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Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti

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<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong><strong>Giornalisti</strong>dellaLombardiaAssociazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al GiornalismoAnno XXXIIn. 8, settembre-ottobre <strong>2001</strong>Direzione e redazioneVia Appiani, 2 - 20121 MilanoTelefono: 02 63 61 171Telefax: 02 65 54 307http://www.odg.mi.ite-mail:odg@galactica.itSpedizione in a.p. (45%)Comma 20 (lettera b)dell’art. 2 della legge n. 662/96Filiale di MilanoIl regolamento relativo alla legge 150/2000 sulla comunicazione pubblica (dopo il sì del Consiglio di Stato) approvato dal Consiglio <strong>dei</strong> ministriIl giornalista entra nella PaEsonerati Regioni ed EsteriDOSSIERDI OTTOPAGINEAL CENTRODELGIORNALEdi Franco AbruzzoLa legge 150/2000, che disciplina le attivitàdi informazione (con gli uffici stampa) e dicomunicazione (con gli Urp) delle pubblicheamministrazioni, diventerà operativa appenail suo regolamento (approvato dal Consiglio<strong>dei</strong> ministri il 2 agosto) sarà pubblicato sullaGazzetta Ufficiale.Il regolamento, escludendo le Regioni,restringe l’area delle pubbliche amministrazionialle quali si applica la legge 150: l’esclusioneè un “omaggio” al principio dell’autogovernoderivante dalla potestà legislativa.L’articolo 3 del regolamento toglie dallaportata della legge 150 anche il ministerodegli Esteri, che colloca nel suo ufficio stampasolo diplomatici di carriera.Al rapporto tra amministrazione e organi diinformazione sarà incaricato, oltre all’ufficiostampa, anche il portavoce che, per la duratadel suo incarico, non potrà esercitare attivitàprofessionale nei media. La stessaincompatibilità varrà per il personale degliuffici stampa, che dovrà essere iscrittonell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti (professionisti epubblicisti), il cui profilo professionale saràdefinito attraverso una «speciale area dicontrattazione».I giornalisti conseguono dunque il diritto dicittadinanza, in maniera ufficiale, negli ufficistampa della “Pa”. Si avanzano ipotesi minimalidi 2.500-3mila nuovi posti di lavoro (200solo in Sicilia). Il dipartimento della Funzionepubblica, invece, ha calcolato in circa 40milai posti da coprire in tutta Italia tra uffici stampae Urp.Si presenta, però, problematica l’applicazionedell’articolo 9 della legge 150/2000. Lalegge 150 non parla di concorsi - via costituzionalmenteobbligatoria per l’accessonell’apparato statale - per l’assegnazione <strong>dei</strong>posti eventualmente disponibili, ma specificache «negli uffici stampa l’individuazione e laregolamentazione <strong>dei</strong> profili professionalisono affidate alla contrattazione collettivanell’ambito di una speciale area di contrattazione,con l’intervento delle organizzazionirappresentative della categoria <strong>dei</strong> giornalisti».Il comma 5, infine, aggiunge che dall’attuazionedella legge «non devono derivarenuovi o maggiori oneri a carico della finanzapubblica». L’istituzione degli uffici stampadiventa così una scelta discrezionale.Il regolamento ha chiarito:1 che degli uffici stampa potranno far partesoltanto giornalisti professionisti e pubblicisti;2 che i giornalisti responsabili degli ufficistampa dovranno possedere un diploma dilaurea, mentre i redattori dovranno possederesoltanto il requisito minimo dell’iscrizionenell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti;3 che il reclutamento <strong>dei</strong> giornalisti avverràsecondo l’articolo 7, comma 6 del decretolegislativo 29/93 (in sintesi, con contratti dicollaborazione coordinata e continuativa);4 che il conferimento dell’incarico di responsabiledell’Urp e di capo ufficio stampa asoggetti estranei alla pubblica amministrazioneè subordinato al possesso <strong>dei</strong> requisitidella laurea e dell’iscrizione nell’Albo <strong>dei</strong>giornalisti (per il capo dell’ufficio stampa);5 che «le amministrazioni possono confermarel’attribuzione delle funzioni di comunicazionee di informazione al personale <strong>dei</strong>ruoli organici che già svolgono tali funzioni»anche se il personale è sfornito <strong>dei</strong> titolispecifici e del requisito professionale;6 che le lauree previste sono quelle in Scienzedella comunicazione, in Relazioni pubblichee in materie assimilate, mentre i laureatiin discipline diverse dovranno aver conseguitoil titolo di specializzazione o di perfezionamentopost laurea o altri titoli post universitaririlasciati in Scienze della comunicazione oin Relazioni pubbliche e in materie assimilateda istituti universitari pubblici e privati,ovvero dovranno aver conseguito master inComunicazione presso la Scuola superioredella pubblica amministrazione se di duratameno equivalente, presso il Formez, laScuola superiore della pubblica amministrazionelocale e altre scuole pubbliche nonchépresso strutture private connotate da specificaesperienza e specializzazione nel settore;7 che le attività formative del personale inservizio (negli Urp e negli uffici stampa)dovranno essere portate a compimento dalleamministrazioni entro 24 mesi dall’entrata invigore del regolamento.Sulle mansioni che negli uffici stampa sarannoassegnate al personale iscritto all’Albonazionale <strong>dei</strong> giornalisti si svolgerà lacontrattazione in sede Aran. La contrattazionecollettiva punta alla «individuazione e allaregolamentazione <strong>dei</strong> profili professionali».Va detto che, comunque, del Cnlg <strong>2001</strong>-2005 fa parte la figura del collaboratore coordinatoe continuativo. Questa novità fa dainterfaccia all’articolo 7 (comma 6) del decreto29/93, che prevede incarichi individuali a«esperti di provata competenza» (concontratto coordinato e continuativo). L’ordinamentogiuridico offre, in alternativa, la possibilitàdi inquadrare i giornalisti con contratti atempo indeterminato o determinato (i sindacie i presidenti delle Province possono assumerei giornalisti, destinati agli uffici stampa,per la durata del loro mandato, in base all’articolo51, comma 5, della legge 142/1990sugli enti locali). Le amministrazioni pubblichepotrebbero peraltro assumere a tempodeterminato (per un periodo da 2 a 7 annirinnovabile) il portavoce e i coordinatori degliuffici stampa, avvalendosi dell’articolo 19,comma 2 del decreto 29/93.(da Il Sole 24 Ore dell’11 agosto <strong>2001</strong>)Alla selezione per il XIII biennio dell’Ifg hanno partecipato 227 neolaureatiBruno Ambrosiconfermatopresidentedella Scuoladi Giornalismodi MilanoMilano, 18 luglio <strong>2001</strong>. I quadri dirigenti dell’Associazione“Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo, che gestiscel’Istituto “Carlo De Martino” (la prima scuola di giornalismovoluta dall’<strong>Ordine</strong> professionale e dalla RegioneLombardia), sono stati confermati all’unanimità per il triennio<strong>2001</strong>-2004: alla presidenza Bruno Ambrosi; vicepresidentiEmilio Pozzi (vicario) e Gianluigi Falabrino; consigliere segretarioGuido Re e tesoriere-economo Angelo Morandi. GuidoRe sostituisce Marco Barbieri (oggi direttore del quotidiano.com). La riunione del Consiglio d’amministrazione dell’Afgsi è svolto l’altra sera presieduta dal presidente dell’<strong>Ordine</strong>della Lombardia, Franco Abruzzo, che ha proposto la riconfermadel gruppo dirigente.Il Comitato ristretto dell’Afg sarà composto da Ambrosi,Pozzi, Falabrino, Re, Morandi, Maurizio Vitali e Luca DelGobbo (rappresentanti nel Consiglio della Regione Lombardia);Gigi Speroni (direttore dell’Ifg).La Scuola di giornalismo affronta ora il XIII biennio (<strong>2001</strong>-2003). Alla selezione, attualmente in corso (l’8 settembre sisono svolte le prove scritte, nella foto, presso il PolitecnicoORDINE 8 <strong>2001</strong>di Milano) partecipano 227 neolaureati su 302 candidatiammessi. Al termine della selezione, solo 40 frequenterannoil corso, che, dopo due anni, si concluderà con l’esame diStato per acquisire il titolo di giornalista professionista. Presidentedella Commissione è Piero Ostellino; vicepresidentevicario Emilio Pozzi (Il servizio alle pagine 22-23).La Scuola di giornalismo dell’<strong>Ordine</strong> di Milano e dellaRegione Lombardia nei 24 anni di vita ha creato 474 giornalisti:di questi, 24 sono direttori responsabili; 112 sonovicedirettori o capiredattori; 286 sono redattori ordinari e 9sono responsabili di uffici stampa, mentre 43 svolgono lalibera professione. Questi numeri dicono che le scelte fattenel 1974/1977 dalla Regione Lombardia e dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong>giornalisti della Lombardia sono state accompagnate da unsuccesso senza eguali e che le finalità (dare occupazione)della legge regionale 95/1980 sulla formazione sonostate raggiunte. Si precisa che 21 (12 a tempo indeterminatoe 9 a tempo determinato) <strong>dei</strong> 40 allievi del XII bienniosono stati già assunti prima che il corso si concluda nell’ottobreprossimo.SOMMARIOCronaca e Giustiziapag. 2Giurisprudenzapag. 3Diritto d’autorepag. 3Privacypagg. 4-8Riflessionipagg. 10-13Deontologiapag. 14I nostri luttipagg. 15- 21Culturapag. 24, 25 e 27Professionein ultimaUsa: manettesulla stampa(il caso Leggett)La pubblicitàingannevole è slealtàdel giornalistaDiritto d’autoree servizidi fotocopiaturaDati personalie globalizzazione:la relazionedel GaranteFenomenologiadel G8 a GenovaIl giornalista chepubblica il nome delminore ferisce la dignitàdella professioneAddio Montanelli,addio Carlo BoLa libreriadi TabloidLaurea in giornalismoed esame di giornalista:decisivo il sì di Castelli1


ROMA, 23 aprile <strong>2001</strong>. La Siae e l’Aie(Associazione italiana editori) hanno firmatocon Confcommercio l’accordo che estendeagli esercizi commerciali - anche a quelli nonspecializzati nella realizzazione di fotocopie -la possibilità di effettuare il servizio di fotocopiatura<strong>dei</strong> testi nel pieno rispetto del dirittod’autore.L’accordo, che segue quello raggiunto recentementetra Siae e Aie da un lato e le associazioni<strong>dei</strong> centri di fotocopiatura (Confartigianatoe Cna) dall’altro, rientra nella sfera diapplicazione della legge 248/2000, che haNel mirino le rassegne stampaLa legge sul diritto d’autore,giornali e giornalistiL’art. 38 della legge 633/1941 inquadral’utilizzazione economica delle operecollettive (giornali e riviste): “Nell’operacollettiva, salvo patto in contrario, il dirittodi utilizzazione economica spetta all’editoredell’opera stessa, senza pregiudizio deldiritto derivante dall’applicazione dell’art.7 (“È considerato autore dell’opera collettivachi organizza e dirige la creazionedell’opera stessa”). Ai singoli collaboratoridell’opera collettiva è riservato il diritto diutilizzare la propria opera separatamente,con l’osservanza <strong>dei</strong> patti convenuti, e indifetto, delle norme seguenti”.L’utilizzazione liberadegli articoli e <strong>dei</strong> discorsiL’art. 65 della legge n. 633/1941 dice: “Gliarticoli di attualità, di carattere economico,politico, religioso, pubblicati nelle riviste ogiornali, possono essere liberamenteriprodotti in altre riviste o giornali ancheradiofonici, se la riproduzione non è stataespressamente riservata, purché si indichinola rivista o il giornale da cui sonotratti, la data e il numero di detta rivista ogiornale e il nome dell’autore, se l’articoloè firmato”.L’art. 66 afferma: “I discorsi sopra argomentidi interesse politico od amministrativo,tenuti in pubbliche assemblee ocomunque in pubblico, possono essereliberamente riprodotti nelle riviste o giornalianche radiofonici, purché si indichinola fonte, il nome dell’autore e la data e illuogo in cui il discorso fu tenuto”.introdotto un compenso per autori ed editoridelle opere a stampa fotocopiate, e si pone inlinea con quanto già avviene da tempo neglialtri Paesi europei. «Il fenomeno delle fotocopieselvagge - si legge in un comunicato - haprodotto nel nostro Paese effetti negativi perl’intera filiera editoriale».Secondo l’Associazione italiana editori, solonell’anno scorso gli editori hanno subito danniper oltre 570 miliardi, gli autori per 30, le librerieper 190 e i distributori per 100 miliardi dilire.Intanto, il 19 aprile scorso, Siae, Fieg e Fnsihanno avviato un confronto sul nodo dellerassegne stampa.La Siae, la Federazione nazionale dellastampa italiana e la Federazione italianadegli editori di giornali (rappresentaterispettivamente dal commissario straordinariodella Siae, Mauro Masi, dal segretariodella Fnsi, Paolo Serventi Longhi, e daldirettore generale della Fieg, SebastianoSortino) si sono incontrate allo scopo didefinire un accordo che dia mandato allaSiae di tutelare il diritto d’autore per la riproduzionedegli articoli nelle rassegne stampagiornalistiche. Tutto ciò trova fondamentonella normativa vigente, in particolarenella legge sul diritto d’autore del 1941 esuccessive modificazioni.L’incontro si è concluso dando mandatoalla Siae di presentare una bozza diconvenzione, che dovrà essere esaminatadalle parti. Sarà, dunque, la Siae a elaborarequesto progetto, tenendo conto diquanto già avviene nella maggior parte <strong>dei</strong>Paesi europei, dove la tutela degli articoliriprodotti nelle rassegne stampa è giàattuata da tempo.Accordo sul diritto d’autoreper i servizi di fotocopiaturaFotocopie(art. 68 legge 833/1941)I diritti d’autore dovranno essere pagati anche perle fotocopie. E non si potranno più riprodurre interivolumi o fascicoli di periodici, ma solo parti: finoal 15 per cento, esclusa la pubblicità. Le bibliotechepubbliche pagheranno i diritti d’autore inmodo forfettario. Invece i “copy center”, anchequelli che mettono a disposizione gratuitamentele fotocopiatrici all’interno di librerie, biblioteche,centri studi o altro, dovranno pagare i diritti conun esborso che non può essere inferiore perciascuna pagina copiata al prezzo medio perpagina, salvo accordi diversi con la stessa Siae.Niente royalties invece per le rassegne stampa(definite un “prodotto effimero”).L’articolo 68 della legge 633/1941 stabilisce:È libera la riproduzione di singole opere o branidi opere per uso personale <strong>dei</strong> lettori, fatta amano con mezzi di riproduzione non idonei aspaccio o diffusione dell’opera nel pubblico.È libera la fotocopia da opere esistenti nellebiblioteche, fatta per i servizi della biblioteca o,nei limiti e con le modalità di cui ai commi quartoe quinto, per uso personale (13/e).È vietato lo spaccio di dette copie nel pubblico e,in genere ogni utilizzazione di concorrenza con idiritti di utilizzazione economica spettanti all’autore(3/cost).È consentita, conformemente alla convenzionedi Berna per la protezione delle opere letterarie eartistiche, ratificata e resa esecutiva ai sensi dellalegge 20 giugno 1978, n. 399, nei limiti del quindiciper cento di ciascun volume o fascicolo diperiodico, escluse le pagine di pubblicità, la riproduzioneper uso personale di opere dell’ingegnoeffettuata mediante fotocopia, xerocopia o sistemaanalogo. I responsabili <strong>dei</strong> punti o centri diriproduzione, i quali utilizzino nel proprio ambito omettano a disposizione di terzi, anche gratuitamente,apparecchi per fotocopia, xerocopia oanalogo sistema di riproduzione, devono corrispondereun compenso agli autori ed agli editoridelle opere dell’ingegno pubblicate per le stampeche mediante tali apparecchi vengono riprodotteper gli usi previsti nel primo periodo del presentecomma. La misura di detto compenso e le modalitàper la riscossione e la ripartizione sono determinatesecondo i criteri posti all’articolo 181-terdella presente legge. Salvo diverso accordo tra laSiae e le associazioni delle categorie interessate,tale compenso non può essere inferiore perciascuna pagina riprodotta al prezzo medio apagina rilevato annualmente dall’Istat per i libri.Gli articoli 1 e 2 della legge 22 maggio 1993, n.159, sono abrogati (13/f).Le riproduzioni delle opere esistenti nelle bibliotechepubbliche, fatte all’interno delle stesse con imezzi di cui al quarto comma, possono essereeffettuate liberamente, nei limiti stabiliti dal medesimocomma, salvo che si tratti di opera rara fuoridai cataloghi editoriali, con corresponsione di uncompenso in forma forfettaria a favore degli aventidiritto, di cui al comma 2 dell’articolo 181-ter,determinato ai sensi del secondo periodo delcomma 1 del medesimo articolo 181-ter. Talecompenso è versato direttamente ogni anno dallebiblioteche, nei limiti degli introiti riscossi per ilservizio, senza oneri aggiuntivi a carico del bilanciodello Stato o degli enti dai quali le bibliotechedipendono (13/g).(13/e) Comma così sostituito dall’art. 2, L. 18agosto 2000, n. 248.(3/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 23marzo-6 aprile 1994, n. 108 (Gazz. Uff. 12 aprile1995, n. 15, serie speciale), ha dichiarato nonfondata la questione di legittimità costituzionaledegli artt. 19, 61, 68 e 109, sollevata in riferimentoagli artt. 3, 9, 41 e 42 della Costituzione.(13/f) Comma aggiunto dall’art. 2, L. 18 agosto2000, n. 248.(13/g) Comma aggiunto dall’art. 2, L. 18 agosto2000, n. 248.(14/a) Comma aggiunto dall’art. 3, L. 18 agosto2000, n. 248.Il riassunto, la citazione o la riproduzionedi brani o di parti di opera,per scopi di critica, di discussioneed anche di insegnamento, sonoliberi nei limiti giustificati da talifinalità e purché non costituiscanoconcorrenza (articolo 70 dellalegge 633/1941)Dice l’articolo 70 della legge 633/1941: “Ilriassunto, la citazione o la riproduzione dibrani o di parti di opera, per scopi di critica,di discussione ed anche di insegnamento,sono liberi nei limiti giustificati da tali finalitàe purché non costituiscano concorrenza allautilizzazione economica dell’opera. Nelleantologie ad uso scolastico la riproduzionenon può superare la misura determinata dalregolamento il quale fisserà la modalità perla determinazione dell’equo compenso. Ilriassunto, la citazione o la riproduzionedebbono essere sempre accompagnatidalla menzione del titolo dell’opera, <strong>dei</strong> nomidell’autore, dell’editore e, se si tratti di traduzione,del traduttore, qualora tali indicazionifigurino sull’opera riprodotta”.Vietato agire senza consenso quandol’utilizzazione dell’opera non è a scopodi critica, discussione o insegnamento.“L’utilizzazione di parti o brani di opera altruiin un libro che si autodefinisce dedicato adun artista scomparso è illecita e costituisceviolazione del diritto di autore se manca ilconsenso del titolare del diritto e se la finalitàdell’utilizzazione non rientra tra le ipotesidi cui all’art. 70 della legge sul diritto di autore(e, cioè, utilizzazione a scopo di critica,discussione o insegnamento). L’erededell’autore può agire a difesa <strong>dei</strong> diritti patrimonialid’autore e di quelli relativi allo sfruttamentoeconomico dell’immagine” (Trib.Napoli, 18 aprile 1997; Parti in causa Troisic. Soc. Emme Grafica ind. ed.).Confermata la sanzionedisciplinare inflitta dall’<strong>Ordine</strong>della Lombardia a unacollaboratrice di “Oggi”Milano, 17 settembre. Chi pubblica articoli,che nella sostanza sono pubblicità ingannevole,tiene un comportamento che “violaquel principio di lealtà nell’informazione cui(ex artt. 2 e 48 della legge professionale n.69/1963) devono essere improntati icomportamenti del giornalista”. Con questasecca motivazione la quinta sezione delTribunale civile di Milano ha confermato ladecisione del Consiglio nazionale che hainflitto la sanzione disciplinare dell’avvertimentoscritto alla giornalista professionistaCaterina Vezzani, collaboratrice di Oggi.La stessa ha pubblicato sul numero dell’11ottobre 1995 di Oggi l’articolo “E lavarsi identi è un gioco” nel quale la giornalista “nonsi limita a dare consigli per una più correttaigiene orale <strong>dei</strong> bambini, eventualmentesegnalando ai lettori le novità presenti sulmercato dando così un corretto caratteredivulgativo all’articolo, ma reclamizza inmodo indiretto i prodotti della linea Mentadent.L’articolo è stato corredato da una fotoche mette in evidenza in primo piano il dentifricioMentadent e sullo sfondo tre spazzolinida denti a forma di ometti che stanno in piedied un ulteriore tubo di dentifricio, il tuttosempre della Mentadent, pure in posizioneverticale”.La decisione del Consiglio nazionale a suavolta aveva confermato quella del Consigliodell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia. La sentenza (n.8010/<strong>2001</strong>) è stata adottata dal tribunaleintegrato da due giornalisti come giudiciORDINE 8 <strong>2001</strong>Tribunale di Milano: la pubblicitàingannevole è slealtà del giornalistaaggregati (Giulio Bianchi presidente; RobertoPortile e Maria Teresa Brena, giudici;Renzo Magosso e Stefano Donarini, giornalistigiudici aggregati). Il Pm, Ada Rizzi, hachiesto la conferma della sanzione. Il Consigliodella Lombardia è stato difeso dall’avvocatoRemo Danovi; il Consiglio nazionaledagli avvocati Antonio Pandiscia e CesareLombrassa. Questi i passaggi centrali dellasentenza:MOTIVI DELLA DECISIONEA seguito della sentenza della Corte d’Appellodi Milano pronunciata in data 20.10.’00con la quale veniva dichiarata la nullità dellasentenza. n. 4031 resa dal Tribunale di Milanoin data 23.3.00 per carenza del contradditorio,in quanto nel giudizio di primo gradonon avevano partecipato pur essendo litisconsortinecessari il Consiglio Nazionaledell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti che ha adottato ladecisione che qui si impugna ed il ConsiglioRegionale per la Lombardia, e veniva contestualmentedisposta la rimessione dellacausa al giudice di primo grado, le partihanno proceduto alla riassunzione nei terminidi cui agli artt. 353 e 354 Cpc e si sonoreciprocamente costituite nei due giudiziriassunti e poi riuniti, pertanto di nessunpregio sono le osservazioni proposte dalladifesa della Vezzani in ordine alla carenza dilegittimazione del Consiglio Regionaledell’<strong>Ordine</strong> poiché ex art. 156 Cpc terzocomma non può essere mai pronunciata lanullità se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui èdestinato.Venendo ora nel merito della decisione ecioè se debba o meno essere confermata ladelibera del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong>che respingendo il ricorso proposto dallagiornalista Caterina Vezzani ha confermato ilprovvedimento disciplinare dell’avvertimentoscritto inflittole dal Consiglio Regionale,questo Collegio ritiene di dover ribadire ladecisione già presa in primo grado e annullataper motivi meramente processuali,peraltro confermata invece nei confronti deldirettore del giornale Paolo Occhipinti dallasentenza della Corte d’Appello di Milanoemessa in data 20.09.00 n. 24737/00.Infatti non vi è dubbio che l’articolo redattodalla Vezzani “E lavarsi i denti è un gioco”integri gli estremi della cosiddetta pubblicitàingannevole ai sensi degli arti. 1, comma 2.2,lettera b), ed in violazione dell’art. 4 comma1 del Decreto Legislativo 25 gennaio 1992 n.74 poiché in detto articolo la giornalista nonsi limita a dare consigli per una più correttaigiene orale <strong>dei</strong> bambini, eventualmentesegnalando ai lettori le novità presenti sulmercato dando così un corretto caratteredivulgativo all’articolo, ma reclamizza inmodo indiretto i prodotti della linea Mentadentladdove scrive: .. “poi un bel giorno,regalategli il SUO spazzolino, e il SUO dentifricioper esempio della linea Mentadentdenti in Crescita studiata per i più piccoli..”.Detto articolo è stato altresì corredato da unfoto che mette in evidenza in primo piano ildentifricio Mentadent e sullo sfondo tre spazzolinida denti a forma di ometti che stannoin piedi ed un ulteriore tubo di dentifricio - iltutto sempre della Mentadent-pure in posizioneverticale.Con l’articolo in questione dunque si reclamizzanoi prodotti della linea Mentadent perbambini, con un aspetto informativo, ingannandoil lettore sulla reale portata promozionaledel testo che è inserito nell’ambito diuna pagina dedicata alla “bellezza”, e graficamentecircoscritto da un bordo a palliniche non può essere considerato idoneo adattribuire natura pubblicitaria a detto inserto,poiché la suddetta connotazione graficaviene utilizzata nella stessa pagina ancheper un altro articolo “C’è anche il dentifricioalla propoli”.Tale comportamento viola quel principio dilealtà nell’informazione cui ex artt. 2 e 48legge n. 69/1963 devono essere improntati icomportamenti del giornalista, va quindiconfermata la decisione del Consiglio Nazionaleche inflitto la sanzione disciplinaredell’avvertimento scritto.P. Q.M. il Tribunale definitivamente pronunciandorigetta il ricorso proposto dalla giornalistaCaterina Vezzani, accoglie viceversail ricorso proposto dal Consiglio rgionale <strong>dei</strong>giornalisti della Lombardia e per l’effettoconferma la decisione del Consiglio nazionaledell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti emessa in data3.11.99.3


P R I V A C YPubblichiamo il discorsodi presentazione della relazione 2000pronunciato a Romail 17 luglio scorsodal Garante Stefano RodotàLa protezione <strong>dei</strong> dati personalinell’era della globalizzazionedi StefanoRodotàLa relazione di quest’anno coglie il Garante per la protezione <strong>dei</strong> datipersonali in un momento singolare e stimolante, sia per quanto riguardala sua vita interna, sia per quel che si riferisce al complessivo contestoculturale e istituzionale in cui dobbiamo muoverci. Si è concluso, infatti,il primo quadrienno della nostra attività, e questa scadenza istituzionaleè stata accompagnata da un parziale rinnovamento del collegio. I componentidel passato Collegio, Giuseppe Santaniello ed io stesso, sono oggiaffiancati da Mauro Paissan e Gaetano Rasi, con i quali l’intesa è stataimmediata ed il cui contributo già incide su materie di particolare rilevanza,come il commercio elettronico e il sistema <strong>dei</strong> media. Hanno lasciatoil Collegio Ugo De Siervo e Claudio Manganelli, con i quali abbiamocondiviso la fase difficile della costruzione di questa nuova istituzione,ed ai quali va un particolarissimo ed affettuoso ringraziamento.Collocati sul crinale tra passato e futuro, dobbiamo qui proporre elementidi bilancio e cimentarci con ipotesi di programmi a più lunga scadenza.Riferiamo sul già fatto, e spingiamo lo sguardo verso il molto che dovremofare.In tempi di globalizzazione, proprio la questione <strong>dei</strong> dati personali è statatra le primissime a scavalcare ogni frontiera, a liberarsi dalle costrizionidel tempo e del luogo attraverso le molteplici opportunità offerte da Internet.Parlando oggi di privacy, frequentiamo una dimensione dove s’intreccianovalori fondativi della persona, precondizioni della democrazia,modalità diverse dell’azione economica.Intanto, però, il quadro <strong>dei</strong> principi di riferimentosi è rafforzato e consolidato. Questo èavvenuto alla fine dell’anno scorso, quandoa Nizza è stata proclamata la Carta <strong>dei</strong> dirittifondamentali dell’Unione europea, che riconoscela tutela <strong>dei</strong> dati personali come undiritto fondamentale della persona, con unasua specificità ed autonomia, e non soltantocome un aspetto, magari implicito, di una piùgenerale tutela della vita privata. Ai datipersonali, infatti, la Carta dedica l’intero articolo8, anche con un esplicito riferimento allanecessità di una autorità indipendente dicontrollo, che così si configura come un ineliminabilediritto del cittadino, come unelemento costitutivo del sistema delle garanzie.Giunge così a compimento un modello europeoche - attraverso convenzioni, direttive,legislazioni nazionali - è progressivamenteandato oltre un’idea di privacy come puroscudo protettivo contro invasioni esterne.Parliamo ormai di un diritto all’autodeterminazioneinformativa, del potere di governareil flusso delle proprie informazioni come parteintegrante di quella “costituzionalizzazione”della persona che rappresenta uno degliaspetti più significativi delle attuali dinamicheistituzionali. Non intendo qui discutere laportata della Carta <strong>dei</strong> diritti fondamentali,alla quale non è stato ancora attribuito formal-L’Europa e i diritti <strong>dei</strong> cittadinimente un valore giuridico vincolante, ma chetuttavia già costituisce punto di riferimentoper l’azione di corpi politici e amministrativi,di giudici nazionali e sovranazionali. È certo,comunque, che quella Carta ha rinnovato ilsistema <strong>dei</strong> valori fondativi dell’Europa, e chein questo sistema la protezione <strong>dei</strong> dati occupaormai una posizione di rilievo.Viene così riaffermata e dilatata la legittimazionedelle autorità nazionali di garanzia, sifa più stringente il loro dovere di assicurareuna tutela rigorosa ai diritti <strong>dei</strong> cittadini. Igoverni e i parlamenti, che a quella Cartahanno dato il loro consenso, devono coerentementerispettarne i principi e operare bilanciamentitra gli interessi che non sacrifichinole garanzie della sfera privata.Così facendo l’Europa è forse prigioniera diuna illusione? La considerazione della protezione<strong>dei</strong> dati personali come un dirittofondamentale può sembrare lontanissima dauna realtà che il presidente di una grandesocietà americana così brutalmente descrive:“La vostra privacy è zero. Rassegnatevi”.È davvero questo il destino che ci riserva l’incessanteinnovazione tecnologica, o in affermazionicome questa si riflettono piuttosto lepretese di alcuni settori del mondo imprenditoriale,e i caratteri che differenziano ilmodello europeo da quello degli Stati Uniti?Un confronto con gli Stati UnitiProprio l’analisi delle dinamiche reali ci imponedi non cedere alle semplificazioni. Esamineròpiù avanti gli atteggiamenti che emergonotra le imprese. Intanto, però, è necessariaun’attenzione attiva per quel che staaccadendo negli Stati Uniti. Probabilmente èeccessivo l’ottimismo di chi parla della legislaturaappena cominciata come di un“privacy Congress”. È certo, tuttavia, checresce la pressione per una tutela dellaprivacy non affidata soltanto all’autoregolamentazioneed alle logiche del mercato.Trenta proposte di legge sono già statepresentate al Congresso e, tra queste, alcuneprevedono l’istituzione di una autorità sulmodello europeo; negli stati, il numero delleproposte, nel <strong>2001</strong>, è arrivato addirittura a6918. Lo stesso Presidente Bush ha chiestouna normativa che impedisca l’uso <strong>dei</strong> datigenetici a fini discriminatori, in particolare adopera di datori di lavoro e assicuratori,secondo una linea già adottata da un decretodi Clinton del febbraio dell’anno scorso,che vietava appunto il ricorso ai dati geneticiper la valutazione <strong>dei</strong> dipendenti federali.A queste dinamiche non è estranea l’influenzadel modello europeo che, subordinando iltrasferimento <strong>dei</strong> dati personali fuori dall’Unioneeuropea all’esistenza di una protezioneadeguata nei paesi di destinazione,comincia ad obbligare le imprese americanea rispettare regole più severe di quelle interneed offre un punto di riferimento a quanti,negli Stati Uniti, chiedono appunto livelli piùelevati di protezione. Tutto questo non avvienesenza contrasti e resistenze. L’accusa diviolare la sovranità degli Stati Uniti con lapretesa di imporre regole europee, propostain modo particolarmente tagliente in occasionedi un recentissimo intervento dellaCommissione in tema di concentrazioni, eragià stata ripetutamente formulata proprio inrelazione alle norme sulla circolazione transnazionaledelle informazioni personali.Ho insistito sulle questioni internazionali peruna ragione generale e per segnalare subitoun problema concreto, che impegnerà dall’iniziodell’autunno tutta quella parte del sistemaimprenditoriale che trasferisce datipersonali fuori dell’Unione europea. Il Garanteitaliano è certamente quello che, in Europa,ha maggior consapevolezza della dimensionedavvero globale della circolazionedelle informazioni, e di ciò abbiamo avuto unpalese riconoscimento con la mia elezionequale presidente del Gruppo <strong>dei</strong> Garantieuropei. Organizzando l’anno scorso a Veneziala ventiduesima Conferenza mondialesulla protezione <strong>dei</strong> dati personali, avevamoscelto come tema “Un mondo, una privacy”ed avevamo risolutamente operato perché laconferenza si concludesse con una dichiarazionevolta ad indicare una via verso regolecondivise.La Dichiarazione di Venezia, sottoscritta dairappresentanti delle autorità di tutto il mondo,ribadisce che la privacy è “un diritto fondamentaledella persona” e “un elementoessenziale della libertà <strong>dei</strong> cittadini”; indica iProprio la crescente legittimazione internazionaledi questo modello conferma lagiustezza della scelta del legislatore europeoe di quello italiano di consentire il trasferimento<strong>dei</strong> dati personali solo in paesi cheoffrano una protezione adeguata, cosìevitando la pericolosa nascita di “paradisi <strong>dei</strong>dati”, assai più agevoli da costruire deglistessi paradisi fiscali. Finora la circolazioneinternazionale <strong>dei</strong> dati non è stata sostanzialmenteintralciata, per consentire alleimprese di adeguare le prassi alle nuoveregole; per cominciare ad identificare i paesiche, fuori dell’Unione europea, già offronolivelli adeguati di protezione; e, soprattutto,per risolvere i difficili problemi <strong>dei</strong> trasferimentiverso il più grande “mercato” delleinformazioni, gli Stati Uniti.Disponiamo ora degli strumenti necessari, eil periodo di “grazia” è terminato, ovunque inEuropa. Il Garante indicherà al più tardi aNon vorrei che, a questo punto, venisseriproposto lo schema ingannevole checontrappone alla fluidità <strong>dei</strong> commerci la rigiditàdella disciplina <strong>dei</strong> dati personali. Questaè una tesi insostenibile in via di principioperché, con uno scatto d’insofferenza, nonsi può semplicisticamente considerare comeun intralcio alla competitività quello che, invece,è un ineludibile diritto fondamentale. Ma,soprattutto, insistere su quella contrapposizionerivela arretratezza, incapacità di guardarealle dinamiche più avanzate dello stessomondo imprenditoriale.Nella Relazione dello scorso anno mettevamoin luce la dipendenza dello sviluppo delcommercio elettronico da politiche imprenditorialicapaci di rispondere alle preoccupazionidella quasi totalità <strong>dei</strong> consumatori,poco propensi ad entrare nel mercato elettronicosenza adeguate garanzie per la riservatezzae la sicurezza <strong>dei</strong> loro dati. Avevamovisto giusto. Nel corso del 2000 il commercioLa Dichiarazione di Veneziae l’iniziativa italianaprincipi comuni ai quali già ci si ispira nei piùdiversi paesi; impegna ad operare per garantirea tutti elevati e analoghi livelli di protezione.Segnaliamo questa esperienza a Governoe Parlamento perché, se lo riterrannoopportuno, mantengano viva l’iniziativa italianae si facciano promotori di azioni internazionaliche con strumenti diversi e coordinatitra loro - convenzioni, codici di condotta,standard tecnici - costruiscano una retesempre più larga di riferimenti comuni.Non sarebbe una iniziativa eccessivamenteambiziosa, coglierebbe lo spirito del tempo,sarebbe un buon esempio di quella che hochiamato “attenzione attiva” per i nuoviproblemi e le nuove prospettive di tutela. Ilmodello europeo di protezione <strong>dei</strong> datipersonali, infatti, ha ormai superato i confinidell’Unione e ispira la legislazione <strong>dei</strong> paesipiù diversi (dal sistema di Hong Kong alleleggi <strong>dei</strong> paesi dell’Europa centrale e orientale,a quelle recentissime di Cile e Argentina).Una iniziativa italiana rafforzerebbequesta tendenza e favorirebbe cosi la diffusionedi principi comuni.Le informazioni fuori dall’Unioneeuropea: no ai paradisi <strong>dei</strong> datisettembre i criteri che dovranno essereseguiti da tutti i soggetti che, localizzati inItalia, trasferiscono o intendono trasferire datipersonali fuori dell’Unione europea. Ma èopportuno che fin d’ora tutti prendano buonanota di questa scadenza e facciano le loroscelte: assai semplici se il trasferimentoriguarda paesi la cui legislazione va considerataadeguata dall’Unione europea (Canada,Svizzera, Ungheria, Slovenia, HongKong) o se si tratta di imprese statunitensiche hanno aderito all’accordo chiamato“Safe Harbor”, “Porto sicuro”; scelte chesaranno appena più complesse, se si ricorreràalle clausole contrattuali uniformi giàapprovate dalla Commissione europea sullabase del lavoro <strong>dei</strong> garanti europei; e chediverranno più impegnative se si deciderà diricorrere per casi speciali alla proceduraprevista dall’art. 28 della legge 675, dalmomento che si dovrà chiedere per questiuna specifica autorizzazione del Garante.Un’opportunità,un valore aggiuntoelettronico ha perduto negli Stati Uniti dodicimilioni di clienti; pochi giorni fa una inchiestaGallup ha confermato le preoccupazioni <strong>dei</strong>consumatori; e già si manifestano o siannunciano politiche imprenditoriali chesegnano una radicale modifica degli atteggiamentiverso la protezione <strong>dei</strong> dati personali.Grandi imprese, in Europa e in America,dichiarano la loro volontà di abbandonare lepratiche di spamming (invio indiscriminato dimessaggi pubblicitari), di preferire l’opt in(consenso preventivo) all’opt out (richiesta dicancellazione dalle liste). Fuori dai gerghi,questo vuol dire che tali imprese adottano inpieno la logica (già norma in Italia e altrove)del preventivo consenso dell’interessato altrattamento <strong>dei</strong> suoi dati personali. La ragioneè squisitamente economica: l’invio dimessaggi indesiderati può provocare reazionidi rigetto nei confronti del mittente molesto,l’insicurezza sulle modalità di raccolta e4 ORDINE 8 <strong>2001</strong>


