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STAGE DI FISICA - 15-24 Aprile 2010TAVOLO 5 “LUCE COLORE ED ENERGIA”Andrea Audrito (1) , Giorgetta Comino (2) , Donatella Crosta (3) , Saverio La Neve (4) ,Michele Maoret (5) , Caterina Torazza (2)(1) AIF, Sezione di Settimo Torinese; (2) Liceo Scientifico Monti di Chieri(3) ITI Peano di Torino; (4) Liceo Scientifico Einstein di Torino;(5) Liceo Scientifico Faà di Bruno di Torino1. Luce, colore, energia: che cosa, perché e come2. Le onde• Onde in due dimensioni: Esperienze con un ondoscopio- Onde piane e onde circolari- La diffrazione da un ostacolo o da una fenditura- L’interferenza- Interferenza da più fenditure e da reticolo3. Luce e colore: le onde luminose• Diffrazione della luce da un ostacolo o da una fenditura• Diffrazione da un capello• Reticolo di diffrazione e laser• Separare e “misurare” i colori con il reticolo di diffrazione• Separare i colori con un prisma4. Luce ed energia: lo spettro luminoso• Lo spettro della luce emessa da una lampadina con filamento a incandescenza• La temperatura del filamento e la legge di Wien• Osservazione di spettri con uno spettrofotometroApprofondimenti• Caratteristiche dei fenomeni ondulatori- Il “principio di Huygens”- L’interferenza e il principio di sovrapposizione- La diffrazione della luce- La diffrazione da reticolo• Lo spettro luminoso: da Herschel a Wien e Planck• Lo spettro solare e la temperatura delle stelle1


2. Le onde“Accade sovente che l’onda si allontani dal suo punto di creazione, mentre l’acqua non si muove,come le onde create dal vento in un campo di grano, dove vediamo le onde correre attraverso ilcampo mentre il grano rimane al suo posto”Leonardo da VinciCome si rileva dalla frase di Leonardo, nella nostra vita ci sono onde di ogni tipo: onde nell’acqua,“onde “ nel campo di grano (facendo attenzione però che questo tipo di perturbazione non è ugualea quello delle onde nell’acqua: non nasce da una sorgente, la perturbazione cessa quando il ventocessa), onde sismiche che si propagano nella terra…..La maggior parte delle onde possono essere descritte studiando sia il comportamento delle singoleparticelle sia la loro propagazione nel mezzo; facendo un’analogia potremmo dire che vogliamostudiare sia la foresta sia gli alberi che la costituiscono.ONDE IN DUE DIMENSIONIEseguiamo ora alcune esperienze con la vasca ad onde con sistema stroboscopico, apparecchiaturaper lo studio dei fenomeni riguardanti la propagazione delle onde su una superficie d’acqua. Siamonel caso di propagazione delle onde in due dimensioni.StrumentazioneVasca ad onde con sistema stroboscopio (ondoscopio, vedi fig. 1 )Le onde vengono generate trasmettendo sulla superficie dell’acqua le variazioni di pressionedell’aria ottenute tramite le vibrazioni di una membrana eccitata da un’apposita unità dialimentazione: si ottengono onde trasversali sulla superficie dell’acqua. La frequenza delle onde dipressione è compresa tra 10 Hz e 80 Hz. Ampiezza e frequenza delle oscillazioni possono essereregolate a piacere.Per ottenere un’immagine stazionaria delle onde si utilizza una lampada stroboscopica sincronizzatacon la frequenza del generatore che eccita la membrana. La vasca viene collocata sotto un proiettorein modo da visualizzare le onde con un formato maggiore: in tal modo le creste delle onde sicomportano come lenti convergenti in grado di creare delle linee luminose che si possono osservaresullo schermo, mentre i ventri si comportano come lenti divergenti dando luogo alla formazione dilinee più scure. Dove non c’è oscillazione si ha una luminosità intermedia.Le pareti della vasca sono inclinate per eliminare l’interferenza con le onde riflesse. Per ridurre leriflessioni di disturbo viene aggiunta una goccia di sapone liquido all’acqua.Il livello dell’acqua nella vasca deve essere di circa 5 mm.fig. 13


Gli esperimentia. Onde piane e onde circolariPer studiare un’onda è utile osservare il moto delle sue creste, la distanza fra le quali ci dà lalunghezza d’onda. Nel caso di un’onda bidimensionale la cresta sarà una linea, tale linea costituisceil “fronte d’onda”.‣ Onde circolari e piane:- generare onde circolari e piane con una sorgente puntiforme e con una sorgente di formapiana,- osservare e definire il fronte d’onda e la direzione di propagazione (sempre perpendicolareal fronte d’onda),‣ Misure: misurare la lunghezza d’onda λ, il periodo T; calcolare la frequenza f e la velocità dipropagazione ( v=λ / T). Per la misura della lunghezza d’onda λ bisogna tener conto delfattore d’amplificazione β=1.65 (dato dal costruttore) fra l’onda sull’acqua e l’immaginedell’onda sullo schermo. Si contano n lunghezze d’onda sullo schermo (nλ’) ricavando quindila lunghezza d’onda reale dividendo per il fattore di ingrandimento (λ = λ’ / β).b. DiffrazioneLa diffrazione è il fenomeno per cui un’onda riesce ad aggirareun ostacolo.‣ Propagazione delle onde piane dietro un ostacoloGenerare un fronte d’onda piano che va a urtare unostacolo:- osservare l’immagine dell’onda che si ottiene dietrol’ostacolo;fig. 2- variare le dimensione dell’ostacolo e la lunghezza d’ondae prendere nota di cosa succede.‣ Propagazione delle onde dietro una fendituraGenerare un fronte d’onda piano che si propaga verso una fenditura la cui larghezza “d” puòessere variata con continuità:- osservare l’immagine dell’onda che si ottiene dietro la fenditura nei diversi casi;- prendere nota e proporre un’interpretazione.λθfig. 3 fig. 4 fig. 5Conclusioni:- dato che il fronte è piano, ci attenderemmo che dietro l’ostacolo/fenditura ci fosse una zona“d’ombra” netta, si osserva invece la presenza di onde anche nelle zone d’ombra: il fronted’onda piano, passando attraverso la fenditura, si incurva ai bordi;- si ha perciò un cambiamento della direzione di propagazione con un effetto tanto più evidentequanto più sono piccole le dimensioni della fenditura;- per una fenditura, come quella di figura 5, che ha una larghezza dell’ordine della lunghezzad’onda λ, si vede chiaramente che l’onda si propaga in direzioni che formano un angolo θdiverso da zero con la direzione in avanti fino ad avere un “minimo” di diffrazione a unangolo tale che senθ ≈ λ/d (come viene derivato per la luce nell’approfondimento 3).4


