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Agorà - Comune di Carrara

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AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 24<br />

la famiglia fabbricotti<br />

nell’album <strong>di</strong> memorie<br />

anni la cognata vedova e le sue due bambine, lo scrittore Jack La<br />

Bolina, la moglie vedova del precettore dei suoi figli, professor<br />

Monti. Seguì a volte negli affari l’amor proprio e la bizza più che<br />

il legittimo calcolo e l’opportunità, e il suo concetto ottocentesco<br />

dell’onore lo portò spesso a battersi in duello. Aveva il viso attraversato<br />

da una cicatrice e il suo primo figlio, Carlo, nacque con la<br />

stessa cicatrice. Questo senso dell’onore, che fu spesso rivincita <strong>di</strong><br />

amor proprio, lo trasportò negli affari lasciandosi sedurre da conclusioni<br />

illogiche, avventate, bizzarre, im previste, che non erano<br />

soluzioni economiche.<br />

I motivi dei suoi duelli, nella versione data alla famiglia, erano <strong>di</strong><br />

una leggerezza fiabesca: un signore aveva guardato troppo insistentemente<br />

con il binocolo sua moglie a teatro, un al tro aveva<br />

urtato una signora che era con lui alla stazione <strong>di</strong> Parigi, un terzo<br />

non aveva voluto accettare il posto che gli aveva offerto in treno,<br />

ma probabilmente queste erano le versioni zuccherate per la<br />

“bibliothèque rose” <strong>di</strong> famiglia. Nelle cose quoti<strong>di</strong>ane era cavalleresco,<br />

ma impulsivo e inconsiderato, seminava nei corridoi del<br />

castello proiettili da pistola e una volta in treno, nell’incertezza <strong>di</strong><br />

aver perso un documento, non riuscendo ad aprire la valigia, la<br />

sventrò con il coltello.., e non era la sua!<br />

Un’altra volta durante i moti del ‘94 minò S. Croce, dove era la<br />

moglie con i figli, e affidò la miccia a Leà, un marinaio sempre<br />

ubriaco, lasciando l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> far saltare tutto se fossero arrivati<br />

i rivoltosi in sua assenza. Ebbe sistemi me<strong>di</strong>evali <strong>di</strong> vita; <strong>di</strong> notte<br />

si faceva accompagnare a volte in Magra da uomini che bruciavano<br />

la paglia per fargli lume, oppure quando aveva freddo si<br />

faceva bruciare davanti litri <strong>di</strong> alcool in bacili. Gli incidenti poi<br />

erano all’or<strong>di</strong>ne del giorno in famiglia e motivo <strong>di</strong> riso: le carrozze<br />

perdevano le ruote, le barche non calafatate affondavano con un<br />

mare calmissimo, gli ospiti affidati a marinai ubriachi finivano nei<br />

frangenti, traversando in barca il fiume, e arrivavano alla stazione<br />

zuppi. La famiglia si avvelenava per <strong>di</strong>strazioni ancillari o lo yacht<br />

affondava per rubinetti lasciati aperti. Il nonno si sentiva superiore<br />

a questi contrattempi, sicché tutto era motivo <strong>di</strong> scherzoso racconto.<br />

Una notte, costretti a dormire per terra, una fiumana che tagliava<br />

la strada e i viveri, una levatrice che arrivando naufragava, un<br />

visitatore che non vedendo un cavo dalla barca ruzzolava in mare,<br />

tutto era letizia. Come letizia era la bufera che faceva suonare il<br />

campanello alla zia Emma implorante e impaurita, e faceva girare<br />

il vecchio cameriere Bergitto (morto poi sotto il bombardamento)<br />

con la lanterna per chiudere bene le fragili serrature del castello,<br />

abbagliato dai lampi e deplorante “i troni”. La bufera toglieva la<br />

luce elettrica al castello facendo ripiombare la famiglia nelle tenebre<br />

dei secoli. Il nonno alla vigilia della morte s’improvvisò maestro,<br />

come a tutti i pensosi solitari gli era sempre piaciuto insegnare<br />

e salire in cattedra. Dette gratuitamente lezioni <strong>di</strong> filosofia e <strong>di</strong><br />

