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28 Ordine Giugno 2002 - Ordine dei Giornalisti

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universitaria1Svolta storica:giornalistisolo per viaConsiglio di StatoCONSIGLIO DI STATOSegretariato Generalen. 22<strong>28</strong>OGGETTO: Parere circa quesito Legge 14 gennaio 1999,n. 4 – richiesta di parere sulla possibilità di includere laprofessione giornalistica nella disciplina regolamentareAl MinisteroISTRUZIONE RICERCA E UNIVERSITÀ - ROMADipartimento per i Servizi nel TerritorioD’ordine del Presidente, mi pregio di trasmettere copiadel parere numero 448/2001 emesso dalla SezioneSeconda di questo Consiglio sull’affare a fianco indicato.Restituisco gli atti allegati alla richiesta del parereIL SEGRETARIO GENERALEConsiglio di StatoAdunanza della Sezione Seconda 13 marzo <strong>2002</strong>-05-09N. Sezione 448/2001Oggetto: Ministero dell’Istruzione Ricerca e Università – Art.1, comma 18, legge 14 gennaio 1999, n. 4 e successivemodificazioni e integrazioni. Richiesta parere facoltativo alConsiglio di Stato sulla possibilità di includere la professionedi giornalista nella disciplina regolamentareVista la relazione senza data pervenuta il 4 aprile 2001, concui il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica eTecnologica chiede il parere facoltativo del Consiglio di Statoin ordine al quesito in oggetto;Visti i propri pareri interlocutori del 9 maggio e 14 novembre2001;Esaminati gli atti e udito il relatore – estensore, consigliereArmando Pozzi;PREMESSORiferisce l’Amministrazione che con nota del 26 febbraio2001 il Presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della regioneLombardia ha espresso l’avviso che la predetta professionedebba essere considerata tra quelle ricompresse nella disciplinadell’art. 1, comma 18, della legge 14 gennaio 1999,come modificato dall’art. 6, comma 4, della legge 18 ottobre1999, n. 370.Tale normativa dispone che con uno o più regolamenti, adottatiai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’Università e dellaRicerca Scientifica e Tecnologica, di concerto con il Ministrodi Grazia e Giustizia, sentiti gli organi direttivi degli ordiniprofessionali – con esclusivo riferimento alle attività professionaliper il cui esercizio la normativa vigente prevede in attol’onere del superamento di un esame di Stato – sia modificatae integrata la disciplina del relativo ordinamento, <strong>dei</strong>connessi albi, ordini e collegi, nonché <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissioneall’esame di Stato e delle relative prove.La norma dispone che gli atti di normazione secondariadovranno essere coerenti con i sottoindicati criteri direttivi:a) determinazione nell’ambito consentito di attività professionaleai titolari di diploma universitario e ai possessori di titoliistituiti in applicazione dell’art. 17, comma 95, della legge15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni;b) eventuale istituzione di apposite sezioni degli albi, ordini ecollegi in relazione agli ambiti di cui alla lettera a), indicandoi necessari raccordi con la più generale organizzazione<strong>dei</strong> predetti albi, ordini o collegi;c) coerenza <strong>dei</strong> requisiti di ammissione e delle prove degliesami di Stato con quanto disposto ai sensi della lettera a).Per quanto concerne l’esame di Stato per l’abilitazione all’eserciziodella predetta professione i riferimenti normativivigenti richiamati dall’amministrazione sono:- l’art. 33, comma 5, della Costituzione;- l’art. 2229 c.c. ;- la legge 3 febbraio 1963, n. 69, che detta norme sull’ordinamentodella professione giornalistica e, in particolare, l’art. 32;- il D.P.R 4 febbraio 1965, n. 115, che prevede all’art. 44 ladisciplina delle prove.Queste ultime, aventi per oggetto l’accertamento dell’idoneitàprofessionale <strong>dei</strong> praticanti giornalisti, sono del tutto assimilabilialle prove attitudinali prescritte dal decreto legislativo 27gennaio 1992, n. 115, con il quale in attuazione alla direttivan. 89/48 CEE, sono state disposte norme per il riconoscimento<strong>dei</strong> titoli accademico-professionali conseguiti in ambi-to europeo ai fini dell’esercizio in Italia delle corrispondentiprofessioni.Riferisce ancora l’Amministrazione, che con parere del prof.Scoca, trasmesso al Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong>, siesprime l’avviso che dalle riferite norme sulla “prova diidoneità professionale”, prescritta ai fini dell’iscrizione all’albo<strong>dei</strong> giornalisti, risultino certamente i caratteri essenziali dell’esamedi Stato.L’<strong>Ordine</strong> evidenzia altresì che, poiché i provvedimenti attuatividella riforma dell’autonomia didattica di cui all’art. 17,comma 95, della legge n. 127 del 1997 e successive modificazioniprevedono una classe di laurea specialistica per laprofessione giornalistica (allegato 13/S al D.M. <strong>28</strong> novembre2000, classe delle lauree specialistiche in editoria, comunicazionemultimediale e giornalismo), l’inclusione della stessanelle emanande norme regolamentari sarebbe coerente coni richiamati criteri direttivi della legge e quindi dovuta.L’Amministrazione espone, ancora, le argomentazioni contrarieall’avviso dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, così sintetizzate;- non necessariamente una prova idoneativa concretizzaun esame di Stato;- necessità di non porre barriere all’accesso alleprofessioni in ambito comunitario ed interno, che siano giustificateda ragioni di tutela della pubblica fede, pur avendopresente che, per quanto riguarda la disciplina della predettaprofessione in ambito europeo, non risulta intervenuta alcunadirettiva in materia;- criteri di composizione della commissione giudicatrice(prevalenza di rappresentanti dell’<strong>Ordine</strong>);- mancanza di un titolo di studio necessario perl’esercizio della professione giornalistica.Ciò premesso, dovendo il Ministero provvedere alla predisposizionedel riferito regolamento delegato, si pone laquestione se le norme della legge n. 69 del 1963 e del D.P.R.n. 115 del 1965 sulle prove di idoneità professionale e sulleprove d’esame abbiano o meno i caratteri dell’esame di Statoai fini dell’abilitazione all’esercizio della professione di giornalistae se, conseguentemente, la predetta professionepossa o meno essere inclusa nella nuova normativa.Viene posto, altresì, il quesito se, nell’ambito del nuovo regolamento,possano essere introdotte le opportune integrazionie modificazioni alle richiamate norme sulla professione giornalistica,auspicate dall’<strong>Ordine</strong> medesimo, al fine di perveniread una disciplina omogenea in materia.Con parere interlocutorio del 9 maggio 2001 la Sezionechiedeva di acquisire il parere del Ministero di Grazia eGiustizia, competente in materia di Ordini professionali,nonché i verbali della Commissione ministeriale, c.d.“Commissione Rossi”, limitatamente alle riunioni in cui siera dibattuto il problema della (non) riforma dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong>giornalisti.A tale richiesta istruttoria ha dato riscontro l’amministrazionecon nota de 6 agosto 2001, pervenuta il 4 settembre2001, nella quale si comunicava che i lavori della CommissioneRossi non sono stati verbalizzati, ma trasfusi in unarelazione finale, unita alla stessa nota, mentre il Ministerodi Grazia e Giustizia non avrebbe dato riscontro alla richiesta.Con parere del 14 novembre 2001 la sezione, rilevandoche l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti aveva fatto pervenire irritualmente,in quanto direttamente a questo Consiglio, proprieosservazioni datate 27 settembre e 15 ottobre 2001, e cheulteriore nota in data 8 novembre 2001, pervenuta il 13novembre 2001 era stata fatta pervenire altrettanto irritualmentedal Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,alla quale venivano allegati un nuovo parere dell’avv. prof.Scoca ed un fax dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>; rilevandosi,ancora che si trattava di quesito facoltativo richiestodall’amministrazione statale e non era stato acquisito ilparere del Ministero di Grazia e Giustizia, la sezione sivedeva costretta a disporre un nuovo adempimento istruttorio,dovendosi acquisire le motivate osservazioni del Ministerosulle note dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, nonché il giàrichiesto parere del Ministero di Grazia e Giustizia, a taliadempimenti hanno dato riscontro i due Ministeri, dellaGiustizia e dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca,trasmettendo il parere del Ministero della Giustizia – Ufficiolegislativo, del 6 settembre 2001.Il Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti ha fattopervenire, altresì, il secondo parere del prof. Scoca in data30 ottobre 2001.In tale situazione, la sezione può pertanto procedere all’espressionedel parere facoltativo.CONSIDERATOCon il quesito principale sottoposto all’esame di questoConsiglio il MURST chiede di sapere se possa essere ridisciplinatala materia della professione giornalistica in basealla delega contenuta nella recente legge n. 4/1999.Al riguardo appare necessario procedere ad una ricostruzionedel complessivo quadro normativo entro cui si colloca ilquesito stesso.La L. 14 gennaio 1999, n. 4, contenente disposizioni riguardantiprincipalmente il settore universitario e della ricercascientifica, stabilisce, all’art.1, comma 18 (modificatodall’art.6, L. 19 ottobre 1999, n. 370), che con uno o più regolamentiadottati, a norma dell’articolo 17, comma 2, dellalegge 23 agosto 1988, n. 400 (regolamenti di delegificazione),su proposta del Ministro dell’università e della ricercascientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro di graziae giustizia, sentiti gli organi direttivi degli ordini professionali,con esclusivo riferimento alle attività professionali per il cuiesercizio la normativa vigente già prevede l’obbligo di superamentodi un esame di Stato, è modificata e integrata ladisciplina del relativo ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini ocollegi, nonché <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione all’esame diStato e delle relative prove, in conformità ai seguenti criteridirettivi:a) determinazione dell’ambito consentito di attività professionaleai titolari di diploma universitario e ai possessori <strong>dei</strong>titoli istituiti in applicazione dell’articolo 17, comma 95,della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni(che ha demandato ai singoli atenei la disciplinadell’ordinamento degli studi <strong>dei</strong> corsi universitari);b) eventuale istituzione di apposite sezioni degli albi, ordini ocollegi in relazione agli ambiti di cui alla lettera a), indicandoi necessari raccordi con la più generale organizzazione<strong>dei</strong> predetti albi, ordini o collegi;c) coerenza <strong>dei</strong> requisiti di ammissione e delle prove degliesami di Stato con quanto disposto ai sensi della lettera a).La norma primaria prevede, dunque, un processo di riordinodelle singole professioni che siano organizzate, in base allanormativa vigente in ordinamenti settoriali, caratterizzati dairequisiti concorrenti dell’esame di stato e dall’istituzione dialbi, ordini e collegi professionali alla cui iscrizione il superamentodell’esame è strumentale.Occorre aggiungere che la finalità della norma è quella diadeguare i contenuti dell’attività professionale e del relativoesame di Stato all’evoluzione normativa dell’ordinamentodegli studi universitari, avviata dall’art.17, comma 95, dallalegge n. 127/1997, al quale, appunto, la legge n. 4/1999 haapportato modificazioni.Il motivo per cui l’amministrazione – ed in particolare laspeciale commissione nominata dal Ministero della Giustiziaper l’applicazione della predetta normativa – sembrerebbeorientata nel senso di escludere dal processo di riformanormativa delle professioni quella di giornalista, consisterebbenel fatto che per l’accesso all’esercizio professionaledell’attività giornalistica l’attuale ordinamento non prevede in“esame di Stato”.In effetti, l’art. 32 (rubricato “Prova di idoneità professionale”)della L. 3 febbraio 1963, n. 69, che ha disciplinato, dopo unlungo e contrastato dibattito parlamentare, l’ordinamentodella professione di giornalista, dispone che l’accertamentodell’idoneità professionale, di cui al precedente art. 29,necessario per l’iscrizione all’albo istituito dall’art. 26 dellastessa legge, consiste in una prova scritta e orale di tecnicae pratica del giornalismo, integrata dalla conoscenza dellenorme giuridiche che hanno attinenza con la materia del giornalismo.La dizione della normativa relativa alla professione di giornalistasi discosta dunque, all’evidenza, da quella di “esame distato” usata dalla riportata legge n. 4/1999, la quale, a suavolta, ripete la formula generale di principio di cui all’art. 33,comma 5, della Costituzione (“È prescritto un esame diStato….per l’abilitazione all’esercizio professionale”).Si tratta dunque di stabilire se tale difformità terminologicasia influente al fine della soluzione del quesito proposto.Questa Sezione ritiene di no.La giurisprudenza costituzionale ha avuto più volte occasionedi precisare che la norma dell’art.33 Cost. reca in sé unprincipio di professionalità specifica. Essa, cioè, richiede chel’esercizio di attività professionali rivolte al pubblico avvengain base a conoscenze sufficientemente approfondite ed adun correlato sistema di controlli preventivi e successivi di taliconoscenze, per tutelare l’affidamento della collettività inordine alle capacità di professionisti le cui prestazioni incido-2 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


universitaria2Svolta storica:giornalistisolo per viaper iscritto; c) nella redazione di un articolo, contenuto in unapagina e mezzo dattiloscritta di 45 righe da 60 battuteciascuna, su argomenti di attualità scelti dal candidato traquelli, in numero non inferiore a sei (interni, esterni, economia-sindacato,cronaca, sport, cultura spettacolo) propostidalla commissione, anche sulla base dell’eventuale documentazionedalla stessa fornita.La prova orale, a sua volta, consiste in un colloquio direttoad accertare la conoscenza <strong>dei</strong> principi dell’etica professionale,delle norme giuridiche attinenti al giornalismo especificatamente delle tecniche e pratiche inerenti all’eserciziodella professione. In particolare essa si svolge sulleseguenti materie: a) elementi di storia del giornalismo; b)elementi di sociologia e di psicologia dell’opinione pubblica;c) tecnica e pratica del giornalismo: elementi teoricifondamentali: esercitazione di pratica giornalistica; d)norme giuridiche attinenti al giornalismo: elementi di dirittopubblico; ordinamento giuridico della professione di giornalistae norme contrattuali e previdenziali; norme amministrativee penali concernenti la stampa; elementi di legislazionesul diritto di autore; e) etica professionale; f) i mediadel sistema economico italiano.La prova orale comprende anche la discussione di un argomentodi attualità, liberamente scelto dal candidato, nel settoredella politica interna, della politica estera, dell’economia,del costume, dell’arte, dello spettacolo, dello sport, dellamoda o di qualsiasi altro campo specifico nel quale egli abbiaacquisito una particolare conoscenza professionale duranteil praticantato. Analoga scelta può essere compiuta dal candidatonella materia delle norme giuridiche attinenti al giornalismo.L’argomento o gli argomenti prescelti, compendiati inun breve sommario, debbono essere comunicati allacommissione almeno tre giorni prima della prova, e da essipuò prendere l’avvio il colloquio allo scopo sia di mettere ilcandidato a suo completo agio sia di valutarne le capacità diricerca e di indagine, di attitudine alla inchiesta e di acumecritico, di discernimento e di sintesi. A conclusione dellaprova orale il presidente comunica al candidato il giudiziodella commissione sulla prova scritta e, a richiesta del candidato,gli mostra l’elaborato sottolineandone in breve i limitie/o i pregi e/o fornendo eventuali chiarimenti.Come si vede, la quantità, complessità e specificità delle“materie” oggetto di prova selettiva evidenzia la difficoltà eserietà della selezione, la quale, sia detto per inciso,presuppone un grado di preparazione, cultura e capacitànon inferiori a quelle di livello universitario e comunqueconsiste in una serie di accertamenti teorico-pratici deltutto congeniali al corretto svolgimento dell’attività giornalistica,come sopra definita e finalizzati a quella verifica diidoneità tecnica, cui è preordinato l’esame di Stato (C.Cost. n. 5/1999 relativa alla professione di praticanteprocuratore legale).D’altra parte, l’assimilazione della professione giornalisticaa quella delle altre professioni cui si accede mediante unesame di Stato si evince da altri dati positivi.Non va dimenticato, infatti, che in base all’art. 45 dellalegge n.69, la professione di giornalista è caratterizzatadalle stesse garanzie “passive” predisposte per le altreprofessioni “protette” dagli art.348 (esercizio abusivo diprofessione per la quale è richiesta speciale abilitazionedello Stato) e 498 (usurpazione di titolo) c.p.La particolare tutela penale di cui il legislatore ha volutocircondare l’esercizio della professione giornalistica è l’ulterioredimostrazione della particolare importanza che essaassume nel nostro ordinamento e costituisce ulterioreelemento interpretativo per qualificare le prove di ammissionea quella professionale in termini di rigore e qualificazione.In tale contesto, appare improprio invocare un dato meramentetecnologico (“prova” invece di “esame”) per negarel’esigenza di una riforma dell’ordinamento in questione,tenuto conto che la “prova di idoneità” alla professione digiornalista è assistita da quelle garanzie di oggettività etecnicità più volte richiamate dalla giurisprudenza costituzionalesopra ricordata.Quanto alla commissione giudicatrice della prova inquestione, che secondo il ministero della Giustiziamancherebbe <strong>dei</strong> requisiti della terzietà ed imparzialità equindi della statualità, è da considerare che essa, secondoquanto stabilisce l’art. 32 della legge n. 69/1963, ècomposta da sette membri, di cui cinque scelti tra i giornalistiprofessionisti con oltre dieci anni di iscrizione all’albo edue magistrati ordinari nominati dal Presidente della Corted’Appello di Roma. In tal modo viene assicurata la tecnicitàe l’imparzialità <strong>dei</strong> membri della commissione –elementi essenziali per garantire la finalità dell’esame diStato – in misura anche superiore a quella degli altri esamidi Stato e degli ordinari concorsi d’accesso al pubblicoimpiego, attesa la presenza di ben due magistrati tra imembri della commissione.Il fatto, poi, che la nomina della maggioranza <strong>dei</strong> membripiù squisitamente “tecnici” (i cinque giornalisti) nonavvenga con provvedimento di un organo dello Statoapparato,ma direttamente dal Consiglio nazionaledell’<strong>Ordine</strong>, non fa venir meno il carattere “statuale” dellaprova in questione, tenuto conto che, secondo la costantegiurisprudenza, gli Ordini professionali, compresoquello <strong>dei</strong> giornalisti (C. Cost. n. 11/1968 n. 505/1995),sono enti pubblici non economici, i quali, in considerazionedella loro struttura, dai poteri pubblicistici di cui sonoinvestiti, degli interessi pubblici da essi perseguiti, <strong>dei</strong>controlli ministeriali ai quali sono soggetti, appartengonoal novero delle pubbliche amministrazioni in senso oggettivoe soggettivo.L’atto di nomina <strong>dei</strong> componenti della commissione giudicatriceè, dunque, atto amministrativo e si colora, pertanto,nel connotato della “pubblicità” o della “statualità, al pari diquello proveniente da un organo ministeriale.D’altra parte, la specialità del procedimento di nomina, affidatadirettamente all’<strong>Ordine</strong>, si spiega con l’esigenza diassicurare il valore costituzionale, insito nel citato art. 21della Cost., della libertà e dignità (oltre che professionalità)del giornalista, che potrebbe risultare compromesso(come peraltro evidenziato dai timori emersi dai lavori dellalegge 69/1963 sul punto) da una commissione nominatadirettamente dal potere esecutivo, anziché dallo stessoorgano rappresentativo dell’ordinamento autonomo <strong>dei</strong>giornalisti.Ove poi si volesse enfatizzare un dato testuale, non vadimenticato che in base al vigente art. 33 della legge n.69/1963 l’iscrizione nell’elenco <strong>dei</strong> praticanti giornalistipresuppone il superamento di un “esame” di cultura generale,e non di una “prova”.La natura pubblicistica dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti vale poi asmentire l’ulteriore argomentazione del ministero di Giustizia,laddove si tende a negare il carattere specialisticodella professione giornalistica, ciò che giustificherebbe lamancanza di un titolo di studio e, correlativamente, la naturaselettiva della prova d’idoneità. Oltre a quanto già dettocirca il contenuto prettamente specialistico e mirato dellematerie oggetto di prove d’idoneità, la creazione di un entepubblico preposto istituzionalmente al governo di una dataprofessione sta a dimostrare, al contrario, la particolarecomplessità della professione sul piano <strong>dei</strong> contenuti e,correlativamente, la necessità di una valutazione preventivae di un controllo continuo sulle capacità di svolgere laprofessione stessa, a tutela degli iscritti e <strong>dei</strong> cittadinidestinatari di essa.Al quesito posto dall’amministrazionedeve dunque darsi la seguente risposta:Non sussistono motivi ostativi alla riforma dell’ordinamentoprofessionale <strong>dei</strong> giornalisti, come prevista dall’art. 1, comma18, della legge n. 4 del 1999, citato all’inizio delle presenticonsiderazioni.Quanto all’ulteriore e correlato quesito circa i contenuti delfuturo regolamento, esso non può che avere risposta generica,attesa la discrezionalità che l’amministrazione ha nelpredisporre il testo normativo. Sul punto della mera legittimitàla Sezione non può che richiamare i principi generaliinnanzi esposti anche con riferimento alla richiamata giurisprudenzacostituzionale.D’altra parte, il testo del futuro regolamento dovrà superare ilnecessario vaglio della diversa Sezione consultiva di questoConsiglio, a ciò istituzionalmente competente ai sensi dell’art.17, comma <strong>28</strong>, della legge n. 127/1997.Piuttosto, è da sottolineare un dato che l’amministrazionenon ha in alcun modo considerato, trattandosi di eventosopravvenuto. Infatti, successivamente alla richiesta di parerefacoltativo è stata emanata la legge costituzionale 18 ottobre2001, n. 3, la quale ha apportato modifiche al titolo V,parte seconda, della Costituzione.Per quel che qui interessa, la legge citata ha modificato, tragli altri, l’art. 117 Cost., introducendo nuovi criteri di riparto dicompetenze normative fra Stato e Regioni, secondo principidi tipicità e tassatività nei confronti del primo e di residuità esussidiarità in favore delle seconde. Merita particolare attenzioneil disposto del comma 5 dell’art. 117, secondo cui lapotestà regolamentare aspetta allo stato nelle materie dipropria legislazione esclusiva, mentre alle Regioni competeil potere regolamentare in ogni altra materia, sia essa di legislazioneregionale esclusiva o concorrente. Poiché tra lematerie di legislazione esclusiva statale la nuova versionedell’art. 117 non elenca quella della formazione professionalee della disciplina della relativa attività (la quale è contemplatanel comma 3 solo come materia oggetto di legislazioneconcorrente), sembrerebbe che su tale materia sia preclusoogni intervento regolamentare, quantomeno diretto, delloStato.L’amministrazione, quindi, nel dar corso alle iniziative normativeapplicative della legge n. 4/1999 dovrà tener conto dellenuove e complesse problematiche che la legge costituzionalen. 3/2001 ha aperto nell’ambito del sistema delle fonti diproduzione. In tale opera interpretativa la stessa amministrazionedovrà tener conto anche degli orientamenti che emergerannoin seno a questo Consiglio, ed in particolare nell’ambitodella Sezione consultiva per gli atti normativi e dell’AdunanzaGenerale (quest’ultima, ad esempio, già si è pronunciatain merito ai criteri di riparto di competenze regolamentaritra Stato e Regioni in materia di legislazione esclusiva oconcorrente regionale, per le quali si debba dare attuazione adirettive comunitarie: cfr. parere n. 2/02 del 25 febbraio <strong>2002</strong>).PQMNelle esposte considerazioni viene reso il richiesto parereIL PRESIDENTE DELLA SEZIONESalvatore RosaL’ESTENSOREArmando Pozzi4 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


PropostaCollegamento laurea-professione:questo il testo del decreto possibileMilano, 20 maggio <strong>2002</strong>. In data 16 maggio Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalistidella Lombardia, ha posto ufficialmente ai ministri dell’Istruzione/Università e dellaGiustizia, il problema di scrivere in tempi brevi il decreto che colleghi laurea biennale specialisticain giornalismo ed esame di Stato come unica via di accesso alla professione. In sostanzava attuato il comma 18 (1) dell’articolo 1 della legge n. 4/1999 dopo il parere n. 22<strong>28</strong> (7maggio <strong>2002</strong>) della II sezione consultiva del Consiglio di Stato. Il ministero dell’Università, diconcerto con quello della Giustizia, dovrà scrivere il relativo decreto anche per altre tre categorie(consulenti del lavoro, tecnologi alimentari e statistici). Questi quattro decreti andranno,quindi, ad irrobustire il Dpr 5 giugno 2001 n. 3<strong>28</strong> dedicato alle professioni intellettuali (dottoreagronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo,chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo). FrancoAbruzzo, con l’intento di bruciare i tempi, ha scritto anche il testo possibile del decreto, che,trasmesso anche ai dirigenti <strong>dei</strong> due ministeri e al Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,qui di seguito viene pubblicato:Decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001 n. 3<strong>28</strong>(pubblicato nel S.O. n. 212/L alla G.U. n. 190 del 17 agosto2001). Modifiche ed integrazioni della disciplina <strong>dei</strong> requisitiper l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove perl’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina <strong>dei</strong>relativi ordinamentiArt. 1. (Ambito di applicazione)1. Il presente regolamento modifica e integra la disciplinadell’ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini o collegi, nonché<strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relativeprove, delle professioni di: dottore agronomo e dottoreforestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario,biologo, chimico, geologo, geometra, giornalista, ingegnere,perito agrario, perito industriale, psicologo.CAPO XII. PROFESSIONEDI GIORNALISTAArt. 56. (Sezioni e titoli professionali)1. Nell’albo professionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti sono istituitela sezione A e la sezione B. Agli iscritti nella sezione Aspetta il titolo di giornalista professionista e agli iscritti nellasezione B spetta il titolo di giornalista pubblicista.2. Alla sezione A si accede, previo esame di Stato:a) con il titolo di laurea specialistica biennale in giornalismooppure con master universitari della durata di almeno dueanni comprensivi del tirocinio giornalistico;b) con il titolo di laurea in Scienze della comunicazione (ocon altre lauree con indirizzi assimilabili) dopo due anni diattività di tirocinio in strutture di formazione al giornalismoconvenzionate con l’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti, oppuredopo due anni di tirocinio, - con contratto di formazione, concontratto a tempo determinato o con borsa di studio -, nelleredazioni di quotidiani, tg, radiogiornali, periodici, giornalitelematici regolarmente registrati (articoli 2 e 5 della legge 8febbraio 1948 n. 47 sulla stampa) e convenzionati (tramite laFieg) con l’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti con la previsionedi un percorso di formazione specifico e con la fissazione diun rapporto tra numero di redattori professionisti e praticantigiornalisti.3. Alla sezione B si può accedere dopo aver conseguito iltitolo di laurea triennale in Scienze della comunicazione (o inaltre lauree con indirizzi assimilabili in comunicazione o relazionipubbliche) e il superamento dell’esame di Stato o anchedopo un’attività giornalistica biennale svolta in maniera nonoccasionale e retribuita, anche se vengono svolte altreprofessioni o altri impieghi, secondo quanto stabilito dagli arti1 (IV comma) e 35 della legge 3 febbraio 1963 n. 69.4. L’iscritto alla sezione B, in possesso del necessario titolodi studio, può essere iscritto nella sezione A del medesimoalbo professionale, previo superamento del relativo esame diStato.5. Un regolamento, preparato dal Miur, individuerà le “altrelauree con indirizzi assimilabili”.Art. 57. (Attività professionali)1. Per attività professionale degli iscritti nella sezione A deveintendersi “la prestazione di lavoro intellettuale volta allaraccolta, al commento e alla elaborazione di notizie destinatea formare oggetto di comunicazione interpersonale attraversogli organi di informazione. Il giornalista si pone pertanto comemediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenzadi esso, differenziandosi la professione giornalisticada altre professioni intellettuali proprio in ragione di unatempestività di informazione diretta a sollecitare i cittadini aprendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli, perla loro novità, della dovuta attenzione e considerazione” (2).Gli iscritti nella sezione A potranno svolgere funzioni di elevataresponsabilità, organizzative e gestionali nei diversicomparti delle redazioni giornalistiche, anche telematiche, odelle imprese editoriali, sia tradizionali che multimediali eonline.ORDINE 6 <strong>2002</strong>2. Gli iscritti alla sezione B, con laurea in Scienze della comunicazioneo con altre lauree con indirizzi assimilabili in comunicazioneo in relazioni pubbliche, svolgeranno prevalentementeattività professionali nelle organizzazioni pubbliche e private,nazionali e internazionali, in qualità di addetti stampa (3).Art. 58. (Esami di Stato per l’iscrizione nella sezione A erelative prove)1. L’iscrizione nella sezione A è subordinata al superamentodi apposito esame di Stato. Per l’ammissione all’esame diStato è richiesto il possesso della laurea in una delle seguenticlassi:a) 13/s - Classe delle lauree specialistiche in giornalismo;b) 14a - Classe delle lauree in Scienze della comunicazione(o con altre lauree con indirizzi assimilabili) dopo due anni diattività di tirocinio in strutture di formazione al giornalismoconvenzionate con l’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti, oppuredopo due anni di tirocinio, - con contratto di formazione, concontratto a tempo determinato o con borsa di studio -, nelleredazioni di quotidiani, tg, radiogiornali, periodici, giornalitelematici regolarmente registrati (articoli 2 e 5 della legge 8febbraio 1948 n. 47 sulla stampa) e convenzionati (tramite laFieg) con l’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti, prevedendo unpercorso di formazione specifico e fissando un rapporto tranumero di redattori professionisti e praticanti giornalisti.2. L’esame di Stato, volto ad accertare le conoscenze professionalie deontologiche e a valutare la capacità all’eserciziodella professione (4), consiste in una prova scritta (su argomentidi attualità, con relativa impaginazione e titolazione,nonché nella stesura di una sintesi di un articolo giornalistico)e orale su materie di tecnica e pratica giornalistica, storia,economia, geopolitica, sociologia e psicologia dell’opinionepubblica, integrata dalla conoscenza delle norme giuridiche(amministrative, civili, comunitarie, costituzionali, internazionali,lavoristiche e penali) che hanno attinenza con la materiadel giornalismo e del diritto dell’informazione multimediale.3. L’esame dovrà sostenersi in Roma, innanzi ad unaCommissione composta di nove membri, di cui cinquedovranno essere nominati dal Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong>fra i giornalisti professionisti laureati, anche pensionati,iscritti nell’Albo da non meno di 10 anni. Due membri sarannonominati dal presidente della Corte d’Appello di Roma tramagistrati di tribunale e d’appello (e se in quiescenza anchecon il grado di giudice di Cassazione) e il magistrato d’appelloo di Cassazione assumerà le funzioni di presidente dellaCommissione; gli altri due da un rettore di Università statale(designato dal regolamento di cui al punto 3) tra i docenti(anche in quiescenza) e i ricercatori di materie storiche,sociologiche e comunicazionali.3. Le modalità di svolgimento dell’esame, da effettuarsi inalmeno due sessioni annuali, saranno determinate dal regolamento,che sarà emanato dal ministero dell’Istruzione edell’Università di concerto con il ministero della Giustizia.Art. 59. (Esami di Stato per l’iscrizione nella sezione B erelative prove)1. L’iscrizione nella sezione B è subordinata al superamentodi apposito esame di Stato. Per l’ammissione all’esame diStato, è richiesto il possesso della laurea della classe 14a(Classe delle lauree in Scienze della comunicazione) o dialtre lauree con indirizzi assimilabili in comunicazione o inrelazioni pubbliche.2. L’esame di Stato consiste in una prova scritta (su argomentidi attualità e nella stesura di un comunicato stampa) eorale (sulle materie di storia del giornalismo, di deontologiagiornalistica e di diritto dell’informazione multimediale).3. I candidati agli esami di Stato sosterranno le prove in cittàsedi degli Ordini regionali o interregionali. Le modalità di svolgimentodell’esame, da effettuarsi in almeno due sessioniannuali, saranno determinate dal regolamento, che saràemanato dal ministero dell’Istruzione e dell’Università diconcerto con il ministero della Giustizia, sentito il Consiglionazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.4. Le Commissioni giudicatrici degli esami sono nominatecon decreto del Miur di concerto con il ministro della Giustizia(sentito il Consiglio regionale o interregionale dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti competente per territorio) e saranno composteda sette membri: un magistrato in servizio o in pensione, chesvolgerà le funzioni di presidente; un professore universitario(anche in pensione) o un ricercatore universitario di materiestoriche; cinque giornalisti professionisti o pubblicisti laureatiin servizio o in pensione.Art. 60. (Norme finali e transitorie)1. Gli attuali appartenenti all’elenco professionisti dell’Albodell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti sono iscritti nella sezione A e gliattuali appartenenti all’elenco pubblicisti sono iscritti nellasezione B dell’Albo.2. Coloro i quali sono iscritti nel Registro <strong>dei</strong> praticanti giornalistialla data di entrata in vigore del presente regolamentopotranno sostenere, completato il 18° mese di tirocinio, l’esamedi Stato secondo le regole fissate dalla legge n. 69/1963e dal Dpr 115/1965.——————————————NOTE(1) Comma 18 dell’articolo 1 della legge n. 4/1999:“Con uno o più regolamenti adottati, a norma dell’articolo 17,comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su propostadel ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica,di concerto con il ministro di Grazia e Giustizia, sentitigli organi direttivi degli ordini professionali, con esclusivoriferimento alle attività professionali per il cui esercizio lanormativa vigente già prevede l’obbligo di superamento diun esame di Stato, è modificata e integrata la disciplina delrelativo ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini o collegi,nonché <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione all’esame di Stato edelle relative prove, in conformità ai seguenti criteri direttivi:a) determinazione dell’ambito consentito di attività professionaleai titolari di diploma universitario e ai possessori<strong>dei</strong> titoli istituiti in applicazione dell’articolo 17, comma 95,della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni;b) eventuale istituzione di apposite sezioni degli albi, ordini ocollegi in relazione agli ambiti di cui alla lettera a), indicandoi necessari raccordi con la più generale organizzazione <strong>dei</strong>predetti albi, ordini o collegi;c) coerenza <strong>dei</strong> requisiti di ammissione e delle prove degliesami di Stato con quanto disposto ai sensi della lettera a)”.(2) Cassazione civile, sezione lavoro, 20 febbraio 1995, n.1827.(3) Articolo 9 della legge 7 giugno 2000 n. 150 (Disciplinadelle attività di informazione e di comunicazione delle pubblicheamministrazioni) e Dpr settembre 2001 n. 422 (Regolamentorecante norme per l’individuazione <strong>dei</strong> titoli professionalidel personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioniper le attività di informazione e di comunicazione edisciplina degli interventi formativi).(4) Per analogia si fa riferimento all’articolo 8 del Dlgs 27gennaio 1992 n. 115 (Attuazione della direttiva n. 89/48/CEErelativa ad un sistema generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomidi istruzione superiore che sanzionano formazioni professionalidi una durata minima di tre anni).Dice l’articolo 8 (Prova attitudinale):1. La prova attitudinale consiste in un esame volto ad accertarele conoscenze professionali e deontologiche ed a valutarela capacità all’esercizio della professione, tenendo contoche il richiedente il riconoscimento è un professionista qualificatonel Paese di origine o di provenienza.2. Le materie su cui svolgere l’esame devono essere sceltein relazione alla loro importanza essenziale per l’eserciziodella professione.3. In caso di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essereripetuta non prima di sei mesi.(testo della proposta di Dpr elaborato da Franco Abruzzo,presidente dell’OgL)5


universitaria3Svolta storica:giornalistisolo per viaLa riformaLAUREA TRIENNALEIN SCIENZEDELLA COMUNICAZIONE(DM 4 AGOSTO 2000)LAUREA BIENNALESPECIALISTICAIN GIORNALISMO(DM <strong>28</strong> NOVEMBRE 2000)Il decreto sul collegamento tra laurea specialistica in giornalismoed esame di Stato, che dovrà essere emanato in seguitoal parere della II sezione del Consiglio di Stato, si inseriràin un quadro normativo della formazione universitaria profondamenterinnovato. Con l’anno accademico 2001/<strong>2002</strong> èentrata infatti in vigore la riforma didattica, che ha introdottonuovi titoli (in particolare laurea triennale e laurea specialisticadi ulteriori due anni) e nuovi percorsi di studio. La riformaappena avviata rappresenta un cambiamento radicale delsistema universitario italiano, un cambiamento reso necessarioda una serie di fattori critici che hanno caratterizzato eancora caratterizzano il nostro sistema: la durata eccessivadegli studi, l’alto numero di abbandoni e la rigidità <strong>dei</strong> percorsiformativi. Ma la riforma, la cui attuazione deve ancoraessere completata, prende le mosse anche dalla consapevolezzadelle profonde trasformazioni che la nostra societàsta attraversando e <strong>dei</strong> nuovi bisogni di formazione che daessa provengono.Questi problemi sono stati affrontati in maniera sostanziale estrutturale rendendo più flessibile il sistema con la creazionedi percorsi formativi che permettono con più semplicità e conuna minore dispersione di tempo il passaggio da un corsoall’altro, da un livello all’altro, da un ateneo all’altro.La principale innovazione consiste nell’introduzione del creditoformativo come unità di misura del lavoro di apprendimentodello studente: si passa così dall’ottica dell’insegnamentoall’ottica dell’apprendimento. Tutta l’attività formativa (lezioni,studio individuale, seminari, laboratorio...) viene riportata alfattore tempo con l’obiettivo di non sottoporre lo studente acarichi di lavoro eccessivi evitando così di dilatare la duratadegli studi. Fino a oggi l’unica cosa misurabile erano le ore dilezione passate in aula e non veniva considerato lo studioindividuale aggiuntivo alle ore di frequenza.La riforma impone una programmazione didattica più equilibratache si inserisce in un quadro più generali di obiettiviformativi finali.La sfida dell’innovazione è quella di trovare l’equilibrio trauna solida formazione di carattere culturale-scientifico e un’adeguataformazione professionalizzante.Altre novità importanti sono:• La valutazione iniziale della preparazione dello studente inrelazione al corso di laurea prescelto• La possibilità di scegliere una parte del proprio percorsoseguendo i propri interessi• La conoscenza di una lingua straniera e l’acquisizione diabilità informatiche• L’introduzione di stage e tirocini formativi (in alcuni casiobbligatori in altri fortemente consigliati)• Oltre al diploma di laurea lo studente avrà un certificatodelle attività svolte.Con l’approvazione degli ultimi provvedimenti normativi nellaprimo semestre del 2001 si è completata la complessa e articolataprocedura di rinnovamento dell’istruzione universitaria.La riforma era prevista dalla legge 127/1997 con la qualevenne delegata all’allora ministro dell’Università e della Ricercascientifica e tecnologica (oggi ministero dell’Istruzione,dell’Università e della Ricerca) la disciplina della nuova organizzazionedegli studi e <strong>dei</strong> titoli, acquisiti i pareri degli organiconsultivi e delle commissioni parlamentari competenti. Lesingole università hanno adottato i regolamenti didattici d’ateneo(che contengono tutti gli ordinamenti <strong>dei</strong> corsi di studio eche devono essere approvati dal ministero). È un momentostorico per l’università italiana, che ha ora l’opportunità dimettersi al passo con l’Europa e con una società che negliultimi decenni è radicalmente cambiata. Vediamo in sintesi,articolata per punti, come si presenta la nuova architetturadel sistema.■LA “CARTA FONDAMENTALE” DEL NUOVOORDINAMENTO – La disciplina fondante delnuovo ordinamento di studi universitari è contenutanel Dm 509/99, la “Carta fondamentale”dell’autonomia didattica degli atenei. In esso vengono tra l’altrodisciplinati: la tipologia <strong>dei</strong> titoli; la disciplina generale delleclassi di laurea e della definizione <strong>dei</strong> singoli corsi; la disciplinagenerale <strong>dei</strong> crediti (CFU); la disciplina generale dell’accessoai corsi di studio; i ruoli degli organi interni agli atenei.Motivo conduttore di questo decreto è il “modello europeo”delineato al vertice <strong>dei</strong> ministri europei di Bologna (18-19giugno 1999), che faceva seguito alla Dichiarazione dellaSorbona (25 maggio 1998), confermato anche al vertice diPraga svoltosi il 18 e 19 maggio 2001.■I NUOVI TITOLI ACCADEMICI: LA LAUREA (L)– La nuova laurea (L) si consegue al termine diun corso di studi di durata normale di tre anni eha l’obiettivo di assicurare allo studente un’adeguatapadronanza di metodi e contenuti scientifici generali edi specifiche conoscenze professionali finalizzate a unaimmediata “spendibilità” del titolo nel mercato del lavoro. Peressere ammessi a un corso di laurea occorre aver conseguitoil diploma di scuola secondaria superiore e possedereun’adeguata preparazione iniziale. I Regolamenti didatticid’ateneo definiscono le competenze richieste per l’accesso ene determinano, ove necessario, le modalità di verifica anchea conclusione di attività formative propedeutiche. Per conseguirela laurea lo studente deve aver acquisito 180 crediti.■LA LAUREA SPECIALISTICA (LS) – Si consegueal termine di un corso di durata normale didue anni cui si accede con la laurea. Il Dm509/99 prevede (art. 6, comma secondo) che“per essere ammessi ad un corso di laurea specialisticaoccorre essere in possesso della laurea, ovvero di altro titolodi studio conseguito all’estero, riconosciuto idoneo. Nelcaso di corsi di laurea specialistica per i quali non sia previstoil numero programmato dalla normativa vigente in materiadi accessi ai corsi universitari, occorre, altresì, il possessodi requisiti curriculari e l’adeguatezza della personalepreparazione verificata dagli atenei”. Le università, coerentementecon lo spirito della riforma, hanno dunque ampiaautonomia nello stabilire le procedure di verifica <strong>dei</strong> requisitidi ammissione. La LS ha l’obiettivo di fornire allo studenteuna formazione di livello avanzato per l’esercizio di attivitàdi elevata qualificazione in ambiti specifici. Per i corsi distudio regolamentati da normative dell’Unione Europea(medicina e chirurgia, medicina veterinaria, odontoiatria eprotesi dentaria, farmacia) sono istituite lauree specialistichecui si accede con il diploma di scuola secondaria superiore.Per conseguire la laurea specialistica lo studente deveaver acquisito complessivamente 300 crediti, compresi quelligià acquisiti con la laurea e riconosciuti validi per il relativocorso di laurea specialistica.■IL DIPLOMA DI SPECIALIZZAZIONE (DS) – Siconsegue al termine di un corso di specializzazionee ha l’obiettivo di fornire allo studente conoscenzee abilità per funzioni richieste nell’eserciziodi particolari attività professionali e può essere istituitoesclusivamente in applicazione a specifiche norme di leggeo di direttive dell’Unione Europea (specialità mediche, formazionedegli insegnanti, professioni legali).■IL DOTTORATO DI RICERCA (DR) – Ha l’obiettivodi fornire le competenze necessarie per esercitare,nelle università, negli enti pubblici e privati,attività di ricerca di alta qualificazione. Vi si accedecon la laurea specialistica oppure con altro titolo di studioconseguito all’estero e ritenuto idoneo. Il riconoscimentodell’idoneità è deliberato dall’università interessata, nelrispetto degli accordi internazionali vigenti.■IL MASTER UNIVERSITARIO – Le universitàpossono attivare corsi di perfezionamento scientificoe di alta formazione permanente e ricorrente,successivi al conseguimento della laurea odella laurea specialistica, alla conclusione <strong>dei</strong> quali sono rilasciatimaster di primo e secondo livello. Il conseguimento delmaster universitario richiede l’acquisizione di almeno 60crediti formativi universitari, oltre a quelli acquisiti per lalaurea o la laurea specialistica che vi danno accesso.■L’ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ: L’ORIENTA-MENTO – La nuova normativa dà grande rilievoall’orientamento degli studenti, che diventa attivitàobbligatoria per le università. L’attivazione diiniziative di orientamento, ritenute tra l’altro criterio di prioritànell’assegnazione <strong>dei</strong> fondi alle università e nell’incentivazione<strong>dei</strong> docenti, è stata promossa da alcuni fondamentaliinterventi normativi, in particolare dal Dm 29 dicembre 2000“Obiettivi della programmazione del sistema universitario peril triennio 2001-2003 e relativa assegnazione di risorse finanziarie”.■LA PREISCRIZIONE ALL’UNIVERSITÀ – Lepreiscrizioni universitarie, rivolte agli studenti chefrequentano l’ultimo anno delle scuole mediesuperiori, sono finalizzate a predisporre efficaciiniziative di orientamento alla scelta del corso di laurea, individuatoin un’area didattico-culturale. Le preiscrizioni, attivatedal 1998 attraverso un modulo telematico disponibile sul sitoweb del Murst, sono un decisivo strumento per una sceltamotivata e ragionata da parte degli studenti e al tempo stessoper un tempestivo adeguamento dell’offerta formativa e<strong>dei</strong> servizi da parte degli atenei. Le preiscrizioni sono previstedal Regolamento recante norme in materia di accessiall’istruzione universitaria (Dm 21 luglio 1997) e sono effettuatesecondo modalità definite con apposito decreto emanatoanno per anno d’intesa con il ministero della PubblicaIstruzione.■LA VERIFICA DELLA PREPARAZIONE DELLEMATRICOLE – Per iscriversi all’università ènecessario essere in possesso, oltre che deldiploma quinquennale di scuola superiore, diun’adeguata preparazione iniziale, coerente con il corso dilaurea scelto. I regolamenti didattici di ateneo definiscono leconoscenze richieste e determinano le modalità di verificadella preparazione degli studenti. Lo prevede il già citato Dm509/99, che all’articolo 6 stabilisce, tra l’altro, che se “la verificanon è positiva vengono indicati specifici obblighi formativiaggiuntivi da soddisfare nel primo anno di corso. Tali obblighiformativi aggiuntivi sono assegnati anche agli studenti<strong>dei</strong> corsi di laurea ad accesso programmato che siano statiammessi ai corsi con una votazione inferiore ad una prefissatavotazione minima”. L’università si assume l’onere di integrare,attraverso specifiche iniziative, le eventuali carenzeriscontrate nella preparazione dello studente. Va sottolineatoche la verifica non coincide con il “numero chiuso”: all’esitonegativo della prova iniziale infatti corrisponde non giàl’esclusione dai corsi, ma l’indicazione vincolante dellanecessità di colmare specifiche lacune.■I CORSI A NUMERO PROGRAMMATO – Lalegge 264/99 “Norme in materia di accessi aicorsi universitari” definisce un organico quadronormativo in tema di accessi ai corsi a numeroprogrammato, consentendo di superare in prospettiva unaspinosa questione che ha dato luogo a un notevole contenziosogiuridico, nel quale è intervenuta anche la Corte Costituzionaleche, con la sentenza del 23 novembre 1998, hariconosciuto la legittimità costituzionale di provvedimenti inmateria di limitazioni degli accessi. Il quadro individuato datale legge prevede la programmazione <strong>dei</strong> corsi a due livelli,rispettivamente nazionale e di ateneo, specificando i corsi ele condizioni per il ricorso a tale misura.■I CREDITI FORMATIVI UNIVERSITARI (CFU) –La principale innovazione nell’impianto didattico<strong>dei</strong> corsi, in coerenza con la scelta adottata insede europea, è il credito formativo universitario(CFU). Si tratta di uno strumento convenzionale di misurazionedel carico di lavoro di uno studente per l’apprendimento,grazie al quale sarà tra l’altro possibile passare da uncorso di studio all’altro vedendo riconosciuti i livelli di formazionee di istruzione acquisiti. Ad un credito corrispondono25 ore di lavoro dello studente, comprensivo di lezioni, seminari,esercitazioni e studio individuale. La quantità media dilavoro di apprendimento svolto in un anno da uno studenteimpegnato a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60crediti, che corrispondono a 1.500 ore. La frazione dell’impegnoorario complessivo riservato allo studio personale o adaltre attività formative di tipo individuale non può essere inferiorealla metà, salvo nel caso in cui siano previste attivitàformative a elevato contenuto sperimentale o pratico.I crediti corrispondenti a ciascuna attività formativa sonoacquisiti dallo studente con il superamento del tradizionaleesame o di altra forma di verifica del profitto. I regolamentididattici di ateneo possono autonomamente prevedereforme di verifica periodica <strong>dei</strong> crediti e predeterminare itempi di acquisizione <strong>dei</strong> crediti da parte degli studenti. ICFU introducono, per la prima volta, criteri comuni diprogrammazione didattica, in quanto fissano, per ciascunodegli insegnamenti cui si riferiscono, la misura dell’impegnoassociata a quella determinata attività formativa. Questoanche per evitare, come spesso si è verificato in passato,l’abnorme “appesantimento” dell’impegno richiesto allostudente in alcune materie.6 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


