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L' istanza etica dell' autonomia della persona umana ed il diritto alla ...

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L’ <strong>istanza</strong> <strong>etica</strong> dell’ <strong>autonomia</strong> <strong>della</strong> <strong>persona</strong> <strong>umana</strong> <strong>ed</strong> <strong>il</strong><strong>diritto</strong> <strong>alla</strong> salute: consenso “informato” o consenso“comunicato”?Parole chiave: informazione, comunicazione, consenso informato, luoghi comuni,stereotipi culturali, biases semantici.Cembrani Fabio, Direttore <strong>della</strong> Unità Operativa di M<strong>ed</strong>icina Legale dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento 1Cembrani Veronica, Dottore in Scienze e Tecniche di Psicologia cognitivaapplicataDaniele Rodriguez, Professore ordinario di M<strong>ed</strong>icina legale nell’ Universitàdegli Studi di Padova… In che modo, allora, si debbano imparare o trovare le cose,è, forse, una conoscenza che supera di gran lunga le mie e le tue capacità.Però, dobbiamo rallegrarci di essere d’ accordo anche su questo: le cos<strong>ed</strong>evono essere imparate e ricercate non a partire dai nomi, bensì a partire dasè stesse molto più che dai nomi.(Platone, Crat<strong>il</strong>o).1. –Introduzione-Nell’ affrontare i temi dell’ informazione e del consenso in ambito clinico sipossono percorrere almeno due strade: la prima – quella più conosciuta - è diproporli nella maniera divenuta oramai abituale, ut<strong>il</strong>izzando gli schemianalitico-classificatori dell’ amplissima elaborazione dottrinale m<strong>ed</strong>ico-legaleche, sempre più spesso, è attenta a coglierne – enfatizzandoli - i determinantigiuridici e, di pari passo, le conseguenze del consenso in-valido sul piano <strong>della</strong>r<strong>il</strong>evanza penale [19, 21, 22]; la seconda – quella meno percorsa - è diaffrontarli, invece, in maniera insolita, raccogliendo le indicazioni –e leprovocazioni- che provengono da altre scienze sociali (la sociologia e lapsicologia cognitiva, tra tutte), nel tentativo di superare le banalizzazioni <strong>ed</strong> <strong>il</strong>uoghi comuni che riconducono <strong>il</strong> consenso informato ad un onere burocratico,spesso sgradito, che <strong>il</strong> m<strong>ed</strong>ico spesso assolve con la mera acquisizione di unmodulo scritto che, pr<strong>ed</strong>isposto ex ante <strong>ed</strong> allo scopo di dimostrare in manierain-equivocab<strong>il</strong>e che <strong>alla</strong> <strong>persona</strong> sono state fornite ampie informazioni riguardoai rischi connessi con la proc<strong>ed</strong>ura proposta (diagnostica, terapeutica odassistenziale), tenta di contenere i già ampi confini <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità (colpa)m<strong>ed</strong>ica [9].1 Indirizzo per la corrispondenza: Cembrani Dr. Fabio, Unità Operativa di M<strong>ed</strong>icinaLegale dell’ Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento, Centro per i Servizisanitari, Viale Verona, 38100 Trento [tel. 0461-904541; fax 0461-904553; e-ma<strong>il</strong>:fabio.cembrani@apss.tn.it]1


Ciascuna di queste due strade è segnata da pericoli che è bene(ri)conoscere per non essere banali o, per contro, per non provocare “fastidi”nel tentativo di superare –cogliendone l’ insufficienza- gli schemi ut<strong>il</strong>izzati nell’amplissima elaborazione dottrinale che, ancorché corretti, hanno finito con <strong>il</strong>consolidare alcuni dei luoghi comuni (e degli stereotipi culturali) che oggicondizionano, nella realtà clinica, l’ approccio al consenso informato.Questi luoghi comuni, ancorché ampiamente palesi, sono stati<strong>persona</strong>lmente indagati, anche se limitatamente ad un circoscritto contestoterritoriale (la Provincia autonoma di Trento), effettuando, a più riprese, unaserie di indagini strutturate nelle diverse articolazioni funzionali del Serviziosanitario pubblico provinciale [11, 13], indagini che dimostrano come iprofessionisti sanitari intervistati:1. attribuiscono al consenso informato un significato <strong>ed</strong> un valore ditipo prevalentemente giuridico, ponendone in second’ ordine levalenze etiche e le valenze deontologiche;2. considerano i fam<strong>il</strong>iari del paziente quali soggetti titolari dell’informazione;3. informano <strong>il</strong> paziente attraverso un processo di “delega” impropriaincaricando a ciò altri professionisti sanitari non m<strong>ed</strong>ici (l’infermiere in particolare);4. informano <strong>ed</strong> attivano costantemente l’ Autorità Giudiziaria nelcaso in cui <strong>il</strong> paziente, giuridicamente capace (o in situazioni didubbia capacità), esprime un rifiuto motivato <strong>alla</strong> cura, sia incondizioni di urgenza clinica (pericolo di vita) sia anche insituazioni del tutto ordinarie;5. ut<strong>il</strong>izzano molti moduli per la raccolta documentale del consensoinformato, del tutto eterogenei (anche nello stesso Osp<strong>ed</strong>ale) <strong>ed</strong>orientati, per lo più, ad indicare (anche in misura percentualestatistica) i rischi connessi