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L'approccio centrato sul cliente nella terapia delle balbuzie ... - ACP

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

<strong>L'approccio</strong> <strong>centrato</strong> <strong>sul</strong> <strong>cliente</strong><br />

<strong>nella</strong> <strong>terapia</strong> della <strong>balbuzie</strong> con<br />

gli adulti<br />

Anto<strong>nella</strong> Spanò<br />

La <strong>balbuzie</strong> è un fenomeno molto complesso e quindi ogni sua definizione<br />

appare riduttiva.<br />

Premesso ciò, si riportano ora tre definizioni che hanno riscosso<br />

particolare consenso per la loro esaustività.<br />

La prima definizione importante è quella dell'Organizzazione Mondiale<br />

della Sanità: «la <strong>balbuzie</strong> è un disordine nel ritmo della parola, nel quale il<br />

paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è<br />

in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono<br />

che hanno carattere di involontarietà» (W.H.O., 1977: trad. a cura di Zmarich,<br />

1998).<br />

Johnson sostiene che l'essenza della <strong>balbuzie</strong> non risiede <strong>nella</strong> bocca del<br />

parlante, ma nell'orecchio dell'ascoltatore; se fosse così allora le disfluenze<br />

sarebbero il sintomo più sicuro e patognomonico della <strong>balbuzie</strong> (Williams,<br />

Silverman & Kools, 1968). A proposito di ciò, Zmarich (1991:495) sostiene<br />

che "... la <strong>balbuzie</strong> è sempre stata associata in modo diretto alla percezione<br />

dell'ascoltatore e in modo indiretto ai suoi pregiudizi e ai suoi riferimenti<br />

culturali. Per l'ascoltatore infatti è possibile distinguere alcune disfluenze<br />

come episodi di <strong>balbuzie</strong> o come normali disfluenze confrontando la<br />

produzione di questi soggetti con le proprie categorie cognitive". Ma che cosa<br />

s'intende con il termine "disfluenze"? Secondo la definizione fornita da<br />

Wingate (1984), la disfluenza è una qualsiasi interruzione o modificazione<br />

della fluenza, cioè della scorrevolezza con cui si legano insieme le unità della<br />

produzione verbale.<br />

Starkweather (1987), basandosi su questa definizione che pone l'accento<br />

sugli aspetti della continuità e della sequenzialità del parlato naturale,<br />

osservò che metà del tempo utilizzato dai così detti "normofluenti" per<br />

parlare è impiegato per produrre sintagmi che non sono più lunghi di tre<br />

parole, e che sono separati da una pausa. Anche i normoparlanti sono quindi<br />

disfluenti. In generale gli studiosi si sono dunque trovati ad accettare la<br />

teoria della "continuità" tra le disfluenze dei normoparlanti e dei <strong>balbuzie</strong>nti<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

(Bloodstein, 1974; 1995).<br />

Zmarich (1999: 101 -102) a proposito di <strong>balbuzie</strong>, fluenze e disfluenze<br />

sostiene che:<br />

La definizione e la diagnosi tradizionali di <strong>balbuzie</strong> si basano <strong>sul</strong>la rilevazione uditiva e<br />

valutazione qualitativa <strong>delle</strong> disfiuenze, che pel numero, tipo, durata e posizione sono<br />

giudicate anomale e qualificano chi le produce come <strong>balbuzie</strong>nte.<br />

La fluenza è multidimensionale, e un parlato fluente oltre ad essere privo di discontinuità<br />

sarà anche prodotto con una scansione ritmica regolare, in modo rapido e senza eccessivo<br />

sforzo sia fisico che mentale [...]. Infatti è ben conosciuto in letteratura il caso di <strong>balbuzie</strong>nti<br />

che non presentano disfluenze [...]. Questi soggetti sono affetti da "covert/subperceptual<br />

stuttering" e avvertono spesso nel parlare livelli eccessivi di sforzo muscolare e "tensione"<br />

cognitiva che possono sfuggire all'occhio e all'orecchio del clinico.<br />

La seconda, detta "definizione standard", è quella di Wingate (1964:315),<br />

secondo cui il termine <strong>balbuzie</strong> significa:<br />

un disordine <strong>nella</strong> fluenza di espressioni verbali che è caratterizzato da ripetizioni o<br />

prolungamenti involontari, udibili o silenti nell'emissione di brevi elementi del parlato, vale a<br />

dire: suoni, sillabe e parole di una sillaba. Queste interruzioni occorrono frequentemente o<br />

sono ben definite e non sono facilmente controllabili dal soggetto. Talvolta le interruzioni<br />

sono accompagnate da attività accessorie come gesti collegati al parlato, caratteristiche<br />

verbali, spostamenti ausiliari del corpo. Inoltre molto spesso vengono riferiti stati<br />

emozionali che vanno da una generale condizione di "eccitamento" o "tensione" a più<br />

specifiche emozioni di natura negativa come paura, imbarazzo, irritazione, frustrazione,<br />

vergogna, o simili.<br />

La manifestazione più visibile della <strong>balbuzie</strong> è rilevabile in qualche<br />

incoordinazione espressa nel meccanismo periferico del parlato relativo alla<br />

produzione verbale.<br />

La terza definizione è tratta dal DSM-IV (autori vari, 1996: 80-82):<br />

Criteri diagnostici per la <strong>balbuzie</strong>:<br />

O Un'anomalia del normale fluire e della cadenza dell'eloquio (inadeguati per l'età del<br />

soggetto) caratterizzata dal frequente manifestarsi di uno o più dei seguenti elementi:<br />

1. ripetizioni di suoni o sillabe<br />

2. prolungamento di suoni ,<br />

3. interiezioni<br />

4. interruzioni di parole (cioè pausa all'interno di una parola)<br />

5. blocchi udibili o silenti (cioè pause del discorso piene o vuote)<br />

6. circonlocuzioni (sostituzioni di parole per evitare parole problematiche)<br />

7. parole emesse con eccessiva tensione fisica<br />

8. ripetizioni di intere parole monosillabiche<br />

O L'anomalia di scorrevolezza interferisce con i ri<strong>sul</strong>tati scolastici o lavorativi, oppure<br />

con la comunicazione sociale.<br />

L'entità dell'anomalia varia da situazione a situazione, e spesso è più grave quando vi è<br />

una speciale pressione a comunicare. La <strong>balbuzie</strong> è spesso assente durante la lettura corale,<br />

il canto, il colloquio con oggetti inanimati o animali.<br />

Secondo il Dott. Piero D'Erasmo la <strong>balbuzie</strong> non è una malattia né un<br />

difetto. È una sofferenza in quanto comporta nello stesso tempo disfluidità<br />

verbale, tensione emotiva, ansia sociale e può condizionare anche le scelte<br />

personali. Superarla quindi vuoi dire migliorare la qualità della propria vita<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

di relazione e aumentare la stessa libertà di azione.<br />

Due sono le caratteristiche fondamentali del disturbo: esso è relazionale<br />

in quanto si manifesta in presenza di uno o più interlocutori e variabile<br />

perché varia a seconda della qualità e della quantità degli interlocutori e<br />

inoltre varia negli anni e persino nell'arco della giornata a seconda della<br />

situazione interna al soggetto o esterna ambientale. Le difficoltà si<br />

manifestano quasi sempre con esitazioni, ripetizioni e blocchi della parola.<br />

Le ultime quattro conferenze internazionali tenute in Olanda e organizzate<br />

dall'Università di Nijmegen (Olanda) nel 1985 (Peters & Hulstijn (1987), nel<br />

1990 (Peters, Hulstijn & Starkweather, 1991), nel 1996 (Hulstijn, Peters & van<br />

Lieshout, 1997) e nel 2001 (Maassen, Hulstijn, Kent, Peters, van Lieshout,<br />

2001 ), sono testimonianza del fatto che negli ultimi anni vi è stato un<br />

nutrito numero di indagini eziologiche aventi per oggetto il livello della causa<br />

e quello connesso della menomazione. In particolar modo nelle ultime due<br />

conferenze è stata presentata una numerosa serie di studi di brain imaging<br />

condotti su soggetti <strong>balbuzie</strong>nti. Sino al 2001, sette equipe differenti, hanno<br />

sottoposto 65 soggetti <strong>balbuzie</strong>nti e oltre 121 non <strong>balbuzie</strong>nti, a tecniche<br />

d'indagine quali SPECT, PET e fMRI. In questi esperimenti i partecipanti sono<br />

stati sottoposti a diverse condizioni: mentre balbettavano, parlavano senza<br />

balbettare, erano a riposo, oppure prima e dopo l'intervento terapeutico.<br />

Queste ricerche hanno prodotto almeno 15 studi di brain imaging da cui si<br />

evince che:<br />

- nel parlato disfluente e fluente del <strong>balbuzie</strong>nte sono profondamente<br />

danneggiati i processi cerebrali di tipo semantico, sintattico, fonologico<br />

e articolatorio, quelli connessi dunque, alla produzione del parlato.<br />

- nel <strong>balbuzie</strong>nte, alcune aree cerebrali quali la corteccia prefrontale,<br />

frontale e il cervelletto ri<strong>sul</strong>tano avere un pattern di attivazione non<br />

regolare.<br />

- durante la produzione del parlato, i <strong>balbuzie</strong>nti hanno un'attività<br />

cerebrale maggiore nell'emisfero destro rispetto ai non <strong>balbuzie</strong>nti.<br />

Una <strong>delle</strong> regioni cerebrali che riveste un ruolo importante nel focalizzare<br />

l'attenzione durante un compito di performance è la regione cingolata<br />

anteriore (Damasio, 1994; Posner & Petersen, 1990). Si è riscontrato che nei<br />

<strong>balbuzie</strong>nti questa regione ha una maggiore attivazione rispetto ai<br />

normoparlanti. Solitamente, nei normofluenti, l'attivazione di questa regione<br />

cerebrale durante l'esecuzione di un compito è collegata ad un aumento<br />

dell'attenzione selettiva, ad un maggior coinvolgimento emotivo e ad una<br />

riduzione d'automaticità. La maggiore attivazione di quest'area cerebrale nei<br />

<strong>balbuzie</strong>nti, dunque, potrebbe essere una spiegazione valida alla loro<br />

consueta perdita d'automaticità e d'integrazione naturale dei processi<br />

linguistici ed articolatori durante gli episodi di <strong>balbuzie</strong>.<br />

Nel mese di Novembre 2005, quattro fra i più importanti esperti di<br />

<strong>balbuzie</strong> hanno presentato i ri<strong>sul</strong>tati <strong>delle</strong> loro ultime ricerche al convegno<br />

"American Speech- Language-Hearing Association" a San Diego (California).<br />

Si tratta dei dottori Tennis Drayna (NIDCD, National Institute on Deafness<br />

and Other Communication Disorder), Chrristine Weber - Fox (Pur due<br />

University), Ann Foundas (Tulane University) e Generald Maguire (University<br />

of California-lrvine) che hanno partecipato ad una sessione intitolata<br />

"Correlazioni genetiche e neurologiche della <strong>balbuzie</strong>". Nella sessione<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

coordianata dal dottar C. Ludlow (NIDCD), i quattro studiosi hanno<br />

focalizzato le loro presentazioni <strong>sul</strong>lo stato dell'arte della ricerca <strong>nella</strong><br />

comprensione dei fattori genetici e neurologici che contribuiscono<br />

all'insorgenza della <strong>balbuzie</strong>.<br />

Le prove a favore dei fattori genetici sono schiaccianti, giocando questi un<br />

ruolo in almeno la metà di tutti i casi studiati.<br />

La <strong>balbuzie</strong>, che colpisce un adulto su 100 è dovuta a un'anomalia<br />

dell'emisfero sinistro del cervello. Lo rivela uno studio di ricercatori tedeschi.<br />

Un gruppo di studiosi <strong>delle</strong> università di Amburgo e Gottingen hanno messo<br />

a confronto con la risonanza magnetica i cervelli di 1 5 persone che<br />

balbettavano e quelli di altrettante persone che non soffrivano di questo<br />

disturbo e hanno scoperto che c'erano <strong>delle</strong> differenze nei tessuti dell'area<br />

del cervello che controlla la laringe e la lingua.<br />

Un'anomalia strutturale del cervello è alla base della <strong>balbuzie</strong> persistente.<br />

