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Strappami il cuore - Edizioni Piemme

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Chiara PalazzoloLa tr<strong>il</strong>ogia di Mirta-Luna<strong>Strappami</strong><strong>il</strong> <strong>cuore</strong>


ISBN 978-88-566-2905-7I Edizione <strong>Piemme</strong> Bestseller, settembre 2012© 2006 - EDIZIONI PIEMME Spa, M<strong>il</strong>anowww.edizpiemme.itAnno 2012-2013-2014 - Edizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10Stampa: Mondadori Printing S.p.A. - Stab<strong>il</strong>imento NSM - Cles (Trento)


PrologoIl viale che dall’autorimessa conduceva all’ingresso di servizioera una sinfonia di c<strong>il</strong>iegi in fiore. Mentre abbassavala saracinesca, Piero Fossati se ne accorse d’improvviso. Laprimavera era esplosa. E nella brezza che soffiava da ponentesi avvertiva addirittura un refolo d’estate. D’erba appenaspuntata. Di terra stordita dal sole.Con le chiavi in mano, Piero rimase a fissare la candidavampa dei c<strong>il</strong>iegi, protesa verso <strong>il</strong> cielo. Si chiese se Flavionon avesse scelto la casa proprio per i c<strong>il</strong>iegi. Del resto, luigli aveva lasciato carta bianca, limitandosi a firmargli <strong>il</strong> mandatoper l’agenzia e a fornirgli i pochissimi desiderata: unamonofam<strong>il</strong>iare alla periferia di Foligno, meno vicini ci sonomeglio è, contratto d’affitto di qualsiasi tipo, te la vedi tu?Grazie, Flavio.Lo sguardo di Piero errò tra i fiori. Erano bellissimi. Piantebellissime. Un viale bellissimo. Sì, Flavio doveva essere rimastocolpito dal viale di c<strong>il</strong>iegi sul retro. Magari, aveva pensatoche potesse produrre un effetto distensivo. Ad Amaliapiaceva tanto <strong>il</strong> verde. Un viale di c<strong>il</strong>iegi tutto per voi, sulretro della v<strong>il</strong>la. Non è una bella vista?Chissà se Amalia ci aveva fatto caso. Lui, no di certo, finoa quel preciso istante. Non aveva fatto caso a nulla, nelleultime settimane. Solo a fuggire a precipizio da casa, dalla7


loro vera casa, trascinandosi dietro un’Amalia impietrita. Ese non fosse stato per Flavio e Luana, <strong>il</strong> trasloco sarebbestato impossib<strong>il</strong>e. Lei s’era limitata a uscire di casa per manoa Luana, seguirla sul sed<strong>il</strong>e posteriore della Escort di Flavio,scendere mezz’ora dopo davanti alla casa in affitto e varcarnela soglia. Stop. Ecco <strong>il</strong> contributo di Amalia al trasloco.Decisivo, visto che aveva almeno accettato di traslocare sestessa.Piero si sf<strong>il</strong>ò gli occhiali neri e lasciò che <strong>il</strong> sole lo abbagliasse.Apr<strong>il</strong>e. Giornate più lunghe. E quel sentore d’estatenell’aria. Strizzò gli occhi, fissando i c<strong>il</strong>iegi. Almeno una ventina.Sarebbe stata una bella spesa.Gettò uno sguardo all’orologio. Già le sei, e ancora questaluce. Beh, per la luce non si poteva far niente. Quanto aic<strong>il</strong>iegi, invece. Scrollò le chiavi, alla ricerca di quella dellaporta di servizio. Ancora le confondeva, maledette. Odiavaaver cambiato casa. Odiava <strong>il</strong> motivo per cui aveva cambiatocasa. Odiava tutto ciò che avesse a che fare con quel motivo.Odiava tutto e tutti, a essere sincero.Inf<strong>il</strong>ò una chiave nella toppa. Provò a farla scattare. La sf<strong>il</strong>òe scrollò nuovamente <strong>il</strong> mazzo di chiavi, intrecciate l’unanell’altra. Ne pescò un’altra, la inserì e la serratura scattò.Mentre spingeva la porta di servizio, decise di chiamareimmediatamente <strong>il</strong> giardiniere. Gli sarebbe costato, ma erauna spesa necessaria. E pazienza se <strong>il</strong> padrone di casa, dopo,avrebbe piantato una grana. Avrebbe risarcito anche lui, se <strong>il</strong>tizio dava proprio di matto. Piero Fossati risarciva tutti. Era<strong>il</strong> suo mestiere, in fondo. Un avvocato vive di risarcimenti.Mentre chiudeva la porta, lanciò un’ultima occhiata alviale inondato di luce. Un tempo, avrebbe adorato un vialedi c<strong>il</strong>iegi come quello. Ma la bellezza era morta. La luce. Icolori. La speranza. Tutto morto con Mirta. Avremmo potutoorganizzare qui la festa dei suoi vent’anni, pensò di soprassalto.Mirta avrebbe potuto festeggiare <strong>il</strong> compleannosotto questi c<strong>il</strong>iegi, in giugno. Tra pochi mesi.8