con la proc<strong>ed</strong>ura diagnostica e/oterapeutica;6. ritengono che la modulistica debba essere adottata in tutte quellesituazioni che espongono <strong>il</strong> paziente ad un rischio anchepotenziale, con l’ intento di evitare eventuali addebiti di colpaprofessionale (a scopo – dunque - difensivo).Se questi sono i luoghi comuni che caratterizzano, oggi, la prassi del“consenso informato” e l’ ut<strong>il</strong>izzo, ormai stereotipato, dei molti moduli alloscopo pr<strong>ed</strong>isposti, c’è da chi<strong>ed</strong>ersi quali siano le cause che hanno orientato iprofessionisti sanitari ad andare in questa direzione e quali sono le ragioni perle quali l’ elaborazione dottrinale, concentrata a definire le conseguenze dir<strong>il</strong>evanza penale del consenso in-valido, non sempre ha saputo (o voluto)cogliere gli aspetti più tipici e peculiari che <strong>il</strong> tema <strong>della</strong> relazione comunicativapropone, orientando p<strong>ed</strong>agogicamente la prassi professionale verso quellapiena umanizzazione dei rapporti tra la m<strong>ed</strong>icina e la <strong>persona</strong> cui aspira, adetta di tutti, la società attuale [8].2


carattere economico ma anche nel tentativo di arginare <strong>il</strong> d<strong>il</strong>agante fenomeno<strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità (colpa) m<strong>ed</strong>ica [9, 14] -ancorché necessaria- porta con séun rischio del tutto evidente: quello di esercitare una m<strong>ed</strong>icina anonima,astratta, sostenuta sui soli “mezzi” (le disponib<strong>il</strong>ità scientifiche e le disponib<strong>il</strong>itàeconomiche) e non anche sui “modi” (i valori e la <strong>persona</strong>lizzazione <strong>della</strong>cura), riconducendo le effettività esistenziali <strong>della</strong> <strong>persona</strong> malata all’ internodegli schemi analitico-classificatori del sapere positivo <strong>ed</strong> appiattendo, inultima analisi, i valori di riferimento che debbono ispirare l’ esercizioprofessionale.Le derive più evidenti di questo processo, tutt’ ora in corso, riguardano:1. la diffusione <strong>della</strong> m<strong>ed</strong>icina cosiddetta “difensiva” (di una prassiprofessionale orientata, in buona sostanza, a prevenire le sanzionigiuridiche);2. l’ emergere di tutta una serie di “luoghi comuni” e di “chichès” che,ancorché ampiamente (a volte, indiscriminatamente) ut<strong>il</strong>izzati nellessico comune, non sempre esprimono un significato univoco econdiviso d<strong>alla</strong> comunità scientifica e la consapevolezza di quale èstato <strong>il</strong> processo culturale grazie al quale si è determinata la scelta diun lemma rispetto ad un altro [13, 36].Riguardo <strong>alla</strong> m<strong>ed</strong>icina “difensiva”, dobbiamo osservare come sia,questo, un termine di abbastanza recente introduzione anche se PaoloBenciolini, già nel 1991 [4], ne aveva acutamente previsto i contenuti distorsivi,evidenziandone: a) i rapporti con la preoccupazione di ottemperare ad alcuniatti formali che sembrerebbero “garantire” <strong>il</strong> m<strong>ed</strong>ico da successivi r<strong>il</strong>ievi mossiin s<strong>ed</strong>e giudiziaria; b) le conseguenze sul piano <strong>della</strong> prassi professionale perla cui giustificazione non si invocano esigenze di ordine diagnosticoterapeuticobensì indirizzi giustificati a motivi m<strong>ed</strong>ico-legali.Le soluzioni, all’ epoca prospettate (individuate, rispettivamente, nellanecessità di far cadere ogni residua prassi in contrasto con le esigenze clinichee per le quali sono scorrettamente ut<strong>il</strong>izzati motivi di ordine “m<strong>ed</strong>ico-legale” e disollecitare, al tempo stesso, una visione del dato m<strong>ed</strong>ico che tenga inadeguata considerazione anche possib<strong>il</strong>i finalità di ordine giuridico), non hannoavuto la fortuna auspicata e non sono, purtroppo, riuscite a limitare <strong>il</strong> rapidodiffondersi <strong>della</strong> m<strong>ed</strong>icina difensiva: una m<strong>ed</strong>icina questa orientata, com<strong>ed</strong>etto, ad una prassi professionale poco incline ai valori, preoccupata acostituire automatismi finalizzati a prevenire le sanzioni e, addirittura, a precostituire,con formalismi <strong>ed</strong> opportunismi, le giustificazioni.Questa visione <strong>della</strong> prassi professionale, poco incline a cogliere i valoripiù veri su cui si fonda l’ esercizio <strong>della</strong> m<strong>ed</strong>icina (la solidarietà <strong>ed</strong> <strong>il</strong> rispetto<strong>della</strong> dignità <strong>della</strong> <strong>persona</strong>), ha prodotto tutta una serie di conseguenze chesono conosciute da tutti i professionisti sanitari <strong>ed</strong> ha contribuito a diffonderemolti dei “luoghi comuni” fuorvianti che si osservano nella pratica clinica <strong>ed</strong>assistenziale che sono, a loro volta all’ origine degli stereotipi e degli stepscomportamentali distorsivi che caratterizzano, oggi, <strong>il</strong> porsi concreto deiprofessionisti <strong>della</strong> salute anche sul tema del “consenso informato”.Su questo tema, gli stereotipi e gli steps comportamentali distorsivi sono,dunque, alimentati da una serie di variab<strong>il</strong>i, tra cui: a) <strong>il</strong> dirompere, nel nostroPaese, di quello che ormai deve essere considerato, a ragione, per l’ elevato5


