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Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti

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<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong><br />

giornalisti<br />

della<br />

Lombardia<br />

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />

Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />

Anno XXXVI<br />

n. 1 Gennaio <strong>2006</strong><br />

Direzione e redazione<br />

Via Antonio da Recanate, 1<br />

20124 Milano<br />

Telefono: 02 67 71 37 1<br />

Telefax: 02 66 71 61 94<br />

http://www.odg.mi.it<br />

e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />

Poste Italiane SpA<br />

Sped.abb.post. Dl n. 353/2003<br />

(conv. in L. 27/2/2004 n. 46)<br />

art. 1 (comma 2).<br />

Filiale di Milano<br />

Approvato dal Consiglio <strong>dei</strong> ministri nella seduta del 22<br />

dicembre 2005 il “Decreto presidenziale concernente<br />

il regolamento recante disciplina per l'ammissione all'esame<br />

di Stato per l'accesso agli Albi di ordini e collegi professionali,<br />

a norma dell'articolo 1, comma 18, della legge n. 4 del 1999”.<br />

Accesso alla professione con una laurea (come vuole la direttiva<br />

89/48/Ce). Il decreto (noto come “bozza Siliquini”) presto in<br />

Gazzetta dopo il parere del Consiglio di Stato. Il “vecchio” e il<br />

“nuovo” sistema del praticantato coesisteranno fino all’aprile<br />

2012. Esame di Stato nelle Università (e non soltanto a Roma).<br />

È svolta storica<br />

nella professione<br />

di giornalista<br />

Questo il commento di Franco Abruzzo<br />

La data del 22 dicembre 2005 passerà alla storia, come momento<br />

fondamentale per il rilancio del giornalismo italiano.<br />

La professione approda in Università per legge. L’Italia indica una<br />

strada nuova ai Paesi della Ue. Il sottosegretario Maria Grazia<br />

Siliquini è stato il motore della riforma, ma un ringraziamento sincero<br />

va ai ministri Letizia Moratti e Roberto Castelli, che hanno assicurato<br />

l’indispensabile concerto previsto dalla normativa in vigore.<br />

Il centrosinistra ha approvato la legge 4/1999, che ha consentito<br />

l’aggancio tra lauree ed esame di Stato, ma, con la “Commissione<br />

Rossi”, aveva escluso i giornalisti dal Dpr 328/2001, decisione<br />

poi drasticamente censurata dal Consiglio di Stato con il parere<br />

2228/2002. È una grande conquista in cui l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

di Milano ha avuto un ruolo da protagonista.<br />

SIAMO PIÙ LIBERI! DOPO 78 ANNI CADE IL POTERE<br />

ILLIMITATO DEGLI EDITORI DI “FARE” I GIORNALISTI<br />

La formazione ritorna<br />

nelle nostre Università<br />

Nel periodo<br />

settembre/ottobre 2003<br />

la spinta decisiva<br />

impressa dall’<strong>Ordine</strong><br />

della Lombardia<br />

Letizia Moratti Maria Grazia Siliquini Roberto Castelli<br />

Analisi di<br />

Franco Abruzzo,<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia<br />

Comunicato di<br />

Letizia Moratti<br />

ministro dell’Istruzione,<br />

università e ricerca<br />

DA PAGINA 2<br />

A PAGINA 15<br />

Vertenza contrattuale<br />

La Fnsi annuncia nuovo<br />

pacchetto di 7 giorni di sciopero<br />

Roma, 20 dicembre 2005. Il Consiglio nazionale ha approvato a larga maggioranza il seguente documento: “Il Consiglio nazionale<br />

della Federazione della stampa affida alla Giunta esecutiva un nuovo pacchetto di sette giorni di sciopero generale <strong>dei</strong><br />

giornalisti italiani a sostegno delle vertenze contrattuali ancora aperte, da attuare sentita la Conferenza nazionale <strong>dei</strong> comitati e<br />

fiduciari di redazione. I nuovi scioperi potranno essere attuati anche in coincidenza con la campagna elettorale per le elezioni<br />

politiche previste per aprile...<br />

Comunicato della coalizione di maggioranza<br />

dell’Associazione lombarda <strong>dei</strong> giornalisti<br />

“Vogliamo conquistare<br />

a uno a uno<br />

tutti i 77 punti<br />

della piattaforma”<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Un’analisi di Roberto Seghetti,<br />

un dibattito con interventi <strong>dei</strong> colleghi<br />

La “contropiattaforma” Fieg<br />

spiegata punto per punto.<br />

Svelati gli obiettivi segreti<br />

e gli effetti di ogni richiesta<br />

Da pagina 18 a pagina 22, con il testo dell’accordo AERANTI - CORALLO del 19-12-2005<br />

Assemblea degli iscritti giovedì 23 marzo<br />

“ORO” A 24 COLLEGHI<br />

PER 50 ANNI DI ALBO<br />

Milano, 15 novembre 2005. Sono 24 i colleghi (18 professionisti<br />

e 6 pubblicisti) che nel <strong>2006</strong> compiono i 50 anni di<br />

iscrizione negli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia<br />

d’oro dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia in occasione dell’assemblea<br />

annuale degli iscritti che si terrà giovedì 23 marzo (h<br />

15) al Circolo della Stampa. Ed ecco i loro nomi:<br />

PROFESSIONISTI - Domenico Alessi, Paolo Arzano, Dario<br />

Baldi, Vincenzo Bettiza, Romano Cantore, Gianluigi Cossu,<br />

Maurilio Degiorgis, Luciana Falda, Salvatore La Pietra,<br />

Giovanni Marin, Luciano Micconi, Romolo Mombelli, Sergio<br />

Nunziata, Ibio Paolucci, Enrico Giovanni Pavesi, Pietro<br />

Radius, Adriano Sollazzo, Silvano Taugeri.<br />

PUBBLICISTI - Pietro Ambrosetti, Francesco Catania,<br />

Guido Granata, Gloria Lunel, Cassio Morosetti, Romain<br />

Rainero.<br />

Nel corso dell’assemblea verranno premiati anche i vincitori<br />

del “Concorso Tesi di laurea sul giornalismo” e verrà consegnata<br />

la tessera di praticante giornalista agli allievi dell’Ifg<br />

“Carlo De Martino”, della Scuola di giornalismo dell’università<br />

Cattolica e del Master in giornalismo dell’università Iulm.<br />

All’ordine del giorno dell’assemblea degli iscritti all’Albo figura<br />

l’approvazione del bilancio preventivo <strong>2006</strong> e del conto<br />

consuntivo 2005.<br />

1


Varata la riforma dell’accesso alle professioni e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato preparata dalla “Commissione Siliquini”<br />

Letizia<br />

Moratti<br />

“Professionisti<br />

più qualificati<br />

a tutela<br />

degli interessi<br />

<strong>dei</strong> cittadini”<br />

Roma, 22 dicembre 2005. Il Consiglio <strong>dei</strong> ministri ha approvato<br />

oggi, su proposta del ministro dell’Istruzione, dell’Università<br />

e della ricerca, Letizia Moratti, la riforma dell’accesso<br />

alle professioni e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato.<br />

“Sono ormai più di un milione e 800 mila i professionisti iscritti<br />

agli Albi”, ha spiegato il ministro, “un numero che è andato<br />

via via crescendo, negli ultimi dieci anni, con un incremento<br />

del 30% (da 1.399.338 nel 1995 a 1.827.279 al 2005).<br />

Dunque, abbiamo voluto focalizzare l’attenzione del Governo<br />

sulla riforma del sistema di accesso agli Ordini professionali<br />

per dare un forte contributo all’ammodernamento del sistema<br />

ordinistico, guardando soprattutto al futuro <strong>dei</strong> nostri giovani<br />

e alla tutela degli interessi <strong>dei</strong> cittadini, che beneficeranno di<br />

professionisti più qualificati”.<br />

“Il sistema sarà selettivo”, ha aggiunto il ministro Moratti, “ma<br />

più snello ed ‘aperto’ per le decine di migliaia di giovani che<br />

si affacciano ogni anno sul mercato professionale. Chiunque<br />

sia dotato di capacità e di voglia di studiare ed abbia fatto<br />

l’Università ed un breve ma serio tirocinio può superare gli<br />

esami di Stato e diventare un professionista, indipendentemente<br />

dal ceto sociale o dalla famiglia di provenienza. Viene<br />

inoltre assicurato un puntuale e forte raccordo tra il percorso<br />

formativo e gli sbocchi professionali”.<br />

“Vengono così interamente ridisciplinati gli esami di Stato per<br />

tutte le professioni già comprese nel Dpr 328/2001, e oltre a<br />

queste, per gli statistici, i tecnologi alimentari, i giornalisti e i<br />

consulenti del lavoro”, ha proseguito il ministro. “Per questi ultimi<br />

due, insieme ad agrotecnici, geometri, periti agrari, periti<br />

industriali, abbiamo provveduto ad elevare il titolo di accesso,<br />

prevedendo tra i requisiti almeno la laurea triennale”.<br />

In parallelo alla riforma <strong>dei</strong> percorsi universitari (revisione delle<br />

classi di laurea ex Dm 270/2004), è stato predisposto lo<br />

schema di regolamento che aggiornerà la struttura delle prove<br />

dell’esame di Stato ed i requisiti per l’accesso agli Ordini<br />

(laurea, laurea magistrale e tirocinio che sarà obbligatorio,<br />

serio, continuativo e certificato), nonché del Dm 9/9/1957, relativo<br />

alla composizione delle commissioni esaminatrici e le<br />

modalità di svolgimento degli esami di Stato, per renderli più<br />

trasparenti e qualificanti.<br />

LE PROFESSIONI INTERESSATE DAL NUOVO DPR<br />

Lo schema di regolamento aggiornerà la disciplina <strong>dei</strong> requisiti<br />

per l'ammissione all'esame di Stato e le relative prove,<br />

nonché la composizione delle commissioni esaminatrici e le<br />

modalità di svolgimento degli esami, relativamente alle professioni<br />

di:<br />

Numero Iscritti<br />

- dottore agronomo e dottore forestale 19.103<br />

- architetto, pianificatore paesaggista<br />

e conservatore 122.608<br />

- assistente sociale 31.937<br />

- attuario 810<br />

- biologo 41.009<br />

- chimico 9.877<br />

- consulente del lavoro 21.239<br />

- farmacista 69.585<br />

- geologo 15.094<br />

- giornalista 90.218<br />

- ingegnere 186.547<br />

- psicologo 51.065<br />

- “statistico” ---------<br />

- tecnologo alimentare ---------<br />

- veterinario 24.107<br />

- agrotecnico, geometra, perito agrario,<br />

perito industriale 185.152<br />

TOTALE DEI PROFESSIONISTI INTERESSATI 868.351<br />

(FONTE CENSIS 39° RAPPORTO ANNUALE SULLA SITUAZIONE SOCIALE DEL PAESE)<br />

Inoltre, il regolamento disciplina la composizione delle relative<br />

commissioni esaminatrici e le modalità di svolgimento degli<br />

esami per l’accesso alla professione di dottore commercialista<br />

ed esperto contabile, completando le norme presenti<br />

nel decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139.<br />

Per quest’ultima professione è stato inoltre previsto l’accesso<br />

agli esami, fin dall’anno <strong>2006</strong>, <strong>dei</strong> laureati triennali per i quali<br />

la normativa precedente demandava tale possibilità al 2008.<br />

LA FILOSOFIA, I PRINCIPI ISPIRATORI E GLI OBIETTIVI<br />

DELLA RIFORMA DELL’ACCESSO ALLE PROFESSIONI<br />

Il Dpr 328/2001 ha costituito un punto di partenza per la riforma<br />

del sistema di accesso alle professioni. Infatti, con l’introduzione<br />

del “3+2” e l’autonomia didattica degli Atenei è venuto<br />

meno lo stretto raccordo tra corsi di laurea e formazione<br />

alle professioni: pertanto era necessaria una verifica più<br />

seria dell’idoneità ad esercitare una professione. Inoltre è stato<br />

rafforzato il metodo del “dialogo progettuale” con gli Ordini<br />

professionali. La proposta è stata elaborata da una<br />

Commissione mista formata da rappresentanti dell’Università<br />

e <strong>dei</strong> professionisti, per poi procedere a successive omogeneizzazioni<br />

dell’impianto complessivo della riforma per superare<br />

in modo condiviso tutte le attuali criticità.<br />

LA COMMISSIONE PER LA RIFORMA DELL’ACCESSO<br />

ALLE PROFESSIONI<br />

Per elaborare lo schema di revisione è stata inizialmente istituita<br />

una specifica Commissione, presieduta dal sottosegretario<br />

Maria Grazia Siliquini, ai quali hanno partecipato<br />

i rappresentanti delle Conferenze <strong>dei</strong> presidi di facoltà e,<br />

per la prima volta, degli Ordini professionali. In seguito, sono<br />

stati istituiti una serie di tavoli informali, con la presenza di tutti<br />

gli Ordini interessati, per completare lo schema finale.<br />

I CONTENUTI “GENERALI” DEL NUOVO SISTEMA<br />

DI ACCESSO ALLE PROFESSIONI E DEI RELATIVI<br />

ESAMI DI STATO<br />

Il tirocinio è stato posto quale requisito fondamentale per l’accesso<br />

alle professioni (sia per la sezione A, sia per la sezione<br />

B degli Albi). I giovani, attraverso una formazione universitaria<br />

riqualificata grazie all’introduzione <strong>dei</strong> percorsi ad “Y”<br />

e ad un serio tirocinio professionale, si presenteranno più preparati<br />

agli esami di Stato.<br />

È stato dunque rivisto complessivamente la disciplina del tirocinio,<br />

considerato dagli ordini professionali essenziale ai fini<br />

della formazione del futuro professionista:<br />

• introducendolo anche laddove oggi non è previsto;<br />

• assicurando nuove modalità di svolgimento che ne garantiscano<br />

la serietà, la continuità, il carattere effettivamente professionalizzante;<br />

• aprendo alla possibilità di svolgerlo presso una struttura<br />

pubblica o privata accreditata dagli Ordini;<br />

• ponendolo sotto la gestione e la responsabilità degli Ordini<br />

(attraverso la supervisione di un tutor iscritto all’albo da almeno<br />

cinque anni) e la verifica del percorso formativo,<br />

qualora sia svolto durante il percorso di studi.<br />

In www.odg.mi.it<br />

L’esame<br />

di Stato<br />

delle professioni<br />

intellettuali<br />

cambia volto<br />

Il testo del nuovo Dpr 328/2001<br />

approvato nella seduta<br />

22 dicembre 2005<br />

del Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />

Il professionista presso il quale il tirocinio viene svolto vigila<br />

sull’attività del tirocinante, al fine di verificare che questa sia<br />

volta all’apprendimento delle tecniche professionali ed all’acquisizione<br />

di esperienze applicative.<br />

Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> territoriale verifica l’effettivo svolgimento<br />

del tirocinio, anche tramite resoconti del tirocinante o<br />

colloqui con questi.<br />

Si è concordato con gli Ordini una diversa durata del tirocinio:<br />

• sei mesi per la maggior parte degli ordini<br />

• 1 anno per gli ingegneri, gli psicologi sez. A ed i consulenti<br />

del lavoro tenendo conto della possibilità di espletarlo durante<br />

il corso di studi universitari, sulla base di accordi stipulati<br />

fra Ordini ed Università - nell’ambito di una convenzione<br />

quadro concordata tra il ministero dell’Istruzione,<br />

dell’Università e della ricerca ed il Consiglio nazionale.<br />

La possibilità di svolgere il tirocinio anche in parte già nel percorso<br />

universitario risponde all’esigenza di accrescere il livello<br />

di preparazione, senza gravare sulla lunghezza del percorso,<br />

in modi da garantire un più rapido accesso al mondo<br />

del lavoro, in linea con le tendenza europee.<br />

In alcuni casi, è stato anche previsto un “doppio requisito” formativo<br />

per l’accesso alla sezione A, e cioè oltre alle classi di<br />

laurea specialistica già richieste, anche le corrispondenti classi<br />

di laurea che danno accesso alla sezione B, per l’esigenza<br />

di garantire che il giovane abbia seguito un percorso formativo<br />

completo sul settore in cui intende operare. Una scelta<br />

necessaria, vista l’ampia flessibilità che è stato inserito negli<br />

ordinamenti didattici con il Dm 270/2004 e che consente,<br />

ad esempio, ad un laureato in Lettere di prendere la laurea<br />

magistrale in ingegneria.<br />

Si è anche tenuto conto della possibilità che, in futuro, sia necessario<br />

adeguare i titoli di studio universitari, modificando attraverso<br />

un decreto del ministro le corrispondenze tra i titoli<br />

universitari di accesso alle professioni disciplinate dal regolamento<br />

e le classi di laurea e di laurea magistrale di cui ai decreti<br />

attuativi del Dm 270/2004.<br />

Si è, inoltre, adeguata la disciplina procedurale degli esami di<br />

Stato (commissioni di esame e svolgimento delle prove) all’evoluzione<br />

del sistema professionale e delle norme che regolano<br />

l’accesso, aspetto, questo, particolarmente necessario<br />

in quanto la disciplina era ferma al Dm 9 settembre 1957.<br />

Sono state estese le norme che regolano gli esami di Stato<br />

a molte professioni che attualmente non erano comprese,<br />

tenendo conto anche della ripartizione di alcuni Albi professionali<br />

in due distinte sezioni (A e B). Si segnalano, tra<br />

le nuove:<br />

a) consulente del lavoro;<br />

b) giornalista;<br />

c) statistico;<br />

d) tecnologo alimentare;<br />

e) agrotecnico; geometra; perito agrario; perito industriale.<br />

Riguardo alle modalità di svolgimento delle prove degli esami<br />

di Stato, che si terranno esclusivamente presso sedi universitarie,<br />

è stato introdotto l’anonimato, consentito ove necessario<br />

l’uso delle moderne tecnologie.<br />

È infine stata aggiornata la composizione delle commissioni<br />

esaminatrici. In particolare, è stata prevista una sola commissione<br />

esaminatrice per entrambi le sezioni degli Albi, debitamente<br />

integrata con rappresentanti della sezione B, per le<br />

prove d’esame <strong>dei</strong> laureati triennali. Inoltre, il ministero potrà<br />

inviare un proprio rappresentante presso le sedi di esame per<br />

la verifica della regolarità formale delle operazioni di esame.<br />

ALCUNI CASI PARTICOLARI<br />

Per i giornalisti, in accordo con l’<strong>Ordine</strong>, abbiamo voluto prevedere<br />

una base formativa universitaria, elevando il titolo di<br />

accesso, per inserirli nel vigente sistema che disciplina l’accesso<br />

alle altre professioni, visto che attualmente è previsto<br />

il solo praticantato di 18 mesi. Sarà così superato il concetto<br />

del giornalista formato solo in azienda, garantendo un accesso<br />

più democratico e libero alla professione.<br />

Potrà partecipare all’esame di Stato solo chi è in possesso di<br />

una laurea triennale unitamente a:<br />

2 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


Decreto entrerà in vigore<br />

dopo che il Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />

avrà dato il via libera definitivo<br />

al testo, che potrà<br />

avvenire successivamente<br />

al parere del Consiglio di Stato<br />

Se i tempi saranno rispettati, già<br />

dalla prima sessione degli esami<br />

di Stato del <strong>2006</strong> saranno adottate<br />

le nuove discipline relative<br />

ai requisiti di accesso, alle nuove<br />

prove d’esame e alle nuove<br />

procedure per l’esame di Stato<br />

In generale, per evitare di creare<br />

problemi ai giovani, sono state<br />

inserite delle norme transitorie<br />

atte a garantire le aspettative<br />

<strong>dei</strong> giovani già in procinto<br />

di accedere alle professioni<br />

• o una laurea specialistica (magistrale) il cui percorso formativo<br />

sia almeno per il 50% costituito da attività pratica<br />

orientata alla professione di giornalista e disciplinata sulla base<br />

di convenzioni con l’ordine;<br />

• o un master universitario biennale, svolto sulla base di convenzioni<br />

con l’ <strong>Ordine</strong>;<br />

• o corsi biennali presso Istituti di formazione al giornalismo,<br />

riconosciuti dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

Chiaramente sono fatti salvi i diritti di accesso all’esame di<br />

Stato per coloro che hanno già svolto o stanno svolgendo il<br />

periodo di pratica previsto dal previgente ordinamento, nonché,<br />

fino al 2013, per coloro che svolgono attività redazionale<br />

giornalistica da almeno due anni consecutivi e coloro che<br />

esercitano la professione giornalistica a tempo pieno e in modo<br />

continuativo da almeno cinque anni.<br />

Con i giornalisti è stato concordato di mantenere alcune peculiarità,<br />

come la composizione della Commissione esaminatrice,<br />

il cui presidente sarà scelto tra i magistrati di Tribunale<br />

o di Corte d’appello. La Commissione sarà integrata da un<br />

rappresentante della Federazione degli editori (Fieg). I giornalisti<br />

concordano nell’effettuare l’esame di Stato solamente<br />

presso le Università.<br />

Inoltre, si evidenziano altri interventi:<br />

• i consulenti del lavoro, gli statistici ed i tecnologi alimentari<br />

sono stati finalmente inseriti nella disciplina dell’accesso alle<br />

professioni (erano rimasti fuori dal Dpr 328/2001) ed i giovani<br />

in possesso <strong>dei</strong> nuovi titoli potranno partecipare agli<br />

esami di Stato: gli atenei hanno già conferito lauree “triennali”<br />

e lauree specialistiche che non hanno attualmente<br />

sbocchi nelle professioni.<br />

• Per i consulenti del lavoro, è stato elevato il titolo di accesso,<br />

prevedendo almeno una laurea triennale ed il tirocinio di<br />

durata biennale come requisiti indispensabili. Ciò è stato<br />

possibile grazie ad un accordo con il ministero del Lavoro.<br />

Per i prossimi cinque anni, sono fatte salve le prerogative <strong>dei</strong><br />

diplomati di scuola superiore e <strong>dei</strong> laureati con il vecchio ordinamento,<br />

che saranno ammessi a sostenere l’esame di<br />

Stato;<br />

• Per gli agrotecnici, geometri, periti agrari, periti industriali, si<br />

è provveduto ad elevare definitivamente il titolo d’accesso,<br />

prevedendo come requisiti la sola laurea triennale con un<br />

successivo tirocinio semestrale. Innanzitutto, per consentire<br />

la spendibilità del titolo professionale sull’intero territorio<br />

dell’Unione Europea (direttiva n. 89/48/Cee). Inoltre, è stato<br />

deciso con i Consigli nazionali che l’esame di Stato si svolgerà<br />

presso le sedi universitarie, invece che presso le scuole,<br />

con il conseguente passaggio graduale di competenze.<br />

Fino al 2015, sono fatte salve le prerogative <strong>dei</strong> diplomati di<br />

scuola superiore, che saranno ammessi a sostenere l’esame<br />

di Stato.<br />

• Anche per i veterinari ed i farmacisti sono state definiti le<br />

lauree specialistiche per l’accesso alla professione Inoltre,<br />

sono ammessi all’esame di Stato per l’accesso alla professione<br />

di farmacista anche i laureati del vecchio ordinamento<br />

in farmacia o chimica e tecnologia farmaceutiche.<br />

• Per l’iscrizione alla sezione A dell’Albo degli psicologi, in deroga<br />

alle disposizioni di cui agli articoli 6, comma 2, e 7,<br />

comma 2, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270,<br />

i decreti ministeriali che definiscono la classe di laurea magistrale<br />

in psicologia possono prevedere un corso di studio<br />

universitario a ciclo unico avente durata quinquennale, previa<br />

acquisizione di 300 crediti formativi universitari.<br />

LA TEMPISTICA DI ATTUAZIONE<br />

Il decreto entrerà in vigore dopo che il Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />

avrà dato il via libera definitivo al testo, che potrà avvenire successivamente<br />

al parere del Consiglio di Stato. Se i tempi saranno<br />

rispettati, già dalla prima sessione degli esami di Stato<br />

del <strong>2006</strong> saranno adottate le nuove discipline relative ai requisiti<br />

di accesso, alle nuove prove d’esame e alle nuove procedure<br />

per l’esame di Stato. In generale, per evitare di creare<br />

problemi ai giovani, sono state inserite delle norme transitorie<br />

atte a garantire le aspettative <strong>dei</strong> giovani già in procinto di accedere<br />

alle professioni.<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Maria Grazia Siliquini:<br />

“La riforma per i giovani<br />

nel segno della meritocrazia”<br />

Roma, 22 dicembre 2005. “Grande soddisfazione per l’approvazione<br />

in Consiglio <strong>dei</strong> ministri dello schema di riforma<br />

dell'accesso alle professioni e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato. È<br />

una grande opportunità per tutti quei giovani che intendono<br />

divenire giornalisti, ingegneri, architetti,<br />

psicologi poiché arriveranno<br />

meglio preparati all'esame di Stato”.<br />

Così il sottosegretario all’Università<br />

Maria Grazia Siliquini ha commentato<br />

la riforma dell’accesso alle professioni<br />

e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato,<br />

presentata oggi insieme al ministro<br />

Letizia Moratti.<br />

“Il tirocinio è stato introdotto per tutte<br />

le professioni, rinnovato, reso serio e<br />

certificato, nonché sarà svolto anche<br />

durante il percorso universitario per<br />

non gravare sui tempi di accesso al<br />

mondo del lavoro <strong>dei</strong> nostri giovani: è<br />

questa una delle più importanti innovazioni<br />

per le professioni italiane”, ha<br />

aggiunto Siliquini. “Abbiamo anche<br />

modificato le obsolete modalità di<br />

svolgimento degli esami di Stato - ha<br />

proseguito la senatrice di Alleanza<br />

Nazionale - che saranno più trasparenti<br />

ed omogenee sul territorio nazionale. Le prove si svolgeranno<br />

con una più efficiente e moderna composizione delle<br />

attuali anacronistiche commissioni esaminatrici, introducendo<br />

il regime di anonimato e, ove necessario, sarà consentito<br />

l’uso delle moderne tecnologie”.<br />

“Insomma, chiunque sia dotato<br />

di capacità e di voglia di studiare ed<br />

abbia fatto l’Università ed un buon tirocinio<br />

potrà superare gli esami di<br />

Stato e diventare un professionista,<br />

indipendentemente dal ceto sociale o<br />

dalla famiglia di provenienza. Altro<br />

che difesa <strong>dei</strong> privilegi corporativi,<br />

siamo andati incontro ai giovani”, ha<br />

concluso Siliquini.<br />

Il provvedimento riguarda le professioni<br />

di agronomo, agrotecnico, architetto,<br />

assistente sociale, attuario, biologo,<br />

chimico, commercialista (solo<br />

per gli esami di Stato), consulente del<br />

lavoro, farmacista, geologo, geometra,<br />

giornalista, ingegnere, perito<br />

agrario, perito industriale, psicologo,<br />

statistico, tecnologo alimentare e veterinario.<br />

(Sin/Ct/Adnkronos)<br />

Lorenzo del Boca (Cnog):<br />

“Il nostro grazie va<br />

al ministro Letizia Moratti<br />

e al sottosegretario<br />

Maria Grazia Siliquini”<br />

Massimo Dini (Ifg):<br />

“I nostri 40 praticanti<br />

scelti tra 497 laureati”<br />

Come direttore dell’Istituto “Carlo De<br />

Martino” per la formazione al giornalismo di<br />

Milano, la prima scuola nata in Italia, esprimo<br />

la mia soddisfazione per l’approvazione,<br />

avvenuta il 22 dicembre, del decreto del<br />

Consiglio <strong>dei</strong> ministri che prevede il conseguimento<br />

della laurea (a partire da quella<br />

breve, di tre anni) come requisito indispensabile<br />

per l’accesso alla professione giornalistica.<br />

Questa decisione è il risultato di una<br />

lunga e strenua battaglia condotta in prima<br />

persona dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> di Milano,<br />

Franco Abruzzo, al quale va la mia profonda<br />

riconoscenza come responsabile della formazione<br />

di 40 allievi rigorosamente selezionati.<br />

Non c’è dubbio che si tratti di una svolta<br />

storica che consentirà a chi vuol intra-<br />

Roma, 22 dicembre 2005. Il presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti, Lorenzo<br />

Del Boca, ha così commentato l’approvazione<br />

del Dpr sui nuovi esami <strong>dei</strong> professionisti:<br />

“Con soddisfazione prendiamo atto che il<br />

Consiglio <strong>dei</strong> ministri, approvando una serie<br />

di disposizioni per il riordino delle professioni,<br />

ha accolto le nostre proposte per rendere il<br />

lavoro <strong>dei</strong> giornalisti più moderno, più efficiente<br />

e culturalmente più attrezzato per rispondere<br />

alle responsabilità che gli competono.<br />

Un ringraziamento per il ministro Letizia<br />

Moratti e – doverosamente – per il sottosegretario<br />

Maria Grazia Siliquini, che ha seguito<br />

l’iter e le procedure che hanno consentito<br />

un risultato per noi positivo.<br />

Prima di entrare in vigore, la legge deve passare<br />

al vaglio del Consiglio di Stato ma ci auguriamo<br />

che si tratti soltanto di un passaggio<br />

burocratico.<br />

Quando le disposizioni diventeranno operative,<br />

i giornalisti dovranno formarsi all’università<br />

con un percorso di studi accademici che prevedono<br />

il conseguimento di una laurea di primo<br />

livello, seguito da un master biennale destinato<br />

a coniugare preparazione teorica e tirocinio<br />

pratico. Come avviene per gli avvocati<br />

a giurisprudenza o gli ingegneri al politecnico.<br />

L’esame di stato sarà poi l’ultimo atto per<br />

l’abilitazione professionale.<br />

Sono tante le accuse che vengono rivolte ai<br />

giornalisti – a volte ingiustificabili e altre volte<br />

immotivate – ma di una non vogliamo assumerci<br />

la responsabilità: quella di rifiutare di<br />

andare a scuola, per studiare e per saperne<br />

di più”.<br />

(ANSA)<br />

prendere questa difficile strada di far tesoro<br />

del proprio patrimonio culturale, favorendo<br />

così nel tempo l’evoluzione di un giornalismo<br />

meno fazioso e meno sprovvisto di equilibrato<br />

senso critico. La mia riconoscenza, naturalmente,<br />

è rafforzata dal fatto che mi trovo a<br />

dirigere un Istituto di prestigio che in questa<br />

battaglia è stato all’avanguardia. Ricordo, infatti,<br />

che i nostri praticanti-giornalisti sono<br />

stati scelti tra 497 candidati tutti provvisti del<br />

diploma di laurea. “Siamo più liberi”, scrive<br />

Abruzzo. Come direttore dell’Ifg anche io mi<br />

sento più libero. Il potere degli editori di “fare”<br />

i giornalisti avrebbe dovuto già da tempo essere<br />

circoscritto.<br />

Massimo Dini<br />

direttore Ifg “Carlo De Martino”<br />

3


È svolta storica<br />

nella professione<br />

di giornalista<br />

di Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Il regolamento (già Dpr 328/2001)<br />

approvato dal Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />

nella seduta del 22 dicembre.<br />

Accesso alla<br />

professione<br />

con una laurea.<br />

1.P Premessa. Il Consiglio <strong>dei</strong> ministri vara il nuovo<br />

regolamento delle professioni intellettuali che corregge<br />

il Dpr 328/2001. I giornalisti sono più liberi. Dopo 78 anni<br />

è caduto il potere illimitato degli editori di “fare” i giornalisti.<br />

Durava dal 1928. Il Consiglio <strong>dei</strong> ministri nella seduta del 22<br />

dicembre 2005 ha approvato il nuovo testo del “regolamento”,<br />

che (in base all’articolo 1, comma 18, della legge 4/1999 e nel<br />

rispetto della direttiva 89/48/Cee) collega esame di Stato delle<br />

professioni intellettuali e lauree della riforma e che è stato elaborato<br />

dalla “Commissione Siliquini” (dal nome del sottosegretario<br />

di Stato all’Università, Maria Grazia Silquini, An). Il “regolamento<br />

che disciplina i requisiti per l'ammissione all'esame<br />

di Stato e le relative prove, nonché la composizione delle commissioni<br />

esaminatrici e… le modalità di svolgimento degli esami<br />

per le professioni di dottore agronomo e dottore forestale,<br />

agrotecnico e agrotecnico laureato, architetto, pianificatore paesaggista<br />

e conservatore, assistente sociale, attuario, biologo,<br />

chimico, consulente del lavoro, farmacista, geologo, geometra<br />

e geometra laureato, giornalista, ingegnere, perito agrario e<br />

perito agrario laureato, perito industriale e perito industriale laureato,<br />

psicologo, tecnologo alimentare e veterinario, nonché per<br />

l’abilitazione nelle discipline statistiche”. Per i giornalisti si tratta<br />

di un ritorno in Università dopo la parentesi 1930/1933 presso<br />

l’Università di Perugia (laurea in Scienze politiche a indirizzo<br />

giornalistico). L’accesso alla professione avverrà con il possesso<br />

di una laurea almeno triennale. La “bozza Siliquini” diventerà<br />

norma dopo il parere del Consiglio di Stato previsto<br />

entro gennaio. Il “vecchio” e il “nuovo” sistema del praticantato<br />

coesisteranno fino all’aprile 2012. L’esame di Stato si svolgerà<br />

nelle Università.<br />

Il sottosegretario Maria Grazia Siliquini è stato il motore della<br />

svolta e della riforma, ma un ringraziamento sincero va anche<br />

ai ministri Letizia Moratti e Roberto Castelli, che hanno assicurato<br />

l’indispensabile concerto previsto dalla legge. Il centrosinistra<br />

ha approvato la legge 4/1999, che ha consentito l’aggancio<br />

tra lauree ed esame di Stato, ma, con la “Commissione<br />

Rossi”, aveva escluso i giornalisti dal Dpr 328/2001, decisione<br />

poi drasticamente censurata dal Consiglio di Stato con il<br />

parere n. 2228/2002. La data del 22 dicembre 2005 verrà ricordato<br />

nella storia del giornalismo italiano.<br />

Questa svolta ha presso l’avvio nel settembre/ottobre 2003,<br />

quando l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti di Milano è stato bloccato proprio<br />

dal sottosegretario Siliquini mentre si accingeva a disapplicare<br />

la normativa italiana sull’accesso a favore di quella comunitaria,<br />

che prevede il possesso di una laurea minima triennale<br />

come condizione per esercitare una professione intellettuale<br />

regolamentata. Dopo la riforma del Titolo V della<br />

Costituzione, si è ritenuto (erroneamente) che lo Stato avesse<br />

perso i suoi poteri regolamentari e che non potesse, quindi,<br />

riscrivere il Dpr n. 328/2001, allargandolo ai giornalisti e ai<br />

consulenti del lavoro. Il ministero dell’Istruzione-Università nell’ottobre<br />

2003 ha rimeditato la questione del collegamento tra<br />

laurea universitaria, praticantato giornalistico ed esame di<br />

Stato, dando disco verde alle modifiche del Dpr n. 328/2001 e<br />

istituendo una commissione ad hoc guidata dal sottosegretario<br />

Siliquini. Conseguentemente il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti della Lombardia ha bloccato una delibera con la<br />

quale lo stesso Consiglio, quale autorità amministrativa, avrebbe<br />

disapplicato (in forza delle sentenze n. causa 103/1988 della<br />

Corte di Giustizia Ce 22 luglio 1989 e n. 389/1989 della<br />

Corte costituzionale) l’articolo 33 (commi 4, 5, 6 e 7) della legge<br />

n. 69/1963, affermando la prevalenza (in base alla sentenza<br />

n. 389/1989 della Corte costituzionale) sulla norma interna<br />

della Direttiva n. 89/48/CEE. Questa direttiva, rafforzata dalla<br />

sentenza della quarta sezione della Corte di Giustizia europea<br />

nella causa C- 285/00, si applica “alle professioni regolamentate,<br />

cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio sono<br />

subordinati, direttamente o indirettamente, mediante disposizioni<br />

legislative, regolamentari o amministrative, al possesso<br />

di un diploma universitario della durata minima di tre<br />

anni”.<br />

In sostanza l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti di Milano, se non ci fosse<br />

stato il ripensamento del ministero dell’Istruzione/Università,<br />

avrebbe chiesto ai praticanti il possesso di una laurea triennale<br />

qualsiasi come condizione vincolante per sostenere l’esame<br />

di giornalista.<br />

2.Le novità punto per punto. L’iscrizione nell’elenco<br />

<strong>dei</strong> giornalisti professionisti. L’iscrizione nell’elenco<br />

<strong>dei</strong> giornalisti professionisti è subordinata al superamento di<br />

un apposito esame di Stato. Per l’ammissione all’esame di<br />

Stato è richiesto il possesso <strong>dei</strong> seguenti requisiti:<br />

a) laurea<br />

b) compimento della pratica giornalistica da svolgersi in alternativa<br />

nei seguenti modi:<br />

b1) una laurea specialistica il cui percorso formativo biennale<br />

sia almeno per il 50% costituito da attività pratica orientata alla<br />

professione di giornalista e disciplinata sulla base di convenzioni<br />

tra l’università e il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti, che verifica anche l’effettivo tirocinio professionale<br />

svolto;<br />

b2) un master universitario biennale il cui percorso formativo<br />

sia disciplinato sulla base di convenzioni tra l’università e il<br />

Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, che verifica anche<br />

l’effettivo tirocinio professionale svolto;<br />

b3) corsi biennali presso Istituti di formazione al giornalismo<br />

riconosciuti con deliberazione del Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