Si può quindi concludere che il fenomeno della diffrazione diventa cospicuo quando le dimensionidella fenditura sono confrontabili con quelle della lunghezza d’onda. La figura di diffrazione puòessere spiegata con il principio di Huygens, illustrato negli approfondimenti.c. InterferenzaL’interferenza è il fenomeno per il quale due o più onde che si vengono a trovare nella stessaregione di spazio si sommano secondo il principio di sovrapposizione: in ogni punto ed in ogniistante gli spostamenti delle onde che si incontrano si sommano “algebricamente” formandoun’onda risultante (vedasi la scheda relativa negli approfondimenti).Per studiare il fenomeno con l’ondoscopio (fig. 6) siutilizzano due sorgenti puntiformi, S’ e S”, fra di lorocoerenti (stesso periodo e differenza di fase costante neltempo). che generano due treni d’onde circolari;propagandosi, le due onde si sovrappongono dando originea una configurazione simile a quella della fig. 7.Osservando l’immagine con angolazione quasi parallela alfig. 6piano dello schermo si possono vedere delle strisce intensechiare o scure dove le onde si rinforzano (linee antinodali)ed altre grigie dove le onde si annullano (linee nodali).Nelle linee antinodali le due perturbazioni si rinforzano(interferenza costruttiva) perché in ogni loro puntoarrivano assieme due creste, poi due ventri, poi ancoraS’ S”due creste e così via; nelle strisce nodali le dueperturbazioni si annullano (interferenza distruttiva ) e inparticolare vi arrivano assieme una cresta e un ventre. Perosservarle bene basta far muovere l’immagine.Dall’immagine sullo schermo dell’ondoscopio si puòPricavare la condizione affinché in un punto P ci siainterferenza costruttiva o distruttiva:- si considerino le distanze di P dalle due sorgenti (PS’ ePS”) e si calcolino le differenze dei cammini (PS’-PS”);- se l’interferenza è costruttiva, si osserva che taledifferenza è sempre pari a un multiplo intero dellalunghezza d’onda misurata, PS’ - PS” = n λ;- è pari invece a un multiplo dispari di mezze lunghezzad’onda se l’interferenza è distruttiva, PS’ - PS” = (n +1/2 ) λ.fig. 7d. Interferenza da più fenditurePer studiare questo fenomeno si immerga nella vascal’eccitatore di onde piane le quali vanno ad urtarel’ostacolo con 4 fenditure: la figura che si osserva al di làfig. 8delle fenditure è simile a quelle ottenute nell’esperimentoprecedente.Regolare la frequenza (circa 25 Hz) e ampiezza in modo da ottenere un’immagine chiara dei frontid’onda; utilizzare un foglio di carta trasparente per riportare la posizione delle fenditure, deimassimi e la distanza dei massimi dalla fenditura.5


3. Luce e colore: le onde luminoseEseguiamo ora alcune esperienze per convincerci che la luce presenta comportamenti ondulatori deltutto simili a quelli delle onde meccaniche studiate sopra.LA DIFFRAZIONE DELLA LUCECome visto per le onde meccaniche, la diffrazione è una caratteristica generale dei fenomeniondulatori che si manifesta ogni volta che una porzione di un fronte d’onda, sia esso di suono, dionde di materia o di luce, investe un ostacolo, sia opaco che trasparente: il fenomeno diventacospicuo e dà effetti osservabili se le dimensioni dell’ostacolo sono confrontabili con la lunghezzad’onda. Per la luce gli effetti diffrattivi si manifestano, ad esempio, quando un fascio luminosoillumina il bordo di un ostacolo, attraversa un foro oppure una o più fenditure praticate su unoschermo, illumina un piccolo oggetto come un capello….: l’immagine luminosa generatadall’ostacolo (oppure l’ombra se si tratta di un oggetto opaco) non è più quella “geometrica”, che cisi aspetta se il fascio si propagasse rettilineamente, ma è una figura caratteristica la cui larghezzaangolare θ è descritta nell’approfondimento.Gli esperimenti:1° DIFFRAZIOE DA UN CAPELLOUn capello costituisce un ostacolo sul cammino della luce, quindi, attorno al capello, la luce subisceil fenomeno della diffrazione (vedi lettura allegata su come proprio un esperimento di questo tipo èstato determinante per avallare il modello ondulatorio della luce)- Utilizzare l’apparecchiatura per la visualizzazione della figura di diffrazione da un capelloed esaminare le figure di interferenza sullo schermo.- Discutere quanto si è osservato e confrontare con l’esperimento precedente con le ondenella vaschetta.- Ricordando la relazione derivata negli approfondimenti, fra la larghezza del cono didiffrazione e la larghezza della fenditura,a senθ = λdove λ è la lunghezza d’onda, a rappresenta il diametro del capello e θ l’angolo a cui siosserva il minimo di intensità luminosa, utilizzarla per determinare il diametro di uncapello: il diametro dipende dal colore del capello stesso? Attenzione a chi si tinge…2° RETICOLO DI DIFFRAZIONE E LASERUn “reticolo di diffrazione” è una lastrina di vetro o di altro materiale trasparente sulla cuisuperficie sono state incise delle fenditure a una distanza regolare d molto piccola, confrontabilecon la lunghezza d’onda λ della luce che si vuole studiare.Come spiegato nell’approfondimento, se si fa incidere un fascio di luce monocromatica,caratterizzata quindi da una lunghezza d’onda in una banda molto stretta, dal reticolo escono, oltreal fascio trasmesso, come avviene per qualunque lastrina a facce piane, anche più fasci diffratti adangoli θ legati alla lunghezza d’onda dalla relazione di Bragg:sin θ = n λ / ddove n è un numero intero. Per n=1 si ha il “primo ordine diffrattivo”, che è normalmente quelloche si studia, essendo il più intenso.6