numero di proc<strong>ed</strong>imenti (penali e civ<strong>il</strong>i) intentati contro i m<strong>ed</strong>ici, <strong>il</strong> fenomeno<strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità m<strong>ed</strong>ica [9]; b) dal conseguente tentativo di arginare talefenomeno con artifizi vari, ricorrendo <strong>alla</strong> proc<strong>ed</strong>uralizzazione spinta <strong>della</strong>pratica clinica <strong>ed</strong> assistenziale fino a coinvolgere, nelle pratiche standardizzatee standardizzab<strong>il</strong>i, anche <strong>il</strong> “consenso informato” che, in molte AziendeSanitarie Locali, in ragione delle sollecitazioni a più riprese rivolte dalleCompagnie di Assicurazione, è stato inserito tra le diverse attività chesostengono le politiche di Risk management; c) da una prassi m<strong>ed</strong>ica,probab<strong>il</strong>mente condizionata da una lettura non esaustiva in punto diinformazione e di consenso, che, nell’ attribuire <strong>alla</strong> giurisprudenza (inparticolar modo alle decisioni di condanna <strong>della</strong> Corte di Cassazione) un valorep<strong>ed</strong>agogico-formativo, modula l’ agire professionale orientandolo, ben oltre lepuntuali indicazioni offerte dal Codice deontologico, alle decisionigiurisprudenziali ritenute certe <strong>ed</strong> universali, nel tentativo, spesso infruttuoso,di “non avere fastidi” [15, 36].Su quest’ ultimo punto è <strong>il</strong> caso di articolare qualche breveconsiderazione, raccogliendo le osservazioni di Mauro B<strong>il</strong>ancetti [5] che,analizzando tre significative decisioni <strong>della</strong> Corte di Cassazione (quella <strong>della</strong>Sezione V del 21 apr<strong>il</strong>e 1992, quella <strong>della</strong> Sezione IV del 9 marzo 2001 equella, infine, <strong>della</strong> Sezione I dell’ 11 luglio 2002), ha analizzato l’ evoluzion<strong>ed</strong>el pensiero <strong>della</strong> Suprema Corte riguardo ad una specifica problematica:quella nella quale l’ intervento chirurgico, ampiamente demolitivo, era statoeffettuato dal m<strong>ed</strong>ico a fronte di un consenso in-valido.Tutte e tre le situazioni cui si riferiscono le decisioni <strong>della</strong> Corte diCassazione sono tra loro del tutto sim<strong>il</strong>i, in quanto: a) l’ intervento chirurgico,ampiamente demolitivo, era andato ben oltre quanto consentito dal paziente(nel primo caso si trattava <strong>della</strong> resezione addomino-perineale dell’ intestinocon confezionamento di una colostomia definitiva per un adenoma v<strong>il</strong>loso delretto, nel secondo caso di un’ istero-annessiectomia b<strong>il</strong>aterale per una cistiovarica rivelatasi poi una neoplasia, nel terzo caso di una duodeno-cefalopancreasectomiaa fronte di un intervento chirurgico programmato diernioplastica ombelicale); b) in tutti i casi esaminati, la Suprema Corte haritenuto l’ in-esistenza dello stato di necessità che avrebbe legittimato i m<strong>ed</strong>icia modificare quanto programmato per <strong>il</strong> sopravvenire di impreviste esigenzeche rendevano l’ intervento chirurgico demolitivo comunque necessario <strong>ed</strong>urgente; c) in tutti i casi all’ intervento chirurgico, effettuato con un consenso invalido,è conseguita la morte <strong>della</strong> <strong>persona</strong>.Pur a fronte di situazioni del tutto speculari, la Corte di Cassazione ègiunta a conclusioni del tutto difformi sul piano <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità penale: nelprimo caso <strong>il</strong> chirurgo è stato ritenuto responsab<strong>il</strong>e di uno tra i delitti più graviprevisti dal nostro ordinamento (l’ omicidio preter-intenzionale), nel secondocaso di omicidio colposo mentre, nel terzo caso, <strong>il</strong> chirurgo è stato assoltoessendo state esplicitamente escluse, con un ragionamento motivazionalepoco convincente e lineare, entrambe le pr<strong>ed</strong>ette ipotesi delittuose.Senza entrare nel merito delle singole pronunce e senza sv<strong>il</strong>uppare gliequ<strong>il</strong>ibrismi dialettici che si colgono nella lettura di alcuni passi delle decisioni<strong>della</strong> Suprema Corte, ciò che si vuole evidenziare è che chi spera di trarr<strong>ed</strong>agli orientamenti giurisprudenziali regole di condotta certe, sulle qualimodulare la propria prassi professionale senza <strong>il</strong> rischio di correre alcunpericolo, rischia di essere deluso, non potendo essere assegnato agli6