storia. Come sapeva col sestante prendere in mare il punto delle<br />

stelle, capì dove era giunto, e seppe nascondere il suo smarrimento<br />

raggiunto il termine dell’ora scorrevole del suo tempo. Non cercò<br />

<strong>di</strong> aggirare le posizioni ma le affrontò a viso aperto come quando<br />

il governo fascista, con il consorzio obbligatorio, <strong>di</strong>strusse le case<br />

estere e il commercio del marmo con la sproporzione fra produzione<br />

imposta e ven<strong>di</strong>te assegnate. Il governo <strong>di</strong>strusse così le sue<br />

entrate e lo costrinse a ricorrere al cre<strong>di</strong>to mentre per ragioni “nazionali”<br />

gli impedì <strong>di</strong> fare una società italo‐francese con ingenti<br />

capitali esteri. Il prezzo strozzinesco fatto dalle Banche alla Sama,<br />

che raccoglieva insieme alla sua le migliori <strong>di</strong>tte <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, fu l’ultimo<br />

mezzo per compiere la totale rovina. Furono im posti come<br />

<strong>di</strong>rettore e <strong>di</strong>rigenti della società uomini del governo che, atteggiandosi<br />

a benefattori, tramavano per incamerare i vari patrimoni.<br />

Fra gli industriali del marmo ci furono varie morti misteriose e<br />

molti suici<strong>di</strong>.<br />

Il nonno, dopo tutti i suoi sogni, dopo aver scritto tanti memoriali<br />

a sottolineare i suoi meriti industriali, civili e agricoli, dopo aver<br />

aperto e chiuso i cassetti dei suoi medaglieri, scrisse il testo per la<br />

sua lapide « Per mutare degli eventi le sue ossa non siano mai separate<br />

da quelle dei suoi cari “. L’ultimo suo pensiero fu un pensiero<br />

<strong>di</strong> solidarietà verso la famiglia, dalla quale aveva sentito amare parole,<br />

quando, senza ascoltare consigli, leticando con i suoi avvocati<br />

e <strong>di</strong>fensori, era caduto nella trappola dei suoi nemici. I suoi nemici<br />

visibili e locali, furono le esaltate squadre fasciste, dai torvi cipigli<br />

e le maniche rimboccate, che non <strong>di</strong>ssimulavano i soprusi ma anzi<br />

ne nutrivano vanto ed euforia; i nemici lontani e <strong>di</strong>ssimulati, furono<br />

i mastodontici capitalisti col sangue senza più globuli rossi,<br />

con la circolazione meccanizzata e la coscienza sminuzzata. Scrisse<br />

un libro <strong>di</strong> memorie «Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un uomo vissuto prima durante e<br />

dopo la guerra ‘14‐18». Ricor<strong>di</strong> che non toccano i punti essenziali<br />

della vita politica e internazionale quando fu <strong>di</strong>plomatico. Era più<br />

che altro un racconto che si teneva alle cose superficiali per stupire<br />

i piccoli nipotini dai volti alzati verso il suo e nei nipotini amò<br />

i segni dell’intelligenza e della bellezza sentendo che la famiglia<br />

esisteva ancora.<br />

Il nonno amò Dante, costruirsi un castello, il suo onore e la nonna<br />

Nella. In una de<strong>di</strong>ca alla nonna scrisse “Ti amo più della mia vita,<br />

quasi quanto il mio onore”.<br />

La seconda parte nel prossimo numero <strong>di</strong> Agorà<br />

Tratto da: Maria Teresa Fabbricotti, Album <strong>di</strong> Memorie, Giunti<br />

E<strong>di</strong>tore, Firenze 1989.

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