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Agorà - Comune di Carrara

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Il mensile del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

Anno VI n. 7 - Luglio 2011<br />

www.comune.carrara.ms.it/agora<br />

Agorà<br />

I Giorni<br />

dell’Arcobaleno<br />

Sanitario


Il mensile del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

Anno VI n. 7 - Luglio 2011<br />

www.comune.carrara.ms.it/agora<br />

Agorà<br />

I GIornI<br />

dell’ArcobAleno<br />

SAnItArIo<br />

AGORÀ<br />

Mensile del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

Anno VI n. 7 - Luglio 2011<br />

Direttore Angelo Zubbani<br />

Direttore Responsabile Vittorio Prayer Galletti<br />

Coor<strong>di</strong>namento Andrea Zanetti, Marco Tonelli,<br />

Vittorio Prayer<br />

Comunicazione/URP Elettra Casani<br />

In redazione Anna Rossi<br />

Direzione, Amministrazione e Pubblicità<br />

Piazza Due Giugno 1, <strong>Carrara</strong><br />

tel. 0585 641276, fax 0585 641275<br />

e-mail: agora@comune.carrara.ms.it<br />

Autorizzazione Tribunale <strong>di</strong> Massa<br />

n. 373 del 31 gennaio 2005<br />

Realizzazione e<strong>di</strong>toriale SEA <strong>Carrara</strong><br />

Stampa San Marco Litotipo Srl, Lucca<br />

Copertina Fotomontaggio per significato allegorico<br />

della struttura ospedaliera <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>,<br />

contornata da arcobaleno (fotografia <strong>di</strong> Vittorio<br />

Prayer).<br />

Numero chiuso martedì 25 luglio 2011. Agorà è stampato<br />

su carta <strong>di</strong> pura cellulosa ecologica ECF.<br />

I Giorni dell’Arcobaleno Sanitario<br />

The Doctor is In - Il Dottore<br />

è in servizio... a <strong>Carrara</strong><br />

Difficile il mestiere <strong>di</strong> Sindaco.<br />

Sempre costretto a considerare le cose<br />

dal punto <strong>di</strong> massima responsabilità, non <strong>di</strong><br />

potere, ma solo <strong>di</strong> responsabilità. Obbligato<br />

ad esaminare ogni problema da ogni prospettiva,<br />

a valutare gli interessi <strong>di</strong> tutti gli attori in<br />

campo, almeno gli interessi legittimi.<br />

Un mestiere spesso gratificante, a volte spiacevole,<br />

faticoso nella quoti<strong>di</strong>anità come prendere<br />

una me<strong>di</strong>cina amara che pure pensi possa<br />

far bene alla comunità, quella che cerchi <strong>di</strong><br />

accompagnare verso una prospettiva migliore.<br />

Accompagnare, non guidare, e neppure<br />

servire, <strong>di</strong>ciamo un lavoro che si cerca <strong>di</strong> fare<br />

insieme, in questo meraviglioso equilibrio <strong>di</strong>namico<br />

che la città si regala come fosse un riflesso del non meno complicato mistero<br />

cosmico. Tuttavia, raramente, alcune scelte si semplificano e le risposte ti appaiono<br />

specchiate e chiare come acqua <strong>di</strong> fonte. Capita <strong>di</strong> rado ma a volte succede, e capisci<br />

che non ti puoi esimere, che non si deve esitare, che ogni tentennamento sarebbe<br />

un grave sbaglio, un tra<strong>di</strong>mento della gente per cui lavori. “Non possumus”, come<br />

avrebbe detto papa Pio IX.<br />

È la volta dell’ospedale, del nostro Ospedale. Nel momento in cui consegno la mia<br />

riflessione alla comunità sento forte la responsabilità del ruolo e so che devo evitare<br />

chiacchiere inutili ed essere più chiaro possibile e responsabile; cercherò <strong>di</strong> <strong>di</strong>re solo<br />

quello che serve, quello che non si può contestare. L’ospedale <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> non si può<br />

chiudere, semmai si potrà riorganizzare, fino a quando il piano della nuova struttura<br />

per pazienti acuti <strong>di</strong> Via Mattei non sarà completato e la sua efficienza garantita.<br />

Ci sono <strong>di</strong>fficoltà straor<strong>di</strong>narie, è vero, ed è pur vero che a queste bisognerà rispondere:<br />

siamo amministratori non solo delle belle promesse ma anche dei molti problemi e<br />

<strong>di</strong>fficoltà. Davanti a nessuno <strong>di</strong> questi un Sindaco, anche a prescindere dalle proprie<br />

responsabilità, può esimersi. Diciamo che è tutto compreso nel prezzo.<br />

La comunità carrarina ha dato a suo tempo ampia prova che non intende innalzare<br />

barricate, o paletti, in nome <strong>di</strong> campanili che dovrebbe <strong>di</strong>fendere solo come traccia<br />

viva della propria identità e cultura; ma sui servizi con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo la prospettiva che<br />

li si debba ottimizzare, sia in nome della qualità che dell’efficienza. “Tertium non<br />

datur”, altra prospettiva non esiste.<br />

Lo sapevamo dal 2003 quando abbiamo, nelle rappresentanze istituzionali <strong>di</strong> allora,<br />

sottoscritto un accordo che ci impegnava in quella <strong>di</strong>rezione. Siamo sempre gli stessi<br />

e non inten<strong>di</strong>amo rinnegare gli impegni assunti per una pianificazione razionale e<br />

ragionevole, sebbene pesante nel prezzo da pagare. Ed anche per questa sua gravità<br />

che non inten<strong>di</strong>amo sostenere altri costi anticipati, soprattutto se lontani da quella<br />

logica <strong>di</strong> efficienza e <strong>di</strong> ragionevolezza che a suo tempo ispirarono quelle scelte e quegli<br />

accor<strong>di</strong>. La transizione non prevedeva migrazioni irragionevoli verso un ospedale<br />

non accessibile, decadente e non migliore del nostro, ed il mantenimento degli attuali<br />

servizi e reparti <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> era una garanzia fino al completamento del piano.<br />

Sono passati <strong>di</strong>eci anni dalla scelta <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Massa, e in questi giorni si posa la<br />

prima pietra!<br />

Nessun carrarino è <strong>di</strong>sposto a forme <strong>di</strong> transumanza a tempo indeterminato, non<br />

previste né iscritte in alcun documento. Abbiamo già dato!<br />

Sia chiaro: non c’è alcuna volontà polemica oltre quella con<strong>di</strong>zionata dai fatti e dalla<br />

ferma volontà della comunità; con Massa rappresentiamo una flotta leggera che naviga<br />

su due vascelli fragili in mezzo ad una tempesta <strong>di</strong>fficile da superare anche per<br />

una corazzata, ma è necessario che ognuno faccia la propria parte senza pretendere<br />

dall’altro doppi turni ai remi... Ci sono tempi, luoghi e mo<strong>di</strong> per trovare le soluzioni,<br />

ma non si rimettano in <strong>di</strong>scussione i punti fermi <strong>di</strong> un accordo senza i quali non si<br />

sarebbe approdati a nulla. Pretendere questo da un Sindaco sarebbe come chiedergli<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>re la fiducia dei propri citta<strong>di</strong>ni; e questo Sindaco, per quanto imperfetto, non<br />

lo farà. L’ospedale rimane aperto, il dottore è in corsia.<br />

Angelo Zubbani Sindaco del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 2 pagina 3 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

sanità<br />

servizi ASL a carrara in<br />

attesa dell’ospedale unico<br />

Un documento in <strong>di</strong>fesa delle strutture sanitarie carraresi ha ottenuto la unanimità dei consensi in<br />

seno alla Assemblea Consiliare. Il Sindaco Angelo Zubbani convocherà la Conferenza dei Sindaci<br />

I<br />

Partiti che compongono la maggioranza<br />

<strong>di</strong> Centro sinistra del <strong>Comune</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> ed i loro Gruppi Consiliari,<br />

hanno esaminato la situazione della<br />

sanità a livello comunale e provinciale in<br />

relazione all’imminente stesura del PAL<br />

<strong>di</strong> transizione verso l’Ospedale Unico.<br />

In questa fase i Partiti della coalizione intendono<br />

invitare con la massima fermezza,<br />

sia i vertici dell’ASL 1 sia l’Amministrazione<br />

regionale, al rispetto <strong>di</strong> un impegno<br />

ufficiale sottoscritto nel 2003 fra la<br />

Regione Toscana e il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>,<br />

che prevedeva il mantenimento <strong>di</strong> servizi<br />

e reparti all’interno della struttura ospedaliera<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, fino all’entrata in funzione<br />

dell’Ospedale unico che sarà destinato<br />

al trattamento per acuti.<br />

Richiamati i contenuti e gli impegni, prima<br />

<strong>di</strong> tutto politici <strong>di</strong> tale documento, da<br />

ritenersi ancora pienamente valido, così<br />

come sono stati ritenuti vali<strong>di</strong> gli accor<strong>di</strong><br />

del 1996 che prevedevano la caratterizzazione<br />

dei Presi<strong>di</strong> ospedalieri quali<br />

“Chirurgia” a <strong>Carrara</strong> col trasferimento<br />

<strong>di</strong> Urologia e Me<strong>di</strong>cina in quel <strong>di</strong> Massa,<br />

e la creazione <strong>di</strong> un unico <strong>di</strong>partimento<br />

materno infantile presso “Montepepe”,<br />

con contestuale chiusura del punto nascite<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> (avvenuta nel 2007), i<br />

Partiti della coalizione, pur nella consapevolezza<br />

che sono costantemente ridotti<br />

i trasferimenti dallo Stato alle regioni<br />

per la spesa sanitaria ed in presenza delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà finanziarie locali, respingono<br />

fin d’ora eventuali tentativi <strong>di</strong> proporre<br />

programmazioni sanitarie che preludano<br />

allo smembramento <strong>di</strong> servizi e reparti<br />

dall’ospedale <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, fino a quando<br />

non sarà operativo l’Ospedale unico <strong>di</strong><br />

Costa.<br />

Preoccupati per una prospettiva concreta<br />

<strong>di</strong> impoverimento irreversibile delle<br />

strutture sanitarie e <strong>di</strong> abbassamento del<br />

livello dei servizi, che nonostante le rassicurazioni<br />

vengono giornalmente registrati,<br />

i Partiti della coalizione ed i Capigruppo<br />

Consiliari invitano i responsabili della<br />

Sanità Toscana e la Direzione Aziendale<br />

ad impegnarsi per avviare concretamente<br />

i lavori <strong>di</strong> costruzione del nuovo Ospedale<br />

che, una volta realizzato, determinerà<br />

un panorama ben definito <strong>di</strong> ruoli<br />

e competenze alle cui definizioni i Partiti<br />

intendono collaborare con senso <strong>di</strong> responsabilità.<br />

Fino a quel momento il Consiglio Comunale<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> attraverso la propria<br />

Commissione ed i Partiti saranno impegnati<br />

in via permanente a fare sì che non<br />

siano assunte iniziative che non rispettino<br />

gli accor<strong>di</strong> sottoscritti, ritenendo che per<br />

la delicatezza del settore, ogni decisione<br />

debba essere attuata dopo un confronto<br />

chiaro e alla luce del sole, cercando la<br />

con<strong>di</strong>visione ed evitando strappi, <strong>di</strong>visioni<br />

e tensioni in un tessuto sociale già<br />

provato da tagli e balzelli <strong>di</strong> ogni genere<br />

che pretende rispetto per la salute che<br />

deve essere considerata un <strong>di</strong>ritto e non<br />

un problema.<br />

Allo scopo <strong>di</strong> fare chiarezza e riportare<br />

il <strong>di</strong>battito e le decisioni nelle se<strong>di</strong> istituzionalmente<br />

corrette, i Partiti della coalizione<br />

ed i Capigruppo Consiliari danno<br />

mandato al sindaco <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> Angelo<br />

Zubbani <strong>di</strong> richiedere la convocazione<br />

urgente della Conferenza dei Sindaci,<br />

unico organo deputato a fornire prima<br />

in<strong>di</strong>rizzi e poi ad assumere decisioni in<br />

merito alla programmazione sanitaria<br />

della Provincia. Tutto ciò allo scopo <strong>di</strong><br />

potere adottare azioni con<strong>di</strong>vise nel contesto<br />

<strong>di</strong> un quadro che assieme alle necessarie<br />

razionalizzazioni dei servizi sanitari,<br />

garantisca pari <strong>di</strong>gnità ai citta<strong>di</strong>ni ed ai<br />

territori, evitando iniziative al <strong>di</strong> fuori<br />

<strong>di</strong> percorsi istituzionali ed accor<strong>di</strong> a suo<br />

tempo sottoscritti.<br />

Il presente documento in <strong>di</strong>fesa delle<br />

strutture sanitarie <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> ha ottenuto<br />

la unanimità dei consensi in seno alla Assemblea<br />

Consiliare. Vale a <strong>di</strong>re che dopo<br />

la <strong>di</strong>scussione anche i rappresentanti dei<br />

partiti <strong>di</strong> minoranza l’hanno votato in tutela<br />

dei loro citta<strong>di</strong>ni.<br />

<strong>Carrara</strong>, 13 luglio 2011<br />

un martire a carrara<br />

la passione e l’eroismo<br />

<strong>di</strong> Giuseppe Taliercio<br />

<strong>di</strong> vittorio prayer<br />

A 30 anni dall’assassinio del carrarese, un uomo con la U maiuscola, un <strong>di</strong>rigente e un tecnico<br />

capace, in possesso <strong>di</strong> statura e <strong>di</strong>mensione superiore<br />

La “Stanza del Sindaco” il 7 luglio<br />

scorso è invasa <strong>di</strong> pratiche<br />

<strong>di</strong> lavoro come al solito, tanto<br />

da far provare all’ospite la sindrome od<br />

ansia da spazio vitale. Classica “fame<br />

d’aria”.<br />

Stiamo pre<strong>di</strong>sponendo gli argomenti<br />

per “Agorà”, quando Angelo Zubbani<br />

mi guarda in faccia, e mi <strong>di</strong>ce: Hai visto<br />

ieri sera su Rai2 la trasmissione <strong>di</strong><br />

Giovanni Minoli? Trattava dell’assassinio<br />

dell’ingegnere Giuseppe Taliercio,<br />

nostro illustre compianto concitta<strong>di</strong>no,<br />

omici<strong>di</strong>o compiuto proprio 30 anni fa<br />

dalle Brigate Rosse. Perché non scrivi<br />

un articolo su questa tristissima, iniqua,<br />

drammatica trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un bravo <strong>di</strong>rigente<br />

tecnico e uomo buono e gentile?<br />

<strong>Carrara</strong> e il suo Sindaco non scorderanno<br />

mai questo fratello martire dei giorni<br />

dell’o<strong>di</strong>o....<br />

Nei polverosi antichi scaffali del mio<br />

ufficio ritrovo il “Taliercio <strong>di</strong>eci anni<br />

dopo”, tomo e<strong>di</strong>to della “Associazione<br />

Nazionale Giuseppe Taliercio”. Lo<br />

apro… lo sfoglio. Saltano fuori due<br />

carte sdrucite ma zeppe <strong>di</strong> appunti che<br />

avevo preso il 10 luglio del 1981, data<br />

dei funerali dell’ingegnere svoltisi nella<br />

chiesa parrocchiale <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

alla presenza del Presidente della<br />

Repubblica Sandro Pertini. Note <strong>di</strong> 30<br />

anni fa, ma che mi fanno ancora trasalire<br />

perché evidenziano la sconfitta della<br />

banalità del male. E il trionfo dell’eccellenza<br />

del bene.<br />

“Bianca Taliercio: Signore… in questo<br />

giorno così duro per me e la mia famiglia…<br />

ora che non abbiamo più il papà…<br />

aiutaci ad amare la sua morte… perdona<br />

ai suoi assassini… Signore ti ringrazio…<br />

perché anche se l’hai portato via presto<br />

ci hai dato un papà formidabile… ci ha<br />

insegnato ad amare il prossimo… lo stu<strong>di</strong>o…<br />

il lavoro… il rispetto… il dovere…<br />

e… Gesù Cristo. Gabriella “Lella”<br />

Taliercio… è entrata in chiesa mezz’ora<br />

prima delle esequie… sta seduta solitaria<br />

davanti alla bara del suo “Pino”…<br />

sembra conversare con lui… no, per<br />

ora non prega… sta proprio sussurrando<br />

qualcosa <strong>di</strong> infinitamente dolce al<br />

caro estinto… dai suoi occhi luminosi<br />

Il matrimonio <strong>di</strong> Giuseppe Taliercio con Gabriella<br />

la conversazione intima traspare… che<br />

<strong>di</strong>gnità… che signorilità… quale fierezza<br />

quella dei Taliercio… chiesa stracolma<br />

<strong>di</strong> gente… aromi d’incenso… arriva<br />

Sandro Pertini con faccia da funerale…<br />

povero vecchio Presidente… quanti<br />

morti ammazzati devi accompagnare<br />

all’ultimo viaggio… le campane rintoccano<br />

a morto… lugubri, anche se c’è<br />

il sole… il popolo <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> piange…


