09.07.2015 Views

Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006

Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006

Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

di L. Boschetti<strong>Rumeni</strong> a <strong>Bergamo</strong>PROVINCIADI BERGAMOSettorePoliticheSociali


IndiceLA ROMANIA TRA EMIGRAZIONE ED IMMIGRAZIONEL’emigrazione dalla Romania p. 3L’immigrazione in Romania p. 4Le relazioni con l’Italia p. 6L’IMMIGRAZIONE RUMENA IN ITALIAProfilo statistico p. 9Le dinamiche migratorie p. 11L’ingresso della Romania nell’Unione Europea p. 14tra allarmismo e realtàL’IMMIGRAZIONE RUMENA A BERGAMODistribuzione territoriale e profilo statistico p. 15I progetti migratori p. 20Colf, assistenti familiari e muratori: p. 34le attività lavorative dei migranti rumeniRETI E COMUNITÀ p. 57Le ragazze sulla strada: lo sfruttamento p. 77e la prostituzione minorilePer concludere: l’immigrazione rumena p. 101tra integrazione e disagioCARTA D’IDENTITA p. 105PROFILO DEMOGRAFICO p. 105PROFILO STATISTICO p. 106L’INGRESSO DELLA ROMANIA NELL’UNIONE EUROPEA p. 107BIBLIOGRAFIA p. 109SITOGRAFIA p. 1102


LA ROMANIA TRA EMIGRAZIONE ED IMMIGRAZIONEL’emigrazione dalla RomaniaLa Romania è stata caratterizzata, nel corso del tempo, da treforme di mobilità spaziale, che si sono alternate e modificate neltempo: la migrazione interna, la migrazione transfrontaliera e lamigrazione internazionale. Per quanto concerne la prima, a partiredagli anni ’90 la tendenza all’inurbamento, che aveva caratterizzatoil periodo comunista, si è invertita, perché la crescenteinflazione, la chiusura di alcuni stabilimenti produttivi e la disoccupazionehanno determinato una migrazione verso la campagna.La migrazione transfrontaliera, già in atto prima e continuatanegli anni dopo la caduta del regime comunista, vedeva flussi dipersone spostarsi nel Paesi confinanti con la Romania, come laJugoslavia o l’Ungheria, per approfittare delle differenze di salarioo per instaurare piccole forme di commercio informale. Per quantoriguarda, invece, la migrazione internazionale, i flussi migratoridalla Romania verso i Paesi stranieri, dall’apertura delle frontieread oggi, sono stati ingenti. Le cose sono decisamente cambiate daquando, a partire del luglio del 2001, in vista dell’ingresso dellaRomania nell’Unione Europea, è stato abolito l’obbligo di visto perentrare nei Paesi dell’area Schengen e per i <strong>Rumeni</strong> è diventatodecisamente più facile emigrare. Questo cambiamento, che non sirispecchia necessariamente nelle cifre riportate dall’Istituto Nazionaledi Statistica rumeno, è però determinante per individuareil tipo di percorso migratorio e il progetto intrapreso da chi lasciala Romania per andare a vivere in un altro Paese (P. Cingolani, F.Piperno, 2005).In base ai dati dell’Istituto di Statistica 1 , l’emigrazione in Romaniaera già un fenomeno rilevante nel 1990, quando addirittura presentacifre nettamente superiori a tutti gli anni seguenti. Le autoritàrumene hanno infatti, registrato 96.926 persone emigrantiquell’anno, con un’incidenza leggermente superiore delle donne1Istituto Nazionale di Statistica della Romania www.statistici.insse.ro3


ti: l’ingente fenomeno emigratorio, che a partire dal crollo delregime comunista e dall’apertura delle frontiere ha visto flussiimportanti di persone abbandonare la Romania, e l’aumento degliinvestimenti, dei Fondi Comunitari e delle grandi opere in corsonel Paese, in vista e a seguito del suo ingresso nell’Unione Europea.Il settore dei trasporti è particolarmente esemplificativo,sia perché coinvolge una parte consistente dei finanziamenti europei,sia perché evidenzia altre dinamiche in atto nel Paese, trale quali il sempre più preoccupante fenomeno della mancanza dimanodopera. Per migliorare le autostrade in Romania l’UnioneEuropea concederà fondi strutturali consistenti, ma le aziendeedili sono le più colpite dalla migrazione dei lavoratori verso Italia,Israele, Germania, Spagna. Secondo la Federazione Generale delSindacato dei Costruttori, nei prossimi quattro anni la Romaniaavrà bisogno di 50.000 muratori, che non sono, però, più disponibilisul mercato interno e arriverà al punto di importare manodoperadalla Repubblica Moldova, dall’Ucraina, dal Pakistan odalla Turchia. Come si è verificato anche nel caso dei altri Paesidell’Europa centrale e dell’Est divenuti membri dell’Unione Europea,la migrazione della manodopera ha un effetto boomerange la Romania è diventato non solo un esportatore ma anche unimportatore di lavoratori 2 .In base ai dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica della Romania,il numero degli immigrati in Romania, ovvero le personedi origine straniera hanno stabilito il loro domicilio in Romania,sono passate da 10.078 nel 1999 a 2.987 nel 2004. Questa tendenzadecrescente si è, però, invertita negli ultimi anni, specietra il 2005 e il <strong>2006</strong>, e il numero degli stranieri che si stabilisconoin Romania è in aumento. Gli ultimi dati relativi al <strong>2006</strong> contano7714 persone, di cui 4762 maschi e 2952 femmine. L’ingressonell’Unione Europea e le tendenze sopra menzionate sono passibilidi far aumentare ancora questo numero. I dati più dettagliati,che si fermano però al 2004, evidenziano che la maggior partedegli immigrati è nella fascia di età che va dai 26 ai 40 anni e che2Per approfondimenti cfr. www.osservatoriobalcani.org5


la principale nazionalità di provenienza è l’Italia (1254 persone su2987), seguita dalla Repubblica Moldovia e dalla Germania. Sfortunatamenteil mancato accesso ai dati relativi agli ultimi anni e ilfenomeno dell’immigrazione irregolare, che coinvolge soprattuttola manodopera a basso costo, non permettono di cogliere a pienole dinamiche migratorie e le specificità che le caratterizzano. Inogni caso, nel 2004 il saldo netto migratorio rumeno continua adessere ampiamente negativo, il che significa che il numero dellepersone che emigrano dalla Romania verso altri Paesi è decisamentesuperiore di quello di chi si stabilisce in Romania da altriPaesi (nel 2004 2987 persone emigrano in Romania contro 13.082che se ne vanno).Le relazioni con l’italiaLa storia delle relazioni istituzionali tra la Romania e l’Italia risaleaddirittura al 1800 3 . Non stupisce, quindi, l’importante presenzaitaliana in Romania, che, generalmente diffusa su tutto il territorioromeno, ha manifestato nel corso dell’ultimo decennio latendenza a concentrarsi in alcune aree geografiche. In Romaniac’è una fortissima concentrazione di aziende italiane. Secondo idati ufficiali romeni, dal 1990 ad oggi più di 17.100 società italianesono state iscritte al Registro del Commercio romeno, la maggiorparte Piccole e Medie Imprese: tra queste si ritiene che circa4.000 siano attualmente operative. E’ particolarmente rilevantela presenza di imprenditori italiani nei distretti nord-occidentalidella Romania (oltre 2400 aziende italiane e miste registrata), edin particolare nella provincia di Timisoara, dove si è ricreato unvero e proprio distretto industriale italiano, oggetto di attenzione3I rapporti uficiali tra la Romania e l’Italia si svolgono dalla metà delsecolo XIX. Il 21 aprile 1873 è stata istituita la prima agenzia diplomaticaromena a Roma. Il 14 febbraio 1879 è stata approvata una Legge integrativaper istituire la rappresentatnza della Romania a Roma. Il 24 novembrel’Italia ha riconosciuto l’indipendenza della Romaniae ha decisodi nominare un ministro plenipotenziario a Bucarest. Infine, il 9 marzo1964 i giovani di Romania e d’Italia hanno deciso di elevare le missionidiplomatiche di Roma e di Bucarest a livello d’ambasciate.6


da parte del Governo di Bucarest per le importanti ricadute positivein termini di diffusione delle capacità imprenditoriali e per lacreazione di posti di lavoro. Il cosiddetto “fenomeno Timisoara”è in parte imputabile alla prossimità geografica del distretto diTimisoara alle regioni nord-orientali dell’Italia, da dove provienela maggioranza degli investitori e alla presenza di adeguate infrastrutturedi trasporto. A partire dal 1997 l’Italia è il primo partnercommerciale della Romania. E’ importante sottolineare che granparte dell’interscambio commerciale Italia-Romania era precedentementedovuto a flussi di materie prime e semilavorati, in uncontesto di delocalizzazione produttiva basata prevalentementesu lavorazioni in conto terzi. Con la crescita economica romenae l’affermarsi di un nuovo modello produttivo tali attività sonostate in gran parte ridotte, a vantaggio di investimenti produttivipiù qualificati 4 .Secondo i dati forniti dell’Istituto per il Commercio Estero di Bucarest5 nel 2007 l’Italia mantiene il primo posto tra i Paesi acquirentidalla Romania con una quota di circa il 25% del totale ed un valoreimportato pari a 2,5 miliardi di euro, leggermente distanziata dallaGermania con importazioni pari a 2,4 miliardi di euro. Come Paesefornitore, l’Italia occupa il secondo posto con una quota del 19,1%ed esportazioni pari a 3,2 miliardi di euro; mentre la Germaniaoccupa la prima posizione, con una quota del 24% ed un valoreexport di 4,1 miliardi di euro.La presenza italiana in Romania si è da ultimo arricchita anche diun maggiore apporto di investitori istituzionali. Nel corso degli ultimidue anni le nostre banche hanno mostrato crescenti segni diinteresse per il mercato romeno, anche per accompagnare l’azionedelle numerosissime aziende italiane che qui operano. Alcuniistituti di credito italiani hanno acquistato banche locali o apertoproprie filiali: tra di esse ricordiamo la Banca Italo-Romena, diproprietà del Gruppo Veneto Banca, la Banca di Roma, UnicreditRomania, S. Paolo/IMI Romania, Daewoo Bank. Altre banche4Ambasciata Italiana in Romania:www.ambbucarest.esteri.it/Ambasciata_Bucarest5www.ice.gov.it/estero2/bucarest7


italiane hanno partecipazioni azionarie in banche romene, comeil Monte dei Paschi di Siena nell’Alpha Bank Romania, e la BancaPopolare di Vicenza nella Volksbank Romania. Esistono infineaccordi di collaborazione che vedono coinvolti istituti finanziariitaliani con la creazione di Desk Italia presso filiali di banche straniere6 . I fondi stanziati dall’Unione Europea a favore della Romaniasono, poi, un ulteriore fattore di attrazione di investimenti e diaziende straniere.6Per quanto concerne gli altri settori economici, alcuni gruppi italianihanno recentemente ultimato importanti investimenti in Romania. Traquesti il Gruppo Pirelli Telecom (già presente con la Divisione Cavi eSistemi Telecom), che sta realizzando a Slatina due importanti investimentiproduttivi nel settore Pneumatici, ed il Gruppo Tenaris Dalmine,che ha rilevato recentemente la Silcotub di Zalau. Sono inoltre da tempopresenti in Romania la Geox di Treviso (stabilimento di produzione discarpe a Timisoara), il Gruppo Radici di <strong>Bergamo</strong> (impianto chimico etessile a Savinesti), la Divani&Divani del Gruppo Natuzzi (stabilimentoper la produzione di componenti di divani nella zona di Baia Mare), laZoppas (che ha a Sânnicolau Mare un importante stabilimento per la produzionedi componenti per elettrodomestici), la Parmalat, l’Agip, AssicurazioniGenerali, Sirti/Finsiel, Stefanel, Fiat/IVECO, Butan Gas, GruppoPeruzzo. Alcune joint ventures italo-romene vedono il coinvolgimentodi importanti società italiane del Gruppo Finmeccanica in Romania: laRartel (partecipazione Telespazio), la Ipacri Romania (con partecipazioneElsag), l’Elettra Communications (con partecipazione Marconi SeleniaCommunications). A completare il quadro della presenza economicaitaliana in Romania, vi è la partecipazione di aziende italiane ai grandiprogetti nei settori dell’energia, dei trasporti e delle infrastrutture. Traquesti ricordiamo Ansaldo Energia nel settore dell’energia nucleare, ilgruppo Astaldi/Italstrade, il Gruppo Gavio/Grassetto Costruzioni, la SecolSpA e la Todini Costruzioni Generali SpA nel settore delle opere civilied infrastrutturali, la Alenia Marconi Systems nel settore dei sistemi dicontrollo dell’aviazione civile, la Tme Termomeccanica nel settore del risanamentoambientale, la Sia (Società Interbancaria per l’Automazione)nel settore dei servizi finanziari.8


L’IMMIGRAZIONE RUMENA IN ITALIAProfilo statistico 7In base ai dati del Ministero dell’Interno elaborati dall’Istat, alprimo gennaio 2007 la Romania risulta la seconda nazionalitàpresente in Italia, dopo l’Albania, con 278.582 permessi di soggiornorilasciati.Se si distingue tra uomini e donne e si considerano solo questeultime, la Romania si aggiudica la prima posizione. Questo, insiemea quanto detto circa l’emigrazione dalla Romania, segnalacome i flussi migratori tra Romania ed Italia hanno coinvolto siagli uomini che le donne e che, anzi, proprio le donne sono stateper certi versi protagoniste del fenomeno.Al primo gennaio <strong>2006</strong>, la maggior parte dei permessi di soggiornorilasciati riguarda persone il cui ingresso in Italia risaleal 2002, ben il 41,5%. Questo dato, lungi dal segnalare un boomdi ingressi nel 2002 da parte di cittadini rumeni, rivela, invece,l’effetto della sanatoria del 2002 e segnala, dunque, come essasia stata importante nella regolarizzazione della dei cittadini rumeni.Esso registra anche, probabilmente, l’aumento di ingressia seguito dell’annullamento dell’obbligo di visto per in cittadinirumeni in ingresso Italia.Per quanto riguarda i motivi del permesso, dal 2004 al <strong>2006</strong> peri cittadini rumeni si è avuta una flessione del 4,2% dei permessiper lavoro ed un aumento di 83,2 punti percentuali dei ricongiungimenti.Questo segnala la progressiva strutturazione della migrazionerumena, che nel corso degli anni si stabilizza ed attivale tradizionali catene migratorie. L’aumento dei ricongiungimentifamiliari è anche una conseguenza delle regolarizzazioni dovutealla sanatorie del 2002, che hanno fatto crescere il numero tra icittadini rumeni, degli aventi diritto a richiamare i propri familiariin Italia. In effetti per tutti i collettivi di passaporto gli effettidella regolarizzazione sono stati, nel 2003 e 2004, l’aumento dei7I dati sono tratti da elaborazioni Istat su fonte del Ministero dell’Interno9


permessi di soggiorno rilasciati e l’aumento dei ricongiungimentifamiliari. Al primo gennaio 2007 i motivi principali del permessodi soggiorno sono, nell’ordine, il lavoro, la famiglia, lo studio.Quest’ordine non cambia se si distingue il dato per genere, anchese l’incidenza dei permessi per famiglia, pur non superando quelladei permessi per lavoro, aumenta notevolmente. E’ opportuno,però, sottolineare come l’incidenza dei permessi per famiglia trale donne sia largamente inferiore a quella riscontrata per altricollettivi di passaporto, altrettanto numerosi, come per esempiol’Albania. Questo nonostante tra le persone in possesso di permessodi soggiorno il numero dei coniugati sia superiore a quellodei celibi, senza differenze tra uomini e donne. Questo aiuta acomprendere meglio le dinamiche migratorie dalla Romania inItalia.Ancora, se si analizzano i dati degli stranieri entrati in Italia nel<strong>2006</strong>, con permesso ancora in vigore al primo gennaio 2007, sievidenzia come la Romania registri tutt’ora ingressi elevati: 32.511nuovi ingressi, ovvero l’11,7% del totale degli ingressi nel nostroPaese relativi al <strong>2006</strong>, mentre ad esempio per l’Albania, la cuipresenza è lievemente maggiore di quella rumena, i nuovi ingressihanno un’incidenza del solo 5,7%. Tra i nuovi ingressi del <strong>2006</strong>,il 76,8% degli uomini rumeni e il 56,3% delle donne ottiene è permotivi di lavoro. Questo dato, ancora una volta, è da tener presenteper comprendere la struttura della migrazione rumena. LaRomania, infatti, in base ai dati dell’Istat sulle residenze, risultauno dei Paesi la cui presenza in Italia è cresciuta maggiormente:i <strong>Rumeni</strong> residenti in Italia sono passati da 75.000 nel 2001 a249.000 nel 2005. Le elaborazioni dell’Istat sui dati relativi alleprovince di residenza degli stranieri presenti in Italia, evidenzianocome, contrariamente ad altri collettivi di passaporto, i <strong>Rumeni</strong>non presentino particolari concentrazioni sul territorio nazionale,facendo registrare presenze importanti in quasi tutto il Nord e ilCentro del Paese. All’interno di questa distribuzione omogeneasono la provincia di Torino, di Milano, di Padova e di Roma a registrarele maggiori concentrazioni. Se però si considera l’incidenzadella popolazione rumena sulla popolazione straniera per provin-10


cia di residenza, allora, a far emergere i maggiori valori assolutiin termini di cittadini rumeni rispetto ad altri collettivi nazionalisono la provincia di Torino, quella di Udine, di Arezzo, di Viterboe di Roma. Emerge anche una presenza rumena relativamenterilevante nel Sud Italia.Le dinamiche migratorieCogliere le caratteristiche dell’immigrazione rumena, in generalee, più nello specifico, nel nostro Paese, e il tipo di progetto migratorioche coinvolge le persone che lasciano la Romania non èsemplice. Se ogni tipo di generalizzazione ha necessariamente unvalore relativo, mettere a fuoco alcune dinamiche a partire dai datia disposizione e dalle interviste realizzate può essere importanteper comprendere meglio il fenomeno in questione.In primo luogo, bisogna tener conto del fatto che dal 2001 non è piùprevisto l’obbligo di visto per i <strong>Rumeni</strong> in ingresso in Italia. Questanovità ha introdotto una maggiore mobilità nella migrazione rumena:se, da un lato, dal 2001 è più facile entrare in Italia, dall’altro,è anche più facile tornare in Romania. Si può entrare in Italia edottenere facilmente un permesso di soggiorno per turismo pertre mesi, alla scadenza dei quali si può poi rientrare in Romaniao restare in Italia e cercare di regolarizzare la propria posizione,perché ovviamente con il visto turistico non è possibile ottenereun’occupazione regolare. Insomma, l’annullamento dell’obbligodi visto ha facilitato la mobilità dei <strong>Rumeni</strong>, perché, per esempio,non c’è più bisogno di investire risorse rilevanti, tanto dal puntodi vista economico quanto dal punto di vista umano, per andareall’estero, specie in assenza di tutte le autorizzazioni. Il 2001,dunque, segna sicuramente una differenza tra i progetti di chi èpartito prima e, spesso, ha passato le frontiere a piedi per entrarein Italia e chi ha potuto entrarci molto più facilmente. Questi ultimi,per cui partire diventa meno costoso, intraprendono progettimeno definitivi e più centrati su di un obiettivo preciso, come, peresempio, il lavoro intensivo per qualche anno per guadagnare piùsoldi possibili da inviare in patria. Ancora, bisogna tener conto che,11


per quanto riguarda l’immigrazione rumena, la quota di donneche ha lasciato il proprio Paese è di poco inferiore a quella degliuomini. Si ricorderà come, analizzando i dati elaborati dall’IstitutoNazionale di Statistica della Romania, era emerso che già nel 1990,anno in cui l’incidenza dei ricongiungimenti familiari può essereconsiderata nulla, le donne che lasciavano il Paese erano addiritturaleggermente più numerose degli uomini. Ancora prima che ledonne provenienti dall’Ucraina, sono state le Rumene ad entrarenel mercato di cura italiano, come colf a ore o assistenti familiaridi tipo convivente. Queste donne, spesso, lasciavano marito e figlia casa per recarsi in Italia a lavorare e inviare nel Paese d’originela maggior parte dei soldi guadagnati, per poter in questo modomigliorare le condizioni di vita e le possibilità economiche dei proprifamiliari. Questo è un elemento ulteriore che rende i processimigratori che coinvolgono cittadini rumeni estremamente mobili ecircolari (P. Cingolani, F. Piperno, 2005), nel senso che prevedonopercorsi di andata e ritorno relativamente brevi e rinnovabili neltempo. Si noti a margine come, la facilità di movimento legataall’assenza di visto, ha permesso alle donne rumene di riuscirefar fronte ai problemi legati alla loro assenza all’interno del nucleofamiliare. Alcuni elementi importanti emergono, poi, dalla letturadei dati circa i ricongiungimenti familiari. Come è stato illustratoprecedentemente, tra i <strong>Rumeni</strong> i ricongiungimenti diventano numerosispecie a partire dalla regolarizzazione del 2002, che haaumentato tra i migranti rumeni il numero dei regolari e, di conseguenza,degli aventi diritto ad un ricongiungimento familiare. Essirimangono, tuttavia, inferiori a quelli registrati entro altri collettividi passaporto come, per esempio, l’Albania. A questo propositopuò essere importante osservare i dati messi a disposizione dalServizio Elaborazioni Statistiche dell’Ufficio Italiano dei Cambi 8circa le rimesse degli immigrati.Tali dati non riguardano solo i trasferimenti bancari, ma, a partiredal 2004, anche quelli raccolti da intermediari diversi dallebanche, come i “money transfer”. In Lombardia i dati, indicati8Ufficio Italiano dei Cambi-Servizio Elaborazioni Statistiche:www.bancaditalia.it12


in migliaia di euro, indicano che le rimesse a carico dei migranti<strong>Rumeni</strong> passano da 46.126 a 95.847 nel <strong>2006</strong>, portando la Romaniaal secondo posto della classifica dei Paesi di destinazione perentità delle rimesse ricevute da parte di migranti in Lombardia.La Romania risulta seconda solo alle Filippine e ha visto un incrementopercentuale delle rimesse inviate del 107%. Il volumedelle rimesse segnala, da un lato, come l’esigenza di guadagnareper sostenere la propria famiglia nel Paese di origine sia uno deiprincipali motori dell’immigrazione rumena in Italia e, dall’altro,come, proprio per questo i progetti migratori dei cittadini rumenisiano segnatamente più mobili, intensi e centrati su un obiettivodi quelli relativi ad altri collettivi di passaporto. L’incidenza dellerimesse è, infatti, maggiore tra i nuclei familiari non ricongiuntidi cui uno dei membri e/o alcuni dei figli rimangono nel Paesed’origine.È, tuttavia, opportuno tener conto anche di un altro fenomeno, checoinvolge i cittadini rumeni nel nostro Paese: quello delle coppiemiste. A partire dai dati relativi agli alunni figli di coppie miste conpadre italiano e madre straniera in Lombardia 9 , è possibile rilevarecome la Romania si posizioni al settimo posto nella regione.La posizione non troppo alta in classifica si ridefinisce se consideriamoche al primo posto troviamo il Brasile e a seguire, traquest’ultimo e la Romania, ci sono solo Paesi europei occidentali(Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Regno Unito). La Romaniarisulta, quindi, il primo Paese dell’Europa Centro-Orientale pernumero di alunni presenti in Lombardia con padre italiano e madrestraniera e il secondo, dopo l’Albania, se si considerano glialunni con padre straniero e madre italiana.Quest’ultimo punto, che apparentemente sembra in controtendenzecon gli altri elementi descritti, sottolinea come i cittadinirumeni, presenti da tempo in Italia, siano lungi dall’essere coinvoltida dinamiche univoche. Le forme di mobilità sono molteplicied è importante, quando si riflette sulle migrazioni e, nello specifico,su quella rumena, del trasnazionalismo perché relazioni9Rilevazione alunni stranieri in Lombardia a.s. 2003/2004. FondazioneISMU e Ufficio Scolastico regionale per la Lombardia.13


legano i contesti di partenza e quelli di arrivo, costruendo campisociali complessi. L’ingresso della Romania nell’Unione Europeapoi, ha introdotto elementi di novità in queste dinamiche che devonoessere considerati per comprendere al meglio l’evoluzionedella migrazione rumena nel nostro Paese.L’ingresso della Romania nell’Unione Europeatra allarmismo e realtàL’accoglienza che l’opinione pubblica italiana e, soprattutto, imass-media del Paese hanno riservato all’ingresso della Romanianell’Unione Europea può essere definita allarmistica: scenari delineatiapocalittici descrivevano una popolazione, quella romena,pronta a varcare le frontiere in massa allo scoccare della mezzanottedel 31 dicembre <strong>2006</strong>. Questo nonostante gli esperti e, soprattutto,le associazioni che a vario titolo si occupano di immigrazionecercassero di abbassare i toni, sottolineando l’infondatezzadi questo allarmismo. Una fra tutte, la Caritas, che i primi giornidi gennaio del 2007 raccomandava: “no agli allarmismi: l’ingressonell’Unione Europea di Romania e Bulgaria, avvenuto il 1° gennaio,non provocherà un esodo in massa verso le nostre città” 10 .Non vi è stato nessun aumento spropositato degli ingressi dallaRomania a seguito del suo ingresso dell’Unione Europea e anzi,essi sono destinati a diminuire. I numerosi investimenti stranieri,che ora si uniscono ai Fondi strutturali messi a disposizionedall’Unione Europea, la mancanza di manodopera e l’aumento deglistipendi in Romania sono tutti fattori che, in qualche maniera,disincentivano le nuove emigrazioni e, anzi, incentivano i ritorni inpatria dei cittadini rumeni all’estero, come ha sottolineato anche ilconsole generale per la Romania a Milano, Mircea Gheordunescu.Come è emerso anche dalle interviste realizzate, l’ingresso dellaRomania nell’Unione Europea è diventata un’occasione per tornare,oltre che per arrivare. La Caritas, del resto, stima che il 2007non abbia riscontrato un aumento degli arrivi dalla Romania e che10www.caritas.it14


il flusso di nuovi arrivi sia equivalente a quello del <strong>2006</strong>. E in unintervista a Il Sole-24 Ore Eugen Terteleac, presidente dell’AssociazioneRomeni in Italia e titolare di una ditta di trasporti, afferma:“Se proprio di esodo si deve parlare , allora vedo piuttosto unfenomeno di rientro in patria. Abbiamo attivato quest’anno un serviziodi traslochi per la Romania e in pochi giorni abbiamo già fattodecine di preventivi: molti hanno aspettato l’ingresso nell’UnioneEuropea per traslocare, approfittando del fatto di non dover piùpagare la dogana. Senza dire che in Romania c’è mancanza dimanodopera e un tasso di disoccupazione più basso” 11 .Ancora, l’OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo SviluppoEconomico 12 , segnala che nel 2002 già 6600 rumeni residentiall’estero stavano rientrando in patria e sottolinea come questatendenza sia in atto anche tra chi sarebbe il candidato ideale allastabilizzazione nel paese di arrivo, ovvero chi ha già completatoil proprio progetto migratorio e ha già raggiunto una posizionerelativamente stabile e sicura nel Paese di arrivo. Addirittura, alcunericerche, come quella realizzata dal Cespi nell’ambito delProgramma MigraCtion 2004-2005, sottolineano come tra gli immigratirumeni nel nostro Paese sia diffusa la consapevolezzadell’urgenza di cogliere le occasioni createsi nel proprio Paeseal più presto, prima che sia troppo tardi e di come in realtà oggisiano avvantaggiati tutti coloro che sono rimasti in Romania (P.Cingolani, F. Piperno, 2005).L’IMMIGRAZIONE RUMENA A BERGAMODistribuzione territoriale e profilo statisticoA partire dai dati elaborati dall’Osservatorio Politiche Sociali, Areaimmigrazione, della Provincia di <strong>Bergamo</strong> è possibile delineare11Intervista tratta da “L’integrazione parla rumeno”, articolo A. Gagliardi eC. Giorgi C., pubblicato su Il Sole-24 Ore, Lunedì 19 febbraio 2007, N.49.12www.oecd.org15


meglio il profilo dei <strong>Rumeni</strong> residenti sul territorio bergamasco.Secondo i dati relativi al <strong>2006</strong> in totale, in provincia di <strong>Bergamo</strong>,risiedono 78.165 stranieri, di cui 43.744 maschi e 34.421 femmine.I minori sono il 25,9% della popolazione straniera residente. I<strong>Rumeni</strong> regolarmente residenti in provincia di <strong>Bergamo</strong> sono 6133di cui 53,1% sono maschi.I <strong>Rumeni</strong> rappresentano il 7,8% degli stranieri residenti nellaprovincia; i comuni con la maggiore presenza di <strong>Rumeni</strong> sono<strong>Bergamo</strong>, con 780 persone, Romano di Lombardia, con 371, Carobbiodegli Angeli, con 159, Seriate, con 149, Martinengo con 145,Trescore Balneario con 113 e Cologno al Serio. Solo 39 Comunidella provincia di <strong>Bergamo</strong> non ospitano cittadini rumeni sul loroterritorio e si tratta sempre di Comuni dalle dimensioni esigue espesso situati nelle alti valle bergamasche. L’ubicazione dei Comunicon la maggiore presenza di residenti rumeni, che sono iprincipali centri urbani della provincia e che coprono abbastanzabene tutto il suo territorio, e il fatto che solo 39 Comuni sui 244che formano la provincia di <strong>Bergamo</strong> non registrino <strong>Rumeni</strong> residentisul loro territorio, conferma l’omogeneità della presenzarumena sul territorio bergamasco.Se si guardano, poi, i dati relativi ai 14 ambiti che compongonoil territorio provinciale, è l’ambito di Romano di Lombardia adavere il maggior numero di residenti rumeni, ben 1074, seguitodall’ambito di <strong>Bergamo</strong> e da quello della Val Cavallina, rispettivamentecon 947 e 676 <strong>Rumeni</strong> residenti sul territorio. A seguiresi trova l’ambito di Dalmine, l’Isola Bergamasca, l’ambito diTreviglio, quello di Seriate, quello di Grumello, la Val Seriana, ilBasso e l’Alto Sebino, la Valle Imagna, la Val Brembana e l’ambitodell’altra Val Seriana e Val di Scalve. Nessun ambito, neppurequello dell’alta Val Seriana e della Val di Scalve, vede la popolazionerumena non rappresentata. Questo conferma, ancora unavolta, l’omogeneità della presenza rumena sul territorio, a fronte,comunque, di una maggiore concentrazione intorno ai centriurbani più grandi.Se oltre alla presenza assoluta si analizza laconcentrazione di <strong>Rumeni</strong> rispetto alla media provinciale, sonoCarobbio degli Angeli, Fara Olivana ed ancora una volta Romano16


