ha<br />
reso<br />
Agrigento<br />
temibile<br />
per i<br />
cartaginesi<br />
e prospera<br />
nelle<br />
scienze e<br />
nella<br />
poesia;<br />
persino<br />
Pitagora era ospitato presso di lui. Anche Siracusa<br />
risplende dopo la vittoria di Imera sotto Gerone,<br />
successore di Gelone, al quale si deve la costruzione<br />
dell'istmo che ancora oggi unisce la terraferma all'isola di<br />
Ortigia, separando i due porti. Questo è il momento più<br />
proficuo anche per la corte che ospita artisti di ogni<br />
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genere: da Eschilo, a Simonide, a Pindaro ecc.La forza<br />
marina e mercantile di Siracusa aumenta: si esportano<br />
cereali, bestiame, tessuti e manufatti in genere fino alla<br />
Sardegna e alla Corsica. Si assiste ad un aumento<br />
demografico pari a quello di Atene e lo stesso sviluppo nei<br />
commerci adombra l'espansione delle altre colonie.<br />
Siracusa diventa la capitale della Sicilia greca alla morte<br />
di Dionigi il Vecchio. Sotto il figlio di quest'ultimo, Dionigi<br />
il Giovane, si conclude la pace con Cartagine e<br />
successivamente il potere della città raggiunge l'Italia<br />
meridionale; le città di Agrigento e Gela rifioriscono nelle<br />
arti e nella vita pubblica.L’apogeo di Suraka (Siracusa)<br />
termina alla morte del tiranno Timoleonte, quando<br />
succede Agatocle. Anni dopo sarà la volta di Pirro, re<br />
dell'Epiro, chiamato dai siracusani assediati da Cartagine;<br />
seguiranno dure battaglie che non portaranno a<br />
cambiamenti decisivi e si dovrà aspettare la tirannide di<br />
Gerone II, il quale, alleatosi con Roma dopo le lotte contro<br />
i Mamertini (285 a.C.), mercenari campani, aprirà il<br />
momento delle guerre puniche.<br />
LE TESTIMONIANZE GRECHE<br />
L'interessante storia archeologica della Sicilia greca è<br />
testimoniata da singoli centri straordinariamente ricchi di<br />
<strong>monumenti</strong>, sculture, ceramiche e serie numismatiche<br />
risalenti all'arcaismo dorico.<br />
Tra l'VIII e il V sec. a.C. fioriscono infatti grandi centri<br />
quali Tindari, Milazzo, Palermo, Solunto, Siracusa,<br />
Agrigento, Megara, Enna ecc. che conservano, ancora<br />
oggi, l'antica pianta regolare - con strade che si incrociano<br />
ad angolo retto, tagliate al centro da un'arteria maggiore -<br />
con resti delle mura di cinta: sono esemplari Selinunte,<br />
Agrigento e Tindari. l processo di ellenizzazione accelera le<br />
ambizioni delle opolazioni che, vivendo un rapporto più<br />
armonioso con il territorio, eternano la loro cultura<br />
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attraverso i segni dell'arte noi noti.Alcune delle colonie<br />
greche conservano i fratelli dei templi dorici di Atene,<br />
Olimpia e di Paestum, pari a questi per eleganza ed<br />
armonia. Splendida<br />
l'architettura dorica<br />
del Tempio della<br />
Concordia del V<br />
sec. a.C. ad<br />
Agrigento, e il<br />
Castello di Eurialodi<br />
Siracusa, famoso<br />
per essere il<br />
sistema di<br />
fortificazioni più vasto in Sicilia, comprendente mura,<br />
trincee e gallerie sotterranee. In ogni città era presente<br />
una piazza centrale, l'agorà, tipicamente greca, con teatri,<br />
visibili ancora oggi, come quello immerso tra i solitari<br />
monti di Se gesta o quello di Tindari, che domina<br />
sull'infinità del mare. Caratteristica di tutti i templi sicelioti<br />
è la decorazione della loro<br />
parte alta, insieme alle<br />
cornici, al frontone, agli<br />
acroteri (ornamenti della<br />
parte superiore<br />
dell'edificio).Molto diffusa,<br />
tra l'altro, la grande<br />
plastica in terracotta o in<br />
pietra, come quella di<br />
Gela.Nelle metope scolpite<br />
spesso nella stessa pietra<br />
del tempio sono trattati<br />
temi religiosi e i miti più<br />
conosciuti in Sicilia e nella Magna Grecia; interessante, ad<br />
esempio, il gruppo di Selinunte dove si presume essere<br />
nata una vera e propria scuola di scultura.<br />
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LA TRINACRIA<br />
Tre: numero perfetto e finito.<br />
Tre come le punte che<br />
delimitano la Sicilia, terra<br />
fertile, ricca, al centro del<br />
Mediterraneo.Il nome<br />
“Sicilia” è legato al popolo<br />
indoeuropeo dei siculi che si<br />
stanziarono in Sicilia nel II<br />
millennio a.c.. Furono i Greci<br />
i primi a chiamare l’isola<br />
Sikelia, dal nome dei suoi<br />
abitanti, o Trinakria, per la<br />
sua forma triangolare. La stessa forma triangolare ispirò il<br />
nome con cui i <strong>romani</strong> chiamarono l’isola: Triquetra.Anche<br />
il simbolo che rappresenta la Sicilia, la testa di Gorgone<br />
circondata da tre gambe piegate all’altezza del ginocchio,<br />
che si rincorrono, simbolo del sole nelle sue tre forme (dio<br />
della primavera, dell'estate e<br />
dell'inverno); o della luna o più<br />
semplicemente del movimento.<br />
Il nuovo nome dell'isola, Sicilia<br />
(e l'ipotesi più probabile vuole<br />
che significhi fertile), non ha<br />
però oscurato quest'immagine<br />
così evocativa, che ancora oggi<br />
sembrerebbe rifarsi alla sua<br />
forma. O comunque è questo il<br />
significato col quale il simbolo è<br />
stato assunto. Si tratterebbe in<br />
realtà di un antico simbolo<br />
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solare di matrice orientale. Non a caso la Sicilia è<br />
denominata da sempre isola del sole. Storicamente, il<br />
toponimo Trinacria venne riesumato nel 1302, col trattato<br />
di Caltabellotta che assegno il titolo di “Re di Trinacria”<br />
agli Aragonesi.<br />
CARTAGINESI, GRECI E<br />
ROMANI IN SICILIA<br />
La storia della cultura occidentale vive un momento di<br />
svolta nel III sec. a.C., quando la civiltà greca entra per la<br />
prima volta in contatto con Roma.<br />
Il dialogo tra queste due culture non ha generato, in<br />
campo artistico e letterario, ciò che oggi indicheremmo<br />
come nuovo, tanto i cittadini di Roma erano concentrati<br />
nel governo dello stato e nelle lotte contro chi li<br />
minacciava.<br />
Quando i <strong>romani</strong> arrivano in Grecia, sono già i<br />
rappresentanti di uno stato forte ed unitario capace di<br />
assorbire al suo interno nuovi popoli, imporre loro la<br />
propria legge, lasciando comunque libertà di espressione<br />
negli usi e nelle tradizioni.<br />
In questo modo l'abilità nel conquistare il vinto si potenzia<br />
naturalmente, incidendo anche sulla forza di<br />
espansione.Roma incominciò a intervenire in Sicilia in<br />
occasione degli scontri tra i Mamertini di Messina e i<br />
Siracusani, durante la prima guerra punica<br />
Ripercorrendo le tappe delle principali vicende storiche<br />
che hanno inciso sulle trasformazioni della civiltà<br />
mediterranea, in questo momento storico, non possiamo<br />
non tenere conto del periodo in cui opera Pirro, re<br />
dell'Epiro, nella Grecia nord-occidentale.<br />
Passato alla storia come uno dei più grandi condottieri<br />
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greci, Pirro si rivela in tutta la sua abilità di capo contro<br />
Roma, nel 280 a.C., Nel 278 a.C. Pirro giunge in Sicilia, e<br />
precisamente a Taormina, dove caccia i cartaginesi.<br />
Soltanto nel 276 a.C. i <strong>romani</strong> lo sconfiggono<br />
definitivamente a Benevento, ponendo fine al suo<br />
desiderio di espansione. Ma già nel 285 a.C. Gerone II,<br />
attaccato e sconfitto dalla flotta cartaginese, si è alleato<br />
con i <strong>romani</strong> fornendo loro l'occasione tanto attesa di<br />
penetrare nell'isola. Inizia, in questo modo, il grande<br />
scontro tra le due potenze per la supremazia sul<br />
Mediterraneo.Le battaglie sconvolgono l'intera isola e si<br />
combattono per mare e per terra.<br />
La prima guerra punica - perché i cartaginesi erano anche<br />
chiamati Puni - scoppia così per interessi in campo<br />
marittimo, e il senato comincia a preoccuparsi dei risvolti<br />
futuri del controllo incondizionato sui mari.<br />
A tal proposito risulta chiarificatore il detto dei cartaginesi<br />
che "i <strong>romani</strong> in quel mare (il Tirreno) non potevano<br />
neppure lavarsi le mani senza il loro permesso". Su<br />
richiesta degli abitanti di Messina, in attrito con Siracusa,<br />
Cartagine invia in città un piccolo presidio militare nel 265<br />
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a.C., ma ciò suscita il malcontento dei cittadini, iquali, a<br />
loro volta, richiedono una guarnigione romana che<br />
occuperà Messina l'anno successivo.<br />
In questo modo si arriva alla prima guerra punica (264-<br />
241 a.C.), che mette l'una contro l'altra le due grandi<br />
potenze del Mediterraneo: Roma ha la meglio nello<br />
scontro a terra e costringe gli avversari a ritirarsi nel<br />
Lilibeo e a Trapani, vero e proprio porto franco data la<br />
totale inesperienza marittima dei <strong>romani</strong>, la cui lingua era<br />
carente persino di vocaboli nautici. Nel 262 a.C. sono<br />
conquistate anche Segesta e Agrigento.<br />
Soltanto a Milazzo (Mylae), nel 260 a. C., il console Caio<br />
Duilio riesce ad ottenere un successo imprevisto grazie<br />
anche al fatto che i cartaginesi avevano sottovalutato del<br />
tutto l'ingegnosità del nemico: un esempio delle<br />
straordinarie capacità belliche dei <strong>romani</strong> dato dall'uso<br />
dei cosiddetti corvi, i ponti mobili muniti di raffi a becco di<br />
corvo, con i quali si agganciavano le navi nemiche, per<br />
permettere all'equipaggio di attaccare l'avversario come<br />
sulla terraferma. Soltanto sotto il console Caio Lutazio<br />
Catulo (241 a.C.) Roma riesce a sconfiggere<br />
definitivamente i cartaginesi di Annone, alle isole Egadi<br />
arriva così al 218 a.C, anno della<br />
seconda guerra punica. Le basi di<br />
appoggio romane sono Messina e<br />
Lilibeo, ma tutta la Sicilia viene<br />
coinvolta, e gli abitanti si dividono<br />
tra gli avversari. Parecchi si<br />
ribellano alla potenza romana, ma<br />
senza successo; questo forte<br />
sentimento anti-romano si<br />
diffonde anche a Siracusa, che<br />
viene attaccata dal console<br />
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Claudio Marcello. Alla difesa di Siracusa contribuisce<br />
l'ingegno di Archimede, che induce una forte frustrazione<br />
nei <strong>romani</strong>, incapaci di<br />
prevederne le mosse in<br />
guerra. Tuttavia Claudio<br />
Marcello si esprime in tutta<br />
la sua brutalità,<br />
distruggendo Megara e<br />
domando la rivolta di Enna.<br />
Siracusa invece viene<br />
conquistata nel 212, quando<br />
muore lo stesso Archimede.<br />
A tal proposito è noto il<br />
malcontento generale dei<br />
siciliani nei confronti di<br />
questo console, per la<br />
grande quantità di tesori<br />
d'arte che quest'ultimo fece portare a Roma, oltre al solito<br />
bottino.<br />
Meravigliose pitture e inestimabili sculture sono state<br />
letteralmente strappate dai muri dei templi, per essere<br />
imbarcate.Nel 201 a.C. termina la seconda guerra punica,<br />
con la sconfitta di Annibale a Zama (nord Africa).<br />
La nuova realtà trasforma radicalmente la vita sociale e<br />
politica del paese: si forma il latifondo come fenomeno<br />
economico e strutturale, mentre piccoli appezzamenti<br />
riempono gli spazi esistenti tra i "latifundia" e i pascoli.<br />
Scavi archeologici e riferimenti letterari dimostrano anche<br />
che i <strong>romani</strong> apportavano migliorie apprezzabili alle vie di<br />
comunicazione interne e alle strade più importanti, in<br />
Sicilia e nei territori di conquista.<br />
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Roma signora del mediterraneo<br />
La Sicilia<br />
“prima provincia romana”<br />
La presenza romana si consolida nell'isola al termine della<br />
terza guerra punica (146 a. C.) e dopo la distruzione di<br />
Cartagine. La Sicilia<br />
Divenne così la prima<br />
provincia territoriale di<br />
Roma una delle più<br />
prospere e tranquille,<br />
sebbene la sua storia<br />
sia stata turbata da due<br />
gravi episodi di rivolta servili.<br />
La prima rivolta degli schiavi si fa risalire al 139 a. C. e<br />
interessa la città di Enna. La classe degli schiavi è<br />
piuttosto eterogenea: prigionieri di guerra, uomini e<br />
donne liberi di alto rango che parlano il greco, agricoltori e<br />
pastori, lavorano i latifundia e vivono in miseria.La rivolta<br />
di Enna è capeggiata da un certo Ennio, proclamato re<br />
dopo che il ricco padrone Damofilo viene ucciso. Analoga è<br />
la ribellione che si scatena nella zona dell'agrigentino e<br />
che si estende a Taormina e Morgantina; Sotto il console<br />
Rupilio P. la parte orientale dell'isola era soffocata, ma l'<br />
eco delle lotte raggiunge la parte occidentale, dove altri<br />
due leaders emergono dalla massa degli schiavi - Salvio<br />
nella regione di Alicie ed Eraclea, Atenione tra Segesta e<br />
Lilibeo - per essere repressi dall'abile comandante<br />
Aquilino.<br />
Le due rivolte causano danni notevoli, ma la Sicilia<br />
ricostituisce presto le sue ricchezze . Il governo isolano fu<br />
riorganizzato sotto la guida di un pretore coadiuvato da<br />
duequestori, uno a Siracusa e l'altro a Lilibeo e da un<br />
consiglio provinciale che però non aveva poteri effettivi.<br />
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Dall’Agricoltura –all’Intercultura<br />
PACHINO – NUCET parlano la stessa lingua<br />
Durante il governo repubblicano romano, tutte le città<br />
godevano di una certa autonomia ed emettevano monete<br />
di piccolo taglio, ma si diversificavano tra loro per il tipo di<br />
organizzazione amministrativa. Ad esempio Messina<br />
Tauromenio e Netum (=Noto) erano civitates foederatae,<br />
in quanto già alleate di Roma, se gesta e Palermo erano<br />
liberae ac immunes; altre erano civitates decumanae, cioè<br />
pagavano la decima secondo il sistema già in uso ai tempi<br />
di Gerone II fornendo così a Roma un tributo annuo di<br />
circa 2 milioni di moggi di grano (un quinto del<br />
fabbisogno dell'Urbe). Altre città ancora erano le civitates<br />
censoriae, comunità la cui terra era stata confiscata e resa<br />
ager publicus e per la quale dovevano pagare un affitto,<br />
oltre alla decima.La Sicilia fa da sfondo anche nella<br />
guerra civile tra Bruto e Cassio, e i triunviri Antonio,<br />
Ottaviano e Lepido, quando a Sesto, figlio di Pompeo,<br />
viene riconosciuto, dai triunviri, il potere sull'isola, sulla<br />
Sardegna e sulla Corsica (39a. C.). Ma l'accordo non dura<br />
a lungo e si giunge alla battaglia di Anzio (31 a. C.) con<br />
Ottaviano capo incontrastato dell'impero. Consolidatosi il<br />
regime augusteo, la Sicilia tornò a prosperare come<br />
prima, mentre cultura greca e latina continuavano a<br />
coabitare. Augusto sostituì la vecchia decima con una<br />
nuova imposta fissa e cambiò l'organizzazione<br />
amministrativa delle comunità locali, ancora legata ai<br />
vecchi schemi organizzativi greci, concedendo la<br />