3.L’esame di Stato articolato in tre prove scritte<br />

della durata complessiva di 8 ore.<br />

L’esame di Stato consiste in:<br />

a) una prova scritta, della durata di otto ore e da svolgersi in<br />

unico giorno, così articolata:<br />

1) sintesi di un articolo o di altro testo scelto dal candidato tra<br />

quelli forniti dalla commissione in un massimo di venti righe,<br />

da sessanta battute ciascuna;<br />

2) redazione di un articolo, non superiore a sessanta righe, da<br />

sessanta battute ciascuna, su argomenti di attualità scelti dal<br />

candidato tra quelli proposti dalla commissione, in numero<br />

non inferiore a sei, tra i seguenti: politica interna ed estera,<br />

economia e lavoro, cronaca, sport, cultura, scienze, tecnologie,<br />

spettacolo;<br />

3) svolgimento di un elaborato in una delle seguenti aree:<br />

aa) il sistema dell’informazione e del giornalismo; istituzioni e<br />

profilo professionale: diritto dell’informazione e della comunicazione,<br />

normative comunitarie, nazionali e ruolo delle autorità<br />

indipendenti, etica e deontologia della comunicazione; storia<br />

del giornalismo e delle comunicazioni di massa; sociologia<br />

della comunicazione, semiotica del testo scritto e visivo, psicologia<br />

cognitiva e della comunicazione, scienza dell’opinione<br />

pubblica e <strong>dei</strong> sondaggi; economia <strong>dei</strong> media, economia e gestione<br />

delle imprese editoriali;<br />

È un<br />

“ritorno”<br />

dopo<br />

la parentesi<br />

di Perugia<br />

del<br />

1930/1933<br />

Questo il testo del nuovo Dpr che consacra<br />

Pubblichiamo il testo del “regolamento che<br />

disciplina i requisiti per l’ammissione all’esame<br />

di Stato e le relative prove, nonché la<br />

composizione delle commissioni esaminatrici<br />

e… le modalità di svolgimento degli esami per<br />

le professioni di dottore agronomo e dottore<br />

forestale, agrotecnico e agrotecnico laureato,<br />

architetto, pianificatore paesaggista e<br />

conservatore, assistente sociale, attuario,<br />

biologo, chimico, consulente del lavoro,<br />

farmacista, geologo, geometra e geometra<br />

laureato, giornalista, ingegnere, perito agrario<br />

e perito agrario laureato, perito industriale<br />

e perito industriale laureato, psicologo,<br />

tecnologo alimentare e veterinario, nonché<br />

per l’abilitazione nelle discipline statistiche”.<br />

Per i giornalisti si tratta di un ritorno in<br />

Università dopo la parentesi 1930/1933 presso<br />

l’Università di Perugia (laurea in Scienze<br />

politiche a indirizzo giornalistico).<br />

IL PRESIDENTE<br />

DELLA REPUBBLICA<br />

Visto l’articolo 87, quinto comma, della Costituzione;<br />

Visto l’articolo 1, comma 18, della legge 14 gennaio 1999, n.<br />

4, modificato dall’articolo 6, comma 4, della legge 19 ottobre<br />

1999, n. 370;<br />

Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.<br />

400;<br />

Sentiti gli ordini e collegi professionali interessati;<br />

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri,<br />

adottata nella riunione del …………….;<br />

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione<br />

consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del<br />

……………………….;<br />

Vista la deliberazione del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri, adottata nella<br />

riunione del ……………;<br />

Sulla proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della<br />

ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia;<br />

Emana il seguente regolamento:<br />

4 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


Siamo più liberi! Dopo 78 anni cade il potere<br />

illimitato degli editori di “fare” i giornalisti<br />

L’esame di Stato articolato in tre prove scritte della durata complessiva di 8 ore.<br />

Nella commissione esaminatrice un magistrato (presidente), due professori universitari,<br />

tre giornalisti (laureati e con 10 anni di anzianità; oppure non laureati, ma<br />

con 20 anni di anzianità professionale), un rappresentante della Fieg. Norme transitorie<br />

a favore <strong>dei</strong> “vecchi” praticanti già iscritti nel Registro. Fino alle sessioni di<br />

esame del 2013 ammessi all’esame di Stato anche i praticanti redattori (non laureati)<br />

e i free lance (con 5 anni di attività alle spalle) purché abbiano seguito, anche<br />

via Web (e-learning) corsi di formazione teorica e aggiornamento sulle aree<br />

disciplinari di cui all’articolo 32 (comma 4, lettera a, numero 3) del regolamento,<br />

della durata di almeno trecento ore complessive, in strutture abilitate mediante la<br />

stipula di convenzioni con il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

“Il sottosegretario Maria Grazia Siliquini è stato il motore della svolta e della riforma,<br />

ma un ringraziamento sincero va anche ai ministri Letizia Moratti e Roberto<br />

Castelli, che hanno assicurato l’indispensabile concerto previsto dalla legge.<br />

Il centrosinistra ha approvato la legge 4/1999, che ha consentito l’aggancio tra lauree<br />

ed esame di Stato, ma, con la “Commissione Rossi”, aveva escluso i giornalisti<br />

dal Dpr 328/2001, decisione poi drasticamente censurata dal Consiglio di Stato<br />

con il parere n. 2228/2002”.<br />

La “bozza Siliquini” presto<br />

norma dopo il parere<br />

del Consiglio di Stato<br />

Il “vecchio” e il “nuovo”<br />

sistema del praticantato<br />

coesisteranno fino all’aprile 2012<br />

Esame di Stato<br />

nelle<br />

Università<br />

bb) fondamenti culturali per le professioni dell’informazione:<br />

economia politica, storia economica, marketing; diritto costituzionale,<br />

pubblico e pubblico dell’economia, diritto privato, diritto<br />

penale; sociologia e scienze sociali; storia moderna e contemporanea,<br />

storia delle dottrine politiche; geografia politica<br />

ed economica, globalizzazione e relazioni internazionali;<br />

cc) disciplina tecniche per le professioni giornalistiche: organizzazione<br />

<strong>dei</strong> sistemi informativi, principi di management,<br />

sociologia dell’organizzazione, modelli redazionali; teorie e<br />

tecniche delle comunicazioni di massa, teorie e tecniche <strong>dei</strong><br />

nuovi media, teorie e modelli del giornalismo; tecniche del<br />

linguaggio fotografico e processo di costruzione della narrazione<br />

fotogiornalistica e della comunicazione visiva, tecniche<br />

del linguaggio televisivo e processi di costruzione delle news<br />

per la tv, tecniche del linguaggio radiofonico e processo di<br />

costruzione delle news per la radio, tecniche <strong>dei</strong> linguaggi<br />

del giornale quotidiano e periodico, linguaggio delle agenzie<br />

di stampa, tecniche di gestione degli uffici stampa; tecniche<br />

della ricerca sociale, tecniche di analisi testuale, tecniche di<br />

elaborazione e documentazione statistica <strong>dei</strong> dati, psicologia<br />

degli atteggiamenti e delle opinioni, conoscenza funzionale<br />

di una lingua straniera;<br />

dd) innovazione, informatica e design dell’informazione: produzione,<br />

selezione e trattamento delle immagini, grafica della<br />

comunicazione giornalistica, percezione e comunicazione<br />

visiva, strumenti e tecnologie dell’informazione visiva, storia<br />

dell’informazione visiva, elementi di informatica generale,<br />

editoria multimediale, progettazione e gestione delle notizie<br />

per i sistemi on-line, sistemi editoriali; elementi di cinema, fotografia<br />

e tv, tecnologie dell’immagine digitale.<br />

b) una prova orale diretta ad accertare la conoscenza da<br />

parte del candidato delle aree disciplinari di cui al comma 4,<br />

lettera a), numero 3).<br />

4.Norme transitorie a favore <strong>dei</strong> “vecchi” praticanti<br />

già iscritti nel Registro. Fino alle sessioni di esame<br />

del 2013 ammessi all’esame di Stato anche i praticanti redattori<br />

(non laureati) e i free lance (con 5 anni di attività alle<br />

spalle) purché abbiano seguito, anche via Web (e-learning)<br />

corsi di formazione teorica e aggiornamento sulle aree disciplinari<br />

di cui all’articolo 32 (comma 4, lettera a, numero 3) del<br />

regolamento, della durata di almeno trecento ore complessive,<br />

in strutture abilitate mediante la stipula di convenzioni con<br />

il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

4.1. Sono ammessi agli esami di Stato di cui all’articolo 32:<br />

a) coloro che alla data di entrata in vigore del presente regolamento<br />

hanno già svolto il periodo di pratica previsto dal previgente<br />

ordinamento;<br />

b) coloro che sono iscritti nel registro <strong>dei</strong> praticanti al compimento<br />

del periodo di pratica previsto dal previgente ordinamento.<br />

4.2. Fino alle sessioni di esame di Stato dell’anno 2013 sono<br />

ammessi alle prove di esame anche:<br />

a) coloro che, in possesso del titolo di studio previsto dal previgente<br />

ordinamento, svolgono attività redazionale giornalistica<br />

attestata secondo parametri fissati dal consiglio nazionale<br />

dell’ordine <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura l’applicazione, da almeno<br />

due anni consecutivi in organi di informazione, quali<br />

quotidiani, telegiornali, giornali radio, periodici, agenzie di<br />

stampa, giornali telematici regolarmente registrati, purché abbiano<br />

seguito, anche via Web (e-learning), corsi di formazione<br />

teorica e di aggiornamento sulle aree disciplinari di cui all’articolo<br />

32, comma 4, lettera a), numero 3), della durata di almeno<br />

trecento ore complessive, in strutture abilitate mediante<br />

la stipula di convenzione con il Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti;<br />

b) coloro che, in possesso del titolo di studio previsto dal previgente<br />

ordinamento, esercitano la professione giornalistica a<br />

tempo pieno e in modo continuativo da almeno cinque anni,<br />

comprovata dalla presentazione di un congruo numero di pezzi<br />

firmati o di altra documentazione che dimostri l’effettivo e regolare<br />

inserimento nella produzione giornalistica di una o più<br />

testate, secondo parametri fissati dal Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura l’applicazione, ovvero<br />

dalla documentazione del rapporto contrattuale giornalistico<br />

esistente, ovvero dalla documentazione degli avvenuti<br />

pagamenti, purché abbiano seguito, anche via Web (e-learning)<br />

corsi di formazione teorica e aggiornamento sulle aree<br />

disciplinari di cui all’articolo 32 comma 4, lettera a), numero<br />

3), della durata di almeno trecento ore complessive, in strutture<br />

abilitate mediante la stipula di convenzioni con il Consiglio<br />

nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti;<br />

4.3. sono altresì ammessi alle prove dell’esame di Stato, fino<br />

alle sessioni dell’anno 2013, coloro che in possesso del titolo<br />

di laurea abbiano svolto presso aziende editoriali il periodo di<br />

pratica previsto dal previgente ordinamento ovvero siano iscritti<br />

nel registro <strong>dei</strong> praticanti al compimento del periodo di pratica<br />

previsto dal previgente ordinamento.<br />

5.Nella commissione esaminatrice un magistrato<br />

(presidente), due professori universitari, tre giornalisti<br />

(laureati e con 10 anni di anzianità; oppure non laureati, ma<br />

con 20 anni di anzianità professionale), un rappresentante<br />

della Fieg.<br />

Dice l’articolo 88 del Regolamento:<br />

1. La commissione esaminatrice è composta di sette membri.<br />

2. Il presidente è nominato tra i magistrati di Tribunale o di<br />

Corte d’Appello, su designazione del presidente della Corte<br />

d’Appello della città sede di esame.<br />

3. Tre membri sono nominati tra gli iscritti nell’elenco <strong>dei</strong> giornalisti<br />

professionisti dell’albo da almeno dieci anni, in possesso<br />

di laurea, ovvero tra gli iscritti nello stesso elenco da almeno<br />

venti anni, su designazione del Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. Tra tali membri è scelto il segretario<br />

della commissione esaminatrice.<br />

4. Due membri sono nominati tra i professori universitari, ordinari<br />

o associati, anche a riposo da non più di cinque anni,<br />

su designazione del Consiglio universitario nazionale.<br />

5. Un membro, in possesso di laurea, è nominato tra i rappresentanti<br />

degli editori, su designazione della Federazione<br />

italiana editori giornali.<br />

6. Sono nominati altresì sette membri supplenti appartenenti<br />

alle medesime categorie <strong>dei</strong> componenti effettivi.<br />

7. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a quattrocento,<br />

è nominata una sottocommissione, presieduta dallo stesso<br />

presidente della commissione principale e composta da altri<br />

sei componenti appartenenti, rispettivamente, alle categorie di<br />

cui ai commi 3, 4 e 5.<br />

8. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a ottocento,<br />

su proposta del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

possono essere costituite altre commissioni esaminatrici. In tal<br />

caso gli esami possono svolgersi in più sedi.<br />

il diritto <strong>dei</strong> giornalisti di essere “formati” in Università<br />

Titolo I-Disposizioni generali<br />

Art. 1 Ambito di applicazione<br />

1. Il presente regolamento disciplina i requisiti per<br />

l’ammissione all’esame di Stato e le relative prove,<br />

nonché la composizione delle commissioni<br />

esaminatrici e, salvo quanto previsto dall’articolo<br />

94, le modalità di svolgimento degli esami<br />

per le professioni di dottore agronomo e dottore forestale,<br />

agrotecnico e agrotecnico laureato, architetto,<br />

pianificatore paesaggista e conservatore, assistente<br />

sociale, attuario, biologo, chimico, consulente<br />

del lavoro, farmacista, geologo, geometra e<br />

geometra laureato, giornalista, ingegnere, perito<br />

agrario e perito agrario laureato, perito industriale<br />

e perito industriale laureato, psicologo, tecnologo<br />

alimentare e veterinario, nonché per l’abilitazione<br />

nelle discipline statistiche.<br />

2. Fermo restando quanto previsto dal decreto<br />

legislativo 28 giugno 2005, n. 139, in materia di<br />

esami di Stato per l’accesso alla professione di<br />

dottore commercialista ed esperto contabile, il<br />

presente regolamento disciplina la composizione<br />

delle relative commissioni esaminatrici e<br />

le modalità di svolgimento degli esami.<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

3. Le disposizioni contenute nel presente regolamento<br />

non incidono sulle attività attribuite o riservate<br />

a ciascuna professione.<br />

Art. 2 Requisiti di ammissione<br />

agli esami di Stato<br />

1. Sono requisiti di ammissione agli esami di<br />

Stato per l’accesso alla sezione A degli albi<br />

professionali, salvo quanto previsto per ciascuna<br />

professione dalle disposizioni del Titolo<br />

secondo:<br />

a) la laurea specialistica o la laurea magistrale;<br />

b) un periodo di tirocinio professionalizzante<br />

svolto con le modalità previste dall’articolo<br />

3.<br />

2. Sono requisiti di ammissione agli esami di<br />

Stato per l’accesso alla sezione B degli albi<br />

professionali, salvo quanto previsto per ciascuna<br />

professione dalle disposizioni del Titolo<br />

secondo:<br />

a) la laurea;<br />

b) un periodo di tirocinio professionalizzante<br />

svolto secondo le modalità previste all’articolo<br />

3.<br />

3. Fatto salvo quanto previsto dalle norme finali<br />

e transitorie contenute nel Titolo secondo<br />

e fermo restando il tirocinio di cui all’articolo<br />

3, sono ammessi a partecipare agli esami di<br />

Stato sia per la sezione A che per la sezione<br />

B degli albi, coloro i quali hanno conseguito il<br />

diploma di laurea regolato dall’ordinamento<br />

previgente ai decreti emanati in applicazione<br />

dell’articolo 17, comma 95, legge 15 maggio<br />

1997, n. 127.<br />

4. Coloro che hanno titolo per accedere all’esame<br />

di Stato per la sezione A possono accedere<br />

anche all’esame di Stato per la sezione B,<br />

fermo restando il tirocinio di cui all’articolo 3.<br />

5. Coloro i quali, ai sensi della normativa vigente<br />

per ciascuna professione, hanno titolo<br />

ad iscriversi all’albo professionale indipendentemente<br />

dal requisito dell’esame di Stato, conservano<br />

tale titolo per l’iscrizione alla sezione<br />

A dello stesso albo.<br />

6. I diplomati nei corsi di diploma universitario<br />

triennale sono ammessi a sostenere gli esami<br />

di Stato per la sezione B degli albi secondo la<br />

tabella A allegata al presente regolamento.<br />

segue →<br />

5


<strong>Giornalisti</strong>, Ue e Italia<br />

PROFESSIONE<br />

DI GIORNALISTA<br />

SVOLTA STORICA<br />

DOPO 78 ANNI<br />

Il testo del nuovo Dpr<br />

che consacra il diritto <strong>dei</strong> giornalisti<br />

di essere “formati” in Università<br />

Segue da pagina precedente<br />

Art. 3 Tirocinio<br />

Art. 4 Prove<br />

1. Il tirocinio consiste nello svolgimento di attività di<br />

tipo pratico, relative alle competenze professionali<br />

previste dalle norme vigenti. Esso è svolto, in modo<br />

continuativo, sotto la supervisione di un tutor<br />

iscritto all’albo da almeno cinque anni, presso una<br />

struttura pubblica o privata accreditata dagli ordini.<br />

Il professionista presso il quale il tirocinio viene<br />

svolto vigila sull’attività del tirocinante, al fine di verificare<br />

che questa sia volta all’apprendimento delle<br />

tecniche professionali ed all’acquisizione di<br />

esperienze applicative. Fatte salve le previsioni di<br />

cui all’art. 2041 del codice civile, al tirocinante non<br />

si applicano le norme sul contratto di lavoro per i<br />

dipendenti di studi professionali. Il consiglio dell’ordine<br />

territoriale verifica l’effettivo svolgimento del tirocinio,<br />

anche tramite resoconti del tirocinante o<br />

colloqui con questi. Con regolamento del<br />

Consiglio Nazionale, sentiti il Ministero dell’istruzione,<br />

dell’università e della ricerca e il<br />

Ministero della giustizia, sono disciplinate le<br />

modalità di svolgimento del tirocinio nel rispetto<br />

delle disposizioni del presente regolamento.<br />

2. Il tirocinio può essere svolto in tutto o in parte<br />

durante il corso di studi secondo modalità stabilite<br />

in accordi stipulati fra gli ordini territoriali e le università<br />

nell’ambito di una convenzione quadro tra il<br />

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca<br />

ed il consiglio nazionale dell’ordine.<br />

3. Le convenzioni stipulate tra gli ordini e le<br />

università prima dell’entrata in vigore del presente<br />

regolamento, sono fatte salve sino alla<br />

loro naturale scadenza ovvero, ove non prevista,<br />

sino alla conclusione dell’anno accademico<br />

successivo a quello di entrata in vigore del<br />

regolamento medesimo.<br />

1. Salvo quanto previsto per ciascuna professione<br />

dalle disposizioni del Titolo secondo, gli<br />

esami consistono in due prove scritte, una prova<br />

pratica e una prova orale.<br />

2. Sono esonerati da una delle prove scritte, secondo<br />

quanto previsto dal presente regolamento<br />

per ciascuna professione, coloro i quali,<br />

in possesso del prescritto titolo di studio,<br />

provengono dalla sezione B o da settori diversi<br />

della stessa sezione e coloro che conseguono<br />

un titolo di studio all’esito di un corso realizzato<br />

sulla base di specifiche convenzioni tra<br />

le università e gli ordini o collegi professionali.<br />

Art. 5 Valore delle classi di laurea<br />

1. I titoli universitari conseguiti al termine <strong>dei</strong><br />

corsi di studio dello stesso livello, appartenenti<br />

alla stessa classe, hanno identico valore legale<br />

ai fini dell’ammissione agli esami di Stato,<br />

indipendentemente dallo specifico contenuto<br />

di crediti formativi.<br />

Art. 6 Adeguamento <strong>dei</strong> titoli di studio<br />

1. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università<br />

e della ricerca, sentito il CUN, sono<br />

stabilite le corrispondenze tra i titoli universitari<br />

di accesso alle professioni disciplinate dal<br />

presente regolamento e le classi di laurea e di<br />

laurea magistrale di cui ai decreti attuativi del<br />

decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270.<br />

2. Il decreto di cui al comma 1 è pubblicato sulla<br />

Gazzetta Ufficiale.<br />

di Franco Abruzzo*<br />

Milano, 7 dicembre 2005. L’ordinamento giuridico italiano accorda<br />

particolari tutele alle professioni intellettuali. La<br />

Costituzione (articolo 33, V comma) «prescrive un esame di<br />

Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale». Il Codice<br />

civile (articolo 2229) afferma che sono professioni intellettuali<br />

solo quelle riconosciute come tali dalla legge e per il cui esercizio<br />

«è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi». Agli<br />

Ordini, dice sempre il Codice civile, sono devoluti «l’accertamento<br />

<strong>dei</strong> requisiti per la iscrizione negli albi e negli elenchi,<br />

la tenuta <strong>dei</strong> medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti». A<br />

questa normativa non sfugge la professione giornalistica organizzata<br />

dal legislatore del 1963 con l’<strong>Ordine</strong>, l’Albo e l’esame<br />

di Stato. Le regole dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, quindi, non<br />

sono anomale, ma eguali a quelle degli altri 26 Ordini e collegi<br />

operanti in Italia. Con la legge 3 febbraio 1963 n. 69, la professione<br />

giornalistica è riconosciuta legalmente (come le altre<br />

professioni italiane). È un sistema che non ha riscontri nei<br />

Paesi della Ue, anche se in alcuni - Francia, Portogallo,<br />

Lussemburgo - la professione giornalistica è tutelata giuridicamente<br />

(come in Italia). La disciplina comunitaria è, comunque,<br />

sostanzialmente neutra rispetto all’esistenza o meno degli<br />

Ordini professionali. Con le leggi comunitarie del 1990 (n.<br />

Titolo II - Requisiti<br />

per l’ammissione all’esame<br />

di Stato e relative prove<br />

Capo XII - Professione<br />

di giornalista<br />

Art. 32 Esami di Stato per l’iscrizione<br />

nell’elenco <strong>dei</strong> giornalisti<br />

professionisti e relative prove<br />

1. L’iscrizione nell’elenco <strong>dei</strong> giornalisti professionisti<br />

è subordinata al superamento di un apposito<br />

esame di Stato.<br />

2. Per l’ammissione all’esame di Stato è richiesto il<br />

possesso <strong>dei</strong> seguenti requisiti:<br />

a) laurea<br />

b) compimento della pratica giornalistica da<br />

svolgersi in alternativa nei seguenti modi:<br />

1) una laurea specialistica il cui percorso formativo<br />

biennale sia almeno per il 50% costituito da attività<br />

pratica orientata alla professione di giornalista e disciplinata<br />

sulla base di convenzioni tra l’università<br />

e il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

che verifica anche l’effettivo tirocinio professionale<br />

svolto;<br />

2) un master universitario biennale il cui percorso<br />

formativo sia disciplinato sulla base di convenzioni<br />

tra l’università e il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti, che verifica anche l’effettivo tirocinio<br />

professionale svolto;<br />

3) corsi biennali presso Istituti di formazione al<br />

giornalismo riconosciuti con deliberazione del<br />

Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

4. L’esame di Stato consiste in:<br />

a) una prova scritta, della durata di otto ore e<br />

da svolgersi in unico giorno, così articolata:<br />

1) sintesi di un articolo o di altro testo scelto dal<br />

candidato tra quelli forniti dalla commissione in un<br />

massimo di venti righe, da sessanta battute ciascuna;<br />

2) redazione di un articolo, non superiore a sessanta<br />

righe, da sessanta battute ciascuna, su argomenti<br />

di attualità scelti dal candidato tra quelli<br />

proposti dalla commissione, in numero non inferiore<br />

a sei, tra i seguenti: politica interna ed estera,<br />

economia e lavoro, cronaca, sport, cultura, scienze,<br />

tecnologie, spettacolo;<br />

428/1990) e del 1994 (n. 52/1996) - in base alle quali i cittadini<br />

comunitari possono iscriversi negli elenchi <strong>dei</strong> pubblicisti<br />

e <strong>dei</strong> professionisti dell’Albo e nel Registro <strong>dei</strong> praticanti nonché<br />

possono essere editori e direttori di quotidiani e periodici<br />

nel nostro Paese - l’Italia ha imboccato la via della compatibilità<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti con la Ue attraverso il riconoscimento<br />

dell’organizzazione in essere della professione e della<br />

reciprocità. Alla Ue interessa che ai cittadini comunitari siano<br />

accordati gli stessi «diritti» <strong>dei</strong> cittadini italiani, che esercitano<br />

la professione giornalistica. I cittadini comunitari, inoltre, possono<br />

sostenere nella loro lingua l’esame di Stato per diventare<br />

giornalisti professionisti in Italia. Il Consiglio d’Europa, nella<br />

risoluzione 1° luglio 1993 (n. 1003) relativa all’etica del giornalismo,<br />

scrive che «per la vigilanza sul rispetto <strong>dei</strong> principi<br />

deontologici, è necessario creare organismi o meccanismi di<br />

autocontrollo, che elaborino risoluzioni sul rispetto <strong>dei</strong> precetti<br />

deontologici da parte <strong>dei</strong> giornalisti, che i mezzi di comunicazione<br />

si impegneranno a rendere pubblici». L’Italia,<br />

con l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, ha già creato «l’organismo di autocontrollo»<br />

dal 1963! L’Europa in sostanza, - fatte salve la libera<br />

circolazione <strong>dei</strong> professionisti, la pubblicità e le tariffe con<br />

valore indicativo - non ci impone un modello preciso, pur chiedendo<br />

l’abolizione delle restrizioni irragionevoli nell’accesso<br />

(come quella che vede gli editori padroni dell’accesso).<br />

Anche la direttiva Ue sulla privacy (95/46/CE del 24 ottobre<br />

3) svolgimento di un elaborato in una delle seguenti<br />

aree:<br />

aa) il sistema dell’informazione e del giornalismo;<br />

istituzioni e profilo professionale: diritto<br />

dell’informazione e della comunicazione,<br />

normative comunitarie, nazionali e ruolo<br />

delle autorità indipendenti, etica e deontologia<br />

della comunicazione; storia del giornalismo<br />

e delle comunicazioni di massa;<br />

sociologia della comunicazione, semiotica<br />

del testo scritto e visivo, psicologia cognitiva<br />

e della comunicazione, scienza dell’opinione<br />

pubblica e <strong>dei</strong> sondaggi; economia<br />

<strong>dei</strong> media, economia e gestione delle imprese<br />

editoriali;<br />

bb) fondamenti culturali per le professioni dell’informazione:<br />

economia politica, storia<br />

economica, marketing; diritto costituzionale,<br />

pubblico e pubblico dell’economia, diritto<br />

privato, diritto penale; sociologia e scienze<br />

sociali; storia moderna e contemporanea,<br />

storia delle dottrine politiche; geografia<br />

politica ed economica, globalizzazione<br />

e relazioni internazionali;<br />

cc) disciplina tecniche per le professioni giornalistiche:<br />

organizzazione <strong>dei</strong> sistemi informativi,<br />

principi di management, sociologia<br />

dell’organizzazione, modelli redazionali;<br />

teorie e tecniche delle comunicazioni di<br />

massa, teorie e tecniche <strong>dei</strong> nuovi media,<br />

teorie e modelli del giornalismo; tecniche<br />

del linguaggio fotografico e processo di costruzione<br />

della narrazione fotogiornalistica<br />

e della comunicazione visiva, tecniche del<br />

linguaggio televisivo e processi di costruzione<br />

delle news per la tv, tecniche del linguaggio<br />

radiofonico e processo di costruzione<br />

delle news per la radio, tecniche <strong>dei</strong><br />

linguaggi del giornale quotidiano e periodico,<br />

linguaggio delle agenzie di stampa, tecniche<br />

di gestione degli uffici stampa; tecniche<br />

della ricerca sociale, tecniche di analisi<br />

testuale, tecniche di elaborazione e documentazione<br />

statistica <strong>dei</strong> dati, psicologia<br />

degli atteggiamenti e delle opinioni, conoscenza<br />

funzionale di una lingua straniera;<br />

dd) innovazione, informatica e design dell’informazione:<br />

produzione, selezione e trattamento<br />

delle immagini, grafica della comunicazione<br />

giornalistica, percezione e comunicazione<br />

visiva, strumenti e tecnologie<br />

dell’informazione visiva, storia dell’informazione<br />

visiva, elementi di informatica<br />

generale, editoria multimediale, progettazione<br />

e gestione delle notizie per i sistemi<br />

on-line, sistemi editoriali; elementi di cinema,<br />

fotografia e tv, tecnologie dell’immagine<br />

digitale.<br />

b) una prova orale diretta ad accertare la conoscenza<br />

da parte del candidato delle aree<br />

disciplinari di cui al comma 4, lettera a), numero<br />

3).<br />

Art. 33 Norme finali e transitorie<br />

1. Sono ammessi agli esami di Stato di cui all’articolo<br />

32:<br />

a) coloro che alla data di entrata in vigore del<br />

presente regolamento hanno già svolto il periodo<br />

di pratica previsto dal previgente ordinamento;<br />

b) coloro che sono iscritti nel registro <strong>dei</strong> praticanti<br />

al compimento del periodo di pratica<br />

previsto dal previgente ordinamento.<br />

2. Fino alle sessioni di esame di Stato dell’anno<br />

2013 sono ammessi alle prove di esame anche:<br />

a) coloro che, in possesso del titolo di studio<br />

previsto dal previgente ordinamento, svolgono<br />

attività redazionale giornalistica attestata<br />

secondo parametri fissati dal consiglio nazionale<br />

dell’ordine <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura<br />

l’applicazione, da almeno due anni<br />

consecutivi in organi di informazione, quali<br />

quotidiani, telegiornali, giornali radio, periodici,<br />

agenzie di stampa, giornali telematici<br />

regolarmente registrati, purché abbiano seguito,<br />

anche via Web (e-learning), corsi di<br />

formazione teorica e di aggiornamento sulle<br />

aree disciplinari di cui all’articolo 32, comma<br />

4, lettera a), numero 3), della durata di almeno<br />

trecento ore complessive, in strutture<br />

abilitate mediante la stipula di convenzione<br />

con il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti;<br />

b) coloro che, in possesso del titolo di studio<br />

previsto dal previgente ordinamento, esercitano<br />

la professione giornalistica a tempo<br />

pieno e in modo continuativo da almeno<br />

cinque anni, comprovata dalla presentazione<br />

di un congruo numero di pezzi firmati o<br />

di altra documentazione che dimostri l’effettivo<br />

e regolare inserimento nella produzione<br />

6 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


L’intreccio tra leggi nazionali e direttive comunitarie<br />

crea lo scudo giuridico della professione giornalistica<br />

1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al<br />

trattamento <strong>dei</strong> dati personali, nonché alla libera circolazione<br />

<strong>dei</strong> dati) è diventata legge (prima legge 675/1996 e poi dlgs<br />

196/2003) e questa legge ha partorito il Codice di condotta <strong>dei</strong><br />

giornalisti (G.U. 3 agosto 1998), che vede i Consigli dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> giudici esclusivi degli iscritti negli elenchi<br />

dell’Albo. Il dlgs 196/2003, sulla base dell’esperienza di 6 anni,<br />

riunisce in unico contesto la legge 675/1996 e gli altri decreti<br />

legislativi, regolamenti e codici deontologici che si sono<br />

succeduti in questi anni, e contiene anche importanti innovazioni<br />

tenendo conto della "giurisprudenza" del Garante e della<br />

direttiva Ue 2000/58 sulla riservatezza nelle comunicazioni<br />

elettroniche. Con la direttiva sul commercio elettronico, la Ue<br />

ha dato una serie di regole che riguardano le libere professioni<br />

e ha chiamato gli Ordini italiani a vigilare su Internet. La direttiva<br />

affida un ruolo particolare agli Ordini professionali nazionali<br />

che sono chiamati, oltre che a vigilare sul comportamento<br />

<strong>dei</strong> propri iscritti, a redigere a livello comunitario <strong>dei</strong> veri e<br />

propri codici di condotta. La natura professionale dell’attività<br />

giornalistica trova conforto nell’art. 2 del Dlgs 27 gennaio 1992<br />

n. 115 (Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un<br />

sistema generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione<br />

che sanzionano formazioni professionali di una durata minima<br />

di tre anni). L’articolo 2 della direttiva 89/48/CEE ha fissato<br />

il principio per cui l’esercizio delle professioni presuppone il<br />

superamento di un ciclo di studi postsecondari di una durata<br />

minima di tre anni o di durata equivalente a tempo parziale, in<br />

una università o in un istituto di istruzione superiore o in altro<br />

istituto dello stesso livello di formazione. Questa direttiva fa da<br />

sfondo al Dpr n. 328/2001, che collega l’esame di stato delle<br />

singole professioni intellettuali alle lauree della riforma universitaria.<br />

Il “nuovo” Dpr sanerà una discrasia tra <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e normativa comunitaria in tema di accesso, mandando<br />

in soffitta le restrizioni attuali. Oggi sono gli editori che decidono<br />

chi entra nella professione come praticante, prescindendo<br />

dal titolo di studio. La normativa del 1963 (legge 69) ferisce<br />

i principi della dignità della persona e dell’uguaglianza.<br />

Con il passaggio dell’accesso all’Università, viene superato un<br />

sistema medioevale di selezione paternalistica e per giunta<br />

fortemente antidemocratico. L’Università, invece, aprendo le<br />

porte a tutti, è la via maestra della formazione <strong>dei</strong> “nuovi”<br />

giornalisti. La direttiva 2005/36/Ce (“direttiva Zappalà”) sulle<br />

qualifiche professionale (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale<br />

dell’Unione europea L 255/22 del 30 settembre 2005) consente<br />

agli Stati membri di delegare parte della gestione delle<br />

professioni a organismi autonomi, come gli Ordini professionali.<br />

Ora, gli Stati avranno due anni di tempo, sino a settembre<br />

2007, per adeguarsi. La normativa riguarda sia il lavoro<br />

subordinato che autonomo. L’Europa, con questa direttiva, ha<br />

scritto una parola decisiva: gli Ordini rimangono in vita come<br />

longa manus dello Stato. Il Dlgs n. 300/1999 affida al ministero<br />

della Giustizia la vigilanza sugli Ordini professionali e al<br />

ministero dell’Istruzione/Università la "missione" di formare i<br />

nuovi professionisti. Il comma 18 dell’articolo 1 della legge n.<br />

4/1999 (voluta dal Governo D’Alema rispettoso della direttiva<br />

89/48/Cee) conferisce al ministero dell’Istruzione/Università,<br />

di concerto con quello della Giustizia, il compito di "integrare<br />

e modificare" con regolamento gli attuali ordinamenti sull’accesso<br />

alla professioni e di raccordarli con le lauree triennali e<br />

con le lauree specialistiche biennali. Il regolamento (Dpr n.<br />

328/2001) disciplina la maggioranza delle professioni intellettuali,<br />

ma trascurava finora quelle <strong>dei</strong> giornalisti e <strong>dei</strong> consulenti<br />

del lavoro. Con parere 7 maggio 2002 n. 2228 il Consiglio<br />

di Stato ha scritto che “non sussistono motivi ostativi alla riforma<br />

dell’ordinamento professionale <strong>dei</strong> giornalisti, come previsto<br />

dall’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999”. Una<br />

pronuncia, questa, che correggeva la miopia della<br />

“Commissioni Rossi”, che aveva escluso la professione di<br />

giornalista dal Dpr 328/2001, e che trovò la ferma e netta opposizione<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />

*presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia;<br />

docente a contratto di Diritto dell’informazione presso<br />

l’Università di Milano Bicocca e presso<br />

l’Università Iulm di Milano.<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

giornalistica di una o più testate, secondo<br />

parametri fissati dal Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura<br />

l’applicazione, ovvero dalla documentazione<br />

del rapporto contrattuale giornalistico<br />

esistente, ovvero dalla documentazione degli<br />

avvenuti pagamenti, purché abbiano seguito,<br />

anche via Web (e-learning) corsi di<br />

formazione teorica e aggiornamento sulle<br />

aree disciplinari di cui all’articolo 32 comma<br />

4, lettera a), numero 3), della durata di almeno<br />

trecento ore complessive, in strutture<br />

abilitate mediante la stipula di convenzioni<br />

con il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti;<br />

3) sono altresì ammessi alle prove dell’esame di<br />

Stato, fino alle sessioni dell’anno 2013, coloro che<br />

in possesso del titolo di laurea abbiano svolto presso<br />

aziende editoriali il periodo di pratica previsto<br />

dal previgente ordinamento ovvero siano iscritti nel<br />

registro <strong>dei</strong> praticanti al compimento del periodo di<br />

pratica previsto dal previgente ordinamento.<br />

Titolo III - Commissioni<br />

esaminatrici<br />

Capo I - Disposizioni generali<br />

Art. 39 Costituzione e composizione<br />

1. Le commissioni esaminatrici sono nominate con<br />

decreto del Capo del Dipartimento competente e<br />

sono composte da un presidente e, salvo che non<br />

sia diversamente previsto, da quattro membri.<br />

2. Salvo che non sia previsto diversamente, il presidente<br />

è scelto tra i professori universitari ordinari<br />

o associati anche fuori ruolo o a riposo, da non<br />

più di cinque anni, appartenenti a settori relativi alle<br />

materie oggetto delle prove di esame; i membri<br />

sono scelti da terne, designate dagli Ordini o<br />

Collegi professionali competenti per territorio e trasmesse<br />

al Ministero dell’istruzione, dell’università,<br />

della ricerca. In mancanza di Ordini e Collegi professionali<br />

alla designazione delle terne provvede il<br />

Consiglio universitario nazionale.<br />

3. Gli Ordini o Collegi professionali designano nelle<br />

terne di cui al comma 2 appartenenti ad una o<br />

più delle categorie indicate per ciascun tipo di esame<br />

di Stato. Il numero delle terne è uguale al numero<br />

<strong>dei</strong> componenti le singole Commissioni.<br />

4. Non possono essere designati quali componenti<br />

delle commissioni professionisti ai quali è stata<br />

comminata una sanzione disciplinare nei precedenti<br />

dieci anni.<br />

5. In ciascuna Commissione sono compresi gli<br />

esperti nei principali indirizzi di attività cui si riferisce<br />

l’esame.<br />

6. Per gli esami di abilitazione per l’accesso a professioni<br />

il cui albo è organizzato in sezioni, il<br />

Ministero nomina una sola commissione per le due<br />

sezioni. Per l’esame <strong>dei</strong> candidati della sezione B<br />

un componente della commissione, appartenente<br />

alla categoria <strong>dei</strong> liberi professionisti, è sostituito<br />

con uno iscritto alla sezione B con anzianità di<br />

iscrizione all’albo di almeno dieci anni. Sino al 2014<br />

sono ammessi a far parte delle commissioni di<br />

esame gli iscritti alle Sezioni B con anzianità di<br />

iscrizione all’albo di tre anni.<br />

7. Qualora fra i componenti la Commissione manchino<br />

esperti in una o più delle materie in cui si<br />

svolgono le prove di esame, il presidente può aggregare<br />

in soprannumero esperti scelti fra docenti<br />

universitari o liberi professionisti iscritti all’Albo della<br />

professione cui si riferiscono gli esami di abilitazione.<br />

I membri aggregati esprimono il loro giudizio<br />

limitatamente ai candidati che esaminano.<br />

8. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della<br />

ricerca può nominare inoltre un membro aggiunto,<br />

conoscitore della lingua tedesca ed esperto nelle<br />

materie oggetto di esame, presso quelle<br />

Commissioni esaminatrici di quelle sedi in cui gli<br />

esami possono svolgersi anche in lingua tedesca.<br />

Detto componente aggiunto esprime il proprio giudizio<br />

limitatamente ai candidati che esamina.<br />

9. Per ogni Commissione esaminatrice sono nominati<br />

membri supplenti, in numero pari almeno alla<br />

metà del numero <strong>dei</strong> membri effettivi, nell’ambito di<br />

terne designate dagli Ordini o Collegi professionali<br />

competenti per territorio; è altresì nominato un<br />

presidente supplente tra i professori universitari in<br />

possesso <strong>dei</strong> requisiti di cui al comma 1.<br />

10. Per ciascun esame di abilitazione in ogni singola<br />

sede è nominata una Commissione giudicatrice.<br />

Il ministero dell’istruzione, dell’università e<br />

della ricerca può, su richiesta delle sedi interessate,<br />

e tenuto conto del numero <strong>dei</strong> candidati partecipanti<br />

a ciascuna sessione di esame, nominare<br />

altre Commissioni.<br />

Art. 40 Funzionamento<br />

1. Il presidente della commissione può, tenuto conto<br />

del numero <strong>dei</strong> candidati presenti, nominare, su<br />

designazione del rettore, un’apposita commissione<br />

per la vigilanza sullo svolgimento delle prove scritte<br />

e pratiche.<br />

2. Nella prima seduta della Commissione il presidente<br />

affida ad uno <strong>dei</strong> componenti le funzioni di<br />

segretario.<br />

3. Tutte le deliberazioni si prendono a maggioranza<br />

assoluta <strong>dei</strong> componenti. In caso di parità prevale<br />

il voto del presidente.<br />

4. Per ogni adunanza è redatto apposito verbale,<br />

firmato dal presidente e dal segretario.<br />

5. Le operazioni di segreteria di ciascuna<br />

Commissione sono affidate ad un funzionario amministrativo<br />

designato dal rettore dell’Università.<br />

6. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della<br />

ricerca può inviare un proprio rappresentante presso<br />

le sedi di esame per la verifica della regolarità<br />

formale delle operazioni di esame.<br />

Capo II - Composizione<br />

delle commissioni<br />

Art. 88 Professione di giornalista<br />

1. La commissione esaminatrice è composta di<br />

sette membri.<br />

2. Il presidente è nominato tra i magistrati di<br />

Tribunale o di Corte d’Appello, su designazione del<br />

presidente della Corte d’Appello della città sede di<br />

esame.<br />

3. Tre membri sono nominati tra gli iscritti nell’elenco<br />

<strong>dei</strong> giornalisti professionisti dell’albo da almeno<br />

dieci anni, in possesso di laurea, ovvero tra gli<br />

iscritti nello stesso elenco da almeno venti anni, su<br />

designazione del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti. Tra tali membri è scelto il segretario<br />

della commissione esaminatrice.<br />

4. Due membri sono nominati tra i professori universitari,<br />

ordinari o associati, anche a riposo da<br />

non più di cinque anni, su designazione del<br />

Consiglio universitario nazionale.<br />

5. Un membro, in possesso di laurea, è nominato<br />

tra i rappresentanti degli editori, su designazione<br />

della Federazione italiana editori giornali.<br />

6. Sono nominati altresì sette membri supplenti appartenenti<br />

alle medesime categorie <strong>dei</strong> componenti<br />

effettivi.<br />

7. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a<br />

quattrocento, è nominata una sottocommissione,<br />

presieduta dallo stesso presidente della commissione<br />

principale e composta da altri sei componenti<br />

appartenenti, rispettivamente, alle categorie<br />

di cui ai commi 3, 4 e 5.<br />

8. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a<br />

ottocento, su proposta del consiglio nazionale dell’ordine<br />

<strong>dei</strong> giornalisti, possono essere costituite altre<br />

commissioni esaminatrici. In tal caso gli esami<br />

possono svolgersi in più sedi.<br />

Titolo IV - Modalità di<br />

svolgimento degli<br />

esami di Stato<br />

Art. 94 Ambito di applicazione<br />

1. Salvo quanto previsto all’articolo 96, comma<br />

5, le disposizioni del presente Titolo si applicano,<br />

oltre che alle professioni di cui all’articolo<br />

1, anche all’abilitazione nelle discipline statistiche<br />

e agli esami di Stato per l’accesso alla professione<br />

di odontoiatra.<br />

2.Le disposizioni di cui agli articoli 95, 97, 98, comma<br />

1 e 5, 103 e 107, altresì.<br />

Art. 95 Sessioni di esami<br />

1. Gli esami di Stato hanno luogo ogni anno in due<br />

sessioni, indette per ciascun anno con ordinanza<br />

del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,<br />

pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.<br />

2. Per ciascuna sessione i candidati sono ammessi<br />

a partecipare agli esami di Stato per l’abilitazione<br />

all’esercizio di una sola delle professioni previste<br />

dal presente regolamento e per l’iscrizione ad<br />

un solo settore della medesima professione.<br />

Art. 96 Sedi di esame<br />

1. Sono sedi di esami di Stato le Università e gli<br />

Istituti universitari.<br />

2. Le sedi sono individuate nell’ordinanza di cui all’articolo<br />

95 comma 1, sentito il Consiglio<br />

Universitario Nazionale, tenuto conto delle strutture<br />

necessarie per assicurare il regolare svolgimento<br />

degli esami, nonché delle eventuali proposte <strong>dei</strong><br />

Consigli o Collegi nazionali degli ordini.<br />

3. Con l’ordinanza di cui al comma 2 sono altresì<br />

determinate le sedi in cui gli esami per l’abilitazione<br />

alle diverse professioni possono essere svolti in<br />

lingua tedesca per i cittadini italiani della Regione<br />

Trentino-Alto Adige/Südtirol di lingua materna tedesca<br />

che ne facciano richiesta.<br />

4. I candidati possono sostenere gli esami di Stato<br />

in una qualsiasi delle sedi indicate nell’ordinanza.<br />

5. Con l’ordinanza di cui al comma 2 possono<br />

essere individuate, quali sedi per lo svolgimento<br />

degli esami di Stato per l’accesso alle<br />

segue →<br />

7


L’UNIONE EUROPEA CHIEDE (CON LA DIRETTIVA 89/48/CEE) AI PROFESSIONISTI<br />

PROFESSIONE<br />

DI GIORNALISTA<br />

SVOLTA STORICA<br />

DOPO 78 ANNI<br />

La conferenza stampa del Ministro Moratti,<br />

presente il portavoce Gino Banterla<br />

e il sottosegretario Maria Grazia Siliquini<br />

Segue da pagina precedente<br />

professioni di agrotecnico, geometra, perito<br />

agrario e perito industriale, gli istituti di istruzione<br />

secondaria. In tal caso per la disciplina<br />

delle modalità di svolgimento degli esami stessi<br />

si applicano le disposizioni vigenti per ciascuna<br />

professione alla data di entrata in vigore<br />

alla presente legge.<br />

Art. 97 Domanda di ammissione<br />

agli esami<br />

1. Per la partecipazione agli esami di Stato per<br />

l’abilitazione all’esercizio delle professioni disciplinate<br />

dal presente regolamento i candidati presentano<br />

domanda in carta semplice, contenente<br />

l’indicazione del luogo e della data di nascita,<br />

del luogo di residenza, nonché l’indicazione della<br />

professione e, ove previsti, della sezione, del<br />

settore e dell’indirizzo per cui chiedono di sostenere<br />

l’esame.<br />

2. La domanda è corredata dai seguenti documenti:<br />

a) originale o copia autenticata del titolo previsto<br />

dalle disposizioni del presente regolamento<br />

per l’accesso all’esame di Stato<br />

ovvero certificato attestante il conseguimento<br />

del titolo stesso;<br />

b) ricevuta dell’avvenuto versamento della<br />

tassa di ammissione agli esami nella misura<br />

di 49,58 fissata dall’articolo 2, comma<br />

3, del decreto del presidente del<br />

Consiglio <strong>dei</strong> Ministri 21 dicembre 1990,<br />

salvi gli eventuali successivi adeguamenti.<br />

c) ricevuta dell’avvenuto versamento all’economato<br />

dell’Università del contributo stabilito<br />

da ogni singolo ateneo ai sensi dell’articolo<br />

5 della legge 24 dicembre 1993,<br />

n. 537.<br />

d) documentazione attestante l’avvenuto<br />

svolgimento del tirocinio, ove prescritto.<br />

3. Per coloro i quali dichiarano nella domanda di<br />

aver conseguito il titolo di cui al comma 2 nella<br />

stessa sede ove chiedono di sostenere gli esami<br />

di Stato, la documentazione relativa al medesimo<br />

titolo è inserita nel fascicolo del candidato a cura<br />

degli uffici dell’Università competente.<br />

5. In luogo <strong>dei</strong> documenti di cui al comma 2, lettere<br />

a) e d), i candidati possono presentare apposita<br />

dichiarazione sostitutiva ai sensi del decreto<br />

del Presidente della Repubblica 28 dicembre<br />

2000, n. 445.<br />

6. La domanda è presentata all’ufficio competente<br />

dell’Università presso la quale il candidato<br />

intende sostenere gli esami entro il termine stabilito<br />

dall’ordinanza ministeriale che indice le<br />

sessioni di esame.<br />

Art. 98 Svolgimento delle prove<br />

1. Con l’ordinanza di cui all’art. 95 è stabilito, per<br />

ciascuna professione, il giorno di inizio degli<br />

esami di Stato.<br />

2. Le università pubblicano tempestivamente<br />

l’ordine e l’orario di svolgimento delle prove.<br />

3. Prima di ciascuna prova d’esame i candidati<br />

sono identificati.<br />

4. Le prove orali sono pubbliche.<br />

5. Il candidato che non si presenta all’esame<br />

può chiedere il rimborso del solo contributo. Il<br />

candidato che si ritirato durante una prova d’esame<br />

è considerato non idoneo.<br />

Art. 99 Prove scritte<br />

1. Per gli esami di Stato nei quali le prove scritte<br />

non sono definite a livello nazionale, la<br />

Commissione esaminatrice stabilisce il tema, o i<br />

temi, il giorno stesso di inizio delle prove.<br />

2. Il presidente della Commissione, alla presenza<br />

<strong>dei</strong> candidati, fa constatare l’integrità del plico<br />

contenente le prove di esame. Qualora siano<br />

stati predisposti più temi, fa estrarre, a sorte, da<br />

uno <strong>dei</strong> candidati, il tema da svolgere o i temi tra<br />

i quali i candidati possono scegliere. Il presidente<br />

può disporre la riproduzione e la distribuzione<br />

del materiale necessario alla prova.<br />

3. Per lo svolgimento delle prove scritte, i candidati<br />

usano esclusivamente carta fornita dalla<br />

Commissione, munita del bollo di ufficio e della<br />

firma del presidente o altro membro della<br />

Commissione.<br />

4. Al fine di garantire l’anonimato <strong>dei</strong> candidati<br />

gli elaborati delle prove scritte sono depositati e<br />

conservati in buste chiuse sigillate non trasparenti,<br />

con le generalità del candidato contenute<br />

in un apposito foglio in busta separata.<br />

5. Durante lo svolgimento delle prove i candidati<br />

non possono comunicare tra loro né con estranei.<br />

6. È escluso dall’esame chi contravviene alle disposizioni<br />

di cui al presente regolamento e a<br />

quelle stabilite dalla commissione per assicurare<br />

il regolare svolgimento delle prove.<br />

7. Per lo svolgimento delle prove scritte la commissione<br />

esaminatrice può consentire l’uso di<br />

strumenti meccanici od informatici nel rispetto<br />

delle disposizioni di cui al presente articolo.<br />

Art. 100 Prove orali e voto finale<br />

1. Sono ammessi alle prove orali i candidati che<br />

conseguono almeno 60/100 in ciascuna delle<br />

prove scritte e pratiche. L’elenco <strong>dei</strong> candidati<br />

ammessi, firmato dal presidente della<br />

Commissione, è affisso nell’albo dell’università.<br />

Tale affissione ha valore di comunicazione.<br />

2. Sulla prova orale la Commissione delibera subito<br />

dopo lo svolgimento della prova stessa. Ai<br />

candidati esaminati è data comunicazione <strong>dei</strong><br />

voti al termine della seduta mediante affissione<br />

all’albo dell’Università.<br />

3. È idoneo il candidato che consegue almeno i<br />

60/100 <strong>dei</strong> voti favorevoli a disposizione della<br />

Commissione.<br />

6. Al termine <strong>dei</strong> lavori la Commissione riassume<br />

i risultati degli esami ed assegna a ciascun<br />

candidato il voto complessivo, espresso in centesimi.<br />

Art. 101 Chiusura della sessione<br />

e pubblicazione <strong>dei</strong> risultati<br />

1. Compiute le operazioni di cui all’articolo 100,<br />

il presidente della Commissione dichiara chiuse<br />

le operazioni della sessione di esami, che non<br />

può più essere riaperta.<br />

2. Successivamente il presidente della Commissione:<br />

a) dispone l’affissione nell’albo dell’Università<br />

dell’elenco in ordine alfabetico di<br />

coloro che hanno superato gli esami.<br />

L’elenco deve contenere il voto riportato<br />

nel complesso delle prove;<br />

b) cura un elenco completo di tutti i candidati<br />

presentatisi, con la indicazione <strong>dei</strong> voti<br />

conseguiti in ciascuna prova e del voto<br />

complessivo, da conservare agli atti<br />

dell’Università o dell’Istituto universitario.<br />

Detto elenco è firmato dal presidente e<br />

dal Segretario della Commissione;<br />

c) cura, infine, che sia data comunicazione<br />

<strong>dei</strong> risultati favorevoli o sfavorevoli degli<br />

esami <strong>dei</strong> singoli candidati alle Università<br />

e Istituti universitari che hanno rilasciato i<br />

titoli di studio.<br />

Art. 102 Sospensione o annullamento<br />

delle operazioni di esame<br />

1. Il presidente della Commissione adotta tutte<br />

le misure che necessarie per garantire l’ordinato<br />

svolgimento delle operazione di esame.<br />

2. In caso di gravi trasgressioni alle norme di cui<br />

al presente regolamento, ordina la sospensione<br />

delle operazioni di esame e ne dà comunicazione<br />

al Ministero dell’istruzione, dell’università e<br />

della ricerca, che in caso di gravi abusi o di violazione<br />

di legge, può disporre l’annullamento<br />

parziale o totale delle operazioni di esame.<br />

Art. 103 Conservazione<br />

della documentazione<br />

delle operazioni di esame<br />

1. Presso ogni università sono conservate le domande<br />

di ammissione, gli elenchi degli ammessi<br />

ed i risultati ottenuti negli esami, i verbali, gli atti<br />

delle commissioni giudicatrici e tutti gli elaborati <strong>dei</strong><br />

candidati. Essi restano a disposizione del Ministero<br />

dell’istruzione, dell’università e della ricerca.<br />

2. Per la eliminazione degli atti stessi valgono le<br />

disposizioni del regolamento per gli archivi di<br />

Stato.<br />

Art. 104 Responsabilità <strong>dei</strong> candidati<br />

1. I candidati sono responsabili della buona conservazione<br />

degli strumenti e del materiale, compreso<br />

quello bibliografico, loro affidati durante le<br />

prove scritte e grafiche, e sono tenuti al pagamento<br />

<strong>dei</strong> danni eventualmente arrecati.<br />

Art. 105 Inidoneità del candidato<br />

1. Il candidato dichiarato non idoneo può ripetere<br />

l’esame nella sessione successiva ed è obbligato<br />

a ripetere tutte le prove, anche quelle eventualmente<br />

superate nella precedente sessione.<br />

Art. 106 Diploma di abilitazione<br />

professionale<br />

1. A coloro che hanno superato l’esame di abilitazione<br />

spettano i titoli professionali previsti, per<br />

ciascuna professione, dalle disposizioni vigenti.<br />

2. Le università curano la redazione <strong>dei</strong> diplomi<br />

su moduli richiesti direttamente al Provveditorato<br />

Generale dello Stato, che li predispone<br />

sulla base di modelli indicati dal Ministero<br />

dell’istruzione, dell’università e della ricerca. I diplomi,<br />

muniti del bollo dell’università, sono firmati<br />

per il Ministro dal rettore ovvero, in caso di<br />

suo impedimento o assenza, dal pro-rettore, su<br />

delega del rettore.<br />

3. I diplomi sono rilasciati agli interessati, previa<br />

consegna della quietanza attestante l’avvenuto<br />

versamento della tassa regionale prevista dalle<br />

disposizioni vigenti e successivamente all’accertamento<br />

dell’effettivo conseguimento del titolo di<br />

studio previsto per l’accesso agli esami.<br />

4. L’Università conserva agli atti una fotocopia,<br />

conforme all’originale, del diploma di abilitazione<br />

rilasciato ad ogni candidato.<br />

5. Il diploma contiene, ove previsti, l’indicazione<br />

della sezione e del settore.<br />

Art. 107 Duplicato del diploma<br />

di abilitazione professionale<br />

1. Per il rilascio di duplicati di diplomi di abilitazione<br />

all’esercizio professionale si applicano le disposizioni<br />

dell’articolo 50 del regio decreto 4 giugno<br />

1938, n. 1269, come modificato dal decreto<br />

del Presidente della Repubblica 8 settembre<br />

1976, n. 791.<br />

2. Il duplicato consiste nella riproduzione esatta<br />

del diploma originale, su carta dello stesso tipo,<br />

con espressa dichiarazione che il titolo costituisce<br />

duplicato del diploma originale, firmata dal<br />

rettore o dal pro-rettore e munita del timbro della<br />

Università.<br />

8 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


“REGOLAMENTATI” IL POSSESSO (MINIMO) DI UNA LAUREA TRIENNALE.<br />

La posizione degli editori (“decidiamo solo noi<br />

chi farà il giornalista anche senza titolo di studio”)<br />

è una restrizione vietata dalla normativa Ue<br />

nonché un oltraggio alla dignità <strong>dei</strong> giornalisti<br />

Nota tecnica di Franco Abruzzo<br />

(presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia;<br />

docente a contratto di Diritto dell’informazione presso<br />

l’Università di Milano Bicocca e presso l’Università<br />

Iulm di Milano)<br />

1Premessa.<br />

La posizione degli editori (Fieg). L’Europa chiede ai professionisti<br />

“regolamentati” almeno una laurea triennale.<br />

Gli editori organizzati dalla Fieg negano l’esistenza di una professione<br />

di giornalista e non accettano il collegamento dell’esame<br />

di Stato <strong>dei</strong> giornalisti alle lauree universitarie, perché ciò<br />

intaccherebbe “il diritto alla libertà di organizzazione delle imprese<br />

editoriali” (art. 41 Cost.) e nel contempo limiterebbe “il diritto<br />

costituzionale di tutti i cittadini ad accedere, indipendentemente<br />

dal titolo di studio posseduto, alla professione giornalistica”<br />

(avv. Giancarlo Zingoni, vicedirettore Fieg, convegno di<br />

Verona 31 maggio 2002). Gli editori rivendicano il “diritto di assumere<br />

come giornalisti tutti coloro che, a proprio discrezionale<br />

giudizio, ritengono di avviare all’attività di informazione”, dimenticando<br />

che nell’ultimo decennio i laureati praticanti sono<br />

circa il 75% di quelli che hanno sostenuto l’esame di Stato. Gli<br />

editori vogliono “fare” i giornalisti come se nulla fosse accaduto<br />

rispetto al Regio decreto (Rd) n. 384/1928 e alla stessa legge<br />

n. 69/1963, che davano e danno soltanto agli editori stessi<br />

il potere di “creare” i praticanti giornalisti. Eppure con il Rd n.<br />

2291/1929 il monopolio degli editori di “fare” i giornalisti” era<br />

stato spezzato: quest’ultimo Rd prevedeva la nascita di una<br />

scuola professionale per giornalisti sostitutiva del praticantato<br />

tradizionale.<br />

La scuola – che, aperta a Roma, durò 4 anni dal 1930 al 1933<br />

– ospitava per sei mesi anche gli studenti universitari, che frequentavano<br />

il corso di laurea in Scienze politiche a indirizzo<br />

giornalistico dell’Università di Perugia: costoro, conseguita<br />

la laurea, avevano la facoltà di iscriversi nell’elenco professionisti<br />

dell’Albo.<br />

L’impostazione degli editori trova, comunque, una barriera<br />

insuperabile in alcune sentenze della Corte costituzionale<br />

(11/68; 2/1971; 71/1991, 505/1995 e 38/1997).“Rientra<br />

nella discrezionalità del legislatore ordinario – si legge nella<br />

sentenza 38/1997 della Corte costituzionale – determinare<br />

le professioni intellettuali per l’esercizio dle quali è opportuna<br />

l'istituzione di ordini o collegi e la necessaria<br />

iscrizione in appositi albi o elenchi ( art. 2229 cod. civ.)”.<br />

Non solo. L’articolo 41 della Costituzione, nel proclamare<br />

che “l’iniziativa economica privata è libera”, afferma che<br />

essa “non può svolgersi .....in modo da recare danno....alla...<br />

dignità umana”. La posizione degli editori offende la<br />

dignità <strong>dei</strong> giornalisti italiani (ai quali la Fieg nega assurdamente,<br />

- in violazione degli articoli 2, 3, 4, 34 e 35 della<br />

Costituzione -, il diritto all’istruzione universitaria) e nei<br />

fatti punta a sconfessare il principio elaborato dall’ordinamento<br />

giuridico comunitario (con la direttiva 89/48/Cee)<br />

secondo il quale i professionisti “regolamentati” debbano<br />

avere una formazione universitaria minima di 3 anni.<br />

Questa direttiva fa da sfondo al Dpr n. 328/2001, che collega (in<br />

base all’articolo 1, comma 18, della legge n. 4/1999) l’esame di<br />

stato delle singole professioni intellettuali alle lauree della riforma<br />

universitaria. Il “nuovo” Dpr 328 sanerà una discrasia tra<br />

<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti e normativa comunitaria in tema di accesso,<br />

mandando in soffitta le restrizioni attuali. Oggi, come riferito,<br />

sono gli editori che decidono chi entra nella professione giornalistica<br />

come praticante, prescindendo dal titolo di studio.<br />

La normativa professionale del 1963 (legge 69) ferisce i principi<br />

costituzionali della dignità della persona e dell’uguaglianza,<br />

quando assegna agli editori il potere esclusivo di manipolare,<br />

con scelte incontrollabili, il diritto costituzionale al lavoro<br />

professionale <strong>dei</strong> giornalisti. Con il passaggio dell’accesso<br />

all’Università, viene superato un sistema medioevale di selezione<br />

paternalistica e per giunta fortemente antidemocratico.<br />

L’Università, invece, aprendo le porte a tutti, è la via maestra<br />

della formazione <strong>dei</strong> “nuovi” giornalisti. La posizione degli editori<br />

va combattuta in maniera radicale con un forte impianto<br />

giuridico: sul piano della Costituzione (artt. 2, 3, 21, 33 e 41),<br />

delle sentenze della Corte costituzionale (11/1968; 2/1971;<br />

71/1971; 389/1989; 505/1995 e 38/1997); della direttiva comunitaria<br />

89/48/Ce (recepita nel dlgs n.. 115/1992); della sentenza<br />

della quarta sezione della Corte di giustizia europea del 10<br />

maggio 2001 (causa C-285/00 contro la Repubblica francese);<br />

del dlgs 300/1999 (art. 50); delle leggi (4/1999, art. 1, comma<br />

18); del parere del Consiglio di Stato 2228/2002.<br />

La finalità della legge 4/1999 (art. 1, comma 18) è quella di<br />

adeguare i contenuti dell’attività professionale e del relativo<br />

esame di Stato all’evoluzione normativa dell’ordinamento degli<br />

studi universitari, avviata dall’art.17, comma 95, dalla legge n.<br />

127/1997, al quale, appunto, la legge n. 4/1999 ha apportato<br />

modificazioni.<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Con specifico riferimento, poi, alla professione giornalistica la<br />

Corte costituzionale ebbe a chiarire (sentenze 11/1968 e<br />

38/1997) che l’<strong>Ordine</strong> professionale <strong>dei</strong> giornalisti “ha il compito<br />

di salvaguardare erga omnes e nell’interesse della collettività<br />

la dignità professionale e la libertà di informazione e di<br />

critica <strong>dei</strong> propri iscritti; il predetto <strong>Ordine</strong> non si pone pertanto<br />

in contrasto con i principi di libera manifestazione del pensiero,<br />

chiunque potendo scrivere per e su pubblicazioni di natura<br />

giornalistica, senza avere il titolo di giornalista”.<br />

“Con ciò la Corte ha ribadito la distinzione tra giornalista<br />

munito di una specifica e verificata capacità di informazione<br />

e coloro che sono legittimati a scrivere sugli organi<br />

di informazione senza avere quella specifica capacità debitamente<br />

verificata e dichiarata” (parere II sezione Consiglio<br />

di Stato n. 2228/2002). In breve l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> è<br />

l’ente che organizza i cittadini i quali manifestano il pensiero<br />

per professione.<br />

Sempre a proposito della professione giornalistica, la stessa<br />

Corte costituzionale ebbe a chiarire che “l’<strong>Ordine</strong> professionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti è (al pari degli altri ordini e Collegi professionali),<br />

ente pubblico non economico che emette provvedimenti<br />

costitutivi del particolare status professionale di giornalista, al<br />

fine di perseguire fini di interesse generale, che superano di<br />

gran lunga la tutela sindacale <strong>dei</strong> diritti della categoria nel rapporto<br />

di lavoro subordinato con l’impresa giornalistica” [C.<br />

Cost., 8 febbraio 1991, n. 71; che richiamò la precedente sentenza<br />

n. 11 del 1968].<br />

“Non è dubitabile che l’attività giornalistica costituisca “esercizio<br />

professionale” come previsto dall’art. 33, comma 5, Cost.<br />

Essa, infatti, anche se svolta nella forma di lavoro dipendente,<br />

rientra nella previsione delle “professioni intellettuali per l’esercizio<br />

delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”,<br />

di cui all’art. 2229 cod. civ.<br />

Tale professione è infatti subordinata all’iscrizione nell’albo <strong>dei</strong><br />

giornalisti istituito, come detto, dalla legge n. 69/1963” (parere<br />

II sezione Consiglio di Stato n. 2228/2002).<br />

“La natura professionale dell’attività giornalistica trova,<br />

d’altronde, conforto dal combinato dispositivo dall’art. 1,<br />

comma 3, e dall’art. 2 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 115<br />

(Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema<br />

generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione<br />

che sanzionano formazioni professionali di una durata<br />

minima di tre anni) e nel decreto MURST del 28 novembre<br />

2000.<br />

“La prima fonte ha fissato il principio per cui l’esercizio<br />

delle professioni presuppone il superamento di un ciclo di<br />

studi postsecondari di una durata minima di tre anni o di<br />

durata equivalente a tempo parziale, in una università o in<br />

un istituto di istruzione superiore o in altro istituto dello<br />

stesso livello di formazione.<br />

“La seconda, emanata in attuazione dell’art. 4, comma 2,<br />

del D.M. n. 509 del 3 novembre 1999 sull’autonomia didattica<br />

degli atenei, nel determinare le classi delle lauree specialistiche<br />

(il diploma di laurea di una volta) ha individuato<br />

all’allegato 13 la classe 13/S, intitolata “editoria, comunicazione<br />

multimediale e giornalismo”, indicandone le relative<br />

materie d’esame (“attività formative”).<br />

“L’attività giornalistica si configura, dunque, vieppiù oggi<br />

come professione in relazione all’aumentato bagaglio culturale<br />

specifico per il suo espletamento: bagaglio in relazione<br />

al quale appare obsoleto – e dunque suscettibile di<br />

revisione normativa secondo l’intento legislativo della legge<br />

n. 4/1999 – il contenuto delle prove d’idoneità come oggi<br />

configurato dall’art. 32 della L. n. 69/1963 e dall’art. 44<br />

del DPR n. 115/1965. Infatti, mutati i requisiti culturali per<br />

l’esercizio di una professione, l’accertamento dell’idoneità<br />

professionale non può prescindere da essi, tenuto conto<br />

che “il titolo di studio precede la maturazione professionale”<br />

[C. Cost., 27 luglio 1995, n. 412, a proposito della professione<br />

di psicologico].<br />

“In tale mutato contesto dell’ordinamento universitario la<br />

riforma dell’esame per giornalista appare oltretutto quantomeno<br />

opportuna, in quanto risponderebbe alla finalità di<br />

adeguamento perseguite dalla legge n. 4/1999, di cui si è<br />

fatto cenno all’inizio.<br />

“D’altra parte, nella giurisprudenza costituzionale non si è<br />

mai dubitato che anche quello di giornalista, al pari di altre<br />

professioni (come ad es. gli avvocati, gli ingegneri, i<br />

geometri, etc.) costituisce un ordinamento speciale, con le<br />

conseguenti caratteristiche comuni, tra cui quella dell’accesso<br />

mediante selezione rigorosa ed oggettiva [C. Cost.,<br />

14 dicembre 1995, n. 505, relativa al procedimento penale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti)” (parere II sezione Consiglio di Stato n.<br />

2228/2002)<br />

2 La professione giornalistica, come quella degli<br />

avvocati e <strong>dei</strong> medici, è nella Costituzione.<br />

L’Antitrust, sbagliando, ha affermato che soltanto la professione<br />

degli avvocati e quella <strong>dei</strong> medici sono nella<br />

Costituzione (con riferimento agli articoli 24 e 32, che parlano<br />

del diritto di difesa e del diritto alla salute). Anche la professione<br />

di giornalista è nella Costituzione. Il secondo comma<br />

dell’articolo 21 della Costituzione afferma che “la stampa<br />

non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. La<br />

stampa è fatta, alimentata, progettata e creata dai giornalisti<br />

professionisti. “L’esperienza dimostra – ha scritto la Corte costituzionale<br />

nella sentenza n. 11/1968 - che il giornalismo, se<br />

si alimenta anche del contributo di chi ad esso non si dedica<br />

professionalmente, vive soprattutto attraverso l'opera quotidiana<br />

<strong>dei</strong> professionisti. Alla loro libertà si connette, in un unico<br />

destino, la libertà della stampa periodica, che a sua volta<br />

è condizione essenziale di quel libero confronto di idee nel<br />

quale la democrazia affonda le sue radici vitali”. La<br />

Costituzione e la Corte costituzionale disegnano, quindi, una<br />

professione giornalistica come professione della libertà ancorata<br />

alla carta fondamentale della Repubblica. “Quella libertà<br />

che - come ha scritto Mario Borsa - prima di essere un<br />

diritto è un dovere”. Il nuovo diritto fondamentale <strong>dei</strong> cittadini<br />

all’informazione presuppone la presenza e l’attività di giornalisti<br />

vincolati a un percorso formativo universitario (come impongono<br />

la direttiva comunitaria n. 89/48/CEE e il comma 18<br />

dell’articolo 1 della legge n. 4/1999), a una deontologia specifica<br />

e a un giudice disciplinare nonché a un esame di Stato.<br />

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 1/1981, ha riconosciuto<br />