di Lombardia ad avere il primato. L’esigua concentrazione territorialeè confermata dalle elaborazioni dell’Osservatorio PoliticheSociali, Area immigrazione, della Provincia di <strong>Bergamo</strong> sui dati del2005: l’indice che rileva la tendenza a formare a livello comunalecomunità nazionali numericamente significative rispetto alla presenzain provincia di stranieri della stessa cittadinanza piuttostoche disperdersi sul territorio è stimato intorno al 50%, ma i datiindicano che esso tende a decrescere e che, nel triennio che vadal 2002 al 2005 esso è sceso di 7,2 punti percentuali.Nel 2005, la Romania risulta essere il quarto Paese di provenienzadegli stranieri presenti sul territorio provinciale, con 5369 cittadinirumeni residenti (si registra dunque un aumento della presenzarumena nel <strong>2006</strong>), preceduta da Marocco, Albania e Senegal. Il54,8% dei <strong>Rumeni</strong> residenti in provincia di <strong>Bergamo</strong> è compostoda uomini e il 21,4% da minorenni. Tra il 2002 e il 2005 la presenzarumena sul territorio risulta aumentata del 293,6%. Sempre relativamenteai dati del 2005, la configurazione dell’immigrazione rumenatra uomini e donne e tra adulti e minori risulta abbastanzastabile, anche se le tendenze in atto tra il 2002 e il 2005 registranoun lieve aumento della quota di uomini e di quella di minori.In base ai dati messi a disposizione dalla questura di <strong>Bergamo</strong>risulta che nel 2005 si registrano 4200 permessi di soggiorno appartenentia cittadini rumeni, di cui 2293 a uomini e 1907 a donne.Se si aggiungono i 1096 minori iscritti sul permesso di soggiornodi uno dei due genitori, al 31 dicembre 2005 risultano regolarmentesoggiornanti 5296 persone di nazionalità rumena. Dei 4200permessi di soggiorno risultanti, 2853 sono stati rilasciati per motividi lavoro e 1296 per motivi di famiglia. Dei restanti 6 sono permotivi di studio, 27 per turismo e 45 per altri motivi.Se si osservano, poi, i dati del 2004 della Prefettura di <strong>Bergamo</strong>circa le cittadinanze si vede che la Romania è terza rispetto alnumero delle richieste di cittadinanza, preceduta da Marocco adAlbania. In particolare il Marocco si caratterizza per un alto numerodi richieste132, di cui 99 avanzate da uomini e 33 da donne.La Romania fa registrare in provincia di <strong>Bergamo</strong> 22 richieste, dicui 2 presentate da uomini e 20 da donne. Nello stesso anno sono19


concesse 6 cittadinanze italiane a persone di nazionalità rumena,tutte donne ed esclusivamente per motivi di matrimonio. Questodato può stupire rispetto all’entità di quello relativo al Marocco:nel 2004 sono concesse 33 cittadinanze a persone marocchine:15 per matrimonio, di cui 4 a uomini e 11 a donne e 18 per naturalizzazione.Se questo divario è senz’altro dovuto alla diversa“anzianità” della migrazione marocchina e rumena, d’altro cantoesso conferma che il fenomeno dei matrimoni misti riguardaquasi esclusivamente le donne rumene e non gli uomini. Ancora,l’assenza di cittadinanze richieste per naturalizzazione può essereimputata a una più tarda emersione dall’illegalità da partedei migranti rumeni rispetto a quelli provenienti dal Marocco, mapuò anche far ipotizzare un minor interesse all’acquisizione dellacittadinanza italiana, legato all’ingresso della Romania nell’UnioneEuropea e alla non necessità di visto per entrare in Italia otornare in Romania o, ancora, a progetti migratori non definitivie più mobili rispetto a quelli marocchini. Nel 2005, a conferma diquanto detto, il numero delle richieste di cittadinanza da parte dipersone di nazionalità rumena diminuisce ancora e la Romaniapassa al settimo posto, con solo 17 richieste, superata anche daCuba, Argentina, Senegal e Brasile. Nello stesso anno sono concesse16 cittadinanze italiane a persone rumene, di cui 12 permatrimonio (2 a uomini e 10 a donne) e 4 per naturalizzazione (3a uomini e 1 a donne).I progetti migratoriA partire dalle conclusioni alle quali sono giunte varie ricercherealizzate su gruppi di migranti rumeni e da quanto emerge dalleinterviste realizzate, è possibile affermare che i progetti migratoridei <strong>Rumeni</strong> presenti in Italia e, nello specifico, sul territoriobergamasco sono molto vari e differenziati per quanto riguardal’organizzazione della mobilità. Nonostante questo, è evidentecome esistano delle catene migratorie e delle persone che hannofatto da esploratore sul territorio, che sono arrivate per primee che hanno in seguito richiamato familiari, parenti, amici, co-20


noscenti. Eppure, nel caso di <strong>Bergamo</strong> la figura dell’esploratoresembra svolgere la sua funzione più nel fornire un supporto ainuovi arrivati che non nel richiamarli in una città specifica dopoun’esperienza migratoria positiva. Questo non significa che tra imigranti rumeni queste dinamiche, che sono state messe in luceda altre ricerche, ma che, probabilmente, l’anzianità di migrazionedi questo collettivo di passaporto in Italia le rende meno visibilio meno rilevanti nei racconti dei <strong>Rumeni</strong> intervistati. Quello cheemerge in maniera preponderante è il ruolo che chi è già insediatosul territorio svolge nell’aiutare i nuovi arrivati, grazie alla risorsea sua disposizione. È il caso di un gruppo di <strong>Rumeni</strong> intervistatinel corso di questo lavoro, le cui relazioni sono tutte successiveall’arrivo a <strong>Bergamo</strong> e ruotano tutte intorno ad una stessa persona,una donna rumena presente in Italia da molti anni, che haaiutato molti membri del gruppo nella fase del loro insediamentoa <strong>Bergamo</strong>. In alcuni casi, il rapporto di conoscenza era antecedentealla migrazione, in altri i rapporti sono indiretti, mediatidalla conoscenza di altre persone che hanno fatto da tramite, inaltri ancora la conoscenza e la nascita del rapporto di amicizia èstata successiva all’emigrazione a <strong>Bergamo</strong>. La donna ha messoin relazione tutti i membri del gruppo, che ora intrattengono traloro relazioni autonome, ma che dichiarano tutti che questa donnaè stato il loro punto di riferimento iniziale. A parte il caso delle dueconnazionali sopra citate, solo pochi tra gli intervistati dichiaranorapporti con persone provenienti dalla propria città o dal propriovillaggio a <strong>Bergamo</strong>. Le persone intervistate arrivano tutte da partidiverse della Romania, fatta eccezione per una leggera sovrarappresentazionedelle persone provenienti da Brasov 13 .La decisione di migrare rimane qualcosa di estremamente individuale,che differenzia ognuno degli intervistati. Bisogna, tuttavia,distinguere tra chi, come alcune delle intervistate, è venuto inItalia in seguito al fidanzamento o al matrimonio con un italiano13Non è probabilmente un caso se la neonata associazione Dacia stiaportando avanti il progetto di un gemellaggio tra <strong>Bergamo</strong> e questa cittàrumena della Transilvania.21


e tutti quelli che, invece, sono arrivati nel nostro Paese per studiare,lavorare e anche un po’ per caso. Per i primi, infatti, è ilrapporto con il proprio partner a determinare la migrazione, oltreche a determinare, poi, l’inserimento e la permanenza nel Paesedi arrivo, mentre per tutti gli altri le motivazioni alla base dellapartenza sono le più diverse: dal tentativo di migliorare la propriavita, alla ricerca di un lavoro, alla soggiorno studio in Italia che si èprolungato fino a diventare definitivo. Ovviamente c’è anche chi haseguito il proprio partner, già emigrato in Italia, per ricongiungerela famiglia. Per tutti gli intervistati la decisione di migrare non èmai scaturita da una situazione di reale indigenza in Romania, maquasi sempre da una scelta consapevole mirata a migliorare leproprie condizioni e le proprie possibilità di vita. In alcuni casi, poi,la scelta di migrare è dovuta al tentativo di realizzare progetti ditipo sociale in Romania e dalla necessità di reperire risorse, nonsolo economiche, all’estero, in questo caso in Italia.“Primo ero timida, non pensavo che io ero capace di cominciare unanuova vita, ma avevo un grande sogno, di fare un asilo per bambinipoveri. Allora, per questo mi sono buttata. Adesso sono riuscita afarmi una vita nuova, adesso c’ho anche la fiducia dentro di me, lidevo ringraziare a quei bambini. Certo che non sono riuscita a fareniente, il progetto c’è, ma è difficile, perché sono da sola, allora devolavorare un po’ di più per fare il progetto, comprare la terra, dopocon il progetto posso andare da quelli più grandi della Romania achiedere soldi per fare cose” (intervista 6a).Come mai sei venuto in Italia?“Ho litigato con loro [i genitori]. Non dovevo venire, dovevo stare coni miei”.Quindi hai litigato con loro e hai deciso di partire?“Ma proprio in 3 giorni”.E dove sei andato?“Prima sono stato a Roma. Madonna che fame che ho fatto, madonna mia”.Lavoravi a Roma?“Lavoravo ma...pagavano pochissimo, ma proprio poco, pochissimo.22


Un brutto periodo, mangiavo solo patate, non scorreva più il sangue”.Ma sei andato a Roma perché conoscevi qualcuno?“Sì, avevo un amico e siamo stati insieme. Stavo da lui, in quel periodolà. Dopo dovevo tornare in Romania e ho avuto un altro amicoche si è stabilito qua e sono rimasto[...]”.Perché l’Italia? Cosa pensavi di trovare?“La verità è che non è che ho saputo cosa trovavo qua, mamma mia,se sapevo non andavo via da casa. Stavo là, come diceva mio padre,come un verme, non avevo problemi, appena mi mancava qualcosa...-papà, sai ti voglio bene” (int.8).In nessuno dei casi il viaggio è stato segnalato come un passaggioproblematico della migrazione. Questo può essere ricondotto adiverse ragioni. Per coloro i quali il viaggio è avvenuto prima del2001, prima cioè di quando venisse abolito l’obbligo di visto peri <strong>Rumeni</strong> in ingresso in Italia, le difficoltà di passare le frontieresono tali da far ipotizzare una sostanziale reticenza nel forniredettagli e spiegazioni. Solo gli intervistati da più tempo in Italiahanno accennato al proprio viaggio “da clandestino”.“Ho pagato 2000 dollari, ho pagato la Visa, neanche non mi ricordo,avevo una Visa per andare in Lussemburgo, qualcosa del genere, doponon mi ha fermato nessuno, non mi ha chiesto niente nessuno e sonovenuto qua. Però dopo dal 2000 fino al 2003 non sono andato in Romania,perché se andavo non potevo più tornare. Erano quelle leggi là...che non si poteva fare niente. Dopo è cambiato tutto” (int. 8).Per tutti gli altri il viaggio è avvenuto abbastanza semplicementee l’ingresso in Italia è cominciato come un soggiorno turistico, poiprolungatosi. Questo non significa, comunque, che al momentodella partenza e al viaggio non siano legati sentimenti forti, emozionie paura...paura della nuova vita che attende, paura di passarele frontiere. Perché, come dice questa signora, nonostantesia partita con un visto turistico “ma io tremavo perché sai, vediquello della frontiera e ho paura”.L’arrivo a <strong>Bergamo</strong> e, quindi, in questa città piuttosto che in un’al-23


tra, non avviene per caso. Questo non significa necessariamenteche gli intervistati avessero un progetto migratorio preciso, organizzatoe strutturato. Sia per quelli per cui <strong>Bergamo</strong> è stata laprima meta che per quelli che ci sono arrivati solo in un secondomomento, la scelta della città è dovuta a qualche conoscenza cheha portato l’intervistato ad installarsi sul territorio provinciale. Unconoscente già presente in città, l’amica di un’amica della sorella,un parente, un datore di lavoro, un conoscente incontrato inun’altra città...sono molto le ragioni che possono averli portati a<strong>Bergamo</strong> e sono tutte più o meno casuali. Le modalità di arrivo e iltipo di contatto avuto, di solito, hanno determinato anche la primasistemazione a <strong>Bergamo</strong>. Chi ha ricevuto l’aiuto di un conoscenteo un amico durante la decisione di emigrare e di stabilirsi a <strong>Bergamo</strong>riceverà, probabilmente, l’aiuto di questa persona anche perinstallarsi in città o in provincia e per trovare un lavoro.“[Mio marito] prima era a Venezia, nella zona veneta, che facevavivaio lui, e poi si è trasferito qua perché qui aveva un cugino e lìessendo solo, non aveva conoscenti o amici, siccome tutti erano quaè venuto anche lui qua” (int. 5a).Per chi è arrivato a seguito del matrimonio o del fidanzamentocon un Italiano la permanenza a <strong>Bergamo</strong> è relativamente facile,almeno dal punto di vista amministrativo. Sistemare i documentie regolarizzare la propria situazione è quasi automatico e la necessitàdi trovare un lavoro per qualcuno è meno impellente. Perqueste persone i problemi sono meno legati alla “sopravvivenza”quotidiana e hanno a che fare, invece, con il senso di spaesamentorispetto ad una cultura nuova o ad una lingua che non si conosce.Se il rapporto con una persona italiana rende più facili le cose,esso può, però, determinare un senso di isolamento, acuito dallascarsa conoscenza della lingua. Tutti gli intervistati in questasituazione lo hanno dichiarato, anche se hanno poi sottolineatodi essersi ben integrati con i familiari e i conoscenti del propriopartner. Di fronte ad una “comunità invisibile”, come quella rumenaè stata spesso definita, avere contatti con i propri connazionali24


è ancora più difficile per queste persone.“Difficoltà della lingua, difficoltà di...Allora <strong>Bergamo</strong> è una città unpo’ più particolare, nel senso che sono un po’ chiusi, abbastanzachiusi direi. E uno straniero quando arriva, ci sono delle barriereda scavalcare. Perciò chiedo che per superare queste cose ci vuoledel tempo, perché ti devono conoscere, non so. Però ho avuto delledifficoltà, nel senso che non avevo amici, non avevo nessuno, ero dasola,10 mesi zero totale, guardavo la tv, imparavo la lingua, nientealtro” (int. 5a).Quindi qua conoscevi Italiani ma non <strong>Rumeni</strong>?“No, nessuno, prima Rumena che ho conosciuto è stata lei. Ho sentitoper la strada e ho capito che era rumena, arrivava suo marito egli diceva -ti preparo cosa per cena stasera da mangiare?-, ho dettoè Romena e mi sono girata. Perché a quei tempi non c’erano tanti<strong>Rumeni</strong>, ero contento di poter parlare Rumeno con qualcuno. E cosìci siamo conosciute, perché abitiamo sulla stessa strada. Per caso,certo. Ci siamo conosciute così, abbiamo cominciato ad uscire un po’.È la prima Rumena che ho conosciuto”.Quindi dal ’92 al ’97 non hai frequentato altri <strong>Rumeni</strong>?“No, perché non conoscevo nessuno” (int. 5b).Per tutti gli altri invece, è diverso. Sono, infatti, la preoccupazionedi trovare un lavoro, di sistemare i propri documenti, di capire laburocrazia italiana, di orientarsi in una società nuova, di riuscirea comunicare ad essere citati nei racconti del primo periodo inItalia di chi è arrivato da solo.“Perché avevo bisogno di lavorare, per i soldi, e come qui l’euro è piùpotente che in Romania, dico va bene, vado. Ma ho fatto uno sbaglio,perché sono andata così, che sarà sarà, non è bene! Io dico a tutti,ascoltate bene, quando volete fare questa esperienza meglio di impararela lingua, di leggere un po’, perché così l’integrazione è piùfacile. Invece io sono arrivata qui, sai come ho imparato la lingua? Mihanno messo in una casa con una signora anziana e lei mi ha chiestoun bicchiere di acqua, io sono andata perché acqua sapevo ma bic-25


chiere no, sono andata in cucina, gli facevo vedere: -Questo?-. No.-Quello?-. No. -Porca miseria, voglio un bicchiere di acqua-. Così hoimparato io la lingua italiana. Per forza. [...] Lei [l’amica che la ospitavain Italia] andava al lavoro, io mi trovavo da sola, non conoscevola lingua, ho passato brutti, proprio due anni ho fatto fatica a viverequi. [...] Prima di tutto avevo paura dei carabinieri, non ho avuto problemima la paura c’era. Alla fine dico se mi prendono va anche beneperché sono stanca di questa vita. Ma non mi hanno preso. [...] [orache ha il permesso di soggiorno] è meglio, si vive meglio così, perchéio c’ho la voglia di fare la scuola di infermiera, la patente, la scuolaguida, sai con il permesso ti si aprono proprio le porte” (int. 6a).“Io non sapevo niente, sapevo solo ciao buongiorno, quelle robe lì,perché mio marito quando lavorava nella zona veneta veniva tutti glianni insieme al suo capo, col pulmino venivano e stava una settimanainsieme a noi, quindi vedendo loro che parlavano, perché mio maritodoveva fare da tramite altrimenti non riuscivamo a capirci. E questosignore era molto simpatico...Poi somiglia tanto, perché la lingualatina, comunque tante parole sono uguali quasi, per esempio pane”(int. 8).Arriva poi la ricerca di un lavoro e, in seguito, la possibilità diregolarizzare la propria presenza in Italia e di trovare una sistemazioneabitativa più idonea. E, così, la possibilità di inoltrare lepratiche di ricongiungimento familiare e ritrovare finalmente lapropria famiglia. E’ la storia di molte famiglie delle persone chesono state intervistate. È la storia di ragazzo rumeno che ha raccontatoche il padre lavorava in Romania per una ditta statale, chepoi è stata venduta ad un privato, spingendolo a venire in Italia acercare lavoro. Dopo circa un anno e mezzo la mamma è andataa trovare il marito in Italia; doveva essere solo per tre mesi e poisarebbe rientrata in Romania, ma alla fine si è fermata anche lei.E l’anno dopo sono stati lui con suo fratello a raggiungerli. Ora ilpadre ha una sua ditta da due anni, con dei dipendenti, e la madrefa la babysitter. Lui studia al liceo scientifico e sogna di fare ilpilota. E’ la storia di questa donna, che ha raggiunto suo marito,26


che già da qualche anno lavorava a <strong>Bergamo</strong>.“Io sono arrivata nel ’96, c’era mio marito qui in Italia già a quei tempi,noi ci siamo sposati in Romania, lui era venuto senza di noi, perchéavevamo già una bambina. E la bambina ha compiuto 4 anni quando èvenuta anche lei, sempre nel ’96. Ho sempre lavorato in casa, comecollaboratrice domestica, fare le pulizie, sturare, fare un po’ di tuttoe niente. Là ho fatto il tappezziere di mestiere, però qua per aprireun mio laboratorio ci vogliono tanti soldi e non li avevo. E sono statacostretta a fare questo lavoro, che mi piace, perché conosco tantagente, mi trovi bene...Mio marito lavorava già qui, poi sono arrivataio per 4 mesi non ho lavorato, dopo ho trovato qualcosina, e poi horiempito tutta la settimana. Adesso mi devo clonare per fare tutto.Sono tanti che mi vogliono bene, perché poi vado un po’ in questagrande famiglia, dove ho iniziato” (int. 5a).Eppure, alcune distinzioni devono essere fatte. In primo luogo, lecose sono un po’ diverse per le donne che arrivano sole e che, ancoramolte, lavorano come colf a ore e assistenti familiari di tipoconvivente nelle case bergamasche. La loro situazione non arrivamai a stabilizzarsi veramente e sono sempre esposte al rischio diindietreggiare nel loro percorso migratorio. Questo perché la lorosituazione lavorativa è a tempo determinato e può interrompersi,ad esempio, per il venire a mancare dell’anziano che accudiscono.Ma poiché queste donne, spesso, abitano presso la personache accudiscono o la famiglia per cui lavorano, perdere la propriaoccupazione significa anche, e in breve tempo, perdere la propria“casa”. E questo, ancora prima della perdita del lavoro, può averedelle conseguenze davvero pesanti. Bisogna, poi, considerare chel’orario e il carico di lavoro che queste donne affrontano lascialoro poco tempo per intrattenere rapporti interpersonali e, peresempio, stringere amicizie e legami con i propri connazionali eche i contatti che queste donne hanno spesso e volentieri coinvolgonoaltre connazionali che svolgono la stessa occupazione, e che,quindi, sono nell’impossibilità di ospitarle in queste situazione. Lepiù sfortunate devono cercare aiuto presso qualche associazioneo comunità ed è proprio questa l’esperienza del dormitorio fem-27


minile della Caritas, i cui operatori hanno sottolineato come ledonne rumene che ospitano abbiano tutte questo tipo di problemi.Si tratta, certo, di una situazione temporanea, ma che è passibiledi risolversi a condizione di trovare una nuova occupazione dellostesso tipo.Ancora, è importante non considerare il ricongiungimento familiarecome un processo a-problematico. Nonostante la vicinanzadella lingua e della cultura rumena alla lingua e alla cultura renda,forse, meno difficile l’inserimento in Italia, non bisogna dimenticareche il ricongiungersi della famiglia in un Paese straniero,in una società nuova, diversa da quella di partenza, non è, comesi vorrebbe, un passaggio lineare e l’esito e la stabilizzazione diun processo, quello migratorio. Lungi dal segnare la conclusionedi qualcosa, i ricongiungimenti familiari sono processi delicati espesso complicati, sia dal punto di vista dei rapporti di coppia chedi quelli tra genitori e figli. Le testimonianze degli intervistati mostranocome l’arrivo in Italia, anche per chi aveva già parte dellafamiglia nel nostro Paese, non è sempre così facile. In particolareè forte il pericolo dell’isolamento delle donne all’interno dei nucleifamiliari ricongiunti.“Sinceramente all’inizio i primi due mesi sono stato a casa perchéora che hanno organizzato con i documenti per iscrivermi a scuola,insomma ero solo io e mio fratello e basta, i primi due mesi è statoun po’ bruttino, anche perché non conoscevo nessuno, quindi starein casa, guardare la tv, non era il massimo. Poi una volta iniziato lascuola è stato diverso, ho conosciuto i miei compagni, le mie compagnequindi...[...] è stato difficile all’inizio perché mi parlavano erispondevo sempre sì sì sì. Quello lo fanno un po’ tutti” (int. 6b).Nelle risposte degli intervistati alla domanda circa quali sianostati maggiori problemi incontrati durante la loro permanenza inItalia sono due quelli ricorrenti: i problemi burocratici e i problemidi lavoro, specie circa l’ammontare dello stipendio e la regolarizzazionedella propria posizione lavorativa. In merito al primopunto si potrebbe obiettare che a seguito dell’ingresso della Ro-28


mania in Unione Europea i problemi amministrativi e burocraticisi siano ampiamente ridotti e da un certo punto di vista è propriocosì. Sono, infatti, i problemi passati che quelli che animano iracconti degli intervistati: le code in questura, i documenti chemancano sempre, i permessi di soggiorno da rinnovare sempre.Eppure nei racconti di qualcuno sono proprio i problemi legatialle nuove procedure amministrative a seguito dell’ingresso dellaRomania a destare la maggiore preoccupazione. I cambiamentilegati al fatto che i cittadini rumeni presenti nel nostro Paese nonsono più “extra-comunitari”, ma, appunto comunitari se, in teoria,dovrebbero semplificare molto le pratiche amministrative legateal regolare soggiorno in Italia, in pratica, specie nei primi tempi,le hanno complicate. Questo perché l’amministrazione pubblica,spesso, non ha saputo adattarsi in tempo al nuovo statuto acquisitodai <strong>Rumeni</strong>. Basti pensare alle conseguenze sull’assistenzasanitaria: da un giorno all’altro i <strong>Rumeni</strong> hanno avuto bisognodi essere in possesso della loro tessera sanitaria rumena validaper l’estero per poter usufruire dell’assistenza sanitaria italianasenza doversi accollare tutti gli onorari. E procurarsela, per chiè in Italia con tutta la sua famiglia da molti anni, può non esserecosì automatico. Ma, sopratutto non è stato facile avere accessoalle informazioni, sapere cosa si doveva fare, e non solo per icittadini rumeni soggiornanti nel nostro Paese, ma anche per leistituzioni e i servizi preposti a fornirgliele. Perché se un ufficionon rinnova più, anzi ritira, i permessi di soggiorno ai <strong>Rumeni</strong> invirtù del loro nuovo statuto di cittadini comunitari, altri continuanoa chiederglieli per sbrigare altre pratiche. E in questa situazionesentirsi spaesati è facile. Così, nessuno degli intervistati ha maidichiarato di vedere nell’immediato i vantaggi dell’ingresso dellaRomania in Unione Europea, almeno rimanendo in Italia, anche setutti hanno, invece, sottolineato come questo ingresso rappresentiuna grossa opportunità per il loro Paese.Un’altra fonte di lamentele per gli intervistati è il lavoro o, meglio,le condizioni lavorative che sono costretti a subire. Questoemerge dai racconti delle carriere lavorative che hanno intrapresein Italia: situazioni lavorative passate e presenti più o meno29


precarie, stipendi forse in po’ troppo bassi, documenti messi inregola troppo tardi. Così, quando arriva la domanda circa la qualitàdei rapporti intrattenuti con gli italiani incontrati, la rispostaè, spesso, che sono ottimi, ma nei rapporti di lavoro si rimproveraloro la tendenza a pagare poco, meno del dovuto, o a non volerlimettere in regola.“La mia solo problema, parlo di mio punto di vista, che non paganocosì bene, si approfittano sempre un po’ di quelli senza documenti,e anche se lavori per loro uno o due anni, si fidano di darti le chiavidella casa ma non si fidano di darti i documenti. E io ho avuto questoproblema che mi hanno pagato sempre male, fino a quando mi sonoarrabbiata ho detto va bene io prendo così, come tutti, non è che iovoglio prendere di più. E adesso è meglio” (int. 6a).E i progetti per il futuro? Ognuno hai i suoi sogni e i suoi piani.C’è chi sta tornando a casa, chi vorrebbe tornare ma non sa se lofarà, chi in Italia ha trovato la sua casa e non pensa che torneràindietro in futuro.“Adesso come adesso la Romania la vedo più come un posto di vacanza,perché mi sento più a casa qui sinceramente. Perché lì civado una settimana, due poi torno a casa qui, quindi è più un postodi vacanza direi” (int. 6b).A dichiarare di voler tornare sono la maggior parte degli intervistati,anche se i motivi che li spingono sono differenti. Qualcuno èstanco dell’Italia, dell’aumento del costo della vita, del caro affitti,dei prezzi saliti per colpa dell’euro. Qualcuno è stanco per via delproprio lavoro, per lo stipendio che non viene pagato in tempo,per il datore di lavoro troppo furbo. Altri invece vogliono tornarein Romania per aprire un’attività e sfruttare l’aria di rinnovamentoe crescita economica che si respira lì...“Adesso a dicembre provo ad andare, dovevo andare a settembrema non sono usciti i documenti per il bambino, provo a dicembre,30


se guadagno un quarto, no, un quarto è poco dai, metà di quello cheguadagno qua non torno più. Neanche non voglio vederla più l’Italia.Meglio a casa...e in più non sono i problemi. E adesso è proprio unbrutto momento per i soldi, sto aspettando sempre. Avevo un’attivitàin Romania, ma prima ero giovane, non interessava niente. I miei miaspettavano, aspettano ancora. [...]qua in Italia devi trovare la personagiusta, che ti paga per quello che sai fare, se no...meglio andarea casa, stare tranquilli, a pescare, così [...]. [In Romania dopo l’ingressoin Unione Europea] si guadagna di più, però cosa succede?I costi...tutte le cose costano di più, sono più care.”E allora perché vuoi tornare?“Meglio mangiare una patata a casa mia, che un maiale qua in Italia.[...] Prima pagavano pochissimo, adesso cominciano a pagareanche là, è un altro prezzo, piano piano va avanti. [...][Gli stipendi]se li raddoppiano è poco, è pochissimo, però non si sa mai, se trovila persona giusta. Non è che là non sono dei ladri, però è un’altracosa” (int. 8).“All’inizio [mio marito] era venuto per comprare una macchina, poiè rimasto qua, ha speso i soldi, non trovando una macchina, non trovandoquello che ha voluto lui, poi ha incontrato degli amici, dice –daifermati qui da noi-, l’hanno ospitato, poi è tornato. È tornato senza lamacchina, però con i soldi che aveva già iniziato a lavorare, era inutilestare lì a fare niente. Ha iniziato da un niente. E io, perché lui non volevatornare, perché si trovava bene, dice –dai, tanto vieni anche tu-.Poi abbiamo portato anche la bambina e siamo rimasti qua”.E quindi volevi venire anche tu o...“E’ un po’ difficile, perché comunque lì hai la famiglia, hai la tua casa,avevo un bel giardino, qua mi manca il giardino, perché vivendo in unpalazzo hai solo un piccolo terrazzo, quindi ero abituata a lavorarenel giardinetto, che tutte le volte andavo col cestino a ritirare dell’ortoper fare da mangiare a mezzogiorno. Quindi era anche un piacere.Comunque la casa ancora ce l’abbiamo là e vogliamo trasferirci adessodi nuovo là. Lui già è lì, perché vuole aprire un’attività nostra, unautolavaggio grande. Adesso lo costruiscono, quindi per questo noisiamo ancora qui, con i bambini, però poi andiamo anche noi. Quindi31


ci trasferiamo di nuovo là, dopo 12 anni che siamo qui”.E i tuoi bambini cosa dicono?“Sono contenti, solo che la più grande adesso, avendo 16 anni, ha iniziatoil liceo, sarà più difficile per lei per la scuola, anche se Bucarestc’è un liceo dove adesso si studia quello che ha scelto lei, perché hascelto l’artistico...Pensavamo di lasciarla qui, perché c’è anche miasorella qua con il figlio, e venire magari due o tre settimane comefa magari...adesso mio marito fa così, viene a trovarci, si ferma connoi una settimana. Infatti è partito ieri e va a vedere come vannoi lavori[...].Abbiamo portato la bambina all’asilo, poi ha iniziato lascuola, abbiamo comprato un appartamento”.Quindi avete comprato casa?“Sì, e adesso vendiamo, perché vogliamo trasferirci là”.Dopo quanto avete comprato casa?“Dopo un bel po’, perché sono soltanto 3 anni che l’abbiamo comprata[...].Infatti noi abbiamo deciso di trasferirci anche per quello, perchécon un mutuo, con pagare una macchina che la compri semprea rate, tra una cosa e l’altra, il condominio, se arriva l’assicurazione,ogni mese c’è qualcosa, e quindi alla fine dici, lavoro e poi tantoadesso non puoi più mettere da parte neanche una lira, spendi perle cose...il mangiare, tutte le spese e le bollette. Nei ristoranti nonci vado più ormai, una volta uscivamo a mangiare la pizza, anche insieme,adesso ormai vado a prendermi una pizza e la mangio a casa.[...] Speriamo bene, perché poi comunque abbiamo scelto una bellazona, sulla strada, c’è questa strada principale dove passano tutti,anche i camion, tutti, tutto passa di là. E dall’altra parte della strada,a quasi 6 km c’è la ditta che da anni, faceva aeroplani. E quindiadesso vogliono fare aeroporto su quel pezzo di terra che è rimastodove si facevano i collaudi, per gli aerei. Quindi adesso lì voglionofare l’aeroporto. Quindi una bella zona, speriamo, che abbiamo unsacco di clienti”.L’idea di tornare è venuta pian piano?“E’ venuta più che altro a lui, perché sempre parlando con il suocapo, l’ultimo capo, insieme hanno deciso, infatti lui è diventato ilnostro socio. E quindi apriranno questo autolavaggio, perché lui si èstufato un po’, così hanno deciso insieme”.32