fascio incidentedfascio diffrattoθθθθfascio trasmesso in avantiMateriale- lampada per proiezioni- fenditura- lente convergente di distanza focale 15 cm- reticolo da 600 linee al mm- schermo3° SEPARARE E “MISURARE” I COLORI CON IL RETICOLO DI DIFFRAZIONEESe il fascio non è monocromatico, come avviene nella luce bianca emessa da una lampada aincandescenza, i vari colori si separano perché vengono diffratti ad angoli diversi, crescenti con ilvalore della lunghezza d’onda: il rosso è quindi più deviato del blu.rossoblublurossoprimo ordinediffrattivoprimo ordinediffrattivoθθreticolofendituralentelampada7


MisureNell’apparato mostrato nella figura la fenditura e la lente convergente sono necessarie per collimareil fascio e definire con precisione la direzione del fascio che incide sul reticolo; si formano duefigure di diffrazione, una a destra e l’altra a sinistra della direzione del fascio incidente.Misurare l’angolo θ a cui si forma un determinato colore, e calcolare la lunghezza d’ondacorrispondente attraverso la relazione λ = d sin θ.Eseguire la misura per almeno quattro colori ben identificabili dello spettro, in particolare per blu,verde, giallo e rosso, cercando di identificare il centro della banda corrispondente.Riportare in una tabella i valori della lunghezza d’onda ottenuti accanto al “colore” relativo.La luce visibile ha lunghezze d’onda che vanno da circa 380 nm (1 nm=10 -9 m) per il violetto a circa780 nm per il rosso scuro; il verde che sfuma verso il giallo (è il colore al quale si ha il massimodell’intensità della radiazione solare) ha lunghezza d’onda di circa 550 nm:violetto blu verde giallo arancio rosso↓ ↓ ↓λ (nm) → 380 550 7804° SEPARARE I “COLORI” CON IL PRISMAcangolo di deviazioneyinfrarossodirezione delraggio incidenteprismarossoIl prisma, messo sul cammino di un raggio, lo fa deviare dallaviolettodirezione iniziale a causa dell’interazione fra il raggio e il materialetrasparente di cui è formato il prisma. L’angolo di deviazioneultraviolettodipende dalla direzione del raggio incidente e da un numerocaratteristico del materiale detto indice di rifrazione n.A sua volta n dipende dal “colore”, cioè dalla lunghezza d’onda, con variazioni chesono piccolissime: ad esempio fra il verde-giallo (λ≈500 nm) e il rosso scuro(λ≈700 nm), n diminuisce di circa lo 0,3%.Poiché l’angolo di deviazione cresce al crescere di n, il violetto è più deviato del blu, e questo èdeviato più del verde, ecc., per cui i diversi colori si separano: l’ordine di separazione è quindiopposto rispetto a quello del reticolo.Esistono dei “colori” che non sono visibili per il nostro occhio, ma che sono rivelabili da strumentiopportuni, come vedremo più avanti, e che il prisma è in grado di separare: l’infrarosso, che è menodeviato della radiazione visibile e quindi si estende al di sotto del rosso (di qui il suo nome “infrarosso”)e l’ultravioletto, che è più deviato della radiazione visibile e quindi si estende al di là delvioletto (di qui il suo nome “ultra-violetto”).8


Il vantaggio del prisma, rispetto al reticolo, è che l’intensità del fascio disperso è molto maggiore,dato che l’intero fascio viene deviato e si separa nella deviazione, mentre nel caso del reticolo solouna piccola parte dell’intensità luminosa viene deviata nelle figure di diffrazione, mentre la parteprincipale prosegue nella direzione incidente.Il grosso svantaggio è che la dispersione da prisma non fornisce una misura diretta della lunghezzad’onda, ma occorre risalire a λ attraverso la dipendenza da λ dell’indice di rifrazione n del tipo divetro di cui è fatto il prisma, che non sempre è nota, per cui l’associazione fra angolo di deviazionee colore viene fatta qualitativamente.Materiale- lampada per proiezioni- prisma su piattaforma girevole- lente convergente di distanza focale 7,5 cm- reticolo da 600 linee al mm- schermo con righelloMisureIl righello predisposto sullo schermo, che parte dal viola e va verso il rosso (asse y) serve pervalutare la separazione e aiutare l’identificazione del colore, ma non è legata in modo semplice allalunghezza d’onda, come si può vedere direttamente dallo spettro (ad esempio la separazione sulloschermo fra il verde-giallo e il rosso è molto minore della separazione fra il verde-giallo e ilvioletto, anche se le differenze fra lunghezze d’onda sono circa 200 nm per entrambi i casi).Misurare la posizione y sul righello corrispondente a un certo colore e associare qualitativamente ycon la lunghezza d’onda, indicando in particolare la posizione di colori ben identificati, comel’inizio del colore verde e rosso e dell’inizio dell’infrarosso.Riportare in una tabella il valore della posizione y, il colore percepito in corrispondenza e lalunghezza d’onda ottenuta per quel colore dalle misure con il reticolo di diffrazione oppureinterpolata dai valori misurati per i colori vicini9