Imbec<strong>il</strong>le. Se Mirta fosse ancora viva, non avremmo maicambiato casa. Se Mirta fosse ancora con noi. Se.Mirta. Mirta. Mirta!Sferrò un pugno contro la porta. Poi respirò a fondo,costringendosi a riprendere <strong>il</strong> controllo. Chiuse la porta.Poggiò le chiavi sul tavolo. Si sf<strong>il</strong>ò la giacca e attraversò lacucina.Varcando la soglia del soggiorno, fu accolto dal baccanodello stereo al massimo, da cui squittiva una voce infant<strong>il</strong>e estonata, appena percettib<strong>il</strong>e nel martellio dei bassi. Si diresseverso lo stereo e schiacciò off.Il s<strong>il</strong>enzio piombò nel soggiorno. Amalia, seduta sul divano,levò uno sguardo interrogativo e fece per alzarsi.«Come va» disse Piero, alzando una mano a bloccarla.Amalia lo guardò con impazienza, scrollando le spalle inun gesto che poteva significare qualsiasi cosa.«Cinque minuti. Ho bisogno solo di cinque minuti di s<strong>il</strong>enzio.Chiedo troppo?» disse lui.Lei sospirò e si lasciò cadere sul divano.Piero raggiunse <strong>il</strong> mob<strong>il</strong>e bar. Agguantò una bottigliaqualsiasi e versò una dose abbondante nel bicchiere. All’attodi sollevarlo, si rese conto del dolore. Doveva essersi lussatole nocche, poco prima. Meglio così, <strong>il</strong> dolore gli avrebbefatto compagnia. Magari si fosse rotto la mano, almenoavrebbe avuto altro a cui pensare, per un po’. Mosse le dita,avvertendo delle fitte. Alla prossima, pensò, farò di meglio.Sbuffò, accese una sigaretta e crollò a sedere in poltrona.«Marcolino è su con Ewusia?» chiese.Amalia assentì distrattamente, fissando lo stereo.«Vengo dal Comando. Ci sono novità» disse Piero, dopouna pausa. Non sapeva se aveva senso continuare a tenerlainformata. Il medico stesso aveva allargato le braccia, quandolui lo aveva interpellato in proposito. No, nessuno sapevache cosa fosse successo nella mente di Amalia, dopo la mortedi Mirta. Ma a Piero sembrava necessario continuare ad9