Il decreto sul collegamento tra laurea specialistica in giornalismoed esame di Stato si inserirà in un quadro normativodella formazione universitaria profondamente rinnovatoI nuovi titoli e i nuovipercorsi formativi■LE CLASSI DELLE LAUREE E DELLELAUREE SPECIALISTICHE – Gli ordinamentididattici non sono più rigidamente definiti a livellocentrale, bensì con un regolamento didatticod’ateneo, nel rispetto di criteri fissati dal Dm 509/99 in viagenerale, dal Dm 4 agosto 2000 per le lauree e dal Dm <strong>28</strong>novembre 2000 per le lauree specialistiche. L’ordinamentodidattico d’ateneo, cioè, determina nel concreto, autonomamente,la denominazione <strong>dei</strong> corsi e gli obiettivi formativi, ilquadro generale delle attività formative da inserire nei curricula,con indicazione <strong>dei</strong> relativi crediti, e le modalità dellaprova finale per il conseguimento del titolo. I criteri generalientro i quali le università esercitano la propria autonomia nonsono indicati per singolo corso, ma per classi di appartenenza,cioè per raggruppamenti di corsi di studio. In pratica: tuttii corsi di laurea o di laurea specialistica istituiti in una determinataclasse dai vari atenei avranno in comune obiettiviformativi qualificanti e attività formative indispensabili, ma sidifferenzieranno da università a università per la denominazione,per gli obiettivi formativi specifici e soprattutto per lascelta dettagliata delle attività formative richieste agli studentie del relativo carico di lavoro espresso in crediti, ovviamentenel rispetto <strong>dei</strong> valori minimi fissati dal decreto.Le 42 classi di laurea e le 104 di laurea specialistica definitenegli allegati ai decreti, insieme ai crediti, sono il fondamentodell’ampia flessibilità del sistema, che permetterà alle universitàdi differenziare l’offerta formativa e quindi di risponderepiù adeguatamente alle necessità provenienti dalla cultura,dal mondo del lavoro, dalla ricerca, dalla domanda stessadegli studenti.■I NUOVI SETTORI DISCIPLINARI – Scompare ilrigido elenco delle migliaia di discipline codificateper garantire la piena flessibilità della struttura<strong>dei</strong> curricula. Il nuovo assetto, definito dal Dm 4ottobre 2000, individua 14 aree, ciascuna delle quali articolatain settori scientifico-disciplinari, per un totale di 370.Ciascun settore è individuato da una denominazione e dauna declaratoria del contenuto. Si tratta di contenitori-corniceche costituiscono un riferimento, non una costrizione: gliinsegnamenti saranno infatti definiti dai docenti e dai corsi distudio all’interno <strong>dei</strong> settori individuati e in coerenza con lerelative declaratorie. Queste le aree e, tra parentesi, il relativonumero <strong>dei</strong> settori scientifico-disciplinari: Area 01 Scienzematematiche e informatiche (10); Area 02 Scienze fisiche (8);Area 03 Scienze chimiche (12); Area 04 Scienze della Terra(12); Area 05 Scienze biologiche (19 Area 06 Scienze mediche(50); Area 07 Scienze agrarie e veterinarie (30); Area 08Ingegneria civile e Architettura (22); Area 09 Ingegneria industrialee dell’informazione (42); Area 19 Scienze dell’antichità,filologico-letterarie e storico-artistiche (77); Area 11Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche(34); Area 12 Scienze giuridiche (21); Area 13 Scienzeeconomiche e statistiche (19); Area 14 Scienze politiche esociali (14).■L’AUTONOMIA DIDATTICA DEGLI ATENEI –Le università avranno ampia autonomia nell’organizzarei curricula di studi, definendo gli obiettiviformativi specifici e i contenuti culturali eprofessionali di ciascun corso, all’interno di una cornice definitadai decreti ministeriali. Alla prova <strong>dei</strong> fatti sarà evidente atutti che, nonostante il Murst abbia assegnato circa il 66 percento di crediti formativi a determinate attività formative,descritte da insiemi di settori scientifico-disciplinari culturalmentee professionalmente affini, gli atenei sono vincolati inuna percentuale molto più bassa in quanto sono loro ascegliere quali insegnamenti effettivamente attivare. L’unicovincolo è rappresentato dagli obiettivi formativi qualificanti.■IL VALORE DELLE VECCHIE LAUREE — Glistudenti che conseguono o conseguiranno gliattuali titoli (lauree di quattro-cinque-sei anni)conservano tutte le prerogative e tutti i dirittiprevisti dalla normativa vigente. Ancor più nei nuovi regolamentiper l’accesso agli Ordini professionali attraverso l’appositoesame di Stato le attuali lauree sono equiparate allenuove lauree specialistiche. Lo stesso vale, per un periodotransitorio quantificabile in un decennio, per l’accesso aicorsi di dottorato di ricerca. È ovvio comunque che a partiredall’anno accademico 2001-<strong>2002</strong> gli attuali corsi dilaurea e di diploma universitario (DU) dovranno esseregradualmente disattivati, consentendo in ogni caso aglistudenti già iscritti il diritto di scegliere se concludere glistudi con il vecchio ordinamento oppure optare per i nuovicorsi. In questo caso le università riformulano in termini dicrediti il curriculum degli studenti già iscritti. Sono valutati increditi anche gli studi compiuti per il conseguimento delvecchio diploma universitario e <strong>dei</strong> diplomi delle Scuoledirette a fini speciali.ORDINE 6 <strong>2002</strong>■L’ACCESSO ALLE QUALIFICHE DIRIGENZIA-LI DEL PUBBLICO IMPIEGO – Le lauree (triennali)consentiranno l’accesso ai ruoli della excarriera direttiva delle pubbliche amministrazioni,mentre i laureati e i laureandi attuali mantengono tutte leprerogative riconosciute dalle norme vigenti. Dando rispostaalla specifica richiesta del ministero dell’Università e dellaRicerca scientifica e tecnologica, il ministro della Funzionepubblica, Bassanini, ha stabilito con una circolare la valenza<strong>dei</strong> nuovi titoli ai fini dell’accesso alle qualifiche dirigenziali enon dirigenziali nel pubblico impiego. La circolare n. 6350/4.7del 27 dicembre 2000 è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.6 del 9 gennaio 2001.■L’ACCESSO AGLI ORDINI E AI COLLEGIPROFESSIONALI – Con un Regolamento attuativodella legge 4/99, approvato dal Consiglio <strong>dei</strong>ministri il 24 maggio 2001, vengono introdottesostanziali modifiche alla disciplina per l’accesso agli ordiniprofessionali. Il Regolamento (Dpr 5 giugno 2001 n. 3<strong>28</strong>pubblicato in G.U. n. 190 del 17 agosto 2001) comprende leattuali professioni di dottore agronomo e dottore forestale,architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico,geologo, ingegnere, psicologo e infine le professioni di agrotecnico,geometra, perito agrario e perito industriale. Essoprevede l’articolazione degli albi professionali in due sezioni(che individuano i diversi ambiti professionali attribuiti rispettivamenteai laureati e ai laureati specialisti, in ragione quindidella diversa gradazione di capacità e competenza) e, per leprofessioni di dottore agronomo e dottore forestale, architettoe ingegnere, anche in settori (articolazione delle sezionicui corrispondono percorsi formativi diversi e ambiti di attivitàprofessionali circoscritti e individuati). Restano immutate ledenominazioni di quasi tutte le attuali professioni cui si accederàcon la laurea specialistica, mentre i laureati triennali sichiameranno ‘iunior’, come proposto dall’Accademia dellaCrusca.Dopo le proteste di alcuni Ordini (in particolare sullecompetenze attribuite agli iscritti nelle due sezioni e sulladenominazione “iunior”) è stato attivato nelle scorse settimaneun “tavolo congiunto” ministero dell’Istruzione, dell’Universitàe della Ricerca e ministero della Giustizia per rivederela normativa approvata dal precedente Governo. Inquesta sede sarà riesaminato anche un secondo Regolamento,che era stato bloccato dalla Corte <strong>dei</strong> Conti, riguardantele professioni di commercialista, ragioniere e peritocommerciale. I tecnici <strong>dei</strong> due ministeri, dopo il parere delConsiglio di Stato, dovranno ora occuparsi anche del collegamentotra laurea specialistica in giornalismo ed esame diStato, oltre che dell’accesso alla professione in base ainuovi titoli degli statistici, <strong>dei</strong> consulenti del lavoro e <strong>dei</strong>tecnologi alimentari.Dm 4 agosto 2000. Determinazionedelle classi delle lauree universitarie(Registrato alla Corte <strong>dei</strong> Conti il 18 settembre 2000, registro n. 1, foglio n. 157-pubblicato in S.O. n.170 G.U. del 19/10/2000 n.245)Il ministro dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologicaVISTA la legge 9 maggio 1989, n. 168;VISTO l’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997,n. 127 e successive modificazioni ed integrazioni;VISTO l’articolo 11, commi 1 e 2, della legge 19 novembre1990, n. 341;VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio1998, n. 25;VISTA la legge 19 ottobre 1999, n. 370 ed in particolare l’articolo6, comma 6;VISTO il decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509(pubblicato nella G.U. n. 2 del 4 gennaio 2000) ed in particolaregli articoli 3, 4, 5 e 10;VISTO il decreto ministeriale 23 dicembre 1999 concernentela rideterminazione <strong>dei</strong> settori scientifico-disciplinari (pubblicatonella G.U. n. 3 del 5 gennaio 2000), e successiva rettifica(pubblicata nella G.U. n. 15 del 20 gennaio 2000);VISTO il parere del Consiglio Universitario Nazionale (CUN),reso nell’adunanza dell’8 giugno 2000;VISTO il parere del Consiglio Nazionale degli StudentiUniversitari (CNSU), reso nell’adunanza plenaria del 23giugno 2000;VISTI i pareri della VII Commissione permanente del Senatodella Repubblica e della VII Commissione permanente dellaCamera <strong>dei</strong> deputati, resi rispettivamente il 20 luglio 2000 eil 27 luglio 2000;CONSIDERATO che con la dichiarazione solennementesottoscritta a Bologna il 19 giugno 1999 dall’Italia e da altriventotto Paesi si è convenuto di adottare:a) “un sistema di titoli di semplice leggibilità e comparabilità…al fine di favorire la immediata idoneità all’impiego <strong>dei</strong>cittadini europei e la competitività internazionale del sistemaeuropeo dell’istruzione superiore”;b) “un sistema fondato su due cicli principali, rispettivamentedi primo e secondo livello” in sequenzialità tra di loro;CONSIDERATO che la dichiarazione di Bologna indica nelconsolidamento di un sistema di crediti didattici - sul modellodel Sistema Europeo di Trasferimento <strong>dei</strong> Crediti Accademici(ECTS) di cui alla decisione del Consiglio della Comunitàeuropea 87/377 del 15 giugno 1987 - acquisibili anche incontesti diversi, lo strumento atto ad assicurare la più ampiae diffusa mobilità degli studenti e la flessibilità e integrazione<strong>dei</strong> curricula;CONSIDERATO che, solo a condizione di una piena attuazionedi tali principi da parte <strong>dei</strong> Paesi europei, può determinarsil’effettivo sviluppo di uno spazio europeo della cultura edella conoscenza, conferendo ai cittadini le competenzenecessarie per affrontare le sfide emergenti, insieme allaconsapevolezza <strong>dei</strong> valori condivisi e della appartenenza aduno spazio sociale e culturale comune;CONSIDERATO che la creazione di una Europa della Conoscenzaè ormai diffusamente riconosciuta come insostituibilefattore di crescita economica, sociale ed umana, e comeelemento indispensabile per consolidare ed arricchire la cittadinanzaeuropea;CONSIDERATO che l’Università in tutte le sue articolazionideve assicurare la elaborazione e trasmissione di un saperecritico alimentato dall’incessante impegno nella attività diricerca scientifica;CONSIDERATA la inderogabile necessità di dare piena edintegrale attuazione all’art. 33 della Costituzione, riconoscendoa ciascun ateneo la libertà di definire flessibilmente gliordinamenti didattici anche per assicurare un più proficuorapporto con la società ed il sistema produttivo;CONSIDERATO che, in attuazione dell’impegno assunto inambito europeo, il primo ciclo è stato individuato dal decretoministeriale 3 novembre 1999, n. 509 nel corso di laurea didurata triennale;CONSIDERATO che tale corso di laurea “ha l’obiettivo diassicurare allo studente un’adeguata padronanza di metodie contenuti scientifici generali nonché la acquisizione dispecifiche conoscenze professionali”, secondo il dispostodell’art. 3, comma 4, del citato decreto ministeriale 3 novembre1999, n. 509;CONSIDERATA la necessità di ispirare la organizzazionedidattica a criteri di coordinamento e collegialità nella attribuzione<strong>dei</strong> crediti, nel dimensionamento del carico di attivitàdegli studenti e nella definizione delle modalità di verificadella loro preparazione, anche per garantire effettiva coerenzatra durata programmata e durata effettiva <strong>dei</strong> corsi distudio;7


Svolta storica:giornalistisolo per viauniversitariaCONSIDERATA la necessità di disporre di figure professionaliadeguate sul piano quantitativo e qualitativo per le attivitàdi ricerca sviluppo e innovazione tecnologica, in coerenzacon le indicazioni contenute nelle Linee Guida delProgramma Nazionale della ricerca 2001-2003 recepite dalC.I.P.E. nella seduta del 25 maggio 2000 (deliberazione n.51/2000, pubblicata nella G.U. n. 172 del 25 luglio 2000);CONSIDERATA la necessità di garantire un ampio ventagliodi offerta formativa, anche per assicurare pieno riconoscimentoai nuovi saperi prodotti dall’evoluzione delle conoscenzescientifiche;RITENUTO di accogliere le proposte condizionanti concordementeavanzate dalle competenti commissioni parlamentari,così specificate: a) che siano conservate le denominazionidelle classi proposte nello schema di decreto ministeriale;b) che sia individuata la classe di scienze turistiche; c)che sia confermata la distinzione fra la classe di scienze <strong>dei</strong>beni culturali e quella delle tecnologie per la conservazione eper il restauro <strong>dei</strong> beni culturali; d) che nella denominazionedella classe 34 si aggiunga, prima dell’aggettivo psicologiche,il sostantivo “tecniche”; e) che la classe di scienze socialiper la cooperazione e lo sviluppo assuma la denominazionedi scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e lapace;RITENUTO di accogliere le convergenti richieste, avanzatedal CUN e dal CNSU, di più puntuale ed esplicita definizionedegli obiettivi formativi e delle finalizzazioni professionali perciascuna classe;RAVVISATA altresì l’esigenza di sottoporre le attività formativeall’interno di ciascuna classe ad un attento monitoraggioal fine di assicurare, ove necessario, maggiore coerenza congli obiettivi e le finalizzazioni di ciascuna classe medesima;RITENUTO che tra le finalizzazioni professionali sia opportunonon menzionare l’attività di docenza, dovendo essere larelativa materia definita in altra sede;DECRETAArticolo 11. Il presente decreto definisce, ai sensi dell’articolo 4del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, le classi<strong>dei</strong> corsi di laurea di cui agli allegati da 1 a 42.2. Le università, nell’osservanza dell’articolo 9 del predettodecreto ministeriale, procedono all’istituzione <strong>dei</strong> corsi dilaurea individuando le classi di appartenenza.3. Le università adeguano gli ordinamenti didattici alle disposizionidel decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 edel presente decreto entro 18 mesi dalla data di pubblicazionedi quest’ultimo nella Gazzetta Ufficiale.Articolo 21. I corsi di laurea si svolgono nelle facoltà.2. Ferme restando le norme di cui al decreto del Presidentedella Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25, singoli corsi dilaurea possono essere realizzati con il concorso di più facoltàdella stessa università sulla base di specifiche norme delregolamento didattico di ateneo, che ne disciplinano il funzionamento.Articolo 31. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamentodidattico del corso di studio, l’elenco degli insegnamentie delle altre attività formative di cui all’art. 12, comma2, del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, secondocriteri di stretta funzionalità con gli obiettivi formativi specificidel corso.2. I regolamenti didattici di ateneo determinano i casi in cui,per i corsi di laurea delle classi linguistiche, la prova finale èsostenuta in lingua straniera.Articolo 41. Per ogni corso di laurea i regolamenti didattici di ateneodeterminano i crediti assegnati a ciascuna attività formativa,indicando, limitatamente a quelle previste nelle lettere a), b),c) dell’articolo 10, comma 1, del decreto ministeriale 3novembre 1999, n. 509, il settore o i settori scientifico-disciplinaridi riferimento e il relativo ambito disciplinare, in conformitàagli allegati al presente decreto.2. I regolamenti didattici di ateneo stabiliscono il numero dicrediti da assegnare ai settori scientifico-disciplinari ricompresiin ambiti disciplinari per i quali il numero stesso non siaspecificato nell’allegato.3. Limitatamente alle attività formative caratterizzanti, qualoranegli allegati siano indicati più di tre ambiti disciplinari perciascuno <strong>dei</strong> quali non sia stato specificato il numero minimo<strong>dei</strong> relativi crediti, i regolamenti didattici di ateneo individuanoper ciascun corso di studio i settori scientifico-disciplinariafferenti ad almeno tre ambiti, funzionali alla specificità delcorso stesso, ai quali riservare un numero adeguato di crediti.I regolamenti didattici possono disporre l’impiego, tra leattività affini o integrative, degli ambiti formativi caratterizzantinon utilizzati, assicurando comunque il rispetto <strong>dei</strong> criteri dicui al predetto articolo 10, comma 1, lettera c).Articolo 51. Ai fini delle disposizioni di cui all’articolo 3, commi 4 e 5, earticolo 9, commi 3 e 4, del decreto ministeriale 3 novembre1999, n. 509, i regolamenti didattici di ateneo prevedono, individuatii relativi crediti mancanti entro i limiti fissati nei regolamentimedesimi, l’eventuale integrazione <strong>dei</strong> curricula. L’integrazioneè consentita anche successivamente al conseguimentodel titolo di laurea. Ai sensi dell’articolo 11, comma 7,lett. d) del predetto decreto ministeriale, l’acquisizione <strong>dei</strong>crediti mancanti è accertata nelle forme previste dagli stessiregolamenti didattici.Articolo 61. In prima applicazione del presente decreto, i crediti formativiuniversitari <strong>dei</strong> corsi di laurea corrispondono a 25 ore dilavoro per studente.OBIETTIVI FORMATIVIQUALIFICANTII laureati nei corsi di laurea della classedevono:• possedere competenze di base eabilità specifiche nei settori <strong>dei</strong> mezzidi comunicazione ed essere in gradodi svolgere compiti professionali neidiversi apparati delle industrie culturali(editoria, cinema, teatro, radio,televisione, nuovi media) e nel settore<strong>dei</strong> consumi;• possedere le competenze relativealle nuove tecnologie della comunicazionee dell’informazione, nonchéle abilità necessarie allo svolgimentodi attività di comunicazione e relazionipubbliche di aziende private, dellapubblica amministrazione e <strong>dei</strong> beniculturali;• possedere specifiche conoscenzerelative alle politiche operative dellacomunicazione e dell’informazione,anche sotto il profilo istituzionale, inrelazione ai cambiamenti in unapluralità di settori sia interni, sia internazionali;• possedere le abilità necessarie perattività redazionali e funzioni giornalistiche,anche nel settore dell’audiovisivo;• essere in grado di utilizzare, in formascritta e orale, due lingue straniere(di cui almeno una dell’Unione Europea)nell’ambito specifico di competenzae per lo scambio di informazionigenerali, nonché acquisire leabilità e le conoscenze per l’uso efficacedella lingua italiana;• possedere le abilità di base necessariealla produzione di testi per l’industriaculturale (sceneggiature,soggetti, story-board per la pubblicità,video, audiovisivi).I laureati della classe svolgeranno attivitàprofessionali nelle organizzazionipubbliche e private, nazionali e internazionali,in qualità di addetti stampa,comunicatori pubblici, esperti digestione di aziende editoriali, espertimultimediali, esperti di istruzione adistanza, pubblicitari, etc.Ai fini indicati i curricula <strong>dei</strong> corsi dilaurea della classe:Articolo 71. Le università rilasciano, ai sensi dell’articolo 3, comma 1,lettera a), del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n.. 509,i titoli di laurea con la denominazione della classe di appartenenzae del corso di laurea, assicurando che la denominazionedi quest’ultimo corrisponda agli obiettivi formativi specificidel corso stesso.Articolo 81. Le università assicurano la conclusione <strong>dei</strong> corsi di studio eil rilascio <strong>dei</strong> relativi titoli, secondo gli ordinamenti didatticivigenti, agli studenti già iscritti ai corsi alla data di entrata invigore <strong>dei</strong> nuovi ordinamenti didattici e disciplinano altresì lafacoltà per i medesimi studenti di optare per l’iscrizione aicorsi di laurea di cui al presente decreto. Ai fini dell’opzione leuniversità valutano in termini di crediti formativi universitari leattività formative previste dagli ordinamenti didattici vigenti.Il presente decreto sarà inviato ai competenti organi dicontrollo e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica Italiana.Roma, 4 agosto 2000IL MINISTROf.to Ortensio Zecchino14A CLASSE DELLE LAUREE IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONEDm <strong>28</strong> novembre 2000.Lauree specialistiche biennali(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 gennaio 2001).Articolo 11. Il presente decreto definisce, ai sensi dell’articolo 4 deldecreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, le classi <strong>dei</strong>corsi di laurea specialistica di cui agli allegati da 1 a 104.2. Le università procedono all’istituzione <strong>dei</strong> corsi di laureaspecialistica individuando le classi di appartenenza ai sensidell’articolo 9 del predetto decreto ministeriale.3. I regolamenti didattici di ateneo, disciplinanti gli ordinamentididattici <strong>dei</strong> corsi di studio, sono redatti in conformitàalle disposizioni del citato decreto ministeriale e del presentedecreto entro 18 mesi dalla data di pubblicazione di quest’ultimonella Gazzetta Ufficiale.Articolo 21. I corsi di laurea specialistica si svolgono nelle facoltà.2. Ferme restando le norme di cui al decreto del Presidentedella Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25, singoli corsi dilaurea specialistica possono essere realizzati con il concorsodi più facoltà della stessa università, sulla base di specifichenorme del regolamento didattico di ateneo che ne disciplinanoil funzionamento, nonché con il concorso di più atenei, aisensi dell’articolo 3, comma 9, del decreto ministeriale 3novembre 1999, n. 509.• comprendono attività dedicate all’acquisizionedelle conoscenze fondamentalinei vari campi delle scienzedella comunicazione e dell’informazione,nonché di metodi propri della ricercasui media, sui pubblici e sulle dinamichedi fruizione e consumo;• comprendono attività di laboratorio e,in relazione a obiettivi specifici, l’obbligodi attività esterne, quali tirociniformativi presso aziende e laboratori,stages e soggiorni anche pressoaltre Università, italiane e straniere,nel quadro di accordi nazionali einternazionali;• possono prevedere attività di tirocinioin strutture di formazione al giornalismoconvenzionate con l’<strong>Ordine</strong>nazionale <strong>dei</strong> giornalisti.Il tempo riservato allo studio personaleo ad altre attività formative di tipoindividuale è pari almeno al 60 percento dell’impegno orario complessivo,con possibilità di percentuali minoriper singole attività formative adelevato contenuto sperimentale opratico.Articolo 31. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamentodidattico del corso di studio, l’elenco degli insegnamentie delle altre attività formative di cui all’articolo 12,comma 2, del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509,secondo criteri di stretta funzionalità con gli obiettivi formativispecifici del corso.2. I regolamenti didattici di ateneo determinano i casi in cui,per i corsi di laurea specialistica delle classi linguistiche, latesi è redatta in lingua straniera.Articolo 41. Per ogni corso di laurea specialistica i regolamenti didatticidi ateneo determinano i crediti assegnati a ciascuna attivitàformativa, indicando, limitatamente a quelle previste nellelettere a), b), c) dell’articolo 10, comma 1, del decreto ministeriale3 novembre 1999, n. 509, il settore o i settori scientifico-disciplinaridi riferimento e il relativo ambito disciplinare,in conformità agli allegati al presente decreto.2. I regolamenti didattici di ateneo stabiliscono il numero dicrediti da assegnare a settori scientifico-disciplinari ricompresiin ambiti disciplinari per i quali il numero stesso non siaspecificato nell’allegato.8 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


3. Limitatamente alle attività formative caratterizzanti, qualoranegli allegati siano indicati più di tre ambiti disciplinari perciascuno <strong>dei</strong> quali non sia stato specificato il numero minimo<strong>dei</strong> relativi crediti, i regolamenti didattici di ateneo individuanoper ciascun corso di studio i settori scientifico-disciplinariafferenti ad almeno tre ambiti, funzionali alla specificità delcorso stesso, ai quali riservare un numero adeguato di crediti.I regolamenti didattici possono disporre l’impiego, tra leattività affini o integrative, degli ambiti disciplinari caratterizzantinon utilizzati, assicurando comunque il rispetto <strong>dei</strong> criteridi cui al predetto articolo 10, comma 1, lettera c).Articolo 51. I regolamenti didattici <strong>dei</strong> corsi di studio di laurea specialisticafissano i requisiti curricolari che devono essere possedutiper l’ammissione a ciascun corso di laurea specialistica,ai sensi degli articoli 6, comma 2; 9, comma 3; 12, comma 2,lettera c), del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509.Eventuali integrazioni curricolari devono essere realizzateprima della verifica della preparazione individuale di cui alseguente comma 2.2. Il regolamento didattico di ateneo fissa le modalità di verificadella adeguatezza della personale preparazione ai finidell’ammissione al corso di laurea specialistica, ai sensi degliarticoli 6, comma 2; 11, comma 7, lettera e), del predettodecreto ministeriale.OBIETTIVI FORMATIVIQUALIFICANTII laureati nei corsi di laurea specialisticadella classe devono:• possedere competenze idonee allavoro redazionale, anche attraversol’uso di nuove tecnologie informatiche,compresi quelli necessari acogliere gli spessori della differenzadi genere;• possedere strumenti metodologiciidonei all’analisi sociale ai fini dellavoro giornalistico o editoriale;• possedere abilità di scrittura giornalistica,anche per i nuovi media;• possedere le competenze idoneealla realizzazione di prodotti multimedialie ipertestuali;• possedere le competenze necessarieall’uso delle nuove tecnologiedella comunicazione in funzionedelle necessità gestionali ed organizzativedi imprese editoriali e multimediali;• possedere conoscenze approfonditedel sistema dell’informazione in Italiae in Europa;• essere in grado di utilizzare fluentemente,in forma scritta e orale, almenouna lingua dell’Unione Europeaoltre l’italiano, con riferimento ancheai lessici disciplinari.I laureati specialisti potranno svolgerefunzioni di elevata responsabilità,organizzative e gestionali nei diversicomparti delle redazioni giornalistiche,anche telematiche, o delle impreseeditoriali, sia tradizionali che multimedialie online.Ai fini indicati, i curricula <strong>dei</strong> corsi dilaurea specialistica della classe:• comprendono attività dedicate all’approfondimentodelle conoscenzefondamentali nei vari campi dellescienze della comunicazione edell’informazione, nonché l’applicazionedi metodi propri del lavoro discrittura giornalistica, di gestionedelle informazioni, di realizzazioni diforme testuali e ipertestuali;• prevedono attività di tirocinio estage presso aziende pubbliche eprivate dell’Unione Europea, testategiornalistiche, imprese editoriali,anche sotto la guida di giornalistiprofessionisti o dirigenti ed editorsdi imprese editoriali, oltre a soggiornodi studio presso università italianee straniere.I regolamenti didattici di ateneo determinano,con riferimento all’art. 5,comma 3, del decreto ministeriale 3novembre 1999, n. 509, la frazionedell’impegno orario complessivo riservatoallo studio o alle altre attivitàformative di tipo individuale in funzionedegli obiettivi specifici della formazioneavanzata e dello svolgimento diattività formative ad elevato contenutosperimentale o pratico.ATTIVITÀ FORMATIVEINDISPENSABILIAttività formative di base:Discipline economiche e sociologiche:Economia aziendale - Economia egestione delle imprese - Sociologiagenerale - Sociologia <strong>dei</strong> processiculturali e comunicativi.Discipline informatiche e del linguaggio:Informatica - Sistemi di elaborazionedelle informazioni - Linguisticaitaliana - Critica letteraria e letteraturecomparate - Glottologia e linguistica -Lingua e traduzione - Lingua francese- Lingua e traduzione - Lingua spagnola- Lingua e traduzione - lingueportoghese e brasiliana - Lingua etraduzione - Lingua inglese - Lingua etraduzione - Lingua tedesca - Filosofiae teoria <strong>dei</strong> Linguaggi.ATTIVITÀ FORMATIVECARATTERIZZANTIDiscipline storiche, politologiche egeografiche: Storia <strong>dei</strong> paesi islamici -Storia dell’Asia orientale e sud-orientale- Discipline demoetnoantropologiche- Geografia - Geografia economico-politica- Storia moderna - Storiacontemporanea - Storia della scienzae delle tecniche - Storia delle religioni- Storia del cristianesimo e delle chiese- Archivistica, bibliografia e biblioteconomia- Politica economica - Scienzapolitica.Articolo 61. I crediti formativi universitari <strong>dei</strong> corsi di laurea specialisticacorrispondono a 25 ore di lavoro per studente.Articolo 71. Le università rilasciano i titoli di laurea specialistica con ladenominazione della classe di appartenenza e del corso dilaurea specialistica, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, letterab), del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, assicurandoche la denominazione di quest’ultimo corrisponda agliobiettivi formativi specifici del corso stesso.2. I regolamenti didattici di ateneo e i regolamenti <strong>dei</strong> corsi distudio non possono prevedere denominazioni <strong>dei</strong> corsi distudio e <strong>dei</strong> relativi titoli che facciano riferimento a curricula,indirizzi, orientamenti o ad altre articolazioni interne <strong>dei</strong>medesimi corsi.Articolo 81. Le università assicurano la conclusione <strong>dei</strong> corsi di studio e ilrilascio <strong>dei</strong> relativi titoli, secondo gli ordinamenti didattici vigenti,agli studenti già iscritti ai corsi alla data di entrata in vigore <strong>dei</strong>nuovi ordinamenti didattici e disciplinano altresì la facoltà per imedesimi studenti di optare per l’iscrizione ai corsi di laureaspecialistica di cui al presente decreto. Ai fini dell’opzione leuniversità valutano in termini di crediti formativi universitari leattività formative previste dagli ordinamenti didattici vigenti.13/S - CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE INEDITORIA, COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE E GIORNALISMODiscipline delle arti e dello spettacolo:Storia dell’arte moderna - Storiadell’arte contemporanea - Cinema,fotografia e televisione - Musicologia estoria della musica - Etnomusicologia.Discipline economiche e sociologiche:Economia politica - Organizzazioneaziendale - Sociologia <strong>dei</strong> processiculturali e comunicativi.Discipline della rappresentazione:Disegno industriale - Disegno - Informatica- Sistemi di elaborazione delleinformazioni.Attività formative affinio integrative:Discipline della letteratura italiana:Letteratura italiana - Letteratura italianacontemporaneaDiscipline filosofiche, politiche e giuridiche:Diritto privato - Istituzioni di dirittopubblico - Diritto dell’Unione Europea- Logica e filosofia della scienza -Storia delle dottrine politiche - Storiadelle istituzioni politiche - Sociologia<strong>dei</strong> fenomeni politici.Discipline psico-sociali: Psicologiagenerale - Psicologia sociale - Psicologiadel lavoro e delle organizzazioni- Psicologia dinamica - Economiaapplicata - Sociologia <strong>dei</strong> processieconomici e del lavoro.Attività formative Tot.CFU* 138*A scelta dello studente 15Per la prova finale 25Altre (art. 10, comma 1, lett. f)Ulteriori conoscenze linguistiche,abilità informatiche e relazionali,tirocini, etc. 20TOTALE 198*CFU = Crediti formativi universitari*(50 crediti dalle attività formative dibase; 46 dalle attività caratterizzanti;42 dalle attività affini e integrative)Libriconsigliatiper l’esamedi giornalista1. Franco Abruzzo, Codice dell’informazione,III edizione ottobre 2001, due volumi,2.176 pagine, euro 82,63, Centro di Documentazione<strong>Giornalisti</strong>ca (00186 Roma -Piazza di Pietra 26 - tel. 06/67.914.96 - 06/67.981.48 - Fax 06/67.974.92). Il manuale èdisponibile presso le librerie giuridiche oppurepuò essere chiesto direttamente all’editore.Il distributore è “Pecorini rappresentanzeeditoriali” (Foro Bonaparte n. 48, Milano,telef. 02-86460660).La Costituzione della Repubblica, la libertàdi informazione e di critica, l’ordinamentodella professione giornalistica - L’eticaprofessionale <strong>dei</strong> giornalisti e il Codice dideontologia sulla privacy - Il contratto nazionaledi lavoro giornalistico e il sistema previdenziale- Le norme sul sistema radiotelevisivopubblico e privato - Il diritto d’autore - Lenorme amministrative e penali concernentila stampa - Le testate online - Gli uffici stampanelle pubbliche amministrazioni - La storiadel giornalismo italiano e la storia delle leggisulla professione - L’accesso alla professione- Gli statuti, i trattati e le convenzioni internazionali- Settecento quesiti sul mondodell’informazione(Corredano il volume: il Massimario deontologicodella professione giornalistica; unaRicerca sui “Doveri del giornalista connessiall’esercizio del diritto di cronaca e di critica”;una ricerca su Giornalismo e Convenzioneeuropea <strong>dei</strong> diritti dell’uomo; una Ricercasulla giurisprudenza del lavoro giornalistico;una Rassegna delle regole fissate dall’Ufficiodel Garante su cronaca e privacy; unostudio del Cnlg 2001-2005 e una analisidella legge 150/2000 sugli Uffici stampa e gliUrp nelle pubbliche amministrazioni)L’aggiornamento del manuale è pubblicatonel sito www.odg.mi.it (Dispensa telematicaper l’esame di giornalista -http://www.odg.mi.it/corso/sommario.htm).2. Barile Paolo - Cheli Enzo - Grassi Stefano,Istituzioni di diritto pubblico, Cedam<strong>2002</strong>, pp. XXII-446, prezzo 25,00.CONTENUTO: Alla luce delle grandi trasformazionisubite, nel corso degli ultimi anni, dalnostro diritto pubblico e dalle esigenze delladidattica poste dalla recente riforma universitariaviene proposta questa nuova edizione,più compatta ed aggiornata. In appendice,oltre al testo aggiornato della Costituzione,sono proposte alcune tabelle riassuntivedelle vicende degli organi costituzionali eduna nota per la guida alla ricerca bibliografica.INDICE: Parte prima: Concetti generali ecenni alle più recenti vicende delle istituzioniitaliane ed europee. — I: Concetti generali.— II: Cenni alle recenti vicende delle istituzioniitaliane. — III: Cenni sull’ordinamentocomunitario. — Parte seconda: Lo Statoapparato.— I: I soggetti pubblici. — II: Lefunzioni pubbliche. — III: Gli atti pubblici e ilprocedimento. — Parte terza: Lo Statocomunità.— I: Le autonomie in generale. —II: Le autonomie politiche. — III: Le autonomieterritoriali. — IV: Le autonomie degli entipubblici. — V: Le autonomie <strong>dei</strong> privati. — LaCostituzione italiana nel testo vigente. —Leggi costituzionali e di revisione costituzionaledal 1948 al 2001. — Legislature egoverni dal 1943 al 2001. — I Presidentidella Repubblica. — Presidenti, Vicepresidentie Giudici della Corte Costituzionale. —I referendum abrogativi (ex art. 75 Cost.).3. Stefano Rodotà, Libertà e diritti in Italiadall’Unità ai giorni nostri, Donzelli 19974. Paolo Murialdi, Storia del giornalismoitaliano, Il Mulino, Bologna 2000, euro 16,535. Omar Calabrese e Ugo Volli, I telegiornali(istruzioni per l’uso), Laterza, Bari-Roma20016. Enrico Menduni, Il mondo della radio(dal transistor a Internet), il Mulino, Bologna20017. Massimo Olmi, I giornali degli altri (storiacontemporanea del giornalismo inglese,francese, tedesco ed americano), Bulzonieditore, Roma 1994, euro <strong>28</strong>,418. Maria Migliazza, Il diritto all’informazionenell’Unione europea, Giuffrè <strong>2002</strong>, p.VIII-256, euro 14,509. Alberto Papuzzi, Professione giornalista,Donzelli Editore, Roma 1998, euro 20,6610. Angelo Crespi, Stefano Mura e CeciliaSantini, La professione giornalistica inEuropa, Isu Università cattolica, Milano2001, euro 16,0111. AA.VV., Il libro <strong>dei</strong> fatti <strong>2002</strong>, AdnkronosLibri <strong>2002</strong>, euro 8,26ORDINE 6 <strong>2002</strong>9


D E O N T O L O G I ARoma, 30 aprile <strong>2002</strong> - In caso di pubblicità occulta, ingannevole in quanto non chiaramentericonoscibile come pubblicità e quindi idonea ad essere scambiata dai lettori per informazione,è legittimo richiedere la pubblicazione di una dichiarazione rettificativa, come stabilitodall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Lo ha chiarito il Tar del Lazio (sentenza2638/<strong>2002</strong>), chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato da una società editoriale, la RcsEditori, contro un provvedimento dell’Antitrust, per l’annullamento della decisione con la qualel’Autorità aveva ritenuto pubblicità ingannevole alcuni inserti redazionali. Secondo i giudici delTar del Lazio, la dichiarazione rettificativa non ha carattere di sanzione, ma serve ad evitareche il messaggio pubblicitario continui a produrre i suoi effetti e a pregiudicare il comportamentoeconomico <strong>dei</strong> consumatori.Se la pubblicità è occil Tar del Lazio condaTribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I,sentenza n.2638/<strong>2002</strong>REPUBBLICA ITALIANA, IN NOME DEL POPOLO ITALIA-NO, IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLAZIO (Sezione Prima), composto dai signori Corrado Calabrò,presidente; Alberto Novarese, cons. relatore, e GermanaPanzironi consigliere, ha pronunciato la seguenteSENTENZA sul ricorso n. 15/96 proposto da RCS EDITORISpa in persona del legale rappresentante, in giudizio rappresentatae difesa dagli avv.ti Maurizio Fusi, Paolina Testa eCesare Persichelli elettivamente domiciliata presso lo studiodi quest’ultimo in Roma, via Giovanni Oslavia n.12,C O N T R O l’Autorità garante della concorrenza e delmercato, in persona del legale rappresentante p.t., in giudiziorappresentata e difesa dall’Avvocatura generale delloStato e domiciliata presso la stessa in Roma via <strong>dei</strong> Portoghesi;nei confronti di Roberto La Pira, Divisione Morris profumi -Henkel spa, Gruppo La Perla spa, Medestea Internazionalesrl, Estee Lauder srl;per l’annullamento della decisione dell’Autorità garante dellaconcorrenza e del mercato in data 9 novembre 1995 con laquale l’Autorità ha ritenuto costituire una fattispecie di pubblicitàingannevole gli inserti redazionali comparsi a pag. 106del periodico Oggi del <strong>28</strong>.6.1995;Visto il ricorso con i relativi allegati;Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garantedella concorrenza e del mercato;Visti gli atti tutti della causa;Uditi alla pubblica udienza del 30 gennaio <strong>2002</strong> - relatore ilconsigliere Alberto Novarese - gli avv.ti A. Lauteri su delegaavv. C. Persichelli e F. Sclafani;FATTOCon delibera 9 novembre 1995 l’Autorità garante dellaconcorrenza e del mercato ha ritenuto che gli inserti pubblicatia pag. 106 del periodico Oggi n. 26/95 costituivanopubblicità ingannevole ai sensi dell’art. 1, comma 2, e dell’articolo4, comma 1, del d.lgs 25.1.1992 n. 74; ne ha vietatol’ulteriore diffusione e ha disposto la pubblicazione di unadichiarazione rettificativa.Con il ricorso in esame RCS Editori Spa, editore del periodicoin questione, ha impugnato detta delibera, denunciandonel’illegittimità per i seguenti motivi:1.Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, lett. a), 4comma 1 e 1 comma 2 d.lgs n. 74/92;2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 6, d.lgsn. 74/92. Eccesso di potere per sviamento della causa tipicadell’atto.Franz a RodotàPubblichiamovolentieri la lettera chePierluigi Roesler Franz haindirizzato il 16 maggio alprof. Stefano Rodotà,presidente dell’Ufficiodel Garantedella privacySi è costituita l’Autorità garante della concorrenza e delmercato opponendosi all’accoglimento del ricorso in quantoinfondato.Le parti costituite hanno prodotto memorie a sostegno dellerispettive tesi.Il ricorso è andato in decisione all’udienza del 30 gennaio<strong>2002</strong>.DIRITTOL’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenutoche i tre inserti - relativi rispettivamente ad una linea dabagno e a una T-shirt (“Linea Grigio Perla”), ad un prodottodietetico (“Linea Break di Sant’Angelica”) e a un trattamentoestetico (“Miniformati Clinique”) - pubblicati sul n. 26/95 delperiodico Oggi, nel contesto della rubrica fissa “Bellezza” e afianco dell’articolo “Una guida per scegliere il deodorante piùadatto”, avevano una finalità promozionale, non riconoscibileda parte <strong>dei</strong> lettori in ragione <strong>dei</strong> caratteri e delle modalitàgrafiche di stampa (che non li distinguevano dall’articolo) edell’inserimento in una rubrica fissa.Con il primo motivo di gravame la società editrice ricorrentecontesta la legittimità sostanziale della determinazione impugnataaffermando che tali inserti non avevano uno scopopubblicitario, bensì erano diretti a fornire ai lettori informazionisui prodotti e la determinazione dell’Autorità di inibire talescelta redazionale unicamente per gli effetti promozionali chene potevano indirettamente discendere si risolve in una indebitalimitazione all’esercizio del diritto di cronaca e di critica.La censura non ha fondamento.Osserva il collegio che non vi è dubbio che anche in un articologiornalistico o in un inserto redazionale possono esserecontenute informazioni su prodotti in commercio, informazioniche possono determinare indirettamente un effetto promozionale,senza che per questo muti la natura giornalisticoinformativadi tale forma di comunicazione al pubblico.La natura pubblicitaria di una comunicazione discende, infatti,secondo il Dlgs n. 74 del 1992 (art. 2, comma 1, lett. a)) [1]dallo “scopo di promuovere la vendita di beni”, fine che èevidentemente incompatibile con quello giornalistico di fornireuna informazione obiettiva, in quanto nel primo caso lacitazione del prodotto non è espressione disinteressata eindipendente del giornalista, ma è diretta ad influire sulcomportamento economico <strong>dei</strong> consumatori.Egregio professore, nella mia qualità dipresidente dell’Associazione StampaRomana, sindacato unitario <strong>dei</strong> giornalistidi Lazio e Molise cui sono iscritti i giornalisticon tesserino dell’<strong>Ordine</strong> interregionaledi Lazio e Molise, mi permetto disottoporLe un quesito rivoltomi da alcunicolleghi con preghiera di una Sua corteserisposta.Sono pubblici o devono, invece, restareriservati gli indirizzi privati <strong>dei</strong> giornalistiprofessionisti e pubblicisti iscritti all’Albo e<strong>dei</strong> praticanti iscritti nell’apposito registro? Amio parere gli indirizzi devono restare riservatianche per motivi di sicurezza e di riservatezzafamiliare, che nel bilanciamento conaltri diritti tutelati dalla Costituzione - comequello del cittadino ad essere informato, cioètrasparenza e pubblicità - dovrebbero prevalere.E la Corte Costituzionale ha più volteoperato analoghi bilanciamenti risolvendo divolta in volta e caso per caso le situazionigiuridiche che venivano sottoposte alla suaattenzione.Non è sufficiente ed è forse troppo sbrigativosostenere che tali indirizzi sono pubbliciin quanto inseriti in un Albo o in un Registrotenuto da un <strong>Ordine</strong>, che è un ente pubblicosottoposto alla vigilanza del ministero diGrazia e Giustizia.Il caso del giornalista è profondamentediverso da quello di tutti gli altri liberi professionisti,perché vi è indicato l’indirizzo privatodella propria abitazione, e non quello doveil giornalista svolge la propria attività. Per dipiù i dati riservati relativi all’indirizzo di casavengono immessi anche su Internet con leovvie conseguenze.Al contrario, ad esempio, nell’Albo degliavvocati vi è solo l’indirizzo dello studio di unlegale, ma non di quello di casa.Tale differenza basterebbe già da sola agiustificare l’obbligo di riservatezza degliindirizzi domestici <strong>dei</strong> giornalisti, che dovrebbeovviamente restare solo per le comunicazioniinterne con l’<strong>Ordine</strong>. Oppure, in alternativa,si dovrebbero inserire gli indirizzi delluogo di lavoro del giornalista.La distinzione, delicata in quanto la difesa <strong>dei</strong> consumatorinon può andare a detrimento della salvaguardia della libertàdi divulgazione del pensiero, è comunque netta sul pianologico e quando un messaggio ha lo scopo di influire sulcomportamento economico <strong>dei</strong> consumatori deve conformarsialla disciplina specifica in materia di pubblicità, e l’invocazionedel diritto di cronaca e della libertà di manifestazionedel pensiero non valgono a derogare a tale disciplina.Anche in mancanza della prova storica del rapporto dicommittenza - che trattandosi di pubblicità occulta solo eccezionalmentepuò essere acquisita essendo nella esclusivadisponibilità delle parti - è possibile pervenire alla individuazionedello scopo promozionale sulla base di elementipresuntivi gravi, precisi e concordanti.Nel caso di specie l’Autorità ha ritenuto tali, nel loro complesso,i seguenti elementi:- l’articolo “Una guida per scegliere il deodorante più adatto”trattava un argomento in alcun modo attinente con i prodottiillustrati negli inserti, tra loro anche eterogenei (una linea dabagno e una T-shirt, un prodotto dietetico, un trattamentoestetico);- non sussisteva alcun elemento da cui poter desumere chela paternità degli inserti dedicati ai prodotti fosse attribuibileal giornalista che ha firmato l’articolo;- l’illustrazione <strong>dei</strong> prodotti, raffigurati anche fotograficamente,non assumeva alcuna valenza informativa sulle presuntecaratteristiche innovative <strong>dei</strong> prodotti medesimi;- la descrizione di prodotti, <strong>dei</strong> quali era indicato anche ilprezzo, era realizzata con un tono particolarmente enfatico,e in assenza di qualsiasi spunto critico:(“Clinique… propone i miniformati praticissimi da portarsiappresso”; “Ecco un programma di alimentazione equilibratache vi farà perdere peso senza perdere tonicità e buonumore”; “Acquistando almeno due prodotti della linea GrigioPerla, e cioè eau de toilette - da 52 mila lire - e coordinatidella linea bagno - da 23 mila - si riceve in dono una T-shirtin cotone rinforzato color grigio charcoal. Dato che si tratta diun simpatico capo unisex, un’idea originale che vi suggeriamopotrebbe essere quella di regalare a lui i prodotti e.. ditenervi voi la bellissima maglietta! Sarà un divertente capo diabbigliamento che vi accompagnerà con allegria per tuttal’estate”)Sembra al collegio che la determinazione dell’Autorità basatasu tali elementi, non sia censurabile sotto il profilo dellaragionevolezza e della logicità, dovendosi escludere da partedel giudice un sindacato di merito sulle valutazioni dell’Autorità.Al riguardo le considerazioni svolte dalla ricorrente con ilgravame appaiono apodittiche e nel complesso sfornite diqualsiasi plausibilità.“Esiste una privacy per i giorni loro nomi (con gli indirizzi) sPer quanto riguarda il problema della sicurezzaLe ricordo che vi sono colleghi professionistiminacciati da mafia, camorra en’drangheta o dalle nuove br per i loro servizigiornalistici in materia. Ma vi sono anchenumerosi uomini politici, magistrati, docentiuniversitari, penalisti e civilisti che vivono glistessi rischi e che hanno il tesserino di giornalistapubblicista perché collaborano conquotidiani e periodici. E di conseguenza -attraverso l’Albo <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> - fannopubblicamente conoscere a tutti dove abitano.Analogamente vi sono molti personaggisportivi e del mondo dello spettacolo chehanno anch’essi la tessera di pubblicista.La situazione <strong>dei</strong> magistrati è in questosenso paradossale perché dal 1981 nelvolume edito ogni anno a Roma con gli organicidella magistratura relativi al distrettodella Corte d’appello di Roma non figuranopiù gli indirizzi di casa di tutti i magistrati, cheda allora furono cancellati proprio per motividi sicurezza.Per quanto riguarda il problema della riser-10 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


