una metodologia clinica e osservativa - Rivista Interazioni
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<strong>Interazioni</strong>: <strong>una</strong> <strong>metodologia</strong> <strong>clinica</strong> e <strong>osservativa</strong><br />
Anna Maria Nicolò<br />
Ci sono molte ragioni per tentare di spiegare la nascita di <strong>una</strong> rivista. Anzitutto dati di realtà:<br />
essa è espressione di un gruppo di lavoro, di <strong>una</strong> ricerca che si va conducendo nel tempo con<br />
difficoltà e intoppi, ma anche con l'entusiasmo e l'ansia del nuovo e della sfida che esso<br />
rappresenta.<br />
Su un altro piano però, se volessimo usare <strong>una</strong> metafora, potremmo dire che <strong>una</strong> rivista è<br />
l'equivalente di un'interpretazione nel contesto del processo analitico, all'interno del dialogo tra<br />
analista e paziente. È il momento in cui il dialogo si condensa in un punto specifico per esprimere<br />
non <strong>una</strong> verità, ma il limite ove è giunta la nostra comprensione. Il tentativo, allora, non è quello<br />
di saturare di significati, ma di mettere in luce i dubbi, unico strumento per aprire nuove strade<br />
e cogliere possibili evoluzioni.<br />
Questo numero di apertura è dedicato proprio al tema conduttore della rivista che sarà<br />
semestrale, il più possibile monotematica, aperta alle discussioni e al dibattito tra gli studiosi, i<br />
clinici, gli operatori e, naturalmente, i lettori. Conterrà anche <strong>una</strong> sezione dedicata ai dibattiti e<br />
<strong>una</strong> intenta a esplorare le ricerche in questo campo. Un'altra sezione riguarderà il «Dizionario»<br />
che avrà come obiettivo definire, puntualizzare e riflettere su termini psicoanalitici applicati al<br />
campo delle interazioni, sopratutto nella famiglia e nella coppia.<br />
Tenteremo di fare tutto questo in un clima dialogico e dialettico, nel tentativo di trovare un<br />
equilibrio tra <strong>una</strong> troppo precipitosa cristallizzazione dei significati e la capacità di accettare la<br />
confusione che sempre accompagna ogni approfondimento, ponendoci anche noi la domanda di<br />
Morin se il nostro disordine è «la forma provvisoria dell'ignoranza o la forma non razionalizzabile<br />
di <strong>una</strong> complessità superiore alla portata del nostro attuale intelletto».<br />
L'elemento di base che ispira questo lavoro è la convinzione che l'individuo non è <strong>una</strong> struttura<br />
isolata e che l'identità e il suo formarsi è sempre multi-personale: l'altro insomma è sempre<br />
presente nella vita psichica del singolo «e pertanto, in questa accezione più ampia, ma<br />
indiscutibilmente legittima, la psicologia individuale è al tempo stesso, fin dall'inizio, psicologia<br />
sociale» (Freud).<br />
La nostra attenzione quindi si sposta dall'individuo alla matrice relazionale che lo comprende per<br />
ritornare, quindi, all'individuo. Questo d'altronde corrisponde ai moderni orientamenti della<br />
psicoanalisi, come è documentato nell'articolo di Zavattini. Anche la stessa persona, nel corso<br />
della sua storia vitale e a seconda degli incontri significativi che effettua, può mettere in luce<br />
differenti versioni di sé. A volte questo produce <strong>una</strong> crescita, a volte, invece, queste versioni<br />
sono funzionali e complementari ad interazioni patologiche con altri (Nicolò).<br />
Taluni rimangono prigionieri e catturati dall'altro e nell'altro (Resnik), ma nelle situazioni<br />
psicotiche, come nelle coppie o nelle famiglie con un membro schizofrenico, possiamo osservare<br />
l'«ingranamento» (Racamier), <strong>una</strong> sorta di relazione fatta di intrusione e intricazione reciproca,<br />
che alla fine ha la caratteristica temibile e grottesca dell'ingranaggio meccanico e, allo stesso<br />