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 4 pagina 5 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

la passione e l’eroismo<br />

<strong>di</strong> Giuseppe Taliercio<br />

le donne soprattutto… il feretro…<br />

gli applausi della gente comune… Il<br />

Vescovo… i preti… i frati… le suore…<br />

i politici locali… le omelie… la musica<br />

solenne… i tristi cori… l’organo che<br />

spande note profonde…in bassi toni…<br />

che mettono i brivi<strong>di</strong>… Tra le ali della<br />

folla… un primo citta<strong>di</strong>no: bestie immonde,<br />

vigliacchi, negatori <strong>di</strong> tutto ciò<br />

che è bello, buono, giusto… Un secondo<br />

citta<strong>di</strong>no: <strong>di</strong> tutto ciò che è onesto<br />

e gentile… Un terzo citta<strong>di</strong>no: <strong>di</strong> tutto<br />

ciò che genera e tramanda la purezza<br />

del bene… Penso… al corpo smunto<br />

nella bara… crivellato… trafitto da<br />

proiettili… ad<strong>di</strong>rittura 17 pallottole…<br />

brutto numero… e scrivo… dannati<br />

assassini… perdonati…”.<br />

Il ricordo <strong>di</strong> una trage<strong>di</strong>a lontana accaduta<br />

in un brutto giorno <strong>di</strong> mezza<br />

estate può cominciare.<br />

Il brigatista rosso Antonio Savasta<br />

ebbe a <strong>di</strong>re che mentre premeva il grilletto<br />

dell’arma che gli rivolgeva al petto,<br />

l’ingegner Giuseppe Taliercio non<br />

moriva mai; ma che lo guardava dritto<br />

negli occhi fra il trasognato e il compassionevole;<br />

e che non c’era o<strong>di</strong>o nel<br />

morituro, anzi amore…<br />

Al <strong>di</strong>ciassettesimo sparo la vita del<br />

buono svanì e il cattivo fu sod<strong>di</strong>sfatto<br />

<strong>di</strong> avere spento un eroe umano. Forse<br />

troppo umano.<br />

Il 20 maggio del 1981 il campanello d’ingresso<br />

a casa Tagliercio trilla. Sull’uscio<br />

si presentano 5 uomini, uno dei quali<br />

in <strong>di</strong>visa da finanziere; si <strong>di</strong>chiarano<br />

agenti della Tributaria. Vengono fatti<br />

accomodare con cortesia, mentre la<br />

signora Gabriella prepara loro il caffè.<br />

I camuffati ad un tratto estraggono le<br />

pistole e gridano: “Siamo delle Brigate<br />

Rosse”. Poi imbavagliano moglie e figli;<br />

e si portano via l’ingegnere Giuseppe<br />

Taliercio, 53 anni, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong>missionario<br />

del “Petrolchimico” <strong>di</strong> Porto<br />

Marghera, Gruppo Monte<strong>di</strong>son.<br />

“… Allora Gesù entrò con loro in un podere<br />

detto Getsemani… e dopo aver pregato<br />

tre volte <strong>di</strong>sse ai <strong>di</strong>scepoli: dormite<br />

pure e riposate; ecco, è vicina l’ora e il<br />

Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani<br />

dei peccatori. Alzatevi, an<strong>di</strong>amo; ecco,<br />

chi mi tra<strong>di</strong>sce è vicino…”. Matteo<br />

“Abbiamo posto fine alla trentennale<br />

attività <strong>di</strong> questo servo delle multinazionali<br />

sulla pelle degli operai. Giuseppe<br />

Taliercio servo delle multinazionali<br />

imperialiste è rinchiuso in una prigione<br />

del popolo, ove dovrà rendere conto del<br />

suo operato alla giustizia proletaria”.<br />

Scrissero i brigatisti farneticanti nel<br />

primo dei 6 comunicati da loro emessi<br />

durante i 47 giorni <strong>di</strong> prigionia, in cui<br />

l’Innocente fu sottoposto a torture e sevizie<br />

inumane da far impalli<strong>di</strong>re d’invi<strong>di</strong>a<br />

i peggiori kapò dei lager nazisti. Gli<br />

ultimi due comunicati annunciarono<br />

la fine del “processo” e la condanna a<br />

morte del “povero” ingegnere.<br />

“Nelle sei comunicazioni <strong>di</strong>ffuse dalle<br />

Br nessuna richiesta viene avanzata<br />

Una delle ultime immagini <strong>di</strong> “Pino”<br />

per consentire allo Stato la liberazione<br />

del prigioniero, quasi che l’omici<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

Giuseppe Taliercio fosse stato già deciso<br />

al momento del sequestro. È certamente<br />

arduo chiedersi quali possano<br />

essere stati i motivi che hanno spinto<br />

i terroristi ad assassinare, con spaventosa<br />

ferocia, il <strong>di</strong>rettore del “Petrolchimico”<br />

<strong>di</strong> Porto Marghera, al termine<br />

del cosiddetto… processo proletario.<br />

Da alcuni cenni dei volantini delle Br,<br />

si può dedurre che il <strong>di</strong>rigente della<br />

Monte<strong>di</strong>son deve avere riba<strong>di</strong>to con<br />

estrema fermezza, davanti ai carcerieri,<br />

le stesse argomentazioni sostenute<br />

in fabbrica. Il prigioniero, secondo il<br />

linguaggio dei brigatisti, non avrebbe,<br />

cioè, collaborato. Erano a tutti note,<br />

del resto, la personalità dell’ing. Taliercio,<br />

la sua severa <strong>di</strong>rittura morale, le sue<br />

gran<strong>di</strong> capacità professionali. A questa<br />

immagine <strong>di</strong> uomo onesto e schivo ha<br />

corrisposto, pur nella dolorosa intensità<br />

dei sentimenti, quella <strong>di</strong> una famiglia<br />

che ha saputo reagire al dramma con<br />

il cordoglio del sindaco<br />

ricordare<br />

l’esempio <strong>di</strong> “pino”<br />

T<br />

rent’anni fa l’ingegner Giuseppe Taliercio, nostro concitta<strong>di</strong>no, <strong>di</strong>rettore del<br />

Petrolchimico <strong>di</strong> Porto Marghera, uomo buono, giusto ed innocente, veniva<br />

barbaramente assassinato dalle Brigate Rosse, dopo 47 giorni <strong>di</strong> prigionia e <strong>di</strong> crudelissime<br />

sevizie. Aveva 53 anni e una famiglia che seppe reagire all’immenso dolore<br />

perdonando pubblicamente e <strong>di</strong>nanzi al Presidente della Repubblica Sandro<br />

Pertini, i crudeli autori dell’omici<strong>di</strong>o del loro papà e marito.<br />

Il Sindaco e la città <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> intendono ricordare la figura e l’esempio che il martire<br />

ci ha tramandato, tramite convegni ed iniziative perio<strong>di</strong>che. Durante i giorni<br />

della reclusione e mente lo ammazzavano l’ingegner Taliercio perdonò ai suoi carnefici,<br />

e li sconvolse.<br />

Il ricordo <strong>di</strong> tristi giorni dell’o<strong>di</strong>o che tanto turbarono l’Italia intera, sgominati<br />

in seguito anche dai sensi d’amore e <strong>di</strong> indulgenza pro<strong>di</strong>gati dalle famiglie delle<br />

vittime, come quella dei Taliercio, non deve mai abbandonare le nuove giovani<br />

generazioni <strong>di</strong> una città solidale quale è <strong>Carrara</strong>. Affinchè essi ne traggano esempio<br />

<strong>di</strong> umanità, <strong>di</strong> forza, <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> coraggio.<br />

A trent’anni dal folle gesto rinnovo i sensi <strong>di</strong> profonda stima e <strong>di</strong> cordoglio alla<br />

famiglia del caro ingegner “Pino” Taliercio. A fine estate lo commemoreremo ufficialmente<br />

con iniziative ed ospiti degni <strong>di</strong> ricordarne la figura e l’esempio.<br />

esemplare forza d’animo, con <strong>di</strong>gnità<br />

e coraggio”. (Così tra le altre cose <strong>di</strong>chiarò<br />

il Ministro dell’Interno Virginio<br />

Rognoni il 12 luglio 1981 <strong>di</strong>nanzi alla<br />

Camera dei Deputati).<br />

“Appena fece giorno gli Anziani del popolo,<br />

i principi dei Sacerdoti e gli Scribi<br />

si radunarono e lo menarono al loro Sinedrio<br />

e gli <strong>di</strong>ssero: ”Se tu sei il Cristo,<br />

<strong>di</strong>llo a noi”. Egli rispose loro:”Anche<br />

se ve lo <strong>di</strong>co, voi non mi credereste; e<br />

se vi facessi delle domande, voi non mi<br />

rispondereste, né mi rilascereste. Ma<br />

d’ora innanzi il Figliuol dell’ uomo<br />

sarà seduto alla destra della potenza<br />

<strong>di</strong> Dio”. E tutti <strong>di</strong>ssero:”Sei tu dunque<br />

il Figliuol <strong>di</strong> Dio?”. Egli rispose: ”Voi<br />

stessi lo <strong>di</strong>te che io lo sono”. Quelli allora<br />

esclamarono:”Che bisogno abbiamo<br />

ancora <strong>di</strong> testimonianze? L’abbiamo noi<br />

stessi u<strong>di</strong>to dalla sua propria bocca”.<br />

Tutta l’assemblea si levò e lo menarono<br />

da Pilato”. Luca<br />

“Quando il 1° giugno 1981 i giornali<br />

pubblicarono la fotografia <strong>di</strong> Taliercio<br />

scattata dai suoi carnefici sotto la<br />

stella a 5 punte, tutti poterono osservare<br />

bene l’espressione ferma e pacata<br />

dell’ingegnere, la <strong>di</strong>gnità del suo sguardo<br />

puntato sulle facce degli assassini in<br />

un silenzio che non era né <strong>di</strong>sprezzo,<br />

né atto <strong>di</strong> accusa, solo in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> umana<br />

e religiosa superiorità. Ma i brigatisti<br />

non erano capaci <strong>di</strong> capire l’animo e<br />

la supremazia dell’uomo che andavano<br />

torturando. Dinanzi a quell’ Uomo<br />

che non riuscirono a piegare scattò<br />

in essi soltanto un sentimento <strong>di</strong> rabbia<br />

e <strong>di</strong> umiliazione spietata e cinica.<br />

Ciò spiega perché non pubblicarono il<br />

solito resoconto del “processo proletario”,<br />

al quale avevano sottoposto la<br />

loro vittima designata. Non richiesero<br />

mai, come con<strong>di</strong>zione per risparmiargli<br />

la vita, la pubblicazione <strong>di</strong> lettere o <strong>di</strong><br />

appelli del prigioniero. Essi, i brigatisti<br />

rossi, contro Taliercio non avevano<br />

nulla in mano. Persino le Br <strong>di</strong> altre<br />

città d’Italia, dai loro covi, accusarono<br />

i colleghi aguzzini <strong>di</strong> “Stolto soggettivismo<br />

militarista”; ma la colonna veneta<br />

non seppe rispondere”.<br />

“E Pilato <strong>di</strong> nuovo domandò: “Che volete<br />

dunque ch’io faccia del Re dei Giudei?”.<br />

Essi <strong>di</strong> nuovo gridarono: “Crocifiggilo”.<br />

E Pilato <strong>di</strong>ceva loro: “Ma che male ha<br />

fatto?”. E quelli gridavano più forte:<br />

“Crocifiggilo”. Pilato, volendo sod<strong>di</strong>sfare<br />

la moltitu<strong>di</strong>ne, liberò loro Barabba, e<br />

consegnò Gesù, dopo averlo fatto flagellare<br />

per essere crocifisso”. Marco<br />

“Giuseppe Taliercio gran<strong>di</strong> cose non<br />

aveva da farsi perdonare da Dio, tanto<br />

meno da ognuno <strong>di</strong> noi e certamente<br />

non aveva niente da spartire con gli uomini<br />

delle Br; non è sceso a patti con<br />

loro, non aveva nulla da mercanteggiare,<br />

niente da svelare, nulla da vendere<br />

o barattare con la sua vita, perciò niente<br />

da cedere. Il suo senso-amore per<br />

la giustizia “vera” ha reso feroci i suoi<br />

già incattiviti assassini… Davanti a lui<br />

è ora nell’innominabile covo l’irrazionale,<br />

la negazione <strong>di</strong> tutto in cui fin qui<br />

Taliercio ha creduto. Gli <strong>di</strong>cono che<br />

quello che ha retto fino allora la sua<br />

vita è sbagliato… E nefando. Gli chiedono<br />

<strong>di</strong> abiurare a se stesso. Si pone nel<br />

buio della illegittima cella all’ingegnere<br />

il <strong>di</strong>lemma che venne posto a Socrate<br />

nel giorno della sua fine: ripu<strong>di</strong>are le<br />

leggi e i comandamenti che fin lì hanno<br />

regolato la sua essenza. Ma egli accetta<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>venire un martire: <strong>di</strong> testimoniare<br />

che in questa Repubblica ci sono uomini<br />

che credono in quello che fanno,<br />

nel lavoro a cui de<strong>di</strong>cano la vita, negli<br />

ideali ai quali la consacrano. Taliercio<br />

respinge il turpe “processo” cui viene<br />

sottoposto, respinge il linguaggio volgare<br />

dei suoi accusatori, respinge la<br />

logica della delinquenza politica con<br />

umanissima cristiana serena fermezza.<br />

Questa forza è per i suoi torturatori<br />

un presagio dell’ inevitabile fine che<br />

attende loro; e il delirio politico loro.<br />

Se un tecnico, un ingegnere, un uomo<br />

<strong>di</strong> fabbrica, un non intellettuale come<br />

Taliercio è in possesso <strong>di</strong> questa rocciosa<br />

capacità <strong>di</strong> resistenza sui valori<br />

dello Stato e del suo lavoro, allora presto<br />

sarà finita per i suoi rapitori e per<br />

tutte le Brigate Rosse. I terroristi comprendono<br />

bene la lezione che gli<br />

impartisce Giuseppe Taliercio;


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 6 pagina 7 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

la passione e<br />

l’eroismo <strong>di</strong><br />

Giuseppe Taliercio<br />

la loro rabbia impotente si trasforma<br />

in barbaro supplizio, come se le<br />

sevizie potessero fiaccare la coscienza<br />

<strong>di</strong> un mito ricco <strong>di</strong> coraggio e <strong>di</strong> fede<br />

cristiana”.<br />

D’APRES CANOVA. L’800 a <strong>Carrara</strong><br />

maestri del marmo<br />

a palazzo binelli<br />

<strong>di</strong> Alba MARIA Macripò<br />

L’inaugurazione della nuova<br />

e prestigiosa sede della<br />

Fondazione Cassa <strong>di</strong> Risparmio<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, ha restituito alla città<br />