aggiornarla sulla situazione. Forse, più necessario a lui che alei, a questo punto.«Sono arrivati i risultati delle analisi del Ris» riprese.«Hanno trovato tracce di sangue nel bagno della mansardadi Perugia. E <strong>il</strong> gruppo sanguigno è compatib<strong>il</strong>e con quellodella Susy. Quindi, la Susy non è uscita viva dalla mansarda.Chiunque quel testimone abbia incontrato <strong>il</strong> mattino dopo,non era lei di certo. Secondo <strong>il</strong> Ris, è stata uccisa nella mansarda.L’assassino deve aver cercato di ripulire, dopo. Male tracce sono rimaste. Ce n’erano dappertutto. In bagno.In corridoio. In camera da letto. Qualcuno le ha portate ingiro per casa sotto gli anfibi. Hanno trovato anche quelle.Impronte d’anfibi. E se la Susy è stata uccisa nella mansardadi Mirta, capisci cosa significa?»Amalia lo fissò, battendo le palpebre.«Che la Susy è stata uccisa dalla stessa mano. Mirta e laSusy. Al Comando dicono che non c’entra nulla, che Mirtaè morta per un’overdose. Bugie! Avremmo dovuto fare l’autopsia.Un’overdose, Mirta! Mi sto battendo per far riaprire<strong>il</strong> fascicolo. Per far inserire <strong>il</strong> nome di Mirta tra le vittime delserial k<strong>il</strong>ler. Loro continuano a ripetere che <strong>il</strong> quadro è immutato.L’unico reato su cui stanno indagando è sottrazionedi cadavere. Capirai! Con tutti gli omicidi che hanno per lemani, perdono tempo con le sottrazioni di cadavere!»Amalia si passò una mano tra i capelli e guardò lo stereo.«Solo due minuti! Dammi retta per altri due minuti anchese non mi ascolti. Per favore. Altri due minuti.»Amalia distolse lo sguardo dallo stereo e tornò a puntarlosul marito.«Ci sono novità anche su quello stronzo, De Dominicis.Ma non le ho sapute al Comando. Me le ha date Panizzi, l’exmaresciallo, ti ricordi di lui?»Da Panizzi era andato in febbraio, subito dopo la scomparsadel corpo di Mirta. Si conoscevano da anni. Gran tiratore.Andavano spesso a caccia insieme. Da quando era an-10


dato in pensione, un paio d’anni prima, Panizzi s’era messoin proprio. Una piccola agenzia, giusto per non arrugginirsi.Si occupava di tradimenti, pedinamenti a coniugi fedifraghi,ricerche di persone, indagini patrimoniali. Robetta, insomma.Ma i suoi vecchi canali erano intatti, e da lì potevanopassare informazioni preziose.Piero gli aveva chiesto un’informativa dettagliata su RobertoDe Dominicis. Ma c’era voluto tempo per riuscire adavere un quadro completo. Intanto s’erano incontrati piùvolte, mentre <strong>il</strong> paese piombava nel caos. Panizzi era convintoche <strong>il</strong> cosiddetto serial k<strong>il</strong>ler fosse in realtà un gruppo disatanisti. La coincidenza con i due corpi sottratti al cimiteroparlava chiaro. Due messe nere. L’apertura e la chiusura diun rituale di morte. In mezzo, una spaventosa mattanza. Cadaverisquartati. Mut<strong>il</strong>ati. Divorati. Senza riguardo all’età, alsesso, alla professione. Proprio le modalità raccapricciantidegli omicidi avvaloravano l’ipotesi di un gruppo spietato,del tutto fuori controllo.Ma anche lui era parso scettico quando Piero aveva azzardatol’ipotesi che Mirta fosse stata la prima vittima delk<strong>il</strong>ler, o del gruppo di k<strong>il</strong>ler. Anzi, Piero Fossati aveva vistol’ombra della pietà trascorrere nello sguardo di Panizzi.Sembrava dire: siamo amici, non mi far dire quello chepenso, tua figlia era solo una drogata, una che se l’è andataa cercare.«Beh» disse invece ad Amalia «oggi Panizzi mi ha finalmentedato l’informativa su quel bastardo di De Dominicis.E cosa salta fuori? Un buco di tre anni. Dal 1995 al 1998non si sa dove sia stato, dove abbia abitato, cosa abbia fatto.Buio pesto. Quello stronzo ha lasciato l’Italia a più ripresedopo <strong>il</strong> 1990. Col padre, non si potevano soffrire. Poi nel’93 si trasferisce stab<strong>il</strong>mente a Londra. Ci rimane un paiod’anni. E di colpo, da marzo del ’95, puf. Sparisce nel nulla.Non è più a Londra. Non torna in Umbria. Nessuna tracciadi lui neanche dalla madre, a Bruxelles. Panizzi ha tirato11