Garante della privacy:pubblici i nomidegli iscritti negli Albi,ma spetta agli Ordinistabilire le modalitàdi comunicazioneSono pubblici i nomi <strong>dei</strong> medici chirurghi iscritti negli Albi, maspetta a ciascun <strong>Ordine</strong> provinciale stabilire le modalità dicomunicazione a chi ne fa richiesta. È quanto ha ribadito ilGarante nella risposta ad un quesito rivolto da un cittadino.Sulla questione l’Autorità era già intervenuta chiarendo chela legge sulla privacy non ha modificato la disciplina legislativarelativa al regime di pubblicità degli Albi e non pone,dunque, alcun ostacolo alla diffusione <strong>dei</strong> dati personalicontenuti negli Albi, purché limitata alle informazioni chedevono esservi inserite per legge.L’Autorità ha ricordato che le norme vigenti prevedono chel’Albo di ciascun <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> medici chirurghi sia stampato epubblicato entro il mese di febbraio di ogni anno, con contestualetrasmissione di una copia ad alcune amministrazionipubbliche anche allo scopo di una sua affissione nelle prefetture.Tali norme collocano questi Albi tra i documenti pubbliciconoscibili da chiunque, consentendo agli Ordini di comunicaree diffondere a privati ed enti pubblici economici i datipersonali contenuti negli Albi.Tali disposizioni, tuttavia, non disciplinano né le forme diconsultazione dell’Albo né l’invio di copia ad altri soggettipubblici o privati. Spetta a ciascun <strong>Ordine</strong> valutare l’eventualepraticabilità di alcune specifiche modalità di comunicazione<strong>dei</strong> dati, diverse dalla messa a disposizione dell’Albo perla sua consultazione, che sempre più vengono sollecitatenella prassi quotidiana. In alcuni casi viene, ad esempio,richiesta la trasposizione su supporto informatico, oppure laselezione di taluni professionisti in base alla specializzazioneriportata nell’Albo ecc.. Si tratta di situazioni che, anche suiniziativa degli Ordini interessati, potrebbero essere oggettodi un opportuno aggiornamento normativo che dovrebbe,peraltro, operare una eventuale distinzione tra i casi in cuiviene richiesto all’<strong>Ordine</strong> di un fornire un ausilio per la ricerca<strong>dei</strong> nominativi (ad esempio, soggetti specializzati in undeterminata disciplina) da quelli per i quali si chiede una piùarticolata attività di suddivisione e classificazione di categoriedi specialisti, che comporta un “facere” attualmente nonprevisto dalla normativa (Newsletter, 23-29 luglio <strong>2001</strong>).Nell’ultimo anno le modalità di intervento delGarante si sono articolate, cogliendo leesigenze di una realtà che chiede ancheinterventi generali e preventivi. Richiamo inparticolare l’attenzione sui provvedimenti inmateria elettorale e di videosorveglianza,strutturati in modo da offrire a tutti gli interessatiprescrizioni chiare, per punti, agevolmentecomprensibili ed applicabili.Si tratta di provvedimenti che, da una parte,sintetizzano decisioni già assunte dal Garantee, dall’altra, colgono esigenze variamentemanifestate. Così, il “decalogo” elettorale haconsentito di risolvere centinaia di questionicon un semplice rinvio al suo testo, disponibilesul nostro sito web, dove erano e sonoanche presenti sintetici schemi per richiederenotizie sulla fonte <strong>dei</strong> dati utilizzati per l’inviodi messaggi elettorali, e per ottenere lacancellazione dagli elenchi predisposti. Si èmanifestata, infatti, una vivissima sensibilità<strong>dei</strong> cittadini, che tendono a rifiutare la propagandaelettorale non gradita. E il “decalogo”sarà presto aggiornato proprio per tenerconto di queste preoccupazioni, e per chiarirele modalità di trattamento <strong>dei</strong> dati raccoltida partiti e singoli politici.Più difficile e controversa si presenta l’applicazionedelle indicazioni sulla videosorveglianza,spesso eluse e per le quali è giàstato avviato un programma di ispezioni, chein alcuni casi, come per le web camera sullespiagge, hanno consentito di risolvere immediatamentei problemi. A proposito di videosorveglianza,tuttavia, è bene dire alcuneparole chiare, per evitare il perpetuarsi diequivoci interessati o determinati da scarsaconoscenza <strong>dei</strong> dati reali.Anche qui si tende spesso a prospettare unconflitto, questa volta tra esigenze di sicurezzae tutela della sfera privata. E anchequesta volta bisogna ribadire che è inaccettabilela pretesa di sacrificare la tutela <strong>dei</strong>dati, diritto fondamentale della persona.È possibile, anzitutto, trovare punti di equilibriotra i diversi interessi in gioco, comedimostra, ad esempio, la collaborazione traORDINE 8 <strong>2001</strong>di utilizzazione <strong>dei</strong> dati su Internet allontanadai siti sospetti. Tutto questo contrasta constrategie volte a conquistare la fiducia <strong>dei</strong>consumatori. In questa prospettiva, laprivacy si presenta come un valore aggiunto,addirittura come un efficace strumento diconcorrenza tra imprese. I prepotenti della“Zero privacy” cominciano ad essere abbandonatiall’interno del loro stesso mondo.Si profila così la possibilità di un’alleanza“virtuosa” tra difensori della privacy e settoriavanzati del mondo imprenditoriale, conopportunità crescenti anche per i gruppi cheoperano nell’interesse <strong>dei</strong> consumatori.Anche in Italia, infatti, cominciano a svilupparsiiniziative tendenti ad offrire alle impreseuna “certificazione di qualità” delle loropolitiche di privacy, ad offrire ai cittadini lapossibilità di essere inseriti in “liste Robinson”,costituite dai nomi delle persone chedichiarano preventivamente di non voler riceverecomunicazioni pubblicitarie.Seguiamo con attenzione queste iniziative,consapevoli anche <strong>dei</strong> problemi che possonoporre. Di nuovo può soccorrerci l’esperienzadegli Stati Uniti, dove grandi “certificatori”sono incappati in gravi infortuni, avendo offertola loro copertura a soggetti poi rivelatisi adir poco disinvolti nel trattare dati personali.Si pone così il problema dell’affidabilità <strong>dei</strong>certificatori, delle loro responsabilità, anchepatrimoniali, nei confronti del pubblico. Allostesso modo, la mancata richiesta d’essereinseriti in una “lista Robinson” non può maiessere considerata come un consenso indirettoo presunto a ricevere pubblicità.Da parte nostra stiamo completando l’analisidelle politiche <strong>dei</strong> siti italiani, non fermandocialla superficie, che può rivelarsi ingannevole,delle modalità di raccolta <strong>dei</strong> consensi. Sifanno sempre più sottili e sofisticate le formedi trattamento “invisibile” delle informazioni,che sono comunque illegali, come ha ribaditoin una sua Raccomandazione il Gruppo<strong>dei</strong> Garanti europei. Su questo interverremocon modalità concordate con le autorità deglialtri paesi, sollecitando anche l’adozione dipiù puntuali regole deontologiche, sostenendol’azione di quanti insistono per l’introduzionedi più adeguati standard tecnici (l’industriadel sofware ha mostrato attenzione peralcuni suggerimenti avanzati dalla comunitàdi Internet), mettendo in evidenza le relazionidi fiducia indispensabili per attribuire credibilitàalle attività di certificazione.I “decaloghi” sulla propagandaelettorale e la videosorveglianza,l’attenzione per gli interessidel cittadino “comune”ministero dell’Interno e Garante per ilprogramma di videosorveglianza sull’autostradaSalerno-Reggio Calabria. Qui il trattamentodelle informazioni rispetta i principi difinalità, pertinenza, proporzionalità, in particolareper quanto riguarda il tempo diconservazione <strong>dei</strong> dati raccolti: questo rispetto<strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> cittadini non ha limitato l’efficaciadelle misure di sicurezza: le rapinesono diminuite del 40%. E lo stesso si puòdire per i sistemi di videosorveglianza sumezzi pubblici, sui varchi d’accesso ai centristorici, su aree particolarmente a rischio.Ma si racconta spesso che, posti di fronteall’alternativa tra sicurezza e riservatezza, icittadini scelgono sempre la prima. La nostraesperienza ci dice che non è così. Il bisognodi intimità, ad esempio sulle spiagge, porta arifiutare ogni occhio indiscreto. L’identificazione,sia pure casuale, <strong>dei</strong> pazienti che entranoin uno studio medico, in una strada videosorvegliata,provoca forti e giustificatereazioni di rigetto. Potrei proseguire in questacasistica che, comunque, dovrebbe metterein guardia contro le semplificazioni. Sedavvero si vogliono conoscere le opinioni <strong>dei</strong>cittadini in una materia tanto delicata, bisognaarticolare le domande, identificando ireali interessi implicati in situazioni che sipresentano assai diverse l’una dall’altra.Proprio questa ricchezza di interessi si riflettenella gran massa dell’attività del Garante,che incontra i bisogni minuti, quotidiani dellepersone. I diritti sul luogo di lavoro, nellascuola, nel comune; le questioni della salute;le relazioni con istituti bancari ed assicurativi,con centrali rischi private, con gestori <strong>dei</strong>servizi telefonici; la qualità dell’informazionecommerciale; i rapporti condominiali: qui, ein altre materie, gli interventi del Garantesono intensissimi e confermano la sua collocazionedalla parte <strong>dei</strong> cittadini. Una linea,questa, lungo la quale si svilupperanno, tragli altri, gli interventi imminenti sull’uso dellee-mail e di Internet nei luoghi di lavoro,questione sulla quale si pronuncerà all’iniziodi settembre il Gruppo <strong>dei</strong> Garanti europei.Ma una nuova questione si è aperta, legataall’impetuoso sviluppo della ricerca genetica,che tocca nel profondo l’identità stessa dellepersone. Le informazioni genetiche sipresentano ormai come i più sensibili tra idati sensibili, per il loro carattere strutturale,per le loro attitudini predittive, per la loro riferibilitàa tutti i componenti di un gruppo biologico.Fin dall’inizio della sua attività il Garanteha colto questa novità, adottando regoleparticolarmente severe per evitare in particolareutilizzazioni discriminatorie <strong>dei</strong> datigenetici. La recente ratifica, con la legge n.145 del <strong>2001</strong>, della Convenzione europeaL’articolazione degli strumenti regolativiconosce anche altri modelli. La nostra esperienzaci porta a sottolineare l’importanza <strong>dei</strong>codici deontologici che possiamo definire “dinuova generazione”, perché non sono il fruttodella sola iniziativa <strong>dei</strong> settori interessati,ma della collaborazione tra questi e l’autoritàgarante, a livello nazionale ed europeo. InItalia sono già vigenti il codice per l’attivitàgiornalistica e per la ricerca storica; sta peressere pubblicato quello sulla ricerca statisticapubblica, al quale seguiranno quelli sullastatistica e la ricerca scientifica privata, sulleinvestigazioni private e l’attività forense(particolarmente importante anche per leindagini difensive nel quadro del nuovoprocesso penale), mentre si lavora al codicedell’attività bancaria.Il Garante sta adeguando la sua struttura allacomplessa realtà nella quale lavora. Soloall’inizio di quest’anno è stata possibile lasistemazione in ruolo del personale e lanomina <strong>dei</strong> dirigenti. Selezioni e concorsipubblici sono stati avviati per un nuovo reclutamento,indispensabile per assicurare lafunzionalità dell’ufficio: l’imponente lavoro diquesti anni è stato svolto da un organicoristrettissimo, che oggi comprende solo 51persone. Una nuova figura organizzativasarà introdotta per migliorare la gestione eadeguarla alle complesse esigenze dellanuova organizzazione dell’ufficio.Valutando il flusso delle richieste rivolte alGarante nel 2000, queste sono state 19.571,confermando la tendenza del periodo precedentee portando il loro numero complessivonel quadriennio a circa 120.000.sulla biomedicina rafforza in maniera decisivail divieto di utilizzare i dati genetici perfinalità diverse da quelle di tutela della salutedell’interessato e di ricerca scientifica,dunque escludendo la possibilità di ricorreread essi in relazione ad atti a contenutoeconomico, come i contratti di lavoro e diassicurazione. Opereremo per il rafforzamentodi queste garanzie, vegliando anchesulle modalità delle ricerche svolte sul patrimoniogenetico di piccole comunità, perevitarne utilizzazioni lesive della sfera privata<strong>dei</strong> soggetti ai quali si riferiscono.I nuovi codici deontologiciNon neghiamo che ciò ponga problema delicatisul terreno delle fonti del diritto. I codicidi comportamento, tuttavia, si stanno diffondendodappertutto nel mondo e nelle materiepiù diverse, grazie alla loro flessibilità eadattabilità, che ne fanno strumenti capaci diseguire una realtà in continuo e spessotumultuoso mutamento, dove le tradizionaliforme di disciplina legislativa possono rivelarsiinadeguate.Ed essi costituiscono anche un terreno sperimentale,per saggiare la validità di soluzioninuove, da trasferire poi eventualmente sulterreno legislativo. Naturalmente, condizioneperché questi codici possano avere pienalegittimazione è l’esistenza di un chiaroquadro di principi di riferimento, fissato dallalegislazione.La delega al GovernoProprio il chiarimento e il completamento delquadro legislativo è il compito affidato oggi aGoverno e Parlamento da una delega cheprevede l’emanazione, entro l’anno, di nuovidecreti delegati e, entro il <strong>2001</strong>, di un testounico che riordini complessivamente l’interosettore. Per i tempi, e per l’ampiezza dellematerie da trattare, si tratta di un compitoassai impegnativo, al quale il Garante è prontoa dare la massima sua collaborazione,anche oltre il compito istituzionale di esprimerespecifici pareri.Bisognerà affrontare, infatti, questionicomplesse come quelle relative ai dati perfinalità di giustizia e di polizia, ad Internet,alle diverse forme di sorveglianza, al directmarketing.Bisognerà risolvere questioni lasciate aperteda inadeguatezze dell’attuale legge, adesempio nel settore bancario. Bisogneràpuntare a garanzie sostanziali, semplificandoulteriormente là dove gli adempimentiburocratici non rispondano a nessuna realefunzione di garanzia (come nella materiadelle notificazioni).Suggeriamo fin d’ora a Governo e Parlamentodi affrontare due questioni. È opportunorivedere il sistema delle sanzioni penaliprevisto dalla legge n. 675, per chiariremeglio alcune fattispecie e per sostituire lasanzione penale con una amministrativa ointerdittiva, là dove queste ultime si rivelanopiù adeguate ed efficienti, anche per la loropiù rapida applicazione (ad esempio, in relazionealle omesse notificazioni). Inoltre, dopola conclusione <strong>dei</strong> lavori della Commissionedel Parlamento europeo sul caso Echelon,sono necessarie iniziative concrete pergarantire cittadini e imprese italiane controforme di raccolta delle informazioni che violanotutte le regole dell’Unione europea inmateria di dati personali.L’ufficio del Garante:attività e strutturaSi è confermata anche l’efficienza nella trattazione<strong>dei</strong> ricorsi, tutti risolti (e sonocomplessivamente 354) nel brevissimotermine prima di venti e ora di trenta giorni,con un buon esempio di giustizia rapida equasi per nulla costosa. Le risposte a segnalazionie reclami sono passate, tra il 1999 e il2000, da 130 a 687.La qualità di questo lavoro è testimoniata dalbassissimo numero di impugnazioni <strong>dei</strong>nostri provvedimenti, soltanto otto (2.2% sultotale <strong>dei</strong> ricorsi decisi), accolte dai giudiciordinari in tre casi soltanto. Merita, invece,d’essere particolarmente sottolineata laprima e recentissima sentenza della Corte diCassazione (n° 2783 del 30 giugno <strong>2001</strong>della Prima sezione civile) con la quale,respingendo pericolose interpretazioni5


P R I V A C Yrestrittive, è stata accolta l’impostazione delGarante per quanto riguarda l’identificazione<strong>dei</strong> dati personali e la nozione di banca dati.Permane un arretrato, già segnalato lo scorsoanno: non è stata ancora data specificarisposta a 3454 tra segnalazioni e richieste.Questo problema può essere ora affrontatoin modo più adeguato grazie alla costituzionedi un apposito ufficio, al quale verrà destinatagran parte del nuovo personale, perrendere possibile l’eliminazione di questoarretrato in tempi brevi. È bene tener presente,ad ogni modo, che si tratta di un arretratoche riguarda l’intero quadriennio passato, sìche la sua incidenza sul numero complessivodi ricorsi, segnalazioni, reclami e richiesteammonta al 2.8%.Un ritardo si è manifestato anche nell’inserimentodelle notificazioni nel Registro generale<strong>dei</strong> trattamenti. Delle 297.500 notificazioniricevute, 270.000 sono state già inseritenel Registro e sono consultabili. Per quantoriguarda le altre, è stato stipulato uncontratto che consentirà di eliminare l’arretratoentro settanta giorni e, quindi, di inserirele nuove notificazioni nel registro <strong>dei</strong> trattamentilo stesso giorno in cui verranno ricevute.Dal prossimo autunno cominceranno afunzionare la biblioteca ed il centro di documentazione.Queste strutture, che raccoglierannoil più ricco materiale esistente in Italiaper lo studio <strong>dei</strong> rapporti tra tecnologie e diritti,saranno aperte al pubblico.Alcune questioni aperteIl lavoro complessivamente svolto dal Garantesuggerisce anche una serie di valutazioniqualitative, dalle quali trarre indicazioni perl’attività futura, per offrire al Parlamentoelementi di valutazione e per segnalare alGoverno “l’opportunità di provvedimentinormativi richiesti dall’evoluzione del settore”,come prevede l’art. 31 della legge.Abbiamo in più occasioni segnalato l’omessaconsultazione del Garante in casi esplicitamenteprevisti dalla legge, e lo abbiamoripetutamente fatto presente alla Presidenzadel Consiglio. Ci auguriamo che la Presidenzavoglia richiamare i ministeri al rispetto ditale norma, anche per evitare l’invalidità degliatti emanati.Non sottolineiamo questo fatto lamentando laviolazione del prestigio del Garante. La nostraconsultazione serve ad assicurare che inprocedimenti che incidono - lo ripeto - su undiritto fondamentale del cittadino possa trovareespressione il punto di vista dell’organo alquale è istituzionalmente affidata la cura ditale interesse. Peraltro, nella grandissimamaggioranza <strong>dei</strong> casi in cui è stata richiesta,anche informalmente, la collaborazione delGarante, questa si è svolta in un clima cheha consentito un miglioramento, talvolta decisivo,<strong>dei</strong> provvedimenti in questione.Mi limito a ricordare i casi del “registro nazionale”dello stato civile e della proposta dicostituzione di un’anagrafe unica degli italiani,del processo civile telematico, dellacentrale rischi della Banca d’Italia. In altricasi, l’aver trascurato i suggerimenti delGarante ha provocato conseguenze negative,com’è avvenuto per la tessera elettorale.Segnaliamo al Governo alcune questioniaperte, mantenendo piena, come in passato,la nostra offerta di collaborazione:rimane negativo il quadro delle garanzie peralcune banche dati riguardanti il Welfare, inparticolare per quanto riguarda il riccometro,il sanitometro, il Sistema Informativo Lavoro;Diritto di cronacae diritto alla privacy:gli interventi del Garante nel 2000Attività giornalistica e rispIn diverse circostanze, il Garante ha dovuto ribadire la necessitàdi applicare la normativa – in ampia parte di caratterespeciale – dettata con riguardo ai trattamenti di dati personalisvolti nell’ambito dell’attività giornalistica. Così, ad esempio,nel dichiarare infondato un ricorso presentato controalcune importanti testate nazionali da parte di una testimoneall’interno di un procedimento penale per gravi reati(Provv.del 3 luglio 2000), l’Autorità ha chiarito che il trattamentodoveva essere valutato alla luce di quanto dispostodall’art. 25 della legge n. 675/1996 e dal codice di deontologiarelativo al trattamento <strong>dei</strong> dati personali nell’eserciziodell’attività giornalistica (Provv. del 29 luglio 1998, in G.U. del3 agosto 1998).Pertanto, quando gli articoli o i servizi pubblicati costituisconouna legittima espressione del diritto di cronaca, magariin relazione – come nel caso di specie – a delicate indaginivolte ad appurare l’attendibilità di una testimone (l’interessata)e di sue rilevanti dichiarazioni ai fini processuali, e il trattamentoè finalizzato ad informare l’opinione pubblica suglisviluppi di una vicenda che ha richiamato l’attenzione a livellonazionale, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazionee della pertinenza <strong>dei</strong> dati riferiti, lo stesso trattamento deveconsiderarsi legittimo.In tal caso, quindi, non può invocarsi il mancato conferimento,da parte dell’interessata, del preventivo consenso al trattamento<strong>dei</strong> dati, essendo questo esplicitamente esclusodalle disposizioni appena richiamate. Ciò, anche quandoattraverso gli articoli e le trasmissioni vengano diffusi dati dicarattere sensibile, essendo anche in questa ipotesi consentitoprescindere dal consenso, naturalmente ove sia rispettatoil limite posto al diritto di cronaca dall’essenzialitàdell’informazione e si evitino riferimenti a congiunti o ad altrisoggetti non interessati ai fatti (art. 5 del citato codice deontologico).Argomentazioni analoghe hanno fondato la decisione originatada un ricorso – poi dichiarato infondato – presentato daalcuni consiglieri di amministrazione, dirigenti e giornalisti diuna delle principali aziende radiotelevisive nazionali chelamentavano l’avvenuta pubblicazione su un quotidiano diuna serie di articoli in cui venivano evidenziate asseriteappartenenze politiche degli stessi, nonché rapporti e relazionipersonali (amichevoli od ostili) esistenti all’interno dell’a-SentenzadellaCassazioneRodotà può ordinare a de Bortoli:“Correggi quella notizia sbagliata”La legge sulla tutela <strong>dei</strong> datipersonali non si applica soloagli archivi elettronici, maanche all’informazione giornalistica,E, pertanto, ilGarante per la protezione<strong>dei</strong> dati personali può ordinareal direttore di un giornalela rettifica di informazionilesive dell’identità di unapersona. È questo il filo conduttoredella sentenza8889/<strong>2001</strong> con la quale laprima sezione civile dellaCassazione (presidenteCarnevale) ha annullata unasentenza del tribunale diMilano.L’intervento del Garante, avvenutonell’aprile ‘99, erastato provocato dal ricorsodella signora Maria TeresaValoti, vedova Olcese, laquale aveva chiesto che negliarticoli di cronaca pubblicatisul Corriere della Serala definizione di “signoraOlcese” venisse attribuita alei e non anche alla primamoglie di Vittorio Olcese,Giuliana De Cesare.Il Garante aveva, successivamente,imposto all’editoree al direttore del Corrieredella Sera di cessare il“comportamento illegittimo”rettificando la registrazioneo, comunque, la trattazione<strong>dei</strong> dati personali della ricorrentein modo tale da “individuarecorrettamente con l’espressionesignora Olcesesoltanto la ricorrente MariaTeresa Valoti anziché la signoraGiuliana De Cesare”,nonché di divulgare la rettificacon la pubblicazione diun comunicato sul quotidiano.Il Tribunale di Milano, condecisione del 14 ottobre1999, ha accolto l’opposizione,annullando il provvedimentoemesso dalGarante. Nella motivazionedella decisione il Tribunale,ha osservato, tra l’altro, chela direttiva della CommissioneEuropea 95/46/CE, inbase alla quale è stata approvatadal nostro Parlamentola legge 675/96, circoscrivein modo inequivocabileil proprio ambito diapplicazione al trattamento<strong>dei</strong> dati personali comunquedestinati all’archiviazione epertanto non concerne leinformazioni diffuse dai giornali:ciò deve indurre, secondoil Tribunale ad interpretarein senso restrittivo la portatadella legge n. 675/96,anche per evitare che la suaapplicazione si ponga incontrasto con l’articolo 21della Costituzione, che tutelala libertà di informazione.Il Tribunale, inoltre, ha ritenutoche la diffusione di talinotizie rientri nell’eserciziodel diritto di cronaca e che ilprovvedimento del Garantesi sia posto in contrasto conl’articolo 21 dellaCostituzione, che “pone allapubblica autorità il divietoassoluto di adottare provvedimentidiretti ad esercitarecontrolli o assensi preventivisul contenuto delle pubblicazioni”.La portata della legge n.675/1996 – ha affermato laCorte di Cassazione – nonè limitata all’archiviazionedelle informazioni nelle banchedati; l’attenzione che lalegge dedica a tali banche,e dunque a quel particolaretrattamento che consistenella elaborazione ai fini diarchiviazione per un successivouso, si giustifica conla considerazione di comuneesperienza della rapiditàdi tale uso da parte di chiaccede all’archivio. “Il vantaggiodell’archiviazione –ha osservato la Corte – èper l’appunto di consentirela disponibilità immediata,all’occorrenza, di un datoda adoperare ai più svariatifini; pertanto l’attenzionedella legge all’archiviazionenon può essere consideratafine a se stessa, bensì adimpedire la diffusione delleinformazioni scorrette. Diconseguenza – ha affermatola Corte – qualunque trattamento,anche quello giornalistico,dell’informazione,e non soltanto quello direttoalla conservazione in archivio,deve avvenire nel rispetto<strong>dei</strong> principi stabilitidall’articolo 1 della legge n.675 del 1996, che tutela i dirittifondamentali e la dignitàdelle persone, con particolareriferimento alla riservatezzaed all’identità personale”.Il potere, attribuito dalla leggeal Garante, di disporre larettifica di informazioni giornalistiche– ha affermato laCorte – non si pone in contrastocon l’articolo 21 dellaCostituzione, “che vieta ogniintervento censorio”: altro è,infatti, un ordine o un poteredi inibitoria alla pubblicazione,da ritenersi contrario allaCostituzione, altro è un ordinedi rettifica. “L’attività giornalistica– ha osservato laCorte – legittima di per sé altrattamento <strong>dei</strong> dati, anchepersonali, ma ciò deve avvenirenei limiti di cui all’articolo1 della legge: pertantoneppure l’essenziale eserciziodell’informazione puòsovrapporre al dato esclusivodi una persona fisica(quale il nome) l’eventualeuso di tale dato da parte diterzi”.(Fr. Ab.)6 ORDINE 8 <strong>2001</strong>


permangono ritardi gravi nei decreti attuativiriguardanti la materia delicatissima del trattamento<strong>dei</strong> dati sensibili, sì che risultano illecitii comportamenti di numerose amministrazionipubbliche;le moltissime lamentele <strong>dei</strong> cittadini sollecitanol’intervento del ministro della Sanità inmateria di ricette mediche;ai ministri dell’Interno e della Sanità chiediamointerventi per uniformare le diverse prassipresso comuni ed aziende sanitarie locali,spesso inutilmente burocratiche e che nontutelano, invece, la privacy <strong>dei</strong> pazienti;chiediamo al ministro dell’Interno di coinvolgere ilGarante nelle sperimentazioni della carta d’identitàelettronica e <strong>dei</strong> servizi ai cittadini attraversole reti civiche, come già era stato assicurato;Ma la crescente disponibiltà di una gammasempre più estesa di tecnologie determinaproblemi qualitativi sui quali, in conclusione,vogliamo richiamare l’attenzione, perchésiamo di fronte a possibili, radicali mutamentidelle nostre organizzazioni sociali.In uno <strong>dei</strong> primi provvedimenti del Governo,ad esempio, si è opportunamente stabilitoche il regime di conoscibilità delle aliquotedell’addizionale Irpef non sia più affidato allapubblicazione nell’albo pretorio, ma sul web.Ma non in tutti i casi il passaggio dai tradizionaliregimi di pubblicità a quelli elettroniciappare accettabile. Il Garante ha dovutoaffrontare un caso in cui un ufficio giudiziario,dovendo effettuare le notificazioni allemolte parti di un processo, aveva appuntodeciso di farlo attraverso un sito web. Maquesto ha comportato la conoscibilità daparte di una platea indeterminata di soggettisegnaliamo alla Presidenza del Consiglio lanecessità di dare risposte alle nostre segnalazioniriguardanti i servizi di sicurezza e dipolizia;al ministro della Giustizia segnaliamo lequestioni, da noi ripetutamente sollevate,delle diverse garanzie di riservatezza neigiudizi civili e penali, nonchè delle modalitàdelle notificazioni degli atti giudiziari,spesso effettuate in forme che ledono,prima ancora che la riservatezza, ladignità stessa delle persone alle qualisono indirizzate.al ministro per l’Innovazione e le Tecnologiechiediamo di considerare con particolareattenzione i problemi derivanti dall’interconnessionetra le diverse banche dati pubbliche.Diritti e nuove tecnologiedel fatto che le parti lese, indicate con tuttele generalità, erano state contagiate ederano ammalate di epatire virale o di Aids,violando la dignità di queste persone. Abbiamoritenuto questo “slittamento” dallevecchie alle nuove forme di notificazione unaviolazione delle norme sul trattamento <strong>dei</strong>dati, scorgendo in ciò anche una violazionedel diritto costituzionale a far valere in giudizioi propri diritti. Chi, infatti, ricorrerà al giudicese questo avrà come contropartita uninammissibile obbligo di denudarsi davantiall’intera collettività?Il rischio di derive tecnologiche è nelle cose,e nelle cifre che rappresentano la realtà inturbinoso cambiamento. In Italia si inviano 30milioni di messaggi Sms al giorno. I dati ditraffico conservati dalle società telefonichesono ben oltre i cento miliardi, e consentonodi ricostruire l’intera rete delle relazioni perso-nali, sociali, economiche di ciascuno di noinei passati cinque anni. Si stanno sperimentandosoftware che consentiranno entrobreve tempo di inviare cento milioni di e-mailal giorno, con il rischio che ciascuno di noi nericeva da trenta a cinquanta in una giornata,con conseguenti costi in termini di tempo e diconnessione alla rete. Centinaia di migliaia disistemi di controllo a distanza sono giàoperanti. Cresce in maniera esponenziale ilricorso ai test genetici, e crescono le pretesedi assicuratori e datori di lavoro per utilizzarlinel valutare chi chiede un’assicurazione oun’assunzione: negli Stati Uniti sono già staticensiti centinaia di casi di discriminazione suquesta base, e questa è la ragione dell’interventodi Bush ricordato all’inizio.Questo non è allarmismo, è realismo. Se nonsi prenderà coscienza del significatocomplessivo di questo fenomeno, e si sacrificheràtutto sull’altare di una efficienza tuttaMa noi dobbiamo qui ripetere la testimonianzagià proposta negli anni passati, fondata suuna esperienza che fa riferimento ad unasterminata serie di casi in cui la richiesta diuna forte tutela della sfera privata esprime,insieme, un bisogno di intimità, il rifiuto d’ognipossibile discriminazione, l’esigenza dicompiere le proprie scelte personali, sociali,politiche fuori d’ogni rischio di stigmatizzazionesociale. La privacy rompe gli angusti steccatinei quali ancora vorrebbe chiuderla unasua arcaica lettura. La protezione <strong>dei</strong> datipersonali è ormai componente essenzialedella cittadinanza democratica nella societàdell’informazione. E pure del diritto di ciascunodi costruire liberamente la propria personalità,anche manifestando un io diviso in cuiconvivono esibizionismo e riservatezza.delegata alla tecnologia, non si produrràsoltanto uno scarto tra proclamazione deldiritto fondamentale alla protezione <strong>dei</strong> datie realtà delle sue quotidiane violazioni. Sirestringeranno gli spazi vitali delle persone,continuamente esposte a sguardi e messaggiindesiderati, ormai incapaci di godere diintimità, obbligate a modellare la loro stessapersonalità da questo obbligo di vivere continuamente“in pubblico”, sottoposti ad unaimplacabile registrazione d’ogni atto anchequando si fa una passeggiata o si fa unacquisto in un supermercato.Si dice che questa non è più soltanto unacondizione tecnologicamente determinata,ma socialmente gradita. Si invoca l’autoritàdelle mille trasmissioni televisive dove volontariamentesi espone la propria intimità all’occhiodi milioni di spettatori. Si ridefisce lo stessoconcetto di base della nostra materia ricorrendoad un ossimoro: la privacy “condivisa”.Un aspettodella cittadinanza democraticaSu questo sfondo si muove l’azione delGarante, che ha come bussola quel riferimentoalla dignità della persona che oggi apre laCarta <strong>dei</strong> diritti fondamentali dell’Unione europea,ma che, con significativa anticipazione,compare nell’art. 1 della nostra legge.Ma, proprio perché siamo di fronte a mutamentidella società che coinvolgono il destinomedesimo delle persone e della democrazia,ripetiamo qui che non può bastarel’impegno volonteroso di un’autorità. Spettaal Parlamento, luogo massimo della rappresentanza,discutere e decidere del ruolodelle tecnologie nelle nostre società. Lodiciamo non per omaggio al luogo che ciospita, ma per comune e convinta convinzionedemocratica.Stefano Rodotàetto <strong>dei</strong> principi della legge n. 675/1996zienda televisiva medesima (Provv. del 31 maggio 2000).Anche in tal caso l’Autorità, applicando la disciplina soprarichiamata, ha ritenuto che gli articoli fossero espressione diuna legittima modalità di esercizio del diritto di cronaca – perquanto opinabili potessero essere i toni utilizzati – con riferimentoalla personalità, alle esperienze professionali ed agliincarichi ricoperti dalle persone su indicate, le quali occupavanoappunto posti di rilievo in un’azienda di primaria rilevanzasociale.Nel caso di specie, non sussistevano gli estremi per censurareil diritto <strong>dei</strong> mezzi di informazione di esprimere valutazioni,anche critiche, riferite alle singole persone, atteso che,peraltro, le notizie riportate potevano essere acquisite correttamentedai giornalisti attraverso la consultazione di giornali,interviste, colloqui, dichiarazioni o attingendo alle consuetefonti lecitamente utilizzate nella cronaca giornalistica.Tale pronuncia del Garante, come altre analoghe, non eraovviamente preclusiva per gli interessati della possibilità diadire il giudice ordinario per rivolgere eventuali diverse istanzein sede civile o penale che esulano dall’ambito di competenzadel Garante.In questo contesto, merita infine di essere ricordata la decisionecon la quale l’Autorità ha dichiarato non fondato unricorso presentato dal titolare di una ditta artigiana. Questiaveva infatti lamentato l’avvenuta pubblicazione su un quotidianolocale della notizia secondo la quale alcuni consigliericomunali avevano segnalato alla Corte <strong>dei</strong> conti il comportamentodi un comune concernente una transazione con il ricorrente,relativamente al versamento di una penale contrattualelegata a “gravi motivi di salute” del ricorrente medesimo(Provv. del 22 gennaio <strong>2001</strong>, in Bollettino n. 16, p. 8).In tale circostanza il Garante ha constatato che l’articoloriguardava una contestata vicenda amministrativo-erarialeche traeva spunto da atti e documenti accessibili al pubblico.La vicenda era quindi riferita ad un fatto di interesse generalerelativo al corretto svolgimento dell’attività amministrativacomunale e, nel caso di specie, non era stata descritta ricorrendoa particolari o dettagli non pertinenti; il generico riferimentoai “motivi di salute” del ricorrente (origine della controversariduzione della penale, contestata dai consiglieri comunali)non è stato reputato, proprio in ragione della sua genericità,tale da recare lesione alla dignità dell’interessato: invirtù di ciò l’Autorità ha considerato lecita la pubblicazionedell’articolo, dichiarando pertanto infondato il ricorso. L’applicazionedella normativa ai trattamenti svolti in ambito giornalistico,alle fotografie pubblicate dai giornali ed alle ripresetelevisive.In altre circostanze l’Autorità ha applicato la normativa a trattamentidi dati personali, realizzati nell’ambito della professionegiornalistica, sotto forma di fotografie o di immaginidiffuse attraverso i mezzi di informazione.Anche in tali eventualità all’autore delle fotografie (o delleriprese) si applica la previsione dell’art. 25, comma 4, dellalegge n. 675/1996; quest’ultima disposizione, infatti, estendele norme relative all’esercizio della professione di giornalistaai “trattamenti temporanei finalizzati esclusivamente allapubblicazione di articoli, saggi o altre manifestazioni delpensiero” e fra queste, possono essere appunto inseriteanche le attività dirette a realizzare un servizio fotografico,atteso che anche le fotografie che ritraggono persone sonotrattate dalla legge alla stregua di documenti contenenti datipersonali (art. 1, comma 2, lett. c), l. n. 675/1996).Per tale ragione, colui che scatta fotografie, al pari di chiraccoglie notizie, è tenuto a rendere note la propria identità,la propria professione e le finalità della raccolta, senza ricorreread “artifici o pressioni indebite” (art. 2 del codice deontologico<strong>dei</strong> giornalisti).Al riguardo, con particolare riferimento all’informativa semplificataprevista per i trattamenti svolti nell’ambito dell’attivitàgiornalistica, il Garante ha chiarito che questa trova applicazioneanche nelle ipotesi in cui i dati sono raccolti presso unsoggetto diverso dall’interessato (Provv. del 21 febbraio2000).Nel caso di specie, il Garante era stato investito dell’esamedi una vicenda che aveva visto la pubblicazione, da parte diun organo di stampa, delle copie di alcune fotografie relativead un noto personaggio dello spettacolo conservate pressol’abitazione <strong>dei</strong> genitori di questo. Poiché, dunque, le fotografieritraevano una persona diversa rispetto a coloro che vivevanonella casa in cui erano conservate, esse non potevanoconsiderarsi raccolte presso l’interessato, con conseguenteinoperatività dell’obbligo di informativa ai sensi dell’art. 10,comma 1, della legge n. 675/1996.La disciplina sulla riservatezzaper i personaggi pubblici e le persone noteAnalogamente a quanto accade in altri ordinamenti, anchenel nostro la sfera privata delle persone che ricoprono determinatecariche pubbliche o che hanno acquisito una particolarenotorietà risulta essere per certi aspetti più ridotta rispettoa quella delle persone la cui vita privata è protettamaggiormente.Tenendo conto di tale principio, il codice deontologico <strong>dei</strong>giornalisti ha però previsto che la sfera privata delle personenote o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettatase la notizia o di dati non hanno alcun rilievo sul ruolo osulla loro vita pubblica (art. 6).Nel corso del 2000 il Garante si è trovato più volte ad applicaretale disposizione, a fronte di reclami presentati da alcunipersonaggi pubblici che denunciavano una lesione dellapropria vita privata. È questo, ad esempio, il caso di un quesitosottoposto all’Autorità da un noto parlamentare che avevapreso parte ad una cerimonia in cui erano presenti altripersonaggi pubblici, e che aveva visto il suo nome riprodotto,insieme a quello di altri, in un articolo di giornale che riferivadella cerimonia medesima.In tale occasione, il Garante ha constatato che non vi erastata alcuna violazione delle disposizioni del codice deontologicoappena richiamate e che una parte dell’articolosembrava anzi scaturire da una precisazione fornita direttamentedall’interessato. Più in generale, l’Autorità ha ricordatoche, con riguardo al principio dell’essenzialità dell’informazione,può considerarsi lecita anche un’informazione moltodettagliata, qualora ricorrano determinati presupposti, tra iquali rileva la qualificazione <strong>dei</strong> protagonisti come personaggipubblici (Provv. del 21 febbraio 2000 e, per un caso analogo,Provv. del 20 ottobre 2000).Fatti resi noti direttamente dagli interessatio attraverso i loro comportamenti in pubblicoCon riguardo alla diffusione operata dai mezzi di informazione,nell’ipotesi in cui gli stessi interessati abbiano in qualchemodo reso pubbliche le notizie che li riguardano, vieneprecluso in alcuni casi un intervento dell’Autorità diretto aridurre la diffusione delle informazioni medesime (v., inproposito, il comunicato n. 5 del 17 gennaio 2000, in Bollettinon. 11-12, p. 83).La legge n. 675/1996, mentre ha previsto in generale che igiornalisti devono rispettare i limiti del diritto di cronaca, conparticolare riferimento a quello dell’essenzialità dell’informazioneriguardo a fatti di interesse generale, ha lasciato fermala possibilità di trattare i dati relativi a circostanze e fatti resinoti direttamente dall’interessato o attraverso i suoi comportamentiin pubblico (art. 25, comma 1). Tale ipotesi ha trovatoanche riscontro nel codice di deontologia <strong>dei</strong> giornalisti cheha fatto salvo il diritto di addurre successivamente motivilegittimi di tutela, ma non ha ribadito il limite dell’essenzialitàdell’informazione, richiamato invece con particolare pregnanzaper quanto attiene ai dati sensibili (art. 5 del codice dideontologia).A questo riguardo, si può ricordare un ricorso riguardante ledichiarazioni fatte dal padre naturale di un minore durantealcuni programmi televisivi. Chiarito che in tale ipotesi nonsarebbe stato in ogni caso applicabile l’art. 3 della legge n.675/1996 (in tema di trattamento di dati per fini esclusivamentepersonali), l’Autorità ha constatato che la vicenda allaquale era stata fatta menzione durante la trasmissione eranotoria, in quanto già oggetto di cronaca giornalistica, anchea seguito di dichiarazioni <strong>dei</strong> relativi protagonisti (v. Provv. del28 febbraio 2000). Di qui l’impossibilità di accogliere la richiestadi opposizione al trattamento formulata dalla ricorrente(in quanto trovava applicazione il già citato art. 5, comma 2,del codice deontologico), che lascia però impregiudicatal’esigenza che giornalisti e conduttori delle trasmissioni televisiveoperino in modo da evitare o ridurre il rischio di trattarei dati riferiti ai minori in modo da non incidere sul correttosviluppo della personalità degli stessi (ciò, in particolare, conriferimento all’art. 7 del codice <strong>dei</strong> giornalisti, sul quale sitornerà fra breve).Un altro caso che merita di essere menzionato è quello incui il Garante è stato chiamato a decidere sul ricorso presentatoda una madre nei confronti di una televisione a diffusionenazionale, in relazione ad un servizio relativo al rimpatrioin Italia della propria figlia minore a seguito della decisione diuna Corte distrettuale statunitense. Anche in tale frangentel’Autorità ha dichiarato infondato il ricorso in quanto, sebbeneORDINE 8 <strong>2001</strong>7