cittadinanza romana a Messina e alcune altre città,<br />
fondando colonie di veterani in varie località della Sicilia<br />
(Siracusa, Tauromenio, Palermo, Catania,Tindari e<br />
Termini) con Ottaviano capo incontrastato dell'impero. Per<br />
tutta l'età imperiale, in Sicilia nessuno aveva avuto la<br />
volontà di farsi avanti e iniziare la carriera amministrativa,<br />
ma ciò nonostante le classi medie e alte si distinguevano<br />
nella ricchezza e nello sfruttamento delle terre. Questa<br />
prosperità era la base per attività quali il commercio, le<br />
industrie navali e l'esportazione.<br />
Per quanto riguarda il commercio in Sicilia, sono stati<br />
rinvenuti oggetti di terracotta che attestano gli<br />
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spostamenti e i contatti con Africa, Spagna e Gallia. Un<br />
esempio è dato dalla necropoli di Sabucina.<br />
IL COMPORTAMENTO DI<br />
ROMA NEI CONFRONTI<br />
DELLE CIVITATES DI<br />
SICILIA<br />
L'organizzazione provinciale –<br />
"Siciliae civitates sic in amicitiam fidemque accepimus ut<br />
eodem iure essent quo fuissent, eadem condicione populo<br />
Romano parerent qua suis antea paruissent. Perpaucae<br />
Siciliae civitates sunt bello a maioribus nostris subactae;<br />
quarum ager cum esset publicus populi <strong>romani</strong> factus,<br />
tamen illis est redditus; is ager a censoribus locari solet.<br />
Foederatae civitates sunt duae, quarum decumae venire<br />
non soleant, Mamertina et Tauromenitana, quinque<br />
praeterea sine foedere immunes ac liberae, Centuripina,<br />
Halaesina, Segestana, Halycensis, Panhormitana;<br />
praeterea omnis ager Siciliae civitatum decumanus est,<br />
itemque ante imperium populi Romani ipsorum siculorum<br />
voluntate et institutis fuit."<br />
(A. KLOTZ, F. SCHOELL, O. PLASBERG, M. Tullius Cicero.<br />
Orationes in Verrem, III 6, 12-13 Leipzig 1923-1949²)<br />
"Noi accogliemmo le città della Sicilia in amicizia e fides in<br />
modo che esse restassero con gli stessi diritti di prima e<br />
obbedissero al popolo romano nella stessa condizione, in<br />
cui prima avevano obbedito ai propri governanti.<br />
Pochissime città della Sicilia sono state sottomesse con la<br />
guerra dai nostri antenati; il loro territorio, benché<br />
divenuto proprietà del popolo romano, fu tuttavia<br />
restituito loro; di consueto la riscossione dell’imposta su<br />
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questo terreno è data in appalto dai censori. Ci sono due<br />
città federate, non sottoposte di norma al sistema di<br />
aggiudicazione delle decime, Messina e Taormina, e inoltre<br />
cinque città non federate immuni e libere, Centuripe,<br />
Alesa, Segesta, Alicie, Palermo; tutto il resto del territorio<br />
delle città siciliane è sottoposto al versamento della<br />
decima, e così era anche prima del dominio del popolo<br />
romano, per volontà dei Siciliani stessi e secondo le<br />
norme da loro stabilite."<br />
(Trad. di G. BELLARDI, Le orazioni di M. Tullio Cicerone, III, 6, 12-13, Torino, I,<br />
1978)<br />
IL COMPORTAMENTO DI<br />
ROMA NEI CONFRONTI<br />
DELLE CIVITATES DI<br />
SICILIA<br />
Le civitates immunae ac liberae<br />
–<br />
I meriti ed i privilegi<br />
che Roma concesse<br />
alle città della Sicilia<br />
non furono che la<br />
conseguenza<br />
immediata della loro<br />
deditio in fidem p.R.<br />
Attraverso tale atto,<br />
che aveva le<br />
caratteristiche di un<br />
“contratto verbale”,<br />
con scambio<br />
contestuale di<br />
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domande e risposte, generalmente si poneva fine alla<br />
guerra. I suoi effetti giuridici consistono nel trasferire al<br />
potere romano tutti gli elementi giuridici della sovranità e<br />
della collettività politica. La deditio è stata definita da S.<br />
Calderone “un atto stipulato liberamente… tra due<br />
comunità pubbliche in quanto tali, concluso con la<br />
partecipazione formale della volontà dell’una e dell’altra<br />
delle parti contraenti, sostenuto dall’assunzione di<br />
obbligazioni reciproche”. Essendo, comunque, la<br />
volontaria sottomissione di una città al potere romano<br />
differente dalla resa in guerra, ben diversamente poteva<br />
concepirsi il rapporto che si istituiva tra la comunità<br />
dediticia e Roma. I Romani si erano resi conto che<br />
sicuramente più proficuo sarebbe stato per loro<br />
considerare le città dell’isola non come nemici da<br />
annientare, ma come elementi potenziali del loro stato. La<br />
città che se dedit in fidem p.R. doveva essere fisicamente<br />
risparmiata e giuridicamente lasciata in stato di libertà. La<br />
sua posizione giuridica e il suo assetto tributario erano<br />
fissate in ragione del suo comportamento verso Roma<br />
nelle guerre precedenti.<br />
da Francesco Cristiano<br />
Economia<br />
In seguito alle guerre puniche si erano avuti grandi<br />
accaparramenti di terre e ciò portò alla formazione di<br />
grandi latifondi lavorati da manodopera servile, le cui<br />
cattive condizioni di lavoro portarono alle rivolte. In questi<br />
latifondi fu incoraggiata soprattutto la coltura del<br />
frumento e ciò fece dell'isola uno dei granai di Roma e una<br />
delle province romane più ricche. Ciò dette impulso anche<br />
ad altre attività nell'isola, principalmente l'industria navale<br />
che sfruttava le dense foreste isolane e il commercio,<br />
soprattutto con la Spagna e l’ Africa. Con l'avvento del<br />
regime imperiale il latifondismo rimase la principale forma<br />
di conduzione fondiaria, ma nonostante il declino della<br />
coltura cerearicola cotinuarono a fiorire villaggi e piccoli<br />
possedimenti e non si ebbe alcuna diminuzione della<br />
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popolazione. La situazione economica dell'isola cominciò a<br />
decadere durante il governo degli Antonini e fu<br />
compromessa con le invasioni barbariche e il successivo<br />
dominio bizantino.<br />
Ltto nel V secolo nella grande Villa del Casale, nei pressi di<br />
Piazza Armerina.<br />
Bibliografia :Cicerone, Il processo di Verre, BUR, Milano<br />
2003 -<br />
Le vestigia romane<br />
Le vestigia romane risultano meno numerose e<br />
spettacolari di quelle ritrovate durante la dominazione<br />
greca, dato lo scarso interesse che Roma mostra per la<br />
Sicilia rispetto agli altri territori da lei conquistati. Infatti,<br />
una volta passato il pericolo di una potenziale invasione<br />
cartaginese, l'isola perde il suo carattere strategico e<br />
viene unicamente apprezzata per le sue risorse agricole.<br />
Questo "magazzino romano del grano" è quindi per molti<br />
secoli una delle tante province occupate da Roma, senza<br />
alcuna particolare attrattiva per i suoi amministratori.<br />
Malgrado ciò, i ricchi proprietari terrieri edificano<br />
splendide ville in riva al mare, come testimoniano le<br />
rovine della villa patrizia di Patti nei pressi di Tindari. Solo<br />
alla fine del III sec. d.C., sotto Diocleziano, questa<br />
provincia romana viene eletta al rango di regio<br />
suburbicaria, divenendo una delle regioni più ambite<br />
dall'aristocrazia romana, che vi acquista grandi proprietà<br />
fondiarie. Durante i sette secoli d'occupazione, Roma non<br />
offre alla Sicilia prestigiosi <strong>monumenti</strong>, ma costruisce vari<br />
edifici pubblici tipicamente <strong>romani</strong> (anfiteatri, terme,<br />
odeon ... ) ed un'efficace rete stradale utilizzata per scopi<br />
prima militari e poi semplicemente economici. Alcune zone<br />
pubbliche urbane (come ad esempio i fori) non sono<br />
ancora oggi completamente conosciute.<br />
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La costruzione romana<br />
L'evoluzione delle tecniche di costruzione spiega in parte<br />
la scarsa quantità di resti ritrovati. A differenza dei Greci, i<br />
Romani conoscono e usano il cemento con grande<br />
maestria, innalzando muri, volte e colonne con piccoli<br />
mattoni, nel cui interno viene colato il cemento. Le<br />
rifiniture sono costituite da rivestimenti marmorei (o<br />
realizzati con pietre di nobile aspetto), mentre per gli<br />
interni gli artisti adoperano addirittura lo stucco, che dà<br />
l'illusione di splendidi muri in pietra. Con il passare degli<br />
anni, o più verosimilmente a causa dell'avidità delle<br />
generazioni successive, i <strong>monumenti</strong> <strong>romani</strong> e i loro<br />
preziosi ornamenti si trasformano purtroppo in fragili<br />
rovine.<br />
I <strong>monumenti</strong> <strong>romani</strong><br />
Durante questo periodo i teatri greci, come quelli di<br />
Taormina e di Catania, subiscono notevoli trasformazioni:<br />
l'orchestra circolare<br />
(riservata ai cori greci) viene<br />
ridotta ad un semicerchio,<br />
mentre viene aggiunto un<br />
muro di scena<br />
per accogliere i macchinari<br />
necessari agli effetti scenici.<br />
In questi teatri si può<br />
assistere sia a spettacoli di<br />
circo che a combattimenti di<br />
belve, grazie alla presenza di<br />
un muro situato ai piedi della<br />
cavea (in parte ancora<br />
visibile a Taormina), eretto<br />
per proteggere gli spettatori.<br />
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Tra i <strong>monumenti</strong> di creazione romana, degni di particolare<br />
nota sono l'Anfiteatro di Siracusa, in cui si svolgono i<br />
combattimenti fra<br />
gladiatori o belve,<br />
quello di Catania, gli<br />
odeon di Taormina e di<br />
Catania ed infine le<br />
Naumachie di Taormina<br />
(estremamente<br />
deteriorate), un<br />
immenso ginnasio<br />
costruito in mattoni e<br />
adorno di nicchie, lungo<br />
122 m. A parte le creazioni<br />
inerenti allo spettacolo,<br />
l'architettura civile romana<br />
non lascia alla Sicilia resti<br />
di grande valore: la bella<br />
basilica con portici di<br />
Tindari costituisce tuttavia la prova dell'introduzione da<br />
parte dei Romani dell'arte della volta (sconosciuta dai<br />
Greci), anche in<br />
cittadine lontane dai<br />
grandi centri.<br />
Architettura<br />
domestica –<br />
L'abitazione romana<br />
siciliana è molto legata alla<br />
tradizione ellenistica. La<br />
casa urbana con peristilio<br />
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fa la sua apparizione verso la fine dei sec. III-II a.C. (Morgantina), ma<br />
solo a<br />
Marsala ed<br />
Agrigento<br />
sono<br />
edificati<br />
modelli di<br />
case con<br />
atrio e<br />
cortile a<br />
peristilio<br />
(nati in<br />
Campania)<br />
. Le<br />
creazioni<br />
più ricche<br />
si ritrovano invece nel campo delle ville di campagna, come testimonia la<br />
magnifica Villa del Casale nei pressi di Piazza Armerina: le terme<br />
private confermano l'estrema raffinatezza del luogo, noto soprattutto per<br />
la sontuosa decorazione musiva. I mosaici, che rivestono la quasi totalità<br />
dei pavimenti, risalgono presumibilmente al III o al IV sec. e si<br />
estendono su 3500 mq. Essi costituiscono per la loro ricchezza, il loro<br />
realismo e la loro<br />
diversità, la più<br />
grande opera d'arte<br />
romana giunta ai<br />
giorni nostri.<br />
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Le radici della Romania e i<br />
Daci<br />
La Dacia è<br />
un'area<br />
dell'Europa<br />
Centrale che è<br />
delimitata a nord<br />
dai Carpazi, a sud<br />
dal Danubio e ad<br />
est dal Mar Nero,<br />
corrispondente<br />
all'attuale<br />
Romania e<br />
Moldova. Con il<br />
suo clima temperato ed il variegato ambiente naturale, il<br />
territorio della Dacia è stato abitato fin dal Paleolitico<br />
Inferiore (1.000.000 a.C. - 120.000 a.C.).<br />
Le popolazioni locali vennero soppiantate da tribù di<br />
origine Indo-Europea tra la fine del Neolitico ed il tardo<br />
Paleolitico. All'inizio dell'Età del Bronzo (3300 a.C.) la<br />
popolazione Indo-Europea dei Traci si stabilì nella regione<br />
Carpato-Balcanica. Nella prima metà del primo millennio<br />
a.C., le tribù trace dei Daci e<br />
dei Geti si stabilirono<br />
rispettivamente in<br />
Transilvania in Valacchia-<br />
Moldavia.I Greci incontrarono<br />
inizialmente i Geti nelle<br />
colonie sorte sulla costa del<br />
Mar Nero nel VII secolo a.C., come Istros (Ìstria), Callatis<br />
(Mangalia) e Tomis (Constanţa), usando poi il loro nome<br />
per l'intera popolazione a nord del Danubio. Un primo<br />
contatto dei Daci con i Romani si ebbe nel 48 a.C., quando<br />
Burebista prese parte nella disputa tra Cesare e Pompeo,<br />
offrendo il suo supporto militare a Pompeo, che però fu<br />
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sconfitto da Cesare.Dopo la morte di Burebista,<br />
assassinato dai suoi stessi nobili, il regno dei Daci fu<br />
diviso in più parti sotto regni distinti, dato che le colonie<br />
greche sul Mar Nero e le tribù celtiche non accettavano<br />
più l'autorità di uno stato dei Daci.<br />
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Marco Ulpio TRAIANO<br />
"Optimus princeps, Traiano fu un sovrano<br />
assoluto capace di usare il potere senza abusarne.<br />
Non a caso viene ricordato come<br />
uno dei più grandi imperatori.<br />
Durante il suo periodo, l'impero<br />
raggiunse la sua massima<br />
estensione"<br />
Generalità<br />
Soldato ed Amministratore, uomo forte<br />
e giusto: queste le caratteristiche<br />
salienti del grande Imperatore Traiano.<br />
Con lui inizia il periodo di maggiore<br />
splendore dell’Impero. Sotto la sua<br />
guida Roma raggiunse la sua massima<br />
espansione.<br />
Governò Roma per 20 anni, ma per oltre 10 fu impegnato<br />
all’estero per combattere guerre difensive e di espansione.<br />
Già dopo due anni dalla sua elezione, per la prima volta<br />
nella storia romana, il Senato gli attribuì l’appellativo di<br />
“Optimus”, il migliore, ma lui ne proibì l’inclusione fra i<br />
titoli ufficiali per circa 15 anni.<br />
Era nato il 18 settembre ’53 d.C. ad Italica, una cittadina<br />
spagnola, vicina all’odierna Siviglia, fondata da Scipione<br />
l’Africano. Il padre era stato Senatore, Console e poi<br />
proconsole d’Asia. La madre era spagnola.<br />
Nel ’97 , l’Imperatore Nerva l’associò al potere,<br />
nominandolo suo erede, non era suo parente, Nerva lo<br />
designò soltanto perché lo considerava “il migliore”.<br />
Nerva moriva tre mesi dopo senza neanche aver rivisto il<br />
figlio adottivo.<br />
Fu il primo Imperatore nato fuori d’Italia. Il dominio<br />
romano rivelava, così, il suo carattere supernazionale.<br />
Aveva un senso di dirittura morale che ne faceva un<br />
ottimo amministratore della cosa pubblica. E riconobbe<br />
sempre la supremazia della legge, anche di fronte alla<br />
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volontà dell’Imperatore. Il potere non gli diede mai alla<br />
testa. Interpretò il ruolo di Imperatore conferendogli<br />
innanzitutto il carattere di un servizio. Abolì subito i rituali<br />
onorifici connessi con la regalità: il palanchino<br />
ondeggiante con i battistrada, l’abbraccio al piede<br />
dell’Imperatore, il bacio della mano e tutti quei degradanti<br />