La <strong>balbuzie</strong> persistente è un disturbo a base genetica che affligge circa l'1<br />

per cento degli adulti. Martin Sommer e colleghi sottoponendo 30 volontari<br />

(di cui 15 affetti da <strong>balbuzie</strong> persistente) a risonanza magnetica si sono<br />

accorti che ai <strong>balbuzie</strong>nti mancavano alcune connessioni tra le aree corticali<br />

del linguaggio, nell'emisfero destro del cervello.<br />

Secondo i ricercatori questa anomalia probabilmente si verifica durante la<br />

fase di acquisizione del linguaggio, un periodo in cui molti bambini<br />

balbettano.<br />

È un dato di fatto che i normali processi di produzione del linguaggio<br />

hanno sede nell'emisfero sinistro. Sembra, invece, che nel parlato disfluente<br />

e in maniera minore, in quello fluente del <strong>balbuzie</strong>nte vi sia una maggiore<br />

attività dell'emisfero destro rispetto al sinistro. Ciò porterebbe a pensare che<br />

nel <strong>balbuzie</strong>nte sia presente una riorganizzazione profonda dei processi che<br />

coinvolgono il linguaggio e che questa ristrutturazione non sia dovuta ad un<br />

semplice processo di natura cognitiva.<br />

Possiamo comunque concludere che ci sono state innumerevoli teorie <strong>sul</strong>le<br />

possibili cause della <strong>balbuzie</strong> e più ricercatori in ogni parte del mondo<br />

attualmente sono coinvolti <strong>nella</strong> difficoltà di scoprire esattamente che cosa<br />

c'è sotto a questa condizione. Quindi, non si è ancora sicuri, ma si sa che è<br />

improbabile che la <strong>balbuzie</strong> sia causata da un solo particolare fattore. Invece<br />

è molto più verosimile che la <strong>balbuzie</strong> sia il ri<strong>sul</strong>tato di una combinazione di<br />

fattori che rendono una persona più vulnerabile di un'altra. Per questa<br />

ragione è spesso chiamata "multifattoriale".<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

Struttura della <strong>balbuzie</strong><br />

Questo diagramma (preso dal sito del Michael Palin Center) mostra i vari<br />

fattori che sono stati collegati allo sviluppo della <strong>balbuzie</strong>. Ogni persona che<br />

balbetta probabilmente ha differenti combinazioni o è "insidiato" da questi<br />

fattori, che hanno contribuito alla sua vulnerabilità alla <strong>balbuzie</strong>. Può anche<br />

succedere che questa struttura non si adatti ad alcun caso, ovvero che non<br />

funzioni; qualche volta sembra che non ci sia una ragione del perché un<br />

particolare bambino abbia un problema di <strong>balbuzie</strong>. Questo fa capire la<br />

complessità del problema.<br />

Fattori fisiologici<br />

Si riferiscono alle caratteristiche con cui la persona è nata - il suo corredo<br />

genetico. A volte si parla di "natura contro cultura", l'incrocio tra ciò che è<br />

stato ereditato e l'ambiente in cui siamo nati. Anche la <strong>balbuzie</strong> sembra<br />

essere una mistura fra natura e cultura. Per alcuni vi è un definito legame<br />

genetico, un parente stretto che ha avuto o che ancor ha un problema di<br />

<strong>balbuzie</strong>.<br />

Sesso<br />

I ragazzi sono più vulnerabili - non si sa perché, ma i maschi sono più a<br />

rischio <strong>delle</strong> femmine nei problemi di parola, linguaggio e scrittura.<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

Abilità motorie orali<br />

Questo è collegato alla pianificazione e coordinazione dei movimenti di<br />

articolazione - lingua, mandibola, corde vocali ecc. Alcune ricerche hanno<br />

mostrato differenze nelle abilità orali <strong>delle</strong> persone che balbettano - queste<br />

possono essere più lente o meno coordinate, ma le differenze sono così<br />

sottili che sono impercettibili senza un adeguata attrezzatura scientifica.<br />

Ricerche <strong>sul</strong> funzionamento cerebrale<br />

L'immagine cerebrale è una nuova e molto complicata area di ricerca negli<br />

adulti che balbettano. Le prime scoperte suggeriscono che, in alcuni adulti<br />

che balbettano, certi aspetti del linguaggio possono essere elaborati in<br />

differenti aree del cervello. Quello che non è tuttora chiaro è se questo sia<br />

alla radice del problema <strong>balbuzie</strong> o un ri<strong>sul</strong>tato della difficoltà di parola.<br />

Siccome non è eticamente possibile effettuare questi esperimenti con i<br />

bambini, i ri<strong>sul</strong>tati non possono essere generalizzati alla popolazione più<br />

giovane.<br />

Fattori della parola e del linguaggio<br />

Come è stato detto precedentemente, la <strong>balbuzie</strong> generalmente emergere<br />

nel periodo in cui il sistema di linguaggio del bambino si sviluppa<br />

rapidamente. È stato suggerito che questo incremento drammatico nelle<br />

abilità linguistiche potrebbe sovraccaricare il sistema della fluenza e<br />

sostenere la frequente osservazione fatta dai genitori che "il suo cervello sta<br />

andando più veloce della sua bocca".<br />

Sembra che ci siano abbastanza prove che legano lo sviluppo del linguaggio<br />

dei bambini allo sviluppo della <strong>balbuzie</strong>. Infatti, alcuni ricercatori sono<br />

abbastanza convinti che all'insorgenza della <strong>balbuzie</strong> ci possa essere un<br />

sottostante problema di parola o linguaggio che è stato mascherato o<br />

nascosto. Come tutti i fattori <strong>nella</strong> <strong>balbuzie</strong>, questo non sembra essere valido<br />

per tutti i bambini. Alcuni sono un po' lenti nel loro modo di parlare mentre<br />

altri sembrano essere molto evoluti. Il concetto dunque non è ancora chiaro.<br />

Comunque, una cosa che si osserva <strong>nella</strong> pratica clinica è che quando i<br />

bambini provano ad usare un linguaggio complicato, spesso balbettano di<br />

più. Anche quando è richiesto loro di spiegare qualcosa, o sono eccitati nel<br />

raccontare qualche storia e magari provano a parlare velocemente - poi la<br />

fluenza può guastarsi. La fluenza sembra crollare più frequentemente in<br />

parole più lunghe e in frasi complicate. È più probabile che accada all'inizio<br />

di un periodo o frase e con le parole meno familiari.<br />

Fattori sociali e ambientali<br />

I genitori e i familiari non sono la causa della <strong>balbuzie</strong> del bambino, ma<br />

l'ambiente in cui il bambino vive è molto importante. Le attitudini, i<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

comportamenti o eventi che accadono a casa o a scuola hanno un impatto sui<br />

bambini in tutti i tipi di direzioni, inclusa la loro fluenza. La maggior parte<br />

<strong>delle</strong> famiglie moderne conducono uno stile di vita molto frenetico e<br />

richiestivo. Ci sono molte cose da organizzare e ricordare, più programmi di<br />

attività, posti in cui essere, vestiti da trovare, ore dei pasti, del riposo, vita<br />

sociale! Ci sono domande costanti e pressioni, momenti di divertimento e di<br />

conflitto, ansie e preoccupazioni di salute - tutte parti di una vita normale.<br />

Alcuni bambini che balbettano possono trovare difficoltà a mantenere lo<br />

stesso passo, o possono ugualmente provare a farsi strada. Comunque, il<br />

fatto è che balbettare ed uno stile di vita frenetico, non vanno molto<br />

d'accordo, sentire sotto pressione.<br />

Fattori emozionali e psicologici<br />

Viene spesso chiesto se la <strong>balbuzie</strong> del bambino può essere stata causata<br />

da un trauma o uno sconvolgimento <strong>nella</strong> famiglia. Non ci sono evidenze<br />

<strong>nella</strong> ricerca che questo possa accadere, ma ci sono molti aneddoti che<br />

collegano la <strong>balbuzie</strong> a tutte le tipologie di eventi. Per esempio un nuovo<br />

fratellino, l'inizio della scuola o dell'asilo, essere stati sgridati, una malattia,<br />

un incidente, ecc. Nonostante questi eventi siano ovviamente importanti, essi<br />

sono anche eventi che accadono <strong>nella</strong> vita di molte famiglie, spesso senza<br />

ovvie conseguenze per la fluenza del bambino. Sembra più verosimile dall'<br />

esperienza clinica che, mentre questi eventi importanti possono avere inizio<br />

nello stesso momento in cui il bambino ha iniziato a balbettare, questi stessi<br />

possono aver dato l'avvio ad un bambino la cui parola era già vulnerabile e<br />

potrebbero non essere la causa del problema.<br />

Personalità<br />

Spesso si suppone che le persone che balbettano sono timide o nervose. In<br />

realtà questo non è vero. I bambini e gli adulti che balbettano hanno<br />

esattamente lo stesso tipo di personalità che si può riscontrare nei<br />

normofluenti. Tuttavia, la <strong>balbuzie</strong> può influenzare l'autostima di una<br />

persona e la fiducia in se stesso in alcune situazioni - timidezza o reticenza<br />

possono essere il ri<strong>sul</strong>tato della <strong>balbuzie</strong>. Molti genitori riferiscono che i loro<br />

bambini possono essere un po' sensibili o ansiosi o perfezionisti<br />

(caratteristiche di molti bambini), ma mentre questi tratti non causano la<br />

<strong>balbuzie</strong>, può essere che un bambino che balbetta sia più sensibile per la sua<br />

<strong>balbuzie</strong> e più consapevole <strong>delle</strong> difficoltà e di sbagliare. Viceversa, un bambino<br />

che è più calmo e rilassato <strong>sul</strong>la vita può non essere così affetto da<br />

momenti di esitazione o da un parlato dissestato. Diventa quindi importante<br />

considerare le questioni che possono influenzare il recupero del problema e<br />

se ci sono altri fattori che influenzano il mantenimento della <strong>balbuzie</strong>.<br />

Come afferma Carolyn B. Gregory (in "Empathic Concepì of Kohut and<br />

Rogers", pag. 315-316) le persone che balbettano possono essere<br />

particolarmente predisposte a sviluppare problemi di autostima, spesso sono<br />

persone che hanno sperimentato una frustrazione o una vergogna eccessiva<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

all'interno della loro famiglia, nell'ambiente scolastico e nello stabilire<br />

normali relazioni sociali e di lavoro.<br />

Nei bambino piccolo, il fatto che emerga proprio la <strong>balbuzie</strong>, potrebbe<br />

essere il riflesso di un qualcosa che non funziona in modo ottimale<br />

nell'ambiente emotivo del bambino. Nella maggior parte <strong>delle</strong> famiglie questa<br />

non è una problematica seria, ma può capitare che la famiglia abbia ritmi<br />

troppo veloci, troppa pressione temporale, troppe attività; che entrambi i<br />

genitori lavorino, parlino troppo velocemente; che vi sia una relazione tra<br />

fratelli un po' troppo competitiva; la madre sia impegnata con un nuovo<br />

figlio o il padre troppo legato ad un figlio più grande. Queste condizioni<br />

potrebbero non essere minacce serie per la crescita del SE', a condizione che<br />

la parola e il linguaggio si stiano sviluppando normalmente, ma i bambini<br />

che sono predisposti a sviluppare questo disturbo possono risentire di questi<br />

o altri eventi, che a loro volta possono determinare, mantenere o accentuare<br />

la <strong>balbuzie</strong>.<br />

Nei bambini più grandi, negli adolescenti o negli adulti la connessione tra<br />

il concetto del SE'e la <strong>balbuzie</strong> e più ovvia. Una volta che la <strong>balbuzie</strong> si è<br />

stabilizzata, è più probabile che i genitori abbiano più difficoltà a<br />

considerare con piacere il ragazzo e a provare orgoglio e gioia per quello che<br />

sta facendo. La <strong>balbuzie</strong> quindi può ostacolare il crearsi di una relazione<br />

positiva tra genitori e figlio, e <strong>nella</strong> maggior parte dei casi impedisce al<br />

ragazzo di crearsi amicizie stabili. A volte la <strong>balbuzie</strong> può interferire con il<br />

normale relazionarsi tra coetanei, tra l'alunno che balbetta e i suoi<br />

professori, con le figure di riferimento e può influire <strong>sul</strong>la scelta lavorativa e<br />

di un compagno di vita.<br />

Secondo Rogers il bambino è munito di un sistema innato di motivazione,<br />

la Tendenza Attualizzante, e di un sistema innato di controllo, che è il<br />

processo di valutazione "organismico"; questi sistemi comunicano<br />

internamente all'individuo mantenendo l'organismo in grado di ascoltare e<br />

soddisfare i propri bisogni. Il fanciullo cioè:<br />

- Percepisce la sua esperienza come se fosse la realtà, quindi la sua<br />

esperienza è per lui la sua realtà.<br />

- Possiede una tendenza intrinseca ad attualizzare le potenzialità del suo<br />

"organismo".<br />

- Reagisce in presenza della "sua" realtà in funzione di questa tendenza<br />

all'attualizzazione. Il suo comportamento rappresenta quindi uno<br />

sforzo costante e finalizzato dell'organismo mirante a soddisfare i suoi<br />

bisogni di attualizzazione così come egli li percepisce <strong>nella</strong> realtà.<br />