P R I V A C YLA TUTELA DEI MINORII minori restano tra i soggetti più esposti e indifesirispetto al rischio di lesione <strong>dei</strong> propri diritti fondamentali(ed in particolare del diritto alla riservatezza)da parte <strong>dei</strong> mezzi di informazionele fotografie riprodotte nel filmato trasmesso riguardasseroun minore, erano state mostrate da uno <strong>dei</strong> genitori, per dipiù in un contesto di sentita prospettazione di una complessavicenda familiare che aveva destato in più occasioni ilpubblico interesse (Provv. del 23 novembre 2000).Pubblicazione a mezzo stampa <strong>dei</strong> provvedimentidisciplinari assunti dagli Ordini professionaliCome il Garante ha avuto modo di chiarire altre volte, nonsempre l’applicazione della normativa sulla tutela <strong>dei</strong> datipersonali porta ad una minore conoscibilità delle informazioni.In alcune circostanze, infatti, quando devono essere tutelatialtri diritti e valori, la disciplina sulla riservatezza può farsiveicolo di una maggiore trasparenza. E ciò può riguardareIndebite ingerenze nellavita privata <strong>dei</strong> minoripossono comportare danniirreparabili nella relativa vitadi relazione e nello sviluppodella personalità, derivantia volte dalla tendenza aspettacolarizzare vicendeche meriterebbero invecemaggiori cautele da parte<strong>dei</strong> media. Per tale ragione,anche nel corso del 2000 ilGarante si è visto più volteobbligato a richiamare alrispetto <strong>dei</strong> precisi limiti alladiffusione <strong>dei</strong> dati personalisui minori (si veda, in particolare,il Provv. del 22 aprile2000). Come è noto,infatti, al fine di tutelarne lapersonalità, i giornalisti nondevono pubblicare i nomi<strong>dei</strong> minori coinvolti in fatti dicronaca, né fornire particolariin grado di condurre allaloro identificazione.Questo, nella consapevolezzache la tutela dellapersonalità del minore siestende anche ai fatti cheAttività giornalistica e rispetto<strong>dei</strong> principi della legge n. 675/1996anche trattamenti particolarmente delicati per la protezione<strong>dei</strong> dati, quali la diffusione attraverso i mezzi di informazione.Al riguardo, si può ricordare il caso in cui l’Autorità è statachiamata a decidere sul ricorso presentato da un avvocatoper lamentare l’avvenuta pubblicazione – su una rivistadell’ordine di appartenenza – del provvedimento di sospensionedalla professione adottato nei suoi confronti. In taleoccasione, il Garante ha avuto modo di ribadire che la leggen. 675/1996 non ha modificato la disciplina legislativa relativaal regime di pubblicità degli albi professionali ed alla conoscibilitàdegli atti connessi. Per tale ragione, deve ancora ritenersiche tali Albi siano destinati per loro natura e funzionead un regime di piena pubblicità, anche della tutela <strong>dei</strong> dirittidi coloro che a vario titolo hanno rapporti con gli iscritti aglialbi (Provv. del 29 marzo <strong>2001</strong>).Molte delle disposizioni che regolano tale forma di pubblicitàsono spesso risalenti nel tempo e necessitano pertanto diessere aggiornate anche al fine di individuare in modo piùpreciso le diverse forme di diffusione consentite, secondo lalogica sottesa alla legislazione in materia di riservatezza (art.27, comma 3, l. n. 675/1996). Ciò, tuttavia, non fa venir menola qualificazione degli Albi professionali come atti pubblici nonsolamente conoscibili da chiunque, ma anche oggetto didoverosa pubblicità. Più specificamente, il Garante ha chiaritoche la ratio sottesa alla pubblicità degli Albi e <strong>dei</strong> periodiciaggiornamenti relativi a nuove iscrizioni e cancellazioni ricorreanche per i provvedimenti che comportano la sospensioneo l’interruzione dell’esercizio della professione. Sebbene l’ordinamentopreveda al riguardo specifiche forme di pubblicità(es. comunicazione a tutti i consigli dell’<strong>Ordine</strong> degli avvocatied alle autorità giudiziarie del distretto al quale il professionistaappartiene: art. 46, commi 1 e 3, r.d.l. n. 1578/1933), èchiaro che le stesse consentono a chiunque di venire lecitamentea conoscenza di determinati provvedimenti e di darnelegittimamente ulteriore notizia. Il Garante ha potuto così affermareche i provvedimenti disciplinari <strong>dei</strong> consigli dell’<strong>Ordine</strong> edel Consiglio nazionale forense devono essere consideratiquali atti pubblici soggetti ad un regime di conoscibilità. Ciò,pur in assenza di disposizioni più analitiche di legge o di regolamentoin cui siano previste particolari modalità di diffusionea favore di determinati soggetti, ulteriori rispetto a quelli specificamenteindicati come destinatari dalle norme vigenti.L’interesse alla riservatezza del professionista destinatario diuna misura disciplinare non può ritenersi quindi prevalenterispetto all’interesse generale alla conoscenza del provvedimentomedesimo ed è pertanto lecita la divulgazione dellanotizia del provvedimento stesso attraverso riviste, notiziarioaltre pubblicazioni curate anche dagli ordini interessati. Ciò,ovviamente, nel presupposto che la diffusione del provvedimentoavvenga in modo corretto ed in termini esatti ecompleti, secondo quanto disposto dall’art. 9 della legge n.675/1996.Pubblicazione a mezzo stampa<strong>dei</strong> dati relativi ai redditi dichiaratiNel corso del 2000 (nonché nei primi mesi del <strong>2001</strong>), ilGarante è stato chiamato ad occuparsi della diffusione, adopera dell’Amministrazione finanziaria, <strong>dei</strong> dati relativi alreddito delle persone fisiche anche con riguardo alla loropubblicazione da parte degli organi di informazione. Taletema è stato già affrontato dall’Autorità in diverse occasioni,chiarendo che la disciplina vigente prevede espressamentela pubblicazione di determinati elenchi di taluni contribuenti edel relativo reddito. La stessa normativa dispone inoltre laformazione, da parte di ciascun comune, degli elenchi nominatividi tutti i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione<strong>dei</strong> redditi o che esercitano imprese commerciali, arti eprofessioni (v. par. 13 della presente Relazione), elenchi,questi, che devono essere depositati per un anno presso gliuffici delle imposte e i comuni interessati ai fini della consultazioneda parte di chiunque (art. 69 d.P.R. n. 600/1973 comesuccessivamente modificato in particolare dall’art. 19 l. n.413/1991).L’esistenza di siffatte disposizioni – espressione di una sceltanormativa volta ad un’ampia conoscibilità di determinati datiintegragli estremi richiesti dall’art. 27, comma 3, della leggen. 675/1996 e rende quindi allo stato lecita, salve eventualimodifiche normative, la comunicazione degli elenchi da partedell’amministrazione finanziaria, anche dal punto di vistadella normativa in materia di riservatezza (v. lettera del 13ottobre 2000, in Bollettino, n. 14-15, p. 9).Sulla base di tali presupposti, l’Autorità ha pertanto dichiaratoinfondato un ricorso presentato da un imprenditore cheaveva chiesto il blocco <strong>dei</strong> dati relativi al proprio reddito diffusida un quotidiano locale sulla base di quanto pubblicatodall’amministrazione finanziaria (Provv. 17 gennaio <strong>2001</strong>, inBollettino n. 16, p. 5).Il Garante ha infatti affermato che, essendo le informazionirese accessibili dall’amministrazione finanziaria destinate adun’ampia pubblicità, la successiva pubblicazione di datiestratti lecitamente da elenchi accessibili a chiunque è daritenersi lecita anche senza il consenso degli interessati esenza che sia necessario per la testata che li riproduce dimostrarela sussistenza del requisito dell’essenzialità dell’informazionerispetto a fatti di interesse pubblico (art. 20, comma1, lett. d), l. n. 675/1996).Decisioni di carattere proceduralee limiti alle competenze del GaranteNon di rado il Garante è stato investito di istanze di tutelache eccedevano le proprie specifiche competenze: si pensialle ipotesi in cui il suo intervento è stato invocato in relazionealla diffusione di informazioni denigratorie o diffamatorie,oppure al fine di ottenere dall’Autorità il risarcimento di undanno subito in ragione della diffusione di dati personali attraversoi mezzi di informazione (si veda, per tutti, il Provv. del20 ottobre 2000).In questi casi l’Autorità ha chiarito ancora una volta l’ambitodelle proprie competenze e della tutela amministrativa accordatain relazione al trattamento <strong>dei</strong> dati personali, ricordandocomunque la possibilità di far valere i propri diritti di fronte adaltre autorità (nella specie il giudice ordinario).non sono specificamentereati, tenuto conto dellaqualità della notizia e dellesue componenti. Inoltre, perespressa previsione normativa,il diritto del minore allariservatezza deve esseresempre considerato comeprimario rispetto al diritto dicritica e di cronaca. Quando,tuttavia, per motivi dirilevante interesse pubblicoe fermi restando i limiti dilegge, il giornalista decidedi diffondere notizie oimmagini riguardanti minori,deve farsi carico dellaresponsabilità di valutare sela pubblicazione sia davveronell’interesse oggettivodel minore, secondo i principied i limiti stabiliti anchedalla cosiddetta “Carta diTreviso” (art. 7 del codice dideontologia sul trattamento<strong>dei</strong> dati personali nell’eserciziodell’attività giornalistica).In applicazione di questiprincipi, l’Autorità ha dispostoil blocco <strong>dei</strong> dati relativialle molestie subite da unaminore ad opera <strong>dei</strong> suoirapitori nei confronti di unaserie di testate giornalistiche(Provv. 20 giugno2000). Alcuni organi distampa a diffusione nazionaleavevano reso note, neititoli e nel corpo degli articoli,talune circostanze relativealle molestie sessualiche apparivano perpetratedai rapitori di una minore. IlGarante ha disposto il bloccomuovendo dalla considerazioneche la possibileed ulteriore divulgazione<strong>dei</strong> dati relativi alle molestie,a prescindere dalla loroeventuale rilevanza sotto ilprofilo penale (profilo per ilquale è stata investita lacompetente autorità giudiziariain relazione all’art.734-bis c.p.),avrebbe comportatoil concreto rischio diun pregiudizio rilevante perl’interessata.Un provvedimento, dunque,da cui derivava per gli editorititolari del trattamento eper i responsabili del medesimo,un preciso obbligo disospendere ogni ulterioreoperazione di trattamentodiversa dalla mera conservazionedelle informazionigià raccolte e, in particolare,di astenersi dal diffondereulteriormente i medesimidati anche in modo indiretto,attraverso la pubblicazionedelle corrispondenti partidello stesso provvedimentodel Garante.In questo contesto meritadi essere infine ricordataan-che una decisioneassunta dall’Autorità nell’agosto2000, con riguardoall’av-venuta pubblicazionesu taluni organi di informazionedi liste di soggettiresponsabili di gravi atti diviolenza a danno di minori.In merito a tali vicende, ilGarante era intervenutocon un comunicato stampaper ricordare che la diffusioneindiscriminata diinformazioni non trovafondamento nel nostroordinamento.Tali notizie, infatti, aprescindere dalla loro realeefficacia sul piano dellaprevenzione e dalla circostanzache i dati possanoessere desunti anche dafonti accessibili (quali, ades. pronunce giudiziarie),sono suscettibili di valutazionecritica e fonte dicontenzioso potendo anche,a seconda <strong>dei</strong> casi,oltre che determinaredanni agli stessi minoriindirettamente identificabili,com-portare responsabilitàper eventuali inesattezze<strong>dei</strong> dati, oppure pergiudizi indifferenziati susituazioni in realtà difformio per la lesione del dirittoall’oblio di persone interessaterispetto a fatti talvoltaassai risalenti nel tempo(comunicato stampa del 23agosto 2000).In altre circostanze, sono giunte all’Autorità richieste di provvedimenti(ad esempio di blocco della diffusione di taluneinformazioni) che non potevano essere emanati a causadella mancanza di presupposti procedurali a tal fine necessari(si possono vedere, per tutti, i Provv. adottati il 5, il 22aprile e il 21 settembre 2000; nel terzo di questi casi, l’interessatolamentava di essere stato ripreso durante unatrasmissione televisiva a sua insaputa; un altro ricorso è statodichiarato inammissibile il 30 ottobre 2000, relativamente adun’intervista dell’ex moglie del ricorrente, mandata in ondadurante una nota trasmissione televisiva, nella quale l’intervistatafaceva menzione di fatti e circostanze tali da permetterel’identificazione del ricorrente stesso e di suo figlio). Altrevolte, invece, sono risultati insufficienti gli elementi di valutazioneforniti (Provv. 21 febbraio 2000).In molte di tali ipotesi il Garante, oltre ad indicare le proceduredi volta in volta necessarie per ottenere il provvedimentorichiesto, ha cercato, ove le circostanze lo consentivano e laquestione sottoposta lo richiedeva, di offrire comunque unatutela agli interessati, ad esempio considerando anche allastregua di segnalazioni i ricorsi proposti in maniera nonconforme all’art. 29 della legge e al d.P.R. n. 501/1998. Inogni caso, quando ciò era possibile, il Garante ha sempretenuto a chiarire che il pronunciamento dell’Autorità, magaririferito ad un particolare aspetto della vicenda, non precludevaa coloro che avessero avuto interesse di instaurare, anchedinanzi alla competente autorità giudiziaria, specifichecontroversie dirette ad ottenere giudizi di cui il Garante nonpoteva farsi carico anche a causa dell’insufficienza deglielementi di valutazione sottoposti al suo vaglio (si veda, pertutti, il Provv. del 21 febbraio 2000).In alcuni casi, infine, l’Autorità ha avviato autonomamenteprocedimenti distinti da quello aperto su istanza degli interessati,al fine di accertare il rispetto della normativa sullariservatezza con riguardo a profili in parte diversi da quellisegnalati o che comunque richiedevano di essere autonomamentevalutati (si veda, per tutti, la decisione adottata il27 agosto 2000 su un ricorso presentato dai genitori di unaminore, in relazione ad alcuni articoli dedicati ad un procedimentogiudiziario, pubblicati da un quotidiano locale).8 ORDINE 8 <strong>2001</strong>


DOPO L’INCARICO DI CURARE LA RUBRICA DELLE LETTERE DEL “CORRIERE DELLA SERA”Mieli successore di Indro Montanellisi autosospende da direttore editorialeABRUZZO: “GIUDICE SULLE INCOMPATIBILITÀ È SOLTANTO IL CONSIGLIO DELL’ORDINE”Milano, 11 settembre.Il presidentedell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalistidella Lombardiaha ricevutoil comunicatoche il Cdr del“Corriere della Sera”ha diffuso ieri seraalle 20.15 all’internodella redazione.Questo il testo:Oggetto: MIELI SI AUTOSOSPENDE.Paolo Mieli si è autosospeso da direttoreeditoriale del Corriere della Sera a far datada oggi. Questa decisione è stata presa inrelazione all’incarico ricevuto da Mieli dirispondere ogni giorno a una lettera <strong>dei</strong>lettori. La notizia dell’autosospensione èstata comunicata al Cdr dal direttoreFerruccio de Bortoli nel corso di un incontroavvenuto oggi alle 17. Nei giorni scorsigli Ordini <strong>dei</strong> giornalisti di Milano e Roma ela Fnsi, sollecitati dal Cdr, avevano espressoun giudizio di non compatibilità tra l’incaricoaffidato a Paolo Mieli come successoredi Indro Montanelli nel rispondere ailettori e la sua carica di manager (comedirettore editoriale risponde all’editoreRcs).Ecco il testo completo della comunicazionedel direttore: «Fatte salve tutte le prerogativedella redazione, Paolo Mieli risponde daoggi ogni giorno a una lettera. Mieli si èautosospeso da direttore editoriale delCorriere da far data da oggi. L’editore si èriservato di accettare la decisione di Mieliinvestendo la Fieg del quesito se esista ono incompatibilità tra la carica di direttoreeditoriale e l’incarico giornalistico che gli èstato affidato». È un primo, parziale risultatodell’azione voluta dal Cdr fin dall’inizio dellavicenda. Tuttavia Mieli mantiene l’incarico didirettore editoriale della Rcs (Corriere dellaSera escluso) e quindi l’autosospensionelascia irrisolta la sostanza del problema: unmanager aziendale risponderà ai lettori delCorriere della Sera.Commentodi Franco AbruzzoTengo a sottolineare che il giudice esclusivodelle compatibilità professionali èsoltanto il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>. Noncertamente la Fieg o la Fnsi. Il Cdr all’internodelle aziende deva far rispettareanche la legge n. 69/1963 sull’ordinamentodella professione giornalista. È uncompito fissato nell’articolo 34 del Cnlg.Non spetta, credo, ai direttori responsabiliaccettare o meno le dimissioni di chicchessiada incarichi manageriali. Sullavicenda ho espresso, su richiesta del Cdrdel Corriere della Sera, un parere nonvincolante.Il direttore del giornale. L’articolo 3 dellalegge 633/1941 sul diritto d’autore enumeratra le opere collettive dell’ingegno anche leriviste e i giornali (e alle riviste e ai giornali èpoi dedicato la sezione II del Capo IV dellalegge). Il successivo articolo 7 afferma che“è considerato autore dell’opera collettiva chiorganizza e dirige la creazione dell’operastessa”. Il direttore responsabile - alla luceanche dell’articolo 6 del Cnlg e dell’articolo57 del Cp - è pertanto l’autore dell’operacollettiva dell’ingegno denominata “giornale”o “rivista”.I poteri del direttore fissati dal contratto.Dice l’articolo 6 del Contratto: “La nominadel direttore di un quotidiano, periodico oagenzia di informazioni per la stampa ècomunicata dall’editore al comitato o fiduciariodi redazione con priorità rispetto aqualunque comunicazione a terzi, almeno48 ore prima che il nuovo direttore assumala carica.Le facoltà del direttore sono determinate daaccordi da stipularsi tra editore e direttore,tali, in ogni caso, da non risultare in contrastocon le norme sull’ordinamento dellaprofessione giornalistica e con quanto stabilitodal presente contratto. Questi accordi,con particolare riguardo alla linea politica,Il testo del parereall’organizzazione e allo sviluppo del giornale,del periodico o dell’agenzia di informazioniper la stampa sono integralmente comunicatidall’editore al corpo redazionale tramiteil comitato o fiduciario di redazione,contemporaneamente alla comunicazionedella nomina del direttore.Quale primo atto del suo insediamento ildirettore illustra all’assemblea <strong>dei</strong> redattorigli accordi di cui al comma precedente e ilprogramma politico-editoriale concordatocon l’editore.È il direttore che propone le assunzioni e,per motivi tecnico-professionali i licenziamenti<strong>dei</strong> giornalisti.Tenute presenti le norme dell’art. 34, ècompetenza specifica ed esclusiva del direttorefissare ed impartire le direttive politichee tecnico-professionali del lavoro redazionale,stabilire le mansioni di ogni giornalista,adottare le decisioni necessarie per garantirel’autonomia della testata, nei contenuti delgiornale e di quanto può essere diffuso conil medesimo, dare le disposizioni necessarieal regolare andamento del servizio e stabiliregli orari secondo quanto disposto dalsuccessivo articolo 7.Osservazioni Dall’insieme delle normecitate e alla lettura dell’articolo 6 del Contrattoemerge l’anomalia italiana per quantoriguarda il ruolo del direttore: gli organi societarinon possono mettere il dito nella strutturadella redazione e nella fattura del giornaleuna volta concordati con il direttore linea politica,organizzazione e sviluppo del quotidiano.Gli accordi editore-direttore devono essere“tali, in ogni caso, da non risultare incontrasto con le norme dell’ordinamentodella professione giornalistica e con quantostabilito dal Contratto”. Negli accordi editoredirettoreevidentemente non possono esserecontenute clausole in contrasto con taliprincìpi. Il direttore in conclusione attua lalinea politica concordata con l’editore, garantiscel’autonomia della testata (e <strong>dei</strong> redattori)e anche la qualità dell’informazione (articolo44 del Cnlg). Una volta che l’editore haprovveduto a nominare il direttore gli rimanein tasca soltanto la lettera di licenziamento.IIl direttore editoriale. È una figura nondisciplinata dalla legge o dal Contratto. Sipuò dire che esercita i poteri dell’imprenditore,che ne è lo stratega e che ne controlla i“prodotti”, suggerisce le decisioni sia perquanto riguarda gli uomini-guida delle testatee sia i programmi operativi.Conclusioni Direttore responsabile edirettore editoriale sono figure antitetiche nelcorpo dell’impresa. L’uno, il direttore, è comegli ammiragli in mare (hanno solo Dio sopradi loro); l’altro, il direttore editoriale, è l’aziendaeditrice del “prodotto” pensato e realizzatodal direttore responsabile. Non ci puòessere subordinazione dell’uno all’altro oviceversa. Il direttore responsabile, alla lucedell’articolo 57 del Cp, risponde penalmentedi tutto quello che viene pubblicato sul giornale,quindi non solo gli articoli, ma anche larubrica delle lettere, le inserzioni e i testipubblicitari.L’articolo 57 (letto in maniera coordinata conl’articolo 7 della legge 633/1941 e con l’articolo6 del Cnlg), quindi, dà al direttore il poteredi controllare articoli, rubrica delle lettere,inserzioni e testi pubblicitari e dall’altro latoobbliga gli articolisti, i curatori delle lettere,delle inserzioni e <strong>dei</strong> testi pubblicitari a ubbidire.L’ultima parola spetta sempre al direttoreresponsabile (anche nei riguardi delrappresentante dell’editore). È indubbio chela presenza dell’uomo dell’editore in redazionecrea squilibri e potenziali “diarchie”, chenon giovano alla serenità della vita redazionalee al rispetto del ruolo del direttore”.Franco Abruzzo, presidente OgLAccordo con il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaPaolo Panerai ha rinunciatoalle cariche di amministratoredelle società del Gruppo ClassPrevale il principiodell’esclusivaprofessionale fissatodalla legge 69/1963ORDINE 8 <strong>2001</strong>Milano, 10 settembre. Su richiesta del Consigliodell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, istituzionalmenteimpegnato nella tutela dell’integrità e delladignità della professione, il giornalista professionistadott. Paolo Panerai ha concordato con lo stesso Consigliosul dovere che i giornalisti, in base alla leggeprofessionale e a tutte le regolamentazioni volontarieassunte, non abbiano a essere o ad apparire mai inposizione tale che l’esclusività dell’attività giornalisticapossa essere confusa con altre attività, inclusa quelladella responsabilità gestionale societaria, se non per leattività editoriali.Per questo Panerai ha volontariamente rinunciato atutte le cariche di Amministratore unico che ricoprivanelle varie società del gruppo Class Editori, passandoad altri l’incarico e assumendo la presidenza delle stesse.Ha ribadito in tal modo il primato dell’attività giornalisticacome garanzia dell’autonomia e della trasparenzadell’informazione.-------Conseguentemente Paolo Panerai rimane iscritto nell’elencoprofessionisti dell’Albo di Milano e mantiene ladirezione responsabile <strong>dei</strong> quotidiani e <strong>dei</strong> settimanalidel Gruppo Class.Presidenti degli Ordini regionali <strong>dei</strong> giornalisti riuniti nella Consulta“Irritualela richiestadi danni tra colleghi”Roma, 14 settembre. È irritualeche un giornalista chiedaun risarcimento danni adun altro giornalista “con glistessi sistemi che si contestanoa livello di categoria’’.Così la Consulta <strong>dei</strong>Presidenti e Vice Presidentidell’Ordini <strong>dei</strong> giornalisti si èespressa in relazione alla citazionein giudizio civile conla richiesta di un miliardoavanzata da un collega diRepubblica ai danni delPresidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong>giornalisti della Sicilia.“La Consulta <strong>dei</strong> Presidentie <strong>dei</strong> Vice Presidenti riunitaa Roma il 13 settembre<strong>2001</strong> - spiega una notadell’<strong>Ordine</strong> - sottolinea che,nel momento in cui gli organismirappresentativi dellacategoria, Ordini in prima linea,sono impegnati neltentativo di porre un arginealle innumerevoli richieste dirisarcimento danni nei confrontidi colleghi colpiti nell’eserciziodella loro attivitàprofessionale, appare irritualeche un giornalista colpiscaun altro giornalista congli stessi sistemi che si contestanoa livello di categoria.La Consulta ritiene che altrepossano essere le procedureper far valere le proprieragioni, al di là del merito delgiudizio’’.La pronuncia della consultadegli Ordini è stata adottatain relazione alla richiesta diun miliardo di lire avanzatadall’inviato di Repubblica,Attilio Bolzoni, nei confrontidel presidente dell’ <strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti di Sicilia BentParodi. La prima udienza èstata fissata davanti alTribunale Civile di Agrigentoper il prossimo 26 novembre.Ad un convegno sull’ abusivismonella Valle <strong>dei</strong> Templi,Parodi aveva definito Bolzonied altri due colleghi, uno dellaRai, l’ altro dell’Espresso“colleghi che dimenticano lasacralità della professione eaccettano il ruolo di killer sucommissione’’.Successivamente aveva aggiunto:“Sono sempre i solitinoti, che fanno informazionepilotata e spregiudicante,sono urtanti, antipatici, prevaricatorie camorristi’’.Secondo l’atto di citazione leparole di Parodi, oltre a lederel’onorabilità di Bolzoni,che lavorava ad Agrigentosotto scorta della Digos, lohanno ulteriormente espostoalla rappresaglia degliabusivi che lo individuarono“come uno degli avversarida combattere con ognimezzo, soltanto per essersischierato in difesa della legalità,mettendone a rischiol’incolumità personale’’.(ANSA)9