E tu sei stata d’accordo subito?“Non subito, perché comunque non è facile spostarsi dopo un belpezzo della tua vita, sono 12 anni della tua vita, passati qua, praticamenteio vado là, sono straniera nel mio Paese, perché tante cosesono cambiate in 12 anni, e quindi è un po’ difficile. però ci sono ivicini, ci sono i miei genitori, mio fratello, tutti” (Iint. 5a).Il motivo dell’aumento dei rientri in patria dei migranti rumeniè dovuto proprio all’ingresso del loro paese nell’Unione Europeae alla sensazione che si sta diffondendo. Gli aiuti economicidell’Unione Europea, gli aumenti degli stipendi dovuti alla mancanzadi manodopera, i richiami in patria da parte del governo, lafatica di vivere in Italia, i prezzi in aumento...sono tutti fattori chespingono a rientrare.“Dal punto di vista della manodopera è molto più in difficoltà. Propriooggi su metropoli c’è un’intervista del Primo Ministro rumenodove spiega proprio questa difficoltà. Tutto questo esodo di manodopera,ma anche specializzata, c’è gente che ha studiato, praticamentemette un po’ in crisi l’economia del Paese. Adesso succedein Romania quello che è successo 20 anni fa in Italia, sono arrivati iprimi immigrati. Ci sono le fabbriche che iniziano a assumere Cinesie gente dell’ex Unione Sovietica, anche perché non c’è più chi lavora.È un pericolo questo, perché se no l’economia si ferma. Addiritturastanno facendo degli appelli alla comunità, ai <strong>Rumeni</strong> che sonoall’estero, di tornare in Romania. Mi è capitato di sentire persone chesono tornate. Infatti io credo in pochi anni saranno in tanti a tornare,anche perché dal punto di vista dell’economia stessa, dell’edilizia,cominciano a costruire adesso. C’è proprio questo sentore, che ilbenessere si sposta di là. Io non dico che qui finisce, diciamo chequi siamo arrivati ad un punto di saturazione, la gente è in continuaricerca di qualcosa di nuovo. In questo momento di là lo stipendio nonè all’altezza, perché se di là lo stipendio diventa all’altezza, quantomeno si avvicina a quello europeo, assisteremo a un rientro ma a unflusso anche...non soltanto il rientro dei <strong>Rumeni</strong>, ma anche di altrepersone interessate” (int. 3).33


Alcuni lo fanno davvero, altri sognano soltanto e non sanno quelloche succederà perché nella vita, si sa, non sai mai quello chesuccederà.“Qui in Italia ho imparato che non si fanno mai progetti. Va beh, li faima non metti tutto il cuore, perché la vita è così come è e tante voltesi cambia e devi proprio fare progetti passo per passo, solo quello cheti succede e non quello che sogni di fare, è diverso. Ma in Romanianon sapevo questo, pensavo che lo faccio ma non è così” (int. 6a).Colf, assistenti familiari e muratori:le attivita’ lavorative dei migranti rumeniI dati delle varie ricerche e quelli di volta in volta citati dai variarticoli sui giornali evidenziano come, tra i migranti rumeni, spessogli uomini lavorino nel settore dell’edilizia e le donne, invece,siano occupate nel lavoro di cura. Gli uomini, dunque, sembranoinseriti in modo più o meno stabile nel mercato del lavoro, mentrela posizione delle donne, casalinghe o lavoratrici che siano, apparepiù precaria e maggiormente isolata, rispetto alla comunitàlocale nella quale i migranti si inseriscono. La difficoltà nel farriconoscere i propri titoli di studio, tra l’altro, affligge significativamentele loro possibilità di impiego e di mobilità lavorativeascendenti.“Ci troviamo comunque in un Paese che ci ha adottato, c’è chi è riuscitoad inserirsi senza grossi problemi oppure il percorso è piùdifficile. Vedo che in particolar modo le donne hanno più difficoltà,anche perché tante donne sono qua a lavorare per qualche anno,magari hanno lasciato la famiglia di là, bambini o cose del genere.L’uomo è un po’ più...un po’ meno traumatico l’inserimento, perchéuna volta che ha raggiunto il posto di lavoro in fabbrica o sul cantiere,poi si fa gli amici, è diverso. Le donne è diverso, soffrono un po’ dipiù” (int. 3).In precedenza è già emersa la fragilità e la complessità della34


situazione delle donne rumene impiegate nel lavoro di cura, perle caratteristiche stesse dell’attività lavorativa che svolgono, chele impegna pesantemente sia a livello fisico che emotivo e chelascia loro poco spazio per la vita privata. Questa situazione, el’isolamento che comporta, è ancora più grave per quelle donneche sono arrivate in Italia sole o che vivono presso l’abitazionedella persona che assistono. Esistono, infatti, delle differenzetra la situazione di queste donne e quella di chi, invece, ha lapropria famiglia presente sul territorio o tra la situazione di chiappena arrivato e quella di chi si è stabilito nel nostro Paese giàda un po’.“Di solito chi lavora a ore è già un po’ di anni che è qua in Italia,quindi ha già messo da parte un gruzzoletto che gli permette ditrovare un monolocale, un bilocale, una sistemazione. Quindi si dàda fare, cerca un lavoro a ore, magari anche più di uno a settimana,magari uno nella mattinata e uno nel pomeriggio però hanno unaloro casa, quindi comunque può darsi che ci sia qua il marito e checi siano figli. Quindi non sono disposte a fare una convivenza, ancheperché una convivenza non è comunque facile. Rimani legata7 giorni su 7. Perché da contratto hanno diritto alla domenica e aun pomeriggio libero a settimana, quindi avrebbero diritto a farefuori una notte, ma se questa persona non ha una sistemazionedorme lì anche il sabato notte. Poi a maggior ragione magari gli sichiede di fare gli straordinari domenicali e il più delle volte questepersone accettano di farlo, anche perché sono qua per guadagnare”(int. 1).Il recente ingresso di questo Paese nell’Unione Europea potrebberafforzare la presenza delle donne rumene sul mercato dellavoro di cura, anche grazie alla facilità con cui la loro posizionelavorativa può essere messa in regola, come evidenza una personache lavora in uno sportello dedicato al collocamento di colfe assistenti familiari e al disbrigo delle pratiche relative alla loroassunzione.“Il mercato con l’Est europeo è aumentato tantissimo, soprattutto35


adesso con l’apertura delle frontiere con la Romania [...] Abbiamovarie età, dalla ragazza di 25, 30 anni che però in Romania, in Biellorussia,in Ucraina è già laureata, quindi ha già una cultura suaalla base, come arrivano persone di 40, 50 anni che però sono giànonne. Anche perché là si sposano molto presto e partono già con laconvinzione ben precisa di rimanere qui anche solo pochi anni, permettere da parte il gruzzolo, i soldi che a loro servono per realizzareun sogno, per realizzare una cosa, vuoi per far sposare i figli, vuoi farcontinuare gli studi ai figli, vuoi finanziare, finire di pagare il mutuodella casa e poi basta, loro prendono e se ne vanno. Rispetto a personeche sono qui da tanti anni, africane, peruviane, boliviane, chesono già insediate nel territorio di <strong>Bergamo</strong> con la famiglia, quindirimangono per più anni. Invece come dicevo prima c’è un via vai incredibiledelle persone dell’Est [...] Beh, abbiamo visto allargare leporte notevolmente, questo non so se è una cosa positiva o negativa.Anche perché sinceramente alcuni contratti non sono ben chiari, cioènon sai se ti serve esclusivamente perché rientri nella categoria perrinnovare o per fare la carta di soggiorno oppure se è una scelta dilavoro vera e propria. Anche perché c’è un turnover incredibile, cisono persone che rimangono qui a lavorare 1 mese, 2 mesi, 3 mesi,quindi poi se tornano nel loro Paese e basta, non tornano più, o sehanno sistemato la loro posizione a livello di documenti. Questo comedomanda ce la poniamo, ce la stiamo ponendo, sopratutto con lepersone più giovani. Anche perché la carta di soggiorno diciamo chenon serve, ma se decidi di aprire un mutuo o un contratto d’affittote la chiedono. Quindi le assunzioni non sai fino a che punto sonoveritiere” (int. 1).Quello che è importante mettere in luce qui, al di là delle esperienzelavorative spesso difficili e pesanti di queste donne, sono glieffetti imprevisti dell’ingresso della Romania nell’Unione Europea.Innanzitutto, è opportuno ricordare che per i Paesi neocomunitarila libera circolazione dei lavoratori si applica solo ad alcunisettori, tra cui quello di cura. Per questo l’intervistata ipotizzala possibilità che stipulare dei contratti in questo settore possadivenire un modo per ottenere una carta di soggiorno. L’ingresso36


della Romania nell’Unione Europea può creare anche altre dinamiche:alcuni intervistati, hanno, infatti, messo in luce come,contrariamente a quanto si potrebbe ipotizzare, proprio il fatto diessere facilmente regolarizzabili possa diventare un incentivo peril lavoro nero. Se, quindi, da un lato, l’ingresso della Romania, chesnellisce di molto le pratiche per l’assunzione regolare delle assistentifamiliari e delle colf rumene, le avvantaggia sul mercato dellavoro rispetto alle loro colleghe di altre nazionalità, dall’altro propriola facilità con cui le lavoratrici rumene possono regolarizzareil proprio soggiorno in Italia potrebbe esporle al rischio del lavoronero o a quello di vedersi preferire lavoratrici di altre nazionalitàche, presenti irregolarmente in Italia, non avrebbero altra sceltache accettare condizioni di lavoro non regolari. Di questo avvisoè la persona le cui riflessioni vengono riportate di seguito, unadonna rumena particolarmente impegnata nel tessuto societarioe nella vita della comunità e, quindi, a contatto con un elevatonumero di persone.“Ci sono state delle cose positive, ma anche negative. Negative...èun dato di fatto, più persone sento più emerge questa cosa qua, c’èmolto sfruttamento della manodopera. C’è ancora molto lavoro innero. E in più adesso, parlando con diverse donne, prima comunquelavoravano in nero, come motivazione da parte delle famiglie eraquella che non potevano sai, i flussi e le altre cose, ma io dico checomunque è un peso per le famiglie che hanno in casa, mi riferiscoa questa categoria in questo caso, che hanno in casa le persone a cuiaffidano gli anziani e cosa del genere farle lavorare a libri. Perchéci sono, oltre...aumenta la spesa. E io ho visto, ho sentito dei casi incui praticamente le signore sono state lasciate a casa per esseresostituite da persone che arrivano dai Paesi che non sono europei.Perché costano di meno, naturalmente come era la Romania prima.Poi c’è anche l’altra cosa, nel senso che è più facile assumere, perchéci sono operai, personale specializzato, che è più facile anche per ildatore di lavoro...è più facile l’assunzione, è più semplice anche laregolarizzazione” (int. 3).37


Questa stessa persona mette in luce come l’ingresso della Romaniain Unione Europea possa d’altro canto, proprio grazie allasemplicità della procedura di assunzione, rappresentare unachance per molte donne per uscire dal lavoro di cura e cercaredi arrivare a posizioni lavorative maggiormente vantaggiose, siadal punto di vista remunerativo che delle condizioni di lavoro. Perquesto, probabilmente, la presenza delle donne rumene in questosettore è in lieve diminuzione.“Per me è stazionaria come situazione, non ha subito grandi cambiamenti.Succede, ti dico per quello che so io, che una volta la regolarizzazionedella posizione la gente sta cercando di meglio, ioconosco donne che prima facevano le badanti e che adesso lavoranoin fabbrica. Uno stipendio, a libri, con tutto quanto, che permette dipagare il mutuo e tutto quanto. Perché fare le badanti comunque,non hai uno stipendio, è molto faticoso e non hai un’entrata che tipermette di fare qualcosa per te. Cosa fai? Metti i soldi da parti eli mandi al paese e qui fai una fatica...per me è stazionario o forsesta diminuendo, molte donne che conosco io hanno lasciato questolavoro per qualcosa di meglio. E qualcosa di meglio è un lavoro cheti permette di avere una condizione economica migliore, anche perchédopo ti fai una casa, ti compri una macchina, cominci ad essereindipendente, mentre il lavoro da badante ti costringe molto a starein casa e accettare, condividere la casa con qualcuno, va beh ti dannovitto e alloggio, ma è dura” (int. 1).L’immagine della donna che lavora come assistente familiare ocolf a ore non esaurisce l’insieme delle esperienze, lavorative enon, delle donne rumene nel nostro Paese. La riflessione sul lavorodi cura risulta cruciale sia per comprendere le dinamiche diquesto settore così particolare del mercato del lavoro, ma anchedel welfare italiano, sia per sottolineare il sacrificio di queste donne,le enormi difficoltà che incontrano tutti i giorni e il sostegnoche portano alle loro famiglie, oltre che a quelle delle persone cheassistono. Eppure, il discorso sull’immigrazione rumena al femminilenon deve esaurirsi in questa riflessione, perché rischia di38


sminuire la ricchezza di queste esperienze migratorie e di stereotipizzarle.Per questo motivo, di seguito riportiamo l’esperienzadi alcune donne che sono state intervistate per questa ricerca eche sono riuscite a raggiungere posizioni lavorative importanti,specie in un mercato del lavoro come quello italiano, in cui essereuna donna, ancora prima che straniera, è già abbastanza difficile.Si tratta delle loro storie di vita, ognuna con la sua peculiarità ese non si possono generalizzare, dare loro voce è importante perevidenziare come l’esperienza lavorativa delle donne rumene inItalia e a <strong>Bergamo</strong> sia densa e significativa e non debba essere innessun modo ridotta e categorizzata. La prima donna è laureatain elettronica nel suo Paese e ora lavora nell’ufficio commercialedi un azienda; la seconda si è laureata in Italia e lavora nell’ufficiorelazioni con la clientela delle Cliniche Gavazzeni; la terza è uningegnere ed è responsabile di un laboratorio presso l’azienda incui lavora.“Io ho studiato, mi sono laureata in ingegneria elettronica e appenapresa la laurea, dopo un anno, sono venuta qui. Praticamente sonoarrivata per fare 1 corso di specializzazione alla Magrini, nel ’92,perché mia madre era già qua e aveva parlato con una persona epurtroppo ora che ho ottenuto il visto sono passati 6 mesi, perché...poi quando sono arrivata è cominciata la crisi e Magrini è andata infallimento, quindi non si è fatto più niente e ho deciso di fermarmiqua per sei mesi, per quanti avevo il visto, ho lavorato come babysitter,poi dopo ho conosciuto mio marito e dopo ci siamo sposati evia...[...] Io ero ospite qua da una famiglia, lui era amico di questafamiglia, una coppia giovane, e l’ha invitato.ed è andata così. Anchese avevo detto io non mi sposo fino a 30 anni, perché appena ho finitoil liceo ho avuto il posto di lavoro già assicurato, perché i primisette che finivano con la media più alta della maturità, il liceo tiassicurava anche il posto di lavoro. Per cui sono andata a lavorarepresso l’Enel, il Ministero dell’Energia, perché il mio liceo era specificoenergetico, sono andata a lavorare presso il ministero, era unbellissimo lavoro, stipendio più alto di tutta la Romania, per cui nonè che pensavo di venire in Italia e fermarmi, io stavo bene, avevo39


il mio stipendio, poi ho detto vengo qua, faccio un corso di specializzazione,perché era proprio in ingegneria elettronica, perché aMagrini si occupavano di queste cose, però è andato tutto...ancheperché dopo finito il liceo sono andata a lavorare subito, per cui a 18anni già lavoravo. Per cui l’università l’ho fatta la sera, mi sono fattaun mazzo così, ho sputato sangue, perché elettronica come facoltàè difficile, però alla fine...per cui ho detto fino a 30 dopo mi diverto,perché lavoravo dal lunedì al venerdì, sabato e domenica dovevistudiare perché c’erano gli esami, per cui io sono stata molto moltolimitata per quanto riguarda il tempo libero. Ho detto fino a 30 annimi diverto, non mi sposo...invece a 24 anni mi sono sposata. [...] Mapraticamente, prima quando non avevo ancora i documenti appostoho fatto la babysitter, dopo sono rimasta incinta, ho avuto la bambina,sono stata tre anni a casa. E dopo ho cominciato a lavorare, eragià cominciata la crisi, erano sempre queste agenzie temporanee,quindi praticamente ho lavorato per un anno alla Loveble, all’ufficioacquisti, perché prolungavano 3 mesi, 3 mesi, 3 mesi, dopo tilasciavano a casa perché per la legge non puoi prolungare più ditre volte. E per un anno ho lavorato lì, per 6 mesi alla Fidelitas enessuno voleva più assumere. Poi alla fine tramite qualche amicomi hanno detto di fare una domanda presso un’azienda, ho fatto ladomanda e mi hanno preso subito, lavoro nell’ufficio commerciale.E sono rimasta lì per sempre. Non era più tramite agenzie, percui tempo indeterminato, bellissimo, faccio otto ore continuato, vabeh la pausa che ci vuole e verso le cinque sono già a casa. Mi trovobene, un bell’ambiente. Poi quando ero a casa con la bambinaimpartivo lezioni di matematica, perché quando ero studentessaimpartivo ai ragazzi delle superiori lezioni di matematica per portareancora due soldini a casa. Poi ho lavorato, sempre quando eroa casa con la bambina, lavoravo per la prefettura e per la questura,per il tribunale di <strong>Bergamo</strong> come interprete, andavi a fare le direttissimequando c’erano i casi. Un’esperienza nuova, purtroppo doponon sono più riuscita, perché praticamente non è che erano tuttidelinquenti rumeni per cui io tutti i giorni dovevo andare, non erauno stipendio, non potevo vivere...mi chiamavano quando avevanobisogno per cui non potevo” (int. 5b).40


“Difficoltà della lingua, difficoltà di...Allora <strong>Bergamo</strong> è una città unpo’ più particolare, nel senso che sono un po’ chiusi, abbastanzachiusi direi. E uno straniero quando arriva, ci sono delle barriereda scavalcare. Perciò chiedo che per superare queste cose ci vuoledel tempo, perché ti devono conoscere, non so. Però ho avuto delledifficoltà, nel senso che non avevo amici, non avevo nessuno, ero dasola, però in questa struttura (le cliniche Gavazzeni) sono riuscitacomunque a farmi degli amici, dei conoscenti, mentre i 10 mesi zerototale, guardavo la tv, imparavo la lingua, niente altro”.Le cose sono andate meglio una volta che sei arrivata alla Gavazzeni?“Una volta che ho iniziato alla Gavazzeni, avevo paura di parlare,perché giustamente...è vero che sono stata 10 mesi per conto mio,ho studiato italiano, mi sono portata un sacco di libri, ma all’inizioavevo paura di aprire la bocca. Eppure ho lavorato, mi hanno messoalla reception, cioè il posto peggiore per uno straniero. Perché vuoldire che se sei alla reception, vuol dire che tu conosci benissimo lalingua, sia a capirla che a risponderla. Mi ricordo ancora all’inizio,io ho iniziato a settembre, nel 2000, a lavorare qua. Mi ricordo chela gente era gentilissima. Quando si sono avvicinate le vacanze diNatale quando andavano via mi dicevano buon Natale e buone feste,solo che io non sapevo come dire anche a voi...voi mi sembrava un po’dispregiativo, non mi dava quella...non so. Qui si usa la terza personadel singolare e del plurale, mentre in Romania è la seconda sia alsingola che al plurale e mi sembrava un po’...non sapevo rispondere.Prendevo un po’ di tempo...intanto loro uscivano, dicevo anche e sifermava lì. Poi ho sentito le ragazze che dicevano anche a voi e hodetto ecco, la risposta è questa che devo dire. Però ero molto attentaalle domande, alle richieste, perché avevo tantissima paura, dico, mimandano via perché non è che conosca benissimo l’italiano. Poi pianpiano, lì al pubblico credo che mi ha atto molto bene, perché sonostata obbligata a parlare a rispondere. Poi va beh, dopo sono stataal centralino, adesso al servizio clienti e così via, non ho più questiproblemi della lingua”.E con i tuoi colleghi?“All’inizio c’erano ragazzi, maschi, erano l’unica...no, prima di me42


sono state altre due ragazze, però sono state anche loro assunte inGavazzeni. Perché io lavoravo in una cooperativa, non ero assuntada Gavazzeni. Le hanno prese e sono rimasta sola come ragazza, poisono arrivati altre ragazze, una ragazza russa, una ragazza italiana epian piano...però a quel punto non avevo più paura, perché erano giàpassati due anni quando sono venute le altre ragazze. Poi ho iniziatol’università e a quel punto, sì, il lavoro era importantissimo, però erofelicissima quando andavo a studiare, anche perché facendo i turnilavoravo anche al sabato, anche alla domenica, riuscivo...avevo duegiorni alla settimana liberi ed ero sempre in città alta. Poi quandofinivo alle due, perché iniziavo alle sei del mattino, avevo tutto ilpomeriggio da passare...oppure al mattino ero libera e cominciavoalle due. Niente, così sono riuscita a frequentare, mentre adesso vabeh, è un po’ difficile perché l’orario d’ufficio...poi non riuscivo più afrequentare, però...[...] Nel mio futuro vedo un dottorato di ricerca,ma non so se si avvererà. Finirò la specialistica poi se farò un dottoratosarò la donna più felice del mondo. Il lavoro va beh, adesso va,continua e va bene...non so, farò un figlio” (int. 2).“La mia storia è una lunga storia...ho conosciuto mio marito attraversoil folklore, ci siamo conosciuti...lui faceva parte di un gruppofolkloristico che si chiamava San Pellegrino, di <strong>Bergamo</strong>, e attraversoil folklore ci siamo conosciuti in Romania, due anni di fidanzamentoe sabato facciamo dodici anni di matrimonio. Poi va beh, mi sonotrasferita in Italia, dopo un anno e mezzo di casalinga e centinaia dicurriculum in giro sono riuscita ad entrare in questa azienda, superando62 candidati maschi e sono stata fortunata più che altro perl’esperienza che avevo acquisito in Romania. Perché avevo 18 anni discuola, 6 di università, ma l’università l’ho fatta serale, quindi lavoravoin fabbrica, dove sono partita praticamente dall’operaia, ma proprio,cioè, che lavoravo di brutto, alla catena, fino al tecnico, all’ufficiotecnico, poi ingegnere responsabile di un reparto dal punto di vistatecnico. Cioè proprio...ero arrivata proprio attraverso tutte questetappe anche a una...quando ho finito l’università ero già responsabiledi reparto. Era una cosa graduale, praticamente man mano che arrivavanoil secondo, il terzo, il quarto anno di università io poi anche43


sul posto di lavoro partecipavo a dei concorsi per andare più su. Quiquattro anni ho fatto il responsabile di produzione, tre anni fa mi èstata affidata questo laboratorio, un laboratorio metallografico dovefaccio esami sulle saldature. L’azienda siccome è cresciuta molto,è esigente in qualità e in mercato, avevano proprio bisogno dellafigura tecnica che faceva queste analisi di laboratorio e mi hannoproposto questo, e ho accettato al volo. Anche perché sinceramenteero un po’ stanca, perché non avevo orari, dalle 7 del mattino finoalle 9 di sera ero sempre in azienda. E adesso diciamo che faccioesattamente quello per cui ho studiato, ma mi rimane del tempoche dedico all’associazione, alla comunità romena [...].Il percorsonon è facile, io sono stata fortunata perché ho avuto un marito, unfamiglia bergamasca, non ho avuto problemi di inserimento, non homai sentito cose di razzismo o cose del genere, forse anche perchéessendo moglie di un italiano bergamasco forse è stato un bigliettoda visita. Sicuramente mi ha aiutato questo, ma so di persone checonosco che non hanno avuto la mia fortuna ma sono altrettantoinserite, forse hanno anche attività in proprio, sono riusciti ad integrarsidiscretamente” (int. 3).Le storie di queste donne raccontano una faccia dell’immigrazionerumena in Italia e, nello specifico, in provincia di <strong>Bergamo</strong> di cuisi parla poco e che gode di scarsa visibilità. E lo stereotipo delladonna rumena colf o assistente familiare finisce per totalizzarel’insieme delle esperienze lavorative, spesso rilevanti, di questedonne nel nostro Paese. Allo stesso modo, lo stereotipo che caratterizzale esperienze maschili finisce per nascondere una realtàche, purtroppo, a volte è meno positiva di quanto si vorrebbecredere. Se apparentemente sono gli uomini, operai o muratori,ad essere meglio inseriti delle loro mogli, figlie, sorelle nel mondodel lavoro e, quindi, nella società più in generale, spesso illoro inserimento lavorativo nasconde, però, fenomeni di lavoronero, sovraesposizione agli infortuni sul lavoro e di disonestà daparte dei loro datori di lavoro italiani. Un relativamente alto tassodi occupazione tra gli uomini rumeni, infatti, potrebbe indicare,infatti, che questi lavoratori sono caratterizzati da una maggiore44


precarietà e flessibilità e che sono disposto a adattarsi a qualsiasitipo di lavoro, anche poco qualificato. Questi fenomeni riguardano,in particolar modo, il settore edile, dove la manodopera rumenaè particolarmente numerosa. La storia di questo ragazzo, che almomento dell’intervista lavorava in un grosso cantiere a <strong>Bergamo</strong>,è particolarmente esemplificativa. Si trova in Italia da 8 anni,in Romania ha interrotto l’università, dove studiava informaticae contabilità, ed ha deciso di venire in Italia per caso, dopo unlitigio con i propri genitori, che avevano alcune attività in proprioin Romania.Come mai sei venuto in Italia?“Ho litigato con loro [i genitori]. Dovevo non venire, dovevo stare coni miei”.Quindi hai litigato con loro e hai deciso di partire?“Ma proprio in 3 giorni”.E dove sei andato?“Prima sono stato a Roma. Madonna che fame che ho fatto, madonnamia”.Lavoravi a Roma?“Lavoravo ma...pagavano pochissimo, ma proprio poco, pochissimo.Un brutto periodo, mangiavo solo patate, non scorreva più il sangue”.Ma sei andato a Roma perché conoscevi qualcuno?“Sì, avevo un amico e siamo stati insieme. Stavo da lui, in quel periodolà. Dopo dovevo tornare in Romania e ho avuto un altro amicoche si è stabilito qua e sono rimasto”.E il lavoro a Roma come l’avevi trovato?“Il lavoro a Roma in quei tempi là...avevo uno zainetto con i vestiti peril lavoro e andavi davanti a un posto e ti prendevano. Perché neanchesapevo l’italiano, non sapevo niente. Mi hanno imparato a dire solo disì. Ogni cosa sì. E così ho cominciato a lavorare?”.Ma tutti i giorni riuscivi a trovare lavoro?“Un giorno sì, un giorno no, due giorni sì, 3 giorni dopo, avevano i piccolilavori da fare, negli appartamenti, dove era la polvere, dove era illavoro più brutto venivano a chiamare. Prendeva uno e andava”.45