simboli caratteristici di una monarchia orientale. Con la<br />
sua apertura di cuore e con la naturalezza delle maniere si<br />
guadagnò l’affetto delle due classi più influenti nello Stato:<br />
i soldati ed il Senato. Era un formidabile lavoratore. Le<br />
sue idee politiche erano quelle di un conservatore<br />
illuminato che credeva più alla buona amministrazione che<br />
alle grandi riforme.<br />
Una politica estera e militare offensiva<br />
Se, a giudizio degli storici, il principale merito di Traiano<br />
verso Roma deriva dalla sua attività amministrativa, la<br />
sua fama plurisecolare è dovuta soprattutto alle sue<br />
imprese militari.<br />
Escludeva la violenza, ma sapeva ricorrere alla forza. Abile<br />
stratega, saggio amministratore, uomo giusto, soldato con<br />
mentalità da soldato, riteneva che la miglior difesa fosse<br />
l’attacco.<br />
In politica estera, infatti, abbandonando la linea difensiva<br />
seguita dai suoi predecessori, organizzò nuove guerre di<br />
conquista; di nuovi territori aveva bisogno per sostenere<br />
la sua politica interna d’assistenza ai bisognosi e per<br />
risolvere la crisi economica che procedeva<br />
irreversibilmente, con un livello di tassazione molto<br />
elevato. Le nuove terre, inoltre, avrebbero assicurato<br />
nuove masse di schiavi e la possibilità di insediare coloni<br />
italici nelle regioni conquistate.<br />
Per fare questo aveva bisogno di un Esercito affidabile. E<br />
fu questa la sua prima cura. Creò nuove Legioni, ma,<br />
soprattutto, impose un nuovo senso della disciplina con un<br />
serrato programma d’addestramento e con un nuovo<br />
rapporto fra Soldati, Comandanti ed Imperatore. Credeva<br />
fortemente nel valore dell’esempio. Condivideva le fatiche<br />
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e le ansie dei suoi Soldati, con cui familiarizzava<br />
chiamandoli per nome e che redarguiva se necessario. Il<br />
suo ascendente sui Soldati gli procurò una dedizione, una<br />
fedeltà ed un rispetto ogni giorno più alti. Un dato è<br />
sicuro: la reciproca lealtà fra l’Esercito e Traiano fu<br />
assoluta e forse nessun altro Imperatore seppe, come lui,<br />
ottenere dai propri Soldati risultati altrettanto fruttuosi.<br />
Le principali guerre di Traiano furono due: quella dacica e<br />
quella armeno-partica. Da ricordare, inoltre, anche la<br />
conquista dell’Arabia nord occidentale.<br />
La conquista della Dacia (101 – 105)<br />
Nei mesi trascorsi sul fronte germanico dopo la sua<br />
elezione, Traiano ebbe il tempo di pensare ad una politica<br />
estera il cui scopo<br />
fondamentale era quello di<br />
riprendere in mano il problema<br />
della Dacia (attuale Romania).<br />
Il possesso di questa regione<br />
consentiva, infatti, il<br />
raggiungimento di una stabile<br />
linea difensiva per sbarrare il<br />
passo alle infiltrazioni di<br />
barbari verso occidente. Essa<br />
avrebbe consentito, inoltre, un<br />
tranquillo sviluppo delle<br />
adiacenti regioni romane della<br />
Mesia (odierna Bulgaria) e<br />
della Tracia (Grecia orientale).<br />
La Dacia era stata un<br />
problema per i Romani anche negli anni precedenti. Era<br />
un vicino sempre pericoloso, un faro per l’unione di tutti i<br />
popoli del medio e basso Danubio. Nell’85-86, Domiziano<br />
aveva pensato di risolvere la difficile situazione con il<br />
pagamento di somme di danaro, date in sussidio per<br />
ottenere la collaborazione delle tribù più civili o la<br />
neutralità di quelle più turbolente lungo i propri confini. La<br />
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scelta appariva incomprensibile e vergognosa per i<br />
contemporanei. La politica di Domiziano rappresentava<br />
l’espediente provvisorio più saggio, ma non poteva essere<br />
considerata una soluzione definitiva. Essa poteva aver<br />
successo solo nei casi in cui i beneficiari erano troppo<br />
deboli o disuniti per costituire un pericolo per le vicine<br />
province romane. I daci, invece, erano un popolo unito,<br />
conscio della propria nazionalità e ben organizzato, agli<br />
ordini di un principe geniale, Decebalo, che nutriva un<br />
odio indomabile verso l’Impero e che tentava di<br />
coinvolgere sia le tribù vicine sia i lontani Parti (Estremo<br />
Oriente) in una guerra congiunta contro i <strong>romani</strong>.<br />
La conquista della Dacia, oltre che dalla sicurezza dei<br />
confini, era dettata anche da altri motivi eminentemente<br />
pratici: le miniere d’oro e la possibilità di procurarsi una<br />
grande massa di schiavi. Con l’oro, Traiano, poteva<br />
costruire opere pubbliche in mezzo impero.<br />
La conquista della Dacia si realizzò con due guerre:<br />
• la prima, dal 101 al 102;<br />
• la seconda, dal 104 al 105.<br />
La prima guerra dacia fu iniziata, nel marzo del 101, dallo<br />
stesso Traiano il quale temeva un’invasione della Mesia,<br />
regione romana confinante con la Dacia, da parte di<br />
Decebalo approfittando del fatto che il Danubio era gelato.<br />
Decebalo era ormai giunto al culmine del suo prestigio e<br />
Traiano valutò che il procrastinare l’impresa avrebbe reso<br />
più difficoltoso il successo.<br />
In realtà, già dal 98-99, Traiano aveva realizzato una<br />
serie di predisposizioni tattiche fra cui la costruzione di<br />
una nuova strada che sarà utilizzata per l’avanzata.<br />
Traiano fece gettare sul Danubio due grandiosi ponti sui<br />
quali transitarono due colonne per un totale d’ottantamila<br />
legionari <strong>romani</strong>.<br />
Decebalo si ritirò nel tentativo di trascinare i <strong>romani</strong> in<br />
zone impervie, allungare le loro linee di comunicazione ed<br />
isolarli nelle montagne della Transilvania. Ma, durante<br />
l’avanzata, Traiano costruiva campi base e fortezze<br />
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(Lederata, Tibiscum) per consolidare le conquiste e<br />
rendere possibile l’afflusso di rinforzi e di rifornimenti..<br />
Decebalo impiegò tutte le sue forze per soccorrere le<br />
fortezze e, quando l’ultima di queste fu espugnata, la<br />
strada per la capitale era ormai da considerarsi aperta e la<br />
guerra ormai vinta. Decebalo per risparmiare gli orrori di<br />
un inutile assedio capitolò, presentandosi nel campo di<br />
Traiano.<br />
La pace fu realizzata nel 102 ed accordata da Traiano in<br />
termini abbastanza miti.<br />
A Decebalo rimanevano, infatti, i monti della Tracia con le<br />
loro miniere d’oro. Varie sono le motivazioni che possono<br />
aver suggerito questa clemenza da parte di Traiano:<br />
- - l’eccessiva fiducia nella portata del successo<br />
realizzato;<br />
- - la difficoltà di mantenere in Dacia, per tutto un<br />
inverno, un Esercito per la conquista dell’intera regione;<br />
- - il riconoscimento del valore personale dello<br />
stesso Decebalo, che poteva diventare un fedele alleato<br />
di Roma.<br />
Tuttavia, entrambi i condottieri conservavano la riserva<br />
mentale di prepararsi meglio ad un’eventuale nuova<br />
guerra. Traiano, infatti, non spostò dall’area nessuna delle<br />
Legioni che avevano preso parte alla campagna.<br />
Dopo qualche anno, nell’autunno del 105, Decebalo passò<br />
all’azione invadendo la Mesia e sorprendendo inizialmente<br />
Traiano. Aveva<br />
così inizio la<br />
seconda guerra<br />
dacia.<br />
Traiano si<br />
rendeva ben conto<br />
che il problema<br />
dacio si sarebbe<br />
risolto solo con la<br />
morte del re<br />
Decebalo.<br />
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Questi, infatti, aveva tentato di ritirarsi verso il nord per<br />
riordinare le proprie forze e per chiamare alla rivolta<br />
nuove tribù. Ma la caccia romana fu spietata. Decebalo si<br />
diede alla fuga, ma incalzato e raggiunto dalla cavalleria<br />
romana, per non cadere prigioniero dei soldati di Traiano,<br />
si tolse la vita. I <strong>romani</strong> gli mozzarono la testa e la<br />
mandarono a Roma come trofeo.<br />
La capitale Sarmizegetusa da allora in poi fu chiamata<br />
Ulpia Traiana. La Dacia fu ordinata in Provincia. Una<br />
popolazione poliglotta sostituì quella indigena. Fra essi,<br />
numerosi coloni <strong>romani</strong> che iniziavano, in tal modo, una<br />
radicale latinizzazione della zona i cui effetti si risentono<br />
ancora oggi.<br />
Le opere pubbliche<br />
Pur essendo celebrato per<br />
la sua modestia e pur<br />
essendo d’indole<br />
pragmatica, Traiano si<br />
rendeva ben conto che i<br />
<strong>monumenti</strong> celebrativi e,<br />
soprattutto, le opere<br />
pubbliche erano necessari<br />
per accrescere il consenso<br />
popolare.<br />
Per quanto riguarda i suoi<br />
principali <strong>monumenti</strong>,<br />
Traiano si avvalse del<br />
grande architetto<br />
Apollodoro di Damasco. A questi si deve il Foro traiano, il<br />
più grande ed il più splendido dei fori imperiali. Grande<br />
quanto tutti gli altri Fori imperiali messi insieme. Si tratta<br />
di uno dei <strong>monumenti</strong> più fastosi di tutti i tempi, racchiuso<br />
in un complesso di straordinaria imponenza cui si<br />
accedeva attraverso un marmoreo arco trionfale. Per<br />
ricordare la conquista della Dacia, nell’ambito del<br />
complesso architettonico del Foro traiano fu inserita anche<br />
la Colonna traiana, alta circa 30 metri, larga 4 metri e<br />
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sormontata da una statua dell’Imperatore. Essa era<br />
originariamente colorata e nasconde all’interno una scala<br />
a chiocciola di 185 gradini. Attorno alla Colonna si<br />
avvolge, per 23 giri, un fregio di marmo a spirale, alto un<br />
metro e lungo 200 metri, su cui, con circa 2500 figure<br />
sono raccontate le vicende della conquista della Dacia<br />
(può essere considerata l’antenata dei moderni<br />
sceneggiati televisivi). E’ un’incisione troppo gremita per<br />
essere bella, ma dal punto di vista documentario è molto<br />
interessante. Per espressa volontà dell’Imperatore, ai lati<br />
della colonna traiana, furono costruite due biblioteche,<br />
una per i testi latini ed una per i volumi in lingua greca.<br />
Le opere sociali, finanziarie e politiche<br />
Per mantenere la prosperità in Italia e permetterle di<br />
conservare il suo primato all’interno dell’Impero, erano<br />
necessari provvedimenti ben più drastici del puro e<br />
semplice miglioramento delle vie di comunicazione.<br />
Pertanto la caratteristica principale delle iniziative<br />
promosse da Traiano nel campo sociale fu<br />
l’interessamento per le nuove generazioni.<br />
Sui Plutei che ora sono conservati nella Curia (sede del<br />
Senato, ubicata all’interno dell’area del Foro romano), si<br />
vede Traiano che brucia i registri delle tasse e che<br />
instaura “l’istitutio alimentaria”. Quest’istituto era stato<br />
introdotto dal predecessore Nerva, ma sotto Traiano trovò<br />
la sua piena realizzazione.<br />
Grazie ai soldi della conquista della Dacia, Traiano ripopolò<br />
di contadini liberi l’Italia, fornendo loro terra, sementi,<br />
attrezzi e casa, chiedendo in cambio un moderato<br />
interesse annuo. In tal modo risollevò le condizioni<br />
dell’agricoltura.<br />
Con gli interessi istituì collegi per ragazze e ragazzi poveri<br />
e per gli orfani dei suoi legionari cui erano elargiti sussidi<br />
mensili (16 sesterzi per i ragazzi e 12 per le ragazze). In<br />
tal modo, garantendo loro cibo ed istruzione, assicurò<br />
all’Impero una classe di tecnici e militari che costituirà<br />
l’ossatura dei futuri regni d’Adriano ed Antonino.<br />
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Traiano aveva ereditato da Nerva, se non un deficit,<br />
almeno la prospettiva di difficoltà finanziarie. La situazione<br />
fu fronteggiata sia con economie sia con la conquista delle<br />
miniere d’oro ed argento della Dacia. e.<br />
La morte (117)<br />
Nel luglio del 117, durante il viaggio di ritorno verso<br />
Roma, al termine della guerra contro i Parti, dovette<br />
fermarsi in Cilicia per una trombosi cerebrale.<br />
Qui morì l’11 agosto, a 64 anni, dopo aver regnato per<br />
circa un ventennio.<br />
Per i <strong>romani</strong> era fondamentale che i defunti venissero<br />
sepolti all’esterno del Pomerio, il limite sacro della città. Il<br />
corpo di Traiano, invece, fu ospitato in un’urna d’oro entro<br />
la base della sua colonna, nel cuore della città. Con lui fu<br />
poi sepolta Plotinia, sua unica moglie cui fu fedele per<br />
tutta la vita (cosa assolutamente insolita per quei tempi,<br />
in cui, per le classi superiori, un matrimonio era valutato,<br />
soprattutto, in termini di opportunità politica o di<br />
convenienza economica).<br />
Molte volte nella sua persona sono state celebrate le<br />
ragioni della civiltà e dell’incivilimento (oggi si direbbe<br />
cultura in senso lato). I <strong>romani</strong> affermavano che i buoni<br />
Imperatori “abitavano” le virtù. E Traiano era un buon<br />
Imperatore! In lui sembrò attuarsi una conciliazione fra<br />
principato e “libertas”.<br />
Dante lo ricorda nel Canto X del Purgatorio, ne celebra le<br />
doti di giustizia con versi tra i più belli. Secondo la<br />
tradizione dantesca Gregorio Magno, colpito dalla<br />
generosità dell’Imperatore, avrebbe ottenuto da Dio la sua<br />
resurrezione per il tempo necessario ad impartirgli il<br />
battesimo, consentendogli così di entrare in Paradiso, nel<br />
cielo di Giove e precisamente fra i sei spiriti giusti che<br />
formano l’occhio della mistica aquila. Dante riteneva, così,<br />
che l’ingresso in Paradiso fosse dovuto al senso di giustizia<br />
che, almeno in quel caso, poteva prevalere sulla Fede.<br />
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Dopo di lui, ogni nuovo Imperatore venne salutato dal<br />
Senato con le parole “Sii più benefico di Augusto e più<br />
giusto di Traiano”.<br />
Sotto la sua guida ispirata, Roma riacquistò fiducia non<br />
solo nella sua sicurezza interna, ma anche nel suo destino<br />
imperiale. Tuttavia, la politica di conquista seguita da<br />
Traiano, alla fine, si sarebbe rivelata come una “damnosa<br />
hereditas” per l’Impero che egli cercava di rafforzare.<br />
In ogni caso, una personalità del genere era necessaria<br />
all’Impero romano proprio quando visse Traiano; un<br />
Soldato ed un Amministratore, un uomo forte e giusto.<br />
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Marcus Ulpius Nerva Traianus<br />
(18.09.53 - 9.08.117)<br />
Imperatore Romano (98 - 117) è stato<br />
il secondo dei cinque imperatori buoni<br />
del l’Impero Romano e uno dei più<br />
importanti. Sotto il suo regno, l'impero<br />
arrivò alla massima estensione.<br />
Dopo quasi tre anni di preparativi ai<br />
confini della Dacia, cominciate subito<br />
dopo che salì al trono, l'imperatore Traiano concentra, all’<br />
inizio dell’ anno 101 in Mesia Superiore, 13-14 legioni e<br />
altre numerose unità ausiliare ( per un totale di quasi 150<br />
000 soldati), per combattere contro il rgno di Decebalo.<br />
Il 25 marzo 101 l'imperatore lascia Roma, attraversa il<br />