“il rilievo costituzionale della libertà di cronaca (comprensiva<br />

della acquisizione delle notizie) e della libertà di<br />

informazione quale risvolto passivo della manifestazione del<br />

pensiero, nonché il ruolo svolto dalla stampa come strumento<br />

essenziale di quelle libertà, che è, a sua volta, cardine<br />

del regime di democrazia garantito dalla Costituzione”.<br />

Il secondo comma dell’articolo 21 va incrociato con il quinto<br />

comma dell’articolo 33 della Costituzione: “È prescritto un esame<br />

di Stato ...per l'abilitazione all'esercizio professionale”. Lo<br />

Stato, quindi, deve garantire i cittadini sulla preparazione <strong>dei</strong><br />

giornalisti “all’esercizio professionale”.. Su questa base il<br />

Parlamento ha stabilito (con la legge n. 69/1963) che esiste<br />

una professione giornalistica, che è stata poi organizzata, come<br />

prescrive l’articolo 2229 del Codice civile, con l’<strong>Ordine</strong> (giudice<br />

disciplinare e giudice delle iscrizioni) e l’Albo. Il vincolo<br />

italiano dell’esame di Stato per accedere all’esercizio delle<br />

professioni intellettuali è un’anomalia internazionale assorbita,<br />

però, dal dicembre 1988 nella direttiva 89/48/CE recepita<br />

nel dlgs n. 115/1992. Questo dlgs all’articolo 8 prevede<br />

una “prova attitudinale” per l’esercizio di una professionale<br />

in ogni Paese comunitario. La “prova attitudinale”<br />

è in Italia l’esame di Stato di cui all’articolo 33, V comma,<br />

della Costituzione.<br />

3La sentenza della quarta sezione della Corte di<br />

Giustizia europea nella causa C- 285/00: «La direttiva<br />

89/48/CEE va applicata alle professioni regolamentate,<br />

cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio sono subordinati,<br />

direttamente o indirettamente, mediante disposizioni<br />

legislative, regolamentari o amministrative, al possesso<br />

di un diploma universitario della durata minima di<br />

tre anni».<br />

La direttiva 89/48/CEE ha introdotto la definizione di professione<br />

“regolamentata”, cioè quell'attività il cui accesso o l’esercizio<br />

sono subordinati “direttamente o indirettamente mediante<br />

disposizioni legislative, regolamentari o amministrative” al possesso<br />

di un titolo che sancisce il completamento di un ciclo<br />

di studi di livello universitario di una durata minima di<br />

tre anni. I principi fissati dalla direttiva 89/48/CEE sono stati<br />

realizzati dalla Repubblica Italiana con la Riforma universitaria<br />

1999/2000 e con il contestuale collegamento (tramite il comma<br />

18 dell’articolo 1 della legge 4/1999) di lauree triennali e lauree<br />

biennali specialistiche alle professioni regolamentate organizzate<br />

con l’<strong>Ordine</strong> (o con il Collegio) e con l’esame di Stato<br />

Tra le professioni regolamentate rientra quella di giornalista (ex<br />

legge n. 69/1963, sentenze nn. 11/1968; 71/1991 e 38/1997<br />

Corte Cost.) alla quale si accede tramite esame di Stato al pari<br />

delle altre. La sentenza della quarta sezione della Corte di<br />

giustizia europea del 10 maggio 2001 - (nella causa C-285/00<br />

contro la Repubblica francese, che non aveva adottato la normativa<br />

europea per il riconoscimento della professione di psicologo)<br />

- afferma che “la direttiva 89/48/CEE va applicata alle<br />

professioni regolamentate, cioè a quelle per le quali l’accesso<br />

o l’esercizio sono subordinati, direttamente o indirettamente,<br />

mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,<br />

al possesso di un diploma universitario della durata minima<br />

di tre anni”.<br />

La direttiva n. 89/48/CEE e la sentenza della quarta sezione<br />

della Corte di Giustizia europea nella causa C- 285/00 possono<br />

essere utilizzate subito (Corte costituzionale, sentenze nn.<br />

170/1984; 113/1985; 389/1989 e 168/1991), mentre il Consiglio<br />

segue →<br />

9


PROFESSIONE<br />

DI GIORNALISTA<br />

SVOLTA STORICA<br />

DOPO 78 ANNI<br />

Corte costituzionale:<br />

“L’esercizio di attività<br />

professionali rivolte<br />

al pubblico deve<br />

avvenire<br />

in base a conoscenze<br />

sufficientemente<br />

approfondite”<br />

di Stato ha spiegato tale principio in maniera limpida:<br />

“Costituisce ormai insegnamento assolutamente consolidato il<br />

principio che nel contrasto fra diritto interno e diritto comunitario<br />

la prevalenza spetta a quest'ultimo anche se la norma interna<br />

confliggente venga emanata in epoca successiva; che la<br />

Corte di giustizia delle Comunità europee ha la funzione di interpretare<br />

i principi del diritto comunitario equiparabili alle norme<br />

quanto all'obbligo di osservanza degli Stati membri e quindi<br />

in funzione di fonte suppletiva di diritto; che la applicazione<br />

del diritto comunitario avviene in via diretta in luogo di quello<br />

interno da disapplicare e che tale disapplicazione fa carico non<br />

solo al giudice, ma anche agli organi della p.a. nello svolgimento<br />

della loro attività amministrativa e, cioè, anche d'ufficio<br />

indipendentemente da sollecitazioni o richieste di parte”.<br />

(Cons. Stato, Sez.IV, 18/01/1996, n. 54; FONTE Riv. It. Dir.<br />

Pubbl. Comunitario, 1997, 177);<br />

Le sentenze di condanna della Corte di giustizia della<br />

Comunità europea integrano tanto la normativa comunitaria<br />

quanto quella interna <strong>dei</strong> singoli Stati membri come afferma la<br />

sentenza n. 389/1989 della Corte costituzionale:“Poiché ai<br />

sensi dell'art. 164 del Trattato spetta alla Corte di giustizia assicurare<br />

il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione<br />

del medesimo Trattato, se ne deve dedurre che qualsiasi<br />

sentenza che applica e/o interpreta una norma comunitaria<br />

ha indubbiamente carattere di sentenza dichiarativa del diritto<br />

comunitario, nel senso che la Corte di giustizia, come interprete<br />

qualificato di questo diritto, ne precisa autoritariamente il<br />

significato con le proprie sentenze e, per tal via, ne determina,<br />

in definitiva, l'ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative”.<br />

Come afferma ancora la sentenza n. 389/1989 della Corte<br />

costituzionale, “tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento<br />

a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore<br />

di legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto,<br />

come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri,<br />

come gli organi amministrativi - sono giuridicamente tenuti<br />

a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite<br />

dagli artt. 52 e 59 del Trattato C.E.E. nell'interpretazione<br />

datane dalla Corte di giustizia europea”. L’applicazione della<br />

normativa comunitaria (allargata ai principi fissati nelle sentenze<br />

della Corte di Giustizia Ue) e la disapplicazione di quella nazionale<br />

formano il meccanismo processuale/amministrativo<br />

mediante il quale si esprime la prevalenza della normativa comunitaria.<br />

4 Consiglio di Stato: la prova di idoneità professionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti è “l’esame di Stato” (di cui all’articolo<br />

33, V comma, della Costituzione).<br />

La prova di idoneità professionale (art. 32 l. 69/1963) <strong>dei</strong> giornalisti<br />

è, infatti, “un esame di Stato”. Conseguentemente “non<br />

sussistono motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento professionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti, come previsto dall’articolo 1 (comma 18)<br />

della legge n. 4/1999”. Così si legge nel parere n. 2228 emesso<br />

nell’adunanza13 marzo 2002 (e depositato il 7 maggio<br />

2002) dalla II sezione consultiva del Consiglio di Stato “sulla<br />

possibilità di includere la professione giornalistica nella disciplina<br />

regolamentare”. L'articolo 1 (comma 18) della legge 4/99<br />

impegna il Ministero dell’Istruzione e dell’Università (Miur), di<br />

concerto con quello della Giustizia, a «integrare e modificare»<br />

gli ordinamenti vigenti anche della professione giornalistica (organizzata<br />

con l’<strong>Ordine</strong>, l’Albo e l’esame di Stato). Il comma 18<br />

dell’articolo 1 della legge n. 4/1999 conferisce al Ministro<br />

dell’Università, di concerto con quello della Giustizia, ampi poteri<br />

in tema di riforma degli esami di Stato delle professioni intellettuali<br />

regolamentate e <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione “all’esame<br />

di Stato e alle relative prove”.<br />

5La Repubblica Italiana ha recepito in maniera inadeguata,<br />

discriminatoria e parziale la Direttiva n.<br />

89/48/CEE, non includendo (al pari delle altre) la professione<br />

giornalistica nell’Allegato A del Dlgs n. 115/1992.<br />

La Repubblica Italiana ha recepito in maniera inadeguata, discriminatoria<br />

e parziale la Direttiva n. 89/48/CEE, non includendo<br />

(al pari delle altre) la professione giornalistica<br />

nell’Allegato A del Dlgs n. 115/1992, pur in presenza dell’allora<br />

Diploma triennale universitario (o laurea breve) in<br />

Giornalismo (decreto 31 ottobre 1991 - riforma Salvini). La<br />

Repubblica Italiana, pur avendone la facoltà in base all’articolo<br />

11 (punto 1a) del Dlgs n. 115/1992, non ha modificato o integrato<br />

(“con decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri”)<br />

detto Allegato A, “tenuto conto delle disposizioni vigenti o sopravvenute”,<br />

abrogando i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della<br />

legge n. 69/1963, i quali non stabiliscono alcun percorso formativo<br />

universitario minimo per chi intende accedere alla professione<br />

giornalistica, soluzione obbligata soprattutto dopo il<br />

varo della legge n. 4/1999, la quale, all’articolo 1(comma 18),<br />

prevede che “…con uno o più regolamenti adottati, a norma<br />

dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, su proposta<br />

del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica,<br />

di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti<br />

gli organi direttivi degli ordini professionali, con esclusivo riferimento<br />

alle attività professionali per il cui esercizio la normativa<br />

vigente già prevede l’obbligo di superamento di un esame<br />

di Stato, è modificata e integrata la disciplina del relativo<br />

ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini o collegi, nonché <strong>dei</strong> requisiti<br />

per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative<br />

prove”. La professione giornalistica non è stata compresa, in<br />

attuazione dell’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999, tra<br />

quelle citate dal Dpr n. 328/2001 (“dottore agronomo e dottore<br />

forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario,<br />

biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario,<br />

perito industriale, psicologo”) con una decisione censurata dalla<br />

II sezione del Consiglio di Stato con il citato parere n.<br />

2228/2002 formulato su richiesto dello stesso Ministero<br />

dell’Università e che successivamente il Ministero<br />

dell’Università non ha provveduto a includere la professione<br />

giornalistica all’interno del Dpr n. 328/2001 (o non ha provveduto<br />

a sanare il vuoto normativo con un altro regolamento autonomo)<br />

benché il Governo abbia mantenuto, dopo la riforma<br />

del Titolo V della Costituzione, i poteri di disciplinare le<br />

professioni e l’esame di Stato come riconosciuto ripetutamente<br />

dalla Corte costituzionale (sentenze 353/2003,<br />

319/2005, 355/2005, 405/2005 e 424/2005). La riforma universitaria<br />

1999/2000, nel determinare le classi delle lauree universitarie,<br />

ha individuato all’allegato 14/A (Dm 4 agosto 2000)<br />

la classe delle lauree in Scienze della comunicazione indicandone<br />

le relative materie d’esame (“attività formative”) e il<br />

collegamento operativo con le Scuole di giornalismo riconosciute<br />

dall’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>; laurea, questa, che<br />

si può ritenere equipollente a quelle di Sociologia, Relazioni<br />

pubbliche o ad altre lauree con indirizzi assimilabili (Lettere,<br />

Filosofia, Giurisprudenza, Scienze politiche, Economia). La<br />

riforma universitaria ha anche individuato all’allegato 13/S (Dm<br />

28 novembre 2000) la classe delle lauree specialistiche in<br />

Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo; laurea<br />

equipollente ai master universitari biennali (postlaurea) in<br />

giornalismo organizzati negli ultimi due anni in numerose<br />

Università italiane.<br />

6 Corte costituzionale: «L’esercizio di attività professionali<br />

rivolte al pubblico deve avvenire in base a conoscenze<br />

sufficientemente approfondite».<br />

« La giurisprudenza costituzionale ha avuto più volte occasione<br />

di precisare che la norma dell’art. 33 Cost. reca in sé un<br />

principio di professionalità specifica. Essa, cioè, richiede che<br />

l’esercizio di attività professionali rivolte al pubblico avvenga in<br />

base a conoscenze sufficientemente approfondite ed ad<br />

un correlato sistema di controlli preventivi e successivi di tali<br />

conoscenze, per tutelare l’affidamento della collettività in ordine<br />

alle capacità di professionisti le cui prestazioni incidono in<br />

modo particolare su valori fondamentali della persona: salute,<br />

sicurezza, diritti di difesa, etc. (C.Cost., 23 dicembre 1993, n.<br />

456; 26 gennaio 1990, n. 29)». (parere n. 2228 della Sezione<br />

Seconda del Consiglio di Stato emesso nell’adunanza13 marzo<br />

2002). Sono mutati i requisiti culturali per l’esercizio delle<br />

professioni nell’ambito <strong>dei</strong> Paesi Ue e che, quindi, gli aspiranti<br />

giornalisti professionisti italiani non possono essere discriminati<br />

(con violazione dell’art. 3 Cost.) rispetto agli altri aspiranti<br />

professionisti italiani e a quelli europei sotto il profilo della<br />

preparazione universitaria minima di tre anni, principio al<br />

quale devono attenersi (ex Dpr 328/2001) anche alcune professioni<br />

un tempo collegate (al pari di quella giornalistica) a un<br />

diploma di scuola media superiore (geometri, ragionieri, periti<br />

agrari e periti industriali). “Il titolo di studio precede la maturazione<br />

professionale” (Corte Cost., 27 luglio 1995, n. 412, a<br />

proposito della professione di psicologo).<br />

7Le inadempienze della Repubblica italiana verso<br />

la professione di giornalista. La Repubblica Italiana è inadempiente<br />

per non aver applicato (ex art. 3 Cost.) alla professione<br />

di giornalista la Direttiva n. 89/48/CEE, che (in base alla<br />

sentenza della quarta sezione della Corte di Giustizia europea<br />

nella causa C- 285/00) si applica “alle professioni regolamentate,<br />

cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio<br />

sono subordinati, direttamente o indirettamente, mediante disposizioni<br />

legislative, regolamentari o amministrative, al possesso<br />

di un diploma universitario della durata minima di tre<br />

anni”. La Repubblica Italiana è vieppiù inadempiente perché<br />

mantiene in vita i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della legge<br />

n. 69/1963 in palese contrasto con la direttiva 89/48/CE,<br />

venendo meno anche a quanto affermato nella sentenza n.<br />

389/1989 della Corte costituzionale: “Tuttavia, poiché la disapplicazione<br />

è un modo di risoluzione delle antinomie normative<br />

che, oltre a presupporre la contemporanea vigenza<br />

delle norme reciprocamente contrastanti, non produce alcun<br />

effetto sull'esistenza delle stesse e, pertanto, non può esser<br />

causa di qualsivoglia forma di estinzione o di modificazione<br />

delle disposizioni che ne siano oggetto, resta ferma l'esigenza<br />

che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni<br />

o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da<br />

eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme<br />

comunitarie. E se, sul piano dell'ordinamento nazionale, tale<br />

esigenza si collega al principio della certezza del diritto, sul<br />

piano comunitario, invece, rappresenta una garanzia cosi essenziale<br />

al principio della prevalenza del proprio diritto su<br />

quelli nazionali da costituire l'oggetto di un preciso obbligo per<br />

gli Stati membri”.<br />

La Repubblica Italiana non ha provveduto, nonostante il parere<br />

favorevole n. 2228/2002 del Consiglio di Stato, all’attuazione<br />

dell’articolo 1 (comma 18) della legge 4/1999 per quanto<br />

riguarda la professione di giornalista, raccordando (come ha<br />

fatto per altre professioni intellettuali con il Dpr n. 328/2001) la<br />

laurea triennale in Scienze della Comunicazione e la laurea<br />

biennale specialistica in Giornalismo all’esame di Stato<br />

previsto dall’articolo 32 della legge n. 69/1963 sull’ordinamento<br />

della professione di giornalista.<br />

8Le novità dell’ottobre 2003. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia blocca la delibera con la<br />

quale aveva deciso di disapplicare la normativa nazionale<br />

in favore di quella comunitaria, accogliendo l’invito del<br />

sottosegretario al ministero dell’Istruzione/Università Maria<br />

Grazia Siliquini.<br />

Le novità sono maturate soltanto nell’ottobre del 2003 su iniziativa<br />

<strong>dei</strong> ministri dell’Istruzione/Università e della Giustizia,<br />

che hanno deciso di estendere il Dpr 328/2001 alle professioni<br />

escluse (giornalisti e consulenti del lavoro) e di applicare il<br />

parere 2228/2002 del Consiglio di Stato. Alla ”Commissione<br />

Siliquini” è toccato l’incarico di riscrivere il testo del Dpr . Un<br />

contributo è stato dato dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia, che nell’ottobre 2003 era deciso a disapplicare<br />

(in forza delle sentenze 22 luglio 1989 della Corte di<br />

Giustizia Ce nella causa 103/1988 e n. 389/1989 della Corte<br />

cost.) i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della legge n. 69/1963,<br />

i quali non stabiliscono (come, invece, richiedono la legislazione<br />

comunitaria e quella nazionale) alcun percorso formativo<br />

universitario minimo (tre anni) per chi intende accedere alla<br />

professione di giornalista. Preso atto della decisione ministeriale<br />

di riscrivere il Dpr 328/2001, il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di<br />

Milano ha sospeso la sua delibera. L’invito del sottosegretario<br />

di Stato, sen. Maria Grazia Siliquini, a bloccare la delibera, è<br />

stato accolto dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della<br />

Lombardia in virtù della fiducia che il Consiglio stesso ha sempre<br />

manifestato nella persona del sottosegretario e nella sua<br />

coerenza nella battaglia diretta a qualificare le professioni intellettuali<br />

attraverso l’aggancio degli esami di Stato alle lauree<br />

della riforma universitaria.<br />

9Conclusioni. Il “progetto Siliquini” richiede agli<br />

aspiranti praticanti il possesso di una laurea triennale<br />

“qualsiasi”, ma non “specialistica”, accogliendo sostanzialmente<br />

il punto di vista liberista della Fieg.<br />

Il “progetto Siliquini”, con l’inserimento <strong>dei</strong> giornalisti nel “nuovo”<br />

Dpr 328/2001, richiede agli aspiranti praticanti il possesso<br />

di una laurea triennale “qualsiasi”, ma non “specialistica”.<br />

Gli editori erano contrari all’obbligo di assumere praticanti con<br />

laurea specialistica (Giancarlo Zingoni, Convegno di Verona<br />

31 maggio 2002). Il “progetto Siliquini ” sostanzialmente accoglie<br />

il punto di vista liberista degli editori e rimane fedele alla<br />

citata impostazione della Corte suprema di Cassazione in tema<br />

di titoli per l’accesso all’esame di stato (o prova di idoneità<br />

professionale) <strong>dei</strong> giornalisti: “La mancata individuazione di<br />

un tipico titolo di studio per sostenere quella prova si<br />

spiega con la particolare natura dell’attività giornalistica,<br />

che è la più liberale delle professioni, consistente in un<br />

particolare prodotto della manifestazione del pensiero attraverso<br />

la stampa periodica o i servizi radiofonici e televisivi,<br />

la cui specificità sta nella particolare sintesi fra manifestazione<br />

del pensiero e la funzione informativa” [Cass.,<br />

sez. lav., 25 maggio 1996, n. 4840; id., 20 febbraio 1995, n.<br />

1827].<br />

Milano, 7 dicembre 2005<br />

10 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


LE FONTI GIURIDICHE DEL GIORNALISMO<br />

L’incipit è nella legge<br />

n. 406 del 9 luglio 1908:<br />

l’articolo 4<br />

cita per la prima volta<br />

i giornalisti<br />

professionisti<br />

La professione giornalistica<br />

nell’ordinamento<br />

giuridico italiano<br />

e dell’Unione europea<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Ricerca di Franco Abruzzo<br />

Dal 1908 (anno di nascita della Fnsi) ad oggi l’ordinamento<br />

giuridico nazionale dedicato ai giornalisti e al giornalismo si è<br />

arricchito di norme (anche comunitarie) che si possono disporre<br />

così:<br />

1) Costituzione della Repubblica (entrata in vigore il 1° gennaio<br />

1948): l’articolo 21 proclama la libertà di manifestazione<br />

del pensiero. L’articolo 33 (V comma) prevede<br />

l’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio professionale.<br />

L’articolo 21 della Costituzione italiana afferma solennemente<br />

che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio<br />

pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.<br />

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni<br />

o censure». L’unico limite esplicito è posto nelle manifestazioni<br />

(a stampa, di spettacolo o di qualsiasi altro genere) «contrarie<br />

al buon costume» rispetto alle quali «la legge stabilisce<br />

provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni».<br />

La libertà di manifestazione del pensiero - in uno sforzo<br />

interpretativo dell’articolo 21 - abbraccia oggi la libertà di informazione,<br />

di espressione, di opinione, di stampa; la libertà e il<br />

diritto di cronaca e di critica nonché il diritto <strong>dei</strong> cittadini all’informazione.<br />

Nella sentenza 15 giugno 1972 n. 105 la Corte<br />

costituzionale definisce espressamente il lato attivo della libertà<br />

di manifestazione del pensiero come «libertà di dare e<br />

divulgare notizie, opinioni, commenti» e il lato passivo come<br />

«interesse generale, anch’esso indirettamente protetto dall’articolo<br />

21, alla informazione; il quale in un regime di libera<br />

democrazia, implica pluralità di fonti di informazioni, libero accesso<br />

alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali,<br />

anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee<br />

ed implica altresì esclusione di interventi <strong>dei</strong> pubblici poteri<br />

suscettibili di tradursi, anche indirettamente, e contro le intenzioni,<br />

in forme di pressione per indirizzare la stampa verso<br />

obiettivi predeterminati a preferenza di altri”.<br />

La storia dell’Italia unita, in tema di libertà di stampa, parte<br />

con l’articolo 28 dello Statuto Albertino, emanato da Carlo<br />

Alberto il 4 marzo del 1848. La norma, dalla formulazione<br />

generale, stabilisce che “la stampa sarà libera, ma una legge<br />

ne reprime gli abusi”. Il virgolettato traduce sostanzialmente<br />

l’articolo 11 della Dichiarazione universale <strong>dei</strong> diritti<br />

dell’Uomo della Francia rivoluzionaria del 1789. È una<br />

svolta, che nasconde la debolezza legata al carattere flessibile<br />

dello Statuto. Le Camere potranno utilizzare una sorta di<br />

delega in bianco per “reprimere gli abusi” nell’esercizio della<br />

dichiarata libertà. Questa disciplina dovrà fare i conti con le<br />

leggi di pubblica sicurezza del 1859, 1865, 1889, che, con<br />

vari mezzi, limitavano incisivamente nei fatti quella libertà<br />

sancita in via di principio. Allo Statuto segue il regio decreto<br />

n° 695, meglio noto come Editto Albertino sulla<br />

Stampa. L’articolo 1 dell’Editto affermava che “La manifestazione<br />

del pensiero per mezzo della stampa e di qualsivoglia<br />

artificio meccanico, atto a riprodurre segni figurativi, è<br />

libera: quindi ogni pubblicazione di stampati, incisioni, litografie,<br />

oggetti di plastica e simili è permessa con che si osservino<br />

le norme seguenti…”.<br />

La professione giornalistica, come quella degli avvocati e <strong>dei</strong><br />

medici, è nella Costituzione. L’Antitrust, sbagliando, ha affermato<br />

che soltanto gli avvocati e i medici sono nella<br />

Costituzione (con riferimento agli articoli 24 e 32, che parlano<br />

del diritto di difesa e del diritto alla salute). Il secondo comma<br />

dell’articolo 21 della Costituzione afferma che “la stampa<br />

non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. La<br />

stampa (intesa come giornalismo) è fatta, alimentata, progettata<br />

e creata dai giornalisti professionisti. “L’esperienza dimostra<br />

- come ha scritto la Corte costituzionale nella sentenza<br />

n. 11/1968 - che il giornalismo, se si alimenta anche del contributo<br />

di chi ad esso non si dedica professionalmente, vive<br />

soprattutto attraverso l’opera quotidiana <strong>dei</strong> professionisti.<br />

Alla loro libertà si connette, in un unico destino, la libertà della<br />

stampa periodica, che a sua volta è condizione essenziale<br />

di quel libero confronto di idee nel quale la democrazia<br />

affonda le sue radici vitali”. La Costituzione e la Corte costituzionale<br />

disegnano, quindi, una professione giornalistica come<br />

professione della libertà. Il secondo comma dell’articolo<br />

21 va incrociato con il quinto comma dell’articolo 33 della<br />

Costituzione: “È prescritto un esame di Stato ...per l’abilitazione<br />

all’esercizio professionale”. La Repubblica, quindi, con<br />

l’esame di Stato garantisce i cittadini sull’idoneità <strong>dei</strong> giornalisti<br />

“all’esercizio professionale”, legando nel contempo, in<br />

maniera inscindibile, la stampa all’attività professionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti.<br />

2) Codice civile (RD 16 marzo 1942 n. 262): l’articolo 2229<br />

sulle professioni intellettuali demanda l’accertamento <strong>dei</strong> requisiti<br />

per l’iscrizione negli Albi, la tenuta degli Albi e il potere<br />

disciplinare alle associazioni professionali, che, con riferimento<br />

al Decreto legislativo luogotenenziale n. 382/1944, sono gli<br />

Ordini professionali.<br />

3) Legge n. 406 del 9 luglio 1908: l’articolo 4 cita per la prima<br />

volta i giornalisti professionisti italiani in quanto tali.<br />

4) Legge 31 dicembre 1925 n. 2307. L’articolo 7 prevede l’istituzione<br />

di un <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti (mai, però, diventato<br />

operativo).<br />

5) Legge 3 aprile 1926 n. 563: detta le norme sull’organizzazione<br />

sindacale di tutte le professioni e sulla disciplina giuridica<br />

<strong>dei</strong> rapporti collettivi di lavoro. Nascono poi nel 1927 il<br />

sindacato unico fascista <strong>dei</strong> giornalisti (al posto della Fnsi) e i<br />

sindacati regionali fascisti <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

6) Regio decreto 28 febbraio 1928 n. 384: istituisce l’Albo<br />

professionale <strong>dei</strong> giornalisti presso ogni sindacato regionale<br />

fascista <strong>dei</strong> giornalisti. Il Regio decreto n. 384/1928 (con le correzioni<br />

apportate dal Decreto n. 302/1944) è rimasto in vigore<br />

fino al giugno 1965, quando, dopo l’approvazione del<br />

Regolamento di esecuzione, è diventata operativa la legge del<br />

1963 sull’ordinamento della professione giornalistica.<br />

7) Regio decreto 21 novembre 1929 n. 2291: prevede la istituzione<br />

di una Scuola professionale per giornalisti debitamente<br />

riconosciuta sostituiva del praticantato svolto nelle redazioni.<br />

Funzionerà in Roma dal 1930 al 1933. Era frequentata (obbligatoriamente<br />

per sei mesi e per gli insegnamenti tecnicopratici)<br />

anche dagli studenti della facoltà di Scienze politiche a<br />

indirizzo giornalistico dell’Università di Perugia. I laureati potevano<br />

iscriversi nell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti professionisti.<br />

8) Decreto Lgs. Lgt. 23 ottobre 1944 n. 302: abolita l’organizzazione<br />

corporativa, si provvide ad affidare provvisoriamente<br />

le funzioni della tenuta degli Albi <strong>dei</strong> giornalisti a una<br />

Commissione unica con sede in Roma, nominata dal ministro<br />

di Grazia e Giustizia. La Commissione aveva sub-commissioni<br />

presso ogni Associazione regionale della stampa.<br />

9) Decreto Lgs. Lgt. 23 novembre 1944 n. 382: detta norme<br />

sui Consigli degli Ordini e collegi e sulle commissioni interne<br />

professionali. L’articolo 26 preannuncia un decreto sui Consigli<br />

degli Ordini e la Commissione centrale <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

10) Legge sulla stampa 8 febbraio 1948 n. 47: fissa la figura<br />

del direttore responsabile e del proprietario <strong>dei</strong> giornali e<br />

<strong>dei</strong> periodici nonché le regole per la registrazione <strong>dei</strong> giornali<br />

e <strong>dei</strong> periodici. Rende obbligatoria la rettifica, stabilisce le pene<br />

per il reato di diffamazione e pone limiti alle pubblicazioni<br />

destinate all’infanzia o all’adolescenza e alle pubblicazioni a<br />

contenuto impressionante o raccapricciante.<br />

11) Legge 20 dicembre 1951 n. 1564: la previdenza e l’assistenza<br />

<strong>dei</strong> giornalisti professionisti è attuata dall’Istituto nazionale<br />

di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti italiani (Inpgi) “Giovanni<br />

Amendola”, già riconosciuto con Regio decreto 25 marzo 1926<br />

n. 838. L’Inpgi sostituisce a tutti gli effetti le corrispondenti forme<br />

di previdenza e di assistenza obbligatorie garantite dall’Inps.<br />

12) Dpr 16 gennaio 1961 n. 153: ha reso efficace erga omnes<br />

il Contratto nazionale di lavoro giornalistico 10 gennaio<br />

1959.<br />

13) Legge 3.2.1963 n. 69 sull’ordinamento della professione<br />

di giornalista. È la legge che organizza, come le altre professioni,<br />

la professione giornalistica con l’<strong>Ordine</strong> e l’Albo (diviso<br />

negli elenchi <strong>dei</strong> giornalisti professionisti e <strong>dei</strong> pubblicisti) secondo<br />

quanto stabilisce l’articolo 2229 del Codice civile.<br />

L’<strong>Ordine</strong> è delegato anche a organizzare l’esame di Stato<br />

(previsto dalla Costituzione) per l’accesso alla professione.<br />

All’Albo è annesso un Registro <strong>dei</strong> praticanti.” La legge<br />

69/1963 è costituzionalmente legittima (sentenze 11 e<br />

98/1968; 2/1971; 71/1991; 505/1995; 38/1997 della Corte<br />

costituzionale). L’articolo 2 fissa le regole deontologiche della<br />

professione sulle quali si fonda l’autonomia della professione<br />

stessa (art. 1 del Cnlg). L’articolo 2 riconosce che “è diritto<br />

insopprimibile <strong>dei</strong> giornalisti la libertà di informazione e di<br />

critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a<br />

tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il<br />

rispetto della verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti, osservati sempre i<br />

doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”. L’art. 48<br />

(Procedimento disciplinare) della stessa legge prevede che<br />

“gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che si rendano<br />

colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali,<br />

o di fatti che compromettano la propria reputazione<br />

o la dignità dell’<strong>Ordine</strong>, sono sottoposti a procedimento disciplinare”.<br />

Chi viola i precetti richiamati finisce sotto procedimento<br />

disciplinare e rischia di essere sanzionato con uno <strong>dei</strong><br />

quattro provvedimenti previsti dalla legge professionale (avvertimento,<br />

censura, sospensione da 2 a 12 mesi, radiazione).<br />

14) Legge 20 ottobre 1964 n. 1039: detta una norma transitoria<br />

sulla iscrizione nell’elenco <strong>dei</strong> professionisti <strong>dei</strong> praticanti<br />

che abbiano compiuto i 18 mesi di tirocinio.<br />

15) Dpr n. 115/1965: è il Regolamento per l’esecuzione della<br />

legge 3.2.1963 n. 69 sulla professione giornalistica. È stato<br />

aggiornato con i Dpr n. 212/1972; n. 649/1976 e n. 384/1993.<br />

L’articolo 54 (II comma) del Dpr 384/1993 riconosce ai cittadini<br />

comunitari la facoltà di sostenere le prove di esame per<br />

l’abilitazione all’esercizio professionale nella propria lingua.<br />

16) Legge 10 giugno 1969 n. 308: regola l’iscrizione <strong>dei</strong> giornalisti<br />

stranieri nell’elenco speciale di cui all’articolo 28 della<br />

legge professionale nonché la formazione <strong>dei</strong> collegi giudicanti<br />

presso Tribunali e Corti di Appello. Tribunali e Corti<br />

d’Appello saranno integrati da un professionista e da un pubblicista<br />

nominati in numero doppio.<br />

17) Decreto del ministro di Grazia e Giustizia 2 febbraio<br />

1973: è il Regolamento per la trattazione <strong>dei</strong> ricorsi e degli<br />

affari di competenza del Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. Con decreto 18 luglio 2003 (pubblicato<br />

nella Gazzetta Ufficiale 26 luglio 2003) il Direttore generale<br />

della Giustizia civile del ministero della Giustizia ha approvato<br />

il nuovo Regolamento per la trattazione <strong>dei</strong> ricorsi<br />

e degli affari di competenza del Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti adottato dal Consiglio stesso in<br />

due diverse sessioni, a Verona e a Roma. Il nuovo testo contiene<br />

molte innovazioni.<br />

18) Dpr 29.9.1973 n. 605: l’articolo 6 impone che il numero di<br />

codice fiscale sia indicato nelle domande di iscrizione negli<br />

elenchi degli Albi e <strong>dei</strong> Registri professionali.<br />

19) Legge 10 giugno 1978 n. 292: regola l’esazione <strong>dei</strong> contributi<br />

per il funzionamento <strong>dei</strong> Consigli degli Ordini secondo<br />

le norme per la riscossione delle imposte dirette.<br />

20) Dpr 11 luglio 1980 n. 382: in base all’articolo 11, i nominativi<br />

<strong>dei</strong> professori universitari ordinari che hanno optato per<br />

il tempo pieno (regime incompatibile con lo svolgimento di<br />

qualsiasi attività professionale) vengono comunicati, a cura<br />

del rettore, all’<strong>Ordine</strong> professionale al cui Albo i professori risultino<br />

iscritti al fine della loro inclusione in un elenco speciale.<br />

21) Legge 25 febbraio 1987 n. 67: l’articolo 26 stabilisce che<br />

l’Inpgi assicura la previdenza obbligatoria anche ai giornalisti<br />

praticanti. L’articolo 76 della legge n. 388/2000 la estende ai<br />

pubblicisti e ribadisce che l’Istituto è sostitutivo dell’Inps.<br />

22) Nuovo Codice di procedura penale entrato in vigore il<br />

24 ottobre 1989. L’articolo 200 riconosce il segreto professionale<br />

soltanto ai giornalisti professionisti. L’articolo 115 configura<br />

i Consigli degli Ordini come giudici disciplinari <strong>dei</strong> giornalisti<br />

che violano l’obbligo di non pubblicare le generalità e le<br />

fotografie <strong>dei</strong> minori (obbligo che è il punto 6 dell’articolo 114).<br />

23) Legge 29 dicembre 1990 n. 428 (legge comunitaria<br />

1990). L’articolo 9 stabilisce che i cittadini degli Stati membri<br />

della Comunità europea sono equiparati ai cittadini italiani ai<br />

fini della iscrizione nel Registro <strong>dei</strong> praticanti e nell’elenco <strong>dei</strong><br />

pubblicisti dell’Albo.<br />

24) La natura professionale dell’attività giornalistica trova<br />

conforto nell’art. 2 del Dlgs 27 gennaio 1992 n. 115<br />

(Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema<br />

generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione che<br />

sanzionano formazioni professionali di una durata minima di<br />

tre anni).<br />

L’articolo 2 della direttiva 89/48/CEE ha fissato il principio per<br />

cui l’esercizio delle professioni presuppone il superamento di<br />

un ciclo di studi postsecondari di una durata minima di tre anni<br />

o di durata equivalente a tempo parziale, in una università<br />

o in un istituto di istruzione superiore o in altro istituto dello<br />

stesso livello di formazione.<br />

La sentenza della quarta sezione della Corte di giustizia europea<br />

del 10 maggio 2001 - (nella causa C-285/00 contro la<br />

Repubblica francese, che non aveva adottato la normativa europea<br />

per il riconoscimento della professione di psicologo) -<br />

ha stabilito che “la direttiva 89/48/CEE va applicata alle professioni<br />

regolamentate, cioè a quelle per le quali l’accesso o<br />

l’esercizio sono subordinati, direttamente o indirettamente,<br />

mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,<br />

al possesso di un diploma universitario della durata<br />

minima di tre anni”. “La natura professionale dell’attività giornalistica<br />

trova conforto dal combinato dispositivo dell’art. 1,<br />

comma 3, e dell’art. 2 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 115<br />

(Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema<br />

generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione che<br />

sanzionano formazioni professionali di una durata minima di<br />

tre anni) e nel decreto MURST del 28 novembre 2000. La prima<br />

fonte ha fissato il principio per cui l’esercizio delle professioni<br />

presuppone il superamento di un ciclo di studi postsegue<br />

→<br />

11


PROFESSIONE<br />

DI GIORNALISTA<br />

SVOLTA STORICA<br />

DOPO 78 ANNI<br />

Segue da pagina 11<br />

secondari di una durata minima di tre anni o di durata equivalente<br />

a tempo parziale, in una università o in un istituto di<br />

istruzione superiore o in altro istituto dello stesso livello di formazione.<br />