D E O N T O L O G I AQuando la pubblicitdell’articolista a usaREPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLa Corte d’Appello di MilanoPrima Sezione Civileriunita in Camera di Consiglio nelle persone <strong>dei</strong> Sigg.ri Magistrati:1) Dott. Giuseppe PatronePresidente2) Dott. Baldo MarescottiConsigliere3) Dott. Filippo LamannaConsigliere rel.est.integrata con la partecipazione <strong>dei</strong> Sigg.ri:4) Dott. Sergio Angelettigiornalista pubblicista5) Dott. Emma Maccanicogiornalista professionistaha pronunciato la seguenteSENTENZAsciogliendo la riserva assunta all’udienza camerale del 16gennaio <strong>2002</strong> nel procedimento in grado d’appello, rubricatoal numero di ruolo di volontaria giurisdizione sopraindicato, evertentetraCaterina Vezzani,rappresentata e difesa in causa dall’avv. Corso Bovio, ed elettivamentedomiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Milano,via Podgora n.13, giusta procura versata in attiRICORRENTE - APPELLANTEeCONSIGLIO REGIONALEDELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA,con sede in Milano, via Appiani n.2,in persona del Presidente p.t. Franco Abruzzo,rappresentato e difeso in causa dall’avv. Remo Danovi edelettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, inMilano, via Guastalla n.15, giusta procura versata in attiRESISTENTE - APPELLATOAPPELLANTE INCIDENTALEeCONSIGLIO NAZIONALEDELL’ORDINE DEI GIORNALISTI,in persona del legale rappresentante p.t.,elettivamente domiciliato in Milano, via Torino n. 48, pressolo studio dell’avv. Cesare LombrassaRESISTENTE - APPELLATOCONTUMACEecon l’intervento del Procuratore Generale della Repubblica insede, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.Giacomo Caliendo.Oggetto: ricorso in appello ex art.63 legge 3 febbraio 1963,n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), per ladeclaratoria di nullità della sentenza n.8010 emessa dalTribunale di Milano in data 6.7.2001, depositata in data12.7.2001 e notificata in data 6.9.2001, e per la revoca delladelibera del Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>emessa in data 3.11.1999 con cui è stata inflitta alla ricorrentela sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto per violazionedegli artt. 2 e 48 stessa legge.RILEVATO IN FATTOLa rivista “OGGI” pubblicava a pag. 116 del numero 41 dell’11 ottobre 1995, nel contesto della rubrica “SALUTE”, e dellasotto-rubrica “BELLEZZA”, un articolo dal titolo “I quattrosegreti della perfetta igiene orale”, accompagnato da dueinserti collocati in riquadri delimitati da un bordo colorato apallini, l’uno recante il titolo “C’è anche il dentifricio allapropoli” e l’altro intitolato “E lavarsi i denti diventa un gioco”,quest’ultimo del seguente tenore letterale: “Piccoli segretiper «iniziare» i più piccini all’igiene orale. Cominciate conl’abituarli a sciacquarsi la bocca dopo aver mangiato undolcino o una caramella. E puntate sul loro istinto di imitazione.Incuriositeli facendoli assistere sempre, alla fine diogni pasto, alla vostra «operazione igiene orale». Poi,un bel giorno, regalategli il SUO spazzolino e il SUOdentifricio, per esempio della linea Mentadent denti increscita, studiata per i più piccoli”.A lato del testo di quest’ultimo inserto risultava appostaun’immagine fotografica raffigurante tre spazzolini a formadi pupazzetti in piedi e due tubetti di dentifricio, uno in piedied uno orizzontale, tutti recanti la scritta “MENTADENT”.Sotto l’immagine vi era la didascalia: “Linea orale perbambini”.Il Consiglio Regionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> dellaLombardia, assunte le informazioni del caso, promuovevaprocedimento disciplinare nei confronti sia della giornalistaautrice dell’articolo e degli inserti, Caterina Vezzani, siadel direttore della rivista, Paolo Occhipinti, per violazionedelle norme deontologiche di cui agli artt. 2 e 48 dellalegge professionale 3 febbraio 1963, n. 69, rispettivamentenella parte in cui l’una impegna i giornalisti a promuoverela fiducia <strong>dei</strong> lettori nella stampa, e l’altro vieta i comportamentiatti a compromettere reputazione e dignità dell’ordine,o non conformi alla dignità ed al decoro professionale;ciò sul presupposto che nel caso concreto fosse stataposta in essere una fattispecie di pubblicità redazionaleingannevole (ex artt. 1, secondo comma, e 2, lettera b,D.Lgs. n.74/1992) indirizzata a promuovere con tonosuadente, non in modo palese e riconoscibile, in un ambitoapparentemente informale e didascalico, la vendita diun prodotto commerciale.All’esito del procedimento disciplinare, esperita la fase istruttoria,veniva inflitta ai due incolpati, con provvedimentoemesso in data 9 settembre 1996, la sanzione dell’avvertimentoscritto (ex art.52 della legge n.69/1963), che, a seguitodi ricorso per impugnativa proposto dalla signora Vezzanie dal sig. Occhipinti, veniva confermato anche dal ConsiglioNazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> con delibere rispettivamenteassunte in data 3.11.1999 e in data 31.11.1999.Avverso le stesse i due giornalisti proponevano separatiricorsi avanti al Tribunale di Milano, che li rigettava consentenza n.4031 in data 23/30 marzo 2000.Impugnata tale decisione alla Corte d’Appello di Milanoquesta rigettava l’impugnativa del sig. Occhipinti con sentenza(ormai definitiva) n.2473 del 20.9/13.10.2000, mentre consentenza n. 2370 del 20.9/3.10.2000 accoglieva in rito l’impugnativadella sig.ra Vezzani, dichiarando la nullità dellagravata pronuncia per mancata integrazione del contraddittorionei confronti del CONSIGLIO REGIONALE e del CONSI-GLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI, ritenutiquali litisconsorti necessari.Riassunto il procedimento innanzi al Tribunale milanese siadalla sig.ra Vezzani, che dal CONSIGLIO REGIONALEDELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA, ilTribunale, con sentenza n.8010 emessa in data 6.7.2001,depositata in data 12.7.2001 e notificata in data 6.9.2001, harigettato il ricorso della prima ed accolto il ricorso del secondo,confermando conseguentemente la decisione sanzionatoriaassunta dal CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINEDEI GIORNALISTI in data 3.11.1999.Per la declaratoria di nullità o per la riforma di tale decisioneha interposto gravame avanti a questa Corte la sig.ra Vezzanicon ricorso depositato il 13 ottobre 2001; si è costituito i1CONSIGLIO REGIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALI-STI DELLA LOMBARDIA resistendo all’impugnativa e proponendoa sua volta appello incidentale.È rimasto contumace il CONSIGLIO NAZIONALE.La Procura generale ha concluso per la reiezione del ricorso.La Corte, sentite le parti all’odierna udienza camerale, si èriservata di decidere.RITENUTO IN DIRITTOLa ricorrente censura l’impugnata decisione perché assertivamentecarente di adeguata e logica motivazione:1) in ordine all’elemento soggettivo del dolo;2) alla sussunzione della concreta fattispecie nel concetto dipubblicità ingannevole;3) alla ritenuta sussistenza di una pubblicità redazionale ditale natura;4) alla ricorrenza di presunzioni gravi, precise e concordantivolte a dimostrare l’effettiva ricorrenza di un messaggiopubblicitario redazionale.Infine, la sentenza sarebbe affetta da nullità perché:5) pronunciata con la partecipazione di un componente nontogato, il giornalista Penzo Magosso, il quale, avendo giàfatto parte del collegio giudicante che aveva emesso lasentenza n.4031 del 2000 dichiarata nulla dalla Corted’Appello, avrebbe avuto l’obbligo di astenersi dal decidereper incompatibilità ex art.51, n.4 CPC, come espressamentecontestato dalla ricorrente già in prime cure coneccezione però disattesa dal Tribunale.Ritiene questa Corte che nessuno <strong>dei</strong> prospettati motivi diimpugnativa sia fondato.Cominciando dall’ultimo, in ragione del suo caratterepregiudiziale in rito, deve osservarsi che, anche ammessoche la partecipazione del giornalista chiamato ad integrareil collegio giudicante quale membro “laico” ex art.63 leggen.69/1963 consenta o imponga di applicare al medesimo leipotesi di astensione obbligatoria contemplate per i magistratiordinari dall’art.51 CPC, e ciò sulla base di un’interpretazioneestensiva e logica della suddetta norma noninfondatamente ipotizzata dalla ricorrente in ragione dellasua ratio (cui parrebbe in effetti ripugnare - alla streguadella comune finalità di garantire l’imparzialità del giudice -qualunque discriminazione basata sulla natura “togata” o“non togata” <strong>dei</strong> componenti del collegio), tuttavia ciò nonsarebbe comunque sufficiente per considerare rilevante incasu la dedotta ricorrenza di un obbligo di astensione, nonavendo la ricorrente proposto formale istanza di ricusazionein primo grado.È infatti opinione giurisprudenziale ormai consolidata quellasecondo cui l’inosservanza da parte del giudice dell’obbligodi astensione, nelle ipotesi previste dall’art. 51 C.P.C.,determina la nullità del provvedimento adottato solo nell’ipotesiin cui il giudice abbia un “interesse proprio e diretto”nella causa, tale da porlo nella veste di parte del processoin violazione del criterio “nemo iudex in causa sua”, mentrein ogni altra ipotesi la violazione dell’art. 51 assume rilievosolo quale motivo di ricusazione, rimanendo esclusa, indifetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolarecostituzione dell’organo giudicante e sulla validità dellasentenza, con la conseguenza che la mancata proposizionedella istanza di ricusazione in parola, nel rispetto dellemodalità e <strong>dei</strong> termini stabiliti nell’art. 52 C.P.C., preclude lapossibilità di far valere tale vizio in sede di impugnazione,quale motivo di nullità del provvedimento ai sensi dell’art.158 C.P.C. (ex multis, fra le più recenti, Cass. 10 gennaio2000, n.155; Cass. 16 luglio 1999, n.7504; Cass. 25 maggio1999, n. 5072; Cass. 7 maggio 1999, n.4584; Cass. 23 aprile1998, n. 4187; Cass. 10 ottobre 1997, n. 9857).Quanto agli ulteriori motivi con i quali la gravata decisioneviene censurata nel merito, quello riguardante la pretesacarenza di motivazione in ordine all’elemento soggettivo deldolo appare ictu oculi destituito di giuridico fondamento,posto che, com’è noto, per la imputabilità dell’infrazionedisciplinare non è in generale necessaria - in mancanza dispecifiche norme che la prevedano - la intenzionalità dell’azione(consapevolmente ritenuta illegittima) sub specie didolo generico o specifico, ma è sufficiente la pura e semplicevolontarietà con la quale sia stato compiuto l’atto deontologicamentescorretto: ogni atto volontario e cosciente,obiettivamente contrario ai doveri di condotta gravanti sulprofessionista, è quindi suscettibile di sanzione disciplinare(per l’affermazione del principio in fattispecie analoghe cfr.Cass. 26 gennaio 1999, n.698; Cass. 3 maggio 1996,n.4091; Cass. S.U. 18 marzo 1992, n.3358; ma v. anche trale decisioni degli ordini professionali soprattutto Cons.Nazionale Forense, 10 dicembre 1999, n. 257, in Rass.forense 2000, 590; Cons. Nazionale Forense, 9 dicembre1999, n. 246, in Rass. forense 2000, 588; Cons. NazionaleForense, 8 novembre 1996, in Rass. forense 1997, 554).Né risulta che le norme ritenute violate dalla ricorrentecontemplino lo speciale requisito del dolo ai fini della sussistenzadelle contestate infrazioni.L’art. 2, terzo comma, della legge professionale recita infatti:“<strong>Giornalisti</strong> e editori sono tenuti (...) a promuovere lo spiritodi collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalistie editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori.”A sua volta l’art.48, primo comma, stabilisce che:“Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che sirendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alladignità professionali, o di fatti che compromettano lapropria reputazione o la dignità dell’<strong>Ordine</strong>, sono sottopostia procedimento disciplinare “.Come si vede, in tali norme non si fa alcuna menzione limitativacon riferimento all’elemento soggettivo, che pertanto,secondo le regole generali, potrà consistere anche nellasemplice colpa, nelle sue ben note forme sintomatiche, ocomunque nella mera consapevolezza e volontarietà dell’azione.Nel caso di specie, peraltro, non sembra davvero discutibileche la giornalista Vezzani fosse, o comunque dovesseessere, ben consapevole del carattere pubblicitario ingannevoledel suo articolo oltre che del fatto che di conseguenza,potesse risultarne incrinato il rapporto fiduciario con ilettori e compromessi il decoro e la dignità della professione.12 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


Sentenza della prima sezione civiledella Corte d’Appello di Milanoconferma la sanzione inflittadal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di Milanoa Caterina Vezzanità ingannevole si nasconde nell’invitoare un determinato dentifricioQuanto alla conoscenza (implicita) del carattere pubblicitariodell’articolo, è appena il caso di rimarcare che tale caratterenon è seriamente discutibile visto che, invitando i lettoria far uso (ovviamente previamente acquistandoli) di alcuniprodotti della linea “MENTADENT”, la giornalista null’altrofaceva che reclamizzarli, e sarebbe del tutto incongruoipotizzare che di tale finalità pubblicitaria fosse inconsapevoleproprio la giornalista che intendeva perseguirla.La ricorrente ha peraltro esplicitamente dichiarato, nelcorso dell’istruttoria esperita in fase disciplinare, di averimpostato lei stessa l’intera pagina, e di aver fornito lei stessala foto posta a lato dell’articolo, ammettendo di bensapere che sarebbe stata pubblicata; foto il cui caratterepubblicitario non solo è del tutto evidente, visto che in essaerano raffigurati i prodotti “MENTADENT”, ma emerge per ilfatto stesso che si trattava di una foto evidentemente realizzatao commissionata dalla stessa azienda produttrice.La ricorrente, peraltro, pur assumendo in tesi che la naturadel suo articolo fosse esclusivamente informativa, ha argomentatoanche che, qualora si fosse davvero trattato incasu di una promozione pubblicitaria, nulla avrebbe dimostratoche essa non fosse del tutto palese e invece occultao ingannevole, e questa tesi subordinata ella ha peraltroprospettato anche con riferimento alle altre censure formulateavverso la parte motiva della gravata pronuncia.Riguardo a questo profilo - che nell’ottica del gravameavrebbe rilievo assorbente - la Corte non può che richiamare,facendolo proprio, quanto è stato già statuito conpropria sentenza n.2473 del 2000 con cui è stata respintal’analoga impugnativa proposta dal sig. Occhipinti, Direttoredella rivista “OGGI”.Si è ivi osservato che il testo dell’inserto in questione solonella prima parte - come gli altri articoli collocati nella stessapagina, di cui era parimenti autrice la giornalista CaterinaVezzani - aveva carattere divulgativo di nozioni utili per assicurarel’igiene orale, mentre laddove invitava all’uso (e quindiancor prima all’acquisto) <strong>dei</strong> prodotti “MENTADENT” menzionatinel testo, e poi anche raffigurati nella fotografia d’accompagnamento,non forniva alcuna informazione sulle qualità ecaratteristiche di essi, limitandosi a nominare, con tonosuadente, i prodotti medesimi, e quindi a reclamizzarli. Se èvero poi che gli spazzolini raffigurati nella fotografia presentavanola peculiarità di essere inseriti su un piccolo piedistallo,che consentiva il loro appoggio “in piedi”, è altrettanto veroche della peculiarità stessa non vi era alcuna menzionenell’articolo e, comunque, i tubetti di dentifricio - prodotto dicui pure si parlava nel testo - nella fotografia non presentavanoalcuna peculiarità di cui potesse ipotizzarsi l’utilità didivulgazione tra il pubblico <strong>dei</strong> lettori-consumatori.Allo stesso modo l’invito all’uso <strong>dei</strong> prodotti “MENTADENT”non è stato accompagnato da nessuna motivazione atto agiustificarlo, eventualmente mediante confronto con altriprodotti.Si è trattato, dunque, come ha giustamente ritenuto il Tribunale,senz’altro di un messaggio pubblicitario, perdippiùingannevole in quanto, in concreto, percepibile come tale condifficoltà dal pubblico <strong>dei</strong> lettori, proprio in quanto inseritosenza alcuna avvertenza - e quindi surrettiziamente, ingannevolmente- nel contesto di articoli di carattere informativo.Non è dubbio infatti che la prima parte dell’articolo indiscussione, quanto gli altri articoli della stessa pagina,avessero carattere e finalità dichiaratamente informative enon promozionali.I caratteri grafici dell’inserzione, di cui è stata accertata lanatura meramente pubblicitaria, erano gli stessi impiegatiper le informazioni fornite nella stessa e nelle altre paginedella rivista ed erano differenti da quelli utilizzati per leinserzioni scopertamente pubblicitarie contenute nella rivistamedesima.ORDINE - TABLOID periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaMensile / Spedizione in a. p. (45%) - Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 -Filiale di Milano - Anno XXXII - Numero 6, <strong>Giugno</strong> <strong>2002</strong>Direttore responsabile FRANCO ABRUZZOCondirettoreBRUNO AMBROSIDirezione, redazione, amministrazione - Via Appiani, 2 - 20121 MilanoTel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaFranco Abruzzo presidente;Brunello Tanzi vicepresidente;Sergio D’Asnasch consigliere segretario;Davide Colombo consigliere tesoriere.Consiglieri:Bruno Ambrosi, Letizia Gonzales, Liviana Nemes Fezzi,Cosma Damiano Nigro, Paola Pastacaldi.Da ultimo, il bordo colorato a pallini dell’inserto di cui si trattanon era percepibile dal lettore come segno distintivodella sua natura pubblicitaria, dato che identica bordaturaera utilizzata per altro articolo nella stessa pagina (quellointitolato “C’e anche il dentifricio alla propoli”) e in altre paginedella rubrica “OGGI IN FAMIGLIA”, di cui faceva parte lasotto-rubrica “Bellezza”, nella quale fu pubblicato l’insertode quo.Niente poteva dunque suggerire al lettore che l’articolistaad un certo punto dismetteva la sua veste informativa, perassumere quella di agente promozionale.La conclusione appare peraltro in linea con l’orientamentointerpretativo finora espresso anche dall’ AUTORITÀGARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO cheperdippiù, con riferimento agli artt.l, 2 e 4 del D.Lgs. 25gennaio 1992, n.74, non senza ragione ha consideratopubblicità ingannevole proprio quella realizzata con l’articolo“E lavarsi i denti diventa un gioco”, di cui giustappunto ora sidiscute (v. provvedimento n.3618 in data 15 febbraio 1996).La ricorrente sostiene peraltro che il Tribunale non avrebbeadeguatamente valutato la critica che ella già aveva rivoltoal provvedimento disciplinare emesso dal CONSIGLIONAZIONALE, laddove questo avrebbe illogicamente motivatola sussistenza del carattere dell’ingannevolezza, avendoda una parte ritenuto che la natura pubblicitaria dell’insertofosse “lampante “, e dall’altra che la reclamizzazionefosse “ingannevole “, quindi in certo senso occulta.A parte il fatto che l’intenzione trasparente dell’organo disciplinarenon era quella di considerare la pubblicità come“manifesta”, ma solo di evidenziare come il carattere promozionaledell’inserto fosse innegabile e quindi comprovato (intal senso dovendo intendersi l’aggettivo “lampante”), è poidecisiva la considerazione che il carattere ingannevolecomunque nella specie sussistesse, per le ragioni appenadette, restando per ciò stesso priva di rilievo la censura dellaricorrente limitata al solo aspetto formale della motivazioneadottata in parte qua dall’organo disciplinare.L’appellante sostiene poi che il Tribunale, pur accogliendola tesi accusatoria secondo cui l’articolo in esame realizzavauna forma di pubblicità redazionale, non avrebbe inalcun modo motivato sulla base di quali indizi gravi, precisie concordanti potesse reggersi tale affermazione, provanecessaria in mancanza della dimostrazione di un rapportodi committenza tra l’impresa e la giornalista.Osserva la Corte che, se è vero che, mancando la prova diun rapporto di committenza, la natura di pubblicità redazionaledell’articolo può (o deve quanto meno) essere desuntasulla base di elementi presuntivi, è innegabile che nonsolo essi ricorressero nella concreta fattispecie, ma ancheche il Tribunale li abbia adeguatamente, anche se succintamente,individuati.Si tratta d’altronde degli stessi elementi che nel casoconcreto concorrevano ad integrare il concetto di pubblicitàingannevole, ossia il fatto che nell’articolo fosse statamenzionata espressamente la marca <strong>dei</strong> prodotti, fossestata data pubblicità agli stessi anche tramite una esplicitaimmagine fotografica evidentemente realizzata o commissionatadalla stessa impresa produttrice, il tutto nel contestodi un articolo in cui vi era una consapevole commistione-confusionetra parte informativa e parte promozionale,senza che potesse in qualche misura diminuire l’effettoingannatorio la pretesa finalità di “giornalismo di servizio”dell’articolo, finalità che, per potersi considerare sussistentein ragione della supposta utilità del fornire notizie suprodotti commerciali, nel caso di specie avrebbe quantomeno richiesto la doverosa indicazione delle specifichecaratteristiche <strong>dei</strong> prodotti, con i loro pretesi pregi e difetti,la loro ipotetica novità, eventualmente anche sulla base diun esame comparativo con prodotti affini.<strong>Ordine</strong>/TabloidMa nulla di tutto questo è dato rinvenire nell’articolo di cuisi discute.Non può quindi dubitarsi che, come ha ritenuto il CONSI-GLIO NAZIONALE e poi anche il Tribunale, la pubblicitàocculta ed ingannevole realizzata con l’inserto incriminatoabbia comportato una compromissione della reputazionedella giornalista che ne è stata l’autrice e della intera categoriaprofessionale, incrinando al contempo il rapporto fiduciariocon i lettori.Per le ragioni esposte, in conformità con le conclusioni delP.G., l’impugnazione della ricorrente-appellante deve essererespinta.Quanto all’appello incidentale del resistente CONSIGLIOREGIONALE, esso, invece, appare meritevole di accoglimento.Infatti il Tribunale, ancorchè il predetto CONSIGLIO REGIO-NALE avesse esplicitamente richiesto la rifusione dellespese di lite, ha omesso del tutto di provvedere, laddove invecela soccombenza della ricorrente Vezzani ne doveva determinare,così come anche ora ne determina, la condanna invia meramente consequenziale ai sensi dell’art.91 C.P.C.Ella dovrà pertanto rifondere le spese di lite sostenutedall’appellato CONSIGLIO REGIONALE per entrambi i gradidi giudizio (parzialmente riformandosi sul punto la decisionedi primo grado) nella misura che, per brevità, viene direttamenteliquidata in dispositivo, tenuto conto del valore dellacontroversia, della qualità e quantità delle questioni trattate edell’attività complessivamente svolta dai difensori.Irripetibili devono invece dichiararsi le spese verso il contumaceCONSIGLIO NAZIONALE.PQMLa Corte d’Appello di Milano, Prima Sezione Civile, definitivamentepronunciando, disattesa ogni diversa domanda edeccezione, così provvede:1) respinge l’appello proposto da Caterina Vezzani;2) accoglie l’appello incidentale proposto dal CONSIGLIOREGIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLALOMBARDIA e per l’effetto, in parziale riforma della sentenzan.8010 emessa dal Tribunale di Milano in data 6.7.2001 edepositata in data 12.7.2001, condanna la ricorrente-appellanteCaterina Vezzani alla rifusione delle spese di lite sostenutein primo grado dal predetto CONSIGLIO REGIONALE,liquidate in complessive £. 5.133.500 pari ad Euro 2.651,23(di cui £.1.133.500 per esborsi e £. 4.000.000 per diritti edonorari), oltre ai competenti oneri fiscali e previdenziali;3) condanna altresì la ricorrente-appellante Caterina Vezzanialla rifusione delle spese di lite sostenute dal predettoCONSIGLIO REGIONALE nel presente grado di giudizio,liquidate per tale fase in complessive £. 5.844.500 pari adEuro 3.018,43 (di cui £.844.500 per esborsi e £. 5.000.000per diritti ed onorari), oltre ai competenti oneri fiscali e previdenziali;4) dichiara irripetibili le spese di lite verso il contumace CONSI-GLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI.Così deciso in Milano, in data 16 gennaio <strong>2002</strong>Il Consigliere rel. est.Il Presidente(Dott. Filippo Lamanna)(Dott. Giuseppe Patrone)Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> contiAlberto Comuzzi, Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi (presidente)Direttore dell’OgL Elisabetta GrazianiSegretaria di redazione Teresa RiséRealizzazione grafica: Grafica Torri Srl(coordinamento Franco Malaguti, Marco Micci)Stampa Stem Editoriale S.p.A. Via Brescia, 22 - 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970 presso il Tribunale di Milano.Iscritto al n. 6197 del Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC)Comunicazione e PubblicitàComunicazioni giornalistiche Advercoop - Via G.C.Venini, 46 - 20127 MilanoTel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ <strong>28</strong>9.34.08La tiratura di questo numero è stata di 21.500 copieChiuso in redazione il 20 maggio <strong>2002</strong>ORDINE 6 <strong>2002</strong>13


P R E V I D E N Z APropostadi modificaper il calcolodella mediaretributivapensionabileindividualeL’Inpgi taglia (di poco, dice Cescutti)le pensioni <strong>dei</strong> giovani giornalistiPubblichiamo la parte della lettera-circolare (dedicata alle pensioni) che il 23 aprile<strong>2002</strong> il presidente dell’Inpgi, Gabriele Cescutti, ha indirizzato agli iscritti.Cari colleghi, ritengo opportuno informarvi su un provvedimento approvato a maggioranza (8favorevoli, 4 contrari, 2 astenuti) dal Consiglio di amministrazione lo scorso 10 aprile e che saràportato per la ratifica alla valutazione del Consiglio generale del 7 maggio. Si tratta di un’iniziativache tende a modificare, per il futuro, uno <strong>dei</strong> tre elementi che sono alla base del calcolo dellapensione Inpgi, al fine di rendere l’ammontare della rendita previdenziale più proporzionato aicontributi versati.Se la modifica - come mi auguro - sarà approvata, comporterà cambiamenti irrilevanti percoloro che continueranno ad avere un regolare andamento in crescita delle loro retribuzioni,mentre avrà effetti (che più avanti illustrerò) nel caso in cui la retribuzione, e quindi l’ammontare<strong>dei</strong> contributi, dovessero diminuire.Sicuramente comunque le pensioni Inpgi, anche con questa modifica, resteranno assolutamentesuperiori rispetto a quelle che possono essere maturate, a parità di condizioni contributive,nella previdenza generale obbligatoria (Inps). Per spiegarmi meglio espongo unapremessa.La pensione Inpgi si calcola essenzialmente in base a tre elementi:1) Anzianità contributiva, o numero totale degli anni di versamento <strong>dei</strong> contributi, comprendendoanche i contributi figurativi (disoccupazione, Cigs, servizio militare) o contributi volontari;2) Media retributiva pensionabile individuale;3) Aliquota di rendimento.L’aliquota di rendimento applicata dall’Inpgi parte dalla percentuale del 2,66% mentre all’Inps èpari al 2%. Ciò consente, a parità di retribuzione e di numero di contributi, di maturare all’Inpgiin 30 anni lo stesso livello di pensione che all’Inps si potrebbe maturare in 40 anni. La variazioneproposta modifica il punto 2 (media retributiva pensionabile) lasciando immutato il resto.Esistono tre categorie di iscritti.1) I più “anziani”, cioè coloro che al31/12/92 avevano maturato più di 15 annidi contributi. Per questi colleghi la mediaretributiva pensionabile viene calcolataprendendo a base gli ultimi 10 anni, o - sepiù favorevoli - i 10 anni migliori di contribuzione.2) Gli iscritti di “età media”, cioè coloro cheal 31/12/92 avevano cumulato meno di 15anni di contributi. Per questi colleghi il calcolodella media retributiva individuale èeseguito sulla media di tutte le retribuzioniannue successive il 1/1/93, escludendo unmassimo del 35% delle retribuzioni annualiinferiori del 10% rispetto al valore medio.3) E infine i più giovani, coloro cioè cherisultano iscritti all’Inpgi dopo il 1/8/98. Perquesti colleghi il calcolo si esegue prendendoa base i contributi di tutta la vitalavorativa.L’ipotesidi modificaLa proposta prevede di estendere a tutti gliiscritti quanto previsto al precedente punto3). Tutto ciò ovviamente nel rispetto del prorata:il che significa che qualora la modificadivenisse operativa dal 31/12/<strong>2002</strong> (datapuramente indicativa) il sistema attualmentein vigore per i colleghi di cui ai precedentipunti 1) e 2), continuerebbe ad essereapplicato sulla situazione contributiva inessere fino al termine del <strong>2002</strong>. Mentre dal1/1/2003 entrerebbero in funzione i nuovicriteri di calcolo.Le ragionidella propostadi modificaVediamo come si calcola oggila media retributiva pensionabile di un giornalistaLa variazione in esame, che tende a rendereuguale il calcolo per tutti gli iscritti, èstata determinata dall’individuazione di dueanomalie, le quali oggi sono ancora limitateper quanto riguarda gli effetti economici,ma che potrebbero con il tempo assumereuna dimensione più vasta e quindi preoccupante.Si tratta in particolare degli effetti che deriverebberodall’applicazione diffusa <strong>dei</strong>contratti di lavoro differenziati (dove è previstoun minimo tabellare inferiore a quello invigore nel contratto Fnsi/Fieg) e dall’estensionedel fenomeno connesso ai versamenticontributivi volontari.I contratti differenziati - Il contratto firmato il3/10/2000 dalla Fnsi con l’organizzazioneimprenditoriale Aer - Anti - Corallo, harappresentato una decisione assolutamentepositiva che l’Inpgi a suo tempo haapprovato e fatta propria con convinzione,in quanto: (a) si sono attribuite regole giornalistichea tanti colleghi che ne erano privi;(b) si è allargata la base contributiva dell’Istituto.Tale situazione, anche se i minimitabellari sono ridotti, determina un maggioreafflusso contributivo, cui in futuro corrisponderannopensioni il cui livello saràovviamente calcolato sui contributi corrisposti.Oggi tuttavia, nel momento in cui il Sindacatosta giustamente operando per estenderead altre categorie di colleghi (periodiciminori, uffici stampa, ecc.) un contrattospecifico di settore, si accrescono le possibilitàche colleghi rimasti senza occupazioneovviamente accettino nuovi rapporti dilavoro con minimi tabellari meno congrui equindi con contribuzioni inferiori a quelle delcontratto Fnsi-Fieg.Lasciando le cose come stanno si potrebbedeterminare una diffusa sperequazione trala pensione calcolata in base alle normeora in vigore e la contribuzione effettivamenteversata.I versamenti <strong>dei</strong> contributi volontari - Lamedesima anomalia si sta verificando acausa dell’intensificarsi <strong>dei</strong> casi di dimissionida parte di giornalisti i quali, giunti apochi anni dalla maturazione <strong>dei</strong> requisitiper accedere alla pensione, accettano dallaloro azienda consistenti incentivi all’esodo,anche dell’ordine di centinaia di milioni.Successivamente, per maturare il diritto allapensione, gli interessati iniziano a versare icontributi volontari e ovviamente scelgonodi pagare la quota minima, commisurata alminimo tabellare del redattore ordinario(quota mensile di 1.152.240 lire) che è digran lunga inferiore a quanto l’aziendaversava per il giornalista prima delle suedimissioni.Anche in questo caso si realizza una sperequazionetra contributi versati ed ammontaredella pensione maturata, che ci si proponedi controllare con l’introduzione dellamodifica regolamentare la quale prevede,da oggi in avanti, il calcolo eseguito sullamedia di tutta la futura vita lavorativa.I versamenti contributivi precedenti continuerebberoinvece, al momento del calcolodella pensione, a produrre effetti sulla basedella normativa oggi in vigore.Che cosacambierebbecon la modificapropostaPer quegli iscritti i quali continueranno adavere un regolare andamento in crescitadelle loro retribuzioni, il cambiamento saràquasi nullo, essendo limitato a poche decinadi migliaia di lire.Vi sarà invece diminuzione di pensionequalora si verificassero cadute retributive.Ma anche in questi casi la modifica regolamentareinciderà in modo contenuto,essendo riferita alle sole contribuzioni future.Vediamo un esempio.Consideriamo un reddito medio di 100milioni lordi annui ed un’ipotetica cadutaretributiva ad 80 milioni. La diminuzioneper un anno (caso “A”) comporterà unapensione inferiore di 15.000 lire nette almese. Se la diminuzione durerà 5 anni(caso “B”) la pensione subirà, rispetto adoggi, un abbattimento di 75.000 lire netteal mese.In entrambi i casi tuttavia dopo 30 anni dilavoro la pensione garantita dall’Inpgi - aparità di versamenti contributivi - sarà assolutamentesuperiore rispetto all’assicurazionegenerale obbligatoria: 72 milioni di lirelorde l’anno (caso “A”) e 70.605 milioni dilire lorde annue (caso “B”) contro un trattamentodi 55.400 milioni di lire lorde, garantitodal sistema retributivo Inps.I rischiper i precariAlcuni hanno manifestato particolare preoccupazioneper le negative conseguenzeche potrebbero derivare ai colleghi precari,disoccupati o cassaintegrati.Va precisato che nessuna regola che liriguarda verrà cambiata. Un collega incassa integrazione continuerà a percepirel’indennità e ad avere accreditato un massimodi 24 mesi di contribuzione figurativacalcolata sull’ultimo stipendio. Successivamente,se nel frattempo non si sarà rioccupato,avrà diritto a 24 mesi di indennità didisoccupazione e a 12 mesi di contribuzionefigurativa calcolati sulla media delle ultime12 mensilità.Se al termine di questi quattro anni il collegasi trovasse ancora senza un lavoro stabile,non avrebbe più alcuna contribuzioneaccreditata ed avrebbe quindi un “buco”contributivo fino al momento della sua rioccupazionecon un contratto di lavoro subordinato.Ma ciò avviene anche oggi, con la normativain vigore. Il problema si porrebbe invece,come ho cercato di esporre nel capitoloprecedente, se il collega fosse riassunto daun’azienda editoriale con uno stipendioinferiore rispetto a quello di cui disponevaprima del licenziamento, o della cassa integrazione.In tal caso la contribuzione sarebbe inferiorerispetto al passato, e comporterebbe almomento della pensione una diminuzionedel trattamento, che sarebbe proporzionalealla “caduta” retributiva e alla sua durata:come è riportato nell’esempio illustratopoco sopra (diminuzione dello stipendio da100 a 80 milioni)Oggi la situazione dell’Istituto si è consolidata e ciò è dimostrato anche dai risultati del bilancioconsuntivo 2001, che presto sarà portato alla valutazione del Consiglio di amministrazionee del Consiglio generale. Il Cda dell’Inpgi ha però il dovere di valutare tutti i possibili rischiche i Servizi dell’Ente rilevino, per assumere con largo anticipo le misure più indicate.L’opportunità della modifica che ho illustrato è stata prospettata dal Servizio Previdenza inrelazione ai fenomeni (contratti differenziati e contribuzione volontaria) che si sono presentatinei mesi scorsi, e che suggeriscono di adottare per tempo decisioni le quali permettano dievitare che un iniziale anomalia diventi un problema più vasto.Per tale motivo quindi mi auguro che la delibera approvata a maggioranza dal Consiglio diamministrazione sia ratificata dal Consiglio generale. Il rafforzamento delle potenzialità delnostro Istituto va compiuta mentre non siamo pressati dalle urgenze e dai rischi, mentreanche all’esterno c’è la consapevolezza <strong>dei</strong> passi avanti che l’Inpgi e la categoria in questianni hanno compiuto.In tal modo potremo continuare a garantire con le nostre sole forze un trattamento previdenzialedi gran lunga superiore, e ad assicurare ai giornalisti precari, nei periodi in cui il lororapporto di lavoro si interrompe, sostegni economici e contribuzioni figurative di tutto rilievo.Gabriele Cescuttipresidente Inpgi14 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