Ti pagavano poco?“Un po’, almeno pagava l’affitto”.Dalla Romania in Italia come sei venuto?“Ho pagato 2000 dollari, ho pagato la Visa, neanche non mi ricordo,avevo una Visa per andare in Lussemburgo, qualcosa del genere,dopo non mi ha fermato nessuno, non mi ha chiesto niente nessunoe sono venuto qua. Però dopo dal 2000 fino al 2003 non sono andatoin Romania, perché se andavo non potevo più tornare. Erano quelleleggi là...che non si poteva fare niente. Dopo è cambiato tutto”.Quindi dopo 7 mesi a Roma sei venuto a <strong>Bergamo</strong>?“A Brescia. A Brescia ho cominciato a lavorare, ho cominciato a lavorare,per un lungo periodo con questi qua a lavorare, con un Bresciano,un carpentiere. Però lavoravo, e pagavano”.Ci sono tanti <strong>Rumeni</strong> sul lavoro?“Ci sono tanti <strong>Rumeni</strong> in Italia, ci sono tanti <strong>Rumeni</strong> in Spagna, cisono tanti <strong>Rumeni</strong> dappertutto. Solo a casa non ci sono più, basta,sono rimasti solo i vecchi”.Infatti in Romania ci sono altri immigrati a lavorare...“Adesso vengono i Pakistani, vengono i Cinesi...” (int. 8).Questo ragazzo vive a Rovato in affitto, si è sposato due anni fa conuna ragazza che già conosceva in Romania ed è riuscito a farlavenire in Italia con il ricongiungimento familiare, solo dopo averregolarizzato la sua presenza in Italia, pagando ben 1000 euro perriuscire ad ottenere i documenti necessari. Non ha parole positiveper raccontare la sua esperienza lavorativa in Italia nel settoreedile. In particolare, il suo problema sono gli straordinari, che nonsolo non gli vengono pagati in busta paga, ma che spesso e volentierinon gli vengono pagati del tutto o solo con molto ritardo.Quali sono le cose peggiori dell’Italia che hai vissuto in questi 7anni?“Le persone. Proprio gli italiani. Loro ci sono sempre quando hannobisogno, appena ti giri, apposto. O io ho incontrato solo delle personecosì o non lo so. E dicevo anche prima ai ragazzi, caspita, ma propriotutti, queste persone qua le incontro solo io”.46


Sul lavoro le hai incontrate queste persone?“Sul lavoro. Anche per la casa, per tutto, hai un euro, ti lasciano conun centesimo. Non so come fanno a prenderti tutto. Io ho lavorato, misono spaccato la schiena, sono nove mesi che proprio lavoro, lavorandocosì, adesso sto lavorando 12, 14 ore al giorno, prima lavoravoanche di più, ho fatto 360 ore nel mese di agosto e i soldi non li hopresi. Non va bene. Se lavori e prendi i tuoi soldi sei a posto, ma selavori e dopo non ti prendi i tuoi soldi. Fanno di tutto per non pagare,non è per la busta paga, perché per la busta paga a dir la verità nonlavoravo, se devo lavorare per la busta paga vado in una fabbrica enon mi ritrovo con la schiena rotta. Il problema è quello, soldi...tidicono che ti danno e alla fine non te li danno, ti fanno lavorare comeun disperato, dici li prendo li prendo li prendo, alla fine non li prendipiù, prendi solo la busta paga. E intanto ti rompi la schiena. Perchése uno lavora otto ore no?dopo otto ore devo stare ancora al lavoro,le 4 ore in più o me le paghi come è giusto, il doppio, se no niente.Neanche me li metti in busta paga, perché ci sono dei problemi, diqua e di là, io non prendo niente, cosa faccio? Praticamente qua a<strong>Bergamo</strong> su questo cantiere qua è la più brutta delle cose che misono mai successe. Il peggiore...un cantiere...come lavoro va benissimo,però come persone che ho incontrato e come pagamenti...in piùsono stati capaci anche a fare delle firme false, niente, niente soldi.Adesso stiamo cercando, con i sindacati stiamo facendo...niente, nonce la faccio. Dopo non riesci più a pensare al lavoro, continui a pensarecosa faccio? I soldi li prendo o non li prendo? Li prendo o nonli prendo? Perché se vado via tra 5 anni a me non mi interessa chemi fai le buste paga, mi interessano i soldi per quando torno a casamia[...]. Qua in Italia devi trovare la persona giusta, che ti paga perquello che sai fare, se no...meglio andare a casa, stare tranquilli, apescare, così”.Tu cosa pensavi di trovare in Italia?“La verità è che non è che ho saputo cosa trovavo qua, mamma mia,se sapevo non andavo via da casa. Stavo là, come diceva mio padre,come un verme, non avevo problemi, appena mi mancava qualcosa...papà, sai ti voglio bene [...]. Adesso a dicembre provo ad andare, dovevoandare a settembre ma non sono usciti i documenti per il bam-47


ino, provo a dicembre, se guadagno un quarto, no, un quarto è pocodai, metà di quello che guadagno qua non torno più. Neanche nonvoglio vederla più l’Italia. Meglio a casa...e in più non sono i problemi.E adesso è proprio un brutto momento per i soldi, sto aspettandosempre. Avevo un’attività in Romania, ma prima ero giovane, noninteressava niente. I miei mi aspettavano, aspettano ancora”.E’ migliorata la situazione della Romania da quando è entrata afar parte dell’Unione Europea?“Si guadagna di più, però cosa succede? I costi...tutte le cose costanodi più, sono più care[...].Prima pagavano pochissimo, adesso comincianoa pagare anche là, è un altro prezzo, piano piano va avanti. [...]Se li raddoppiano è poco, è pochissimo, però non si sa mai, se trovila persona giusta. Non è che là non sono dei ladri, però è un’altracosa”.E allora perché vuoi tornare?“Meglio mangiare una patata a casa mia, che un maiale qua in Italia”(int. 8).Le parole di questo ragazzo fanno riflettere e mettono in lucealcuni elementi, che affliggono l’occupazione nel settore edile: illavoro nero, quello grigio e alcuni sotterfugi dei datori di lavoroper imbrogliare i propri lavoratori. Il problema degli infortuni sullavoro e delle morti bianche e le conseguenze del recente ingressodella Romania in Unione Europea sullo statuto dei lavoratorirumeni non emergono da questo racconto, ma sono ugualmentecentrali. Si è cercato di analizzare questi elementi con l’aiuto diun delegato sindacale che si occupa propri del settore edile e cheha segnalato la presenza sempre più importante dei lavoratorirumeni, mettendola in relazione con l’ingresso della Romanianell’Unione Europea.“Adesso come adesso la manodopera a livello dell’edilizia sta crescendocome nazionalità i rumeni. Dall’entrata in vigore di quella leggelì...dal momento che sono entrati in Europa. Perché primi eranoi marocchini e gli egiziani e poi se facciamo un calcolo per tutta lamanodopera straniera nel settore dell’edilizia erano più del 37%. Non48


sono dati certi...E adesso comunque sta aumentando questa comunitàrumena. Non so, può darsi perché anche loro hanno un’esperienzae poi con la lingua...il problema della lingua...loro diciamo che conla lingua latina sono facilitati, invece per le altre comunità, araba eegiziana, c’è questo problema qua” (int. 4).La tendenza alla concentrazione dei lavoratori rumeni in questosettore, in realtà, era già in atto prima dell’ingresso della Romaniain Unione Europea ed è diventata, negli anni, un fenomeno semprepiù importante. Secondo un’indagine condotta dall’OsservatorioRegionale per l’Integrazione e la Multietnicità 14 , in Lombardia trale donne provenienti dall’Est Europa il 22,7% lavora come collaboratricedomestica e il 14,4% come domestica ad ore e l’8,8% comedomestica fissa e tra gli uomini provenienti dalla stessa macroarea geografica addirittura il 40,6% lavora come operaio edile,mentre l’11,5% svolge mestieri artigianali. Questo significa chequasi la metà dei lavoratori rumeni uomini è occupato nel settoreedile ed appare chiaro come un fenomeno di queste dimensioninon possa essere imputato solamente all’ingresso della Romanianell’Unione Europea, anche solo per il fatto che si tratti di un fenomenodi lungo periodo. Più in generale, è lo stesso settore dellecostruzioni, in base ai dati riportati da una ricerca svolta dall’IresCgil nel 2005, ad aver visto un incremento dei lavoratori stranierisuperiore a quello di tutti gli altri settori del mercato del lavoro;tra questi lavoratori il 61,5% proviene dall’Europa, soprattutto daRomania ed Albania (E. Galossi, Mora R. 2005).Un elemento che è importante considerare quando si parla dilavoratori stranieri, specie in questo settore, sono i comportamentiscorretti che certi datori di lavoro hanno nei confronti dellepersone che assumono. Se i lavoratori rumeni uomini appaionomeglio inseriti delle loro connazionali nel mondo del lavoro, essisono anche maggiormente esposti a dei rischi, che sono al tempostesso legati al tipo di settore in cui lavorano e alla maggiorericattabilità dei lavoratori stranieri.14www.ismu.it49


Ed è per questo che i datori di lavoro hanno interesse ad assumeregli stranieri?“Hanno un forte interesse. Ma non dico tutti eh, quelle ditte balorde...allora ti faccio un altro esempio. Nello stesso momento sapendoche uno straniero non sa leggere né capire, presento tre fogli e tifaccio firmare, questo è il contratto di soggiorno, ti faccio firmarequa, dico un’altra firma qua, un’altra forma qua, sono tre o quattrofirme. Allora, la prima era il contratto, il secondo foglio è la dimissionee la terza è l’acconto. Sarebbe che io posso farti lavorare gratisda me anche per 4 o 5 mesi...Ti spiego, il contratto risulta giusto,il licenziamento io lo posso mettere in qualsiasi momento, possoanche farti lavorare oggi e la sera tu sei dimesso, non licenziato, èdiverso. Il terzo foglio, che sta uscendo adesso, è l’acconto. Sarebbequando un lavoratore lavora 4 o 5 mesi e io dice –Io voglio i miei soldi-.Perché comunque non lo pagano subito. Sarebbe un lavoratorepuò...lavora a maggio, giugno, luglio, lui prende a luglio la paga dimaggio...e rimane sempre un mese o due mesi scoperti. Quando ioti licenzio a luglio devi aspettare altri due mesi per avere...e quandomi chiedi spiegazioni, io ti posso anche mettere sulla busta paga,perché li ho visti, da parte scritto acconto 3000 euro, al posto che ioti devo dare 4000 di trattamento di fine rapporto tu hai preso già 3000euro. Ti devo solo 1000 euro. Questi sono i buoni. E invece qualcunodice –no, bello. Tu mi hai firmato l’acconto, hai preso i soldi- e vai acercare qualche testimonianza? Io lavoro su un cantiere, li succedequalcosa, questo non mi paga, vado dagli organi competenti e dico,guarda, ho lavorato e questo non mi paga. E io cosa dico? Chiedo unatestimonianza. Lui dice io ho lavorato con questi qua, va a cercare ilavoratori e dice per favore potete testimoniare che io ho lavorato?No, non possiamo perché loro ancora hanno un rapporto di lavoro.E hanno paura di perderlo...c’è ricattabilità. Diciamo che la maggiorparte sono stranieri, ma anche qualche italiano mi è capitato, chehanno firmato le dimissioni senza saperlo. [...] Poi ci sono anche itrucchetti del badge, che mi sembra che loro hanno pensato chehanno scoperto l’acqua calda, perché come si dice fatta la legge trovatol’inganno. Capita che io mi chiamo K., ho il cartellino qua, nellostesso momento c’è un altro K. che lavora in un altro cantiere, uno50


non può, non possiamo intervenire, sono gli organi competenti chedevono controllare. Sono lavoratori clonati. Uno lavora regolare, glialtri sono tutti clonati. Risulta solo la foto del lavoratore che lavora,invece di dati sono di una, una persona. Come fai a sapere, a <strong>Bergamo</strong>c’è una persona che lavora in questo cantiere, vai a Milano trovi lostesso K., ma solo la foto, invece la persona...qualche volta è capitatoche chiedevo a una persona su un cantiere...-come si chiama lei?-,mi dice il nome, perché lui ha memoria, -la data di nascita?- alloralì, inizia a pensare, ho detto –scusa, non puoi non sapere la tua datadi nascita- e mi è venuto il dubbio che lui non era in regola, però luigiurava, il minimo è che vai a denunciare il cantiere, però appena lorovedono che qualcuno è andato lì, ha visto le cose, li possono anchespostare” (int. 4).Un posto particolare è occupato poi dal fenomeno degli infortunisul lavoro.“L’edilizia è un campo minato, anche il bravo che fa tutte le cose, chemette tutte le cose può cadere, può capitare qualcosa di grave. Quindi leaziende cercano di risparmiare sulla sicurezza. A livello fisico non comprano,non forniscono al lavoratore caschi, guanti, cinture, tutte quellecose lì, e poi anche per fare un corso di formazione sulla sicurezza chedura otto ore, otto ore lì al posto di farlo lavorare, diciamo in otto ore creaun muro, un muretto, preferiscono che lavora che perdere un tempodi otto ore per imparare la sicurezza. [...]A livello di incidenti mortalinon sono molti, ma incidenti piccoli sono centinaia al giorno, qualcunoanche non lo denuncia, perché non dice io mi sono stortato il piede esto a casa una settimana, preferisce lavorare. E così via...[...]Tutti gliinfortuni che vengono denunciati non sono legati al lavoro nero, perchése lavori in nero ovviamente non devi denunciare che ti sei infortunato.Oppure la bellezza del cervello italiano cosa fa? Mettiamo che cade unlavoratore, è strano, è strano che quel lavoratore si fa male oggi e nellostesso giorno è stato assunto. Proprio è una cosa conosciuta. E invecegli altri infortuni, se uno è in regola va bene, la ditta non ha problemi,denuncia l’infortunio, però ci sono che anche che sono in regola, peròla ditta costringe il lavoratore a non denunciare, lo mette in malattia51


e basta. Prendono il lavoratore che cade, mettiamo che si è rotto unagamba, l’hanno portato a casa, ha fatto la doccia, con la gamba rotta,ha cambiato i vestiti e poi è andato al pronto soccorso dicendo che ècaduto a casa o è caduto dal motorino. Perché tante ditte sapendo checomunque succede il primo infortunio, il secondo infortunio, il terzo infortuniocomunque vengono messi sotto controllo, sotto pressione dagliorgani competenti. E la maggior parte sono stranieri quelli che vengonocostretti a dichiarare il falso. Perché quel ragazzo dice, si presenta e midice -Guarda io non capisco, mi hanno fatto malattia ma io ho la gambarotta-. Come conseguenza della gamba rotta io ho visto il ragazzo chedopo non è riuscito a camminare più.E lui chiedeva, voleva dichiarare la malattia come infortunio, non si puòperché tu hai firmato, hai dimostrato che tu sei caduto a casa, non sei cadutoal lavoro. E poi anche dopo la malattia, appena diciamo vedono cheil lavoratore cerca di recuperare le cose lo licenziano, perché la malattia,il contratto collettivo nazionale, la ditta non può licenziarti finché tu seimalato...dipende da quanto hai lavorato, sei lavorato un anno sono seimesi e così via. Se uno è in malattia per 12 mesi e poi prolunga anche lamalattia, non può, perché comunque dopo 12 mesi la legge dà il dirittodi licenziare. E così via” (int. 4).Secondo i dati della Fillea Cgil 15 , nel <strong>2006</strong> nel settore delle costruzioniin Italia ci sono stati 258 vittime di infortuni mortali eduno su sei era un lavoratore immigrato. Si noti come questo datopotrebbe essere in difetto, perché non tutti gli infortuni vengonodenunciati, soprattutto quando avvengono in condizioni di lavoroirregolari. Il <strong>2006</strong> è stato un anno nero per quanto riguarda gliinfortuni sul lavoro in questo settore: nel 2005 le morti biancheerano state 191, nel 2004 231 e nel 2003 215. L’aumento sia deilavoratori stranieri assunti in questo settore sia degli infortunigrave è preoccupante, nella misura in cui i lavoratori stranieri, solitamentemeno retribuiti e inquadrati a livelli inferiori, si trovanopiù esposti a questo rischio. L’incidenza degli incidenti mortali trai lavoratori stranieri di questo settore, infatti, tra il 2005 e il <strong>2006</strong>15www.cgil.it52


è aumentata del 16%. La distribuzione geografica degli incidentimostra come sia soprattutto il Nord ad esserne coinvolto: è laLombardia a registrare il maggior numero di casi.Per quanto riguarda poi l’incidenza degli infortuni sul lavoro tra i<strong>Rumeni</strong> occupati nel settore delle costruzioni, un recente rapportopubblicato dall’Inail evidenzia come nel <strong>2006</strong> 30 cittadini rumenisiano morti sul lavoro. Nel 2005 erano stati in 29 a perdere la vitae nel 2005 35. Più di 11.000 <strong>Rumeni</strong>, poi, solo nel <strong>2006</strong> sono staticoinvolti in infortuni denunciati all’Inail: con il 21,3% la Romania ècapofila nella lista delle nazionalità dei lavoratori morti sul lavoroe con il 9.7% è terza per quanto riguarda gli infortuni non mortali,preceduta da Marocco e Albania. Se ci si concentra sul datorelativo ai soli infortuni denunciati nel settore delle costruzioni,ci si accorge che se ai Marocchini capitano più frequentementeinfortuni che ai lavoratori rumeni, ma questi ultimi sono piùspesso coinvolti in incidenti mortali. L’Inail ipotizza che, per leloro presunte competenze tecniche sia probabile che ai lavoratorirumeni vengano affidati compiti più complessi e, di conseguenza,pericolosi (Inail, 2007). Anche senza contare tutti gli incidenti nondenunciati per paura o perché l’infortunato lavora in nero 30 cittadinirumeni nel <strong>2006</strong> hanno perso la vita in un Paese dove si eranorecati per lavorare: si tratta di un dato che preoccupa, perchépotrebbe essere più alto e perché è direttamente proporzionaleall’incidenza del lavoro nero. Se la presenza dei lavoratori rumeninel settore della costruzioni è importante, allora, la riflessionesulle loro condizioni lavorative non può e non deve fermarsi allaconstatazione che essi sono presumibilmente meglio inseriti neltessuto lavorativo e sociale delle loro connazionali. Questo perchédata l’elevata incidenza delle morti bianche e le caratteristiche intrinsechedi questo settore, oltre che alla presenza relativamenteimportante del lavoro nero nei cantieri italiani, questi lavoratorisono particolarmente esposti a dei rischi, tra cui il più grave èquello degli infortuni sul lavoro, specie quelli che non vengonodenunciati o che avvengono in condizioni lavorative irregolari. Edè importante che la riflessione sull’immigrazione rumena nontralasci queste questioni, perché il dibattito e la denuncia pubblica53


di questi problemi può e deve contribuire a risolverli.Un’altra questione da non dimenticare è quella del caporalato,specie quello rumeno. Sono, infatti, molti i muratori e i manovaliche alle 5 di mattina si radunano in alcuni luoghi particolari dellecittà italiane ad aspettare che il furgoncino passi e che la “chiamata”arrivi e che quel giorno possano lavorare...per pochi eurol’ora. Spesso quello che si guadagna bisogna dividerlo con il caporale.E se qualcuno si fa male, a casa; il giorno dopo qualcun altroavrà preso il suo posto. Impossibile ribellarsi, anche quando allafine della giornata i soldi pattuiti non arrivano, pena non riuscirepiù ad ottenere nessun altro lavoro, con nessun altro caporale. Disolito sono le piccole imprese che si affidano al caporalato, masuccede che anche nei grossi cantieri si ricorra a questa risorsaa poco prezzo. E dappertutto vige l’omertà, sia per le paghe damiseria che per i morti sul lavoro, mentre, come abbiamo visto, ilnumero di questi infortuni cresce sempre più. Lavoro nero e mortibianche...e il caporalato, quello rumeno, che cresce sempre più,forse anche grazie all’ingresso della Romania nell’Unione Europea.Non dovendo più sottostare alle norme del Testo Unico perl’<strong>Immigrazione</strong>, tra i <strong>Rumeni</strong> è possibile che cresca l’incidenzadel lavoro nero.“La maggior parte di quello che vedo è che i <strong>Rumeni</strong>, va beh qualcunolavoro anche in regola e qualcuno non lavora in regola, perchédice io ormai sono entrato in comunità europea, non ho bisogno chedevo dimostrare che io sto lavorando per il problema dei documenti.Invece le altre categorie sono costrette anche per dimostrare che...sai, i problemi del permesso, devono cambiarlo, devono sempre dimostrareche stanno lavorando in regola. Invece gli altri, qualcunopreferisce guadagnare di più e non lavorare in regola. [...] Sono piùgli Italiani che lavorano in nero, però le piccole ditte, i cantieri piccoli,però vai a vedere un cantiere grande non ci sono che lavoranoin nero, perché sanno che sono sotto controllo, sotto pressione, nonpossono neanche le ditte.per non perdere credibilità, non assumonogente in nero, però gli altri cantieri, artigiani, piccole ditte, ci sonoche lavorano in nero” (int. 4).54


Più che la volontà di lavorare in nero dei singoli lavoratori, che,se esiste, è tutta da verificare e, in ogni caso, è, forse, da attribuirepiù ad alcune caratteristiche della cultura italiana che nondei Paesi di provenienza dei lavoratori stranieri, a preoccupareè lo sfruttamento del lavoro nero da parte dei datori di lavoro, aspese dei lavoratori, e l’aumento del fenomeno del caporalato trai lavoratori rumeni.“Quando sono arrivati i <strong>Rumeni</strong>, sono cominciati ad arrivare anchecome squadrette, come padroni. E hanno iniziato un po’ a prendereterreno, diciamo. Non so, può darsi che con l’azione di...non so, leconoscenze che si fanno in questo settore qua, capito? Altre cosenon le posso dire. [...]Sai l’aumento dove c’è adesso? Nel caporalato.Il caporalato rumeno sta crescendo, la macchia proprio...comeun cancro. Il caporalato è sempre esistito, però in questo momentoquello che sento, quello che vedo, sta crescendo troppo, dopo cheera quello albanese adesso ci sono i <strong>Rumeni</strong>. Il fenomeno del caporalatonon è una novità, nel bergamasco se vai a battere i posti anchei Bergamaschi usavano questa cosa qua. C’è il lavoro nero, il lavorogrigio come lo chiamano, però per me è sempre nero perché io nonpago le tasse come devo pagare, sulla busta paga...io ho lavorato 160ore, 170 però sulla busta paga risulta 140, il restante di quelle oresono esente tasse perché evado il fisco, non pago le tasse, non pagola pensione con i contributi e il datore di lavoro guadagna e anche ilcaporale guadagna di più. E il lavoratore pensa che lui guadagna...sì, guadagna quella somma che riceve però dopo, quando va a controllarei suoi contributi, vede che lui non ha lavorato niente...E poici sono i pulmini, si vedono, ci sono anche i punti di incontro, perquesti rumeni, ci sono le stazioni, ci sono i bar, che la mattina quandodevono partire li caricano sui furgoni, poi partono. Quando partono,comunque, cosa fanno? Non lavorano sul territorio bergamasco, peròsono fuori, Milano, Brescia, Lecco, Novara, tutte le città più grandi di<strong>Bergamo</strong>. Non viene controllato bene, perché non lo so” (int. 4).Insomma, quello che è importante sottolineare è come i lavoratoristranieri e, in particolar modo, quelli rumeni, data la presenza im-55


portante nel settore delle costruzioni, corrono il rischio di esseresfruttati dai loro datori di lavoro e dai caporali che li ingaggiano e, diconseguenza, che sono particolarmente esposti al rischio di incidenti,anche gravi, nei cantieri dove lavorano. E che solo dando la dovutaattenzione a questo fenomeno così negativo che si può cominciarea combatterlo. Si potrebbe obiettare che alla situazione abbastanzapreoccupante che qui si contrappongono i dati circa le imprese contitolari rumeni, che lasciano invece intravedere una situazione positivaper quanto riguarda l’inserimento dei lavoratori rumeni nel tessutoeconomico e lavorativo italiano. I dati raccolti dall’OsservatorioRegionale per l’Integrazione e la Multietnicità 16 sulla Lombardia nel<strong>2006</strong> segnalano che il 7.1% degli uomini provenienti dall’Est Europasvolge un lavoro autonomo e l1,4% è un imprenditore. Ancora, secondoi dati elaborati dall’Osservatorio Politiche Sociali, Area immigrazione,della Provincia di <strong>Bergamo</strong>, su dati forniti da InfoCamerenel <strong>2006</strong> in provincia si contavano 146 ditte individuali con il titolaredi nazionalità rumena, contro solo 25 nel 2003. In quanto titolari diditte individuali sul territorio provinciale, i <strong>Rumeni</strong> si situano al terzoposto, preceduti solo da Marocchini e Albanesi. Eppure, almeno nelsettore delle costruzioni, è opportuno problematizzare questi dati,perché essi spesso nascondono situazioni differenti e passibili diessere meno positive di quello che si pensa.“Qualcuno rimane anche 3 mesi e poi va via. Lavora quei 3 mesi lì,poi torna un’altra volta. E poi ci sono anche quelli che...i <strong>Rumeni</strong> chehanno aperto le ditte, artigiani, ma non è che le aprono perché loropoi voglio aprirle, no, loro...non dico al 100%, però l’80% vengononon costretti, ma condizionati dal datore di lavoro. Dice –guarda ioho difficoltà a tenerti a lavorare con me, perché non apri tu un’attivitàdi artigiano?- questo io chiamo uno scaricamento di responsabilità,al posto che io devo pagare per te i contributi, allora io ti do lavoroe tu ti arrangi, o lo dichiari o non lo dichiari. È sempre evasione delfisco. A livello, per dire, contributivo questi tipi di lavoro non aiutanol’Italia. Aiutano forse quelli lì...usano anche i clandestini eh. Ci sono16www.ismu.it56


anche i <strong>Rumeni</strong> che non hanno diritto di stare qua, la legge dice chedopo tre mesi devi comunque dichiarare la residenza...Io ho vistoqualcuno, non tanti ma va beh, che lavorano tre mesi e poi vanno viae vengono altri che lavorano nello stesso posto, poi questo finiti tremesi va via e ne viene un’altro...lavorano in nero, guadagnano per 3mesi poi vanno via, tornano poi vanno via.” (int. 4).Il settore dell’edilizia è un settore problematico, un “campo minato”dove si possono sviluppare, forse più facilmente che in altri,situazioni irregolari che possono sfociare nello sfruttamento. È,dunque, importante che di queste questioni si parli e che l’inserimentodei lavoratori rumeni in questo settore non venga consideratocome privo di problemi, ma che, anzi, si faccia particolareattenzione a sensibilizzarli ed ad informarli in merito ai loro diritti,oltre che ai doveri. Si tratta di un settore a cui prestare particolareattenzione, perché i lavoratori stranieri sono tanti e le previsionidicono che continueranno ad aumentare.“Perché quando uno diciamo...vai a fare un’assemblea o li incontroanche al bar, li incontro così, io dico guarda, se ti presentano dellacarte da firmare, al limite se sei costretto scrivi solo per ricevuta, seno dici no, mi dai queste carte che io vado al sindacato? Qualcunova bene, dice va bene dai, e qualcuno dice no no no, sapendo chequesto scoprirà il trucchetto sotto. Allora loro comunque quelli chefrequentano il sindacato, sentendo le cose che diciamo noi, stannoattenti...” (int. 4).RETI E COMUNITÀLa comunità rumena viene spesso definita in studi e ricerche la“comunità invisibile”, anche da alcuni specificamente riferiti alcontesto bergamasco (E. Zucchetti, 1997) 17 . Non è particolarmente17Vedi anche P. Cingolani, F. Piperno, “Il prossimo anno a casa”. Radicamento,rientro e percorsi traslocali: il caso delle reti migratorie Marginea-Torinoe Focsani-Roma, Programma MigraCtion 2004-2005, CESPI,FIERI, novembre 2005.57


importante, qui, verificare o meno l’appropriatezza della definizione,ma è utile chiedersi perché questa espressione venga utilizzataper descrivere la presenza dei <strong>Rumeni</strong> nel nostro Paese.Per rispondere a questa domanda è opportuno domandarsi, inprimo luogo, quali sono i rapporti che i <strong>Rumeni</strong> intrattengono coni loro connazionali presenti su un dato territorio. Da un lato, èpossibile affermare che questo tipo di rapporti sono più frequentinella prima fase del proprio soggiorno a <strong>Bergamo</strong>, specie se esistevanogià dei contatti con qualcuno presente su quel dato territorio.Quando sono stati aiutati nel corso della loro migrazione daqualche connazionale già in Italia, gli intervistati hanno dichiaratodi aver usufruito, almeno in un primo momento, delle reti in cuiesso era inserito, per poi provvedere a farsene delle proprie unavolta reso più stabile il proprio soggiorno. Tuttavia, per tutti quelliche sono arrivati soli e, specie, per le donne che sono arrivate inItalia per seguire il proprio marito e fidanzato, soprattutto quandoitaliano, l’isolamento è soprattutto iniziale ed è solo con il tempoche queste persone riescono ad entrare in contatto con alcuni deiloro connazionali.Quindi qua conoscevi Italiani ma non <strong>Rumeni</strong>?“No, nessuno, prima Rumena che ho conosciuto è stata lei. Ho sentitoper la strada e ho capito che era rumena, arrivava suo marito egli diceva -ti preparo cosa per cena stasera da mangiare?-, ho dettoè Romena e mi sono girata. Perché a quei tempi non c’erano tanti<strong>Rumeni</strong>, ero contento di poter parlare Rumeno con qualcuno. E cosìci siamo conosciute, perché abitiamo sulla stessa strada. Per caso,certo. Ci siamo conosciute così, abbiamo cominciato ad uscire un po’.È la prima Rumena che ho conosciuto”.Dopo quanto tempo dopo il tuo arrivo?“Dopo cinque anni”.Quindi dal ’92 al ’97 non hai frequentato altri <strong>Rumeni</strong>?“No, perché non conoscevo nessuno”.E come ti sentivi?“Mah, devo dirti che un po’ mi mancavano, però io sono anche unapersona che ero già abituata, venivo, giravo, per cui non ho senti-58