anche un altro tesoro nascosto,<br />

i gessi dei maestri scultori<br />

ottocenteschi, in mostra nelle<br />

splen<strong>di</strong>de sale restaurate<br />

“Dopo ciò, Gesù sapendo che tutto era<br />

già compiuto, affinchè s’adempiesse la<br />

Scrittura, <strong>di</strong>sse: “Ho sete”. C’era quivi un<br />

vaso pieno <strong>di</strong> aceto, i soldati, inzuppata<br />

una spugna in quell’aceto e postala in<br />

cima ad un ramo d’ issopo gliel’accostarono<br />

alla bocca. E Gesù quando ebbe preso<br />

l’aceto, <strong>di</strong>sse: “Tutto è finito”. E chinato il<br />

capo rese lo spirito”. Giovanni<br />

Quando il suo corpo insanguinato venne<br />

ritrovato il 5 luglio 1981 nel bagagliaio<br />

<strong>di</strong> un automobile, quasi non lo<br />

riconoscevano. La barba lunga, i capelli<br />

imbiancati, il volto scavato, magrissimo,<br />

aveva perso più <strong>di</strong> 10 chili, un<br />

dente <strong>di</strong> meno: l’incisivo, spezzato alla<br />

ra<strong>di</strong>ce, nessun succo gastrico nell’intestino.<br />

L’autopsia <strong>di</strong>ssipa i dubbi: era<br />

stato maltrattato, picchiato, oltraggiato,<br />

deriso, non mangiava almeno da 5<br />

giorni. La sua prigionia era <strong>di</strong>venuta un<br />

inferno in terra. Un segno, si <strong>di</strong>sse, che<br />

il suo rapporto coi terroristi si era guastato<br />

sin dall’inizio. Per chi ha pagato<br />

Giuseppe Taliercio: per il <strong>di</strong>saccordo<br />

tra le Br, per la mala impostazione politica<br />

<strong>di</strong> Porto Marghera, per la <strong>di</strong>sgregazione<br />

della Monte<strong>di</strong>son <strong>di</strong> allora,<br />

perchè altri se ne sono lavati le mani,<br />

per coprire chi era veramente responsabile,<br />

per il baratto <strong>di</strong> altri prigionieri,<br />

perché i politici <strong>di</strong> vertice non si sono<br />

pronunciati, perché fu lasciato solo?<br />

Non v’è casualità alcuna: 47 giorni in<br />

reclusione forzosa sono tanti…<br />

L’ing. Giuseppe Taliercio non era servo<br />

<strong>di</strong> nessuno, non iscritto ad alcun partito,<br />

non apparteneva a logge segrete,<br />

non aveva “club” finanziari alle spalle,<br />

non possedeva padrini e non deteneva<br />

alcun potere. Era semplicemente un<br />

uomo con la U maiuscola, un <strong>di</strong>rigente<br />

e un tecnico capace, in possesso <strong>di</strong><br />

statura e <strong>di</strong>mensione superiore. Anni<br />

dopo la sua morte, ancora si <strong>di</strong>ce che<br />

alcuni terroristi che lo avevano ammazzato,<br />

tutti in libertà perché pentiti, siano<br />

andati a pregare sulla sua tomba al<br />

Cimitero <strong>di</strong> Turigliano ad Avenza. Un<br />

paio <strong>di</strong> loro scrissero alla moglie Gabriella<br />

lettere <strong>di</strong> contrizione, che la vedova<br />

non ha mai lette. Tra queste spicca<br />

quella <strong>di</strong> una brigatista donna, la<br />

stessa che urinava in bocca all’ingegner<br />

Taliercio, mentre supino era legato durante<br />

la segregazione: “Gentile Signora<br />

Gabriella, il suo perdono è per me<br />

la misura del grande dolore che le ho<br />

provocato, la sua grande prova d’amore,<br />

nell’abisso nero in cui si <strong>di</strong>batte la<br />

mia coscienza…”.<br />

“Allora Giuda, che l’aveva tra<strong>di</strong>to, vedendo<br />

che Gesù era stato condannato,<br />

n’ebbe rimorso e riportò i trenta denari<br />

ai Principi dei Sacerdoti e agli Anziani,<br />

<strong>di</strong>cendo: “Ho peccato, poiché ho tra<strong>di</strong>to<br />

il sangue innocente”. Ma quelli risposero:<br />

“Che importa a noi? Pensaci tu”.<br />

Ed egli, gettate le monete d’argento nel<br />

tempio, si allontanò e andò a impiccarsi.<br />

Ma i Principi dei Sacerdoti, raccolte<br />

le monete d’argento, <strong>di</strong>ssero: “Non è<br />

lecito metterle nel tesoro del tempio,<br />

perché sono prezzo <strong>di</strong> sangue”. E dopo<br />

essersi consultati tra loro, comperarono<br />

con esse il campo del Vasaio, per darvi<br />

sepoltura ai forestieri. Perciò quel campo<br />

venne chiamato fino al giorno d’oggi<br />

Aceldama, cioè Campo <strong>di</strong> sangue. Così<br />

s’adempì quel ch’era stato detto dal Profeta<br />

Geremia: E presero i trenta denari<br />

d’argento, prezzo <strong>di</strong> colui del quale i figli<br />

d’Israele hanno stimato il valore; e li<br />

dettero per comperare il campo del Vasaio,<br />

come mi aveva or<strong>di</strong>nato il Signore”.<br />

Matteo<br />

VITTORIO PRAYER<br />

(Stralci liberamente tratti dal tomo:<br />

Taliercio <strong>di</strong>eci anni dopo - Citazioni Bibliche<br />

tratte da Il Nuovo Testamento <strong>di</strong><br />

N.S. Gesù Cristo).<br />

Le foto della mostra “D’Apres Canova” sono <strong>di</strong> Gianni Tonazzini (Thetis.tv)<br />

L’esigenza, avvertita da tempo, <strong>di</strong> valorizzare le collezioni<br />

artistiche dell’Accademia <strong>di</strong> Belle Arti <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> e<br />

contemporaneamente <strong>di</strong> potenziare le attività <strong>di</strong>dattiche<br />

e scientifiche che sono alla base dei principi istituzionali della<br />

stessa Accademia, ha portato a riflettere sulle strategie da attuare<br />

per promuovere un adeguato sistema culturale citta<strong>di</strong>no e a realizzare,<br />

come prima azione concreta, la creazione <strong>di</strong> un percorso<br />

museale unitario che, prendendo avvio dalla sede dell’Accademia,<br />

si svolga, con una logica continuità, nelle sale del vicino<br />

Palazzo Binelli, la nuova sede della Fondazione della Cassa <strong>di</strong><br />

Risparmio <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>. Va sottolineato quanto ampio e vario sia<br />

il patrimonio storico, artistico e monumentale della città: unitamente<br />

ad architetture e opere d’arte <strong>di</strong> grande pregio, <strong>Carrara</strong><br />

ha, come sua peculiarità, le storiche botteghe artigianali dove la<br />

lavorazione del marmo è ancora attiva ed elevate sono le capacità<br />

delle professionalità impegnate nel settore; tali circostanze<br />

la qualificano come città d’arte conosciuta in tutto il mondo per<br />

il suo in<strong>di</strong>ssolubile legame con la scultura. L’evento espositivo a<br />

Palazzo Binelli apre, pertanto, a nuove prospettive volte alla valorizzazione<br />

dell’intero patrimonio culturale del luogo e del suo<br />

territorio, Il Palazzo, oggetto <strong>di</strong> un complesso intervento <strong>di</strong> restauro,<br />

recentemente concluso, de<strong>di</strong>ca parte dei suoi ambienti<br />

all’esposizione <strong>di</strong> un nucleo <strong>di</strong> gessi cronologicamente omogeneo<br />

che consente <strong>di</strong> apprezzare e ripercorrere lo sviluppo<br />

della grande produzione<br />

artistica <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>. L’ideazione della mostra si deve a una<br />

apposita Commissione scientifica che ha elaborato un progetto<br />

che ha previsto l’allestimento <strong>di</strong> una esposizione temporanea<br />

dei gessi che fanno parte della collezione storicoartistica <strong>di</strong><br />

proprietà dell’Accademia; tale operazione non deve intendersi<br />

come smembramento <strong>di</strong> una collezione (è assolutamente inscin<strong>di</strong>bile<br />

il patrimonio artistico della Gipsoteca), ma come una<br />

grande opportunità <strong>di</strong> valorizzazione <strong>di</strong> preziose opere d’arte<br />

che attualmente non sono visibili dal pubblico in quanto conservate<br />

nei depositi o nei laboratori <strong>di</strong> restauro dell’Accademia.<br />

Anche attraverso questo evento espositivo si cerca, pertanto,<br />

<strong>di</strong> dare risposta alla richiesta ‐ avanzata e reiterata da anni ‐ <strong>di</strong><br />

esporre l’intero patrimonio della Gipsoteca, <strong>di</strong> rinnovare l’interesse<br />

e le volontà per la costruzione <strong>di</strong> un progetto che definisca<br />

un corretto or<strong>di</strong>namento della Gipsoteca me<strong>di</strong>ante percorsi organici<br />

e il recupero delle tante opere che sono attualmente nei<br />

depositi in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> quasi affollamento. La mostra viene a<br />

costituire una sorta <strong>di</strong> rassegna degli scultori e degli in<strong>di</strong>rizzi artistici<br />

dell’attività <strong>di</strong>dattica e scultorea dell’Accademia. E’ una<br />

la guida <strong>di</strong> esperti, nelle delicate operazioni <strong>di</strong> risanamento delle<br />

opere. Va precisato che gli interventi sono stati limitati<br />

ad una pulitura superficiale, a brevi stuccature e relative<br />

integrazioni cromatiche; non sono state ricostruite<br />

le lacune <strong>di</strong> opere che, già<br />

in passato, si presen-


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 8 pagina 9 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

maestri del marmo<br />

a palazzo binelli<br />

tavano mutile in alcune parti. A seguito <strong>di</strong> questa importante<br />

esperienza, si confida, in un prossimo futuro, <strong>di</strong> promuovere<br />

ulteriori occasioni che vedano tutte le Istituzioni impegnate in<br />

un vero recupero <strong>di</strong> attenzione verso la città <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, i suoi<br />

beni culturali e la sua storia. Sono già in programma il restauro<br />

<strong>di</strong> altri gessi ed è ormai non più rinviabile nel tempo, come già<br />

sopra accennato, la completa e definitiva sistemazione museografica<br />

della Gipsoteca. Vale in questa sede ricordare come<br />

la Soprintendenza, nei suoi compiti istituzionali, abbia posto<br />

una assidua e progressiva attenzione e sostegno a riguardo del<br />

patrimonio storico‐artistico citta<strong>di</strong>no ed in particolare nei confronti<br />

dell’Accademia; ricognizioni ed in<strong>di</strong>viduazione dei materiali,<br />

catalogazione delle opere, stu<strong>di</strong>, mostre, restauri e cataloghi<br />

a stampa hanno rappresentato significative operazioni<br />

<strong>di</strong> conoscenza e valorizzazione. Ed ancora, in anni più recenti,<br />

sono stati realizzati l’intervento <strong>di</strong> restauro dei Santi quattro<br />

coronati, bassorilievo <strong>di</strong> Colombo Castelpoggi, ed una capillare<br />

campagna <strong>di</strong> catalogazione che ha portato anche ad una<br />

totale revisione e nuova ricognizione dell’intera consistenza<br />

del patrimonio artistico dell’istituto. Tra le iniziative volte alla<br />

tutela e salvaguar<strong>di</strong>a del patrimonio artistico della città, si richiamano<br />

il restauro dell’antica Croce lignea, denominata della<br />

Divina Provvidenza, nel Duomo e la complessa ricognizione<br />

effettuata sull’intero nucleo <strong>di</strong> 384 gessi realizzati dai Lazzerini<br />

(famiglia <strong>di</strong> modellatori che ha svolto per oltre trecento anni<br />

importanti attività nel territorio non solo <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>) e custo<strong>di</strong>ti<br />

presso la locale scuola del Marmo. Anche per questi modelli,<br />

tutti <strong>di</strong> notevole fattura artistica e tra i quali spiccano esemplari<br />

ispirati a soggetti mitologici, personaggi greci e romani, busti<br />

<strong>di</strong> dame francesi, amorini e ritratti <strong>di</strong> artisti, è previsto un organico<br />

progetto <strong>di</strong> valorizzazione. Tra le prossime iniziative <strong>di</strong><br />

rilievo, il restauro delle opere del Canova conservate nella sede<br />

dell’Accademia e la loro valorizzazione attraverso la creazione<br />

<strong>di</strong> eventi e pubblicazioni scientifiche che assolvano il compito<br />

<strong>di</strong> far meglio conoscere la prestigiosa collezione d’arte citta<strong>di</strong>na<br />

e porla a confronto con quelle dei più gran<strong>di</strong> musei nazionali<br />

ed esteri.<br />

L’Amministrazione Comunale, l’Accademia <strong>di</strong> Belle Arti<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> e la Fondazione della Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong><br />

<strong>Carrara</strong>, hanno assieme voluto che la mostra dei gessi<br />

dei maestri carraresi dell’800 (una delle componenti più interessanti<br />

della gipsoteca dell’Accademia <strong>di</strong> Belle Arti) fosse<br />

ambientata nelle sale del Palazzo Binelli, ora sede della Fondazione<br />

della Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, e che la sua inaugurazione<br />

coincidesse con la inaugurazione stessa della sede,<br />

dopo una lunga e complessa operazione <strong>di</strong> restauro che ha riportato<br />

all’originario splendore questo prestigioso palazzo <strong>di</strong><br />

fine ‘800. Quale migliore cornice per una mostra che restituisce<br />

alla Città un tesoro finora nascosto ai più e che ricorda, come il<br />

palazzo che la ospita, un’epoca, quella seguente l’unità nazionale,<br />

in cui la nostra Città fu alla ribalta internazionale per la<br />

produzione ed il commercio dei suoi marmi, ma soprattutto per<br />

il prestigio dei suoi scultori non inferiori, per fama, allo stesso<br />

Canova. Una operazione culturale, insomma, che restituirà<br />

alla Città uno spaccato del suo passato, che è anche la migliore<br />

celebrazione dei 150 anni dell’Unità Nazionale. Debbo concludere<br />

con i miei doverosi complimenti ai Curatori della mostra<br />

e al Presidente e al Direttore dell’Accademia, il cui impegno<br />

ha consentito <strong>di</strong> realizzare un evento artistico che resterà nella<br />

storia <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>.<br />

Alberto Pincione Presidente Fondazione Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

È<br />

sempre più evidente che <strong>Carrara</strong> si trova a vivere quella<br />

stagione <strong>di</strong> riscoperta e valorizzazione dei suoi patrimoni,<br />

storici, artistici e culturali, per la quale tutte le Istituzioni,<br />

assieme alle forze attive e propositive hanno lavorato<br />

con grande impegno. E un processo iniziato con fatica ma che,<br />

ormai avviato, sta alimentando il vento impetuoso della partecipazione<br />

singola e collettiva, della riappropriazione degli spazi<br />

e <strong>di</strong> un portato collettivo che la città ha scoperto <strong>di</strong> avere e <strong>di</strong>mostra<br />

<strong>di</strong> amare. “D’Après Canova” <strong>di</strong>mostra tutte queste cose<br />

assieme e ne aggiunge altre ancora: tutte vanno nella <strong>di</strong>rezione<br />

giusta. <strong>Carrara</strong> incrocia nuovamente l’Arte e gli artisti e non<br />

più solo il luogo dove si lavora e si produce l’opera ma <strong>di</strong>venta<br />

il luogo e lo spazio della rappresentazione, lo fa riportando<br />

alla <strong>di</strong>sponibilità collettiva il Palazzo Binelli che la Fondazione<br />

Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> “consegna” alla città restaurato<br />

e riportato a funzioni nobili e collettive. Lo fa anche portando<br />

alla luce, in tutto il suo splendore, un patrimonio <strong>di</strong> gessi che<br />

non solo presupposto alla scultura ma, essi stessi, “opera” e testimonianza<br />

<strong>di</strong> capacità artistiche eccezionali che hanno fatto il<br />

nome e la fortuna <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>. Lo fa ricreando un circuito, solido<br />

e virtuoso, fra le istituzioni a tutti i livelli con la valorizzazione<br />

naturale delle singole eccellenze, creando, nel centro della<br />

città, un asse de<strong>di</strong>cato all’arte. Diventa realtà il sogno <strong>di</strong> molti:<br />

<strong>Carrara</strong> recupera la sua anima, anima nobile fatta <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> sentimenti<br />

ma anche <strong>di</strong> un rapporto, intimo e profondo, mai assopito,<br />

con l’arte in tutte le espressioni, alte o popolari che siano,<br />

ma tutte legate in forma in<strong>di</strong>ssolubile al Marmo. L’onda lunga<br />

si è mossa: ho fiducia che, su questo nuovo sentire, da questa<br />

appartenenza ritrovata nasceranno altre occasioni, avremo altri<br />

contributi per valorizzare un patrimonio unico e “nostro”,<br />

nuove iniziative che <strong>Carrara</strong> è ormai pronta ad accogliere come<br />

è nella sua storia.<br />

Angelo Zubbani Sindaco <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

D’Après Canova” colma uno storico limite del nostro<br />

territorio, quello <strong>di</strong> non aver saputo fino in fondo<br />

valorizzare la propria identità e le proprie ra<strong>di</strong>ci. La<br />

scultura, il passaggio <strong>di</strong> molti gran<strong>di</strong> della storia dell’arte, il<br />

loro insegnamento spesso avvenuto attraverso l’Accademia che<br />

si è tradotto nella nascita <strong>di</strong> una vera e propria tra<strong>di</strong>zione specifica<br />

e peculiare, sono tratti essenziali <strong>di</strong> uno straor<strong>di</strong>nario patrimonio<br />

storico e culturale che questa mostra vuole recuperare<br />

e valorizzare. ‘D’Après Canova” è la realizzazione, anche se per<br />

il momento ancora parziale, <strong>di</strong> un sogno coltivato per decenni:<br />

restituire alla comunità ma anche alla <strong>di</strong>dattica la collezione <strong>di</strong><br />

gessi dell’Accademia <strong>di</strong> Belle Arti <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> che non potrà che<br />

richiamare artisti e stu<strong>di</strong>osi da tutto il mondo. E’ la prima tappa<br />

<strong>di</strong> un percorso che è stato possibile grazie alla positiva sinergia<br />

tra la stessa Accademia, la Fondazione della Cassa <strong>di</strong> Risparmio<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> e la Soprintendenza alle Belle<br />

Arti <strong>di</strong> Lucca e Massa‐<strong>Carrara</strong>. Il <strong>di</strong>rettore dell’Accademia<br />

Marco Bau<strong>di</strong>nelli, che ringrazio personalmente, ricorderà nel<br />

suo intervento le persone che hanno lavorato con competenza<br />

e passione a questo entusiasmante progetto. E’ necessario sottolineare<br />

che questo non puo’ che essere l’inizio <strong>di</strong> un percorso<br />

complessivo che faccia dell’asse <strong>di</strong> via Ver<strong>di</strong> e <strong>di</strong> tre storici<br />

e<strong>di</strong>fici (Palazzo del Principe, Palazzo Binelli, ex convento San<br />

Francesco) l’anima della città grazie all’esposizione complessiva<br />

della gipsoteca, <strong>di</strong> quella dell’Accademia ma anche del fondo<br />

Lazzerini e possibilmente <strong>di</strong> alcuni prestigiosi gessi nella <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> laboratori privati, creando così un’esposizione originale,<br />

unica al mondo e perfettamente in grado <strong>di</strong> valorizzare le<br />

singole opere. Partendo da queste solide ra<strong>di</strong>ci, legate in modo<br />

in<strong>di</strong>ssolubile alla nostra storia, sarà possibile guardare anche<br />

all’arte contemporanea e alle iniziative che perio<strong>di</strong>camente si<br />

sviluppano nel nostro territorio, da un angolazione <strong>di</strong>versa,<br />

magari riuscendo a valorizzare l’altra nostra grande ricchezza,<br />

il marmo, troppo spesso confinato a bene <strong>di</strong> mera escavazione<br />

e commercio.<br />

Simone Caffaz Presidente Accademia <strong>di</strong> Belle Arti <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 10 pagina 11 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