Pensioni decurtate?Il 7 maggio dopo 4 ore di ampio e articolato dibattito il Consiglio generale dell’INPGIha approvato all’unanimità una mozione presentata da 14 consiglieri (12 di minoranzaSilvana Mazzocchi, Marco Sassano, Francesco Gerace, Marco Volpati, MaurizioAndriolo, Giuseppe Gallizzi, Massimo Signoretti, Lino Zaccaria, Gianni Ambrosino,Giacomo Lombardi, Romano Bartoloni e Giorgio Di Nuovo; e 2 di maggioranza FilippoAnastasi e il sottoscritto) che rinvia ogni decisione sulla modifica delle pensioniad una successiva seduta da convocare entro giugno.Andiamoci piano e rivediamo subitoil costo degli ammortizzatori socialidi Pierluigi Roesler Franz*È stata quindi per ora accantonata la propostadel presidente INPGI Gabriele Cescuttidi ratificare la delibera adottata a maggioranzae forse con troppa fretta dal Consigliod’amministrazione dell’Istituto il 10 aprilescorso.Nel frattempo dovrà essere avviata in tuttaItalia una larga consultazione <strong>dei</strong> colleghiattraverso assemblee di redazione che i Cdrdovranno convocare al più presto, nonchèriunioni <strong>dei</strong> direttivi delle Associazioni regionalistampa (d’intesa con il ConsigliereSegretario dell’Associazione Stampa RomanaSilvia Garambois, il Direttivo dell’ASR èstato già da me convocato per martedì 21maggio) e della Giunta esecutiva Fnsi.Insomma dovrà esservi il maggiore coinvolgimentopossibile di tutti i giornalisti interessaticon puntuali informative sui pro e suicontro della mini-riforma, che tanto allarme -anche ingiustificato - ha creato dopo il recapitotramite postel della circolare del presidentedell’INPGI Gabriele Cescutti.Il tema delle pensioni riguarda, infatti, tutti icolleghi e non ci devono essere, a mio parere,spaccature tra correnti sindacali a colpi dimaggioranza o di minoranza, né ci devonoessere vinti, né vincitori. L’INPGI appartienea tutti gli iscritti e non si può decidere unamodifica delle pensioni a scatola chiusasenza aver prima ascoltato i pareri e leproposte di ciascuno. La fretta in questi casisarebbe una cattiva consigliera. Ecco perchéè assolutamente necessario ragionare suicontenuti senza inutili e controproducentidivisioni e polemiche. Il riesame del progettodi riforma è opportuno proprio per evitareequivoci o fraintendimenti.Obiettivo dichiarato dell’INPGI è quello dicolpire il fenomeno degli esodi anticipati <strong>dei</strong>colleghi con forti incentivi da parte delleaziende. La mini-riforma si prefigge di ridurrele pensioni di questi colleghi se essi nonavendo ancora maturato i requisiti di età o dianni di contributi per andare in pensionecontinuassero a versare contributi volontari.In tal caso con le norme oggi in vigore essisarebbero ingiustamente avvantaggiatiperché l’INPGI incasserebbe in media appenaun settimo della corrispondente pensioneda erogare. Per di più i colleghi incasserebberoincentivi per parecchie decine o centinaiadi migliaia di euro per lasciare anticipatamenteil posto di lavoro. E poiché le aziendesono intenzionate a mettere in attomassicciamente questi esodi anche perfavorire prepensionamenti anticipati semprea carico esclusivo dell’INPGI - cioè dellacategoria - e non dello Stato, il problema vaaffrontato e risolto al più presto.A titolo personale condivido pienamente lepreoccupazioni dell’INPGI sul punto esull’opportunità politica di un deterrente aqueste furbizie che ovviamente valga però acolpire le incentivazioni solo per il futuro (unprovvedimento con efficacia retroattiva penalizzerebbei vecchi incentivati, i quali, essendosifidati delle regole INPGI vigenti almomento di lasciare il posto di lavoro,potrebbero impugnarlo in tribunale).Ricordo che per entrare in vigore la deliberadell’INPGI dovrà essere prima proposta alleparti sociali, cioè FNSI e FIEG, e successivamenteratificata dal ministro del LavoroMaroni, che potrà decidere ugualmenteanche in caso di dissenso della FIEG. Ed èanche questo il momento - a mio parere - piùopportuno per sollevare il problema proprioperché il bilancio del 2001 non si chiude “inrosso”, ma con un forte attivo. E vi è - comedetto - il concreto rischio di prepensionamentodi circa 130 giornalisti in tutta Italia entrobreve tempo con conseguente pesantissimoeffetto sulle casse dell’Istituto, che - è benericordarlo - è un ente previdenziale privatizzatoe non pubblico. Pertanto l’INPGI, puressendo sostitutivo dell’INPS, non ha alcunombrello dello Stato.Non sono, invece, d’accordo sulla sceltaoperata il 10 aprile scorso dal Consiglio diamministrazione INPGI (di cui non faccioparte) perché verrebbero colpiti non solo icolleghi “più furbi”, ma ingiustamente anche icolleghi “più deboli e indifesi”, cioè tutti colorocon parecchi anni di contributi INPGI allespalle che hanno perso non per loro colpa ilposto di lavoro per fallimento o chiusuradell’azienda e sono stati messi in cassintegrazione(ad esempio, caso de L’Unità) osono in disoccupazione perché sono statilicenziati o costretti a dimettersi.Tutti costoro sarebbero penalizzati alla pari<strong>dei</strong> “più furbi” usciti con decine di migliaia oaddirittura centinaia di migliaia di euro dibuonuscita! In altri termini verrebbero ingiustamentediscriminati. E non verrebbero,forse, anche penalizzati quei giornalisti cheal termine del periodo di disoccupazionecontinuano a versare i contributi volontarimensili all’INPGI rispetto a quei colleghi -come i precari assunti a termine - ai quali,invece, continuerebbero a venir regalaticontributi figurativi INPGI calcolati sull’ultimostipendio mensile percepito?Nell’ampio dibattito nel Consiglio Generaledell’INPGI è, comunque, emersa la volontàcomune - anche del Segretario della FNSIPaolo Serventi Longhi - di tener conto dellaposizione <strong>dei</strong> colleghi “più deboli” e di apportare<strong>dei</strong> correttivi alla delibera del Consigliodi Amministrazione.Occorre anche spiegare ai colleghi il significatoper molti incomprensibile del “pro-rata”riguardo agli effetti della mini-riforma. Questaparola ha generato un allarme assolutamenteingiustificato nella categoria. Con parolepiù semplici significa che i diritti da ciascunogià acquisiti sulla futura pensione INPGI finoa quando la mini-riforma non sarà approvatadal ministro Maroni ed entrerà quindi in vigorenon possono mai essere mai toccati. Èquesto un principio costituzionale intangibile.Se fosse approvata la mini-riforma, lepensioni sarebbero ricalcolate aggiungendoalla quota conteggiata con il sistema tuttoravigente fino alla data della sua entrata invigore - supponiamo fino al 31 dicembre<strong>2002</strong> - la quota calcolata con le nuove regolelimitatamente (cioè “pro-rata”) al periodosuccessivo al 1° gennaio 2003.Va poi precisato che la mini-riforma dellepensioni non riguarda i 4.102 colleghi, pari al23% degli iscritti, che hanno iniziato a versarecontributi all’INPGI dopo il 24 luglio 1998.Per tutti costoro la media retributiva pensionabileindividuale sarà infatti calcolata sututta la vita lavorativa in base ad una precedentedelibera all’epoca adottata dall’INPGIed approvata dal ministero del Lavoro il 24luglio 1998.Avranno pertanto una pensione INPGI digran lunga inferiore - in media del 20-22% -rispetto a quella <strong>dei</strong> colleghi che vanno oggiin pensione. Di qui la necessità per i colleghiiscritti all’INPGI dopo il 24 luglio 1998 dicostruirsi su misura un’adeguata pensioneintegrativa tramite il Fondo di previdenzacomplementare <strong>dei</strong> giornalisti italiani al fineproprio di coprire questa differenza.Va poi approfondito un altro punto importantedella mini-riforma da alcuni - forse erroneamente- denominata <strong>dei</strong> “tagli alle pensioniINPGI”. Non è infatti ancora ben chiaro semolti colleghi con parecchi anni di contributiINPGI, come il sottoscritto che ne ha 31,possano addirittura guadagnarci se mantenganocostante la loro retribuzione ed essavenga incrementata annualmente anche pereffetto <strong>dei</strong> soli scatti di anzianità.Se ciò fosse vero - come sembra - lamaggior parte <strong>dei</strong> colleghi, che credeva diavere una pensione decurtata dalla riformaseppure per poche decine di euro al mese,dovrebbe invece paradossalmente esultare.E l’INPGI che riteneva forse troppo frettolosamentedi avere <strong>dei</strong> vantaggi dalla miniriformafinirebbe addirittura per rimetterci!Peraltro l’INPGI non ha ancora preventivamentecalcolato i vantaggi - né, paradossalmente,gli svantaggi - della mini-riforma conun approfondito studio attuariale sul mediolungoperiodo. E non ha quindi calcolato lepenalizzazioni o i benefici concreti in euro suisuoi prossimi bilanci. Anche questo, credo, èun tema da non trascurare nell’affrontare ladiscussione.Questi malintesi spiegano a sufficienza lanecessità di una pausa di riflessione e di unmaggiore approfondimento per correggere oeliminare anche gli effetti, forse, del tuttoindesiderati della mini-riforma, come ilmaggior costo per l’INPGI. Insomma la ricettaideata dai vertici dell’Istituto per contrastarele “furbizie” di alcuni colleghi potrebbeparadossalmente ritorcersi come un boomerangcontro lo stesso INPGI. E allora, c’è dachiedersi, non sarebbe opportuno cambiarestrada e scegliere un altro rimedio?Nel dibattito in Consiglio Generale si è ancheappreso che la fretta con cui aveva deciso il10 aprile scorso il Consiglio di Amministrazioneera giustificata dal fatto che occorrevainviare un chiaro messaggio alla FIEG perindurre le aziende a non attuare al 100% ilprogramma degli esodi anticipati e ai colleghiinteressati agli esodi a ripensarci beneprima di accettare qualsiasi incentivazioneperché avrebbero poi subìto un taglio dellaloro pensione INPGI.In realtà nei mesi scorsi la FIEG aveva infertodue “schiaffoni” all’INPGI e alla FNSI siabocciando l’ipotesi di condono previdenziale(il presidente FIEG Luca Cordero di Montezemoloera favorevole anche perché avvantaggiavasoprattutto La Stampa, di cui èconsigliere di amministrazione, ma è statopoi messo in minoranza dagli altri rappresentantidegli editori nella FIEG), sia bocciandol’ipotesi di aumento del 2% del contributoprevidenziale INPGI. L’Istituto aveva infattichiesto il 2% in più di contributi perché oggiincassa dalle aziende editoriali circa il 10%in meno di contributi rispetto a quello che leaziende versano normalmente all’INPS.Appare chiaro che l’eventuale deliberadell’INPGI sulla mini-riforma delle pensionisarà certamente osteggiata dalla FIEG.Tuttavia, come precisato prima, il ministro delLavoro Maroni potrà ugualmente decideresenza tener conto del probabile veto dellaFIEG.Da ultimo segnalo che nel mio intervento inConsiglio generale ho sottolineato la necessitàche nel dibattito sulla mini-riforma dellepensioni si discuta il vero problema di fondoche, a mio parere, da tempo affligge la tranquillitàfinanziaria presente e futura dell’INP-GI.È il “nodo” del costo degli ammortizzatorisociali dovuti sia in base alla legge sull’editoria(prepensionamenti, T.F.R. in caso di fallimento,cassintegrazione e disoccupazione;va in proposito ricordato che l’INPGI, a differenzadell’INPS che paga l’indennità didisoccupazione solo a chi viene licenziato daun’azienda, paga un’indennità di disoccupazionefino a circa 1300 euro mensili per 2anni e accredita i relativi contributi figurativinon solo ai colleghi che vengono licenziati,ma anche a quelli che si dimettono o chevengono assunti con contratti a termine,come i precari Rai) sia in base agli analoghipesanti oneri dovuti in base allo Statuto <strong>dei</strong>lavoratori (contributi figurativi complessivamenteper milioni di euro accreditati a favoredi giornalisti - come, ad esempio, direttori diperiodici o di testate Rai - eletti deputati,senatori, eurodeputati o consiglieri regionali,i quali al termine del loro mandato godonoper lo stesso periodo di tempo del vitalizioda parte dello Stato e di una lautissimapensione INPGI in realtà pagata in granparte dalla categoria!).Come si concilia quest’onere pesantissimoper l’INPGI con il bilancio di un ente privatizzatoche deve reggersi solo ed esclusivamentesulle proprie forze senza alcun contributodello Stato? E perché per l’INPGI, unicoente privatizzato sostitutivo dell’INPS, valgonole stesse regole di garanzia finanziaria -cioè 5 annualità di contributi calcolati sulpagamento annuale delle pensioni in essereal 31 dicembre 1994, pena il commissariamentodell’Istituto - previste per gli altri entiprevidenziali privatizzati non sostituitvidell’INPS (Cassa Avvocati, Cassa del Notariato,Inarcassa per ingegneri ed architetti,Cassa Forense per gli avvocati, Cassa <strong>dei</strong>Dottori commercialisti, Cassa Ragionieri,Cassa Geometri, Enpam per i medici, eccetera)?C’è, forse, un avvocato, un notaio, un ingegnere,un architetto, un commercialista, unragioniere, un geometra o un medico chepercepisca dal proprio ente previdenzialeprivatizzato l’indennità di disoccupazione, lacassintegrazione, i contributi sul prepensionamentoo la liquidazione in caso di fallimento?La risposta è ovviamente negativa. Eallora perché non si chiede al ministero delLavoro, al Governo e al Parlamento di tenerconto dell’attuale profonda differenza oggiesistente tra l’INPGI e le altre Casse privatizzate?Non è questa, forse, la via maestra e giuridicamenteineccepiblie per risolvere il delicatoe complesso problema? Perchè i giornalistiitaliani di radio, tv e carta stampata non neparlano quasi mai? Perchè non spieganoche il prepensionamento di un pilota dell’Alitalialo paga lo Stato, cioè il cittadino, mentreil prepensionamento di un giornalista lo pagal’INPGI, cioè i giornalisti? E sanno che il uncosto del prepensionamento di un giornalistaè in media di circa un miliardo di vecchielire, pari ad euro 516.000,00? Non è, forse,giunta l’ora anche per l’INPGI di due bilanciseparati: uno per la previdenza (molto positivo),l’altro per l’assistenza (molto negativo)?Da 8 anni attendo, invano, una risposta aquesti interrogativi che interessano il futurodi tutti i colleghi e che determinano dellediscutibili e parziali delibere da parte delConsiglio di amministrazione dell’INPGI (perora “congelata”), come la mini-riforma dellepensioni, che appare più come un palliativoche come una soluzione finale del problema.La vera strada è politica ed occorre una voltaper tutte risolvere il dilemma del costo degliammortizzatori sociali oggi ingiustamenteaddossato per intero all’INPGI privatizzato,cioè in pratica a tutti i giornalisti iscritti. Se loStato non si accollerà almeno in parte ilpesantissimo onere, il futuro dell’Istituto saràtutt’altro che roseo.*presidente dell’AssociazioneStampa RomanaORDINE 6 <strong>2002</strong>15


P R E V I D E N Z ALa Cassazione dà la libertàai pensionati dell’Inpgi:possono lavorare e cumulareLa sentenzan. 6680/<strong>2002</strong>della Sezione lavorodella Suprema Cortevede prevalere la Rai:il nostro Istitutoè tenuto ad applicarel’articolo 116della legge 388/2000sull’emersionedel lavoro neroFranco Abruzzo: “Se l’Istituto è tenuto adapplicare l’articolo 116 della legge 388/2000,deve osservare anche l’articolo 72,che prevede la libertà di cumulo tra pensionee redditi da lavoro autonomo o dipendente”.Milano, 20 maggio <strong>2002</strong>. “Gli enti di previdenza privatizzatiesercitano una funzione pubblica. Nell’attività da loro svoltasi applica il sistema sanzionatorio previsto dalla legge in casodi inadempienza agli obblighi di versamento <strong>dei</strong> contributiprevidenziali. La normativa di legge concernente il sistemasanzionatorio da applicare in caso di inadempienza agliobblighi di versamento di contributi previdenziali si applicaanche agli enti di previdenza privatizzati, quale l’INPGI”. Èquesto il senso della sentenza della Sezione lavoro dellaCassazione civile n. 6680 del 9 maggio <strong>2002</strong> (Pres. Trezza,Rel. Maiorano) resa pubblica dal sito www.legge-e-giustizia.itdiretto dall’avvocato Domenico D’Amati. La sentenza vedeprevalere la Rai (assistita dagli avvocati Renato Scognamiglioe Grande Franzo) e soccombere l’Istituto. In sostanzal’Inpgi deve applicare l’articolo 116 della legge 388/2000, checontiene “misure per favorire l’emersione del lavoro irregolare”e che concede “sconti” sulle sanzioni che le aziende devonopagare agli istituti previdenziali per il ritardato pagamento<strong>dei</strong> contributi e <strong>dei</strong> premi. Franco Abruzzo ha dichiarato alriguardo: “Se l’Istituto è tenuto ad applicare l’articolo116 della legge 388/2000, deve osservare anche l’articolo72, che prevede la libertà di cumulo tra pensione eredditi da lavoro autonomo o dipendente”.“Caro presidente Cescutti, ti trasmetto copia della sentenza9 maggio <strong>2002</strong> n. 6680 della Sezione lavoro dellaCassazione civile, che dovrebbe esserti già nota. LaSuprema Corte ha scritto che l’Inpgi, in quanto ente diprevidenza privatizzato esercitante una funzione pubblica,deve osservare l’articolo 116 (Misure per favorirel’emersione del lavoro irregolare) della legge n. 388/2000(meglio nota come legge finanziaria per il 2001). Se èapplicabile all’Inpgi immediatamente l’articolo 116 dellalegge 388/2000 è almeno arduo affermare che l’articolo72 sulla libertà di cumulo sia di dubbia efficacia e non siavincolante. Una legge non si applica a rate o a pezzi. Iprovvedimenti giudiziari (e soprattutto quelli della Cassazione,suprema in punto di diritto in quanto incaricatadall’ordinamento di garantire l’uniforme interpretazionedelle leggi!) hanno una forza vincolante che lo stessoordinamento non riconosce ai pareri ministeriali!!! I parerinon prevalgono sugli articoli di una legge chiarissimacome la 388/2000!!!Questa sentenza della Cassazione civile rispetta gli articoli3 e 4 della Costituzione, cioè i principi dell’uguaglianzae del diritto al lavoro (professionale). L’articolo 72 dellalegge 388/2000, con la libertà di cumulo, garantisce aigiornalisti pensionati lo svolgimento della libera professione.Ti chiedo, caro presidente, di adoperarti in seno ai verticidell’Istituto perché il buon senso prevalga. Nessunovuole stravincere o umiliare gli altri. Cerco una soluzioneimperniata sul principio della ragionevolezza.Non era soltanto il sottosegretario, Raffaele Morese, adaffermare, con lettera 23 aprile 2001 e con tono perentorio,che l’articolo 116 della legge 388/2000 andava applicatodall’Inpgi. La sezione lavoro del Tribunale civile diRoma (presidente Domenico Cortesani), nell’udienza del<strong>28</strong> febbraio <strong>2002</strong> dedicata alla vertenza tra l’Editorialedella Nuova Sardegna e l’Inpgi, ha pronunciato, comegiudice di appello, la sentenza nella causa civile iscrittaal n. 90711 del Ruolo generale dell’anno 1999.Nel dispositivo, il tribunale “dichiara il diritto dell’Editorialedella Nuova Sardegna” a beneficiare <strong>dei</strong> vantaggi stabilitinel comma 18 dell’articolo 116 della legge 388/2000 (checoncede “sconti” sulle sanzioni che le aziende editricidevono pagare agli istituti previdenziali per il ritardatopagamento <strong>dei</strong> contributi e <strong>dei</strong> premi). Anche un giudice,- il giudice Baccarini del tribunale di Roma delegato alfallimento dell’Editoriale L’Indipendente e della Cooperativagiornalistica Mediatel -, ha scritto nell’ordinanza 18aprile 2001 che “per il credito Inpgi occorre valutare lasomma dovuta ex art. 116 legge 23 dicembre 2000 n.388”.C’è spazio, quindi, perché l’Inpgi si adegui in manierapossibilmente veloce alle decisioni della Cassazione civile.La partita per l’Istituto è persa. Non bisogna costringerei giornalisti, interessati alla libertà di cumulo, a farcausa all’Istituto. Sarebbe una beffa”.Questa la lettera che Franco Abruzzo ha trasmesso oggi alpresidente dell’Inpgi Gabriele Cescutti:Il giornalista, al quale dovevano essere versati i contributi dalla Rai, è stato assistito dagli avvocati Luca Boneschi eDomenico D’Amati.Cescutti: “L’Istituto è in regola”di Gabriele Cescutti*L’articolo pubblicato martedì sul Sole-24Ore con il titolo «Il sistema sanzionatoriosoft vale anche per le Casse private» fauna corretta cronaca della sentenza6680/<strong>2002</strong> emessa dalla sezione lavorodella Corte di cassazione, in base allaquale, in materia contributiva, le Casseprivatizzate sarebbero obbligate adadeguarsi alle norme sanzionatorie piùleggere, fissate dall’articolo 116 della legge388/2000.Ho scritto “sarebbero” in quanto la sentenzanon tiene conto di quanto previsto dallalegge 140/97: e cioè della potestà per glienti privatizzati di deliberare in materia diregime sanzionatorio contributivo, sottoponendol’atto all’approvazione <strong>dei</strong> ministerivigilanti (Lavoro ed economia).Il che all’Inpgi è puntualmente avvenuto.Il regime sanzionatorio Inpgi in caso diomissioni o evasioni contributive, dalsettembre 1997 è stato disciplinato concriteri analoghi a quelli previsti dallanormativa generale, secondo le disposizionidella legge 662/96. La legge 388/2000(richiamata dalla Cassazione) ha introdottosostanziali modifiche al sistema sanzionatoriogenerale, prevedendo misure menopesanti per le aziende responsabili dievasione o omissione contributiva. L’Inpgi,in qualità di ente previdenziale privatizzatodal decreto legislativo 509/94, ritenne - e abuon diritto tuttora ritiene - che la legge388/2000 non estendesse automaticamentei suoi effetti al sistema assicurativo gestitodall’Istituto.Ciò in relazione a quanto previsto dalcomma 6-bis dell’articolo 4 della legge140/97 che afferma «Nell’ambito del poteredi adozione di provvedimenti conferitodall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo30 giugno 1994, n. 509, possonoessere adottate dagli Enti privatizzati di cuial medesimo decreto legislativo, deliberazioniin materia di regime sanzionatorio edi condono per inadempienze contributive,da assoggettare ad approvazione ministerialeai sensi dell’articolo 3, comma 2, delcitato decreto legislativo». Applicando lalegge 140/97, l’Inpgi il 7 giugno 2001approvò una delibera di modifica delproprio sistema sanzionatorio, adeguandoloparzialmente a quanto previsto dallalegge 388/2000 mantenendo tuttavia il tettomassimo delle sanzioni civili superiore del20% rispetto a quello previsto dalla normativagenerale.La delibera necessitava dell’approvazione<strong>dei</strong> ministeri vigilanti. Tale iter si è conclusopositivamente il 16 aprile scorso, con laratifica da parte del ministro del Lavoro,acquisito il parere favorevole del ministerodell’Economia.Mi sento quindi di poter affermare, non soloche il comportamento dell’Inpgi è conformealla legge, ma anche che la sentenza dellaCassazione è errata, non avendo consideratoquanto disposto da una legge (la140/97) che i ministeri vigilanti hanno invecetenuto nell’opportuna considerazione. Diconseguenza l’Inpgi, lungi dal temere nuovicontenziosi, porrà presto in essere ogniazione volta a riaffermare i principi chesono alla base della norma voluta nel 1997dal legislatore e disattesi dalla Cassazione.*presidente dell’Inpgi(da “Il Sole 24 Ore” del 23 maggio <strong>2002</strong>)Abruzzo: “Caro Cescutti, la Cassazione non ha sbagliato!”Milano, 24 maggio <strong>2002</strong>. Intervento diFranco Abruzzo nello scontro in atto traFieg e Inpgi con una lettera indirizzata alpresidente dell’Inpgi, Gabriele Cescutti.“Caro presidente Cescutti, temo che i tuoiconsiglieri giuridici ti abbiano portato acommettere un errore macroscopico intema di lettura delle leggi succedutesi neltempo sul tema delle sanzioni in caso diomissioni o evasioni contributive da partedelle aziende editoriali.La sentenza n. 6680/<strong>2002</strong> della sezionelavoro della Cassazione obbliga le Casseprivatizzate ad adeguarsi alle normesanzionatorie più leggere, fissate dall’articolo116 della legge 388/2000. Tu scriviche “la sentenza non tiene conto di quantoprevisto dalla legge 140/97: e cioè dellapotestà per gli enti privatizzati di deliberarein materia di regime sanzionatorio contributivo,sottoponendo l’atto all’approvazione<strong>dei</strong> ministeri vigilanti (Lavoro ed economia).Il che all’Inpgi è puntualmente avvenuto”.Non è vero.A pagina 4 della sentenza si legge testualmente:“Il primo motivo di ricorso è infondato,ma il secondo va accolto in base allojus superveniens”. A pagina 6 si legge chelo jus superveniens è l’articolo 116 dellalegge n. 388/2000. La nuova norma insostanza “regola l’intera materia giàregolata dall’anteriore” (articolo 15 delleDisposizioni sulla legge in generale, Rd n.262/1942).L’articolo 15 delle Disposizioni sulla leggein generale (Rd n. 262/1942) disciplinal’abrogazione delle leggi: “Le leggi nonsono abrogate che da leggi posterioriper dichiarazione espressa del legislatore,o per incompatibilità tra le nuovedisposizioni e le precedenti o perché lanuova legge regola l’intera materia giàregolata dalla legge anteriore”. Appaionosuperflui altri commenti!La Cassazione, come vedi, non ha sbagliato.Hanno sbagliato quanti ti hanno consigliatodi imboccare una via che ha sullosfondo uno scontro senza precedenti congli editori già segnato nel risultato e chepotrebbe risultare drammatico per la vitadel nostro Istituto”.16 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


Fieg: il Governo blocchil’arroganza InpgiRoma, 23 maggio. “Ma l’Inpgi è un soggetto giuridico italiano?” Se lo chiede, polemicamente,in una nota la Federazione Italiana Editori Giornali commentando le dichiarazioni diGabriele Cescutti, presidente dell’Istituto di Previdenza <strong>dei</strong> giornalisti che, dopo aver qualificato“errata” la sentenza con la quale la Cassazione ha stabilito che l’Inpgi deve rispettare leleggi dello Stato in materia di sanzioni previdenziali, ha annunciato che l’Istituto “porrà inessere ogni azione volta a riaffermare i principi disattesi dalla Cassazione”.“Azioni di che tipo? - si chiede la Fieg - non certo giudiziarie, visto che è proprio la massimaistanza della Magistratura ad aver stabilito, con una sentenza di grande limpidezza, che l’Inpgiha torto. E se non basta - continua la Fieg - vincere in Cassazione per vedere ristabilito ilproprio diritto, quali presidi giuridici restano alle imprese e ai cittadini?”.“Affermare che una sentenza della Cassazione è errata e dichiarare che non si intende rispettarlaè - sostiene la Fieg - una manifestazione di eccezionale arroganza, contro la quale èlecito sperare che il Governo faccia immediatamente sentire la propria voce, richiamandol’Istituto al rispetto <strong>dei</strong> principi fondamentali di uno Stato di diritto, tra i quali figura quello chel’interpretazione delle leggi è di esclusiva competenza della Magistratura e che una sentenzadella Magistratura può non essere condivisa, ma deve essere rispettata. O questi principi -conclude la Fieg - valgono per tutti meno che per l’Inpgi?”.(ANSA)Cescutti:la Fieg cerca la rissaRoma, 23 maggio. L’Inpgi “non ha mai sostenuto le sue ragioni a colpi di clava, ma utilizzandole leggi nelle sedi deputate”.È quanto ha detto in una nota il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>,Gabriele Cescutti, aggiungendo che “di conseguenza è assurda, oltre che scorretta, l’ interpretazioneche la Fieg dà della dichiarata intenzione dell’ Inpgi di ‘porre in essere ogni azionevolta a riaffermare i principi che sono alla base della legge 140 del ‘97, voluta dal legislatoree trascurati dalla sezione Lavoro della Corte di Cassazione”.’Ed è fuor di dubbio - prosegue Cescutti - che la legge 140 del ‘97 riconosca agli enti previdenzialiprivatizzati la possibilità di adottare deliberazioni in materia di regime sanzionatorio, ovviamentesottoponendole alla ratifica <strong>dei</strong> ministeri vigilanti.Gli stessi ministeri, Lavoro ed Economia e Finanze hanno approvato la delibera dell’Inpgi, riconoscendonepiena legittimità”.“Anche alla luce di tale autorevole ratifica - conclude Cescutti - che la Fieg accusi di arroganzachi critica una sentenza della Cassazione la quale dice il contrario, non è soltanto scorretto,ma indice di una volontà di rissa, dietro la quale nascondere la debolezza delle proprieragioni”.(ANSA)Il Consiglio di amministrazione dell’Istituto ha approvato il consuntivo 2001Inpgi: 70 prepensionamentisono sulla dirittura d’arrivoRoma, 15 maggio <strong>2002</strong>. Il Consiglio diamministrazione dell’Inpgi ha approvato ieriil consuntivo 2001, il quale chiude con unavanzo di 81,723 miliardi di lire (42,206 milionidi euro) e con un ulteriore miglioramentodel rapporto percentuale fra entrate contributivecorrenti e spesa previdenziale, chescende al 91,6% (91,6 lire spese per pensionie 100 lire di contributi incassati).Il risultato del bilancio, che dovrà ora passarealla ratifica del Consiglio generale, è caratterizzatoprincipalmente dai seguenti capitoli:I contributiLe contribuzioni correnti, quelle affluite cioèsenza necessità di alcuna verifica ispettiva,sono state complessivamente pari a 474,073miliardi di lire, con un aumento di 50,900miliardi (+12,04% rispetto al 2000).L’aumento ha tre principali origini: a) il 2001ha registrato l’ingresso nell’Inpgi <strong>dei</strong> pubblicisticon rapporto di lavoro subordinato dicarattere giornalistico (16 miliardi di afflussocontributivo); b) è continuata, sia pure inmodo più attenuato rispetto al 2000, lacrescita <strong>dei</strong> rapporti di lavoro, il che ha fattosalire la contribuzione di 10,400 miliardi dilire; c) si sono manifestati in tutta la loroconcretezza gli effetti economici del nuovocontratto di lavoro Fnsi-Fieg.Ventiquattro miliardi e mezzo di lire di lievitazionecontributiva sono dunque collegabiliagli aumenti derivanti dal rinnovo del contrattonazionale e alle dinamiche delle carriere.In particolare il totale retributivo imponibile èpassato da 1.488,262 miliardi di lire del 2000a 1.667,669 miliardi del 2001, con un incrementodel 12,1%.La riserva tecnica prevista dalla legge449/97 è aumentata a 6,684 annualità (6,415nel 2000).Gli iscrittiIl numero degli iscritti al 31 dicembre è risultatopari a 13.758 giornalisti attivi così ripartiti:11.443 professionisti, 993 pubblicisti,1.322 praticanti.Il numero medio <strong>dei</strong> rapporti di lavoro è statopari a 14.166 unità. Questo il dettaglio: iprofessionisti hanno realizzato 11.683rapporti di lavoro, mentre 1.441 sono stati irapporti di lavoro riguardante i praticanti; i993 nuovi iscritti pubblicisti, infine, hannototalizzato un numero medio di rapporti dilavoro pari a 1.042 unità.Tra i professionisti i rapporti di lavoro stabili atempo pieno sono stati 10.620, con unacrescita del 2,23%, percentuale peraltro inferiorea quella determinatesi nell’anno precedente.Più consistente, sempre fra i professionisti,l’aumento <strong>dei</strong> rapporti di lavoro atermine: 594 unità.Anche nel 2001 è continuata la crescita delrapporto attivi-pensionati: 2,68 giornalisti attiviper ogni collega in quiescenza (2,47 nel 2000).L’attività ispettivae legaleLe ispezioni concluse in 29 aziende editorialihanno condotto ad accertamenti per untotale di 17,<strong>28</strong>6 miliardi di lire così suddivisi:8,338 miliardi di contributi e 8,948 miliardi disanzioni ed una tantum.Nel 2001 il Servizio legale ha condotto asentenza favorevole 58 cause, riguardantiaccertamenti ispettivi notificati tra il ‘95 e il‘96: ciò ha consentito di introitare 9,301miliardi di lire.I fondidi svalutazioneSono stati incrementati i fondi di svalutazione,i quali costituiscono una rassicurantecassa di compensazione la quale serve adare certezza sull’attendibilità degli avanziespressi.Il totale degli accantonamenti è ad oggi di155,579 miliardi di lire. Fra questi spiccano ilfondo svalutazione crediti (143,053 miliardi)e il fondo rischi su titoli (8,074 miliardi di lire).Al 31 dicembre il valore di mercato delportafoglio titoli dell’Istituto risultava di430,402 miliardi (423,644 il valore di bilancioe plusvalenza implicita di 6,758 miliardi).Le prestazioniprevidenzialie i prepensionamentiUna spesa complessiva di 434,300 miliardidi lire con un incremento percentuale del4,97%: questo l’onere affrontato dall’Inpgiper il pagamento delle pensioni così ripartite:341,118 miliardi per le pensioni dirette;21,529 miliardi per le indirette; 71,653 miliardiper i trattamenti di reversibilità e 295 milionidi lire per le pensioni non contributive.Tuttavia nel capitolo previdenziale emergepreoccupante il rischio rappresentato daiprepensionamenti conseguenti agli stati dicrisi aziendale.Nel 2001 i nuovi prepensionamenti derivantidall’applicazione della legge 416/81 sonostati 15 ed hanno comportato un aumento dispesa di 1,673 miliardi di lire.Ma l’impegno finanziario complessivo per iprepensionamenti accumulati negli anni, dal1° gennaio al 31 dicembre 2001 è stato benmaggiore: <strong>28</strong>,951 miliardi di lire, i quali sonoderivati da 254 trattamenti ad altrettanti colleghicon meno di 65 anni, che hanno percepitola pensione con un anticipo fino a 7 annirispetto a quanto previsto dalle norme generali,beneficiando inoltre degli effetti degli“scivoli” (fino a 5 annualità di contributi figurativiaccreditati).Senza quest’onere, per il quale l’Inpgi nondispone di alcuna entrata contributiva specifica,il rapporto percentuale fra entrate contributivee spesa pensionistica sarebbe scesodi oltre 6 punti, fino all’85,5%.La situazione dell’Istituto, quindi, oggi èindubbiamente rafforzata, ma va controllatacon attenzione, cogliendo per tempo isegnali negativi ed individuando adeguatesoluzioni.E ciò oggi più che mai, mentre varie aziendeeditoriali hanno già presentato (e altrestanno per presentare) piani di stato dicrisi che, al momento, hanno già raggiuntouna richiesta complessiva di oltre 70prepensionamenti.ACCANTONAMENTIGli Ordini possono investireanche in azioniMilano, 16 maggio. Gli Ordini professionalipossono impiegare gli accantonamenti dibilancio anche in azioni.È questo il parere del Dipartimento del Tesoro(direzione IV) del ministero dell’Economiasollecitato dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalistidella Lombardia.Il presidente Franco Abruzzo aveva richiestoun parere in ordine alla legittimità dell’investimentoin azioni di società quotate in borsadegli accantonamenti affidati in gestionefiduciaria ad un istituto di credito.La direzione del Dipartimento del Tesoroaveva “richiesto la valutazione del Dipartimentodella Ragioneria Generale dello Statoche, con nota in data 11 febbraio <strong>2002</strong>, hacomunicato che codesto <strong>Ordine</strong> non è sottopostoalla vigilanza del Dipartimento stessoe che in ordine all’assimilazione agli Entiprevidenziali, si precisa che questi ultimieffettuano investimenti anche nel settoreORDINE 6 <strong>2002</strong>azionario sulla scorta di piani di impiego <strong>dei</strong>fondi sottoposti all’approvazione del Ministerodel Lavoro e delle Politiche Sociali diconcerto con questo Ministero, se trattasi diEnti previdenziali pubblici, ovvero trasmessiper il parere se trattasi, invece, di Enti previdenzialiprivatizzati “.La direzione del Dipartimento del Tesoro, “perquanto di competenza, ritiene che la possibilitàper il gestore, nella specie una banca, diinvestire detti accantonamenti in azioni disocietà quotate debba essere verificata allaluce della regolamentazione dell’attivitàdell’Ente in indirizzo.Non si rinviene infatti né nel Testo unico delledisposizioni in materia di intermediazionefinanziaria (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) nénel Testo unico bancario (d.lgs. 1 settembre1993,n.385) alcuna limitazione sotto il profiloconsiderato”.GIORNALISTITelecineoperatori Mediasetchiedono il contrattoMilano, 18 aprile. I telecineoperatori dellereti Mediaset della sede di Milano, diventatidi recente giornalisti professionisti, rivendicanoin un comunicato il diritto ad essereinquadrati come redattori nel rispetto delcontratto giornalistico. Essi lavorano da quasi20 anni per il gruppo e principalmente perl’area news. Agli inizi nella realizzazione disettimanali e programmi di inchiesta, dal ‘90anche per i quotidiani di informazione televisiva,Tg4, Tg5, Studio Aperto, Studio Sport.L’azienda non riconosce la natura giornalisticadelle prestazioni e contesta la rivendicazionein quanto i telecineoperatori dipendonodalla società Videotime (gruppo Mediaset).Mediaset spa è socio di maggioranza diRti spa, la quale è socia di maggioranza diVideotime spa.I telecineoperatori sono dipendenti Videotimee operano in esterni principalmente perl’area news su richiesta quotidiana di Rti spa.L’ azienda, proseguono i telecineoperatori,pensa probabilmente di dover affrontare unesborso economico rilevante inquadrandolinelle varie testate. In realtà la media di anzianitàaziendale è così alta che un eventualeadeguamento economico non sarebbegravoso.Per contro, il gruppo beneficerebbe di unvantaggio operativo non indifferente: le testatepotrebbero utilizzare i telecinoperatori perrealizzare alcuni servizi compensando inparte la carenza di personale giornalistico.I telecinoperatori di Mediaset dopo avertentato un accordo si sono rivolti alla magistraturadel lavoro e sono in corso le primeudienze in tribunale (la prossima l’8 maggio).“Nel momento in cui si discute molto dimercato del lavoro e <strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> lavoratori -conclude il comunicato - appare strano cheuna grande azienda come Mediaset nonvoglia risolvere la controversia”. (ANSA)17


P R E V I D E N Z AC O M P L E M E N T A R EChiuso per mancanza di adesioniil Previclav,destinato ai consulenti del lavoro.AppelloSi salvano solo dentisti e giornalistiPochi iscritti,Fondi in crisiLa previdenza complementare non sfondatra i liberi professionisti. Se si eccettual’esperienza del fondo dentisti e di quellogiornalisti, le altre realtà fanno i conti coniscrizioni al contagocce che ne rendono difficilela partenza e compromettono i risultati:nel caso del Previclav (consulenti del lavoro)ci si è dovuti rassegnare a chiudere i battentia causa delle limitate adesioni.Anche tra i professionisti - secondo gli addettiai lavori - è scarsa la cultura “previdenziale”.Per questo, i vertici <strong>dei</strong> fondi - promossidai sindacati di categoria - chiedono nuoveagevolazioni fiscali per rendere appetibilel’investimento nel secondo pilastro.Secondo l’Adepp - l’Associazione che riuniscele Casse private che curano la previdenzaobbligatoria - per uscire dall’impasseoccorre anche una svolta organizzativa. «Glienti - chiarisce Adelio Bertolazzi, presidentedella Cassa <strong>dei</strong> dottori commercialisti -possono sfruttare le sinergie di gestione,avendo a disposizione le mailing-list <strong>dei</strong>potenziali clienti. Senza contare che verrebbemessa a frutto l’esperienza maturata nellagestione <strong>dei</strong> patrimoni accumulati per laprevidenza obbligatoria. Pur con gestioniseparate gli enti potrebbero far valere la loroforza sul piano finanziario». Le Casse chefanno riferimento all’Adepp, dunque, datempo chiedono di entrare da protagonistenel “mercato” <strong>dei</strong> fondi complementare. Unarichiesta appoggiata dal sottosegretario alministero del Welfare, Alberto Brambilla eche potrebbe essere recepita con un emendamentoal disegno di legge delega per lariforma del sistema previdenziale.In attesa della svolta, ecco una panoramicasulla previdenza complementare <strong>dei</strong> professionisti.Il fondo dentisti. «Abbiamo un discreto numerodi iscritti e stiamo crescendo» spiegaLuigi Daleffe, presidente del fondo pensionecomplementare per medici dentisti eodontoiatri. Per un ulteriore sviluppo sarebberonecessarie agevolazioni fiscali, maanche un’adeguata crescita <strong>dei</strong> fondi apertipotrebbe avere un effetto traino. In generalebisognerebbe superare la mancanza dicultura sulla previdenza. Ai fondi bisognainteressarsi già da giovani».PREVIDOC■Il fondo <strong>dei</strong> dottori commercialisti, che haottenuto l’autorizzazione alla raccolta delleadesioni nel 1998, conta finora circa 1.400iscritti su una platea di 29mila potenzialiaderenti. «Previdoc - secondo il presidenteAlberto Meconcelli - dovrebbe diventareoperativo a breve. Ci aspettiamo di crescere.I commercialisti hanno coscienza dell’importanzadella previdenza complementare: sitratta di fornire loro i mezzi per fruirne».di Niccolò MartinelliPREVICLAV■Dallo scorso dicembre Previclav, destinato aiconsulenti del lavoro, è stato cancellato daifondi che potevano raccogliere adesioniperché gli iscritti erano troppo pochi (480 suuna platea potenziale di 19mila professionisti).Le ragioni dell’insuccesso, secondoquanto chiarisce Giovanni Cirmi, l’ex presidente,sono da ricercare nella mancanza diuna cultura previdenziale e degli scarsiincentivi fiscali.FONDO PENSIONERAGIONIERI E FONGIURECO■Queste due realtà, anche alla luce <strong>dei</strong> correttivialla disciplina sulla previdenza complementaredello scorso anno, stanno per integrarei “fascicoli” e le pratiche per ottenere ilvia libera dalla Covip. «L’intenzione di costituireil fondo c’è - spiega Walter Cavrenghi,presidente del fondo <strong>dei</strong> ragionieri- ma nonescludiamo eventuali collaborazioni con altrerealtà». «Per funzionare adeguatamente -sostiene Corrado Carbonaro, al vertice diFongiureco - ci vuole un alto numero di iscritti».■FONDO DI PREVIDENZACOMPLEMENTAREDEI GIORNALISTINato nel 1987, può contare 13mila iscritti su15mila potenziali. Tuttavia nell’ambito <strong>dei</strong>fondi per i professionisti è un caso a sé:riguarda infatti i giornalisti assunti concontratto a tempo indeterminato. Secondo ilpresidente Marina Cosi, il fondo potrebbeavere anche più aderenti raggiungendo, conl’aiuto dell’<strong>Ordine</strong> e del sindacato, maggiorevisibilità.GENCASSE■Si tratta di una società, partecipata per metàda Generali e per metà da alcune Casseprofessionali (avvocati, notai, ingegneri earchitetti, periti industriali, consulenti dellavoro, psicologi, geometri e per una piccolaquota anche dall’Adepp), che opera daldicembre 2001 come una compagniaspecializzata per la previdenza integrativa<strong>dei</strong> professionisti. I sottoscrittori sono, almomento, 500. «L’obiettivo - spiega spiegaMaurizio de Tilla, presidente della Cassaforense e dell’Adepp - è raggiungere 10milasottoscrittori e 35 milioni di euro di patrimonioentro il <strong>2002</strong>».* (da Il Sole 24 Ore del 12 febbraio <strong>2002</strong>)Il Fondo di previdenza complementare <strong>dei</strong> giornalisti italiani haraggiunto nel 2001 un patrimonio di 84,5 miliardi di lire (+19,39% del2000). Alla data del 31 dicembre 2001 risultavano iscritti al Fondo12.304 giornalisti, così suddivisi: 10.414 vecchi iscritti e 1.890 nuoviiscritti. Lo scorso anno sono stati liquidati 677 giornalisti in pensioneper un importo complessivo di 2 miliardi 168 milioni di lire.Entro il 30 giugno prossimo saranno recapitati a tutti gli iscritti gliestratti-conti aggiornati e corretti con il totale <strong>dei</strong> versamenti effettuatia partire dal 1987di Pierluigi Roesler Franz*Il Fondo è attualmente amministrato da unCdA, presieduto da Marina Cosi e compostoin misura paritaria da 6 giornalisti (elettinell’autunno scorso dalla categoria, oltre allaCosi, Giovanni Rossi, Franco Siddi, LuigiRonsisvalle, Marco Volpati e il sottoscritto) e6 editori indicati dalla FIEG. La gestioneamministrativa del Fondo è, invece, curatada Previnet (società del gruppo AssicurazioniGENERALI) con sede a Mogliano Veneto.Nel 2001 i depositi del Fondo sono stati cosìripartiti:1) 35 miliardi 300 milioni di lire gestiti daFIDEURAM Capital Sim (rendimento nettoannuo + 0,55%);2) 35 miliardi 400 milioni di lire gestiti da INGConsiglio di AmministrazioneMarina Cosi (presidente)Pierluigi Roesler FranzGiovanni RossiLuigi RonsisvalleFranco SiddiMarco Volpatiin rappresentanza <strong>dei</strong> giornalistiRoberto Cilenti (vicepresidente)Massimo GarzilliSergio MoschettiLuigi RiccadonaEnrico SelvaEdoardo Zeccain rappresentanza degli editoriCollegio <strong>dei</strong> SindaciAndrea Di SegniGiovanni Marrasin rappresentanza della FNSISergio Monetti (presidente)Gianluca Zingoniin rappresentanza della FIEGInvestment Management Italia (rendimentonetto annuo + 1,91%);3) 12 miliardi 300 milioni in BTP e altri titoli amedia scadenza in deposito presso il gruppobancario INTESA-BCI (rendimento nettoannuo + 4,75%).Il rendimento mediocomplessivo è stato quindi del 2,06%. Sulrisultato meno brillante <strong>dei</strong> primi due gestorihanno pesato notevolmente gli effetti negativisui mercati dell’attacco all’America dell’11settembre scorso. Ma la scelta prudenzialedegli investimenti con un asset allocationsuddiviso tra 80% di titoli obbligazionari e20% di titoli azionari ha salvaguardato ilpatrimonio complessivo delle performancenegative <strong>dei</strong> titoli azionari.La percentuale media <strong>dei</strong> versamenti daDati generali sulFondo <strong>dei</strong> giornalisti(www.previcomp-giornalisti.it)Il Fondo di previdenza complementare <strong>dei</strong>giornalisti italiani è un regime pensionisticodi categoria derivante dalla contrattazionecollettiva e si affianca – quale fondo pensionecomplementare – al regime pensionisticoobbligatorio di base, preposto cioè a liquidarela pensione di primo livello. Il Fondo corrispondequindi un trattamento aggiuntivo diquello dell’INPGI attraverso una capitalizzazioneindividuale di risorse.Il “Fondo” - eretto in Fondazione con decretodel ministero del Lavoro del 27 giugno 2000- è guidato da un Consiglio di Amministrazionecomposto di dodici membri ed è vigilatoda un Collegio <strong>dei</strong> Sindaci di quattro componenti.Questi Organi collegiali sono paritetici e irappresentanti degli iscritti – superata unabreve fase transitoria – saranno da essi direttamenteeletti.L’adesione al Fondo è volontaria e si realizzacompilando e sottoscrivendo l’appositomodulo predisposto dal Fondo stesso.Regime e tipologiadelle prestazioniIl Fondo opera secondo il metodo tecnicodella “contribuzione definita”, in regime dicapitalizzazione individuale.Esso attribuisce all’iscritto una rendita – peril tramite di convenzioni assicurative – inpresenza del diritto alla pensione di base eallorquando siano trascorsi almeno ventianni di anzianità di adesione.A fronte di un’anzianità inferiore è consentitoil riscatto del complessivo capitale accumulato,come meglio precisato di seguito.In parziale alternativa alla rendita assicurativa,l’iscritto può ottenere la liquidazione incapitale di una quota non superiore al 50%della posizione pensionistica di pertinenza.18 ORDINE 6 <strong>2002</strong>