to tanto la mancanza, mi mancavano però stavo molto bene anchequi”.E finché non ti sei sposata sei stata a casa dei tuoi amici?“Sì, sono stata lì, 6 mesi, poi sono andata a vivere da mio marito”(int. 5b).A parte tuo marito conoscevi altre persone?“Il primo mese che ci siamo trasferiti lì dove abitava lui, perché poiabbiamo...per un mese siamo stati là tutti insieme. Vedevo i ragazzi,ma ragazze poche, erano proprio...la L...che era venuta insieme ame, un’altra ragazza, lei non era sposata e quindi...pochissimi, unadecina, che va beh ci incontravamo sempre così, nei week-end oqualche compleanno, perché lavorando non riesci, quindi più di tantonon...” (int. 5a).In questo senso la chiesa o, meglio, il ritrovarsi per seguire lefunzioni, gioca un ruolo cruciale. Poiché la maggior parte di loroè di religione ortodossa, i <strong>Rumeni</strong> si recano in alcune chiese specifiche,dove si celebra la messa con rito ortodosso. A <strong>Bergamo</strong>questo è possibile nella chiesa vecchia di Longuelo, il mercoledìe la domenica mattina. L’importanza della chiesa come punto diriferimento per i <strong>Rumeni</strong> presenti sul territorio, a <strong>Bergamo</strong> ma,più in generale, in tutta Italia, potrebbe essere dibattuta ipotizzandoche persone a cui per tanto tempo è stato negato di praticareil proprio culto religioso sotto il regime comunista abbianoriscoperto e riconoscano una centralità all’interno della propriaesperienza migratoria alla propria appartenenza religiosa. Nonsiamo in grado qui di falsificare o meno questa ipotesi, ma èvero che all’interno delle interviste il riferimento alla chiesa èemerso quando agli intervistati è stato chiesto di parlare deipropri contatti a <strong>Bergamo</strong>, specie nelle prime fasi del loro soggiorno.Questo significa che in molti racconti la frequentazionedella chiesa risulta un’esperienza legata soprattutto alle primefasi del proprio arrivo a <strong>Bergamo</strong> e alla ricerca di nuovi contatti,che perde la sua centralità man mano che la permanenza sulterritorio diventa di lungo periodo, perché, come raccontano in59


molti, il lavoro e la famiglia finiscono per assorbire la maggiorparte del tempo a disposizione in una settimana. D’altra parte,sempre secondo quanto riportato dagli intervistati, la chiesa diLonguelo è frequentata anche da persone che vengono da fuoriprovincia appositamente tutte le domeniche per seguire le funzioni,perché dove abitano non ci sono le chiese o non ci sonopreti ortodossi per celebrare le funzioni.“E’ un po’ difficile parlare della comunità rumena, perché noi non siamoorganizzati come i Marocchini o gli Africani. Siamo delle persone,abbastanza, come dire, individuali. La comunità vera e propria non sochi la frequenta, io la vedo solamente nella Chiesa, perché sono quelgruppo di persone che si incontrano. Ma qui ce ne sono parecchie,sono pochissime quelle che frequentano la Chiesa” (int. 2).“La chiesa a Longuelo è secondo me il punto più importante di riferimento.Poi c’è un ristorante che si trova a Dalmine, dove c’è ancheun mini complesso di musica rumena” (int. 3).Frequentate tante persone rumene?“Purtroppo io personalmente non tante, perché il tempo non me lopermette, perché lavoriamo otto ore al giorno e sai bene, la donnache lavora otto ore, la casa, le faccende domestiche, i figli che devonostudiare, stare dietro a loro...poco. Prima di più. Viviamo una difronte all’altra ma ci vediamo chissà quando, ci vediamo ogni tanto,la domenica magari ci fermiamo, due parole perché siamo sempredi corsa purtroppo”.Quali sono i punti di ritrovo dei <strong>Rumeni</strong> a <strong>Bergamo</strong>?“Io frequento la chiesa, per cui alla domenica ci vediamo lì, poi dellevolte si va in giro insieme. E allora ci vediamo in chiesa sempre. Ripeto,prima si usciva insieme, si organizzava la domenica, poi si andavain giro insieme. Ultimamente lo faccio meno perché non ho più tantotempo, dobbiamo fare i compiti e altre cose” (int. 5a).“Ho trovato le amiche, con qualcuno stai bene insieme con altri no.[Appena arrivata a <strong>Bergamo</strong>] io andavo alla chiesa e ho trovato personebravissime, perché alla chiesa vengono solo le persone che60


hanno la fede. Io sono molto religiosa, perché io quando sono venutaqui volevo farmi monaca, dopo ho cambiato la idea. Perché iopensavo che faccio, risolvo questo problema, compro la terra vado acasa e apro questa fondazione, ma non è così, perché quando sogniè tutto bello, ma nella realtà un problema si divide in dieci o quindiciproblemi e allora...[...]da noi, la nostra religione ortodossa si fannoper i morti, si fa, si dà da mangiare in nome di quelli morti, così conquesta scusa diciamo si sta insieme, si parla, si legano le amicizie.In chiesa anche chiedono lavoro, affitto. È duro che non ci siamobene organizzati perché sai, si lavora tanto e non c’è il tempo e ladomenica già è tanto che vai alla chiesa. Non ci siamo organizzatiperché tutti siamo qui per lavoro e non per fare un’altra cosa, mancail tempo” (int. 6a).“Di solito non vedi quelli che lavorano, vedi quelli che vanno a chiederela carità, avete un po’ di lavoro...Li vedi là che aspettano tuttiche casca qualcosa dal cielo, mamma mia. Andate a lavorare, dopovedete” (int. 8).La chiesa, insomma, oltre che ad essere un luogo di culto, rappresentaper i <strong>Rumeni</strong> presenti sul territorio un punto di riferimento,dove socializzare con i propri connazionali, ma anche una risorsaa cui attingere in caso di bisogno. In chiesa ci si scambiano informazioni,si trovano contatti, si cerca un lavoro. Essa, tuttavia,sembra rivestire questo ruolo solo durante la prima fase di necessitàsuccessiva all’arrivo o per quelle persone che non riesconoa raggiungere una certa stabilità nonostante un soggiorno dilungo periodo o che, per vari motivi, si trovano in una situazionedi bisogno. Altrimenti, dopo questa prima fase, le esperienze e ipercorsi dei <strong>Rumeni</strong> a <strong>Bergamo</strong> sembrano parcellizzarsi e individualizzarsi.In alcune ricerche su questo collettivo di passaporto (E. Zucchetti,1997) è stato ipotizzato che questo individualismo caratterizzi lerelazioni sociali in Romania dopo il crollo del regime comunista eche produca una certa resistenza a consociarsi e stabile rapportidi fiducia. Per questo, e per il timore di un’eccessiva esposizionesociale, al collettivo di passaporto in questione viene imputata61


una scarsa identità comunitaria e una ridotta cultura associativa.È difficile corroborare o falsificare questa ipotesi, ma bisogna,comunque, riconoscere che questo individualismo è stato riscontratoanche nelle interviste realizzate per questa ricerca. E’, allora,opportuno provare ad andare alla scoperta delle tracce dicomunità lasciate da questo collettivo di passaporto, per vederese è vero che è solo in chiesa, e solo a certe condizioni, che lerelazioni tra connazionali si intessono o se invece esse emergonoanche con altre modalità e in altri ambiti.Come per molti collettivi di passaporto esistono alcune rivistededicate ai <strong>Rumeni</strong> in Italia, tra cui la più conosciuta è la GazetaRomanesca. Si tratta di un settimanale in lingua rumena distribuitosu tutto il territorio nazionale, che dal 2001 tiene aggiornati i<strong>Rumeni</strong> presenti sul territorio italiano sulla normativa in materiadi immigrazione, oltre a fornire loro le principali notizie provenientidalla Romania. Una parte della rivista è anche riservataagli annunci economici dei lettori. Se molti intervistati hanno dettodi leggere questo settimanale, molti meno hanno dichiarato diguardare la televisione rumena grazie alla parabola, anche sealcuni ne hanno imputato la causa alle difficoltà dovute ai vincolidei regolamenti condominiali per il posizionamento delle antenneparaboliche.Uno strumento particolarmente diffuso, anche se non necessariamentetra le persone intervistate, è quello dei forum su internet.I principali si trovano a questi indirizzi: www.romania-italia.info;www.romanilatorino.net; www.lri.it/fhome.asp.Su queste piattaforme si discute degli argomenti più svariati, daiproblemi amministrativi della presenza in Italia allo scambio diricette italiane e rumene, dai commenti sull’attualità italiana erumena ai consigli di viaggio. La partecipazione alle discussioneè abbastanza assidua e lo strumento dei forum on line sembraessere abbastanza diffusa almeno entro una certa fascia dei migrantirumeni...insomma, una piccola comunità on-line di <strong>Rumeni</strong>che si confrontano sui problemi quotidiani della loro permanenzain Italia. La comunità invisibile è, dunque, tale non perché non c’è,ma perché non si vede? È, per esempio, una comunità virtuale?62


Ma da cosa ci si accorge della presenza di un dato collettivo dipassaporto sul territorio? E cosa testimonia la sua presenza direlativamente lungo periodo? Cosa ci dicono i negozi di articoliasiatici, le macellerie mussulmane, gli alimentari africani? Perquanto riguarda il collettivo di passaporto rumeno la presenza dinegozi di prodotti tipici e di ristoranti è una novità relativamenterecente, che, tuttavia, comincia a diffondersi rapidamente, specieladdove i <strong>Rumeni</strong> sono più numerosi, come a Torino o a Roma.A <strong>Bergamo</strong> è presente un negozio di alimentari in via Broseta,non molto lontano dalla chiesa dove i <strong>Rumeni</strong> si riuniscono perassistere alle celebrazioni, un ristorante a Dalmine, nei pressidel casello autostradale e un altro punto vendita di prodotti tipicipresso la pizzeria Mare Chiaro, in via Borgo Palazzo 2, all’angolocon via Frizzoni. Questa iniziativa presso il ristorante è nata suidea di alcuni dipendenti rumeni del proprietario. L’assortimentodei prodotti va dai salumi alla carne affumicata, fino ai formaggi ealle spezie. Ancora, prodotti particolarmente richiesti sono i vini,le salsicce, i condimenti e i succhi di frutta.“Sì, ma perché...è ancora il numero. Perché tu, se pensiamo bene,se qua ci sono...metti che sono 6000 rumeni, la nostalgia dei prodottitipici, della musica anche, ci sono i ristoranti, ci sono i negoziche fanno...alimentano il mercato dei prodotti tipici. Ma è normale,questo è dato ancora dalla conseguenza del numero. Perché se quici fossero 200 persone nessuno aprirebbe un ristorante o un negozio”(int. 3).Il diffondersi di questo business segnala, oltre alla presenza direlazioni transnazionali che interconnettono Romania e Italia, ilformarsi di una rete, anche solo alimentare, tra i <strong>Rumeni</strong> presentiin Italia. E’ pur vero che alcuni di questi imprenditori lamentano lascarsa fedeltà della loro clientela. Si tratta di un business, almenosecondo le persone che sono state intervistate a <strong>Bergamo</strong>, chepresenta molte potenzialità, ma anche alcuni rischi, che fannoriferimento alla difficoltà di crearsi una clientela stabile, assiduae fedele. Del resto, tutte le persone intervistate hanno dichiarato63


di non essere assidui consumatori di prodotti tipici rumeni acquistatiin Italia: qualcuno si è detto non interessato a consumarli;altri non si fidano della condizioni igieniche in cui versano questiprodotti, specie se importati dalla Romania; altri, ancora, si fannoportare ciò di cui hanno bisogno direttamente dai loro parenti cheli vengono a trovare o quando loro stessi tornano in patria per levacanze. La presenza del business dei prodotti tipici, dunque, confermain qualche modo la duplicità di un collettivo di passaportola cui numerosa presenza in Italia va di pari passo con l’apparenteindividualismo dei suoi membri.Un punto cruciale per questo tipo di riflessione è considerare ilruolo che l’associazionismo riveste all’interno dell’esperienza migratoriadi questo collettivo di passaporto. Questo perché, tradizionalmente,la propensione all’associazionismo viene collegataal prolungarsi del soggiorno nel Paese di arrivo e all’aumento delnumero di connazionali presenti sul territorio. Questi due elementi,infatti, dovrebbero favorire il sorgere di associazioni perrivendicare riconoscimenti e diritti sociali (F. Decimo, G. SciortinoG. (a cura di), <strong>2006</strong>). Eppure il caso dei <strong>Rumeni</strong> è più complicato.Questo perché è possibile ipotizzare che un soggiorno di lungoperiodo nel Paese di arrivo produca, a certe condizioni, la privatizzazionedelle relazioni sociali e dei percorsi migratori e, dunque, ilvenir meno della centralità dell’identità etnica e del conseguentebisogno di associarsi. Ancora, variabili cruciali possono essereil diversificarsi dei progetti migratori o la distanza geografica eculturale tra il Paese di partenza e quello di arrivo: migranti connazionalità e culture più simili a quelle del Paese ospitante, comequelli provenienti dall’Est europea, avrebbero una minore esigenzadi associarsi ed uscire dai circuiti solidaristici informali. Infine,un incentivo all’associarsi può essere rappresentato dalla presenzadi un tessuto associativo relativamente sviluppato già in patria(ibidem). Una ricerca del 2001 svolta dal Cnel sulle associazionidegli stranieri in Italia rivela come solo il 6% delle associazionirilevate appartengano a gruppi nazionali provenienti dall’Europadell’Est; tra queste la maggior parte sono di matrice albanese, enon rumena (ibidem). Gli elementi sopra citati possono contribuire64


a spiegare il perché di questo scarso tessuto associativo; tuttavia,quello che sembra più utile è riflettere non tanto sul numero diassociazioni fondate, quanto sulle loro caratteristiche. Per farequesto verranno presentate due associazioni, una a livello nazionale,La Lega dei <strong>Rumeni</strong> in Italia (Lri), e una appena fondata a<strong>Bergamo</strong>, l’associazione Dacia.La Lega dei <strong>Rumeni</strong> in Italia nasce il 28 maggio 2005 a Milano, duranteil suo primo congresso. La Lega è un’organizzazione senzacolore politico e scopo di lucro, che raduna molte della associazionirumene presenti in Italia. A far parte della Lega, insiemea queste associazioni, sono anche alcune delle principali realtàche contribuiscono alla comunità rumena in Italia, come giornali,imprenditori, chiese ortodosse, e alcune persone fisiche che nonappartengono a nessun ente od associazione ma che svolgono unlavoro a favore della comunità. Lo scopo della Lri è di diventarel’interlocutore privilegiato delle autorità italiane e il principalerappresentante dei <strong>Rumeni</strong> in Italia, per difenderne i diritti e gliinteressi, promuovere una corretta immagine della Romania eprendere posizione nelle situazioni ufficiali che interessano la comunitàrumena. Il presidente della Lri per la zona nord-ovest èMarian Mocanu, uno dei membri fondatori della Lega.L’associazione Dacia, fondata da poco a <strong>Bergamo</strong>, fa parte dellaLri ed è presieduta da Emilia Stoica, ingegnere residente a <strong>Bergamo</strong>.Il vice presidente è il dottor Marco Baratto. La sede si trovapresso la Cisl, in via Carnovali. Lo scopo dell’associazione non èsolo quello di rivolgersi ai <strong>Rumeni</strong> presenti a <strong>Bergamo</strong>, ma anchee soprattutto quello di essere un ponte che favorisca conoscenzae dialogo tra Italiani e <strong>Rumeni</strong>. Le attività che Dacia si proponedi intraprendere sono la promozione e il sostegno di iniziative dicarattere culturale e sociale per diffondere ed incrementare le relazionistoriche e culturali tra Italia e Romania; la collaborazionecon enti pubblici e privati per promuovere attività di promozione ediffusione delle tradizioni rumene; il coordinamento delle attivitàdi promozione culturale sul territorio lombardo per incrementarel’integrazione tra i popoli. Per creare questo dialogo l’associazionesi propone di promuovere iniziative di gemellaggio tra le città lom-65


arde e quelle rumene, per stimolare il dialogo tra le istituzionie lo scambio delle conoscenze. La prima iniziativa prevista è ungemellaggio tra la città di <strong>Bergamo</strong> e Brasov, città rumena dellaTransilvania. Brasov, infatti, una città di 322mila abitanti a 166 kmda Bucarest, sembra avere molti punti in comune con <strong>Bergamo</strong>:entrambe le città si trovano sul medesimo parallelo, il 45°, e sembranosomigliarsi, perché anche la città di Brasov presenta unaparte in collina ed è circondata dalle montagne. L’associazioneDacia, infine, è particolarmente impegnata nelle promozione diuna corretta immagine dell’immigrazione rumena, attraverso undiscorso che al tempo stesso prende le distanze dagli episodi dicronaca nera a cui spesso viene dato rilievo dalla stampa e dallevicissitudini del popolo rom e sottolinea come gli Italiani sianostati per primi un popolo di emigranti e come essi stessi abbianovissuto sulla propria pelle la stigmatizzazione e l’accusa di esseredei criminali. Questa posizione, più in generale, è la stessa assuntadalla Lega dei <strong>Rumeni</strong> in Italia.“Ma guarda, i primi anni non pensavo neanche che esistessero tuttequeste difficoltà, perché io sono arrivata per una via diversa, quindinon avevo mai saputo tutti questi problemi che avevano gli altri. Circa4 anni fa mi è successo di scoprire che qua a <strong>Bergamo</strong> c’era ancheuna chiesa, a Longuelo, dove fanno le funzioni ortodosse. Sono andataa messa e parlando così ho conosciuto che ci sono delle realtàdiverse e molto difficili. Gente che viveva nella clandestinità, genteonesta che andava a lavorare, sfruttati tra l’altro, diversi siamo riuscitiad aiutarli. Allora è anta in me una cosa forte, io sono statafortunata, facciamo...faccio in modo di aiutarli. Siccome comunquenell’industria dove lavoro io avevo diversi contatti sono riuscita adaiutare qualcuno ad essere inserito sul lavoro, poi ho conosciuto laLega dei Romeni. La Lega dei Romeni, praticamente mi sono iscritta,prima soltanto sul forum, partecipavo alle discussioni, e dopo misono fatta una cultura su queste cose qua, facendo delle ricerche,leggi sui documenti da fare, come fare, dove andare e cose del genere.I colleghi della Lega mi hanno notata, mi hanno proposto didiventare membro della Lega dei <strong>Rumeni</strong>, ho accettato e in un anno,66


in un percorso di poco tempo praticamente sono finita in consigliodirettivo. Sono portavoce della Lega. Anche perché sono un po’ portataai contatti con le persone, poi va beh, non ho neanche difficoltàad esprimermi o a parlare. Poi è successo questo...è stato per mecome un trampolino di lancio quando...con <strong>Bergamo</strong>ndo, a marzo,sono stata invitata a fare la testimonial all’inaugurazione. E poi lagente ha cominciato a conoscermi di più e ho detto, adesso è oradi fare un’associazione. Poi ho capito che qua a <strong>Bergamo</strong> non c’èneanche un’associazione rumena e con il mio amico dottor Baratto,che lavora alla Provincia di Milano, dicevamo come la chiamiamo?Meglio di Dacia non esiste. Perché Dacia è proprio il punto di partenza,l’unione tra i Romani e i Daci è nata così. È un’associazione socioculturale,con accento più sulla cultura, sul promuovere la culturasia romena che italiana, da ambo le parti. Tra l’altro stiamo...italianoe rumeno, stiamo insieme tutti e due. Cerchiamo...il progetto piùgrande che abbiamo è quello di fare un gemellaggio di <strong>Bergamo</strong> conla mia città di origine, Brasov, che è talmente...assomiglia talmentecon <strong>Bergamo</strong> che da quando sono qua devo dire la verità che non miè mancata molto la mia città, perché ci sono tantissime somiglianze.Adesso dovremo vedere, perché vorrei chiedere al primo cittadinodi <strong>Bergamo</strong> di ricevermi in udienza per questo, avevo già mandatotutta la documentazione, adesso spero che mi sia dato l’ok da partedi <strong>Bergamo</strong>. Poi cominciamo le trattative di là, però è da qui che devoavere l’ok, è inutile andare a parlare di là se non ho l’ok di qui. Poiva beh, siamo...abbiamo in mente di fare tante attività, ma culturali.Diciamo che sul sociale adesso ormai...non è che non c’è più tantoda fare, c’è ancora da fare perché...più che altro nel senso di dareun’educazione, più che altro per le persone che sono arrivate da pocoin Italia. Il percorso non è facile, io sono stata fortunata perché hoavuto un marito, un famiglia bergamasca, non ho avuto problemi diinserimento, non ho mai sentito cose di razzismo o cose del genere,forse anche perché essendo moglie di un italiano bergamasco forseè stato un biglietto da visita. Sicuramente mi ha aiutato questo, maso di persone che conosco che non hanno avuto la mia fortuna masono altrettanto inserite, forse hanno anche attività in proprio, sonoriusciti ad integrarsi discretamente. Dicevo, è ancora molto da fare67


per il sociale, però è arrivato il momento di far conoscere la verafaccia della Romania in Italia. Ma anche la vera faccia dell’Italia allaRomania. Perché mi ricordo ancora il direttore de L’Eco di <strong>Bergamo</strong>diceva “Mai io prima di incontrare lei sapevo della Romania soltantodi Dracula, il comunismo, queste cose qua”. Un po’ come me chequando sono arrivata in Italia la prima volta stavo cercando dovesono i panni stessi, quelli che vedevo nei film. Perché avevo tuttaun’altra immagine dell’Italia. Bisogna cercare, siccome siamo moltosimili, anche caratterialmente, stiamo cercando di far conoscere dipiù la parte bella. [...] Stiamo cercando di fare del nostro meglio,ecco. È difficile, è difficile anche essere credibili, perché la genteè un po’ diffidente, allora devi comunque dimostrare quali sono letue intenzioni. Quando poi vengono fuori attività, progetti...Adessocon la Lega dei <strong>Rumeni</strong>...perché la Dacia come associazione è anchemembro della Lega dei <strong>Rumeni</strong> e stiamo, abbiamo dei progettiimportanti, come quello dell’Avis, cerchiamo di...dobbiamo definirequesto progetto con Avis, la sensibilizzazione dei <strong>Rumeni</strong> per donareil sangue. Devo dire che è una cosa che sta avendo molto successo,perché ormai ci sono qua...qualcuno parla di un milione, qualcunoparla di 600.000, non si sa esattamente, ma tutta questa gente lavorae vive qui. Quindi si ammala anche qui, quindi ha bisogno anchedi assistenza sanitaria, ha bisogno di tutto. Quindi se una di questepersone ha bisogno di sangue...se prendi devi dare. Partecipa e saraiaiutato. Stiamo avendo...raccogliendo dei risultati, vediamo già che lagente è interessata. Speriamo, anche perché c’è da dimostrare ancheuna parte diversa...Poi abbiamo progetti anche con delle agenzie dilavoro, appunto per l’inserimento in maniera corretta delle personenel mondo del lavoro; la costituzione italiana in lingua romena. Un’altracosa che mi risulta abbastanza difficile...sto cercando di fare uncensimento dei cittadini rumeni. Le idee sono tanti, i progetti sonotanti, fai conto che è tutto un lavoro di volontariato, la volontà c’è,speriamo di riuscire” (int. 3).In generale, proprio perché l’associazione Dacia era nata da pocoal momento delle interviste, in pochi erano a conoscenza dellasua esistenza. Eppure, nel corso di una intervista con due persone68


che tra loro si conoscevano, questo argomento è nato spontaneamente.Si è scelto di riportare questa conversazione, perché essaintroduce alcuni elementi importanti per la riflessione sull’associazionismorumeno.B: “Adesso hanno cominciato a fare anche qualche associazione che...hanno fondato un’associazione da poco, si chiama Dacia”A: “E cosa fa?”B: “Ma è appena partita questa cosa qua. Poi c’è la Lega dei <strong>Rumeni</strong>,va beh, chi ha internet può entrare, può vedere un po’ di cose. Peròqua come punto di incontro non c’è mai stato niente, non c’è maistato niente. Ci si incontrava tra di noi, le amicizie, si usciva, siandava a cena, ripeto come...”E quest’associazione che è nata può diventare un punto di riferimento...B: “Può diventare, ma è appena partita, vedremo come andrà”A: “Ma come progetto cosa hanno in mente di fare?”B: “Non è una cosa politica, queste cose qua...”A: “Ma un punto di incontro per noi?”B: “Ancora non...è appena partita, si vedrà, non conosco esattamentedi cosa...”A: “Non ho sentito...”B: “Sì perché non è stata molto pubblicizzata...sì, è stata sull’Eco di<strong>Bergamo</strong> e così, però...non...devo...Perché vogliono fare un gemellaggiocon Brasov perché questa signora è di Brasov e vuole farequesto gemellaggio. E’ un’associazione culturale, non è niente dipolitico”A: “Ah, io pensavo con uno scopo di raccogliere, magari, che ne so,delle persone che si trovano in difficoltà per trovare lavoro o quellerobe lì” (int. 5).Sono due i punti che questa conversazione solleva: in primo luogo,la scarsa partecipazione, da parte della maggior parte dei<strong>Rumeni</strong>, alle associazioni che nascono; in secondo luogo, le finalitàperseguite da queste associazioni. Spesso, infatti, anchese la propensione all’associazionismo è in crescita entro questo69


collettivo di passaporto, la partecipazione resta scarsa. Quantoha dichiarato una delle interessate quando le è stato chiesto seconoscesse o facesse parte di associazioni rumene, e che vieneriportato di seguito, è particolarmente significativo:“Qua a <strong>Bergamo</strong> non sono organizzati, a Milano ho sentito che c’èuna associazione, anche io mi voglio iscrivere ma non so come, nonso come andare a Milano, se si fa qui a <strong>Bergamo</strong> penso di iscrivermi”(int. 6a).È altrettanto vero che la relativamente alta partecipazione ai forumsu internet da parte dei <strong>Rumeni</strong> in Italia smentisce, in parte, questopresunto disinteresse da parte dei <strong>Rumeni</strong>. Quello che forse è,allora, opportuno domandarsi è se, e come, questa propensione alcoinvolgimento nell’associazionismo e, più in generale, alle discussionie alle iniziative che riguardano la comunità dipenda da alcunifattori, tra i quali la condizione sociale ed economica raggiunta inItalia, il livello di istruzione, l’occupazione svolta. Ci si chiede, insomma,se la propensione alla partecipazione non dipenda dallecaratteristiche socio-demografiche dei <strong>Rumeni</strong> presenti in Italia,come se la capacità di attivazione e di partecipazione si sviluppassepiù facilmente a partire da una certa stabilità sociale ed economica.Questa ipotesi è strettamente legata al secondo punto che emergedalla conversazione sopra riportata. Di che tipo sono le associazionirumene più diffuse?Se si fa riferimento alla definizione di Sciolla (in F. Decimo, G.Sciortino G. (a cura di), <strong>2006</strong>), che distingue tra associazione autoorientate,rivolte cioè al rafforzamento dell’identità etnica, e associazionietero-orientate, maggiormente predisposte la dialogo e alloscambio culturale, le associazioni rumene qui presentate sembranoappartenere piuttosto al secondo modello. Ma se questa aperturaal dialogo le mette al riparo dal rischio di alimentare la separatezzae l’isolamento, non escludono quello che l’integrazione promossasia di tipo subalterno, specie se non vengono messe in discussionele disuguaglianze esistenti. La promozione dell’inclusione e delloscambio culturale non può trascendere dalla rivendicazione dei70


propri diritti dei propri membri. Intuitivamente, il primo modellodi associazione può appartenere alla prima fase della migrazione,quando cioè la necessità è quella di rafforzare la solidarietàall’interno del proprio collettivo di passaporto, e il secondo è associabilead una presenza di lungo periodo e quindi più stabile, chepermette di aprirsi al dialogo con la società di arrivo. Se, dunque,il secondo modello può essere definito l’evoluzione del primo nelladirezione dell’integrazione, ci si domanda se per quanto riguardaquesto collettivo di passaporto la prima fase non sia mai esistita. Cisi interroga, cioè ,su quanto questo tipo di associazioni rispondanoalle reali esigenze dei <strong>Rumeni</strong> in Italia e se davvero i loro problemiin campo sociale e lavorativo siano stati del tutto risolti. Lungi dalvoler affermare che le iniziative a carattere culturali ed istituzionalinon contribuiscano a migliorare le condizioni degli stranieri in Italia,ci si chiede, tuttavia, se queste associazioni non siano formate e sirivolgano solo ad una fascia dell’immigrazione rumena in Italia, aquel “ceto medio” che forse meno degli altri ha bisogno di questeiniziative, e se non dipenda da questo la scarsa partecipazione. Perchéanche quando si obietta che, al contrario, i forum di discussionesu internet sono molto frequentati, bisogna considerare che questotipo di partecipazione implica il possesso e l’utilizzo di un computere di una connessione ad internet e che, di conseguenza, essaesclude tutti coloro non hanno accesso a questo tipo di risorse. Cisi domanda, infine, se il discorso promosso da questo tipo di associazioninella misura in cui si impegna a mostrare una certa immaginedell’immigrazione rumena in Italia, in risposta all’immaginestereotipata veicolata dai mass media, senza riflettere sui problemiche invece permangono, non comporti il rischio di nascondere tuttii problemi che i <strong>Rumeni</strong> in Italia vivono ancora quotidianamentesulla loro pelle e tutte le discriminazioni e gli sfruttamenti, direttie indiretti, che sono ancora costretti a subire.L’ultimo elemento di riflessione proposto riguarda il coinvolgimentopolitico dei <strong>Rumeni</strong> in Italia a partire dall’ingresso della Romaniain Unione Europea. Recentemente è stato fondato un partito politicorumeno, il Pir (Partito Identitatea Romanesca”), candidatoalle elezioni amministrative del maggio 2007 nelle liste dell’Udeur.71