Danubio sui ponti a Laederata (Ramna) e Dierna (Orsova)<br />
entrando attraverso il Banat in Dacia.<br />
A Tapae, nell’ estate del 101, Decebal cerca di fermare<br />
l'avanzata dei <strong>romani</strong>.<br />
La cruenta e lunga battaglia finisce con la vittoria romana.<br />
Alla fine dell’ anno 101 imponenti forze daciche, accanto<br />
ai sarmati e bastarni, attraversano il Danubio ed entrano<br />
in Mesia, obbligando l'imperatore Traiano a spostarsi nel<br />
nuovo posto di guerra aperto da Decebal. L'ingegnoso<br />
piano strategico, non aiuta Traiano per approfittare della<br />
vittoria di Tapae, dopo la sconfita di Decebal tra l’inverno<br />
e la primavera di 102 (a Nicopolis as Istrum e in<br />
Dobrugea aad Adamclisi),crolla l'iniziativa militare<br />
passando per sempre nella parte avversa. Nell’ autunno<br />
del 102, la resistenza di Decebal obbliga Traian a fare la<br />
pace con il re dacio, pace vista da entrambe le parti come<br />
un armistizio.<br />
Su ordine di Traiano, Apolodor di Damasc, il piu famoso<br />
ingegnere del tempo, costruisce fra Drobeta e Pontes, nel<br />
anni 103 - 105, un ponte fisso sopra il Danubio, sul quale<br />
le legioni romane passano nell’ estate dell anno 105,<br />
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cominciando la seconda guerra dacica. Abbandonato dagli<br />
alleati, attaccato da Banat, La Valle di Olt e Moldavia,<br />
costretto sempre alla difesa, Decebal si ritira nella<br />
cittadella delle Montagne Orastie. Dopo la conquista delle<br />
forti cittadelle che custodivano l'accesso nella<br />
capitale (Blidaru, Costesti, Piatra Rosie,<br />
Banita, Capalna, Tilisca), le legioni romane<br />
cominciano l'assedio di Sarmiszegetusa. Anche<br />
la resistenza dacica è eroica, la cittadella viene<br />
conquistata e distrutta. Una parte dei<br />
difensori, fra di loro anche Decebal, riescono a<br />
lasciare la cittadella cercando di continuare la<br />
resistenza contro i <strong>romani</strong> dentro il paese.<br />
Inseguito dalla cavalleria romana, per non<br />
cadere vivo nelle mani dei <strong>romani</strong>, Decebal si<br />
uccide. La maggior parte dell'impero dacio è<br />
trasformato, nell’ estate 106, in provincia<br />
romana. In memoria delle lotte daciche, nel<br />
Foro di Traiano viene costruita la Colonna di<br />
Traiano (103). La meravigliosa costruzione,<br />
che sta in piedi, ci fa vedere scene delle due<br />
guerre.<br />
Inaugurata a Roma 12 maggio 113, fu<br />
collocata fra la Biblioteca Greca e la Biblioteca<br />
Latina. Fu progettata dall’ architetto Apolodor<br />
di Damasc. Alta, senza statua, 39.83m. Sopra<br />
un basamento a forma di parallelepipedo con<br />
il lato di 5.48 m e l'altezza di 5.37m e di una<br />
corona di lauri, si alza la colonna (alta di<br />
26.62m) formato da 18 tamburi di marmo di<br />
Carrara, un capitello dorico e una base<br />
cilindrica che ha il ruolo di supporto della<br />
statua imperiale. La banda scultorea misura<br />
200m e rappresenta 125 episodi delle guerre<br />
daciche (anni 101-102 e 105-106) nelle quali<br />
vi sono, approssimativamente, 2500 immagini.<br />
L'edificio è provvisto di una porta che arriva in un<br />
vestibolo, da dove comincia una scala interiore in forma di<br />
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spirale, che va fino in cima alla colonna dove, nell’<br />
antichità, era la statua dell'imperatore. Sopra la porta<br />
dell’entrata si vede l'iscrizione sostenuta da due vittorie:<br />
Senatus populusque Romanus / Imp(eratori)<br />
Caesari Divi Nervae f(ilio) Nervae<br />
/ Traiano Aug(usto) Germ(anico)<br />
Dacico pontifi(ici) / maximo<br />
trib(unicia) pot(estate) XVII,<br />
imp(eratori) VI, co(n)s(uli) VI,<br />
p(atri) p(atriae) / ad declarandum<br />
quantae altitudinis – mons et<br />
locus tantis operibus sit egestus.<br />
Nell’ anno 1939 lo stato romeno<br />
ha ordinato a dei maestri vaticani<br />
una copia della Colonna di Traiano . I lavori per<br />
riprodurre la colonna furono effettuati durante la guerra.<br />
La copia della Colonna è<br />
stata completata dallo stato<br />
romeno ed è costata 4<br />
milioni di lei dell’epoca. Dopo<br />
una serie di trattative<br />
diplomatiche, la copia della<br />
Colonna di Traiano è arrivata<br />
a Bucarest nel giugno 1967.<br />
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DECEBALO E TRAIANO<br />
secondo Dione Cassio<br />
Il ritratto di Decebalo, sovrano dei<br />
Daci, nella Storia di Dione Cassio, è<br />
tutto puntato sulla sua abilità militare:<br />
"Costui era doppiamente scaltro, tanto<br />
nella tattica quanto nelle azioni<br />
belliche; abile sia nel lanciare<br />
l'attacco, sia nella scelta del momento<br />
migliore per ritirarsi; esperto<br />
d'imboscate e maestro di scontri<br />
campali; non solo sapeva bene come<br />
sfruttare la vittoria, ma era abile a<br />
limitare i danni in caso di sconfitta." Si<br />
tratta di un comandante astuto e<br />
pericoloso, che ha ottenuto grandi<br />
successi<br />
sulle armate romane al<br />
tempo di Domiziano<br />
(costringendo il Senato al<br />
versamento di un tributo<br />
annuo) e che ha saputo<br />
porre riparo ostinatamente<br />
alle sconfitte infertegli da<br />
Traiano. Sulla Colonna è<br />
mostrato più volte in questo<br />
ruolo di sagace capo<br />
militare: quando sa porre<br />
rimedio all'esito sfavorevole<br />
della prima grande battaglia<br />
campale, costringendo<br />
Traiano a portare soccorso alle guarnigioni stanziate in<br />
Mesia; o quando, per evitare una sconfitta definitiva,<br />
preferisce sottomettersi all'imperatore e accettare una<br />
pace negoziata. Ancora Dione Cassio riferisce che la testa<br />
di Decebalo, che davanti al nemico incombente si era dato<br />
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la morte tagliandosi la gola con un pugnale ricurvo, fu<br />
esibita come macabro trofeo ai soldati e poi inviata a<br />
Roma per essere portata nel trionfo di Traiano.<br />
Marco Ulpio Traiano,<br />
Nato a Italica, in Spagna,<br />
nel 53 d.C., proveniva da<br />
una famiglia di rango<br />
senatorio e fu il primo<br />
principe provinciale: Nerva<br />
infatti lo aveva adottato e<br />
designato suo erede. (anche<br />
nei confronti dei cristiani), il<br />
rispetto della tradizione e del<br />
Senato gli attirarono il favore<br />
di tutti. "Traiano si<br />
distingueva scrive nella sua<br />
Storia Dione Cassio- per il<br />
suo valore e per la semplicità<br />
dei costumi. Aveva un fisico<br />
robusto, trovandosi nel<br />
quarantaduesimo anno di età<br />
quando salì al principato e<br />
così, in qualsiasi frangente,<br />
era in grado di sopportare la<br />
fatica (...) il suo vigore intellettuale aveva raggiunto il<br />
grado massimo, distante sia dalle imprudenze della<br />
giovane età sia dalla pigrizia della vecchiaia". Semplice e<br />
affabile con i cittadini "non c'era qualità che egli non<br />
possedesse al grado più alto", capace come capo militare<br />
"anche se amava la guerra, tuttavia si riteneva soddisfatto<br />
quando aveva raggiunto il successo, debellato il nemico<br />
più ostile ed esaltato i propri concittadini. Nè capitò mai,<br />
durante il suo regno, quello che tanto spesso accade in<br />
tali circostanze, e cioè un atteggiamento di presuntuosa<br />
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insofferenza da parte dei soldati: con mano tanto ferma lo<br />
guidava". Nelle numerose scene della Colonna in cui<br />
Traiano parla ai soldati si manifesta il rapporto di<br />
familiarità e stima reciproca che costantemente lega il<br />
principe all’esercito durante tutto lo svolgimento della<br />
guerra dacica.<br />
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v<br />
PACHINO – NUCET parlano la stessa lingua<br />
MUSICOLOGIA<br />
“Decebalo” torna in vita<br />
Di Lorenzo Tozzi<br />
23 Lug 2005, 14:21<br />
Hierapolis, La porta di<br />
Domiziano<br />
MERCOLEDÌ 3 AGOSTO<br />
TAGLIACOZZO - TEATRO TALIA ORE 21.15<br />
Decebalo (Napoli, 1743)<br />
Musica di Leonardo Leo (1694-1744)<br />
Festa teatrale in onore di Maria Elisabetta di Borbone<br />
(prima esecuzione assoluta)<br />
Esecutori:<br />
Romabarocca Ensemble<br />
Direttore e concertatore: Lorenzo Tozzi<br />
Personaggi ed interpreti: Adrian George Popescu<br />
(Decebalo). Angelo Manzotti (Flavio), Sorin Dumitrascu<br />
(Domiziano), Laura Tatulescu (Domizia), Julia Surdu<br />
(Giulia)<br />
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In collaborazione con il Collegio Stravagante e il<br />
Dipartimento di ricerca scientifica e delle attività artistiche<br />
della Università superiore della musica G. Enescu di<br />
Bucarest<br />
L’opera sarà registrata integralmente dalla Ditta<br />
Bongiovanni di Bologna<br />
Decebalo, una festa (o azione, o serenata) teatrale<br />
dunque a lieto fine come di prammatica per le occasioni<br />
liete della corte) mette in scena tutti personaggi storici, di<br />
cui è ampia traccia negli storici antichi, tra i quali Cassio<br />
Dione .<br />
Decebalo" nasce dalla volontà di alcuni musicologi e<br />
musicisti che in stretta sinergia tra Italia e Romania e le<br />
rispettive istituzioni musicali hanno inteso realizzare<br />
l’esecuzione di un'opera italiana del Settecento dedicata<br />
alla antica storia romena.<br />
Si tratta di una prima esecuzione moderna (che verrà<br />
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anche incisa discograficamente) realizzata in anteprima a<br />
giugno a Bucarest ("Teatro Ateneo")………Il progetto<br />
riveste un ruolo particolarmente importante di sinergia<br />
culturale nel momento dell’ormai prossimo ingresso della<br />
Romania (2007) nella Unione Europea, giacché si tratta<br />
proprio di un’opera italiana di stile (della gloriosa scuola<br />
"napoletana" del Settecento di<br />
cui Leonardo Leo fu uno degli<br />
esponenti di maggiore spicco ed<br />
originalità) e l’antica storia<br />
dacica, che è alle origini della<br />
moderna nazione rumena.<br />
Saranno coinvolti nel progetto il<br />
prestigioso Conservatorio S.<br />
Cecilia di Roma, il "Centro di<br />
Ricerca dell' Istituto di scienze<br />
musicali e attività artistiche" di<br />
Bucarest, il Romabarocca<br />
Ensemble, il Collegio<br />
Stravagante.<br />
L’opera nasce da una vera e<br />
propria sinergia coproduttiva tra<br />
Bucarest e il Romabarocca Ensemble: si affiancheranno<br />
cantanti italiani e romeni già selezionati in apposite<br />
audizioni.<br />
Sono probabili riprese autunnali in Grecia ed in Austria.<br />
L’iniziativa travalica il puro significato culturale, già di per<br />
sè rilevante, e assume anche un carattere idealmente<br />
politico di cooperazione nel primo e più accessibile campo<br />
dell’arte e della cultura in attesa di ulteriori cooperazioni<br />
economiche o politiche”<br />
Commento tratto<br />
dal libretto del comune di Tagliacozzo<br />
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Opera Nationala Bucuresti<br />
Sfârsit de stagiune la ONB<br />
Opera<br />
Nationala din<br />
Bucuresti<br />
prezinta<br />
vineri, 23 iunie<br />
si duminica, 25<br />
iunie, 2006,<br />
ora 18:30,<br />
ultima<br />
productie a<br />
stagiunii:<br />
Decebalo de<br />
Leonardo Leo,<br />
compozitor<br />
napoletan al<br />
secolului al<br />
XVII lea.<br />
Pentru prima data pe scena Operei Nationale este<br />
prezentata o opera baroca. Evenimentul muzical, care<br />
prefigureaza formula de lucru si perfectionare artistica din<br />
cadrul Studioului Experimental de Opera si Balet cât si de<br />
diversificare a ariei repertoriale, marcheaza, totodata, si<br />
debutul în spectacolul de opera al regizorului Razvan<br />
Dinca. Scenografia o semneaza Viorica Petrovici iar<br />
coregrafia îi apartine Lilianei Iorgulescu.<br />
Alaturi de orchestra Collegio Stravagante, sub bagheta<br />
dirijorului Tiberiu Soare, vor urca pe scena:<br />
contratenorul Adrian George Popescu, soprana Iulia<br />
Surdu, mezzo-soprana Claudia Codreanu, basul Sorin<br />
Dumitrascu si soprana Agatha Deheleanu.<br />
Asteptam publicul, în masura locurilor disponibile.<br />
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BADEA CARTAN e<br />
………..Traiano<br />
La nostra origine latina è stata una costante coscienza<br />
etnica romana, una forte idea della nostra cultura e della<br />
nostra storia.<br />
“Noi discendiamo da<br />
Roma” hanno scritto, in<br />
senso umanistico(nel XVII<br />
secolo) i cronisti moldavi e<br />
monteni e l’idea fu ripresa<br />
e avvalorata nel clima<br />
illuministico ( nel secolo<br />
XVIII) dagli intellettuali<br />
della Scuola Ardelene.<br />
La preziosa idea della<br />
nostra latinità è stata<br />
infusa profondamente nel<br />
popolo dalla chiesa, dagli intellettuali e divenuta credibile<br />
nell’ Ardeal, alienato per circa<br />
mille anni.<br />
Un esempio di<br />
un uomo del<br />
popolo,unico nel suo genere, ma<br />
un personaggio simbolico,è<br />
stato Gheorghe Cartan,<br />
conosciuto con l’appellativo di<br />
“badea Cartan”.<br />
Fu un contadino paesano<br />
originario di Cartisoara (Sibiu),<br />
dove era nato nel 1849.Il suo<br />
secolo, il XIX fu “il secolo delle<br />
Nazionalità”, del romanticismo e<br />
messianismo nazionale. Così<br />
badea Cartan, autodidatta più<br />
che un paesano scolarizzato,<br />
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amò con grande passione i testi romeni e soprattutto<br />
quelli di storia .<br />
Di sua iniziativa, per intimo dovere, più volte attraversò la<br />
frontiera per prendere dal “Vecchio Territorio”, in Ardeal,<br />
centinaia di libri e portarli con sè in una sacca.Testi di<br />
cultura generale, ma soprattutto testi di storia.<br />
Figura originale, pittoresca, badea Cartan fu conosciuto,<br />
amato, apprezzato dagli uomini politici, dagli intellettuali,<br />
dai movimenti patriottici della vecchia Romani che<br />
sostenevano attivamente l’idea del romanticismo e i<br />
romeni di Ardeal.<br />
Per la sua attività badea Cartan fu perseguitato dalle<br />
autorità austro-ungheresi ma non rinnunciò per nessun<br />
motivo a credere nella validità e nel trionfo della causa<br />
romena.<br />
Nella guerra per l’indipendenza del 1877 -78 egli,cittadino<br />
austro- ungarico si arruolò nell’armata romena. Ma per il<br />
paesano- intellettuale<br />
di Ardeal la sua<br />
fervida attività non<br />
era sufficiente,<br />
avrebbe dovuto fare<br />
ciò che aveva<br />
imparato dai libri di<br />
storia raccontati dagli<br />
altri.<br />
Così in un giorno,nel<br />
1900 con la borsa appesa al bastone e sicuro<br />
di sé s’incamminò:da Cartisoara di Sibiiu<br />
fino a Roma, la culla del suo popolo romeno.<br />
Arrivato a Roma per primo andò nel posto<br />
dove tutti i romeni andavano una volta giunti<br />
nella capitale d’Italia: la “Colonna Traiana”.<br />
Con che orgoglio,con che venerazione il<br />
pastore badea Cartan guardava i bassorilievi<br />
della colonna, i suoi avi daci e <strong>romani</strong>,<br />
Decebal come principe e “Badica traina”.<br />
Poiché era solo, non conosceva nessuno,<br />