- Nella sua interazione con la realtà l'individuo si comporta come un tutto<br />

organizzato, cioè come una Gestalt o struttura.<br />

- La sua esperienza si accompagna ad un processo continuo di<br />

valutazione. Questa valutazione può chiamarsi "organismica" in quanto<br />

è la tendenza attualizzante che le serve da criterio. Da valore positivo<br />

alle esperienze che percepisce come favorevoli al preservamento e<br />

all'accrescimento dell'organismo; da un valore negativo alle esperienze<br />

che percepisce come contrarie al preservamento e all'accrescimento<br />

dell'organismo.<br />

- Tende a ricercare le esperienze che percepisce come positive e a evitare<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

le esperienze che percepisce come negative.<br />

È proprio all'inizio della vita che noi esseri umani concepiamo i valori in<br />

modo chiaro. Riusciamo infatti a scegliere quelle esperienze che<br />

salvaguardano, migliorano e servono allo sviluppo dell'organismo e<br />

rifiutiamo quelle che non ci servono per questo scopo. Il bambino infatti<br />

riesce a distinguere cosa ha un valore positivo e cosa un valore negativo per<br />

lui. Sembra quindi che sia munito di un "processo di valutazione<br />

organismica" flessibile e mutevole, in cui ogni elemento, ogni momento di<br />

quanto è sperimentato, viene in qualche modo soppesato e scelto o rifiutato<br />

a seconda che, in qualche momento, contribuisca o no allo sviluppo<br />

dell'organismo. Questo modo di porsi di fronte all'esperienza è una funzione<br />

organismica e non cosciente o simbolica. Egli a differenza di molti adulti sa<br />

cosa gli piace e cosa non gli piace, e queste scelte di valori hanno origine<br />

solamente dentro di lui. È lui il centro del processo di valutazione, dal<br />

momento che sono i suoi sensi che gli forniscono i criteri per le sue scelte. In<br />

quei momenti egli non è influenzato da ciò che i genitori pensano sia per lui<br />

preferibile, o da ciò che dice la sua chiesa, o dall'opinione dell'ultimo esperto<br />

del settore, o dal talento persuasivo di una ditta pubblicitaria. È dall'interno<br />

della sua esperienza che l'organismo gli dice, in termini non verbali: «Questo<br />

è bene per me», «Quello è male per me», «Mi piace questo», «Questo non mi<br />

piace». Il bambino non fa altro che ascoltare se stesso e fare ciò che secondo<br />

lui è meglio per lui, è forse l'unico momento della sua vita in cui è veramente<br />

libero, libero di sentire ciò che veramente vuole.<br />

Per opera della tendenza alla differenziazione che costituisce un aspetto<br />

della tendenza all'attualizzazione, un certo segmento dell'esperienza si<br />

differenzia e si simbolizza; <strong>nella</strong> coscienza questo segmento simbolizzato<br />

corrisponde alla coscienza di esistere e di agire in quanto individuo e può<br />

descriversi come l'esperienza dell'Io. In seguito all'interazione fra<br />

l'organismo e l'ambiente, questa coscienza di esistere si sviluppa e si<br />

organizza gradualmente per formare la nozione dell'Io che, in quanto oggetto<br />

della percezione, fa parte del campo dell'esperienza totale.<br />

Man mano che la nozione dell'Io si sviluppa e si esteriorizza, si sviluppa il<br />

bisogno di considerazione positiva. Questo bisogno è universale in quanto<br />

esiste in ogni essere umano ed in quanto si fa sentire in un modo continuo e<br />

penetrante.<br />

Il bisogno di considerazione positiva accompagna l'essere umano per tutta<br />

la vita, ed è bilaterale: la persona può soddisfarlo per se stesso<br />

(considerazione positiva di sé), può soddisfarlo negli altri, può avere bisogno<br />

degli altri per soddisfarlo per se stesso. Ed è proprio a questo livello di<br />

sviluppo che possono crearsi i primi nodi.<br />

Ma allora quando questo efficiente meccanismo viene interrotto? Che cosa<br />

succede?<br />

Carl Rogers spiega questo dicendo che il bambino ha bisogno di amore, lo<br />

desidera, tende a comportarsi in modo da rendere frequenti alcune<br />

esperienze gradite. Ed è proprio questo suo bisogno che crea <strong>delle</strong><br />

complicazioni. Accadono infatti degli eventi che agli adulti per lui<br />

significativi non piacciono, e così si sente dire che è un "bambino cattivo,<br />

malvagio" che quella cosa non si fa, e gli viene per un po' tolto l'affetto; e così<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

gradualmente impara che ciò che per lui è bene, spesso per gli altri è male.<br />

Subentra poi il momento in cui egli giunge ad assumere, nei riguardi di se<br />

stesso, lo stesso atteggiamento degli altri. L'amore dei genitori o di altre<br />

persone significative è dato in modo condizionato: è dato cioè solo a condizione<br />

che il bambino introietti certi costrutti e certi valori come propri, anche<br />

se non li percepisce degni di fiducia, degni di amore. Incomincia così ad<br />

introiettare il giudizio di valore di un altro assumendolo come suo proprio.<br />

Ed è a questo punto che perde contatto con il suo processo organismico di<br />

valutazione. Abbandona la saggezza del suo organismo e per conservare<br />

l'affetto, cerca di assumere dei valori stabiliti da un altro. E così nel tentativo<br />

di ottenere o mantenere amore, approvazione, stima, il soggetto giunge ad<br />

avere sfiducia di fondo <strong>nella</strong> propria esperienza attuale come guida del<br />

comportamento. Apprende dagli altri un certo numero di valori<br />

concettualizzati e li assume come propri, anche se sono profondamente in<br />

contrasto con quanto prova. Siccome questi concetti non si fondano <strong>sul</strong> suo<br />

modo di valutare, tendono ad essere statici e rigidi anziché fluidi e mutevoli.<br />

Il bambino tende a non prendere in considerazione il proprio processo di<br />

esperienza se lo trova in conflitto con tali costrutti, ma, così facendo, si<br />

allontana dal modo di sentire proprio del suo organismo, operando perciò<br />

una certa dissociazione di se stesso. Se le condizioni che gli vengono imposte<br />

per concedergli fiducia sono numerose e significative, la dissociazione può<br />

divenire molto grande e le conseguenze psicologiche si fanno molto serie.<br />

Avviene, cioè, una sorta di adattamento dell'individuo all'ambiente, in modo<br />

tale che l'individuo può, sì, sopravvivere, ma non può sperimentare ed<br />

esprimere in totale se stesso; per utilizzare una metafora, potremmo dire che<br />

se l'essere umano ha alla sua nascita le stesse potenzialità che ha un seme di<br />

diventare albero, l'intervento di forze esterne, che bloccano questo processo<br />

evolutivo, possono portare l'albero a diventare un bonsai. Un bonsai, infatti,<br />

ha la forma, la sembianza di un albero, ma le sue dimensioni sono molto<br />

ridotte, ha bisogno di un vaso piccolo, può stare anche in ambienti chiusi, gli<br />

vengono tagliate le radici ed i rami, per non farlo crescere e sviluppare come<br />

farebbe in natura e gli viene data una forma piacevole e armonica, ma diretta,<br />

pensata e voluta da qualcun altro, non dalla pianta stessa.<br />

Più il processo di negazione dei propri bisogni è marcato, più le influenze<br />

esterne tendono a bloccare il naturale sviluppo dell'organismo, più<br />

l'organismo stesso tende ad interiorizzare i codici esterni, più ci troviamo di<br />

fronte a sistemi patologici, dalla nevrosi, alla psicosi, nelle loro varie forme<br />

ed espressioni.<br />

Struttura<br />

Ogni individuo è una totalità psico-fisica. La personalità è potenzialmente<br />

una unità armonica, che può essere considerata soltanto nel suo insieme e<br />

nel contesto (familiare, sociale, etc.) in cui si trova immersa.<br />

Ogni essere vivente possiede dentro di sé la capacità di adattarsi<br />

all'ambiente allo scopo di poter sopravvivere e svilupparsi più<br />

compiutamente possibile.<br />

Le persone nascono con la capacità di tendere verso la conservazione della<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

vita e verso lo sviluppo e l'evoluzione. Per garantire l'attualizzazione di<br />

questa tendenza, subito i bisogni fondamentali si fanno strada.<br />

La personalità che si viene a formare dopo lo sviluppo sarà strutturata in<br />

questa maniera:<br />

Sé reale (livello organismico)<br />

È' il livello più antico della personalità, nasce con l'individuo. È detto "sé<br />

reale" o "vero sé"; infatti contiene tutti i bisogni fondamentali legati alla<br />

sopravvivenza, inizialmente legati essenzialmente alle esigenze del corpo.<br />

Poi, con l'evolversi della persona, si diversificano anche tutte le emozioni più<br />

complesse, le motivazioni, i bisogni di sopravvivenza, di sicurezza, di affetto,<br />

di sessualità, di buona stima di sé da parte di se stessi e <strong>delle</strong> altre persone<br />

significative, i bisogni di esplorazione, di conoscenza e di piacere in genere.<br />

Questo livello contiene anche tutte le spinte adeguate a raggiungere la<br />

soddisfazione di questi bisogni o di tutti gli altri qui non menzionati e che<br />

rivestono un significato per la persona.<br />

Sé ideale (livello ideale)<br />

Secondo elemento che si forma dopo quello organismico. È costituito<br />

dall'immagine ideale che l'individuo aspira a raggiungere. Le aspettative<br />

rispetto a se stessi e agli altri, precetti, regole morali cui l'individuo fa<br />

riferimento, i criteri etici, l'idea di "persona ideale", etc ...<br />

Sé percepito (livello percepito)<br />

Questo livello comprende tutto ciò che la persona conosce di se stessa,<br />

tutto ciò che essa riconosce come appartenente a sé, il modo in cui si<br />

raffigura di essere, i sentimenti che sente di provare, le intenzioni che ha la<br />

consapevolezza di avere, i bisogni e le carenze che si accorge di nutrire.<br />

Tali elementi sono organizzati in un sistema più possibile coerente, che<br />

Rogers chiama "struttura del sé" (concetto di sé). Per funzionare al meglio, e<br />

per sentirsi pronti a rispondere con sicurezza a stimoli dell'ambiente, gli<br />

individui hanno bisogno di nutrire verso se stessi la massima considerazione<br />

possibile. Se così non fosse, l'individuo si sentirebbe talmente inadeguato che<br />

qualsiasi esperienza rappresenterebbe una minaccia potenziale alla sua<br />

sopravvivenza (sia in termini psicologici che fisiologici).<br />

Questo significa che se un individuo percepisce una sua caratteristica<br />

come troppo diversa dal proprio modello ideale e per questo si disprezza a<br />

tal punto da rischiare di sentirsi inaccettabile ai suoi stessi occhi, egli potrà<br />

non percepire più quella caratteristica e quindi potrà così garantirsi una<br />

considerazione di se stesso sufficientemente alta da consentirgli di<br />

sopravvivere senza sentirsi troppo in pericolo. Le caratteristiche<br />

dell'esperienza che sono passibili di questa sorta di deformazione non<br />

attengono soltanto a qualità personali o al concetto del sé, ma possono<br />

riguardare qualsiasi fenomeno o significato dell'esperienza.<br />

Queste tre parti della persona possono trovarsi tra loro in stati di<br />

integrazione più o meno marcata. In altri termini gli elementi del "sé<br />

organismico" possono essere in accordo maggiore o minore con quelli del "sé<br />

ideale", e possono essere presenti più o meno chiaramente alla persona <strong>nella</strong><br />

sua percezione di se stessa ("sé percepito").<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