4. Luce ed energia: lo spettro luminosoLO SPETTRO DELLA LUCE EMESSA DA UNA LAMPADINAMateriale a disposizione:2 alimentatori4 tester1 lampada (tensione massima 13V)Cavi elettrici1 prisma1 schermo graduato con fotodiodo (*)Che cosa fare• Con il prisma disposto davanti alla lampadina nella stessa posizione dell’esperimentoprecedente, osservare lo spettro e formulare delle congetture sull’intensità dei vari colori.• Organizzare un esperimento che consenta di verificare la validità delle proprie congetturefacendo scorrere il fotodiodo lungo la scala graduata. Il gruppo di lavoro si organizzi,discuta le modalità di esecuzione dell’esperimento valutando accuratamente le possibilicause di errore e dividendosi i compiti.• Misurare anche il “fondo”, cioè il segnale dovuto alla radiazione presente nella stanza chearriva sullo schermo in assenza della radiazione della lampada dispersa dal prisma (lo siottiene mascherando la faccia del prisma da cui escono i raggi dispersi); è importanteconoscere il “fondo”, perché, quando si accende la lampada, questa energia va a sommarsi aquella della radiazione che giunge dalla lampada alterando la misura, dato che le dueradiazioni non hanno la stessa distribuzione in funzione della posizione sullo schermo;• Registrare il valore dell’intensità relativa della radiazione luminosa (monocromatica) infunzione della sua posizione “y” sulla scala graduata, e alla lunghezza d’onda in base allacorrispondenza tra posizione sullo schermo e lunghezza d’onda fatta in precedenza, ancheaiutandosi con la tabella seguente;violetto blu verde giallo arancio rosso infrarosso↓ ↓ ↓380 550 780 → λ (nm)• Riportare i dati su un grafico; discutere i risultati ottenuti confrontandoli con le propriecongetture e commentandoli con l’insegnante(*) Il fotodiodo è un dispositivo che, colpito da una radiazione elettromagnetica, restituisce unadifferenza di potenziale proporzionale alla radiazione incidente. Poiché la differenza di potenziale èmolto piccola, il fotodiodo è accoppiato a un amplificatore che ne amplifica linearmente il segnaleche viene letto mediante un multimetro. Il fotodiodo è montato su di uno schermo graduato sulquale può scorrere mediante la rotazione di una manovella..10


TEMPERATURA DEL FILAMENTO DELLA LAMPADINA E LEGGE DI WIENPartendo dallo spettro ottenuto nell’esperimento precedente e utilizzando la correlazione qualitativafra colore, posizione “y” sullo schermo e lunghezza d’onda, aiutandosi con lo schema che segue,individuare la lunghezza d’onda λ max a cui si verifica il massimo dell’intensità della radiazionevioletto blu verde giallo arancio rosso infrarosso↓ ↓ ↓380 550 780 → λ (nm)Calcolare il valore approssimato della temperatura del filamento della lampadina secondo la leggedi Wien (vedi gli “approfondimenti”).λ T = maxA (A ≈ 0,003 m⋅K)OSSERVAZIONI CON LO SPETTROFOTOMETROLo spettrofotometro è uno strumento che viene usato per numerosissime applicazioni industriali,commerciali o di ricerca fondamentale, come, ad esempio, la misura degli spettri delle stelle o lacomposizione in colore di una vernice o l’assorbimento dei diversi colori da parte di un vetrocolorato, cioè in tutte quelle misure in cui è necessario conoscere l’intensità della radiazione infunzione della lunghezza d’onda.Lo spettrofotometro che abbiamo a disposizione è un “AvaSpec-2048 Fiber Optic Spectrometer”.Consiste in una sonda che raccoglie la luce proveniente dalla sorgente, la focalizza e la convoglia inuna fibra ottica che la trasporta fino a una “scatola” sigillata in cui lo spettro viene esaminato.cavo contenentela fibra otticaaperturadi ingressosondaingressofibra otticaNella “scatola” il fascio viene prima disperso con un reticolo di diffrazione, simile a quello che èstato usato per misurare la lunghezza d’onda; i diversi “colori” che escono ai diversi angoli vanno acolpire una “fotocamera a CCD” con 2048 “pixels”. Ogni pixel funziona come il fotodiodo usatonell’esperimento precedente, cioè produce un segnale in tensione elettrica che è circa proporzionaleall’intensità della luce incidente.Poiché ogni pixel è posizionato per raccogliere una ben determinata lunghezza d’onda, si può cosìottenere, in principio, l’intensità luminosa in corrispondenza di 2048 valori di lunghezza d’onda (inrealtà i valori utili che si ottengono sono circa 1300).11