Questo interventoè stato letto il 13luglio a Genova,alla Berc,Biennaledelle rivisteeuropee,all’internodella giornatadi Paola Pastacaldiconsigliere dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalistidella LombardiaI media sono la globalità. La globalizzazionesenza i media non sarebbe esistita o sarebbestata tutt’altra cosa. È la parola stessa,diffusa in chiave globale, che rende globalioggetti, atti e pensieri.E non è un concetto tautologico. Il meccanismomediatico è una sorta di arcana creatricee insieme di icona della globalizzazione.Assistiamo stupefatti al suo affermarsi.Cercando di non diventare vittime delle sueillusioni. Nell’offrire il tema della riflessionesu media e globalizzazione, desideravomettere in luce le modalità con cui è statopresentato il G8 al cittadino comune, a coluiche per informarsi legge i giornali.“Sistemiinformativie comunicazionidi massa”e poi aggiornatocon i drammaticiavvenimentidelle settimanesuccessivesino alla mortedi Carlo Giuliani.Non comprendedunquele inchiestesuccessive,e in particolarequella suimedia, dellapoliziaFenomenologiadel G8 a GenovaCosa raccontanoi giornali?I media sono idealmente la struttura nervosadi una società, anzi il suo riflettere civile.Dunque al di là delle posizioni <strong>dei</strong> partiti,delle correnti di pensiero, delle sue frangeestreme, pacifiste e non, cattoliche e laiche,analizzare i media, la carta stampa a cui èaffidato il compito di informare, significaandare a vedere quale “realtà G8” i mediahanno creato per i cittadini, per la societàcivile.Spettacolarizzaread ogni costoIl tragico gioco della spettacolarizzazioneche affligge l’informazione da quando la tvha raggiunto l’età adulta ha inghiottito anchela questione G8. La massa di articoli, che hariempito i giornali, si è trasformata sin daiprimi giorni in una guerriglia in modo lento einesorabile. La guerriglia informativa è stataintrapresa dal potere globale <strong>dei</strong> media, datempo disinteressati a raccogliere e atrasmettere il sapere nella sua interezza,dunque nella sua positiva globalità.Disinteressato a indagare e a farsi testimonedi ciò che accade.È per questo che non c’è vera libertà di stampasenza che vi sia una sapiente lettura. Èimportante, cioè, che chi legge capisca, riconoscai moralismi, le spaccature, le adulazioniinteressate. Le bugie, i giochi. Ma apriamoi giornali. E leggiamo alcuni titoli. “G8 a difesadell’aeroporto, batterie terra aria contro eventualiattentati a Genova. Allarme irriducibili,pronti a tutto, l’ultimo rapporto del Viminale.L’ira delle tute bianche: il governo ci provoca.I boicottatori made in Italy. Da un podere inToscana la sfida alle multinazionali”. I titoliche dovrebbero fare da battistrada ai contenutisono essi stessi il contenuto: contengonol’allarme, la paura, l’insicurezza. Sin dall’inizioil messaggio è: andare a Genova èpericoloso. Oppure, aggiungiamo noi aposteriori, andare a Genova è diventatol’eterno gioco delle parti.“L’armata <strong>dei</strong> sognatori e le ragioni <strong>dei</strong> Grandi”.Raramente siamo in presenza di titoli noninneggianti al conflitto. Ma quando ci sono,introducono ad una visione fortemente moralisticae pietistica del mondo.Eccone alcuni. “La miseria, l’esercito <strong>dei</strong>poveri, i paesi dell’abbondanza. Il grido di chisoffre, arriverà ai potenti? Ascoltate il grido<strong>dei</strong> più deboli”. Sino al lacrimoso appello “Iosuora durante il vertice marcerò e digiuneròper i poveri”.Anche i titoli che hanno come pretesto gliinterventi di Ciampi rimangono prigionieri diuna visione basata sul pietismo emotivo:“Iniziativa per i paesi in via di sviluppo. Ilnostro impegno per i poveri.” E l’occhielloinvolontariamente cade in un paradosso: “Adifesa <strong>dei</strong> Grandi 2700 soldati”.La foto è la notiziaDecine di foto di poliziotti schierati e armatidi scudi ed elmetti accompagnano gli articolicome fossero il logo dell’informazione stessa.La spettacolarizzazione dell’antiglobale<strong>Giornalisti</strong> a confronto prima del vertice di GenovaLa globalizzazionee le contraddizionidell’informazionedi Fausta SperanzaUn esame di coscienza sulla comunicazionein relazione al G8 prima ancora che il summitsi tenesse. È stato anche questo il sensodell’incontro che ha riunito studiosi dellacomunicazione e giornalisti, a Genova, lasettimana prima del fatidico vertice. L’incontrosi inseriva nel ciclo di conferenze, dedicate aivari aspetti della globalizzazione, promossenell’ambito della Biennale Europea delle RivisteCulturali, che dal ‘99 offre l’occasione diun confronto sulle diverse proposte culturali,perché l’Europa unita non sia solo economica.Nelle varie giornate si è parlato di globalizzazionee cooperazione con i paesi poveridel mondo, di frontiere nazionali e conflitti, didiritti alla cultura e modelli di sviluppo. Un’interagiornata, poi, è stata dedicata ai sistemiinformativi e di comunicazione di massa.L’esame di coscienza ha riguardato il clima dialta tensione che si era creato alla vigiliadell’appuntamento, prima ancora dell’iniziodelle manifestazioni e del triste epilogo dellaprima giornata, chiusasi con la morte delgiovane Carlo Giuliani. Diversi i contributi allariflessione. Il professor Anthony Delano, cheè stato inviato di importanti quotidiani anglosassonie che ora è ricercatore e insegnantedella School of Media di Londra, ha parlato diun’esasperazione <strong>dei</strong> toni che tradisce i principidi oggettività e professionalità del buongiornalismo, mentre giornalisti sul campocome Paola Pastacaldi, Gianni Minà e chiscrive hanno denunciato soprattutto il rischioche si perdessero di vista i contenuti.Allargando lo sguardo oltre l’evento, Delanoha messo in luce alcuni rischi dell’informazioneglobalizzata, che fa rima con digitalizzata.È innegabile che la tecnologia abbia rivoluzionatoil modo di fare giornalismo, bastapensare alla quantità di siti web a disposizioneche fa impallidire la rosa <strong>dei</strong> quotidianiesistenti al mondo. Fin qui pochi rischi. Ilpunto – ha spiegato Delano – è che la globalizzazionedelle agenzie di informazione fa sìche sempre meno giornalisti “producano” lanotizia e sempre di più la “lavorino” semplicemente.Da autorevole veterano, Delanoavverte la necessità di raccomandare aigiovani di conservare la curiosità e la grintaper andare a caccia di notizie, ma si rendeanche ben conto che la necessità di cercareun lavoro, in un campo che non offre neanchein Gran Bretagna larghi spazi, catalizzale energie <strong>dei</strong> novelli giornalisti. L’obiettivodiventa un posto al desk che faccia guadagnarequalche cosa e che inserisca in unastruttura. Con buona pace delle notizie daandare a scovare, ci si dedica a quelle già adisposizione sullo schermo, ricco di lanci diagenzie e di tutto il ben di Dio offerto da Internet.Ma – sottolinea provocatoriamente Delano– si trova non ciò che si cerca ma quelloche c’è. Su questo ha voluto esprimere il suopunto di vista Michele Mezza, giornalista Raiche ha curato l’avvio di Rainews24, esperimentopilota della Rai in tema di nuovi media.“Non era sempre verde la mia valle” ha tenutoa ribadire, perché “la concentrazione nellaproduzione di notizie non è cosa di oggi”.Secondo Mezza non si ricorda abbastanzache trent’anni fa il 93 per cento delle newspassava attraverso la caporedazione dellaReuters, autorevole e più antica agenzia distampa. Mezza ha poi contribuito alla riflessione,e direi anche ai momenti più accesi didibattito, rispondendo idealmente ad alcuneaffermazioni attribuite al cosiddetto popolo diSeattle. Naturalmente, anche di loro si èparlato o meglio di quello che avevano comunicatofino alla vigilia del vertice: molta confusionee inesattezze ma sicuramente la vogliadi “disturbare” il lavoro <strong>dei</strong> compunti rappresentantidelle potenze più industrializzate. IlG8 – ha spiegato Mezza – non è la celebrazionedel potere assoluto dell’economia, chesicuramente produce anche situazioni piùche discutibili nel mondo, ma al contrario èuna sorta di democratica pubblicizzazione diquanto avviene nelle stanze <strong>dei</strong> bottoni. L’ipotesialternativa – fa presente Mezza - è chele decisioni vengano prese “al 124esimopiano di un grattacielo finanziario”. Sicuramentesenza foto di gruppo. È chiaro ilmessaggio: il potere della finanza e dell’economianon si può demolire impedendo unvertice, che nel regno delle decisioni resta ilmomento forse più democratico di “partecipazione”ai popoli. Sono le decisioni cui non“assistiamo”, di cui l’informazione non rendeconto, come per gli appuntamenti ufficiali,quelle che dovrebbero inquietarci e, semmai,far scendere in piazza. Mantenendo forte ilsenso dell’autocritica, si dovrebbe dire, però,che si avverte quantomeno il rischio chequesta democratica pubblicizzazione <strong>dei</strong>contenuti diventi il resoconto del menu, dellearee shopping frequentate più o meno dallevarie lady, quando non si debba discuteresull’eventuale assenza della consorte propriodel primo ministro del paese ospitante.D’altra parte, non si sta parlando di globalizzazione?E allora il discorso non può cheessere sempre allargato a trecentosessantagradi sui vari livelli della società e spalmato alivello mondiale. È l’ottica che, seriamente, haispirato la relazione del professor Jo Groebel,direttore dell’European Institute for the Media,10 ORDINE 8 <strong>2001</strong>


Tuttele fotodi questoserviziosonodell’agenziaOlympia.richiede un sofisticato restyling dell’ideastessa.L’antiglobalizzazione ha un guardaroba chemerita anche tre quattro colonne e che vadai guanti al casco, al giubbotto sino almodaiolissimo kit del manifestante. La guerrigliaè un gioco. Le richieste di Berlusconiper il summit occupano quasi una pagina esi riassumono in un favoloso riquadro illustratosu addobbi verdi degli spazi dedicatiai potenti del G8, sull’illuminazione, sul decoropiù frivolo. Di questa fatua descrizione delcontesto (estetico ambientale) è arduoimmaginare l’interesse, l’utilità. Se non quelladi fare bella figura, rappezzare le magagneun po’ come si faceva in Africa, quandoin occasione delle visite di personalità internazionaliad Addis Abeba Menelik facevatirare su strade e palazzi nel giro di pochigiorni, ordinando ai miserabili della città dinon farsi vedere durante le parate. A Genovai palazzi e la piazza del G8 erano lustrati,sapevano di pittura fresca, mentre nei budellia pochi metri correvano i topi e i rifiuti siaccumulavano malsani.I media hanno perduto anche un’altra grandeoccasione per fare divulgazione scientifica.I lettori che non hanno voluto rinunciarea “saperne di più” sono stati costretti a fareun generoso affondo nelle librerie o nellebiblioteche . I più tecnologici hanno navigatoin Internet dove c’era tutto e di tutto. Vero ofalso che fosse, certo molto di più che sullacarta stampata. L’informazione ha girato allalarga dai giornali già dalle prime battute delfamigerato incontro.I personaggi tollerati:Manu ChaoNella miriade di copertine che ci sbattono infaccia le figlie di Chaplin, le Ferilli urlanti perla vittoria della Roma, i servizi “veri” sul G8erano quasi inesistenti e quando c’eranoavevano un taglio da avanspettacolo, dove iprotagonisti diventano soubrette. Vista latendenza maniacale della stampa di personalizzarequalsiasi fenomeno anche i piùatroci. Ricordo che durante la guerra inBosnia persino la notizia <strong>dei</strong> primi stupriaveva trovato spazio in prima pagina graziead un fondo che raccontava la storia di unasingola stuprata, aprendo la porta a tutte lealtre migliaia di donne violate.Come ben sanno i giornalisti i media sannooperare il miracolo: anche il singolo sconosciutopuò essere trasformato in personaggio.Manu Chao era in un certo senso l’unicovero personaggio giudicato dai mediaraccontabile nel contesto mediatico del G8.Con folclore e consueta bonomia. Eccolocomparire come un guru. Uno <strong>dei</strong> maggiorimagazine italiani lo proponeva in copertina(“Il ritorno del clandestino”). Ma con qualicontenuti, quale storia? Il linguaggio e lemodalità di esposizione, le foto stesse lasciavanointravedere un personaggio che appartieneal fenomeno labile delle mode. Chiamava Manu Chao era meglio si comperasseun disco e stesse a casa.Questa società della comunicazione ama labanalità (cito il sociologo Jean Baudrillard).La comunicazione è la più grande superstizionedella nostra era (cito Ignatio Ramonet,direttore di Le Monde Diplomatique). E ilgiornalismo si fa ambiguo. Gioca su più piani.Manu Chao è una bandiera. Ma che bandiera?La bandiera del so già tutto, la bandieradella banalità, la bandiera del circolo viziosodel ripetere sempre gli stessi concetti, cosìManu Chao diventa ciò che la stampa decideche lui sia. Il suo nome viaggia a fiancodella parola droga, Seattle, Marcos e G8, untrionfo di Logo.Un altro settimanale si prende la briga didescrivere “quelli del G8” come una nuovarazza. I ragazzi del no-global sarebbero quellicon le Nike, contro i Mc Donald’s, con ilpreservativo in tasca e il matrimonio in chiesa(ma è così strano avere una fede?) e chesognano figli (il numero di figli è ritornato adessere patrimonio <strong>dei</strong> partiti e degli opinionisti?).Erba, birra e Internet, idee e look di unagenerazione. Pensare che tutti fossero cosìera un tentativo evidente di manipolazionemass mediatica.istituto di ricerca no profit fondato dall’ex direttoredel Corriere della Sera, Alberto Cavallari.Jo Groebel ha voluto mettere in luce importantipotenzialità dell’informazione nel villaggioglobale e digitale in relazione al singolocittadino. La prospettiva più significativa saràquella di personalizzare sempre di più il suosempre più attivo rapporto con tutti i mezzi dicomunicazione, che, peraltro, vanno verso laconvergenza in un unico medium, annunciatada tempo da Negroponte. Significa, adesempio, che con la televisione on thedemand potrà scegliere programma e orario,con il proprio telefonino potrà navigare in retee seguire la Borsa. Inoltre, la realtà del singoloutente si fa metafora di una condizionesoggettiva da salvaguardare in uno scenariosempre più virtuale. La scommessa – affermaGroebel – resta quella, se vogliamo antica,di rispettare l’umanesimo e la cultura. Unascommessa che in particolare deve viverel’Europa Unita. Altrimenti la logica del profitto,che regna nel mondo dell’economia, avràcampo di azione in qualunque ambito delvillaggio della comunicazione globale intempo reale. Più umanesimo – pensiamo -significa allora, senza tante implicazioni filosofiche,vita reale <strong>dei</strong> popoli: affetti e sentimenti,dignità e lavoro. Certamente qualcunoall’interno del popolo di Seattle approverebbema non è detto che ci si metta d’accordo sulcome mettere in pratica tutto questo. Ancheal convegno l’atmosfera si è scaldata quandoGianni Minà, giornalista ben noto che haassunto recentemente la direzione di una rivistache si chiama Latinoamerica, ha parlatodi “lobby economiche”, “poteri più o menoocculti”, “dittature moderne” che affamanointeri popoli “con l’autorizzazione della comunitàinternazionale e di un’informazione acaccia di tette famose”. È tornato il problemaspettacolarizzazione, davanti al quale non citiriamo mai indietro se l’ambito di discussionegira intorno ai sistemi informativi perché, altrimenti,certi temi invocano analisi geopoliticheben più complesse. Resta il fatto che di informazionesi è parlato non solo come comunicazionedi notizie ma anche come trasmissionedi dati, in relazione all’informatica chenon a caso condivide la stessa radice linguistica.Internet, dunque, può essere consideratanon solo come uno <strong>dei</strong> media ma anchecome metafora della comunicazione di oggi:globale e in tempo reale. La globalizzazioneè anche copertura globale dell’informazione.E qui, conservando la lezione sui rischi di uneccesso di tecnologia ma anche sulle potenzialitànuove, vale la pena di chiedersi qualesia la reale diffusione della World Wide Webnel mondo. Va detto che rappresenta lo strumentodi comunicazione a crescita più rapidadella storia: il telefono per raggiungere il 30%della popolazione ha impiegato trentotto annie la televisione diciassette, mentre internet loha fatto in soli sette anni. Si può trionfalmenteaffermare che ha cambiato il concetto dispazio e di tempo ma non si può dimenticareche il mondo resta diviso tra ricchi e poveri,tra istruiti e analfabeti, tra informatizzati e non.Nel concreto, un computer costa all’abitantemedio del Bangladesh una cifra pari a ottoanni del suo reddito, mentre l’americanomedio lo acquista con lo stipendio di unmese. In Kenya occorrerebbero dodici anni ein Sud Sudan non si riesce a calcolareperché c’è ancora il baratto, per non parlaredel fatto che non c’è energia elettrica. Ma èsbagliato pensare che resti l’Africa il fanalinodi coda perché situazioni altrettanto difficili sitrovano nelle regioni più povere d’Europa,della Russia, delle zone dell’ex Unione sovietica.Per non parlare, poi degli squilibri di casanostra: in Italia Internet ha raddoppiato negliultimi due anni il numero di utenti, ha conquistatoun italiano su quattro raggiungendoquasi i progrediti livelli della Francia, ma se siindividua l’identikit del 95% degli internauti siscopre che ha meno di quarantaquattro anni,è giovane, maschio e del nord. A uno sguardoglobale, inoltre, non sfugge che l’88%degli utenti Internet vive nei paesi industrializzatiche rappresentano, però, solo il 17%della popolazione mondiale. Non si tratta dimettere in dubbio la positività di Internet, cherappresenta la chiave di accesso al terzomillennio. Resta da chiarire, però, che lamagia attraverso la quale lo spazio si restringe,il tempo si contrae, le frontiere scompaionoè affidata a una rete che connette sempredi più chi è connesso ma rischia di escluderesempre di più chi è escluso. Rischia di diventareuna conversazione dai toni alti che tacitachi ha poca voce, un discorso compattato chefa a meno di tutti gli spazi per inserirsi, propriocome il sistema digitale che compatta i dati.Tutto ciò va tenuto presente insieme con laconsapevolezza che le forze del mercato dasole non correggeranno squilibri e disuguaglianze.L’illusione che il processo di globalizzazionepotesse funzionare secondo il principio<strong>dei</strong> vasi comunicanti, livellando miracolosamentele differenze nella qualità di vita <strong>dei</strong>popoli, è ormai superata. All’inizio del secoloscorso la proporzione della ricchezza traNord e Sud del mondo era in rapporto di 8 :1,oggi è di 70-80 : 1.D’altra parte, è ormai un concetto acquisitoquello per cui si deve seguire e gestire laglobalizzazione e non lasciarla a se stessa.Proprio in occasione del G8 questo è statoribadito da autorevoli pulpiti. Resta un esamedi coscienza sempre valido: l’informazione dàconto abbastanza di questi dati e soprattuttodelle possibili vie di fuga da un mondosempre più sbilanciato tra chi ha il problemadi come mantenere la linea, dosando odissolvendo calorie, e chi ha ancora l’incubodi come riempire la pancia? È sempre difficileraccontarli nelle stesse pagine.Infine, visto che ci permettiamo un esame dicoscienza, ci concediamo anche una raccomandazione:lasciamo aperta la comunicazionee vigile l’informazione sulle ragioni,anche confuse o mescolate, del cosiddettopopolo di Seattle, nonchè popolo di Genova.E questo sia che i vertici si tengano in Italiasia che siano ospitati in altri paesi con spazipiù o meno aperti. Ci dovremmo chiederecosa avrebbe fatto Carlo Giuliani, nel dopoGenova, se la scena dell’estintore non fossestata girata, cosa fanno o non fanno tanti suoicompagni di piazza all’interno o ai marginidella società civile.E c’è ancora da domandarsi chi organizza invista degli eventi i black block, o da indagarele ragioni <strong>dei</strong> missionari che, come suorPatrizia Pasini o Frei Betto, non hanno esitatoad esserci a Genova, nonostante il tamtam informativo sui rischi del vertice, sulrischio annunciato che tutto venisse comunicatoin secondo piano rispetto alla voce dellaviolenza.ORDINE 8 <strong>2001</strong>11


Fenomenologiadel G8 a GenovaSfogliamo ancora i giornali. “Una voltac’erano le vacanze intelligenti, oggi c’è ilG8. Turismo militante, i pellegrini della politica.La sera andavamo alla Sorbona.Rassegna su chi andava da turista nellaParigi del ‘68. Il porto delle spie, chi offresoldi per avere i nomi <strong>dei</strong> contestatori”.Dentro la poltiglia mediatica che sono statigli articoli sul G8 è finito triturato per l’ennesimavolta anche il rivoluzionario CheGuevara. Negli ultimi anni il Che è statovampirizzato dai più svariati fenomeninazional popolari. Nelle foto delle perquisizionidi Matteo Jade, leader genovese delpopolo di Seattle, salta fuori anche un manifestodel Che. Il rivoluzionario cubano èstato ucciso da tempo dai media e non daquelli sul G8 dalle vacanze a Cuba e dallemagliette sulla rivoluzione. Un delittoannunciato da Andy Wharol che ne riprodusseil volto come fosse una lattina diCoca Cola.E la divulgazione che fine ha fatto? Il titolo “Illibro nero dell’ambiente” che compare in uno<strong>dei</strong> maggiori magazine apre qualche speranza.Ma sono solo illusioni. Il libro nero abbracciatristemente la via dell’allarmismo, fratellodi primo letto della spettacolarizzazione.Cosa c’è di meglio per allontanare i lettoridall’argomento che dirgli che sarannosommersi dalle inondazioni e dai maremoti.Che Venezia non ci sarà più. Che le steppe sidivorerranno tutto. Che uragani e tifoni, inquinamentoatmosferico, temeprature record,malaria e malattie tropicali ci distruggeranno.È vero che sono gli stessi rapporti mondialisull’ambiente a denunciare una realtà assolutamenteestrema e drammatica.Ma noi aggiungiamo che l’impatto di questenotizie, come di ogni altra notizia, può esserealzato o abbassato anche solo con diminuendoo aumentando i centimetri di unafoto. Anche solo estrapolando concetti limitie facendone <strong>dei</strong> titoli come se rappresentasserotutto il contenuto dell’articolo.Anche usando foto di vecchi avvenimentiper rappresentare una realtà che non èancora accaduta, ma che i media suggerisconoa chi legge, sinuando la paura chepotrebbe accadere.La comunicazioneè la nuovasuperstizioneCome dice Ignatio Ramonet la comunicazioneè la principale superstizione di questaera. Si offre come ultima panacea per risolverei conflitti dentro la famiglia, la scuola, lostato, l’ambiente. Ma c’è il sospetto chequesta stragrande e variegata abbondanzastia portando nuove forme di alienazione.Anziché liberare gli spiriti i suoi eccessi liimprigionino.Credo che i lettori che possiamo definiresapienti si sentano globalmente rassegnati.Tutto quello che è accaduto nel mondo èstato documentato. Forse non tutto, tutto. Maquello che conta e che più penalizza i lettoriè che questo tutto non viene più contestua-Il ritrovato orgoglio <strong>dei</strong> giornalisti durante i tragici fatti di GenovaIndagareper informaredi Marina Cosivicesegretario nazionale FnsiAll’improvviso, Genova. E l’imporsi <strong>dei</strong> fatti edel dovere d’informare spazza via le beghedi categoria o almeno ne dimostra tutta lastrumentalità, facendo vedere, anche a chise l’era scordato, il senso vero di questonostro mestiere. Come un richiamo dellaforesta per ogni giornalista. Chi ha fattocronaca, chi ha raccolto testimonianze, chiha investigato, chi ha selezionato fra l’enormemesse di materiale rovesciata in rete enelle redazioni dalle telecamerine amatoriali,chi infine senza lavorarci direttamente haperò condiviso il principio deontologico dicercare la verità <strong>dei</strong> fatti senza pregiudizi esenza timori. Praticamente tutti i professionistidell’informazione si sono riconosciutinell’anonimo collega che alla conferenzastampa di domenica mattina, 22 luglio, inquestura, urlava: “Siamo al di là delle parti,noi, e abbiamo il diritto, il di-rit-to!, di otteneredelle risposte”.Anche per chi, giornalista, ha la delega protempore di rappresentare i diritti del lavoro<strong>dei</strong> colleghi, il senso del proprio impegnosindacale è apparso immediatamente chiaro.Tutelare l’agibilità e l’incolumità <strong>dei</strong> colleghial lavoro in piazza, per cominciare (difronte ai dinieghi degli accrediti, ai discriminiverso le testate e al sospetto verso i freelance),quindi intervenire per ottenerne scarcerazionee referti medici, infine raccoglieretutta la documentazione sulle violazioni allalibertà di stampa e organizzare la denuncia.Il sindacato territoriale e quello nazionale(l’Associazione stampa ligure, assiemeall’<strong>Ordine</strong> ligure, e la Fnsi) si sono mobilitati,ma ancora prima che partisse l’appello aicolleghi a fornire indicazioni, una gran moledi documentazioni scritte e per immagini ècominciata ad arrivare (www.fnsi.it).Due cose però sono apparse subito chiarissime,due cose con cui bisognerà fare i contise si è seri.Una, il determinante e coraggioso contributodi cronaca fornito dai freelance e dalla moltitudinedi giovani colleghi (in maggioranzaprecari) di radio, televisioni minori, testateweb, pubblicazioni del volontariato sociale.Loro sono la prova provata di come il mestieresia vivo pur nel ricambio generazionale ele sue regole deontologiche fortementecondivise e di come, quindi, a noi sindacatotocchi solo di portare a tutti i costi, sotto iltetto del riconoscimento ordinistico e contrattuale,queste migliaia di giornalisti di fatto.(Parentesi: ciò, nel sindacato, alla maggioranzadi noi era già chiaro, sin dalle prioritànella strategia contrattuale: non lo è stato nèsembra ancora esserlo per chi più o menostrumentalmente ha preferito inseguirevecchi tromboni o nuovi equilibristi trasversaliin nome di polemicuzze precongressuali.Chiusa parentesi).La seconda cosa è il recuperato rapportocon la società. L’orgoglio di mestiere che hacondotto istintivamente i giornalisti a “fare lacosa giusta” - a cercare, rischiare, indagareper informare - è stata un’iniezione di fiduciaed autorevolezza, non intaccata nellasostanza dalle fisiologiche polemiche e critichesia interne sia <strong>dei</strong> lettori/utenti. Eppoi perla prima volta in maniera massiccia è statasperimentata, per lo meno in Italia, la capienza,la tempestività e la capillarità delle Reti.Con la dimostrazione che le opportunità e lequantità di materiali prodotti dalla diffusionetecnologica di massa (telefoni e computerportatili, apparecchi digitali tele-fotografici,internet, il tutto usato da cittadini e associazionidurante e dopo Genova) non si sostituisconoall’informazione fornita dagli operatoriprofessionisti, ossia da noi, come certunisostengono, ma le si aggiungono, fungendoda enorme archivio della memoria e datessuto comunicativo, insomma da superipertestod’un lavoro giornalistico compiutonel rispetto delle regole qualitative e deontologiche.Regole che alla fin fine hanno presiedutoanche alla stesura del pezzo che stateleggendo, se avete la compiacenza dileggermi, del che vi ringrazio. Nel senso cheintendevo raccontare alcuni risultati sindacali,in questo articolo, ma la gerarchia deglieventi, com’è giusto, è stata decisa dallacronaca e Genova è balzata in apertura.Connessa con un altro evento, la morte diIndro Montanelli, il Grande Cronista, chemolti di noi hanno sentito, oltre che come unlutto doloroso, anche come una simbolicaconcomitanza. È significativo che tutto si siatenuto anche sul piano degli eventi. Mi spiego(e così intanto rendo conto di che usofaccio del mandato che mi avete conferitodelegandomi alla vicesegreteria federale):dopo un paio di settimane di vertenze, peraltrofortunatamente riuscite - come la conclusionedel piano tecnologico in Rcs e lecorrette reimpostazioni <strong>dei</strong> piani di FamigliaCristiana e di Quadratum, l’accordo col liquidatoredel quotidiano on line E-Day, la ratificazione<strong>dei</strong> contratti trasformati in Mediasetda tempo determinato a tempo indeterminato-, nonché dopo un certo numero di riunioni,direttivi e giunte, più lo sbroglio-matasse(definizione casalinga in cui metto sia lagestione tecnica <strong>dei</strong> problemi diciamo nazionali,dal diritto d’autore agli uffici stampa, siala consulenza operativa su questioni statutarie,contrattuali o d’accordi a cdr e singolicolleghi), insomma dopo di ciò, era inprogramma una settimana di fine luglioimperniata su tre eventi.Prima la consegna del Libro bianco sul lavoronero, messo assieme dalla Fnsi, alla categoriae alle presidenze di Camera e Senato,poi la presentazione del libro di OrlandoFucilate Montanelli!, infine l’incontro colnuovo presidente Fieg. L’avvicinarsi del G-8ci aveva già dato del filo da torcere, per ilrifiuto di alcuni pass e la vicenda delle pettorineFnsi clonate, ma una serie di iniziative edi dichiarazioni del segretario nazionale,Paolo Serventi Longhi, e del presidente dellaLigure, Marcello Zinola, nonché della magistraturagenovese (che ha dato d’autorità aun collega il pass negato) facevano ritenerela situazione sotto controllo.12 ORDINE 8 <strong>2001</strong>


Poi è successo quel che è successo e l’ordinataprocessione degli eventi previsti è saltata.Venerdì son cominciate a piovere telefonatedi denuncia dai colleghi impegnati aseguire le manifestazioni, in un crescendoaffannoso sabato e poi domenica, per cercarei giornalisti non solo italiani feriti, arrestati,“scomparsi”. L’alba della nuova settimana,che sarebbe dovuta essere l’ultima primadella breve interruzione festiva federale, s’èaperta con le polemiche internazionali sulcrescendo di violenze a Genova, con lacamera ardente di Montanelli a Milano, conl’esigenza di allestire con basi a Roma (Fnsi)e Bruxelles (Ifj) una raccolta di testimonianzee documenti visivi sulle lesioni alla libertàdi stampa. È il bello della diretta, anche nellavoro sindacale.Mentre una delegazione di Giunta Fnsirendeva omaggio alla salma di Indro, comesegreteria federale lunedì siamo andati dalpresidente della Camera per denunciare illavoro nero nel giornalismo e consegnare ladocumentazione raccolta nel “libro bianco”,com’era preordinato, ma ovviamente siamointervenuti con Pierferdinando Casini anchesui fatti di Genova. L’indomani si sono tenutenelle città dimostrazioni pacifiche contro leviolenze, ed il segretario ed io abbiamopartecipato al corteo di Roma, peraltroassieme a molti colleghi italiani e stranieriche erano lì sia per lavoro sia per testimoniarel’intangibilità del diritto costituzionaleORDINE 8 <strong>2001</strong>Invito i colleghi ad inviaremateriale su “libertàdi stampa e Genova”al sito federale già citato(www.fnsi.it), come purealla Federazioneinternazionale (www.ifj.org)e all’Associazione ligure<strong>dei</strong> giornalisti (via Fieschi3/26 -16121 Genova).lizzato. Il contesto della questione globalizzazionenon può essere quello rappresentatodai quotidiani nazionali: la megafoto a duecolonne e mezza pagina del militare delbattaglione San Marco, armato sino ai denticompreso il cellulare e gli occhiali scuriapparso su un quotidiano. Né il volto che spiadal buco di uno <strong>dei</strong> blocchi di ferro della zonarossa. Né il passamontagna nero del blocconero trionfante sull’auto incenerita. Né l’artificiereche smonta la bici dinamitarda. Né lazona rossa zeppa di divise che pare la cittadelladel milite.Perché il contesto è divenuto la metafora diuna desertificazione ideologica e morale, incui la verità di una rivoluzione si avvia alladefinitiva sconfitta a vantaggio di un poteremostruoso che mette tutto e tutti insieme.Intesse tutto. Assimila tutto. Anche l’opposizione,anche la contestazione.Dapprima la città blindata ha prodotto unterrore virtuale. Poi il terrore virtuale si è materializzatocon pacchi bomba. E poi anche unmorto, ripreso e visto dalle tv e dalle migliaiadi foto. Un morto - e questo è un segno mediaticoagghiacciante - quasi in diretta.Un trionfo <strong>dei</strong> media, una sconfitta per tutti.Quel corpo adagiato a terra nel sangue einquadrato da un operatore ha incendiatodefinitivamente la guerra delle parti. Comeha visto Le Monde in una magistrale vignetta- il quotidiano francese che ha scelto dinon usare le foto è stato alla fine il più chiaro- faceva vedere come su di lui fioccasserodecine di flash per le prime pagine. Dietro unmuro i potenti banchettavano avidi e gli ossidel loro pasto volavano alti sino a raggiungerei poveri, assiepati dietro il filo spinato. E icontenuti del G8, gli argomenti dell’incontrofinivano in coda ai servizi.C’è un modo di dire popolare che Sofri haricordato in una delle sue opinioni da primapagina, prima che il fatto accadesse, “sirespira la paura che ci scappi il morto aGenova”, aggiungiamo noi nella città “meticciatadalla globalizzazione antiglobale” e daun’operazione di ordine pubblico tra le piùgrandi del secolo.Percorrendo, ora che il G8 è concluso, uncammino a ritroso dentro la stampa, dentrole prime pagine, i titoli, le foto, le immagini, ipassamontagna, i volti, i militari, le paroleutilizzate, le didascalie, appare come in unracconto già scritta la tragica conclusione, ilsangue, le botte senza motivo, le aggressioni,la violenza <strong>dei</strong> pestaggi, anche il morto.La stampa ha raccontato consapevole omeno una trama già scritta. Bisogna saperleggere i giornali, cambiare la nostra relazionecon l’informazione. Capire che questo è ilpotere della mediatizzazione.Questa è la nuova realtà della globalizzazioneche nasce dai media.Chiudo dicendo che è necessario averesempre presente un fatto positivo: un giornaleè un’astrazione. Ci sono diversi giornali eogni giornale è fatto da mille firme, mille testeche cambiano ogni giorno. Un giornale è unsondaggio al giorno, un tentativo al giorno,un ballon d’essai al giorno e una scommessa.Perché la stampa non sia cialtrona e nongeneri mostri reali o virtuali è necessarioimparare e insegnare ai giovani la sapienzadella lettura.Paola Pastacaldiad esprimere anche collettivamente leproprie opinioni.A qualcuno la nostra iniziativa non è piaciuta,ma anche questo è un diritto rispettabile.Arriviamo così a mercoledì 25 luglio, giornatadensissima perché prima della presentazionedel libro bianco ed in qualche modointrecciando gli argomenti, si trasforma volutamentel’affollatissima assemblea in undibattito su Genova e i diritti dell’informazione.Parlano i colleghi che per tre giorni e pertre notti hanno seguito gli eventi, che hannofilmato chilometri di pellicola, scritto decinedi pezzi, ma anche preso manganellate, chehanno avuto le macchine rotte ed i rullinisequestrati, che molto spesso si sono posticoraggiosamente come “forze d’interposizione”fra manifestanti e polizia e fra manifestantipacifici e frange violente, che hannocollaborato con la magistratura, che voglionoche la verità o almeno quanta più veritàpossibile sia ristabilita. In aula ci sono anchediversi parlamentari e lo stesso ministro dellacomunicazione Gasparri, intervenuto perdiscutere di precariato, ma che non si sottraealla discussione su Genova. Nel pomeriggiola presentazione del libro su Montanelli èun’importante occasione per riflettere, anchequesta volta a sala piena, sia pure d’unpubblico differente, sul senso della nostraprofessione, sul dovere di essere prima ditutto e in maniera prevalente cronisti. Genovaentra di prepotenza anche in questadiscussione, soprattutto per ricordare che igiudizi, scrivendo, lo diceva Indro, debbonovenire dopo che sulla carta sono stati scrittifatti e poi fatti e poi ancora fatti. L’indomani,venerdì, la settimana si chiude con l’incontrofra la segreteria Fnsi ed il vertice Fieg guidatoda Luca Cordero di Montezemolo: si stendeun elenco di argomenti da trattare e se nediscute subito uno, la normativa sulla diffamazione,cercando e trovando una lineacomune. Linea che un’ora dopo il presidenteFieg avanzerà nell’incontro, anch’esso giàprevisto da tempo, al ministero. Il lavorosindacale continua.Dal convegno di StresaA N A L I S I è emersa l’urgenzadi adeguare il dirittoall’economia digitaleUna battagliaa colpidi copyrightdi Laura TuriniLe imprese, ormai da tempo, hanno presocoscienza di quanto Internet sia un potentemezzo di comunicazione sul quale possonosvilupparsi importanti relazioni commercialiinternazionali e che consente, a chi fornisceprodotti o servizi, di disporre di un mercatosconfinato e in continua e rapida espansione.Questo aspetto, di indiscusso interesseeconomico, ha determinato l’insorgere nonsolo di liti per l’acquisto di importanti spazi divisibilità in Rete, legate principalmente all’utilizzodi nomi a dominio significativi, maanche l’acuirsi di rivalse legali per impedirea terzi di utilizzare tecniche e contenuti finoa oggi monopolio di pochi. Una tale prospettivaè particolarmente preoccupante in unasocietà come la nostra, in cui si tende alla“standardizzazione” <strong>dei</strong> prodotti, che se daun lato consente una maggiore interazionetra culture di tutto il mondo, dall’altro conferiscea chi produce gli standard un potereeccessivo e ingiustificato.Se chi possiede materialmente i cavi telefonicipotesse decidere anche cosa possonodirsi le persone che li utilizzano, sarebbedavvero drammatico, così come c’è daaugurarsi che non si avveri la previsione diLawrence Lessig che vede nell’introduzionedelle trasmissioni su banda larga un pericoloconcreto per la libertà di parola. In questaimportante fase della storia dell’umanità ilgiurista è chiamato a conoscere la tecnicaper comprenderne le conseguenze nonevidenti, ma al tempo stesso è chiamato aponderare le proprie decisioni, con lo sguardodiretto al futuro. Valori fondamentali qualila libertà di parola, la libertà di impresa e laconcorrenza paritaria tra le imprese nonpossono venire meno, neanche online.Questo è quanto è emerso anche recentementeal convegno tenutosi a Stresa il 4 e 5maggio, organizzato dal Centro nazionale diPrevenzione e difesa sociale, nel corso delquale si è discusso del rapporto tra diritto edeconomia, evidenziando come spesso l’utilizzodi certi strumenti giuridici giuochi unruolo fondamentale nell’evoluzione della vitasociale.Diritto d’autoreIl caso Napster ne è un esempio. La leggesul copyright, varata per ricompensare gliartisti dello sforzo creativo, consente aiproduttori di guadagnare rilevanti somme dalpagamento <strong>dei</strong> diritti da parte <strong>dei</strong> consumatori,<strong>dei</strong> quali solo una minima parte va poimaterialmente a finire nelle tasche degliautori. Napster, al di là della violazione omeno del diritto di copyright, ha dimostratocome sia possibile diffondere, e anchevendere, musica in un modo nuovo, eventualmenteanche facendo a meno <strong>dei</strong>produttori e <strong>dei</strong> distributori tradizionali,consentendo agli autori di guadagnare di piùe ai consumatori di ottenere lo stessoprodotto a un prezzo più basso. Una talepossibilità non può non fare paura e perquesto le major, che attualmente detengonol’80% del mercato, sono intenzionate più afare chiudere i siti scambia-files che a crearnedi propri e concorrenziali, proprio perI gruppi Usa temono Internet“Il dirittod’autorescomparirà”evitare che si diffonda la consapevolezza diun mercato che potrebbe gravementenuocere i propri interessi. “Cosa impossibile- ha ribadito David Boies, avvocato delgoverno degli Stati Uniti nel caso Microsoft edifensore di Napster e di altre società delsettore della musica online - per quanto sitenti di fermare sistemi come Napster, ormaisi tratta di un processo irreversibile con ilquale le società della old economy devonoinevitabilmente fare i conti”. A conferma diquesta affermazione basti pensare che inquesti giorni MP3.com ha iniziato a vendereCd “compressi”, che gli utenti possono scaricaredirettamente tramite Internet sul propriocomputer.Vecchio contro nuovoUtilizzare gli strumenti tradizionali, quali lalegge sul copyright, per impedire il diffondersidi nuove forme di comunicazione e dimercato è indubbiamente un errore. Ciò nonsignifica, e ormai è indiscutibile, che su Internettutto sia permesso, ma solo che occorreridimensionare certe posizioni estremistiche.La proprietà intellettuale è destinata a giocareun ruolo fondamentale, ma deve esserereinterpretata. Non a caso a Stresa si èparlato della teoria degli “Essential Facilities”,presentata da Gustavo Ghidini, professoredi diritto industriale alla Luiss di Roma, inbase alla quale è importante che i mezziessenziali per fornire beni o servizi siano adisposizione di tutti, mentre non è ragionevoleche, attraverso il copyright o altri dirittidi proprietà intellettuale, si possa impedire aqualcuno, ingiustificatamente, di utilizzarequalcosa che non potrebbe procurarsi altrimenti.Se così fosse si determinerebberoposizioni di monopolio gravi e insostenibili.La proprietà intellettuale deve essere salvaguardatae remunerata, ma non può essereuno strumento per tagliare la strada alprogresso. È un sentimento collettivo, che siavverte sia tra i consumatori sia tra i giuristi,che non si possa continuare solo a reprimeree che in certi casi lo si stia facendo inmodo eccessivo. La tecnologia consente diostacolare il diffondersi <strong>dei</strong> dati ben oltrequanto sia concesso. Basti solo considerareche i filtri o i meccanismi che impediscono ildownloading di certi file, crea un monopoliodi fatto, indipendentemente dal fatto che queicontenuti siano coperti o meno da dirittod’autore.Ripensare il copyrightIn questo clima di ripensamento della leggesul diritto d’autore è intervenuta la Danimarcanella persona del ministro della CulturaElsebeth Nielsen, che ha varato una propostadi legge in base alla quale sarà consentitonon solo duplicare i cd, ma anche scaricaremusica e copiarla sul proprio computerper uso personale. Si tratta di una presa diposizione che ha suscitato le ire delle societàmusicali e della quale è difficile prevedere glisviluppi ma che dimostra ancora una volta,se ce ne fosse bisogno, che la società reclamauna svolta che il diritto, e chi lo applica,non può evitare che avvenga.da Il Sole 24 Ore del 18 maggio <strong>2001</strong>Fra le aziende multimediali americane è ormai allarme per ildiffondersi <strong>dei</strong> sistemi peer to peer, che permettono lo scambiodi dati tra computer via Internet. A descrivere i timoridell’industria Usa è stato ieri l’economista del Mit, LesterThurow. Il fenomeno è iniziato con Napster, il sito utilizzatofino a poco fa da milioni di appassionati per scambiarsi i branimusicali gratuitamente. E con la “banda larga”, entro breve,potranno essere scambiati anche i film. In violazione delcopyright. Senza che le imprese abbiano trovato una soluzione.dal Corriere della Sera dell’8 settembre <strong>2001</strong>13