Nel Lazio il Pir ha presentato un candidato in quattro comuni ealtri quattro a Novara, Alessandria, Verona e Civitanova Marche. IlPir è guidato dall’avvocato Giancarlo Germani, un italiano sposatocon una donna rumena; secondo le sue dichiarazioni il partito hacome scopo quello di “aiutare, sviluppare e provocare la coesionee l’integrazione sociale, culturale e politica della comunità rumenain Italia” 18 . La segretaria del partito l’avvocato, Geta Lupi, è rumena.Da statuto “il partito si ispira e si richiama espressamente aivalori del Cristianesimo e riconosce come fondamentali i principimorali e religiosi espressi dalla Chiesa Ortodossa Romena e dallaChiesa Cattolica e si propone di riaffermar e il valore della religiositàe della spiritualità in una società come quella italiana dove ilconsumismo ed il materialismo hanno sì comportato un grandesviluppo economico con un relativo benessere generalizzato, mahanno anche svuotato la società di quei valori sociali e spiritualiche costituiscono il vero senso della vita al di là di una sterilecorsa per il possesso di proprietà o beni materiali”(ibidem).Alla nascita di questo partito i <strong>Rumeni</strong> presenti in Italia non sembranoaver risposto con grande entusiasmo. La stessa posizione èstata assunta da alcuni dei maggiori esponenti della comunità.“Ho visto che c’è un partito, che si sono uniti con Mastella mi sembra,però le foto che ho visto mi sono spaventata. Chi sono questi?Sembrano degli zingari. Non lo so, non ho mai aderito...e non sonomai andata. Ho letto solo questo articolo e basta. Non sono una politica.Non lo so, sinceramente Mastella credo che ha preso i <strong>Rumeni</strong>siccome noi siamo un milione qua, siamo la comunità più grande inItalia e moltissimi hanno anche la cittadinanza, perché sono tantissimianni che sono qui. Io credo che Mastella dato che ha, credo, questaè un’opinione mia, ha una percentuale abbastanza bassa in Italiadi elettori italiani, lui probabilmente l’ha fatto in un modo furbo, hadetto tanto questi sono tanti, potrei raccogliere i voti. Perché adessoc’è quello sbarramento lì. Io credo che è per questo motivo. Non è18Articolo di Dana Mihalache, Presidente dell’Associazione Spirit Romanesc-Roma,su <strong>Immigrazione</strong>Oggi, riportato nel forum della Lega dei<strong>Rumeni</strong> in Italia, www.lri.it72


che Mastella aveva bisogno dei <strong>Rumeni</strong>, per essere chiari. Non lo so,questo lo dico io, è una mia opinione...poi...” (int. 2).Posizioni come quella di questa intervistata si ritrovano all’internodei forum di discussione su internet. Le ragioni della diffidenzafanno riferimento al rischio di una strumentalizzazione da partedell’Udeur, all’inopportunità di fondare un partito su base etnica,alla sensazione che sarebbe migliore cercare di integrarsi nelleistituzioni italiane invece che fondarne altre, al fatto che in ognicaso alla testa di un partito rumeno c’è un Italiano...Bisogna ancheconsiderare che, probabilmente, le vicissitudini storiche cheha vissuto la Romania hanno reso il suo popolo un po’ più diffidentenei confronti della politica e, ancora, che poiché l’ingresso dellaRomania nell’Unione Europea era davvero recente probabilmenteanche la disinformazione ha giocato un suo ruolo nella scarsaaffluenza alle urne dei <strong>Rumeni</strong> e pochi voti ottenuti dal Pir. Percapire bene queste ragioni abbiamo chiesto di parlare di questopartito alla presidentessa dell’associazione Dacia.“Allora, in questo momento ritengo che l’importante è l’inserimentocorretto e in maniera rumena nel tessuto sociale italiano. È vero che laRomania è entrata nell’Unione Europea e i diritti, parlano tutti di dirittima ci sono anche i doveri, sono cambiati. Adesso ci sono stati dei paesiin Italia, dei comuni dove ci sono state le elezioni, abbiamo anche tra inostri ci sono...c’è il consigliere ad Alessandria piuttosto che a Ladispoli.Io dico che come comunità siamo come un neonato, prima di cominciarea correre bisogna cominciare a camminare, stare in piedi e cominciare acamminare, poi cominciare a correre. Non dico che è inutile la politica,anzi è molto importante perché se non ci fosse la politica non esisterebbeun governo che sta in cima ad un Paese. Ma in questo momentoio dico che prima di arrivare alla politica bisogna fare...lavorare moltosul sociale, proprio per aiutare la gente a cambiare la mentalità. Poiquando le persone saranno perfettamente integrate, magari neanchequesta generazione, magari neanche i prossimi 5 anni. Non le prossimeelezioni, magari tra due o tre, non si sa mai. Comunque la storia ci hadimostrato anche che abbiamo avuto un sindaco italiano a New York, il73


presidente francese che è di origini ungheresi, si può arrivare. Però perfare questo bisogna comunque non fare il passo più lungo della gamba,cercare di non bruciare le tappe.”Secondo lei come è nata l’idea di fondare il Pir, che poi si è candidatocon l’Udeur?“Diciamo che io personalmente non condivido. Non condivido perchéritengo inopportuno un partito etnico. Qui siamo in Italia, è inutile cheloro dicono che è un partito italiano, già il nome stesso ti dice. E ridimensionatutto. È inutile dire sono Italiani e <strong>Rumeni</strong>. È un partito italiano?Perché l’hai chiamato Identità Rumena? Per attirare la gente? Peraumentare il numero di voti? Sono tutte strategie che personalmentenon mi piacciono. Il Presidente conosce le mie opinioni, certo, ci siamoscontrati sull’argomento. Io non accetto l’idea perché dal mio punto divista è sbagliata. In Italia non puoi...abbiamo già delle cose in Romaniadi questo genere e da sempre hanno creato dei conflitti all’interno delPaese. Non aiuta l’integrazione, non aiuta perché è già come, non so,ghettizzare, separare una cosa non aiuta ad integrarsi, non aiuta ad inserirenella società. Tanto è vero che non hanno avuto neanche il voto,non hanno avuto successo alle elezioni, non hanno avuto partecipazione,anche perché diciamo che per i <strong>Rumeni</strong>...il tempo unidirezionale è finito.Quindi...ma anche per dire nella Lega dei <strong>Rumeni</strong>, nella Lega dei <strong>Rumeni</strong>noi non possiamo neanche dire...la porta è aperta a tutti, si collaboracon tutti. È corretto, in una democrazia, ognuno è libero di scegliere.Questo partito è nato non so perché, cioè, lo dicono loro perché, ma ionon lo condivido”.Il Presidente è italiano?“Il Presidente è italiano, la segretaria è rumena”.Secondo lei c’è un rischio di strumentalizzazione da parte dei partitiitaliani?“Sì. Adesso c’è l’Udeur, ma perché sono stati quelli che...l’Udeur è statoil partito che gli hanno offerto collaborazione ma indipendenza, unaforma di indipendenza, non li costringono a fare certe cose. Se fossestato un altro partito mi sa che andavano con quello, per dire. Potrebberoessere in futuro corteggiati anche da altri partiti, perché adesso a direla verità il numero degli emigranti rumeni...cioè, nel senso, sono tanti,dove ci sono i numeri la gente va, perché ci sono i voti”.74


La partecipazione al voto da parte dei <strong>Rumeni</strong> sarà alta?“Mah................è una domanda...bisogna distinguere un po’ le cose, cisono quelli che sono come me, che sono tanti anni qua in Italia, che hannoscelto di vivere in Italia e se hanno scelto di vivere in Italia scelgonocomunque un percorso dato anche dalla politica italiana. E io conoscotanto che sono come me, cittadini italiani, che votano e sanno della Romaniaquello che leggono sui giornali o sanno dai parenti, perché propriohanno scelto di vivere qui. C’è un grande disinteresse però, si è vistoanche per le elezioni amministrative. C’è un grande disinteresse, maquesto disinteresse non se è una conseguenza della disinformazione,cioè bisogna capire bene. È stata una cosa molto breve, da gennaio amaggio ci sono state già le elezioni, tutta una cosa, tutta in fretta, ,lagente non ha ancora capito quali sono i suoi diritti, come può fare. Poiè arrivato questo partito che non è che è stato guardato di buon occhioperché hanno detto ah come? Subito? Non siamo ancora qua che nascegià il partito. La gente è stata un po’ diffidente, perché ha detto bisognavedere quali sono gli interessi sotto. Siccome le esperienze passate tifanno diventare un po’ scettico, probabilmente sono stati un po’...bisognacapire se c’è stata disinformazione o la gente ha detto, no, fammi un po’aspettare, vediamo come tira la cosa, perché non saprei dirti di sicuro.Probabilmente nel 2008 si vedrà...quando passeranno già un anno emezzo, due anni di vita da cittadino europeo, quindi la gente incominciaa capire un attimino meglio le cose. Adesso il tempo è stato molto breve,non hanno avuto tempo di capire” (int. 3).Come emerge dal discorso dell’intervistata, non è l’impegno politicoa destare diffidenza, quanto piuttosto la scelta di fondare un partito aconnotazione etnica. Tant’è che desta quasi meno clamore la presenzadi un candidato rumeno tra le fila della Lega Nord ad Alessandria.Si tratta di Gheorghe Raica, che si è candidato alle elezioni comunaliad Alessandria nella lista della Lega Nord. Già presidente dell’associazionedei <strong>Rumeni</strong> in provincia di Alessandria, egli spiega così lapropria scelta: “Ho deciso di entrare nella Lega Nord perché la battagliadi questo partito non è contro gli stranieri, ma contro chi nonrispetta le leggi e delinque. Sono convinto sia una battaglia giusta,anche a tutela di chi è entrato in questo Paese regolarmente, ha un75


lavoro e vuole integrarsi. Il fenomeno dell’immigrazione irregolarenon aiuta l’integrazione, ma la ostacola, perché crea nei cittadiniil pregiudizio contro gli stranieri” 19 . Le posizioni rispetto a questascelta sono meno critiche di quelle nei confronti del Pir. C’è chirimane comunque scettico rispetto alla decisione di candidarsitra le fila di un partito che ha assunto posizioni xenofobe. Ma c’èanche chi vede questa candidatura come l’occasione di cambiareda dentro la mentalità leghista. Ancora una volta, per fare chiarezzaè stato chiesto alla presidentessa dell’associazione Daciadi esprimere il suo parere a riguardo.C’è in Piemonte un candidato rumeno nella Lega Nord?“Ad Alessandria. Questo candidato rumeno nella Lega Nord adessoè anche consigliere. Ha preso proprio dei voti. La reazione della comunitàrumena io la vedo positiva, per quale motivo? Personalmentecredo che anche questa lotta contro l’immigrazione, che la Lega Nordnon ha mai nascosto, bisogna andare dentro per capire bene. Questapersona, che io conosco telefonicamente perché ci siamo sentiti, èpartita con dei buoni propositi. Ha fatto molto per la comunità rumena,tanto è vero che i voti sono arrivati, ma convinto che lavorandoinsieme con la Lega Nord è una sfida. Fare capire alla Lega Nord chesiamo proprio cittadini onesti e gente per bene come voi, non è chesiamo venuti qua a portare via il pane a qualcuno, anzi, c’è bisogno dinoi, perché lavoriamo e partecipiamo alla crescita economica del Paese.Non ti rubo niente, sono qua a lavorare, sono qua a fare una vitadecente e non do fastidio a nessuno. Credo che possa avere dei buonirisultati, anche perché si tratta di un partito italiano che comunqueha accettato un candidato rumeno, che poi si è dimostrato davvero,ha saputo ottenere dei risultati. È consigliere per l’integrazione, unacosa del genere, al Comune di Alessandria, ed è un grande risultato.Sicuramente farà in modo di far emergere l’atto positivo della comunitàrumena” (int. 3).19“La lega candida un Rumeno al Comune”, articolo reperibile suwww.stranieriinitalia.it76


L’ingresso sulla scena politica italiana è una sfida importante perquesto collettivo di passaporto, non solo perché lo espone in modoparticolare al pericolo di possibili strumentalizzazioni, ma ancheperché su questo piano riemergeranno i problemi di attivazionee partecipazione di cui si è parlato in precedenza. Inoltre, al di làdel presunto disinteresse verso la politica da parte dei cittadinirumeni, che, ammesso sia legato agli eventi storici che hannosegnato il loro Paese, rimane tutto da verificare, bisognerà vederecome, ad esempio, l’aumento della propensione al rimpatrio trai <strong>Rumeni</strong> in Italia inciderà su questi processi. Ancora, bisogneràvedere se e come le associazioni esistenti, nella misura in cuiaumentano il loro peso istituzionale e si propongono di lavorarepiù nella direzione della promozione della cultura e delle relazionitra Paesi, saranno in grado di veicolare la richiesta di integrazione,non solo lavorativa, ma anche e soprattutto sociale, cheproviene dai <strong>Rumeni</strong> presenti in Italia e che non sempre riesce ademergere. Perché invece di domandarsi se la comunità rumenaè, o meno, una comunità invisibile è, forse, più utile chiedersi see perché le istanze provenienti da questo collettivo di passaportonon riescano ad essere espresse attraverso il canale più tradizionaledell’associazionismo e se, quindi, esistano meccanismiche, mentre includono alcuni, escludono sistematicamente altri,specie se meno dotati di risorse economiche e sociali. E senon siano proprio le questioni sociali, lungi dall’essere risolte, adincrementare l’individualismo e ad impedire a delle reti socialiforti, ammesso e non concesso che non esistano, di emergere ediventare stabili e visibili.Le ragazze sulla strada:lo sfruttamento e la prostituzione minorileUno dei problemi che è importante non dimenticare perché soloattirando l’attenzione dell’opinione pubblica può essere risolto èquello della prostituzione. In che misura essa coinvolge la criminalitàorganizzata rumena e, soprattutto, sono tante le ragazzerumene che vengono sfruttate sulle strade della bergamasca?77


Nella misura in cui la Romania è entrata a far parte dell’UnioneEuropea, infatti, il discorso sull’immigrazione rumena, da un lato,si è concentrato soprattutto sul presunto allarme invasione e,poi, sulla questione dei rom e, dall’altro, ha dimenticato alcuneproblemi gravi che vivono nel nostro Paese le persone che provengonodalla Romania. Si tratta di problemi che è importantenon dimenticare e che è fondamentale denunciare, anche quando,come le associazioni rumene, ci si preoccupa di presentare gliaspetti positivi dell’immigrazione rumena nel nostro Paese percontrastare l’attenzione spropositata che i mass media riservanoa certi fatti di cronaca nera, che coinvolgono persone provenientidalla Romania. Per questo si è cercato di mettere a fuoco l’entitàdel fenomeno della prostituzione rumena in provincia di <strong>Bergamo</strong>e di capire se e come essa sta evolvendo, anche a seguito delfatto che queste ragazze sono diventate, dal primo gennaio del2007, cittadine europee. Per fare questo è stato fondamentale ilcontributo del presidente e degli operatori dell’Associazione Melarancia,non solo per i dati che hanno messo a disposizione, masoprattutto per l’analisi approfondita che ne hanno fornito. Proprioper questo sono state realizzate due lunghe interviste con ilPresidente e il Coordinatore dell’Associazione.Melarancia Onlus è un’associazione nata a <strong>Bergamo</strong> in seguitoalla sensibilizzazione alle problematiche del disagio femminilea opera del Consiglio delle Donne del Comune di <strong>Bergamo</strong>, cheè stata costituta per rispondere al problema della prostituzionesul territorio bergamasco nel settembre del 1999, grazie a quattroaltre associazioni: Aiuto Donna Onlus, Comunità Kairos, LaMimosa e Lule Onlus. L’associazione dal 2005 è iscritta al RegistroRegionale del Volontariato. Tra le finalità perseguite vi è lapromozione sociale delle donne in situazioni di disagio, con unaparticolare attenzione per lo sfruttamento sessuale e le vittime ditratta; l’integrazione delle persone in condizioni di emarginazionegrazie a servizi che si facciano carico di rispondere ai loro bisogni;la mappatura e il monitoraggio dell’andamento della prostituzionedi strada sul territorio; la sensibilizzazione e la prevenzione deicomportamenti a rischio di trasmissione di HIV e MTS (malattie78


trasmissibili sessualmente) e l’informazione e l’accompagnamentoall’accesso all’assistenza e alle strutture sanitarie per isoggetti non iscrivibili al Servizio Sanitario Nazionale. L’attivitàdell’associazione si svolge sia sul piano culturale, attraverso azionifinalizzate all’informazione e alla sensibilizzazione territorialee alla formazione di operatori e volontari, che direttamente sulcampo, attraverso l’intervento per favorire la tutela sanitaria, lacostruzione di relazioni significative e la promozione di percorsi diautonomia per le ragazze in strada. Il lavoro è svolto da volontari eda collaboratori professionali e si articola in quattro uscite settimana,due diurne e due notturne, sui comuni dei Distretti Sanitaridi <strong>Bergamo</strong>, Dalmine, Romano di Lombardia, Seriate, Grumello,Isola Bergamasca, Treviglio, Valle Cavallina, Valle Imagna e Villad’Almè 20 . Per le uscite gli operatori dell’Unità Mobile di Stradautilizzano un’autovettura di proprietà dell’associazione e sonodotati di un documento di riconoscimento, un telefono cellulare edel materiale informativo di tipo socio-sanitario e con il numerodi telefono dell’operatore dell’associazione, che è reperibile dalle10 di mattina fino a mezzanotte, destinato alle ragazze in strada, acui vengono offerti anche generi di conforto. Nel corso del lavoroin strada viene svolto un lavoro di mappatura del fenomeno sulterritorio, presentazione dei progetti alle ragazze, divulgazionedelle linee telefoniche di informazione, orientamento e ascoltoa disposizione, raccolta di questionari al fine di rilevare le conoscenzesanitarie delle ragazze, distribuzione di materiale informativo,offerta di generi di supporto e presidi medico-sanitari,accompagnamento ai servizi sanitari, rilevazione dei bisogno esostegno relazionale.“L’associazione è un’associazione che nasce da un’altra associazione,che è la Lule di Milano, che con altre realtà presenti in luogo hadeciso di costituire, o aiutare a costituire, questa nostra associazionebergamasca, proprio per coprire l’area della provincia, almeno dellabassa pianura, perché è soprattutto qui che si verificano questi feno-20www.lamelarancia.org79


meni. Ed è nata intorno al ’99, iniziando a lavorare nel 2000. Dal 2000a oggi l’associazione si è sviluppata, oggi è sostanzialmente autonoma.L’attività era proprio quella di andare a contattare la prostituzionenei luoghi in cui avviene. E parliamo di prostituzione su strada e diprostituzione sfruttata. Quindi noi siamo dotati di un paio di autovetture,che escono ognuna due giorni alla settimana, con due uscitenotturne e due uscite diurne. Sulle autovetture c’è un operatore professionalee uno o due volontari. I luoghi di contatto sono soprattuttole due grosse direttrici della Francesca e della Dalmine, con presenzesulla Dalmine, Dalmine-Villa d’Almè, con presenze sulla Dalminesoprattutto di ragazze dell’Est, ivi compreso le Rumene, invece maggiorprevalenza, anche se non assoluta, delle ragazze nigeriana sullaFrancesca. Ragazze sfruttate ovviamente, l’incontro avviene con ildesiderio, il pretesto di fare due chiacchiere, portiamo d’estate dellebevande fresche e d’inverno delle bevande calde e vediamo un po’quali possono essere le loro esigenze. [...] La nostra sede è in BorgoPalazzo al 130, quindi nell’ex manicomio, attuale Asl e quindi diventaanche un pretesto, l’accompagnare loro, per poterle magari portarenella nostra sede, fare due chiacchiere, capire quale è il loro grado dicostrizione e vedere se si riesce a costruire con la rete che ci circondaun percorso di uscita. [...]” (int. 10).L’associazione, inoltre, organizza incontri e convegni pubblici e nellescuole, pubblica ricerche e organizza campagne informative nei Paesidi origine della tratta, per informare e sensibilizzare le comunitàlocali circa le problematiche legate allo sfruttamento prostituzionee alla tratta di essere umani. Questa attività viene svolta congiuntamentecon l’associazione Lule e con la Caritas diocesana 21 .“Beh nonostante che di queste cose ormai se ne parli sempre di più illivello di ignoranza del fenomeno è sempre uguale. C’è una specie difastidio a entrare nel merito della questione. E qui parlo soprattuttodal punto di vista maschile. E quindi nonostante si conosca benissi-21Melarancia Onlus, Relazione Attività <strong>2006</strong>, articolo reperibile suwww.lamelarancia.org80


mo la situazione, quali sono le costrizioni e tutto non è facile. È perquello che abbiamo deciso di cominciare ad intervenire sui ragazzie sulle ragazze, perché certi valori sono apprezzati con spirito dicrociata in gioventù. E sono questi che devono rimanere. Sperandoche si capisca cosa vuol dire dare il cliente di una di queste ragazzenon volontariamente dedite alla prostituzione e quindi riuscire a capirequale è la differenza, riuscire a capire cosa vuol dire violentareanche solo pagando, anche solo prevaricando per capacità di censoe invece avere rapporti regolari, equilibrati. Se passa questo messaggioprobabilmente riusciamo ad avere qualche cliente sfruttatorein meno” (int. 7).A partire dai dati presentati dall’Associazione nella relazione dellesue attività per l’anno <strong>2006</strong> è possibile trarre alcune informazionisulle caratteristiche dello sfruttamento della prostituzione rumena.Nel corso del <strong>2006</strong> l’associazione ha realizzato 165 uscitetotali, di cui 81 notturne (dalle 22:00 alle 3:00) e 84 diurne (dalle14:00 alle 19:00). Le ragazze incontrate 22 nel corso di questeuscite sono 545, di cui 286 Africane, 106 Rumene, 48 Moldave,28 provenienti dall’Ex Unione Sovietica (Ucraina o Russia), 38 daaltri Stati dell’Est Europa (Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca,Grecia, Polonia, Lituania), 25 Albanesi,22 Sudamericane (donne otransessuali provenienti dall’Argentina, dal Brasile, dal Venezuelae dall’Uruguay), 4 Italiane e 8 di altra provenienza 23 . Cosa indicail dato relativo alle ragazze rumene? Esse sono aumentate o diminuiterispetto all’anno precedente? E quali sono le previsionia seguito dell’ingresso della Romania nell’Unione Europea? Percapirlo bisogna fare attenzione ad alcuni elementi legati ai dati,come ha spiegato il coordinatore dell’associazione.22Il numero totale dei contatti è di 2355, di cui 1551 verso ragazzeafricane, 315 verso ragazze rumene, 145 verso ragazze provenientidall’Est Europa, 112 verso ragazze Moldave. 93 verso Albanesi, 84 versoragazze provenienti dall’Ex Unione Sovietica, 45 verso Sudamericane e10 verso ragazze italiane.23Melarancia Onlus, Relazione Attività <strong>2006</strong>, articolo reperibile su:www.lamelarancia.org81


“Nel corso del <strong>2006</strong> abbiamo contattato106 ragazze rumene, di cuipraticamente 105 di notte, nelle uscite notturne, e 1 solo di giorno.Fai conto che comunque il dato relativo alle Moldave, che sono 48,anche qui di cui 47 di notte...è possibile che le Moldave non sianoMoldave ma Rumene. Noi inizialmente raccogliamo i dati che ci dichiarano,poi nel tempo magari ovviamente conoscendo la personasi capisce che non è Moldava ma Rumena. Questo problema si verificheràmolto meno quest’anno, infatti io che sto lavorando i dati diquest’anno vedo questo anticipo, il numero delle Rumene è in crescita.Secondo me non perché tanto sono aumentate per una questionedi frontiera...quindi sono in Europa e non c’è più questo discorso quidella clandestinità, ma per il fatto che per tutte quelle che prima sidichiaravano Moldave ed erano Rumene ora è più conveniente direquello che sono veramente, quindi essere Rumene. E quindi c’è undato oggettivo e un dato percettivo. Il dato percettivo ci fa intuire chemolte ragazze che erano Moldave e giuravano di essere Moldave finoal 31 dicembre del <strong>2006</strong>, al 2 gennaio erano Rumene e giuravano diessere Rumene”.Come mai succedeva questa cosa?“Succedeva perché...nel senso che prima tendevano a dire di essereMoldave per paura o timore che la famiglia, che di là venissero a sapereche loro erano in strada. Quindi il fatto di dire la bugia serviva in qualchemodo a tutelare...una forma di tutela fittizia perché poi se vanno averificare...due per la questione dei rimpatri. Nel senso che la notiziadi cronaca o comunque quella di corridoio era comunque che dai Cpt,per chi veniva inviata ai Cpt, poche, due sul totale, perché spesso nonc’è posto, le Moldave erano molto più difficilmente rimpatriate per viadegli accordi internazionali. Quindi non esistevano questi accordi internazionalicon la Repubblica Moldova e quindi non c’era questa facilitànei rimpatri. Cosa che invece con la Romania c’era di più e quindi dire diessere Moldava era tutelante. Adesso chiaramente essendo la Romaniaentrata in Europa diventa più pratico non di essere di essere Moldaveperché poi rischiano di essere allontanate, anche se poi, voglio dire,avviene davvero per poche ragazze il rimpatrio effettivo”.Quindi non stanno aumentando i numeri delle ragazze rumenenel 2007?82