La seconda, emanata in attuazione dell’art. 4, comma<br />

2, del D.M. n. 509 del 3 novembre 1999 sull’autonomia<br />

didattica degli atenei, nel determinare le classi delle lauree<br />

specialistiche (il diploma di laurea di una volta) ha individuato<br />

all’allegato 13 la classe 13/S, intitolata “Editoria, comunicazione<br />

multimediale e giornalismo”, indicandone le relative<br />

materie d’esame (“attività formative”). L’attività giornalistica si<br />

configura, dunque, vieppiù oggi come professione in relazione<br />

all’aumentato bagaglio culturale specifico per il suo espletamento:<br />

bagaglio in relazione al quale appare obsoleto - e<br />

dunque suscettibile di revisione normativa secondo l’intento<br />

legislativo della legge n. 4/1999 - il contenuto delle prove d’idoneità<br />

come oggi configurato dall’art. 32 della L. n. 69/1963<br />

e dall’art. 44 del DPR n. 115/1965. Infatti, mutati i requisiti culturali<br />

per l’esercizio di una professione, l’accertamento dell’idoneità<br />

professionale non può prescindere da essi, tenuto<br />

conto che “il titolo di studio precede la maturazione professionale”<br />

[C. Cost., 27 luglio 1995, n. 412, a proposito della<br />

professione di psicologico]” (parere n. 2228 della Sezione<br />

Seconda del Consiglio di Stato emesso nell’adunanza 13<br />

marzo 2002);<br />

25) Legge 6 febbraio 1996 n. 52 (legge comunitaria 1994).<br />

L’articolo 9 riconosce che i cittadini comunitari sono equiparati<br />

ai cittadini italiani agli effetti degli articoli 3 e 4 della<br />

legge sulla stampa n. 47/1948: i cittadini comunitari possono,<br />

quindi, assumere in Italia la veste giuridica di editori o di<br />

direttori responsabili di quotidiani e periodici.<br />

26) Decreto legislativo 10 febbraio 1996 n. 103: estende<br />

dal primo gennaio 1996 la tutela previdenziale obbligatoria<br />

ai soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione<br />

senza vincolo di subordinazione il cui esercizio è condizionato<br />

all’iscrizione in appositi albi o elenchi. L’articolo 3<br />

del Decreto demanda ai Consigli nazionali degli Ordini il<br />

compito di chiedere alla Cassa della categoria la creazione<br />

di una gestione separata previdenziale per gli iscritti all’Albo<br />

(professionisti e pubblicisti) e al Registro (praticanti). Il<br />

Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti ha provveduto<br />

in tal senso il 26 marzo 1996 e il 7 maggio il Consiglio generale<br />

dell’Inpgi ha approvato lo Statuto riguardante la gestione<br />

separata per tutte le forme di attività giornalistica autonoma.<br />

27) Anche la direttiva Ue sulla privacy (95/46/CE del 24 ottobre<br />

1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo<br />

al trattamento <strong>dei</strong> dati personali, nonché alla libera<br />

circolazione <strong>dei</strong> dati) è diventata legge (prima legge<br />

675/1996 e poi dlgs 196/2003) e questa legge ha partorito il<br />

Codice deontologico relativo al trattamento <strong>dei</strong> dati personali<br />

nell’esercizio dell’attività giornalistica (meglio noto<br />

come Codice deontologico sulla privacy previsto dall’articolo<br />

25 della legge n. 675/1996 e pubblicato nella G.U. 3<br />

agosto 1998). Questo Codice, in tema di violazione delle<br />

regole sulla privacy, attribuisce ai Consigli dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti il ruolo di giudici esclusivi degli iscritti negli<br />

elenchi dell’Albo. Il dlgs 196/2003, sulla base dell’esperienza<br />

di 6 anni, riunisce in unico contesto la legge 675/1996<br />

e gli altri decreti legislativi, regolamenti e codici deontologici<br />

che si sono succeduti in questi anni, e contiene anche importanti<br />

innovazioni tenendo conto della "giurisprudenza" del<br />

Garante e della direttiva Ue 2000/58 sulla riservatezza nelle<br />

comunicazioni elettroniche. Con la direttiva sul commercio<br />

elettronico, la Ue ha dato una serie di regole che riguardano<br />

le libere professioni e ha chiamato gli Ordini italiani a vigilare<br />

su Internet.<br />

La direttiva affida un ruolo particolare agli Ordini professionali<br />

nazionali che sono chiamati, oltre che a vigilare sul comportamento<br />

<strong>dei</strong> propri iscritti, a redigere a livello comunitario<br />

<strong>dei</strong> veri e propri codici di condotta.<br />

28) La Convenzione europea <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo (legge 4<br />

agosto 1955 n. 848) con l’articolo 10 tutela espressamente le<br />

fonti <strong>dei</strong> giornalisti, stabilendo il diritto a “ricevere” notizie. Lo<br />

ha spiegato la Corte <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo di Strasburgo con la<br />

sentenza che ha al centro il caso del giornalista inglese<br />

William Goodwin (Corte europea diritti dell’Uomo 27 marzo<br />

1996, Goodwin c. Regno Unito, v. Tabloid n. 1/2000 n. Peron).<br />

29) Il Dlgs n. 300/1999 affida al Ministero della Giustizia la<br />

vigilanza sugli Ordini professionali e al ministero<br />

dell’Istruzione/Università la "missione" di formare i nuovi professionisti.<br />

Il comma 18 dell’articolo 1 della legge n. 4/1999<br />

(voluta dal Governo D’Alema rispettoso della direttiva<br />

89/48/Cee) conferisce al ministero dell’Istruzione/Università,<br />

di concerto con quello della Giustizia, il compito di "integrare<br />

e modificare" con regolamento gli attuali ordinamenti sull’accesso<br />

alla professioni e di raccordarli con le lauree triennali<br />

e con le lauree specialistiche biennali. Il regolamento (Dpr n.<br />

328/2001) disciplina la maggioranza delle professioni intellettuali,<br />

ma trascura quelle <strong>dei</strong> giornalisti e <strong>dei</strong> consulenti del lavoro.<br />

Con parere 7 maggio 2002 n. 2228 il Consiglio di Stato<br />

ha scritto che “non sussistono motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento<br />

professionale <strong>dei</strong> giornalisti, come previsto dall’articolo<br />

1 (comma 18) della legge n. 4/1999”. Una pronuncia,<br />

questa, che correggeva la miopia della “Commissioni<br />

Rossi”, che aveva escluso la professione di giornalista dal<br />

Dpr 328/2001.<br />

30) Il Codice di procedura penale (art. 114, comma 6) - potenziato<br />

dalla “legge Gasparri” 112/2004 - non ammette deroghe:<br />

l’ordinamento giuridico della Repubblica protegge lo<br />

sviluppo psichico <strong>dei</strong> bambini. La “legge Gasparri” ha aggiunto<br />

questo passaggio: “È altresì vietata la pubblicazione di<br />

elementi che anche indirettamente possano comunque portare<br />

alla identificazione <strong>dei</strong> suddetti minorenni”. Delle violazioni<br />

dell’articolo 114 del Cpp sono giudici esclusivi i Consigli<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

31) L’articolo 2 (comma 4-quater) del Decreto legge 14<br />

marzo 2005 n. 35 nel testo integrato dalla relativa legge<br />

di conversione n. 80/2005 ha modificato il primo comma<br />

(oggi battezzato “comma Abruzzo/Caruso”) dell’articolo 4<br />

della legge n. 69/1963 (Elezione <strong>dei</strong> Consigli dell’<strong>Ordine</strong>) della<br />

legge n. 69/1963, stabilendo: “L’assemblea per l’elezione<br />

<strong>dei</strong> membri del Consiglio deve essere convocata almeno<br />

venti giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La<br />

convocazione si effettua mediante avviso spedito almeno<br />

quindici giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio<br />

della professione, per posta prioritaria, per telefax o<br />

a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione<br />

deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il<br />

predetto termine, sul sito internet dell’<strong>Ordine</strong> nazionale. È posto<br />

a carico dell’<strong>Ordine</strong> l’onere di dare prova solo dell’effettivo<br />

invio delle comunicazioni”. Questo comma, “costruito”<br />

dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />

è stato sostenuto in Parlamento del senatore Antonino<br />

Caruso, avvocato e giornalista pubblicista, presidente<br />

della Commissione Giustizia di Palazzo Madama.<br />

La direttiva 2005/36/Ce (“direttiva<br />

Zappalà”) sulle qualifiche<br />

professionale (pubblicata<br />

sulla Gazzetta Ufficiale<br />

dell’Unione europea L<br />

255/22 del 30 settembre<br />

2005) consente agli Stati<br />

membri di delegare parte<br />

della gestione delle professioni<br />

a organismi autonomi,<br />

come gli Ordini professionali.<br />

Ora, gli Stati avranno due<br />

anni di tempo, sino a settembre<br />

2007, per adeguarsi.<br />

La normativa riguarda sia il<br />

lavoro subordinato che autonomo.<br />

La direttiva “Zappalà”<br />

riconosce e definisce la specificità<br />

delle professioni liberali.<br />

La specificità si concretizza<br />

nella personalità, nella<br />

responsabilità individuale e<br />

nell’indipendenza di chi svolge<br />

una professione liberale.<br />

Il professionista svolge prestazioni<br />

di natura intellettuale<br />

(distinte da quelle esecutive),<br />

nell’interesse del cliente<br />

e della collettività.<br />

Le professioni liberali, proprio<br />

perché perseguono l’interesse<br />

generale, possono<br />

essere esonerate dalla disciplina<br />

tipica di chi pratica il<br />

commercio e l’industria, come<br />

la libera concorrenza,<br />

purché ciò avvenga nei limiti<br />

di quanto è strettamente necessario<br />

a tali obiettivi.<br />

In questo quadro, gli Stati Ue<br />

potranno prevedere regole<br />

che pongono limiti all’esercizio<br />

della professione, stabiliti<br />

per legge ma anche attraverso<br />

codici di autoregolamentazione<br />

degli organismi professionali.<br />

La direttiva consente la valorizzazione<br />

degli Ordini (o<br />

delle associazioni laddove<br />

esse siano chiamate a svolgere<br />

funzioni analoghe dagli<br />

ordinamenti nazionali).<br />

Infatti, gli Stati possono delegare<br />

questi organismi a svolgere<br />

competenze che la direttiva<br />

lascia alla competenza<br />

nazionale. Tra queste: il ricevimento<br />

e la valutazione<br />

della dichiarazione preventiva<br />

in occasione del primo<br />

spostamento del professionista<br />

che intende esercitare in<br />

libera prestazione <strong>dei</strong> servizi;<br />

la verifica, in occasione<br />

della prima prestazione di<br />

servizi delle qualifiche professionali<br />

aventi impatto sulla<br />

salute e la sicurezza che<br />

non siano disciplinate dalla<br />

sezione specifica della direttiva;<br />

lo scambio d’informazioni<br />

nell’ambito della cooperazione<br />

amministrativa; la conferma<br />

dell’autenticità <strong>dei</strong> documenti<br />

forniti dal prestatore<br />

di servizi; l’esame della richiesta<br />

di autorizzazione per<br />

l’esercizio della professione.<br />

In realtà la direttiva non fa<br />

che prendere atto della situazione<br />

esistente nella<br />

maggior parte degli Stati<br />

membri, ove i poteri pubblici<br />

delegano parte della gestione<br />

delle professioni a organismi<br />

autonomi.<br />

Tuttavia, la direttiva non prevede<br />

alcun obbligo di riconoscimento<br />

delle associazioni<br />

se non per quelle britanniche<br />

e irlandesi tassativamente<br />

elencate.<br />

La professione esercitata<br />

dagli iscritti è assimilata alle<br />

professioni regolamentate<br />

e le associazioni sono ora<br />

sottoposte agli obblighi in<br />

materia di riconoscimento e<br />

iscrizione. In questo modo le<br />

associazioni britanniche e irlandesi<br />

non potranno più rifiutare<br />

l’iscrizione ai cittadini<br />

di altri Paesi Ue, obiettando<br />

che la professione può essere<br />

esercitata da un cittadino<br />

di un altro Paese Ue senza<br />

riconoscimento perché non<br />

regolamentata.<br />

La legittimazione degli organismi<br />

rappresentativi<br />

delle professioni non ha rilievo<br />

solo a livello nazionale<br />

ma anche europeo.<br />

Infatti, se desiderano dotarsi<br />

di un sistema specifico di riconoscimento<br />

basato sul<br />

coordinamento degli standard<br />

di formazione, anziché<br />

soggiacere al sistema generale,<br />

possono presentare alla<br />

Commissione una domanda<br />

motivata.<br />

La Commissione è tenuta a<br />

valutare la fondatezza della<br />

richiesta e a proporre eventuali<br />

integrazioni alla direttiva.<br />

Le organizzazioni professionali<br />

hanno la possibilità di<br />

proporre piattaforme comuni<br />

per facilitare il riconoscimento<br />

e partecipano alla definizione<br />

delle misure di esecuzione<br />

della direttiva (comitologia).<br />

IL “DLGS LA LOGGIA” IN VIA DI PUBBLICAZIONE NELLA “GAZZETTA UFFICIALE”:<br />

“Professioni: alla legge statale la tutela delle professioni.<br />

La legge statale definisce “i requisiti tecnicoprofessionali<br />

e i titoli professionali necessari<br />

per l'esercizio delle attività professionali che<br />

richiedono una specifica preparazione a<br />

garanzia di interessi pubblici generali la cui<br />

tutela compete allo Stato”.<br />

Pertanto sul rovescio sono di competenza<br />

statale “la formazione professionale<br />

universitaria; la disciplina dell'esame di stato<br />

previsto per l'esercizio delle professioni<br />

intellettuali, nonché i titoli, compreso il<br />

tirocinio, e le abilitazioni richiesti per<br />

l'esercizio professionale; l'ordinamento e<br />

l'organizzazione degli ordini e <strong>dei</strong> collegi<br />

professionali; gli albi, i registri; gli elenchi<br />

o i ruoli nazionali previsti a tutela<br />

dell'affidamento del pubblico; la rilevanza<br />

civile e penale <strong>dei</strong> titoli professionali e il<br />

riconoscimento e l'equipollenza, ai fini<br />

dell'accesso alle professioni, di quelli<br />

conseguiti all'estero”.<br />

Le associazioni rappresentative di<br />

professionisti, “che non esercitano attività<br />

regolamentate o tipiche di professioni<br />

disciplinate ai sensi dell'articolo 2229 del<br />

Codice civile, se in possesso <strong>dei</strong> requisiti e<br />

nel rispetto delle condizioni prescritte dalla<br />

legge per il conseguimento della personalità<br />

giuridica, possono essere riconosciute dalla<br />

regione nel cui ambito territoriale si<br />

esauriscono le relative finalità statutarie”.<br />

Questi sono alcuni <strong>dei</strong> principi fondamentali,<br />

che si applicano a tutte le professioni, d<br />

efiniti dal Governo con il decreto legislativo<br />

approvato nella seduta del 7 dicembre 2005<br />

“in attuazione della delega all'individuazione<br />

di principi fondamentali su materie a<br />

competenza ripartita Stato-Regioni<br />

contenuta nell'art. 1 della legge n. 131 del<br />

2003”.<br />

In sostanza il “dlgs La Loggia” afferma che<br />

il Governo ha mantenuto, dopo la riforma<br />

del Titolo V della Costituzione, i poteri<br />

di disciplinare le professioni, gli Albi<br />

e l’esame di Stato come riconosciuto<br />

ripetutamente, dopo l’entrata<br />

in vigore nel 2001 del nuovo Titolo V<br />

della Costituzione, dalla Corte<br />

costituzionale con le sentenze 353/2003,<br />

319/2005, 355/2005, 405/2005 e 424/2005.<br />

Decreto Legislativo. Principi fondamentali in materia di professioni, a norma dell'articolo 1<br />

(comma 4) della legge 5 giugno 2003 n. 131. (In attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale)<br />

Capo I. Disposizioni generali<br />

Art. 1. Ambito d'applicazione<br />

1. Il presente decreto legislativo individua i principi fondamentali in materia di professioni, di<br />

cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, che si desumono dalle leggi vigenti<br />

ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni.<br />

2. Le regioni esercitano la potestà legislativa in materia di professioni nel rispetto <strong>dei</strong> principi<br />

fondamentali di cui al capo secondo.<br />

3. La potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa<br />

statale.<br />

4. Nell'ambito di applicazione del presente decreto non rientrano: la formazione professionale<br />

universitaria; la disciplina dell'esame di stato previsto per l'esercizio delle professioni intellettuali,<br />

nonché i titoli, compreso il tirocinio, e le abilitazioni richiesti per l'esercizio professionale;<br />

l'ordinamento e l'organizzazione degli ordini e <strong>dei</strong> collegi professionali; gli albi, i<br />

registri; gli elenchi o i ruoli nazionali previsti a tutela dell'affidamento del pubblico; la rilevanza<br />

civile e penale <strong>dei</strong> titoli professionali e il riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso<br />

alle professioni, di quelli conseguiti all'estero.<br />

Capo II. Principi fondamentali<br />

Art. 2. Libertà professionale<br />

1. L'esercizio della professione, quale espressione del principio della libertà di iniziativa economica,<br />

è tutelato in tutte le sue forme e applicazioni, purché non contrarie a norme im-<br />

12 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


LA DIRETTIVA 2005/36/CE (O “DIRETTIVA ZAPPALÀ”)<br />

Sulle professioni l’Unione europea ha deciso:<br />

gli Ordini restano come longa manus dello Stato<br />

LE LINEE<br />

GUIDA<br />

I principali<br />

contenuti<br />

della direttiva<br />

qualifiche<br />

I destinatari. Tutti i cittadini Ue che<br />

desiderano praticare una libera professione<br />

in uno Stato diverso da<br />

quello in cui hanno conseguito la<br />

qualifica professionale.<br />

La definizione. Le direttiva definisce<br />

le professioni liberali come quelle<br />

esercitate sulla base di qualifiche<br />

professionali in modo personale, responsabile<br />

e professionalmente indipendente<br />

da coloro che forniscono<br />

servizi intellettuali e di concetto<br />

negli interessi <strong>dei</strong> clienti e del pubblico.<br />

Tessera del professionista. Sarà<br />

creato un certificato professionale<br />

europeo per consentire la riconoscibilità<br />

del professionista e per garantire<br />

i clienti. L’introduzione, a livello<br />

europeo, di tessere professionali da<br />

parte di associazioni o organizzazioni<br />

professionali potrebbe agevolare<br />

la mobilità <strong>dei</strong> professionisti, in<br />

particolare accelerando lo scambio<br />

di informazioni tra lo Stato membro<br />

ospitante e quello di origine.<br />

Formazione. La direttiva fa riferimento<br />

alla necessità della formazione<br />

continua (la cui disciplina è lasciata<br />

agli Stati) per garantire l’aggiornamento<br />

delle conoscenze <strong>dei</strong><br />

professionisti.<br />

Sussidiarietà. La direttiva rispetta<br />

il principio di sussidiarietà: gli Stati<br />

membri non perdono competenze<br />

sull’organizzazione della professione.<br />

Le esclusioni. La direttiva non si<br />

applica, fra gli altri, a notai, revisori<br />

(solo per le norme sulla libera<br />

prestazioni <strong>dei</strong> servizi), intermediari<br />

assicurativi e professionisti<br />

del settore trasporti.<br />

La distribuzione geografica delle<br />

farmacie e il monopolio della distribuzione<br />

<strong>dei</strong> farmaci restano di<br />

competenza degli Stati membri.<br />

Ordini professionali. La direttiva<br />

consente agli Stati membri di delegare<br />

parte della gestione delle professioni<br />

a organismi autonomi, come<br />

gli Ordini professionali.<br />

L’uso del titolo. Il professionista<br />

potrà utilizzare il titolo previsto dal<br />

suo Paese di origine (espresso<br />

nella sua lingua).<br />

Libera prestazione. È l’attività<br />

temporanea e occasionale svolta<br />

in un Paese diverso da quello in<br />

cui il professionista è stabilito.<br />

I casi particolari. Nel settore della<br />

salute e della sicurezza è previsto<br />

un vero e proprio riconoscimento<br />

della qualifica (in alcuni casi,<br />

con test attitudinale). Per le professioni<br />

non regolamentate nel<br />

Paese di stabilimento, il prestatore<br />

di servizi dovrà provare di aver<br />

esercitato la professione.<br />

Libertà di stabilimento. È previsto<br />

un sistema generale di riconoscimento<br />

per le professioni. Sono<br />

fissati cinque livelli di qualifica in<br />

relazione alla durata della formazione<br />

richiesta per l’accesso alla<br />

professione.<br />

Le deroghe. L’esercizio della professione<br />

negli Stati Ue può essere<br />

oggetto, a norma del Trattato, di<br />

specifici limiti legali sulla base della<br />

legislazione nazionale e delle disposizioni<br />

di legge stabilite autonomamente<br />

dagli organismi professionali<br />

rappresentativi.<br />

La direttiva armonizza, accorpa e<br />

modernizza le 15 direttive sinora<br />

esistenti in materia, stabilendo<br />

norme omogenee per chi intende<br />

svolgere all’interno della Ue, in<br />

maniera temporanea o permanente,<br />

autonoma o subordinata, la<br />

professione per la quale si è formato<br />

nel Paese d’origine. Il riconoscimento<br />

<strong>dei</strong> titoli (esclusi i notai)<br />

si applicherà sulla base di parametri<br />

minimi di formazione, articolati<br />

su cinque livelli in relazione alla<br />

durata della formazione per l’accesso<br />

e avverrà al "grado" equivalente<br />

nel Paese di stabilimento. In<br />

ogni caso, il professionista potrà<br />

ottenere il riconoscimento al livello<br />

di qualifica che gli consenta di<br />

svolgere le stesse attività esercitate<br />

nello Stato di origine.<br />

Sono fatti salvi, inoltre, i diritti acquisiti<br />

del professionista che ha seguito<br />

una formazione "precedente",<br />

che non risponde più al livello<br />

di formazione prevista nello Stato<br />

d’origine.<br />

Per quanto riguarda la prestazione<br />

di servizi "temporanea" si prevede<br />

che il professionista sia soggetto<br />

in molti casi alle disposizioni in vigore<br />

nello Stato di destinazione<br />

del servizio.<br />

Con questa direttiva, comunque,<br />

l’Unione europea ha deciso: gli<br />

Ordini restano in vita come longa<br />

manus dello Stato.<br />

(Fonte: Enrico Brivio, Il Sole 24 Ore<br />

dell’11 maggio 2005; Antonio Preto,<br />

Il Sole 24 Ore del 14 giugno 2005)<br />

Abbiamo rivolto qualche domanda a Stefano Zappalà,<br />

europarlamentare e relatore della direttiva<br />

On. Zappalà, finalmente una buona notizia: la Direttiva<br />

che da lei prende il nome renderà concretamente più<br />

semplice la mobilità professionale. Un bel passo avanti<br />

nella costruzione di una effettiva unità europea, in un<br />

momento in cui l’Europa ha ricevuto d’altro canto qualche<br />

sonoro ceffone: un suo commento a caldo.<br />

Sì, infatti il principio generale che ispira la direttiva è proprio<br />

quello del reciproco riconoscimento delle qualifiche<br />

professionali da parte degli Stati membri con l’obiettivo di<br />

sviluppare la libera circolazione <strong>dei</strong> professionisti<br />

nell’Unione Europea attraverso un meccanismo più semplice<br />

ed immediato rispetto al passato.<br />

Esistevano varie normative per la circolazione <strong>dei</strong> professionisti,<br />

sia per quelle rientranti nel sistema generale sia<br />

per quelle aventi competenza sulla salute, sulla libertà e<br />

sulla sicurezza. Tutte comunque complesse, molto burocratizzate,<br />

di difficile attuazione e comunque non adeguate<br />

ad un sistema moderno di libera circolazione delle persone.<br />

Libera circolazione che fa parte <strong>dei</strong> principali doveri<br />

dell’Unione.<br />

Del resto lo suggerisce proprio Lei con la Sua domanda:<br />

l’Europa e la sua integrazione non si costruiscono solo con<br />

il Trattato Costituzionale, che per altro ha subito uno stop<br />

che è solo momentaneo, ma anche e innanzi tutto semplificando<br />

ed armonizzando normative attraverso le quali i cittadini<br />

sono coinvolti nel loro quotidiano.<br />

E sul ruolo degli Ordini<br />

A questo proposito sono stato accusato da qualcuno di essere<br />

lo strumento della lobby degli Ordini professionali. La<br />

realtà è diversa.<br />

Per la prima volta viene definita nel testo della direttiva<br />

“l’autorità competente”, intesa come autorità od organismo<br />

investito di autorità dagli Stati membri, abilitato in particolare<br />

a rilasciare o ricevere titoli di formazione e altri documenti<br />

o informazioni e domande, ed autorizzato ad adottare<br />

decisioni.<br />

Tale definizione non comprende solo gli ordini e collegi, o<br />

solo le associazioni, ma entrambe le organizzazioni, secondo<br />

normative proprie degli Stati membri.<br />

Questo consente di eliminare una volta per tutte i conflitti<br />

ideologici.<br />

Consente inoltre di fare chiarezza definitiva tra punti di vista<br />

che, ad oggi, hanno creato non pochi problemi, compresa<br />

l’ipotesi di eliminazione degli ordini.<br />

Il risultato è che non solo gli Ordini non vanno eliminati, ma<br />

vanno regolate per legge anche le associazioni, senza necessariamente<br />

farne degli ulteriori Ordini.<br />

Entrambe le strutture devono garantire gli utenti, per delega<br />

governativa, assicurando certezza sulle capacità del<br />

professionista e senza burocrazia per l’accesso alla professione.<br />

Quindi non lobby ma strutture di servizio trasparenti.<br />

Due battute su una delle novità più rilevanti della nuova<br />

normativa: la tessera professionale.<br />

Anche questo è un aspetto innovativo della direttiva con un<br />

duplice obiettivo: l’uniformità e la trasparenza. Uno strumento<br />

che fungerà come una sorta di “carta d’identità del<br />

professionista” e che agevolerà i suoi spostamenti rendendo<br />

più immediato il suo riconoscimento da parte dello Stato<br />

ospitante attraverso un codice comune.<br />

a cura di Simona Dainotto (in http://portale.fnomceo.it)<br />

Il Governo ha il potere di disciplinare l’esame di Stato”<br />

perative, all'ordine pubblico e al buon costume. Le regioni non possono adottare provvedimenti<br />

che ostacolino l'esercizio della professione.<br />

2. Nell'esercizio dell'attività professionale è vietata qualsiasi discriminazione, che sia motivata<br />

da ragioni sessuali, razziali, religiose, politiche o da ogni altra condizione personale o<br />

sociale, secondo quanto stabilito dalla disciplina statale e comunitaria in materia di occupazione<br />

e condizioni di lavoro.<br />

3. L'esercizio dell'attività professionale in forma di lavoro dipendente si svolge secondo specifiche<br />

disposizioni normative che assicurino l'autonomia del professionista.<br />

4. Le associazioni rappresentative di professionisti, che non esercitano attività regolamentate<br />

o tipiche di professioni disciplinate ai sensi dell'articolo 2229 del Codice civile, se in possesso<br />

<strong>dei</strong> requisiti e nel rispetto delle condizioni prescritte dalla legge per il conseguimento<br />

della personalità giuridica, possono essere riconosciute dalla regione nel cui ambito territoriale<br />

si esauriscono le relative finalità statutarie.<br />

Art. 3. Tutela della concorrenza e del mercato<br />

1. L'esercizio della professione si svolge nel rispetto della disciplina statale della tutela della<br />

concorrenza, ivi compresa quella delle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela<br />

di interessi pubblici costituzionalmente garantiti o per ragioni imperative di interesse generale,<br />

della riserva di attività professionale, delle tariffe e <strong>dei</strong> corrispettivi professionali,<br />

nonché della pubblicità professionale.<br />

2. L'attività professionale esercitata in forma di lavoro autonomo è equiparata all'attività di impresa<br />

ai fini della concorrenza di cui agli articoli 81, 82 e 86 (ex artt. 85, 86 e 90) del<br />

Trattato Ce, salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali.<br />

3. Gli interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali sono ammessi,<br />

secondo le rispettive competenze di stato e regioni, nel rispetto della normativa comunitaria.<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Art. 4. Accesso alle professioni<br />

1. L'accesso all'esercizio delle professioni è libero, nel rispetto delle specifiche disposizioni<br />

di legge.<br />

2. La legge statale definisce i requisiti tecnico-professionali e i titoli professionali necessari<br />

per l'esercizio delle attività professionali che richiedono una specifica preparazione a garanzia<br />

di interessi pubblici generali la cui tutela compete allo Stato.<br />

3. I titoli professionali rilasciati dalla regione nel rispetto <strong>dei</strong> livelli minimi uniformi di preparazione<br />

stabiliti dalle leggi statali consentono l'esercizio dell'attività professionale anche fuori<br />

<strong>dei</strong> limiti territoriali regionali.<br />

Art. 5. Regolazione delle attività professionali<br />

1. L'esercizio delle attività professionali si svolge nel rispetto <strong>dei</strong> principi di buona fede, dell'affidamento<br />

del pubblico e della clientela, della correttezza, della tutela degli interessi<br />

pubblici, dell'ampliamento e della specializzazione dell'offerta <strong>dei</strong> servizi, dell'autonomia e<br />

responsabilità del professionista.<br />

Capo III. Disposizioni finali<br />

Art. 6. Regioni a statuto speciale<br />

1. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano resta fermo<br />

quanto previsto dall'articolo 11 della legge 5 giugno 2003, n. 131.<br />

Art. 7. Norma di rinvio<br />

1. I principi fondamentali di cui al presente decreto legislativo si applicano a tutte le professioni.<br />

Restano fermi quelli riguardanti specificamente le singole professioni. Il presente decreto,<br />

munito del sigillo dello stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi<br />

della repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.<br />

13


Le due repliche del presidente dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia all’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema<br />

1) 2 dicembre 2005<br />

D’Alema vuole abolire l’<strong>Ordine</strong>.<br />

Rifletta anche sull’Inpgi: senza<br />

l’<strong>Ordine</strong> l’Istituto chiude<br />

e verrà assorbito dall’Inps!<br />

Massimo D’Alema, giornalista<br />

professionista, presidente<br />

<strong>dei</strong> Ds, già presidente del<br />

Consiglio, deputato europeo,<br />

ha confessato in tv che<br />

nel 1997 ha votato con<br />

Marco Pannella per l’abolizione<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

Quanta ingratitudine!<br />

L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti (istituito<br />

con la legge “Gonella”<br />

n. 69/1963) è l’unico <strong>Ordine</strong><br />

che consente, ancora per<br />

poco tempo, a chi non ha<br />

una laurea, come D’Alema<br />

e tanti altri, di diventare professionista<br />

al pari degli avvocati,<br />

medici, ingegneri,<br />

commercialisti, eccetera.<br />

Eppure D’Alema ha rivendicato,<br />

con un certo tono, il titolo<br />

di professionista! L’Inpgi<br />

(istituito dal collega Benito<br />

Mussolini con Rd 838/1926)<br />

poi assicura, se richiesto dai<br />

parlamentari, la copertura<br />

previdenziale gratuita. La<br />

pensione dell’ente farà compagnia<br />

alla indennità riservata<br />

a chi ha ricoperto un<br />

ufficio pubblico. Con la differenza<br />

che la pensione<br />

dell’Inpgi è pagata ai parlamentari<br />

dai giornalisti.<br />

D’Alema ora vuole chiudere<br />

l’Inpgi per trasferirne il patrimonio<br />

(2 mila miliardi di vecchie<br />

lire) all’Inps: questa ipotesi<br />

diventerà realtà nel caso<br />

l’<strong>Ordine</strong> dovesse essere<br />

cancellato. In base al dlgs<br />

509/1994, le casse privatizdi<br />

Franco Abruzzo<br />

zate vivono se hanno alle<br />

spalle professioni regolamentate<br />

e organizzate con<br />

gli Ordini e i Collegi.<br />

Prima del 1963, l’Inpgi era<br />

legato all’Albo <strong>dei</strong> giornalisti<br />

istituito (dal collega Benito<br />

Mussolini) con il Rd<br />

384/1928.<br />

Un’altra legge del collega<br />

Mussolini prevedeva l’accesso<br />

alla professione giornalistica<br />

tramite scuola di<br />

formazione (rd 2291/1929)<br />

oppure con laurea (Scienze<br />

politiche a indirizzo giornalistico).<br />

La scuola e il corso<br />

universitario sono rimasti attivi<br />

tra il 1930 e il 1933, la<br />

prima a Roma e il secondo<br />

all’Università di Perugia. C’è<br />

da aggiungere che la caduta<br />

dell’Inpgi metterebbe in<br />

crisi drammatica la stessa<br />

Fnsi, che incassa annualmente,<br />

con le strutture regionali,<br />

contributi dall’Istituto<br />

per circa 3 miliardi di vecchie<br />

lire!<br />

Il giornalista D’Alema dovrebbe<br />

riflettere sull’autonomia<br />

della professione di<br />

giornalista: essa è fondata<br />

unicamente sulle regole<br />

deontologiche fissate per<br />

legge. Soltanto gli editori -<br />

spalleggiati dagli ottimi<br />

Eugenio Scalfari e Francesco<br />

Giavazzi - vogliono<br />

distruggere la legge della<br />

professione giornalistica per<br />

avere mano libera nel fabbricare<br />

giornali-bulloni oppure<br />

giornali-prodotti industriali<br />

di serie, possibilmente<br />

senza giornalisti professionisti.<br />

D’Alema, persona indubbiamente<br />

e notoriamente<br />

intelligente, non ha capito<br />

che, con le sue dichiarazioni<br />

avventate, ha dato una<br />

mano agli editori e a chi<br />

punta in questo Paese a distruggere<br />

le regole per<br />

creare una società in cui le<br />

parole magiche della sinistra<br />

(libertà, uguaglianza,<br />

solidarietà, dignità della persona)<br />

non abbiano alcuna<br />

cittadinanza. Si spera in un<br />

ravvedimento operoso.<br />

D’Alema nel ‘97 affermò che<br />

i professionisti sono gli organizzatori<br />

<strong>dei</strong> saperi della<br />

Nazione. Appunto! Quel discorso<br />

valeva anche per i<br />

giornalisti professionisti o<br />

no<br />

Nota/I compagni dirigenti<br />

della Fnsi e dell’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />

sono pregati di spiegare<br />

all’illustre parlamentare<br />

europeo: a) le ricadute<br />

pessime delle sue parole e<br />

delle sue iniziative; b) le finalità<br />

del progetto ordinistico<br />

“laureare l’esperienza”!<br />

2) 5 dicembre 2005<br />

Le due contraddizioni<br />

di Massimo D’Alema<br />

(la “sua” legge 4/1999<br />

e una lettera di Gramsci)<br />

di Franco Abruzzo<br />

Massimo D’Alema, giornalista<br />

professionista, presidente<br />

<strong>dei</strong> Ds, deputato europeo,<br />

ha confessato in tv che nel<br />

1997 ha votato con Marco<br />

Pannella per l’abolizione<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

D’Alema è stato anche presidente<br />

del Consiglio dall’ottobre<br />

1998 all’aprile 2000: fu<br />

proprio il suo Governo a sostenere<br />

e a far approvare la<br />

legge 4/1999, che consente<br />

l’aggancio, con regolamento,<br />

tra l’esame di stato delle professioni<br />

regolamentate<br />

(compresa ovviamente quella<br />

giornalistica) e le lauree<br />

della riforma Berlinguer/-<br />

Zecchino. Una svolta, che,<br />

con la riscrittura del Dpr<br />

328/2001, verrà consacrata<br />

sul piano operativo, tra poche<br />

settimane, grazie alla tenace<br />

volontà del sottosegretario<br />

Maria Grazia Siliquini<br />

(An) sostenuta dai ministri<br />

Letizia Moratti e Roberto<br />

Castelli “vigilanti” sulle professioni<br />

intellettuali.<br />

A Massimo D’Alema dedichiamo<br />

un “recupero” storico<br />

sotto forma di articolo (a firma<br />

Emilio Pozzi) apparso su<br />

Tabloid (n. 3/1997), perché<br />

possa riflettere in maniera<br />

approfondita sulla professione<br />

di giornalista (rafforzata<br />

dalla legge 4/1999) nonché<br />

sulle sue contraddizioni rispetto<br />

a quella legge e a una<br />

lettera di Antonio Gramsci<br />

dal carcere (sul giornalismo)<br />

tolta dall’oblio dall’articolo di<br />

Pozzi. Pozzi cita in particolare<br />

una lettera dal carcere di<br />

Antonio Gramsci scritta nel<br />

1930. Proprio in quell’anno<br />

(il 1930) era diventato realtà<br />

il progetto di una scuola di<br />

formazione per giornalisti,<br />

progetto realizzato con il Rd<br />

2291/1929 dopo otto anni di<br />

dibattito.<br />

Gramsci, che coglieva la forza<br />

innovativa dell’idea del regime<br />

mussoliniano di creare<br />

“nuovi” giornalisti, sostenne<br />

che, comunque, il “giornalismo<br />

è da insegnare”, che insomma<br />

ci fosse già una professione<br />

di giornalista a prescindere<br />

dai fini non tanto<br />

occulti del regime fascista.<br />

Sono passati 75 anni.<br />

D’Alema mette oggi in discussione<br />

le conquiste <strong>dei</strong><br />

giornalisti italiani, contraddicendo<br />

anche la sua azione<br />

di Governo. Non è uno spettacolo<br />

decente. Anche la sinistra<br />

francese al Governo<br />

nel 1981 pensava di cancellare<br />

gli Ordini. Poi Francois<br />

Mitterrand promosse una<br />

riforma degli Ordini.<br />

Il nostro <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

- (costituzionalmente<br />

legittimo come ha più volte<br />

scritto la Consulta dal 1968 in<br />

poi, organizzando soltanto<br />

coloro che manifestano il<br />

pensiero per professione) - è<br />

in linea con quello che chiede<br />

l’Europa: possesso (da<br />

parte degli iscritti professionisti)<br />

di “una” laurea almeno<br />

triennale, tariffe indicative<br />

(vincolanti soltanto sotto il<br />

profilo deontologico), facoltà<br />

<strong>dei</strong> cittadini comunitari di diventare<br />

giornalisti italiani sostenendo<br />

l’esame di stato<br />

nella loro lingua, facoltà per i<br />

giornalisti extracomunitari<br />

(che lavorano in Italia) di<br />

chiedere l’iscrizione nei nostri<br />

Albi anche per godere<br />

della tutela previdenziale e<br />

assistenziale (Inpgi e Casagit).<br />

Quello che i giornalisti<br />

italiani hanno creato dal<br />

1877 ad oggi (Fnsi, <strong>Ordine</strong>,<br />

Inpgi 1 e 2, Casagit, Fondo)<br />

è un unicum, che non ha<br />

eguali nel mondo. Il perno<br />

del sistema è la legge<br />

69/1963 sulla professione di<br />

giornalista, che, sostituendo<br />

il Rd 384/1928 sull’Albo,<br />

rafforza il contratto, consente<br />

l’esistenza dell’Inpgi e fissa<br />

soprattutto le regole deontologjche.<br />

Le regole deontologiche<br />

sono norma e su queste<br />

regole si fonda l’autonomia,<br />

la libertà, l’indipendenza<br />

della professione. Gli editori<br />

(con la presentazione di<br />

una contropiattaforma reazionaria<br />

e ai limiti della legalità)<br />

vogliono smontare questo<br />

sistema.<br />

Colpisce che persone della<br />

intelligenza di Massimo<br />

D’Alema, Eugenio Scalfari e<br />

Francesco Giavazzi partecipino<br />

oggettivamente a tale<br />

manovra, che in sostanza toglie<br />

diritti non solo ai giornalisti<br />

ma anche ai cittadini della<br />

Repubblica (tra cui quello<br />

fondamentale a una informazione<br />

corretta garantita oggi<br />

da giornalisti, che - grazie alla<br />

deontologia/norma - possono<br />

dissentire nelle loro<br />

aziende senza pagare il<br />

prezzo della perdita del posto).<br />

Non si deve e non si può<br />

consentire che restino soltanto<br />

gli ordini degli editori.<br />

L’<strong>Ordine</strong> è soprattutto la<br />

deontologia.<br />

Segnalazione 18 novembre 2005 dell’Antitrust a Parlamento e Governo<br />

Dall’abrogazione<br />

della legge<br />

cinque rischi<br />

per i giornalisti<br />

L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamento<br />

della professione di giornalista comporterà questi<br />

rischi:<br />

1) quella <strong>dei</strong> giornalisti non sarà più una professione intellettuale<br />