orientamenti giurisprudenziali quel valore p<strong>ed</strong>agogico-formativo che lam<strong>ed</strong>icina difensiva, a torto, riconosce loro.4. I biases semanticiE’ un dato di fatto che <strong>il</strong> lessico corrente di chi oggi esercita, a diverso titolo,una professione sanitaria si è arricchito, nel recente passato, di parole e d<strong>il</strong>ocuzioni nuove, in parte mutuate dal linguaggio giuridico, che non sempreveicolano significati rigorosamente univoci e valori condivisi.Il lemma “consenso informato”, al pari di altri, è certamente una di esse[12, 13, 14].È questa una parola composta, da poco entrata nel gergo correnteut<strong>il</strong>izzato dai professionisti <strong>della</strong> salute, tautologica e quindi <strong>etica</strong>menteambigua (<strong>il</strong> consenso, evidentemente, non può che essere informato), riguardo<strong>alla</strong> quale si sono, prioritariamente, enfatizzati proprio gli aspetti di strettapertinenza giuridica nell’ ipotesi di consenso in-valido: ciò è avvenuto, inparticolare, dopo la sentenza di condanna (l’ anno è <strong>il</strong> 1990 e la sentenza è<strong>della</strong> Corte d’ Assise di Firenze, confermata d<strong>alla</strong> V^ Sezione <strong>della</strong> SupremaCorte di Cassazione <strong>il</strong> 21 apr<strong>il</strong>e 1992) di un chirurgo fiorentino che avevasottoposta un’ anziana paziente ad un intervento chirurgico demolitivo d<strong>alla</strong>stessa non consentito in completa assenza di necessità <strong>ed</strong> urgenzaterapeutica che lo giustificassero, con l’ addebito del delitto di omicidio preterintenzionalee l’ innesco, parallelo, di un proc<strong>ed</strong>imento disciplinare che siconcluse con la radiazione del m<strong>ed</strong>ico dall’ Albo professionale [27, 28].Nonostante <strong>il</strong> suo diffusissimo ut<strong>il</strong>izzo a questa parola non corrisponde,tuttavia, un chiaro <strong>ed</strong> univoco significato anche perché, nel pur amplissimopatrimonio linguistico italiano, non esiste conferma di una rappresentazionechiara, condivisa e di imm<strong>ed</strong>iata trasferib<strong>il</strong>ità sul piano applicativo di talelocuzione: questa, essendo la trans-litterazione <strong>della</strong> parola inglese “inform<strong>ed</strong>consent”, si compone di due parole tra loro diverse, poste in associazione acomporre una parola composta da un sostantito (<strong>il</strong> “consenso”) in-ut<strong>il</strong>mente –pleonasticamente- aggettivato (“informato). Nonostante <strong>il</strong> significato di questaparola composta sia esplicitato nei Dizionari delle Scienze M<strong>ed</strong>iche (nelDizionario Enciclop<strong>ed</strong>ico delle Scienze M<strong>ed</strong>iche di Taber <strong>il</strong> “consensoinformato” è definito come <strong>il</strong> “consenso accordato dal soggetto dopo esserestato informato sulla natura e gli scopi dell’ intervento o del trattamentoproposto; sull’ esito previsto e le probab<strong>il</strong>ità di successo; sui rischi; sullealternative e informazioni relative; sull’ effetto <strong>della</strong> mancata attuazione dell’intervento o del trattamento, tra cui l’ effetto sulla prognosi e i rischi materialiconseguenti”) e nei Dizionari giuridici (nell’ Enciclop<strong>ed</strong>ia Garzanti del Diritto <strong>il</strong>termine “consenso informato” rinvia al termine “consenso dell’ avente <strong>diritto</strong>”che è, a sua volta, definito come “causa di giustificazione in base <strong>alla</strong> qualenon è punib<strong>il</strong>e chi l<strong>ed</strong>e o pone in pericolo un <strong>diritto</strong> con <strong>il</strong> consenso <strong>della</strong><strong>persona</strong> che può validamente disporne”), <strong>il</strong> vocabolario <strong>della</strong> lingua italiana nonla definisce, pur fornendo esplicite indicazioni per <strong>il</strong> lemma “consenso” e per <strong>il</strong>lemma“informato”.Alla parola “consenso” (che deriva dal latino consensus e dal verboconsentire), la lingua italiana attribuisce significati non speculari: nel linguaggiopolitico “consenso” significa, infatti, appoggio e/o favore espresso dai gruppi estrati sociali <strong>alla</strong> politica di chi è al potere; nel linguaggio ferroviario <strong>il</strong>7


“consenso” è, invece, l’ autorizzazione necessaria per effettuare un’operazione connessa con la circolazione dei treni; nel linguaggio giuridico <strong>il</strong>“consenso” esprime, infine, l’ elemento essenziale al negozio giuridicob<strong>il</strong>aterale o pluri-laterale, consistente nell’ incontro delle manifestazioni divolontà di due o più soggetti contrapposti.La parola “informato” rinvia, invece, al verbo “informare”,rappresentandone <strong>il</strong> participio passato: quest’ ultima parola deriva dal latino(informare: dare forma, formare, foggiare) e può assumere <strong>il</strong> significato di“ragguagliare”, di “mo<strong>della</strong>re secondo una certa forma” e di “indirizzaresecondo certe direttive”.La lingua italiana non attribuisce, dunque, <strong>alla</strong> parola “consensoinformato” un significato chiaro <strong>ed</strong> univoco e se <strong>il</strong> linguaggio esprime, come èstato ben osservato [16], i cambiamenti prodotti dall’ azione disgregante e riaggreganteprodotta dal tempo, chiaro non è quale è stato <strong>il</strong> processo culturaleche ha sostenuto <strong>il</strong> suo inserimento nel lessico comune, oramai ut<strong>il</strong>izzato datutti i professionisti sanitari.E’ probab<strong>il</strong>e che la parola