fuori interi rapporti. Da quando quel bastardo ha la ragione,si fa per dire, lascia tracce ovunque. Il suo curriculum apartire dal 1987 è sterminato. Fermi in mezza Europa perpossesso di stupefacenti. Assegni falsi. Furti. Traffici <strong>il</strong>leciti.Incidenti stradali. Di tutto. E di colpo, niente. Dal marzo’95 al novembre ’98, <strong>il</strong> diavolo diventa un angelo. Scomparedal mondo. Neanche un rigo sui rapporti di polizia. Foss’ancheuna multa per sosta vietata. Niente di niente fino a novembredel ’98, quando riappare a sorpresa a Perugia per ifunerali del padre. Tra l’altro, eredita tutto. Casa, galleria, equant’altro. E che fa un farabutto come lui di fronte al malloppo?Vende tutto e scappa a mangiarsi i soldi, no?»Amalia assentì distrattamente, esaminandosi le unghie.«Sbagliato» disse Piero. «Torna a stab<strong>il</strong>irsi in paese, comenulla fosse stato. Rinnova la galleria e amplia <strong>il</strong> giro degliaffari. Si fa fermare un paio di volte per possesso di stupefacenti.Guida pericolosa. Un affare poco chiaro su un quadro.Robetta, rispetto al passato. Insomma, diventa quasi uncittadino onesto. E lavora parecchio per la galleria. Un po’troppo, secondo Panizzi. Il patrimonio del padre era in viadi esaurimento. Diciamo che si era limitato ad amministrarel’esistente. Ma <strong>il</strong> figlio si mette in grande. La galleria diventala più frequentata di Perugia. E tratta affari delicati, grandicommittenze, tele rarissime. Ma dove li prende i soldi perfare <strong>il</strong> salto di qualità? Dov’è stato in quei tre anni? E soprattutto,dov’è finito tutto <strong>il</strong> denaro che ha guadagnato fino aoggi, perché deve averne guadagnato parecchio. Lo sai chesui suoi conti non sono rimasti che pochi spiccioli?»Amalia si agitò sul divano. Sbuffò e cominciò ad alzarsi.«Aspetta! Un’ultima cosa. Me l’ha detta sottobanco l’appuntatoche segue le indagini. L’ispettore non aveva apertobocca. Ma dopo la profanazione della tomba di De Dominicis,hanno fatto delle analisi sulla bara. E non c’era nientedi quel che avrebbe dovuto esserci. Un corpo seppellito dapiù di un mese, capisci? L’imbottitura avrebbe dovuto esse-12


e impregnata di gas, liquidi organici, residui. Insomma, uncorpo in decomposizione! Anche se lo togli, restano tracceevidenti. Invece, niente. De Dominicis, in quella bara, nonc’è stato un solo minuto.»«Lo so» disse Amalia, strascicando i piedi in direzionedello stereo.«Sai cosa?»Amalia sfiorò un tasto e la musica esplose.«Sai cosa?»«Papà!» str<strong>il</strong>lò la vocetta di Marcolino, bucando <strong>il</strong> mugghiareinfernale dei bassi.Levando lo sguardo, Piero vide <strong>il</strong> bambino in cima allescale del piano superiore. Amalia era tornata a sedere suldivano. Le mani in grembo. La testa china. Isolata dalla musicache da settimane rimbombava nella nuova casa. I CDdi Mirta, sparati per ore. Sempre gli stessi e sempre più adalto volume. Britney Spears. Alicia Keys. I M@d. Come unacolonna sonora che scandiva le sue giornate, dall’alba al tramonto.«Papà, vieni!» str<strong>il</strong>lò Marcolino.Lo so. Che significa, pensò Piero. Che cosa sai, Amalia?«PAPÀ!»Piero scolò l’ultimo sorso di alcol e si affrettò su per lescale. Giunto in cima, allargò le braccia e Marcolino vi siprecipitò d’un balzo. Povero bambino, pensò Piero.«Vuoi che spenga lo stereo?» gli chiese.«Ma no, papà, mi piace la musica.»Il bambino parla meglio, pensò Pietro. Anzi, benissimo.Parla come me. Fino a pochi mesi prima, Marcolino inciampavaancora nella esse, nella ci. Le storpiava in dentali. Nonpronunciava la erre. Adesso, ogni difetto era scomparso. Dicolpo, <strong>il</strong> bambino aveva cominciato a pronunciare correttamentele consonanti. Certo, a quattro anni succede. Ledifficoltà della prima infanzia cominciano a sfumare. Ma, dicolpo? Da un giorno all’altro? Questo povero bambino, pen-13