Il Tribunale civiledi Milanoconferma lasanzione inflittadal Consigliodella Lombardiaal direttoree a un inviatodi “Oggi”D E O N T O L O G I AMilano, 18 settembre. “Con la pubblicazione delle generalità e dell’immaginedi un minore, il comportamento in concreto tenuto dal giornalista estensoredell’articolo e dal giornalista direttore della testata è idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (sub specie di lesionedella normativa a tutela <strong>dei</strong> minori, come approvata dalla Convenzione diNew York e recepita nel nostro ordinamento con legge 176/1991) nonché adessere valutato come non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’<strong>Ordine</strong> (sub specie di violazionedi precisi intendimenti fatti propri dalla categoria con la sottoscrizione delleCarte di Treviso e <strong>dei</strong> doveri)”.È questo il filo conduttore della sentenza n. 8009/<strong>2001</strong> con la quale la quintasezione civile del Tribunale di Milano (Francesco Malaspina, presidente;Maria Iole Fontanella e Caterina Apostolati, giudici; Renzo Magosso e MariaGrazia Marzatico, giornalisti giudici aggregati) ha ritenuto “meritevole diconferma il provvedimento del Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>e ciò anche in relazione alla diversità di sanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi(censura al direttore della testata e avvertimento all’estensore dell’articolo)stante la diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzata nel citatoprovvedimento”.I ricorrenti sono Paolo Occhipinti e Massimo Laganà (nelle rispettive qualitàdi direttore del settimanale Oggi e di autore dell’articolo).Il Consiglio nazionale aveva confermato la decisione del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.Il Pm ha chiesto la conferma delle delibere sanzionatorie del Consiglio nazionalee del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di Milano.Il procedimento riguarda la pubblicazione di un articolo relativo alla vicendadella minore Serena Cruz, della quale veniva pubblicato su Oggi del 14giugno 1995 il nuovo nome e cognome nonché il luogo di abitazione dellafamiglia adottiva unitamente ad immagini fotografiche riproducenti la minorestessa.Il giornalista che pubblicail nome del minore feriscela dignità della professioneMOTIVI DELLA DECISIONE. Deve, preliminarmente, osservarsicome il dott. Occhipinti ed il dott. Laganà non contestinole circostanze di fatto poste alla base dell’irrogazione dellerispettive sanzioni disciplinari (quanto all’avvenuta pubblicazione<strong>dei</strong> dati anagrafici della minore nonché delle riproduzionifotografiche della stessa) bensì la qualificazione e l’incidenzadal punto di vista deontologico <strong>dei</strong> fatti stessi, cosìcome riportati dai Consigli regionale e nazionale nei rispettiviprovvedimenti.In particolare, i ricorrenti sottolineano come l’articolo avesselo scopo di rendere edotta l’opinione pubblica dell’esito diuna vicenda che alcuni anni prima aveva formato oggetto diampio dibattito anche giornalistico, come la stesura dell’articolonon avesse in concreto comportato alcun effetto pregiudizievoleper la minore stessa, come la pubblicazione fosseavvenuta con il consenso <strong>dei</strong> genitori e come, infine, la redazionedell’articolo dovesse essere ritenuta quale legittimaestrinsecazione del diritto di cronaca.Detti rilievi, peraltro, non appaiono - a parere del Collegio -meritevoli di positiva considerazione, onde deve farsi luogoalla conferma della impugnata decisione, siccome esente dacensure e congruamente motivata.Ed infatti, l’articolo oggetto di contestazione si incentra sulledichiarazioni rese nel corso di un’intervista dai genitori adottividi una bambina che - conosciuta con il nome di fantasiadi Serena Cruz - era diventata protagonista di un fatto dicronaca circa cinque anni prima della pubblicazione dell’articoloper cui è causa, per essere stata allontanata - con provvedimentodel Tribunale per i minorenni di Torino - dallapropria famiglia adottiva e per essere stata affidata ad unadiversa famiglia (che è quella con la quale tuttora vive ed infavore della quale si è perfezionato il procedimento di adozionedefinitiva).Su questa vicenda, quindi, si era aperto agli inizi degli anni‘90 un acceso dibattito che aveva coinvolto tutta l’opinionepubblica, anche in relazione alle scelte effettuate dal legislatorenella regolamentazione delle adozioni nazionali ed internazionali.Proprio in connessione con questa ed altre vicende che nelmedesimo periodo avevano avuto come protagonisti <strong>dei</strong>minori, l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti aveva avvertito la necessità diregolamentare in modo più puntuale i limiti e le modalità diintervento <strong>dei</strong> propri iscritti nella presentazione al pubblico ditali casi, onde erano state assunte delle precise indicazioniin materia sia nell’ambito della cosiddetta Carta di Treviso sianella Carta <strong>dei</strong> Doveri del Giornalista.In particolare, la carta di Treviso - sin dalla sua prima formulazionedel 5.10.90 ed in modo ancora più evidente nella suanuova formulazione del novembre 1995 - prevede espressamente“il rispetto per la persona del minore, sia comesoggetto agente, sia come vittima di un reato, richiede ilmantenimento dell’anonimato nei suoi confronti, il che implicala rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamentepossano comunque portare alla sua identificazione; latutela della personalità del minore si estende a fatti che nonsiano specificamente reati”.Ed ancora, la Carta <strong>dei</strong> Doveri del Giornalista prevede che ilgiornalista: “non pubblica il nome o qualsiasi elemento chepossa condurre all’identificazione <strong>dei</strong> minori coinvolti in casidi cronaca; evita possibili strumentalizzazioni da parte degliadulti portati a rappresentare e a far prevalere esclusivamenteil proprio interesse; valuta, comunque, se la diffusionedella notizia relativa al minore giovi effettivamente all’interessedel minore stesso”.La richiamata Carta <strong>dei</strong> Doveri, poi, prevede espressamenteche la violazione delle summenzionate disposizioni costituisceviolazione dell’art. 2 L. 69/63 e comporta l’applicazionedelle conseguenti sanzioni disciplinari.Tutte le prescrizioni sopra richiamate, quindi, devono essereritenute idonee a costituire una esemplificazione del contenuto“in bianco” delle norme regolamentari di cui al citato art.2 nonché all’art. 48 della legge 69/1963.Ed infatti, recita l’art. 2 della legge 69/1963: “È diritto insopprimibile<strong>dei</strong> giornalisti la libertà di informazione e di critica,limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tuteladella personalità altrui”; ed ancora recita l’art. 48 della leggecitata: “Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che sirendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignitàprofessionali, o di fatti che compromettano la propria reputazioneo la dignità dell’ordine, sono sottoposti a procedimentodisciplinare”.Orbene, letto l’articolo per cui è contestazione, non può nonritenersi - conformemente a quanto sul punto assunto daiConsigli regionale e nazionale - che il comportamento inconcreto tenuto dal giornalista estensore dell’articolo e dalgiornalista direttore della testata sia idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (subspecie di lesione della normativa a tutela <strong>dei</strong> minori, comeapprovata dalla Convenzione di New York e recepita nelnostro ordinamento con L. 176/91) nonché ad essere valutatocome non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’<strong>Ordine</strong> (subspecie di violazione di precisi intendimenti fatti propri dallacategoria con la sottoscrizione delle richiamate Carte di autoregolamentazione).Ciò in quanto l’articolo in esame si apre con il titolo principaledel seguente testuale tenore: “Ora Serena si chiamaCamilla Nigro ed è felice”, prosegue con l’espressa enunciazione<strong>dei</strong> dati anagrafici completi <strong>dei</strong> genitori e delle sorelledella minore (precedentemente nota al pubblico solo con unnome di fantasia), indica il luogo di residenza e si correda difotografie della minore da sola ed unitamente al proprionucleo familiare.Non può, dunque, esservi dubbio sul fatto che il citato articolosia idoneo ad integrare tutti gli estremi oggettivi dellacontestazione effettuata mentre la gravità di tale comportamento,contrario ai dettami deontologici, non risulta neppure,attenuata da una concreta esigenza connessa al diritto dicronaca, posto che - al momento in cui l’articolo è apparso -la vicenda non costituiva più oggetto di interesse attuale econcreto (risalendo le vicende <strong>dei</strong> provvedimenti giudiziari dimodifica dell’affidamento a ben cinque anni prima e nonessendo intervenuto, nelle more, alcun avvenimento concreto,ulteriore e nuovo, nella vicenda medesima).A maggior gravità dell’addebito contestato, poi, deve ulteriormenterilevarsi come la pubblicazione dell’articolo - anche dianalogo tenore - ben avrebbe potuto avere luogo omettendola pubblicazione delle fotografie e <strong>dei</strong> dati anagrafici dellaminore, che poteva agevolmente essere individuata con ilnome di fantasia di “Serena Cruz” (nome con cui, tra l’altro,era nota al pubblico).Né, infine, tali oggettive considerazioni possono esserecontraddette dal tenore delle difese di parte ricorrente (inbase alle quali la pubblicazione dell’articolo sarebbe avvenutocon il consenso <strong>dei</strong> genitori e senza che la minore nesubisse alcun pregiudizio psicologico).Ed infatti, l’allegata circostanza della mancanza di conseguenzepregiudizievoli per la minore all’esito della pubblicazione(su cui i ricorrenti hanno chiesto darsi ingresso a provatestimoniale) appare del tutto ultronea, posto che l’evitare ilpericolo di tali danni psichici per i minori costituiva la ratiodell’adozione della norma comportamentale cui hanno aderitoi giornalisti, ma non costituisce certo elemento costitutivodell’illecito contestato.Parimenti risulta irrilevante l’assenso espresso dai genitorialla pubblicazione, posto che tutte le norme come soprariportate vengono dettate nell’esclusivo interesse del minorestesso e ciò anche contro possibili strumentalizzazioni daparte degli adulti (conf. Carta di Treviso sopra citata)E che nella fattispecie i genitori della minore, nel consentiree rilasciare l’intervista, avessero avuto di mira più il loro interessepersonale che quello della minore si ricava proprio daltenore delle dichiarazioni riportate nell’articolo in oggettoladdove gli stessi testualmente dichiarano: “Abbiamo ascoltatoin silenzio ogni genere di sciocchezze, senza mai reagire,perché nostro dovere primario era quello di proteggere laprivacy della bambina e, dunque, non volevamo alimentareulteriori polemiche. Adesso, pero, è giunta l’ora di liberare inostri sentimenti”.Orbene, proprio dal tenore di tali dichiarazioni si evince comele motivazioni che hanno indotto i genitori della minore a rilasciarel’intervista fossero state esclusivamente di caratterepersonale e non certo finalizzate alla realizzazione unospecifico interesse della minore, né i ricorrenti hanno spintole proprie difese fino ad allegare che la pubblicazione dell’articoloin questione fosse stata realizzata, appunto, nell’interessedella minore stessa (conf. Carta <strong>dei</strong> Doveri sopra citata).Da tutto quanto sopra consegue, quindi, la valutazione difondatezza dell’addebito disciplinare contestato agli odierniricorrenti, ritenendosi, pertanto, meritevole di conferma ilcensurato provvedimento del Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti e ciò anche in relazione alla diversità disanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi (censura al direttoredella testata e avvertimento all’estensore dell’articolo) stantela diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzatanel citato provvedimento.P.Q.M.Il Tribunale, pronunciando in camera di consiglio, cosìprovvede:rigetta il ricorso ex art. 63 L. 69/63 proposto dai ricorrentiavverso il provvedimento assunto dal Consiglio Nazionaledell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti in data 12.12.2000.Corte d’AppelloLa Rai dovràreintegrareFurio FocolariRoma, 21 luglio <strong>2001</strong>. La Rai dovrà reintegrarenel suo posto di lavoro il giornalistaFurio Focolari, licenziato nell’ottobre del ‘96con l’accusa di aver commesso irregolaritàrelative alla fornitura di capi di abbigliamentoai giornalisti dell’ azienda per le Olimpiadi diAtlanta.Lo ha reso noto l’avvocato del giornalistaDomenico D’Amati secondo il quale la sezionelavoro e previdenza della Corte d’Appellodi Roma ha anche condannato l’azienda diviale Mazzini a versare a Focolari gli stipendiarretrati. I giudici di primo grado avevanodichiarato illegittimo il licenziamento, ma nonavevano accolto la richiesta di reintegro nelposto di lavoro.La Corte, presieduta da Silvio Sorace, hainfine disposto che la causa prosegua perl’esame della domanda di risarcimentodanni, alla salute e all’immagine avanzatanei confronti della Rai.Nel ‘96 Focolari fu incaricato dall’azienda ditrattare con una società di abbigliamentol’acquisto delle divise Rai per le Olimpiadi. Ilgiornalista fu accusato di aver consentito alladitta di apporre sulla divisa anche il propriomarchio in modo che fosse ripreso dalle telecameredurante le Olimpiadi. ‘’I giudici - hadetto l’avvocato D’Amati - hanno visionatoore di filmati televisivi e non hanno mai vistoquel marchio constatando che si è trattato diuna montatura indegna e indecorosa neisuoi confronti’’.(ANSA)14 ORDINE 8 <strong>2001</strong>


I N O S T R I L U T T IPam, un “cuciniere” di talento chelavorava con rigore (ma senza ansia)Pier Augusto Macchi in una fotoconservata nell’archivio dell’<strong>Ordine</strong>.di Sandro RizziAlla fine del 1993, prima di andare aCremona per fare nascere un nuovo quotidiano,Pier Augusto Macchi mi lasciò un fogliettocon una ventina di righe: “Così - aggiunsesorridendo - non dovrai fare fatica inarchivio se un giorno dovrai ricordarti delPam...”. Lo presi in giro per l’auto-coccodrillo.C’era tutto “il Pam” (la sua sigla era divenutail suo soprannome) in quel gesto da giornalistaprevidente: l’ironia anche su se stesso, ilgusto per la battuta e il paradosso, la capacitàdi sdrammatizzare, di sciogliere le tensioni,di lavorare con rigore ma senza ansia.Ho ritrovato quella biografia domenica 2 settembre,quando la figlia Adriana chiamò dall’ospedaledi Belluno per dirmi che papà eramorto. A 73 anni (e ha voluto rimanere tra lemontagne, nel piccolo cimitero di Vinigo diCadore, poco distante da Cortina, dove s’erainnamorato d’una vecchia osteria dell’800 el’aveva trasformata facendone la sua casadelle vacanze).Scriveva il Pam: “Quarant’anni nei giornali,quasi tutti nei quotidiani, quasi sempre in “cucina”,in quasi tutti i ruoli. Comincia nel 1950a Torino, alla Gazzetta del Popolo. Poi alCorriere della Sera, dieci anni di cui gli ultimicome segretario di redazione: direttoriMissiroli, Russo, Spadolini. Due anni aGenova, redattore capo, per rivoluzionarecon Piero Ottone il vecchio Secolo XIX. Da lìa Roma, redattore capo “in prima” alMessaggero di Sandro Perrone. Una parentesidi 2 anni, sempre a Roma, come direttoredell’Aga, agenzia di servizi per i quotidianilocali. Nel ‘77 Caracciolo lo incarica di far rivivereIl Tirreno di Livorno, innovativo “tabloid”di provincia che diventerà capofila di una solidacatena. Nel ‘78 torna a Milano, responsabiledel progetto quotidiani locali del gruppoRizzoli. Dirige il Corriere d’Informazione puntandosul “giornale di servizio”. Dirige ancheL’Occhio, con un disperato ma vano tentativodi salvare il primo popolare italiano dagli erroridi origine. Poi due anni alla Mondadori, comeredattore capo centrale di Panorama.Infine ancora al Corriere per occuparsi dell’introduzionedelle nuove tecnologie. Nel1993 gli è affidata la direzione del nuovo quotidianodi Cremona Cronaca Padana cheesce il...”. Si chiudono con i puntini gli appuntidi Macchi. Posso andare avanti io, un po’ colpevoledi averlo indotto a tuffarsi in quella chedoveva essere la sua ultima avventura al timoned’un nuovo giornale di provincia, in concorrenzacon lo storico quotidiano cittadino:una sfida che gli era congeniale.Se fossi stato preveggente avrei dovuto suggerirglidi godersi la pensione tra le montagneche amava. Lui aveva accettato con il solitoentusiasmo. S’era messo a disegnare menabò,a studiare la foliazione e la diffusione,aveva scelto una buona squadra, puntandoanche su una pattuglia di ragazzi della Scuoladi giornalismo della Rizzoli, di cui era stato insegnantesevero e nel contempo paterno. Macon un gruppo editoriale improvvisato e raccogliticcio,in un ambiente dai complessi equilibridi potere, la navigazione fu subito tempestosaper un direttore abituato a dare semprele notizie chiunque ne fosse il protagonista.Dopo pochi mesi Macchi si rifiutò di decimarela redazione e fu estromesso senza tanticomplimenti.Presto seguì il fallimento e un gruppetto digiornalisti superstiti riuscì ad ottenere la testataper dare vita a un bisettimanale che, dallafine del 2000, è ridiventato quotidiano.Nonostante una sentenza favorevole, Pamnon ebbe una lira e Cremona per lui rimasesoltanto un cattivo ricordo, reso ancor piùamaro dai suoi malanni che si acuirono.Al di là dell’epilogo, Cronaca Padana fu unesempio di giornale locale vivace e battagliero.Macchi vi trasfuse le esperienze diLivorno, dove aveva introdotto la fotocomposizione,e di Padova (L’Eco di Padova): qualcheredattore gli sarà certo ancora grato pergli insegnamenti. Al Corriere i più vecchi lo ricordanocome l’esempio di segretario di redazione,regista attento e sicuro della macchinalogistica: dai corrispondenti all’archivioai fotografi agli stenografi agli autisti. AlbertoCavallari ne magnificava le capacità organizzative,i tabelloni con le “posizioni” degli inviati(ora quel ruolo ha subìto una profonda evoluzione).Era sempre pronto a sperimentarele novità tecnologiche, intuendo che avrebberofacilitato molti compiti della redazione.Incapace di staccare, alla fine degli anni ‘80quando arrivarono i primi videoterminali delsistema Atex, lui tornò come consulente e ciaiutò a dimenticare la macchina per scrivere“meccanica”, insegnandoci a ripetere sul videole manovre che eravamo abituati a faresulla carta. Bell’uomo, tre figli da due mogli,un po’ bohémien, come sapevano esserloquelli della sua generazione, ma sempre in“stile Corriere”, pensò soprattutto al lavoro, lavera grande passione, più che al resto. Nonmeritava le ultime amarezze, perché ha semprecreduto nei giornali che ha fatto. Forsepiù di certi editori.Con Antonio Terzi finisce il grandeartigianato del giornalismo coltodi Luciano GaribaldiChi ha avuto la fortuna e il privilegio di lavorarecon lui, di averlo come direttore (di ABC,di Gente, della Domenica del Corriere, diClub 3) o come vicedirettore (del Corrieredella Sera), ha potuto concepire il giornalismo- quantomeno negli anni trascorsiaccanto a lui - come una delle professioni piùbelle, più gratificanti, più nobili del mondo.Poi le cose passano. Si smette di sognare.Si torna con i piedi per terra. Si torna a capireche il giornalismo è una professione. Ebasta. Non ci si illude più. Il tempo dellecrociate è finito.Forse è finito con lui, con Antonio Terzi, giornalista,nato a Bergamo, vissuto e morto aMilano l’8 settembre <strong>2001</strong>. Otto settembre:data della morte di qualcosa. Antonio Terziaveva 76 anni, una moglie, due figli, un nipotino,un grande amore: la penna. Intendo lapenna stilografica, ma anche quella con ilpennino che s’intinge nell'inchiostro. Conquel tipo di strumento scrisse cinque romanziche chi li ha letti non riuscirà a dimenticaremai. Ricordiamoli: La sedia scomoda, Mortedi un cattolico, La fuga delle api, L’assolutosentimentale, La moglie estatica. Hannovinto premi importanti, uno è arrivato in finaleal Campiello. Sono romanzi, ma anchecronache. Terzi lavorava sulle storie, sullepersone, sulla loro psicologia, gli venivabene studiare l’uomo e i suoi sentimenti, lesue stranezze e i suoi moventi, e poi descriverlicon quella stupefacente semplicità cheè <strong>dei</strong> grandi scrittori.Marisa Fumagalli ha scritto un bellissimoricordo di lui sul Corriere della Sera. «Il direttoreTerzi», ha scritto, «con una punta di cinismoe di vanto, diceva: “Solo i giornalisti coltisono in grado di confezionare un buon popolare”.Detestava i gadget, convinto che i lettori siconquistassero con le copertine azzeccate ei buoni articoli.Terzi era un autentico maestrodi giornalismo, aveva un gusto tutto artigianaledel mestiere». Difficile, impossibile diremeglio. Dobbiamo tutti ringraziare MarisaFumagalli.Terzi, negli anni Settanta, seppe trasformareun settimanale popolare in uno <strong>dei</strong> settimanalipiù incisivi e autorevoli anche dal puntodi vista politico, pur non perdendo un sololettore tradizionale, anzi acquisendone dicontinuo, fino a superare il mezzo milione dicopie vendute. I terroristi se ne accorsero.Un giorno il generale Dalla Chiesa lo mandòa chiamare. «Vuole la scorta?». «Non cipenso nemmeno».Come vicedirettore aveva voluto GilbertoForti, un altro cervello prestato al giornalismo:parlava sette lingue; aveva tradotto initaliano i romanzi di Karen Blixen; aveva scritto,in endecasillabi rimati, Il piccolo almanaccodi Radetzky.Che coppia! Che giornalismo! Chi ha avuto ilprivilegio di lavorare con quei due ha conosciutoqualcosa che non si può descrivere:la felicità della professione.Chiusa la Domenica del Corriere, PieroOstellino chiamò Antonio Terzi al Corrierecome suo vice. I «vecchi», e anche quelli cheallora erano ragazzini e adesso sono dimezza età, lo amano ancora. Non ha lasciatonemici. Solo rimpianto.RASSEGNA STAMPAwww.ecostampa.itAnchein formato HTMLper la vostraIntranetL’ECO della STAMPA è tra i più importanti operatorieuropei nell’industria del MEDIA MONITORING.Essere un partner affidabile per chi - in qualsiasistruttura pubblica o privata - operi nell’area dellacomunicazione o del marketing è, ormai da 100anni, la nostra mission.Anche grazie ai servizi di ECOSTAMPA Media Monitor SpA(media monitoring, software, web press release,media analysis, directories…) ogni giorno migliaiadi nostri Clienti accrescono l’efficacia delle loroDirezioni Marketing e Comunicazione, disponendodi maggiori risorse interne da dedicare alle attivitàcon più alto valore aggiunto.Se desiderate saperne di più …o fare una prova,contattateci!Tel 02.748113.1 - Fax 02.748113.444E-mail sales.dept@ecostampa.itL’ informazione ritagliata su misura.Nominativo ...................................................Azienda ......................................................Indirizzo ......................................................Cap/Città ....................................................Telefono/Fax ................................................E-mail ................................................ECOSTAMPA MEDIA MONITOR SpA®OGORDINE 8 <strong>2001</strong>15 (23)


I N O S T R I L U T T ILe avventure,i reportages,i commenti,i libri:la lunga“cavalcatadel secolo”di un maestrodel giornalismointernazionaleDal nostrocon quella di Roma, il tredicenneIndro Montanelli escogitò, insiemea un amico, una personalissimamarcia mignon, la marciasu Rieti, dove il padre al tempoera stato trasferito. Se l’obiettivoera la cattura <strong>dei</strong> genitori, narranole cronache familiari, l’esito non fuparticolarmente brillante. I tempivolevano dire anche divisa da balilla,tamburo e fucilino, tendopoli al mare ein montagna, e una overdose di patriottismo,patriottismo che lo avrebbe portatoal cospetto del duce (d maiuscola allorastrettamente di rigore) quale baby-redattoreo giù di lì dell’ Universale, un giornalettofascista che al fascismo si prendeva talvoltail lusso di fare la fronda. E il Mussolini seduttoredi consensi venne catalogato con unaparola, datata, che dice tutto, “affascinante”,mai rinnegata.Della laurea in Legge e Scienze socialiMontanelli si ricorda solo per ribadire il suounico interesse verso la Storia, e questavolta la maiuscola non è sprecata (al suo attivo,con diversi partner, da Gervaso a Cervi,sarebbero state catalogate una quarantina diopere, regolarmente in classifica). Inizia lasua avventura di curioso giramondo, i corsidi Grenoble e Parigi, il viaggio in Canada,amministratore di una fattoria, non essendosufficienti i magri proventi di Paris Soir, laprima testata, per soddisfare le quotidianenecessità. E poi l’Abissinia, 1935, volontarioprima che giornalista, con la vicenda dellaquasi-moglie, una ragazza di nome Destàche gli costò decenni dopo una denuncia perpedofilia e stupro (“da parte di un imbecille,laggiù, a 14 anni, una donna non sposata èuna zitella).Quel che seguì, il trovarsi là dove puntualmenteaccadeva qualcosa di molto, moltocaldo, Montanelli lo ascrive pudicamente alcaso. Come nell’amatissima Spagna per ilMessaggero, dov’era scoppiata la guerracivile, una serie di corrispondenze controcorrenteche gli costarono la sospensionedall’Albo e dal partito, quest’ultimo congedoper lui definitivo e al tempo stesso liberatorio.O in Germania, da collaboratore per ilCorriere diretto da Aldo Borelli, con il divietodi trattare argomenti politici. Il suo grandesponsor Ugo Ojetti, che aveva apprezzatoVentesimo battaglione eritreo, unlibretto sull’esperienza abissina, gli avrebbeproposto di stendere a quattro mani unatraduzione riveduta <strong>dei</strong> nostri Codici. Già,ma quel giorno d’agosto a Berlino vennefirmato il patto Ribbentrop-Molotov,nessuno ne sapeva nulla e i corrispondentistranieri latitavano per ferie. I servizisull’invasione della Polonia non entudiPilade del Buono“È un incontro con me stesso. Mi immaginoin viaggio verso la mia casa in Toscana, lìdove c’è il mio passato, quel mondo chesento di avere in qualche modo tradito. Nonè cambiato nulla. Suono, grido il mio nome,ma nessuno mi apre. Dietro il cancello chiusoc’è l’altro me stesso, quello fedele a unmondo lontano: non mi lascia entrare. Nonho mai trovato il coraggio di farla fino in fondoquesta confessione. Non ho mai trovato iltempo di scriverlo questo racconto. Chemuoia con me”. Ora Indro è tornato a casa,e i due Montanelli rivelati tanti anni fa aBruno Manfellotto, riappacificati, riposanoinsieme.La storia di Montanelli, - “un carattere felicementeinsopportabile”, chioserà qualcuno -,è un libro già scritto, riversato in cento titoli ein migliaia di articoli, frutto dell’attaccamentoal lettore, sentimento prioritario a ogni ambizione,e della conseguente curiosità di chi, digenerazione in generazione, con pari sentimentol’ha ripagato, pretendendo esclusivaattenzione dal proprio campione. La perfettasimbiosi è consacrata dal suo ultimo attopubblico, il necrologio che comparirà sulCorriere del 23 luglio (scompare, Indro,mentre viene celebrata una messa insuffraggio di sua madre), dettato alla nipoteLetizia Moizzi all’1.40 del mattino del 18luglio, presenti la compagna Marisa Rivoltae il factotum Enzo Maimone, qualche oraprima di entrare in camera operatoria: “Giuntoal termine della sua lunga e tormentataesistenza Indro Montanelli - giornalista,Fucecchio 1909, Milano <strong>2001</strong> - prendecongedo dai suoi lettori ringraziandoli dell’affettoe della fedeltà con cui lo hanno seguito...”.“Sono nato nel 1909, il 22 aprile, a Fucecchio,20mila abitanti tra Firenze e Pisa -aveva scritto -. La mia prima avvertenza èstata scegliermi bene i genitori. Tutti e duehanno superato i novant’anni in buonissimostato, lucidissimi fino in fondo. La cosa bellaè che non sono mai morti: si sono estinti”.Famiglia fucecchiese del 1200, un bisnonnoche costruiva navicelle per i renaioli, unnonno, Emilio, vecchio liberale e massone adominare il nucleo familiare; un padre, interventistaalla stregua <strong>dei</strong> fratelli, babbo Sestilio,ateo come Indro e preside di liceo che lorimandava a ottobre, ufficialmente per lacondotta ma sotto sotto per ragioni di principio;e una madre, Maddalena, buona e piache, al momento giusto, avrebbe dimostratola veridicità del vecchio detto sull’unicità delgenere.I tempi erano i tempi, e in contemporaneaIndro Montanelliin una delle ultime fotografie(foto Olympia).La foto piccola in alto è quellache Montanelli consegnòal momento dell’iscrizionenell’Albo.16 (24) ORDINE 8 <strong>2001</strong>


IndroMontanelli1909 - <strong>2001</strong>La prima paginadel Corriere della Seradel 23 luglio <strong>2001</strong>con il necrologio dettatodallo stessoMontanelli poche oreprima della morte.inviato nel NovecentoORDINE 8 <strong>2001</strong>siasmarono i tedeschi e il fucecchiese invitatoa trovarsi sedi di corrispondenza piùpaciose. Tappa successiva la Lituania, appenain tempo per riferire l’annessione allaRussia delle tre repubbliche baltiche, con larituale coda personale: il non gradimento <strong>dei</strong>padroni. E sempre il caso, c’è da giurarlo, loindirizzò in Finlandia, per godersi la guerracon la Russia, e a Oslo, meta delle truppeaviotrasportate d’occupazione tedesche,trasferta scandita dalla classica espulsionefinale. Morale: “In dieci mesi di ‘ferie’ avevoassistito in presa diretta al crollo dellavecchia Europa”. Mentre Mussolini, dallostorico balcone, si apprestava ad annunziarel’intervento.L’8 settembre del ‘43, espulso dal partito eradiato dall’Albo, se pure formalmente ufficialein servizio di inviato di guerra per ilCorriere della Sera, Montanelli era ricercatodai fascisti, incavolatissimi per un articolonon firmato sugli amori extra-coniugali diMussolini, scritto da altri e a lui attribuito, equasi non bastasse, dai tedeschi, non menopericolosi. Aveva simpatizzato per il partitod’Azione di La Malfa, Parri e Valiani, e si erafatto crescere la barba. Inutilmente. I tedeschilo catturarono in Val d’Ossola e il tribunaledi guerra, riunito a Gallarate, locondannò a morte. Accusa principale: avercriticato il fascismo, a Milano, negli incontricon la principessa Maria Josè di Savoia,secondo i rapporti di zelanti camerieri-spia.Con lui era stata arrestata la prima moglieMaggie de Colins de Tarsienne, sposata unanno prima, celebrante l’arcivescovo di Milano.Apparteneva a un’antica casata asburgica.Non ebbe tentennamenti, dalla suabocca non uscì l’abiura. Trasferito a SanVittore, apprezzò i comportamenti di ungiovane scopino, figlio di un’americana, chefaceva di tutto per essere d’aiuto: MichaelMontanelliconl’inseparabileLettera22.La fotoè di RobySchirer(dalCorrieredella Seradel 23luglio).Nicolas Bongiorno, l’invitto Mike. Se lacondanna fu, prima rinviata, e poi noneseguita per la materiale irreperibilità delmaggiore protagonista, lo si deve all’interventodi diverse persone: il cardinale Schuster,al quale era riuscito a far pervenire unSos, il maresciallo Mannerheim eroe dellaguerra finlandese, la madre, l’ingegnerGreco Naccarato; e di un personaggio misterioso,Luca Osteria, agente del servizio informazionimilitari che lo fece evadere sfruttandoun falso ordine di trasferimento.Rientrato dalla Svizzera dove s’era rifugiatoalla fine dell’estate ‘44, si trovava in piazzaSan Babila, a Milano, quando venne travolto“da uno sciame di persone in bicicletta che,agitando la bandiera rossa, gridavano:‘L’hannopreso! È a piazza Loreto!’. Lo scempio diquei corpi, e fra quelli di un compagno d’armiin Abissinia fedele a Mussolini sino altragico epilogo, lo avrebbe indotto a sottolineare:“Quello spettacolo, che mi ha lasciatoaddosso un vago senso di vergogna, m’insegnòcos’è la piazza, quando si ubriaca diqualche passione, e mi ispirò un odio profondoverso tutti coloro che cercano di ubriacarla”.E ancora: “La Resistenza, fenomeno chediventò ‘di massa’ soltanto gli ultimi giorni,quando i tedeschi se n’erano andati o se nestavano andando dall’Italia, ha avuto degliepisodi luminosi che avrebbero potuto diventaremateria di una saga popolare se i suoiesaltatori non avessero posto il veto aqualunque ricostruzione veramente storica”.Vita di tutti i giorni che riprese, mentre le rotativedel Corriere, in quei primi mesi del ‘45,restavano silenziose. Angelo Rizzoli senior,piazza Carlo Erba, gli prestò 100mila liresulla parola, cercando di coinvolgerlo in ungrande progetto che si sarebbe chiamatoOggi. Ma al richiamo del Corriere, direzioneEmanuel, come il cummenda ben immaginava,Indro non poteva resistere. Accreditato,fra i pochissimi giornalisti italiani, al Tribunaledi Norimberga, avrebbe sottolineato che “seNorimberga non raggiunse l’effetto che siproponeva - quello di suscitare una esecrazioneadeguata agli orrori che rivelava - fuperché venne recepita non come Giustiziama come castigo del vincitore sul vinto”. Nel‘46 voterà monarchia e due anni dopo per ilpartito di De Gasperi. “Guardavo il nasceredella repubblica antifascista con scetticismo”.Sempre e solo nel lavoro, che era genuinapassione e hobby insieme (“non capiscoperché mai mi pagano...”), si sarebbe sentitorealizzato.Il 23 ottobre del ‘56, sull’avvisaglia <strong>dei</strong> primidisordini, eccolo in viaggio (senza visto) daVienna a Budapest “per assistere a una rivoltacomunista, contro il comunismo reale”,interpretazione della verità disattesa dai17 (25)