I valori delle lunghezze d’onda e delle relative intensità luminose sono poi immagazzinati in unamemoria interna che è leggibile da un personal computer collegabile attraverso una “porta USB”. Idati possono anche essere copiati su un foglio EXCEL per ulteriori analisi.calibrazione con dati lampada a 220 VRispetto al semplice fotodiodo utilizzato nell’esperimento2precedente, il rivelatore ha lo svantaggio di non avere una1,8risposta uniforme in funzione della lunghezza d’onda: è quindi1,6necessario correggere i dati con una “curva di calibrazione” per1,41,2avere la risposta corretta.1La curva di calibrazione, determinata con una lampada a0,8incandescenza, è riportata in figura. La costante di calibrazione0,6è stata posta arbitrariamente uguale a 1 a 700 nm. Come si0,40,2vede, la CCD ha un’efficienza di rivelazione maggiore di uno0fra 450 nm e 700 nm, mentre è meno efficiente alle lunghezze300 400 500 600 700 800 900 1000 1100lunghezza d'onda (nm)d’onda inferiori (blu e violetto) e superiori (infrarosso).MaterialiSpettrofotometro: sonda, cavo con fibra ottica, “scatola” di analisi dello spettroPersonal computer e cavo con connettore USB per collegamento allo spettrofotometroReticolo di diffrazione e prisma per disperdere lo spettroLED di diverso colore, lampada a incandescenza, luce solareChe cosa fareCon lo spettrofotometro collegato al PC, puntare la sonda a diverse sorgenti; osservare einterpretare lo spettro. Osservazioni suggerite:- spettro di un LED: osservare la lunghezza d’onda a cui si verifica il picco e la sua larghezza;- spettro della lampada a incandescenza disperso con il reticolo di diffrazione: posizionare la sondain corrispondenza di diversi colori e verificare la corrispondenza fra il valore della lunghezzad’onda registrato dalla sonda e quello calcolato in base alle misure dirette e alla legge del reticolo;- spettro della lampada a incandescenza senza dispersione: confrontare lo spettro ottenuto con lospettrofotometro con quello misurato nell’esperimento precedente;- spettro della luce solare possibilmente in diverse ore della giornata e/o diverse condizioni dicopertura del cielo, per stimare la temperatura della superficie del Sole e valutare l’effettodell’assorbimento nell’aria (vedi scheda di approfondimento sullo spettro solare).costante di calibrazione12


Caratteristiche dei fenomeni ondulatori1. Il principio di HuygensSecondo Huygens, tutti i punti che stanno su un fronte d’ondafungono da sorgenti puntiformi di un’onda circolare, avente lastessa lunghezza d’onda dell’onda incidente, che si propaga intutto lo spazio; il fronte d’onda agli istanti successivi è datodall’inviluppo delle onde.Esaminiamo ad esempio l’immagine della figura a fiancoottenuta con l’ondoscopio inviando un’onda piana contro unafenditura: lontano dai bordi, si ricostruisce il fronte d’onda pianoche c’era prima dell’ostacolo, vicino ai bordi, l’onda è invecemolto deformata e la propagazione è piuttosto simile a quella diun’onda circolare. Nella figura abbiamo preso, per semplicità,solo 4 punti sul fronte d’onda che, a un certo istante, hal’ampiezza massima in corrispondenza dell’attraversamentodella fenditura (pallini blu della figura in alto; per unasimulazione più realistica avremmo dovuto prenderne molti dipiù). Secondo Huygens ognuno di essi diventa sorgente diun’onda circolare: nella seconda figura partendo dall’alto sonomostrate le 4 onde dopo un periodo e si vede chiaramente che illoro “inviluppo” è nuovamente un’onda piana nella partecentrale in avanti, dove tutte le onde arrivano con l’ampiezzamassima allo stesso istante; vicino ai bordi, invece, inquell’istante i massimi stanno su un fronte d’onda circolare, acui contribuiscono solo i punti molto vicini ai bordi. La stessacosa avviene dopo due periodi (terza figura dall’alto) e dopo treperiodi (figura in basso): in avanti, l’inviluppo su un fronted’onda piano si verifica solo nella zona centrale, mentre ai bordisi propagano onde circolari.2. Interferenza e principio di sovrapposizioneL’interferenza è un fenomeno tipicamente ondulatorio, adeguatamente conosciuto nel 1600-‘700per quanto riguarda le onde meccaniche (sonore in particolare).Consideriamo due sorgenti S 1 ed S 2 di onde sferiche sinusoidali, che imprimono al mezzo unaperturbazione periodica di periodo T 1 e T 2 rispettivamente: diremo che S 1 e S 2 sono coerenti seT 1 =T 2 e la differenza di fase è costante nel tempo. Il caso più semplice di sorgenti coerenti èrappresentato da due sorgenti che oscillano in fase.φ = differenza di fase; è un angolo proporzionale alla frazione di periodo che intercorre tral’emissione dell’impulso da parte di S 1 e l’emissione dell’analogo impulso da parte di S 2 (sorgentiin fase => φ = 0; sorgenti in opposizione di fase => φ=π)Caso delle sorgenti in fasePS 2 S 113


In un dato istante si sovrappongono in un certo punto P i due impulsi provenienti da S 1 ed S 2 :l’impulso risultante è la somma “algebrica” delle due oscillazioni.S 1 S 2PEsistono diverse possibilità, le estreme sono:• interferenza costruttiva (2 creste si incontrano); gli impulsi arrivano con lo stessosegno per cui si ha un massimo dell’oscillazione.PS2− PS1= nλ• interferenza distruttiva; gli impulsi hanno segno opposto:PS2− PS1= (2n+ 1) λ / 2Se S 1 e S 2 sono coerenti ma non in fase, il fenomeno si presenta lo stesso, ma la posizione deimassimi e dei minimi sarà spostata (ad es. se sono in opposizione di fase, massimi e minimi sarannoscambiati).Se S 1 e S 2 non sono coerenti il fenomeno si verifica ma la posizione dei massimi e dei minimicambia nel tempo e sarà difficile da osservare.Conclusioni: Il fenomeno dell’interferenza si verifica se le sorgenti che emettono il segnale sonocoerenti (le sorgenti luminose naturali non sono mai coerenti). In un punto P si verifica l’interferenza costruttiva se la differenza di cammino ottico è unmultiplo intero della lunghezza d’onda, si verifica interferenza distruttiva se la differenzadi cammino è un multiplo dispari di mezza lunghezza d’onda.3. La diffrazione della luceCome visto per le onde meccaniche, la diffrazione è una caratteristica generale dei fenomeniondulatori che si manifesta ogni volta che una porzione di un fronte d’onda, sia esso di suono, dionde di materia o di luce, investe un ostacolo, sia opaco che trasparente (ad esempio si manifestaquando un fascio luminoso illumina il bordo di un ostacolo, attraversa un foro, una oppure piùfenditure praticate su uno schermo, illumina un piccolo oggetto come un capello…). Il fronted’onda viene alterato (in fase o in ampiezza) e la propagazione non è più rettilinea. Al di làdell’ostacolo i fronti d’onda interferiscono; si produce una distribuzione non uniforme di intensità(diffrazione).Non c’è nessuna distinzione fisica fra diffrazione e interferenza: l’interferenza è la sovrapposizionedi poche onde, la diffrazione è la sovrapposizione di molte onde.Si può pensare la fenditura come formata da un grande numero di punti ciascuno sorgente di ondesecondarie (principio di Huygens). Dividiamo la fenditura in due e consideriamo tutte le coppie dipunti che distano fra di loro mezza fenditura a/2, come nella figura. Per ogni coppia di ondesecondarie provenienti da punti della fenditura separati da una stessa distanza, pari ad a/2, siverificano le condizioni che esamineremo:14