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appena fece sera, si sdraiò alla base della colonna.Il<br />
giorno dopo di mattina i passeggeri, i poliziotti, i<br />
giornalisti ebbero una rivelazione, un paesano di<br />
Corjati,un dacio, ai piedi della Colonna di Traiano!<br />
I giornalisti di Roma il giorno dopo scrissero: “ Un dacio è<br />
sceso dalla colonna”Proprio come un dacio della Colonna,<br />
con i capelli lunghi,con la camicia e il berretto di pelliccia,<br />
con pantaloni e scarpe da contadino.Fu pubblicata la sua<br />
fotografia, fu intervistato……<br />
Ancora una volta, l’originale personaggio, aveva fatto<br />
scalpore anche a Roma!<br />
Fu invitato negli ambienti politici,culturali, giornalistici<br />
d’Italia,fu accolto con simpatia e amicizia;ed egli si mostrò<br />
con dignità e naturalezza, riscuotendo gran de simpatia<br />
tra gli italiani per l’idea“della fratellanza romena”Non<br />
passarono molti annie, nella prima guerra mondiale,che<br />
per i romeni fu la guerra dell’unione, francesi, italiani e<br />
romeni furono alleati.)<br />
Ma badea Cartan non potè vedere la<br />
nascita della “ Grande Romania”, per<br />
la quale anch’egli aveva portato il<br />
suo modesto ma simbolico<br />
contributo. Sette anni prima del<br />
1918,quindi nel 1911, morì, all’età<br />
di 62 anni. La morte lo colse sulla<br />
strada, nell’antica Romania oltre i<br />
monti.<br />
La sua tomba è nel cimitero di<br />
Sinaia,l’epitaffio,impressionante, fu<br />
scritto da un altro grande<br />
romeno,un grande intellettuale e un<br />
apostolo del popolo,Nicolae Iorga:<br />
“Badea Cartan dorme qui e sogna<br />
l’unione del suo popolo”<br />
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L’Italia nei ricordi dei romeni<br />
Nel medioevo: Miron<br />
Costin nel “De neamul<br />
moldovenilor”da quale<br />
paese provengono i<br />
loro antenati.<br />
L’Italia è situata dove<br />
tramonta il sole, non così<br />
lontano dal nostro paese.<br />
Situata in mezzo ai mari<br />
che sono le sue frontiere.<br />
Le regioni dell’Italia: la<br />
Liguria, la Toscana, il<br />
Lazio, la Campania ect.<br />
Descrizione dell’Italia: città<br />
fortificate e città<br />
evolute,molti abitanti, un<br />
territorio bello come un<br />
paradiso, giardini e<br />
campagne lussureggianti,<br />
uomini capaci, ospitali con<br />
gli stranieri, di grande<br />
umanità; questo paese è la<br />
culla degli intellettuali e della cultura. Il nome dell’Italia è<br />
antico; gli italiani hanno vincoli di sangue con i moldoveni.<br />
In epoca moderna , Lucian Blaga: “Cronaca e valore delle<br />
età della vita” “…)(opera autobiografica. )<br />
Nel XXII capitolo racconta una escursione scolastica fatta<br />
dall’alunno Blaga con il Liceo Saguna nel 1911, in Italia.<br />
Preparativi per l’escursione:preparativi e costi.<br />
L’escursione in Romania parte da Bucarest,visita<br />
all’Accademia, incontro con i manoscritti di Eminescu; il<br />
treno per Costanza, il viaggio con il battello per il Mar<br />
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Nero;visita a Costantinopoli; viaggio sull’Egeo; visita ad<br />
Atene; arrivo in Sicilia.<br />
L’escursione in Italia:la strada per Messina,la vista di<br />
Messina due anni dopo il<br />
terremoto; il viaggio con il<br />
treno per l’Italia continentale<br />
per Napoli. La vista delle<br />
mura antiche di Pestum. A<br />
Napoli forti emozioni, i<br />
musei, il paesaggio, le<br />
escursioni nella natura. La<br />
vista del Vesuvio fumante, la<br />
visita a Pompei, città romana<br />
distrutta dall’eruzione del<br />
Vesuvio 2000 anni prima<br />
(le rovine, il museo, il<br />
Cane di Pompei. Lo<br />
spettacolo dell’Opera con<br />
Tosca e una giornata<br />
libera a Napoli.<br />
Dieci giorni a Roma,con le<br />
sue meraviglie. La prima<br />
meta per i romeni: la<br />
Colonna di Traiano. poi il<br />
foro romano, il vaticano,<br />
la Cappella Sistina, i<br />
dintorni di Roma, le terme<br />
di Caracalla, via Appia<br />
.l’Opera. Una pausa di due<br />
tre giorni a Firenze e poi<br />
una giornata a Venezia.<br />
Dopo l’attraversata<br />
dell’Adriatico fino a Fiume,<br />
il treno per Budapest e poi<br />
direttamente a Brasov da<br />
dove eravamo partiti.<br />
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Storia<br />
L’8 febbraio 1431, un<br />
gruppo di nobili vennero<br />
dalla “Tara Romaneste” e<br />
avevano con loro uno<br />
scettro principesco fatto<br />
per molti abitanti di<br />
Nurnberg, a quei tempi la<br />
città delle diete imperiali,<br />
sfidando il freddo per<br />
partecipare ad un<br />
avvenimento storico<br />
importante: l’imperatore<br />
Sigismund di Luxemburgo<br />
dava la signoria della tara<br />
romaneste a Vlad, che aveva vissuto alla sua corte per 8<br />
anni. Proprio in quel giorno, l’imperatore Sigismund gli<br />
regalò il suo scettro ed una collana e un medaglione in<br />
oro in cui era inciso un dragone, stemma della Cavalleria<br />
dell’ Ordine dell’omonimo animale.<br />
Nell’attesa della incoronazione, Vlad e la sua famiglia<br />
andarono a Sighisoara, in<br />
Transilvania, dove fondano una<br />
zecca. Per le prime due monete<br />
battute, Vlad usò lo stemma del<br />
suo sigillo: il dragone. Questo<br />
spiega perchè i romeni, la cui<br />
lingua è di origine neo latina, lo<br />
hanno chiamato Dracula (dal latino<br />
Draco-Onis). In romeno Dracula<br />
significa diavolo. Per i posteri il<br />
sopranome prese il posto del<br />
cognome, Vlad, il suo secondo<br />
figlio, fu conosciuto cosi. Vlad<br />
Dracula, cresciuto a Sighisoara, fu<br />
preso come ostaggio dai turchi, si<br />
rifugiò da suo zio Iancu di<br />
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Hunedoara, un nobile romeno (Vlad Dracula si sposerà<br />
con sua figlia) e divenne signore della Tara romaneste il<br />
22 agosto 1456.<br />
Quando era il Padrone delle tara romanesca , Vlad<br />
Dracula, fu uno dei più temuti nemici dei turchi,<br />
riorganizzò lo stato, l’esercito e le leggi, condannando a<br />
morte, impalando tutti coloro considerati nemici: banditi,<br />
ladroni, mendicanti, preti rapaci, nobili traditori, sassoni<br />
usurpatori che cercavano di spodestarlo per mettere al<br />
suo posto suo cugino Dan il Giovane o suo fratello<br />
naturale Vlad il Monaco. Gli storici turchi l’hanno<br />
chiamato Vlad l’impalatore e cosi è conosciuto dalla<br />
storiografia romena.<br />
Egli era abituato a<br />
firmare invece con il<br />
nome di suo padre,<br />
Dracula. Ciò è<br />
dimostrato dal primo<br />
distintivo<br />
documentario di<br />
Bucarest, del 20<br />
settembre 1459 e dal<br />
ritratto di<br />
Odhsenbach<br />
Stambuch da<br />
Stuttgart.<br />
Fu tradito da, Matei Corvin, suo futuro cognato ed ordino il<br />
suo arresto. Vlad Dracula fu più di 10 anni in prigione a<br />
Visegrad, vicino a Buda. Ritornato sul trono nel 1476 con<br />
l’aiuto di Stefan il Grande, signore della Moldavia, insieme<br />
ai dogi della Serenissima e con l’aiuto del Papa Sesto IV,<br />
Vlad ricomincio la lotta contro i turchi.<br />
Alla fine del 1476venne ucciso a Snagov da Laiota<br />
Basarab che prenderà il suo posto sul trono.<br />
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Leggenda<br />
Vlad l’impalatore, chiamato<br />
dalle leggende Dracula, è stato<br />
signore della Regione<br />
Romanesca (la parte<br />
meridionale della Romania<br />
odierna).<br />
La sua storia ha affascinato e<br />
continua ad affascinare tutto il<br />
mondo.<br />
La sua vita piena di imprevisti,<br />
come la crudeltà delle sue<br />
azioni sono già leggenda.<br />
Raccontata prima in romeno e poi in slavo antico, poi in<br />
Tedesco, con le esagerazioni di rigore specialmente in<br />
questa ultima versione, la sua leggenda è arrivata ad<br />
essere conosciuta in tutta Europa. Molte delle leggende<br />
fatte intorno al suo nome sono state storie macabre,<br />
presentando Vlad l’impalatore come un uomo bello ma<br />
veramente crudele.<br />
Non pochi sono stati gli scrittori che hanno raccontato la<br />
sua vita e le sue azioni incredibili. Cosi è nata una vera<br />
moda Dracula, il piu grande dei vampiri. La sua storia e<br />
stata raccontata in milioni di versioni. Ha conquistato I<br />
registi (sono state realizate piu di 100 pellicole). Le storie<br />
dei libri e delle pellicole raccontano del vampiro Dracula,<br />
sempre ambientate in Transilvania. Per molti la<br />
Transilvania è un posto fantastico.<br />
La descrizione delle città Cluj e Bistriza, il Passo Bargau di<br />
Carpazi (unisce Transilvania di Moldavia), e la descrizione<br />
di altri posti rispettano la realtà. Dracula, il vampiro,<br />
questo personaggio misterioso delle storie,dei romanzi e<br />
delle pellicole non è mai esistito.<br />
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Dopo 1897 quando è stato pubblicato il romanzo “Dracula”<br />
di Bram Stocker (1847 – 1912), un irlandese di Dublino, il<br />
nome del signore munteno divenne ancora più famoso.<br />
Bram Stocker era un regista teatrale, membro della<br />
Associazione di parapsicologia “Golden Dawn” di<br />
Londra,appassionato studioso di vampirismo irlandese ed<br />
hindù. Il personaggio principale del suo libro stampato in<br />
milioni di esemplari è un vampiro, il Conte Szealer,<br />
chiamato Dracula. L’azione del libro si svolge in<br />
Transilvania l’autore dice: “Ho letto che tutte le<br />
superstizioni del mondo sono sui Carpazi, come se li fosse<br />
il centro d qualcosa di mistico”.<br />
Sarà questa la verità su Dracula? Leggenda o storia?<br />
E adesso .....noi<br />
Abbiamo desiderato sapere<br />
qualcosa di più su Dracula, e<br />
per questo abbiamo effettuato<br />
alcune visite nei luoghi di<br />
grande importanza per la sua<br />
vita, ricordati nella storia o<br />
nei lavori di finzione.<br />
(Bucarest, Targoviste, Curtea<br />
de Arges, Poieneri, Bran,<br />
Brasov, Sighisoara)<br />
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Quando siamo arrivati a Targoviste, eravamo molto<br />
ansiosi: “ E se la nostra città non piacerà’?” Ma ci<br />
eravamo sbagliti nel pensare questo: i nostri amici sono<br />
rimasti affascinati ! E quando siamo arrivati alla Torre<br />
Chindia e abbiamo visto le immagini con Vlad Tepes,i<br />
nostri visi si sono illuminati: eravamo vicino al mitico<br />
Dracula.<br />
Nella torre abbiamo vissuto momenti che ci hanno<br />
riempito di gioia: avevamo davanti la città ricca di storia!<br />
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VLAD TEPES – TRA STORIA E<br />
LEGGENDA<br />
Noi romeni abbiamo amato da sempre Vlad Tepes perchè<br />
ricordiamo con piacere le storie che dicono che, al suo<br />
tempo, un uomo che si trovava in un qualunque posto del<br />
territorio romeno, non doveva aver paura di lasciare la<br />
borsa con i soldi sulla strada , perché nessuno avrebbe<br />
avuto il coraggio di prenderla.<br />
Dio, con la sua pietà, dovrebbe creare un nuovo Vlad<br />
Tepes, perchè egli ha fatto veramente giustizia.<br />
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ISTORIA<br />
Vlad Tepes ,meglio noto come Dracula, è il secondogenito<br />
di Vlad Dracul II<br />
Il soprannome “Tepes” “Impalatore” gli fu attribuita dopo<br />
la sua morte nel 1476 per i modo come egli giustiziava gli<br />
ottomani,conficcandoli nei pali. L’impalatura era una<br />
crudele esecuzione, la vittima veniva infilzata in un palo<br />
acuminato,grosso quanto un braccio di un uomo.<br />
Si dice che Vlad prediligesse le esecuzioni di massa, le<br />
punte dei pali formavano una specie di “foresta”.<br />
Vlad nacque a Sighisoara in Transilvania nel 1431.<br />
Ottomano. Lo stemma dell’Ordine<br />
del drago raffigura un drago e una<br />
croce( simbolo del cristianesimo) e<br />
Vlad Dracul portò questo simbolo<br />
dappertutto, nelle bandiere, nelle<br />
monete, nel sigillo.<br />
Divenne più tardi il<br />
secondo Principe<br />
della Valachia.<br />
Suo padre, fu un<br />
cavaliere dell’Ordine<br />
del Drago,un ordine<br />
cavalleresco del<br />
l’Europa dell’Est che<br />
aveva lo scopo di<br />
fermare l’avanzata<br />
dell’Impero<br />
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VLAD II PRINCIPE DI<br />
VALACCHIA<br />
Nell’inverno del 1436-37 ,Vlad II divenne Principe di<br />
Valacchia e prese residenza nel palazzo di Targoviste ,la<br />
capitale della Valacchia.<br />
Vlad III<br />
seguì suo<br />
padre<br />
,vivendo 6<br />
anni nella<br />
corte<br />
principesca<br />
.<br />
vicende, nel l1463 Vlad Tepes Dracula<br />
sconfisse gli ottomani,non fece prigionieri,i<br />
sopravvissuti furono tutti impalati,salvo uno<br />
che fu rimandato indietro con la testa del<br />
suo generale.<br />
Con il coraggio e la sua ferocia impedì<br />
l’invasione del paese.<br />
Vlad Tepes è l’eroe nazionale della<br />
Transilvania.<br />
Dopo varie<br />
e tragiche<br />
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LA MORTE DI VLAD<br />
Della morte di Dracula non si conoscono molte<br />
cose,esistono diverse ipotesi. La più diffusa è quella che<br />
sostiene che sia stato ucciso in una battaglia contro i<br />
Turchi, nei pressi di Bucarest,nel dicembre del 1476.Altri<br />
sostengono che s ia stato ucciso, in quella battaglia, dai<br />
feudatari valachi.<br />
C he fine ha fatto<br />
veramente<br />
il corpo di<br />
Vlad?<br />
venne riesumato un<br />
corpo vestito<br />
fastosamente, ma<br />
decapitato e si pensò che<br />
fosse il corpo di Vlad, la<br />
cui testa, si dice, sia<br />
stata<br />
inviata al Sultano.<br />
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LEGGENDA<br />
La storia di Vlad Tepes è un mistero tra storia e leggenda<br />
,la verità è che nessuno sa dove finisce la leggenda e<br />
comincia la storia. Divenne un personaggio non solo<br />
storico ma letterario e flolkloristico perché il voivoda fu<br />
scelto dallo scrittore Bram Stoker come protagonista<br />
principale del suo romanzo scritto nell’anno 1897<br />
Da quel momento Dracula e la Transilvania, il luogo dove<br />
si trova il misterioso castello pieno di fantasmi e vampiri,<br />
in mezzo a foreste misteriose,è divenuto il soggetto di 750<br />
tra , films, documentari e novelle ispirate al romanzo<br />
dello scrittore irlandese.<br />
Si dice che la trasformazione di Vlad Tepes nel Conte<br />
Dracula assetato di sangue, è la conseguenza del fatto<br />
che ,secondo le abitudini di quel tempo,il vincitore di una<br />
combattimento si poteva dissetare con il sangue degli<br />
sconfitti.<br />
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La storia delle sue gesta è stata fonte di ispirazione per<br />
Bran Stoker, che rese Vlad famoso in tutto il mondo.<br />
Stoker lesse le storie di Vlad scritte nelXV e XVI secolo e<br />
venne colpito dalle crudeltà descritte.<br />
Decise di farne il suo personaggio e di ambientarne la<br />
storia in Transilvania, “paese oltre la foresta”.Stoker usò<br />
Vlad solo come fonte di ispirazione,nel suo racconto<br />
Dracula non è il principe Vlad, ma un conte della<br />