riconosciuta e tutelata dalla legge.<br />

2) risulterà abolita la deontologia professionale fissata<br />

nell’articolo 2 della legge professionale n. 69/1963.<br />

3) senza la legge n. 69/1963, cadrà per giornalisti (ed editori)<br />

la norma che impone il rispetto del “segreto professionale<br />

sulla fonte delle notizie”. Nessuno in futuro<br />

darà una notizia ai giornalisti privati dello scudo del<br />

segreto professionale.<br />

4) senza la legge professionale, direttori e redattori saranno<br />

degli impiegati di redazione vincolati soltanto da un<br />

articolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi<br />

di fedeltà verso l’azienda. Il direttore non sarà giuridicamente<br />

nelle condizioni di garantire l’autonomia<br />

della sua redazione. Quell’autonomia, che, come si<br />

legge nell’articolo 1 del Contratto nazionale di lavoro<br />

Fnsi/Fieg, poggia sulle regole deontologiche fissate<br />

nell’articolo 2 della legge n. 69/1963 istitutiva<br />

dell’<strong>Ordine</strong>. Perdita conseguente da parte <strong>dei</strong> giornalisti<br />

del diritto al dissenso garantito oggi dalla deontologia<br />

(= norma di legge) e potere dell’editore di sottoporre<br />

i dipendenti giornalisti a procedimento disciplinare:<br />

tra le sanzioni previste dalla legge 300/1970 anche il<br />

licenziamento. Senza la legge professionale, nelle<br />

aziende resteranno soltanto gli ordini degli editori!<br />

5) abolizione dell’Inpgi e passaggio <strong>dei</strong> giornalisti alla previdenza<br />

Inps.<br />

“Troppi privilegi<br />

ai professionisti, urge riforma”<br />

La riforma delle professioni è improcrastinabile anche alla luce<br />

delle sollecitazioni degli organismi internazionali. Lo afferma<br />

l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione<br />

18 novembre 2005 inviata a Parlamento e Governo<br />

che accompagna la Relazione sul settore.<br />

La Relazione, che è stata approvata nella riunione del 16 novembre<br />

2005, è frutto di due anni di lavoro nel corso <strong>dei</strong> quali<br />

l’Autorità ha promosso incontri con i rappresentanti di alcuni<br />

Ordini professionali per analizzare le restrizioni della concorrenza<br />

che ancora caratterizzano il settore. Ne è emersa, in<br />

molti casi, la disponibilità <strong>dei</strong> professionisti a modificare le regole<br />

ritenute obsolete a fronte invece di un atteggiamento del<br />

legislatore volto a tutelare posizioni conservative.<br />

Nel documento, che sarà esaminato nell’incontro degli esperti<br />

delle autorità di concorrenza degli Stati membri Ue, si auspica<br />

che la riforma venga messa a punto con un coinvolgimento<br />

dell’Autorità. Occorre uno sforzo in termini di dialogo da<br />

parte di tutti i soggetti interessati. Ma se l’attività di confronto<br />

non dovesse condurre a risultati soddisfacenti, l’Autorità potrà<br />

valutare la possibilità di utilizzare, nelle ipotesi di lesione della<br />

concorrenza, i poteri di intervento istruttori che la legge le riconosce,<br />

ricorrendo, grazie al primato del diritto comunitario,<br />

alla disapplicazione delle norme interne.<br />

Nella Relazione l’Autorità individua quattro aree critiche che<br />

frenano la concorrenza (ruolo degli ordini, tariffe inderogabili,<br />

limiti alla pubblicità, eccesso di regolazione normativa) e suggerisce<br />

le possibili misure.<br />

ORDINI E CODICI DEONTOLOGICI<br />

L’Autorità propone un profondo ripensamento del ruolo degli<br />

Ordini, il cui compito deve essere quello di promuovere la formazione<br />

(per garantire l’aggiornamento <strong>dei</strong> professionisti a<br />

vantaggio degli utenti) e di vigilare sulla correttezza <strong>dei</strong> comportamenti<br />

degli iscritti. Bisogna quindi contrastare la tendenza<br />

a far ricadere nei codici deontologici aspetti spiccatamente<br />

regolatori dell’esercizio delle professioni, che non hanno niente<br />

a che vedere con questioni di ordine etico.<br />

LE TARIFFE<br />

Occorre eliminare le tariffe predeterminate inderogabili. Si tratta<br />

di un tassello fondamentale nella riforma delle professioni<br />

per consentire lo svolgersi della concorrenza proprio a beneficio<br />

di un continuo miglioramento <strong>dei</strong> servizi professionali.<br />

La qualità minima della prestazione professionale è infatti garantita<br />

dalle regole di accesso alle professioni mentre i prezzi<br />

prefissati non costituiscono né un parametro di riferimento per<br />

gli utenti né un valido incentivo per i professionisti.<br />

Il risultato è che i costi <strong>dei</strong> servizi professionali sostenuti dalle<br />

imprese italiane sono sensibilmente superiori a quelli sostenuti<br />

per altri fattori della produzione, pur soggetti a regolamentazione.<br />

LA PUBBLICITÀ<br />

A parere dell’Autorità occorre introdurre il principio della libertà<br />

di mezzi e contenuti pubblicitari perché la pubblicità rappresenta<br />

uno strumento fondamentale di concorrenza. Le limitazioni<br />

sui contenuti dell’informazione pubblicitaria potrebbero<br />

essere giustificati solo in casi particolari.<br />

Ad esempio, potrebbero essere contemplate forme di regolamentazione<br />

della pubblicità per evitare la creazione di bisogni<br />

artificiali.<br />

I FRENI NORMATIVI<br />

In Italia esiste una regolamentazione normativa in molti casi<br />

sproporzionata, che attribuisce ingiustificati privilegi ai professionisti:<br />

si limita così l’accesso al mercato e se ne riduce l’efficienza<br />

complessiva a danno <strong>dei</strong> consumatori.Vanno perciò eliminate<br />

alcune riserve di attività, come le certificazioni di alcuni<br />

atti notarili o la vendita di medicinali da banco e occorre ripensare<br />

il sistema di accesso alle attività professionali riservate.<br />

È necessario eliminare i vincoli allo svolgimento delle professioni<br />

in forma societaria ed è indispensabile porre un argine alla<br />

domanda di regolamentazione espressa dalle professioni<br />

non protette.<br />

14 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


Da Tabloid numero 3 del 1997<br />

Gramsci: “No alla praticaccia,<br />

il giornalismo<br />

è da insegnare”<br />

di Emilio Pozzi<br />

“Scuole di giornalismo - Nella ‘Nuova antologia’ del 1° luglio<br />

1928 è pubblicato con questo titolo un articolo di<br />

Ermanno Amicucci che forse in seguito è stato pubblicato<br />

in volume con altri. L’articolo è interessante per le informazioni<br />

e gli spunti che offre. E da rilevare tuttavia che in<br />

Italia la quistione è molto più complessa da risolvere di<br />

quanto non paia leggendo questo articolo ed è da credere<br />

che i risultati delle iniziative scolastiche non possono essere<br />

molto grandi (almeno per ciò che riguarda il giornalismo<br />

tecnicamente inteso; le scuole di giornalismo saranno<br />

scuole di propaganda politica generale)”.<br />

Questa citazione è tratta da Quaderni del carcere di Antonio<br />

Gramsci e non lascia dubbi sul come il «prigioniero del regime<br />

fascista» nel campo della cultura e dell’informazione diffidi pregiudizialmente<br />

di ogni iniziativa di chi, nel 1925, ha ucciso la libertà<br />

di stampa. A questo punto, però, credo sia interessante,<br />

dal punto di vista <strong>dei</strong> giornalisti di oggi, leggere il seguito del<br />

saggio. Prosegue, intatti, Gramsci: “Il principio, però, che il<br />

giornalismo debba essere insegnato e che non sia razionale<br />

lasciare che il giornalista si formi da sé, casualmente,<br />

attraverso la ‘praticaccia’ è vitale e si andrà ‘sempre più<br />

imponendo a mano a mano che il giornalismo anche in<br />

Italia, diventerà un’industria più complessa e un organismo<br />

civile più responsabile’.<br />

Coloro che sostengono, ancora oggi, la populistica teoria <strong>dei</strong><br />

“giornalisti da marciapiede” - intesi come semplici e incolti ricercatori<br />

di notizie - sono consigliati di soffermarsi su queste righe<br />

di Gramsci. Continuiamo a leggere il suo testo che, è opportuno<br />

sottolinearlo, è scritto nel 1930. Dal carcere: “La quistione<br />

in Italia trova i suoi limiti nel fatto che non esistono<br />

grandi concentrazioni giornalistiche, per il decentramento<br />

della vita culturale nazionale. che i giornali sono molto pochi,<br />

e la massa <strong>dei</strong> lettori è scarsa”.<br />

Fermiamoci pure qui anche se le pagine dedicate da Gramsci<br />

ai problemi del giornalismo, toccando tutti i campi specifici, con<br />

acuta analisi da «addetto ai lavori», impossibilitato a esercitare,<br />

sono almeno 45. L’originale contributo gramsciano è inserito<br />

negli studi sul ruolo degli intellettuali e l’attività culturale in<br />

Italia. Quanti hanno ironizzato sul termine di «intellettuale organico»<br />

- e le voci più stizzite, come prevedibile, appartengono<br />

ai voltagabbana - farebbero bene a riguardare quelle pagine.<br />

Quanto ai giornalisti possono limitarsi a quelle 45 pagine<br />

segnalate poco sopra. La serenità di giudizio è la virtù di chi<br />

non ha paura di esprimere le proprie idee, pagando di persona,<br />

pronto però a ragionare sulle opinioni degli avversari, purché<br />

logiche ed efficaci per ottenere un risultato positivo. In questo<br />

caso il modo per migliorare la qualità della professione.<br />

VOCE “GIORNALE” DELLA “TRECCANI”<br />

Il giornalista abruzzese Cesare<br />

Amicucci fu il grande regista della<br />

stampa del regime fascista, segretario<br />

del Sindacato unico fascista <strong>dei</strong> giornalisti<br />

dal 1927 al 1932, poi direttore<br />

della Gazzetta del Popolo e infine del<br />

Corriere della Sera nel periodo<br />

1943/1945. Amicucci fu nel 1926 il promotore<br />

del primo contratto di lavoro<br />

giornalistico riconosciuto giuridicamente,<br />

dell’Inpgi, di un ufficio di collocamento<br />

per i giornalisti disoccupati, del<br />

Rd 384/1928 sull’Albo <strong>dei</strong> giornalisti e,<br />

nel 1929, anche della Scuola fascista<br />

Achille Starace<br />

(segretario del Pnf) premuto<br />

dagli editori e dai giornalisti<br />

napoletani chiude la<br />

Scuola di giornalismo di Roma.<br />

È il 23 giugno 1933<br />

Dalla scuola di Roma sono usciti giornalisti di prestigio come<br />

Vittorio Gorresio, Mario Pannunzio e Ugo Indrio. L’iniziativa, però,<br />

non era piaciuta agli editori, che dal 1932 erano obbligati dal contratto<br />

(l’ultimo firmato da Amicucci) ad assumere giornalisti professionisti<br />

e, quindi, anche gli allievi della Scuola di Roma e i laureati<br />

in Scienze politiche a indirizzo giornalistico di Perugia. Gli<br />

editori - che volevano riprendersi l’arbitrio di fare i giornalisti a<br />

prescindere dai titoli di studio - trovano ascolto in Achille Starace<br />

neosegretario del Pnf dal 1931. L’occasione per concludere la<br />

partita, come racconta Gallavotti, fu offerta ai primi del 1933 da<br />

Arturo Assante, segretario del sindacato napoletano <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e poi direttore del Mattino, che bolla la Scuola come “inadeguata”.<br />

Il segretario del Sindacato unico fascista <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

Aldo Valori, decide di chiudere la Scuola “dopo la constatazione<br />

dell’impossibilità di provvedere ai mezzi finanziari occorrenti”.<br />

Starace è d’accordo e fissa la data della chiusura nel 23 giugno<br />

1933. Il duce, giornalista che viene dalla gavetta, tace e acconsente.<br />

Amicucci e Bottai sono i grandi sconfitti. Mussolini ha compiuto<br />

l’ultima capriola, mettendo a tacere la sinistra del partito. Lo<br />

stesso Stato corporativo sopravvive a se stesso. Ugo Spirito,<br />

ideatore della “corporazione proprietaria”, viene tacciato di comunismo.<br />

Mussolini poi riprenderà questo discorso nel<br />

1943/1945 con la Rsi, ma ormai alla “socializzazione <strong>dei</strong> mezzi<br />

di produzione” non crede nessuno.<br />

È propaganda. Solo Amicucci, come direttore del Corriere della<br />

Sera, crede nella svolta della “Carta di Verona” del 1943. Il giornalista,<br />

nel 1945, è condannato a morte, ma la Cassazione commutò<br />

la condanna in 30 anni di carcere. Uscirà dal carcere nel<br />

1947 a seguito della legge sull’amnistia voluta dal guardasigilli<br />

Palmiro Togliatti (segretario del Pci).<br />

Amicucci illustra la svolta<br />

universitaria della professione<br />

sotto il regime di Mussolini.<br />

“Modello americano”<br />

e ricerca di modernità<br />

di durata breve (1930-1933)<br />

In Italia il primo passo verso<br />

un’istituzione giornalistica fu<br />

compiuto nel 1928, per interessamento<br />

dello stesso<br />

Sindacato nazionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti, con l’istituzione di<br />

una cattedra di Storia del<br />

giornalismo e di Legislazione<br />

sulla stampa, interna<br />

e comparata alla facoltà fascista<br />

di Scienze politiche<br />

presso l’ università di Perugia.<br />

Seguì l’istituzione di<br />

corsi speciali all’Università di<br />

Ferrara, all’Università cattolica<br />

di Milano e all’Università<br />

di Trieste. Nel gennaio del<br />

1930 fu inaugurata a Roma<br />

la Scuola di giornalismo, fondata<br />

dal sindacato nazionale<br />

fascista <strong>dei</strong> giornalisti e con<br />

l’interessamento <strong>dei</strong> ministeri<br />

delle Corporazioni e<br />

dell’Educazione nazionale.<br />

La scuola comprende un<br />

corso biennale d’insegnamento,<br />

superato il quale gli<br />

studenti ricevono un diploma<br />

di giornalismo. “Con la scuola - scrive<br />

Eugenio Gallavotti in La Scuola fascista<br />

di Giornalismo, Sugar Edizioni<br />

1982 - il sindacato di Amicucci intendeva<br />

completare l’irregimentazione <strong>dei</strong><br />

giornalisti attraverso uno degli strumenti<br />

più congeniali al regime: l’educazione”.<br />

Amicucci nel 1926 aveva visitato la celebre<br />

scuola di giornalismo della<br />

Columbia University di New York, fondata<br />

nel 1903 da Joseph Pulitzer, e ne<br />

era rimasto affascinato. Amicucci ha<br />

compilato la voce “Giornale” dell’Enciclopedia<br />

Treccani (XVII volume), dove<br />

parla della “Scuola professionale di<br />

giornalismo” (voluta dal Sindacato e figlia<br />

del rd 2291/1929) e inaugurata nel<br />

gennaio 1930 a Roma (Piazza<br />

Colonna 366) da Bruno Bottai (ministro<br />

delle Corporazioni fino al 1932 e poi<br />

dell’Educazione nazionale, inventore<br />

nel 1926 dello Stato corporativo e leader,<br />

con Edmondo Rossoni, del “fascismo<br />

movimento” componente di sinistra<br />

del regime).<br />

Pubblichiamo qui sotto l’ultima parte<br />

del saggio.<br />

che, esistendo anche gli altri<br />

requisiti prescritti dal regolamento<br />

per l’albo professionale<br />

(regio decreto 26 febbraio<br />

1928, n. 384), in virtù<br />

del regio decreto 21 novembre<br />

1929 n. 2291, darà loro il<br />

diritto di essere iscritti nel<br />

ruolo <strong>dei</strong> giornalisti, senza i<br />

18 mesi di pratica redazionale.<br />

Inoltre, gli studenti della<br />

facoltà di Scienze politiche<br />

dell’università di Perugia,<br />

che vogliano conseguire la<br />

laurea “con indirizzo giornalistico”,<br />

devono frequentare<br />

per due anni, nei mesi di<br />

marzo, aprile, e maggio, le<br />

esercitazioni pratiche della<br />

Scuola di giornalismo di<br />

Roma, ottenendone un certificato<br />

di compiuto tirocinio.<br />

Con questo avranno la laurea<br />

che li abilita all’iscrizione<br />

nell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti e<br />

quindi all’esercizio della professione.<br />

Ermanno Amicucci<br />

Risvolto paradossale:<br />

il tariffario dell’<strong>Ordine</strong> è in linea con l’Europa<br />

si ai liberi professionisti. Il giudice per legge non può prescindere<br />

dal parere di congruità. Ne tiene conto al 100% quando<br />

decide. Il nostro ufficio legale (avv. Luisella Nicosia) ha ottenuto<br />

decine di vittorie.<br />

Tra le tante sentenze pronunciate in questi anni a favore di<br />

molti colleghi le più significative riguardano l’accoglimento del<br />

principio di legge previsto dall’art. 2225 e seguenti del nostro<br />

Codice Civile, in base al quale, in assenza di accordo diverso,<br />

Il tariffario, varato ogni anno dal Consiglio nazionale, indicativo<br />

e non vincolante, è in linea con quel che vuole l’Europa. Gli<br />

altri Ordini sono in difetto e presto i loro tariffari verranno<br />

smantellati dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo e<br />

dall’Antitrust. Il Tariffario ha valore quando il presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> rilascia il parere di congruità (ex artt. 2233 Cc<br />

nonché 633-636 Cpc) ai colleghi, che hanno deciso di citare<br />

in giudizio gli editori, i quali riconoscono compensi vergognovanno<br />

applicate alle prestazioni giornalistiche le tariffe professionali,<br />

senza possibilità per il giudice di negarle, se non con<br />

adeguata motivazione.<br />

Circostanza importante, destinata, nel lungo periodo, a scoraggiare<br />

comportamenti di arbitrio e di unilateralità nella determinazione<br />

ex post <strong>dei</strong> compensi, così diffusa tra editori e<br />

committenti a danno e a scapito della professionalità <strong>dei</strong> giornalisti<br />

che operano come liberi professionisti.<br />

Codice Civile<br />

Articolo 2225. Corrispettivo.<br />

Il corrispettivo [c.c. 2222], se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo<br />

le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice [c.c. 1657] in relazione al risultato<br />

ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo [c.c. 1709, 1755, 2233].<br />

Articolo 2233. Compenso.<br />

Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o<br />

gli usi, è determinato dal giudice, [sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista<br />

appartiene] [c.c. 1657, 1709, 1755, 2225] (1).<br />

In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro<br />

della professione.<br />

Gli avvocati, i procuratori (2) e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare<br />

con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate<br />

al loro patrocinio, sotto pena di nullità [c.c. 1418] e <strong>dei</strong> danni.<br />

-----------------------<br />

(1) L’inciso deve ritenersi abrogato per effetto della soppressione dell’ordinamento corporativo,<br />

disposta con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721 e della soppressione delle organizzazioni sindacali<br />

fasciste, disposta con D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Le relative funzioni sono<br />

ora devolute ai Consigli degli ordini in virtù dell’art. 1, D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382,<br />

recante norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle commissioni interne professionali. La<br />

Corte costituzionale, con sentenza 5-13 febbraio 1974, n. 32 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1974, n.<br />

48), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma in riferimento all’articolo<br />

24, comma secondo, Cost., all’articolo 3, comma primo, Cost. e all’articolo 101, comma<br />

secondo, Cost.<br />

(2) La L. 24 febbraio 1997, n. 27, ha soppresso l’albo <strong>dei</strong> procuratori legali ed ha disposto la<br />

sostituzione del termine “procuratore legale” con il termine “avvocato”.<br />

Codice di procedura civile<br />

Articolo 633. Condizioni di ammissibilità.<br />

Su domanda [c.p.c. 638] di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata<br />

quantità di cose fungibili [c.p.c. 639], o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile<br />

determinata, il giudice competente [c.p.c. 637] pronuncia ingiunzione di pagamento [c.p.c. 658]<br />

o di consegna:<br />

1. se del diritto fatto valere si dà prova scritta [c.c. 2699; c.p.c. 635];<br />

2. se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte<br />

da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari [c.p.c. 91] o da chiunque altro ha prestato<br />

la sua opera in occasione di un processo;<br />

3. se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale,<br />

oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa<br />

legalmente approvata.<br />

L’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da<br />

una condizione, purché il ricorrente offra elementi atti a far presumere l’adempimento della controprestazione<br />

o l’avveramento della condizione [c.c. 1359].<br />

Articolo 636. Parcella delle spese e prestazioni.<br />

Nei casi previsti nei nn. 2 e 3 dell’articolo 633, la domanda [c.p.c. 638] deve essere accompagnata<br />

dalla parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata<br />

dal parere della competente associazione professionale (1). Il parere non occorre se<br />

l’ammontare delle spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie.<br />

Il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell’articolo 640, deve attenersi al parere nei limiti<br />

della somma domandata, salva la correzione degli errori materiali.<br />

(1) Le associazioni professionali sono state soppresse dal D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n.<br />

369. Le relative funzioni sono ora devolute ai consigli degli ordini in virtù dell’art. 1, D.Lgs.Lgt.<br />

23 novembre 1944, n. 382.<br />

(leggi https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=414 oppure https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=504 oppure https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=1858).<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

15


In Europa c’è voglia<br />

di <strong>Ordine</strong>, in Italia no<br />

di Alberto Comuzzi*<br />

Nei salotti della politica, più che nella società,<br />

si torna a parlare di abolizione degli ordini<br />

professionali. Per quanto attiene al nostro<br />

<strong>Ordine</strong>, Franco Abruzzo ha già risposto all’on.<br />

Massimo D’Alema, al professor Francesco<br />

Giavazzi e a Eugenio Scalfari, una specie di<br />

tridente d’attacco della squadra degli abolizionisti.<br />

Ad evitare equivoci diciamo subito<br />

che la legge istitutiva dell’<strong>Ordine</strong> (3 febbraio<br />

1963 n. 69) non è un dogma di fede. Se per<br />

il bene d’Italia occorre abolire gli Ordini, non<br />

esitiamo un istante: chiudiamoli. Ci sono già<br />

tanti enti inutili che appesantiscono lo sviluppo<br />

del nostro Paese. Se diminuiamo di qualche<br />

unità le 15.000 (sì, proprio quindicimila)<br />

istituzioni pubbliche distribuite nelle venti regioni,<br />

cento province e ottomila comuni, qualcuno<br />

potrebbe pure compiacersi e, chissà,<br />

pure congratularsi con noi. La questione,<br />

però, non è in questi termini. Quand’anche si<br />

abolissero gli Ordini, le loro funzioni, dovrebbero<br />

comunque essere svolte da altri soggetti.<br />

È ipotizzabile, da parte dello Stato, la rinuncia<br />

a verificare se una persona fisica sia<br />

abilitata a svolgere, nel proprio territorio, attività<br />

che hanno oggettive ripercussioni sulla<br />

vita di altri cittadini Evidentemente, no; e allora<br />

ci saranno altri uffici - che si chiameranno<br />

Battista, Loredana, Giacomo o Simonetta<br />

(lasciamo alla fantasia del lettore sbizzarrirsi<br />

come meglio crede) - destinati a svolgere gli<br />

stessi compiti oggi affidati agli Ordini. È plausibile<br />

che dopo quarantadue anni - alla luce<br />

di una società radicalmente mutata - anche<br />

un ente, come il nostro <strong>Ordine</strong>, mostri, in qualche<br />

parte, i segni dell’usura. Una riforma, anche<br />

radicale, quindi, non è solo auspicabile,<br />

ma necessaria. Si potrebbe, per esempio, cominciare<br />

dal punto “d” dell’art. 11 (adozione di<br />

provvedimenti disciplinari da parte del<br />

Consiglio). Perché non demandare parte di<br />

questa materia ad un diverso organo giudicante<br />

Una commissione, che so, composta<br />

da tre magistrati in pensione o tre luminari di<br />

scienze giuridiche integrati da due membri<br />

del Consiglio: qualcosa di simile, per intenderci,<br />

ai Collegi - già esistenti - istituti presso<br />

i Tribunali per giudicare taluni reati “disciplinari”<br />

commessi dai giornalisti. Non mi dilungo su<br />

quest’aspetto perché ne scrive più diffusamente<br />

Ezio Chiodini. S’intuisce, però, che basterebbe<br />

questo semplice “aggiustamento” alla<br />

legge per alleviare i Consigli di un compito<br />

che impegna tante energie; energie che potrebbero<br />

essere meglio convogliate soprattutto<br />

nella formazione (a partire dall’aggiornamento<br />

professionale in tutte le sue varie sfaccettature)<br />

o nella tenuta degli albi (con valutazioni<br />

più accurate di coloro che chiedono l’iscrizione).<br />

È paradossale: mentre in Italia si riapre la<br />

questione degli Ordini, in altri Paesi europei<br />

c’è chi si interroga se non sia il caso d’introdurli.<br />

Pochi mesi fa, il 30 settembre 2005, è<br />

stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale<br />

dell’Unione europea, la nuova Direttiva<br />

2005/36/CE del Parlamento europeo e del<br />

Consiglio del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento<br />

delle qualifiche professionali.<br />

Questa nuova Direttiva - che sostituisce tutte<br />

le precedenti, sia generali che settoriali, nel<br />

campo del riconoscimento professionale - pone<br />

le premesse per la nascita degli Ordini là<br />

dove non esistono e persino nella tradizionalissima<br />

e conservatrice Gran Bretagna c’è già<br />

qualcuno che si sta agitando in questo senso.<br />

La vera questione, per quanto ci riguarda,<br />

non è di abolire gli Ordini, ma di riformarli,<br />

adeguandoli alle mutate esigenze sociali e<br />

professionali. Se sono progressivamente diventati<br />

<strong>dei</strong> centri di potere autoreferenziali,<br />

come da talune parti si sostiene, basta lavorare<br />

per smantellarli e trasformarli in ciò che<br />

devono essere: agili strutture a tutela <strong>dei</strong> cittadini,<br />

prima che <strong>dei</strong> loro associati. Si demolisce<br />

una vettura perché ha i pneumatici usurati<br />

e i freni rotti Supponendo pure di essere<br />

molto facoltosi e di alienare tale vettura, la<br />

domanda è: ci si priva dell’auto o la si sostituisce<br />

Il dibattito, ovviamente, è aperto.<br />

Avremo modo di tornarci sopra.<br />

*consigliere tesoriere dell’OgL<br />

Organo giudicante esterno,<br />

ma con istruttoria fatta in casa<br />

di Ezio Chiodini*<br />

Si sta sviluppando sulla stampa - ma non<br />

solo - un ampio dibattito sugli Ordini professionali,<br />

che si può riassumere in questa domanda:<br />

gli Ordini professionali hanno ancora<br />

un ruolo, un senso compiuto, o non sono<br />

diventati, piuttosto, organismi autoreferenziali,<br />

strumenti di potere e anche corporazioni<br />

che impediscono lo sviluppo moderno<br />

delle libere professioni<br />

Ovviamente c’è chi la pensa in un modo e<br />

chi nell’altro. Chi afferma - e scrive - che gli<br />

DIBATTITO<br />

SULL’ORDINE<br />

Ordini professionali “muovono” un migliaio di<br />

miliardi di vecchie lire l’anno ad esclusivo<br />

beneficio di chi fa parte di queste strutture e<br />

chi - invece - sostiene che senza gli Ordini<br />

professionali sarebbe la giungla.<br />

Personalmente non ritengo che gli Ordini<br />

professionali debbano essere aboliti. Ma<br />

penso anche che l’occasione dell’attuale dibattito<br />

non debba essere sciupata e che sia<br />

il momento giusto per porsi una seria riflessione<br />

sul loro ruolo attuale e, soprattutto, su<br />

quello futuro. Infatti, argomenti e perplessità<br />

non mancano.<br />

A cominciare dal rispetto della deontologia.<br />

Chi non la rispetta viene punito, secondo<br />

una graduatoria che è diversa da <strong>Ordine</strong> ad<br />

<strong>Ordine</strong>. Però, a che cosa serve l’eventuale<br />

punizione Avete mai letto da qualche parte<br />

di un avvocato “ammonito” o di un notaio<br />

“bacchettato” perché non ha fatto bene il suo<br />

lavoro Avete mai letto di un medico sospeso<br />

o addirittura radiato dal proprio <strong>Ordine</strong><br />

Per non parlare di “sentenze” a carico di architetti,<br />

geometri, commercialisti… e via discorrendo.<br />

Eppure, la punizione, di qualunque grado,<br />

dovrebbe essere portata a diretta conoscenza<br />

del pubblico perché questi liberi professionisti<br />

lavorano con i cittadini i quali hanno<br />

tutto il diritto di sapere se il professionista al<br />

quale magari stanno per rivolgersi ha qualche<br />

macchiolina - o macchiolona - di cui dover<br />

rispondere. Insomma, se è affidabile al<br />

cento per cento (in questo contesto fa lodevole<br />

eccezione il nostro <strong>Ordine</strong> lombardo,<br />

che si premura di rendere pubbliche le proprie<br />

“sentenze” sia usando <strong>Ordine</strong> Tabloid,<br />

sia evidenziandole sul sito, sia diramando<br />

comunicati).<br />

Il fatto è che le cose non funzionano in questo<br />

modo e le eventuali sanzioni disciplinari<br />

assumono spesso la caratteristica di “panni<br />

sporchi lavati in famiglia”. Quando si lavano,<br />

beninteso, perché anche l’organo giudicante,<br />

formato da professionisti della stessa categoria,<br />

non può, per sua natura, essere<br />

considerato a priori al di sopra di qualsiasi<br />

“contiguità”.<br />

Forse non c’è nulla di male nel fatto che alcuni<br />

professionisti, riuniti in organo giudicante,<br />

mettano sotto giudizio loro colleghi. Ma<br />

non c’è neppure nulla di male nell’ammettere<br />

che questa pratica lascia supporre alcuni<br />

imbarazzi. Per esempio l’imbarazzo possibile<br />

di un avvocato nel sottoporre a giudizio<br />

l’operato (o il comportamento) di un principe<br />

del Foro, al cui studio vorrebbe magari associarsi.<br />

Ciò - e forse a maggior ragione - vale anche<br />

per i giornalisti. Ritengo a maggior ragione,<br />

poiché il lavoro giornalistico è sostanzialmente<br />

mutato negli ultimi anni ed anche perché<br />

la categoria, considerata nel suo insieme,<br />

è profondamente cambiata.<br />

Qualche dato. All’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti risultano<br />

iscritte circa 95 mila persone. I giornalisti<br />

professionisti sono però soltanto circa 19<br />

mila (contando anche i giornalisti pensionati),<br />

45 mila i pubblicisti e circa 30 mila gli<br />

iscritti all’elenco speciale (direttori di riviste<br />

tecniche, professionali e scientifiche).<br />

La prima considerazione è che la “categoria”<br />

degli iscritti (a diverso titolo) all’<strong>Ordine</strong> è ormai<br />

forse più numerosa di quella <strong>dei</strong> metalmeccanici<br />

(la battuta rende l’idea) soprattutto<br />

se consideriamo la Lombardia, dove gli<br />

iscritti all’<strong>Ordine</strong> superano addirittura il numero<br />

di 22 mila. La seconda riguarda il crescente<br />

divario fra giornalisti professionisti e<br />

pubblicisti. La conclusione è che la categoria<br />

è molto, molto disomogenea, conseguenza<br />

di una realtà professionale e sociale<br />

molto mutata in cui, spesso, invece di ritrovare<br />

<strong>dei</strong> fini comuni si riscontrano interessi<br />

contrapposti. A differenza, è bene dirlo, di altre<br />

categorie professionali, come per esempio<br />

quelle <strong>dei</strong> medici e degli avvocati e categorie<br />

di lavoratori dipendenti, come per<br />

esempio quelle <strong>dei</strong> metalmeccanici, <strong>dei</strong> dirigenti<br />