Con-vivere 2011 è bianco, rosso e verde<br />

il tricolore sventola<br />

per l’unitÀ d’italia<br />

Corrado Augias, Paolo Mieli, Gianni Riotta,<br />

Carlo Verdone ed altri gran<strong>di</strong> nomi del<br />

giornalismo e della cultura per la tre giorni<br />

del Festival organizzato della Fondazione<br />

Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

Non tra<strong>di</strong>rà le aspettative il cartellone<br />

della Sesta e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Con-vivere, Festival della Fondazione<br />

Cassa <strong>di</strong> Risparmio <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong><br />

che si svolgerà in città dal 9 all’11 settembre,<br />

de<strong>di</strong>cato all’Unità d’Italia. Una<br />

manifestazione che <strong>di</strong> anno in anno punta<br />

a consolidarsi e crescere ponendosi<br />

come uno degli eventi più importanti in<br />

Toscana.<br />

Dietro il titolo <strong>di</strong> “Bianco, Rosso e Verde<br />

– centocinquant’anni <strong>di</strong> unità” il <strong>di</strong>rettore<br />

scientifico Remo Bodei e gli ospiti della<br />

iniziativa culturale si confronteranno<br />

sui temi delle prospettive dell’Italia e suo<br />

ruolo storico in un mondo globalizzato. In<br />

quella cioè che secondo il <strong>di</strong>rettore costituisce<br />

oggi la sfida decisiva per la sua<br />

stessa sopravvivenza, quale paese civile e<br />

democratico.<br />

Anche questa sesta e<strong>di</strong>zione -come detto-<br />

vanterà ospiti notissimi: Corrado Augias,<br />

Aldo Cazzullo, Guido Crainz, Ernesto<br />

Galli della Loggia, Marco Meriggi,<br />

Paolo Mieli, Laura Olivetti, Paolo Peluffo,<br />

Lucy Riall, Gianni Riotta, Roland<br />

Sarti, Lucio Villari. Oltre ed ovviamente<br />

al prof. Remo Bodei, la cui conferenza è<br />

sempre fra le più attese del festival.<br />

Con-vivere, un mix <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> giornalisti,<br />

storici ed esperti <strong>di</strong> fatti e personaggi<br />

legati all’identità italiana, che permetterà<br />

al pubblico <strong>di</strong> spaziare sin dalle<br />

ra<strong>di</strong>ci del Belpaese, affrontando i temi<br />

del Risorgimento, all’attualità più stretta,<br />

fino alle prospettive <strong>di</strong> sviluppo della<br />

nostra Repubblica.<br />

Chi conosce Con-vivere è anche consapevole<br />

che il Festival ha una formula ormai<br />

consolidata negli anni, la quale prevede<br />

accanto alle conferenze molti altri<br />

eventi che affrontano il tema dello spettacolo<br />

culturale in tutte le sue sfumature,<br />

venendo cioè incontro a qualsiasi tipo <strong>di</strong><br />

interesse.<br />

Dal concerto <strong>di</strong> Elio e le Storie Tese, l’11<br />

settembre, alle serate de<strong>di</strong>cate alla musica<br />

del sud e del nord, con Peppe Barra e<br />

Davide van de Sfroos, ai laboratori per<br />

bambini. Dai menù a tema dei ristoranti,<br />

ai mercatini, fino alle mostre d’arte. Nessun<br />

aspetto dell’identità del nostro Bel<br />

Paese verrà tralasciato.<br />

Tra le mostre <strong>di</strong> particolare interesse<br />

spicca quella su “Il tricolore”, organizzata<br />

in collaborazione con il Comitato<br />

per le celebrazioni del 150° dell’Unità<br />

d’Italia, che avrà come pezzo unico un<br />

raro Vessillo Tricolore del 1848; proprio<br />

quello italiano che accompagnò i Mille<br />

<strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> nel loro viaggio ar<strong>di</strong>mentoso<br />

“per fare l’Italia”. La storica ban<strong>di</strong>era<br />

per l’occasione è stata fatta restaurare a<br />

cura dalla Fondazione Cassa <strong>di</strong> Risparmio<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>.<br />

Per gli amanti del cinema la sesta e<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> Con-vivere, conferma la rassegna<br />

curata dalla carrarese Tilde Corsi,<br />

produttrice cinematografica, con alcuni<br />

film de<strong>di</strong>cati al Risorgimento e con<br />

la proiezione ed il post-commento del<br />

film <strong>di</strong> Carlo Verdone “Al lupo al lupo”,<br />

scelto dall’attore stesso in quanto girato<br />

nelle cave dei “Canaloni” <strong>di</strong> Colonnata,<br />

all’epoca gentilmente concesse a titolo<br />

Venerdì 9 settembre 2011<br />

ore 17:00<br />

Cortile Istituto Figlie <strong>di</strong> Gesù<br />

Inaugurazione: Angelo Zubbani, Sindaco<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>; Alberto Pincione,<br />

Presidente Fondazione Cassa <strong>di</strong> Risparmio<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>; Remo Bodei, Direttore<br />

scientifico del festival<br />

ore 17:30<br />

Cortile Istituto Figlie <strong>di</strong> Gesù<br />

Conferenza: Paolo Mieli 150 anni <strong>di</strong><br />

unità<br />

ore 18:30<br />

Cortile Istituto Figlie <strong>di</strong> Gesù<br />

Conferenza: Ernesto Galli della<br />

Loggia Politica. Da vocazione a male<strong>di</strong>zione<br />

ore 21:15<br />

Cortile Istituto Figlie <strong>di</strong> Gesù<br />

Conferenza: Carlo Verdone Ritratti<br />

italiani. Il cinema da Sor<strong>di</strong> a Verdone come<br />

specchio della nostra società<br />

ore 21:15<br />

Aula Magna Accademia <strong>di</strong> Belle Arti<br />

Dibattito: Paolo Mieli e Laura Olivetti<br />

Società ed economia. Il caso Adriano<br />

Olivetti<br />

ore 21:30<br />

Piazza Alberica<br />

Concerto: Peppe Barra N’Attimo<br />

Sabato 10 settembre 2011<br />

ore 10:00<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Conferenza: Marco Meriggi Gli stati<br />

preunitari<br />

ore 11:30<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Conferenza: Remo Bodei Uscire dal declino.<br />

Immagini della rinascita nella tra<strong>di</strong>zione<br />

politica italiana<br />

ore 15:30<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Conferenza Guido Crainz Le ra<strong>di</strong>ci<br />

dell’Italia attuale<br />

ore 17:00<br />

Cortile Istituto Figlie <strong>di</strong> Gesù<br />

Conferenza: Aldo Cazzullo Unità e<br />

<strong>di</strong>visioni<br />

ore 18:30<br />

Cortile Istituto Figlie <strong>di</strong> Gesù<br />

Conferenza Corrado Augias Stato e<br />

Chiesa. Una convivenza <strong>di</strong>fficile<br />

ore 21:00<br />

Cortile Istituto Figlie <strong>di</strong> Gesù<br />

Concerto: La musica <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong> per<br />

l’Unità d‘Italia a cura dell’Orchestra<br />

Giacomo Puccini<br />

ore 21:15<br />

Aula Magna Accademia <strong>di</strong> Belle Arti<br />

Dibattito: Paolo Peluffo e Armando<br />

Massarenti Alfabeto italiano.<br />

Il significato delle celebrazioni del 150°<br />

dell’Unità<br />

ore 22:00<br />

Piazza Alberica<br />

Concerto: Davide Van de Sfroos<br />

Yanez<br />

Domenica 11 settembre 2011<br />

ore 10:00<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Conferenza: Lucy RialL I Mille e l’idea<br />

<strong>di</strong> Risorgimento<br />

ore 11:30<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Conferenza: Lucio Villari Il futuro <strong>di</strong><br />

un passato<br />

ore 15:30<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Conferenza: Roland Sarti Mazzini e il<br />

concetto <strong>di</strong> nazionalità<br />

ore 17:00<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Conferenza: Gianni Riotta Sviluppo<br />

economico<br />

ore 18:30<br />

Sagrato Chiesa del Suffragio<br />

Tavola rotonda finale<br />

ore 21:30<br />

Piazza Alberica<br />

Concerto: Elio e le Storie Tese Italia<br />

sì Italia no (a pagamento)<br />

Dai primi <strong>di</strong> agosto sarà <strong>di</strong>sponibile online<br />

il programma completo, con la sezione<br />

cinematografica, lo spazio bambini, le mostre<br />

e gli intermezzi musicali<br />

www.con-vivere.it<br />

gratuito alla produzione dall’ industriale<br />

Corinno Cattani.<br />

Proprio la presenza <strong>di</strong> Carlo Verdone, attore<br />

e regista <strong>di</strong> chiara fama, costituisce<br />

la bella sorpresa <strong>di</strong> questa sesta e<strong>di</strong>zione<br />

del festival.<br />

Insomma, il Con-vivere Festival è tutto<br />

questo e ancora molto <strong>di</strong> più; con la possibilità<br />

<strong>di</strong> conoscere <strong>Carrara</strong> e la provincia<br />

<strong>di</strong> Massa <strong>Carrara</strong> (con prezzi e orari<br />

convenzionati in occasione del festival<br />

per visitare i principali monumenti e musei),<br />

che a settembre mostrano ancora<br />

il meglio <strong>di</strong> sé, con un clima adatto sia<br />

a frequentare le belle spiagge dell’Alto<br />

Tirreno, che le maestose ed affascinanti<br />

montagne, e le cave <strong>di</strong> marmo sopra la<br />

città.<br />

Il Festival gode del sostegno del <strong>Comune</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, della Regione Toscana,<br />

del Comitato per il 150°. Ha ricevuto in<br />

questi anni recenti l’Alto Patrocinio della<br />

Presidenza della Repubblica per il suo<br />

valore culturale.<br />

Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito<br />

ad eccezione del concerto conclusivo <strong>di</strong><br />

Elio e le Storie Tese.<br />

Il programma, sempre aggiornato, è consultabile<br />

all’in<strong>di</strong>rizzo internet www.convivere.it<br />

che si presenta oggi con una<br />

nuova veste grafica e coi video delle conferenze<br />

delle scorse e<strong>di</strong>zioni, in una sorta<br />

<strong>di</strong> “web tv” in cui ogni giovedì saranno<br />

visitabili in streaming nuovi titoli.<br />

Informazioni possono essere richieste telefonando<br />

allo 0585 55249 o scrivendo a<br />

info@con-vivere.it.


pagina 13<br />

n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

Leonardo da Vinci: man, inventor, genius, Chicago, USA, Museum of Science and Industry. Particolare <strong>di</strong> un pannello. (www.leonardo3.net)<br />

“Progetto <strong>Carrara</strong>.<br />

Strada dei Marmi, Piano della Sosta, ZTL.<br />

Il cuore e la testa <strong>di</strong> una società<br />

partecipata, il cuore e la testa <strong>di</strong> una<br />

Amministrazione con un unico obiettivo:<br />

la vivibilità <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> e la serenità dei<br />

suoi citta<strong>di</strong>ni.”<br />

Silvia Dell’Amico<br />

Presidente Progetto <strong>Carrara</strong><br />

Percorsi Ha preso il via venerdì 29<br />

luglio la XIII e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

I temporaneamente<br />

nuovi artisti <strong>di</strong> torano<br />

Temporaneamente Nuovi, è il titolo della XIII e<strong>di</strong>zione<br />

dell’evento estivo “Torano Notte e Giorno” la cui organizzazione<br />

è affidata alla giovane curatrice e critica<br />

d’arte Maria Mancini, che si avvale quale supporto tecnico-logistico<br />

della collaborazione e dell’esperienza del Direttore del<br />

<strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Scultura <strong>di</strong> Brera, prof. Massimo Pellegrinetti.<br />

Sottolinea la curatrice: “...l’obbiettivo nostro è quello <strong>di</strong> realizzare<br />

un’indagine sui linguaggi dell’arte contemporanea attraverso<br />

giovani artisti che si confrontano con il territorio evidenziandone<br />

gli aspetti più suggestivi e proponendo una nuova<br />

lettura dell’ambiente in base alla loro sensibilità. Invitati a<br />

Torano <strong>di</strong>versi giovani <strong>di</strong> varie provenienze, che negli ultimi<br />

anni si sono resi protagonisti del panorama espressivo con partecipazioni<br />

ad importanti manifestazioni nel campo dell’arte<br />

contemporanea. Alcuni <strong>di</strong> essi infatti sono presenti contemporaneamente<br />

questa estate anche alla 54esima Biennale <strong>di</strong><br />

Venezia. Viene creato nell’antico borgo toranese un percorso<br />

espositivo “Temporaneo”, come temporaneamente nuovi sono<br />

anche i giovani artisti, con opere e istallazioni realizzate con<br />

materiali <strong>di</strong>versi cercando <strong>di</strong> attribuire particolare attenzione<br />

all’uso del marmo nei nuovi linguaggi dell’arte contemporanea,<br />

A MARINA DI CARRARA<br />

LUNEZIA, SUCCESSO<br />

e solidarietà<br />

La se<strong>di</strong>cesima e<strong>di</strong>zione del premio “Lunezia”, emigrato<br />

quest’anno a Marina <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, si è conclusa con un<br />

notevole successo <strong>di</strong> pubblico ed artisti. Durante la tre<br />

giorni (tre notti) circa quin<strong>di</strong>cimila spettatori hanno affollato<br />

il vasto pavimento <strong>di</strong> marmo <strong>di</strong> Piazza Menconi. Nel magnifico<br />

cartellone <strong>di</strong> Lunezia nomi altisonanti quali Francesco Baccini,<br />

Noemi, Mango, Mauro Pagani, i Pooh, Nocolò Agliar<strong>di</strong>,<br />

Chiara Canzian, Massimo Cotto, Giusy Ferreri, Daniele Babbini,<br />

Ghost, Giorgia Fumanti ed Ernesto Marciante che si è<br />

aggiu<strong>di</strong>cato il Lunezia col brano “Nonostante la notte”.<br />

Lunezia ha premiato tanti: cantanti giovani e non, parolieri,<br />

poeti e mattatori come Vittorio Sgarbi, che ha letto brani<br />

dell’Inferno dantesco accompagnato al pianoforte da un bravissimo<br />

Nazzareno Carusi.<br />

Infine, buona notizia solidale: Lunezia ha sposato la causa<br />

della Associazione Nazionale “Per donare la vita onlus”, che<br />

si rivolge a persone in attesa <strong>di</strong> trapianti <strong>di</strong> organi vitali. Fraterna<br />

iniziativa.<br />

“Torano Notte e Giorno”<br />

affidata alla giovane<br />

critica d’arte<br />

Maria Mancini<br />

sempre più protesa a <strong>di</strong>latare i canoni della ricerca plastica.<br />

All’interno del percorso ogni artista presenta più <strong>di</strong> un lavoro,<br />

cercando in questo modo <strong>di</strong> poter donare un’ immagine più<br />

approfon<strong>di</strong>ta su quelle che sono le personali ricerche espressive.<br />

In tal senso questa esposizione si pone come momento <strong>di</strong><br />

sperimentazione della scultura e delle sue complesse interrelazioni<br />

all’interno <strong>di</strong> uno spazio espositivo inconsueto, ma proprio<br />

per questo capace <strong>di</strong> interagire e attivare un <strong>di</strong>alogo tra il<br />

territorio con le sue profonde ra<strong>di</strong>ci culturali e gli artisti stessi.<br />

All’interno della manifestazione durante il giorno <strong>di</strong> apertura<br />

al pubblico verrà realizzata dal gruppo “Con Ta Ci” una <strong>di</strong>namica<br />

creazione attraverso una performance che trae origine<br />

dalle pratiche degli antichi “Mandala”, con l’ausilio <strong>di</strong> colori,<br />

musiche e danze tribali.<br />

Ecco gli artisti <strong>di</strong> Torano: Michele D’Agostino, Gabriele Dini,<br />

Haruka Fujika, Pasquale Gadaleta, Alberto Gianfreda, Kim<br />

Kyoungho, Josè Miguel Maluenda, Daniele Nitti, Daniela<br />

Novello, Patrizia Novello, Daniele Salvalai, Marco Scifo, Francesca<br />

Schgor, Lee Seon Woo, Giacomo Cibol<strong>di</strong> Stringhini, Ho<br />

Jin Jung.<br />

Da Baccini ai Pooh, da<br />

Sgarbi a Giusy Ferreri, tanti<br />

i big che hanno popolato<br />

le tre serate della XVI<br />

E<strong>di</strong>zione del premio


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 14 pagina 15 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

scultura<br />

IL “volo cinese”<br />

<strong>di</strong> antoine poncet<br />

L’Accademico <strong>di</strong> Francia, Presidente dell’Accademia <strong>di</strong> Parigi nonché<br />

grande scultore Antoine Poncet è stato ricevuto dal Sindaco Angelo<br />

Zubbani e dall’assessore alla Cultura Giovanna Bernar<strong>di</strong>ni nel “Ridotto<br />

del Teatro Animosi” e negli storici stu<strong>di</strong> “Nicoli”, dove il Maestro sta<br />

eseguendo la sua opera “Volo” in purissimo materiale bianco.<br />

Presente alle cerimonie in onore <strong>di</strong> Poncet una delegazione <strong>di</strong> amministratori<br />

del comune <strong>di</strong> Pechino e la <strong>di</strong>rettrice del Museo Olimpico della capitale<br />

della Cina, struttura megagalattica (per unasuperficie <strong>di</strong> 35 mila metri<br />

quadri) ed avveniristica, <strong>di</strong>nanzi alla quale il capolavoro astratto <strong>di</strong> Antoine<br />