“L’intervista filmata”Presentazione a Roma“Un ricordo di Indro Montanelli” è il titolodella serata organizzata a Roma dal ministeroper i Beni e le Attività culturali epresieduta dal ministro Giuliano Urbani,alla presenza del Presidente della Repubblica,per rendere omaggio al grandegiornalista (Biblioteca Nazionale Centrale,via Castro Pretorio 105, mercoledì 3ottobre, ore 18,30).In programma la presentazione di Ferrucciode Bortoli del video “L’intervista filmata”e l’intervento di Arrigo Levi “Ritrattodi Montanelli”. “L’Intervista filmata” è unaproduzione Rai Sat in collaborazione conil Comune di Milano.Indro Montanellifotografato nel 1999con un gruppo digiornalisti dellaredazione delCorriere della Seraall’interno della SalaAlbertini.La foto è statascattata in occasione<strong>dei</strong> festeggiamentiper i novant’annidel giornalista.Indro Montanelliera tornato in viaSolferino nel 1995,un ritornofortemente volutoe ottenuto dall’alloradirettore delCorriere, Paolo MieliSempre con la mitica Olivetti Lettera 22 (foto Olympia).“borghesi benpensanti”: “Questa è la storiadella battaglia di Budapest e il lettore ciperdoni se la riferiamo con tanto ritardo...”.Legge Merlin del ‘58, chiudevano le “case”“delle quali ho un ottimo ricordo”, “atmosferedi volti, di arredamenti, di discorsi e sensazioni”,e incombeva il Sessantotto, “con unaborghesia radical-chic che, comodamenteadagiata su eleganti divani, vezzeggiaval’eversione”. Lo stesso Corriere avrebberespirato quell’atmosfera, irrimediabilmentetramontati i tempi di Aldo Borelli che, primadi ogni decisione importante, soleva consultareil suo king maker o direttore-ombra chedir si voglia. Gli interventi da padrona diGiulia Maria Crespi, il licenziamento diSpadolini preannunciato alla redazione e ilsentirsi isolato con altri colleghi, lo indusseroal doloroso distacco. Le interviste al Mondoe a Panorama fornirono il pretesto al licenziamento.Non era più il suo Corriere, ilCorriere fondato da Eugenio Torelli-Viollierdivenuto carismatico con Luigi Albertini,direttore e comproprietario disarcionato perl’essersi pronunciato contro il regime dopo ildelitto Matteotti.La nascita del Giornale, giugno ‘74, con “l’argenteriadel Corriere, come avrebbe felicementetratteggiato più tardi un eccellentedirettore di via Solferino, Franco Di Bella,fece clamore e non solo clamore. Il soloacquistare all’edicola la nuova testatarappresentava un atto di coraggio e unrischio, perché chi vi lavorava era da tanticonsiderato un pericoloso reazionario (il solosfogliare la raccolta <strong>dei</strong> giornali, di numerosigiornali almeno, è sufficiente per fissare ilclima che si respirava). Poco o nulla contavail fatto che Montanelli, Bettiza e Piovene,nella sua facoltà di presidente della società<strong>dei</strong> redattori, fossero andati a pescare (fra lealtre) intelligenze purissime calibro Aron,Fejto, Furet, Ionesco, Revel, e, a casa nostra,Matteucci, Renato Mieli, De Felice, Romeo eSettembrini.Montanelli rammenterà il silenzio e il gelo dicerti incontri, colleghi che al suo passare sivoltavano, amicizie rinnegate, sino alla“gambizzazione” del 1977, ai giardini meta diquotidiane, ben note passeggiate. “Bisognache resti in piedi, che non gli dia la soddisfazionedi morire per terra”, e in quel suoaggrapparsi alla cancellata c’è la salvezza“perché l’ultimo colpo, mentre mi giravo estavo per cadere, mi è arrivato proprio all’altezzadell’inguine”. Nei titoli della Stampa edel Corriere diretto da Piero Ottone, il nomedi Montanelli non compare. Compare invece,nel registro delle firme in suo ricordo, il nomedi Franco Bonisoli: “Grazie Indro, Grazie dicuore, di tutto. Con affetto”. Bonisoli è il brche lo gambizzò e che nell’87 Montanelliaveva perdonato: “Il mio conto con loro èchiuso. Li rispetto perché oggi rifiutano il loropassato».Il ‘74 è un anno importante: a Cortina sposain seconde nozze la giornalista ColetteRosselli, la deliziosa Donna Letizia chescomparirà nel ‘96. La sua battaglia è ormaivinta, il Controcorrente (di poche righe etalvolta di poche parole) suggeritogli da Bettizaè la rubrica-cult più gettonata d’Italia,come lo era stata sull’ Unità quella di Fortebraccio-Melloniex Popolo, lo slogan “votareDc turandosi il naso” passerà ai posteri:buona parte <strong>dei</strong> media concordano ormaicon le tesi montanelliane e forse per questole tirature del Giornale in un qualche modone risentiranno.Il Giornale è ufficialmente <strong>dei</strong> giornalisti, ma igiornalisti, si sa, non navigano nell’oro, conle debite, rarissime eccezioni del caso: benedettodunque Silvio Berlusconi che rilanciala nave corsara garantendo la tranquillitàeconomica e scucendo preziosi milioncinialla redazione, assai più ai fondatori. “Nonposso dimenticare - si può leggere in unaintervista - che fu lui a salvare me e il Giornale.Due anni dopo l’inizio della mia avventuranon sapevo nemmeno come pagare glistipendi, avevo bisogno di soldi. Milano miaveva chiuso tutte le porte in faccia”. Nel1991 prendono consistenza le voci di unMontanelli senatore a vita ma Indro una voltadi più gioca d’anticipo, ringrazia il presidentedella Repubblica Cossiga e rinuncia, “perchéallergico alla politica, e non per fare lamammoletta”. Nessuno, nemmeno gli avversaripiù ostinati, oseranno malignarci sopra(ma ne aveva ancora?).Detestava feste e celebrazioni, medaglie eonori, ed era allergico, per la verità, anche aipremi, pur collezionandone un’infinità: nericorderà con piacere soprattutto due, quellodi “Eroe della Libertà di Stampa” conferitogliprima da World Press e poi da Press International,e quello delle “Asturie” che, per laprima volta, veniva assegnato a uno scrittorenon di estrazione e lingua ispanica. Un terzo,gradito, sarà consegnato in Spagna in suavece al giovane direttore del Corriere Ferrucciode Bortoli quando ormai il declino fisicolo obbligava a risparmiare quel poco di energiache ancora gli restava.Cronaca e politica si aggiornano. L’entrata diBerlusconi, “perché da quando è scomparsoCraxi - parole a lui rivolte dall’imprenditore diSegrate - io non ho più nessuno che midifenda”, lo porrà in rotta di collisione conl’editore sino all’inevitabile divorzio, dopo l’infelicetentativo di catturare la simpatia <strong>dei</strong>giornalisti senza l’avallo del direttore: uncontrasto sempre più acuto, dalle inizialiintenzioni di riserbo, in vista delle elezionidegli anni ‘90 e del <strong>2001</strong>, che lo spingerà avotare centrosinistra, indurrà Scalfari acercare di traghettarlo a Repubblica e lorenderà oggetto di convinti applausi alla festadell’ Unità. L’ultimo capoverso di un fondopubblicato dal Corriere il 15 febbraio diquest’anno, è a dir poco al vetriolo: “Eppoiperché dobbiamo avere la modestia di riconoscereche noi, come venditori, non leghiamonemmeno le scarpe a un piazzista chese un giorno si mettesse a produrre vasi danotte, farebbe scappare la voglia di urinare atutta l’Italia..”. Un contrasto neppure mitigatodal fatto che direttore del Giornale, e dunquesull’altra sponda, sia proprio quel MarioCervi suo fedelissimo partner nella costruzionedi tanti libri capaci di raccontare lastoria con parole comprensibili, “e non comefanno troppi storici”. L’ultimo giorno dimaggio, a larga vittoria elettorale del centrodestraconsumata, comunque noterà: “Miaspettavo una esplosione di trionfalismo, conannessi e connessi annunci di “immancabilidestini”. E invece ci sono stati, sì, <strong>dei</strong> compiacimentid’altronde legittimi perché la vittoria,piaccia o non piaccia, c’è stata, ma espressicon una sobrietà di linguaggio che, dato iltipo e il suo abituale stile, mi ha gradevolmentesorpreso...”. Da Berlusconi, mai,nessuna parola vagamente ostile e ilrimpianto per l’amico di un tempo.La nascita della Voce - omaggio a Prezzolini,costante punto di riferimento - creeràsperanze, ma sarà una voce fievole, dopol’iniziale fiammata e la ristampa del primonumero, e priva di mezzi, che si spengeràdopo una breve stagione lasciando in difficoltàpiù di un collega al suo seguito. “Il miodisinganno? Quando fondai La Voce eroconvinto di portarmi dietro i tre quarti <strong>dei</strong> mieilettori. Invece mi seguì un terzo di loro. Di150mila che erano i veri acquirenti del Giornaleme ne tirai 50mila. Allora capii che ladestra italiana è fatta di una piccola frangiadi liberali veri che vanno da Giolitti a Gobetti.Il grosso è fondato dai Salandra e dai Sonninoche non sono liberali ma forcaioli. Non perniente furono accanto a Mussolini”.Non è stagione di illusioni: “Il muro di Berlinonon è stato una tragedia soltanto per i comunistima anche per noi. Prima avevamo unnemico. Sapevamo chi era. Ora chi è il nostroavversario? Non conoscendolo non riusciamoa identificare neanche l’amico”. E ancora,ribattendo sul tasto oggetto di tante riflessioni:“L’italiano è un animale flessibile.S’adatta a tutto. Diciamolo fra noi. Qual è laspinta freudiana (non confessata) che spingea tutti i costi a volere entrare in Europa?È la speranza che l’Europa venga a governarci.Che avremo <strong>dei</strong> vigili urbani tedeschi iquali, a calci in culo, ci facciano fare quelloche da soli non sappiamo eseguire. Chel’Europa ci affranchi dal retaggio di secoli diservitù». Italiani ieri e oggi nel suo mirino:“Ma tutti ci dimentichiamo che i buffoni, inquesto Paese, sono una larga maggioranza”.E chissà se, in cuor suo, sotto sotto, Indrocondivideva al centouno per cento similecatastrofico, più che pessimistico identikit.Inevitabile il “ritorno a casa” in via Solferinodopo che Paolo Mieli gli aveva generosamenteofferto (e non già di facciata) lo scrannodirettoriale, e la ripresa del dialogo con lasua gente e con chi, pur avversandolo, avolte fieramente, non può fare a meno dileggere quelle righe, nel privatissimo spaziode La Stanza, già suo feudo per anni e anninell’amata Domenica del Corriere, assistitoda Iside Frigerio che l’ha seguito dal Giornale,e dalla sua mai in disuso Lettera 22, allergicitutti e due alle lusinghe di pc, Internet ediavolerie del genere. Per il Corriere il rientrodella sua più illustre firma rappresenta il fioreall’occhiello.C’è il Montanelli privato e il Montanelli, che,pur aborrendo la politica, è perentoriamenteinvitato a dire la sua sui maggiori temi d’attualitàe sui grandi personaggi. Se il dialogocon il lettore, nel Giornale talvolta assumevai connotati di un “mattinale”, cose di bottegache dovevano essere recepite all’esterno, enon infrequentemente dallo stesso redattore(esempio tipico: le ragioni per cui un giornalistafamoso come Enzo Bettiza, suo secondodi bordo, se ne era polemicamente andatoda via Negri - un gelo che sbollirà fatalmente18 (26) ORDINE 8 <strong>2001</strong>


2 luglio <strong>2001</strong>, l’ultima “Stanza”ORDINE 8 <strong>2001</strong>dopo due lustri ricomponendo una fraternaamicizia -, o perché era stata assunta unacerta posizione a prima vista contraddittoria),sul Corriere - trecento lettere al giorno - lievitaa navigazione a mare aperto. “Dal nostroinviato speciale nel Novecento”, titola felicementela Stampa: Indro è davvero l’autenticotestimone del secolo che viene sollecitato adesprimersi sui temi epocali, e dovrà per forzadi cose violentare la sfera personale di riserboper concedersi a chi lo ha adottato.La fede: “Io non ce l’ho. Riconosco che lo stoicismoè il rifugio <strong>dei</strong> disperati, ma nonammetto interferenze di estranei, anche imeglio intenzionati, in questa mia disperazione”.La famiglia: “La mia fortuna è di nonavere figli, sono convinto che non sarei statoun buon padre, anzitutto a causa del miomestiere”.Le vicende sentimentali: “Non me ne sonomancate ma sono sempre state condizionateda questa mia vocazione alla vita randagia”,oppure: “Rimpiango l’interesse che portavoverso l’altro sesso. Lo guardo con compiacimentoma non mi sento felice di dovervirinunciare...”). Il diritto, in casi precisi e delimitati- accettando il contraddittorio della Chiesama rifiutando ogni compromesso - all’eutanasia(“ciò che non feci con Donna Letizia”),che non è la paura della morte ma di un certomodo di morire (“È possibile che a un certomomento ti debbano accompagnare alcesso?”). Il poter cambiare opinione a ragionveduta, e la depressione, un nemico subdolosempre in agguato.Ogni giorno uno spunto: l’epitaffio del “mioamico Fortebraccio”, Curzio Malaparte insofferentedi non potergli sopravvivere, l’ostinatadifesa della memoria di Ignazio Silonechecché dibattano gli storici, le esperienzecinematografiche, I sogni muoiono all’alba ela vera storia del generale Della Rovere aliasGiovanni Bertone, traditore ed eroe (paternitàdel film amaramente disconosciuta pertalune omissioni), o le ragioni per cui, neiprimi 37 anni di Corriere, non firmò un fondoche fosse uno.Alla curiosità pubblica deve persino aprire ilportafoglio d’antan firmato Cartier, Paris.Contenuto: la tessera dell’<strong>Ordine</strong> regionale<strong>dei</strong> giornalisti datata 1 giugno ‘41, un bigliettoda visita di Henry Kamm del New YokTimes, un biglietto scritto in ideogrammi cinesi,un biglietto da visita del Giornale, tessereAlitalia e Ferrovie dello Stato.Il suo lettore, che nessuno si meraviglierà diveder assurgere a ruolo di protagonista sulsettimanale allegato ogni giovedì, Sette,costantemente lo incalza: c’è il fan incavolatissimo,che ha fatto l’esperimento, inviandogliinutilmente sette lettere in un sol giorno,nessuna delle quali onorata dalla pubblicazione,c’è chi lo consiglia a strutturare altrimentiLa Stanza (“Grazie, ma continuocosì”), e c’è chi lo contesta (risposta cordialenella prima parte, postilla fulminante: “Leisarà anche un bravissimo ingegnere.Come interlocutore è solo un gran villano”),o, in alternativa, “che tristezza scrivere perlettori come lei”; e c’è chi cerca una parolaconsolatoria di fronte ai classici vizi italici,automobilisti incivili, treni anticipo del Purgatorio,burocrazia nefasta, ecc. ecc.Affiora, non poteva essere altrimenti, lapresenza del misterioso “arredatore” dellaStanza, il collega che, quotidianamente,legge in anteprima la risposta premiata e lastilizza con arguzia, in un piccolissimo, garbatoquadrato di spazio. Chi è mai?, “...ma dopodue anni che lavoriamo insieme - darà contonel ‘97 al curioso di turno - non solo nellostesso giornale ma nella stessa pagina, e luicome illustratore di ciò che io scrivo ancoranon so, e ormai dispero di saperlo un giorno,com’è fatto fisicamente, Guarino: se è alto obasso, se è bruno o biondo, se è giovane ovecchio. Sono due anni che gli mando, perinterposta persona, <strong>dei</strong> messaggi d’invitoSopra,Montanellimentrelasciala sede delCorriere.(dal Corrieredella Seradel 23luglio).A fianco,l’ultima“stanza” sulgiornalismo,2 luglio<strong>2001</strong>.almeno a mostrarsi e darmi così il destro diringraziarlo per la preziosa collaborazioneche mi fornisce. Nulla...”.Non mancano le civetterie delle “doveroserettifiche”, l’ammissione di “una scena di gelosia”nei confronti di Anthony Burgess che siera allontanato dal Giornale per vil danarodopo avergli giurato eterna fedeltà, e la categorica,ammiccante precisazione: “No, caroamico, proprio no. Lei può dubitare di mecome giornalista, come storico, come scrittore,come contribuente. Ma come balbuzientesono genuino, a 18 carati, anche se di carattereintermittente”. Non renderà mai pubblicala piccola vicenda di quel giovane giornalistadel Giornale che, avendo imprudentementeprestato una bella sommetta a un anzianocollega, non vedendosela restituire cominciòa blaterare nei corridoi. “Quanto recrimini? -gli intimò nel suo ufficio il burbero Indro staccandoun assegno di un paio di milioni -, vuoldire che mi farai lo sconto almeno dellemigliaia di lire eccedenti.E adesso fuori di qui e non provarti a fareancora casino...”. La galleria <strong>dei</strong> personaggi,in parte retaggio <strong>dei</strong> celebri Incontri sollecitatidecenni prima da Gaetanino Afeltra, è imponente:all’appello mancheranno in definitivasolo Stalin e Mao, e se talvolta è costretto aprecisare che non può soddisfare la curiositàperché quello statista, quel politicante, quelgrand’uomo o quella larva di individuo non hafatto in tempo a conoscerlo o è defunto anzitempo,però, però è pur in grado di riferireche...Qualche lettore di primissima fascia restaperplesso, se non allarmato, dalla lunghezzadelle ferie estive <strong>2001</strong> che Montanelli ha l’arbitriodi prendersi, così privando il popolodegli Indro-dipendenti della lettura preferita,quella destinata a sovvertire l’ordine cronologicodelle pagine: “Arrivederci al primosettembre, cari lettori...”. È il 4 luglio, per l’ultimavolta in calce a un pezzo d’attualitàcompare la sua firma sul Corrierone, anchese, nella rubrica delle lettere al giornale, deBortoli continuerà ad alimentare - non cisovvengono precedenti - la staffetta dellasolidarietà di chi desidera testimoniargli affetto.Nel Corriere del 23 luglio compare il riquadro,bianco, della Stanza.L’omaggio della grande stampa internazionaleè unanime: “La sua penna fieramente indipendenteera coraggiosa e diretta”, FinancialTimes; “Caparbiamente indipendente, polemico,intrepido e incorruttibile”, The Indipendent;“Scagliava le sue frecce ironiche contromolte icone del presente e del passato”, TheGuardian; “Estate horribilis. Era membro diquella ridotte stirpe di giganti ormai estinta”,El Mundo. Sul Corriere undici colonne dipartecipazioni solo il primo giorno, in appenatre giorni approdano sul sito di via Solferino11mila e-mail.“Ho avuto per anni Indro davanti ai miei occhi.Osservandolo mi accorgevo che scrivere, perlui, equivaleva a una funzione terapeutica.Scrivere significa esistere, fuggire le angosceche lo incalzavano, ritrovare nella vegliaoperosa la vitalità e la salute che l’inerteinsonnia notturna gli sottraeva.Il successo, il plauso non lo interessavano inquanto tali: erano, più che altro, terapie di vita,di radicamento nella realtà, da cui i mostriatoni e melanconici della ciclotimia minacciavanocontinuamente di estraniarlo...”. Rispondendoa un lettore della sua rubrica, Montanelliannoterà: “Non immaginavo che, sedutoall’altro capo della stanza direttoriale del Giornale,Bettiza [il brano riportato è tratto da Lacavalcata del secolo, Mondadori] mi tenessesotto un controllo così assiduo e spietato...Come abbia fatto lui a scoprire che la miaansia di lavoro e il furioso impegno che cimettevo erano soltanto una fuga dalle mienotti insonni e dai fantasmi che le turbavano(e le turbano), non lo so. Ma fatto sta che allasua diagnosi non ho nulla da eccepire”.19 (27)


I N O S T R I L U T T ICarlo Bo1911- <strong>2001</strong>Carlo Bo giornalista,di Emilio PozziCarlo Bo giornalista: ecco un aspetto marginalema non minore della sua personalità. Èin questo contesto che lo voglio ricordare, sulfilo della memoria mia e di quella di EnricoMascilli Migliorini, che ha vissuto, accanto alDuca di Montefeltro, un bel gruzzolo di anni.Su questo tema, accantonando quelli specificamentelegati alla letteratura e all’Università,i nostri ricordi si sono incrociati, sovrapposti,completati, in una lunga conversazionetelefonica fra Milano e Napoli, costruendo,tra fatti, impressioni, battute, sensazioni,un ritratto, in dimensione giornalistica, di unotra i più significativi personaggi della societàitaliana degli ultimi sessant’anni. Carlo Boera iscritto all’Albo professionale, comepubblicista dal 1° ottobre 1946.Con Mascilli ci siamo trovati d’accordo subitosu una premessa deontologica: la tolleranza.Concettualmente era un cattolico liberale,diceva di sé “sono un aspirante cristiano”. Esubito dopo la tolleranza, l’umiltà, per quantoriguardava gli articoli per i giornali. Peculiaritàche consideriamo sempre, oltre la curiosità,il senso dell’attualità e l’attenzione perl’individuo, tra le doti principali di un buongiornalista. Era anche un divoratore di giornali.La mattina per Bo, a Urbino, cominciavacon il barbiere e la mazzetta <strong>dei</strong> giornali cheil buon Paolo Bigonzi, per anni, non gli hamai fatto mancare.Ovviamente al giornalismo, come professione,preferiva l’Università.Ricorda Mascilli: “Quando dalla direzionedella Sede Rai di Ancona fui trasferito a quelladi Firenze, andai a trovarlo per comunicargliche ritenevo di dover lasciare l’incaricouniversitario al quale ero stato chiamato treanni prima. Mi guardò con severità e,puntandomi minacciosamente il sigaro dirittoaddosso, sentenziò: ‘Un incarico universitarionon si lascia mai’. E così fu che, qualcheanno dopo lasciai la Rai e misi solide radicia Urbino”. E a tal proposito Mascilli Migliorinitiene a sottolineare come nei lunghi annidurante i quali ebbe la ventura di collaborarecon Carlo Bo, anche nelle specifiche funzionidi preside della facoltà di Sociologia e didirettore delle Scuole di giornalismo ‘nonebbi mai da lui un minimo accenno di richiestavolto a conoscere quale fosse l’orientamentopolitico di un qualsiasi candidato perl’insegnamento a Urbino bensì soltantodomande precise e rigorose che esigevanoaltrettanto precise, rigorose e documentaterisposte sulle effettive capacità culturali,professionali e didattiche. Per me che provenivodalla Rai, fu come vivere un’esperienzaviva e vitale che si configurò tra i motivi chemi legarono, per oltre trent’anni all’Uomo,alla sua eccezionale personalità e di conseguenzaalla istituzione universitaria urbinate.Bo non aveva però una visione corporativadel mondo universitario. Chi volesse ripercorrerein modo analitico la storia del giornalismoitaliano in due iniziative significative lotroverà protagonista.La prima: la nascita del primo Istituto superioredi studi giornalistici, nell’ambito degliindirizzi professionali attivati nella sedeuniversitaria.Dell’idea erano appassionati promotori ilprofessor Aldo Testa, autorevole docente aUrbino, il segretario del sindacato giornalistiinterregionale Emilia-Romagna MarcheAngiolo Berti, il generosissimo collegaGiuseppe Zeccaroni e l’allora presidentedella Federazione della Stampa LeonardoAzzarita.Il progetto era ambizioso: creare un corsoregolare di studi superiori rivolto a chi volesseintraprendere la professione giornalistica.Sulla formazione culturale e professionale<strong>dei</strong> giornalisti si era discusso animatamenteanche in sede di Commissione per la stesuradella nuova legge sulla stampa, il dibattitoera rimbalzato nell’aula di Montecitorio, insede di Costituente, quando si era affrontatol’articolo 21 della Costituzione, entrata invigore il 1 gennaio 1948. Il dibattito era poiproseguito, anche in campo sindacale o sullepagine <strong>dei</strong> giornali, nel confronto degliopinionisti. C’era chi era contrario alle scuole,perché sosteneva l’idea che giornalisti sidiventa sul campo, con la pratica, allevati neigiornali dai colleghi più anziani, altri temevanoil ripetersi dell’infelice esperimento dellascuola di Giornalismo, realizzata a Perugia,per breve tempo attorno agli anni Trenta, inpieno fascismo da Ermanno Amicucci (e cheebbe come motore un eccellente professionistacome Carlo Barbieri), con la nascita di‘fabbriche’ di giornalisti indottrinati, tuttateoria e niente pratica; altri ancora ritenevanoche avrebbero messo in pericolo un liberomercato. Erano momenti difficili per laprofessione. Soffiavano venti da ogni puntocardinale.Quella scuola con percorso parauniversitarioperò si fece, la Convenzione fra Università eCarlo Boè mortoin unaclinicadi Genova il21 luglioscorso.Era natoa SestriLevanteil 2 gennaio1911.(FotoOlympiadi GiovanniGiovannetti)Federazione della stampa fu firmata nel1949, e rimase in piedi (e lo è tuttora,frequentata, in particolare da studenti greci)ma senza sbocchi ufficiali. Con la nascitadell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti nel 1963 e con lacreazione delle Scuole biennali, a numerochiuso, riconosciute dall’<strong>Ordine</strong>, ed una èproprio a Urbino - e anche in questo casoanticipando i tempi della attuale riforma,l’università fu tra gli enti promotori, con lapossibilità dell’accesso dopo il praticantatoall’esame di Stato, quell’Istituto rimane comeun fiore all’occhiello, testimonianza di unafelice intuizione.La seconda. Sul piano delle iniziative giornalistiche,tuttavia, Carlo Bo, diede ancora unavolta il segno di intelligente conoscenza <strong>dei</strong>problemi professionali, allorché alla fine deglianni Settanta, accolse di buon grado lapromozione di stages, brevi ma intensi, per igiovani colleghi che stavano per affrontarel’esame a Roma. Avevano sì completato20 (28) ORDINE 8 <strong>2001</strong>


ancheUn ricordonel segnodella didatticaA 40 giorni dalla morte, giovedì 30 agosto, allafacoltà di Sociologia di Urbino, durante il corsoestivo tenuto dal professor Vittorio Paolucci(docente di storia del giornalismo) si è tenuto unaffollatissimo seminario durante il quale è statapassata in rassegna la stampa italiana <strong>dei</strong> giorniimmediatamente successivi alla scomparsa diCarlo Bo per esaminare che cosa, quanto ecome era stato scritto su di lui. Il seminario èdiventato così una utile esercitazione didattica.La verità della letteraturadi Matteo ColluraORDINE 8 <strong>2001</strong>formalmente i rituali diciotto mesi di praticanei giornali, ma, quasi sempre, senza la rotazionenei previsti tre settori di lavoro e senzaun minimo di preparazione in alcune materiepreviste dall’esame.All’idea lavorammo sul piano progettuale eorganizzativo, il Presidente dell’<strong>Ordine</strong>Barbati e il direttore Viali, il professor MascilliMigliorini e il direttore amministrativo dell’UniversitàRossi e io. Al primo stage, svoltosinelle aule universitarie per una settimana,con prova finale simulata, parteciparonoaspiranti professionisti in parecchie centinaia:erano ospiti nei collegi universitari, inperiodi meno occupati dagli studenti, in unacornice ambientale e paesaggistica, almenoserena. L’esperienza fu altamente positiva eservì da esempio per iniziative simili, oggi, avent’anni, entrate nella routine e gestite siadirettamente dall’<strong>Ordine</strong> nazionale che dataluni Ordini interregionali e regionali.Come collaboratore di quotidiani (La Stampaprima e il Corriere della Sera poi) i suoi articolisia quelli destinati alle pagine letterarie(ah, la nostalgia per gli elzeviri della terzapagina) sia quelli a commento di fatti dibruciante attualità, di solito in corsivo, inprima pagina, erano esemplari. Nell’umiltàartigianale. Lo posso testimoniare in primapersona. Un grande avvenimento, tra i piùpalpitanti della società, suggerisce alla direzionedel Corriere di chiedergli un commento.Bo accetta. Deposta la cornetta del telefono,tira qualche boccata di sigaro e si mette ascrivere. A mano, su quei blocchi che unavolta venivano usati dagli stenografi. Unagrafia minuscola, ma chiara. Poche le cancellature,pochissime le correzioni. Riecco iltelefono. Dall’altra parte c’è il dimafonista.Carlo Bo detta personalmente, la voce èmeno esile del solito, rigoroso nella punteggiatura,improvvisando, del caso, qualchepiccola correzione al manoscritto, una parola,un aggettivo. Il testo è appoggiato sulleginocchia perché in una mano c’è la cornetta,nell’altra l’inseparabile sigaro. Mormoraun saluto, impercettibile, alla fine. E riprendela conversazione con l’interlocutore che hadi fronte, scusandosi per l’interruzione.La parentesi giornalistica è chiusa. L’indomanile sue riflessioni, sempre limpide, illuminantie coraggiose, faranno discutere. Glialtri. Così come negli anni furono gli scritticorsari di Pierpaolo Pasolini, di GiovanniTestori.Fino a poche ore prima della morte Bo haseguito, guardando la tv, nella stanza dellaclinica genovese, quello che stava succedendo,a pochi passi da lui. Il suo commentosu Genova non ci sarà nel volume che raccoglierài suoi articoli di prima pagina.Ecco, quasi un’idea, per ricordarlo comegiornalista, al di là di tutte le iniziative chesaranno prese per onorarlo a Urbino, a Milano,a Sestri Levante, a Genova, a Roma, e<strong>dei</strong> volumi, già pubblicati (Sergio Pautasso èstato il curatore di una Antologia criticapreziosa) o in progetto.Una volta, mentre lo intervistavo nel decimoanniversario della morte di un caro amico,suo e mio, Diego Fabbri, per una pubblicazioneche si stava preparando per l’occasione,mi disse: “Solo se di una persona, scrittoreo no, ci si ricorda dieci anni dopo lamorte, vuol dire che ha contato qualcosa”.Sono convinto che, nel 2011, Carlo Bo saràricordato per almeno uno <strong>dei</strong> suoi meriti. Adesempio essere stato, in pieno fascismo, ilprimo traduttore in italiano di Federico GarciaLorca, “voce eterna che si spegne al di là <strong>dei</strong>nostri confini”.P.S. - Ogni volta che ripenso a Bo non riescoad immaginarlo senza il suo sigaro. Nonsembri irriverente questo piccolo, affettuosopensiero: prima di entrare in Paradiso si saràgarantito che l’avrebbero lasciato fumare,per ricompensarlo di tutte le volte che, incerte circostanze umane, era stato costrettoa spegnerlo?“Letteratura come vita”: così Carlo Bo, alloraventisettenne, nel 1938 definì la sua ideadi letteratura; un’idea alla quale sarebberimasto sempre fedele. E dunque: non unasorta di slogan per lanciare, allora, la nuovapoetica dell’ermetismo, ma l’affermazionedi una condizione, di un modo di esserescrittore nella società. Non è soltanto unaquestione di etica, che in uno studioso dallareligiosità dichiarata e conclamata come Boè persino ovvia; è un modo di intendere la scrittura, l’attostesso dello scrivere, come atto morale.Per questo, all’indomani della sua morte, Carlo Bo puòapparire un reperto, ancorché illustre e autorevole, di un’epocalontanissima e alle nuove generazioni assolutamenteestraneo. Del resto, lui ne aveva piena consapevolezza. “Laletteratura è diventata una sorta di spettacolo, come la politica”,aveva detto in una delle sue ultime confessioni inpubblico. E non aveva perso l’occasione per criticare ancorauna volta la superficialità del dibattito culturale cui gli eradato assistere nella fase conclusiva della sua vita; un dibattitoin cui le idee – l’espressione non è sua, ma credo eglil’avrebbe condivisa – vengono usate come si fa per i trasferibilio nella compilazione degli slogan. “Siamo ormai abituatia dire tutto subito. Il diario potrebbe essere un rifugio, undeposito per lo scrittore. È un’ipotesi, una speranza”, avevaaggiunto, per poi spiegare: “Il diario come antidoto alla dissipazione,per dare un maggior risalto di verità a ciò che unoè e pensa, per opporsi a questo andazzo di pubblicizzaretutto e immediatamente e alla fine insensatamente, perchénon resta nulla”.Proprio per questo, per combattere contro la superficialitàdel pensiero e contro la dissipazione delle intelligenze, CarloBo, da giovane, tenne un diario che pubblicò nel 1945.Diario aperto e chiuso, s’intitola ed è lì a testimoniare della“dissipazione” cui neanche lui umanamente seppe sottrarsi;è lì, a dare conto del suo contraddittorio (essendo egli unintellettuale cattolico) scetticismo, del suo credere sempremeno nella “religione delle lettere” e tuttavia restarne legatocome all’unico nutrimento possibile.Umano, troppo umano, verrebbe da dire, ripercorrendo lasua straordinaria opera di critico letterario, la quale, nellasua interezza, si può considerare un’opera letteraria di persé, autonoma e sotto l’aspetto creativo, originale, rappresentativadi un’epoca, chiarificatrice dal punto di vista culturalee anche politico (per il ruolo che, nella società, gli intellettualihanno avuto nell’arco di tempo compreso tra gli anniTrenta del secolo scorso e quelli immediatamente successivialla fine della seconda guerra mondiale).Tanta attenzione per l’uomo, inteso nella sua spiritualità,colto nella sua panica ricerca di un segno divino (da qui lasua ammirata adesione al pensiero di Blaise Pascal, consideratoil suo maestro assieme a Sainte-Beuve), in pienoNovecento ne aveva fatto un pensatore già superato,“vecchio”, anche se monumentalizzato mentre era ancorain vita. E se ne può approfittare per dire che questo costruiremonumenti anzitempo è pratica diffusa nel mondo dellelettere per tenere a distanza coloro i quali con le loro opere,la loro presenza, il loro esempio rappresentano un modellodifficilmente raggiungibile, ma con il quale inevitabilmenteconfrontarsi. (Per la verità, con Bo la monumentalizzazionein vita riuscì a metà, e per il semplice fatto che l’uomo, intelligentecome pochi altri in una terra di furbi tutto sommatosprovveduti, palesemente servendosi del monumento, tolsead esso gran parte della sacralità, sottraendosi alla mummificazione).Circondato da uno spesso alone di “ufficialità” tanto daapparire una sorta di istituzione nazionale (Magnifico Rettoredell’Università di Urbino, senatore a vita per i suoi altimeriti culturali, presidente onorario, o a tutti gli effetti, di unaserie di fondazioni e premi…), egli tuttavia se ne stavaappartato, centellinando i suoi interventispontanei miranti a illuminare i punti oscuridel vivere civile, ad orientare il pensiero dicoloro i quali riteneva non avessero del tuttosmarrito la capacità di agire da creatureumane.Tutto questo è testimoniato dalla sua vastaproduzione giornalistica che GiovanniRaboni sul Corriere della Sera, ha definitodi “un’agilità espressiva prodigiosa, capacedi ospitare abissi di allusività e suggestionedentro formulari ritmico-lessicali di quasi provocatorianonchalance”. E a questo va aggiunto tutto quello che CarloBo ha, di fatto, suggerito ai giornalisti nelle innumerevoliinterviste. Burbero, austero, di poche parole, tuttavia eglinon ha mai negato di “partecipare” al lavoro del più giovane<strong>dei</strong> cronisti culturali.Avendo avuto l’opportunità di intervistarlo più volte, possoqui dire che Bo era uno di quegli interlocutori che ai giornalistifanno fare buona figura. Interrogato su un determinatoaspetto della letteratura italiana contemporanea o delpassato, o di quella francese o spagnola o di qualsivogliaaltra area geografico-culturale, dettava (letteralmente dettava)le risposte, complete della punteggiatura. E mai checonsultasse un libro, un appunto. Del resto, chi lo ha conosciuto,chi ha avuto modo di ascoltarlo in alcune delle suetante apparizioni in pubblico, sa bene che Bo era capace ditenere una conferenza – gli occhi bassi, il mozzicone disigaro spento in un angolo della bocca – senza mai servirsidi una scaletta, di una qualsiasi annotazione.Questa dimestichezza con i temi della cultura e della letteraturain particolare, gli veniva da un apprendistato chepossiamo definire straordinario. Uno “scrutatore di libri”, Bo,un metodico e affamato frequentatore di biblioteche (anchese spesso e soprattutto nell’ultima fase della sua vita, tuttoquanto delle biblioteche poteva servirgli gli giungeva incasa).“L’ultimo testimone della letteratura” è stato definito dopo lasua morte. E sono stati in tanti, disorientati dalla sua scomparsa,a domandarsi cosa rimane, cosa rimarrà del criticoletterario, cattolico liberale, Carlo Bo. Per scrivere questanota ho radunato alcuni suoi scritti da – andando a ritroso –Solitudine e carità del 1985 allo Scandalo della speranzadel 1957; da Letteratura come vita del 1938 (con questo titolo,nel 1994, la Rizzoli ha pubblicato un’antologia criticadell’opera di Carlo Bo, a cura di Sergio Pautasso e con testidi Jean Starobinski e Giancarlo Vigorelli) al saggio d’esordiosu Jacques Rivière.E già da questi titoli si può comprendere quali siano stati itemi e le emozioni umane e intellettuali alla base del suovasto lavoro critico. In tutta la sua vita, Bo sviluppò un incessanteesercizio di lettura e di rilettura suitesti classici e moderni di autori italiani,francesi, spagnoli, rintracciandone ed esaltandonele diverse radici e ragioni, maanche le loro comuni aspirazioni ed ispirazionieuropee.Da questo lavoro nacque la sua importanteriflessione critica e spirituale, condotta conarte di scrittore, sotto forma di saggi diampio respiro, recensioni e interventi occasionali,note diaristiche, scritti, questi ultimi,che testimoniano la sua affinità con la letteraturafrancese di cui fu uno <strong>dei</strong> massimi conoscitori.Alludendo alla sterminata produzione critica di Bo, GiancarloVigorelli, uno <strong>dei</strong> suoi più convinti sostenitori (e quiaggiungiamo <strong>dei</strong> suoi amici più cari) ha scritto (e ci sembrasia questo un modo degno per ricordarlo): “…Non è ad ognimodo la quantità, ma è la totalità <strong>dei</strong> libri letti a fare di Bo,direbbe oggi un cronista letterario da rotocalco, il ‘fenomenoBo’. È la qualità delle sue letture, ed è più ancora quel suoincessante invito alla lettura di libri di qualità che fa di lui,direttamente o indirettamente, l’anticipatore e il promotoredella ‘nuova critica’ italiana.Non per assegnare titoli, primati e primogeniture, ma conquella sua idea elitaria di lettura e il suo esempio, è incontestabileche Bo abbia determinato un sommovimento di terree di cieli nell’orbita obbligata della critica. No, non ha datovita ad un metodo, ad un sistema di critica; al contrario haviolato parecchie metodologie correnti, dimostrando al vivoche non esistono tecniche prefabbricate di indagine e,peggio, di giudizio. La critica non è che un atto di conoscenza,di doppia conoscenza disvelata tra chi ha scritto il libro echi leggendolo ne individua e condivide le verità, l’assolutaverità…”.La verità della letteratura, quella che illumina le opere diManzoni, di Borges, di Sciascia. E di Bo. E voglio ricordarloin quella fredda giornata di gennaio in cui andai a trovarlonella sua casa di Urbino, in occasione del suo novantesimocompleanno. “Non è un merito arrivare a questa età”, midisse. E indicandomi una ordinata pila di scatole di sigari,aggiunse: “Quelle sono le uniche cose che restano della miavita. Tutto quello che avevo da dire l’ho detto in un arco ditempo che arriva al 1945. Quel che è venuto dopo è stanchezza,delusione, erosione della fede nella letteratura”.Feci il calcolo.Nel 1945, Bo aveva trentaquattro anni, e dato che per suastessa ammissione il periodo più fertile e più bello della suavita era stato quello tra il 1934 e il 1938, ne ricavai che lagran parte di coloro che avrebbero letto il mio articolo suinovant’anni di Carlo Bo, quando egli viveva i suoi anni piùintensi, non erano ancora venuti al mondo. E allora, mi sonodetto, se si riflette su questo dato, tutto apparirà più naturalee lo scetticismo di Bo si scioglierà in buon senso, e sicomprenderà appieno l’umiltà del suo rammarico estremo:“Non ho studiato abbastanza”. In quelle ore che per lui dovevanoessere di festa, mentre a Urbino, a Roma, a Milano,nella sua Sestri Levante, gli amici e le autorità si preparavanoa rendergli omaggio, lui aveva trovato per sé questaformula, sconcertante e per certi versi inquietante: “Sono unaspirante cattolico”.21 (29)