Rendimentodel fondo al2,06 per centoRoma, 6 maggio <strong>2002</strong>. È aumentato del 19,39%, cioè a 84,5 miliardidi lire, nel 2001, il patrimonio complessivo del Fondo di previdenzacomplementare <strong>dei</strong> giornalisti, il cui bilancio è stato approvato dalconsiglio di amministrazione. Lo rende noto un comunicato, in cui siaggiunge che, nonostante il generale cattivo andamento degli investimentifinanziari, il rendimento medio è stato pari al 2,06%.“La scelta prudenziale, che ha confermato un asset allocation suddivisotra un 80% di titoli obbligazionari, e un 20% di titoli azionari - silegge nella nota - ha salvaguardato il patrimonio complessivo dalleperformance negative <strong>dei</strong> titoli azionari”. Il CdA ha anche valutatopositivamente il contenimento <strong>dei</strong> costi di gestione, obiettivoraggiunto mediante l’affidamento all’esterno, così come prescrivela legge, di tutte le fasi della gestione finanziaria e amministrativa.Nelle prossime settimane - conclude la nota - tutti i giornalisti iscrittiriceveranno il quadro delle loro competenze al 31 dicembre 2001,con l’indicazione <strong>dei</strong> contributi versati dalle aziende e le specificazionidella parte a carico aziendale, di quella a carico del lavoratoree della quota di Tfr e <strong>dei</strong> relativi interessi maturati al netto dellespese di gestione.(Ansa)“Giovani redattori, non regalate l’1% agli editori.C’è il Fondo per la pensione complementare!”parte <strong>dei</strong> giornalisti italiani è stato di appenalo 0,30%. Tale quota, che, tra l’altro, èlargamente inferiore a quella versata dalleaziende, dovrà essere certamente incrementataattraverso forme più capillari disensibilizzazione e informazione degliiscritti, nonchè una campagna di nuoveiscrizioni soprattutto tra i giovani giornalistie, in particolare, tra i giovani colleghiassunti dalla Rai (oggi quasi nessuno diloro risulta, purtroppo, iscritto).Si ricorda in proposito che senza adeguativersamenti al Fondo i 4.102 giornalisti cherisultano iscritti all’Inpgi dopo il 24 luglio 1998non potranno certamente costruirsi unapensione integrativa adeguata rispetto aquella che un giorno dovranno riceveredall’Inpgi. Per questi 4.102 colleghi, pari al23% degli iscritti all’Inpgi, la media retributivapensionabile individuale sarà infatti calcolatasu tutta la vita lavorativa in base ad una deliberadell’Inpgi approvata dal ministero delLavoro il 24 luglio 1998.Di conseguenza avranno una pensione Inpgidi gran lunga inferiore - in media del 20-22%- rispetto a quella <strong>dei</strong> colleghi che vanno oggiin pensione. Di qui la necessità per i colleghiiscritti all’Inpgi dopo il 24 luglio 1998 dicostruirsi su misura un’adeguata pensioneintegrativa tramite il Fondo di previdenzacomplementare <strong>dei</strong> giornalisti italiani proprioper coprire questa differenza.Va peraltro ricordato ai giornalisti nonancora iscritti che essi perdono l’1% dellaretribuzione-base annua che per contrattoversa l’editore. In pratica, fanno un belregalo ai datori di lavoro, mentre la quota acarico del giornalista (che va da un minimoveramente basso, lo 0,1%, a un massimodel 12%) può essere alzata o abbassataanche in seguito, in base alle esigenze diprevidenza individuali e alla convenienzafiscale.Il mio consiglio personale è che ciascuncollega in attività di servizio - giovane oanziano - controlli bene la propria posizionenel Fondo e si costruisca una pensione futurasu misura rispetto a quella dell’Inpgi.I colleghi assunti dopo il 1998, quelli diventatinel frattempo professionisti e anche quelliche cambiano lavoro si devono iscrivere, oconfermare l’iscrizione, compilando un appositomodulo (può essere scaricato dal nuovosito www.previcomp-giornalisti.it allestito dalFondo).Gli iscritti al Fondo per quanto riguarda i giornalistisi dividono in due gruppi:1) i “vecchi iscritti”, cioè tutti quei giornalistidipendenti da aziende aderenti alla FIEG(RAI esclusa) per i quali siano stati versaticontributi al Fondo sino al 27 aprile 1993. Percostoro l’adesione al Fondo è automatica eobbligatoria. Per la RAI vi sono altre date diriferimento ed altre regole per l’iscrizione.Purtroppo si è così verificato che molti colleghidella RAI assunti dopo il 1988 non risultanooggi iscritti al Fondo perchè la loroadesione non era automatica, ma presupponevaun’accettazione esplicita da parte delgiornalista. Ciò in molti casi, non è, purtroppo,avvenuto;2) i “nuovi iscritti”, cioè tutti quei giornalistiche abbiano acquisito lo status professionaledopo il 27 aprile 1993 ed abbiano in corsoun rapporto di lavoro giornalistico, ai sensidel contratto di lavoro giornalistico collettivodi categoria FNSI-FIEG.A loro volta i “nuovi iscritti” si dividono in duecategorie:a) “nuovi iscritti” che abbiano acquisito lostatus professionale tra il <strong>28</strong> aprile 1993 e il31 maggio 1998;b) “nuovi iscritti” che abbiano acquisito lostatus professionale successivamente almaggio 1998. Per questi ultimi l’iscrizione alFondo è libera e può essere effettuata inqualsiasi momento in presenza dell’unicorequisito statutario, che è quello di avere incorso un rapporto di lavoro ex art. 1 delvigente CNLG giornalistico.Si ricorda che non devono essere sottovalutatii notevoli vantaggi fiscali per i giornalistiiscritti al Fondo. In particolare, a partiredal 1° gennaio 2001 la deducibilità dellacontribuzione al Fondo si calcola con iseguenti criteri:A) per i “vecchi iscritti”: 1) entro il limite del12% del reddito complessivo (cioè la sommadel reddito da lavoro subordinato con qualsiasialtra fonte di reddito); 2) entro il limite di10 milioni di lire annue oppure se nel 1999 ilgiornalista abbia versato al Fondo una cifrasuperiore a 10 milioni di lire, tale cifra divieneil tetto massimo di deducibilità;B) per i “nuovi iscritti”: 1) entro il limite del12% del reddito complessivo; 2) entro il limitedi 10 milioni di lire annue oppure entro illimite del doppio della quota di T.F.R. versatoal Fondo, dedotta la quota di contributoversata dal datore di lavoro.Non possono iscriversi al Fondo i giornalistiche svolgono attività di lavoro autonomo(costoro devono iscriversi alla Gestioneseparata Inpgi) e coloro che abbiano in corsorapporti di lavoro regolati dagli articoli 2 e 12del vigente CNLG giornalistico.Trattandosi,come si vede, di una materia molto complessa,ma altrettanto fondamentale per tutti icolleghi l’Associazione Stampa Romana èintenzionata ad aprire entro breve tempo unosportello informativo per aiutare tutti i colleghidi Lazio e Molise sia che intendano iscriversial Fondo, sia che, essendo già iscritti,intendano incrementare l’entità <strong>dei</strong> loroversamenti mensili sia che, essendo andatiin pensione dopo il 1985, intendano incassareil capitale o mantenerlo nel Fondo ed assicurarsiuna rendita vitalizia.*presidente dell’AssociazioneStampa RomanaIl Fondo non concede prestiti agli aderentima ove essi vantino un’anzianità di iscrizionedi almeno otto anni possono conseguireun’anticipazione per spese sanitarie, terapieed interventi straordinari riconosciuti dallecompetenti strutture pubbliche, ovvero perl’acquisto della prima casa di abitazione persé o per i figli, documentato da atto notarile.Apporti economiciLa materia degli apporti economici al Fondoè attualmente disciplinata dall’accordo dirinnovo del Contratto nazionale di lavorogiornalistico, intervenuto il 4 giugno 1998.Il Fondo è alimentato da un contributo datorialee dell’iscritto a valere sui seguentielementi della retribuzione: Minimo tabellare(per i direttori, condirettori e vice direttori ilminimo tabellare è convenzionalmente individuatonel minimo di tabella del redattorecapo aumentato del 20%); Contingenza;Aumenti periodici di anzianità; Turno notturno;Tredicesima; Indennità redazionale erelativa aggiunta; Festività nazionali e infrasettimanali;Festività soppresse; Domenichee relative incidenza; Indennità compensativa(art.7, comma 15, del CNLG); Maggiorazioneper giornalisti dipendenti dalle agenzie diinformazioni quotidiane per la stampa(art.10, ultimo comma, del CNLG).Qualora le voci retributive, base di computodella contribuzione, costituiscano, sia singolarmenteche cumulativamente, oggetto dierogazione forfettaria e tale erogazione ricomprendaaltresì elementi retributivi esclusidall’imposizione contributiva (es. superminimiindividuali, lavoro straordinario, ecc.) l’erogazioneforfettaria è assunta a base di calcolonei limiti del 40% del relativo ammontare.Il contributo datoriale è dell’1%. L’apportocontributivo dell’iscritto è compreso da unamisura minima obbligatoria dello 0,10% sinoad una massima del 12%, liberamente sceltadagli interessati.Il Fondo è inoltre alimentato da una quota diT.F.R. pari, a partire dal 2001, al doppiodell’ammontare del contributo del datore dilavoro.Trasferimento o riscattodella posizione individualeIn caso di venire meno <strong>dei</strong> requisiti di partecipazioneal Fondo (e cioè di cessazioneORDINE 6 <strong>2002</strong>dell’attività di giornalista) la posizione individualedell’iscritto può essere:• trasferita ad altro fondo pensione complementarea cui l’interessato acceda in ragionedi una nuova attività lavorativa svolta;• trasferita ad un “fondo aperto”;• riscattata in forma di capitale.Nel fare rinvio alla lettura della specificadisciplina della fattispecie contenuta nell’art.14 dello Statuto, si evidenzia che il merocambio di datore di lavoro nell’ambito dellacategoria (es. passaggio da una ad altratestata) non determina alcuna conseguenzanell’iscrizione al “Fondo”.Gestionedelle risorseL’impiego delle risorse del Fondo è curato dalConsiglio di amministrazione, che può avvalersidi gestori specializzati.Sono previsti tre comparti di investimento:uno prudente (20% di titoli azionari e 80% dititoli obbligazionari), uno conservativo (100%di titoli obbligazionari), ed uno mix (60% dititoli obbligazionari e 40% di titoli azionari).Ciascun iscritto può scegliere il compartoche meglio risponde alle proprie esigenzed’investimento.Rendicontodi Gestione – InformativaGli iscritti sono periodicamente informati neldettaglio della consistenza e del rendimentodella propria posizione individuale.Deducibilità fiscaledel contributoDal 1° gennaio 2001 entra in vigore il nuovoregime fiscale <strong>dei</strong> contributi ai fondi pensionecomplementari previsto dal decreto legislativo18 febbraio 2000, n.47.La nuova normativa modifica sostanzialmenteil trattamento fiscale <strong>dei</strong> contributi versatial Fondo da parte <strong>dei</strong> “vecchi iscritti” e <strong>dei</strong>“nuovi iscritti”.La vecchia normativa, tuttora in vigore, e chescadrà con il 31 dicembre 2000, prevede chei “vecchi iscritti” possono dedurre dalla retribuzioneimponibile ai fini Irpef l’interoammontare della loro contribuzione annua alFondo, senza alcun limite. Mentre per i“nuovi iscritti” la deducibilità fiscale è previstanel limite massimo di 2.500.000 lire all’annoed entro il limite del 2% della retribuzioneannua considerata per il calcolo dell’accantonamentodel TFR, a condizione che siastata versata al Fondo una quota di TFRalmeno pari a quella del contributo versato.A partire dal 1° gennaio 2001 i “nuovi iscritti”potranno dedurre dal reddito, ai fini dell’imposizioneIrpef, la contribuzione al Fondo nellimite massimo di 10 milioni annui ed entro il12% del reddito complessivo. Si deve chiarireche, per reddito complessivo si intende lasomma del reddito da lavoro subordinatocon qualsiasi altra fonte di reddito.Peraltro, nel tetto di deducibilità <strong>dei</strong> 10 milionidevono rientrare i contributi ed i premicomplessivamente versati a tutte le forme diprevidenza complementare e integrativa.Pertanto, se un giornalista versa nell’anno 6milioni al Fondo e 6 milioni ad un’altra formapensionistica individuale, potrà ridurrecomplessivamente dal reddito soltanto 10milioni e, sempre nel caso di specie, i restantiRicapitolando, la deducibilità fiscale fino al 31 dicembre 2000si realizza con i seguenti criteri:VECCHI ISCRITTI- deducibilità integrale.Dal 1° gennaio 2001 la deducibilità della contribuzioneal Fondo si calcolerà con i seguenti criteri:VECCHI ISCRITTI- entro il limite del 12% del reddito complessivo;- entro il limite di lire 10 milioni annui; ovvero- qualora nel 1999 il giornalista abbia versatoal Fondo una cifra superiore a lire 10milioni, tale cifra diviene il tetto massimodi deducibilità.2 milioni saranno soggetti a tassazione Irpef.Ciò significa che ogni iscritto al Fondo devecomunicare al Fondo stesso entro il 30 settembredi ciascun anno l’ammontare complessivo<strong>dei</strong> contributi che in sede di dichiarazione <strong>dei</strong>redditi per l’anno precedente, non hannobeneficiato della deduzione fiscale.Un altro limite posto dalla normativa fiscaleriguarda il rapporto tra contribuzione e quotadel TFR versato al Fondo.La legge, infatti, prevede, quale ulteriorecondizione di deducibilità, che il contributo alFondo non possa superare una cifra pari aldoppio della quota di TFR versata al Fondostesso, diminuita del contributo versato daldatore di lavoro.Per quanto riguarda i “vecchi iscritti” il regimefiscale in vigore dal prossimo 1°gennaio 2001 prevede che la loro contribuzioneal Fondo è deducibile dal redditoimponibile ai fini Irpef nel limite del 12% delreddito complessivo e nel limite dell’importomassimo di 10 milioni di lire maggioratodella differenza tra i contributi effettivamenteversati nel 1999 e il predetto limite <strong>dei</strong>10 milioni di lire.NUOVI ISCRITTI- entro il limite massimo di 2.500.000 di lire;- entro il limite del 2% della retribuzioneannua presa a base per il calcolo del TFR;- a condizione che sia stata destinata alFondo una quota di TFR almeno pari aquella <strong>dei</strong> contributi versati.NUOVI ISCRITTI- entro il limite del 12% del reddito complessivo;- entro il limite <strong>dei</strong> 10 milioni annui;- entro il limite del doppio della quota diTFR versato al Fondo, dedotta la quota dicontributo versata dal datore di lavoro.19 (23)


Diritto di replicaAZIONE CIVILE PER RISARCIMENTO DANNI DECISA DAL CONSIGLIOAffairecase di viaMissaglia-InpgiGruppo LigrestiRicostruzione storicogiuridicadi CescuttiEcco il testo della parte della letteracircolare(datata 23 aprile <strong>2002</strong>) del presidentedell’Inpgi agli iscritti sull’affairedelle case di via Missaglia:Lo scorso 16 gennaio vi inviai una circolarenella quale formulavo alcune documentatecritiche ad una sentenza di condanna dellaCorte <strong>dei</strong> Conti del Lazio, emessa neiconfronti di due presidenti e di 29 consiglieridell’Inpgi i quali nel periodo tra l’87 e il ‘95,amministrarono l’Istituto. Nella stessa letteraesprimevo solidarietà non formale ai colleghicoinvolti, e affermavo di essere certo che insecondo grado essi otterranno un completoproscioglimento.A quella mia lettera oggi non ho nulla daaggiungere, se non l’informazione che tuttigli interessati hanno presentato appello.Attendo quindi con fiducia che sul ricorso sipronunci la Corte <strong>dei</strong> Conti centrale.Da allora, tuttavia, sulla vicenda oggettodella sentenza (l’acquisto nell’89, nel ‘90 enel ‘91, da parte dell’Inpgi, di due palazzi invia Missaglia a Milano) è intervenuto piùvolte il collega Franco Abruzzo, presidentedell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.Abruzzo ha pubblicato sul mensile dell’<strong>Ordine</strong>,Tabloid, un’intera pagina (riportata anchesul sito Internet dello stesso <strong>Ordine</strong>) nellaquale sono contenute informazioni non corrispondential vero e lesive dell’onorabilità <strong>dei</strong>31 colleghi e dell’Inpgi. Successivamente lostesso Abruzzo ha diffuso numerose note,anch’esse contenenti notizie non vere, giungendopersino a richiedere ai titolari <strong>dei</strong> ministerivigilanti (Lavoro ed Economia) di provvedereal commissariamento “ad acta” dell’Istituto.Di fronte a questa ripetuta serie di attacchi,basati su ricostruzioni <strong>dei</strong> fatti che nonhanno rapporto con la verità, il Consiglio diamministrazione dell’Inpgi - su mandato delConsiglio generale - ha deciso con votounanime di avviare un’azione civile per risarcimentodanni nei confronti di Franco Abruzzo.Sono ben cosciente che si tratta di un attoinconsueto, il quale, proprio per tale motivo,va adeguatamente motivato agli iscritti. Neltentativo di essere conciso procederò perpunti, contrapponendo alle affermazioni diAbruzzo le più rilevanti verità documentateche i nostri legali esporranno ai giudici.* * * *1) Nel numero di febbraio del mensileTabloid, Abruzzo ha pubblicato un’interapagina nella quale, prendendo lo spuntodalla sentenza della Corte <strong>dei</strong> Conti, esegueuna ricostruzione giudiziaria maliziosa eparziale, nella quale l’omissione di parecchieverità si mescola ad affermazioni non corrispondential vero.Innanzitutto il titolo a tutta pagina, cheannuncia: “Case di via Missaglia: l’Inpgi recupera15 miliardi”. Subito sotto, il catenaccio(o sottotitolo) afferma: “(al Psi tangente di 7miliardi)”.Quali possono essere le conclusioni di unqualsiasi lettore? Che l’Inpgi è stato coinvoltonella vicenda relativa allo scandalo delletangenti al Psi e che la sentenza della Corte<strong>dei</strong> Conti afferma tale circostanza o - quantomeno - trae da ciò un importante spunto.In realtà la sentenza della Corte <strong>dei</strong> Continon cita alcuna tangente di 7 miliardi, nénomina il Psi o altri partiti politici.Ma Tabloid (di cui è direttore responsabileFranco Abruzzo) sorregge il sospetto attraversoil testo di un taglio basso della pagina,intitolato “L’inchiesta penale”.Qui vengono compiuti due riferimenti ad attigiudiziari del passato.1) “L’acquisto <strong>dei</strong> due immobili - dice Abruzzo- era finito anche nell’inchiesta sulletangenti condotta dal Pm Antonio Di Pietro.Luciano Betti amministratore delegato dellaPremafin, gruppo Ligresti (la società da cuil’Inpgi acquisto i due palazzi, n.d.r.) interrogatoil 23 novembre 1992 dal Dr. Di Pietroha detto: Come già dichiarato in precedenzaho avuto modo di versare del denaro direttamentea mani di legali rappresentanti <strong>dei</strong>seguenti Enti pubblici: immobili venduti all’Inadel.......immobili venduti all’Enasarco........immobili venduti all’Inpgi....... immobilivenduti al Fondo pensioni del Banco diRoma”.Il testo dell’articolo su Tabloid così prosegue:“Per quanto riguarda gli immobili vendutiall’Inpgi, Betti ha aggiunto: Trattasi di treimmobili siti in Milano in via <strong>dei</strong> Missaglia 63venduti dalla Premafin negli anni 1990 -1991 a fronte <strong>dei</strong> quali mi riservo di esaminarela documentazione e di dare esaurientirisposte”.Così come è riportato, il testo rappresentaun gravissimo falso. Il verbale dell’interrogatoriodi Betti infatti così cita testualmente:QUESTIONE DENARO VERSATO ARAPPRESENTATI DI ENTI PUBBLICI -Come ho già dichiarato in precedenza, hoavuto modo di versare del denaro direttamentea mani di legali rappresentanti <strong>dei</strong>seguenti Enti pubblici: immobili venduti all’Inadel.........al Commissario straordinariocirca 1 miliardo e 600 milioni.........; immobilivenduti all’Enasarco......... la sommacomplessiva di lire 1 miliardo e 300 milionial Presidente del Consiglio di amministrazione........Immobili venduti all’Inpgi - Trattasi ditre immobili siti in Milano in via <strong>dei</strong> Missaglia,63 venduti dalla Premafin negli anni1990 - 1991 a fronte <strong>dei</strong> quali mi riservo diesaminare la documentazione e di dareesaurienti risposte.In quel verbale quindi, contrariamente aquanto affermato da Tabloid, il Betti nella suaqualità di rappresentante della Premafin noncomprese affatto l’Inpgi fra gli Enti ai cuiamministratori affermava di aver consegnatodenaro, ma unicamente si riservò di fornire“esaurienti risposte” dopo aver esaminato ladocumentazione.E che accadde in seguito? Il cronista Abruzzonon si è preoccupato di accertarlo o didirlo. Ma ce ne siamo occupati noi. Ebbene,Luciano Betti oggi conferma (come peraltrorisultava nel verbale del ‘92) di non aver maiaffermato di aver versato quattrini ad amministratoridell’Inpgi e di essere disposto atestimoniarlo in ogni sede.Ma c’è di più. Il Betti ha anche fornito alnostro Ufficio legale copia della dichiarazioneche egli consegnò al Pm Davigo il 22febbraio 93, nella quale - sciogliendo laprecedente riserva - egli allora dichiarava,quanto all’Inpgi, di escludere che “amministratoridell’Ente o politici avessero favoritola Premafin nell’acquisto <strong>dei</strong> predetti immobili”e sosteneva “la piena regolarità dellevendite” citando a sostegno di quanto affermato“il rapporto della Guardia di Finanzadel 27/2/92, fogli 11-13”.2) Nello stesso testo dal titolo “L’inchiestapenale”, Abruzzo ricupera anche, come argomentoaccusatorio nei confronti degli amministratoridell’Inpgi, gli elementi contenuti nelladomanda di autorizzazione a procederecontro Bettino Craxi, presentata il 12 maggio1993 dai magistrati della Procura di Roma,Mele, Vinci, Cavallone, Galasso e Misiani.Nell’atto si afferma che l’allora deputatoBettino Craxi aveva costretto i rappresentantidi varie società immobiliari a versargliingenti somme di denaro per non frapporreostacoli alla vendita di immobili ad Entipubblici. Fra i responsabili di queste societàè indicato anche Luciano Betti, amministratoredella Premafin che - è detto nei documenti<strong>dei</strong> magistrati di Roma - “era statocostretto a versare al Psi la somma di circa7 miliardi in relazione all’acquisto di immobili”da parte di otto Enti previdenziali. Traquesti è citato anche l’Inpgi, per l’acquisto<strong>dei</strong> due palazzi di via Missaglia a Milano.Gli acquisti di via Missaglia, dunque, furonocompresi in un elenco di 33 acquisizioniimmobiliari da parte di vari Enti, dove -secondo i Magistrati romani - si potevaipotizzare da parte <strong>dei</strong> venditori un illecitofinanziamento <strong>dei</strong> partiti.Ma da quel momento (si era a maggio del1993) quali sono stati gli sviluppi? Ogni buoncronista ha infatti il diritto ed il dovere di riferirein merito alle iniziative e alle decisionidella magistratura, specie se queste riguardanopersonaggi o Enti pubblici. Ogni buoncronista ha però anche il dovere di verificarequali siano stati l’evoluzione e l’esito delleiniziative giudiziarie, aggiornando la cronaca<strong>dei</strong> fatti ed integrandola con le novità nel frattempointervenute.Abruzzo sfida Cescutti“Se cerchi la verità,querelami per diffamazione...”Milano, 2 maggio <strong>2002</strong>. In questi giorni gliiscritti all’Inpgi stanno ricevendo una letteradi 10 pagine firmata dal presidente GabrieleCescutti. Cinque delle 10 pagine sono dedicatealla sentenza 8 gennaio <strong>2002</strong> dellaCorte <strong>dei</strong> conti del Lazio con la quale 31giornalisti/amministratori dell’Inpgi negli anni1989-1991 sono stati condannati a risarcire,- (con tre tecnici, due ministeriali, i rappresentantidella Fieg e degli impiegati) -, l’enteper una somma pari a 15 miliardi e 520 milioniper l’acquisto di due edifici (per 104 appartamenti)in via Missaglia 63 a Milano. Lasomma di 15 miliardi e 520 milioni è la differenzatra il prezzo (57 miliardi e 50 milioni dilire) pagato dall’Inpgi alla Premafin del GruppoLigresti, che aveva costruito i due edifici,e il valore di stima (41 miliardi e 530 milionidi lire) individuato da una superperizia.Cescutti annuncia un’azione legale in sedecivilistica contro Franco Abruzzo, presidentedell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia e direttoreresponsabile di Tabloid (organo dell’OgL),“colpevole” di aver scritto una ricostruzionestorico-giuridica (annunciata espressamentecon richiamo visibilissimo in prima pagina)dell’affaire così titolata:Case di via Missaglia: l’Inpgi/”recupera”15 miliardi/(al Psi tangente di 7 miliardi)/La terza riga del titolo (tra parentesi) fa riferimentoalla domanda di autorizzazione aprocedere in giudizio, trasmessa il 20maggio 1993 dal ministro di Giustizia allaCamera <strong>dei</strong> deputati (nei confronti dell’alloradeputato Bettino Craxi) e firmata dai magistratidella Procura di Roma, e che riguardaanche l’Inpgi. Si legge (pagine 3 e 4) che«Craxi ha costretto, onde non frapporreostacoli alla vendita di immobili,1. Guglielmi Angelo...2. Brizziarelli Angelo...3. Mezzaroma Pietro...4. Bonifaci Domenico....5. BETTI LUCIANO a versare la somma dicirca lire 7 miliardi in relazione all’acquistodi immobili da parte di Inps...Enasarco...Enpas...Inail........INPGI(società:Premafin Finanziaria SpA, contratto del17 novembre 1990 e del 20 luglio1990)......Inpdai.».Franco Abruzzo ha dichiarato: “SfidoCescutti a querelarmi per diffamazione amezzo stampa: il contraddittorio consentiràdi ricostruire la vicenda nei minimi particolari.In sede civile, invece, le parti si parlanotramite gli atti degli avvocati. Se Cescutti el’Inpgi cercano la verità, allora la via penaleè obbligatoria. A mio parere l’azione civileappare temeraria e quella penale potrebbeprestarsi a una controdenuncia per calunnia”.Continua Abruzzo: “Dalla circolare emergeche solo gli immobili acquistati dall’Inpgi nelperiodo 1989-1991 non sono entrati nel gironazionale delle tangenti!!! Il “Gruppo Ligresti”ha pagato tangenti per tutte le vendite,tranne che per i due immobili di via Missaglia!!!Non ho mai scritto e detto che l’Inpgiabbia versato soldi al Psi. I soldi al Psi, comerisulta dagli atti, sono stati versati dal GruppoLigresti”.Cescutti, conclude Abruzzo, evidentementenon ha letto quanto scrivono i giudici dellaCorte <strong>dei</strong> Conti del Lazio a pagina 64 dellasentenza:“Per completezza va precisato che il presenteprocedimento, se pure riferito a singoliepisodi, si inserisce in un contesto piùampio, caratterizzato da un vero e proprio“sistema” nel settore della vendita di immobiliad enti pubblici ed alla pubblica amministrazionein genere ed ha visto coinvoltianche diversi dirigenti e funzionari, autorizzatidal Direttore generale pro-tempore dellaDirezione Generale del catasto e <strong>dei</strong> servizitecnici erariali dell’ex ministero delle Finanzead effettuare perizie stragiudiziali, i qualierano in servizio presso l’Ufficio TecnicoErariale (U.T.E. ora Agenzia per il Territorio),organo competente ad effettuare stime evalutazioni in favore e per conto delle Amministrazionidello Stato, delle Regioni e di Entipubblici in relazione all’acquisto, alla venditaed alla permuta di beni immobili”.Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardiaha deliberato di chiedere alla Procura diMilano la riapertura dell’inchiesta penale.L’istanza è stata consegnata il 20 marzoda Franco Abruzzo al dott. Gerardo D’Ambrosio.20 (24) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


O DI AMMINISTRAZIONE DELL’INPGI CONTRO IL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA“L’acquisto <strong>dei</strong> 104 appartamentinon è nel giro delle tangenti al Psi”Il titolo di Tabloid di febbraio <strong>2002</strong> comequello dell’Espresso del 6 dicembre 1992Abruzzo questo non lo ha fatto e si è limitato(e tutt’oggi si limita) a riferire unicamentequanto incidentalmente contenuto nellarichiesta di autorizzazione a procederecontro Craxi, risalente a nove anni fa.E nel frattempo che è accaduto? Se FrancoAbruzzo avesse compiuto tale doverosa verifica,avrebbe acquisito le informazioni cheseguono: 1) l’autorizzazione a procederecontro Bettino Craxi fu concessa dallaCamera <strong>dei</strong> deputati; 2) la magistratura diRoma attivò successivamente un procedimentopenale che vide coinvolti vari personaggi,tra cui il presidente dell’Inadel, NevolQuerci, (poi deceduto nel 2000), che fucondannato per corruzione con sentenzanon definitiva.“...ma sonopronto al dialogo”Milano, 16 maggio <strong>2002</strong>. Basta con le polemichee via al dialogo. Questo il senso dellalettera/fax che Franco Abruzzo, presidentedell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia, ha indirizzato aGabriele Cescutti, presidente dell’Inpgi, eper conoscenza a Domenico Ferrara (presidentecoordinamento enti); Lorenzo delBoca, presidente Cnog; Vittorio Roidi,consigliere segretario Cnog; Paolo ServentiLonghi, segretario generale Fnsi; AndreaLeone, presidente Casagit; Franco Siddi,presidente Fnsi, e Marina Cosi, presidenteFondo di previdenza complimentare. Questoil testo della lettera:“Caro presidente Cescutti, ti informo che, nelnumero di giugno di Tabloid, pubblicherò,con evidenza pari o superiore a quella delnumero di febbraio <strong>2002</strong>, la tua ricostruzionestorico-giuridica delle vicende legate all’acquistoInpgi <strong>dei</strong> 104 appartamenti di viaMissaglia.Mi riferisco a quello che scrivi nella lettera23 aprile <strong>2002</strong>. È un mio dovere, dovere didirettore responsabile, comportarmi inquesto modo.ORDINE 6 <strong>2002</strong>Richiamo la tua attenzione su una circostanza:Fnsi e Cnog in passato, in sede di riformadella legge sulla stampa, hanno chiestoal Parlamento che fosse codificato questoprincipio: la pubblicazione delle rettifiche“spegne” le azioni civili e penali. Mi auguroche tu voglia aderire a tale visione civile. Lamia, come sai, è stata una ricostruzione rigorosa.Il titolo di cui ti duoli (“tangente di 7miliardi al Psi”) è identico a quello pubblicato10 anni prima dall’Espresso.Chiedo al collega Ferrara di valutare l’opportunitàdi convocare informalmente gli entidella categoria, perché le polemiche venganosopite. Ciò nell’interesse anche <strong>dei</strong>condannati (di cui almeno 26, ripeto, sonosicuramente innocenti). Il clamore nuoceinnanzitutto ai condannati. Tu sai che l’eventualeazione civilistica contro di me e l’<strong>Ordine</strong>di Milano (editore di Tabloid) non rimarràsenza adeguata risposta ad ogni livello. Nonintendo, però, essere tirato per i capelli (neho pochi) ed essere coinvolto in altre polemiche.Ti ringrazio per l’attenzione e cordialisaluti, Franco Abruzzo”.In quell’inchiesta tuttavia, nessuno degliamministratori dell’Inpgi è mai stato indagato,e nemmeno interrogato.L’Inpgi di conseguenza non è mai stato coinvoltonella vicenda, né direttamente né indirettamente.Perché dunque il collega Abruzzosi limita oggi a riferire i fatti iniziali di quellavicenda, senza informare correttamenteanche su questi non trascurabili particolari?Si ritiene forse possibile che egli, “cronistagiudiziario di lungo corso”, come egli stessosi definisce, non conosca questo elementaredovere deontologico?3) Ma c’è di più. Le indagini penali svolte laprima volta negli anni 1991 e 1992 e poi - aseguito di riapertura - dal 1995 al 2000, sisono concluse tutte in fase di indagini preliminaricon provvedimenti di archiviazioneassunti per mancanza assoluta di elementidi prova.In particolare la magistratura milanese nelmarzo del 1993 archiviò l’inchiesta penaleaperta a suo tempo su segnalazione diAbruzzo proprio in merito all’acquisto <strong>dei</strong>palazzi di via Missaglia. Senonché FrancoAbruzzo, con esposti del 1993 e, successivamente,del 1998, chiese sia a Roma che aMilano la riapertura delle indagini penali.In seguito a tali iniziative e ai numerosi articolidenigratori di Abruzzo, ritenendo chefosse necessario fare chiarezza in manieradefinitiva sull’intera vicenda e soprattutto alfine di mettere in luce l’assenza di qualsiasielemento di responsabilità nell’operato <strong>dei</strong>vertici dell’Inpgi, singoli consiglieri e duepresidenti dell’Ente presentarono nel 1995,1997, e 1998 altrettante richieste di riaperturadelle indagini al Procuratore della Repubblicadi Milano, Borrelli.La sollecitazione rappresentata era di ununico tenore: “Sono troppi e troppo pesanti isospetti che vengono periodicamente riproposticontro l’Inpgi e i suoi amministratori.Sollecitiamo perciò la magistratura a compiereogni ulteriore indagine che faccia pienaluce sulla vicenda”.A seguito di tali richieste le indagini furonoriaperte e si conclusero con ulteriori provvedimentidi archiviazione nel giugno 2000.Questo particolare è estremamente rilevantenon solo per gli amministratori colpitida sospetti ingiustificati, ma per tutti gliiscritti all’Inpgi. È un particolare importante,che tuttavia non solo non viene posto inrilievo, ma nemmeno viene citato da Abruzzonella ricostruzione <strong>dei</strong> fatti e nelle suenote.E anche a tale proposito sorge spontaneala domanda: per quale motivo un docentedi diritto pubblico dell’informazione (l’autodefinizioneè sempre di Abruzzo) trascuraqueste rilevanti notizie nelle sue cronache?4) La domanda appena posta ritorna alriguardo di un’altra accusa di Abruzzo, rivoltaindirettamente agli Amministratori di allora.Più volte egli, nelle sue cronache e nellecircolari - inviate a vari indirizzi sempre sucarta intestata dell’<strong>Ordine</strong> di Milano - haformulato un’affermazione falsa e di contenutodiffamatorio, riferendo che per i dueedifici di via Missaglia “la Premafin avevachiesto complessivamente 55 miliardi trattabili,ma successivamente l’Inpgi ha versato57 miliardi”.Questa sarebbe dunque la prova provata delcomportamento scorretto degli amministratori.Ma anche qui l’estensore si è dimenticato diverificare come stanno realmente le cose. Selo avesse fatto, avrebbe potuto accertare(esistono i documenti e quindi le prove) che:a) innanzitutto il prezzo chiesto dalla Premafinera “fisso e invariabile” e non “trattabile”;b) i due miliardi pagati in più dall’Inpgi furonoriferiti al valore di 34 box, 23 cantine e 3 localiartigianato, che non erano compresi nell’offertainiziale, e il cui valore - come risultadalla documentazione - era ben superiorealla differenza corrisposta.Un buon cronista avrebbe “scoperto” senzadifficoltà questa spiegazione. Perché Abruzzonon l’ha fatto? Proprio lui, che professionalmenteè più di un buon cronista e che -come riferisce egli stesso - ha scritto libri esaggi sui doveri del giornalista?5) Tra i plichi di documenti contenenti accuseall’Inpgi, che da febbraio ad oggi sono pervenutiall’Ente e a svariati altri destinatari, a metàmarzo ci è giunta per conoscenza persino larichiesta ai ministeri vigilanti di nominare nell’Istitutoun commissario “ad acta”.Ovviamente ho subito indirizzato ai ministridel Lavoro e dell’Economia una rispostacontenente una serie di controdeduzioni. Hodovuto anche entrare nel merito di unanuova accusa (sempre rivolta agli amministratoridi ieri) che Abruzzo definiva “novitàclamorosa”.Di che si tratta? Abruzzo si rifà ad unprospetto che la Premafin presentò nelnovembre ‘89 alla Consob per ottenere laquotazione in Borsa. Nel documento sonoelencati i beni della Società ed il loro valoreper la determinazione <strong>dei</strong> rapporti di cambiotra le azioni Premafin e la consistenzaeconomica <strong>dei</strong> beni della società. Tra questirisultano i due edifici di via Missaglia, iscritticiascuno per un valore di 23 miliardi di lire(totale 46 miliardi). Ciò proverebbe - secondoAbruzzo - che il prezzo pagato dall’Inpgi(57 miliardi) fu eccessivo.Innanzitutto sottolineo che la segnalazionedi Abruzzo è oggi nelle mani, oltre che <strong>dei</strong>ministeri vigilanti, anche della Corte <strong>dei</strong> Contialla quale lo stesso collega l’ha trasmessa.Aggiungo però per doverosa informazionequanto ho scritto ai ministri del Lavoro edell’Economia, esponendo quanto segue:1) Nel documento i due fabbricati (denominatiM4 e M5) venivano indicati comecomplessi immobiliari in corso di costruzionee con riferimento ad essi venivano esposti ilvalore del rustico al 31/12/1988 e i costipresuntivi <strong>dei</strong> lavori. Con la conseguenzache il valore “stimato” non poteva corrispondereal valore di mercato che i due complessiavrebbero successivamente acquisito alavori ultimati.2) Va aggiunto che la Premafin, essendo ilprospetto finalizzato alla quotazione in Borsae alla successiva collocazione sul mercato diben 14 milioni di titoli, aveva eseguito - comein questi casi accade - una valutazione ispirataa prudenza.3) Va inoltre applicata almeno la rivalutazionederivante dagli indici di aumento del costodella vita, determinati dal momento dellastima (31/12/88) alla data in cui gli edificifurono acquistati (il primo nel novembre ‘89mentre il secondo fu comperato in due tranches,rispettivamente nel novembre ‘90 e nelnovembre ‘91).In quei tre anni gli indici Istat furono - rispettivamente- del 6,6% nell’89, del 6,1% nel ‘90,e del 6,4% nel ‘91. Applicando solo questepercentuali di aumento per i mesi intercorsitra stima ed acquisto (undici mesi per ilcomplesso M4, ventitré mesi per la primaparte di M5 e trentaquattro mesi per laseconda parte dello stesso complesso) i 46miliardi di stima iniziale diventano 50,806.La differenza tra quest’ultima cifra e il prezzopattuito (57 miliardi) è di 6,194 miliardi, parial 10,86% di guadagno per il venditore. Sipuò davvero ritenere che questa percentualerappresenti una “novità clamorosa”, speciese valutata assieme alle considerazionicontenute nei punti precedenti? E se siconsidera che, al di là degli indici Istat, inquegli anni la rivalutazione degli immobili fudi gran lunga superiore?* * * *Quelle che ho esposto sono le principaliragioni che hanno indotto il Consiglio diamministrazione dell’Inpgi a ritenere la misuracolma e a decidere, all’unanimità, di agiregiudizialmente contro Franco Abruzzo. Atutela del buon nome degli amministratori diallora e dell’immagine dell’Inpgi.Ora Abruzzo si atteggia a vittima e inviamissive alla Corte <strong>dei</strong> Conti e ai ministri vigilanti(Lavoro ed Economia) affermando cheil Consiglio di amministrazione dell’Inpgi“nega ad un cittadino e giornalista professionistail diritto insopprimibile di informazione edi critica”.L’Istituto non ha mai avuto, né avrà, questeintenzioni. Chiunque può (anzi, deve) diffonderenotizie “scomode” purché queste sianocorrispondenti alla verità. E a patto che l’autoreabbia cura di dare corretta e completainformazione sui successivi sviluppi dellainiziale notizia, anche se tali sviluppi contraddiconole sue convinzioni e le sue tesi.Franco Abruzzo tutto ciò non l’ha fatto. E pertale motivo di questo comportamento saràchiamato a rispondere.Gabriele Cescuttipresidente Inpgi21 (25)


FESTEGGIATI AL PIME I VENT’ANNI DEL COORDINAMENTO DELLESe i giornalistisi occupano<strong>dei</strong> “vulnerabili”di Daniele Lepido e Oriana LisoUn compleanno si può festeggiare in tantimodi, ma quando a compiere gli anni – venti– è un’istituzione che ha fatto dell’incontro trale persone un punto di forza, allora non sipuò fare altroche radunarequelle personeper fare unbilancio e perlanciare nuovesfide.Questo è successosabato19 e domenica20 aprile scorsinell’Auditoriumdel Pime,a Milano.don Vinicio AlbanesiSi festeggia ilCnca, il Coordinamentonazionale delle comunità di accoglienza,fondato nel 1982 da don Luigi Ciotti. Da alloramolte cose sono cambiate: in meglio, maanche in peggio.Non è facile descrivere l’aria che si respiraentrando nell’Auditorium.Tanta gente, laici e religiosi,persone di tutte le età, giacchee cravatte e magliettesdrucite. Ragazzi in carrozzella.Una varia umanità chevuole rappresentare tuttiquelli che aiutano o sonoaiutati dalle comunità delCnca.Deve essere stata una grandeemozione per don VinicioAlbanesi, presidente delCoordinamento, vedere inquanti sono arrivati a Milanoper parlare del tema delconvegno-compleanno: “Coni vulnerabili”.Sul palco, con lui, EnricoMentana, Gad Lerner e donAntonio Sciortino come rappresentantidel mondo dell’informazione.Il saluto iniziale,però, è riservato a unafigura simbolo dell’universodelle comunità di recupero:don Gino Rigoldi, fondatore diExodus.È commosso don Gino quandoparla <strong>dei</strong> “vulnerabili e <strong>dei</strong>già vulnerati”, ma si accendequando ricorda che “oggi riaffermiamola nostra storia e le nostre idealitàiniziali”.Tocca a don Vinicio, e le sue parole sono diquelle che lasciano il segno. “Non abbiamoinvitato i ministri – spiega – perché riteniamoche non siano ministri di tutti, ma di alcuni, efra questi noi non ci siamo”. Il presidente delCnca non usa mezzi termini, e descrive unclima attuale fatto di disprezzo e di utilizzo,nel quale i vulnerabili (tossicodipendenti,stranieri, minori) sono recuperati in proporzionea come possono essere utilizzati. Parladel concetto di vulnerabilità, imparato inKosovo e in Albania, ma cheha continuato a usare ognivolta che ha incontrato i suoiragazzi, molti <strong>dei</strong> quali, oggi,non ci sono più. È anche perloro che don Vinicio delinea lanuova missione che devonoavere le comunità di accoglienza;non solo la loro gestione. Ilsogno è quello di una paridignità per tutti, non soltantoper i residenti, ma per ogniessere umano. “Il nostro futuroè stare sulla strada: a volte sista male, ma non dovete averepaura”: questo il messaggioIntervista a don Vinicio Albanesi, presidente del Cncacon cui passa la parola ai suoiospiti.È Lerner a prendere la parolaper primo: “Non montatevi latesta, perché 20 anni di vitasono pochissimi”. E poi si chiede:“Chi sono i vulnerabiliall’interno del 20% di ricchiche detengono la quasi totalitàdelle risorse mondiali?”. Innanzitutto sono persone, non solo“vuoti a perdere”, come vorrebbeuna certa mentalitàiperconsumistica. Per Lerner“siamo tutti vulnerabili, almenodopo il G8 di Genova e l’11settembre, senza contare che oggi gli squilibrinel mondo sono talmente esplosivi danon permettere più a nessuno di stare tranquillo.La povertà e la disperazione, infatti,rendono peggiori le persone che possonodiventare portatrici di ideologie avvelenate.Questo significa che chi lavora per la giustizianon può farsi complice di chi imboccastrade sbagliate”. I riferimenti al terrorismointernazionale e agli stalli del conflitto araboisraelianosono evidenti.Anche per Mentana la vulnerabilità è “unodegli aspetti più visibili della nostra società.Vulnerabilità intesa soprattuttocome impoverimento dellapersona”. Poi si butta sul politico,e cita il suo editore: “Gliitaliani hanno scelto di esseregovernati da Silvio Berlusconi,l’uomo più ricco delPaese. Questo è emblematicodi quale sia, oggi, la scaladi valori a cui i più fanno riferimento”.E aggiunge: “Quandopartecipo a questi incontrimi sembra di essere in unmondo a parte. La sfida saràquella di uscire da quest’oasi-ghettoe buttarsi nelmondo, visto che la crescita del benessere èstata fatta a discapito di una minore circolazionedi solidarietà”.È la volta di don Sciortino. Con voce flebile,e pur senza la vis televisiva di chi l’ha preceduto,il direttoredi FamigliaCristiana diceparole forti,anzi fortissime,sulla necessitàdi tornare allaradicalità delVangelo, nonsenza qualchestoccata all’Istituzioneecclesiastica:“La Chiesadelega spessola questione Gad Lernersociale a figurecome don Vinicio e don Rigoldi, perdendo divista, a tratti, il suo ruolo profetico”. Insomma,di fronte ad una gerarchia non sempreattenta ai vulnerabili (nonostante i continuiappelli del Papa), don Sciortino ripropone,un po’ riscritta, la famosa boutade di NanniMoretti: “Alla Chiesa io dico, dì qualcosa dicristiano!”.I tre big del giornalismo se nevanno, le luci si abbassano esul palco salgono i comiciMarco Presta e AntonelloDose, autori su Radio 2 dellatrasmissione Il ruggito delconiglio. E tra una battuta e l’altra,c’è anche il tempo di citareMartin Luther King: “Un individuonon ha davvero cominciatoa vivere fino a quando nonsarà andato oltre i confini <strong>dei</strong>suoi problemi personali, peroccuparsi di quelli dell’interacomunità”.«Il movimento non è un Partito»di Elena PrandiEnrico MentanaDon Vinicio Albanesi è il presidente delCnca. Gli abbiamo rivolto alcune domande.Durante il dibattito con Mentana e Lernerlei ha fatto notare che viviamo in un climadi “utilizzo e di disprezzo”. Come puòrispondere il Cnca a questo clima?Prima di tutto non scoraggiandosi e continuandoad esserci perché questa è la primacondizione senza la quale poi è difficilereagire. In secondo luogo tentando di diffonderequesto concetto di “vulnerabilità” di cuiabbiamo parlato nel convegno. Solo percorrendoquesta strada si può cercare di crearepiù solidarietà e far comprendere che lavulnerabilità è una condizione possibile.Mentana ha detto che viviamo in tempi incui più aumenta il benessere più diminuiscela solidarietà lei cosa ne pensa?In una società con maggiore benesseredovrebbe essere più facile la solidarietà einvece probabilmente scatta questo meccanismodi solitudine per cui ad ogni ricchezzaoccorre sempre aggiungerne qualche altra. Cisi chiude in un castello di benessere che nonbasta mai. Insomma, incomprensibilmente, siè più solidali quando si è più poveri.don Gino RigoldiNel corso del convegno si è parlato dell’ideadi trasformare il Cnca in movimento.Che succederà ora?La situazione è più complessa di quanto nonsembri. Il Cnca, infatti, prende in carico dellepersone e quando prendi in carico degliesseri umani non rispondi più solo a te stessodelle tue scelte e delle tue idee. Non seipiù solo responsabile della tua vita, maanche di quella di quelle persone. In un movimentoinvece ognuno partecipa a titolopersonale con le proprie convinzioni, con leproprie responsabilità. Una scelta del genereva ponderata, vedremo.Si è accennato alla convivenza tra le varieanime del Coordinamento: quanto èimportante la componente cattolica all’internodel Cnca?È presente e preponderante perché moltidegli iniziatori sono preti. Tuttavia la spiritualitàche ci guida è aperta e molto rispettosadi tutti.Essendo Agnoletto in prima fila al convegnoviene da chiedersi qual è il vostrorapporto con i “no Global”.Noi abbiamo aderito ai contenuti positividell’antiglobalizzazione economica e commerciale.Ci troviamo inoltre uniti nelle “battaglie”per il rispetto della natura e la tuteladon Antonio Sciortinodelle minoranze. Ci distinguiamo invece eprendiamo le distanze da Agnoletto quandoci sembra che gestisca i “no global” con loscopo di andare a pescare per il proprioPartito di riferimento.Non si può identificare un movimento con unpartito.Quale rapporto avete con i mezzi dicomunicazione di massa?È buono in termini personali, ma è più difficilein termini istituzionali perché le logiche cheregolano il mondo della comunicazione sonopiù feroci delle persone. I rapporti sono peròottimi soprattutto coi redattori giovani.Come procede l’attività della neonataagenzia “Redattore sociale”?Certamente l’informazione sociale stenta, senon in alcune circostanze, o per alcuneproblematiche, ad imporsi sul mercato.Ciononostante l’esperienza dell’agenzia sista già consolidando e questo è positivo sesi considera che è trascorso solo il suo primoanno di vita.Quali iniziative avete in serbo per il futuro?In occasione del ventennale abbiamo inprogramma cinque giorni di seminario sullacondizione giovanile e i processi di crescita.Si chiamerà “Identità erranti…” e si terrà aNocera Umbra dal 10 al 14 giugno. Per l’autunnoinvece abbiamo in cantiere un momentodi riflessione sulle radici della spiritualità.Riprenderà il filo di una serie di incontrigià fatti a Firenze sullo stesso tema. ■22 (26) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