tempo è un modo di i relazionarsi e <strong>una</strong> forma di funzionamento psichico.<br />
Si apre così il grosso campo di indagine intorno ai rapporti tra l’intrapsichico e l'interpersonale.<br />
Come Stern ci illustra, da <strong>una</strong> parte occorre vedere gli individui come persone separate con<br />
mondi rappresentazionali separati, dall'altra, però, l'esperienza interattiva con il mondo reale si<br />
struttura intrapsichicamente e ogni memoria è ricostruita sotto l'influenza del contesto presente<br />
nel quale è ricordata e deve il suo carattere al contesto in gioco in quel momento. Assistiamo<br />
così talvolta a quegli eventi, ancora per noi inspiegabili o poco comprensibili per <strong>una</strong> psicoanalisi<br />
classica, ove verifichiamo l'attualizzarsi nella realtà, a volte anche tragicamente, della memoria<br />
contenuta nel passato e condivisa nella coppia dei genitori.<br />
In situazioni patologiche il bambino può essere così usato come <strong>una</strong> difesa contro un lutto non<br />
elaborato dalla coppia genitoriale (Giannakoulas), verificandosi <strong>una</strong> sorta di fatale predizione che<br />
può solo autoavverarsi.<br />
Si può pensare che il luogo che ci permette meglio di studiare la natura delle interazioni sia la<br />
coppia terapeutica, quella coniugale e la famiglia, ma in realtà questo studio rappresenta <strong>una</strong><br />
vera e propria prospettiva metodologica di osservazione e di lavoro che merita di essere<br />
applicata, come già avviene da tanto tempo, anche alle istituzioni e nella psicoterapia integrata e<br />
<strong>Interazioni</strong>, n. 0, 1992, pp. 7-9
nella formazione (come vediamo negli articoli di Montinari e Pede e nel dibattito che vede, per<br />
l'appunto in interazione, significativi analisti italiani: Tagliacozzo, Petrella e Gislon).<br />
Farò, per finire, qualche riflessione generale.<br />
Considerare, come stiamo tentando, lo studio delle interazioni e del rapporto tra l'intrapsichico e<br />
l'interpersonale <strong>una</strong> <strong>metodologia</strong> di lavoro e <strong>una</strong> prospettiva osservativi, può diventare <strong>una</strong> vera<br />
e propria rivoluzione; ma non dobbiamo dimenticare che <strong>una</strong> tale posizione ha antiche origini e<br />
strette connessioni con attuali punti di vista, fisici, filosofici ed epistemologici. Le implicazioni, ad<br />
esempio, su cui è basata <strong>una</strong> tale prospettiva, affermano che l'osservatore è ricorsivamente<br />
connesso con il suo campo di osservazione che modifica mentre lo osserva. In questa direzione<br />
le nozioni di verità, realtà e senso sono relative e interne alle teorie dell'osservatore e non<br />
viceversa.<br />
Tutto questo porta ad <strong>una</strong> sensazione di grande relativismo; sappiamo di esplorare solo <strong>una</strong><br />
delle mappe possibili della realtà e ogni mappa è, per necessità, selettiva e parziale. Non<br />
esistono criteri epistemologici o logici per scegliere la migliore riduzione - come ci ammonisce<br />
Piattelli Palmarini. Quale sia la giusta riduzione dipende solo dagli scopi che ci prefiggiamo come<br />
osservatori con le nostre teorie e la nostra relazione con il contesto.<br />
Per tornare alla nostra <strong>Rivista</strong> quindi, questa mappa che andiamo costruendo riguarda solo uno<br />
dei livelli di conoscenza possibile e forse uno dei livelli della realtà, che è naturalmente <strong>una</strong><br />
trama molto più complessa.<br />
Tutto ciò ci genera incertezza, ma proprio questa, il dubbio, il saper dubitare ci appare uno degli<br />
strumenti più efficaci per la <strong>clinica</strong> e la nostra ricerca.<br />
<strong>Interazioni</strong>, n. 0, 1992, pp. 7-9