Massimo accordo<br />

La persona congruente, cioè quella che ha il massimo grado di accordo tra<br />

il sé reale (organismico) e il concetto di sé (sé percepito), non è quella<br />

persona che aprioristicamente soddisfa tutti i suoi bisogni, ma quella che<br />

avrà una percezione della propria realtà la più fedele e realistica possibile.<br />

L'individuo sarà capace di orientarsi liberamente, cioè valutare e scegliere<br />

liberamente il suo comportamento.<br />

Massimo disaccordo<br />

La persona è del tutto inconsapevole dei propri bisogni organismici, si<br />

difende dal percepirli chiaramente ed aspira a divenire secondo un modello<br />

ideale del tutto diverso dalle proprie potenzialità reali. Un individuo in uno<br />

stato di disaccordo interno si trova in una condizione di minaccia, in termini<br />

di vulnerabilità o di ansia. Lo stato di ansia è un particolare segnale dello<br />

stato di disaccordo interno; attraverso questo segnale, più o meno chiaro,<br />

l'individuo percepisce il proprio malessere.<br />

Ogni essere vivente possiede dentro di sé la capacità di adattarsi<br />

all'ambiente allo scopo di poter sopravvivere e svilupparsi più<br />

compiutamente possibile.<br />

Più l'individuo è consapevole del proprio funzionamento e della propria<br />

natura, più potrà usare queste informazioni per adattarsi. Se però la persona<br />

si percepisce molto diversa da come essa in realtà è, oppure non si<br />

percepisce affatto, allora avrà minori possibilità di adattarsi bene e, per<br />

garantire la sopravvivenza, dovrà sacrificare alcuni dei suoi bisogni e si<br />

adatterà non tanto seguendo le sue reali potenzialità ma secondo ciò che si<br />

aspetta da se stesso di dover essere. Tutte le valutazioni <strong>delle</strong> sue azioni, le<br />

decisioni ed i comportamenti che adotterà, saranno forzati secondo quella<br />

linea. Lo stato di integrazione di questi tre livelli della personalità determina<br />

molto del comportamento (sia quello osservabile dall'esterno come le azioni,<br />

i gesti, il comportamento verbale, sia quello osservabile solo dall'interno<br />

della persona cioè i pensieri, le emozioni, etc.). Il modo con il quale una<br />

persona vede se stessa, il mondo e valuta tutto ciò varia molto a seconda di<br />

quanto essa è in contatto con i propri reali bisogni e sentimenti. Infatti se<br />

percepisce ed accetta alcune sue caratteristiche riconoscendole come proprie,<br />

ha la tendenza ad assumere come criterio di valutazione, e come punto di<br />

riferimento, proprio i valori, i sentimenti ed i bisogni che possiede, che<br />

accetta e che vuole perseguire. Se al contrario l'individuo ha una percezione<br />

distorta o parziale di se stesso, tenderà ad assumere un criterio di<br />

riferimento di tipo ideale, ossia non rispondente ai propri reali bisogni. Egli<br />

tenderà inoltre a valutare la realtà e il proprio comportamento secondo<br />

questo criterio esterno e quindi a sostituire un sistema esterno a quello<br />

proprio, che non percepisce o non accetta.<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

Funzionamento<br />

A causa del bisogno di considerazione positiva di sé, l'individuo percepisce<br />

la sua esperienza in funzione <strong>delle</strong> condizioni alle quali è giunto a<br />

sottomettersi. Percepisce in modo selettivo. Quindi succede che:<br />

- le esperienze conformi a queste condizioni sono percepite e<br />

simbolizzate correttamente alla coscienza<br />

- le esperienze contrarie a queste condizioni sono percepite in maniera<br />

selettiva; sono sia deformate, per renderle conformi a queste condizioni,<br />

che intercettate alla coscienza<br />

Dunque tutte le esperienze non sono simbolizzate correttamente <strong>nella</strong><br />

coscienza e non sono incorporate alla nozione dell'Io. È quindi in seguito alla<br />

violazione della sua funzione di "valutazione organismica" che l'individuo<br />

perde lo stato di integrazione caratteristico della sua infanzia. La nozione<br />

dell'Io comporta degli elementi deformati che non rappresentano<br />

correttamente l'esperienza, a partire dal momento in cui la valutazione della<br />

sua esperienza è condizionata.<br />

Allo stesso modo l'esperienza comporta degli elementi che non sono<br />

incorporati <strong>nella</strong> nozione dell'Io. L'individuo non è quindi più in grado di<br />

funzionare da persona perfettamente integrata e unificata. Nella sua<br />

esperienza si formano certe "fazioni" che hanno la tendenza a minacciare la<br />

struttura dell'Io che da taluni elementi esperenziali che non sono incorporati<br />

<strong>nella</strong> struttura dell'Io. La personalità viene pertanto ad essere divisa, con<br />

tutto quello che comporta questa mancanza di unità: tensioni e squilibrio<br />

funzionale. È questo che, secondo Rogers, costituisce lo stato di alienazione:<br />

l'individuo ha mancato di sincerità verso se stesso, verso il significato<br />

"organismico" della sua esperienza. Per mantenere la considerazione positiva<br />

altrui, egli ha falsificato talune esperienze vissute e si è vissuto e si è<br />

rappresentato queste esperienze con l'indice di valore che queste avevano<br />

per altre persone. Tutto ciò si è prodotto involontariamente come un<br />

processo naturale, e tragico, iniziato durante l'infanzia.<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

Il conflitto tra l'Io e l'esperienza comporta un conflitto analogo a livello del<br />

comportamento. Certi comportamenti sono conformi alla nozione dell'Io;<br />

essi mantengono, attualizzano e accrescono l'Io. Questi comportamenti sono<br />

correttamente simbolizzati <strong>nella</strong> coscienza. Altri comportamenti, invece,<br />

mirano a mantenere, ad attualizzare e a rivalutare dei settori di esperienza<br />

che non sono rappresentati <strong>nella</strong> struttura dell'Io. Questi comportamenti non<br />

vengono riconosciuti dal soggetto come riferimento all'Io, o sono deformati<br />

in modo da renderli conformi all'Io.<br />

Le esperienze che non sono conformi alla struttura dell'Io, o alle<br />

condizioni che dominano il processo di valutazione, sono riconosciute a<br />

livello della "sottocezione" come minaccianti.<br />

Se l'esperienza minacciante fosse correttamente simbolizzata, la nozione<br />

dell'Io perderebbe il suo carattere unificato, le condizioni della valutazione<br />

sarebbero violate e il bisogno di considerazione positiva di sé sarebbe<br />

frustrato. Uno stato di angoscia si impadronirebbe dell'individuo.<br />

Il processo di difesa è la reazione che vieta a questi avvenimenti<br />

perturbatori di prodursi. Il processo di difesa consiste:<br />

- Subcezione (percezione selettiva): l'individuo percepisce che c'è qualcosa<br />

che non va, ma non si rende conto di cosa.<br />

- Distorsione (deformazione dell'esperienza): il percorso rappresentativo<br />

arriva alla simbolizzazione, ma distorcendone il significato.<br />

- Intercezione (negazione): può essere sia parziale che totale; il percorso<br />

di rappresentazione non viene neanche percepito.<br />

Questo processo tende a salvaguardare lo stato di accordo tra l'esperienza<br />

totale da un lato e dall'altro la struttura dell'Io e le condizioni imposte alla<br />

valutazione.<br />

Le conseguenze generali del processo di difesa sono le seguenti: rigidità<br />

percettiva, causata dalla necessità di deformare certi dati dell'esperienza;<br />

simbolizzazione scorretta, causata dalla deformazione e dall'omissione di<br />

certi dati; assenza di discriminazione percettiva o discriminazione percettiva<br />

insufficiente.<br />

La teoria della personalità si applica a differenti gradi ad ogni individuo.<br />

- Se esiste un forte stato di disaccordo fra l'Io e l'esperienza e se questo<br />

disaccordo, in seguito a qualche esperienza critica, viene a essere<br />

svelato in modo improvviso e innegabile, il processo di difesa si rivelerà<br />

impotente.<br />

- Il soggetto prova questo stato di disaccordo a livella della sottocezione e<br />

diviene ansioso. L'intensità dell'angoscia è proporzionale alla vastità del<br />

settore dell'Io colpito dalla minaccia.<br />

- Rivelandosi impotente il processo di difesa, l'esperienza diviene correttamente<br />

simbolizzata. Sotto lo shock di questa presa di coscienza, si<br />

produce uno stato di disorganizzazione psichica.<br />

- In questo stato di disorganizzazione, l'individuo manifesta spesso un<br />

comportamento strano e instabile, determinato talora da esperienze che<br />

fanno parte della struttura dell'Io e talora da esperienze che non ne fanno<br />

parte. In taluni momenti il comportamento è determinato dall'organismo<br />

che esprime apertamente le esperienze previamente deformate o<br />

sconfessate dal processo di difesa; in altri momenti, l'Io si riprende<br />

temporaneamente e impone all'organismo un comportamento conforme<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

alla struttura dell'Io. Sotto le ,; condizioni di disorganizzazione, la tensione<br />

del conflitto fra la struttura dell'Io e le esperienze scorrettamente<br />

simbolizzate conducono ad una lotta costante che si traduce in un<br />

comportamento incongruente, instabile, analogo a quanto si indica come<br />

nozione di personalità multipla.<br />

Funzionamento ottimale della personalità<br />

Ogni individuo possiede una tendenza intrinseca ad attualizzare le<br />

potenzialità del suo organismo. L'individuo ha la capacità di rappresentarsi<br />

la sua esperienza in modo corretto e la tendenza a esercitare questa capacità;<br />

Ha la capacità di mantenere, e la tendenza a mantenere uno stato di accordo<br />

tra la nozione dell'Io e l'esperienza. Questo si esprime <strong>nella</strong> misura in cui:<br />

- il soggetto prova considerazione positiva incondizionate di persone<br />

criterio.<br />

- questa considerazione positiva incondizionata si rivela al soggetto<br />

nell'ambito di una relazione <strong>nella</strong> quale egli si sente compreso in modo<br />

empatico.<br />

Quando sono realizzate al massimo queste condizioni l'individuo funziona<br />

pienamente. Ed è:<br />

- aperto alla sua esperienza. Non manifesta comportamenti difensivi,<br />

- di conseguenza, tutte le sue esperienze sono accessibili alla coscienza,<br />

- le sue percezioni sono corrette quanto lo permettono i dati della sua<br />

esperienza,<br />

- la struttura dell'Io si accorda con l'esperienza,<br />

- la struttura dell'Io e una Gestalt, o una configurazione, "fluida" che si<br />

modifica con elasticità nel corso del processo di assimilazione di nuove<br />

esperienze,<br />

- il soggetto si percepisce come il centro della valutazione della sua<br />

esperienza. Il processo di valutazione è continuo ed organismico,<br />

- il processo di valutazione non è subordinato a condizioni esterne. Il<br />

soggetto prova un sentimento di considerazione positiva incondizionata<br />

verso se stesso,<br />

- si comporta in ogni occasione in modo adattivo e manifesta un<br />

atteggiamento creativo verso ogni situazione,<br />

- scopre che la sua capacità di valutazione autonoma, "organismica",<br />

rappresenta una fonte di direzione degna di fiducia e capace di guidarlo<br />

verso forme di comportamento generatrici di soddisfazione; ciò in<br />

rapporto al fatto che:<br />

1. tutti i dati dell'esperienza sono accessibili alla coscienza;<br />

2. nessuna dato di esperienza è sconfessato o deformato;<br />

3. le conseguenze del comportamento sono accessibili alla coscienza;<br />

4. gli errori commessi nel perseguire il massimo di soddisfazione, errori<br />

dovuti all'insufficienza di dati esperienziali, saranno corretti dalla<br />

verifica della realtà.<br />

- dato il carattere affettivamente rimuneratore della considerazione<br />

positiva reciproca, questo individuo vive con altri <strong>nella</strong> migliore<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

armonia.<br />

La personalità che funziona pienamente è una personalità in continuo<br />

stato fluido, una personalità costantemente mutevole i cui comportamenti<br />

specifici non si prestano a previsione. La sola previsione che potrebbe essere<br />

ammessa circa il suo comportamento, è che manifesterà in ogni occasione un<br />

grado di adattamento creativo perfetto e che questo individuo si impegnerà<br />

in un continuo processo di attualizzazione.<br />

Gli scambi comunicativi che un bambino che inizia a balbettare ha con le<br />

figure significative, rivestono un'enorme importanza per il prosieguo dello<br />

sviluppo del concetto di sé. I genitori del bambino che balbetta, ad un certo<br />