Transilvania,la storia si svolge nell’area della Bisriza ed il<br />
castelo i trovavicino al passo Bargau.<br />
Dato che Stoker non aveva mai visitato la<br />
Transilvania,molti posti<br />
ed avvenimenti sono<br />
puramente Immaginari.<br />
Il Castello di Bran,conosciuto<br />
come il castello di Dracula,fu<br />
costruito nel 1378 sullo spuntone<br />
di una roccia, doveva difendere e<br />
controllare la strada commerciale<br />
che univa la provincia di<br />
Valacchia alla Transilvania. Era<br />
anche un posto di dogana,<br />
residenza del Re.Secondo la<br />
tradizione fu a lungo la residenza<br />
di Vlad III di Valacchia, passato<br />
alla storia come Dracula. Oggi è<br />
un museo d'arte feudale .<br />
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MAZZINI E LA ROMANIA<br />
di Marco Baratto<br />
Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2005 sul giornale "Il<br />
Cittadino".<br />
Il pensiero di Mazzini non si limitava all'ambito<br />
italiano, con profetica visione si allargava all'intero<br />
continente europeo ".<br />
Nel 1848 sull'Europa soffia il vento della libertà, una<br />
dopo l'altra, rivoluzioni scoppiano a Parigi, Berlino,<br />
a Vienna, a Milano: anche i rumeni innalzano la<br />
bandiera rivoluzionaria e vogliono cambiare il<br />
paese. L'influenza del pensiero mazziniano sui<br />
rivoluzionari romeni in maggioranza moldovalacchi ,<br />
è riscontrabile nel dibattito che seguì dopo il<br />
fallimento delle rivoluzioni del 1848/1849 e il credo<br />
e il frasario mazziniani, allora familiari alla classe<br />
politica e alla parte più evoluta del popolo romeno,<br />
fecero sì che la proposta di Mazzini di una<br />
democrazia "Europea" e i suoi progetti federalisti,<br />
figurassero al primo posto nei progetti delle società<br />
segrete romene nate ad imitazione della "Giovane<br />
Italia".<br />
Del resto, da tempo emissari del Mazzini erano attivi<br />
in terra romena, che era la base di tanti piani e<br />
tentativi insurrezionali nell'Europa<br />
danubianobalcanica e in Polonia e i messaggi di<br />
Mazzini a coloro che egli non cesserà mai di<br />
chiamare "i suoi amici di Bucarest", parlano di<br />
"concordanza di dottrina, identità di fini e ricerca<br />
assidua d'operosa concordia".<br />
Dopo la parentesi rivoluzionaria, l'attività svolta in<br />
esilio dai liberali radicali romeni mirava a<br />
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promuovere la cultura politica democratica e<br />
repubblicana e, al ritorno in patria, le più belle<br />
pagine del loro giornale "Românul" vennero<br />
dedicate all'illustrazione delle tesi mazziniane. "La<br />
Giovane Romania" collaborò, fin dalla nascita, con il<br />
"Comitato di Londra" e partecipò alle iniziative<br />
dell'Alleanza Repubblicana Universale.<br />
Tra i fondatori: Nicolae Balcescu, Constantin<br />
Rossetti, i quattro fratelli Golescu, i due Bratianu,<br />
tutti fervidi d'ingegno e operosità nella loro fede<br />
europeistica. Identificando in Mazzini la guida<br />
indiscussa del movimento per la trasformazione<br />
della carta geografica e dello spirito dell'Europa,<br />
Dimitru Bratianu, quale rappresentante dei Romeni<br />
nel Comitato Democratico Europeo, andrà a Londra<br />
per conoscerlo e stargli vicino. Mazzini che<br />
riconosceva ai romeni un ruolo particolare nella<br />
futura Europa, scriveva per l'appunto: "Tutte le<br />
nazioni erano uguali, dotate di una missione e con il<br />
sacro diritto dell'iniziativa rivoluzionaria. Per quello<br />
che riguardava la razza romena, [...] era chiamata a<br />
fare il collegamento tra la razza slava e quella<br />
grecolatina ". Ricordiamo che, al pari di quello<br />
italiano, il popolo romeno era frammentato tra Stati<br />
diversi e non tutti i patrioti romeni seguivano la<br />
stessa linea. I movimenti insurrezionali del 1848,<br />
vedevano avanzare richieste diverse da regione a<br />
regione. In Valacchia, si chiedeva la fine del<br />
protettorato russo e del "Regolamento Organico", e<br />
la sua sostituzione con la Costituzione Nazionale. In<br />
Moldavia, bastavano alcune semplici riforme del<br />
"Regolamento Organico".<br />
In Trasilvania, che dopo la pace di Carlowitz era<br />
stata annessa all'Impero d'Austria, si chiedeva<br />
parità con le altre nazionalità dell'impero e<br />
soprattutto di non essere uniti con un eventuale<br />
stato magiaro. Divisioni e beghe tra i rivoluzionari<br />
romeni, tanto simili a quelle tra italiani, fecero<br />
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fallire entrambi i movimenti insurrezionali del<br />
1848,1849 e 1853 e furono giudicate con severità<br />
sia daMazzini sia dal romeno Costantino Rossetti. ll<br />
primo, nel 1850, nello scritto "Foi et Avenir"<br />
sosteneva "mancanza di organizzazione, di unità,<br />
lotte meschine tra i vari gruppi politici sono<br />
all'origine del fallimento della nostra impresa".<br />
Mentre, nel la contemporanea "Cronica politica" del<br />
Rossetti, emerge un'interessante parallelismo,<br />
infatti, il patriota romeno sosteneva: "Milano,<br />
Venezia, Roma e le altri parti dell'Italia, invece di<br />
sollevarsi insieme tutte d'un colpo, rovesciando tutti<br />
gli imperatori, di proclamare la Repubblica Italiana,<br />
una sola stanza e un solo governo popolare e<br />
repubblicano, si alzarono a turno... Così, anche noi<br />
romeni ci alzammo solo in parte e a turno". Nel<br />
giugno 1850 è organizzato, a Londra, il Comitato<br />
Centrale Democratico Europeo, che prova a<br />
rapportarsi con gli esuli romeni e quelli ungheresi,<br />
nel tentativo di mediare le dispute create dal<br />
problema delle nazionalità in Ungheria e, nel 1851,<br />
lancia il famoso appello "Alle popolazioni romene"<br />
firmato, oltre che da Mazzini, anche da LedruRollin e<br />
da Darasz che, tra l'altro, dice: "Il popolo romeno,<br />
avanguardia della razza grecolatina, è chiamato a<br />
rappresentare in Europa orientale il ponte con le<br />
nazionalità slave e il principio della libertà<br />
individuale e del progresso collettivo che ci<br />
definisce noi, europei, come apostoli dell'umanità".<br />
Nemici degli slavi, degli ungheresi, degli italiani, dei<br />
greci e dei rumeni sono l'Imperatore d'Austria e lo<br />
Tzar. Il futuro appartiene ai popoli liberi e le<br />
controversie verranno risolte da un congresso in cui<br />
questi saranno "equamente" rappresentati. I<br />
rapporti tesi tra le nazionalità danubiane verranno<br />
normalizzati dalla costruzione della confederazione.<br />
"La grande confederazione danubiana sarà cosa dei<br />
nostri tempi. Quest'idea vi deve guidare le azioni. Il<br />
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ponte di Traian, con le sue basi sulle sponde del<br />
Danubio, è il simbolo dello stato attuale. I nuovi<br />
ponti saranno realizzati con le vostre mani. Ecco il<br />
vostro compito per il futuro ".<br />
L'appello, appartenente a C. A. Rossetti, è tradotto<br />
in lingua romena in cirillico e latino e viene<br />
pubblicato, grazie a I. C. Bretianu e a D. Florescu, da<br />
ben dieci giornali parigini. Sulla stampa italiana<br />
appare (il 3 luglio e l'8 d'agosto) su la "Voce del<br />
deserto" e nel supplemento di luglio agosto de<br />
"Italia e il popolo". L'interesse di Mazzini per la<br />
causa romena non viene meno neppure negli anni<br />
successivi e, sia nel 1859, ma anche nel 1866,<br />
l'apostolo dellla libertà dei popoli, tornerà ad<br />
interessarsi della Romania. La sua attenzione è<br />
stimolata dal profilarsi, proprio nel 1866, di un<br />
nuovo scontro tra Italia e Austria. Alla vigilia della<br />
terza guerra d'indipendenza per liberare le terre<br />
venete ancora soggette all'Austria, Mazzini chiede al<br />
Governo Italiano di stringere alleanza, non con la<br />
con la Prussia, ma: "Coi popoli aggiogati<br />
forzatamente al carro dell'Austria, coi popoli che<br />
devono essi pure rivendicarsi libertà e<br />
indipendenza. …….". ………..<br />
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Protagonisti del Risorgimento<br />
europeo:<br />
le figure di Balcescu, Andreuzzi e<br />
Mazzini<br />
Stefan Delureanu, dell’Università di Bucarest, il 17<br />
ottobre 2002, presso la Civica Biblioteca Guarneriana di S.<br />
Daniele del Friuli, sul tema:<br />
Nicolae Balcescu, Antonio Andreuzzi e Giuseppe<br />
Mazzini protagonisti del risorgimento europeo.<br />
Ma io parlerò adesso in italiano e vi dirò subito che i<br />
patrioti rumeni che inaugurarono con il ’48 una fase<br />
decisiva nella storia moderna della loro nazione e in modo<br />
particolare i liberal-democratici,<br />
fautori di un sostanziale<br />
rinnovamento etico politico da<br />
essi definito una "palingenesi<br />
universale" furono animati nel<br />
loro credo e nel loro<br />
programma di edificazione dello<br />
Stato unitario da una vocazione<br />
democratica e repubblicana che<br />
li avvicinava a Mazzini.<br />
Per Nicolae Balcescu è stato lui<br />
e non Carlo Marx il più grande<br />
rivoluzionario d’Europa (ed è<br />
questo il giudizio di uno storico<br />
che non sprecò mai i superlativi), per Dumitru Bratianu,<br />
che sarà il rappresentante rumeno presso il Comitato<br />
democratico europeo di Londra, Mazzini è stato l’uomo del<br />
secolo e infine per Giovanni Eliade Radulescu, il maggiore<br />
italianista rumeno del tempo, l'apostolo genovese è stato<br />
la personificazione dell’intero pensiero italiano.<br />
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Il messaggio concettuale di Balcescu rivela rapporti di<br />
sostanziale analogia e di concordanza con la dottrina del<br />
genovese, l’identità della mèta prefissa, un comune<br />
indirizzo nella coordinazione della democrazia europea, un<br />
incessante appellarsi alla alleanza dei popoli con speciale<br />
riferimento ad una cooperazione rumeno – ungherese -<br />
slavo meridionale.<br />
Il secondo, Dumitru Bratianu, andrà a Londra per cercarlo<br />
e per stargli accanto come rappresentante dei suoi<br />
concittadini nell’appena creato comitato democratico<br />
europeo.<br />
Dal suo luogo d’esilio l’ultimo Giovanni<br />
Eliade Radulescu invierà ai compagni<br />
relegati in Asia minore, a Brussa, copie<br />
di "Fede e Avvenire".<br />
L’incontro con Mazzini, ritenuto di<br />
massima importanza, verrà richiesto e<br />
promosso come prioritario da tutti i<br />
gruppi dell’esilio romeno post-1848: un esilio che durò,<br />
per i più, 9 anni.<br />
Cementato da una profonda mutua conoscenza e da una<br />
stretta collaborazione con i capi del loro movimento<br />
democratico, il legame tra il genovese e i rumeni si<br />
espresse per una costante presenza nella sua opera, nei<br />
suoi indirizzi, nei suoi programmi d’azione in cui veniva<br />
riservato loro una parte preminente nell’area danubianobalcanica.<br />
Il rapporto di reciproca fedeltà si protrasse sino alla morte<br />
dell’apostolo che parlava costantemente, nel suo<br />
epistolario, dei fratelli Bratianu, dei fratelli Golescu e di<br />
Constantin Rosetti come dei suoi amici di Bucarest<br />
"doppiamente fratelli per la stirpe e per la fede politica".<br />
Per il tramite dei democratici rivoluzionari il credo e la<br />
terminologia mazziniana divennero familiari fra i<br />
componenti la classe politica.<br />
Le idee di Mazzini presero corpo in associazioni simili alla<br />
Giovine Italia o in progetti confederativi: emissari<br />
mazziniani percorsero terre romene, disegni cospirativi e<br />
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tentativi insurrezionali ebbero come base il territorio<br />
romeno o una partecipazione romena.<br />
Come i periodici dell’esilio, la Romania avvenire, la<br />
Gioventù romena, La Repubblica Rumena, con il ritorno in<br />
Patria nel ’57, il migliore e più diffuso giornale rumeno<br />
"Românul", appunto il “Rumeno”, di Constantin Rosetti,<br />
sarà una tribuna mazziniana dei popoli.<br />
Ma non fu solo per simili aspetti che si espresse il<br />
carattere non effimero dell’adesione romena al<br />
mazzinianesimo.<br />
La storiografia concorda nell’ammettere come periodo<br />
dell’intensificarsi della penetrazione del pensiero<br />
mazziniano tra i romeni gli anni posteriori al ’48:…..<br />
…..Manifesti, proclami, appelli dei comitati rivoluzionari…,<br />
ispirati dalla probabilità d’azione, attestano la comunanza<br />
di principi, ….<br />
……L’intuizione rumena di una necessità primaria di<br />
stringere i rapporti con le nazionalità oppresse dell’area<br />
sud-orientale e centro-orientale è paragonabile alla<br />
perseveranza con la quale Mazzini proclama tale priorità<br />
un punto programmatico basilare di ogni politica estera<br />
italiana lungimirante.<br />
Missioni esplorative compiute da patrioti rumeni<br />
mazziniani in nome di Mazzini in Austria, in Germania,<br />
nelle isole Ionie, Malta, in Serbia, in Grecia, nella Turchia<br />
Europea, in Transilvania, in Ungheria o in Boemia<br />
servirono a tastare il terreno, a<br />
fornire allo staff della<br />
democrazia europea elementi e<br />
dati necessari per maturare una<br />
decisione.<br />
Nei programmi architettati<br />
dall’ultimo Mazzini, i romeni<br />
costituirono<br />
l’elemento<br />
fondamentale in quella sua<br />
strategia che mirava ad una<br />
perfetta concordia operante fra<br />
di loro i Greci e gli Slavi del sud,<br />
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fine guardato come espressione della funzione dell'Italia in<br />
Oriente, parte essenziale della sua missione generale.<br />
Presenti nella mente e nell’animo di Mazzini fino alla sua<br />
morte e anche dopo, le terre romene, eternamente legate<br />
a Roma "per stirpe, affinità di lingua, tradizioni, spirito",<br />
sono parole di Mazzini, dovevano, secondo lui, essere<br />
soltanto coltivate con nobile passione dall’Italia per<br />
riacquistare la meritata rilevanza in Europa.<br />
Pubblicato nel 1876 a Bucarest (su promessa fatta a<br />
Maurizio Quadrio dal traduttore), la traduzione de "I<br />
Doveri dell’Uomo" offrì al pubblico rumeno una delle sue<br />
opere caratterizzanti fra le prime tradotte in Europa.<br />
Intuizioni privilegiate, concordanza di concetti,<br />
orientamento, aspirazioni e fini determinarono la adesione<br />
convinta e duratura dei romeni al mazzinianesimo.<br />
Tale convinzione politica e morale, che reclama prese di<br />
posizione definitive, non poteva essere il risultato del<br />
contatto con l’apostolo della nuova fede, abbracciata<br />
attraverso un atto di conversione momentanea.<br />
Il mutamento era avvenuto lentamente: si era operato in<br />
un lungo esercizio interiore, la determinazione a seguirlo è<br />
stata conseguenza legittima di un intero modo di pensare<br />
dell’intera militanza e azione rivoluzionaria precedente.<br />
Il mazzinianesimo è penetrato tra i romeni attraverso<br />
l’emigrazione italiana, attraverso le navi battenti bandiera<br />
sarda, attraverso il ramo polacco della "Giovine Europa",<br />
attraverso i contatti diretti con i mazziniani a Parigi o in<br />
Svizzera, ma anche attraverso letture dirette dei testi<br />