sò nuovamente Piero mentre col bimbo in braccio entravanella sua cameretta.Ewusia lo salutò, ragguagliandolo sull’andamento dellagiornata. La signora aveva mangiato. Aveva preso le p<strong>il</strong>lolee ascoltato musica tutto <strong>il</strong> giorno. Nel primo pomeriggioera venuta l’amica della signora, Luana, e l’aveva convinta afare due passi in giardino. Aveva detto che in serata sarebbepassato <strong>il</strong> marito, Flavio. Marcolino, buonissimo come sempre,niente capricci, aveva fatto merenda e disegnato tutto <strong>il</strong>pomeriggio. La cena era in forno. Pollo e patate. Le fragolein frigorifero. La biancheria pulita per domattina sul letto.Tutto al meglio, pensò Piero, massaggiandosi le nocchedolenti.«Se non ha bisogno di me, dottore, andrei» concluseEwusia.«Certo. Grazie. Vai pure, Ewusia.»«A domani, dottore.»Domani. Brutta parola. Ma senza Ewusia sarebbero statiperduti. Luana s’era messa in moto all’indomani stessodella scomparsa della Susy. Anzi, a pensarci adesso, Pieroaveva l’impressione che tutto avesse avuto un’accelerazionedopo la scomparsa della Susy. Forse, era stato l’eventoche aveva dato lo stacco di realtà. Ricordava la bruma dellamorte di Mirta. Il corpo di Mirta in obitorio. Funerali. Cimiteri.Quella donna, la fiamminga, con le sue pretese. Iragazzi devono essere sepolti insieme. L’ho promesso a tutti edue! È stato <strong>il</strong> loro ultimo desiderio. Non vorrà lasciare suafiglia sola, sottoterra. E poi l’altro choc, un pugno in pienafaccia. Il corpo di Mirta sottratto dalla tomba. Dov’è finitala mia bambina? Era morta. Volevo solo una tomba su cuiandare a sedermi, prima di tornare a casa. Dottor Fossati,stiamo facendo <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e, non sappiamo chi sia stato, nonera mai successa una cosa del genere qui da noi. Che se nefanno della mia bambina morta? Non è bastato quello chele hanno fatto da viva? Una nebbia, tutto in una nebbia. E14