punto dell'evoluzione psico-linguistica del loro figlio, si trovano a dover fare<br />

i conti con qualcosa che non si aspettavano. Infatti il loro bambino non ha un<br />

parlare fluente, sciolto e comunicativo come si sarebbero aspettati, ma il suo<br />

modo di incedere nell'eloquio ri<strong>sul</strong>ta essere sempre più stentato,<br />

frammentario e altamente disflunte. Questo crea nei genitori una forte<br />

preoccupazione per ciò che sta accadendo al figlio e inconsapevolmente<br />

mostrano questo loro malessere sia attraverso un comportamento non<br />

verbale come potrebbe essere guardare in modo strano il figlio nel momento<br />

di <strong>balbuzie</strong>, distogliere lo sguardo durante la disfluenza, sia verbalmente<br />

dicendo "stai calmo", "ripeti", "respira", finendogli le parole...<br />

Dato che il concetto di sé si forma attraverso tutti quegli elementi che<br />

definiscono l'identità del soggetto, come le preposizioni che danno<br />

informazioni <strong>sul</strong> suo<br />

modo di percepire se stesso, le interazioni con la realtà che lo circonda e le<br />

relazioni tra se e gli altri, il bambino in questo modo si rende conto che c'è<br />

qualcosa in lui che non va.<br />

II concetto di sé si forma nell'infanzia e ruota attorno al bisogno<br />

psicologico e fondamentale del bambino di "accettazione positiva<br />

incondizionata" e il formarsi di un concetto di sé ben funzionante o meno<br />

dipende da questo bisogno.<br />

Il bambino che vive un'esperienza di accettazione positiva incondizionata<br />

<strong>nella</strong> sua relazione con le figure criterio, svilupperà un concetto di sé<br />

coerente con la propria esperienza e che deriva da un "locus of evaluation<br />

interno"; se, viceversa, l'accettazione positiva è legata alla presenza di<br />

particolari caratteristiche, il bambino privilegiando per natura il<br />

soddisfacimento del bisogno, introietterà la valutazione che lo condiziona<br />

arrivando alla formazione di un concetto di sé basato su di un "locus of<br />

evaluation esterno". Il concetto di sé sarà pertanto distante dall'esperienza<br />

ed estremamente rigido.<br />

Una volta formato il concetto di sé va salvaguardato in ogni caso, sia che<br />

ri<strong>sul</strong>ti funzionale e flessibile e quindi basato su un "locus of evaluation<br />

interno "; sia che si trovi ad essere rigido e condizionato (locus of evaluation<br />

esterno).<br />

Succede spesso che gradualmente il bambino che balbetta comincia a non<br />

sentirsi più accettato quando balbetta. Viene così a crearsi nel <strong>balbuzie</strong>nte<br />

una contraddizione: si percepisce in modo positivo e accettabile quando non<br />

balbetta e in modo negativo e inaccettabile quando balbetta.<br />

In questo modo, le distanze tra il sé reale, il sé percepito e il sé ideale si<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

fanno sempre più grandi e questo fa si che la persona che balbetta si senta<br />

sempre più inadeguata, tanto che spesso, esperienze normali rappresentano<br />

una minaccia potenziale alla sua sopravvivenza.<br />

A volte può capitare che la persona che balbetta incominci ad evitare le<br />

situazioni in cui sa che potrebbe balbettare e cercherà di parlare nelle<br />

situazioni considerate da lui più facili.<br />

Tra i molti sentimenti che si possono riscontrare tra le persone che<br />

balbettano, alcuni sembrano essere più ricorrenti:<br />

Ansia: legata alla paura che in quella determinata situazione potrebbe<br />

emergere la <strong>balbuzie</strong>. Questo fa si che in chi balbetta ci sia spesso una forte<br />

ansia da prestazione prima dell'evento verbale.<br />

Vergogna: la <strong>balbuzie</strong> ri<strong>sul</strong>ta essere incoerente con il concetto che la<br />

persona ha di sé, l'immagine di sé si rompe all'improvviso determinando<br />

inevitabilmente l'esperienza della vergogna. La compromissione della propria<br />

immagine fa si che la persona che balbetta si senta profondamente sbagliato,<br />

inadeguato soprattutto quando balbetta. Questo è collegato al timore di<br />

essere giudicati negativamente dall'ascoltatore, fino a ritenere che<br />

l'ascoltatore stesso giudichi la persona che balbetta come un handicappato,<br />

uno stupido o una persona con problemi...<br />

Frustrazione: esperita dopo l'evento di <strong>balbuzie</strong>, in quanto si ha la netta<br />

sensazione di non essere in grado di controllare minimamente le proprie<br />

parole e la comunicazione. Ciò che per gli altri ri<strong>sul</strong>ta essere una <strong>delle</strong> cose<br />

più semplici e facili al mondo, il parlare appunto, per la persona che balbetta<br />

diventa un incubo e da affrontare ogni giorno per giunta! La <strong>balbuzie</strong> prende<br />

il controllo e il <strong>balbuzie</strong>nte è in balia di essa.<br />

Il lavoro con la persona che balbetta è al confine tra la psicologia e la<br />

logopedia. Non è prerogativa né solo dello psicologo né solo del logopedista.<br />

Negli ultimi anni le terapie più efficaci vanno tutte in questa direzione e cioè<br />

in una interconnessione tra lavoro psicologico e lavoro logopedico. Questo<br />

significa che affinché la <strong>terapia</strong> con i <strong>balbuzie</strong>nti sia il più efficace possibile è<br />

importante che ci sia un lavoro integrato tra psicologi e logopedisti, oppure<br />

che gli psicologi abbiano determinate conoscenze <strong>sul</strong> lavoro logopedico con i<br />

<strong>balbuzie</strong>nti o i logopedisti una formazione adeguata in counseling. Fino a<br />

qualche anno fa credevo che il lavoro psicologico più utilizzato <strong>nella</strong> <strong>terapia</strong><br />

con i <strong>balbuzie</strong>nti fosse di tipo cognitivo-comportamentale, ma devo dire che<br />

approfondendo i miei studi e le mie conoscenze <strong>sul</strong>la <strong>terapia</strong> della <strong>balbuzie</strong><br />

mi sono resa sempre più conto che all'estero un numero sempre maggiore di<br />

professionisti nel settore utilizza la <strong>terapia</strong> rogersiana con i <strong>balbuzie</strong>nti.<br />

Charles Van Riper nel suo libro "The treatment of stuttering" (1973) parla<br />

dell'approccio rogersiano <strong>nella</strong> <strong>terapia</strong> della <strong>balbuzie</strong>. Egli dice che il fatto<br />

che C. Rogers abbia presentato, nel suo primo libro per illustrare la sua<br />

<strong>terapia</strong> non direttiva, il caso di un <strong>balbuzie</strong>nte (sebbene con tanti altri<br />

problemi) probabilmente spiega l'influenza che egli ha avuto nel campo della<br />

patologia del linguaggio. Egli sottolinea come la <strong>terapia</strong> rogersiana è stata<br />

anche una svolta perché ha dimostrato che la psico<strong>terapia</strong> non era solo una<br />

prerogativa della psichiatria. Fare counseling è così diventato possibile per<br />

psicologi e logopedisti qualificati per aiutare tanti clienti che altrimenti<br />

avrebbero dovuto far ricorso agli psichiatri; questo ha incoraggiato tanti<br />

logopedisti a esplorare e usare questo tipo di <strong>terapia</strong> con i <strong>balbuzie</strong>nti.<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

Gregory , una terapista della <strong>balbuzie</strong> americana, mette in evidenza come<br />

nel loro lavoro sui sentimenti con adulti con una bassa stima di sé, sia<br />

Rogers che Kohut hanno dimostrato che per confermare il nostro senso del<br />

SÉ e per capire chi siamo veramente, abbiamo bisogno di stare in una<br />

relazione significativa con il <strong>cliente</strong>. Rogers e Kohut hanno cambiato i loro<br />

campi della psicologia e della psichiatria in tre importanti modalità:<br />

1. attraverso la loro definizione del concetto di sé - il senso del SE', è<br />

considerato l'elemento centrale coesivo <strong>nella</strong> personalità e il primo<br />

fattore più importante in ogni cambiamento del comportamento,<br />

2. attraverso la loro enfasi <strong>sul</strong> fatto che un adeguato livello di<br />

comprensione empatica da parte dei genitori è necessario per lo<br />

sviluppo normale dell'autostima del bambino,<br />

3. in particolare, per il trattamento della <strong>balbuzie</strong>, la loro enfasi <strong>sul</strong> fatto<br />

che un alto livello di comprensione empatica del terapista è necessaria<br />

per la ricostruzione dell'autostima e del concetto di SE', principalmente<br />

con gli adolescenti e adulti, per i quali la vergogna e l'imbarazzo stati un<br />

fattore significativo.<br />

Gregory 1 sottolinea come variamo tutti su un continuum da un giorno<br />

all'altro, da una posizione di potenza emozionale e di locus of control<br />

interno, dove ci sentiamo un potere personale e una creatività e pronti<br />

all'azione, a sentirsi giù di morale, pessimisti, frammentati e deboli. Ci<br />

sentiamo tutti così ogni tanto, questo ha veramente un effetto <strong>sul</strong>la nostra<br />

coordinazione, <strong>sul</strong> nostro modo di vestire, nell'espressione del nostro viso<br />

ecc. Se il clinico si sente così ogni tanto, può essere molto sensibile a uno<br />

stato depressivo di un <strong>cliente</strong>. Quando si parla di alzare l'autostima, questo<br />

viene fatto attraverso l'uscita da uno stato di impotenza e di depressione. La<br />

funzione del counselor con i clienti <strong>balbuzie</strong>nti, secondo C. Gregory, è di<br />

rispecchiare, calmare, ascoltare empaticamente come alter ego, anche se stiamo<br />

lavorando su parole, frasi, descrizioni semplici, chiamate telefoniche, giri<br />

in un centro commerciale o discorsi. Si può essere meno autoritari e più<br />

empatici indipendentemente dall'attività <strong>sul</strong> parlato. Si può sempre chiedere<br />

al <strong>cliente</strong>, "come si sente rispetto a quello che stiamo facendo?"<br />

Nella sua <strong>terapia</strong> con i <strong>balbuzie</strong>nti, Carolyn Gregory evidenzia come sia<br />

importante un terapista empatico che si mette immaginativamente al centro<br />

del mondo interno del <strong>cliente</strong> tentando di rispecchiare quello che lui sente<br />

che il <strong>cliente</strong> dice. "Questo significa - dice Rogers - vivere in modo<br />

temporaneo la vita di qualcun altro e spostarsi delicatamente senza dare<br />

giudizi, senza avere paura <strong>delle</strong> cose che fanno paura al <strong>cliente</strong> e di verificare<br />

con il <strong>cliente</strong> che le sensazioni siano giuste. (Rogers 1951, p.142)". Un modo<br />

di avanzare per tentativi, con frasi come "potrebbe essere che", "forse",<br />

"possibilmente", usando un linguaggio suggestivo, conferisce potere al <strong>cliente</strong><br />

per risolvere il suo problema e farsi carico della sua vita. Il <strong>cliente</strong> è visto<br />

come la più accurata fonte di informazione, è quello che prende la decisione<br />