COMUNITÀ DI ACCOGLIENZA (CNCA)Il cardinaledi Milano“Siamo tuttiguaritori feriti”www.redattoresociale.itNell’aprile del 1982 nascevaa Bologna il Coordinamentonazionale delle comunità diaccoglienza (Cnca).Lo scopo era in primo luogoquello di costruire unmomento di confronto e dicoagulo tra le esperienzedelle realtà locali sui temidella marginalità e del disagiogiovanile.L’impegno concreto che ilCnca si prefiggeva, era quellodi creare le condizioni diriscatto per chi era in difficoltà,riportando a condizionedi normalità le vite difficili.In seconda istanza il Coordinamentosi proponeva diessere una presenza politicae culturale unitaria, capace ditrasformare in progetto laquotidiana esperienza di vitae di lavoro <strong>dei</strong> diversi gruppiche lo componevano.L’idea originaria era quella diuna “Comunità di comunità”in cui i gruppi si occupasserodi problematiche sociali traloro connesse: tossicodipendenze,minori, politichegiovanili, stranieri, handicap,malattia mentale, prostituzione,carcere. L’intento era dicollegare centri diurni diprima accoglienza, centristudi e servizi culturali,cooperative di lavoro, centridi aggregazione e informazionegiovanile, progetti “distrada”, strutture esterne direinserimento lavorativo,mense e luoghi di formazione.Le finalità del Coordinamentofissate 20 anni fa sonointatte ancora oggi. Dal documentoprogrammatico indieci punti del 1982 emergevada una parte l’importanzadel rispetto delle persone conl’esclusione di ogni tipo dicoazione, dall’altra quella dellavoro come momento direcupero dal disagio. Laproblematicità sociale (malattia,devianza, dipendenza)non doveva venir consideratacome qualcosa di eccezionaleda curare, quanto un disagioda valutare in tutta lacomplessità della storia diuna persona; mentre la vita dicomunità doveva essereassunta come modello di vitadi relazione. Si affermava infineche le comunità dovevanocollocarsi all’interno delloschema <strong>dei</strong> servizi pubblici.La storia del Cnca si articolalungo tre grandi capitoli: lebattaglie politiche, l’elaborazionedi una spiritualità,l’evolversi di un’organizzazione.Le lotte politiche del Cncasono state, dagli esordi adoggi, in favore del riconoscimentodi ogni persona adessere tutelata nei momentidel bisogno e del disagio. Nel1988 il Cnca partecipa aldibattito politico sull’aggiornamentodella legge 685/75relativa alle tossicodipendenze,col motto di “Educare nonpunire” e l’anno dopo proponela sua riflessione sul significatodel volontariato nellasocietà civile italiana: “Ilvolontario è un cittadino chefa la propria storia con altricittadini”. La spiritualità delCoordinamento, basata sugliideali di fratellanza, uguaglianzae libertà condivisi dacristiani e non, inizia aformarsi in vari momenti diriflessione tra il 1983 e il1992. Ma è tra il 1995 e 1997che ci sono i tre incontri piùimportanti a livello nazionalein collaborazione con la Caritase con la rivista Il Regno.Lo scopo è quello di costituireuna “teologia della carità”a partire dall’esperienza edalla vita vissuta. Per quantoriguarda infine l’organizzazione,le tappe con cui si èpassati da riunioni su singolitemi ad una vera e propriaforma associativa di secondolivello sono ritmate tra la definizione<strong>dei</strong> principi ispiratorinell’82, gli obiettivi di impulsoorganizzativo nell’85, lafondazione dell’Associazionenell’86, la riforma dello Statutonel ‘99.Col passare del tempo laFederazione si è dotata di“uffici” e di personale purrestando composta sostanzialmentenella gestione davolontari. Dal 1994 è statocreato un Ufficio Project perl’attivazione delle risorsedell’Unione Europea sulversante sociale. Sono statipoi fondati una casa editrice(“Comunità Edizioni”), unmensile (“Cnca informazioni”)e un’agenzia quotidianaon line (www. redattoresociale.it).el.p.La due giorni milanese del Cnca si è chiusa con le paroledell’arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, che ha volutosottolineare l’attualità del tema del convegno, “Con i vulnerabili”,a pochi giorni dalla sciagura del Pirellone e con il ricordodelle Twin Towers ancora negli occhi: la fragilità assumenuove forme, “la sofferenza e la vulnerabilità cambiano voltoe modo di gridare aiuto” e, quindi, bisogna essere agili esensibili nel riconoscerla anche dove non ce la aspettiamo.“Se tutti siamo vulnerabili – ha detto il cardinale – le 256comunità e gruppi del Coordinamento prendono a cuorecoloro che sono il simbolo di ciò che tutti noi siamo: guaritoriferiti”.Un pensiero è stato rivolto anche alle vittime della guerrafratricida che si sta consumando in Medio Oriente: il compitoche spetta a tutti noi è quello di “buttarci dentro questo conflittocome intercessori, perché i vulnerabili non siano più vulnerati,pregando per i carnefici e le vittime”.Il saluto del cardinale ai partecipanti al ventennale del Cncaè stato più di un atto di cortesia dovuto verso un’istituzionenata anche dalla spinta di alcuni religiosi, come don LuigiCiotti. Parole molto belle quelle rivolte ai presenti, un attestatodi stima per ciò che è stato fatto e un incoraggiamento afare ancora meglio: il Coordinamento, ha detto Martini, è “unmiracolo di carità, di solidarietà, di Vangelo vissuto senzapretese”.o.l.I numeridel CncaI gruppi e le comunità aderenti censiti alla fine del 2001sono stati 256, suddivisi in 14 aree regionali (in Lombardiase ne contano 49, in Veneto 34, in Sicilia 29, in Piemonte,Liguria e Val d’Aosta 20, tra i 7 e i 19 nelle altre regioni).I finanziamenti provengono per il 58% dal settore pubblico,per il 18% dal privato, per il 24% dall’autofinanziamento.Le strutture in funzione sono 611 (comunità residenziali,centri di prima accoglienza, alloggi protetti, case e gruppifamiglia, centri di accoglienza temporanea, comunità di tipofamiliare e comunità per persone con problemi penali).I servizi che fanno capo al coordinamento sono 1.478 (traquesti ricordiamo cooperative, centri di ascolto, centri di reintegrazionee di reinserimento, unità di strada e interventi diemergenza, centri studi, ricerca e documentazione, doposcuola,centri di orientamento e formazione professionale,segretariato sociale, formazione spirituale, centri di riabilitazionepsicofisica, mense, dormitori, consultori, oratori).Le persone aiutate dal CNCA nel 2001 sono più di 34mila.Di queste, 10.777 hanno tra i 19 e i 29 anni, 9.262 tra gli 11e i 18, 6.901 tra i 30 e i 45 anni, 5.190 bambini sotto i 10anni, 1.906 ultra 45enni. I tossicodipendenti aiutati sonostati oltre 8mila, più di 2mila gli immigrati, 1.774 i giovani indifficoltà, 1.664 le famiglie a rischio. Quasi un migliaio i disabilipsichici accolti, 624 i portatori di handicap fisici, 430 imalati di Aids, 368 i malati mentali. I senza fissa dimoraaiutati sono stati 764, le donne recuperate dalla prostituzione396.I soci del CNCA sono complessivamente 9.531. Di questi, il35,6% hanno tra i 30 e i 39 anni, il 46% è diplomato e il22,3% è laureato. I sacerdoti sono 142, i religiosi 23, le religiose87. Gli operatori retribuiti sono 6.788, i volontari 5.897.A colloquio con Guido Tallone (Gruppo Abele e coordinatore Cnca)«La ricchezza non è un valore»di Stefano CaselliLe ingiustizie sociali, il disagio, le devianze,in una parola la vulnerabilità è qualcosa dicui spesso si parla malvolentieri. Il Cnca,celebrando i suoi primi vent’anni, ha invitatotre professionisti dell’informazione, GadLerner, Enrico Mentana e don AntonioSciortino, per confrontarsi sul tema. Diquesto incontro abbiamo parlato con GuidoTallone, torinese del Gruppo Abele e coordinatoredel Cnca per il Piemonte la Valled’Aosta e la Liguria.Gad Lerner, con riferimento al G8 e all’11settembre, ha parlato di «vulnerabilitàdiffusa», di una situazione per la quale tuttiquanti, chi più chi meno, saremmo ormaicatalogabili sotto questa categoria. EnricoMentana, a proposito della scelta degliitaliani «di farsi governare dall’uomo piùricco», ritiene che il sistema di valori chene discende releghi ormai qualsiasi vulnerabilitàin una dimensione di colpa e disconfitta della quale non è utile farsi carico.Da una parte, dunque, la scarsa riconoscibilità<strong>dei</strong> problemi, dall’altra addiritturail rifiuto.Secondo lei, queste sono analisi corretteper spiegare la scarsa penetrazione diquesti temi nei mezzi d’informazione?ORDINE 6 <strong>2002</strong>«In parte condivido l’analisi di Lerner. In effettidopo l’11 settembre c’è stata una maggiorepresa di coscienza di una vulnerabilità diffusache comunque già esisteva e che era soffocata.Mentana mi ha lasciato un po’ perplesso,non tanto nelle conclusioni a cui giunge –che condivido – ma perché è stato eccessivamentebenevolo con il cosiddetto “modelloBerlusconi”. È necessario sottolineare che allabase di questo modello non c’è – come spessosi lascia intendere – alcuna etica del lavoro.Tanto lavoro uguale tanti soldi è un’equazioneche regge poco. Il messaggio fondamentaleche passa, invece, è che la ricchezzaè un valore assoluto fine a se stesso, daottenere con qualsiasi mezzo. Il concetto dibene comune si sta appiattendo sulla ricercadel bene individuale.La ricchezza così intesa è la premessa di unasocietà malata, perché autorizza qualsiasistrumento – illegalità compresa – per raggiungereil fine. Tutto ciò crea disuguaglianze eingiustizie.Qualche giorno fa ho letto su un giornale cheil 66 per cento degli italiani pone tra gli obiettividella propria vita una vincita al lotto… arricchirsiin fretta e da soli, questa è la vera tragediadel vissuto sociale».Vinicio Albanesi ha detto chiaramente«sappiamo di essere soli». Mentana,rispondendogli, ha ricordato che fare informazionesignifica spesso riferirsi a un’opinionepubblica che «ha molto poco a chefare con voi», ma contestualmente haaggiunto che per le tematiche care al Cnca«esiste uno spazio forte». Ma esistequesto spazio? E se esiste perché lo sioccupa solo in parte? È forse anche colpadel «settarismo» e dell’«appagamento disé» che i due vi “rinfacciano”?«Il “grido” di don Vinicio non è una novità, celo ripete spesso; è una provocazione con unfondo di ironia, un modo per evidenziare lanecessità di non snaturare la nostra identitàcon nuovi compagni di viaggio che hannoobiettivi diversi.Per quanto riguarda l’analisi sui media, non lacondivido affatto. È curioso che chi gestiscegli spazi dell’informazione decida se questispazi ci siano o meno, ed è anche un po’imbarazzante ricevere “lezioni” di comunicazione;e poi lo spazio che ci viene promesso– si badi, mai “concesso” – gridato, superficiale,veloce, non è quello che cerchiamo. Noidobbiamo restare soggetti di cambiamento,non oggetti di mercato.Non penso che il Cnca sia settario, né tantomenoappagato da se stesso, anche se forsele urgenze cui molto spesso dobbiamo farfronte ci allontanano più del dovuto dall’attenzioneper l’informazione…»Don Sciortino ha usato parole molto chiareper condannare la tendenza che la Chiesaha nel «delegare la questione sociale afigure come don Vinicio e don Rigoldi».Perché esiste questa distanza tra unaparte della Chiesa “ufficiale” e quellaconsistente porzione di mondo cattolicoche del Cnca è una delle anime?«Ho preso atto dell’estrema chiarezza con cuidon Sciortino ha posto un’analisi senza scontie di rara lucidità. La distanza tra le varieanime della Chiesa riflette le fatiche e lecontraddizione di un’esperienza ecclesiasticache deve continuamente stare dentro certecoordinate, di cielo, di terra, di gerarchia…Il cambiamento che sta scuotendo la Chiesaè lo stesso che interessa anche altre istituzioni,e come qualsiasi altra istituzione difronte a una spallata scatta l’istinto all’autodifesa.Se la Chiesa è troppo impegnata adifendere se stessa perde di vista i temi delleingiustizie e delle vulnerabilità. Bisogna capireche si difendono i propri interessi soloquando si difendono gli interessi <strong>dei</strong> piùdeboli. In fondo è stato Gesù stesso a indicarcila strada dicendo «chi vuole salvare lapropria vita, la perda».La dialettica tra le gerarchie e il mondo cattolicoè una scintilla positiva, creerà una primaverache scuoterà non solo la Chiesa, ma anchela società. Forse i tempi non sono ancoramaturi, ma il cammino è cominciato». ■23 (27)


Una svolta nella panoramica della comunicazione con Rent a JournalistDal mestiere alla professione: la figuradel giornalista-consulente d’impresadi Emma Minchillo“Il passaggio dal mestiere alla professione”, così ha bensintetizzato il concetto Walter Passerini, direttore di CorriereLavoro e relatore al convegno promosso a Milano da Rent aJournalist lo scorso maggio, cui ha partecipato sempre comerelatore anche il presidente Franco Abruzzo. Una delle tanteiniziative promosse dalla prima società italiana che proponeconsulenze di comunicazione giornalistiche. Soprattutto perdiffondere la conoscenza della figura del giornalista-consulented’impresa, visto che con essa siamo di fronte a unanovità, a una piccola svolta nella panoramica della comunicazione.Ma procediamo con ordine.Le consulenze giornalistiche per aziende non editoriali sonouna realtà che comunque esiste da molto tempo all’estero ein lieve misura anche in Italia, svolte occasionalmente dasingoli giornalisti contattati da aziende per moderare undibattito o per gestire un loro specifico problema di comunicazione.Rent a Journalist sta in un certo qual senso istituzionalizzandoquesta professionalità nuova per l’Italia proponendo- e quindi ponendo sotto le luci della ribalta - la figuradel giornalista-consulente d’impresa.Sulla base di fatto che i giornalisti possano essere molto utili,per preciso background professionale, nel migliorare lacomunicazione delle imprese e così il loro ritorno di immagine…e quant’altro derivi poi socioprofessionalmente da essa.Naturalmente, per creare una efficace preparazione professionalein tal senso a chi non ha mai lavorato per aziendenon editoriali, Rent a Journalist sta portando avanti tra i suoiprogetti anche quello <strong>dei</strong> corsi di formazione.Piccola osservazione: al di fuori del mondo mediatico, nonsono normalmente conosciute le caratteristiche professionalidi un giornalista. Anzi, in genere la frase più ricorrente è “fa ilgiornalista perché scrive bene”.Nessuno pensa che scriver bene sia un lavoro da scrittori,non da giornalisti. Senza voler fare la maestrina dalla pennarossa, osservo che gli scrittori non hanno un <strong>Ordine</strong> professionale- e un <strong>Ordine</strong> professionale significa una legge delloStato - i giornalisti sì. È ben diverso lo scrivere in sé dalloA Cesenae a Cesenatico,dal 18 al 20 aprile,il convegnodella Federazione italianasettimanali cattoliciscrivere un pezzo giornalistico. Non è detto che un ottimoscrittore sia anche un buon giornalista e non è detto che unottimo giornalista sia anche un buono scrittore. A volte le duecose coincidono....eccetera. Insomma, essere giornalistavuole anche dire possedere particolari skill legati alla capacitàdi ricerca e verifica della notizia eccetera, vuol dire unforte senso della deontologia professionale eccetera, quindiavere l’<strong>Ordine</strong> professionale a tutela dell’informazione…D’altronde, chi mai tra i non addetti al settore si chiede qualepreparazione ci sia dietro quel pezzo con firma più o menonota in calce? Individuare qual è la notizia; verificarla; informarsi/documentarsisull’argomento; organizzarsi per latempistica; raccontarla con incisività e maggior chiarezzapossibile ai lettori; valutare cosa e come scrivere e poi purecosa omettere per non annoiare o confondere… Ora, seguitemiun momento nel ragionamento: questa sintesi dellatecnica professionale tradizionalmente in atto in ogni testatada ben oltre un secolo per attirare e aumentare l’attenzionedel pubblico (massimo obiettivo per lo staff giornalistico), conl’aggiunta non da poco delle caratteristiche del giornalistapiù note a tutti - ovvero quelle relative all’uso del linguaggiodi comunicazione professionale e… al saper scrivere inlingua italiana senza sbagliare condizionali e congiuntivi -può essere applicata allo stesso modo e con la stessa eticacome consulenza di comunicazione per una impresa.Rent a Journalist è un network con molte rappresentanzein altre regioni.Chi volesse farne parte candidandosi come giornalistaconsulentepuò inviare il suo curriculum vitae comprensivo diliberatoria per la privacy a info@rentaj.it. Conditio sine quanon: l’iscrizione all’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti.Per il resto gli attuali giornalisti-consulenti che si sono candidatia Rent a Journalist hanno dai <strong>28</strong> ai 75 anni di età, sonoliberi professionisti o dipendenti anche ad alto livello di testate,ognuno ha la sua personale storia di formazione professionale,come ad esempio c’è chi conosce bene il russo ol’arabo o il polacco…ma magari non sa usare il computer onon ha la patente..Ad ogni modo SELEZIONARE e individuare il profilo professionaledel consulente con la specializzazione e le caratteristichepersonali ad hoc per quel preciso incarico è la filosofiadi Rent a Journalist e, nel contempo, la sua ricchezza. Un’espressionereale di quel concetto di “valore aggiunto”, terminologiache si usa tanto e talvolta a sproposito nel marketing.Oggi - in un mercato saturo di tutto e di più - non ha più sensoquella divertente ma inutile tuttologia in voga per vezzo neglianni Ottanta. Occorre una ben più pragmatica e professionalespecializzazione che centri subito il problema. E quindi siain grado di gestirlo e di risolverlo.Così tra gli ottimi giornalisti-consulenti che hanno inviato icurricula a Rent a Journalst c’è - ad esempio - anche chi èesperto economico dell’area <strong>dei</strong> Balcani, chi di cultura ebraica,chi di aeronautica, chi di trasporti pubblici locali, chi diferrovie e via così… ma oltre a questi segmenti molto netti dibackground professionale la maggior parte <strong>dei</strong> giornalisticonsulentispazia con competenza nei mille rivoli dell’interaarea di cui si occupa: attualità, informatica, moda, sport,economia, cultura, spettacoli…E i servizi stessi che offre e garantisce come qualità Rent aJournalist sono culturalmente e tradizionalmente giornalistici,contemplati infatti pure dal tariffario dello stesso <strong>Ordine</strong>nazionale <strong>dei</strong> giornalisti: stesura di testi (comunicati, cartellestampa, abstract da convegni….), servizi fotografici o di graficaeditoriale, uffici stampa…Una precisazione: Rent a Journalist non fa da mediazione.Lo staff segue e supervisiona ogni incarico che svolge il giornalista-consulente.Si lavora insieme sul progetto, come d’altrondesi fa nei giornali.Quello che offre Rent a Journalist è dunque un lavoro di teamper ottimizzare la comunicazione avvalendosi di tante singolespecifiche professionali. Un modo di lavorare pragmatico efunzionale che può avere un significativo futuro nella creazionedi nuovi spazi occupazionali per la categoria.Rent a Jornalist ha sede a Milano, in via Canelli 25, tel.02-21597471 ed è on line al www.rentaj.itIl tempo libero?È il tempo dell’uomodi Alberto ComuzziLa riduzione dell’orario di lavoro (nel Bologneseci sono già aziende che sono passatedalle 35 alle 30 ore) porterà allo sviluppo dinuove economie. Sarà intensificato il privatosociale (per sviluppare bisogni sociali) ematurerà un sistema produttivo basatosull’intrattenimento.Mentre si parla di “società delle 24 ore”(secondo l’Istat, già il 35,6 per cento degliitaliani lavora di notte), è già iniziato il futurodi un nuovo modello di sviluppo che contemplasempre più ore dedicate al tempo libero.Di questi e altri argomenti s’è parlato alconvegno della Fisc (Federazione italianasettimanali cattolici), celebrato a Cesena e aCesenatico dal 18 al 20 aprile scorsi, propriosul tema: “Tempo libero, tempo d’evasione?Turismo, sport, cultura e divertimento oggi”.Anche se l’occasione per riunire i direttori e igiornalisti delle 149 testate federate è statala celebrazione <strong>dei</strong> 90 anni di vita del CorriereCesenate (la cui storia è stata efficacementeillustrata dal direttore, monsignorPiero Altieri), le due cittadine romagnole nonsono state scelte a caso.Cesena e Cesenatico (4 milioni di presenzedi turisti all’anno), infatti - accanto a Rimini(1.090 imprese che hanno per ragione socialeil loisir), Cervia, Bellaria, Riccione, Cattolicae ad altre località della costa -, fannoparte di quel “distretto del piacere” (la definizioneè del sociologo Everardo Minardidell’Università di Bologna), che altri preferisconochiamare “Divertimentificio”. In Italiacresce il numero degli occupati nel settoredell’intrattenimento (cinema, discoteche,sale da ballo, concerti, spettacoli in genere,sport, musei), ma è l’Emilia Romagna, conben 20.000 aziende, a fare la parte delleone.Ai lavori – coordinati dall’ipercinetico v.presidentedella Fisc, Francesco Zanotti, etalmente serrati da non lasciare, paradossalmente,un briciolo di tempo libero ai convegnisti– hanno partecipato rappresentanti ditutte le categorie e le professioni del settore.Sono intervenuti politici (Carlo Giovanardi,ministro per i Rapporti con il Parlamento eFranco Asciutti, presidente Commissionescuola e cultura del Senato), artisti (RaulCasa<strong>dei</strong>, fra Michael Daniels, ElisabettaGardini), imprenditori (Maurizio Pasca, vicepresidente nazionale sindacato italiano localida ballo), amministratori pubblici (VeraZamagni, vice presidente Regione EmiliaRomagna, Piero Gallina e Orazio Moretti,rispettivamente presidente e assessore alTurismo della Provincia di Forlì-Cesena,Giordano Conti, sindaco di Cesena, DamianoZoffoli, sindaco di Cesenatico), giornalisti(Bruno Pizzul, Orazio La Rocca, GiancarloMazzuca, Giorgio Zucchelli), studiosi (ErnestoOlivero, Mario Gibellini e il già citatoEverardo Minardi), sacerdoti (Oreste Benzi,Giovanni Savini).Come ha ricordato nella sua relazionemonsignor Carlo Mazza, direttore dell’Ufficiopastorale turismo, sport e tempo libero dellaDirettori, giornalisti, politici, amministratori pubblici,studiosi, religiosi, due vescovi e il cardinale Ersilio Toninihanno dibattuto per tre giorni sui temi del turismo,sport, cultura e divertimentoCei (Conferenza episcopale italiana), «è dal1959, anno della XXXII Settimana sociale,che il mondo cattolico non si interroga più sultema del tempo libero». Da quella data moltoè mutato: ciò che prima era prerogativa delleélite, oggi è consentito alle masse.Le vacanze sono a portata di milioni di italiani:in cinquant’anni, coloro che possonopermettersi la villeggiatura sono passati dal5 al 66 per cento. Un altro dato è significativoper capire l’evoluzione <strong>dei</strong> modi di impegnareil tempo libero. Nel nostro Paese cisono circa 6.000 tra discoteche e night chedanno lavoro a 70.000 persone per un fatturatodi un miliardo di euro (2.000 miliardi dilire). Se stiamo andando verso una societàche impiega minor tempo nelle fabbriche enegli uffici – qualcuno s’è chiesto – stiamoanche andando verso un mutamento dell’eticadel lavoro? Inoltre: un certo tipo d’intrattenimento,taluni spettacoli teatrali, televisivi,cinematografici aiutano a costruire unasocietà più etica? Domande, forse, non originali,ma certamente pertinenti alle quali s’èincaricato di rispondere, seppur succintamente,il presidente della Fisc, VincenzoRini. «Cristo è il Signore del tempo», egli hasostenuto. «Se crediamo questo, dobbiamocredere al dovere della Chiesa, <strong>dei</strong> cristianie anche <strong>dei</strong> nostri strumenti di comunicazionesociale di investire sul tempo libero conuna progettualità che lo renda “tempo liberato”da ogni strumentalizzazione, aberrazione,schiavizzazione.Occorre, in altre parole, che da cristiani,impariamo a leggere fino in fondo le valenzedel tempo libero per esercitare un sanodiscernimento fondato sui valori umani ecristiani». Insomma, per Rini, scopo del lavorodi discernimento è «di rendere il tempolibero, “tempo dell’uomo”». A sottolinearel’importanza del convegno della Fisc hannoprovveduto, con la loro presenza, il cardinaleErsilio Tonini (intervistato da Orazio LaRocca) e i monsignori Lino Garavaglia,vescovo di Cesena-Sarsina ed ErnestoVecchi, vescovo ausiliare di Bologna e delegatodella Conferenza episcopale dell’EmiliaRomagna per le Comunicazioni sociali. ■24 (<strong>28</strong>) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


I N O S T R I L U T T IDaniele VimercatiUn giornalistainnamoratodella sua libertàLA VITA E LA CARRIERA. Era nato il 17novembre del 1957 in una famiglia dellaborghesia bergamasca e viveva tra Milano eBergamo. La domenica era spesso a Vertova,piccolo comune del bergamasco, dove sitrovava sepolta sua madre, deceduta qualcheanno fa. Il padre, invece, era morto agliinizi degli anni novanta.Si laureò in giurisprudenza all’UniversitàCattolica di Milano, con una tesi in dirittopenale sul tema della diffamazione a mezzostampa. Giornalista professionista dal giugno1983, lavorò prima all’Eco di Bergamo, poi alGiornale, da dove si dimise nel 1995 percontrasti con il direttore, Vittorio Feltri. Divennepoco dopo direttore dell’Indipendente e,più tardi, del settimanale Il Borghese.Approdò a Telelombardia nel 1999, doveinaugurò un filone assai apprezzato di talkshowpolitico, intitolato Iceberg. Nella cronaca<strong>dei</strong> fatti quotidiani, secondo Daniele, il piùdelle volte i giornalisti italiani si fermavanoalla punta dell’iceberg, senza approfondire,senza scavare. Lui, invece, mirava a riportarealla luce per intero l’iceberg, la verità <strong>dei</strong>fatti.Due anni fa cominciò anche una collaborazionecon il quotidiano Il Giorno, sul qualespessissimo apparivano suoi editoriali politici.Scrisse numerosi libri, alcuni dedicati allaLega, altri al federalismo, uno al giallo dellamorte <strong>dei</strong> fratelli Bisaglia (Gli annegati, scrittoin collaborazione con Carlo Brambilla,dell’Unità). Ha iniziato ad avvertire problemidi salute verso la fine del mese di gennaio.Inizialmente credeva di aver contratto solouna brutta e fastidiosa influenza. Tossivamolto ma andava avanti, era concentrato sullavoro. Poi, un bel giorno, mi telefona perdirmi che forse ha la polmonite. Siamo allametà di febbraio.Ci scriviamo simpatici e-mail con battute aeffetto e propositi di incontri a stretto giro diposta. Poi il ricovero in una clinica milaneseper una sospetta pleurite. Infine, dal 4 marzo,il silenzio, l’equivoco silenzio di un amico cheamava comunicare, parlava tanto al telefonoe, di colpo, aveva tranciato i collegamenti conil mondo intero. Foschi presagi, ma lasperanza è l’ultima a morire. La speranza,però, si spezza il 27 marzo. Il cuore di Danielenon regge alle cure disperate che i medicidell’Istituto <strong>dei</strong> Tumori di Milano gli hannopraticato con fiducia, pur rendendosi subitoconto della gravità della sua patologia. Unaleucemia fulminante, rarissima. Alla cameramortuaria uno strazio. Regna l’incredulità.Tutti attoniti davanti al suo corpo inerme, ilsuo volto che sembra abbozzare un ultimo,malinconico sorriso. Lunedì 1 aprile, a Vertova,i solenni funerali, alla presenza di tantecentinaia di persone.In prima fila i ministri Umberto Bossi, RobertoCastelli, Roberto Maroni, il consigliered’amministrazione Rai, Ettore Albertoni, tantialtri esponenti leghisti come Mario Borghezio,Francesco Tabladini, Francesco Speroni,Roberto Calderoni. Accanto a loro i familiari,la zia di Vertova, la cugina Nadia, la suacompagna storica, Adele. La chiesa è invasada colleghi giornalisti, amici d’infanzia,persone care. Commoventi le parole delsacerdote, Don Gianni, che saluta Danieledefinendolo “testimone della complessità eambiguità del nostro tempo” e del sindaco diVertova, che ha ricordato Daniele come“testimone discreto della quotidianità”, assailegato a quel paesino della Val Seriana doveora riposa in pace.ORDINE 6 <strong>2002</strong>LA RAI. Negli ultimi mesi il nome di Danielecircolava con insistenza per una poltrona inRai. Per lui sembrava profilarsi all’orizzontela direzione della testata giornalistica di Rai3 o un incarico di responsabilità nella radiofoniapubblica. Altri sussurri lo davano comeprossimo direttore de Il Giorno.Per quanto riguarda la tv pubblica, dubitofortemente che avrebbe mai accettato quegliincarichi. Al massimo avrebbe potuto accettaredi condurre su Rai 3 un talk-show sulmodello di Iceberg, ma senza immiserirsinelle logiche “poltronare” tanto care ai politici.D’altronde, già il 21 settembre 1994, all’epocadel primo governo Berlusconi, Daniele,all’epoca caporedattore de Il Giornale, a chigli chiedeva quante possibilità ci fossero chelui andasse in Rai come giornalista graditoalla Lega rispose lapidariamente: «Non sonointeressato a poltrone di alcun tipo in questatelevisione.Smentisco una volta per tutte le continueindiscrezioni riportate dalla stampa su unamia ipotetica candidatura a incarichi in Rai,prima a direzioni e poi a vicedirezioni. Avendosempre polemizzato con la lottizzazionedella prima repubblica, non ho affatto intenzionedi partecipare alla lottizzazione dellaseconda, tantomeno in compagnia di riciclatie parvenu».I RAPPORTI CON LA LEGA. Molti resocontigiornalistici hanno ricordato Daniele, all’indomanidella sua prematura scomparsa,come “il biografo di Bossi”. La definizione ècertamente fondata, avendo Daniele scrittoalcuni libri con la collaborazione del segretariodella Lega Nord, ma riduttiva. Il rapportotra Daniele e la Lega è stato un granderapporto di reciproca fiducia e lealtà, purnella diversità di alcune opinioni.Daniele fu il primo cronista in Italia a darePremio Mediawatch(ispirato a Vimercati)ai migliori conduttoridi talk showMilano, 5 aprile - L'osservatorio giornalisticoMediawatch,intitolato a Indro Montanelli,organizza un premio rivolto aiconduttori di talk show. Si chiameràPremio Mediawatch, e si ispira alla figuradi Daniele Vimercati, il direttore di Telelombardiae conduttore del talk showIceberg, prematuramente scomparso.Il premio, verrà conferito annualmente atre persone: “al miglior conduttore di talkshow; a quello più innovativo; a quellopiù coraggioso e tenace, che non adottaun atteggiamento servile nei confronti <strong>dei</strong>potenti (soprattutto politici) ospiti del suoprogramma, ma che invece, se necessario,li mette alle strette”.“L'idea è venuta dopo la morte di DanieleVimercati”, spiega Mario Furlan, presidentedi Mediawatch. “Vimercati era unamico e promotore di Mediawatch, ancheperché l'Osservatorio contribuisce atramandare la memoria del suo maestro,Indro Montanelli. Con questo premiointendiamo tramandare la lezione diDaniele''.(ANSA)Un premio in suo ricordoTelelombardia ha istituito un premio intitolato al suo direttore Daniele Vimercati. Ilriconoscimento sarà assegnato ogni anno al giornalista che saprà interpretare ivalori di libertà, onestà e correttezza che hanno contrassegnato la vita e la carrieraprofessionale di Vimercati. Modalità e giuria verrano decisi nei prossimi giorni dalpresidente del premio Enzo Biagi e dall’emittente.voce al neonato movimento della LegaLombarda, che verso la metà degli anniottanta muoveva i primi passi nelle vallibergamasche e in altre aree della Lombardia.Daniele intuì subito che la Lega sarebbediventata un partito nazionale in grado di incidereprofondamente sui cambiamenti dellapolitica italiana e ne studiò con spirito criticola metamorfosi. Nel 1991 diede alle stampe Ilombardi alla prima crociata, nel qualeraccontava la genesi e l’evoluzione del movimentoleghista. Successivamente scrisse altrivolumi dedicati al fenomeno leghista e alfederalismo: Vento dal Nord (1992), conprefazione di Gianfranco Miglio; La rivoluzione(1993); Tutta la verità (1995), scritto all’indomanidel “ribaltone” leghista e della cadutadel primo governo Berlusconi; Processo allaLega (1998), dedicato alla difesa del Carrocciodalle accuse di magistrati e stampa. Nonè un caso che tra i primi a ricordare Danieleci sia stato Umberto Bossi: «Per me – hadichiarato il leader della Lega- Daniele era unuomo su cui sapevo sempre di poter contare.Tutta la mia famiglia, i miei figli, sono rimastiattoniti come me dopo aver appreso questabruttissima notizia».RICONOSCIMENTI PRIMA E DOPO LAMORTE. Poco prima che Daniele passassea miglior vita, il critico televisivo Aldo Grasso,su “Sette”, inserto del Corriere della Sera,definì Daniele Vimercati “più bravo di Vespae Santoro”.A riprova dell’equilibrio e dell’imparzialità chehanno sempre ispirato la professionalità giornalisticadi Daniele, anche il critico MariaNovella Oppo, sul quotidiano L’Unità haelogiato il suo talento giornalistico. All’indomanidella notizia della sua morte, tanti colleghigiornalistici e soprattutto moltissimi politicidi ogni colore e collocazione hanno ricordatola figura e l’opera giornalistica di Daniele,da Silvio Berlusconi a Gianfranco Fini, daRoberto Formigoni ad Antonio Di Pietro, dalsindaco di Milano, Gabriele Albertini al presidentedella Provincia di Milano, OmbrettaColli, da Alfonso Pecoraio Scanio a PietroFolena, da Luciano Violante a Fabio Mussi,da Domenico Nania a Ignazio La Russa, daRocco Buttiglione a Pierferdinando Casini ea Marcello Pera, da Fausto Bertinotti aMassimo D’Alema, da Piero Fassino aWalter Veltroni.In una toccante trasmissione, giovedì <strong>28</strong>marzo, il giorno dopo la tragica notizia, Telelombardia,dallo studio di Iceberg, ha datodi Ruben RazzanteCi ha lasciati il 27 marzo scorso, divorato in poche settimane da una devastante e implacabilemalattia. Aveva 44 anni, era direttore di Telelombardia ed editorialista de Il Giorno. Non è retoricaaffermare che Daniele Vimercati ha lasciato un vuoto enorme. La frenesia e la superficialitàdominanti nel mondo giornalistico (e non solo giornalistico) probabilmente faranno sì che ilsuo ricordo svanisca in fretta, sepolto dall’accavallarsi delle notizie, dal naturale e inarrestabileflusso delle vicende umane. Tuttavia, quello che l’amico Daniele ha lasciato, non solo dal puntodi vista professionale, è un fiore destinato a non appassire. È il fiore della sua esuberanza, è ilfiore del suo insopprimibile anelito di libertà, del suo fondo anarchico, che lo immunizzavacontro i rischi della palude ipocrita delle convenzioni, <strong>dei</strong> compromessi, degli infingimenti.Daniele amava essere se stesso. Era un direttore “sui generis”, una sorta di Robin Hood dell’editoria,pronto a farsi paladino <strong>dei</strong> diritti degli indifesi, pronto a dare voce a chi non aveva vocein quanto fuori dal coro. L’esatto contrario di molti direttori di giornali o telegiornali, tanto avvezzial servilismo verso i potenti quanto irriguardosi, sprezzanti e spietati con i deboli.Insofferente alle imposizioni e ai condizionamenti di ogni tipo, Daniele ha sempre cercato, nelsuo lavoro, di ritagliarsi il suo spazio, il suo cantuccio, una sorta di “coro manzoniano” dalquale esprimere, senza veli né titubanze, il suo punto di vista, le sue opinioni, il suo statod’animo. È sempre rimasto fedele a Indro Montanelli, del quale può a ragione definirsi undiscepolo. Una volta gli chiesi: «Secondo te cosa differenzia Montanelli dagli altri direttori?».E lui mi rispose: «Montanelli ha l’idiosincrasia verso i potenti, gli altri direttori li blandiscono inogni modo per ingraziarseli». Non è un caso che Montanelli l’avesse definito “cavallo di razza”.voce ad alcuni tra i più cari amici di Daniele,che hanno portato una testimonianza dellasua umanità e professionalità. Sempre Telelombardiaha deciso di istituire un premiogiornalistico intitolato al suo direttore, Daniele.«Il riconoscimento – spiegano i promotori– sarà assegnato ogni anno al giornalistache saprà interpretare i valori di libertà,onestà e correttezza che hanno contrassegnatola carriera professionale di Vimercati».Presidente del premio sarà Enzo Biagi.RICORDO PERSONALE. Mi sia consentitodi chiudere questa ricostruzione della vita delcaro amico Daniele con una mia testimonianza.Ho conosciuto Daniele Vimercati nel1990 al Giornale e ho lavorato a strettocontatto con lui dal 1994 in poi, quando luidivenne capocronista, mentre io lavoravonella cronaca milanese del quotidiano direttoda Indro Montanelli e poi da Vittorio Feltri.Successivamente ho collaborato con lui siaall’Indipendente che al Borghese che a Telelombardia.In un mondo di “squali”, come quello giornalistico,ho sempre ammirato la sua signorilità,da vero gentleman. Abbiamo avuto molteopinioni divergenti e qualche attrito, masempre ricomposto in nome di una saldaamicizia e una reciproca stima. Credo avesseuna forte percezione della questionemorale e fosse sollecitato di continuo dainterrogativi sul senso della vita e dellamorte.Daniele indulgeva sovente al solipsismo,amava a volte rintanarsi in se stesso, meditare,affrontare da solo le montagne, i luoghipiù impervi, era sensibilissimo al fascinodell’avventura, delle sfide improvvise e insondabili.Ricordo l’ultima cena fatta a casa mia,nel mese di febbraio, con lui e altri amicicomuni, tra i quali il presidente dell’<strong>Ordine</strong>,Franco Abruzzo e i colleghi Gianluca Marchie Paolo Massari. Quella sera mi regalò unlibro di Edward N.Luttwak, Il libro delle libertà,con una dedica memorabile: “A Ruben, dauomo libero a uomo libero”. Per me un testamentospirituale di un caro amico che nondimenticherò mai. Per quanti hanno conosciutoDaniele un messaggio inequivocabiledi autonomia e imparzialità. Credo che a luifaccia molto piacere essere ricordato così,per quello che ha fatto, ma soprattutto percome l’ha fatto. D’altra parte Sant’Agostinoscriveva: “I pensieri, i sentimenti, le parole ele opere sono la semente che noi seminiamoper l’eternità”. Addio, carissimo Direttore. ■25 (29)


MOSTRA-CONVEGNOAlla ricerca dell’eccellenza tramalainformazione e malasanitàdi Ivo Spagnoli*Sono stati oltre seimila i visitatori – soprattuttooperatori sanitari, medici e professionistiprovenienti da molti paesi dell’Unione Europea– della seconda edizione del ForumSanità Futura che si è svolto a Villa Erba diCernobbio dal 15 al 18 aprile. La mostraconvegnoè stata una vetrina delle sperimentazionigestionali ed organizzative in camposanitario ed è stata realizzata con la direzionescientifica del ministero della Salute suuna superficie espositiva di 11mila metriquadrati con 185 stand suddivisi in cinquearee: Progetti di eccellenza, Sanità oggi, Istituzioni,Istituti di ricerca a carattere scientifico,Aziende private.Durante le quattro giornate di Cernobbiosono stati presentati circa 270 progetti a curadi Asl, Università, Aziende ospedaliere e Istitutidi ricerca e cura a carattere scientificoper migliorare la qualità <strong>dei</strong> servizi dell’assistenzasanitaria.Il ministro della Salute, Girolamo Sirchia,nell’inaugurare il Forum ha sottolineato comela Carta Europea abbia già decretato chedebba esistere la libera circolazione <strong>dei</strong>pazienti negli Stati dell’Unione. Ciò significache tutti i cittadini, senza alcuna preventivaSi è svolto a Villa Erba di Cernobbio il Forum Sanità Futuraautorizzazione, potranno – e in alcuni Paesigià possono – andare a curarsi laddovetrovano l’eccellenza, mentre i servizi sanitaridel paese di origine pagheranno le prestazioni.Da questo fatto discende la necessitàvitale per l’Italia di avere una efficiente retedi centri di eccellenza, se non si vuol aumentarein modo esponenziale il deficit dellabilancia <strong>dei</strong> pagamenti per prestazioni sanitarie.Nel corso del Forum si sono sviluppatimomenti di confronto su temi di ricercagestionale e di applicazione di nuove tecnologie,sul programma nazionale di educazionecontinua in medicina (Ecm) – unico inEuropa a rendere obbligatoria la formazioneper tutti gli operatori sanitari e non solo per imedici – e sui temi della Comunicazionesanitaria.Di particolare e specifico interesse due tavolerotonde : “La comunicazione sanitaria alcittadino” e “I media e la comunicazione sanitaria:etica e trasparenza della informazionescientifica”.Nella prima, Cesare Cursi, sottosegretarioalla Salute, ha sottolineato come nel disegnodi legge già approvato dalla Camera e oraall’esame del Senato (A.S. 1271) vi sia unarticolo specifico che autorizzi il ministerodella Salute a raccogliere finanziamentianche da aziende private per la realizzazionedi adeguate campagne di comunicazionein materia sanitaria rivolte verso i cittadini. Leaziende avranno un evidente ritorno diimmagine dalla loro partecipazione finanziariama, ha precisato Cursi, per tali modalitàdi finanziamento il ministero assicurerà l’assolutainesistenza di situazioni di conflitto diinteressi tra i soggetti privati finanziatori e lefinalità della comunicazione istituzionale. Ivari interventi hanno sottolineato comecomunicare la salute sia un obiettivo strategico,ribadito peraltro nel Piano sanitarionazionale recentemente presentato, e cometale attività comunicazionale debba sempreporre grande attenzione ad una solida validazionescientifica.Nell’altra tavola rotonda,si sono confrontatiautorevoli esponenti del pianeta sanità e delmondo del giornalismo sulla trasparenzadell’informazione scientifica e quindi sullasua dimensione etica.Maria Pia Ruffilli, direttore di Pfizer Italia, eFrancesco Granata, presidente di Pharmacia,hanno ribadito che comunicare in ambitosanitario significa fare comunicazionesociale con tutti i delicati aspetti divulgativiche ad essa conseguono.Granata in particolare ha affermato che ilministero della Salute invece di disincentivareeconomicamente, per le Aziendefarmaceutiche, l’organizzazione di eventicongressuali informativi, dovrebbe curarnel’assoluta trasparenza e validità scientifica.Di particolare interesse l’intervento diRoberto Turno, coordinatore editoriale de IlSole 24 Ore - Sanità, che ha ricordato comeesista una malainformazione al pari dellamalasanità, citando a questo proposito ilcaso Di Bella. Turno ha affermato che troppospesso gli operatori dell’informazionedimenticano la distanza dalle parti e haconcluso auspicando, con pungente parafrasi,una formazione giornalistica continuaal pari dell’Ecm.Danilo Di Diodoro,responsabile della comunicazionedella Asl di Bologna, ha peraltrorilevato come spesso i giornalisti tragganoinconsapevolmente le loro informazioni dafonti che hanno conflitti di interesse già insitinel loro contesto.Come esempio di fonti ambigue di notizie,hacitato riviste scientifiche che hanno pubblicatoarticoli sulla cura farmacologica dellacalvizie da parte di autori con interessi nellecase farmaceutiche produttrici <strong>dei</strong> rimedicorrispondenti.*vice presidente del Cup (Comitatounitario delle professioni) di MilanoLettera del presidente dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia:Silvio Berlusconi invitato a fornire le provesull’«attività criminosa» svolta da Enzo Biagi in RaiNasce il premioMontanelliper la scritturaMilano, 23 aprile <strong>2002</strong>. Siano fornite leprove dell’asserita “attività criminosa” di EnzoBiagi, affinché l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti possavalutare eventuali violazioni deontologichedel giornalista. Questa la richiesta che, “suincarico del Consiglio dell’ <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalistidella Lombardia”, il presidente dell’<strong>Ordine</strong>lombardo Franco Abruzzo ha inviato alpresidente del Consiglio Silvio Berlusconi.“I singoli consiglieri - scrive Abruzzo - hannopreso atto delle sue dichiarazioni circa lapresunta “attività criminosa” del giornalistaprofessionista Enzo Biagi, iscritto nell’Albodi Milano, e le chiedono, con cortesia, divoler fornire ragguagli ed elementi a sostegnodelle sue affermazioni, che potrebberointegrare violazioni deontologiche di grandeprofilo a carico dello stesso Biagi”.Franco Abruzzo sottolinea che “anche laProcura generale della Repubblica di Milano,che legge in copia, è invitata ad attivarsiper raccogliere le prove a carico di EnzoBiagi. Siamo sicuri che lei, anche comepubblico ufficiale - prosegue rivolto a Berlusconi-, non farà mancare la sua collaborazionea un ente pubblico, qual è l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong>giornalisti, che ha tra i suoi compiti primariquello di vigilare sulla condotta degli iscritti.Soprattutto quando affermazioni gravi comele sue, ma generiche, devono trovare ilriscontro <strong>dei</strong> fatti”.Abruzzo fa poi una serie di considerazioni,anche sulla figura professionale di EnzoBiagi: “Questo Consiglio è sorretto da unavisione liberale sul ruolo del giornalista: ilcompito di rilievo sociale del giornalista,secondo noi, è quello di controllare costantementei pubblici poteri e di riferire ai lettori.Il giornalismo è, infatti, informazione critica.La informiamo che Enzo Biagi, grande firmadel giornalismo lombardo e nazionale, nonha precedenti disciplinari, e che lo stesso,nell’arco di 60 anni, ha svolto sempre laprofessione nel rispetto delle regole fondamentalidella nostra deontologia”.“Mi sia consentito di concludere - scriveAbruzzo - citando un passo della sentenza11/1968 della Corte costituzionale cheparla <strong>dei</strong> doveri <strong>dei</strong> giornalisti, impegnatidalla legge “alla rigorosa osservanza diquella dignità professionale che si traduce,anzitutto e soprattutto, nel non abdicaremai alla libertà di informazione e di critica enel non cedere a sollecitazioni che possanocomprometterla.... Se la libertà di informazionee di critica è insopprimibile, bisognaconvenire che quel precetto, più che ilcontenuto di un semplice diritto, descrive lafunzione stessa del libero giornalista: è ilvenir meno ad essa, giammai l’esercitarlache può compromettere quel decoro equella dignità sui quali l’<strong>Ordine</strong> è chiamatoa vigilare”. Abruzzo osserva che “il giornalistarispetta in sostanza il decoro e la dignitàdella professione nella misura in cuiimpronta, senza cedimenti, la sua attivitàalla libertà di informazione e di critica”.La lettera del presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong>giornalisti della Lombardia si conclude conuna “nota” in calce, sempre rivolta a Berlusconi:“Le prove sull’ attività “criminosa” diMichele Santoro vanno, invece, trasmesseall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> del Lazio e Molise.Di Michele Santoro lei dovrebbe essere unestimatore, avendolo assunto in Mediasetcome giornalista conduttore di un programmadi successo”.(ANSA)Fucecchio (Firenze), 20 aprile - Nasce ilpremio Montanelli per la scrittura in onoredello stile puro e asciutto, unico e inimitabiledel grande maestro di giornalismo scomparsoil 22 luglio dello scorso anno.Lo ha annunciato a Fucecchio AlbertoMalvolti, presidente della Fondazione Montanelli-Bassialla quale lo scrittore ha lasciatogran parte della sua documentazione.Ogni edizione sarà dedicata a un genere tracui cronaca, reportage, narrativa ma ancheteatro. La giuria chiamata a valutare gli elaboratiè composta da Francesco Sabatini, presidentedell’ Accademia della Crusca, CesareRomiti, presidente della Fondazione Corrieredella Sera, Giovanni Sartori dell’ Accademia<strong>dei</strong> Lincei, Gianfranco Ravasi, direttore dellaBiblioteca Ambrosiana di Milano e dallaFondazione per le funzioni di segreteria.Il bando, ha spiegato Malvolti, è ancora dadefinire in alcuni dettagli e sarà pubblicatoentro l’estate. La prima premiazione avverrànell’aprile del prossimo anno in occasionedel compleanno di Montanelli. Al premiocollaborano la Regione Toscana e il Comunedi Fucecchio.(ANSA)26 (30) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