di colpo, lo stacco. La Susy è scomparsa. Ma che c’entra lei?La Susy che scompare. E sconosciuti che buttano per aria lacasa. E morti d<strong>il</strong>aniati, disseminati come funghi nella nostradolce vallata. Dottor Fossati, sua figlia aveva mai fatto cennoa strane associazioni? O a sette religiose? Chi frequentavainsieme al fidanzato? Aveva l’impressione che ultimamentespendesse più soldi di quanti gliene dava lei? Ma che statedicendo, mia figlia è una bambina. Mirta è una bambina.Siete impazziti? Impazziti noi, dottor Fossati? Sa qual è lamedia annuale degli omicidi in Umbria? Quattro! E lo saquanti morti ci sono stati nel giro di tre settimane? Perchéoramai <strong>il</strong> meccanismo s’è messo in moto, come un tritacarneimpazzito. Mirta è morta e <strong>il</strong> suo corpo è scomparso.Susy è scomparsa. C’è un serial k<strong>il</strong>ler che divora la gente.Che mangia i vivi. E forse – oddio no, ti prego, no – forsepure i morti. Li tira fuori dalla tomba e li mangia. Mangiaquello che capita, dottor Fossati.«Papà, guarda <strong>il</strong> mio disegno» disse Marcolino, con la suapronuncia nuova di zecca, tirando <strong>il</strong> padre per la manica.Sì, Luana era stata efficientissima. Ewusia era arrivata nelgiro di quarantott’ore dalla scomparsa della Susy. Polacca,religiosissima, voglia di lavorare a m<strong>il</strong>le. Spalerebbe letamepur di guadagnare, aveva assicurato Luana. Verissimo. Ewusias’era caricata sulle spalle l’intera casa. Li aveva costretti amangiare tre volte al giorno. A cambiare biancheria quotidianamente.A camminare su pavimenti lucidati a specchio. Abarcollare di dolore e disperarsi a morte in un contesto decoroso.E senza lei e Luana, <strong>il</strong> trasloco sarebbe stato impossib<strong>il</strong>e.Avevano impiegato una settimana, lavorando come dueschiave. Un giorno, a trasloco quasi ultimato, aveva bussatoalla porta la biondina, l’amica di Mirta.Era stato lui ad aprirle, accogliendola nel salone a pianoterra, ingombro di valigie e scatoloni, in quella falsa aria divacanza che hanno tutti i traslochi. Perfino <strong>il</strong> loro. Veronicaera venuta per le foto.15


Un mazzetto di foto appena sv<strong>il</strong>uppate, l’ultimo rullinoche le ragazze avevano scattato a Perugia, prima di Natale.Piero si era trovato tra le mani una Mirta che non ricordavadi aver mai visto. Anzi, mai conosciuto. Una ragazzadallo sguardo duro e provocante che l’aveva messo a disagio.Mirta non era così. Era carina, sorridente, disarmata.E ingenua. Una bambina. Evidente che Veronica aveva falsatol’espressione. Una pessima fotografa, aveva stab<strong>il</strong>itoPiero, mentre la ringraziava comunque e le spiegava chestavano per cambiare casa. Andiamo a vivere a Foligno,per un po’.Veronica aveva assentito. Sembrava anche lei a disagio.S’era scusata per aver disturbato. Aveva chiesto se potevafare qualcosa. E mentre parlava continuava a lanciare occhiatecircolari in quella casa in disarmo, dove era entratam<strong>il</strong>le volte con Mirta per fare i compiti, ascoltare l’ultimoCD, bere un bicchiere di latte. O per le m<strong>il</strong>le altre cose chefanno insieme le ragazze quando sono cucite dal f<strong>il</strong>o strettodell’amicizia.Alla fine Piero le aveva regalato <strong>il</strong> gatto. Un’ispirazioneimprovvisa. Veronica lo aveva impietosito. Continuava achiedere se poteva essere d’aiuto, quando era evidente cheera lei ad averne bisogno. Le tremavano le mani. La voce. Letremava perfino lo sguardo mentre guardava le pareti spogliatedei quadri. Le sedie ingombre di scatoloni. Il divanosu cui si era stravaccata cento volte con Mirta a guardare latelevisione. Ophelia aveva miagolato e Piero aveva allungatoun braccio e l’aveva tirata su. Perché no, aveva pensato. Ilgatto avrebbe creato problemi nella nuova casa. Già adessoOphelia vagava come un’ubriaca tra le stanze stravolte daltrasloco, miagolando e pisciando dappertutto. Amalia s’eradimenticata di lei. La Susy non c’era più. E poi, Ophi erastata la gatta di Mirta.L’aveva mollata a Veronica, che se n’era riempita le bracciae si era congedata in due minuti, fuggendo via nell’even-16