1 Private Practice, Evaston, Illinois, USA.<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

finale. Carolin sostiene che <strong>nella</strong> <strong>terapia</strong> con le persone che balbettano è<br />

importante che il terapeuta rifletta i sentimenti dei clienti, registrando i<br />

colloqui come Rogers per primo ha dimostrato, e valutando le risposte una<br />

per una. Così si può capire se si è stati autoritari o si è cambiato l'argomento,<br />

facendo una domanda. Questo è utile per imparare a seguire la guida del<br />

<strong>cliente</strong> in modo più intuitivo. I clienti che balbettano hanno bisogno di<br />

qualcuno che sia veramente contento di stare con loro, che dimostri piacere<br />

sia per quello che sono che per il coraggio con cui stanno risolvendo il loro<br />

problema. Loro hanno bisogno di qualcuno che li incoraggi<br />

entusiasticamente. Secondariamente, loro hanno bisogno di imparare<br />

dall'esperienza come calmarsi quando stanno balbettando, o quando stanno<br />

affrontando una situazione difficile. Questo può avvenire non dimostrando<br />

paura della loro peggior <strong>balbuzie</strong>, lasciandoli parlare e balbettare mentre si<br />

ascolta pazientemente con un'espressione accettante <strong>sul</strong> volto. La maggior<br />

parte <strong>delle</strong> persone che balbettano si lamentano <strong>delle</strong> espressioni facciali<br />

degli ascoltatori quando stanno parlando. Nasce quindi la necessità di<br />

lavorare con i genitori, i fratelli e i coniugi dei <strong>balbuzie</strong>nti per migliorare le<br />

abilità di ascolto nei confronti dei clienti. Specialmente all'inizio della <strong>terapia</strong>,<br />

una <strong>delle</strong> cose più importanti è l'ascolto empatico e accettare con tranquillità<br />

le peggiori paure e la più grave <strong>balbuzie</strong> del <strong>balbuzie</strong>nte. "Se il mio terapista<br />

può accettare questo con un'espressione tranquilla <strong>nella</strong> sua faccia, la visione<br />

che ho di me non dovrebbe essere così negativa. Forse c'è speranza dopo<br />

tutto". Non appena la tensione si abbassa, e il <strong>cliente</strong> sta raggiungendo<br />

qualche successo, e il momento di rafforzare per confortare, supportare<br />

entusiasticamente e lodare. Tuttavia, non si deve solamente lodare la fluenza,<br />

ma anche la disponibilità ad essere non fluente fuori nelle situazioni esterne.<br />

Infatti una <strong>delle</strong> cose più significative per gli adolescenti che balbettano è la<br />

disponibilità del terapeuta di balbettare liberamente e senza vergogna in<br />

pubblico. Il modello della conferma di sé (Andrews, 1991), dimostra che<br />

possiamo lavorare con un <strong>cliente</strong> al livello della motivazione perché lui/lei è<br />

appena entrato in <strong>terapia</strong>, definendo gli obiettivi, ecc., o potremmo lavorare<br />

al livello del comportamento in cui il <strong>cliente</strong> potrebbe studiare la sua<br />

<strong>balbuzie</strong> o esercitarsi su un attacco morbido di parole o frasi. Al livello di<br />

trasferire le abilità acquisite durante la <strong>terapia</strong> fuori dal setting, il terapista<br />

potrebbe riprodurre la <strong>balbuzie</strong> del <strong>cliente</strong> senza vergogna o parlare in modo<br />

più morbido, infondendogli coraggio, sempre mantenendo un alto livello di<br />

empatia. A livello della percezione <strong>delle</strong> risposta degli altri, i clienti spesso<br />

esprimono forti sentimenti rispetto alle espressioni facciali o all'impazienza<br />

dell'ascoltatore. Quando il <strong>cliente</strong> comincia ad accettare i suoi sentimenti e<br />

ad accettare un parlato non sempre perfetto, il concetto di sé sarà migliorato.<br />

Spesso avviene che quando il <strong>cliente</strong> si accetta sempre di più come<br />

<strong>balbuzie</strong>nte, questo porta ad un nuovo miglioramento nel comportamento<br />

verbale e a pianificare obiettivi più alti.<br />

Questo tipo di metodologia che andrò ad esporre è stata elaborata da Isis<br />

Meira 2 . Il Metodo Integrato Esistenziale segue i presupposti <strong>delle</strong> scienze<br />

2 Psicologa Clinica e Fonoaudiologa, dal 1982 è docente di tecniche e metodi fonoaudiologici nei disturbi della<br />

fluenza presso la Facoltà di Fonoaudiologia dell'Università di Cattolica di San Paolo, Brasile; specializzata in<br />

Balbuzie presso la Northwestern University, Chicago, nonché in Kinesiologia (approccio corporeo) presso la Sedes<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

umane, della fenomenologia e della psicologia esistenziale. Si allontana dalle<br />

classiche terapie della <strong>balbuzie</strong> che si basavano su liste di comportamenti<br />

caratteristici dei <strong>balbuzie</strong>nti, liste su cosa i genitori dovevano fare o no in<br />

relazione alla <strong>balbuzie</strong> dei loro figli, modelli di anamnesi con grandi liste di<br />

domande, modelli di valutazione nei quali la quantificazione era il più<br />

grande valore, uso di tecniche di modellamento della fluenza o di<br />

modificazione della <strong>balbuzie</strong> e ancora ricerca della causa della <strong>balbuzie</strong>. Isis<br />

Meira ha così abbandonato tutte le credenze e ha adottato una lettura critica<br />

della letteratura e dei fatti, usando il sentire e lavorando <strong>sul</strong>la soggettività.<br />

Secondo il metodo esistenziale integrato, si è quindi cominciato a scoprire<br />

che cosa costituisce la <strong>balbuzie</strong>, a vedere e sentire come questa si forma in<br />

ogni <strong>balbuzie</strong>nte, a capire che lavorare con il <strong>balbuzie</strong>nte e con la <strong>balbuzie</strong><br />

sono cose diverse, che presuppongono approcci diversi e devono essere lavorati<br />

in momenti diversi della <strong>terapia</strong>. Inoltre, seguendo quest'ottica, il<br />

<strong>balbuzie</strong>nte e la <strong>balbuzie</strong> appartengono alla stessa totalità e devono essere<br />

integrati e non divisi. Il <strong>balbuzie</strong>nte frequentemente vede la <strong>balbuzie</strong> in<br />

modo dicotomico, perciò diventa molto importante lavorare per superare<br />

questa dicotomia e integrare le due anime della <strong>balbuzie</strong>: <strong>balbuzie</strong>nte e<br />

<strong>balbuzie</strong> appunto. La <strong>terapia</strong> della <strong>balbuzie</strong> si basa <strong>sul</strong>l'esperienza vissuta<br />

direttamente ed in modo immediato dal <strong>balbuzie</strong>nte. Non ci si concentra<br />

<strong>sul</strong>la causa del problema, ma su che cos'è la <strong>balbuzie</strong> per quella data<br />

persona. È molto importante per il terapeuta l'esperienza diretta, il contatto<br />

diretto con il <strong>balbuzie</strong>nte e vedere come la <strong>balbuzie</strong> si presenta in quel soggetto.<br />

La <strong>balbuzie</strong> è individuale e personale, ognuno forma la propria. C'è<br />

una <strong>balbuzie</strong> originaria, che probabilmente è genetica (ormai la maggior<br />

parte degli studi portano verso questa ipotesi) e attorno c'è la <strong>balbuzie</strong><br />

costruita. Nella <strong>terapia</strong> si lavora <strong>sul</strong>la <strong>balbuzie</strong> costruita e si cerca di arrivare<br />

alla <strong>balbuzie</strong> originaria. La <strong>balbuzie</strong> costruita è quella che viene vissuta e<br />

sentita: ogni <strong>balbuzie</strong>nte forma la sua <strong>balbuzie</strong> nel suo corpo. I sentimenti<br />

del <strong>balbuzie</strong>nte alterano la <strong>balbuzie</strong>, così come la <strong>balbuzie</strong> altera i sentimenti<br />

del <strong>balbuzie</strong>nte, dato che esiste un intimo rapporto tra le tensioni muscolari,<br />

le tensioni viscerali e le emozioni (negative o positive che siano). Quindi è<br />

necessario capire come ogni <strong>balbuzie</strong>nte funziona dal punto di vista<br />

muscolare, sensoriale, immaginativo ed emozionale. Il modello di coscienza<br />

che il <strong>balbuzie</strong>nte ha della sua <strong>balbuzie</strong> di solito è molto superficiale, resta<br />

nel piano del concreto; abitualmente lui percepisce soltanto i comportamenti<br />

più severi. Sviluppare la coscienza della <strong>balbuzie</strong> (cioè la capacità di<br />

percepire e sentire) è uno degli obiettivi della <strong>terapia</strong>.<br />

Nella <strong>terapia</strong> della <strong>balbuzie</strong> quindi il <strong>balbuzie</strong>nte e la <strong>balbuzie</strong> acquistano<br />

pari importanza. La <strong>terapia</strong> si adatta alle esigenze del <strong>cliente</strong>: ci sono<br />

momenti in cui ci si concentra <strong>sul</strong>le esperienze vissute e sui sentimenti<br />

presenti in quel momento, e momenti in cui si aiuta il <strong>cliente</strong> ad individuare<br />

<strong>delle</strong> tecniche che possono essergli utili a migliorare la propria fluenza. È<br />

importante sottolineare che questo è un lavoro il cui approccio è<br />

Sapientiae di San Paolo; socia fondatrice in Brasile dell'Ordine dei Fonoaudiologi; fondatrice e presidente del<br />

Comitato Brasiliano per i Disturbi della Fluenza; membro del Consiglio per la Ricerca della Pontificia Università<br />

Cattolica di San Paolo; membro dell'IFA (International Fluency Association).<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

l'integrazione fisico - psichica; quindi si lavora <strong>sul</strong>l'integrazione <strong>balbuzie</strong> -<br />

<strong>balbuzie</strong>nte, tensione - emozione, mente - corpo.<br />

FOCUS SUL BALBUZIENTE -» quando l'attenzione è <strong>sul</strong> <strong>balbuzie</strong>nte i<br />

principali obiettivi che ci si prefigge sono quelli di aiutarlo nel:<br />

- ampliamento del livello di coscienza <strong>delle</strong> sue emozioni, del suo modo di<br />

vedere la <strong>balbuzie</strong> e dei suoi sentimenti e atteggiamenti riguardo la<br />

<strong>balbuzie</strong>,<br />

- prendere contatto con i dati di realtà, lavorando sui suoi costrutti<br />

riguardo alla <strong>balbuzie</strong>,<br />

- conoscere i suoi limiti e possibilità e prendere coscienza del suo<br />

potenziale,<br />

- rivolgere la sua coscienza su se stesso e <strong>sul</strong>la propria <strong>balbuzie</strong>,<br />

cambiando così la sua attenzione che di solito è focalizzata sugli altri,<br />

- gestire la sua angoscia, paura, insicurezza o qualsiasi sentimento che<br />

emerga e aumenti la <strong>balbuzie</strong>,<br />

- capire gli atteggiamenti e reazioni dell'altro riguardo alla sua <strong>balbuzie</strong> e<br />

reagire ad essi in modo adeguato.<br />

FOCUS SULLA BALBUZIE -+ quando l'attenzione si sposta <strong>sul</strong>la <strong>balbuzie</strong> 3<br />

sono gli obiettivi principali:<br />

- ampliamento del livello di coscienza del proprio corpo e del proprio<br />

modo di parlare,<br />

- cambiamento verso un tono più equilibrato della muscolatura<br />

interessata <strong>nella</strong> propria <strong>balbuzie</strong>,<br />

- inibire le abitudini muscolari che costituiscono la <strong>balbuzie</strong> e stimolare<br />

nuove abitudini, proprie di un parlare fluente.<br />

Il terapeuta<br />

II terapeuta deve approcciarsi alla <strong>terapia</strong> senza giudizi, senza distrazioni,<br />

vivendo il momento. Il terapeuta non è quel che sa e il <strong>cliente</strong> colui che<br />

impara. Nel rapporto terapeutico entrambi inseguono cammini paralleli,<br />

entrambi fanno scoperte, entrambi crescono. Il terapeuta aiuta il paziente a<br />

scoprire la sua strada. Lo aiuta a relazionarsi con le difficoltà, ad individuare<br />

i suoi traguardi e a percorrere la sua strada con disciplina e persistenza. Non<br />

esiste il miracolo nel trattamento della <strong>balbuzie</strong>, non esiste la parola magica,<br />

non esiste una tecnica che quando usata risolve tutti i problemi, ma esiste la<br />

possibilità di un lavoro serio, disciplinato, che aiuti il <strong>cliente</strong> <strong>balbuzie</strong>nte a<br />

sviluppare la coscienza della sua <strong>balbuzie</strong> e <strong>delle</strong> sue emozioni e<br />

atteggiamenti e a lavorare sui cambiamenti necessari perché la sua pronuncia<br />

diventi fluente e si mantenga tale. Il <strong>balbuzie</strong>nte ha bisogno di sentire che il<br />

terapeuta è sinceramente interessato a lui e al suo caso, egli ha bisogno di<br />

sentire che non è solo con il suo problema.<br />

Per assumere con efficienza il suo ruolo, il terapeuta deve sviluppare <strong>delle</strong><br />

abilità che sono fondamentali per ottenere i suoi obiettivi, questi sono:.<br />

- ACCETTARE in modo incondizionato il <strong>cliente</strong> ed avere una condizione<br />

di apertura verso i suoi cambiamenti<br />

- RISPETTARE il mondo del <strong>cliente</strong>, i suoi valori, le sue decisioni, il punto<br />

nel quale egli si trova. Dimostrare questo rispetto anche per<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

l'attenzione, l'interesse e la cura<br />

- ESSERE EMPATICO, ossia saper capire i valori del <strong>cliente</strong>, senza<br />

confonderli con i propri valori, vedere il mondo nell'ottica dell'altro e<br />

capirlo<br />

- ESSERE AUTENTICO<br />

- OSSERVARE quello che è oggettivo e quello che è soggettivo. Osservare<br />

le posture, il tono di voce, il ritmo, l'espressioni, i sentimenti, quello che<br />