sia la tras-litterazione operata d<strong>alla</strong> parolainglese inform<strong>ed</strong> consent (trascrizione secondo un sistema alfabetico diversodall’ originale, non realizzata secondo un criterio di interpretazione fon<strong>etica</strong> matendente a riprodurre lettere con lettere in modo da poter ricostruire la parolaanche sulla base <strong>della</strong> conoscenza del solo alfabeto del testo traslitterato), chetale tras-litterazione sia avvenuta, per prima, nel linguaggio giuridico e che ciòabbia favorito la fortuna e l’ ampia diffusione del termine, con un progressivocoinvolgimento, purtroppo, di alcuni linguaggi deontologici: nella deontologiaprofessionale m<strong>ed</strong>ica la parola “consenso”, una sola volta chiosata con <strong>il</strong>termine informato (art. 32), ricorre in alcuni articoli che trattano,rispettivamente, del segreto professionale (art. 9), <strong>della</strong> diffusione di bollettinim<strong>ed</strong>ici (art. 11), <strong>della</strong> prescrizione di farmaci per indicazioni non previste d<strong>alla</strong>sch<strong>ed</strong>a tecnica o non ancora autorizzati al commercio (art. 12), <strong>della</strong> scelta dipratiche non convenzionali (art. 13), delle proc<strong>ed</strong>ure di informazione ad altrocollega in caso di sfiducia <strong>della</strong> <strong>persona</strong> (art. 25), dell’ informazione a terzi (art.31), delle attività prop<strong>ed</strong>eutiche <strong>alla</strong> diagnosi <strong>ed</strong> <strong>alla</strong> terapia in genere (art. 32)e in rapporto a pazienti minori, interdetti o inab<strong>il</strong>itati (art. 33), acquisizione delconsenso (art. 32 e dei pazienti minori, interdetti, inab<strong>il</strong>itati (art. 33), <strong>della</strong>donazione di organi o tessuti (art. 39), <strong>della</strong> ricerca bio-m<strong>ed</strong>ica e <strong>della</strong>sperimentazione sull’ uomo (art. 46), del trattamento dei dati sensib<strong>il</strong>i in caso diprestazioni di urgenza d parte di m<strong>ed</strong>ico diverso dal curante (art. 58), mentrenella deontologia infermieristica non si trova fortunatamente traccia di questatras-litterazione (la relazione comunicativa viene, in questa deontologia,individuata in una attività complessa basata sull’ informazione, sull’ ascolto, sulcoinvolgimento e sulla valutazione congiunta delle scelte assistenziali).Il termine “consenso informato”, ormai entrato nel lessico correnteut<strong>il</strong>izzato dai professionisti <strong>della</strong> salute, rappresenta, dunque, un’ “idea” deltutto recente che, ancorché travasata nella produzione normativa, non trova,però, conferma nella nostra tradizione linguistica pluri-secolare, con leambiguità che ne conseguono.Prima tra tutte la convinzione, del tutto errata, che informazione ecomunicazione siano sinonimi e che entrambe vengano, per così dire,assorbite dal consenso informato mentre l’ informazione rappresenta, non solonella prospettiva m<strong>ed</strong>ico-legale, un <strong>diritto</strong> soggettivo assoluto inalienab<strong>il</strong>e <strong>della</strong><strong>persona</strong>, ha una portata molto più ampia rispetto a quella che le viene8


normalmente attribuita (risultando doverosa anche quando non è finalizzata all’espressione del consenso) <strong>ed</strong> innesca un complesso processo che coinvolgela relazione tra almeno due soggetti, che ha un fluire non uni-direzionale (da“chi sa” a “chi non sa”) ma, bensì, bi-direzionale, che non può esserecompiutamente realizzato se non è sostenuto da quella complessa funzioneche è l’ ascolto <strong>ed</strong> <strong>il</strong> fe<strong>ed</strong>-back e che si pone, prioritariamente, l’obiettivo disoddisfare <strong>il</strong> bisogno di salute <strong>della</strong> <strong>persona</strong> e non già quello di raccoglierne,formalmente, la firma in un modulo scritto.In secondo luogo per le difficoltà che esistono nell’ inquadrarecorrettamente <strong>il</strong> tema <strong>della</strong> relazione comunicativa che, superando l’ ambiguità<strong>della</strong> locuzione “consenso informato”, deve confrontarsi, separatamente, con <strong>il</strong>problema dell’ informazione (e, come correttamente, r<strong>il</strong>eva <strong>il</strong> Codic<strong>ed</strong>eontologico <strong>della</strong> professione infermieristica, anche con <strong>il</strong> tema dell’ ascolto) econ <strong>il</strong> problema del consenso che rappresenta, a ben v<strong>ed</strong>ere, ben oltre lalegittimazione giuridica (causa scriminante) dell’ attività m<strong>ed</strong>ica, l’ espressione<strong>della</strong> compiuta realizzazione dell’ <strong>istanza</strong> <strong>etica</strong> dell’ <strong>autonomia</strong> <strong>della</strong> <strong>persona</strong><strong>umana</strong> [1].Sul piano linguistico esistono, tuttavia, ulteriori aree di criticità, rispetto aquelle poc’ anzi individuate, perché <strong>il</strong> vocabolario <strong>della</strong> lingua italiana assegnaal verbo informare <strong>ed</strong> al verbo comunicare significati tra loro non sovrapponib<strong>il</strong>ie, dunque, del tutto diversi.Informare significa