• se la differenza di cammino è pari mezza lunghezza d’onda o a suoi multipli dispari le ondeinterferiscono distruttivamente: (a/2) senθ = (2m+1) (λ/2), con m intero, da cui: asenθ = (2m+1) λ con m intero;• si può ripetere il ragionamento dividendo ancora in due ogni mezza fenditura e quindi concoppie di punti distanti a/4 e si ottiene interferenza distruttiva se (a/4) senθ = (2m+1)(λ/2)con m intero; da cui, moltiplicando per 4: a senθ =2(2 m +1)λ con m intero;• dunque la condizione di interferenza distruttiva (minimi di intensità) èa senθ = m λcon m intero• in corrispondenza all’asse della fenditura le onde emesse dalle sorgenti secondarie dellafenditura per il principio di Huygens arrivano con lo stesso cammino a due a due e quindi infase e si ha interferenza costruttiva e quindi un massimo centrale;• esistono poi massimi secondari ad altre angolazioni, fra i minimi precedentemente calcolati,ed hanno un’ampiezza rapidamente decrescente (il calcolo relativo alla loro posizione risultapesante e lo omettiamo, ma possiamo osservarli sperimentalmente).Il risultato teorico è riportato nel seguente grafico dell’intensità in funzione della posizione (inascissa è riportato a sinθ / λ):15


4. La diffrazione da un reticoloPer spiegare la figura di diffrazione da parte di un“reticolo” formato da n fenditure poste a distanza d unadall’altra utilizzeremo un modello ondulatorio basato sulprincipio di Huygens. Come sopra ricordato, secondoS 2Huygens, se su una fenditura si fa incidere un’onda piana,S 1il reticolo si comporta come un insieme di sorgentiSpuntiformi coerenti, una per ogni fenditura. Esaminiamo,ad esempio, il caso di un’onda che incide in direzioneTperpendicolare a un reticolo che ha un “passo” d (figura a1 T 2Tfianco). I massimi delle onde che escono da tre fenditurevicine, come S T e U della figura, dopo 1 periodo sarannogiunti in S 1 , T 1 , U 1 , dopo 2 periodi in S 2 , T 2 , U 2 , e così via.UMuovendoci quindi nella direzione in avanti, i massimi sid U ripresenteranno sempre, dopo un periodo, alla stessaU 2distanza dal piano delle fenditure e quindi l’onda sipropagherà in avanti nella stessa direzione del fascioincidente.Tuttavia c’è un’altra direzione θ lungo la quale le onde che escono dalle diverse fenditure nonpercorrono la stessa distanza, però le distanze percorse differiscono di un numero intero dilunghezze d’onda, come si vede dalle figure seguenti.θSS 1S 2θTT 1UT 2dU 1U 2Ad esempio, quando il massimo dell’onda che esce dalla fenditura S giunge in S 1 ha già percorsouna lunghezza d’onda, mentre quello della fenditura T è appena arrivato e alla fenditura U deveancora arrivare. Così pure quando il massimo dell’onda che esce dalla fenditura S giunge in S 2 hagià percorso 2 lunghezze d’onda, quello che esce dalla fenditura T è giunto in T 1 e ha già percorso 1lunghezza d’onda mentre quello della fenditura U è appena arrivato.L’angolo θ a cui ciò succede è tale ched sen θ = λ16