Poncet verrà collocato. I qualificati cinesi hanno invitato il Sindaco <strong>di</strong><br />

<strong>Carrara</strong> alla inaugurazione del Museo Olimpico che avrà luogo a ridosso<br />

dell’inverno 2012.<br />

Il Maestro Poncet ha tenuto un’ottima conferenza sui valori universali<br />

dell’arte che come la musica è in grado <strong>di</strong> superare le barriere dei linguaggi<br />

<strong>di</strong>versi e internazionali, sottolineando poi che il suo “Volo” annuncia un<br />

simbolo universale <strong>di</strong> pace tra i popoli. Infine il Maestro ha rammentato la<br />

simbologia del marmo bianco <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>: è la purezza che richiama la fratellanza<br />

universale: la pietra è solida e veicola il concetto <strong>di</strong> eternità.<br />

Il grande artista francese,<br />

in città per seguire la<br />

realizzazione <strong>di</strong> una sua opera,<br />

ha tenuto una conferenza sui<br />

valori universali dell’arte<br />

NOZZE DI FERRO per due coppie “CARARINE”<br />

70 anni <strong>di</strong> matrimonio<br />

Il Sindaco Angelo Zubbani ha “benedetto” le nozze <strong>di</strong> ferro<br />

(70 anni <strong>di</strong> matrimonio) <strong>di</strong> due coppie <strong>di</strong> “càràrìni - doc”. La<br />

Sala <strong>di</strong> Rappresentanza del <strong>Comune</strong> è affollata <strong>di</strong> figli, nipoti<br />

e parenti <strong>di</strong> Pietro Ambrosini, classe 1921, con sottobraccio la sua<br />

Ormea Marchi classe 1923. Di Bruno Milanta, classe 1920, con<br />

sottobraccio la sua Iolanda Vita classe 1921.<br />

Lo champagne è pronto, come le onorificenze civiche e il picchetto<br />

d’onore della Pm. I sorrisi, le strette <strong>di</strong> mano, i complimenti e i<br />

buoni auspici non si sprecano. Le coppie <strong>di</strong> ferro sono belle, <strong>di</strong>stinte,<br />

godono <strong>di</strong> buona salute… “toccando ferro” si augurano tutti.<br />

Se la vecchiaia è segno <strong>di</strong> saggezza e <strong>di</strong> virtù -<strong>di</strong>ce tra le altre cose un<br />

emozionato Sindaco- se la umana civiltà onora sempre i suoi vecchi,<br />

è perché essi rappresentano una lunga acquisizione <strong>di</strong> esperienza e<br />

riflessione: fautori e possessori <strong>di</strong> esempi generazionali, nel bene e<br />

nel male, ma con l’amore e la solidarietà in primo piano. Modelli e<br />

stili <strong>di</strong> vita che i “nostri” hanno tramandato e tramandano a figli e<br />

nipoti. Lunga vita a Pietro ed Ormea ed a Bruno e Iolanda, proiettati<br />

verso le loro nozze <strong>di</strong> platino (75 anni insieme). Pietro Ambrosini<br />

ha fatto il cavatore e ha lavorato da stella a stella, mentre la Ormea<br />

casalinga lo aspettava coi figlioletti.<br />

Bruno Milanta è stato carabiniere, poi ha anche lavorato alla Rumianca,<br />

la Iolanda in casa a preparare ottimo cibo, ad accu<strong>di</strong>re i<br />

figli. Pietro ed Ormea si sono giurati amore eterno il 30 gennaio<br />

1941. Bruno e Iolanda il 16 novembre dello stesso anno. “Ma il 41<br />

era un periodo triste -ammettono in coro, mentre un Angelo Zubbani<br />

ine<strong>di</strong>to s’improvvisa cronista storico- la guerra infuriava, come<br />

la fame e la carestia, la paura, la malattia senza me<strong>di</strong>cine.<br />

Il nostro viaggio <strong>di</strong> nozze -racconta Ormea- l’abbiamo fatto alla vigna,<br />

mano per mano tra filari <strong>di</strong> vite che stentava a crescere e a buttare<br />

bene per colpa dell’o<strong>di</strong>o tra i popoli. Comunque quel giorno un<br />

barlume <strong>di</strong> felicità a me e al mio Pietro ci è stato donato.<br />

Noi siamo stati più fortunati -spiega Iolanda- viaggio <strong>di</strong> nozze a<br />

Roma, ricevuti dal Papa a San Pietro in Vaticano. Ma c’era pericolo<br />

e clima <strong>di</strong> sospetto, abbiamo dovuto fare rientro imme<strong>di</strong>ato a casa.<br />

Toccata e … fuga col mio sposo per un attimo <strong>di</strong> gioia.<br />

Le coppie “caràrìne” si guardano col infinita dolcezza mentre le<br />

loro mani s’intrecciano; ma subito si liberano a sollevare i calici<br />

in brin<strong>di</strong>si: Sig. Sindaco, cari amici e parenti, la nostra felicità non è<br />

una chimera...<br />

SPETTACOLO solidale in cava<br />

la luna dei mille<br />

all’olmo <strong>di</strong> colonnata<br />

L’evento a scopo benefico è stato organizzato dall’associazione dei “Non tesserati”<br />

Sabato 16 luglio sul far della sera si aspetta la notte <strong>di</strong> plenilunio<br />

alla cava dell’Olmo <strong>di</strong> Colonnata, per far luce su<br />

uno spettacolo <strong>di</strong> beneficenza. Solo che la luna piena si<br />

fa desiderare e si nasconde tra le nuvole che incombono sopra i<br />

monti <strong>di</strong> “Gioia” e dei “Campanili”. Ciò malgrado più <strong>di</strong> mille<br />

persone “invadono” il piazzale ad assistere allo “show” solidale<br />

organizzato da Alvise Lazzareschi, presidente della associazione<br />

dei “Non tesserati” e figlio <strong>di</strong> Mauro e <strong>di</strong> Simonetta Cattani,<br />

antica stirpe <strong>di</strong> cavatori <strong>di</strong> marmi.<br />

Il ricavato sarà devoluto alla “Onlus Ciai”, che lo destinerà ai<br />

bambini dell’Etiopia affinchè possano stu<strong>di</strong>are - afferma Alvise<br />

- in seguito altri soggetti beneficeranno della nostra iniziativa,<br />

che <strong>di</strong>verrà perio<strong>di</strong>ca durante la bella stagione. Noi dei “Non tesserati”<br />

non abbiamo ideologie politiche - conclude Lazzareschi<br />

- solo dottrine umanitarie e <strong>di</strong> partecipazione alla vita collettiva.<br />

All’improvviso le fotoelettriche luci della ribalta s’accendono<br />

nella cava dell’Olmo; e illuminano gli spessori del tempo e le<br />

geometrie <strong>di</strong> materia marmo bianco scolpiti dall’uomo. Fuochi<br />

artificiali scoppiano, ogni tanto... Goffredo Luciani, colonnatese<br />

<strong>di</strong> 85 anni, 50 dei quali passati in cava, impugna la chitarra e<br />

intona vecchie ballate la cui memoria canora si perde nei secoli<br />

del romanzo popolare. Lo stornellatore sorride mentre canta,<br />

non si scompone, come se da sempre si fosse esibito in pubblico.<br />

Forse rammenta suo fratello “Navì” che <strong>di</strong>morava alla<br />

“Madonna” <strong>di</strong> Colonnata, luogo limitrofo ai boschi del “Verghetto”;<br />

e che da auto<strong>di</strong>datta strimpellava la chitarra e cantava<br />

da Dio, anche meglio <strong>di</strong> Goffredo, probabilmente perché sapeva<br />

ascoltare ed emulare alla perfezione i mormorii della foresta<br />

<strong>di</strong> casa. Ecco il duo “Adrenalinando” a spargere adrenalina sul<br />

pubblico. I Ra<strong>di</strong>o Zero, il duo Violino e Fisarmonica.<br />

Ecco i “Quarry Man Ensamble”, <strong>di</strong>ciassette atletici cavatori che<br />

si son dati il titolo anglosassone, forse per non essere appellati<br />

coi soprannomi <strong>di</strong> Squaletto, Pennato, Andreone, Gianni, Gabriele,<br />

Canaletta, Il Talebano, Riccardone, Il Coach, Ficagnino,<br />

Antonio, Gino, Francè, Emiliano, Giàn d’l Càmp, Giusè, Gianmaria.<br />

L’assessore alla Cultura Giovanna Bernar<strong>di</strong>ni è presente, ed elogia<br />

l’iniziativa che definisce “Cuore <strong>di</strong> marmo <strong>di</strong> Colonnata”. Il<br />

Sindaco Angelo Zubbani si complimenta coi “Non tesserati”:<br />

Bravi, lo spettacolo solidale in cava è giusto e sacrosanto, che prosegua<br />

nel tempo. Il lardo <strong>di</strong> Colonnata, <strong>di</strong> quello buono che “si<br />

sfà in bocca”, viene servito in mezzo al pane <strong>di</strong> Castelpoggio.<br />

Il “Brunello <strong>di</strong> Montalcino” rosso e spumeggiante innaffia le<br />

leccornie <strong>di</strong> paese e i palati dei buongustai presenti all’Olmo,<br />

nella splen<strong>di</strong>da notte benefica <strong>di</strong> mezza estate.<br />

(V.P.)


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 16 pagina 17 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

EDITORIA LOCALE<br />

UNA GUIDA piccolissima<br />

della CITTÀ <strong>di</strong> CARRARA<br />

Una vera e propria guida turistica per piccoli<br />

viaggiatori che hanno voglia <strong>di</strong> scoprire la<br />

storia della città la guida scritta da Cristina<br />

Bogazzi e illustrata con adorabili <strong>di</strong>segni <strong>di</strong><br />

Clau<strong>di</strong>a Vatteroni<br />

<strong>di</strong> CRISTINA BOGAZZI<br />

Agorà è lieto <strong>di</strong> presentare ai suoi<br />

lettori <strong>di</strong> ogni età, ma soprattutto<br />

ai bambini, uno stralcio tratto<br />

dal libello <strong>di</strong> Cristina Bogazzi dal titolo:<br />

“Una Guida piccolissima della città <strong>di</strong><br />

<strong>Carrara</strong>”. “Una guida per piccoli viaggiatori<br />

alla scoperta <strong>di</strong> una piccola grande<br />

città, famosa per il suo marmo e con<br />

un’antica storia da raccontare”.<br />

Questo il proemio del volumetto descritto<br />

con scrittura fanciullesca ed anche<br />

illustrato da belle fotografie del nostro<br />

territorio comunale. Scrivere per un<br />

pubblico <strong>di</strong> bambini non è impresa facile,<br />

bisogna intingere la penna o la matita<br />

<strong>di</strong>rettamente nel cuore. Poi cominciare<br />

la narrazione tenendo bene in mente che<br />

la Creazione è anche vista come un libro,<br />

le cui creature sono le lettere. Cristina<br />

Bogazzi è riuscita nell’intento. Buona<br />

lettura.<br />

Tutto intorno ci sono montagne e<br />

mare...<br />

<strong>Carrara</strong> si trova nella parte nord<br />

della regione Toscana, nella provincia<br />

<strong>di</strong> Massa <strong>Carrara</strong>, vicinissima al<br />

confine con la regione Liguria.<br />

Dista dal mare pochi chilometri ed<br />

è attraversata dal fiume Carrione<br />

che ha la sua sorgente nelle Alpi<br />

Apuane, alte montagne che stanno<br />

alle spalle della città e che spesso<br />

la proteggono dai venti fred<strong>di</strong> che<br />

scendono dal Nord. Le Alpi Apuane<br />

formano una catena montuosa che<br />

ha preso origine circa 65 milioni <strong>di</strong><br />

anni fa.<br />

Il clima a quell’epoca, in questa<br />

zona era tropicale e nel mare vivevano<br />

animali con gusci e conchiglie<br />

come i coralli e i molluschi.<br />

I gusci <strong>di</strong> questi animali per centinaia<br />

<strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> anni sono caduti<br />

sul fondo del mare e si sono “se<strong>di</strong>mentati”<br />

cioè la pressione e gli<br />

spostamenti della crosta terrestre<br />

li hanno praticamente fusi insieme,<br />

ed essendo composti in prevalenza<br />

<strong>di</strong> carbonato <strong>di</strong> calcio hanno<br />

dato origine a quella roccia che noi<br />

chiamiamo Marmo.<br />

“L’orogenesi” cioè la nascita delle<br />

montagne, così come le ve<strong>di</strong>amo<br />

oggi, è avvenuta tramite piccoli<br />

spostamenti che hanno innalzato<br />

lentamente questo cumulo <strong>di</strong> se<strong>di</strong>menti<br />

fusi tra loro.<br />

Nel loro interno le Alpi Apuane<br />

sono ricchissime d’acqua, sai perché?<br />

Come ti ho detto queste montagne<br />

sono costituite in prevalenza da<br />

carbonato <strong>di</strong> calcio, nel corso <strong>di</strong><br />

millenni, l’acqua piovana attraversando<br />

prima l’atmosfera e poi scivolando<br />

nel terreno si arricchisce<br />

<strong>di</strong> sostanze che la rendono acida.<br />

L’acqua, così “acida” produce<br />

una reazione chimica che scioglie<br />

il carbonato <strong>di</strong> calcio.<br />

Nel corso <strong>di</strong> millenni l’acqua, goccia<br />

dopo goccia, ha scavato chilometri<br />

e chilometri <strong>di</strong> gallerie all’interno<br />

delle Alpi Apuane, dando<br />

origine a fiumi, laghi sotterranei,<br />

gallerie, grotte e abissi!<br />

Questo fenomeno si chiama carsismo.<br />

Molti esploratori vengono da<br />

tutto il mondo per fare trekking<br />

e visitare le grotte che si trovano<br />

qui. Le più famose sono le grotte<br />

del Vento in Garfagnana, l’antro<br />

del Corchia e le grotte <strong>di</strong> Equi in<br />

Lunigiana.<br />

Le Alpi Apuane sono Parco Naturale<br />

dal 1985.<br />

Se usi internet puoi visitare questi<br />

siti: www.parcoapuane.it www.<br />

antrocorchia.it<br />

Se vuoi fotografare queste montagne<br />

sai dove puoi andare?<br />

Al mare! Si, sulla spiaggia puoi<br />

ammirare tutta la catena montuosa<br />

delle Apuane. Il mare qui è vicinissimo,<br />

io d’estate ci vado in bici<br />

tutti i giorni con la mamma, vado<br />

spesso a fare lunghe passeggiate<br />

sulla battigia, ma ci vado anche<br />

d’inverno. La mamma <strong>di</strong>ce che quando<br />

il mare è in tempesta se si passeggia<br />

lungo la riva, (stando attenti<br />

alle onde) si fa un aerosol naturale<br />

<strong>di</strong> io<strong>di</strong>o che fa bene a noi bambini,<br />

ma anche ai gran<strong>di</strong>........... In effetti<br />

il profumo <strong>di</strong> mare è buonissmo!<br />

D’estate in spiaggia ci resto tutto<br />

il giorno, a volte vado al porto<br />

a vedere le gran<strong>di</strong> navi sulle quali<br />

le gru caricano i container pieni <strong>di</strong><br />

marmo. Lì vicino c’è il Club Nautico,<br />

dove sono ormeggiate bellissime<br />

barche a vela che a me piace<br />

tantissimo guardare.<br />

Quando torniamo a casa, spesso<br />

ci fermiamo a prendere il gelato<br />

a Marina <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, e mentre la<br />

mamma guarda le vetrine dei negozi,<br />

io cerco cartoline per la mia<br />

collezione. Guarda quelle che ho<br />

trovato!!!!.<br />

Tanto, tanto tempo fa...<br />

La storia della città <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> è<br />

