Le montagne antropomorfe
Eiger, Mönch e Jungfrau nell’iconografia alpina
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Premessa
In un’epoca elettronica e telematica, di messaggi, messaggini ed
essemmesse, parlare di cartoline illustrate suona strano. Ma fino
a pochi anni fa quello era il sistema più classico e anche più
simpatico e semplice per dare notizia di sé dalle vacanze e dai
viaggi: prima della nascita della televisione, vedere un’immagine
di un luogo valeva più di mille parole che lo descrivevano. Era una
piacevole scoperta per chi riceveva la cartolina e un vanto per chi
la spediva. Oggi riprendo apposta questo tema, limitandolo ad un
settore specifico e molto ristretto, quello delle illustrazioni, in
uso nella seconda parte dell’ottocento e all’inizio del novecento,
DI FABRIZIO OTTAVIANI
delle montagne rappresentate con sembianze umane. Questa arte
si era sviluppata per dare un tocco di ironia, e anche di malizia,
alla moda galoppante del turismo alpino. Le Alpi Bernesi andavano
per la maggiore, e quindi le cartoline rappresentavano soprattutto
la triade Eiger, Mönch e Jungfrau. Il significato di questi
nomi è nell’ordine Orco, Frate e Vergine, perciò era quasi scontato
il compito dei pittori ingaggiati per pubblicizzare Interlaken,
Wengen e Grindelwald, le località situate ai piedi dei tre colossi di
pietra e neve. Alle motivazioni turistico-economiche si aggiun-
I L FUTURO DELLA J UNGFRAU.
gevano a volte le polemiche sull’avanzare della civiltà, sulle
magnifiche sorti e progressive 1 , come Leopardi chiamava il progresso
solo pochi anni prima, e che si manifestava anche in quella
regione sotto forma di invasione di turisti, di traffico, di impianti
di risalita e soprattutto con il progetto di far giungere una linea
ferroviaria fin sulla Jungfrau. D’altronde anche l’alpinismo stesso
era nato progressivamente, con i cacciatori di camosci, i cercatori
di cristalli e gli illustratori, come Whymper, il primo salitore del
Cervino, inviati dagli editori e dai giornali per mostrare a tutti i
segreti del mondo alpino.
Cartoline turistiche e cartoline ecologiste
Come abbiamo detto, vi sono due tipi di cartoline: quelle con uno
scopo prettamente turistico e quelle che difendono un’idea di
montagna integra e senza interventi eccessivi dell’uomo (mountain
wilderness ante litteram!). Nelle prime, le tre montagne
bernesi sono raffigurate come due vecchi, l’Eiger e il Mönch,
che corteggiano o insidiano la povera Jungfrau, che a volte si
ritrae arrossendo pudicamente, a volte invece sorride lusingata.
Permettetemi una citazione che non c’entra con le cartoline,
ma che spiega questa indecisione. Scriveva Natalia Ginzburg
1 Giacomo Leopardi, “La ginestra o il fiore del deserto”, verso 51
2 Natalia Ginsburg, nel romanzo “È stato così”, Einaudi, 1947.
“A una ragazza le fa tanto piacere pensare che forse un uomo è
innamorato di lei, e allora anche se non è innamorata è un po’
come se lo fosse e diventa molto più carina con gli occhi che
splendono e il passo leggero e la voce più dolce” 2 . E proprio così
si comportava la Jungfrau.
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Nell’altro tipo di cartoline i tre monti sono alleati contro il progresso
rappresentato da orde di alpinisti che infestano i loro
versanti, da aerei e dirigibili che li sorvolano, ma soprattutto, come
detto, dalla costruzione della Jungfraubahn, il trenino che
fora la base dell’Eiger, riappare in mezzo alla Nordwand, sbuca
dall’altro lato affacciandosi sul ghiacciaio dell’Aletsch e giunge
proprio allo Jungfraujoch, ossia la sella tra il Mönch e la Jungfrau.
In alcune altre immagini vediamo solo la Jungfrau, sicuramente la
più riprodotta dei tre, che giace disperata mentre le cordate la
risalgono, oppure si batte contro gli invasori, risoffiandoli a valle,
oppure ancora che ammicca dall’alto (con dei criteri di bellezza
femminile che oggi lasciano un po’ perplessi) ai turisti che giungono
dal fondovalle.
Il sesso delle montagne
Non solo il Berner Oberland ha dato lo spunto ai pittori di montagne
di sbizzarrirsi con la loro immaginazione, anche altrove il
mercato era fiorente. In questo mio articolo mostro solo una
cartolina di un’altra regione, raffigurante il Piz Morteratsch, in
Engadina, che cerca di attirare il suo vicino, il Piz Bernina, vestito
da donna. Strano, due monti maschi! Una montagna trans o un’unione
particolare, tanto di moda oggi? Niente di tutto ciò, ma un
semplice problema di lingua: in tedesco si dice “die Bernina”, la
Bernina, che infatti nella cartolina è rappresentata come una
giovane sorridente, col velo bianco, che respinge le avances del
vecchio Morteratsch. Al proposito mi ricordo una discussione
di tanti anni fa, proprio sulla vetta del Bernina, con una ragazza
I TRE COLOSSI DELLE A LPI B ERNESI.
del luogo (dell’Engadina, non del Pizzo), con la quale a quel tempo
salivo le montagne grigionesi, sul fatto se quel monte fosse
femmina o maschio: la nostra controversia non ha mai trovato una
soluzione: io argomentavo che il Bernina è il Pizzo più alto delle
Alpi Centrali, domina tutte le altre vette, è il re di quella regione,
e dunque è maschile. Lei sosteneva che la grazia che contraddistingue
quella montagna, il velo bianco che la ricopre, sono caratteristiche
tipicamente femminili. Quindi ognuno é rimasto
della propria idea, ma in compenso siamo rientrati sani e salvi a
valle. E d’altra parte sono parecchi i latini che sostengono che i
nordalpini ragionino spesso al contrario: i tedeschi, tra le loro
svariate bizzarrie, hanno anche la stravagante regola grammaticale
che vuole si dica die Sonne e der Mond, ossia la sole e il luno.
E questo all’opposto non solo dell’italiano, ma anche delle altre
lingue e culture più diffuse, che considerano il sole come il maschio
per antonomasia, come l’energia che feconda la Terra,
mentre la pallida luna ha per tutti delle connotazioni femminili.
Già per i Greci Helios (Apollo per i romani) era il dio del sole e la
dea Artemide (Diana) rappresentava la luce lunare. E persino in
Africa, secondo un’interpretazione popolare diffusa in Kenia, i
crateri della superficie della luna suggeriscono i lineamenti di
una donna, oltretutto un po’ tumefatti per le botte ricevute dal
sole, suo marito. Ah, questi maschi violenti…
IL B ERNINA E IL M ORTERATSCH.
Polemiche linguistiche e sessiste a parte, concludo le mie considerazioni
su questo lato dell’arte figurativa alpina ricordando che
soprattutto da bambini si ammirano molto le rappresentazioni
pittoriche di luoghi sotto sembianze umane. Se ne percepiscono
le atmosfere magiche e la fantasia vola lontano, confondendosi
con la realtà. Purtroppo noi adulti abbiamo perso queste qualità,
siamo concreti e razionali, e vediamo le montagne solo come un
grande mucchio di sassi … O no? ▲
Le cartoline riprodotte sono state acquistate direttamente, oppure sono tratte dai libri di Daniel Anker “Jungfrau, Zauberberg der Männer”
e “Piz Bernina, König der Ostalpen”, entrambi editi da AS Verlag.
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