Si sono svoltel’8 settembrele prove scrittedi selezioneper l’ammissioneXIII bienniodell’IfgTEMI SORTEGGIATI (busta C)POLITICA INTERNAZIONALEPOLITICA INTERNACRONACAECONOMIACULTURAIsraele-Palestina: perché il conflitto dura ancora oggi?Come i media hanno raccontato i fatti di GenovaNovità in farmacia: i farmaci genericiBorsa: ascesa e crollo <strong>dei</strong> mercati negli anni della neweconomyA Mantova per la cultura si fa la coda e si paga per partecipareagli incontri con gli scrittori. Le sorprese del FestivaletteraturaCOSTUMESPETTACOLIMiss Italia: un sogno che non tramontaBilancio dell’anno verdiano per il centenario: in Italia enel mondoSPORTDi fronte al calcio miliardario in Italia si prospettano nuoviscenari: il miracolo Chievo, la decadenza delle squadremeridionali, la preponderanza di calciatori stranieriLa carica <strong>dei</strong> 227Un momentodella prova scrittadi selezioneper l’ammissioneal XIII biennio dell’Ifg,svoltasi l’8 settembreal Politecnico di Milano.QUESTIONARIO SORTEGGIATO (busta C)1) Chi presiede il Consiglio Superiore a) il Presidente della Repubblicadella Magistratura (CSM)?b) Il Presidente del Consiglioc) Il ministro di Grazia e Giustizia2) Le cronache riparlano di Pacciani, <strong>dei</strong> compagni di a) 1968merenda e degli omicidi avvenuti nella zona di Firenze. b) 1975In che anno il primo <strong>dei</strong> 17 omicidi? c) 1980Sabato 8 settembre, presso la sede del Politecnicosi sono tenute le prove scritte di selezioneper l’ammissione al XIII biennio dell’Ifg.Dei 302 candidati ammessi – per questatornata uno <strong>dei</strong> requisiti era la laurea - se nesono presentati 227, 130 femmine e 97maschi. Rappresentano tutte le Regioni,eccetto Valle d’Aosta, Molise e Basilicata. Icandidati più numerosi provengono dallefacoltà di Lettere, Scienze politiche e Giurisprudenza,ma non mancano i laureti inmedicina, ingegneria, chimica e biotecnologie.Le operazioni di registrazione sono iniziatealle 9 e si sono concluse attorno alle 10. Unbreve intervento del presidente dell’<strong>Ordine</strong>della Lombardia, Franco Abruzzo (“daquesta selezione devono uscire 40 numeriuno”) e subito dopo il vicepresidente vicariodella Commissione, Emilio Pozzi (il presidenteè Piero Ostellino) ha fatto scegliere ad unacandidata una delle tre buste contenenti letracce degli elaborati, la fotocopia degli articolipubblicati su giornali dell’8 settembre, daiquali ricavare un riassunto di 20 righe e unquestionario con 20 quiz su argomenti diattualità e cultura - che pubblichiamo quiaccanto. Il “via” è stato dato alle 11,10, tempomassimo per la consegna, sei ore.La correzione degli elaborati, tutti rigorosamenteanonimi, è cominciata l’11 settembree si protrarrà fino al 19. Vengono selezionati90 candidati che dall’11 al 22 ottobre sosterrannola prova orale. La proclamazione <strong>dei</strong>vincitori avverrà il 23 ottobre. I punteggimassimi per le prove sono espressi insessantesimi (il tema) e in ventesimi (sintesie quiz). I primi 40 classificati vengonoammessi all’Ifg, dove svolgeranno il praticantato.L’inizio delle lezioni è previsto per il 5novembre. La frequenza è obbligatoria e atempo pieno.3) Il Governo Berlusconi ha istituito la carica a) 4di vice-ministro. Quanti sono? b) 6c) 84) In quale città italiana è stato denunciato il primo caso a) Napolidi morte causata dalla medicina anticolesterolo b) Firenzeprodotta dalla Bayer?c) Bologna5) Come si chiama il cardinale presidente della CEI? a) Camillo Ruinib) Angelo Sodanoc) Joseph Ratzinger6) Quale tipo di arma è stata messa al bando a) mine antiuomodopo il trattato di Ottawa del 1° marzo 1999? b) euromissilic) armi strategiche7) Quando è entrata in vigore la Costituzione italiana? a) 2 giugno 1946b) 22 dicembre 1947c) 1° gennaio 19488) Quale organo è competente a giudicare il Presidente a) Corte Costituzionaledella Repubblica per i reati di alto tradimento? b) Corte d’Assiste d’Appelloc) Tribunale speciale9) Quale uomo politico pronunciò il discorso di Fulton a) Edennel 1946 usando per la prima volta l’espressione b) De Gaulle“cortina di ferro”?c) Churchill10) Da chi è stata fondata la CNN, c) Churchillrete televisiva che trasmette 24 ore su 24?b) Bill Gatesc) Steve Case11) Un grande giornalista polacco, Ryszard Kapuscinski a) Oro neroha scritto uno <strong>dei</strong> più acuti libri sull’Africa.b) EbanoQual è il titolo?c) Equatore12) Chi è l’autore della beat generation a) Allan Ginsbergdivenuto famoso nel 1957 con il libro On the road? b) Jack Keruacc) William Burroughs13) Il Vernacolo è: a) arredo sacrob) dialettoc) animale14) Il famoso quadro “Olympia” a) Goyache ritrae una donna nuda sdraiata è di:b) Manetc) Modigliani15) Teo Teocoli ha abbandonato all’improvviso a) “torno alla Rai”il programma di Canale 5 “Italiani” condottob) “mi pagano troppo poco”da Paolo Bonolis. Motivazione?c) “non sono ancora pronto”16) Nel film Eden dell’israeliano Gitai recita a) John Le Carrèlo scrittore autore della storia. Chi è?b) Ismail Kadarèc) Arthur Miller17) Qual è il fiume italiano più lungo dopo il Po? a) Tevereb) Arnoc) Adige18) Con quale parola inglese fu definita la politica a) devolutioneconomica neoliberista applicata negli anni Ottanta b) deregulationda Reagan e dalla Thatcher?c) dumping19) In quale specialità Fiona May ha vinto la medaglia a) salto in altod’oro agli ultimi campionati del mondo?b) salto in lungoc) salto triplo20) Dove si svolgeranno le Olimpiadi invernali del 2002? a) Italia (Piemonte)b) Stati Uniti (Salt Lake)c) Svizzera (Vallese)22 (30) ORDINE 8 <strong>2001</strong>


TEMI NON SORTEGGIATI (busta A)TEMI NON SORTEGGIATI (busta B)POLITICA INTERNAZIONALEPOLITICA INTERNATutti dicono di essere contro il razzismo: allora, perché aDurban il mondo si è diviso?Il federalismo nelle diverse anime del GovernoPOLITICA INTERNAZIONALEPOLITICA INTERNALuci e ombre della politica estera di BushPolemiche e commenti sulle diverse candidature allasegreteria <strong>dei</strong> Democratici di sinistraECONOMIACRONACACULTURACOSTUMESPETTACOLISPORTSi prospetta un autunno molto caldo. Il candidato illustri ipunti di contrasto tra le parti socialiCenerentola con bambino a Palazzo reale. Le nozze frail principe di Norvegia Haakon e la signorina Mette-MaritNo logo di Naomi Klein: il libro cult degli anti globalMiss Italia: un sogno che non tramontaManu Chao: mito vero o falso?Il doping è ormai un fenomeno trasversale a tutti gli sport.Che cosa si è fatto e che cosa si può fare per contrastarloCRONACAECONOMIACULTURACOSTUMESPETTACOLISPORTMostro di Firenze: perché Pacciani è di nuovo in prima paginaArriva l’Euro: opportunità, timori, rischi, problemi praticiPaolo Coelho e Carlos Castaneda due scrittori chehanno venduto milioni di copie. Che cosa li accomuna?Gli abiti sottoveste, di chiffon, trasparenti, vengono propostiper 365 giorni all’anno. Per assecondare nuove voglie diseduzione o per semplificare i costi e aumentare i profitti?Si parla tanto del giovane cinema italiano. Tendenze, titoli,autori, interpretiCalcio: cosa manca alla Nazionale di Trapattoni per arrivarecompetitiva ai mondiali del 2002?QUESTIONARIO NON SORTEGGIATO (busta A)1) In quale palazzo romano a) Farnesinaha sede il ministero degli Interni?b) Viminalec) Palazzo Chigi2) Christian Barnard, padre <strong>dei</strong> trapianti a) Leucemiadi cuore è morto a Cipro. Quale la causa?b) Incidente d’autoc) Infarto3) Quanti milioni sono gli infetti da Hiv nel mondo? a) fra i 30 e i 40 milionib) fra i 40 e i 50 milionic) fra i 50 e i 60 milioni4) In quale anno sono cominciate le trasmissioni a) 1952regolari della Tv in Italia? b) 1954c) 19575) Quale di questi Paesi non fa parte dell’Unione Europea? a) Portogallob) Irlandac) Svizzera6) Cosa significa letteralmente la parola “intifada”? a) lancio di sassib) assaltoc) funerale7) In quale città ha sede a) Strasburgola Corte Internazionale di Giustizia?b) L’Ajac) Bruxelles8) Quante sono in Italia le regioni a statuto ordinario? a) 12b) 15c) 189) Quale di questi tre personaggi succedette a) Pietro Badoglioa Mussolini nel luglio 1943 alla guida del Governo? b) Ivanoe Bonomic) Ferruccio Parri10) Chi, fra questi giornalisti non è stato direttore a) Indro Montanellidel Corriere della Serab) Giovanni Spadolinic) Mario Missiroli11) Chi è il reponsabile <strong>dei</strong> servizi giornalistici di La7? a) Sandro Curzib) Giuliano Ferrarac) Gad Lerner12) Di che nazionalità è il premio Nobel a) giapponeseper la letteratura (anno 2000) Gao Xinjian?b) coreanac) cinese13) Quale termine indica l’accostamento nella medesima a) Ossimorolocuzione di parole che esprimono concetti contrari? b) Sineddochec) Metafora14) Quale di questi attori americani non è stato a) Al Pacinodoppiato da Ferruccio Amendola?b) Robert De Niroc) Robert Redford15) Il Divisionismo è a) Una ideologia politicab) Un comportamento delle cellulec) Un movimento artistico16) Quanti sono i registi che si sono impegnati a) 11a Genova a filmare le giornate del G8? b) 18c) 3317) Come si chiama oggi lo stato africano a) Dahomeyche fino al 1960 si chiamava Alto Volta?b) Burkina Fasoc) Burundi18) Che cosa è il Pil? a) Partita iva localeb) Prodotto interno lordoc) Partito italiano liberale19) In quale città si svolgeranno le Olimpiadi del 2008? a) Tokyob) Pechinoc) OsloQUESTIONARIO NON SORTEGGIATO (busta B)1) In una sola regione italiana a) Marchec’è una minoranza linguistica croata. Quale?b) Molisec) Puglia2) Vent’anni fa a New York, il 12 agosto 1981 a) 420veniva presentato il primo personal computer. b) 5150Fu chiamato con un numero. Quale? c) 90013) Chi presiede la giuria di Miss Italia <strong>2001</strong>? a) Gina Lollobrigidab) Ornella Mutic) Sofia Loren4) Marshall McLuhan divideva i media in caldi e freddi. b) RadioUno solo di questi è freddo. Quale?c) Tvd) Cinema5) In quale anno è stata fondata la Fao a) 1945(organizzazione dell’Onu b) 1950per l’alimentazione e l’agricoltura)? c) 19556) Nel 1972 un commando palestinese compì a) a Barcellonaun sanguinoso raid in un villaggio olimpico. Dove? b) a Città del Messicoc) a Monaco di Baviera7) Quale organo decide in primo grado sulle controversie a) Tartra cittadini e pubblica amministrazione?b) Consiglio di Statoc) Corte <strong>dei</strong> Conti8) Con quale provvedimento del Presidente a) amnistiadella Repubblica su delega delle due Camere, b) condonolo Stato rinuncia a punire determinati reati?c) indulto9) Chi fu nel 1988 la prima donna diventata a) Benazir Bhuttoprimo ministro in un Paese islamico?b) Indira Gandhic) Golda Meir10) In media quanti quotidiani sono venduti a) fra 4 e 5 milioniogni giorno in Italia?b) fra 5 e 6 milionic) fra 6 e 7 milioni11) Nel gennaio 2002 ricorre il 30° anniversario della morte di a) EuropeoDino Buzzati. Il grande scrittore ha avuto un ruolo fondamentale b) Epocaper molti anni in un settimanale di Milano. Quale?c) Domenica del Corriere12) Di che nazionalità era il famoso scrittore Jorge Amado? a) Argentinab) Colombianac) Brasiliana13) Qual è la parola corretta? a) Metereologicob) Meterologicoc) Meteorologico14) Uno <strong>dei</strong> più importanti restauri degli ultimi anni ha a) Firenzeriguardato La leggenda della vera Croce di Piero della b) SienaFrancesca. In quale città si trova l’importante dipinto? c) Arezzo15) Di che nazionalità è il cantautore Manu Chao? a) Ecuadoregnab) Spagnolac) Francese16) Al Festival di Locarno il Pardo d’oro è stato vinto dal film italiano Alla a) Stefania Sandrellirivoluzione su due cavalli regista Maurizio Sciarra.Un’attrice italiana b) Laura Moranteche faceva parte della giuria ha contestato in pubblico la scelta. Chi? c) Laura Betti17) In quale sezione delle Alpi si trova il Monte Bianco? a) Graieb) Penninec) Retiche18) Come viene chiamato l’indice a) Nasdaq<strong>dei</strong> titoli azionari tecnologici?b) Napsterc) Seat19) Quante volte l’Italia ha vinto i mondiali di calcio? a) dueb) trec) cinque20) Quale di queste tre squadre di calcio a) Olandanon si è qualificata per i mondiali del 2002? b) Spagnac) ArgentinaORDINE 8 <strong>2001</strong>20) Quale squadra ha eliminato a) Russial’Italia dai campionati europei di basket?b) Croaziac) Grecia23 (31)


L I B R E R I A“Corriere della Sera” dell’8 settembre <strong>2001</strong>La Resistenzadi MurialdiMario Costa CardolUltimo zar –primo olocaustodi Gigi SperoniLa prima guerra mondiale ciha lasciato saggi, ricordi,memoriali di generali (ognunoa difendere la propria verità)testimonianze di scrittori,come Lussu, Hemingway,Remarque. A questa pubblicisticaenorme che raccontae analizza l’insensato sacrificiodi una intera generazionesui vari fronti di battaglias’aggiunge, ora, questo librodi Mario Costa Cardol dedicatoa uno sterminio avvenutonelle retrovie, e dimenticato:tra il 1914 e il 1916 circadue milioni di ebrei trovaronola morte durante le deportazionivolute dallo statomaggiore russo col pretestoche i villaggi giu<strong>dei</strong> eranocentrali spionistiche a favoredel nemico tedesco. Due milioni!E i più deboli: donne,vecchi, bambini, perché gliuomini validi erano al fronteo disertori.Il titolo del libro, Ultimo zar –primo olocausto, ne sintetizzail contenuto.L’ultimo zar era Nicola II, cheil 17 luglio 1918 verrà ucciso,con tutta la famiglia, dai bolscevichi,per ordine delSoviet degli Urali, a Ekaterin-burg,in Siberia, e latragedia del popolo della diasporapuò essere ben definitacome il “primo olocausto”.Oltretutto a opera di unaRussia che accusava le vittimedi essere al servizio proprio<strong>dei</strong> futuri nazisti che, inmodo più scientifico, programmerannola soluzionefinale del popolo d’Israele.Nel 1916, mentre i soldatidello zar perseguitavano gliebrei, un giovanotto di 27anni, Adolf Hitler, in un ospedaleda campo tedesco, pervia degli occhi ustionati dall’iprite.maturava i suoi follipropositi di distruzione.E Mario Costa Cardol citacome “prezioso e importantissimopunto di riferimento”,Jacob L. Talmon, professoredi storia moderna allaUniversità di Gerusalemme,che, di fronte alla strage russa,si era accorto “con sgomentodi trovarsi di fronte auna sorta di prefigurazionedell’ecatombe attuata dainazisti”.Mario Arduino e Oscar Di PrataFu breve la giornatadi Massimo CobelliMario Arduino, classe 1939,sindaco di Sirmione delGarda per una decina d’anni,dal 1990, e autore di libridi poesia e di saggi sul suoillustre concittadino di duemilaanni fa, Catullo; OscarDi Prata, nato a Brescia nel1910, pittore, critico e docente,per molti anni collabo-L’autore cerca di inquadrarela tragedia in campo largo,ovvero in un ampio scenariogeopolitico, con veloci pennellatesui protagonisti dell’epoca,nell’intento di comporreun quadro d’insieme.Compito non facile.Il suo vero merito rimanequello di aver riportato allaluce un dramma, e chedramma, rimosso dalla memoriae dalla coscienza degliuomini. E rivissuto conuna partecipazione personale:“Grazie all’intelligenzae alla sensibilità di mia moglieDoris Sarina, ho avutodell’animo e del mondoebraici la comprensione necessariaper scrivere questolibro, che dedico alla memoriadi Lei e alla vita di nostronipote Carlo Yehuda”.Mario Costa Cardol,Ultimo zar –primo olocausto,Lulav editrice,Milano <strong>2001</strong>,pagine 269, lire 29.800(euro 15,39)di Corrado StajanoDeve aver forzato la proprianatura riservata, PaoloMurialdi, per scrivere, più di50 anni dopo, una cronacadella sua guerra partigianain una brigata garibaldinadell’Oltrepò pavese. Il libretto,pubblicato da Il Mulino, siintitola La traversata. Settembre1943-dicembre1945. È una memoria secca,priva di retorica e di compiacimenti,dove l’emozione hapoco spazio. Si svela soltanto,ma con misura, nella paginadove Murialdi raccontal’arrivo a Milano, il 27 aprile‘45, <strong>dei</strong> partigiani dell’Oltrepò,i primi che giunsero incittà: “Le vie dell’ingresso sonoquelle abituali di quandonon c’era l’autostrada: Conchetta,san Gottardo. Tra lecase incontriamo il tripudio.Dai marciapiedi e dalle macerieuomini e donne applaudonoe urlano evviva.Qualcuno grida welcome,welcome e noi rispondiamoche siamo italiani, non americanio inglesi. Ricordo unadonna che si sbracciava tantoche un seno le uscì dalloscollo del vestito”. (Una bellasoddisfazione, indimenticabile,per un giovane di 25 anni,liberare Milano dal nazifascismo.Capace di ripagaredi tante fatiche, ansie, dolori,ricordi di morte). In cima alsuo libro, Murialdi ha postodue citazioni, la prima diJosif Brodskij, “L’animo precedela penna e non permettealla penna di tradirlo”. Laseconda di Italo Calvino:“Siamo tutti uguali davantialla morte, non davanti allastoria”. Questa di Murialdi,storico del giornalismo, giornalistaper tanti anni, è unamemoria nel segno indicatoda Claudio Pavone, l’autoredi Una guerra civile, fondamentalesaggio storico sullamoralità della Resistenza.Murialdi è ritornato nei postidella sua giovinezza partigiana,ha rivisto i paesi dipianura, i villaggi di collina aridosso della via Emilia,Voghera, Stradella, la terralombarda sotto il Po, i prati ei boschi <strong>dei</strong> rastrellamenti, lestrade degli agguati, i luoghidella guerriglia, le cascineQuando vestivamoalla garibaldinadell’ospitalità contadina. Èandato, inutilmente, alla ricercadella buca lunga unpo’ più di tre metri, largaquasi due, di terra e di tavoledi legno, dove con tre compagnivisse per 35 giorni dopoil feroce rastrellamento<strong>dei</strong> mongoli del novembre‘44.Murialdi non ha reticenze,racconta tutto quel che ricorda,è salito in montagna conun impermeabile stinto, i calzonialla zuava, un sacco inspalla.La Resistenza, allora e oggi,è per lui portatrice di libertà.È un duro tirocinio, il suo, imparala politica, impara a conosceregli uomini. Spessonon sono facili i rapporti tra ipartigiani delle diverse formazioni,i comunisti, i socialisti,gli autonomi, iGaribaldini, i Matteottini,quelli di Giustizia e libertà,ratore di giornali e riviste:due esperienze diverse, duediverse generazioni, ma ununico modo di “sentire” l’avventuraumana, con le suegioie e i suoi dolori, con il fardellodel passato e con lesperanze del futuro.La giornata è appena cominciatae già volge al tramonto,ma nonostante la “stagione”sia perduta per sempre rimanela gioia di aver vissutoe di vivere alla ricerca di unalibertà interiore che è poi ilsegreto della vita. È la gioia<strong>dei</strong> semplici, <strong>dei</strong> puri di cuore,che non si lasciano maiabbattere dalla disperazione.Dal sodalizio tra il poeta e ilpittore è nato il volume Fubreve la giornata, parole edimmagini sulla stagione perduta,raccolta di poesie diArduino e di disegni di DiPrata, dalla quale affiora unduplice e personalissimopercorso umano e spirituale,intrapreso alla ricerca di unrigore morale che non hanulla a che fare con il circodelle vanità impostoci dauna società alla deriva.Arduino e Di Prata, poeti distrada innamorati della vita,allora tenuti in sospetto daicomunisti, adesso da chi ve<strong>dei</strong> comunisti in ogni cantone.Il libro di Murialdi, garibaldinonon comunista, cometanti altri, è familiare, spiegacon naturalezza, fuori delmito, la quotidianità della vitapartigiana. Spiega anche gliorrori e la pietà. Non tace leatrocità della guerra civile,non nasconde la violenzapartigiana. Ma il seme dellavendetta, commenta, l’avevanoseminato i neri. Nell’ultimoperiodo del fascismopoi, quello di Salò, poi normalipersone di fede fascistasi trasformarono in efferatitorturatori, come gli uominiche operarono nell’Oltrepò,italiani feroci di una formazioneche si chiamava“Sicherheits Abteilung”.I compagni del partigianoPaolo sono l’Americano,intercalano disegni e poesiecome in un libro di filastroccheper bambini, confondendole une con gli altri.“Entrambi ‘giocano’ con sestessi e con il mondo, ebbridi gioia orgogliosa e conscia”,osserva nella presentazionedel volume AmanzioPossenti: “ambedue raccontanoche la vita è un donosenza pari, anche se fu brevela giornata. Tra parole eimmagini, là avanti si profilaun guado da superare, perloro, per tutti: è dolce che aldi là attenda un Dio pieno dimisericordia, che abbracciail Poeta, si emoziona ai coloridel Pittore e avvolge tuttinel segreto dell’eternità”.E quando sarà il momento,Piero, Toni, Ciro, PrimulaRossa. Ma anche Nerone,Sceriffo, Caino, Usignolo,Togliatti, Badoglio, Audace,Indietro, Portos, Tigre, Stalin,Macario. Nomi fantasiosi, pittoreschi,ironici. Ma sonodue i protagonisti della cronacadi Murialdi: Edoardo eMaino. Edoardo è ItaloPietra. È lui - il futuro direttoredel Giorno - il comandanteche l’aveva arruolato in uncampo di meliga: “Indossaun insieme che ricorda unpo’ gli alpini e un po’ i campidi sci: giacca a vento lunga egialla, fuori ordinanza, calzonigrigioverdi da ufficiale, calzettonibianchi, scarpe Vibram.Non porta armi”.Maino è Luchino dal Vermeche i partigiani-contadinichiamavano al cònt, il conte.Ufficiale delle batterie a cavalloin Russia, nel partigianatoè stato uguale tra gliuguali, ossessivo bersaglio<strong>dei</strong> nazifascisti. Pietra hascritto di lui bellissime paginenel suo libro I grandi e igrossi (Mondadori, 1973).C’è, nella cronaca diMurialdi, un episodio che rivelal’intelligenza politica, lostile e il nero umore burlescodi Pietra.Il 29 aprile 1945, il crudelecapo della Sicherheits,Felice Fiorentini, viene catturatoe portato nelle scuoledi viale Romagna, casermapartigiana di Milano: “Alto,magro, pallido, disfatto.Edoardo ed io temiamo il linciaggioo una raffica di mitra.Edoardo, allora, pensa dimostrarlo ai partigiani ammassatinell’atrio e urlanti,con noi due ai suoi fianchi,quasi a contatto di gomito.Ottenuto il silenzio Edoardodice che bisogna dargli unalezione: farlo giudicare da untribunale straordinario aVoghera ma, intanto, cantargliuna canzone partigiana.Così accade. Una scenaemozionante e anche teatrale;ma i partigiani cantano enon sparano”.Paolo Murialdi,La traversata. Settembre1943-dicembre 1945,Il Mulino <strong>2001</strong>, pagine 137,lire 18.000 (euro 9,26)dice Arduino, “concedimi lamorte improvvisa, Signore. /Abbattimi come una querciamontana / colpita dalla folgoreceleste. / Evitami la degradanteagonia / dell’erba sottola ferza estiva. / Conservamidignità umana / fino all’ultimoistante. / Ed accoglimiquindi / nelle tue bracciaamiche”.Mario Arduinoe Oscar Di Prata,Fu breve la giornata.Parole ed immaginisulla stagione perduta,con prefazionedi Amanzio Possenti,Tipolitografia EditriceAngelo Lumini,Travagliato(Bs), pagine 140, s.i.p.24 (32) ORDINE 8 <strong>2001</strong>


L I B R E R I A D I T A B L O I DLuigi Gestra e Lucia PurisiolUna voce mi chiamò:Primo!L. Benedini e C.MartignoniMarino Moretti a GiuseppeRavegnani. Letteredi Gigi SperoniSpiega Lucia Purisiol: “Miconvinse a scrivere questatestimonianza del suo camminodi conversione, chiedendomi:«Perché credi cheil Signore ci abbia fatto incontrare?».Non ebbi dubbinel rispondere: «Per scrivereun libro».Ed eccolo, dunque, il libro,nato dall’incontro di una cronistad’esperienza con LuigiGestra, che, a quarant’anni,si è lasciato alle spalle unavita brillante e mondana, cometitolare di un negozio diabbigliamento nel centro diMilano, per diventare terziariofrancescano.Non per un’improvvisa folgorazione,ma dopo un camminodai sofferti interrogativimentre veniva fornito di dotiparanormali da una presenzainvisibile che lo “sollecitavaa fare”. A esercitare fenomenirazionalmente inspiegabiliche lo dilaniavano nelcercare di comprendere checosa gli stava succedendo,chi lo andava trasformandoin sensitivo, a volte, addirittura,in una specie di guru.Lo aiuterà in questa ricercainteriore un sacerdote, definito“Padre Illuminato”, che,passo passo, lo avvierà versola vocazione. Sin quando“all’improvviso una voce interioremi disse: «… tu seivenuto al mondo per convertirele anime».E in quell’istante ebbi questavisione: il mio feto (compresisubito che ero io) e l’animache entrava in esso nella formadi una particola bordatad’oro”.Prima di questa rivelazione(siamo ormai verso le ultimepagine del racconto),Gestra, verrà indotto dallasua “voce guida” a compiereuna serie di stupefacenti attiper la meraviglia di amici econoscenti: grandi e piccolebuone azioni: dall’avvertimentodi non affidarsi più aun commercialista disonesto,alla diagnosi per faruscire un padre di famigliadal coma; dai consigli all’amicomusulmano su quandogiocare una schedina vincente,al lungo, commosso,colloquio con un’amica nell’aldilà…e via così.Episodi raccolti dalla Purisiolcon diligenza partecipantevisto che anche lei è statacoinvolta dalla personalitàdel Gestra: “Quando ho cominciatoa frequentare Luigi,gli amici si sono accorti subitoche c’era qualcosa di nuovoin me, in genere chiusa,diffidente, pessimista.Naturalmente mi hannochiesto come andava l’amoree se avevo un nuovo fidanzato.Io rispondevo cheavevo conosciuto una personache mi faceva pregare.Conoscendo i miei trascorsi,allarmati, insistevano nel sapernedi più e io rispondevoregolarmente che quandoandavo da lui mi sentivotranquilla, serena, e che«pregare non fa male».”Il libro è di buona scrittura, equi mi fermo. Perché il contenutova preso per quello chevuole essere: una testimonianzadi Fede. Che doneràulteriori certezze a chi credee potrà offrire spunti di riflessionea chi dubita. Comesempre, d’altronde, quandosi entra nel mistero del trascendente.Così, più che addentrarmi inun’analisi critica, penso chesia più interessante proporreal lettore due profezie diLuigi Gestra. Sta parlando,nei boschi della Verna, “dellagrandezza di San Francesco”con alcuni amici,quando li zittisce «perché mistanno comunicando unmessaggio»”.“Sentii questa voce delSignore che mi diceva:«Iltempo che verrà è molto duro.Dal <strong>2001</strong> al 2003 mancheràil pane, ma chi è vicinoa me non deve temere perchénon gli mancherà.Chi invece sarà lontano dame cadrà nelle tenebre.Vedrai ci saranno molti suicidiperché non credono in mee nella mia salvezza».Poi mi disse per la Chiesa:«Il vostro Papa è un grandePapa… Parlerà alle potenzema non lo crederanno. Lasua grande missione è quelladi spianare la strada alprossimo Papa che verrà eavrà un carattere molto duro.Dirà basta a tutte le filosofie.La verità è il Vangelo.Molti sacerdoti verrannospretati perché usano filosofienon coerenti con ilVangelo. E ci vorranno cinquant’anniper ricostruire laChiesa».I riscontri a un futuro. E neppuremolto lontano.Luigi Gestra,Lucia Purisiol,Una voce mi chiamò:Primo!,una vita,una speranza,una conversione,Piemme, Religione,pagine 208,lire 24.000 (euro12,39)di Gian Luigi FalabrinoSe si mette a confronto unpoeta e narratore con un criticodi giornali e direttore dicollana, un operatore culturalecome si diceva anni fa,scatta facilmente nel lettore,soprattutto se letterato anch’egli,un pregiudizio: il pregiudizioromantico del poetabaciato dall’ispirazione e dallagloria, di fronte al quale l’operatoreculturale sembramolto meno importante.C’è del vero, naturalmente, inquesta specie di classifica,perché la creatività artistica èciò che conta, e ciò che si giudicaè l’opera. Ma sul pianodelle personalità, della cultura,della stessa autorità che sipuò esercitare nei giornali enelle case editrici, il confrontonon va sempre a favore <strong>dei</strong>poeti e <strong>dei</strong> narratori. In parte,è anche il caso del confrontofra Marino Moretti e GiuseppeRavegnani, che emerge dallelettere che il primo ha indirizzatoal secondo, in due periodi,1914-1921 e 1952-1964,pubblicate dalla BibliotecaCivica di Pavia, col titoloMarino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere.Questo volume è lo sviluppodi una tesi di laurea di LuciaBenedini, arricchita di note edi una biografia di Ravegnani,in collaborazionecon la professoressa CleliaMartignoni, che ha anchescritto l’introduzione. Ci sonosoltanto le lettere di Moretti aRavegnani, ma da ciò chescrive il poeta e dai chiarimentidelle note, molto precise,si intuiscono gli argomentie il tono del critico.Quando i due letterati cominciaronoa scriversi, Morettisfiorava i trent’anni ma eragià celebre, Ravegnani avevadieci anni di meno e stava facendole prime prove conqualche libretto di versi, conuna rivistina letteraria fattacon Italo Balbo (allora repubblicanopoi fascistissimo) chenon passò i due numeri, e poicon un’altra rivista durata dueanni, fino al 1915. Come dicela Martignoni nell’introduzione,la conoscenza fra i due èsuperficiale: Moretti è affermatoe già esperto, Ravegnaniimpacciato e subordinato.Le lettere del periodo1914-1921 rivelano un tipo dirapporto molto frequente fra iletterati: l’esordiente mandapoesie per la pubblicazione,e l’affermato risponde “lei puòfare di meglio”; oppure l’esordientescrive soffietti benevoliper l’arrivato, e questi si degnadi rispondere con brevicartoline, dal tono molto formale,che si fanno più lunghee cordiali soltanto dal 1921.Poi ci sono trent’anni di silenzio:nel 1952 i due letteratis’incontrano nella giuria delpremio “Grazia Deledda”, diventanoamici e la corrispondenzariprende da quell’annoal ‘64: sono ambedue romagnoli,lavorano in modo diversoper la Mondadori, eRavegnani ha mantenutoun’attenzione critica verso leopere di Moretti. A propositodi Mondadori: Moretti era divenutoun autore della casa,e Ravegnani, come scriveLucia Benedini nella schedabiografica, dopo i trascorsi fascisti(fra l’altro, nel ‘43 fu anchedirettore per pochi mesidel Gazzettino e dellaGazzetta di Venezia) e dopola direzione della BibliotecaAriostea di Ferrara, nel ‘44 riparòa Milano. Qui dal 1950al ‘59 fu redattore capo e criticoletterario di Epoca e direttoredella celebre collana dipoesia Lo Specchio. Questiincarichi, uniti alla capacitàcritica, gli diedero una posizionedi “potere” fra gli autori,che non scomparve del tuttoneppure dopo la rottura con iMondadori e il passaggio alGiornale d’Italia.Le molte lettere del secondoperiodo sono rivelazioni econferme di beghe editoriali,ambizioni di autori, delusionie persino pettegolezzi. Nelraccoglierle in questo promettentelavoro, LuciaBenedini ha sostenuto le letteree i loro contenuti con notenumerose e approfondite,che costituiscono il meritomaggiore di questa giovanestudiosa.Si tratta di vere biografie, precisee dettagliate, di tanti autoridel Novecento. Se si mettesseroinsieme le brevi, maricche biografie di Panzini,Rea, Govoni, Cecchi,Giuseppe A. Borgese e tantissimialtri (e anche molti “minori”:GuidoLopez, Mas-simoGrillandi, Cesare Bran-duani,per esempio), si otterrebbenon soltanto una descrizionedell’ambiente letterario delsecolo, ma anche un compendiodi storia della letteraturache, in certe parti, è storiadell’editoria e del giornalismo.Lucia Benedinie Clelia Martignoni,Marino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere,Biblioteca Civica di Pavia,Edizioni N.T.P. 2000Romano BracaliniL’Italia prima dell’Unità (1815-1860)di Gigi SperoniPer chi ama la storia,Romano Bracalini è un autoreDOC, garanzia di documentazionid’origine controllata.Come nella sua ultimafatica dedicata all’Italia primadell’Unità, agli anni chevanno dal 1815 al 1860: dallacaduta definitiva diNapoleone, sconfitto aWaterloo, alla vigilia dellaproclamazione del regnod’Italia. Con i popoli “spartiti”dal Congresso di Vienna“come greggi, comprati evenduti come al mercato” el’Italia “divisa in cinque grandiStati (Piemonte, Lombardo-Veneto,Toscana, Roma,Napoli), più due piccoli(Parma e Modena) che aggregano,rispettivamenteLucca e Massa-Carrara)”.Ognuno con usi ed economiediverse, le proprie leggi,la sua moneta.Ho usato il termine “fatica”nel senso che questo libro è,chiaramente, il risultato di unaccurato, paziente, lavoro diricarca; tradotto in un testoaccattivante, diviso in treparti per raccontare la vitapubblica, privata, sociale degliitaliani quando erano unitiunicamente dalla lingua, peraltroparlata soltanto daun’élite di intellettuali.In trecento pagine ricche didati, fatti, aneddoti, l’autoremette a confronto le mentalità,i personaggi, le consuetudiniin una penisola dove...“anche le abitudini quotidianenon potevano esserepiù diverse a seconda del rigoreo della mitezza del clima,della qualità <strong>dei</strong> governi,della floridezza dell’economiao della povertà delle terre:ed era naturale che ciòinfluisse sul temperamento,sull’umore e sulle disposizionidell’uomo”.È “L’Italia prima dell’Unità”:un mondo misconosciuto, unvuoto che Bracalini ha riempitoin un Paese che già pocoricorda del suo passato diNazione, figurarsi <strong>dei</strong> 45 anniche precedettero il Risorgimento!E l’ha riempito a mo’ di racconto:godibilissimo, spessoarguto.“A Venezia il turismo avevasalvato la città dalla completarovina, dopo la crisi economicadegli anni ‘20. Solonel 1843 erano arrivati112.644 forestieri, più deglistessi abitanti, e la città eradiventata una grande locanda,l’Austria aveva favoritoquesta nuova «industria delforestiero».”… “Certe locandeerano prive di servizi igienici.In una Heine avevachiesto dove fosse la toilette.«Là fuori» rispose il locandiereindicandogli l’apertacampagna.Le strade erano piene di ladri;e non era piacevole doverdividere per parecchigiorni la medesima stanzapriva di ogni comodo conpersone sospette e sconosciute”…“Per recarsi da Milano aRecanati, Giacomo Leopardidovette procurarsi il passaportonecessario all’ambasciataaustriaca «per andare,stare, tornare», come dicevala formula d’uso.Impiegò tre giorni per andareda Bologna a Milano…Lungo i 60 chilometri circache dividevano Mantova daParma c’erano sette barrieredoganali; e lungo il Po, malgradola libera circolazioneprevista dal trattato del1815, cinque; e più di ottantaerano i posti di blocco in cuile barche potevano essereispezionate. Tra Milano eBologna c’erano sei frontieredoganali, ognuna delle qualiimponeva al traffico due oredi sosta”…“Nel Regno di Napoli su1848 comuni ben 1621 mancavanototalmente di strade”…“Non solo non se necostruivano di nuove, manessuno riparava quelle vecchie.I briganti erano talvoltameno pericolosi <strong>dei</strong> gendarmiche taglieggiavano i viaggiatoricol pretesto di averviolato i regolamenti. Qualiregolamenti, se non ne esistevano?”“A proposito dell’indolenzadegli impiegati pontifici,Giuseppe Verdi raccontavaun divertente episodio.Venuto a Roma nel 1853 perassistere alla prima delTrovatore si recava ogni mattinaalla posta, che aveva sedenel palazzo Madama, attualesede del Senato.Vi arrivava puntualmente allenove, orario di apertura,ma lo sportello era chiuso; ilmaestro sbuffa per il ritardo.Alle nove e mezzo un impiegatosonnolento apre losportello. Verdi s’avvicina, diceil suo nome, e cacciandoglil’orologio sotto il naso, gliringhia: «Ma non vedete chesono le nove e mezzo?». Equello, con flemma romana:«E nun ringrazia il cielo chece semo arivati?»Romano Bracalini,L’Italia prima dell’Unità(1815 – 1860),RCS Libri, Milano, <strong>2001</strong>,pagine 318,lire 16.900 (euro 8,73)ORDINE 8 <strong>2001</strong>25 (33)