molto antica, la zona era già abitata<br />

più <strong>di</strong> mille anni Avanti Cristo<br />

(a.C.) da popolazioni <strong>di</strong> origine<br />

celtica, cioè provenienti dal centro<br />

Europa, i Liguri Apuani.<br />

Questo popolo viveva prevalentemente<br />

<strong>di</strong> pastorizia e si spostava<br />

sulle colline circostanti in cerca<br />

<strong>di</strong> pascoli ver<strong>di</strong>. Quando i Romani<br />

vollero colonizzare questa zona,<br />

si scontrarono spesso con questo<br />

popolo che non volle mai sottomettersi.<br />

Ci furono gran<strong>di</strong> battaglie fra Romani<br />

e Liguri Apuani.<br />

Sai chi ci ha raccontato tutta<br />

questa storia?<br />

Tito Livio, un antico romano che<br />

ha scritto libri sulla storia <strong>di</strong><br />

Roma seguendo tutte le imprese<br />

dei consoli.<br />

Tito Livio racconta <strong>di</strong> una battaglia<br />

dove i Romani furono<br />

attirati in un tranello<br />

e battuti dai Liguri<br />

Apuani.<br />

Il luogo della battaglia<br />

fu chiamato da allora<br />

“Saltus Marcius”; da<br />

alcuni stu<strong>di</strong>osi viene in<strong>di</strong>cato dove<br />

oggi sorge la località Marciaso, vicino<br />

a Fos<strong>di</strong>novo, da altri invece<br />

a “Colle Marcio” vicino a Pontestazzemese<br />

in Versilia.<br />

Racconta ancora Tito Livio, che<br />

alla fine della guerra, i Liguri Apuani<br />

vennero ad<strong>di</strong>rittura deportati dai<br />

Romani nel Sannio, in Campania.<br />

Dopo la definitiva sconfitta dei<br />

Liguri, i Romani fondarono una<br />

loro città, Luni, vicino alla foce<br />

del fiume Magra. Luni si trova oggi<br />

sul confine tra Toscana e Liguria,<br />

ai tempi dell’Imperatore Augusto<br />

era un importante porto commerciale<br />

da dove partivano le navi cariche<br />

<strong>di</strong> marmi con destinazione<br />

Roma o altri luoghi del Me<strong>di</strong>terraneo.<br />

In primavera, la domenica pomeriggio,<br />

vado spesso a vedere gli scavi<br />

dell’antica città <strong>di</strong> Luni, che è<br />

stata riportata alla luce verso la<br />

fine del 1800 da Carlo Fabbricotti,<br />

proprietario <strong>di</strong> una vasta zona terriera<br />

(la tenuta <strong>di</strong> Marinella).<br />

Fabbricotti era un grande appassionato<br />

e collezionista <strong>di</strong> reperti<br />

archeologici e si accorse che<br />

sotto le sue terre c’era un’antica<br />

città romana. Organizzò dunque<br />

gli scavi e portò alla luce un<br />

grande anfiteatro, le terme e una<br />

grande via: “il Cardo Maximo” che<br />

conduceva al porto. Emersero anche<br />

mosaici, vasellame, monete e<br />

altro materiale conservato in parte<br />

al museo <strong>di</strong> Luni, in parte al museo<br />

civico <strong>di</strong> La Spezia.<br />

I Romani abitavano anche a <strong>Carrara</strong>,<br />

nella parte più antica della<br />

città chiamata Vezzala, dove probabilmente<br />

risiedevano i funzionari<br />

romani incaricati <strong>di</strong> riscuotere una<br />

specie <strong>di</strong> tassa sulle escavazioni<br />

del marmo, chiamata Vectigalis;<br />

il nome <strong>di</strong> questa tassa da pagare<br />

all’impero ha dato nome al luogo,<br />

oggi Vezzala.<br />

Con la caduta dell’Impero romano,<br />

iniziarono le invasioni barbariche:<br />

Normanni, Visigoti, Bizantini,<br />

Longobar<strong>di</strong>, si contesero per anni<br />

questa zona; ci furono molte e<br />

molte battaglie tra Bizantini e Longobar<strong>di</strong><br />

tra il 590 e il 643 d.C.; alla<br />

fine vinse il re Longobardo Rotari.<br />

Ancora oggi possiamo ritrovare<br />

tracce della dominazione Longobarda,<br />

sai dove?<br />

Nel nome dei luoghi ad esempio<br />

la località “la Perticata” prende<br />

il suo nome dalla tra<strong>di</strong>zione longobarda<br />

<strong>di</strong> piantare alte pertiche<br />

nei luoghi dove seppellivano i loro<br />

morti, oppure la località “San<br />

Martino” prende il nome del Santo<br />

che i Longobar<strong>di</strong> adoravano.<br />

C’è una scienza che stu<strong>di</strong>a i nomi<br />

dei luoghi, la toponomastica, che<br />

ricerca le antiche tra<strong>di</strong>zioni legate<br />

a quei luoghi. Ad esempio “il<br />

calaggio” è un luogo dove anticamente<br />

venivano calati i blocchi <strong>di</strong><br />

marmo, la località Campo d’Appio<br />

deriva dal latino Campus Appii,<br />

cioè il campo <strong>di</strong> Appio, un ricco<br />

romano che possedeva un grande<br />

appezzamento <strong>di</strong> terreno che andava<br />

dalla zona <strong>di</strong> Avenza al Parmignola,<br />

al confine con la Liguria.<br />

A <strong>Carrara</strong>, la classe nobile dei<br />

Longobar<strong>di</strong> visse soprattutto nel<br />

quartiere Cafaggio, che deriva il<br />

suo nome da Cafa<strong>di</strong>um, cioè zona<br />

riservata ai nobili.<br />

I Longobar<strong>di</strong>, riservavano anche<br />

una zona verde da de<strong>di</strong>care alla<br />

caccia e ai giochi, chiamata “broilo”.<br />

(continua)


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 18 pagina 19 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

Le nostre ra<strong>di</strong>ci<br />

I nostri <strong>di</strong>fetti<br />

gli stessi <strong>di</strong> sempre<br />

<strong>di</strong> Bernardo Fusani<br />

La morale non è un insulto, anzi<br />

come <strong>di</strong>ce il termine stesso riguarda<br />

tutto e tutti oggetti e soggetti dei<br />

“mores”, cioè dei costumi.<br />

È<br />

quin<strong>di</strong> fatale porsi a questo punto la domanda del<br />

tempo( il tempo è la forma timida, soffocata, della<br />

storia, nonostante non se ne capisca il senso).<br />

Roland Barthes<br />

Saggi Critici,Einau<strong>di</strong>,1972<br />

Sono a noi pervenuti molti riclami sul proposito d’una se<strong>di</strong>a,<br />

che il Maggior Lazzoni, col consenso del Vicario Agostini,<br />

avea fatta collocare nella Chiesa Collegiata <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>,alla<br />

sinistra <strong>di</strong> quella, ch’è solito <strong>di</strong> ritenervi il Comandante Generale<br />

Conte Francesco Antonio Del Me<strong>di</strong>co, per ascoltarvi<br />

la Pre<strong>di</strong>ca; e per quanto abbiam potuto rilevare dalle <strong>di</strong>verse<br />

relazioni, che ce ne sono state umiliate,cre<strong>di</strong>amo che non sia<br />

in conto alcuno condannabile né il Maggiore suddetto, né il<br />

Vicario.<br />

Volendo però Noi rimuovere qualunque occasione <strong>di</strong> scissura,<br />

o <strong>di</strong> <strong>di</strong>spute in un luogo così rispettabile com’è la Casa <strong>di</strong><br />

Dio, inten<strong>di</strong>amo, e vogliamo, che non debba assolutamente<br />

permettersi a veruno, e neppure allo stesso Comandante Generale,<br />

<strong>di</strong> ritenere in qualunque chiesa alcuna se<strong>di</strong>a <strong>di</strong>stinta,<br />

nella stessa guisa che si costuma in Massa, dove non vi è<br />

Persona veruna, la quale esigga simili <strong>di</strong>stinzioni; onde sarà<br />

cura de’ nostri Ministri <strong>di</strong> dar subito gli or<strong>di</strong>ni coerenti alle<br />

Sovrane Nostre <strong>di</strong>sposizioni.<br />

Così Maria Teresa Cybo D’Este da Reggio il 25 Febbraio<br />

1777 alla Reggenza <strong>di</strong> Governo del Ducato <strong>di</strong> Massa<br />

e <strong>Carrara</strong>, e vien da fare ironia sul ruolo della se<strong>di</strong>a, anzi<br />

Se<strong>di</strong>a, perché non mi pare che le cose siano molto cambiate,<br />

mi torna alla mente Tocqueville quando <strong>di</strong>ceva “guai<br />

a colui che sostituisce il proprio onore al proprio ruolo”.<br />

E potremmo avere finito con questa nota <strong>di</strong> costume sennonché<br />

un mese dopo in data 28 marzo 1777 la nostra<br />

sovrana deve riprendere il tema “se<strong>di</strong>a”:<br />

Il Commissario <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> si duole per essere stato dalla Nostra<br />

Reggenza obbligato a restituire a Pasquale Andrei tutto<br />

il denaro, che gli era stato rubbato da Bernardo Perfetti, e<br />

che trovatasi nella sua Curia in deposito, senza potersi pagare<br />

su <strong>di</strong> esso de’ suoi emolumenti, e degli alimenti fatti somministrare<br />

al Delinquente nel tempo della sua carcerazione.<br />

Questa <strong>di</strong> lui doglianza non ci sembra del tutto irragionevole,<br />

perché fondata su i principi d’equità, e su lo stile <strong>di</strong> molti<br />

altri Domini; né sappiamo capire come né Nostri Stati possa<br />

esservi uno stile <strong>di</strong>verso sapendo, che ne’ Nostri Tribunali,<br />

ugualmente che in quelli degli altri Stati, si pronunciano le<br />

sentenze colla riserva delle ragioni al Derubbato per ripetere<br />

dal reo il rimborso de’ danni, e delle spese; desideriamo<br />

pertanto, che la Nostra Reggenza ci faccia la sua relazione<br />

su quest’affare. E così continua: Ci ha inoltre il suddetto<br />

Commissario rappresentato, che dopo essere stato per or<strong>di</strong>ne<br />

Nostro obbligato a rimuovere dal Presbiterio della Collegiata<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> la se<strong>di</strong>a, ch’era solito ritenervi per ascoltare la<br />

Pre<strong>di</strong>ca, aveva quella fatta collocare in un sito remoto della<br />

Chiesa stessa, e precisamente presso al muro in mezzo <strong>di</strong> due<br />

altari,ma che ora gliè stato or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> doverla rimuovere<br />

anche da questo sito. Avvertiamo pertanto i Ministri della<br />

Nostra Reggenza, che gli or<strong>di</strong>ni su tal particolare da Noi<br />

abbassato si estendono soltanto a quelle se<strong>di</strong>e,che solevano<br />

ritenersi in luogo <strong>di</strong>stinto, e qualificato, non però alle altre<br />

privatamente collocate in luogo recon<strong>di</strong>to per solo comodo<br />

<strong>di</strong> sentir la pre<strong>di</strong>ca, e molto meno a quella destinata per uso<br />

del Commissario, a cui non conviene <strong>di</strong> cercarsi un posto da<br />

sedere in un banco alla ventura.<br />

E dall’ironia <strong>di</strong> poco fa, si passa alla melanconia dell’oggi,<br />

in quanto obbiettivo della Se<strong>di</strong>a non erano né il Comandante<br />

Generale Conte Francesco Antonio Del Me<strong>di</strong>co né<br />

il Maggiore Lazzoni bensì il Commissario <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, per<br />

fortuna a quei tempi eravamo governati da una capace sovrana<br />

che non si faceva intimorire dalle beghe della burocratica<br />

Reggenza composta da una nobiltà <strong>di</strong> denaro che<br />

utilizzava ai suoi fini quello che oggi si chiama mobbing.<br />

Ed allora tutto il nostro fallace presente pare già scritto:<br />

blanda replica <strong>di</strong> un copione inevitabile. I nostri <strong>di</strong>fetti,<br />

che le classi politiche in particolare interpretano con autentica<br />

vocazione al parossismo, erano tali e quali secoli fa.<br />

Ma viene da porci una domanda sulla questione morale, a<br />

quanto pare caduta nel <strong>di</strong>menticatoio, cioè che la morale<br />

non è un insulto, anzi come <strong>di</strong>ce il termine stesso riguarda<br />

tutto e tutti oggetti e soggetti dei “mores”, cioè dei costumi.<br />

Ed an<strong>di</strong>amo avanti in questo nostro esercizio archivistico:<br />

da Massa il 3 marzo 1777 a firma dei ministri Agostino<br />

Ceccopieri, Alderano Testoni e Giovanni Benincasa si invia<br />

un <strong>di</strong>spaccio alla Sovrana (Archivio <strong>di</strong> Stato Modena<br />

busta 365 Cybo-Gonzaga) nel<br />

quale si legge chiaramente<br />

non lasceremo <strong>di</strong> mantenere<br />

<strong>di</strong> vista il Commissario<br />

<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, e<br />

qualunque <strong>di</strong> lui particolare<br />

mancanza,<br />

che verremo <strong>di</strong><br />

scoprire saremo a<br />

riferire all’A.V.S.<br />

come si degna <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>narci. An<strong>di</strong>amo<br />

a dare gli<br />

or<strong>di</strong>ni opportuni<br />

per richiamare<br />

nel Principato <strong>di</strong><br />

<strong>Carrara</strong> alla più<br />

rigorosa osservazione<br />

dei Ban<strong>di</strong>,che<br />

proibiscono i balli.<br />

Eseguiremo pure in<strong>di</strong>latamente<br />

le Sovrane<br />

Disposizioni che l’A.V.S.<br />

viene <strong>di</strong> abbassarci sul particolare<br />

delle se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione<br />

che si ritengono nella chiesa <strong>di</strong><br />

<strong>Carrara</strong>.<br />

Quin<strong>di</strong>, come si legge tra le righe, sono già<br />

certi delle mancanze del Commissario.<br />

Sempre da <strong>Carrara</strong> il 9 marzo 1777 viene inviata una supplica<br />

a Maria Teresa Cybo D’Este che merita essere trascritta<br />

per intero.<br />

Da questo Vicario Agostini vengo richiesto <strong>di</strong> levare <strong>di</strong> Chiesa<br />

la cadrega da me fattavi porre per ascoltare la Pre<strong>di</strong>ca.<br />

Sono rimasto sorpreso per tale or<strong>di</strong>ne perchè non essendo<br />

come anticamente posta nel Presbiterio credevo <strong>di</strong> poterla<br />

porre altrove: onde ho risposto al detto Vicario che io stesso<br />

<strong>di</strong> ciò ne avrei reso conto a V.A.S. come presentemente mi<br />

do l’onore <strong>di</strong> eseguire.Non umilio altro a mio scarico seno<br />

che detta cadrega à posto vicino al muro laterale all’altare<br />

<strong>di</strong> S. Ceccardo, e così in un angolo della chiesa in sito quasi<br />

appena osservato: a senso <strong>di</strong> chichessia tale cosa non porta<br />

<strong>di</strong>stinzione, tanto più che in verun<br />

paese è ciò interdetto.<br />

Questo ho l’onore <strong>di</strong> significare<br />

all’A.V.S. In<br />

atto <strong>di</strong> profondamente<br />

inchinarmi <strong>di</strong>V.A.S..<br />

<strong>Carrara</strong> 9 marzo<br />

1777. Umilissimo<br />

ossequiosissimo<br />

servitore Nicola<br />

Coppi.<br />

Da questa rimostranza<br />

traiamo<br />

anche il nome<br />

del Commissario,<br />

che altrimenti<br />

sarebbe<br />

rimasto ignoto.<br />

Ed è pertanto una<br />

questione metodologica,<br />

con la quale<br />

dobbiamo affrontare<br />

queste carte, che dovrebbe<br />

affrontare ogni aspetto<br />

della vita. Politica compresa.<br />

E tuttavia nel bailamme <strong>di</strong> questi<br />

ultimi tempi, il fatto che scandali<br />

ed abusi fossero anche, sopratutto, una<br />

questione morale, non è parso così assodato. Che certi<br />

comportamenti e abitu<strong>di</strong>ni fossero platealmente “immorali”<br />

era una obiezione secondaria, poco influente. Questi<br />

episo<strong>di</strong> caratterizzano ancor oggi il nostro presente,<br />

e lo connota come una forma degenerata del travagliato<br />

rapporto che gli italiani sembrano avere da sempre con la<br />

questione morale. Il nostro realismo politico, <strong>di</strong>sarcionato<br />

dalla questione morale, <strong>di</strong>venta banale e la fa <strong>di</strong>ventare<br />

superflua e financo superata. Mentre invece siamo liberi<br />

fino al confine della libertà altrui: libertà implica responsabilità,<br />

coscienza sempre vigile della nostra natura <strong>di</strong> esseri<br />

sociali.<br />

Anche questa, per non <strong>di</strong>re soprattutto questa, è morale.