Potete vederlo, ad esempio, esaminando il triangolo rettangolo TUT 1 , dove l’ipotenusa TU è ilpasso d del reticolo e l’angolo al vertice U è appunto θ . In corrispondenza di questa direzione tuttele fenditure interferiscono costruttivamente e si ha perciò un massimo di intensità. Se invece laprima fenditura non interferisce costruttivamente con la seconda, poiché le fenditure sono moltonumerose, esisterà certamente una fenditura che interferisce distruttivamente con la prima. Sia ades. la 50° fenditura. Allora la 2° fenditura interferirà distruttivamente con la 51° e così via.Particolarità del reticolo, infatti, è che, discostandosi anche di poco dai valori di θ sopra menzionati,a causa dell’elevato numero di fenditure, si avrà subito interferenza distruttiva (buio).Se, ad esempio, la differenza di cammino ottico tra due fenditure contigue è dsinθ= (k+0,005)λ c'è una fenditura che interferisce distruttivamente con la prima. Volendocalcolarla, la differenza di cammino ottico tra la prima e l’ennesima fenditura sarà n d sinθ =(nk+0,005n) λ. Per n=100 si avrà n d sinθ = (nk+0,5n) λ =(2nk+1)λ/2. Quindi la prima fenditurainterferirà distruttivamente con la 100°, la 2° con la 101° e così via, originando una frangia scura.Se la luce incidente è monocromatica, raccogliendo su uno schermo la luce uscente dal reticolo siotterranno frange chiare e scure, in corrispondenza ai vari valori di θ. Misurando θ è possibilerisalire al valore della lunghezza d’onda.Inviando luce non monocromatica, invece, essa viene scomposta nella sue componentimonocromatiche, in quanto il valore di θ corrispondente alle frange chiare è una funzione dellalunghezza d'onda.Lo spettro luminoso: da Herschel a Wien e PlanckChe la radiazione luminosa trasporti energia è esperienza quotidiana: basta mettersi al sole anche inuna giornata invernale per sentire il tepore associato alla radiazione solare. Che però l’energiaportata dalla radiazione sia diversa alle diverse lunghezze d’onda fu una grossa scoperta, opera diun celebre astronomo, Herschel, che all’inizio dell’Ottocento indagava sullo spettro solare.Herschel cercava dicontrollare, usandotermometri con il bulboannerito, se i diversi colori“scaldassero” tutti nellostesso modo e si accorse,ponendo un prisma sulcammino di un pennello diraggi solari per farlideviare, che giunge dellaradiazione che portaenergia anche al di là delrosso, scoprendo cosìl’infra-rosso.raggildirezione delraggio incidenteprismaangolo di deviazioneI raggi infrarossi sono anzi “più caldi” degli altri, cioè fanno salire più rapidamente la temperaturadel termometro, perché vengono assorbiti con maggiore efficienza dalla materia solida o liquida.Durante tutta la prima metà dell’Ottocento gli “spettroscopisti” lavorarono a classificare ericonoscere tutti gli “spettri” di colore emessi e assorbiti dalle diverse sostanze, chiarendo così ilruolo che hanno i diversi modi di interazione fra la radiazione e la materia nel determinare il coloredella luce. Le leggi principali sono:- un corpo può emettere radiazione (diventare cioè una sorgente di radiazione) trasformando inenergia radiante altre forme di energia (ad es. in una lampadina accesa si trasforma energiaelettrica in energia radiante, attraverso diverse trasformazioni intermedie), oppure può assorbirein tutto o in parte la radiazione; se l’assorbimento è parziale, la radiazione non assorbita puòinfrarossorossovioletto17


essere trasmessa (corpi trasparenti) oppure diffusa, eventualmente in modo speculare (riflessionespeculare);- l’intensità della radiazione emessa o assorbita o diffusa alle diverse lunghezze d’onda (cioè aidiversi colori) dipende principalmente dalla temperatura: aumentando la temperatura aumental’emissione alle piccole lunghezze d’onda (lo spettro si sposta verso il violetto);- per una buona emissione nel visibile occorrono temperature di migliaia di gradi (la temperaturadella superficie del Sole è stimata essere intorno a 6500 K); a temperature inferiori, l’emissionenel visibile non è apprezzabile, mentre rimane importante quella nell’IR;- a parità di temperatura, l’intensità della radiazione emessa, assorbita o diffusa alle diverselunghezze d’onda (cioè ai diversi colori) dipende dal corpo: ad esempio un oggetto “rosso”diffonde prevalentemente le lunghezze d’onda del rosso e assorbe gli altri colori, un oggetto“bianco” diffonde in modo circa uguale tutti i colori, un oggetto “nero” li assorbe tutti;- si ha uno “spettro di corpo nero” quando la radiazione non esce dal corpo, ma rimane al suointerno, come appunto avviene in un oggetto nero ideale; un corpo nero si ottiene idealmente conuna “scatola chiusa”, mantenuta a una certa temperatura, all’interno della quale la radiazioneviene emessa e assorbita dalle pareti in condizioni di equilibrio;- è possibile calcolare teoricamente lo spettro di copro nero partendo da principi primi statistici,cioè dall’ipotesi che la radiazione scambi casualmente energia con la materia con cui è in contatomantenendo un “equilibrio termico”. La prima formula per la distribuzione dell’intensità dellaradiazione in funzione della lunghezza d’onda fu derivata da Wien alla fine dell’Ottocento econdusse alla legge nota come “legge di Wien”, che lega la temperatura assoluta T allalunghezza d’onda λ max alla quale si verifica il massimo dell’intensità luminosa:λ T = maxAdove la costante A vale circa 0,003 m⋅K. Pur non essendo rigorosamente corretta, la legge diWien rendeva conto delle osservazioni sperimentali che indicano un legame fra la temperaturadella sorgente e l’energia dell’onda elettromagnetica alle diverse lunghezze d’onda, a differenzadi quanto valeva nella legge derivata precedentemente sulla base delle sole equazioni diMaxwell, in cui l’energia portata da un’onda elettromagnetica non dipendeva direttamente dallatemperatura della sorgente;- la formula teorica corretta fu derivata daPlanck nel 1901, postulando l’esistenza diuna nuova costante naturale, il quanto diazione h, e proprio da questa formula iniziòla lunga storia della meccanica quantistica.Alcuni esempi di spettri per diversetemperature sono mostrati nella figura: sivede chiaramente che, in accordo con lalegge di Wien, la lunghezza d’onda a cui siverifica il massimo si sposta verso valori piùbassi al crescere della temperatura. Lo spettroa 6000 K è abbastanza simile allo spettrodella luce solare, il che indica che latemperatura alla superficie del Sole è circa6000 K.00 400 800 1200 1600 2000 2400 2800 3200 3600 4000lunghezza d'onda (nm)Come Wien e la maggioranza dei suoi contemporanei, Planck riteneva che il processo di emissionedella radiazione avvenisse ad opera di elettroni presenti all’interno del corpo che oscillavano conun’elevata frequenza. Egli si rese conto che, per spiegare i risultati sperimentali occorrevaformulare alcune ipotesi che stabilivano un legame tra l’energia emessa da un singolo oscillatore ela frequenza f della radiazione, e precisamente che:intensità (unità arbitrarie)25020015010050UV visibileinfrarosso6000 K 3000 K1000 K18