fondamentali di Mazzini.<br />
Testimone, nel 1847, del fervore patriottico manifestatosi<br />
in Italia durante la sua prima visita nella penisola tra<br />
Genova e Palermo, il Balcescu lo coglie come segno di<br />
maturità alla vigilia del moto di rinnovamento europeo.<br />
Così come Dumitru Bratianu da Parigi lo interpreta<br />
contemporaneamente: uno stimolo notevole nell’identica<br />
battaglia per il riscatto nazionale di fronte a cui si<br />
trovavano entrambe le nazioni. ……Le idee di Balcescu,<br />
sacerdote dell’ideale vicino a Mazzini per l’esercizio della<br />
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mente e della virtù, derivano chiaramente da Mazzini.<br />
Patria e Umanità sono termini complementari nel suo<br />
discorso, in armonia con le tendenze universalistiche della<br />
proposta mazziniana di democrazia europea. Nel frasario<br />
di questo segretario del primo governo provvisorio<br />
romeno del ’48, come in quello dei fratelli Bratianu e di<br />
Constatin Rosetti, il maggiore giornalista del tempo, nei<br />
testi programmatici del ’48 valacco, nella stampa<br />
dell’esilio, sostanza e formulazioni sono mazziniane.<br />
Mazziniano è il trattare il tema "nazione",……….. agli stessi<br />
valori ideali. ……..<br />
….Mazzini nel Manifesto del Comitato Nazionale Italiano,<br />
datato 8 Settembre 1850, ..includeva Bucarest tra "le città<br />
di una patria, la patria dei martiri e dei credenti in un<br />
comune<br />
avvenire",…..<br />
In settembre '48 si<br />
inizia, dopo tre mesi<br />
di "repubblica" a<br />
Bucarest, l’amaro<br />
itinerario dei capi del<br />
movimento<br />
risorgimentale<br />
romeno, finito per<br />
alcuni, come per il<br />
Balcescu, senza la<br />
riparazione postuma di trovare nel patrio suolo un posto<br />
che ne custodisse le ceneri. …..<br />
……. Se per "conoscenza di Mazzini" intendiamo invece il<br />
condividere di un credo fondato su intuizioni e principi<br />
comuni, sul prospettare di ipotesi e di soluzioni identiche o<br />
analoghe, su un impegno totale nell’agire per il trionfo<br />
degli stessi ideali nazionali ed insieme europei, perché<br />
entrambi furono precursori di questa Europa che si sta<br />
unendo, allora possiamo sostenere che Balcescu si sia<br />
rivelato il romeno più profondamente familiarizzato con la<br />
dottrina mazziniana, da lui coerentemente professata sul<br />
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piano dell’elaborazione teorica ed in quello dell’esperienza<br />
storica.<br />
Il tesoro di idee e di precetti definito da Mazzini è stato<br />
assimilato da lui nella sua sostanza imperativa come<br />
anche nella tendenza di rappresentare la premessa di<br />
un’azione che non finiva con l’opera di una generazione.<br />
Allorché Balcescu proclama Mazzini il più grande<br />
rivoluzionario d’Europa, egli racchiude in quelle parole la<br />
sentenza di uno storico appoggiata su un’ottima<br />
conoscenza del pensiero democratico repubblicano<br />
dell’epoca, della rivoluzione europea. Tale giudizio è<br />
certamente uno dei primi tra<br />
quelli espressi fino nel ’50<br />
dalla storiografia del<br />
continente. ………Cosa<br />
significhi Mazzini per<br />
Balcescu, lo testimonia,……. .<br />
La concordanza dei concetti<br />
di nazionalità e di umanità<br />
……. l’utilizzazione di…….. un<br />
comune patrimonio di<br />
vocaboli, :…….. legge, virtù,<br />
dovere, sacrificio, fede,<br />
santità, salvezza, ……<br />
l’identità della meta politica<br />
e morale, … la fratellanza nel<br />
credo di una missione di ogni<br />
nazione nella storia, …….<br />
L’analogia dei destini storici<br />
degli italiani e dei romeni si è incorporata perfettamente<br />
nei loro programmi.<br />
…….Le frasi di Balcescu rivelano un esemplare<br />
adoperazione di concetti e di orientamenti mazziniani, anzi<br />
talvolta un’espressione nobilitata dall’apporto di entrambi,<br />
una sintesi in cui può venire determinato un trasferimento<br />
incontestabile di termini del linguaggio mazziniano. Si può<br />
decidere senz’altro da quale testo di Mazzini, da quale<br />
lettura provengano le idee di Balcescu espresse nei suoi<br />
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vari saggi. Come Mazzini che reputava la sua una<br />
generazione di promotori e di precursori, il Balcescu vede<br />
nella sua generazione solo l’iniziatrice di un lungo<br />
processo storico.<br />
L’emancipazione dei popoli e la fratellanza umana fu<br />
brama di vita dell'uno come dell’altro. Questo ideale<br />
distinse tutto il loro pensiero, l’intera loro azione, come<br />
stanno a testimoniare i loro scritti e le loro iniziative.<br />
L’unità nazionale d’Italia e d’Europa è stata la meta<br />
dichiarata della battaglia mazziniana, così come l’unità di<br />
tutti i romeni in uno Stato e di una Federazione Danubiana<br />
fu proposta da Balcescu ai suoi contemporanei ed ai<br />
posteri come obiettivo politico, ideale supremo di un<br />
futuro intravisto, cui dedicò tutta la sua esistenza. …….<br />
……Balcescu non incontrò mai Mazzini, ma il nobile figlio di<br />
Genova fu certamente l’uomo che egli avrebbe desiderato<br />
conoscere di persona, più di ogni altro europeo, per<br />
collaborare con lui al compimento di una missione<br />
rigeneratrice in Europa: l’uomo il cui pensiero e i sogni<br />
generosi erano i più vicini alla generosità dei suoi indirizzi<br />
e delle sue aspirazioni. Il loro credo comune riunì il<br />
fervore della generazione di Balcescu a quella della<br />
generazione di Mazzini dando sostanza e senso alla loro<br />
offerta, segnando nel suo rettilineo professare un<br />
impone<br />
nte<br />
contrib<br />
uto alla<br />
fondazi<br />
one<br />
delle<br />
idee<br />
portanti<br />
della<br />
nuova<br />
epoca<br />
stor<br />
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UN PROTAGONISTA ROMENO<br />
DELLA DEMOCRAZIA MAZZINIANA:<br />
DIMITRU BRATIANU (1818-1892)<br />
I democratici romeni che avviarono nel '48 il rinnovamento<br />
della nazione furono spinti nelle loro<br />
rivendicazioni da un atteggiamento<br />
europeistico ispirato a quello di Mazzini.<br />
Il credo e il frasario mazziniani divennero<br />
allora familiari alla classe politica e<br />
all'opinione evoluta del mondo romeno e<br />
la proposta mazziniana per la<br />
democrazia europea prese così corpo in<br />
disegni programmatici di organizzazioni<br />
analoghe alla Giovine Italia e in progetti<br />
federalistici. Emissari dell'Apostolo<br />
percorsero le terre romene, prima base<br />
di tanti piani e tentativi insurrezionali<br />
nell'Europa danubiano-balcanica ed in<br />
Polonia.<br />
Il contenuto del messaggio ideale di<br />
Mazzini e di coloro che egli non cesserà di chiamare i suoi<br />
amici di Bucarest riflette concordanza di dottrina, identità di<br />
fini e ricerca assidua di operosa concordia.<br />
L'attività giornalistica svolta in esilio dai liberali radicali<br />
romeni mira a promuovere una cultura politica democratica<br />
repubblicana. Col ritorno in patria, le migliori pagine del loro<br />
giornale "Românul" sono sostanzialmente mazziniane.<br />
Attiva nella collaborazione con la democrazia europea dalla<br />
nascita del Comitato di Londra fino alle iniziative dell'Alleanza<br />
Repubblicana Universale, la Giovine Romania ebbe tra gli<br />
antesignani, accanto a Nicolae Balcescu, Constantin Rossetti<br />
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e i quattro Golescu, i due fratelli Bratianu, fervidi di ingegno e<br />
di operosità nel loro impegno europeistico.<br />
Identificando in Mazzini la guida indiscussa del movimento<br />
per la trasformazione della carta e dello spirito d'Europa,<br />
Dimitru Bratianu andrà a Londra a cercarlo, per stargli vicino<br />
come rappresentante dei compatrioti nel Comitato<br />
Democratico Europeo…………………<br />
Formatosi nella Francia della monarchia di luglio come<br />
l'intero nucleo direttivo giovine romeno della generazione del<br />
Quarantotto, il Bratianu trovò il suo migliore alimento<br />
culturale e politico nei più evoluti ambienti laici e democratici<br />
del tempo, nei quali assai diffusa era l'influenza delle idee di<br />
Mazzini.<br />
A Parigi, tra gli ideatori e i più attivi consoci<br />
dell'Associazione degli Studenti Romeni, ramo esterno di una<br />
sorta di Giovine Romania, troviamo ………..già Dimitru<br />
Bratianu, che nel 1847,…….<br />
……..Del ruolo svolto dal Bratianu si trova tra l'altro<br />
conferma in una lettera di Mazzini del 14 luglio 1851, nella<br />
quale il Genovese comunica a Pietro Giannone la nomina di<br />
Dimitru Bratianu a rappresentante del mondo romeno nel<br />
Comitato londinese ( 1 [1] )<br />
……………..<br />
……………….Il senso del grandioso piano(DI MAZZINI) venne<br />
inteso con acutezza d'ingegno dal fratello di Dimitru, Ion<br />
Bratianu, del quale Mazzini apprezzava in particolare le doti<br />
di uomo d'azione…………<br />
……Alla morte dell'Apostolo, toccò a Dimitri Bratianu l'onore<br />
di tessergli l'elogio sulle colonne del giornale "Românul". La<br />
sua missione era stata, secondo Bratianu, quella di plasmare<br />
spiriti e suscitare fiducia. Promotore del movimento di<br />
liberazione dei popoli, coscienza della nazione italiana,<br />
"leggenda e mito" per le generazioni a venire, Mazzini era<br />
addirittura celebrato come il redentore del mondo.<br />
L'articolo venne di nuovo stampato dal "Românul" nel<br />
giugno 1892, all'indomani della scomparsa di chi l'aveva<br />
redatto nel marzo del 1872 e noi lo riproponiamo ora tradotto<br />
in calce a questo nostro scritto insieme con una significativa<br />
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lettera che il patriota romeno ebbe a indirizzare a Mazzini nel<br />
1851.<br />
Leader liberale carismatico, protagonista della democrazia<br />
europea, presidente della Camera e del Consiglio dei ministri,<br />
Dimitru Bratianu fu interprete fino alla morte degli ideali<br />
mazziniani nel pensiero e nell'azione del Risorgimento<br />
romeno.<br />
L'ideale nazionale italiano e quello romeno ebbero<br />
finalmente compimento entrambi nel 1918. In un opuscoletto<br />
apparso a Milano nel 1916 dal titolo Mazzini - Bratianu. La<br />
Rumania e le nazionalità europeee che comprende il<br />
manifesto di Mazzini Alle popolazioni romene e la risposta romena<br />
scritta con ogni probabilità dallo stesso Dimitru<br />
Bratianu, nella dedica al nipote di quest'ultimo Ionel Bratianu,<br />
in quel momento primo mi-nistro di Bucarest, Ernesto Nathan<br />
così affermava:<br />
"Vi strinsi fraternamente la mano in passato qui a Roma,<br />
Madre nostra comune: da Roma, ve la stringo di nuovo con<br />
costante affetto, mentre noi, Nazioni Sorelle scendiamo di<br />
conserva in campo a difesa della Civiltà, dedicandovi questa<br />
pubblicazione, dove il grande Apostolo del Risorgimento<br />
Europeo, il rivendicatore delle Libere Nazionalità e lo Zio<br />
Vostro, uniti, mirabili di prescienza, oltre sessantacinque anni<br />
or sono, fissarono e proclamarono alla Giovine Europa, doveri<br />
comuni oggi riconosciuti dalla Italia e dalla Romania risorte".<br />
MORTE DI GIUSEPPE MAZZINI<br />
(Articolo di Dimitri Bratianu da: "Românul")<br />
Per parecchi anni, dal 1850 al 1856, vissi nella più grande<br />
intimità con Mazzini. L'amai, mi amò. Ho perciò il diritto e il<br />
dovere di dedicare qualche parola di rimpianto e di<br />
ammirazione - di più non posso fare - al genio, ll'uomo di<br />
bene e al grande patriotta che consacrò tutta la sua vita<br />
all'Italia e all'intera manità.<br />
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Mazzini<br />
logorò<br />
anzitempo<br />
(aveva<br />
soltanto<br />
sessantaquatt<br />
ro anni) la<br />
ferrea<br />
costituzione<br />
della quale<br />
l'aveva dotato<br />
la natura nel<br />
combattere<br />
senza posa il dispotismo in tutti gli angoli del mondo, con una<br />
passione febbrile che non venne meno un solo minuto da<br />
quando si trovava sui banchi della scuola sino al momento in<br />
cui cessò di vivere. Di lui più volte si è anche potuto dire:<br />
"Risusciterà dai morti con la morte la morte calcando e a<br />
quelli dei sepolcri la vita donando". Più volte fu condannato a<br />
morte, e dopo ogni uccisione decretata dai potenti, il soffio di<br />
vita usciva dal suo petto con maggior vigore e risuscitava<br />
anche quelli rimasti morti attorno. L'opera di quest'uomo<br />
gigante aveva qualcosa di soprannaturale, perciò la sua<br />
azione è stata immensa, incommensurabile. Per le<br />
generazioni avvenire, Mazzini sarà una leggenda, un mito.<br />
Ho il diritto, mi sento in dovere di dire a chi non abbia<br />
avuto la fortuna di conoscere Mazzini di persona, cosa sia<br />
stato quel grande uomo che per quasi mezzo secolo<br />
personificò il movimento di emancipazione di tutti i popoli.<br />
Mezzo secolo durante il quale tutti coloro che lottavano per<br />
la libertà e la nazionalità ovunque venivano chiamati<br />
mazziniani, mezzo secolo durante il quale il mondo conobbe<br />
due sole potenze, due bandiere: Mazzini, vessillo di libertà,<br />
lo zar Nicola, simbolo di dispotismo.<br />
Le circostanze fecero sì che io conoscessi quasi tutti gli<br />
uomini della rivoluzione e della diplomazia europea e che<br />
anche lavorassi con alcuni di loro. In tanti ammirai le doti del<br />
cuore e dell'intelligenza; ma tutti avevano anche i difetti<br />
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opposti a tali doti. Ciascuna di quelle grandi individualità<br />
aveva sì degli aspetti luminosi, ma anche dei nei e dei lati<br />
oscuri. In Mazzini trovai l'essere più completo, più armonico;<br />
solo in lui trovai riunite tutte le qualità, anche quelle che<br />
solitamente si escludono.<br />
Mazzini era gracile di complessione, ma robusto e forte;<br />
mai lo vidi malato. La sua figura pareva scolpita nell' acciaio;<br />
aveva tratti di regolarità classica e di grazia moresca.<br />
I pensieri non lo abbandonavano un solo minuto e lo<br />
rendevano malinconico, ma la sua coscienza serena e la sua<br />
grande fede nell'avvenire dell'Italia avevano raccolto nel suo<br />
cuore un fondo infinito di letizia, e appena gli rivolgevi la<br />
parola, in un istante, senza il ben che minimo sforzo, il<br />
sorriso gli si levava sulle labbra, la fronte gli si rasserenava,<br />
gli occhi gli lacrimavano di speranza, e in un linguaggio pieno<br />
di vivacità parlava per delle ore intere e il volto gli si<br />
illuminava; il suo eloquio si animava man mano che avvertiva<br />
come crescesse la comunanza di idee e di sentimenti tra lui e<br />
l'interlocutore: il che succedeva quasi sempre.<br />
Mazzini era facilmente avvicinabile, gradevole, simpatico; la<br />
sola espressione del suo volto attirava verso di lui. Era<br />
buono, pietoso, aveva un cuore per tutte le sofferenze, per<br />
tutti i dolori, persino per le debolezze degli uomini di buona<br />
fede. Possedeva la semplicità, la purezza dei costumi,<br />
l'austerità di un anacoreta e la forza di sacrificio d'un santo.<br />