C A S A G I Tdi Vittorio RealiLa campagna di prevenzione decisa dallaCasagit per l’accertamento in fase precoce diforme tumorali, è entrata nella seconda parte.Una fase iniziata, un po’ in sordina, in gennaio,mentre era ancora in atto la prima fase, cioèquella relativa allo screening per l’accertamentodel tumore al seno e all’utero per le donne,alla prostata per gli uomini: ora tocca al tumoredel colon e del retto. Auguriamoci che,anche questa volta, ci sia una vasta partecipazionedi giornalisti, giornaliste e familiari interessati;una partecipazione massiccia comequella della prima fase: lo screening nazionale(da marzo a dicembre 2001) che vide quasi2.500 assistiti. Sarà aggiornato, questo dato,coi risultati del <strong>2002</strong>.Questa volta gli iscritti della Casagit (e lorofamiliari a carico, che abbiano più di 50 anni)sono, in tutta Italia, 16.155. Di questi, 8.002sono uomini e 8.153 sono donne. In Lombardiagli interessati alla seconda fase sono 2.043uomini e 2.223 donne, per un totale di 4.266persone. E, infine, a Milano gli uomini sono1.713 e le donne 1.910 pari a un totale di3.623 interessati.Si è accennato alla partecipazione degli iscrittialla prima fase di screening, quella del seno eutero e della prostata. Dai risultati ufficiali,comunicati dalla presidenza della Casagit, diquesta prima operazione – dal primo marzo al31 dicembre 2001 – si evince che complessivamentegli uomini sottoposti a visita ed esamisono stati 732 mentre le donne sono state1.609 per un totale di 2.341 assistiti.Per questa fase di prevenzione, la Casagit haspeso 541.870.500 lire (265.908,82 euro). Laspesa maggiore si è avuta in Lombardia(209.635.500 lire) seguita dal Lazio(158.574.500 lire); al terzo posto Emilia-Romagna(20.260.000 lire). Ovviamente ciò sta adire che, in una ideale classifica di assistiti, laLombardia è in testa con 750 donne e 229uomini sottopostisi al controllo medico; in Laziosono stati 472 donne e 244 uomini mentre inEmilia-Romagna 56 donne e 38 uomini.E torniamo allo screening per il colon e il retto(marzo <strong>2002</strong> – gennaio 2003). Il carcinoma delcolon-retto è la seconda causa di morte pertumore. Nel nostro Paese, l’incidenza varianelle diverse regioni da 30 a 53 nuovicasi/anno ogni centomila abitanti; i pazientideceduti per questa neoplasia sono circaSeconda fase della campagna per la prevenzione <strong>dei</strong> tumoriUn killer spietatoche si può battere18.000/anno; le proiezioni future ipotizzano unprogressivo aumento.Non si vuole fare qui, ora, dell’allarmismo.Assolutamente no; si vuole però mettere inguardia i colleghi, le colleghe e i loro congiuntiche sono adesso chiamati a questa iniziativadella Casagit, sull’importanza di battere sultempo l’insidia di un possibile male. Comeavviene questo fenomeno nel nostro intestinosarebbe lungo ora cercare di spiegarlo; ci sono(per esempio) alterazioni genetiche, quandoereditate e presenti in tutte le cellule dell’organismo,che predispongono all’insorgenza <strong>dei</strong>carcinoma del colon- retto ereditari. Ci sono,più frequentemente, i fattori ambientali chealterano direttamente, nel corso della vita, ilDna delle cellule epiteliali della mucosa intestinaleportando a una progressione tumorale. Egli scienziati, con recenti studi, indicano anchealtre cause.È naturale però che noi tutte queste cose,questi processi all’interno dell’organismo nonpossiamo conoscerli. Noi siamo essere umanipresi da veri interessi, dal lavoro e dalla professione(fare il giornalista non è certo fare unmestiere divertente e leggero). Alla salute cipensiamo sì, ma non certo ogni giorno.Ecco allora l’iniziativa della Casagit: è l’armagiusta che viene consegnata nel momentogiusto. Perché, sia ben chiaro, è vero che ilcancro al colon-retto è un killer di primariaimportanza, ma è anche vero che gli scienziatidichiarano, convinti, che il cancro colon-rettoè prevenibile. Cioè si può prevenire questokiller e neutralizzarlo. Come? Con la prevenzione:prevenzione primaria, prevenzionesecondaria, diagnosi tempestiva, sorveglianza<strong>dei</strong> soggetti a rischio.Nel secondo semestre dello scorso anno, laRegione Lombardia ha organizzato uno screeningdi questo carcinoma nel territorio di suacompetenza. E, dando prova di sensibilità e direalismo, anche la nostra Casagit ha destinatoil <strong>2002</strong> alla prevenzione di questo tipo di tumore.Dobbiamo quindi approfittarne e sottoporcia un esame non doloroso, che non ci porta viapiù di un’ora, che è rigorosamente copertodella massima riservatezza e, dulcis in fundo,non ci costa una lira.In questa pagina sono indicati i luoghi ove, aMilano e in alcuni capoluoghi di provincia dellaLombardia, ci si può prenotare e ci si può recareper sottoporsi a un controllo che ci darà piùtranquillità.Qui si fa lo “screening”Istituto Nazionaleper lo studio e la cura <strong>dei</strong> tumoriVia Venezian 1 - 200133 MilanoPer prenotazioni:02-23902585 e 02-2665913dal lunedi al venerdi 14,00-18,00Istituto Auxologico ItalianoVia L. Ariosto 13 - 20145 MilanoPer prenotazioni:02-58211401-58211450 Signora DanielaAlietti e Signora Antonella BarbaroIstituto Clinico di Perfezionamento(Mangiagalli)Sede legale: Via Daverio 6Per prenotazioni:02-579930<strong>28</strong> Signora Paola Maria PirolaIstituto Europeo di OncologiaVia Ripamonti 435- Milanodi Gianni RavasiLa seconda fase della campagna di prevenzionedecisa – sull’intero territorio nazionale– dalla Casagit e relativa allo screening perl’accertamento in fase precoce del tumoredel colon-retto, deve essere accolta congrande soddisfazione e sostenuta da tutticoloro che, consapevoli dell’importanza diiniziative del genere, sono impegnati e siimpegnano a tutti i livelli su quanto si devefare sia per far conoscere il “problemacancro” a tutte le popolazione interessate(specialmente, poi, se si tratta di giornalisti)Il professor Gianni RavasiPer prenotazioni: C.U.P. 02-57489001Per eventuali informazioni che fosseronecessarie circa lo screening, gli assistitipotranno rivolgersi direttamente alla Sig.naMaria Rosa Sacchi (addetta alla postazionededicata ai pazienti convenzionati)Tel. 02-57489756Casa di cura Ancelle della CaritàVia Bissolati 57 - 25124 BresciaPer prenotazioni: 030-3515371per la prenotazione della visita specialistica.Per l’esame non serve alcuna prenotazionee si può fare dal lunedi al sabato dalle 7.15Lo scienziato:bisogna preveniresia, nello specifico, per far capire che ènell’interesse del singolo approfittare diqueste preziose iniziative per sottoporsi asemplici ma utilissimi esami che possonoscongiurare deprecabili ma purtroppo possibilieventi patologici negativi.Io non mi stancherò mai di ripetere (ancherischiando di divenire noioso) che la prevenzionespecifica è di estrema importanza : iltumore può essere affrontato, curato edebellato. Lo si può, più facilmente, conquesti screening che ci mettono il cuore inpace oppure possono essere quel tempestivoe preziosissimo campanello dell’allarmeche consente al medico specialista di attivarsial meglio.Il tumore è sempre insidioso e subdolo; il piùdelle volte è silente, nasce e agisce nelcorpo umano senza farsi sentire, senzaprovocare allarmi (che sarebbero per noiutilissimi). Nella maggior parte <strong>dei</strong> casi quandocominciano i primi sintomi della suaesistenza, la lotta contro il male assumesubito caratteristiche di emergenza e le terapiepossono raggiungere risultati soddisfacenti(spesso anche con interventi chirurgici)ma non evitando dolori e sacrifici.La campagna di prevenzione, come questadella Casagit, se fatta bene, porta a risultatiincredibilmente importanti. Lo dico con estremacognizione di causa, per l’esperienzaultradecennale di medico specialista delsettore, di scienziato e di presidente milanesedella Lega italiana per la lotta contro itumori.Ci si deve convincere - e i giornalisti più deglialtri - che dedicare un’ora al massimo peruna visita medica specialistica e per unesame molto semplice è cosa assai importanteper lo stesso interessato. Perciò,consentitemi di insistere ad aderire a questaseconda fase della campagna di prevenzionedella Casagitalle 9.30 rivolgendosi agli sportelli dell’accettazioneprestazioni ambulatoriali specificandodi essere assistiti Casagit.Sono in corso di definizione gli accordi conle seguenti strutture:Ospedale Sant’AnnaVia Napoleone 60 - 22100 COMOOspedale Civile di CremonaViale Concordia 1- CREMONAAzienda Ospedaliera Ospedale di circoloe Fondazione MacchiViale Borri 57 - 21100 VareseRASSEGNA STAMPAwww.ecostampa.itAnchein formato HTMLper la vostraIntranetL’ECO della STAMPA è tra i più importanti operatorieuropei nell’industria del MEDIA MONITORING.Essere un partner affidabile per chi - in qualsiasistruttura pubblica o privata - operi nell’area dellacomunicazione o del marketing è, ormai da 100anni, la nostra mission.Anche grazie ai servizi di ECOSTAMPA Media Monitor SpA(media monitoring, software, web press release,media analysis, directories…) ogni giorno migliaiadi nostri Clienti accrescono l’efficacia delle loroDirezioni Marketing e Comunicazione, disponendodi maggiori risorse interne da dedicare alle attivitàcon più alto valore aggiunto.Se desiderate saperne di più …o fare una prova,contattateci!Tel 02.748113.1 - Fax 02.748113.444E-mail sales.dept@ecostampa.itL’informazione ritagliata su misura.Nominativo ..............................................................................Azienda ..............................................................................Indirizzo ..............................................................................Cap/Città ..............................................................................Telefono/Fax ..............................................................................E-mail ..............................................................................ECOSTAMPA MEDIA MONITOR SpA®OGORDINE 6 <strong>2002</strong>27 (31)


MARGARETH BOURKE WHITEQui sotto: Margaret Bourke-White,fabbrica e a fianco panoramadi New York dall’alto.A destra la copertina di “Life”con la fotografa al lavoro sulla sommitàdell’Empire State Building.A Firenze una retrospettivaUna donna fotografodalla fabbrica al frontedi Ingrid AltomareNella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio aFirenze è stata ospitata la mostra “MargarethBourke White”, dedicata alla famosa fotografaamericana, presentata da Contrasto, LifeGallery, assessorato alla cultura del Comune.La mostra ha raccolto le più belle fotografieche l’artista ha scattato nella sua lungacarriera, dagli anni Venti agli anni Cinquanta.La prima sezione ha proposto le fotografiescattate all’inizio di carriera che hanno comesoggetto prediletto il mondo industriale e lafabbrica, il lavoratore, la sua stanchezza e avolte anche la sua rassegnazione.Oltre a ritrarre “l’uomo al lavoro”, la fotografaha colto anche i momenti di riposo e di svago<strong>dei</strong> lavoratori delle fabbriche che era solitavisitare; un esempio è la foto intitolata Alloggidegli operai, scattata all’interno di undormitorio mentre gli operai trascorrono illoro tempo libero chiacchierando, fumando esuonando in compagnia.La Bourke White fin dai primi anni della suaattività è determinata a esplorare nuovi spazie nuove tecniche. Per scattare una fotografiadi un soggetto che la incuriosisce è dispostaa tutto: arrampicarsi su ponteggi traballanti,avvicinarsi a grandi colate di metallo fuso,riuscendo così a realizzare immagini alquantoinconsuete.Per questa sua determinazione, nel 1929,Margareth viene contattata da Henry Luce,caporedattore di Time, che la invita a trasferirsia New York per collaborare alla fondazionedi un nuova rivista illustrata, Fortune.La Bourke White non può rimanere indifferenteagli effetti devastanti provocati nellasocietà civile dalla Grande Depressione del‘29. Nelle fotografie di questi anni ritroviamoscene di vita quotidiana del sottoproletariatoamericano alle prese con la lotta per lasopravvivenza.Nel 1936 Henry Luce fonda Life e MargarethBourke White si assicura la prima pagina e ilreportage più importante del primo numero.Sono di questi anni le fotografie sulla diga diFort Peek e sull’alluvione avvenuta in Ohioper lo straripamento del fiume omonimo.Straordinaria la fotografia intitolata Fila per ilpane durante le alluvioni, in cui sono ritrattepersone di colore in fila sotto un cartellonepubblicitario che raffigura una famiglia dellamiddle class statunitense, su un’auto, chesorride, con la didascalia “Il tenore della vitain America è il più alto del mondo”.Nel 1941 la Bourke White si trova in Europaproprio mentre viene annullato il patto di nonaggressione fra Germania e Unione Sovietica.Le fotografie sono vietate per legge maMargareth sa quando e come fare buon usodel suo obiettivo a tal punto da assicurarsiuna esclusiva sessione fotografica conStalin. Quando nel 1942anche gli Stati Uniti entranonel conflitto mondiale laBourke White viene designatacome corrispondente diguerra: è la prima donnanella storia a ricoprire taleruolo.La Bourke White seguel’esercito americano sui varifronti. Molte foto ritraggonocittà italiane liberate. La fotografasembra essere stataattratta in modo particolareda Napoli: ha ripreso ragazziniche giocano nei vicolisemidistrutti sovrastati dallecorde <strong>dei</strong> panni stesi adasciugare, madri attorniatedai loro innumerevoli figlisulla soglia di rifugi antibombardamento,un bambinoche dorme sulle spalle delpadre. Il valore che vienetrasmesso da queste immaginiè quello della “continuità”:anche se la città èsotto assedio, i napoletaniaffrontano questa difficilesituazione continuando afare ciò che hanno semprefatto e in particolar modocontinuano a condividere i propri stati d’animo,di cadaveri accatastati, alcuni di essi con glile proprie paure e sofferenze insieme occhi ancora aperti e con l’espressione di chiagli altri.vuole dire qualcosa, alla sinistra una giovaneNella primavera del 1945 la Bourke White èdonna che voltata dall’altra parte piangeal seguito del generale Patton quando si per l’orrore che è costretta a vedere; dietroreca nel campo di concentramento di di lei ci sono uomini che conversano con iBuchenwald. Nella sua autobiografia scrive: soldati americani in modo naturale come se“Fu quasi un sollievo dover usare la macchinasi trovassero in mezzo ad una strada.fotografica: interponeva una sottile barrie-Negli anni del dopoguerra, da segnalare alcu-ra fra me e l’orrore che avevo davanti agli ni reportage, in India, con numerose immaginiocchi”. Esemplare l’immagine intitolata Cittadinidi Ghandi ritratto nella vita quotidiana, duran-Margareth Bourke-White, Cittadini tedeschi osservano i crimini della propria nazione,tedeschi osservano i crimini della te la guerra di Corea, nonché alcune splendi-aprile 1945.propria nazione: sulla destra una quindicina de vedute aeree di città americane. ■Qui a destra, Ghandi fotografato nel 1946. In alto, minatori del Sudafrica nel 1950.<strong>28</strong> (32) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


Milano è la capitale della cultura più moderna: la pubblicità, la grafica, la moda, l’industrial designAA.VV. Grafica e Designa Milano, 1933-2000,a cura di Aldo Colonnetti;edito da Abitare SegestaCataloghi per conto di AIM(Associazione InteressiMetropolitani) e IstitutoEuropeo di Design, 2001.A sinistra, una veduta diMilano dal cumulo dimacerie accatastateall’estrema periferia Nord eche formeranno lamontagnetta di San Siro.Intorno sta sorgendo ilquartiere triennale ottava(QT8), disegnatodall’architetto Piero Bottoni.Dagli anni Trenta Milanocapitale della nuova culturadi Gian Luigi FalabrinoSi dice spesso che Milano è capitale della culturaitaliana: ma non è tale soltanto per le caseeditrici, i giornali, le numerose università, i teatri(fra parentesi, la pagina degli spettacoli teatralinon è mai stata così ricca come in questo inverno,neppure nei mitizzati anni Sessanta).Milano è anche la capitale della cultura più moderna:la pubblicità, la grafica, la moda, l’industrialdesign, anche se, purtroppo, oggi c’è undivario fra la varietà e la profondità delle sue attivitàculturali e la stasi, politica e progettuale,per la quale Milano resta lontanissima dal rinnovamentodi Lisbona, Barcellona, Bilbao,Lione.Però, se si guarda alla storia anche recentedella cultura milanese, c’è da trovare speranzaper il futuro della città. Prendete la grafica e ildesign dagli anni Trenta ad oggi, raccontati inmodo antologico dall’utilissimo volume Graficae Design a Milano, 1933-2000, a cura di AldoColonnetti, che si aggiunge ai sessanta libridell’Associazione Interessi Metropolitani (questoin edizione speciale per l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalistidella Lombardia) e alle altre attività ed iniziativededicate a Milano.Dai saggi <strong>dei</strong> molti autori esce un quadro vitalissimodella città, capace d’inventare la culturavisiva, dall’architettura moderna alla grafica ealle applicazioni industriali, e di rinnovare piùvolte il rapporto fra bellezza e prodotto. AntyPansera, Daniele Baroni, Alberto Bassi, EnricoMorleo, Vanni Paschi, Francesca Picchi e altridimostrano quanto il concetto di arte applicata,teorizzata alla fine dell’Ottocento, dalla “RevueBlanche” e dai vari movimenti innovatori europei,che noi italiani chiamiamo genericamenteLiberty (Sezession, Jugendstil eccetera), attraversoi successivi apporti del Futurismo e delCostruttivismo, si sia poi realizzato nella graficae nel design.L’eredità dell’Art Nouveau, del Futurismo inparticolare con il manifesto dell’11 marzo 1915,firmato da Balla e Depero), e del Bauhaus, dàvita alla più nuova e sorprendente estetica dellapagina e del prodotto: la grafica come architetturadella pagina, l’oggetto come funzionalitàe bellezza.Tutto ciò, a partire dagli anni Trenta, periodo digrandi fermenti e contraddizioni. Sono gli anniIndustrialdesign,architetturae graficanellepaginedelcatalogo.del trasferimento della Triennale da Monza aMilano, dell’inizio dell’attività di Gio Ponti,Nizzoli, Munari, Albe Steiner, dello Studio BB-PR, del moralismo pittorico di Sironi, della teoriadella pubblicità come arte (Depero); e anchedella nascita delle riviste Domus, addiritturanel 19<strong>28</strong>, e poi Campo Grafico e Quadrante.Nel 1933 nasce anche lo Studio Buggeri, il primodi grafica pubblicitaria: “anno memorabile”,lo definisce Anty Pansera, ma la definizione valeper tutto il periodo fino al 1940.Poi verranno la guerra e la ricostruzione,questacon la rivista Il Politecnico e la grafica politicadi Albe Steiner, con il design di Sambonet eAlbini, la grafica di Huber e Munari. Dagli anniCinquanta c’è la grande ripresa della Triennale,cui si accompagna l’applicazione del design all’industria.Alberto Bassi parla dell’ “automobilecome arte contemporanea”, Olivetti e Pirelli sonomaestre sia di pubblicità sia di disegno industriale,e applicano per prime in Italia l’immaginecoordinata in tutti i messaggi, anche architettonici,delle aziende.Si affermano grafici come Noorda, Grignani,Mari, Tovaglia, Iliprandi, Gonfalonieri, e nasconoaziende oggi celebri per la funzionalità estetica:Cassina, Artemide, Flos, Arflex, Azucena,Kartell, Tecno, Brionvega. Poi il volume, sostenutoda molte eloquenti immagini, ci porta negliultimi trent’anni, con Castiglioni, Gae Aulenti,Gregotti, Franzoni, Magistretti, lo Studio G&R,Sottsass, Gio Rossi e tanti altri protagonisti.Questo libro è una miniera di notizie e d’immagini,utilissima agli studiosi e agli storicidella cultura. Fra le poche critiche che sipossono fare al volume, direi che manca – diquel 1933 “anno memorabile” – la citazionedell’apporto dato a Milano e alla grafica daitedeschi del Bauhaus scacciati da Hitler:Paul Renner, inventore del carattere tipograficoFutura e allestitore della sezione dellagrafica tedesca nella Triennale del ‘33, XantySchavinsky e Herbert Beyer, che portaronoin Italia, fra l’altro, la tecnica del fotomontaggio,inventata da Grosz e Hearfield, subitoapplicata dallo Studio Boggeri. Inoltre, vienevoglia di sapere di più delle donne pionieredella grafica negli anni Trenta: Franca Helg,Lica Cova, moglie di Albe Steiner, e FedeCheli.■ORDINE 6 <strong>2002</strong>29 (33)


A.A.V.V. Il tesoro<strong>dei</strong> poveri.Il patrimonio artisticodelle Istituzioni pubblichedi assistenzae beneficenza (ex Eca)di Milano,pagina 496,s.i.p. Silvana Editoriale.L’oratorio di San Roccoa Riozzo negli anni 50Il patrimonioartisticoe culturaledelle IPAB,praticamentesommersofino a pochi annifa, in un volumeche illustra lastoria della societàmilanesee delle sue operecaritativedel Medioevoad oggiIl tesoro <strong>dei</strong> poveri escedalla polvere <strong>dei</strong> secolidi Mario PanceraUna volta era singolare e si chiamava Eca,Ente comunale assistenza, poi è diventatoplurale, e si chiama Ipab, Istituzione pubblichedi assistenza e beneficenza. Era, ed è,l’organizzazione di Milano che si occupa <strong>dei</strong>poveri anzi <strong>dei</strong> più poveri e <strong>dei</strong> miseri. Io laricordo quando era al singolare; nel dopoguerrasono stato alcune volte alla mensaEca, piena di fumi e di vapori di minestronipesanti e appiccicosi, seduto tra i mendicanti,un po’ per la curiosità del cronista e un po’perchè non avevo soldi. L’Italia stessa, tra lafine degli anni Quaranta e l’inizio <strong>dei</strong>Cinquanta del secolo scorso, era senzasoldi: stava tra la ricostruzione e il periodopoi chiamato del “miracolo” economico. Moltifrequentatori non erano veri mendicanti, maerano stati impoveriti dai bombardamenti,dalla distruzione della città, dal crollo dellamoneta, dalla ferocia, dai morti. I giornaliavevano quattro pagine. Era un’Italia allaGrosz.Avevo vent’anni e cominciavo a fare il giornalista,sostanzialmente non pagato. Ci chiamavano“abusivi”. Andavo a questa mensacon un collega praticante, da solo non avreimai avuto il coraggio. Si può avere il coraggiodi fingersi poveri quando si è ricchi, maquando si hanno pochi centesimi in tasca siarrossisce a far finta di non avere niente deltutto. Mangiavamo all’Eca di Porta Nuova,edificio ormai storico, rosso e giallo, cheesiste ancora; e in una baracca di piazzaleBacone, che non esiste più. Devo ricordarequeste piccole cose, per dare un’idea di queitempi. Sembrano del profondo Medioevo einvece sono appena dietro l’angolo.Alcuni capolavori del patrimonio artisticodell’Ipab milanese, a sinistra, pittorelombardo, ritratto di Alessandro Moriggia,al centro, Giuseppe Vermiglio, SanGiovanni Battista, e a destra, EmilioMagistretti, ritratto di Maria Mantegazza.Lo scudovisconteoNon sapevo che tutti quei poveri avessero un“tesoro”, dovuto alla beneficenza di cui potevanogodere. Un vero tesoro, costituito dadonazioni, lasciti testamentari e altro: opered’arte, edifici, terreni. E con radici lontane,visto che oggi si festeggia il settimo centenariodella confraternità del Pio Luogo delleQuattro Marie, i cui ultimi rami fioriti sono leIpab. Questa degna istituzione sarebbe peròancora più antica: pare che risalga ai tempidelle crociate o si debba addirittura all’arcivescovoAngilberto, nel 845 d.C. Ricavoqueste notize dal chiaro testo con cuiRodolfo Masto, presidente dell’AmministrazioneIpab, presenta, con numerose firmeufficiali e un’introduzione dello storico GiorgioRumi, un ponderoso volume, appunto Iltesoro <strong>dei</strong> poveri, che riproduce, cataloga ecommenta il patrimonio culturale dell’istituzione.Sono edifici, dipinti, sculture, disegni,arredi, requiari, medaglie, diplomi, documentistorici d’ogni genere, a cura di Marco G.Bascapè, Paolo M. Galimberti e SergioRebora, con uno stuolo di collaboratori.Fatti, dunque, gli onori di casa, ricordato,come pura testimonianza di una società, checos’era la mensa Eca del dopoguerra e dettoche “oggi il campo specifico delle Ipab èquella della cura e dell’assistenza agli anziani”a Milano e provincia, eccoci al catalogo,che risulta piuttosto un’ enciclopedia, tanto evasto e ricco di riferimenti. C’è dentro unafetta importante della multiforme societàambrosiana. Il volume è diviso in quattrosezioni: La sede (che si trova nel PalazzoArchinto, in via Olmetto, a Milano; vi lavoròanche il Tiepolo) e la quadreria, con tutto unelenco e le notizie storico-artistiche <strong>dei</strong>numerosi Luoghi pii (San Nazaro in Brolo,San Simpliciano ecc.); I monumenti sepolclari(<strong>dei</strong> benefattoril al Cimitero Monumentale);Gli Istituti, dal monastero di Santa Chiarain Abbiategrasso (1477-1782) all’Istitutogeriatrico Piero Redaelli di Vimodrone(1970); e, infine, Le chiese di patronato e gliedifici storici, con amplissime appendici.L’ultimo capitolo meriterebbe un volume a séperché ci introduce in amabili realtà dellaprovincia e della regione, attraverso le quali,oltre a conoscere l’attuale ambiente lombardo,potremmo imparare un po’ di storia eciviltà. Sapete dov’è Campalestro? E Carpianoe Cantalupo e Riozzo (con il misticoOratorio di San Rocco), e Tavernasco eTrognano e Zunico? Sono tra Milano, il Lodigianoe la Lomellina, tutti possiedono piccoligioielli. Se aveste tra le mani questo libro,targhe alternate permettendo, correreste avedere queste località campestri, che costudisconopreziose, anche se non famose,testimonianze laiche ed eclesiastiche plurisecolari.Non so quanto il Tesoro <strong>dei</strong> poveri contribuiscaad alleviare i dolori <strong>dei</strong> poveri, sonocalcoli che non mi competono, ma il libroinevitabilmente induce a riflettere sull’argomento.Penso e spero che gli amministratorimilanesi siano molto oculati e per i loro assistitiottengano il meglio. Detto questo, il volumeci consegna cronache e storie di vita dinobili, prelati, professionisti, mercanti e delleloro famiglie, che sembrano riassunti diromanzi.Nei ritratti, le dame sono sempre severe, avolte dure; gli uomini, sempre più baffuti ebarbuti man mano che ci si inoltra nel passato,sono compresi nel loro rango. Quasi tutti inomi, e sono tanti, sono illustri.Citerò due o tre immagini, tra le mille: dueritratti femminili, e il dipinto Il cortile dell’ospedaleMaggiore, che ricorda i pitocchi delbresciano Giacomo Ceruti che nel Settecentoscandalizzò i suoi facoltosi clienti ritraendoappunto i poveracci che esibivano la loromiseria sulle pubbliche strade. In questocortile si muovono la vita, le malattie, lamorte; c’è anche un funerale. Si vedonopreti, frati, dame, contadini, carretti (le lettighedel tempo): un formicaio umano brulicatra solidi colonnati e formidabili architetture. Ilquadro è di un pittore milanese sconosciuto,un cronista della pittura, ma c’è dentro tuttal’attenzione e l’anima che lo stesso Manzoniha messo nel descrivere la peste neiPromessi Sposi.Il primo dipinto femminile è pure dovuto a unmilanese ignoto e incerto è il soggetto delritratto, forse Geronima Croce Sansoni,morta nel 1622, ricchissima. Questo ritrattonon è di mano di un artista, ma anche qui ilpittore ha dovuto dare il meglio di sé: la roseasignora ha uno sguardo incerto, sognante eguardingo, una Monna Lisa di provincia; trale dita immobili tiene un’immobile rosa, mal’abito è tutto una preziosa pittorica, che indicala sua eleganza e il suo livello sociale.Da ultimo è il ritratto di Maria Mantegazza,“nubile e agiata”, vissuta quasi cento anni fa(1796-1891), eseguito da Emilio Magistretti,allievo di Hayez, nel 1893, ovvero due annidopo la morte della benefattrice. Questoquadro è un racconto: la signora, seduta suuna sedia barocca dall’alto schienale imbottitoe borchiato, si appoggia al bracciolodestro e nella mano sinistra tiene un cartiglio(una posizione ritrattistica classica), ma bisognaammirare il suo viso, i capelli sormontatida una parrucca a riccioli, i tappeti e le pelliai suoi piedi, lo scrittoio con le penne d’oca,l’angolo dello studio e, tra lei e un tendaggiodamascato, un alto basamento in marmo sucui campeggia il candido busto di un uomobaffuto e austero, cioè il nobile fratelloBoschino, “dottore in legge presso l’Universitàdi Pavia”, che le aveva lasciato la suecospicue sostanze. Una pagina pittorica epsicologica non indegna di una grande paginadi Balzac.■30 (34) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


PalazzoRealedi MilanoIl Palazzo Realedi Milano,a cura di EnricoColle e FernandoMazzocca,Skira, pagine 3<strong>28</strong>,euro 70Palazzo Realecom’è oggi,affacciatosulla piazzadel Duomodi Milano.Dal Medioevoad oggi,un libro raffinatoripercorrela storiadella reale cortemilanese.Un viaggiotra dipinti,arazzi, scultureed interniLa lunga storia di unareggia “incompresa”di Daniele LepidoUn passato tormentato, fatto di volti importanti,intrighi di corte e rifacimenti ex nihilo.Èla storia del Palazzo Reale di Milano, forse ilmeno conosciuto fra i grandi monumentilombardi, a cui è stato dedicato un preziosovolume presentato lo scorso 16 maggio nellaSala delle Otto Colonne.Il Palazzo Reale di Milano, curato da EnricoColle e Fernando Mazzocca, studiosiattenti e raffinati, edito dalla Skira con ilcontributo della Fondazione Cariplo, uscitoin concomitanza con la mostra sulNeoclassicismo, proprio mentre i lavori direstauro stanno riportando l’edificio al suoantico splendore.Strano appeal quello di Palazzo Reale.Sdraiato sul fianco sinistro del Duomo, chiusotra l’Arcivescovado e l’Arengario, hasofferto da sempre il confronto con i suoicolleghi italiani ed europei: dalla Reggia diCaserta a Versailles, dalla residenza viennesedi Schönbrunn al Palacio Real di Madrid.A presentare l’opera davanti ad una piccolafolla di esperti d’arte e giornalisti, oltre aicuratori e all’editore Massimo Vitta Zelman,l’assessore alla Cultura e musei SalvatoreCarrubba insieme con Caterina Bon Valsassina,soprintendente al Patrimonio storico eartistico di Milano.«La presentazione di quest’opera – ha esorditoCarrubba – mi dà l’opportunità di fare ilpunto sul restauro dell’edificio visto che, allafine dell’anno, inizieranno i lavori conclusivirelativi al terzo lotto. Abbiamo cercato di ridefinirel’identità di Palazzo Reale attraverso unrestauro “filologico”, per riscoprirne la vocazionee trasformarlo in un centro culturale edespositivo d’eccellenza».È stata poi la volta del soprintendenteValsassina: «Questo libro è uno strumento dilavoro, utile per la qualità <strong>dei</strong> testi e delle illustrazioni.Sette scritti di studiosi come CarloCapra, Giuliana Ricci, Marina Rosa, RosaAuletta Marrucai e Alberico Barbiano diBelgiojoso, arricchiti con 124 tavole a colorie 186 in bianco e nero. Ma non si tratta di untesto dedicato solo agli addetti ai lavori. Èun’opera piacevole ed importante, che sirivolge a tutta la città».I curatori, Enrico Colle e Salvatore Mazzocca,hanno ripercorso i mutamenti di questa“fabbrica tormentata” che è Palazzo Reale.Sorto nel Medioevo sul luogo del brolettovecchio, venne fortemente rilanciato daNapo Torriani, nominato “signore perpetuo”di Milano nel 1265, e poi da Matteo Visconti,nipote dell’arcivescovo Ottone che fu capitanodel popolo, a fasi alterne, tra il 1<strong>28</strong>7 e il1332. I due lo eressero a residenza privata,trasformandolo, come scrive un solertecronista dell’epoca, Galvano Fiamma, in “unluogo di delizie, con fontane, orti pensili,serraglio di bestie esotiche, peschiere enumerose sale, che appena al mondo se netrovano di più belle”.Azzone Visconti ampliò il Palazzo facendocostruire una seconda corte verso nordinsieme alla chiesetta di San Gottardo, con ilcampanile ottagonale tutt’ora esistente sucui venne sistemato un orologio che battevale ore (da cui il nome della “Via delle Ore”,ancora oggi portato dalla strada adiacente).Nell’ “età spagnola” l’edificio cedette al gustobarocco e perse molti <strong>dei</strong> caratteri gotici perarricchirsi, tra le altre cose, anche di unatipografia per la stampa degli editti.Ma la trasformazione più radicale avvennenella seconda metà del Settecento, quandofu abbattuto il corpo di fabbrica verso ilDuomo. “La riedificazione e la decorazionedel Regio Palazzo Ducale – scrive nel suosaggio Fernando Mazzocca – costituisconol’episodio centrale in quell’ampio rinnovamentodella città che, sotto l’impulso delmecenatismo di Carlo Firmian e dell’architettoGiuseppe Piermarini, fanno di Milanouno <strong>dei</strong> grandi centri del neoclassicismoeuropeo”. Mentre nel suo intervento EnricoColle ha sottolineato come «nel Settecento ilPalazzo Reale fosse diventato il banco diprova di molti artisti, spesso provenientidall’Accademia di Brera. Un’opera architetto-L’atrio verso lo scalone. A sinistra,il cortile d’onore in una stampa della metàdel 700. In alto a destra, la sala degliarazzi in una foto degli inizi del XX secolonica che è testimonianza dell’evoluzione diuno stile neoclassico specificatamente milanese».E fu proprio il Piermarini, il cui nome è legatoalla facciata del Teatro alla Scala, a dareall’edificio l’aspetto attuale. Giunto nel capoluogolombardo nei primi mesi del 1769come allievo di Luigi Vanvitelli, assunse poi,a fine anno, il titolo di regio architetto a seguitodella rinuncia del suo maestro che si eravisto bocciare il progetto di restauro – perchétroppo costoso – dall’Imperatore GiuseppeII.Piermarini presentò una nuova proposta,altrettanto ambiziosa, che non fu ugualmenteaccettata. Ma nel 1771 venne celebrato incittà il matrimonio tra il diciassettenne arciducaFerdinando e Maria Beatrice d’Este,come ci racconta Giuseppe Parini nel suoresoconto. E proprio nel giovane arciduca,Piermarini trovò un prezioso alleato perportare avanti il suo piano di lavoro. Convintala madre, Maria Teresa, all’inizio pocopropensa allo sfarzo del prospetto, i lavoriiniziarono nel 1773.E non mancarono da subito i detrattori, comePietro Verri che, nel suo Carteggio con ilfratello Alessandro, annotava: “In quel luogoqualunque [costruzione] farà sempre la figuradi casa da sacrestia del Duomo”.Eppure la ricchezza e l’eccezionale qualitàdegli arredi e degli ornamenti eseguiti fral’età neoclassica e napoleonica, riemergonocompiutamente in questo volume; dalle pitturedi Andrea Appiani, alle decorazioni diGiocondo Albertolli fino ai mobili di GiuseppeMaggiolini e gli arazzi raffaelleschi degliAtti degli Apostoli.Alla fine della prima guerra mondiale VittorioEmanuele III cedette il Regio Palazzo alDemanio, insieme con la Villa Reale diMonza. Le aggiunte ottocentesche verso viaLarga vennero demolite nel 1925, per farposto agli uffici comunali. E la “manica lunga”fu parzialmente distrutta undici anni dopo inprevisione della costruzione dell’Arengario. Ibombardamenti dell’agosto del 1943 feceroil resto, devastando in particolare la “Saladelle Cariatidi” adornata con le quarantasculture di Gaetano Callani.Un passato travagliato, ripercorso in modomai banale, passando in rassegna dipinti,sculture e particolari celebri, come il magnifico“centrotavola del vicerè” di GiacomoRaffaelli o gli orologi antichi, di manifatturafrancese, di Claude Galle e Luigi Manfredini.E in più le foto in bianco e nero dell’ArchivioAlinari e del Civico Archivio di Milano chetestimoniano gli interni dell’edificio primadelle guerre.Un testo che rende merito ad un frammentodi storia troppo spesso sottovalutato e cheinvece – come sottolinea il sindaco GabrieleAlbertini nella prefazione dell’opera – “piùd’ogni altro richiama il passato e il fascino,insieme semplice ed altero, di Milano”. ■ORDINE 6 <strong>2002</strong>31 (35)