e così via.<br />

Questa è una realtà importante su cui riflettere,<br />

perché ci fa dire (come del resto ha<br />

sempre detto Paolo Murialdi, maestro di quel<br />

giornalismo d’antan che allora aveva, sì, interessi<br />

comuni e un comune spirito professionale)<br />

che non esiste “il” giornalismo o “un<br />

solo” giornalismo. No, esistono “i” giornalismi.<br />

Con le loro sfaccettature, i loro problemi,<br />

le loro realtà, i loro interessi.<br />

E l’<strong>Ordine</strong> li accoglie (li deve accogliere) tutti,<br />

senza distinzione. Non so dire se sia giusto<br />

o se sia sbagliato, voglio solo dire che<br />

questa realtà è un problema e lo sarà, a bocce<br />

ferme, sempre di più.<br />

Un problema, soprattutto per quanto riguarda<br />

la deontologia che appare sempre meno<br />

un unicum saldo e indiscutibile. Perché è evidente,<br />

per esempio, la differenza di interessi<br />

fra un giornalista professionista che lavora<br />

normalmente per un giornale e un pubblicista<br />

il quale, oltre a collaborare, come professione<br />

primaria fa magari l’avvocato, il medico,<br />

il commercialista o l’insegnante e in primis<br />

deve rispondere della “propria” deontologia<br />

professionale (oltre che ai propri<br />

Ordini); così com’è evidente la “differenza di<br />

interessi” fra chi ha una stabile occupazione<br />

e un free-lance, fra chi lavora in un giornale<br />

di punta ed uno che lavora in una pubblicazione<br />

settoriale o in un settimanale di quiz.<br />

Insomma, le realtà sono tante e le differenze<br />

altrettante. Così come sono tante le nuove<br />

pubblicazioni, nate soprattutto per esigenze<br />

pubblicitarie e che quindi debbono la<br />

loro sopravvivenza alla pubblicità. Nuove<br />

pubblicazioni nelle quali o per le quali lavorano,<br />

in particolare, molti <strong>dei</strong> neo pubblicisti.<br />

Quale deontologia, dunque<br />

E quale organo giudicante A mio parere gli<br />

Ordini professionali non debbono avere un<br />

organo giudicante composto da professionisti<br />

della categoria.<br />

Quello <strong>dei</strong> giornalisti in particolare, sia per le<br />

osservazioni fatte sia perché nei consigli in<br />

veste di organi giudicanti c’è disomogeneità,<br />

in quanto i consiglieri sono sia professionisti<br />

(abilitati alla professione esclusiva da un<br />

esame di Stato) sia pubblicisti che quasi<br />

sempre esercitano prioritariamente un’altra<br />

professione. Chiamati tutti, indifferentemente,<br />

a giudicare. Sì, ma che cosa E con quali<br />

criteri Come giudicare “senza ombra di<br />

dubbio e con assoluta serenità” atti e comportamenti<br />

in una realtà composita e complessa<br />

e in continua trasformazione A mio<br />

parere è meglio - e ciò vale per tutti gli Ordini<br />

- che l’organo giudicante sia esterno, magari<br />

composto da magistrati (o giuristi) in pensione,<br />

anche se l’istruttoria dev’essere, ovviamente,<br />

fatta dall’<strong>Ordine</strong> stesso.<br />

È un’idea, nulla più. Ma un’idea su cui occorre<br />

riflettere e che deve diventare, a mio<br />

avviso, oggetto di un ampio dibattito che non<br />

si limiti all’attività “giudicante” degli Ordini ma<br />

comprenda l’intero loro ruolo nella società (e<br />

nelle professioni) attuale e in quella prossima.<br />

All’inizio ho però parlato di nuovo ruolo per<br />

gli Ordini, in particolare quello <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e mi sono soffermato sul “problema deontologia”<br />

solo perché è il più evidente nell’attuale<br />

realtà giornalistica e/o editoriale. Ma<br />

non è l’unico.<br />

E soltanto un’accurata analisi della realtà<br />

giornalistico/editoriale ci potrà suggerire come<br />

“riformare” il nostro <strong>Ordine</strong>, quale ruolo<br />

attribuirgli, come farlo diventare (o ridiventare)<br />

uno strumento per stimolare e aiutare<br />

anche la formazione di un nuovo ruolo e una<br />

nuova consapevolezza del giornalismo italiano.<br />

O “<strong>dei</strong>” giornalismi<br />

*revisore dell’OgL<br />

Cassazione civile: “Anche l’attribuire<br />

un reato può costituire legittimo<br />

esercizio del diritto di cronaca”<br />

Cassazione penale:<br />

“La critica<br />

non può essere asettica”<br />

Anche l'attribuzione a una persona di un<br />

reato può costituire legittimo esercizio del<br />

diritto di informazione e di critica quando sia<br />

correttamente motivata (Cassazione<br />

Sezione Terza Civile n. 559 del 13 gennaio<br />

2005, Pres. Duva, Rel. Sabatini). In tema di<br />

diffamazione a mezzo stampa, per l'applicazione<br />

della scriminante dell'esercizio del<br />

diritto è necessaria non solo la verità oggettiva<br />

del fatto, ma anche la cosiddetta<br />

continenza, e cioè la correttezza dell'esposizione<br />

di esso.<br />

Va ricondotta al legittimo esercizio del diritto<br />

di informazione e di critica anche l'attribuzione<br />

ad un soggetto di un reato, quando<br />

non si traduca in una enunciazione immotivata<br />

ma possa ricavarsi, con l'ordinario raziocinio<br />

dell'uomo medio e con minore o<br />

maggiore fondamento, dalla concatenazione<br />

di un certo numero di fatti veri, obiettivamente<br />

e correttamente riferiti, che rivestano<br />

interesse per una collettività più o meno vasta<br />

di soggetti.<br />

(www.legge-e-giustizia.it)<br />

La critica è lecita anche se non<br />

si riferisce a precisi dati fattuali.<br />

Il giudizio non può essere rigorosamente<br />

obiettivo ed imparziale<br />

(Cassazione Sezione<br />

Quinta Penale n. 6419 del 21<br />

febbraio 2005, Pres. Providenti,<br />

Rel. Bruno). Secondo l’orientamento<br />

espresso dalla<br />

Suprema Corte in alcune sentenze<br />

tra cui Sezione Quinta<br />

Penale n. 2300 del 23 gennaio<br />

2004 e n. 19334 del 5 marzo<br />

2004, a differenza di quanto si<br />

verifica con riguardo al diritto di<br />

cronaca, non si richiede che la<br />

critica sia formulata con riferimento<br />

a precisi dati fattuali,<br />

sempre che il nucleo e il profilo<br />

essenziale di questi non siano<br />

strumentalmente travisati e<br />

manipolati.<br />

Questa affermazione va non<br />

di meno intesa non già nel<br />

senso che la critica possa essere<br />

del tutto avulsa da ogni<br />

riferimento alla realtà sostanziale,<br />

ma nel senso che, proprio<br />

perché attività speculativa<br />

e congetturale, attraverso la<br />

lettura o la rivisitazione di fatti<br />

veri, la stessa non può pretendersi<br />

del tutto asettica, quasi<br />

fedele riproposizione di quegli<br />

accadimenti, perché, se così<br />

fosse, sarebbe cronaca e non<br />

16 ORDINE 1 <strong>2006</strong>


Le convenzioni e i patti internazionali rafforzano<br />

in Italia la tutela <strong>dei</strong> diritti fondamentali<br />

della persona anche nel campo della libertà<br />

di manifestazione del pensiero<br />

Ricerca di Franco Abruzzo*<br />

■La Dichiarazione universale <strong>dei</strong> diritti dell’uomo, approvata<br />

il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea delle Nazioni Unite (assemblea<br />

di cui l’Italia fa parte dal 1954), all’articolo 19 afferma<br />

solennemente: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione<br />

e di espressione incluso il diritto di non essere molestato<br />

per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e<br />

diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza<br />

riguardo a frontiere».<br />

■La Convenzione europea per la salvaguardia <strong>dei</strong> diritti<br />

dell’uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4<br />

novembre 1950 e ratificata con la legge 4 agosto 1955 n. 848)<br />

all’articolo 10 (Libertà di espressione) recita: «Ogni persona<br />

ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende<br />

la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare<br />

informazioni o idee senza che vi possa essere interferenza<br />

di pubbliche autorità e senza riguardo alla nazionalità.<br />

Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un<br />

regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema<br />

o di televisione.<br />

L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità,<br />

può essere sottoposto a formalità, condizioni,<br />

restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono<br />

misure necessarie, in una società democratica,<br />

per la sicurezza nazionale, per l’integrità territoriale o per la<br />

pubblica sicurezza, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione<br />

<strong>dei</strong> reati, per la protezione della salute o della morale,<br />

per la protezione della reputazione o <strong>dei</strong> diritti altrui, per impedire<br />

la divulgazione di informazioni riservate o per garantire<br />

l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario».<br />

■Il “Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici”<br />

(firmato il 19 dicembre 1966 e ratificato con la legge 25 ottobre<br />

1977 n. 881) all’articolo 19 recita: «Ogni individuo ha diritto<br />

a non essere molestato per le proprie opinioni. Ogni individuo<br />

ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende<br />

la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni<br />

e idee di ogni genere, senza riguardo e frontiere, oralmente,<br />

per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o<br />

attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta. L’esercizio delle<br />

libertà previste al paragrafo 2 del presente articolo comporta<br />

doveri e responsabilità speciali. Esso può essere pertanto<br />

sottoposto a talune restrizioni che, però, devono essere<br />

espressamente stabilite dalla legge ed essere necessarie:<br />

a) al rispetto <strong>dei</strong> diritti o della reputazione altrui; b) alla salvaguardia<br />

della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della<br />

sanità o della morale pubblica».<br />

■La “Convenzione di New York sui diritti del fanciullo” (legge<br />

27 maggio 1991 n. 176) all’articolo 13 proclama: «Il fanciullo<br />

ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto<br />

comprende la libertà di ricercare, di ricevere o di divulgare<br />

informazioni ed idee di ogni specie, indipendentemente<br />

dalle frontiere, sotto forma orale scritta, stampata<br />

od artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo».<br />

L’articolo 16 della Convenzione afferma inoltre che<br />

“nessun fanciullo può essere sottoposto ad interferenze<br />

arbitrarie o illegali nella sua vita privata” (sono le parole<br />

precise dell’articolo 12 della Dichiarazione universale <strong>dei</strong><br />

diritti dell’uomo).<br />

■La “Carta <strong>dei</strong> diritti fondamentali dell’Unione europea”<br />

(Consiglio europeo di Nizza, 7-9 dicembre 2000) all’articolo 11<br />

(Libertà di espressione e d’informazione) afferma: “1. Ogni individuo<br />

ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include<br />

la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare<br />

informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da<br />

parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. 2. La<br />

libertà <strong>dei</strong> media e il loro pluralismo sono garantiti”.<br />

■Il “Trattato che adotta la Costituzione per l’Europa” (Roma,<br />

29.10.2004) all’articolo 71 (Libertà di espressione e d’informazione)<br />

riprende Nizza e ribadisce: “1. Ogni persona ha diritto<br />

alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di<br />

opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni<br />

o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità<br />

pubbliche e senza limiti di frontiera. 2. La libertà <strong>dei</strong> media<br />

e il loro pluralismo sono rispettati”.<br />

In sintesi il principio che ogni persona abbia il<br />

diritto di manifestare liberamente il suo pensiero<br />

con ogni mezzo stabilito dal legislatore<br />

costituzionale italiano cammina di pari passo<br />

con il «diritto alla libertà di espressione» («diritto<br />

che comprende la libertà di opinione e la<br />

libertà di ricevere o di comunicare informazioni<br />

o idee senza che vi possa essere interferenza<br />

di pubbliche autorità») sancito dall’articolo<br />

10 della Convenzione europea per la salvaguardia<br />

<strong>dei</strong> diritti dell’uomo e delle libertà<br />

fondamentali. L’articolo 10 della Convenzione,<br />

mutuato dall’articolo 19 della Dichiarazione<br />

universale <strong>dei</strong> diritti dell’uomo, è stato ampliato<br />

successivamente dall’articolo 19 del Patto<br />

internazionale di New York relativo ai diritti civili<br />

e politici il quale stabilisce: «..Ogni individuo<br />

ha il diritto della libertà di espressione; tale diritto<br />

comprende la libertà di cercare, ricevere e<br />

diffondere informazioni e idee di ogni genere,<br />

senza riguardo a frontiere, oralmente, per<br />

iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica<br />

o attraverso qualsiasi altro mezzo a sua scelta».<br />

Queste enunciazioni - recuperate a Nizza<br />

nel 2000 e a Roma nel 2004 - formano un intreccio<br />

di rango costituzionale. Non sfugga la<br />

rilevanza dell’inserimento, attraverso leggi ordinarie,<br />

della Convenzione europea per la<br />

salvaguardia <strong>dei</strong> diritti dell’uomo e del<br />

Patto di New York relativo ai diritti civili e<br />

politici nell’ordinamento giuridico dello Stato:<br />

il diritto di «cercare, ricevere e diffondere<br />

informazioni attraverso la stampa» figura<br />

esplicitamente nel nostro ordinamento e allarga<br />

la sfera del «diritto di manifestare il pensiero»<br />

tutelata dall’articolo 21 della Costituzione.<br />

Si tratta di un crescendo di affermazioni e riconoscimenti<br />

che, partendo dalla solenne dichiarazione<br />

dell’articolo 21 della nostra<br />

Costituzione, passando attraverso le interpretazioni<br />

e le applicazioni della legislazione ordinaria<br />

e delle sentenze emesse da Corti di giustizia<br />

(tra le quali spicca la Corte europea <strong>dei</strong><br />

diritti dell’uomo) di ogni ordine e grado, tornano<br />

all’articolo 21 citato disegnandone con<br />

estrema chiarezza i contenuti anche nei confronti<br />

della attività dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti il<br />

quale «organizza coloro che per professione<br />

manifestano il pensiero» (sentenza n. 11/1968<br />

della Corte Costituzionale): “Se la libertà di<br />

informazione e di critica è insopprimibile, bisogna<br />

convenire che quel precetto, più che il<br />

contenuto di un semplice diritto, descrive la<br />

funzione stessa del libero giornalista: è il venir<br />

meno ad essa, giammai l’esercitarla che può<br />

compromettere quel decoro e quella dignità<br />

sui quali l’<strong>Ordine</strong> è chiamato a vigilare”<br />

(Corte cost., sentenza 11/1968).<br />

Quando parliamo della libertà di informazione<br />

parliamo, quindi, di libertà di espressione e di<br />

opinione, di libertà di cronaca e di critica, valori<br />

di tutti i cittadini di una nazione ma che trovano<br />

il momento più esaltante nel giornalismo<br />

e nella professione giornalistica. I giornalisti si<br />

pongono come mediatori intellettuali tra i fatti<br />

che accadono e i cittadini che leggono, ascoltano<br />

o vedono le immagini sul piccolo schermo.<br />

La libertà di informazione è il perno di ogni<br />

altra libertà riconosciuta dalla Costituzione.<br />

Tale dottrina trova il suo retroterra storico nell’articolo<br />

11 nella “Dichiarazione <strong>dei</strong> diritti<br />

dell’uomo e del cittadino” del 26 agosto<br />

1789. L’articolo 11 di quella prima Carta riconosce<br />

che «la libera comunicazione <strong>dei</strong> pensieri<br />

e delle opinioni è uno <strong>dei</strong> diritti più preziosi<br />

dell’uomo. Ogni cittadino può dunque<br />

parlare, scrivere, stampare liberamente salvo<br />

a rispondere dell’abuso di questa libertà nei<br />

casi determinati dalla legge». Ed è noto il peso<br />

che ha avuto la norma rivoluzionaria francese<br />

nella nascita di una informazione politica<br />

anche nel nostro Paese.<br />

La storia dell’Italia unita, in tema di libertà di<br />

stampa, parte con l’articolo 28 dello Statuto<br />

Albertino, emanato da Carlo Alberto il 4 marzo<br />

del 1848. La norma, dalla formulazione generale,<br />

stabilisce che “la stampa sarà libera,<br />

ma una legge ne reprime gli abusi”. Il virgolettato<br />

traduce sostanzialmente l’articolo 11 della<br />

Dichiarazione universale <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo<br />

della Francia rivoluzionaria del 1789. È una<br />

svolta, che nasconde la debolezza legata al<br />

carattere flessibile dello Statuto. Le Camere<br />

potranno utilizzare una sorta di delega in bianco<br />

per “reprimere gli abusi” nell’esercizio della<br />

dichiarata libertà. Questa disciplina dovrà fare<br />

i conti con le leggi di pubblica sicurezza del<br />

1859, 1865, 1889, che, con vari mezzi, limitavano<br />

incisivamente nei fatti quella libertà sancita<br />

in via di principio. Allo Statuto segue il regio<br />

decreto n° 695, meglio noto come Editto<br />

Albertino sulla Stampa. L’articolo 1 dell’editto<br />

affermava che “La manifestazione del pensiero<br />

per mezzo della stampa e di qualsivoglia artificio<br />

meccanico, atto a riprodurre segni figurativi,<br />

è libera: quindi ogni pubblicazione di<br />

stampati, incisioni, litografie, oggetti di plastica<br />

e simili è permessa con che si osservino le<br />

norme seguenti…”.<br />

Oggi la libertà di manifestazione del pensiero<br />

viaggia sulla stessa lunghezza d’onda di altri<br />

valori alti della Costituzione repubblicana (l’onore<br />

e l’identità della persona, l’obbligo per il<br />

giornalista di informare in maniera corretta).<br />

Resta inteso, infatti, che «perché la divulgazione<br />

a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore<br />

possa considerarsi lecita espressione del<br />

diritto di cronaca, e non comporti responsabilità<br />

civile per violazione del diritto all’onore, devono<br />

ricorrere tre condizioni: 1) utilità sociale<br />

dell’informazione; 2) verità oggettiva, o anche<br />

soltanto putativa purché frutto di diligente lavoro<br />

di ricerca; 3) forma civile dell’esposizione<br />

<strong>dei</strong> fatti e della loro valutazione, che non ecceda<br />

lo scopo informativo da conseguire e sia<br />

improntata a leale chiarezza, evitando forme<br />

di offesa indiretta» (Cassazione penale, sentenza<br />

n. 5259/1984). Con la sentenza n.<br />

2113/1997 la Cassazione penale chiede inoltre<br />

«la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti<br />

e i fatti narrati, secondo il principio della<br />

verità: quest’ultimo comporta l’obbligo del giornalista<br />

(come quello dello storico) dell’accertamento<br />

della verità della notizia e il controllo<br />

dell’attendibilità della fonte». Il giornalista deve<br />

ubbidire a questa regola fissata dalla sua legge<br />

professionale: «È diritto insopprimibile <strong>dei</strong><br />

giornalisti la libertà d’informazione e di critica,<br />

limitata dall’osservanza delle norme di legge<br />

dettate a tutela della personalità altrui ed è<br />

loro obbligo inderogabile il rispetto della<br />

verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti osservati sempre<br />

i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede».<br />

«Oltre all’obbligo del rispetto della verità<br />

sostanziale <strong>dei</strong> fatti con l’osservanza <strong>dei</strong> doveri<br />

di lealtà e di buona fede, il giornalista, nel<br />

suo comportamento oltre ad essere, deve anche<br />

apparire conforme a tale regola, perché<br />

su di essa si fonda il rapporto di fiducia tra i lettori<br />

e la stampa» (App. Milano, 18 luglio 1996;<br />

Riviste: Foro Padano, 1996, I, 330, n. Brovelli;<br />

Foro It., 1997, I, 938).<br />

*presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia; docente a contratto di Diritto dell’informazione<br />

presso l’Università degli Studi di Milano<br />

Bicocca e presso l’Università Iulm di Milano<br />

già giudizio di valore.<br />

Insomma, la critica deve pur<br />

sempre riferirsi ad un determinato<br />

evento, sia esso artistico,<br />

socio-politico, storico,<br />

culturale, letterario o religioso,<br />

ma – per sua stessa natura –<br />

consiste nella rappresentazione,<br />

per l’appunto critica, di<br />

quello stesso fatto e, dunque,<br />

nella sua elaborazione. Ed il<br />

giudizio, che per definizione<br />

la sostanzia, non può essere<br />

rigorosamente obiettivo ed<br />

imparziale, in quanto è ineludibile<br />

espressione del retroterra<br />

culturale e formativo di<br />

chi lo formula e – nel caso<br />

della critica politica – anche<br />

delle sue opzioni ideologiche.<br />

(www.legge-e-giustizia.it)<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Cassazione civile:<br />

“I giudizi critici<br />

devono essere sempre motivati”<br />

Nell’attività di informazione i giudizi critici devono essere motivati con riferimento<br />

a circostanze veritiere, che siano di interesse generale (Cassazione<br />

Sezione Terza Civile n. 379 dell’11 gennaio 2005, pres. Nicastro, rel. Segreto).<br />

Mentre il giudizio critico su un fatto (inteso in senso ampio) è necessariamente<br />

soggettivo e può essere come tale condiviso o meno dai consociati,<br />

il fatto, presupposto ed oggetto della critica, deve corrispondere alla verità,<br />

sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene<br />

o per altre circostanze oggettive, come nell’esercizio del diritto di cronaca.<br />

Inoltre, anche il diritto di critica è, come quello di cronaca, condizionato,<br />

quanto alla legittimità del suo esercizio, all’osservanza del limite della continenza,<br />

che viene in considerazione non solo sotto l’aspetto della correttezza<br />

formale dell’esposizione, ma anche sotto il profilo sostanziale consistente<br />

nel non eccedere i limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse;<br />

esso postula, inoltre, che il giudizio di disvalore incidente sull’onore e sulla<br />

reputazione sia espresso non in termini assiomatici, ma sia accompagnato da<br />

congrua motivazione.<br />

Peraltro, quando, come accade frequentemente, la narrazione di determinati fatti<br />

sia esposta insieme alle opinioni dell’autore, in modo da costituire nel contempo<br />

esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza non può essere<br />

condotta, sulla base <strong>dei</strong> soli criteri indicati, essenzialmente formali, dovendo,<br />

invece, lasciare spazio alla interpretazione soggettiva <strong>dei</strong> fatti esposti. Infatti,<br />

la critica mira non già ad informare, ma a fornire giudizi e valutazioni personali, e,<br />

se è vero che, come ogni diritto, anche quello in questione non può essere esercitato<br />

se non entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dall’ordinamento<br />

positivo, da ciò non può inferirsi che la critica sia sempre vietata quando sia idonea<br />

ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanciamento<br />

dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione<br />

del pensiero, costituzionalmente garantita. Siffatto bilanciamento è ravvisabile<br />

nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse pubblico, cioè nell’interesse<br />

dell’opinione pubblica alla conoscenza del fatto oggetto di critica, interesse<br />

che costituisce assieme alla correttezza formale (continenza), requisito per la<br />

invocabilità della esimente dell’esercizio del diritto di critica.<br />

(www.legge-e-giustizia.it)<br />

17 (21)


Vertenza<br />

contrattuale<br />

Il Consiglio nazionale riunito<br />

a Roma il 20 dicembre 2005<br />

ha approvato<br />

a larga maggioranza<br />

il seguente documento<br />

La Fnsi annuncia nuovo<br />

pacchetto di 7 giorni di sciopero<br />

Il Consiglio nazionale della Federazione della<br />

stampa affida alla Giunta esecutiva un nuovo<br />

pacchetto di sette giorni di sciopero generale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti italiani a sostegno delle vertenze<br />

contrattuali ancora aperte, da attuare sentita la<br />

Conferenza nazionale <strong>dei</strong> comitati e fiduciari di<br />

redazione. I nuovi scioperi potranno essere attuati<br />

anche in coincidenza con la campagna<br />

elettorale per le elezioni politiche previste per<br />

aprile<br />

Il Consiglio nazionale, che ringrazia le colleghe e<br />

i colleghi per la massiccia partecipazione agli<br />

scioperi sin qui attuati, impegna inoltre la Giunta<br />

a concordare con le Associazioni regionali di<br />

stampa assemblee territoriali con la partecipazione<br />

<strong>dei</strong> direttivi delle stesse AA.RR.SS. e delle<br />

consulte regionali <strong>dei</strong> Cdr.<br />

Le assemblee regionali potranno essere estese a<br />

tutti i giornalisti dipendenti e freelance, alle strutture<br />

di base e ai gruppi di specializzazione.<br />

Il Consiglio nazionale sottolinea il grande risultato<br />

ottenuto con la firma dell’ipotesi di accordo<br />

biennale per i giornalisti delle radio e tv locali aderenti<br />

alle organizzazioni Aeranti e Corallo. Un accordo<br />

che testimonia la disponibilità al confronto<br />

e alle intese del sindacato <strong>dei</strong> giornalisti con le<br />

associazioni imprenditoriali che non assumono<br />

posizioni ideologiche di chiusura come hanno fatto<br />

la Federazione editori giornali e l’Agenzia per i<br />

contratti del pubblico impiego Aran. L’accordo<br />

Aeranti-Corallo consente di sospendere l’applicazione<br />

della Legge 30 e del decreto sui contratti a<br />

termine oltre a proseguire sulla strada della regolamentazione<br />

del lavoro autonomo. L’intesa per<br />

le tv e le radio locali costituisce un avanzamento<br />

contrattuale i cui contenuti possono favorire anche<br />

la riapertura degli altri negoziati se vi saranno<br />

analoghe volontà. Alla luce dell’accordo sottoscritto<br />

con gli editori radiotelevisivi in ambito locale,<br />

appare ancora più assurda e strumentale la<br />

posizione della Fieg che continua a sostenere tesi<br />

puramente propagandistiche per giustificare la<br />

propria indisponibilità a trattare la propria volontà<br />

di ridurre le condizioni di vita e di lavoro, le retribuzioni<br />

e la stessa autonomia <strong>dei</strong> giornalisti italiani.<br />

Gli editori vogliono, infatti, utilizzare il precariato<br />

e il lavoro nero, sfruttato e mal pagato, per<br />

subordinare la qualità dell’informazione agli interessi<br />

commerciali delle aziende.<br />

Assurda appare, la posizione dell’Aran la quale,<br />

anche a fronte di una sentenza della Magistratura<br />

rifiuta la riapertura della trattativa con la Fnsi per<br />

la definizione <strong>dei</strong> profili professionali <strong>dei</strong> giornalisti<br />

che lavorano nella pubblica amministrazione.<br />

Il sindacato <strong>dei</strong> giornalisti si rivolge alle Istituzioni,<br />

al mondo della politica, al Governo, all’opposizione<br />

e alle forze sociali per sottolineare come i temi<br />

delle vertenze contrattuali siano condizionati<br />

da una insostenibile situazione nel mondo della<br />

comunicazione italiana. Una situazione aggravata<br />

dall’assenza di una seria normativa antitrust e<br />

di norme che contrastino i conflitti di interesse e<br />

lo squilibrio nel mercato pubblicitario.<br />

Tutto ciò appesantito dall’assenza di una normativa<br />

seria per l’editoria e per la salvaguardia del<br />

ruolo del servizio pubblico, sia nella legge<br />

Gasparri sia nella mancata applicazione del piano<br />

delle frequenze, mentre la legge finanziaria<br />

<strong>2006</strong> non affronta i nodi strutturali del settore dell’informazione.<br />

Consiglieri<br />

Fnsi di<br />

opposizione:<br />

la lotta<br />

deve partire<br />

dalle<br />

redazioni<br />

Romano Bartoloni (Puntoeacapo)<br />

Massimo Borgomaneri (Stampa Democratica)<br />

Stefano Camozzini (Quarto Potere)<br />

Silvana Mazzocchi (Puntoeacapo)<br />

Enrico Mirani (Stampa Democratica)<br />

Fabio Morabito (Puntoeacapo)<br />

Roma, 20 dicembre 2005. Undici consiglieri della Federazione<br />

nazionale della stampa che si riconoscono nel cartello delle opposizioni<br />

si sono oggi astenuti nella votazione del documento<br />

presentato al Consiglio nazionale dal segretario generale, Paolo<br />

Serventi Longhi, in segno di dissenso con la decisione di affidare<br />

alla Giunta esecutiva un nuovo pacchetto di sette giorni di<br />

sciopero, da attuarsi nei prossimi mesi. Un documento approvato<br />

peraltro con soli 42 voti favorevoli, su un Consiglio nazionale<br />

formato da 117 colleghi.<br />

Gli undici consiglieri nazionali, di fronte alla netta chiusura degli<br />

editori della Fieg nelle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro,<br />

sono convinti che la mobilitazione della categoria sia oggi<br />

ancora più necessaria. Ma considerano un errore che il nuovo<br />

pacchetto venga deciso dal vertice del sindacato all’indomani<br />

degli ultimi scioperi, che hanno fatto emergere disagi e difficoltà<br />

diffusi nella categoria. Un malessere che dovrebbe indurre il vertice<br />

della Fnsi a una profonda riflessione sul metodo, sulla strategia<br />

e sulla tattica da seguire nel duro confronto con gli editori.<br />

Le nuove e inevitabili iniziative di lotta dovrebbero invece, a parere<br />

degli undici consiglieri nazionali, partire dal basso e tenere<br />

conto di quanto emergerà dalle assemblee <strong>dei</strong> colleghi che, da<br />

gennaio, dovranno essere organizzate all’interno delle redazioni<br />

e, localmente, da tutte le Associazioni regionali di stampa, oltre<br />

che dal dibattito e dal confronto nella Conferenza <strong>dei</strong> Comitati<br />

e Fiduciari di redazione e nella Commissione contratto.<br />

Giovanni Negri (Stampa Democratica)<br />

Paolo Perucchini (Stampa Democratica)<br />

Edmondo Rho (Quarto Potere)<br />

Cinzia Romano (Puntoeacapo)<br />

Attilio Ruosi (Movimento Liberi <strong>Giornalisti</strong>)<br />

19 dicembre 2005: firmato l’accordo biennale Fnsi-Aeranti/Cor<br />

aumenti <strong>dei</strong> minimi tra il 7 e l’8%, “sospensi<br />

Roma, 19 dicembre 2005. La Federazione nazionale della<br />

stampa italiana comunica: “Sospensione dell’applicazione<br />

della legge 30 sul mercato del lavoro fino al 31 dicembre<br />

2007; impegno a regolare contrattualmente le<br />

collaborazioni giornalistiche ed il lavoro autonomo; aumento<br />

retributivo mensile tra il 7 e l’8% a regime nel biennio<br />

(con la rivalutazione della tredicesima mensilità).<br />

Questi alcuni degli aspetti più significativi dell’accordo<br />

contrattuale biennale per i giornalisti delle radio e delle tv<br />

locali sottoscritto oggi dalla Federazione della stampa e<br />

dall’Associazione Aeranti-Corallo.<br />

L’intesa, che avrà efficacia dal 1° gennaio <strong>2006</strong> al 31 dicembre<br />

2007, ha caratteristiche transitorie e non sostituisce<br />

il contratto quadriennale il cui rinnovo è fissato alla<br />

scadenza dell’accordo. La Fnsi ha ricercato una soluzione<br />

che, di fronte alle difficoltà di una intesa quadriennale<br />

sulla propria piattaforma, costituisca comunque un passo<br />

in avanti nella contrattazione di settore sia dal punto di vista<br />

normativo sia economico.<br />

Un accordo transitorio che sposta in avanti la definizione<br />

<strong>dei</strong> meccanismi di applicazione della legge 30 e ribadisce<br />

il diritto contrattuale del lavoro <strong>dei</strong> freelance e <strong>dei</strong> collaboratori.<br />

Intanto, è stato fissato il termine di pagamento<br />

<strong>dei</strong> freelance a 30 giorni dalla prestazione ed è stata concordata<br />

la disponibilità al versamento diretto dalle imprese<br />

all’Inpgi del contributo previdenziale di loro spettanza<br />

per i giornalisti autonomi, in attesa <strong>dei</strong> necessari adeguamenti<br />

legislativi.<br />

L’intesa prevede inoltre un percorso per l’unificazione dell’orario<br />

di lavoro retribuito per i giornalisti delle radio e tv<br />

locali (oggi la prestazione lavorativa tra la 37/ma e la 40/a<br />

ora non è retribuita) con quello degli altri colleghi a 36 ore<br />

settimanali entro l’inizio del 2011. Le prime due ore saranno<br />

recuperate rispettivamente dal 1° luglio <strong>2006</strong> e dal<br />

1° dicembre 2007.<br />

La Fnsi esprime grande soddisfazione per una intesa, sia<br />

pure transitoria biennale, che affronta alcuni <strong>dei</strong> problemi<br />

più rilevanti della categoria <strong>dei</strong> giornalisti. In particolare, il<br />

sindacato rileva come sia possibile raggiungere intese<br />

anche su temi difficili come l’applicazione della legge 30<br />

e il precariato giornalistico con imprese che non assumano<br />

posizioni pregiudiziali di rifiuto del dialogo.<br />

La Fnsi ha sempre ricercato la strada dell’accordo piuttosto<br />

che quella del conflitto. Per questo il sindacato <strong>dei</strong><br />

giornalisti rinnova l’invito alla Fieg e all’Aran di riprendere<br />

subito le trattative per i rispettivi rinnovi contrattuali con<br />

spirito costruttivo e di collaborazione”.<br />

Il testo dell’accordo sottoscritto tra Fnsi ed il Coordinamento<br />

Aeranti-Corallo.<br />

Pubblichiamo il testo integrale dell’accordo biennale<br />

(2005-2007) sottoscritto lunedì 19 dicembre 2005 tra la<br />

Federazione nazionale della stampa e il Coordinamento<br />

Aeranti-Corallo.<br />

ACCORDO DI PROROGA<br />

DEL CONTRATTO<br />

COLLETTIVO DI LAVORO<br />

E DEL REGOLAMENTO<br />

DEI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE<br />

COORDINATA E CONTINUATIVA<br />

SOTTOSCRITTI TRA LE PARTI<br />

AERANTI-CORALLO E FNSI<br />

IL 3 OTTOBRE 2000<br />

Il giorno 19 dicembre dell’anno 2005 in Roma<br />

tra<br />

Aeranti-Corallo rappresentata dal coordinatore Marco<br />

Rossignoli e dal componente dell’esecutivo Luigi Bardelli,<br />

Aeranti rappresentata dal presidente Marco Rossignoli,<br />

dal segretario generale Fabrizio Berrini, dal coordinatore<br />

della Giunta esecutiva Elena Porta, nonché con l’intervento<br />

di Franco Allegretti, Virgilio Baresi, Flavio Bighinati,<br />

Fioravante Cavarretta, Serafino De Paris, Luigi Furlotti,<br />

Angelina Grande, Giovanni Piccolo, Gianni Prandi, Sergio<br />

Serafini, Umberto Tersigni, Enzo Galante, Sandra<br />

Mariani, Bruno Petrosino, Bruno Sofia, Paolo Torino,<br />

Marco Migli e Paolo Serretiello, assistiti dal consulente<br />

del lavoro Stefano Lovascio,<br />

Associazione Corallo rappresentata dal presidente Luigi<br />

Bardelli, dal consigliere delegato Alessia Caricato, nonché<br />

con l’intervento di Fausto Brioni, Claudio Cagnoni e<br />

Franco Rossi, assistiti dal consulente del lavoro Carlo<br />

Betori<br />

e<br />

la Federazione Nazionale della Stampa Italiana rappresentata<br />

dal presidente, Franco Siddi, dal segretario<br />

generale, Paolo Serventi Longhi, dal responsabile della<br />

Commissione contrattuale Marco Gardenghi, dalla Giunta<br />

esecutiva, composta da Guido Besana, Nazareno<br />

Bisogni, Domenico Castellano, Pier Sandro Devecchi,<br />

Ezio Ercole, Enrico Ferri, Maria Grazia Molinari, Giuseppe<br />

Nardi, Carlo Parisi, Cinzia Romano, Luigi Ronsisvalle,<br />

Giovanni Rossi, Roberto Seghetti, e dai colleghi<br />

Domenico Affinito, Amadore Agostini, Giovanni<br />

Ambrosino, Francesco Birocchi, Carlo Bugiardini, Tiziano<br />

Bullato, Ylenia Caioli, Rocco Cerone, Cynthia D’Ulizia,<br />

Mauro Denigris, Andrea Frailis, Camillo Galba, Nino<br />

Germano, Elena Golino, Nathalie Grange, Alessandro<br />

Guarasci, Pierpatrizia Lava, Giuseppe Mariconda,<br />

Fabrizio Masciangioli, Enrico Mirani, Angelo Oliveto,<br />

Fabio Paci, Paolo Pichierri, Orazio Provini, Piergiorgio<br />

Severini, Stefano Tallia, Maxia Zandonai assistiti dal<br />

Direttore Giancarlo Tartaglia<br />

si è convenuto quanto segue:<br />

1) Il Contratto collettivo di lavoro e il Regolamento <strong>dei</strong><br />

rapporti di collaborazione coordinata e continuativa firmati<br />

tra le parti il 3 ottobre 2000 e scaduti il 2 ottobre<br />

2004 sono integralmente prorogati sino al 31 dicembre<br />

2007 con le seguenti modifiche e integrazioni:<br />

2) Ambito di applicazione del contratto<br />

Il contratto collettivo ed il regolamento si applicano nelle<br />

imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di ambito<br />

locale, nonché nelle imprese fornitrici di contenuti informativi<br />

operanti in ambito locale con tecnologia digitale e/o<br />

operanti attraverso canali satellitari in chiaro che non rappresentino<br />

ritrasmissione di emittenti nazionali; nei gruppi<br />

di emittenti e nei consorzi che effettuano trasmissioni<br />

di programmi in contemporanea (syndications); nonché<br />

nelle agenzie di informazione radiofonica e televisiva.<br />

3) Incremento <strong>dei</strong> minimi<br />

I valori minimi tabellari in atto sono incrementati per il teleradiogiornalista<br />