Era non solamente generoso e liberale; faceva il bene con<br />
una devozione da lasciar credere che fosse lui l'obbligato, e<br />
così era, sentendosi più che felice quando trovava occasione<br />
di fare del bene. Aveva una cultura molto vasta, universale;<br />
era erudito senza essere minimamente pedante. Aveva una<br />
fantasia viva, una grande memoria, un ammirevole buon<br />
senso, un giudizio sano; aveva spirito e presenza di spirito;<br />
molta finezza, un occhio sicuro, intuizione rapida; un talento<br />
raro nell'esprimere, particolarmente per iscritto, sentimenti e<br />
idee nelle forme più affascinanti; e la necessità di comunicare<br />
quasi sempre in segreto aveva conferito al suo stile epistolare<br />
una straordinaria concisione: scriveva per aforismi, in dieci ri-<br />
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ghe sapeva concentrare una materia che sotto qualsiasi altra<br />
penna avrebbe riempito dieci pagine.<br />
Mazzini era un pensatore profondo, era poeta, era artista<br />
nella pienezza della parola e nel contempo l'uomo più<br />
positivo, più pragmatico, più analitico; non gli sfuggivano<br />
nemmeno i particolari più insignificanti.<br />
Mazzini amava il bello, amava la giustizia, amava la libertà,<br />
amava l'Italia con l'ardore del primo amore di una fanciulla;<br />
aveva convinzioni forti come le leggi immutabili, eterne della<br />
natura; aveva la fede di un profeta, di un uomo ispirato; e al<br />
tempo stesso era calcolatore, scrupoloso, minuzioso come un<br />
contabile; era preciso, energico, assoluto come un comandante<br />
sul campo di battaglia. Le donne andavano da lui<br />
come in un pellegrinaggio: gli portavano per religioso<br />
omaggio dei fiori, delle immagini, pregandolo di consentire<br />
che fossero esposte per dieci, quindici giorni nella sua stanza.<br />
Gli uomini d'azione, i politici, i militari venivano da ogni parte<br />
per consultarlo, chiedergli piani, istruzioni. Gli uomini di finanza<br />
lo onoravano di un credito illimitato: a Londra i biglietti<br />
di Mazzini erano ricevuti da tutte le case bancarie e<br />
commerciali.<br />
Alcuni piccoli episodi della vita di Mazzini, che ricordo in<br />
questo momento, mostreranno chi sia stato quest'uomo<br />
straordinario.<br />
Un emigrato, che aveva fatto molto parlare di sé in<br />
Inghilterra, si era impegnato a dare il suo concorso ad un<br />
moto in Lombardia. Quell'emigrato non mantenne poi fede<br />
alla parola data e si spinse al punto di attribuire a Mazzini, nei<br />
giornali, la responsabilità dell'insuccesso della progettata<br />
missione. Indignato per l'accaduto chiesi a Mazzini: "Che<br />
farai?". La sua risposta fu: "Niente. Conosco da molto tempo<br />
quanto valga quell'uomo, e le sue miserie non possono<br />
toccarmi. Ho dei documenti con i quali potrei perderlo, ma<br />
preferisco non sconfessarlo perché gode ancora gran prestigio<br />
tra i suoi, ed in altre eventuali circostanze forse riuscirò a<br />
utilizzarlo meglio".<br />
Mazzini era a capo di una spedizione insurrezionale e nella<br />
notte in cui stava per passare all'attacco delle postazioni<br />
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austriache uno dei suoi viene e gli dice: "Ordina che io sia<br />
fucilato prima che possa tradire: sento che al primo sparo di<br />
fucile scapperò e demoralizzerò il nostro piccolo esercito".<br />
Mazzini prende la penna, scrive due righe, le sigilla e le<br />
consegna al suo amico, dicendogli: "Mai mi è stata data prova<br />
maggiore di devozione. Prendi questo dispaccio e parti<br />
subito: la salvezza della patria ti impone questo grande<br />
sacrificio".<br />
In Inghilterra io non volevo incontrare Kossuth protagonista<br />
della democrazia europea, così come non avevo voluto<br />
incontrarlo nel '48 in Ungheria, essendo egli stato troppo<br />
ingiusto e violento nei confronti dei Romeni. All'inizio della<br />
guerra di Crimea, alla vigilia della mia partenza per la<br />
Turchia, Mazzini mi dice: "Kossuth desidera vederti, dovete<br />
vedervi. Gli ho dato appuntamento da me, vieni<br />
immancabilmente. Il male che Kossuth poté fare in altri tempi<br />
ai Romeni non ti dispensa dall'obbligo di fare il tuo dovere,<br />
ora; devi cercare di intenderti con lui, in modo da prendere<br />
una decisione prima di partire, perché non sappiamo che<br />
estensione possa prendere questa guerra che ha carattere<br />
europeo". Mazzini ci riunì da lui e con il suo perseverante<br />
concorso convenimmo, nel caso che gli Ungheresi e i Romeni<br />
dell'Impero austriaco avessero preso le armi, di indirizzare<br />
loro un manifesto in lingua magiara e romena, sottoscritto da<br />
Kossuth e da me, per chiamarli ad una comune azione, ogni<br />
nazione combattendo sotto la propria bandiera, e a<br />
condizione esplicita che dopo la vittoria i Transilvani<br />
avrebbero potuto decidere con un plebiscito, liberamente<br />
votato da tutti, se volessero o no unirsi all'Ungheria. Nel<br />
1856, Lord Palmerston che non vedevo da alcuni anni da<br />
quando ero entrato nel Comitato rivoluzionario, mi rende<br />
noto che voleva parlarmi. Il Comitato m'autorizzò di<br />
incontrare il ministro. Giunto al suo cospetto, Lord<br />
Palmerston mi dice: "Che fate, signor Bratianu?" - "Cospiro<br />
mylord". - "Lo so, cospirate, perché diversamente non potete<br />
servire il vo-stro Paese. Ma ora il Congresso di Parigi vi apre<br />
la via per raggiungere lo scopo che perseguite o per renderlo<br />
almeno possibile senza cospirare più. Permettetemi di<br />
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proporvi di accompagnare a Parigi il primo plenipotenziario di<br />
Sua Maestà. Il governo dell'imperatore è d'accordo con ciò. A<br />
Parigi, Lord Clarendon vi presenterà al conte Wallewski ed<br />
agli altri membri del Congresso".<br />
La proposta del ministro non fece una buona impressione ai<br />
miei colleghi del Comitato che avevano in orrore la<br />
diplomazia; ma io avrei potuto rendere qualche servizio al<br />
Comitato perché, essendo il più giovane, e rappresentando<br />
un piccolo Paese, avrei potuto inserirmi più facilmente nelle<br />
trattative per cui ero incaricato; tra l'altro avrei avuto il<br />
vantaggio di non dover lottare con le rivalità nazionali e le<br />
questioni di supremazia che spesso compromettono gli<br />
interessi più vitali dei popoli. Nessuno parlava. Mazzini ruppe<br />
il silenzio e mi disse: "Non abbiamo bisogno di pensare tanto<br />
per sapere che cosa c'è da fare. Devi accogliere le proposte di<br />
Palmerston, devi andare a Parigi; prima di tutto hai dei doveri<br />
verso la tua patria. La Romania si trova in condizioni<br />
eccezionali e nelle circostanze odierne può benissimo<br />
ottenere qualcosa anche attraverso la diplomazia: hai il<br />
dovere di provare. Se riuscirai, ciò che si farà per il tuo Paese<br />
tornerà a vantaggio di tutti i paesi oppressi".<br />
Questo grande uomo viveva da grand'uomo. La sua stanza<br />
non misurava più di tre per quattro metri quadri. In essa<br />
c'era un letto, un tavolo, tre sedie di paglia e dei fiori, che<br />
venivano rinnovati quasi ogni settimana. Al piano di sotto<br />
aveva un salottino dove attendevano i numerosi visitatori<br />
prima di salire nella camera dove dormiva, lavorava e<br />
riceveva. Mazzini possedeva qualche fortuna, e se avesse<br />
dovuto soddisfare solo le sue necessità avrebbe potuto vivere<br />
bene con un quarto di ciò che aveva. La sola spesa alquanto<br />
di lusso che si permetteva era quella per le sigarette; ma<br />
anche le sigarette che fumava erano di una qualità molto<br />
ordinaria e ne limitava molto il consumo affinché gli bastasse<br />
in ogni caso la somma settimanale stanziata per il loro<br />
acquisto. Il suo abbigliamento era semplice, ma sempre<br />
ordinato grazie agli amici che si curavano di ricordargli ogni<br />
tanto che era necessario comprarsi un abito, un cappello, un<br />
paio di scarpe. Nelle feste come nei giorni feriali, all'inizio del<br />
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giorno e fino a tardi dopo mezzanotte, non mancava un<br />
minuto dal suo posto, non si muoveva dalla sua sedia,<br />
sempre occupato a scrivere e a ricevere e spedire i corrieri e i<br />
suoi emissari, a dare udienze agli inviati, alle deputazioni che<br />
gli venivano da tutte le parti del mondo. Soltanto verso sera<br />
andava a cenare e a sentire un po' di musica presso la<br />
famiglia amica del birraio Stansfeld, che più tardi divenne<br />
ministro.<br />
Prima ancora che lo conoscessi, Mazzini si era promesso ad<br />
una signorina, con la riserva per altro di dare seguito<br />
concreto alla promessa soltanto dopo aver riunito l'Italia in<br />
Repubblica una e indivisa.<br />
Poiché ho assunto il compito di esprimere il mio pensiero su<br />
Mazzini, debbo dire tutto. Ebbene, quell'uomo senza pari che<br />
sembrava sollevarsi fuori dalla atmosfera nebulosa nella<br />
quale si tormentava l'umanità per elevarsi nei cieli del sereno<br />
eterno, aveva anche lui una nube che lo opprimeva, e quella<br />
nube era la Francia. L'Italia aveva riconquistato per merito<br />
suo la coscienza della propria indiscussa grandezza passata e<br />
presente, e soffriva per via della supremazia della Francia;<br />
riteneva che la Francia non fosse più all'altezza della missione<br />
che si era data; diceva che lo scettro toccava alla patria di<br />
Dante, Machiavelli, Vico, Galileo, Michelangelo. E poiché<br />
l'Italia è la patria del primo uomo di stato e del primo grande<br />
eroe dei tempi moderni, se non avesse parlato per la bocca di<br />
Mazzini, avrebbe affermato: "D'ora innanzi è mia l'iniziativa<br />
dei movimenti dell'umanità, giacché l'iniziativa si chiama<br />
Mazzini, e Mazzini è il figlio e il padre mio, Mazzini sono io".<br />
Sbagliano quelli che dicono: "Peccato che Mazzini non abbia<br />
aderito al sistema monarchico, che non abbia dato il suo<br />
consenso a Vittorio Emanuele. Lui sarebbe stato ministro più<br />
grande di Cavour; a ogni modo, dopo la morte di Cavour,<br />
solo lui avrebbe potuto rispondere come ministro alle<br />
esigenze dell'Italia". Se Mazzini avesse fatto così, non<br />
sarebbe stato più Mazzini. Egli non avrebbe potuto sostituire<br />
Cavour; egli non poteva transigere sui principii, non poteva<br />
mercanteggiare, non poteva diventare il confidente di<br />
Napoleone III. Mazzini, la coscienza del popolo italiano, la<br />
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rivelazione del Dio delle nazionalità, l'espressione più viva<br />
delle libertà moderne, il rappresentante dichiarato e<br />
riconosciuto delle aspirazioni di tutti i popoli, il Messia<br />
dell'emancipazione politica del genere umano, sempre<br />
apostolo e martire, sin dall'infanzia in lotta accanita, incessante<br />
con il vecchio mondo, quel mondo doveva<br />
annientarlo o perire, se pur poteva perire Mazzini. Doveva<br />
distruggerlo con l'amore e la luce del suo animo, conquistarlo<br />
in nome della libertà e attraverso la giustizia, ricrearlo a sua<br />
immagine e somiglianza. Mazzini non poteva fare ciò che fece<br />
Cavour, non poteva fare ciò che fece Garibaldi.<br />
La sua missione è stata quella di fare Cavour, Garibaldi,<br />
Manin, di fare un re patriotta ed un popolo degno di libertà. Li<br />
ha fatti, ha fatto la libertà, ha fatto l'unità d'Italia, ha creato<br />
l'Italia, e la prova che l'Italia è opera sua è il voto unanime<br />
della rappresentanza nazionale di Roma. I membri di quella<br />
assemblea vedevano in Mazzini l'avversario della loro politica;<br />
essi non erano dei mazziniani, ma solo Italiani, e quando il<br />
loro presidente pronunziò il nome di Mazzini, tutti con filiale<br />
pietà si scoprirono e piegarono le teste innanzi al genio<br />
d'Italia. Genio d'Italia è il tuo vero nome, Mazzini. Sì, sei<br />
stato, sei e sarai per sempre il Genio d'Italia risuscitata per<br />
volontà tua.<br />
Non solo l'Italia, l'Umanità intera piange in te il suo<br />
redentore; perché tutti i popoli credettero in te, riscattarono i<br />
loro peccati, resuscitarono e resusciteranno in te. Insieme<br />
con me anche i Romeni ti piangono, mio caro amico, e ti<br />
piangono con lacrime di Italiani; perché anch'essi hanno i ricordi<br />
e le aspirazioni dei loro fratelli dei lidi del Tevere;<br />
perché il tuo genio aiutò anch'essi a unire i loro paesi e fece<br />
di loro un popolo libero.<br />
Tu che sei stato solo amore, ricevi nei cieli una gioia nuova,<br />
sappi che attraverso il tuo amore anche la Romania<br />
contribuisce alla diffusione e all'affermazione del tuo genio.<br />
LETTERA DI DIMITRU BRATIANU A GIUSEPPE MAZZINI *<br />
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Paris - lundi le 14 juil. [1851]<br />
Cher Monsieur, je sais que le temps vous manque pour<br />
repondre aux lettres qui vous assaillent de toutes parts; je<br />
regrette cependant de ne pas avoir de vos nouvelles. J'aime à<br />
croire que votre santé est toujours assez forte pour resister<br />
vaillamment aux rudes épreuves que vous lui faites subir, car<br />
si vos fatigues sont grandes votre foi est encore plus grande.<br />
La police nous a beaucoup chicané pour avoir imprimé ici<br />
votre adresse en langue roumaine; mais elle a du se borner à<br />
des menaces, car nous lui avons dit tout vainement que nous<br />
l'avions prise dans les Débats.<br />
J'ai déjà amassé dixneuf journaux de Paris qui se sont<br />
occupés de cette adresse. Je n'ai pas pu me procurer ceux<br />
de Province.<br />
Si vous n'avez pas lu ce qu'en dit L'opinion, je vous engage<br />
de la lire; c'est très curieux.<br />
Dernièrement je disais à Accursi que vous avez raison de<br />
ne pas vous presser avec l'adresse à la Pologne, car le<br />
Comité devait toujours laisser un certain interval entre les<br />
publications - Depuis j'ai appris qu'il vous l'a écrite.<br />
Maintenant cependant je pense que si elle est terminée il<br />
serait bon de songer à la publication. Envoyez-là moi ou du<br />
moins prevenez m'en, je vous prie, quelques jours à l'avance<br />
pour que je puisse prende mes dispositions; car très<br />
probablement je ne lui survivrai pas vingt quatre heures (à<br />
Paris).<br />
Je vous envoie sous bande L'événement ( 2 [3] )<br />
d'hier au soir. Il<br />
renferme un article d'un de mes amis avyant pour titre:<br />
Alliance des hongrois, des roumains et des serbes. J'ai pour<br />
vous de la part de Michelet le volume de son histoire de la<br />
révolution française qui vient de paraître et une belle roumaine<br />
sur toile que les émigrés roumains envoient à leur cher<br />
Mazzini ( 3 [4] )<br />
. Mes salutations fraternelles aux notres. Darasz<br />
sans doute, va mieux depuis qu'il est à la campagne - à<br />
bientôt le bonheur de vous serrer la main.<br />
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Tout à vous de coeur<br />
D. Bratiano<br />
Je vous rappelle l'adresse de la rue d'Enfer: à Madame<br />
Adèle Dumesnil, 47, r. d'Enfer.<br />
STEFAN DELUREANU<br />
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