• l’energia E della radiazione emessa da un singolo oscillatore è multiplo intero di unaenergia fondamentale E 0 (E=nE 0 );• l’energia E 0 è proporzionale alla frequenza E 0 =hf• dove h=6,626⋅10 -34 JsQueste tre ipotesi bastano per spiegare qualitativamente il significato della legge di Wien e il valoredella costante A. Infatti si sa, dalla teoria cinetica dei gas, che la tipica energia di un “oscillatore”che si trova in un corpo alla temperatura assoluta T è dell’ordine di k B T, dove k B è la costante diBoltzmann, pari a circa 10 -23 J/K: nell’emissione della radiazione, anche l’energia E 0 del “quanto diradiazione”, dovrà essere dello stesso ordine di grandezza, quindi hf = hc/λ (c è la velocità dellaluce, pari a 3⋅10 8 m/s). Eguagliando le due energie si trova appunto che Tλ ≈hc/ k B , cioè è unacostante il cui ordine di grandezza è quello della costante A della legge di Wien.L’intuizione di Planck fu poi approfondita nei lavori di Einstein sull’effetto fotoelettrico (1905) checontribuirono ad assegnare alla radiazione luminosa una natura “corpuscolare”, complementare aquella ondulatoria introducendo il concetto di “fotone” come “quanto di radiazione”: una radiazionemonocromatica può anche essere vista come un flusso di fotoni, ognuno dei quali trasportaun’energia E=hf (e una quantità di moto p=E/c=hf/c, come verrà successivamente dimostrato daCompton).Lo spettro solare e la temperatura delle stelleL’andamento generale dello spettro della luce di una stella, in particolare quello della luce solare, èsimile allo spettro di un corpo nero alla temperatura corrispondente alla “superficie” della stella.Questo avviene non perché la superficie del Sole sia una “scatola chiusa”, mantenuta a una certatemperatura, come descritto sopra, ma perché si è stabilita in superficie una temperatura diequilibrio fra i meccanismi interni al Sole di trasformazione dell’energia nucleare e di quellagravitazionale in energia radiante e l’emissione dell’energia radiante che viene irradiata dallasuperficie del Sole verso lo spazio esterno.Nella figura è mostrato lo spettro solare misurato in una giornata invernale serena con lospettrofotometro Avaspec, senza apportare alcuna correzione per la sensibilità del rivelatore allediverse lunghezze d’onda.4000sole1-ore153500300025002000150010005000300 400 500 600 700 800 900 1000lunghezza d'onda (nm)Nella figura che segue è invece mostrato lo spettro corretto in base alla curva di calibrazione consovrapposta la curva di corpo nero calcolata alla temperatura che meglio si adatta (circa 5600 K).19


400035003000Hγ SoleHβ SoleHe4 SoleHe3 SoleHα SoleHe2 SoleHe1 SoleO atmsole1-ore152500200015001000500O, N atm0300 400 500 600 700 800 900 1000lunghezza d'onda (nm)Come si vede, l’andamento generale è descritto in modo ragionevole dalla curva di corpo nero,anche se la temperatura che meglio si adatta (5600 K circa) è notevolmente minore di quella stimataper la “superficie” del Sole (circa 6500 K). Ciò è dovuto all’assorbimento nell’atmosfera terrestreattraversata dai raggi, che ha uno spessore notevole in una giornata invernale, sia pure serena. Ciòappare evidente nella forte riga di assorbimento a 760 nm, dovuta all’ossigeno, e nella estesa bandadi assorbimento sopra i 900 nm dovuta probabilmente sia all’ossigeno che all’azoto.Le deviazioni che si osservano alle piccole lunghezze d’onda, dove lo spettro misurato cade piùrapidamente dello spettro teorico al diminuire di λ, sono invece dovute alla “diffusione Rayleigh”,secondo cui la luce viene diffusa dai gas dell’atmosfera in modo inversamente proporzionale a λ 4 :ad esempio, nel violetto-blu (λ≈ 400 nm) la luce è diffusa circa 6 volte di più che nel rosso (λ≈ 650nm). L’intensità, che manca alle piccole lunghezze d’onda nei raggi che giungono in direzione delSole, si ritrova guardando nelle altre direzioni, ed è per questo motivo che il cielo ci appare blu,perché vediamo i raggi diffusi che sono arricchiti alle piccole lunghezze d’onda rispetto ai raggidiretti. L’effetto è tanto più forte quanto più spesso è lo strato di atmosfera terrestre attraversato,come avviene ad esempio al mattino o alla sera, oppure se lo strato di aria è ricco di vapore d’acqua:in queste condizioni sono diffuse anche lunghezze d’onda maggiori, fino all’arancio o al rosso, percui il cielo si tinge di arancio vicino alla direzione da cui provengono i raggi solari.Nello spettro sono visibili anche le righe di assorbimento che la radiazione subisce da parte dei gaspresenti nell’atmosfera solare; in particolare si possono distinguere- tre righe di assorbimento dell’idrogeno nel visibile (la così detta “serie di Balmer”), Hα a 656nm, Hβ a 487 nm e Hγ a 431 nm,- quattro righe di assorbimento dell’elio: l’elio deve il suo nome proprio al fatto che fu scopertosul sole –helios è il nome del sole in greco– attraverso queste righe di assorbimento, che sivedevano nell’atmosfera solare mentre non erano mai state osservate in gas noti sulla Terra,perché l’elio, essendo molto leggero, sfugge dall’atmosfera terrestre.20

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