infatti: 1. fornire notizie o anche nozioni ritenute ut<strong>il</strong>i ofunzionali, portare a conoscenza, mettere al corrente; 2. dare forma emo<strong>della</strong>re secondo una certa forma; 3. conformare secondo determinati ideali,indirizzare nel modo dovuto e conveniente; 4. riferirsi idealmente, ispirarsi,conformarsi. Comunicare significa, invece: 1. dire, rendere noto, far sapere, faconoscere; 2, rendere partecipi altri; 3. trasmettere, diffondere; 4. nellinguaggio religioso, dare la comunione.A ben v<strong>ed</strong>ere, dunque, <strong>il</strong> verbo informare esprime contenuti che spazianoin ambiti molto diversi tra loro e può essere interpretato come la percezione diuna differenza, mentre <strong>il</strong> verbo comunicare esprime, invece, un processo dicostruzione collettiva e condivisa del significato <strong>ed</strong> è un processo –come tal<strong>ed</strong>otatodi livelli diversi di formalizzazione, di consapevolezza e, soprattutto, diintenzionalità.La comunicazione identifica, pertanto, un processo intenzionale (econsapevole) orientato [23] a costruire e a dar significato all’ informazione ecomporta, per tali ragioni, un diverso livello partecipativo che non può noncoinvolgere tutti i professionisti sanitari: un processo, dunque, particolarmenteattento a dare significato non solo ai segnali verbali ma anche a quelli nonverbali (<strong>il</strong> sistema para-linguistico o sistema vocale non verbale, <strong>il</strong> sistemacinesico, la gestione dello spazio o prossemica e la comunicazione aptica chesi attua con <strong>il</strong> contato fisico), orientato a realizzare la piena umanizzazione deirapporti tra <strong>il</strong> professionista <strong>della</strong> salute e la <strong>persona</strong> e che trascende la prassidi fornire l’ informazione per via indiretta, al di fuori di una corretta relazionecomunicativa, ut<strong>il</strong>izzando moduli pr<strong>ed</strong>isposti ex ante.5. –Conclusioni-9


Molteplici sono, dunque, le cause che condizionano, oggi, in misura oltremodonegativa, <strong>il</strong> porsi concreto dei professionisti sanitari riguardo al tema dell’informazione, <strong>della</strong> comunicazione e del consenso alle cure.Il processo di giuridizzazione (contrattualizzazione) <strong>della</strong> m<strong>ed</strong>icina e ladiffusa e prevalente tendenza di assiomatizzare la cura rischiano: a) diappiattire i contenuti, le modalità <strong>ed</strong> i valori di riferimento che ispirano l’esercizio professionale; b) di strutturare, nella comunità professionale, unaserie di “luoghi comuni” e di “stereotipi” culturali sulla spinta di pressioni diordine economico e, parallelamente, di istanze di ordine difensivo.Questa tendenza, spinta a proc<strong>ed</strong>uralizzare anche la relazioneinformativa (comunicativa) tra <strong>il</strong> professionista <strong>della</strong> salute e la <strong>persona</strong> <strong>ed</strong> acodificare <strong>il</strong> “consenso informato” quale adempimento orientato su automatismivolti a prevenire le sanzioni, induce a condizionamenti culturali deteriori e <strong>alla</strong>perdita, per la nostra professione, di <strong>autonomia</strong>, di ruolo e di cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità sociale.Recuperare e re-interpretare (al passo con i tempi) i valori <strong>ed</strong> i principiautonomamente elaborati d<strong>alla</strong> nostra tradizione professionale è oggi unimpegno morale forte e da condividere; e la M<strong>ed</strong>icina Legale deve, in taleprocesso, esercitare un ruolo attivo, p<strong>ed</strong>agogicamente finalizzato a ri-orientarela responsab<strong>il</strong>ità m<strong>ed</strong>ica sull’ impegno e sulla solidarietà, senza ricorrere ai“luoghi comuni”, ai formalismi <strong>ed</strong> <strong>alla</strong> pre-costituzione di cause digiustificazione.Il compito non è certo agevole, perché, come scrive la Arendt [2], “…sembra più fac<strong>il</strong>e convincere gli uomini a comportarsi nel modo piùimpensab<strong>il</strong>e <strong>ed</strong> oltraggioso, piuttosto che convincerli ad imparare dall’esperienza, a pensare e giudicare veramente, invece di applicareautomaticamente categorie e formule pre-costituite nella nostra testa, che puressendo coerenti sono oramai desuete <strong>ed</strong> inadeguate rispetto agli eventi cheaccadono realmente”.Pur tuttavia gli sforzi devono convergere in questa direzione se vogliamonon abdicare <strong>alla</strong> nostra <strong>autonomia</strong> professionale <strong>ed</strong> allo statuto m<strong>il</strong>lenario<strong>della</strong> m<strong>ed</strong>icina che ci esorta a connotare l’ esercizio professionale sui valori,sulla solidarietà e sul rispetto <strong>della</strong> dignità <strong>della</strong> <strong>persona</strong> e, in punto diinformazione e di consenso alle cure: a) a riconoscere <strong>il</strong> valore, innanzituttomorale, del consenso (art. 30) che, più opportunamente, per le ragioni giàanticipate, dovrebbe essere chiosato con l’ aggettivo “comunicato” e non già“informato” (“Il m<strong>ed</strong>ico non deve intraprendere attività diagnostica e/oterapeutica