“Allora, sulla carta sono aumentate, però una parte è proprio dovutaa questo. Abbiamo avuto un riscontro oggettivo, abbiamo dovutosostituire nel data base la nazionalità perché la Anna di turno non èMoldava ma è rumena, quindi una percentuale rappresentativa è datada questo, però rimane una piccola percentuale in più, in aumento,rispetto a questo dato qua. Che però non è poi così significativo. Calcolache noi ci aspettavamo invece una diminuzione delle Rumene,questa era la nostra aspettativa. Magari anche sbagliata. Quindi afine <strong>2006</strong> noi ci aspettavamo che poi con l’entrata in Europa dellaRomania venissero meno ragazze per il fatto che non avendo piùbisogno di rivolgersi ad organizzazioni criminali per venire in Italiae quindi potendo avere un accesso diretto senza dover dipendereda nessuno, probabilmente sarebbero state molte meno le ragazzefinite sulla strada. Perché poi avrebbero avuto altre possibilità di tipolavorativo. In realtà no. No, continuano ad esserci, in lieve aumentoma non così vistoso. L’aumento è vistoso ma in gran parte per quelmotivo lì. Questo per quanto riguarda <strong>Bergamo</strong>” (int. 7).Dai dati presentati nella relazione delle attività dell’associazionenel <strong>2006</strong> risulta, poi, un turnover molto elevato tra le ragazze, cheè legato alle scelte di chi gestisce il mercato della prostituzione,ai flussi dell’immigrazione clandestina e alle modifiche del contestoambientale, come la qualità del traffico stradale, i fenomeniatmosferici e la presenza o meno delle forze dell’ordine. Inoltre,dal confronto con i dati del 2005 emerge, per quanto riguardala Romania, è il costante aumento dell’arrivo di queste ragazze,portate nel nostro Paese con la promessa di un lavoro dai propriconnazionali e indotte a prostituirsi al momento del loro arrivoin Italia. Quello che preoccupa è che esistano, addirittura, delleagenzie di lavoro interinale fittizie in Romania che si occupanoespressamente di questo tipo di reclutamento, attirandole ragazzecon proposte di lavoro fasulle, facendosi pagare da loro i soldiper il viaggio e consegnandole direttamente nelle mani dei lorosfruttatori.“Il reclutamento è un po’ cambiato, nel senso che per quanto83


iguarda...è cambiato sì, sono cambiate le ragazze, è cambiata unpo’ la modalità, nel senso che se prima...Allora qui ci sono delle differenzetra Albania e Romania, tra gli Albanesi e i <strong>Rumeni</strong>. Gli Albanesisi associano in piccoli racket per lo più a stampo familiare, quindipiccoli gruppetti che gestiscono poche ragazze. I <strong>Rumeni</strong> sono gruppimolto più allargati, con dei ruoli ben precisi: c’è il reclutatore, c’è iltrasportatore, c’è quello che fa i documenti, c’è quello che le sfruttaqui. E gestiscono molte più ragazze. Il gruppo di <strong>Rumeni</strong> ha sottomagari anche dieci ragazze, il gruppetto albanese sono magari duefratelli o cugini che ne gestiscono due, una o due, i <strong>Rumeni</strong> ne gestisconoanche 20 alla volta, non solo destinate alla strada tra l’altro,ma anche poi a caporalato piuttosto che night piuttosto che appartamenti.L’Albanese che recluta la ragazza rumena di solito conosce, èa contatto con la ragazza, va in Romania, la fa innamorare, è propriola tecnica, la conquista, fa il fidanzatino, la riempie di regali, di baci,conosce la famiglia, la porta in Italia e poi la mette sulla strada. Conun legame affettivo. Il Rumeno propone di solito il lavoro in Italia epoi la porta qua. La Romania si è evoluta in questo, quindi la mafiarumena si è evoluta e sempre meno sono gli sfruttatori sulla stradagli stessi a reclutare. Come ti dicevo, i <strong>Rumeni</strong> hanno comunqueuna loro organizzazione molto gerarchica, però ultimamente sonole donne che vanno a reclutare di là, e questo è un cambiamento,quindi la ragazza che è già qui in Italia da tanti anni che è fidanzatacon un Rumeno, che nel frattempo là è riuscita comunque, purprendendo le briciole di quello che è la sua attività qua in Italia, inRomania comunque quelle briciole non sono briciole, quindi vienevista dalle altre, che vedono che è riuscita a comprare la macchina,che è riuscita a comprare la casa, che quindi incuriosite chiedono equindi diventa la donna che recluta e che porta in Italia. Dopo di chela ragazza verrà sfruttata da un uomo in Italia. Sempre più spessosono le agenzie interinali le reclutatrici delle ragazze, quindi comeda noi giornali piuttosto che openjob per fare un esempio come unaltro, dove a fiumi raccolgono nomi di persone che vogliono venire inItalia per trovare un lavoro. Quindi si inventano questi lavori fittizi epoi vengono rivendute. E poi lì è chiaro che quando fanno i colloqui...ecco io queste informazioni le ho alcune direttamente dalle ragazze84


in strada, altre da quelle che sono venute via dalla strada e quindihanno fatto regolare denuncia e sono anche un po’ portate a dirtiqueste cose. Quando fanno i colloqui viene fatta una scernita un po’della famiglia, tipo non hai il papà, sono orfani o già con situazioni...equindi poi vengono selezionate per quel giorno che c’è la partenzaper l’Italia le più disgraziate. Facendosi anche lasciare un accontoper il viaggio, un acconto che è un anticipo che la ragazza dà chemolto spesso è un capitale che non ha e che quindi deve chiederein prestito. Anche solo fossero 300 o 400 euro per la Romania, perloro sono tantissime. Quindi vuol dire che ormai si sono indebitate,che ormai sono in Italia e quindi non è difficile poi, non avendo dietrola famiglia, magari quasi tutte quando parliamo di minorenni, didiciottenni, di diciannovenni, dai 18 ai 23 diciamo, hanno dei figli acarico, il marito quasi sempre non c’è, le ha abbandonate, le menavae quindi a quel punto una volta che sono qui risulta molto più facilefare...magari pensano faccio tre mesi e poi non ci penso più, pagoil mio debito e sono apposto e con questi soldi posso andare avantitre anni. Non ci sto dentro ma se torno in Romania? Devo spenderealtri 300 euro. Non ho un lavoro, ho un figlio, ho gente che mi cercaperché devo dare dei soldi. Addirittura, alcune non hanno i soldi emagari hanno uno straccio di campo...molte hanno ipotecato i lorocampi. Che hanno 4 piantine di melanzane, è tutto quello che hanno,e lo ipotecano per fare il viaggio. Quindi magari pagano anche degliatti notarili che valgono come tali per farsi fare un prestito. Che poiquel prestito sia andato perduto perché dato all’agenzia che quindi tiha fregato perché alla fine non è vero che c’è il lavoro in Italia peròtu intanto la banca...quel poco che ha lo hai perso. Quindi sono formedi ricatto molto sottili, a volte è coercizione...Quindi questi sonoi cambiamenti sostanziali. Che hanno anche a che fare con la legge,tu hai fatto comunque un debito, ha un valore formale e quindi cosavuoi fare? Appena arrivi prostituirti per andare a tappare questo bucoperché? Perché poi là c’è tua madre che è ammalata, il padre nonce l’hai più, in più c’è anche tua figlia, non c’hai i soldi, gli fai perderecosa? Il campo di melanzane? Non puoi”.Quindi la famiglia rimane all’oscuro...“Sì. La maggior parte delle volte sì. È una forma di ricatto molto forte,85


la famiglia è conosciuta dal reclutatore, o dalla reclutatrice in alcunicasi, la minaccia che ha molto valore è quella –gli dico che tu sei unaprostituta-” (int. 07).Un’altro dato che emerge dal confronto tra i dati del 2005 e quellidel <strong>2006</strong> e tra quest’ultimi e quelli relativi al primo semestre del2007, che il coordinatore aveva sotto gli occhi al momento dell’intervista,è l’aumento del numero di minorenni sulla strada, ragazzeche non hanno nessun problema a dichiarare la loro vera età.E, fatto ancora più grave, la forte presenza di minorenni in stradaè una peculiarità tutta bergamasca: nelle altre città delle Lombardiai numeri sono più contenuti e gli interventi immediatamentesuccessivi alla segnalazione di una minorenne in strada.“Già segnalavo questo scandalo per cui in strada noi siamo pieni diminorenni che si dichiarano tali. Quindi i primi anni accadeva che leminori fossero presunte, quindi magari le vedevi però ti dicevano 18,19, per cui rimaneva comunque sempre il dubbio, da noi non verificabile.Perché solo la forza dell’ordine può andare a fare l’esame delpolso e quindi verificare quello che viene dichiarato. Nel nostro casopoteva venire il dubbio e quindi o ci mettevamo a fare segnalazioni aiosa, cosa che comunque non puoi fare perché comunque perché dicredibilità nel momento in cui una non è minore e quando c’è il realebisogno non escono magari. E adesso invece, ormai già da fine 2005,inizio <strong>2006</strong> abbiamo cominciato ad avere queste ragazzine rumene,tutte rumene per lo più, forse qualche Moldava, che si dichiaranosedicenni e diciassettenni serenamente, anche di fronte a controllidelle forze dell’ordine. E questo è uno scandalo. Abbiamo fatto anchedenunce attraverso giornali e articoloni su questo tema, sia per sensibilizzarela popolazione che per sensibilizzare i politici e i Comuni.Nel senso che questo fenomeno si concentra soprattutto sulla statale525, che è la Dalmine. Veramente, tu passi ed è uno scandalo...sono tutte...si vede e la loro età te la dicono. È assurdo che ci sianoComuni che non si fanno carico di questo problema o comunque chelo facciano minimamente. Questa cosa è scandalosa, nel senso che tirendi conto che è chiaro che la criminalità organizzata che si occupa86


di gestire queste persone se vede che istituzionalmente non ci sonodelle risposte e in qualche modo non viene ostacolata la loro attivitàcriminale con un’azione un po’ più incisiva...e purtroppo però azionipiù incisive ci vogliono soldi. Nel senso che dalle forze dell’ordineall’associazione, noi va beh comunque continuiamo a fare il nostrolavoro, è chiaro che magari se potessero avere l’opportunità di farepiù uscite a settimana sul territorio invece che una magari raccoglieremmorisultati utili magari poi anche alle forze dell’ordine. Quindic’è un sistema che funziona. Tra l’altro questo dato, e qui serve un po’il confronto con altre città della Lombardia...noi partecipiamo ancheal coordinamento regionale delle unità di strada, dove abbiamo lapossibilità di incontrare tutte le altre unità di strada che operano nellealtre città lombarde e quindi avere un confronto con le altre realtàe solo a <strong>Bergamo</strong> appare questo fattore delle Rumene minorenni.Da nessun’altra parte, perché nelle altre zone appena vedono unapresunta minore la prendono e la accompagnano in comunità. Cosache qui anche dopo retate non accade. Escono articoli sui giornali incui c’è scritto che dicono che le minori sono state accompagnate incomunità e poi chiami tutte le comunità nel raggio di 100 km e nonsa niente nessuno. Per cui è un problema grosso, veramente grosso.C’entra poco con la nuova entrata in Europa. Il problema esisteva giàprima. Ossia prima era conveniente dichiarare di essere minore, inquanto se sei maggiorenne comunque vieni presa, portata in caserma,inviata in un Cpt se c’è posto, espulsa o processata nel caso in cuinon sia la prima volta. E condannata nel caso in cui ci siano dei precedenti.Come minore scattano degli obblighi: la comunità, la ricercadella comunità, magari fare uscire più uomini per accompagnarlaalla comunità, dove magari a volte la ragazza scappa, perché non c’èun lavoro di altro tipo, non il semplice lavoro di prendere e portare,ma un lavoro di costruzione, che da un lato spetta al sociale, a noi,che riusciamo a fare...con quello che Comuni e Provincia mettonoa disposizione ottimizziamo al massimo. Le forze dell’ordine ancheloro penso abbiano lo stesso problema: disponibilità di tempo, per cuinon hanno neanche il tempo di costruire delle relazioni di fiducia conle ragazzine. Anche perché poi sinceramente l’obiettivo delle forzedell’ordine è che la ragazza faccia una denuncia degli sfruttatori. La87


agazza, soprattutto la ragazzina, è più difficile che la faccia se nonha delle relazioni privilegiate con qualcuno che la fa sentire più importante,che la fa sentire tutelata. Di certo questo non avviene in unaretata o in un’azione di un secondo. Va beh, con alcune ragazze siamoriusciti anche a raggiungere dei buoni risultati, si sono sottratte altraffico, hanno fatto un percorso in comunità. È chiaro che l’idealesarebbe non l’imposizione ma la presa di coscienza”.L’abbassamento dell’età delle ragazze dipende da una maggiordomanda da parte della clientela?“Una maggior domanda e l’inefficienza dei servizi. Un giorno un’Albanese,uno sfruttatore albanese che aveva accompagnato la suaragazza dal medico, per venire a verificare che effettivamente laportassimo dal medico, si è presentato davanti a me e abbiamo cominciatoa chiacchierare. E abbiamo chiacchierato un po’, ognunonel proprio ruolo. E ad un certo punto gli ho detto –Senti, scusa,toglimi una curiosità, ma come mai questa attività viene svolta cosìin modo forte in Italia?- e questo col ghigno sulla faccia, ridendomiin faccia dice –Ma, noi operiamo dove ci lasciano operare- quindi, èchiaro che...perché a <strong>Bergamo</strong> abbiamo sulla strada sulla Dalminealmeno 50 o 60 minorenni? È tutto regolare? È tutto normale? Quindiil giro delle minori qua a <strong>Bergamo</strong> è determinato sicuramente da unadomanda, perché se no non ci sarebbe guadagno, non ci sarebbemercato, sicuramente da una disattenzione da parte delle istituzioni,in modo assolutamente trasversale, che non investono in questo,e poi la maggior gestibilità delle minorenni, psicologica, mentale,rispetti una donna”.E i soldi che rimangono in mano a queste ragazze?“Pochissimi. Di solito per quanto riguarda le ragazze dell’Est parliamodi circa 1000 euro al mese, a fronte di un giro di affari di 10o 15.000 euro, più o meno. Tra l’altro le minorenni sono molto piùredditizie, nel senso che il numero di clienti con le minori è ovviamentemaggiore. La ragazza minore ha più clientela, si vede anchesolo passando sulla Dalmine, si va nelle zone dove ci sono quelle piùgrandine,ci si apposta un attimo, si vede in un’ora quanto si fermano,si va nei pressi di una minorenne si guarda quanti si fermano. È propriolampante. E qui tra l’altro si sfiora un discorso nel quale noi non88


intendiamo entrare a livello così specifico, ma c’è un rischio moltoforte che è quello della pedofilia. Comunque perché...perché nonpassa il concetto che è minorenne e che tu magari hai sessant’annie questa ce ne ha 15 o 14; passa il concetto che tanto la pago e quindiè prostituta e quindi è lecito. E quindi voglio dire, io non so doveandremo a finire se andiamo avanti così. E da qui torna il discorso:è assurdo che le istituzioni consentano che sui propri territori e soprattuttoche non si facciano carico. Un Comune con una situazione incui quotidianamente si trovano almeno 20 minorenni, è un’assurdità.Perché comunque in qualche modo se tu responsabile di quello chesta accadendo” (int. 7).Il rapporto delle attività di Melarancia e le analisi fornite dalleinterviste evidenziano come il racket composto da <strong>Rumeni</strong> sia inaumento e si stia sostituendo a quello albanese nella gestionedella prostituzione della donne bianche.“I <strong>Rumeni</strong>, ovviamente, entrando in Europa, ma anche prima...eraun paio d’anni che si stavano sostituendo agli Albanesi. Cosa succede?Gli Albanesi non è che demordano, solo che esercitano sempremeno lo sfruttamento della prostituzione diretta. Gli Albanesi hannolasciato lo spazio ai <strong>Rumeni</strong>, un po’ per lotte, un po’ per diritto dianzianità. Per cui loro prelevano dai <strong>Rumeni</strong> che sfruttano le ragazzeconcedendo a loro il loro territorio. Quindi in sostanza non ci sono piùle Albanesi, sono diminuite tantissimo le Albanesi, sono aumentatele altre ragazze dell’Est e ci sono sfruttatori albanesi che sfruttanoRumene, Bulgare, Ungheresi, soprattutto Moldave, Ucraine e i <strong>Rumeni</strong>che sfruttano le Rumene, le Moldave, le Ucraine. Molti Albanesipercepiscono dal Rumeno che gestisce le 4 o 5 e basta, non fannoaltro. I <strong>Rumeni</strong> in questo momento credo che sia prevalente la lorogestione diretta. Le strade sulle quali troviamo soprattutto le Rumenesono la Dalmine e la Dalmine-Villa D’Almè” (int. 10).“In alcuni casi i racket si associano. Ad esempio ci sono piazzole sulla Dalmine,sulla strada, che sono di proprietà di Albanesi e che vengono affittatiai <strong>Rumeni</strong> per sfruttarci poi le proprie ragazze, quindi i <strong>Rumeni</strong> pagano89


un affitto agli Albanesi però poi lo sfruttamento è gestito dai <strong>Rumeni</strong>. E gliAlbanesi prendono una percentuale in alcuni casi” (int. 7).Così come si sono evolute le forme di reclutamento e quelle delracket della prostituzione, è cambiato anche il modo con cui leragazze vengono ricattate e costrette a prostituirsi. Il ricatto si fapiù stringente, ma anche molto più sottile. Meno evidente, nonsolo per le ragazze, ma anche davanti ad un tribunale nel caso diuna denuncia per sfruttamento della prostituzione. Questa evoluzionerende, tra l’altro, ancora più difficile per gli operatori aiutarequeste ragazze a prendere consapevolezza dello sfruttamento chesubiscono e della necessità di trovare dei percorsi per uscirne.“Noi ormai incontriamo circa un venti per cento di ragazze che sonoal di sotto dei 18 anni. Venti anche venticinque per cento, c’è un incremento.Troviamo ragazzine di 16, 17 anni sulla strada. Per queste,che probabilmente hanno una vita abbastanza disgregata allespalle, il problema è un problema di carattere morale. È difficile farcapire quanto possa essere degradante un’attività di questo generea una ragazzina di sedici o diciassette anni, il cui padre se va benein patria guadagna 60, 70 euro al mese quando a lei restano in manoanche 1000 euro al mese. Dice ma chi se ne frega, la vita la viviamooggi, quindi il nostro diventa un lavoro di accompagnamento moltopiù lungo, molto più graduale per costruire una personalità etica,una personalità morale, diventa molto più complicato. Mentre primaspesso erano...le vedevi picchiate, per venire via dalle botte ti aiutiamonoi. Adesso...-no, io guadagno bene facendo questo lavoro-,diventa veramente più difficile. Continua ad esistere la costrizione,perché poi loro ritengono di non essere sfruttate, ma chi le ha portatequa, e in genere sono sempre portate qua da qualcuno, preleva i dueterzi del loro guadagno, anche di più. Una ragazzina di 17, 18 annisulla strada guadagna al mese dagli 8 ai 10.000 euro, gliene lasciano1000 in tasca e con 1000 questa è ricchissima, manda a casa i soldi,magari ha un figlio di là e quindi lo può mantenere, sono tutti problemimolto difficili da risolvere da un punto di vista semplicementeetico.[...] “altre di loro invece hanno a casa una famiglia regolare,90


normale, col padre che lavora per 70, 80 euro al mese, alcune diloro addirittura hanno figli e quindi la loro attività, il loro lavoro èspesso votato a mandare a casa i soldi. Quando colloquiando con loroabbiamo ragazze che hanno a casa per esempio un figlio...ovviamentemandare a casa i 600, i 700 euro al mese vuol dire rendere la famiglia,il proprio bambino, ma anche le sorelle o un fratello da far studiaremolto più sereni e quindi paradossalmente queste che sono le ragazzepiù equilibrate, sono anche quelle più difficili da far venire via. Perchéhanno questo impegno morale...se io non riesco a guadagnare lo stesso,cosa faccio i miei là? Io guadagno, loro non sanno cosa faccio qua,io smetto di fare questo lavoro, non ho più modo di mandare a loro queisoldi. E allora continuo a farlo” (int. 10).“Sono delle furbizie, delle maglie molto strette che mettono intornoa queste ragazze. A volte sono talmente strette che è più facile farlesaltare. A volte sono fatte con molta intelligenza, parlo degli sfruttatori,che danno quella finta libertà...tipo ragazzina di 16 anni contelefono in mano, pantaloni magari belli che le piacciono, il piercingcome le nostre ragazzine. Qual’è il massimo per una ragazzina di16 anni? È essere come gli altri. E essere come gli altri non vuoldire essere prostituta o studente, vuol dire avere il telefono in manoe il jeans bello. È qui è la società che è così. [...].Anche perché poimolto spesso per le Rumene lo sfruttatore si configura anche comeil fidanzato della ragazza. Quindi non è solo lo sfruttatore, ma è ancheil fidanzato. Per cui ci sono queste forme di dipendenza alla equali magari le ragazze sono anche abituate da modelli familiari.Mio padre che menava da quando avevo due anni mia madre mentrebeveva per me è normale. È molto labile questo senso della normalità.Quindi lui diventa il fidanzato e lì entra in gioco il fare domandealla ragazza, capire se la ragazza lo riconosce come tale oppure no.Cioè tipo –Ho il fidanzato, sono innamoratissima, lui mi ama-, la vediche è innamorata, allora cerchi di farla riflettere, di dire ma scusa...Perché comunque è uno strumento di ricatto più forte, l’amore, ioti amo, poi magari da un punto di vista di coppia gli fanno il regalino,mettono in atto un copione, tutta una serie di cose che figuratiche quasi non hanno dietro una famiglia è uno strumento più forte91


che non prenderla a sberle e dirle adesso tu ti prostituisci. E a volteinvece è la ragazza che ha ben distinto: lui dice che io sono la suafidanzata, ma lui non lo è, lui è un capo. Ma comunque hanno semprequesto rapporto di...come il rapitore e la rapita. Questi rapporti così...per cui ci sono mille sfumature. [...] Poi anche lì, i gradi di sfruttamentosono diversi, ci sono ragazze alle quali fanno credere di farlelavorare al 50%, fanno credere, nel senso che poi quando inizi a farei conti in tasca alla ragazza –ah no ma io lavoro fifty fifty-, -bene, chipaga la benzina dell’auto?-, -Io-, -Ma diviso due no?-, -No, no, soloio-, -Ah. L’assicurazione?-, -Io-, -Ma non diviso due?-, -No-, -L’affittodi casa?-, -Io-, -Ma scusa ma non vivete in tre?-, -Eh sì però lo pagoio-, cioè...Diciamo che a queste ragazze questi soldi che passanotra le mani le fanno sentire ricche, ed è un gioco molto forte questono? Proprio il passaggio. E allora lì tante volte fai male alla ragazzaquando le parli e le dici –Guarda che ti passano ma non si fermano,tu pensi di avere ma non è vero-. E alla fine ti guardano come se gliavessi detto chissà che cosa. E dici, ma come? Non ci arrivi tu dasola? Un po’ come la ragazzine che diceva a me lascia tutti i soldi,i soldi messi nella valigia dentro l’armadio con la combinazione incasa, due giorni prima di partire gli amici che il suo fidanzato albaneseaveva ospitato in casa casualmente in quei giorni alla sera sonospariti, non c’erano più, si sono rubati i soldi, quei bastardi! E niente,lui è arrabbiato no? Ci hanno rubato i soldi e questa non ci arrivache forse era tutto organizzato, forse! Però i soldi glieli ha lasciatitutti. E questa gente di fronte alla legge è pulita. Perché non c’è losfruttamento? Dove è lo sfruttamento? Dove è? Non è dimostrabile.Sono i più intelligenti” (int. 7).Ancora più grave è che, oltre alla criminalità organizzata, ai reclutatorie agli sfruttatori, ci siano molte altre persone che guadagnano,indirettamente, dal fenomeno della prostituzione. Comeper esempio i proprietari, italiani, degli alberghi compiacenti...“Prima quando alludevo all’albergo, in strada ci sono diverse formeprostitutive, c’è quella che si consuma direttamente in strada,quindi macchina, appartati nel tal parcheggio già definito, perché92


poi parlando di Rumene c’è chi controlla, piuttosto che motorino,questo più che altro per le Nigeriane che lavorano di giorno, quindivanno a piedi nei campi. Non so se hai presente la Francesca? Tuttequeste viette. Noi a volte siamo lì che parliamo con le ragazze, avolte ti scappa l’occhio dietro l’angolo e vedi delle scene, va beh. Aalberghi, e questi sono tutti quelli della zona della Dalmine, ma cene sono anche a Calcinate, che danno la disponibilità delle cameread ora. Questo anche quando le Rumene non avevano il passaporto,quindi questo in realtà non potrebbero accettarlo. Anche qui, formedi...mutismo, perché poi ognuno ci guadagna su, fai conto che tuttequelle che lavorano lungo la statale 525 sotto gli alberghi per lo piùvanno nell’albergo e ovviamente la prestazione sale, prendono 60euro o più e poi il cliente paga l’albergo, quindi in una sera magarihanno sotto l’albergo sei o sette ragazze che si prostituiscono gestitedalla criminalità organizzata che si appoggia all’albergo. Quindi sei osette ragazze per sette clienti a sera sono 50 ore...fanno 7 clienti peruna, un’ora per cliente, magari arrivano a guadagnare 2000 o 3000euro a sera solo per affitto delle camere. Adesso non c’è neanche piùla problematica che non hanno i documenti per eventuali controlli,a parte che non avveniva neanche prima, se non raramente, solo incaso di denunce di ragazze. Fino a quella che va in appartamento dalcliente. Ovviamente deve farsi andare anche 5 o 6 volte la tariffa perstare tutta la notte a casa sua. E lì dipende da chi gestisce il racket,se dà la disponibilità su questo o no” (int. 7).O i rappresentanti farmaceutici. Quando, infatti, durante le intervisteabbiamo affrontato la questione dei rapporti non protetti,quello che è emerso non è solo l’elevata domanda da parte deiclienti di rapporti non protetti, ma anche l’esistenza di un mercatonero dei preservativi, un mercato in cui a guadagnarci, spesso evolentieri, siamo ancora noi, gli Italiani.Quale è l’incidenza dei rapporti non protetti?“Le richieste sono una su tre, quante effettivamente lo concedonosinceramente non lo sappiamo neanche noi, nel senso che a paroletutte ti dicono che lo usano sempre. Le rotture di preservativi sono93


molto frequenti, perché comunque non sono rapporti naturali quindic’è una rigidità. Non c’è la delicatezza, perché non è fare l’amore maè sesso. E poi va beh, i preservativi, nel senso che nessuna di loro opochissime di loro li comprano in farmacia. Quindi anche lì c’è tuttaun’organizzazione dietro. Le Nigeriane vanno tutte negli AfricanMarket o dai Cinesi a comprarli, non sono confezionati in scatole dicartone in modo che non passino i raggi del sole ma sono...hannola loro cartina e poi sono venduti in cellophane trasparenti in pacconida 100 e costano 20 euro il pacco. Per cui...fatti probabilmentein fabbriche clandestine e quindi di bassissima qualità. Inoltre nonsono professioniste del sesso, sono ragazzine improvvisate che primahanno avuto tre rapporti sessuali, o pochi, o per le Africane anchesenza preservativo, perché non è la loro cultura, quindi non stannoattente, lo rompono con le unghie, con gli anelli, non sono capaci diusare il preservativo. Alcune addirittura hanno avuto il loro primorapporto sessuale sulla strada, quindi non hanno la benché minimaidea. Le ragazze dell’Est li comprano quasi tutte direttamentein strada. Cioè, ci sono delle persone, uomini, che hanno una loroprofessione, magari spesso sono informatori farmaceutici, quindiabilitati a vendere prodotti farmaceutici, che vendono, che passano instrada il tal giorno e tutte le ragazze comprano. A volte noi eravamo lìe sono passati a vendere i pacchi di preservativi. Sempre e comunqueconfezionati così. Quindi anche loro ci guadagnano un capitale e licomprano chissà dove. Una volta una addirittura aveva la fattura, nelsenso che questo di professione vendeva e quindi faceva l’ambulantein strada. È chiaro che se ti ferma una pattuglia in quel momento puòdarti anche il favoreggiamento, ma lui può dire io ho fatto fattura, stovendendo ad una persona. Per cui le rotture del preservativo sonodate da tutti questi aspetti. Un sacco di gravidanze...far passare ilconcetto della pillola, poi si confondono, poi non la prendono, alloraproviamo col cerotto adesso, a portarle dal medico affinché le prescrivail cerotto. Il vettore più forte di malattie infettive è il fidanzatodelle ragazze dell’Est, il quale si discrimina dai clienti proprio perchénon usa il preservativo, quindi oggi ne ha una, lo fa senza con quella,domani ne ha un’altra e lo fa senza con l’altra. Sicuro del fatto checomunque la ragazza in strada lo usa. Anche perché glieli conta, per94


sapere quanto ha guadagnato, dieci preservativi, 30 per 10 300, nonmi freghi. Quindi hanno una forma di controllo. Alcune ragazze poidi fatto, ma questo esce dopo, con i clienti salvatori non lo usano e lìva beh, i clienti salvatori magari hanno famiglia”.Il preservativo non in farmacia perché costa?“Per il costo”.Perché è a carico della ragazza?“Sì, più spesso a carico della ragazza, più spesso da lei. E poi in farmaciacomunque quanti pacchetti ti servono? Quanti ne compri? Vuoldire esporti e chi ti sfrutta ha paura di essere scoperto, tutti i giornivai e gli dici dammi due pacchetti di preservativi? Idem al supermercato.E poi sono comunque prove che nell’eventualità di una denunciadella ragazza rimangono. Lo scontrino fiscale del supermercato conscritto 20 pacchetti di preservativi, sono tutte prove che è meglio nonlasciare. Quindi gestire le cose nell’anonimato, nel mercato nero”.Quali sono i bisogni principali delle ragazze in strada e, in particolare,delle ragazze rumene? Che differenze ci sono con le ragazzeche, per esempio, provengono dalla Nigeria? Quali sonole loro richieste agli operatori? Per quanto riguarda le ragazzeprovenienti dall’Est Europa, nel <strong>2006</strong> l’associazione si è occupatadell’accompagnamento all’accesso ai servizi sanitari per quantoconcerne 133 prestazioni sanitarie, tra cui le principali per ordinedi frequenza sono visite ginecologiche, analisi del sanguegeneriche, test MTS (sulle malattie trasmissibili sessualmente),counselling , esami delle urine ed ecografie. E anche l’alimentazioneè spesso un problema.“Richieste sanitarie, anche perché va beh il corpo è un po’ il punto di incontro.Il cliente che va a chiedere certe cose, la visibilità che hanno delproprio corpo ed è sfruttato in senso positivo il fare il passaggio dal tuocorpo che vendi a prenderti cura del tuo corpo. Il cliente o lo sfruttatoreche lo sfrutta questo corpo e noi invece che proponiamo di prendersenecura. Sostanzialmente, rispetto ad esempio alle Nigeriane, sonomolto meno le ragazze rumene che ti chiedono accesso...tieni contoche questo dato, le 133 prestazioni sono quasi tutte relative a Rumene,95


direi almeno 120 circa, nel senso che qua abbiano unito l’Est Europaperò sono quasi tutte Rumene quelle che hanno avuto accesso. Peròdiciamo che poi subentrano tra le richieste sanitarie ci sono diverse tipidi richiesta, nel senso che le visite ginecologiche sono quelle più richieste,ovviamente, perché le infezioni, spesso e volentieri, le analisi delsangue di conseguenza, nel senso che se hanno avuti rapporti a rischioo hanno subito abusi...non ce n’è una che non abbia mai subito abusi daquando è sulla strada, sono all’ordine del giorno. Seguono poi, va beh,gli esami un po’ più generici. Capita anche la richiesta di interruzioni digravidanza. Noi non siamo un’associazione religiosa quindi proponiamotutto ciò che è lecito a livello di legge. Pertanto una ragazza che èincinta, a una ragazza che è incinta viene proposta sia la possibilità ditenere il bambino, spiegando che poi potevano avere un permesso disoggiorno, questo va beh prima, in questo caso il documento ce l’hannogià, però spieghiamo anche cosa sono le cose fattibili, il diritto alla vitapiuttosto che alcune comunità per ragazze madri sia l’opportunità, nelcaso in cui non lo vogliano tenere, di fare un aborto in ospedale comedio comanda e non invece prendendo farmaci o rivolgendosi a chi lo sa.Perché poi non te lo dicono. A volte succede che erano incinte, dovevavenire ad abortire però poi chi le sfrutta non le lascia venire, perchéhanno paura, perché magari poi se è minore c’è il problema che è minore.Nel caso in cui siano minori noi non possiamo accompagnarlea fare l’aborto, nel caso in cui siano minorenni. O meglio, bisogna farnominare un tutore che deicide per lei, oppure, va beh, che la famigliavenga qua, che è molto difficile. Alcune invece poi magari hanno accessoa percorsi in comunità e quindi poi è la comunità che decide, perchéc’è l’assistente sociale e il tribunale dei minori che nominano un tutoreche poi dà l’avvallo per questa cosa. Mentre le maggiorenni non hannonessun tipo di problema” (int. 7).“La loro alimentazione, la loro cura del corpo è pressoché inesistente,alimentazione...hanno tutte problemi di alimentazione nelsenso che o si abbuffano per i dispiaceri o diventano anoressiche.Spesso ci sono forme di anoressia palese in strada, quindi vivonodi caffè, sigarette e redbull. Panino preso dal McDonald’s...ancheperché spesso cambiano abitazione per sfuggire ai controlli, un po’96