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 20 pagina 21 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

un documento d’epoca<br />

la famiglia fabbricotti<br />

nell’album <strong>di</strong> memorie<br />

<strong>di</strong> maria teresa fabbricotti mazzei<br />

Iniziamo da questo numero la pubblicazione <strong>di</strong><br />

un interessante estratto dai “Quaderni <strong>di</strong> Maria<br />

Teresa Fabbricotti Mazzei 1893-1977)” sposa<br />

<strong>di</strong> Carlo Fabbricotti. Il testo è stato scritto negli<br />

ultimi anni <strong>di</strong> vita e ripercorre le gesta <strong>di</strong> una<br />

famiglia in<strong>di</strong>ssolubilmente legata allla nostra città<br />

C’era una volta a Bocca <strong>di</strong> Magra un castello definito “ fasullo”<br />

da Savinio, che il nonno Carlandrea aveva fabbricato.<br />

Nei giorni <strong>di</strong> bonaccia il mare nel golfo del Magra faceva<br />

specchio come un lago: le immagini riflesse del monte e del castello<br />

si capovolgevano nel vuoto, così non si sapeva da che parte<br />

guardare la figura reale delle cose. Il mare sembrava <strong>di</strong> raso rabbrivi<strong>di</strong>re<br />

al bacio tremulo della brezza, ma veniva anche il giorno del<br />

furore che aggre<strong>di</strong>va la costa <strong>di</strong>rupata <strong>di</strong> S. Croce al Corvo e tutti<br />

i lecci trascolorando si addossavano al monte.<br />

La famiglia Fabbricotti non emerse dal buio del tempo, per proprietà<br />

o per genialità, che fra la fine del 1700 e il 1800.<br />

Sappiamo qualcosa <strong>di</strong> un alfiere Francesco, militare con Napoleone,<br />

che fece la gelida e bianca ritirata <strong>di</strong> Russia; <strong>di</strong> lui in famiglia è<br />

rimasto solo un cannocchiale con il quale avrà cercato, nel pallido<br />

orizzonte, il miraggio della patria lontana.<br />

Le mie nozioni però risalgono e partono da Domenico Andrea,<br />

del quale abbiamo il busto ottocentesco <strong>di</strong> marmo che, insieme<br />

a quelli dei figli, fanno la guar<strong>di</strong>a alle pareti <strong>di</strong> sala da pranzo a<br />

Montia. Sono busti che risentono dell’epoca canoviana, nobilitati<br />

da drappeggi romani, tutti con gli occhi bianchi senza pupilla, ma<br />

il busto <strong>di</strong> Domenico Andrea non è camuffato da neoclassico; ha il<br />

cravattone e i romantici capelli lunghi, che non osano farsi legare<br />

in co<strong>di</strong>no, e il mantello buttato sulle spalle.<br />

Con lui cominciò il conto in banca. I suoi nove figli, tutti maschi,<br />

furono solidali e coraggiosi, fecero fronte nei momenti <strong>di</strong>fficili,<br />

non si <strong>di</strong>visero il patrimonio delle cave ma si <strong>di</strong>visero i mercati andando<br />

chi in America, chi in Inghilterra, chi restando in Italia. Era<br />

quella l’epoca nella quale il marmo, con lunghe formule sulle bollette<br />

<strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zione, partiva per l’In<strong>di</strong>a, l’America e l’Inghilterra,<br />

su navicelli a vela <strong>di</strong> famiglia. Il modello <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> questi navicelli<br />

esiste ancora in casa, “il Carlandrea”, appeso al soffitto davanti<br />

alla finestra della biblioteca <strong>di</strong> Montia. Con i suoi tre alberi, con le<br />

sartie tese, naviga nella penombra <strong>di</strong>messa della casa, immobile fra<br />

i libri chiusi dalle innumerevoli parole; alla sua chiglia non sbatte<br />

l’onda lieta del mare, ma l’onda senza suono dei ricor<strong>di</strong> e dei sogni,<br />

e resta lassù sospeso nella polvere, senza scia e senza meta.<br />

Quei navicelli venivano tirati sulla spiaggia per caricarli con il marmo<br />

e poi ogni volta varati. Quando tornavano a vuoto riportavano<br />

petrolio. Lunghe file <strong>di</strong> bovi con i bovari seduti sul collo delle<br />

bestie, volti verso il carico, con il pungolo in mano, portavano il<br />

marmo a Marina percorrendo la strada Carriona “ con le grosse<br />

ruote ferrate.<br />

Quel marmo era sceso sulla lizza, nella parte impervia del monte,<br />

fra il suono ritmico delle voci che scan<strong>di</strong>vano il tempo al lavoro.<br />

I carichi più grossi partivano dal porto <strong>di</strong> Livorno e i Fabbricotti<br />

attraversavano sui loro cavalli il parco <strong>di</strong> Migliarino, armati, riportando<br />

il denaro che tenevano nelle casseforti in camera. II marmo<br />

delle cave Fabbricotti era apprezzato: era il marmo <strong>di</strong> Lorano, <strong>di</strong><br />

Canalgrande, <strong>di</strong> Fantiscritti. I Fantiscritti erano due fanti graffiti<br />

dai Romani in quella cava aperta e sfruttata da loro. Altri nomi coloriti<br />

e amati avevano le varie cave e i vecchi Fabbricotti conoscevano<br />

il marmo come i cavatori e “ il pel del verso “ e il male delle<br />

zone cristalline, e quello cotto e quello sano, e avevano la fierezza<br />

<strong>di</strong> non ingannare mai un cliente.<br />

La segheria e il laboratorio dell’epoca dei Fabbricotti era “Fiorino”,<br />

il suo nome sapeva <strong>di</strong> moneta e <strong>di</strong> corolla. Era la migliore<br />

segheria <strong>di</strong> quei tempi allacciata alla ferrovia. Le cave fornirono la<br />

città <strong>di</strong> Luni, come <strong>di</strong>mostrano i cimeli raccolti nel Museo Lunense<br />

Fabbricotti, ora trasportato a Spezia. Alle cave salì Michelangelo<br />

e a <strong>Carrara</strong> si in<strong>di</strong>ca ancora dove alloggiava nella stretta via<br />

del paesotto antico. Il marmo Fabbricotti aveva CF come Marca.<br />

I busti dei figli <strong>di</strong> Domenico Andrea stanno insieme a quello del<br />

padre, lungo le pareti, bianchi come è bianco il marmo e il re sul<br />

trono, i capelli lunghi buttati al vento, il pizzo per rifare sui volto<br />

la croce: l’elsa della spada eroica del crociato. Furono iscritti alle<br />

associazioni segrete, furono carbonari, furono prigionieri come<br />

Silvio Pellico, condannati a morte fu girono dal Duca <strong>di</strong> Modena e<br />

uno <strong>di</strong> loro morì per cedere il posto a una donna su una scialuppa.<br />

L’unità della loro fatica fece crescere la potenza umana della famiglia,<br />

ognuno dei sopravvissuti si costruì una casa e una fortuna.<br />

Il primogenito fu Carlaz. Il fratello Bernardo si stabilì a Londra<br />

e chiamò la sua casa Lorano House, si fece <strong>di</strong>pingere con il tiro a<br />

quattro in Picca<strong>di</strong>lly e sul suo cavallo nel parco <strong>di</strong> Londra, fornì il<br />

marmo per l’Alberto Memorial e baciò la mano a Queen Victoria,<br />

a <strong>di</strong>sposizione della quale il fratello Giuseppe mise la sua villa a<br />

Firenze, dove ella soggiornò qualche tempo. Bernardo si costruì<br />

una villa a Livorno, alla barriera maremmana, dove visse da vecchio<br />

e dove ora è il museo dei Macchiaioli. In quella villa aveva<br />

tre campi da tennis e una piscina in casa, aveva preso lo stile del<br />

gentleman inglese e aveva il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> farsi chiamare Sir. Fu bello,<br />

elegante, egoista. Sposò Nelly Murray, figlia <strong>di</strong> un ex governatore<br />

del Canada. Nelly aveva le mani piccole, i pie<strong>di</strong> piccolissimi, i capelli<br />

color mogano. Senza esserne richiesta si fece cattolica, amava<br />

le belle mussoline inglesi, aveva vari canini che le si accoccolavano<br />

nello strascico, ricamava in gotico per guarnire i box delle stalle e<br />

i nomi dei cavalli con filo giallo sul panno rosso per i giorni delle<br />

parate. Annotava nei suoi <strong>di</strong>ari, coperti <strong>di</strong> raso rosso con la data<br />

contornata <strong>di</strong> miosotis, le piccole cose, come quando veniva falciato<br />

il prato della villa, e negli ultimi giorni i segni inequivocabili<br />

della morte. Sua zia Augusta Hamilton le regalò l’Imperial Family<br />

Bible quando si sposò, con stampe in rame.<br />

Fra il vecchio e il nuovo Testamento sono le pagine per le memorie<br />

<strong>di</strong> famiglia: Family Register (Londra 1870). Nel contorno delle<br />

pagine sono rappresentate le varie età dell’uomo. La culla con la<br />

madre che ne è l’angelo accanto, il bimbo ignaro che fa le bolle <strong>di</strong><br />

sapone, l’adolescente che incorona la sposa, gli sposi seduti sopra<br />

un’unica poltrona con i bambini in collo, i curvi vecchi coniugi<br />

che entrano insieme nella grotta della morte, le anime che volano<br />

in cielo, retorica serena della traiettoria della vita. Laconico su<br />

quella bella carta Bernardo scrisse le date delle morti terminando<br />

con un teatrale “Ahimè”!<br />

Una caduta da cavallo procurò per trauma alla nonna Nelly un<br />

cancro all’utero. La storia della sua lunga agonia è raccontata nel<br />

<strong>di</strong>ario in inglese, senza commenti, come se fosse l’itinerario <strong>di</strong> un<br />

viaggio; aveva 38 anni quando morì verso l’alba. I figlioli, fatti tornare<br />

dal collegio della Querce, dormivano e non furono svegliati,<br />

né la piccola bambina Helen Bianca, poi chiamata Nella, battezzata<br />

Bianca in onore della governante Bianca Cimino che <strong>di</strong>venne poi<br />

la seconda moglie <strong>di</strong> Bernardo. La matrigna, pur essendo accorta,<br />

fu matrigna per i figli della nonna Nelly. Dal marito fu ricoperta <strong>di</strong><br />

gioie, morì vecchissima tentennando la testa per l’arteriosclerosi,<br />

come se sempre <strong>di</strong>sprezzasse tutto, invece conosceva il valore <strong>di</strong><br />

tutte le cose umane, sapeva modulare la voce, ricevere, viaggiare,<br />

offendere quando non era rischioso, e fare la falsa ingenua. Aveva<br />

dello spirito salottiero, selezionava le amicizie. L’ultimo figlio <strong>di</strong><br />

Bernardo, Francesco, visse a Londra, dove rappresentava gli interessi<br />

del padre, con scarso incoraggiamento. Fu trovato morto<br />

con la fotografia della madre in mano. Poco prima, per Natale,<br />

era arrivato alla villa <strong>di</strong> Livorno ed era stato rimandato a Londra,<br />

prima della Santa Notte, perché era partito e giunto senza l’autorizzazione.<br />

Gli altri figli <strong>di</strong> Bernardo furono Guido, Carlo ed<br />

Helen Bianca.<br />

Un altro fratello <strong>di</strong> Carlaz fu Giuseppe. Giuseppe si stabilì a Firenze,<br />

fu deputato per cinque legislature, fu fatto conte e nobile <strong>di</strong><br />

Fiesole. Fornì in gran parte il marmo per la facciata del Duomo <strong>di</strong><br />

Firenze; sposò una grande<br />

bellezza, Giulia Micali, <strong>di</strong>pinta in abito da luna dall’Ossani (per un<br />

ballo in maschera). Vissero nella villa <strong>di</strong> Montughi, ebbero due figli<br />

belli e frivoli, educati in Inghilterra, gran cacciatori ed amatori,<br />

Riccardo e Arturo, e tre figlie pure belle, <strong>di</strong> cui Gabriella fu la più<br />

bella, <strong>di</strong> una bellezza inconfon<strong>di</strong>bile, bionda e squisita. Balbuziente,<br />

sapeva le frasi che vanno al cuore, ma non le preghiere, pittrice<br />

<strong>di</strong> nature morte, vedova della medaglia d’oro Sommi Picinar<strong>di</strong>,<br />

ogni anno gettò corone <strong>di</strong> fiori in mare dove la Leonardo da Vinci<br />

era affondata, poi in gramaglie sposò l’ammiraglio Bertonelli.<br />

Morì <strong>di</strong> mal sottile e lasciò nel ricordo <strong>di</strong> chi la conobbe il fascino<br />

della sua femminilità geniale. Aveva forse 70 anni, ma il suo armonico<br />

scheletro non era ispessito <strong>di</strong> carne e sul suo volto sottile la<br />

pelle <strong>di</strong> bionda aveva ancora le sfumature dei petali <strong>di</strong> rosa, tanto<br />

per serbarci alla retorica <strong>di</strong> cui si vestì. Dissimulando l’irreparabile<br />

oltraggio degli anni con la vivacità dell’espressione, “balbuzziò”<br />

fino alla fine cose gentili e vibranti.<br />

Un altro fratello fu poi Ottaviano che visse a New York oc-


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 22 pagina 23 n. 7 - luglio 2011 AgorÀ<br />

la famiglia fabbricotti<br />

nell’album <strong>di</strong> memorie<br />

cupandosi pure lui del marmo. Propose ai fratelli d’investire capitali<br />

nell’acquisto del terreno dove poi sorse Manhattan, ma i<br />

fratelli si rifiutarono rifuggendo da investimenti lontani.<br />

Ed eccoci giunti a Carlaz, il primogenito, che visse a <strong>Carrara</strong>, al<br />

“Colombarotto”, villa da lui <strong>di</strong>strutta e rifatta, ora sede della celere,<br />

dopo essere stata sede del Fascio e, alla fine della guerra, luogo<br />

<strong>di</strong> orrori e <strong>di</strong> supplizi.<br />

Il profumo del Colombarotto era intenso; era un giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> aranci<br />

in fiore quasi tutto l’anno. Gli inquilini <strong>di</strong> Carlaz che non potevano<br />

pagarlo, gli mandavano dei vasi <strong>di</strong> marmo o delle statue, avanzi <strong>di</strong><br />

laboratorio; poste in giar<strong>di</strong>no, le rose <strong>di</strong> Maggio le abbracciavano<br />

e la rugiada le anneriva.<br />

Gli aranci furono tagliati dai fascisti e neanche l’erba cresce più in<br />

quel giar<strong>di</strong>no dove ora i ragazzi giocano a pallone gridando forsennati.<br />

Le sue cave erano 117 e molti i metri delle sue terre coltivati in pianura<br />

e sulle colline. Accumulò molta ricchezza e fu considerato un<br />

grand’uomo. «Dalle alpi domate trasse ricchezza che qui profuse<br />

bonificando » <strong>di</strong>ce la lapide, <strong>di</strong> cattivo gusto, posta sotto il suo monumento<br />

a Marinella in riva al mare, da dove, mantello svolazzante,<br />

con la sua tuba in testa (a <strong>Carrara</strong> chiamata « Matteo »), guarda<br />

la corona delle Apuane tagliate e ferite dagli uomini. Bianche son<br />

quelle ferite come la bianca effimera schiuma del mare, che con la<br />

sua voce eterna cancella le voci deboli degli uomini. Carlaz bonificò<br />

la piana <strong>di</strong> Marinella e li nella piazza del paese, costruita da<br />

lui, ogni giorno andò a fare i conti, ad ammonire le donne che portavano<br />

la crocchia in cima alla testa (perché questo impe<strong>di</strong>va loro<br />

<strong>di</strong> portarvi sopra pesi), come le nero vestite versiliesi e lunigianesi<br />

usavano fare, chiedeva come mai qualche bambina non avesse gli<br />

orecchini, cosa alla quale riteneva ogni donna avesse <strong>di</strong>ritto, quasi<br />

segno <strong>di</strong> dorata soggezione all’uomo. Si occupò <strong>di</strong> idrovore, <strong>di</strong><br />

drenaggio d’acqua, <strong>di</strong> arginare il Magra, <strong>di</strong> piantare nuove vigne<br />

e nuove qualità <strong>di</strong> grano. Se il pomeriggio era per la campagna,<br />

la mattina cominciava all’alba sulle cave e alle cave salì fino a 90<br />

anni e gli operai misero una lapide per ricordarlo. Da vecchissimo,<br />

al far del giorno, ogni mattina andava all’angolo del giar<strong>di</strong>no, al<br />

Crocifisso, a vedere salire i suoi uomini alle cave, tuba in testa e un<br />

garofano in bocca, <strong>di</strong>ceva ad ogni operaio “A mod’” (a modo). “Se<br />

Dio vo’, tutti!” rispondevano loro come era d’uso.<br />

A molti suoi operai dette la casa o l’alloggio gratis, ebbe una grande<br />

forza fisica, fece vari salvataggi gettandosi vestito in mare, non<br />

regalò balocchi ai nipotini ma marenghi d’oro.<br />

La sua casa, il Colombarotto, aveva sulla facciata una ruota con<br />

due colombe, il suo emblema era un braccio nudo che spacca il<br />

monte e ogni poltrona <strong>di</strong> casa, falso gotica, aveva questo motivo<br />

nella spalliera. Il Colombarotto era contornato <strong>di</strong> aranci dai frutti<br />

d’oro che attendevano <strong>di</strong> essere colti dal botticelliano Apollo, <strong>di</strong><br />

mimose in ricordo <strong>di</strong> Madame Butterfly, <strong>di</strong> clemati<strong>di</strong> <strong>di</strong> un azzurro<br />

luttuoso, <strong>di</strong> gelsomini catalani, <strong>di</strong> rose fitte dai petali odorosi e<br />

concentrici, e c’erano i busti dei notabili <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, Pellegrino<br />

Rossi, Tenerani, Finelli, Pelliccia, Repetti e Cucchiari. C’era anche<br />

Cavour e due generazioni <strong>di</strong> Savoia e la copia del Re Sole giovanile<br />

<strong>di</strong> Bernini, nera e fiera, abbandonata in un prato con la statua <strong>di</strong><br />

un cane fedele a lato, e molte ninfe e molti satin. I busti <strong>di</strong> famiglia<br />

erano in casa, alternati con quelli <strong>di</strong> Aiace e <strong>di</strong> Caligola. In casa<br />

c’erano anche le manine <strong>di</strong> marmo dei bambini <strong>di</strong> famiglia e il<br />

busto della moglie Elena stava sulla più bella colonna e aveva nella<br />

fibbia della cintura, come due cammei, il profilo dei suoi due bambini.<br />

Il buffet <strong>di</strong> mogano <strong>di</strong> sala da pranzo, a specchi, era sempre<br />

pieno <strong>di</strong> dolci e <strong>di</strong> piatti. Fu donna <strong>di</strong> casa, si occupò <strong>di</strong> bianfred<strong>di</strong>.<br />