senza l’ acquisizione del consenso informato del paziente …”); b)ad essere consapevoli sulla circostanza che informazione e consenso sonodue processi distinti, ancorché tra loro, a volte, inter-connessi e che quest’ultimo “… è integrativo e non sostitutivo del processo informativo” (art. 32); c)a riconoscere che, per essere effettivamente “informato”, l’ espressione delconsenso deve essere prec<strong>ed</strong>uta da una “… più idonea informazione sulladiagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnosticoterapeutichee sulle prev<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>i conseguenze delle scelte operate …”; d) adammettere <strong>il</strong> limite (art. 32) <strong>alla</strong> potestà di cura nel caso di documentato rifiutoespresso da <strong>persona</strong> capace di intendere e di volere ( “… In ogni caso, inpresenza di un documentato rifiuto di <strong>persona</strong> capace di intendere e di volere,<strong>il</strong> m<strong>ed</strong>ico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, nonessendo consentito alcun trattamento m<strong>ed</strong>ico contro la volontà <strong>della</strong> <strong>persona</strong>…”); e) a sostenere –e promuovere- <strong>il</strong> valore e la riconosciuta validità (art. 34)delle direttive anticipate (“Il m<strong>ed</strong>ico, se <strong>il</strong> paziente non è in grado di esprimere10


la propria volontà in caso di grave pericolo per la vita, non può non tener contodi quanto prec<strong>ed</strong>entemente manifestato dallo stesso”), coerentemente aquanto previsto d<strong>alla</strong> legge n. 145 approvata <strong>il</strong> 28 marzo del 2001 con la qualeè stata ratificata, nel nostro Paese, la Convenzione di Ovi<strong>ed</strong>o 2 ; f) ariconoscere <strong>il</strong> limite all’ informazione a terzi, ivi compresi i fam<strong>il</strong>iari <strong>della</strong><strong>persona</strong>, “… ammessa solo con <strong>il</strong> consenso esplicitamente prestato dalpaziente …” (art. 31); g) ad essere consapevoli circa la necessità di prestare l’assistenza e le cure necessarie “… allorché sussistano condizioni di urgenza ein caso di pericolo per la vita di una <strong>persona</strong>, che non possa esprimere, almomento, volontà contraria” (art. 35); h) a rispettare, infine, <strong>il</strong> dovere diinformare l’ Autorità giudiziaria “… in caso di opposizione da parte del legalerappresentante al trattamento necessario <strong>ed</strong> indifferib<strong>il</strong>e a favore di minori o diincapaci” (art. 33) [10], ovviamente quando non sussistano le condizioni diurgenza che impongono comunque le proc<strong>ed</strong>ure indicate sub. g) [32]; i) araccogliere documentalmente <strong>il</strong> consenso nei casi previsti d<strong>alla</strong> legge(trasfusione di sangue, sperimentazione clinica e trapianto di rene da personeviventi) e nelle “… situazioni in cui si renda opportuna una manifestazione inequivoca<strong>della</strong> volontà <strong>della</strong> <strong>persona</strong>” (art. 32).-BIBLIOGRAFIA-1. Angelini G., La nozione di <strong>autonomia</strong>; fondamenti, in Bioetiche in dialogo,Zadig Editore, M<strong>il</strong>ano. 1999.2. Arendt H., Responsab<strong>il</strong>ità e giudizio, Einaudi Editore, Torino, 2004.3. Barni M., Diritti-doveri-responsab<strong>il</strong>ità del m<strong>ed</strong>ico. D<strong>alla</strong> bio<strong>etica</strong> al bio<strong>diritto</strong>,Giuffrè Editore, M<strong>il</strong>ano. 1999.4. Benciolini P., “… a scopo m<strong>ed</strong>ico-legale”, Rivista italiana di M<strong>ed</strong>icina Legale,1991; 3: 689-699.5. B<strong>il</strong>ancetti M., Le conseguenze di r<strong>il</strong>evanza penale e civ<strong>il</strong>e del consensoinvalido. Il consenso informato: un continente ancora da esplorare, RivistaItaliana di M<strong>ed</strong>icina Legale, 2003; 6: 946-963.6. Castronovo C., La nuova responsab<strong>il</strong>ità civ<strong>il</strong>e, Giuffrè Editore, M<strong>il</strong>ano, 1977.7. Cavicchi I., Ripensare la m<strong>ed</strong>icina. Restauri, reinterpretazioni, aggiornamenti,Bollati Boringhieri Editore, Torino. 2004.8. Cavicchi I., La clinica e la relazione, Bollati Boringhieri Editore, Torino. 2004.9. Cembrani F., La Micela S., Battisti M., Danovaro M.V. (2000), La coperturaassicurativa e la gestione del rischio sanitario, Rivista di <strong>diritto</strong> delle professionisanitarie, 2000; 3: 162-173.2 Sottolineando la centralità <strong>della</strong> tutela <strong>della</strong> dignità <strong>ed</strong> identità <strong>della</strong> <strong>persona</strong>, laConvenzione di Ovi<strong>ed</strong>o attribuisce, all’ art. 9, particolare r<strong>il</strong>ievo ai desideriprec<strong>ed</strong>entemente espressi dal paziente, stab<strong>il</strong>endo che essi saranno presi inconsiderazione.11