tualità che <strong>il</strong> papà di Mirta cambiasse idea. O forse, non volevaessere vista mentre piangeva.«Che bel disegno» disse Piero. E Marcolino s’<strong>il</strong>luminò.Sullo sfondo di una serie di alberi, campeggiava un pupazzettodai grandi occhi gialli. Il disegno era molto elaborato.Ed era stato colorato con cura, senza gli spazi bianchi che ibambini tralasciano di riempire per distrazione, o improvvisaindifferenza. «Che cosa rappresenta?» aggiunse Piero,cercando di interessarsi al lavoro del piccolo. Bisognavachiamare <strong>il</strong> giardiniere, o si sarebbe fatto troppo tardi. Pescò<strong>il</strong> telefonino in tasca e lasciò scorrere la rubrica.«È <strong>il</strong> bosco» disse Marcolino puntando <strong>il</strong> dito sugli alberi.«Giusto. Un bosco perfetto» approvò Piero, schiacciando<strong>il</strong> tasto di chiamata. Cristo, che male la mano. E sefosse davvero rotta? «E <strong>il</strong> pupazzetto è un marzianino?»chiese.«No, è Mirta» disse Marcolino. «Non vedi che è lei?»«Sono Fossati» stava dicendo Piero nel cellulare. «Cercavosuo marito, signora. Sì, aspetto.» Piero scostò leggermente<strong>il</strong> cellulare e guardò Marcolino. «Mirta?» disse. «Questaè Mirta?»«Certo. Mirta nel bosco» rispose Marcolino.«Tesoro» cominciò Piero. «Sì, Angelo, sono Piero» risposenel cellulare. «Ho un problema in giardino. Il giardinodella nuova casa, sì.» Sempre queste precisazioni.«Mirta nel bosco che fa ciao» disse Marcolino.«Angelo, scusami un attimo» disse Piero nel cellulare.«Puoi aspettare un momento, Marcolino, che papà finisce diparlare? Certo che è Mirta che fa ciao, solo che lei non ha gliocchi gialli. Ce li ha blu.» Riaccostò <strong>il</strong> cellulare all’orecchio.«Angelo, scusa, ho qui <strong>il</strong> bambino che. Allora, ci sarebbe ungrosso lavoro da fare in giardino. Avremo bisogno di alcuniuomini e di un camion.»«No» disse Marcolino. «Prima, erano blu.»«Che stai dicendo?» gli disse Piero. «No, scusa Angelo,17


parlavo col bambino. Allora, si tratta di tagliare dei c<strong>il</strong>iegi.No, non una pianta. Un viale. Tutto un viale di c<strong>il</strong>iegi.»«Prima erano bu!» str<strong>il</strong>lò Marcolino.«Smett<strong>il</strong>a!» urlò Piero. «Smett<strong>il</strong>a subito, capito? ScusaAngelo, <strong>il</strong> bambino non sta bene, per quando rimaniamo?Si potrebbe domani? Pasqua. Che cosa, Pasqua? Domani èPasqua? Cosa. No, aspetta. Dopodomani. Ah no, giusto. Eallora <strong>il</strong> giorno dopo.»«Pima erano bu! Ma dopo no.»«D’accordo. Appena puoi. Grazie, Angelo. Sì, tanti, almenouna ventina. Toglimeli da davanti agli occhi.» Chiuse<strong>il</strong> cellulare e guardò <strong>il</strong> bambino.«Tu lo sapevi che domani è Pasqua?» gli chiese.«Cando ttava alla finesta.»«Sta’ zitto!» urlò, continuando a massaggiarsi automaticamentela mano. Pulsava forte. E formicolava anche, daqualche secondo. Magari, se l’era davvero rotta. Magari.Un’esplosione di bassi provenne dal pianterreno. Adessobasta, avrebbe disturbato l’intero quartiere. «Tua madreè pazza, domani è Pasqua e Mirta non ha gli occhi gialli!»urlò.«MA CANDO TTAVA ALLA FINESTA ERANO DIALLI» urlò Marcolino.18

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