è chiaramente espresso e quello che è soltanto suggerito.<br />

Altre abilità importanti che il terapeuta deve avere sono: flessibilità,<br />

congruenza, apertura, spontaneità. È anche importante che il terapeuta riesca<br />

a mantenere questa interazione e che non ci sia dispersione o deviazione<br />

degli obiettivi. Gli atteggiamenti, l'abilità del terapeuta e la maniera in cui lui<br />

conduce il processo portano il <strong>cliente</strong> a fidarsi e a sentirsi a suo agio. Questo<br />

fa si che il <strong>cliente</strong> possa esprimere le sue paure e i suoi desideri con apertura<br />

e spontaneità, che rifletta e capisca il punto in cui è arrivato e si motivi al<br />

cambiamento. Il terapeuta permette al <strong>cliente</strong> di parlare liberamente del suo<br />

problema e portare informazioni che ritiene importanti. Privilegia gli aspetti<br />

soggettivi aggiungendo i contenuti non detti alla sua coscienza. Interviene<br />

solo il necessario per mantenere il <strong>cliente</strong> attivo, motivato, per portarlo,<br />

quando necessario, a un approfondimento <strong>delle</strong> questioni considerate<br />

importanti dal terapeuta. Generalmente, invece di domande pronte, dirette, il<br />

terapeuta ha in mente interrogazioni che in forma graduale e spontanea<br />

devono essere chiarite durante il processo. Queste risposte sono<br />

frequentemente prese dal terapeuta e non sono conseguenze di domande<br />

fatte direttamente. Alcune di queste interrogazioni sorgono nel dialogo, dalla<br />

conoscenza che gradualmente si forma <strong>sul</strong> paziente. Le domande e i cui<br />

contenuti che non sono stati espressi liberamente dal paziente e che sono<br />

assolutamente necessari per la comprensione del caso, vengono fatte, ma<br />

devono essere aperte , in modo da produrre ampie risposte e sono sempre<br />

realizzate una alla volta. Sin dal primo contatto il terapeuta mantiene il suo<br />

interesse diretto a tutto quello che possa portargli conoscenza del <strong>cliente</strong> e<br />

del suo problema. Il terapeuta che si mostra esprimendo i suoi sentimenti di<br />

accettazione, comprensione favorisce il successo del processo terapeutico. Il<br />

grande contributo del tipo di atteggiamento qui esplorato è la possibilità che<br />

il terapeuta ha di entrare nel mondo del paziente libero da pregiudizi, libero<br />

dai dati previamente determinati riguardo una patologia. L'adozione della<br />

metodologia secondo il metodo integrato ha portato ri<strong>sul</strong>tati<br />

sorprendentemente positivi <strong>nella</strong> <strong>terapia</strong> della <strong>balbuzie</strong>. Si è costatato, infatti,<br />

che i <strong>balbuzie</strong>nti crescono come persone e cambiano non solo la loro<br />

<strong>balbuzie</strong>, ma anche la loro vita. Adottano il nuovo paradigma acquisito<br />

attraverso la <strong>terapia</strong>, che gli permette di avere un altro sguardo su se stessi e<br />

sugli altri, acquisendo comprensione e chiarezza sui loro problemi e <strong>sul</strong><br />

cammino adeguato per i cambiamenti. Cominciano ad assumere le<br />

responsabilità e cambiano l'atteggiamento di clienti "passivi", che arrivano<br />

con la speranza di essere guariti dal terapeuta, con un atteggiamento frontale:<br />

"scendendo in campo" per attuare il proprio cambiamento. Le riflessioni<br />

e le esperienze vissute nelle sedute terapeutiche gli danno il sostegno per la<br />

continuità del lavoro nel quotidiano.<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

La <strong>terapia</strong> di gruppo con adulti <strong>balbuzie</strong>nti<br />

Da quattro anni oramai collaboro con il Centro Punto Parola. Il centro<br />

lavora soprattutto con i gruppi di persone che balbettano. Si tratta di gruppi<br />

formati da persone <strong>balbuzie</strong>nti, che non presentano patologie psicologiche<br />

gravi (gravi ritardi cognitivi, disturbi psichiatrici...) oltre alla <strong>balbuzie</strong>.<br />

Abbiamo scelto, per quanto è possibile, di lavorare in gruppo perché<br />

l'esperienza del gruppo ci è parsa particolarmente efficace in quanto:<br />

1. Fornisce informazioni <strong>sul</strong>la salute mentale<br />

2. Favorisce la promozione della speranza<br />

3. Consente di visualizzare che i propri problemi sono simili a quelli degli<br />

altri (universalità)<br />

4. Consente di dare supporto e di essere di aiuto agli altri (altruismo)<br />

5. Consente di sperimentare esperienze emozionali correttive<br />

6. Sviluppa la capacità di socializzazione<br />

7. Aiuta ad individuare comportamenti e modelli da cui trarre ispirazione<br />

8. Sollecita l'apprendimento <strong>delle</strong> tematiche interpersonali<br />

9. Sviluppa la percezione della coesione di gruppo<br />

10. Favorisce la catarsi<br />

Informazioni <strong>sul</strong>la salute mentale<br />

- Il gruppo aiuta ad uscire dall'incongruenza e dall'incertezza.<br />

- Da senso di controllo.<br />

- Favorisce la ristrutturazione cognitiva.<br />

- Fornisce utili informazioni circa la nuova cultura della <strong>terapia</strong> di<br />

gruppo. Promuove la speranza<br />

- La speranza è di per sé un fattore curativo.<br />

- È un fattore cruciale per la motivazione.<br />

- Permette di rimanere in <strong>terapia</strong> così che gli altri fattori possano avere<br />

effetto.<br />

- Aiuta a sopportare le difficoltà e le paure del cambiamento.<br />

Universalità<br />

- Favorisce la ristrutturazione cognitiva e la percezione del sé.<br />

- Influenza i livelli di autostima.<br />

- Le persone spesso soffrono in solitudine e pensano che solo loro hanno<br />

"quel tipo di problema". Altruismo<br />

- I membri del gruppo si aiutano a vicenda.<br />

- La realizzazione che si ha qualcosa da offrire ad un'altra persona<br />

cambia la<br />

percezione del sé, fa crescere i livelli di autostima e la fiducia negli altri.<br />

Rivivere l'esperienza della famiglia di origine<br />

- Può rappresentare una importante esperienza emozionale correttiva<br />

<strong>delle</strong> relazioni vissute e congelate <strong>nella</strong> famiglia di origine: i<br />

comportamenti stereotipati emergono, possono essere messi in<br />

discussione e nuovi comportamenti più funzionali possono essere<br />

esplorati.<br />

Sviluppo <strong>delle</strong> capacità di socializzazione (social skills)<br />

- Grazie al feedback degli altri possono essere identificati i<br />

comportamenti sociali maladattivi e sviluppare comportamenti efficaci.<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

Avere modelli comportamentali da cui trarre ispirazione<br />

- Il gruppo aiuta a vedere come altri si gestiscono le varie situazioni.<br />

- È possibile sbloccarsi o sperimentare nuovi comportamenti.<br />

- "Quando qualcun altro lavora su di un problema ci lavoro anch'io".<br />

Apprendimento interpersonale<br />

- La nostra personalità è costruita dalle nostre relazioni interpersonali.<br />

- Abbiamo bisogno degli altri e della loro accettazione.<br />

- Il gruppo offre un microcosmo sociale dove dopo un certo periodo i<br />

partecipanti si comportano come <strong>nella</strong> vita di tutti i giorni: e quindi<br />

possono emergere i loro comportamenti interpersonali disfunzionali<br />

come pure le loro qualità. Il feed-back onesto del gruppo permette di<br />

prendere coscienza della propria funzionalità.<br />

- Il clima del gruppo incoraggia l'esplorazione di nuovi comportamenti e<br />

favorisce l'acquisizione di insight sui perché e come e <strong>sul</strong>le alternative<br />

comportamentali mediante esperienze emozionali correttive.<br />

Coesività del gruppo<br />

- Il gruppo offre supporto, accettazione, comprensione ai membri, a patto<br />

che rispettino le norme.<br />

- Norme (esempi): confidenzialità, rispetto, attenzione, ascolto, sincerità<br />

di condivisione, onestà nei feed-back, disponibilità a mettersi in<br />

discussione, voglia di crescere.<br />

- Condividere i vissuti personali cementa la relazione e ne rivaluta il<br />

significato.<br />

- La coesività del gruppo è simile all'alleanza terapeutica che si instaura<br />

tra il singolo <strong>cliente</strong> e il terapeuta.<br />

Catarsi<br />

- L'espressione di forti emozioni è soprattutto utile se accompagnata da<br />

altre implicazioni interpersonali.<br />

- Favorisce la coesione tra i membri del gruppo.<br />

- Favorisce l'apprendimento interpersonale ed è parte della esperienza<br />

emozionale correttiva.<br />

Gli obiettivi che ci poniamo in questo tipo di <strong>terapia</strong> sono: facilitare una<br />

modificazione efficace del comportamento verbale in sintonia con la persona;<br />

far si che si riduca la distanza fra il sé <strong>balbuzie</strong>nte e il sé fluente in modo che<br />

queste due parti vadano verso l'integrazione e portino col tempo ad una<br />

maggiore accettazione di sé; aumentare l'autoconsapevolezza e<br />

l'autoefficacia della persona in riferimento alla sua <strong>balbuzie</strong>.<br />

Il percorso terapeutico di gruppo che proponiamo è composto<br />

essenzialmente di tre parti:<br />

- primi dieci giorni: i componenti del gruppo iniziano a conoscere e a<br />

modificare sempre meglio la propria <strong>balbuzie</strong>, i comportamenti verbali e<br />

non verbali, funzionali e non funzionali messi in atto negli anni per far<br />

fronte ad essa, quali sono i loro pensieri e sentimenti in riferimento ad<br />

essa e soprattutto, per la prima volta <strong>nella</strong> loro vita, si trovano a<br />

condividere tutto questo con altre persone che vivono lo stesso<br />

problema.<br />

(dopo circa un mese) altri 5 giorni: il percorso continua, condividendo le<br />

esperienze fatte <strong>nella</strong> quotidianità, le difficoltà incontrate e i successi<br />

ottenuti, elaborando i vissuti sia per quanto riguarda la <strong>balbuzie</strong> che per<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

la persona che balbetta e che sta cercando di modificare il proprio modo<br />

di parlare e di essere nel mondo. Vengono aiutati a fissare altri obiettivi<br />

che li porteranno col tempo, ad essere buoni comunicatori sia nei<br />

momenti, che ancora ci saranno, di <strong>balbuzie</strong> che in quelli senza.<br />

l'ultima parte è quella così detta del mantenimento, in cui ci si incontra,<br />

individualmente o in gruppo (la modalità viene decisa solitamente con le<br />

persone che costituiscono il gruppo) per un periodo di una volta ogni 15<br />

giorni, poi una volta al mese e via via sempre più a diradare, finche il<br />

<strong>cliente</strong> non sia riuscito a trasferire nell'ambiente esterno le esperienze<br />

fatte all'interno del setting terapeutico.<br />

Fasi della <strong>terapia</strong><br />

- Colloqui preliminari: solitamente vengono effettuati all'inizio degli<br />

incontri individuali che hanno il fine di iniziare a conoscere la persona,<br />

farsi un'idea della sua storia, di cosa rappresenta e ha rappresentato per<br />

lui/lei la <strong>balbuzie</strong>, come vive attualmente il problema, se ha intrapreso<br />

altri percorsi terapeutici <strong>sul</strong>la <strong>balbuzie</strong> in precedenza, se ci sono altre<br />

problematiche che e<strong>sul</strong>ano dalla <strong>balbuzie</strong>, se è motivata o meno ad<br />

intraprendere un percorso di gruppo e che cosa si aspetta nel caso<br />

dovesse decidere di intraprendere questa tipologia di percorso.<br />

- All'inizio del percorso forniamo <strong>delle</strong> informazioni teoriche <strong>sul</strong> punto in<br />

cui è arrivata la conoscenza scientifica <strong>sul</strong>la <strong>balbuzie</strong>. Questo viene fatto<br />

perché spesso le persona che balbetta si forma <strong>delle</strong> teorie ingenue <strong>sul</strong>la<br />