Intervista a Lucia Mari, quarant’anni di esperienza professionale nel settoreLa Divina ModaLucia Maridi Paola PastacaldiMandare gli stilisti all’inferno?Perché no! Anche se è soltanto l’infernodell’ironia. Perché la moda, dopo averconquistato il mondo sull’onda di un made inItaly straordinario, sta spopolando il cuoredelle città, assediandole di boutique e showroom, perché infine e non ultimo il mondo delgiornalismo di moda ha riempito le pagine<strong>dei</strong> settimanali e i muri delle città di unapubblicità invasiva e qualche volta anche didubbio gusto. L’idea diremmo “dantesca” è diLucia Mari, da quarant’anni impegnata inquesto segmento del giornalismo, che staraccogliendo le sue memorie su passato epresente della moda per farne un libro.“Ripenso alle mie esperienze con ironia, orame lo posso permettere, dopo una vitatrascorsa dietro le quinte delle passerelle -allora non li chiamavamo back stage -. Hoimmaginato di raccontare la storia dellamoda come se fosse una Divina Commedia,da cui un titolo probabile La Divina Moda,con i protagonisti trattati alla maniera diDante. C’è chi finisce nei gironi dell’inferno echi in quelli del purgatorio”.E il paradiso?“Quello, parafrasando un film storico, puòattendere.Cercherò di svelare il vero volto degli stilisti,le loro debolezze e le vanità, i loro peccati”.Con nomi e cognomi?La risposta di Lucia Mari è puntuale anchese breve.“Sì, con nome e cognome. Valentino andràall’inferno, Armani in Purgatorio e gli altrivedremo!”.Lucia Mari è stata inviato per la moda diStasera e di Paese Sera dal 1961 al 1987,è poi passata al Giorno, dove come collaboratricefissa seguiva le sfilate e teneva larubrica “Agenda Donna” sino al ‘97. Hacollaborato anche a Gente. E nel ‘69 haavuto l’idea di vestire i cantanti del “Festivalbar”,proponendo tra gli altri grandi nomicome quelli di Litrico e di Biki, che riscosseun enorme successo in abbinata con unacelebre canzone Acqua azzurra, acquachiara di Lucio Battisti. Nell’81 prese ilpremio della Camera Nazionale dell’AltaModa Italiana per gli articoli su Paese Sera.È sua la voce sulla moda italiana e francesedal 1900 al 1960 per il Dizionario EnciclopedicoModerno, edito da Labor, e ha collaboratoal Dizionario della moda curato daGuido Vergani, edito da Baldini e Castoldi.E, dopo una vita dedicata alla carta, si è riciclatacon entusiasmo - come dice lei - comeresponsabile della moda per il canale tvsatellitare “Leonardo” e, in più, sta lavorandoalacremente a due romanzi. Continuaanche a portare avanti la sua attività socialea favore <strong>dei</strong> bambini, per la quale ha avutoriconoscimenti sia dall’Onu nel ‘95 sia dalComune di Milano, nell’ambito dell’Ambroginod’oro.“Quando sono entrata nel giornalismo, lesfilate si facevano a porte chiuse e solo perle clienti, non c’erano uffici stampa, ma lesarte che dirigevano gli atelier ad organizzaretutto. Erano invitate quasi solo le colleghe<strong>dei</strong> settimanali.Noi <strong>dei</strong> quotidiani potevamo vedere le toilettessolo nei foyer del Teatro della Scala indefilet a porte chiuse. La moda si è affermataa Firenze, che era la città delle passerellee di Palazzo Pitti: eravamo negli AnniCinquanta. Solo dopo, negli anni Settanta,quando è arrivata nella città degli affari, si ètrasformata in un business, promuovendoMilano a capitale della moda. Ma prima diallora era tutto diverso. Non molti sanno cheDino Buzzati era un appassionato e talvoltascrivesse di abiti e modelle. Ero con lui aParigi al debutto di Yves Saint Laurent, cheaveva appena lasciato il grande Dior. CocoChanel, prima di ogni sfilata, allineava leindossatrici e diceva loro: ‘Ora si comincia.Ma non scordate che protagonisti sarannosolo e sempre gli abiti, se per caso ve nescorderete sarete licenziate’.Oggi è esattamente il contrario. Con l’arrivodelle firme, tutto si è modificato.“C’è spesso il dominio della pubblicità cheimpedisce di parlare liberamente di questomondo e se lo si fa, se ne subiscono leconseguenze. Le grandi aziende possonoarrivare a ritirare la pubblicità dai giornali. Lamoda è governata dall’arroganza”.La moda, aggiungiamo, è diventata spettacolo,come del resto anche altri settori. E lemodelle vivono la tragica era della magrezzaanoressica. Una sorta di modello, di idealesociale che viene proposto ai giovani. Maessere magri è diventato troppo bello. Dianoressia molti giovani muoiono. Il vestireper i giovani rappresenta un modo di essere,è per alcune età l’appartenenza alla tribù.Quindi le pagine <strong>dei</strong> giornali, le pubblicitàinfluenzano la formazione delle giovanigenerazioni.Che ne pensa delle modelle di oggi?“La moda è certamente bella, ma è diventataanche crudele. Molto spesso sono ledonne a identificarsi nelle modelle in modopassivo o eccessivo. Per non parlare dellemodelle adolescenti. Dico una sola parola.Non va fatto. Non si devono proporre modellegiovani, magrissime. Non si devonoproporre modelli volgari. Non si può presentarela donna come se il suo corpo fosse unacredenziale pronta per l’uso”.Ferpi raccogliela sfida culturalee formativa in alleanzacon Maggioli Editore“Nuovastagioneper le rpin Italia”Pubblichiamo il comunicato della Ferpi(Federazione italiana relazioni pubbliche):“Giovedì 2 agosto, in tarda serata, il Consiglio<strong>dei</strong> ministri ha approvato in via definitivail regolamento di attuazione della 150. Aquindici mesi dalla sua approvazione parlamentare,dopo prese di posizione e asprepolemiche pubbliche e private, la decisionedelle Regioni di chiamarsi fuori e la dura criticaespressa dall’Autorità Antitrust, la 150 è,a tutti gli effetti, legge dello Stato.La Ferpi, dopo avere attivamente contribuitoal regolamento di attuazione elaborato dalDipartimento della Funzione Pubblica, hadeciso di creare, tramite Ferpi Servizi srl,una associazione di impresa con MaggioliEditore per sviluppare una offerta formativarivolta ai colleghi degli uffici stampa e degliurp del settore pubblico.Questo, al fine di contribuire a trasferirenell’amministrazione pubblica una culturainnovativa delle relazioni pubbliche.In questa direzione, la Ferpi ha inviato a tuttii suoi soci una lettera per informarli delprogetto offrendo loro, in presenza <strong>dei</strong> requisitiprevisti dalla legge, la possibilità di avanzarecandidature per svolgere un ruolo didocenza nei corsi Ferpi-Maggioli.Il progetto è ora operativo.Nel frattempo, l’associazione ComunicazionePubblica - nata nel 1990 in accordo conla Ferpi…come opportunamente sottolineaAttilio Consonni correggendo un errore nellarelazione di Bologna del Presidente - haelaborato una nuova “linea politica”, assaiapprezzabile nei contenuti e nelle intenzioni.Il prossimo 20 settembre al Compa, le dueassociazioni realizzano un convegno comunee potrebbe essere un utile appuntamentodi confronto, un appuntamento al quale laFerpi si presenta con le migliori intenzioni,proprio come, in assoluta buona fede, avevafatto l’anno scorso. L’augurio è che questavolta l’esito sia positivo”. (da www.ferpi.it)26 (34) ORDINE 8 <strong>2001</strong>


L I B R E R I A D I T A B L O I DJosef K. Byte,Nello CozzolinoPapere e papaveridi Gianni de FeliceSembra giusto che diPapere e papaveri, gustosae abbastanza imparzialeraccolta di infortuni, scivoloni,distrazioni, incertezze epresunzioni di Tv, giornali egiornalisti a Napoli nel 2000,tratta dal settimanale on lineIustitia, debba occuparmi ioche – sebbene mascheratodal greve accento lombardopreso in quarantadue anni divita milanese – sono nato,come tardivamente confessoad amici, colleghi e lettoriche non l’avessero ancoracapito, nel pieno centro diNapoli.Sembra logico che di questodivertente florilegio dell’informazionepartenopea si parlisul mensile <strong>dei</strong> giornalistilombardi. Non soltanto perchéla Lombardia è, comesapete, la più settentrionaledelle regioni meridionali, maanche e soprattutto perchéle insidie – chiamiamole così– del nostro mestiere nonhanno patria. A qualsiasi latitudinesono in agguato, sottola scrivania o nella tastieradel computer, la gaffe e l’anacoluto,la ridondanza emagari l’invidia. Scagli la primapenna chi, avendo bucatouna notizia, non ha tentatoall’indomani di sostenereche i concorrenti, esagerando,avevano fatto di unasciocchezza uno scoop.I colleghi Byte e Cozzolinocredono di allibirci con la citazionedi questo bizzarro incipit,pubblicato da una gloriosatestata napoletana il 6maggio 2000: “Sarà pure veroche l’asino non troppo sirivela soggetto docile quandos’innervosisce”. Illusi. DaMilano rispondo citando l’incipitdel primo fondo dellaneonata pagina dell’agricolturadel Corriere della Sera,stampata nell’autunno del1962: “Il malcontento serpeggiaviscido nel mondodel pomodoro”. E siamo 1-1.Fanno gli spiritosi, i duemaestrini dalla penna grossa(o dal randello sottile, chefa lo stesso), perché in untiggì regionale si ascolta lanotizia di “Napoli soà, unamostra per non dimenticare”.E immaginano di avereinvitato il collega a vedere unmemorabile film di StevenSpielberg sul doloroso argomento:“Ma ci ha rispostoche Sindler’s List lo avevagià visto, e ne approfittavaper andare a fare un po’ disopping”.Chiaro che l’emittente nonera la BBC. Ma come faccioa non reagire, ricordando iltiggì nazionale in cui vennedata la notizia – da microfoninon napoletani – che “il sàmmitdi Belfast è stato rinviatosàin dài”: cioè, “sine die”?L’inglese, ragazzi, è così: o timanca o ti cresce. E siamo2-2.Il genere DDT, cioè fare lepulci ai colleghi, sta prendendopiede. In varie forme.Quella condita con lazzi ecachinni di Striscia la notizia,che insieme con le Jene praticail vero giornalismo di ricerca,inchiesta e denuncia:perciò, quando capita, mandaanche giornali e telegiornalidietro la lavagna.Oppure la forma minuetto,stile rondò veronese, flautatada Giulio Nascimbeni conun occhio rivolto alla tuteladella grammatica e un altroalla custodia delle date storichee <strong>dei</strong> film d’epoca.Oppure quella tutta frizzi,trombette e clacson dellaGialappa’s, che per la veritàscortica viva più la sintassidegli allenatori che quella<strong>dei</strong> giornalisti: forse perchéuno <strong>dei</strong> tre ex-ragazzacci(ormai son padri di famiglia)è figlio di un grande giornalistasportivo e, come si sa,l’arte di tata va rispettata.Quindi questo Papere ePapaveri – che, confesso,più d’una risata me l’hastrappata – si aggiunge all’operadi altri maestri e maestroniper suggerire a tuttinoi giornalisti umiltà, attenzione,un pensierino allaconsecutio temporum, unsospiro alla grammatica, uncollirio contro la “congiuntivite”,una sciacquata di panninel Tamigi e, perché no?, anchenel Reno e nella Senna.A tutti: senza distinzione dietà, sesso, latitudini, longitudini,regioni e media.Dunque, anche a NelloCozzolino e Josef K. Byte(ma come si fa a chiamarePeppeniéllo uno che ci haquesti prenome, nome e cognome?).Ai quali paternamente,o ziescamente, suggeriscodi non cominciaremai più un libro sulle gaffes<strong>dei</strong> colleghi infilandone unanella nota di prefazione.“La palla entrò in porta comeun carro armato a vele spiegate”– frase che non ha maiscalfito la tradizione di culturae prestigio del giornalismosportivo napoletano – non fuscritta negli anni Ottanta comeallegramente si fantastica,ma apparve in un resocontodel 1959. Ho l’età peraverla letta e orripilato, comedire?, dal vivo.Josef K. Byte,Papere e papaveri(Tv, giornalie giornalisti a Napolinel 2000),a cura di Nello Cozzolino,Edizioni Magmata,pagine 196, lire 20.000Antonio FranchiniL’abusivoCosì è stato ritrovato ilcadavere di GiancarloSiani il 23 settembre 1985.di Ettore ColomboAntonio Franchini fa lo scrittore,Giancarlo Siani facevail giornalista, o meglio “l’abusivo”,al Mattino di Napoli.Antonio e Giancarlo eranoamici: avevano iniziato insieme.Poi Franchini se n’è andatoed è andato a vivere aMilano. Siani a Napoli è rimasto,ma presto è anchemorto. E già, perché questoè il punto: Franchini è vivo eoggi ha quarant’anni. Sianiinvece è morto, ucciso dallacamorra il 23 settembre1985 quando di anni ne aveva26. Franchini ha scritto unlibro bellissimo, L’abusivo,che – si direbbe – parla del“caso Siani”. Di come è statoammazzato, di chi l’ha ucciso,delle indagini mille volteiniziate e mille volte interrotte,dell’ambiente del Mattinoe, più in generale del giornalismo“alla napoletana” (unasottospecie tutta particolaredi una professione già squinternata,quella del giornalismo“all’italiana”) fatto diabusivi (e di abusi, <strong>dei</strong> direttoricome <strong>dei</strong> caposervizi,<strong>dei</strong> colleghi come della concorrenza),di raccomandazioni(<strong>dei</strong> politici, naturalmente,ma a volte anchedello zio prete e simili) e d’ignavia,certo, nei confrontidel potere vero che spadroneggia,nel regno di Napoli,quello della criminalità. Mafatto anche di tanti giornalistisconosciuti e coraggiosi,che indagano e stanno allecostole <strong>dei</strong> corrotti come <strong>dei</strong>piccoli e grandi boss locali,di amicizie e solidarietà anchetra chi era già praticanteo professionista (e quindi potevaesibire il famoso “tesserino”)e chi invece non lo erae faceva, appunto, unoORDINE 8 <strong>2001</strong>pseudo mestiere, “l’abusivo”,termine che – scriveFranchini – a Napoli acquistatutto un altro suono.Eppure, questo libro nonparla – o meglio, non parla“solo” – del caso Siani e dicome è potuto maturare “ilcontesto” che ha portato allasua morte: le inchieste diSiani a Castellammare diStabia e il fastidio che davaal clan Gionta, le indaginiche stentano, il Mattino chesi vergogna, almeno all’inizio,di difendere la memoriadel suo cronista (in quanto,appunto, “abusivo”...), e poila santificazione e i premidati in suo nome, che passada quello di un giovane ebrillante cronista di provinciaa quello di simbolo. No, il librodi Franchini parla, perfortuna <strong>dei</strong> suoi lettori e dichi voglia capire tante cose,della città di Napoli, con tuttoil contorno vociante e improbabiledi personaggi e culture,alle follie sociali e mentalidi cui può rendersi protagonistasolo quella piccola borghesiameridionale dallaquale lo stesso autore proviene,fino alla generazionedi quei trenta/quarantenniche hanno fatto in tempo avivere gli scampoli degli anniSettanta (sì, persino aNapoli) ma che sono statitroppo presto sommersi daldisincanto e dalla cupidigiadegli anni Ottanta e oggi, affermatisocialmente o menoche siano, si sentono dolorosamentein debito con laStoria prima ancora che conle loro stesse vite. Infine,Franchini opera – all’internodel testo, tutto costruito sulunghe e fedelissime sbobinature<strong>dei</strong> colloqui che haavuto nel corso degli anni,mentre accatastava i materialie svolgeva le ricercheper il libro, con i vari amici,colleghi e protagonisti dellavicenda Siani – delle interpolazioninarrative dall’esitofelice e imprevedibile. Perpagine e pagine, infatti, lastoria di Giancarlo e dellasua morte viene intervallatada quella della famiglia diFranchini e in particolare datre figure, due femminili euna maschile: la nonna, soprannominata“Il Locusto”,vecchissima eppure loquacee perfidamente saggia, lamadre dell’autore, esasperatae invelenita dalla presenzadi sua madre e dall’assenzadel marito, che siesprime con una volgaritàferoce e cinica, ma contemporaneamentein un dialettoe con ragionamenti di un’ilaritàcontagiosa, e infine lozio Rino, ex (forse) generale<strong>dei</strong> Carabinieri, silenzioso emagrissimo, che in tempo diguerra dovette giudicare unsuo attentatore e gli evitò lacondanna a morte. Franchinisi può permettere di tratteggiareun ritratto vero e impietoso,ai limiti della cattiveria,del suo più ristretto clan familiaresolo perché si mettein gioco in prima persona econsente a chi lo legge di rifletteresu concetti dolorosi einsieme cruciali. Innanzitutto,che – come gli disse un tristeWalter Chiari in una dellesue prime prove da giornalista– “ad un certo punto dellavita ci si abitua a tutto. Aperdere gli amici, agli addiidelle donne...”. Ecco perchésolo ora Franchini ha potutoscrivere di Siani. Poi che “andarsenecongela gli affetti eforse li preserva”, comeFranchini ha fatto con questastoria, seguita e insiememessa da parte per tanti anni,ma anche con Napoli eprobabilmente anche con lasua famiglia. Infine, che “catalogare- posti, esperienze,amori, è già un gesto chedovrebbe togliere il diritto divivere”. Perché, sostiene, sesiamo saturi, anche solo diandare ogni giorno al marenella stessa bellissimaspiaggia, dovremmo pensareai nostri coetanei morti, achi questa possibilità nonviene più data. E, dunque,conclude Franchini, per chi,come Siani e altri della suagenerazione, ha lottato tantoper diventare giornalista, perraccontare quello che vedeva,per conquistare una dignità(professionale, sociale,umana) è un insulto vedereo pensare a chi snobba consufficienza conquiste e responsabilitàche, ad altri, inposti più crudeli, sono costatila gioia e la vita. Come aSiani. O la fuga e il dolore.Come a Franchini.Antonio Franchini,L’abusivo,Edizioni Marsilio <strong>2001</strong>,pagine 249, lire 28.000CORPORATE WEB TVPRIMARIO GRUPPO ITALIANOper un progetto di Corporate Web Tv ricerca le seguenti figure professionali1 capo redattore (RIF 140)4 redattori ordinari (RIF 141)3 giornalisti di prima nomina (RIF 142)1 segretaria di redazione (RIF 143)Per tutti i candidati costituiscono elementi preferenziali:esperienza in redazioni radio televisive, livello culturale ottimocon particolare riferimento ai settori economico e finanziario.In particolare, per la posizione di Redattori ordinari sarà un requisito distintivo l’esperienza diretta nella conduzione ditelegiornali.La sede di lavoro è Milano.Le persone interessate possono visitare il sitowww.executivesurf.com alla sezione ”ricerche in corso”.27 (35)


Promosso e organizzato dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaVia al 4° Concorso tesi di laurea sul giornalismoA ogni vincitore 5 milioni. I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembreMilano, 5 luglio <strong>2001</strong>. Promosso dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, prende il via la quartaedizione del Concorso destinato a valorizzare le tesi dilaurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della professione.Giudice insindacabile del premio è lo stesso Consigliodell’<strong>Ordine</strong>. Le tesi (in duplice copia e anche su dischettoin programma word oppure rtf) dovranno pervenire allasegreteria dell’<strong>Ordine</strong> (via Appiani 2 - 20121 Milano) entroil 31 dicembre <strong>2001</strong>.Potranno concorrere le tesi discusse nelle Università italiane(pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre <strong>2001</strong>. LeDecisione interlocutoria della seconda sezione consultiva del Consiglio di StatoLaurea in giornalismoed esame di giornalista:decisivo il sì di CastelliMilano, 30 luglio <strong>2001</strong>. La II sezione consultivadel Consiglio di Stato, chiamata ad esprimersicon un parere sul raccordo tra la laureaspecialistica in giornalismo e l’esame di giornalista,ha sospeso il giudizio, ritenendo prioritarioacquisire il punto di vista del ministrodella Giustizia, Roberto Castelli, competentein materia di Ordini professionali., e i verbalidella “Commissione Rossi”, “limitatamentealle riunioni in cui si è dibattuto il problemadella (non) riforma dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti”.Al Consiglio di Stato è apparso “congruoassegnare all’ amministrazione il termine diquaranta giorni decorso inutilmente il quale siprovvederà a rendere comunque il richiestoparere”.In sostanza sarà il Consiglio di Stato, in sedeconsultiva, a dirimere il contrasto tra l’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti e il ministero dell’Università sulraccordo tra la laurea specialistica in giornalismocon l’ordinamento professionale. LaCommissione Rossi non ha provveduto ascrivere il decreto sul nuovo esame di Stato<strong>dei</strong> giornalisti, sostenendo che l’attuale “provaUn’indaginedel CensisRoma, 13 luglio. I segnali di crisi ci sono, ineludibili, a cominciaredalla sensazione diffusa che per i giovani ci siano benpoche prospettive, fino alla convinzione, piuttosto sentita, chele aziende editoriali abbiano investito e stiano investendopoco o secondo strategie poco riconoscibili.Ma quella del giornalista, rileva un’indagine del Censis, èancora “una professione, solida, forte, autocentrata e autoconsistente’’.Lo dimostra il fatto che ben il 68,1% <strong>dei</strong> giornalisticonsultati è convinto di svolgere “una professione importanteper la società’’. E che per il 50,4% del campione, giornalistisi diventa “per vocazione’’.Non solo, visto che per il 42,8% la testata per la quale lavoraè apprezzata in primo luogo per la correttezza delle informazionie che per moltissimi (57%) l’obiettività non è affattoun’utopia, bensì “uno scopo da raggiungere’’.<strong>Giornalisti</strong> fieri del proprio ruolo, dunque, e ancora gratificatida una professione sentita come nevralgica nella società.Non immuni però, rilevano i ricercatori, da un’ansia piuttostodiffusa del futuro e dalla paura indotta dai cambiamenti. Anzi,dalla profonda e articolata trasformazione ed evoluzione allaquale il mestiere di giornalista sta andando incontro in questianni.In molti ad esempio, si dicono sicuri che nelle aziende editorialicrescerà in futuro il ricorso ai service esterni (64,8%) eai liberi professionisti (51,6%) e che una ‘’figura più ampia dicomunicatore’’ prenderà il posto del giornalista.sezioni del premio sono sei e ogni vincitore di sezione riceverà5 milioni di lire. L’impegno finanziario dell’<strong>Ordine</strong> è,pertanto, di 30 milioni complessivi. La cerimonia della consegnaavverrà in occasione dell’assemblea degli iscritti all’Albodell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia.La cerimonia, quindi, è prevista per il marzo 2002 al Circolodella Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (esegnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensiledell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia. Per la valutazionedelle tesi il Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell’operadi consulenti (giornalisti e professori universitari).di idoneità», che i praticanti giornalisti sostengonoper diventare professionisti, «nonpresenta i caratteri dell’esame di Stato”.Secondo i giornalisti, l’articolo 1 (comma 18)della legge 4/99 obbliga il ministero dell’Università(Murst, oggi Miur) a «integrare e modificare»gli ordinamenti vigenti della professionegiornalistica, stabilendo che quella universitariasia l’unica via di accesso alla professionee che questa via richieda un esame diStato rinnovato, il quale tenga conto dellalaurea specialistica (pubblicata nella GazzettaUfficiale del 23 gennaio <strong>2001</strong>).I giornalisti hanno rimproverato alla CommissioneRossi di non aver considerato gli attiparlamentari relativi alla legge 69/1963, cheha istituito l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, e alla legge4/1999, che dà al Murst (oggi Miur), diconcerto con la Giustizia, il potere di cambiaregli accessi alle professioni regolamentate.La posizione di Rossi nasconderebbe cosìuna banale questione nominalistica, benpotendo il Parlamento denominare, comecrede, un esame di Stato.<strong>Giornalisti</strong>,la paura<strong>dei</strong> new mediaNel caso <strong>dei</strong> giornalisti, il legislatore, a salvaguardiadell’autonomia della professione, hadeciso di affidare l’organizzazione degliesami all’<strong>Ordine</strong> nazionale “in cooperazione”con la Corte d’Appello di Roma, che designadue magistrati di cui uno assume la presidenzadella commissione esaminatrice, comegaranzia di imparzialità e uguaglianza di trattamento.Nella memoria scritta da Franco Abruzzo eora all’esame del Consiglio di Stato, si sostieneche la prova di idoneità professionale <strong>dei</strong>praticanti giornalisti è del tutto assimilabile alleprove attitudinali prescritte dal Decreto legislativo27 gennaio 1992 n 115, con il quale, inattuazione della direttiva n. 89/48 CEE, sonostate disposte norme per il riconoscimento <strong>dei</strong>titoli accademico-professionali conseguiti inambito europeo ai fini dell’esercizio in Italiadelle corrispondenti professioni.Il 23 luglio precedente Franco Abruzzo harivolto un appello ai ministri dell’Istruzione-Università-Ricerca (Miur) e della Giustizia,Letizia Moratti e Roberti Castelli sul temaSegnali di crisi per una professione “forte”Tanti (34,7%) denunciano un lavoro ormai “fatto di troppascrivania’’ e di troppa routine (33,9%) e persino “con troppaattenzione a ciò che accade dentro la televisione (23,7%)piuttosto che a ciò che accade fuori di essa’’.In agguato, secondo il 43,9%, c’è anche ‘’la minaccia <strong>dei</strong> newmedia alla propria professionalità. Anche perché, sottolineanoi ricercatori, qualche problema emerge nel campo dellaformazione, con una denuncia massiccia (71,8%) di carenzenella conoscenza delle lingue, accompagnata da un’incertezzageneralizzata verso le nuove tecnologie.Quella che invece è certa per tutti, è l’importanza <strong>dei</strong> fattorieconomici.Il potere economico, riconosce il 73,2% <strong>dei</strong> giornalisti, limitain parte l’autonomia della professione, e più del potere politico(57,7%). Ma anche la pubblicità, ritenuta “fonte insostituibiledi finanziamento’’ dal 67,8% degli intervistati, è sentitadall’ 89,3% del campione come un potere fortemente condizionante,perché diminuisce l’autonomia del giornalista(67%) o addirittura “gli impedisce di essere obiettivo (22,3%).Quanto alle doti del buon giornalista, in testa rimane la curiosità(53,9%), seguita a buona distanza dall’equilibrio (28,6%) edalla passione (16,8%). Mentre per essere veramente bravi,l’attributo piu’ importante risulta essere il fiuto (39,5%), seguitoda “un maestro che insegni il mestiere’’ (29,9%). Già, perché inbarba alla diffusione delle scuole, il 75,3% degli intervistati,per diventare giornalista, ha fatto la gavetta. (ANSA)Queste le sezioni:1) Storia del giornalismo italiano (testate e personaggi).2) Storia del giornalismo europeo e nordamericano(testate, deontologia e personaggi).3) Istituzioni della professione giornalistica. La deontologiae l’inquadramento contrattuale <strong>dei</strong> giornalisti inItalia, Europa e Nord America.4) Professione giornalistica e sue specializzazioni anchetelematiche e radiotelevisive.5) Giornalismo economico e finanziario.6) Giornalismo culturale, sociale, scientifico.Appello ancheal ministrodell’Istruzionee dell’Università,Letizia Moratti:“La laureain giornalismoha senso se divental’unica via di accessoalla professioneNon chiediamosconti:vogliamoaccederealla professioneper via universitariaesattamentecomegli altri professionistiitaliani”dell’accesso alla professione giornalistica:“Cari Ministri, la laurea in giornalismo hasenso se diventa l’unica via di accesso allaprofessione. Vi chiedo di essere severi connoi e di scrivere in fretta il decreto del nuovoesame di Stato. Non chiediamo sconti: vogliamoaccedere alla professione per via universitariaesattamente come gli altri professionistiitaliani”. Franco Abruzzo si è rivolto ancheal neopresidente del Consiglio di Stato, Albertode Roberto: “I giornalisti – ha scritto Abruzzo– vogliono legare il loro futuro all’Universitàe attendono con ansia un parere, chefaccia fare un salto di qualità alla categoria eall’informazione italiana sul piano della preparazionee della responsabilità”.Nel frattempo il presidente del Cup (Comitatounitario delle professioni), avv. Nicola Buccico,ha deciso di iscrivere il problema all’odgdella prossima seduta del Comitato (cherappresenta tutte le professioni intellettuali) edi sostenere le ragioni <strong>dei</strong> giornalisti. Buccicoè anche presidente del Cnf (Consiglio nazionaleforense).<strong>Ordine</strong>/TabloidORDINE - TABLOIDperiodico ufficiale del Consigliodell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaMensile / Spedizione in a. p. (45%)Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 -Filiale di Milano - Anno XXXII -Numero 8, settembre-ottobre <strong>2001</strong>Direttore responsabile FRANCO ABRUZZOCondirettoreBRUNO AMBROSIDirezione, redazione, amministrazioneVia Appiani, 2 - 20121 MilanoTel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307Direttore dell’OgL Elisabetta GrazianiSegretaria di redazione Teresa RiséConsiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaFranco Abruzzo presidente;Brunello Tanzi vicepresidente;Letizia Gonzales consigliere segretario;Davide Colombo consigliere tesoriere.Consiglieri:Bruno Ambrosi,Sergio D’Asnasch,Liviana Nemes Fezzi,Cosma Damiano Nigro,Paola Pastacaldi.Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> contiAlberto Comuzzi,Maurizio Michelini eGiacinto SarubbiCoordinamento grafico di <strong>Ordine</strong> - TabloidFranco MalagutiMarco MicciDisegniValeria MutschlechnerStampa Stem Editoriale S.p.A. Via Brescia, 2220063 Cernusco sul Naviglio (Mi)Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970presso il Tribunale di Milano.Iscritto al n. 983/ 1983 del Registro nazionale della StampaComunicazione e PubblicitàComunicazioni giornalistiche AdvercoopVia G.C.Venini, 46 - 20127 MilanoTel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08La tiratura di questo numero è statadi 21.500 copieChiuso in redazione il 16 settembre <strong>2001</strong>28 (36) ORDINE 8 <strong>2001</strong>

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