LA LIBRERIAD I T A B L O I Ddi Gigi SperoniLe interpretazionisu Renzo De Felicee i nuovi libri sul fascimo«Se la giornata di studio “Interpretazioni su DeFelice” ha avuto, come crediamo, <strong>dei</strong> meriti,questi vanno rintracciati anche nello stimolo auna lettura dell’opera di De Felice più aperta alconfronto con l’attuale storiografia europea».Così Pasquale Chessa e Francesco Villari nellaintroduzione al libro che raccoglie, per l’appunto,le “interpretazioni” di sei qualificati storiografisull’autore della monumentale biografiadi Mussolini che gli costò l’accusa di “revisionista”.Nel senso sprezzante con cui l’intellighènziacomunista bollava gli intellettuali socialisti cheintendevano rivedere il marxismo-leninismoMorgagnie la Stefani,voce del regimeL’esule anarchicouccisodagli stalinistinelle opere e nei fatti, mentre qualsiasi spirito liberorespinge le revisioni della storia strumentalizzateper fini di parte, a volte ignobili sino alpunto di negare la realtà dell’Olocausto.De Felice è morto nel 1996, quando, per la cadutaanche <strong>dei</strong> muri ideologici, la sua rivisitazionedel fascismo s’era già proposta a unameno prevenuta attenzione.Tanto che, nel febbraio dell’anno scorso, il sindacoVeltroni volle promuovere un convegnoper “rimettere al centro del dibattito culturale, aldi là dell’uso politico della storia, al di là deglislogan ormai superati del revisionismo e dell’antirevisionismo,quello che è stato il contributoessenziale del lavoro di De Felice nel quadrodella storiografia internazionale”.Con lo stesso proposito, ora Chessa e Villarihanno curato questo libro per offrire al lettoreuna “più distaccata valutazione critica <strong>dei</strong> risultatidella ricerca defeliciana” con l’apporto di“studiosi inglesi, francesi, italiani di diverse tendenzee metodologie storiografiche”. Unasumma di scuole di pensiero in 157 illuminantipagine che il cultore leggerà di un fiato.E che ci offrono l’occasione per concentrare lerecensioni di alcuni saggi, tutti dedicati a riproporrepersonaggi e avvenimenti di un periodostorico (il fascismo, la seconda guerra mondiale)che alimenta una sempre vasta pubblicisticaperché, parole di Ciampi, “la storia è un’azionedi ricostruzione lenta e paziente, va arricchitaogni giorno di nuovi approfondimenti e testimonianze”.Quindi di nuovi libri.Interpretazioni su Renzo De Felice,a cura di Pasquale Chessae Francesco Villari.Interventi di Denis Mack Smith,Adrian Lyttelton, Giovanni Sabbatucci,Francesco Perfetti, Pierre Milza,Marc Lazar. Baldini & Castoldi, <strong>2002</strong>,pagine 151, euro 13,00La rivoluzionedi Starace, mastinodi MussoliniEcco un bel libro, non soltantoper la ricca, accurata documentazione,ma anche perchéRomano Canosa conquesta storia dell’agenziaStefani e del suo padre-padrone,Manlio Morgagni,riempie un tassello che mancavanel variegato, vasto mosaicoche rappresenta la storiadel fascismo.Morgagni, come presidentedella agenzia ufficiale del regime,che dettava la linea dicondotta ai giornali e alle radioitaliane in patria e all’estero,godette la stima e la fiduciadi Mussolini, a cui nonmancava di mandare lunghi eprecisi rapporti sui Paesi chevisitava. Fu un uomo potente,di quel potere vero, sussurratoe temuto negli ambienti checontano, che non ama finiresui giornali.Tanto che di lui lecronache s’occuparono, quasiper inciso, soltanto dopomorto.Anni fa Denis Mack Smithscrisse che “fra i diversi milionidi membri del Partito fascistae della milizia, ce ne fuuno che si suicidò”.Quell’uomo, che lo storiconemmeno cita, fu ManlioMorgagni, l’unico che pagòuna fedeltà incondizionata aMussolini la notte del 25 luglio1943, quando cadde, di propriamano, il fascismo.Canosa ricorda che sulla suascrivania il presidente dellaStefani lasciò una lettera:«Mio duce, l’esasperante doloredi italiano e di fascista miha vinto. Non è un atto di viltàquello che compio; non ho piùenergia, non ho più vita. Dapiù di trent’anni, tu, duce, haiavuto tutta la mia fedeltà. Lamia vita era la tua…Ti domando perdono se sparisco».A questa drammatica testimonianzaCanosa arriva dopoaver ripercorso, in 2<strong>28</strong> fittepagine, la storia di un uomoche riuscì a creare dal quasinullauna Stefani di valenzamondiale, accreditata quantole concorrenti straniere. Ed èproprio nel racconto della nascitadelle grandi agenzie, <strong>dei</strong>loro accordi e delle “guerre” diposizione per spartirsi il mercato<strong>dei</strong> media, dove il libro èparticolarmente intrigante,grazie soprattutto al fatto chelo spazio è lasciato ai documenti.Compresi i particolareggiatirapporti che Morgagniinviava al duce di ritornodalle sue missioni all’estero.Sostiene Canosa che“quelle relazioni, ancora oggi,si appalesano molto spessointeressanti e consentono diconoscere aspetti del mondoeuropeo fra le due guerre ingenere trascurati dalla «grandestoria». Per di più, eranocaratterizzate da una notevoleobiettività”. Anche se “puòdarsi che quando Mussolinigli assicurava di leggerle,mentisse per compiacerlo”.Peccato: ne avrebbe tratto utiliinsegnamenti.“Chi era in realtà ManlioMorgagni?” Si chiede in chiusural’autore. E si risponde:“Era un fascista non dell’ultimaora, ma della primissima”.Rimasto tale, come abbiamovisto, sino alla fine.Comunque un fascista, continualo stesso Canosa, che“aveva sempre invitato i suoigiornalisti a non esagerare,pena la perdita di ogni credibilitàpresso i fruitori delle notizie”.Un uomo dove all’amore perla professione si sovrapponevauna tale adorazione perMussolini che gli impedì di sopravviverealla caduta del suoDio. E di conoscere l’alba dellaLibertà con la nascitadell’ANSA.Romano CanosaLa voce del duce.L’agenzia Stefani:l’arma segreta di Mussolini,Mondadori <strong>2002</strong>,pagine 246, euro 16,80Mussolini alla conquista delleBaleari è una denuncia dellapolitica espansionistica del fascismoma, soprattutto, ci faconoscere, grazie alla postfazionedell’editore GiuseppeGalzerano, l’autore del dossier:Camillo Berneri, intellettualeantifascista, esule in Spagnadove fondò un periodico anarchico.Nel 1937, in piena guerracivile verrà arrestato e fucilatoda agenti staliniani, vittimadello spietato scontro nellastessa sinistra che portò allaeliminazione <strong>dei</strong> militanti di nonstretta osservanza sovietica,(straordinariamente raccontatonel film di Ken Loach Terra e libertà).Una esistenza ricca intensaquella di Berneri, (docentedi filosofia, scrittore fecondo,coraggiosamente impegnato,perseguitato dal regimeche lo costrinse a ripararein Spagna dove troverà la morte,terribile ironia del destino,per mano <strong>dei</strong> suoi compagni dilotta. Una vita stroncata a soli40 anni, che varrebbe una corposabiografia.Camillo BerneriMussolini alla conquistadelle Baleari,Galzerano Editore, <strong>2002</strong>,pagine 170, euro 10,00Il giorno più lungovisto dai due frontiUn impegno grosso, una bellafaticata quella di RobertoRoggero che descrive l’allestimentoe lo svolgimento dellosbarco in Normandia, la piùgrande operazione militaremai realizzata, con un saggiodettagliato che inizia dallapreparazione politica e logisticadel giorno più lungo dellaseconda guerra mondiale, sinoalla Decision Day del 5giugno 1944, quando Eisenhowerdiede l’ordine dell’attacco.Poi la narrazione prosegue,come recita il sottotitolo, “dallaNormandia al Reno”, con gliavvenimenti visti da entrambi ifronti. Il tutto per 500 paginearricchite da cartine, fotografie,un glossario delle sigle e<strong>dei</strong> nomi convenzionali e l’indice<strong>dei</strong> maggiori protagonistidegli avvenimenti. Per un volumeutile da consultare inquanto puntigliosa memoria<strong>dei</strong> fatti.Roberto RoggeroL’ultimo fronte occidentale.Dalla Normandia al Reno,Greco & Greco <strong>2002</strong>,pagine 498, euro 16,53Achille Starace fu il segretariodel PNF dal 1931 al 1939, glianni del consenso supino ecorale alla dittatura, quando ilgerarca di Gallipoli cercò difascistizzare gli italiani imponendoloro uno stile di vita, unmodo di essere lontanissimodalla mentalità di un popololatino, ricco di santi, poeti, navigatorie, aggiungeva Flaiano,di nipoti e di cognati.Impossibile da irreggimentare,germanizzare.Starace sostituì il «lei» con il«voi», la stretta di mano colsaluto romano, abolì le parolestraniere (e i «cotillons» divennero«cotiglioni»), aggiornòil calendario tradizionale,facendolo partire dal <strong>28</strong>ottobre 1922, l’inizio dellaNuova Era con la Marcia suRoma, militarizzò un’interanazione mettendola in orbace,cercò di farla marciare alpasso romano, sommerse lefederazioni, i giornali, di disposizionidel tipo «è vietatosalutare romanamente standoseduti», creò un Paeseche al primo soffio di venti diguerra si rivelò di cartapesta.L’uomo, fedelissimo al fascismosin dai primordi (secondola sorella, Fanny, «Respiravaper ordine delDuce»), veniva consideratoda Mussolini «Un cretino obbediente»,e come tale nonfece che eseguire le volontàdel suo capo. Nei giorni dell’iravenne fucilato dai partigianiè morì, coerentemente, urlando“Viva il Duce” per finire, anchelui, appeso in piazzaleLoreto.Un simile personaggio haispirato una vastissima pubblicisticae ora ritorna alla ribaltacon la riedizione di unabiografia firmata da AntonioSpinosa e con un libro diRoberto Festorazzi, Starace,il mastino della rivoluzione fascista,con cui l’autore si “propone,a beneficio del pubblicointeressato a una rilettura delnostro passato, il fine di restituireuna luce più vera e obiettivaalla figura storica di unpersonaggio ampiamente travisato,vittima di un’autenticadannazione della memoria”.Per Festorazzi “Starace inrealtà fu soltanto uno zelante,furbissimo e, per tanti versi,impareggiabile esecutore diordini”… “agì anche come parafulmineper proteggere ilsuo capo, incassando, più omeno consapevolmente, l’enormecarica di antipatia, didiscredito, di impopolarità cheil suo compito e i suoi diktatda caserma gli procurarono”.L’autore, comunque, a Staracenulla risparmia, aprendoun capitolo anche sulle accusedi nepotismo, avanzate avoce più alta quando il potentesegretario del partito vennebrutalmente scaricato daMussolini: confinato nel girone<strong>dei</strong> disperati, destinato asopravvivere miseramente elontano dal suo pur sempreadorato Duce.Il perché di un simile siluramentorimane ancora oggi unmistero: Festorazzi avanza alcuneipotesi, tutte accettabili,ma nessuna del tutto convincente.Chissà: forse Mussoliniaveva avvertito che il personaggioera diventato troppoimpopolare...L’interessante lavoro di Festorazzi(documentato anchecol contributo <strong>dei</strong> parenti delgerarca) ha conosciuto unacuriosa appendice. Nel librol’autore avalla la nota versionedi uno Starace catturatodai partigiani la sera il 27 aprile1945 mentre tranquillamentefaceva footing dalleparti di Porta Ticinese. Ma poilo stesso Festorazzi, a volumeuscito, ha firmato su IlGiornale una nuova versione<strong>dei</strong> fatti “di cui ritiene obbligatorioprendere atto”. Secondoquesto aggiornamento in corsod’opera, meglio, a operaterminata, fu il partigiano FulvioBellini a catturare Starace:non per strada, ma in unapensione di corso XXII Marzo:“Entrai nella stanza e vidiStarace sdraiato sul letto, conuna tuta da ginnastica cheportava addosso ancoraquando venne fucilato. Accettòdi seguirci senza fare obiezioni”.Roberto FestorazziStarace, il mastinodella rivoluzione fascista,Mursia <strong>2002</strong>,pagine 242, euro 17,2132 (36) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


LA LIBRERIAD I T A B L O I DStefano PorcùNonno, chi eranoi partigiani?di Emilio PozziOccorre vincere i pudori chehanno indotto al silenzio, permolti anni, chi, dato il suocontributo, con entusiasmogiovanile, alla Resistenza, oche comunque si è adoperatocontro il nazismo si è poiinserito, senza nulla chiedere,nella vita normale. Un casodi riemersione, diventatoclamoroso, per l’amplificazionetelevisiva è stato quellodi Giorgio Perlasca. L’ecosuscitata a suo tempo daiservizi televisivi di Mixer edal rigoroso volume diEnrico Deaglio, si era perdutanell’oblio e nell’indifferenza.Su certi temi bisogna insistere(insistere, insistere),invece, perché perdere lamemoria su svolte epocali,favorisce la mistificazione<strong>dei</strong> revisionismi.Una considerazione questache introduce la riflessionesul piccolo (per numero dipagine) volume di StefanoPorcù intitolato Nonno, chierano i partigiani? e chesuggerisce subito per lascelta <strong>dei</strong> nipoti come lettoriprimari, l’utilità, di raccontareORDINE 6 <strong>2002</strong>ai giovani e ai giovanissimi.Abbiamo, su temi più d’attualità,altri esempi recenti :di Tahar Ben Jelloun L’Islamspiegato ai nostri figli e Ilrazzismo spiegato a mia figliao, ancora La vita spiegataai miei figli di AnneBacus Lindroth.Non sono trovate editorialima esigenze, etiche e morali,che impongono di usciredal riserbo della discrezione,per dare doverose testimonianzepersonali.Come fa con limpida narrazione,e con linguaggio pacatoStefano Porcù. Sonostati i nipoti, che dalla scuolamedia non hanno avuto alcunainformazione (evito ilvocabolo più pertinente, ‘insegnamento’)che gli hannochiesto “Nonno, chi erano ipartigiani?” E il nonno racconta.Spiega il contesto,che non è poi quello idilliacoe partecipato che si cercaora di accreditare ‘sdoganando’il fascismo, magariammettendo qualche mancanza,per accreditare poi ilconcetto di ‘guerra civile’, frail ‘43 e il ‘45.Il racconto del nonno parladella vita <strong>dei</strong> giovani, negliLuciana BaldrighiGiganti di cartadi Massimo CobelliSettanta scatti, 70 giornalistifamosi, 70 “giganti di carta”(o d’argilla?). Eccole qui unadopo l’altra le star del giornalismoitaliano, volti noti(soprattutto quelli della televisione)e meno noti (quellidi grandi firme della cartastampata che non appaionomai in tivù).Luciana Baldrighi li ha ritrattiin posa ora seria, ora semiseriao autoironica, ora “veryprofessional”, pose spessocondite con un pizzico dinarcisistico autocompiacimento.Il volume si apre conl’icona-passepartout di IndroMontanelli.Un doveroso omaggio allamemoria tributato attraversouna bella fotografia scattatanella primavera dell’annoscorso: “<strong>Giornalisti</strong> comeMontanelli”, scrive la Baldrighi,“non muoiono mai, equesto spiega perché eglicampeggi in apertura al volume”.“Nella scelta <strong>dei</strong> personaggifotografati si racchiude il megliodel giornalismo italiano”,scrive nell’introduzione PieroOstellino, “pur con i limiti e idifetti che in quel meglio èdato trovare. Limiti e difettiche sono però una specie dimarchio di fabbrica, il sigilloin fondo del made in Italyche li rende così unici e cosìautentici. Anche i settanta ritrattifotografici della Baldrighirientrano nel giornalismod’autore. Nel senso chenello scegliere quel particolare,quella luce, quella posizionel’autrice ha, coscientementeo meno, cercato dicatturare un tratto distintivodella persona fotografata”.Ogni ritratto è accompagnatoda un’affettuosa mini-biografiadi Stenio Solinas: avràscritto anche la sua, nellaparte dedicata agli autori? DiSolinas è anche un divertente“vademecum della cartastampata”, 55 voci da “abusivo”a “zerbino”: alla voce“ulcera” leggiamo: “Male tipico<strong>dei</strong> giornalisti, così comel’insonnia, l’infarto, la cirrosi,i calcoli, il colpo della strega,il gomito del tennista, il ginocchiodella lavandaia. Igiornali sono degli ospedalidove lavorano cadaveri inbuona salute”.Con Fabrizio Del Noce l’autriceha invece dato vita aun’intervista su giornalismo,Internet e le frontiere prossimeventure della comunicazione,mentre a MarioGiordano è stato affidato ilruolo del bastian contrarioper raccontare il giornalismodi ieri e di quello di oggi, pregie difetti di vecchie e giovanifirme.Ma i “giganti di carta” ma<strong>dei</strong>n Italy sono soltanto 70? Ecome la prenderanno glianni attorno al quaranta “ilsabato fascista” con i ragazzinivestiti da balilla o daavanguardisti a giocare con ifucilini agli ordini di gerarchettiinvasati di marzialità edi destini imperiali) e delledifficili scelte dopo l’otto settembre1943, con i proclamidi morte per i “disertori”, allecantonate. A Genova, comein tante altri luoghi del Nord.Chi non ha vissuto quelle atmosfere,le può trovare nellepagine di Porcù, attraversogli episodi, vissuti in primapersona e raccontati con lasemplicità di un ottimo cronista.Alcuni passaggi riportano alclima di una esaltante avventura,agli scoramenti pertristi disavventure, ai momentipiù tragici costellati didubbi, di tradimenti, di torture,di ragazzi ammazzati.Ha scelto bene Porcù i versidi Ismail Matter, come premessaal suo narrare:I ricordi sono come uovad’uccellonel nido: l’anima li riscaldaper lunghi anni e d’un trattoessi rompono il gusciodisordinatamente,inesorabilmente.Fortunati, i nipoti di StefanoPorcù. E fortunati quei nipotiche hanno ancora nonni aiquali chiedere “Nonno, racconta”.Stefano PorcùNonno, chi eranoi partigiani?DeFerrari editore 2001,Genovapagine 172, euro 12.39eventuali esclusi? E poi, questigiornalisti sono davverogiganti? Questi interrogativise li sono posti, durante unapresentazione pubblica delvolume svoltasi a Milano,due degli immortalati, GuidoVergani e Massimo Fini.“Non basta essere bravi, bisognapurtroppo avere unapasserella, un giornale chedia visibilità, perciò ricordiamocidi quelli che non hannoavuto la passerella”, ha dettoMarina MartoranaLa guida agli spacci<strong>2002</strong>di Paola MorosiniSpacci e multispacci, discount,neobazar, factory outlet,stocchisti…. sono alcunedelle realtà contemplate inquesta nuova edizione dellaGuida agli Spacci <strong>2002</strong>, conla quale Marina Martorana,giornalista libera professionistache opera nel mondo dell’informazionedal 1980, ciconduce alla scoperta di unmondo prezioso e curioso,diffuso sull’intero territorio nazionale.Magari un po’ più presente alnord e al centro, comeespressione del maggior numerodi aziende di produzioneesistenti in queste aree,ma con interessanti tendenzedi sviluppo anche al sud. Delresto il mondo <strong>dei</strong> consumi èin forte mutamento: il consumatoreha esigenze diverserispetto al passato, ha unaconsapevolezza più profondadel valore degli oggetti e vaalla ricerca della qualità al minorprezzo possibile. Di qui ilsuccesso di spacci & co., checonciliano le esigenze di budgetdelle aziende con il piaceredel cliente “che può vestir-si, arredare casa e ufficio, farregali e sposarsi con un’immaginealla grande, però anchecon estremo sollievo peril portafoglio”.La ricerca della griffe, del vintageo dell’oggetto d’autoredà soddisfazione, soprattuttoa fronte di un risparmio che siaggira sul 30%-50%, maquesto modo alternativo di fareacquisti ci fa anche sentireprotagonisti nella caccia all’affare.Italiani o provenientidall’estremo oriente e dagliStati Uniti, gli amanti del generesono numerosi, segnodell’apprezzamento per questeparticolari realtà commercialisulla scia del risparmio,che dal tessile all’alimentare,caratterizzano la penisola eche hanno origine negli annitrenta, quando il produttoreamericano di abbigliamentoAnderson-Little ufficializzaquesta attività aprendo il primoFactory Outlet (spaccioaziendale).La guida non è un sempliceelenco, ma alle necessarieindicazioni per individuare illuogo (gli spacci sono divisianche per regioni geografiche)e la categoria merceologica,aggiunge qualcosa. Èinfatti un utile (e praticamentetascabile) volume, da portarecon sé per orientarsi al meglioin un settore in pienoboom e in rapida evoluzione,che offre al lettore una sceltaragionata di “paradisi del risparmio”,con brevi, precise espesso anche divertenti annotazionisulle singole realtà.Contiene anche una sezionededicata agli acquisti on-lineper chi non può o non amagirare per negozi. MarinaMartorana lavora dal 1989per il Corriere della Sera, dovecura – e non poteva esserealtrimenti – le rubriche“Spacci & occasioni” per l’insertoVivimilano e “Il mondodegli outlet” per il sito della testata.Autrice Sperling & Kupfer, hapubblicato, come coautrice,Giornalista freelance e Vogliofare il giornalista. Da tempo sioccupa anche di comunicazioneper le aziende e ha datovita a Rent a journalist, primoservizio di consulenzegiornalistiche rivolto alle imprese.Marina Martorana,La guida agli spacci <strong>2002</strong>,Sperling & Kupfer Editori,pagine 416, euro 9,80Vergani. Il quale però ha aggiunto:“Il giornalista di oggi èormai sempre meno il professionistadel proprio mestiere:è fermo, statico, assediato,accecato da un bombardamentodi notizie traagenzie, fax, e-mail e Internet.Oggi fa il selezionatore,più che essere ‘dentro’ lenotizie che dà. Un telegiornaledel resto in 25 minuti dà almeno13 notizie, e la cosa sicommenta da sé”.“Gli autori si sono fatti almenoventimila nemici, cioè gliesclusi”, ha aggiunto Fini. “Enon è detto che anche gli inclusi…Sappiamoquanto i giornalistisianopermalosie aminoparlaredi sé in primapersona”.E tornando aparlare del“mestiere”: “Ilgiornalismod’inchiesta, il reportagedove sono?Nino Nutriziomi diceva sempreche il giornalismo sifa prima coi piedi epoi con la testa: bisognaandare sul postoad annusare, toccare,e quindi saper restituireal lettore con unapassione controllata,non come l’ultimaFallaci”.Meditate, giganti di carta,meditate.Luciana Baldrighi,Giganti di carta,Valentina Edizionipagine 201, s.i.p.33 (37)


LA LIBRERIAD I T A B L O I DPino NanoQuarant’anni di Raiin Calabriaall’interno dell’azienda (sipotrebbero anche fare i nomi),alcune forze politichehanno remato contro, lesinandoil necessario ossigeno,alle iniziative locali. Nonè sufficiente, a mio avviso,giustificare queste sceltecon le esigenze di bilancio,con la necessità di difendersidalla concorrenza delle televisionicommerciali o, motivazioneancor più ipocrita,non soffocare, con un prodottodi maggiore spessore,la crescita di piccole televisionilocali.Le battaglie per decentramentoideativo e produttivo,per la valorizzazione delleidentità regionali, la proposizionedi realtà come l’ARDtedesca, articolata suiLaender, sono rimaste letteramorta: i futurologi che ridicolizzavanoquesti tentativipensando alla globalizzazioneimminente, alle trasmissionivia satellite, al ‘villaggioglobale’ di Mac Luhan, nonavevano torto, di principio,ma hanno ignorato l’esigenzademocratica del localismoe si sono ritrovati con il‘salotto globale’ <strong>dei</strong> Vespa e<strong>dei</strong> Costanzo, che spessopur trattando temi nazionali,lo fanno con un’ottica romadiEmilio PozziDue volumi, di peso, concettualmentee storicamente,l’uno con prefazione diEnrico Mascilli Migliorini, l’altrocon quella di Rocco Turi,per un totale di quasi 800pagine, che vanno ben al dilà della storia di una sede radiotelevisivacon la propriaregione, analiticamente documentata.Non è soltantoun’orgogliosa testimonianzasu una terra generosa e dascoprire. È un’occasione perqualche seria riflessione,purtroppo non esaltante sucome il servizio pubblico radiotelevisivo,cioè la Rai, intanti anni, cioè dalla riformadel 1975, abbia perso milleoccasioni, per rispondere aldisegno programmatico divalorizzare le creatività e lecapacità produttive dellerealtà regionali. E, al tempostesso la constatazione diquanto poco sia stato fattoper raccontare, almeno a futuramemoria, le iniziativeprese in ogni regione, soprattuttodalla nascita dellaTerza rete, nel 1979, controla quale, per motivi ideologicima con la complicità di benindividuabili apparati tecnicinocentrica (altrettanto provinciale).I fiori di una primavera,almeno interregionale,si sono inariditi e non soquanto la presenza di un autorevolepersonaggio dellaLega, in consiglio d’amministrazionedella Rai (il lombardoEttore AdalbertoAlbertoni, propugnatore conPiero Bassetti del federalismoalla Cattaneo, giurista,allievo di Miglio e studioso diGaetano Mosca) possa rinverdire,senza inutili esasperazionibossiane, la speranzadi vedere una Tv specchiodi una società articolata,senza indugiare sui folclorismio sugli egoismi campanilistici.Certo che i risultati positividella prima terza rete, (unesempio, le Strutture di programmazioneche hannoconsentito la rivelazione digiovani registi, oggi diventatifamosi e l’elenco <strong>dei</strong> nomisarebbe lungo e sorprenderebbe),sono stati troppo infretta sepolti e dimenticati.Una documentazione, comequella raccolta con infinita,paziente meticolosità daPino Nano per la Calabria, inogni altra sede Rai, avrebbecostituito una preziosa basedi studio per troppo superficialimassmediologi o politicismemorati.Lo auspica, del resto, nelconcludere la sua prefazioneal secondo volume, il professorRocco Turi, docente diSociologia della devianzaall’Università di Cassino:“Questo filone bisognerebbeseguire in tutte le sedi Rairegionali per una storia dall’internosulla Rai nazionale,senz’altro più efficace e concretamentereale”.Non so quanti, seguendo l’esempiodi Pino Nano, possanoe vogliano raccoglierequesto invito. Purtroppo moltadocumentazione cartacea,radiofonica e video, èstata distrutta e cancellatada chi non ha il senso dellamemoria storica (fenomenoabbastanza diffuso, in ognicampo) e i reperti sono scarsie non attendibili perchéparziali. Sarebbe comunqueun tentativo da fare, assemblandoalmeno quanto esistenegli archivi delle diversesedi.Ma torniamo ai due volumicalabresi. A Pino Nano scorrendol’elenco fitto <strong>dei</strong> ringraziamentihanno dato consistentiausilii in molti, conscievidentemente di contribuirenon all’erezione di un monumentoagiografico, ma allacostruzione di un solido mosaico.Ognitessera ha un nome,una data, si inserisce inun filo di discorso: personaggifamosi hanno contribuitoalle virtù della Rai inCalabria, altri meno famosisono stati determinanti, nelquotidiano lavoro alle consolles<strong>dei</strong> tecnici, alle scrivanie,dietro la telecameraDall’11 dicembre 1958, giornodi inaugurazione dellaprima sede calabrese in viaMontesanto (direttore ungiovane Enrico MascilliMigliorini, assurto poi ad altreimportanti responsabilitàaziendali, lasciate per la carrierauniversitaria a Urbino,conclusa come preside dellaFacoltà di sociologia). Unanuova tappa il trasferimentonel 1992 nella nuova sede dicorso Marconi. Ma se gli indirizzicivici contano, perchésono diventati familiari ai radioascoltatori,ancor piùhanno valore i contenuti,cioè i programmi giornalisticie non. I volumi di Pino Nanonon trascurano alcun nome:centinaia, migliaia. Citarne,aridamente qualcuno, piùsuggestivo significherebbefar torto ad altri. La miniera èricca di pietre preziose a cominciareda quello diCorrado Alvaro, primo nonsolo in ordine alfabetico.La prefazione al primo volumeè stata affidata a EnricoMascilli Migliorini il quale, inun discorso tra il giornalisticoe il sociologico fa suoi alcuniinquietanti interrogativi diPino Nano.“A fronte di scenari che vedonolo schermo televisivosempre più posto in concorrenzae messo in discussionedai ‘display’ di Internet,<strong>dei</strong> personal computer e dialtri meccanismi della multimedialità,la nostra Calabriasi rappresenta allo stessomodo di quarant’anni fa,quando l’apertura della sedeRai, sembrò schiudere alfine,un insperato scenariotecnologico, mentre ora ciaccorgiamo che delineò appenail futuro delle grandicomunicazioni? Ovvero, inaltre parole, ci si batte ancoraquasi si vivesse in un improponibile‘deserto <strong>dei</strong>Tartari’, (di buzzatiana memoria)e la Calabria attende,come allora, l’apparire fataledi un nuovo futuro che, delresto, è già tra noi, oppureriflette consapevolmente sulcoinvolgimento di attori chenon si pensano soltanto comeportatori di interessi,bensì come portatori di prospettive,di saperi, quindi d’identità?”Interrogativo che vale nonsoltanto per la Calabria eche ci riporta tutto sommatoalla richiesta posta all’inizio,con la citazione del professorRocco Turi. Il merito diPino Nano è dunque doppio:superando la definizione delgiornalista di Umberto Eco(‘storiografo dell’istante’) perapprodare a quella preferitada Enrico Mascilli Migliorinidi ‘storiografo dell’esistente’,non solo ricerca le radici eracconta quarant’anni di Raiin Calabria, ma getta un sasso,con forza, nello stagnodelle indifferenze e delle amnesie.C’è qualcuno pronto aritrovare la memoria?Pino Nano,Quarant’anni di Rai inCalabria,Memoria Edizioni,Cosenza;primo volume,Da viale Montesantoa Corso Marconi,prefazione diEnrico Mascilli Migliorini,pagine 352, euro 15.49;secondo volume,I ragazzidi via Montesanto,prefazionedi Rocco Turi,pagine 420, euro 15,49Lido PicarelliCalzoni CortiMarco LieraRe di denaridi Filippo SenatoreBasta un piccolo episodio divita quotidiana che ci fa pensareal tempo trascorso, aitrent’anni vissuti e al bisognodi raccontarli. I racconti indelebilirisalgono agli anni fondamentalidell’infanzia. Lamemoria riesce a conservarlisino alla vecchiaia. Moltospesso però riaffiorano dalmare dell’oblio brandelli, stilemi,parole, attimi lunghi comespot. A volte si riesce aricomporre come un puzzle,nomi, cronologie, archivi chesembrano dimenticati persempre. Ma più delle volte ilmolto opaco trascolorare delsembiante rifà cadere nelladimenticanza e perdere persempre isole del ricordo: l’inesorabileLete annega esommerge come un magmalo scibile.Nel libro Calzoni corti di LidoPicarelli tuttavia rimaniamostupiti per l’incredibile eserciziodella memoria che scavasino al dettaglio. Sembra chel’autore voglia tracciare e rilevarecaparbiamente l’inesorabilmente“perduto”.La successione del raccontonon segue una cronologiatradizionale, ma quella dell’ipertesto.C’è un sapienteprocedimento per digressionie temi ad incastro.Molti icone aprono nuovi argomenti,curiosità, tradizioni,toponimi, parole perdute dialettali.Personaggi semplicimaterializzati come nellaAntologia di Spoon River diEdgard Lee Master, si aggiranoin un mondo ormaiestinto, travolta da una modernitàomologatrice e portatricedi carestie culturali. Siproducono piccoli atti di eroismoquotidiano come quellodel medico che opera conmezzi di fortuna dell’anteguerrae salva una donnadal cancro. Si svolge la vitaesemplare della civiltà contadina,ferma sì da diecimilaanni, ma ricca di umanitàche si tramanda oralmente ecoralmente rendendo più lievee dignitosa la miseria <strong>dei</strong>mezzi materiali. L’autore ècontaminato da tale atmosferae spesso si dimenticadella propria storia, pervasoda un vivere collettivo checoinvolge tutti, mescolandoclassi, ceti e persone. Sia nelmicrocosmo di una piccola eridente cittadina calabrese,Cetraro adagiata sul marTirreno. Si parte dai ricordiL’ECODELLA STAMPAdella guerra (i sette bombardamentiaerei), i residuatibellici, pericolo costante soprattuttoper i bambini incoscienticome lui: tema attualissimoper le mine nei Paesimartoriati da guerre recenti.Lido sin da piccolo si spostain altre città e questo gli serviràper avere come punto diriferimento il luogo natio megliodi un qualunque sedentario.La lontananza e la mancanzaaiutano a rielaborare il ricordo.Il diario cerca di fissareterre perdute.Picarelli valente giornalista,abbandona la terza personadel vecchio cronista per diventareil personaggio delracconto che si mescola adaltri personaggi straordinaricome lui, respirando il profumodell’infanzia.Lido Picarelli,Calzoni Corti.Ricordi della mia infanziaa Cetraro,stampato in proprio,Cetraro 2001ECO STAMPA MEDIA MONITOR S.R.L.Via Compagnoni <strong>28</strong>, 20129 MilanoTel. 02 74 81 131 - Fax. 02 76 11 03 46di Giacomo FerrariÈ la storia di una svolta.Quella del capitalismo italiano,che negli ultimi 15 anniha cambiato fisionomia. Unastoria letta attraverso le gesta<strong>dei</strong> suoi protagonisti el’interpretazione di un giornalistaattento all’evoluzionedella grande finanza e allealleanze che la sostengono.Ma perché una svolta? Ouna rivoluzione, per usareun termine un po’ troppoabusato?Semplicemente perché lageografia del potere economiconel nostro Paese ogginon è più la stessa di 15 annifa. Il cambiamento è stato radicalee rapido, grazie appuntoa personaggi nuoviapparsi sulla scena borsistica,e anche, in qualche misura,a normative faticosamenteintrodotte nel nostroordinamento (si pensi allariforma della Borsa e degliintermediari finanziari, oppurealle leggi sull’Opa e sull’insidertrading).Quindici anni sono pochi.Eppure in questo caso hannolasciato il segno. Primac’erano da un lato lo Statoimprenditoree dall’altro laMediobanca di EnricoCuccia. Oggi, grazie alle privatizzazioni,la presenzapubblica nell’economia è unpo’ diminuita e il “peso” dellastorica merchant bank milanesesi è ridimensionato.Non per questo si può direche il sistema Italia abbia fattosignificativi passi avanti.Soprattutto sul fronte dellatrasparenza: in Borsa il sistemadelle cosiddette scatolecinesi (società che ne posseggonoaltre, a cascata,permettendo di controllareimperi industriali con il minimoimpegno di capitali) è tuttoraimperante.Re di denari, come si evincechiaramente dallo stesso titolo,parla però soprattutto<strong>dei</strong> personaggi dell’economiae della finanza. E in particolaredi quelli che sonoapparsi alla ribalta negli ultimianni. Non a caso Liera, inquesto istruttivo e documentatissimopamphlet, parte dauna data precisa, il <strong>28</strong> luglio1986, quando sul listino diPiazza Affari comparve perla prima volta il titoloBenetton. Un simbolo perquel Nord-Est non ancoraassurto a fenomeno socioeconomicoma già trainantedello sviluppo dell’intera nazione.Ai vecchi nomi del grandecapitalismo italiano, quello<strong>dei</strong> Pirelli, degli Agnelli e <strong>dei</strong>Marzotto da quel momentose ne sono aggiunti moltinuovi. Come Benetton, appunto,ma anche comeStefanel, Doris, Berlusconi,Caltagirone, Colaninno. Pernon parlare <strong>dei</strong> “pionieri” dellanew economy, come FrancescoMicheli (eBiscom) ocome Renato Soru, il creatoredi Tiscali. Mentre a capodelle stesse aziende “storiche”dell’industria italianasono approdati nuovi manager.Marco Tronchetti Proveraguida una Pirelli completamentediversa da quelladi 15 anni fa: non più solopneumatici e cavi ma soprattuttotelefonia.E Paolo Fresco è il managercresciuto in America (allaGeneral Electric) al quale lafamiglia Agnelli ha affidato lecure della Fiat. Insomma, hatorto chi dice che il capitalismoitaliano è rimasto immobile.Ma nello stesso tempoha ragione chi osserva che ilnostro sistema è ancora lontanodal modello del capitalismoevoluto di tipo anglosassone.Ma la strada è tracciata.Un libro come quello diLiera aiuta a comprenderequesto cammino.E, come scrive l’economistaSergio Ricossa nella prefazione,l’autore è “una buonaguida, la sa lunga e mette lasua conoscenza a nostra disposizione.”Marco Liera,Re di denari,prefazione di SergioRicossa,Sperling & Kupfer Editori,pagine 216, euro 15,4934 (38) ORDINE 6 <strong>2002</strong>


Javier CercasSoldatidi Salaminadi Giancarlo SalemiIl libro Soldati di Salamina èun’ossessione. Per il lettore eper l’autore. Un’ossessione,un interrogativo che non trovarisposta. Perché il soldato repubblicanosalvò dalla morteil nemico, l’ideologo dellaFalange, Rafael SànchezMazas, futuro ministro del generalissimoFrancisco Franco?Una storia vera, accadutanei pressi del santuario delCollel, a Gerona, nella freddae piovosa mattina del 30 gennaio1939.Lo scenario è la guerra civilespagnola oramai agli sgoccioli.I miliziani avanzano versol’ultima roccaforte, Barcellona,mentre i repubblicanisono in fuga alla volta <strong>dei</strong>Pirenei, nella speranza di trovaresoccorso in Francia.L’intellettuale Rafael SànchezMazas, per qualche anno aRoma corrispondente delgiornale conservatore ABC eamante delle geste di BenitoMussolini, è un prigionierodestinato alla fucilazione.Lui insieme agli altri franchisticatturati e portati all’alba davantial plotone d’esecuzione.Gli istanti trascorrono eterni,tutti sanno che dovranno morire.Sànchez Mazas non prega,non ingiuria, ma pensa:l’unica possibilità di salvezzaè la fuga. Così non appenasente l’ordine di sparare e lepallottole schizzare veloci,spinto da una forza sovraumana,quella della disperazione,inizia una corsa infinita.Si rifugia in una boscaglia.Avanza fra i rami che gli graffianola faccia, inciampa, rotolanel fango e precipita lungoun dirupo. Ansima, è stremato.Sa che lo stanno inseguendoma non ha la forza dirialzarsi. Pensa che avrebbedovuto morire da eroe e noncome adesso: preda inseguitadai cacciatori. Ad un certopunto sente le voci semprepiù vicine, fino a quando difronte gli compare il nemico.Alto, robusto, i capelli intrisi dipioggia, gli occhi forse grigi, leguance scavate e le maniArmando TornoLe virtù dell’oziodi Vittorio FranchiniFinalmente qualcuno lancial’allarme: “Ci stanno rubandoil tempo e con il tempol’ozio, che è parte dellanostra libertà”. Detto cosipotrebbe sembrare unabattuta ma su questa ideaArmando Torno ha costituitoun libro, in un certo sensoeccitante. Parafrasando Ferlinghetti,che andava “allaricerca dello stupore perduto”,Torno va alla ricercadell’ozio, ovvero di bel mododi vivere che consenteORDINE 6 <strong>2002</strong>grandi che stringono il fucile.È un giovane soldato repubblicanoche montava di guardianel monastero in cuiSànchez Mazas e gli altri milizianierano stati imprigionati.Adesso gli occhi del repubblicanoincrociano quelli delfranchista mentre una vocesopraggiunge da lontano:“C’è qualcuno lì?”. SànchezMazas lo sta fissando impaurito,il soldato lo fissa a suavolta e senza distogliere losguardo urla al vento: “Quinon c’è nessuno!”. Poi si voltae si allontana. Perché? È questoil dubbio che rincorre, perseguitafino allo spasimoJavier Cercas, giornalista delquotidiano El Paìs e professoredi Lingua e letteratura spagnolaall’Università di Gerona,che restituisce alla storiauna vicenda offuscata tra lemolte pagine nebulose dellaguerra civile iberica. Tutto inbase ad un principio basilare,espresso qualche secolo fadal filosofo irlandese GeorgeBerkeley nel suo Trattato suiprincipi della conoscenzaumana: “esse est percipi”.L’essere sta nella percezione,quindi fino a quando qualcunosi ricorderà di RafaelSànchez Mazas e del soldatorepubblicano che gli salvò lavita, questa storia avrà la forzadi abbattere le barriere deltempo. E di vivere per sempre.Il libro Soldati di Salamina,che in Spagna è giunto allaventesima edizione vendendopiù di Harry Potter, vieneadesso pubblicato in Italiadalla Guanda. Ed è appuntola parabola di SànchezMazas, intellettuale franchista,amico intimo del fondatoredella Falange, JosèAntonio Primo de Rivera, efuturo ministro senza portafoglionel primo governo diFrancisco Franco, ma che poiviene tagliato fuori sia dai giochidella politica che da quellidella letteratura, forse perchénon era portato né per l’unané per l’altra arte.Javier Cercas si immerge totalmentenella storia, al puntoche mescola insieme, in unaall’uomo larghi spazi diriflessione, momenti di solitudineintellettualmente attivi,capaci di arricchire lenostre qualità interioriaiutandoci a salvare lanostra umanità. E subitoscopre che, nonostantequesta società, sostenutadalle macchine, ci stia piùoffrendo sempre più marginidal lavoro, il nostro tempolibero diventa una ricercaaffannosa, uno spasmodicoandare alla deriva in cacciadi divertimenti, di svaghi, didivagazioni che finisconoper diventare autenticheLA LIBRERIAD I T A B L O I DFeriti repubblicani attraversano i Pirenei per rifugiarsiin Francia dopo la sconfitta nella guerra di Spagna.catene. Il problema è serio,anche se troppo spesso nonce ne rendiamo conto eproprio per l’importanza cheriveste una ricerca in questosenso avrebbe potuto diventareuna insopportabilepizza, in pratica un ennesimomodo per farci derubaredel tempo. Ma Torno è scrittoreaccorto, elegante estempera il flusso delle sueidee in una sorta di lievedivertimento, in pratica siappropria del tempo, lo fasuo, lo usa a suo piacimento,affronta il tema con unumorismo divertito, cita iclassici, lascia affiorare condisincanto i nomi di Platone,di Erodoto, li affianca a testitratti dalla Bibbia e dellaletteratura dell’antico Egitto,li imparenta con autori piùrecenti da Agostino a Petrarca,da John Francis Bray astraordinaria miscela narrativa,la sua vita - la morte del padre,l’abbandono della moglie euna carriera da scrittore da cestinare- con quella di SànchezMazas.Il libro che è una vera epropria inchiesta giornalistica,un romanzo d’investigazione,inchioda il lettore che vuol conoscere,vuol sapere, comed’altra parte lo stesso autore,perché quell’anonimo soldatorepubblicano non riconsegnò ilnemico al fuoco del plotoned’esecuzione. Non c’è una risposta,però. Javier Cercas simette sulle tracce del repubblicanocon l’aiuto della suaamante, una stralunata cartomanteche sta con lui in quantoè chic essere la donna diun’intellettuale ma che continuamentegli consiglia di scrivereun libro sui rossi, magarisu Garcia Lorca, poiché la storiadi un fascista non interessaa nessuno.La soluzione all’enigma sembraesserci e qui non l’offriamoperché va cercata leggendoSoldati di Salamina..Che è stato accolto con un tripudiodi lodi anche in Italia,tanto dagli intellettuali di sinistra,Michele Serra ne ha parlatocome di un’inchiesta giornalisticache approda alla letteratura,che di destra, conPietrangelo Buttafuoco chesul Foglio si è chiesto se anchein Italia sarà mai possibilescrivere un’opera come questaper superare la guerra civilefra fascisti e comunisti.La risposta la fornisce direttamenteil quarantenne JavierCercas: “Sono consapevole -mi spiega - che in Italia questopotrebbe apparire comeuno scritto revisionista e chequesta parola ha per voiun’accezione del tutto negativa.In Spagna questo non avvieneperché la nostra transizioneè stata indolore: si èpassati dal regime di Francoad uno stato democratico edeuropeo. Uno stato che perònon ha ancora fatto i conti conil passato.Da noi la storia non la si deverivedere ma andare a scrivereper la prima volta, allontanandosiper sempre dagli steccatifratricidi ed ideologici dellaguerra civile tra rossi e neri”.Chissà se lo stesso vale perla storia italiana.Javier Cercas,Soldati di Salamina,Guanda Editore <strong>2002</strong>,pagine 210, euro 14Montaigne, su su fino aigiorni nostri, usando lo sfoggioculturale con una leggerezzapreziosa, con unascrittura fitta, precisa, trascinante,un modo scaltro perrendere la mano al lettore eportarlo verso quell’oziodimenticato.Un lavoro affascinante, colmodi contenuti stemperatiin pagine di suggestivaeleganza, un libro grazie alquale qualcuno di noi lettoripotrebbe anche trovare ilsenso concreto dell’ozio.“Diamoci all’ozio in ognicosa - ricorda ancora Torno,citando Gotthold EphraimLessing - fuorché nell’oziare”.Armando Torno,Le virtù dell’ozio,Mondadori,pagine 131, euro 13,43Premio di giornalismo “Torelli”sull’opera del CAI in ValtellinaLe sezioni valtellinesi del Club Alpino Italiano in occasionedella Settimana delle montagne organizzata dal 2 al 12maggio in concomitanza con l’assemblea <strong>dei</strong> delegati delCAI, hanno indetto con il patrocinio del Comitato per l’Annointernazionale delle montagne e dell’Associazione italianagiornalisti della montagna – Federazione nazionale stampaitaliana un premio giornalistico riservato all’articolo o serviziogiornalistico (stampa, tv) che meglio metta in luce l’apportodato dal Club alpino nel difendere e diffondere l’identità culturaledella Valtellina e Valchiavenna, per una corretta fruizionedell’ambiente alpino, per la sua conoscenza sportiva e turisticae per il suo sviluppo sostenibile.Il premio denominato “Valtellina, le Alpi nel cuore” è dedicato,per l’edizione <strong>2002</strong>, a Luigi Torelli, senatore del regno, chefu dal 1872 al 1884 primo presidente della Sezione Valtellinese.I servizi pubblicati su quotidiani, riviste e periodici dicultura o trasmessi sui circuiti nazionali o regionali radio e Tvnel periodo 2 maggio – 30 settembre vanno mandati entro il31 dicembre alla segreteria del premio presso la SezioneValtellinese del CAI di Sondrio, via Stelvio, 27. Per i servizitelevisivi è richiesta la presentazione in videocassetta VHS. Ilpremio unico e indivisibile è di 1.500 euro.A tre partecipanti che si siano particolarmente segnalati per irequisiti <strong>dei</strong> rispettivi lavori o per il complesso dell’attività giornalisticanello specifico campo della montagna, sarà offertal’opportunità di trascorrere un soggiorno in una località dellaValtellina e della Valchiavenna con la possibilità di effettuareescursioni con l’accompagnamento di una guida alpina. Informazioni:Sezione Valtellinese del CAI di Sondrio, via Trieste,27, tel. e fax: 0342/214300 – E-mail: caivalt@tin.it, Associazioneitaliana giornalisti della montagna presso il FilmfestivalMontagna, Avventura, Esplorazione “Città di Trento”, via S.Croce, 38100 Trento, tel 0461.986120, fax 0461.986120.Premio giornalisticodell’Associazione pubblicitariMilano, 29 marzo - Per diffondere “una sempre maggiorecultura della comunicazione”, la Tp (Associazione italianapubblicitari professionisti), con il patrocinio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong>giornalisti di Milano, ha bandito un premio, rivolto a giornalistiprofessionisti e pubblicisti, della carta stampata, delle agenzie,della radio, della televisione, di Internet.L’edizione <strong>2002</strong> ha come tema “pubblicità e società fraeconomia, cultura e costume” e si articola in due sezioni: unadedicata alle pubblicazioni specializzate in pubblicità e comunicazione,l’altra dedicata ai mezzi di informazione in generale.Per ogni settore saranno assegnati due premi, la dotazionecomplessiva è di 4.000 euro. A sostenere il premio è laOnetone Research, società specializzata nella rilevazionedell’audience del web.L’iscrizione al concorso è gratuita: ogni concorrente puòpresentare al massimo due lavori per sezione, pubblicati(oppure messi in onda o in rete) dal primo luglio 2001 al 30giugno <strong>2002</strong>. Gli elaborati dovranno pervenire, entro il 31luglio <strong>2002</strong>, alla segreteria del Premio Tp, corso Magenta 46,Milano (e-mail: premio-tp@associazione-tp.it).Maggiori informazioni si trovano sul sito dell’associazione(www.associazione-tp.it).(ANSA)Riservato ai giovani autorisotto i 35 anni.Premio Gavinelli:cerimonia il 16 giugnoSarà assegnato domenica 16 giugno prossima il premionazionale giornalistico Mauro Gavinelli, intitolato al cronistalegnanese, scomparso nell’agosto del 2000, a 48 anni, dopouna lunga malattia, e riservato ai giovani autori (sotto i 35anni d’età).Il riconoscimento, dotato di un assegno di 2500 euro messoa disposizione dalla famiglia Gavinelli, andrà all’autore delmigliore tra i 32 articoli presentati su di un tema legato allavita politica, economica, sociale, religiosa e sportiva dell’Altomilanese,pubblicati da dieci diverse testate, quotidiane eperiodiche (Il Giorno, La Prealpina, La Padania, Settegiorni,Luce, Il Giornale dell’Altomilanese, Il Segno, Il Nuovo eCorriere di Novara).Il premio, alla sua prima edizione, è stato organizzato, con ilpatrocinio del Comune di Legnano, dal Gruppo Altomilanesegiornalisti e dalla famiglia del cronista, che, nel 1993, fu fra ifondatori e primo presidente dell’associazione che riuniscegli operatori dell’informazione che operano o risiedono nelterritorio dell’Altomilanese.La cerimonia di premiazione è in programma a Legnano, alle10.30, nel Palazzo Leone da Perego (corso Magenta 7).Parteciperanno, tra gli altri, il presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalistidella Lombardia Franco Abruzzo, il sindaco di Legnanoe il presidente del Gruppo Altomilanese giornalisti MauroTosi.L’obiettivo degli organizzatori appare centrato: un premio perautori fino a 35 anni d’età, non necessariamente iscritti all’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti, nell’intento di valorizzare le intuizioni el’impegno di Mauro Gavinelli nel formare i giovani colleghi egli aspiranti giornalisti. Infatti, oltre un terzo <strong>dei</strong> concorrentiha meno di 30 anni e quasi il 40 per cento risiede a Legnano,città dove il cronista scomparso ha lasciato un’improntaindelebile della sua serietà professionale e della sua sensibilitàumana.35 (39)

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