in albergo, un po’ in casa, poi si trasferiscono, poi magari lui vienefermato per strada o arrestano un amico quindi via si cambia appartamentoal volo, quindi è una vita piuttosto frenetica e chiaramentel’alimentazione è la prima cosa che ne va di mezzo. Le Nigeriane nonparliamone, nel senso che spesso cucinano sulla strada in mezzo airatti. I topi così che passano e queste con la padella di riso bruciatosopra la carbonella che si fanno fa mangiare. Ci sono problemi grossiper quanto riguarda proprio la cura del loro corpo” (int. 7).Quello dell’assistenza sanitaria per queste ragazze, a seguitodell’ingresso in Unione Europea, è un problema grave, con il qualegli operatori si scontrano quotidianamente. Se dal primo gennaiodel 2007 esse non sono più clandestine, ma cittadine europeesoggiornanti sul territorio italiano, proprio per questo esse nonhanno più diritto all’assistenza sanitaria riservata ai migranti irregolario clandestini, agli stranieri temporaneamente presentisul territorio. Queste ragazze hanno accesso al Sistema SanitarioNazionale solo in funzione della loro affiliazione a quello rumenoe del possesso del modulo che le assicura la copertura all’estero.E questo rappresenta un vero scoglio, perché, spesso e volentieri,esse ne sono sprovviste. E l’attività degli operatori si traduce, daun lato, in un’azione di informazione circa i nuovi diritti acquisiti inquanto cittadine comunitarie e, dall’altro, nel tentativo di trovaredelle soluzioni per garantire loro l’accesso ai servizi sanitari.“Nasce oggi il problema grosso da un punto di vista sanitario per lacertificazione medica, nel senso che per assurdo fino al <strong>2006</strong> erapiù facile con la Stp. Adesso è un macello. Siamo veramente...alcunigiorni c’è da mettersi le mani nei capelli perché comunque c’è questaterra di mezzo...per cui il modello 111 non ce l’ha nessuna. Perchépoi per averlo devi pagare l’assicurazione nel tuo Paese, molte diloro non l’hanno fatta. È chiaro che poi una volta che sono in Italiapotrebbero inviare via fax con una delega, pagare...sono circa 50 euroall’anno, non di più di assicurazione e farsi inviare il modello qua. Peròpur spiegandolo, pur avendo fatto dei volantini in lingua che propriospiegano quali sono tutte le normative sia dal punto di vista dei do-97


cumenti, cosa è cambiato con il gennaio 2007, sia per quelli sanitari.Noi stiamo facendo una forte azione di informazione, comunqueci rendiamo conto che sono ancora molto disinformate le ragazze.Adesso qualcuna sta iniziando a capire che non è più clandestina, manon tutte lo sanno. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, è evidenteche rimane il problema perché vai in ospedale e ti chiedono un documentook, supponiamo che abbia il passaporto, è rumena, o paga laprestazione privatamente oppure se aveva un stp vecchio può essererinnovato, c’è la possibilità delle proroga per tutto il 2007, però siccomec’è un turnover così alto la maggior parte sono nuove quindi nonce l’avevano prima e quindi è un casino su questo. Nel senso che o tiattivi una rete amicale di medici che si rendono disponibili ad offrirela loro prestazione gratuitamente...in alcuni casi qualche ragazza puòanche permettersi di pagare quindi paga, in altri è talmente sfruttatao fa le cose talmente di nascosto dal proprio sfruttatore che andargli achiedere dammi 50 euro, 60 euro per fare un pap test non lo può fareperché se no vorrebbe dire che è venuta in contatto con noi. E quindi èun problema grosso. Pochissime si iscrivono al sistema sanitario italianoin quanto i loro sfruttatori non vogliono che dichiarino dove sono,non sono persone libere e quindi libere di muoversi, c’è sempre dietroquesto vincolo fortissimo. E tra l’altro molto spesso le Nigerianepur essendo sfruttate non vivono in casa con la propria sfruttatrice ehanno delle maglie più larghe, hanno dei ricatti più a casa; le ragazzerumene vivono spesso a contatto con il proprio sfruttatore rumene ocomunque la fidanzata del ragazzo albanese che la controlla. Quindideve rendere conto di ogni passo che fa. Spesso ti screditano, perchésanno che un eventuale rapporto di fiducia potrebbe non escluderealtri passi e quindi cercano di screditare, di fare delle politiche diterrorismo anche nei confronti proprio del servizio.Il fatto che chi gestiscela prostituzione cerca comunque di fare politiche di terrorismosulla ragazza, dicendo guarda che in ospedale ci sono i carabinieri,guarda che...quindi crea delle paure in modo che chi le sfrutta restal’unico importante che la può tutelare” (int. 7).Questo non è l’unico effetto perverso dell’ingresso della Romaniain Unione Europea sulla vita di queste ragazze e, più in generale,98


sull’evolversi dello sfruttamento della prostituzione. Effettivamentele cose sono migliorate per queste ragazze? O, meglio, ilfatto che ora non ci siano più tutti i problemi legati all’ingressoin Italia e all’ottenimento di un permesso di soggiorno offre alleragazze rumene maggiori possibilità e, di conseguenze, le metteal riparo dal rischio di cadere nelle mani degli sfruttatori e dalleproposte fatte dai reclutatori? O, ancora, fornisce un incentivo inpiù a cercare di uscire dalle maglie dello sfruttamento? Oppurefornisce uno strumento ulteriore nelle mani della criminalitàorganizzata perché queste ragazze, grazie al loro nuovo status dicittadine comunitarie non sono più clandestine e, quindi espellibilie, di conseguenza, visto che al fatto che la prostituzione in sé noncostituisca un reato, le rende praticamente “intoccabili?”“L’ingresso della Romania nell’Unione Europea è un problema. In chesenso è un problema? In Italia la prostituzione non è un reato, un reatoè lo sfruttamento. Fin tanto che le ragazze non avendo permesso disoggiorno cercavano in qualche modo magari di evadere dal loro statoperché c’era una forte costrizione basata sul ti porto via i documenti,il tuo permesso di soggiorno turistico scade tra tre mesi, ti obbligo atornare di là, a uscire per rientrare...oggi in pratica sono libere cittadine.Quindi per noi è diventato molto complicato discriminare tra leragazze costrette dalla ragazze che invece...guarda un po’? In Italia laprostituzione non è un reato, in Italia prostituendosi si guadagna molto,andiamo in Italia, prostituiamoci perché non ci possono toccare, siamocittadine europee. Va beh che poi ci sono delle limitazioni all’esercizio diun’attività di questo tipo. Però insomma, nella sostanza se proprio nonle cogli in flagrante sono cittadine europee e circolano come vogliono.La costrizione sta diventando sempre meno una costrizione fisica. Madiventa una costrizione psicologica e quella viene da sé, dall’ambientein cui sono nate, in cui sono vissute. Spesso sono figlie di famiglie disgregate,ragazze giovanissime, l’età diminuisce sempre più...”L’ingresso della Romania in Unione Europea e il fatto di non averepiù necessariamente bisogno di un permesso di soggiorno per rimanerein Italia, ma anche per ottenere un lavoro, è un incentivoo disincentivo?99


“Straordinariamente tutte e due le cose. Perché si modifica un po’ ilcontesto delle ragazze che arrivano qua, perché con la possibilità diandare e venire, le scelte sono sempre più scelte, quindi arrivano quaragazze che già sanno, è aumentato il numero delle ragazze che vengonoqua già sapendo cosa vengono a fare. Naturalmente comunquenella maggior parte dei casi è sempre l’ipotesi di un lavoro regolareche le porta qua e il loro poter essere libere, il loro poter circolare liberamente,avendo tolto al protettore quest’arma di ricatto del permessodi soggiorno, che ti do o non ti do, dei documenti, che ti do o non ti do,perché in fondo puoi anche averli persi e se sei cittadino europeo lopuoi anche dimostrare ha variato un po’ la situazione. Che cosa si puòfare? Senz’altro cercare di creare delle opportunità diverse, però quiil problema è un problema di carattere politico” (int. 10).Parlare di prostituzione è particolarmente delicato, perché i clientidi queste ragazze sono Italiani, persone normali, persone giovani.Parlare di prostituzione è difficile, perché su questo business guadagnanoanche gli Italiani. Parlare di prostituzione fa male, perchémette in evidenza tutte le cose che dovrebbero essere fatte, e chevengono tralasciate. E non serve a niente risolvere la questione accusandoqueste ragazze di aver saputo, o di sapere, il mestiere chesarebbero andate a fare.“Questi sono i problemi legati a queste ragazzine rumene...che poivengono da situazioni assurde. Non sono persone destrutturate, sonopersone che non sono state mai strutturate, perché a 15 anni su unastrada...poi per carità loro...c’è chi ci sta dentro in questa situazionee chi non ci sta dentro, chi non ci sta dentro ma poi si abitua, chi nonsapeva ed è stato venduto, chi sapeva e comunque arriva e non ci stadentro. Il dato di fatto è che non è che una che sapeva è più prostitutadi quella che non sapeva, assolutamente, ci sono ragazze che nonsapevano, che sono arrivate qua quindicenni che si sono abituate,che sono evolute in strada e che poi sono andate a gestire altre ragazzinea 21 o 23 anni. Ci sono quelle che sapevano e non vedevanoun’alternativa, un’altra via di fuga e che dopo due settimane che eranosulla strada disperate sono scappate via e hanno denunciato gli sfrut-100


tatori. Quindi è molto riduttivo dire sapevano o non sapevano punto.Ripeto, serve a noi. [...]. Fa sempre un po’ male e senso parlare diprostituzione no? Nessuno ne vuole parlare e si chiude con la frase–è il mestiere più antico del mondo- perché parlare di prostituzionevuol dire non parlare dello scambio sessuale tra cliente e ragazza,ma vuol dire parlare di tutto quello che ci sta dietro e di tutto quelloche non funziona. È parlare del fatto che comunque alle frontiere eadesso che ce ne sono meno ci sono dei controlli un po’ così, vuol direparlare di corruzione, vuol dire parlare di persone che subaffittano gliappartamenti a cifre esorbitanti, vuol dire parlare di schede telefonicheche vengono rivendute senza nome anche se non si può, vuol direparlare di prestanome per le automobili di queste persone, vuol direparlare di cose che sono scomode soprattutto per noi italiani. Eccoperché parlare di prostituzione è meglio ridurlo dicendo è il mestierepiù antico del mondo. Non parliamone” (int. 7).E invece parlare di prostituzione è utile ed importante, bisogna farlo.Serve a spingere le istituzioni a impegnarsi a combattere lo sfruttamentodella prostituzione, a investire economicamente in azioni edinterventi che aiutino queste ragazze ad uscire dal giro della prostituzione;serve a costruire una rete tra le associazioni, le comunità diaccoglienza, le forze dell’ordine per rendere più efficace il loro intervento.E serve alla comunità rumena, per non dimenticare le proprieconnazionali, per non abbandonarle al loro destino e, soprattutto,per cercare di smantellare la rete di questo racket che diventa semprepiù efficace e vischioso, per denunciare le agenzie di lavoro chefanno da copertura al reclutamento, per condannare pubblicamentequesto sfruttamento e per contribuire a combatterlo.Per concludere:l’immigrazione rumena tra integrazione e disagioL’ingresso della Romania nell’Unione Europea costituisce una possibilitàenorme per questo Paese, per il suo popolo e per tutti i <strong>Rumeni</strong>presenti in Italia. Lungi dall’aver dato il via ad un esodo di persone chepartivano alla volta dell’Italia all’alba del primo gennaio 2007, que-101


sto cambiamento si è mostrato, nel tempo, molto più complicato delprevisto. Da un lato, è emerso come i progetti migratori dei migrantirumeni fossero flessibili e come la presenza della Romania tra le filedei Paesi comunitari potesse stimolare il ritorno in patria, sulla basedella convinzione che sia là che si trovino, oggi, le maggiori possibilitàdi successo economico. Dall’altro, con il tempo sono emersi effettiimprevisti, legati soprattutto alle conseguenze del cambio di statusdei <strong>Rumeni</strong> presenti in Italia, non più sottoposti alle norme del TestoUnico sull’<strong>Immigrazione</strong>. Quello più evidente è legato all’accesso alSistema Sanitario Nazionale. Se è vero che tutti i <strong>Rumeni</strong> sprovvisti diun regolare permesso di soggiorno fino al 31 dicembre <strong>2006</strong> avevano,anche solo in teoria, risolto il loro problema il primo gennaio 2007,è altrettanto vero che, proprio per questo, alla stessa data essi sivedevano sprovvisti di assistenza sanitaria, perché non avevano piùaccesso a quella riservata agli stranieri temporaneamente presentisul territorio, ovvero sprovvisti di un permesso di soggiorno.Le storie dei migranti rumeni che sono state raccolte raccontanoquesti problemi, legati ai documenti, al cambiamento delle praticheamministrative, delle leggi e dei regolamenti, ma raccontano anchei sogni, i progetti, le speranze per il futuro. Sono storie di uomini e didonne, che lavorano da anni in Italia e che si sentono ormai a casapropria, di famiglie ricongiunte, di ragazzi che studiano in Italia e fannopiani per il futuro. Persone che lavorano e che sono arrivate in Italia,molte per caso, ma tutte con la speranza di migliorare le proprieprospettive di vita.È la vita quotidiana, che nella sua normalità, sfatatutti i pregiudizi che spesso ruotano attorno alla riflessione sui flussimigratori provenienti dalla Romania e che, soprattutto, mette in lucetutte le difficoltà che scegliere di migrare comporta e la complessitàdi questo tipo di progetto. Sono storie che raccontano quanto sia statocomplesso ed imprevedibile diventare, in Italia, cittadini comunitari,ma anche quanto tutti gli allarmismi che hanno accompagnato l’ingressodella Romania in Unione Europea fossero infondati.I massi media italiani hanno dato eco all’allarme invasione, riproducendoal tempo stesso lo stereotipo che lega questo collettivo dipassaporto all’immagine del criminale attraverso l’enfasi su certifatti di cronaca che hanno accompagnato l’ingresso della Romania in102


Unione Europea. La reazione dei maggiori esponenti rumeni in Italia edelle varie associazioni di <strong>Rumeni</strong> è stata spesso quella di sottolinearecome gli stessi Italiani, popolo di emigranti, siano stati in passatoaccusati di essere dei criminali nei Paesi dove andavano a lavorare. Ecome dovrebbero, dunque, sapere per esperienza come funzionanoquesti pregiudizi. Semplificando molto il dibattito che nei primi mesidel 2007 c’è stato in Italia a riguardo, è possibile identificarne unaseconda fase nello slittamento del discorso dall’enfasi sull’invasioneda parte dei <strong>Rumeni</strong> a quella sull’invasione, già avvenuta, da parte deiRom rumeni, ancora una volta in concomitanza con alcuni fatti di cronacalegati alle gestione dei campi nomadi a Roma e Milano. Quellestesse associazioni, allora, in molti casi hanno preso le distanze daiRom rumeni e dagli episodi che li vedevano coinvolti. Se condannarela criminalità in quanto tale è quanto di più normale e prevedibile,questo tipo di discorso comporta, tuttavia, dei rischi.Il primo è quello di ignorare la quotidiana discriminazione che il popolorom vive quotidianamente in Italia e non solo e vedere come iproblemi che lo coinvolgono sono prima di tutto il frutto di questastigmatizzazione. Ancora più grave, questa presa di posizione comportail grave pericolo che a discriminarli siano i loro stessi connazionali,presi dalla preoccupazione di riqualificare la propria immagineagli occhi dell’opinione pubblica italiana.Ma il rischio più grosso èquello che questo tipo di discorso, che si propone di mettere in lucegli aspetti positivi della presenza dei <strong>Rumeni</strong> nel nostro Paese, cosache ha una sua evidente importanza ed utilità, si dimentichi o, addirittura,cerchi di nascondere i problemi che i <strong>Rumeni</strong> vivono ancoraquotidianamente nel nostro Paese. Se è sbagliato stigmatizzare i<strong>Rumeni</strong> e riprodurre gli stereotipi che li legano alla criminalità nonè perché la loro integrazione è avvenuta completamente, ma anche,e soprattutto, perché nella misura in cui contribuiscono all’economiaitaliana, essi subiscono ancora sfruttamenti da parte degli Italiani. Seè vero che la presenza di cittadini rumeni è ormai stabile, se è veroche la cultura rumena e italiana hanno molti punti in comune, se èvero che è opportuno costruire relazioni tra le istituzioni italiane equelle rumene, questo non può avvenire al costo di dimenticare tuttiquei <strong>Rumeni</strong> che si trovano ancora in difficoltà nel nostro Paese.103


Le storie delle persone che sono state intervistate per questa ricerca,infatti, raccontano anche tanti problemi e, soprattutto, tantediscriminazioni e sfruttamenti che sono state costrette a subire inItalia. Non solo un po’ di solitudine, qualche episodio di razzismo etante difficoltà, ma lavoro precario, o in nero, e datori di lavoro restiia metterli in regola o a pagarli quanto pattuito. Ancora, alcuni deglioperatori intervistati hanno raccontato le storie delle ragazze chesi prostituiscono sulle strade della bergamasca, il modo in cui essevengono reclutate e lo sfruttamento che sono costrette a subire nelnostro Paese. Si tratta di problemi che faticano ad arrivare all’attenzionedell’opinione pubblica o di cui talvolta si preferisce non parlare.Il problema della prostituzione, quello del caporalato rumeno,che sembra prendere sempre più piede in Italia, quello, del lavoronero e degli infortuni, mortali, sul lavoro, che coinvolgono un numerosempre maggiore di lavoratori rumeni sono tutti problemi gravi, chedevono essere affrontati e risolti. E ad essi si aggiunge quello delicatodei minori rumeni non accompagnati, presenti anche sul territoriobergamasco e accolti in alcune comunità, o quello dei <strong>Rumeni</strong>, nonsolo rom, in condizioni di indigenza e in situazioni abitative drammatiche,come testimoniano alcuni reportage de L’Eco di <strong>Bergamo</strong>sulle baraccopoli che di tanto in tanto sorgono nei pressi del rondòdell’autostrada a <strong>Bergamo</strong>.Tutti questi problemi, lungi dal significare che l’integrazione di questocollettivo di passaporto è lontana, segnalano però come la questionesociale legata alle migrazioni proveniente dalla Romania è ancoraattuale e non deve essere dimenticata, specie perché sono ancoratroppi gli Italiani che approfittano e speculano su queste situazioni.Accanto alla promozione della cultura rumena, alla costruzione direlazioni istituzionali tra Italia e Romania e all’intervento nel dibattitopubblico da parte delle associazioni rumene, che restano comunquecruciali, è fondamentale continuare a denunciare tutti i problemi e lesituazioni di sfruttamento che affliggono i <strong>Rumeni</strong> presenti, oggi, inItalia. Solo così sarà possibile fare passi avanti nella direzione dell’integrazione,senza che la comunità, quella dei rumeni più poveri, chevivono nelle condizioni più difficili e che, proprio per questo, hanno piùdifficoltà degli altri a prendere la parola, rimanga invisibile.104


ROMANIACARTA D’IDENTITA’Denominazione: RomaniaForma di governo: Repubblica ParlamentarePopolazione: 21.565.199 (2007; fonte: Istituto Nazionale diStatistica)Capitale: BucarestLingua/e: Romeno (lingua neo-latina)Religione: Ortodossi 86,8%, Romano-Cattolici 4,7%, Protestanti3,2%, Greco-Cattolici 0,9%, Evangelici 0,1%, Unitariani0,3%PROFILO DEMOGRAFICOIn base ai dati forniti dall’Istituto Statistico della Romania:- Il 52% della popolazione è di sesso femminile, mentre il 48% disesso maschile- Il 55% della popolazione abita in zone urbane, mentre il 45% inzone rurali del Paese- Il tasso di natalità, particolarmente elevato tra il 1965 e il 1970,si è costantemente abbassato dagli anni ’70 ad oggi, mentrequello di mortalità si è lievemente innalzato- In media l’età del primo parto delle donne è passata da 23 anninel 1996 a 24,6.Questo dato diventa più significativo se si distinguesecondo la zona d’appartenenza: nel 2004 l’età media delprimo figlio è di 26 anni nelle zone urbane e di 22 nelle zone rurali,dove il dato è rimasto sostanzialmente invariato dal 1996- L’età media del primo matrimonio è aumentata dal 1990 ad oggi,105


passando da 25 anni per gli uomini e 22 per le donne a 28 pergli uomini e 25 per le donne. Nelle zone urbane l’età è leggermentesuperiore, mentre le zone rurali fanno registrare valoriinferiori, specie per le donne, che si sposano a 23 anni circa- Il tasso di mortalità infantile medio (n. di decessi ogni 1000abitanti) è aumentato dal 1991 al 2004, aumentando da 10,9 a11,9. Mentre i valori per le femmine rimangono sostanzialmenteinvariati, sono quelli maschili a crescere di più- La durata media della vita non ha subito cambiamenti sostanzialitra il 2000 e il 2004 e si aggira, per quest’ultimo anno, intornoai 68 anni per gli uomini e ai 75 per le donne- I flussi migratori interni sono aumentati dal 1999 al 2004: sumille abitanti nel 1999 11,3 nel 2004 e 17,1 erano coinvolti daun cambio di residenza permanente. Nello specifico per quantoriguarda il 2004 i flussi migratori interni hanno la seguentestruttura : su mille abitanti 6,6 si spostano da una zona ruralead una urbana (valore inferiore al corrispondente relativo al1999), 8,1 da una zona urbana ad un’altra zona urbana (controi 4,3 del 1999), 7,7 si muovono all’interno di zone rurali (controi 4,7 del 1999) e 12 da una zona urbana ad una rurale (contro i2,5 del 1999). Sembra quindi che nel corso degli anni Novantala struttura dei flussi migratori interni si sia capovolta e chepiù recentemente si assista una sorta di ritorno verso la campagna.Le zone urbane sembrano aver perso il loro potered’attrazione.Fonte: Istituto Nazionale di Statistica della Romania, dati relativial 2004PROFILO STATISTICO- Il tasso di disoccupazione registrata (alle agenzie per l’impiego)diminuisce ogni anno:nello specifico la Romania èpassata da un tasso di disoccupazione del 11,8 nel 1999 ad106


uno del 6,3 nel 2004. Il tasso di disoccupazione femminile èleggermente inferiore a quello relativo alla media dell’interapopolazione. Per quanto riguarda il 2007, il tasso di disoccupazionenel primo semestre si e’ attestato intorno al 4,7%,in diminuzione rispetto al tasso registrato nel periodo gennaio-giugno<strong>2006</strong> (5,3%). Secondo le statistiche dell’AgenziaNazionale per l’Occupazione, i disoccupati alla fine di giugno2007 erano 354.700, 111.200 unità in meno rispetto a giugno<strong>2006</strong>. Alti tassi di disoccupazione si registrano ancora nelleprovince orientali e meridionali del Paese. Livelli più bassisi riscontrano nelle province occidentali della Romania, piùindustrializzate e nella municipalità di Bucarest- Il valore del PIL nel primo semestre 2007 è stato di 47,5 miliardidi Euro, con un incremento del 5,8% rispetto al primosemestre del <strong>2006</strong>- Gli indici dei prezzi dei beni di consumo sono costantementein aumento, specie quelli dei servizi, che crescono in misurasuperiore alla media e a tutti gli altri beni (alimentari e nonalimentari)- In base ai dati provenienti dalle strutture ricettive, il turismoè cresciuto molto nel Paese a partire dal 2000, con un particolareincremento tra il 2003 e il 2004. All’interno di questodato è possibile distinguere tra la permanenza nelle strutturericettive dei <strong>Rumeni</strong> e degli stranieri, che rimangono iprincipali turisti nel PaeseL’INGRESSO DELLA ROMANIA NELL’UNIONE EUROPEAL’ingresso della Romania nell’Unione Europea ha percorso leseguenti tappe:1° febbraio 1992: firma dell’Accordo di Associazione con le edi loro Stati membri;1° febbraio 1995: entra in vigore l’Accordo di Associazione;10 dicembre 1999: si aprono i negoziati di adesione con le107


Comunità Europee;15 giugno 2004: si chiudono i negoziati di adesione con l’UnioneEuropea;25 aprile 2005: il Consiglio Europeo approva la sua adesioneall’Unione Europea [4] e firma il Trattato di adesione;27 maggio 2005: viene depositata presso il Ministero degliAffari Esteri della Repubblica italiana la ratifica del Trattatodi adesione;Primo gennaio 2007: la Romania diventa membro dell’UnioneEuropea.A partire dal 1 gennaio 2007 l’ingresso e il soggiorno dei cittadinirumeni nei Paesi aderenti all’Unione Europea non è piùregolato dalle leggi sull’immigrazione dei singoli Stati membrie per l’Italia, quindi, dalla Legge Bossi-Fini, bensì dal d.P.R.n.54 del 2002, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentariin materia di circolazione e soggiorno dei cittadinidegli Stati membri dell’Unione europea, e ciò a seguito dellaratifica italiana del Trattato di adesione di Bulgaria e Romania,avvenuta con la legge n. 16 del 9 gennaio <strong>2006</strong> (pubblicata inSuppl. Ord. n. 18 alla Gazz. Uff., 25 gennaio, n. 20). Per quantoriguarda l’accesso al mercato del lavoro, il Governo (sedutadel Consiglio dei ministri del 27 gennaio <strong>2006</strong>), analogamentea quanto previsto da altri Paesi dell’Unione Europea, hadeciso di avvalersi di un regime transitorio per il periodo diun anno, prima di liberalizzare completamente l’accesso allavoro subordinato, mentre rimane privo di alcuna limitazioneil lavoro autonomo. Il regime transitorio prevede l’aperturaimmediata alla libera circolazione dei lavoratori nei seguentisettori: agricolo e turistico alberghiero, lavoro domestico e diassistenza alla persona, edilizio, metalmeccanico, dirigenzialee altamente qualificato. È prevista l’apertura immediata ancheper il lavoro stagionale. Per tutti i restanti settori produttivi,l’assunzione dei lavoratori rumeni e bulgari avviene con una108


procedura semplificata attraverso la presentazione, mediantespedizione postale (raccomandata a/r), da parte del datoredi lavoro allo Sportello Unico per l’<strong>Immigrazione</strong> della Prefetturacompetente di una richiesta di nulla osta utilizzandol’apposita modulistica (mod. sub neocomunitari) disponibilesui siti internet del Ministero dell’Interno (www.interno.it) edel Ministero della Solidarietà Sociale (www.welfare.gov.it).BIBLIOGRAFIACaponio T., Colombo A., Migrazioni globali. Integrazioni locali, IlMulino, Bologna, 2005.Castagnone E., Eve M. Petrillo E. R., Piperno F., Madri migranti.Le migrazioni di cura dalla Romania e dall’Ucraina in Italia: percorsie impatto sui paesi di origine, Programma MigraCtion 2004-2005,CESPI, febbraio 2007.Center for Documentation and Information on Minorities in Europe-SouthestEurope, Minorithies in Southeast Europe. Roma ofRomania, 2001, p. 9. [Reperibile su: www.greekhelsinki.gr/english/reports/CEDIME-Reports-Minorities-in-Romania.html].Cingolani P., Piperno F., “Il prossimo anno a casa”. Radicamento,rientro e percorsi translocali: il caso delle reti migratorie Marginea-Torino e Focsani-Roma, Programma MigraCtion 2004-2005, CESPI,FIERI, novembre 2005.Da Forno M.,Emiliani M.,Guardigli C., Romania, Esperienza Internazionali,Spinn.Decimo F., Sciortino G. (a cura di), Stranieri in Italia. Reti Migranti,Il Mulino, Milano, <strong>2006</strong>.109


Fondazione ISMU, Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia– MIUR , Rilevazione Alunni Stranieri in Lombardia. a.s. 2003/2004.[Reperibile su www.ismu.it].Galossi E., Mora R., Lavoratori immigrati nel settore edile, <strong>Rapporto</strong>preliminare di ricerca, Ires Cgil, luglio 2005. [Reperibile su www.cgil.it].Inail, Andamento degli infortuni sul lavoro n.8., agosto 2007. [Reperibilesu www.inail.it].Mascellini F., Migrazioni in Italia e flussi dalla Romania, <strong>Immigrazione</strong>e società: temi e ricerche n. 4, <strong>2006</strong>.Ricci A., I flussi migratori tra Romania e Italia nel nuovo scenarioeuropeo, in: “Studi Emigrazione”, n.147, settembre 2002.Vlase I, Donne rumene migranti e lavoro domestico in Italia, in:“Studi Emigrazione/Migration Studies”, XLIII, n.161, <strong>2006</strong>.Velea L. S., Istrate O., L’educazione nel post-comunismo: il casorumeno, in: Gobbo F., Le scuole degli altri. le riforme scolastichenell’Europa che cambia, Società Editrice Internazionale, Torino,<strong>2006</strong>.Zucchetti E. (a cura di), L’immigrazione dall’Est Europeo a <strong>Bergamo</strong>.Un’indagine pilota su polaxxhi, romeni ed ex-jugoslavi, QuaderniI.S.MU n. 11/1997SITOGRAFIAwww.ambbucarest.esteri.it/Ambasciata_Bucarestwww.amici-romania.it110


www.caritas.itwww.cgil.itwww.inail.itwww.oecd.orgwww.fratia.itwww.ice.gov.it/estero2/bucarestwww.iicbucarest.esteri.it/IIC_Bucareswww.italo-romena.rowww.lri.itwww.osservatoriobalcani.orgwww.provincia.bergamo.itwww.roconsulting.itwww.rri.rohttp://roma.mae.rowww.sette-giorni.rohttp://statistici.insse.rowww.stranieriinitalia.it111

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!