<strong>balbuzie</strong> in generale e <strong>sul</strong>la sua in particolare.<br />

- Il lavoro che noi principalmente svolgiamo, dal punto di vista fonetico e<br />

comportamentale (nel senso che la <strong>balbuzie</strong> è anche un comportamento<br />

motorio verbale) con i <strong>balbuzie</strong>nti, è quello di aiutarli ad identificare<br />

quello che capita loro mentre balbettano: questo significa che cerchiamo<br />

di facilitare in loro una sempre maggiore consapevolezza dei loro<br />

momenti di <strong>balbuzie</strong> e dei loro momenti di fluenza. Una volta che il<br />

<strong>balbuzie</strong>nte diviene consapevole dei processi che lo portano a balbettare<br />

e ad essere fluido, si cerca di facilitare in lui la modificazione della<br />

propria <strong>balbuzie</strong> e l'aumento dei propri momenti di fluenza. Tutto<br />

questo con l'obiettivo di fare emergere <strong>nella</strong> persona che balbetta un<br />

nuovo stile comunicativo che si adatti al suo modo di essere e che sia<br />

più funzionale alla comunicazione.<br />

- Spesso i <strong>balbuzie</strong>nti sono dei coper inefficaci in riferimento alla<br />

<strong>balbuzie</strong>, questo significa che: negano o eludono le sfide della vita, si<br />

ritraggono davanti al problema <strong>balbuzie</strong> o reagiscono impulsivamente,<br />

non si danno tempo per pianificare un piano di azione realistico,<br />

colpevolizzano se stessi o gli altri per il loro problema, non vivono le<br />

sfide come possibilità di crescita personale, hanno scarsa maestria,<br />

controllo personale e speranza. Premesso ciò, si cerca di aiutare i<br />

<strong>balbuzie</strong>nti a diventare più flessibili, ovvero ad aumentare la loro<br />

capacità di concepire e considerare progetti alternativi; più lungimiranti,<br />

ovvero di aumentare la capacità di prevedere gli effetti a lungo termine<br />

<strong>delle</strong> loro risposte di coping; più razionali, ovvero di aumentare la loro<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

capacità di fare valutazioni accurate. Come detto in precedenza, il solo<br />

lavoro fonetico non è sufficiente ad ottenere un cambiamento<br />

significativo <strong>nella</strong> persona che balbetta. La <strong>balbuzie</strong> è soprattutto un<br />

problema di comunicazione e ciò significa che a chi balbetta, non capita<br />

di balbettare in modo continuo, con tutti o sempre allo stesso modo, ma<br />

vi è una sorta di variabilità, che fa emergere questo problema<br />

soprattutto in presenza di determinati interlocutori e situazioni. Questo<br />

significa che, una persona che balbetta può essere in difficoltà durante<br />

un esame universitario, ma subito dopo la fine dell'esame può parlare<br />

fluentemente con l'amico, oppure un'altra persona che balbetta può<br />

essere disfluente con un negoziante, per poi tornare a casa e non avere<br />

alcuna difficoltà a parlare con la madre. Questo ci fa capire che la parte<br />

emozionale gioca un ruolo molto significativo nel l'evolversi della<br />

sindrome e soprattutto che la comunicazione può, in certi casi, ri<strong>sul</strong>tare<br />

assai complicata e che spesso la persona che balbetta sviluppa la<br />

sensazione di un'estrema frustrazione che deriva dal non riuscire a<br />

portare a termine l'intenzione comunicativa. A proposito di questo un<br />

<strong>cliente</strong> mi ha detto: «Mi sembra come se ci fosse un diavoletto che mi fa<br />

un dispetto, non riesco a capire perché in alcuni momenti parlo bene e in<br />

altri faccio così fatica ...». Infatti una <strong>delle</strong> cose che maggiormente<br />

disorienta chi balbetta è l'imprevedibilità e il senso di impotenza per<br />

non essere in grado di gestire quello che gli succede quando balbetta e<br />

di conseguenza la comunicazione. Così l'ultima parte del gruppo è<br />

dedicata al gruppo d'incontro in cui ogni persona ha la possibilità di<br />

portare liberamente se stessa e incontrare gli altri ad un livello più<br />

profondo di quanto solitamente avviene <strong>nella</strong> vita quotidiana,<br />

comprendendo così qualcosa di più di se stessi e degli altri, sviluppando<br />

maggiori capacità di comunicazione e scoprendo modalità nuove per<br />

gestire i propri problemi.<br />

Il facilitatore<br />

Sicuramente affinché venga agevolato il processo e il cambiamento <strong>delle</strong><br />

persone che sono all'interno del gruppo diventa importante il ruolo del<br />

facilitatore. Possiamo quindi individuare degli elementi che facilitano tutto<br />

questo, come detto da Rogers ("I gruppi d'incontro, pag 52- 71):<br />

- Ascolto: è indispensabile che regni un clima basato <strong>sul</strong>l'ascolto. Va data<br />

importanza al significato che le esperienze raccontate hanno per la<br />

persona e ai sentimenti che le destano. Per fare ciò è essenziale che il<br />

facilitatore crei un'atmosfera sicura, facendole percepire di essere<br />

ascoltata.<br />

- Accettazione del gruppo e dell'individuo: accettare il gruppo<br />

esattamente com'è, anche quando il gruppo desidera intellettualizzare o<br />

discutere di problemi superficiali, o se è emotivamente chiuso o teme la<br />

comunicazione personale. Allo stesso modo è importante che all'interno<br />

del gruppo venga fornita la possibilità al singolo partecipante<br />

d'mpegnarsi oppure no: se un individuo decide di rimanere ai margini e<br />

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2007<br />

non intervenire, deve sentirsi libero di farlo, deve sentire che vi è<br />

rispetto per i suoi tempi di apertura.<br />

- Comprensione empatica: molto importante è cercare di capire il<br />

significato esatto di quanto una persona sta comunicando. Questo<br />

agevola perché chiarisce a chi parla il messaggio e aiuta i membri del<br />

gruppo a capire e a non perdere tempo a far domande o a rispondere<br />

sui particolari complicati esposti. Quando il discorso è generalizzato o<br />

intellettualizzante, si possono selezionare i significati che possono<br />

riferirsi al locatore stesso per replicare al di fuori del contesto<br />

complessivo. Se poi c'è una divergenza d'opinione la comprensione deve<br />

andare verso tutte le opinioni.<br />

- Agire secondo la propria sensibilità: il ruolo del facilitatore permette<br />

anche di fare uso dei propri sentimenti così come vengono esperiti. Nel<br />

momento in cui comprende tutta la complessità dei sentimenti che<br />

prova, può scegliere se esprimerli o meno, positivi o negativi che siano.<br />

Per concludere, voglio riportare un brano tratto da un libro che a me è<br />

molto caro e che è stato significativo nel mio cammino di persona che<br />

balbetta. Il libro si intitola "A stutter story" e <strong>nella</strong> traduzione in italiano "La<br />

<strong>balbuzie</strong>": è stato scritto da Frederick P. Murray (ricercatore e speech<br />

therapist presso l'Università del New Hampshire, negli Stati Uniti, dove ha<br />

diretto il programma di rieducazione della parola, è membro dell'American<br />

Speech and Hearing Association) anche egli <strong>balbuzie</strong>nte.<br />

«... La cosa migliore era che accettandomi come <strong>balbuzie</strong>nte completavo un<br />

processo di crescita che in parte avevo compiuto durante l'analisi e che il<br />

dottor Sheenan ha chiamato "integrazione del ruolo", cioè l'accettazione totale<br />

di me stesso, non soltanto dell'io fluente. Scoprivo di piacermi più di prima.<br />

Tutti, <strong>balbuzie</strong>nti o no, devono raggiungere quest'accettazione se vogliono<br />

vivere in pace. ...Con il mio vissuto e la mia personalità , era oltremodo dura<br />

per me accettare la <strong>balbuzie</strong>. Non mi vergogno di esservi arrivato così tardi;<br />

credo che per la persona che ero non avrei potuto arrendermi senza prima<br />

condurre una lunga battaglia. L'importante è che vi arrivai, e questo cambiò il<br />

corso della mia vita. Con il passare dei mesi le mie sensazioni di sollievo<br />

furono sostituite da qualcosa di più forte. Per tutta la vita avevo sognato la<br />

vittoria <strong>sul</strong>la <strong>balbuzie</strong>, avevo sognata di conquistare una parola normale. Ma<br />

ora capivo che la vera vittoria stava nel riconoscere e accettare la <strong>balbuzie</strong>,<br />

nel diventare, secondo le parole della signora Swallow, suo "AMICO"».<br />

Bibliografia<br />

Finocchiaro, M.R. La vergogna, Istituto dell'Approccio Centrato <strong>sul</strong>la Persona.<br />

Cargiulo, M.L. Esperienza e simbolizzazione: revisione critica della teoria<br />

rogersiana della personalità. Istituto dell'Approccio Centrato <strong>sul</strong>la Persona.<br />

Gregory, C. (1997). Counseling stutterers: Empathic concepts of Heinz Kohut<br />

and Carl Rogers, Journal of Fluency Disorders, pp. 315-318.<br />

Yalom, I. (1970), The Theory and practice of Group Psychotherapy. Basic<br />

Books, New York, trad. it Teoria e pratica della psico<strong>terapia</strong> di gruppo,<br />

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1995 Boringhieri, Torino.<br />

Marchiori, M. (2004). La realizzazione prosodica ed intonativa del focus<br />

informativo nelle produzioni verbali dei <strong>balbuzie</strong>nti, Tesi di laurea in<br />

Psicologia, Università degli Studi di Padova, A.A. 2002-2003.<br />

Meira, I., (1983) Gagueira: do fato ao fenomeno. Sao Paulo Cortez.<br />

Meira, I. (1990) Gagueira: urna analise qualitativa. Distùrbios da<br />

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Murray, F. P. (1980) A Stutter's Story. The Intestate Printers & Publishers.<br />

(trad. it. La <strong>balbuzie</strong>. Prevenzione e <strong>terapia</strong> nel testo di riferimento<br />

dell'associazione italiana per la <strong>balbuzie</strong>. Edizioni Red, Novara, 2003).<br />

Rogers, C. R. (1970) On encounter groups. New York, Harper and Row. (trad.<br />

it. / gruppi d'incontro. Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1976).<br />

Rogers, C. R. (1970) La <strong>terapia</strong> centrata <strong>sul</strong> <strong>cliente</strong>, Martinelli, Firenze (titolo<br />

dell'opera originale che costituisce parte di questo libro: Rogers, C. R.<br />

(1961) On BecomingA Person, A Therapist's View of Psychotherapy,<br />

Houghton Mifflin Company, Boston).<br />

Rogers, C. R., Kinget, M., (1966) Psychothérapie et relations humaines. Théorie<br />

et pratique de la thérapie non-directive (2 tomes.), Nauwelaerts,<br />

Paris/Louvain (trad. it. Psico<strong>terapia</strong> e relazioni umane. Boringhieri, Torino,<br />

1970).<br />

Lena (1994) Manuale per la valutazione e il trattamento intensivo della<br />

<strong>balbuzie</strong>, Omega Edizioni, Torino.<br />

Rustin, L, Cook, F., Botterill W., Hughes, C. and Kelman, E. (2001 )<br />

Stammering. A practical guide for teachers and other professional. David<br />

Fulton Publishers, London.<br />

Scoti L., (2006). A look at genetic and neurological correlates of stuttering, The<br />

Stuttering Foundation, Memphis, Winter 2006 (trad. It. Balbuzie:<br />

correlazioni genetiche e neurologiche, Libera la Parola, Pisa, n. 1 7, pp. 1,8).<br />

Vaccari V. Una teoria umanistica della personalità. La Client-centered Therapy<br />

di Carl Rogers. Istituto dell'Approccio Centrato <strong>sul</strong>la Persona.<br />

Zucconi, A., Howell, P., (2003) La promozione della salute; un approccio<br />

globale per il benessere della persona e della società, La Meridiana,<br />

Molfetta.<br />

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