10. Cembrani F., Informazione al trattamento sanitario: <strong>il</strong> problema dei minori,Rivista di Diritto delle Professioni Sanitarie, 2002; 4: 270-286.11. Cembrani F., Ancora in tema di informazione e di consenso all’atto m<strong>ed</strong>ico: daautorizzazione formale a cultura <strong>della</strong> condivisione, Ragiusan, 2004; 245-246:216- 229.12. Cembrani F., Consenso informato, in Lavorare con la cronicità, Carocci-FaberEdizioni, Roma. 2004.13. Cembrani F., Cembrani V., L’informazione e la comunicazione in ambitom<strong>ed</strong>ico: <strong>il</strong> paradigma (lo stereotipo) del “consenso informato”, in Atti del 4°Convegno Nazionale dei M<strong>ed</strong>ici Legali delle Aziende sanitarie locali,Montes<strong>il</strong>vano (Pescara) 14-16 maggio 2005, in corso di stampa.14. Cembrani F, Baldantoni E., Cembrani V., Il consenso in geriatria: un’utopia?, inAtti del Convegno <strong>della</strong> Società italiana di Geriatria, Firenze 9-15 novembre2005, in corso di stampa.15. Cingolani M., Rodriguez D., Quattro sentenze in tema d'informazione<strong>alla</strong> donna gravida: un passo avanti e più d'uno indietro. Rivista italianadi M<strong>ed</strong>icina Legale 1998; 20: 119-138-150.16. Cingolani M, <strong>L'</strong>agonia di un luogo comune: <strong>il</strong> modello sottoscritto dalpaziente del consenso all'intervento chirurgico Rivista Diritto delleProfessioni Sanitarie 1999; 2(4): 299-30917. Comitato Nazionale per la Bio<strong>etica</strong>, Informazione e consenso all’attom<strong>ed</strong>ico, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’Informazionee l’<strong>ed</strong>itoria. 1992.18. De Mauro T., Capire le parole, Editori Laterza, Bari, 1999.19. Girolami P., Considerazioni in tema di giurificazione <strong>della</strong> m<strong>ed</strong>icina: anticheradici e nuovi germogli, Rivista italiana di M<strong>ed</strong>icina Legale, 2005; 1: 61-87.20. Magliona B., Del Sante M.F., Negato consenso da parte di paziente in dubbiecondizioni di capacità e trattamento sanitario indifferib<strong>il</strong>e quoad vitam: aspettigiuridici, deontologici e m<strong>ed</strong>ico-legali, Rivista italiana di M<strong>ed</strong>icina Legale,2004; 6: 1083-1101.21. Manna A., Prof<strong>il</strong>i penalistici del trattamento m<strong>ed</strong>ico-chirurgico, Casa EditriceDott. Antonio Giuffrè, M<strong>il</strong>ano. 1984.22. Mantovani F., Il consenso informato: pratiche consensuali, Rivista Italiana diM<strong>ed</strong>icina Legale, 2000; 1: 9-26.23. Paccagnella L., Sociologia <strong>della</strong> comunicazione, Il Mulino Editore, Bologna,2004.24. Passacando G., Problematiche in tema di consenso informato e responsab<strong>il</strong>itàpenale, Rivista italiana di M<strong>ed</strong>icina Legale, 2005; 2: 233-244.12


25. Rodriguez D., <strong>L'</strong>informazione nei confronti <strong>dell'</strong>assistito, in CARNEVALE F.,Rodriguez D., Manuale di M<strong>ed</strong>icina del Lavoro - M<strong>ed</strong>icina legale e delleAssicurazioni, <strong>ed</strong>. Libreria Cortina, Verona 1986, pp. 191-194.26. Rodriguez D., Ancora in tema di consenso all'atto m<strong>ed</strong>ico-chirurgico. Notesulla sentenza del 10 ottobre 1990 <strong>della</strong> Corte d'Assise di Firenze. Rivistaitaliana di M<strong>ed</strong>icina Legale 13/4 (1991) 1120-1245.27. Rodriguez D., Nota a sentenza (Corte di Cassazione 13 maggio 1992 n.5639). Rivista italiana di M<strong>ed</strong>icina Legale 15/2 (1993) 460-471.28. Rodriguez D., Intervento chirurgico praticato senza <strong>il</strong> consenso del paziente eradiazione dall’albo professionale, Rivista Italiana M<strong>ed</strong>icina Legale 16, 233,1994. 16/1 (1994) 233-246.29. Rodriguez D. (1998). Compete solo al m<strong>ed</strong>ico l’informazione nei confronti delpaziente? (<strong>ed</strong>itoriale), Rivista Diritto Professioni Sanitarie 1 (2), 67-77.30. Rodriguez D. (1999). Informazione all’assistito e tutela <strong>della</strong> riservatezza: unpiccolo passo avanti, Rivista Diritto Professioni Sanitarie 2 (2), 118-123.31. Rodriguez D., Il codice di deontologia m<strong>ed</strong>ica del 1998 e l’informazioneall’assistito: un passo indietro solo apparente, Rivista Diritto ProfessioniSanitarie 2 (1), 35-37 1999.32. Rodriguez D., Il nuovo codice deontologico degli infermieri, Foglio Notizie 2(5), 55, 51-60. 1999.33. Rodriguez D., La tutela del minore nella concezione dei codici deontologici delm<strong>ed</strong>ico e dell’infermiere circa <strong>il</strong> <strong>diritto</strong> ad essere informato e ad esprimerescelte in ambito sanitario, P<strong>ed</strong>iatria d’Urgenza 7 (15), 16-21, 2000.34. Rodriguez D., Il codice deontologico come criterio per l’esercizio professionale:breve commentario. In: Benci L., Manuale giuridico professionale perl’esercizio del nursing. Seconda <strong>ed</strong>izione. McGraw-H<strong>il</strong>l, M<strong>il</strong>ano 2001, p. 135-169.35. Rodriguez D., Codici deontologici delle professioni sanitarie a confronto. In:Benci L., Le professioni sanitarie (non m<strong>ed</strong>iche). McGraw-H<strong>il</strong>l, M<strong>il</strong>ano 2002, p.43-115.36. Rodriguez D.,Contrastare i luoghi comuni fuorvianti per <strong>ed</strong>ucare <strong>alla</strong>responsab<strong>il</strong>ità i futuri professionisti <strong>della</strong> salute, Rivista Diritto delle ProfessioniSanitarie, 2004, 3; 136-143.13

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