I letti erano soffici e gran<strong>di</strong> sotto baldacchini <strong>di</strong> mussola, ricamata<br />

a convolvoli e farfalle, e finivano in ombrellini penduli in alto. Da<br />

quei letti ogni mattina ci si svegliava con il ronzio delle segherie<br />

della industriosa piccola città e, ogni tanto, con il lugubre suono<br />

della bucina, se era successa qualche <strong>di</strong>sgrazia; con quel suono<br />

gli uomini erano chiamati a fare la catena per portare il ferito o il<br />

morto al piazzale della cava e ognuno era autorizzato ad andare a<br />

casa per rassicurare i familiari.<br />

Il Colombarotto era stato ammobiliato nel 1840.<br />

Le pareti erano coperte <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> Francia, in parte vellutata, in<br />

parte rasata, dorata e bicolore; i soffitti erano <strong>di</strong>pinti con veli, peonie,<br />

rose, anemoni, convolvoli e petunie e camelie. I tappeti avevano<br />

più fiori dei soffitti e l’estate, quando non c’erano tappeti, le<br />

mattonelle <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>monte per terra erano tutte fonte; nelle spalliere<br />

delle seggiole erano fiori <strong>di</strong> madreperla come negli orologi e<br />

sui candelabri. Nel centro della casa c’era un tavolo con un piede<br />

solo e in quel tavolo era intarsiato il ratto delle Sabine. Innumerevoli<br />

orologi stavano fermi sotto le campane <strong>di</strong> vetro. Campane <strong>di</strong><br />

vetro sta vano sui dolci e... sulle mogli, perché l’aria non ne oscurasse<br />

le dorature e i colori.<br />

Alle finestre erano gran<strong>di</strong> tende trinate che respiravano lievi nei<br />

meriggi, quando una lama <strong>di</strong> sole entrava a cercare il velluto rosso<br />

del panchettino davanti al piccolo trono della poltrona. La moglie<br />

<strong>di</strong> Carlaz, Elena Casoni, era soffice, pallida, grassottella, malata <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>abete.<br />

Fu donna <strong>di</strong> casa, si occupò <strong>di</strong> biancheria e <strong>di</strong> fornire <strong>di</strong> nascosto<br />

i denari al figlio. Il figlio Carlandrea faceva il <strong>di</strong>plomatico ed era<br />

lontano, cosa alla quale il padre Carlaz si era rassegnato, non ve-<br />

dendo in lui le qualità dell’industriale. Il nonno Carloandrea fu<br />

bello, colossale, vaste spalle, la testa e le mani e i pie<strong>di</strong> piccoli. Non<br />

passava dalle porte, era fatto su misura della steppa. Guardava<br />

al <strong>di</strong> sopra dei suoi vicini e non sembrava portato a credere alla<br />

esistenza reale del prossimo, né accordava spesso la sua attenzione<br />

completa, così ci si sentiva spesso assenti da lui, e ciò lo rese solo.<br />

Si riteneva la figura <strong>di</strong> prua che fende il mare.<br />

Fu ad<strong>di</strong>tato con invi<strong>di</strong>a, fu guardato con stupore; crollò per vanità<br />

perché non volle chiudere la <strong>di</strong>tta riconoscendo che i suoi nemici,<br />

con le leggi fasciste, avevano vinto; crollò per virtù perché non<br />

volle, licenziandoli, mettere alla fame gli operai. Lui che non aveva<br />

consentito a nessuna serrata, che aveva istituito i cottimi collettivi,<br />

le minestre gratuite durante le serrate altrui, e s’era schierato sempre<br />

con gli oppressi, mai con gli oppressori, fu minacciato <strong>di</strong> confino.<br />

Con euforia sentì <strong>di</strong> proteggere cavallerescamente i piccoli e<br />

amò andare controcorrente.<br />

Fu il ricco Epulone con vari yachts, il castello e il seguito e fu poi<br />

Lazzaro perseguitato dalle banche e dai sequestratori. Da vecchio,<br />

solenne, ma incerto sulle estremità in cancrena per il <strong>di</strong>abete, senza<br />

confessarlo, procedeva lento a pie<strong>di</strong> per le vie del suo paese<br />

natale, per la prima volta per quelle vie, dove i tiri a quattro del<br />

nonno Bernardo avevano fatto epoca, come la nera pariglia <strong>di</strong> Carlaz,<br />

e dove lui, primo, aveva portato l’automobile. Ebbe una biblica<br />

grandezza: lui che in Russia aveva traversato in troika le foreste<br />

sotto la volta ghiacciata degli alberi, che aveva creduto col duello<br />

<strong>di</strong> liberare il suo onore da ogni ombra, che aveva creduto <strong>di</strong> non<br />

aver mai bisogno dell’aiuto <strong>di</strong> nessuno, si trovò a non avere più la<br />

proprietà <strong>di</strong> una seggiola e a dover chiedere il permesso <strong>di</strong> varcare<br />

la soglia della sua vecchia casa, il castello. Lui che aveva fatto scene<br />

feroci per il primo piccolo debito trovato in un bilancio, che aveva<br />

creduto far tremare i <strong>di</strong>rettori delle banche ritirando improvvisamente<br />

i suoi depositi, che aveva amato le cifre con tanti zeri, si trovò<br />

a doversi cornpiacere dell’altezza del fascicolo del bando d’asta<br />

del suo patrimonio. Per affermare il suo carattere, telefonò alle<br />

banche per segnalare voci del suo patrimonio da sequestrare, che<br />

per pietà erano state volutamente trascurate, ma che lui non voleva<br />

avere la complicità <strong>di</strong> accettare. Ebbe più il gusto del racconto<br />

drammatico che dell’indagine psicologica, fu pu<strong>di</strong>co e castigato<br />

nelle parole, abituato a fare l’elemosina, vendeva nell’ultimo periodo<br />

tutto ciò che gli restava, volendo almeno in ultimo il merito<br />

<strong>di</strong> colui che dette il necessario e non più il superfluo. Sperava <strong>di</strong><br />

essere sempre aspettato, come quando nella notte, giungendo al<br />

fiume Magra, con un colpo <strong>di</strong> pistola faceva arrivare la barca e accendere<br />

le luci sulla terrazza remota del castello. Non sapeva privarsi<br />

del “coro” dei <strong>di</strong>pendenti, né privare loro del suo appoggio<br />

ormai illusorio, e si confortava dell’indugio assurdo, guardando i<br />

frequenti livi<strong>di</strong> che apparivano sui dorso delle mani avvisarlo che<br />

la morte stava per toccano.<br />

Diceva “bisogna cadere in pie<strong>di</strong>” ed era in pie<strong>di</strong>, all’adunata del 2<br />

ottobre 1935 quando morì in <strong>di</strong>visa, con tutte le sue decorazioni in<br />

petto, chiamato dalle sirene deliranti.<br />

L’ultima asta era avvenuta, la realtà era inequivocabile, tutto era finito<br />

per lui. Mussolini urlava la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra all’Etiopia;<br />

fremente <strong>di</strong> sdegno, costretto a tacere, morì.<br />

Ancora una volta l’emozione e l’impulso lo avevano travolto, come<br />

in tante gravi decisioni della sua vita; dove lui non voleva avevano<br />

condotto la sua vita, dove lui non voleva avevano condotto la sua<br />

patria.<br />

Fu riportato al Colombarotto, nella vecchia casa <strong>di</strong> suo padre,<br />

non più sua; sotto le cortine <strong>di</strong> mussolina del letto, non più suo,<br />

fu composto il grande cadavere in grigioverde, imponente nella<br />

morte come la quercia folgorata, le belle mani incrociate sui crocifisso.<br />

Molte <strong>di</strong>vise portò il nonno: la <strong>di</strong>visa da studente all’Istituto Alfieri,<br />

la feluca da <strong>di</strong>plomatico a Londra, a Pietroburgo, a Vienna, il<br />

colbacco e il manto azzurro, la <strong>di</strong>visa da ufficiale <strong>di</strong> Marina nella<br />

Grande Guerra. Scrisse contro il positivismo, amplificò la raccolta<br />

lunense, seppe <strong>di</strong> numismatica e <strong>di</strong> archeologia. Dante gli fu<br />

sempre presente e lo raffigurò in ogni stanza del castello. Un altro<br />

personaggio gli fu nel sangue, Giulio Verne, e finiva spesso <strong>di</strong> parlare<br />

<strong>di</strong> S. Tommaso o <strong>di</strong> S. Anselmo o della prova ontologica della<br />

Trinità, per parlare <strong>di</strong> Michele Strogoff o <strong>di</strong> Ventimila Leghe sotto<br />

il mare o del Viaggio nella Luna.<br />

Nei fascino vago del miracolo della scienza si compiaceva la sua<br />

ottimistica ignoranza scientifica; la sua fantasia galoppava sul cavallo<br />

schiumoso del corriere dello zar, il Nautilus era una delle<br />

sue barche, la sua mente era una cellula isolata che ignorava il<br />

prossimo, i suoi riflessi e le sue nozioni, vedeva solo i mostruosi<br />

polpi del fondo.<br />

Fu in prima linea sempre, in tutte le calamità, e <strong>di</strong>sse sempre la sua<br />

opinione. Fu sul posto per il terremoto <strong>di</strong> Messina e si portò a casa<br />

quattro orfane che fece educare alle Mantellate; quando infuriò il<br />

colera andò con la moglie dai colerosi portando i bambini malati<br />

sulle braccia e soccorrendo le famiglie colpite; una volta, quando<br />

i navicelli sui Magra furono <strong>di</strong>sancorati dalla bufera e uno colpito<br />

dal fulmine s’incen<strong>di</strong>ò nei frangenti alla foce del fiume, andò<br />

a salvare i mozzi che erano rimasti a bordo. Quando scoppiò la<br />

rivoluzione in Russia, riuscì a salvare con tenacia, e spese non in<strong>di</strong>fferenti,<br />

le Psse Viera Ourusoff e sua madre Angela Alexeieff de<br />

la Guerroniere e le ospitò per anni in casa sua, per il solo motivo<br />

che erano la moglie e la suocera <strong>di</strong> un suo caro amico, tramortito<br />

a colpi <strong>di</strong> fucile e seppellito vivo nella lontana Russia. Ospitò per


AgorÀ n. 7 - luglio 2011 pagina 24<br />

la famiglia fabbricotti<br />

nell’album <strong>di</strong> memorie<br />

anni la cognata vedova e le sue due bambine, lo scrittore Jack La<br />

Bolina, la moglie vedova del precettore dei suoi figli, professor<br />

Monti. Seguì a volte negli affari l’amor proprio e la bizza più che<br />

il legittimo calcolo e l’opportunità, e il suo concetto ottocentesco<br />

dell’onore lo portò spesso a battersi in duello. Aveva il viso attraversato<br />

da una cicatrice e il suo primo figlio, Carlo, nacque con la<br />

stessa cicatrice. Questo senso dell’onore, che fu spesso rivincita <strong>di</strong><br />

amor proprio, lo trasportò negli affari lasciandosi sedurre da conclusioni<br />

illogiche, avventate, bizzarre, im previste, che non erano<br />

soluzioni economiche.<br />

I motivi dei suoi duelli, nella versione data alla famiglia, erano <strong>di</strong><br />

una leggerezza fiabesca: un signore aveva guardato troppo insistentemente<br />

con il binocolo sua moglie a teatro, un al tro aveva<br />

urtato una signora che era con lui alla stazione <strong>di</strong> Parigi, un terzo<br />

non aveva voluto accettare il posto che gli aveva offerto in treno,<br />

ma probabilmente queste erano le versioni zuccherate per la<br />

“bibliothèque rose” <strong>di</strong> famiglia. Nelle cose quoti<strong>di</strong>ane era cavalleresco,<br />

ma impulsivo e inconsiderato, seminava nei corridoi del<br />

castello proiettili da pistola e una volta in treno, nell’incertezza <strong>di</strong><br />

aver perso un documento, non riuscendo ad aprire la valigia, la<br />

sventrò con il coltello.., e non era la sua!<br />

Un’altra volta durante i moti del ‘94 minò S. Croce, dove era la<br />

moglie con i figli, e affidò la miccia a Leà, un marinaio sempre<br />

ubriaco, lasciando l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> far saltare tutto se fossero arrivati<br />

i rivoltosi in sua assenza. Ebbe sistemi me<strong>di</strong>evali <strong>di</strong> vita; <strong>di</strong> notte<br />

si faceva accompagnare a volte in Magra da uomini che bruciavano<br />

la paglia per fargli lume, oppure quando aveva freddo si<br />

faceva bruciare davanti litri <strong>di</strong> alcool in bacili. Gli incidenti poi<br />

erano all’or<strong>di</strong>ne del giorno in famiglia e motivo <strong>di</strong> riso: le carrozze<br />

perdevano le ruote, le barche non calafatate affondavano con un<br />

mare calmissimo, gli ospiti affidati a marinai ubriachi finivano nei<br />

frangenti, traversando in barca il fiume, e arrivavano alla stazione<br />

zuppi. La famiglia si avvelenava per <strong>di</strong>strazioni ancillari o lo yacht<br />

affondava per rubinetti lasciati aperti. Il nonno si sentiva superiore<br />

a questi contrattempi, sicché tutto era motivo <strong>di</strong> scherzoso racconto.<br />

Una notte, costretti a dormire per terra, una fiumana che tagliava<br />

la strada e i viveri, una levatrice che arrivando naufragava, un<br />

visitatore che non vedendo un cavo dalla barca ruzzolava in mare,<br />

tutto era letizia. Come letizia era la bufera che faceva suonare il<br />

campanello alla zia Emma implorante e impaurita, e faceva girare<br />

il vecchio cameriere Bergitto (morto poi sotto il bombardamento)<br />

con la lanterna per chiudere bene le fragili serrature del castello,<br />

abbagliato dai lampi e deplorante “i troni”. La bufera toglieva la<br />

luce elettrica al castello facendo ripiombare la famiglia nelle tenebre<br />

dei secoli. Il nonno alla vigilia della morte s’improvvisò maestro,<br />

come a tutti i pensosi solitari gli era sempre piaciuto insegnare<br />

e salire in cattedra. Dette gratuitamente lezioni <strong>di</strong> filosofia e <strong>di</strong><br />

storia. Come sapeva col sestante prendere in mare il punto delle<br />

stelle, capì dove era giunto, e seppe nascondere il suo smarrimento<br />

raggiunto il termine dell’ora scorrevole del suo tempo. Non cercò<br />

<strong>di</strong> aggirare le posizioni ma le affrontò a viso aperto come quando<br />

il governo fascista, con il consorzio obbligatorio, <strong>di</strong>strusse le case<br />

estere e il commercio del marmo con la sproporzione fra produzione<br />

imposta e ven<strong>di</strong>te assegnate. Il governo <strong>di</strong>strusse così le sue<br />

entrate e lo costrinse a ricorrere al cre<strong>di</strong>to mentre per ragioni “nazionali”<br />

gli impedì <strong>di</strong> fare una società italo‐francese con ingenti<br />

capitali esteri. Il prezzo strozzinesco fatto dalle Banche alla Sama,<br />

che raccoglieva insieme alla sua le migliori <strong>di</strong>tte <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, fu l’ultimo<br />

mezzo per compiere la totale rovina. Furono im posti come<br />

<strong>di</strong>rettore e <strong>di</strong>rigenti della società uomini del governo che, atteggiandosi<br />

a benefattori, tramavano per incamerare i vari patrimoni.<br />

Fra gli industriali del marmo ci furono varie morti misteriose e<br />

molti suici<strong>di</strong>.<br />

Il nonno, dopo tutti i suoi sogni, dopo aver scritto tanti memoriali<br />

a sottolineare i suoi meriti industriali, civili e agricoli, dopo aver<br />

aperto e chiuso i cassetti dei suoi medaglieri, scrisse il testo per la<br />

sua lapide « Per mutare degli eventi le sue ossa non siano mai separate<br />

da quelle dei suoi cari “. L’ultimo suo pensiero fu un pensiero<br />

<strong>di</strong> solidarietà verso la famiglia, dalla quale aveva sentito amare parole,<br />

quando, senza ascoltare consigli, leticando con i suoi avvocati<br />

e <strong>di</strong>fensori, era caduto nella trappola dei suoi nemici. I suoi nemici<br />

visibili e locali, furono le esaltate squadre fasciste, dai torvi cipigli<br />

e le maniche rimboccate, che non <strong>di</strong>ssimulavano i soprusi ma anzi<br />

ne nutrivano vanto ed euforia; i nemici lontani e <strong>di</strong>ssimulati, furono<br />

i mastodontici capitalisti col sangue senza più globuli rossi,<br />

con la circolazione meccanizzata e la coscienza sminuzzata. Scrisse<br />

un libro <strong>di</strong> memorie «Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un uomo vissuto prima durante e<br />

dopo la guerra ‘14‐18». Ricor<strong>di</strong> che non toccano i punti essenziali<br />

della vita politica e internazionale quando fu <strong>di</strong>plomatico. Era più<br />

che altro un racconto che si teneva alle cose superficiali per stupire<br />

i piccoli nipotini dai volti alzati verso il suo e nei nipotini amò<br />

i segni dell’intelligenza e della bellezza sentendo che la famiglia<br />

esisteva ancora.<br />

Il nonno amò Dante, costruirsi un castello, il suo onore e la nonna<br />

Nella. In una de<strong>di</strong>ca alla nonna scrisse “Ti amo più della mia vita,<br />

quasi quanto il mio onore”.<br />

La seconda parte nel prossimo numero <strong>di</strong> Agorà<br />

Tratto da: Maria Teresa Fabbricotti, Album <strong>di</strong> Memorie, Giunti<br />

E<strong>di</strong>tore, Firenze 1989.

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