TV con oltre 24 mesi di attività lavorativa<br />

nel settore giornalistico di euro 46,21 a partire dal periodo<br />

di paga relativo a gennaio <strong>2006</strong> e di ulteriori euro<br />

46,21 a partire dal periodo di paga relativo a gennaio<br />

2007.<br />

I valori minimi tabellari in atto del teleradiogiornalista radio<br />

con oltre 24 mesi di attività nel settore giornalistico<br />

sono incrementati di euro 35,85 a partire dal periodo di<br />

paga relativo a gennaio <strong>2006</strong> e di ulteriori euro 35,85 a<br />

18 (22) ORDINE 1 <strong>2006</strong>


COMUNICATO DELLA COALIZIONE DI MAGGIORANZA DELL’ASSOCIAZIONE LOMBARDA DEI GIORNALISTI<br />

“Vogliamo conquistare a uno a uno<br />

tutti i 77 punti della piattaforma”<br />

Milano, 23 dicembre 2005. È sufficiente dire<br />

le cose come stanno perché alla maggioranza<br />

della Fnsi e alla minoranza dell’Associazione<br />

lombarda <strong>dei</strong> giornalisti saltino i<br />

nervi. E vengano diffusi comunicati che distorcono<br />

la verità e insinuano subdole menzogne.<br />

Proprio come è successo nei giorni<br />

scorsi, dopo che i consiglieri nazionali di opposizione<br />

hanno motivato pubblicamente la<br />

loro astensione sul documento approvato<br />

martedì 20 dicembre dal Consiglio nazionale,<br />

che affida alla Giunta federale un nuovo pacchetto<br />

di sette giorni di sciopero. Di fronte a<br />

reazioni isteriche e scomposte, noi vorremmo<br />

spiegare con calma e chiarezza le nostre posizioni.<br />

La coalizione che ha la responsabilità<br />

di governare l’Associazione regionale di<br />

stampa più importante e numerosa d’Italia sta<br />

affrontando da mesi il rinnovo del contratto<br />

nazionale con un impegno senza precedenti,<br />

organizzando manifestazioni che non hanno<br />

avuto uguali in tutto il territorio nazionale, promuovendo<br />

decine di assemblee in stretto contatto<br />

con i Comitati e Fiduciari di redazione di<br />

tutta la Lombardia. Proprio questa esperienza<br />

diretta sul territorio ci ha fatto toccare con mano<br />

un malessere diffuso e trasversale tra i colleghi.<br />

Un malessere che è emerso in tutta evidenza<br />

dopo le pesanti difficoltà incontrate nella<br />

gestione degli scioperi nei periodici-familiari,<br />

nei televisivi e, da ultimo, in un importante<br />

news-magazine nazionale. Quando è saltato<br />

il possibile accordo-ponte con la Fieg, e dopo<br />

aver evidenziato in ripetute riunioni della<br />

Giunta federale e in Commissione contratto il<br />

disagio e le difficoltà incontrati, il presidente e<br />

il Vicepresidente della Lombarda in un documento<br />

hanno denunciato la mancanza di metodo<br />

(chiarezza), strategia (lungimiranza) e<br />

tattica (interventi mirati) della Fnsi.<br />

Nonostante ciò, hanno continuato, con il pieno<br />

accordo e il costante collegamento con i<br />

massimi vertici della Federazione, a sostenere<br />

le ragioni della mobilitazione in moltissime<br />

e spesso delicate assemblee. Per questo leggiamo<br />

con stupore, nel documento delle correnti<br />

di Autonomia e Solidarietà e <strong>Giornalisti</strong><br />

uniti, l’accusa di ambiguità e l’affermazione<br />

secondo cui il nostro “atteggiamento anche<br />

questa volta, come è accaduto nei recenti<br />

scioperi, non impedirà il successo dell’azione<br />

del sindacato”. Un’insinuazione palesemente<br />

falsa e strumentale, dopo che anche nell’ultimo<br />

Consiglio nazionale è stato dato pubblicamente<br />

atto ai vertici della Lombarda dell’impegno<br />

determinante che hanno svolto nel<br />

corso delle ultime tornate di scioperi.<br />

Dalla Lombarda è stata inoltre in questi mesi<br />

sollecitata con forza la necessità di discutere<br />

con i colleghi per comprendere le loro ragioni<br />

e recuperare consenso, di promuovere iniziative<br />

per coinvolgere trasversalmente la politica<br />

e la società civile. Ci fa piacere che ora<br />

la Federazione promuova in tutte le regioni<br />

ciò che noi chiedevamo da tempo. Non solo.<br />

La Fnsi sostiene di non aver finora preso decisioni<br />

“senza aver prima sentito e avuto il via<br />

libera dalla conferenza nazionale <strong>dei</strong> cdr e<br />

dalla commissione contratto”. Ci chiediamo<br />

perché in questa occasione non l’abbia fatto,<br />

come chiedevano i consiglieri nazionali di opposizione,<br />

e intenda invece consultare questi<br />

organismi solo per concordare le date e le<br />

modalità di svolgimento degli scioperi.<br />

Ci si chiede, maliziosamente, quale contratto<br />

vogliamo Noi ribadiamo ciò che è noto sia in<br />

Giunta federale sia in Commissione contratto.<br />

Fallito l’accordo ponte resta la nostra piattaforma,<br />

che abbiamo condiviso e che sosteniamo<br />

in tutte le assemblee. Non siamo disponibili<br />

ad arretrare di un passo sugli scatti<br />

di anzianità. Non siamo disposti a cedere agli<br />

editori ulteriori spazi di flessibilità, oltre a quella<br />

già troppo generosamente concessa con il<br />

contratto del 2001. Chiediamo da sempre retribuzioni<br />

che riconoscano concretamente il<br />

ruolo e la centralità del giornalista, dipendente<br />

e free lance. E a questo proposito, sui colleghi<br />

lavoratori autonomi si ipotizzano grandi<br />

progetti ma finora poche cose concrete sono<br />

state fatte. A partire dalla mancata difesa e<br />

applicazione delle norme già contenute nel<br />

contratto. Ecco perché la Lombarda rinnova<br />

l’invito a tutti i Comitati e Fiduciari di redazione<br />

ad occuparsi seriamente <strong>dei</strong> collaboratori,<br />

a verificare che le norme di legge sui pagamenti<br />

vengano applicate, e invita i Cdr che<br />

stanno rinnovando i loro integrativi a concordare<br />

impegni precisi con le aziende nei confronti<br />

<strong>dei</strong> free lance. Questa è la nostra posizione.<br />

Ci farebbe invece piacere che il segretario<br />

della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, insieme<br />

alla sua maggioranza, spiegasse a tutti i<br />

colleghi il reale significato di un’affermazione<br />

fatta nel corso della Commissione contratto<br />

del 23 novembre scorso. Alla dichiarazione<br />

della Lombarda di esigere che tutti e 77 i punti<br />

della piattaforma contrattuale venissero<br />

conquistati, il segretario ha risposto: “Il contratto<br />

finale sarà diverso dalla piattaforma. Il<br />

contratto è un accordo e gli accordi sono <strong>dei</strong><br />

compromessi che devono essere un passo in<br />

avanti rispetto a quello che c’è”. Quali sarebbero,<br />

per Serventi Longhi, tra i 77 punti quelli<br />

davvero irrinunciabili Ricordiamo questa<br />

nostra posizione netta anche al gruppettino di<br />

opposizione in Lombarda che si richiama a<br />

Nuova Informazione, e che nasconde dietro il<br />

linguaggio arrogante e volgare <strong>dei</strong> suoi comunicati<br />

l’incapacità di esprimere valide proposte<br />

politiche. Facciamo loro presente che i<br />

consiglieri nazionali di opposizione rappresentano<br />

la maggioranza in Lombardia e forti<br />

e significative a Roma, Napoli, Firenze,<br />

Torino. Bisogna farsene una ragione.<br />

E a proposito del rigore invocato verso quei<br />

colleghi che non scioperano, ricordiamo che<br />

un anno e mezzo fa la Lombarda ha cancellato<br />

dall’Associazione 1.221 giornalisti per<br />

morosità. Non esiste un provvedimento del<br />

genere in tutta Italia. Tutti si tengono tutti, perché<br />

i numeri fanno effetto e generano poltrone.<br />

Noi, invece, siamo certi di disporre di numeri<br />

veri. E il rigore lo esercitiamo e lo pratichiamo,<br />

ma sosteniamo pure con convinzione<br />

l’esigenza del dialogo. Perché un sindacato<br />

è forte solo se ha consenso, se riesce a<br />

coinvolgere i colleghi sui valori che esprime.<br />

Stampa Democratica, Quarto Potere, Movimento<br />

Liberi <strong>Giornalisti</strong>, Tribuna Stampa<br />

allo per il rinnovo del contratto di lavoro per l’emittenza locale:<br />

one” della legge Biagi e delle norme sui contratti a termine<br />

partire dal periodo di paga relativo a gennaio 2007.<br />

I valori minimi tabellari in atto del teleradiogiornalista con<br />

meno di 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico<br />

sono incrementati di euro 32,32 a partire dal periodo<br />

di paga relativo a gennaio <strong>2006</strong> e di ulteriori euro<br />

32,32 a partire dal periodo di paga relativo a gennaio<br />

2007.<br />

L’indennità di vacanza contrattuale prevista dal verbale di<br />

accordo sindacale del 15 febbraio 2005 cessa di essere<br />

corrisposta dal 1° gennaio <strong>2006</strong>. La tabella <strong>dei</strong> nuovi minimi<br />

è riportata in allegato al presente verbale sotto la lettera<br />

“A”.<br />

4) Tredicesima mensilità<br />

A partire da dicembre <strong>2006</strong> l’ammontare della 13 a mensilità<br />

sarà pari a 30/26esimi della retribuzione mensile ragguagliata<br />

al periodo di maturazione.<br />

5) Orario di lavoro<br />

Con riferimento a quanto disposto dall’art.7 del vigente<br />

CCNL le ore di lavoro eccedenti le 36 ore di lavoro ordinario<br />

settimanale e fino alla 40 a ora, oggi non retribuite,<br />

saranno, se lavorate, retribuite con la paga base oraria<br />

senza maggiorazioni, secondo le seguenti scadenze:<br />

- a partire dal 1° luglio <strong>2006</strong> sarà retribuita la quarantesima<br />

ora (resteranno non retribuite le ore dalla trentasettesima<br />

alla trentanovesima);<br />

- a partire dal 1° dicembre 2007 saranno retribuite la trentanovesima<br />

e la quarantesima ora (resteranno non retribuite<br />

le ore dalla trentasettesima alla trentottesima).<br />

Le residue 2 ore saranno successivamente retribuite secondo<br />

le scadenze e le modalità che le parti concorderanno<br />

in sede di rinnovazione contrattuale quadriennale e<br />

comunque non oltre il 1° gennaio 2011. In tale sede le<br />

parti si impegnano a riesaminare l’intera materia.<br />

6) Prestazione lavorativa multimediale<br />

Premesso che i direttori sono chiamati a garantire l’autonomia<br />

delle singole testate, l’opera del giornalista nel corso<br />

dell’orario normale di lavoro potrà essere utilizzata, nel<br />

rispetto delle sue competenze professionali, anche per le<br />

eventuali testate on line prodotte dall’azienda, fermo restando<br />

che la sua prestazione deve comunque svolgersi<br />

prevalentemente nella testata di appartenenza.<br />

7) Decreto legislativo 18.9.2003 n. 276 (legge Biagi)<br />

Con riferimento a quanto previsto dal punto 7 dell’accordo<br />

3 dicembre 2003 le parti confermano l’impegno a proseguire<br />

nell’esame congiunto delle disposizioni e delle<br />

nuove tipologie contrattuali previste nel decreto legislativo<br />

18 settembre 2003 n. 276 per verificarne l’applicabilità<br />

al settore per quanto attiene le prestazioni di lavoro giornalistico.<br />

Nello stesso ambito le parti proseguiranno nell’esame<br />

della nuova disciplina di legge <strong>dei</strong> rapporti di collaborazione<br />

autonoma coordinata e continuativa e nella verifica<br />

degli aspetti applicativi del Regolamento <strong>dei</strong> rapporti di<br />

collaborazione coordinata e continuativa sottoscritto dalle<br />

parti il 3 ottobre 2000.<br />

Le conclusioni delle verifiche su entrambi i predetti punti<br />

costituiranno oggetto d’intesa tra le parti in sede di rinnovo<br />

del contratto quadriennale.<br />

8) Contratti a termine<br />

Con riferimento a quanto disposto dall’articolo 11 del decreto<br />

legislativo 6 settembre 2001 n. 368 le parti, avendo<br />

con il presente accordo prorogato sino al 31 dicembre<br />

2007 tutta la normativa prevista dal contratto 3 ottobre<br />

2000, convengono che, in relazione alla stipula <strong>dei</strong> contratti<br />

a termine, continuerà a trovare applicazione la regolamentazione<br />

prevista dall’articolo 4 del richiamato<br />

CCNL 3 ottobre 2000.<br />

9) Prestazioni professionali<br />

Ad integrazione del Regolamento <strong>dei</strong> rapporti di collaborazione<br />

coordinata e continuativa le parti concordano che:<br />

in presenza di prestazioni professionali occasionali le<br />

aziende del settore si impegnano al pagamento <strong>dei</strong> compensi<br />

concordati con il singolo collaboratore entro 30 giorni<br />

dall’avvenuta prestazione.<br />

10) Contribuzione ai collaboratori coordinati e continuativi<br />

In relazione alla contribuzione previdenziale le parti auspicano<br />

che anche nel settore giornalistico le modalità di<br />

adesione e di versamento contributivo alla gestione separata<br />

dell’Inpgi per i collaboratori coordinati e continuativi<br />

siano equiparate alla normativa generale prevista per<br />

tutti gli altri settori produttivi.<br />

Alla scadenza del presente accordo le parti procederanno<br />

alla rinnovazione del contratto quadriennale.<br />

AERANTI-CORALLO AERANTI CORALLO/ FNSI<br />

<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />

periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003<br />

(conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano<br />

Anno XXXVI - Numero 1, Gennaio <strong>2006</strong><br />

Direttore responsabile<br />

FRANCO ABRUZZO<br />

Direzione, redazione, amministrazione:<br />

Via Antonio da Recanate, 1 - 20124 Milano<br />

Centralino Tel. 02 67 71 371 Fax 02 66 71 61 94<br />

Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Franco Abruzzo presidente;<br />

Cosma Damiano Nigro vicepresidente;<br />

Sergio D’Asnasch consigliere segretario;<br />

Alberto Comuzzi consigliere tesoriere.<br />

Consiglieri: Letizia Gonzales, Laura Mulassano,<br />

Paola Pastacaldi, Giuseppe Spatola, Brunello Tanzi<br />

Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti Giacinto Sarubbi (presidente),<br />

Ezio Chiodini e Marco Ventimiglia<br />

Direttore dell’OgL<br />

Segretaria di redazione<br />

Elisabetta Graziani<br />

Teresa Risé<br />

Realizzazione grafica: Grafica Torri Srl<br />

(coord. Franco Malaguti, Marco Micci)<br />

Stampa Stem Editoriale S.p.A.Via Brescia, 22<br />

<strong>2006</strong>3 Cernusco sul Naviglio (Mi)<br />

Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970<br />

presso il Tribunale di Milano.<br />

Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori<br />

di Comunicazione (ROC)<br />

Comunicazione e Pubblicità<br />

Imagina sas<br />

Corso di Porta Romana, 128 -20122 MILANO<br />

T. 02/58320509 Fax 02/58319824<br />

e-mail: imagiuno@tin.it - www.imaginapubblicita.com<br />

La tiratura di questo numero è di 24.800 copie<br />

Chiuso in redazione il 5 gennaio <strong>2006</strong><br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

19(23)


Vertenza<br />

contrattuale<br />

Franco Abruzzo: “Gli editori vogliono smontare professione<br />

e contratto, annullare le conquiste normative ed economiche.<br />

Un disegno reazionario, che va combattuto, uniti nella Fnsi,<br />

fino in fondo. A rischio l’autonomia e l’indipendenza<br />

della professione. Pesa l’indifferenza della politica,<br />

di tutta la politica”.<br />

La “contropiattaforma<br />

della Fieg spiegata<br />

punto per punto<br />

Svelati gli obiettivi<br />

segreti e gli effetti<br />

di ogni singola richiesta<br />

di Roberto Seghetti<br />

1. Contratto a tempo determinato: armonizzare la disciplina contrattuale alle disposizioni previste<br />

dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n 368, allineando le attuali causali contrattuali<br />

con quelle di legge, che legittimeranno l’apposizione di un termine alla durata del contratto di<br />

lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.<br />

2. Contratto a tempo parziale: armonizzare la disciplina contrattuale alle disposizioni previste<br />

dal decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 61 e successive modificazioni così come modificato<br />

dall’art. 46 del decreto legislativo n 276/2003, con particolare riferimento alla regolamentazione<br />

del lavoro supplementare o straordinario.<br />

3. Legge Biagi: applicare la nuova tipologia di lavoro istituita dal decreto legislativo n 276/2003<br />

(lavoro intermittente, ripartito e di inserimento) assolvendo agli adempimenti demandati dalla<br />

legge alla contrattazione collettiva di categoria, tenendo presenti le peculiari caratteristiche del<br />

contratto giornalistico e le esigenze organizzative e produttive delle aziende.<br />

4. Ferie: armonizzare la disciplina contrattuale alle disposizioni previste dall’art.10 del decreto<br />

legislativo 8 aprile 2003 n 66 con le necessarie specifiche contrattuali di chiarimento interpretativo.<br />

5. Vicedirettori: riconoscimento della qualifica dirigenziale.<br />

Spiegazione: completa liberalizzazione del contratto a tempo determinato. Oggi le ragioni “tecniche,<br />

produttive, organizzative”, devono essere comprovate, accertate, concordate con il sindacato.<br />

Domani basterà di fatto l'affermazione dell'editore e molti contratti potranno essere a<br />

termine.<br />

Spiegazione: i giornalisti che hanno un contratto part time potranno prolungare l'orario di lavoro<br />

o fare gli straordinari. Così, nelle testate dove il sindacato è più debole, ti obbligano a fare<br />

il part time e poi a prolungare l'orario. Ti pagano meno e lavori lo stesso.<br />

Spiegazione: gli editori vogliono applicare fino in fondo tutta la legge Biagi. Per esempio, il distacco:<br />

ti mando a lavorare in un'altra casa editrice, una specie di prestito del giornalista agli amici,<br />

e senza che debba chiedere il tuo permesso. O la somministrazione di lavoro: prendo in affitto<br />

da una società esterna un intero pezzo di redazione, a tempo indeterminato, che lavorerà<br />

nella redazione, insieme ai giornalisti direttamente dipendenti. In questo contesto, vogliono concordare<br />

con la Fnsi come attuare (il negoziato è previsto dalla legge) lavoro intermittente, ripartito<br />

e contratto di inserimento. Le loro proposte Eccole: chiedono di poter fare contratti in base<br />

ai quali il giornalista viene chiamato a lavorare solo il sabato e la domenica. La paga: il minimo<br />

contrattuale più il 20 per cento per la disponibilità, ma niente contratto integrativo. Risultato: d'un<br />

colpo verrebbero spiazzati tutti i giornalisti dipendenti da testate dove, in base al patto integrativo,<br />

il festivo viene pagato di più. Quanto all'inserimento, nel corso degli incontri tecnici gli editori<br />

hanno proposto di utilizzare questa forma contrattuale "prima" del praticantato.<br />

Spiegazione: le ferie vanno fatte e non si possono monetizzare.<br />

Spiegazione: licenziabilità dal giornale.<br />

6. Periodo di prova: elevare a sei mesi il periodo.<br />

7. Settimana corta: in caso di parziale attività lavorativa settimanale chiarire che non sussiste<br />

il diritto al godimento del giorno di riposo per la settimana corta.<br />

Spiegazione: se sei malato o se fai parte del Cdr e stai in permesso sindacale, non ti scatta<br />

la corta.<br />

8. Indennità di funzione: estensione ai capi redattori ed ai capi servizio responsabili delle redazioni<br />

decentrate del trattamento normativo ed indennitario già previsto per i capi redattori<br />

centrali.<br />

9. Giorni festivi e riposo settimanale: abolire l’ultimo comma dell'articolo 19 del contratto.<br />

10. Trasferimenti: prevedere che la disciplina <strong>dei</strong> trasferimenti non si applichi nel caso in cui il<br />

comune di nuova destinazione disti meno di 50 Km da quello della sede centrale.<br />

11. Ferie: precisare che in caso di mancata intesa sui programmi di smaltimento delle ferie arretrate<br />

le aziende e le direzioni potranno comunque rendere operativo il programma con il rispetto<br />

delle modalità previste dal contratto.<br />

12. Permessi sindacali: specificare il significato della condizione contrattuale relativa al tempo<br />

strettamente necessario per lo svolgimento della funzione in relazione al tipo di carica ricoperta<br />

ed alle modalità di comunicazione all'azienda della richiesta di permesso sindacale e dell'esaurimento<br />

dello stesso.<br />

13. Malattia ed infortunio: definire il periodo di comporto per la malattia.<br />

14. Tutela sindacale: specificare che il nulla osta dell’Associazione regionale di stampa non<br />

debba essere richiesto in caso di licenziamento per giusta causa ovvero per il raggiungimento<br />

<strong>dei</strong> limiti di età.<br />

15. Redattore grafico nei periodici. Migliore specificazione delle funzioni per distinguere la figura<br />

da quella dell’impiegato grafico.<br />

16. Regolamento di disciplina. Rimodulare il criterio della recidiva di cui ai nn. 2, 3 e 4 del 2°<br />

comma fissando meglio la tipologia delle infrazioni che determinano l'applicazione <strong>dei</strong> provvedimenti<br />

disciplinari.<br />

17. Aumenti periodici di anzianità. Rivedere la disciplina vigente sulla base delle seguenti<br />

specifiche: individuazione in cifra fissa dell’ammontare del singolo scatto con riferimento alla<br />

qualifica del giornalista secondo i valori in atto antecedentemente alla rinnovazione; per i giornalisti<br />

in servizio in possesso di un’azianità aziendale di 15 anni, il mantenimento del numero<br />

massimo di scatti già previsto (15); individuazione in 7 del numero massimo degli aumenti periodici<br />

maturabili.<br />

18. Posizione parametrale: rendere permanente per i nuovi assunti la posizione parametrale<br />

prevista per i redattori di prima nomina e per i praticanti con meno di 12 mesi di servizio.<br />

Spiegazione: quando il direttore decide che non vai più bene torni indietro alla qualifica di provenienza.<br />

Spiegazione: la domenica ti pagano solo le ore effettivamente lavorate e l'orario viene esteso<br />

a 7 ore e un quarto.<br />

Spiegazione: l'editore ti può trasferire dove e quando vuole entro un raggio di 50 Km, senza<br />

chiederti il benestare e senza l'assenso del Cdr. Insomma, se sei antipatico al direttore o non<br />

scrivi quello che vogliono loro te ne vai fuori senza tanti complimenti.<br />

Spiegazione: se non trovi un accordo, sono loro che decidono.<br />

Spiegazione: vogliono controllare quello che fai e darti i permessi solo se partecipi alle riunioni<br />

formali dell'organismo sindacale in cui sei stato eletto, per esempio il Cdr. Insomma, un cappio<br />

al sindacato.<br />

Spiegazione: licenziabilità del malato appena finito il cosiddetto periodo di comporto (tre mesi,<br />

sei mesi).<br />

Spiegazione: così licenziano i membri scomodi <strong>dei</strong> Cdr ufficialmente "per giusta causa" e l'Ars<br />

non può opporsi fino a quando non è finita la causa civile, cioè dopo 5 o sei anni. Furbi, no<br />

Spiegazione: rendere più difficile diventare o assumere i "giornalisti" grafici nei periodici.<br />

Spiegazione: un'altra stretta, con la possibilità di arrivare più facilmente alle sanzioni, anche<br />

quelle estreme.<br />

Spiegazione: oggi noi abbiamo scatti biennali equivalenti al 6 per cento del minimo, che si rivalutano<br />

quando cresce la retribuzione. Con questa norma si congela la cifra una volta per tutte<br />

(tra dieci anni che potere di acquisto avrà Diventerà come la redazionale, che via via si è<br />

rinsecchita). Gli anziani manterranno 15 scatti (ma sempre della stessa cifra fissa). I nuovi ne<br />

avranno solo 7 (sempre della stessa somma relativa alla qualifica di ingresso).<br />

Per i giornalisti sarebbe un terremoto non solo economico: oggi, anche se sei inviso ai direttori,<br />

se sei emarginato perché non accetti imposizioni, il tuo stipendio progredisce in percentuale.<br />

Domani, con questa norma, no. Come dire: saremo ancora meno autonomi.<br />

Spiegazione: di fatto, i redattori ordinari di nuova nomina avrebbero lo stipendio <strong>dei</strong> redattori<br />

con meno di trenta mesi. In soldoni, i nuovi redattori guadagneranno (tra stipendio minimo e<br />

contingenza) 512 euro in meno al mese per tutta la loro vita (a quando le richieste per capi servizio<br />

e co. se passasse questa norma)<br />

20 (24) ORDINE 1 <strong>2006</strong>


Lettera al presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />

che ha messo in rete lo studio<br />

di Roberto Seghetti<br />

sulla “contropiattaforma”<br />

degli editori<br />

Costantino Muscau (Corriere della Sera): “Mancano<br />

chiarezza e trasparenza al nostro interno”<br />

Caro Presidente, lo sciopero costa caro, ma porta consiglio.<br />

Grazie ai due giorni di riposo forzato, ho avuto modo leggere<br />

con attenzione la “contropiattaforma” della Fieg che tu hai<br />

messo in rete.<br />

Finalmente dopo 6 giornate (se non sbaglio i conti) di «durissimo<br />

e carissimo non lavoro» viene spiegato al popolo <strong>dei</strong><br />

media il “diciottalogo” (ho visto che i punti sono 18) al centro<br />

dell’asperrima contesa con gli editori.<br />

E c’è da restare stercofatti se le ragioni della “lotta dura senza<br />

paura e senza fine” sono quelle spiegate da Roberto<br />

Seghetti (https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=2117).<br />

Per due motivi:<br />

1) Perché in tutti questi mesi queste ragioni non sono mai<br />

state rese così pubbliche e chiare (ammesso che siano<br />

quelle reali)<br />

2) Perché non si è scatenato un «vero» finimondo se «veramente»<br />

la Fieg vuole questa applicazione della legge<br />

Biagi<br />

Va da sè infatti che la legge Biagi, ovvero il 3° <strong>dei</strong> 18 punti seghettiani,<br />

è la causa di tutti i mali (se le cose stanno così).<br />

Insomma la flessibilità selvaggia andrebbe combattuta perinde<br />

ac cadaver (ma le cose stanno così)<br />

Mentre non c’è dubbio che alcuni <strong>dei</strong> 18 punti non meritano il<br />

sacrificio di scioperi sanguinosi. Ad esempio: chi se ne frega<br />

se l’editore ti trasferisce entro 50 km O è forse sbagliato godersi<br />

le ferie invece di farsele pagare Non è un nostro diritto<br />

Non metteremmo in crisi quegli stessi editori che oggi ci<br />

vogliono distruggere<br />

Altri punti sono chiaramente pretestuosi: chi impedisce all’editore<br />

già da oggi un controllo sui permessi sindacali Che cosa<br />

abbiamo da nascondere E poi affrontiamo chiaramente il<br />

secondo nodo centrale: lo scontro in atto è per la difesa <strong>dei</strong><br />

precari e i non pagati (come scrive la Giunta nel comunicato<br />

dell’annuncio dello sciopero) o il contratto di lavoro<br />

è - ahimè, lo so è una vexata quaestio - per i già (in qualche<br />

modo) garantiti<br />

Concludo: mancano chiarezza e trasparenza al nostro interno,<br />

intendo da parte <strong>dei</strong> vertici Fnsi.<br />

Capisco. Detti vertici che sono più che mai indaffarati: oltre<br />

a chiamare la categoria alla lotta sono, infatti, impegnati da un<br />

capo all’altro del mondo.<br />

L’8 dicembre, mentre noi poveri tapini ci apprestavamo a rispettare<br />

la disciplina sindacale e in buona fede a dissanguarci<br />

col sesto sciopero (se non sbaglio il conto), il presidente della<br />

Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, si trovava<br />

a Lione a un fondamentale convegno (organizzato sotto<br />

l’egida dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti e della Fnsi) su<br />

“Informazione e scambio giornalistico tra Italia e Francia e zone<br />

francofone”.<br />

Il nostro amato segretario Paolo Serventi Longhi, invece, era<br />

in Australia, credo per un convegno sulla libertà di stampa o<br />

cose simili nella terra <strong>dei</strong> canguri.<br />

Distinti saluti e hasta la victoria siempre.<br />

Costantino Muscau<br />

giornalista del Corriere della Sera<br />

consigliere nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e della Casagit ex consigliere della Fnsi<br />

Il congelamento degli scatti significa non solo spaccare<br />

la categoria ma sconvolgere i conti dell’Inpgi.<br />

Non è il caso di chiedere al giudice del lavoro che dichiari<br />

non ricevibile la contropiattaforma degli editori<br />

Nota di Franco Abruzzo<br />

Gli editori chiedono di “rivedere la disciplina vigente sulla<br />

base delle seguenti specifiche: individuazione in cifra fissa<br />

dell’ammontare del singolo scatto con riferimento alla qualifica<br />

del giornalista secondo i valori in atto antecedentemente<br />

alla rinnovazione; per i giornalisti in servizio in possesso di<br />

un’azianità aziendale di 15 anni, il mantenimento del numero<br />

massimo di scatti già previsto (15); individuazione in 7 del<br />

numero massimo degli aumenti periodici maturabili”.<br />

Roberto Seghetti ha spiegato così i riflessi dell’impostazione<br />

Fieg: “Oggi noi abbiamo scatti biennali equivalenti al 6<br />

per cento del minimo, che si rivalutano quando cresce la retribuzione.<br />

Con questa norma si congela la cifra una volta per<br />

tutte (tra dieci anni che potere di acquisto avrà Diventerà come<br />

la redazionale, che via via si è rinsecchita). Gli anziani<br />

manterranno 15 scatti (ma sempre della stessa cifra fissa). I<br />

nuovi ne avranno solo 7 (sempre della stessa somma relativa<br />

alla qualifica di ingresso). Per i giornalisti sarebbe un terremoto<br />

non solo economico: oggi, anche se sei inviso ai direttori,<br />

se sei emarginato perché non accetti imposizioni, il<br />

tuo stipendio progredisce in percentuale. Domani, con questa<br />

norma, no. Come dire: saremo ancora meno autonomi”.<br />

Seghetti, però, non ha calcolato i riflessi sui conti dell’Inpgi:<br />

tutti i calcoli attuariali sono impostati sull’aumento biennale degli<br />

scatti pari al 6 per cento e sul numero massimo degli scatti<br />

(15) che ogni giornalista può accumulare durante la carriera.<br />

Se dovesse passare la linea Fieg, le conseguenze sull’Inpgi<br />

sarebbero drammatiche e tali da metterne a rischio la vita. Gli<br />

editori hanno gettato la maschera: vogliono distruggere<br />

l’Istituto e creare le condizioni perché venga assorbito<br />

dall’Inps. Perché nessuno parla di questo aspetto della “controppiattaforma”<br />

padronale L’assunto “meno quattrini ai<br />

giornalisti, meno contributi all’Inpgi e in futuro pensioni<br />

contenute” è estremamente chiaro. Gli effetti a cascata sono<br />

limpidi.<br />

Seconda domanda: è corretto giuridicamente che la Fieg<br />

presenti una contropiattaforma La contropiattaforma dà l’idea<br />

assurda che la categoria <strong>dei</strong> giornalisti debba “dare” in via<br />

pregiudiziale agli editori quattrini e istituti contrattuali costruiti<br />

dal 1911 in poi. Il contratto giornalistico ha forza di legge (Dpr<br />

153/1961) in base alla legge n. 741/1959. Questa legge dice<br />

che i contratti possono essere cambiati consensualmente, ma<br />

in chiave migliorativa. Perché i nostri dirigenti della Fnsi trattano<br />

con una controparte che, ripeto, in via pregiudiziale, vuole<br />

peggiorare il nostro Cnlg Non è il caso di chiedere al giudice<br />

del lavoro che dichiari non ricevibile la contropiattaforma<br />

degli editori Non bisogna ripetere l’errore del 2000/2001.<br />

LETTERE AL PRESIDENTE DELL’ORDINE DI MILANO<br />

Situazione <strong>dei</strong> cococo:<br />

“DOVEROSO aprire<br />

un dibattito nazionale”<br />

A Livorno 6 euro ad articolo,<br />

mentre i “clandestini”<br />

ne prendono 15 al giorno<br />

Gentile dottor Abruzzo, sono un collaboratore<br />

(co.co.pro.) di un quotidiano di provincia<br />

ormai da quasi 4 anni. E vivo di questo<br />

mestiere, guadagnando 600-700 euro al<br />

mese: un articolo viene pagato da 10 a 25<br />

euro, a seconda delle colonne. Prezzi fermi<br />

da sei anni. Come me, centinaia di altri collaboratori<br />

in tutta Lombardia, in tutta Italia;<br />

non facciamo gli ipocriti: gli stessi prezzi si<br />

sentono in quasi tutti i quotidiani locali, euro<br />

in più, euro in meno. Noto con piacere<br />

che sull'ultimo sciopero <strong>dei</strong> giornalisti professionisti<br />

si è acceso un interessante dibattito<br />

mediatico e telematico. Mi chiedo, Le<br />

chiedo: quando l'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti e<br />

l'Fnsi imporranno agli editori almeno, e ripeto,<br />

ALMENO, un aggiornamento <strong>dei</strong><br />

compensi MINIMI sotto ai quali non è possibile<br />

andare Lo sappiamo che i compensi<br />

indicati dall'<strong>Ordine</strong> ormai sono solamente<br />

indicativi. Sappiamo anche che quando<br />

lamentiamo queste cose ai nostri editori tutti<br />

i quotidiani tendono a chiudere trattative<br />

private (ti do 10 euro in più a pezzo, proprio<br />

perché sei tu... perché lavori bene).<br />

Soltanto l'idea di associarsi in una battaglia<br />

comune terrorizza i collaboratori, intimiditi<br />

di poter perdere anche quella misera certezza<br />

economica.<br />

Credo sia DOVEROSO aprire un dibattito<br />

nazionale su queste problematiche, vissute<br />

quasi con vergogna da migliaia di giovani<br />

precari dell'informazione (quasi tutti laureati,<br />

statene certi). Perché non lo fate E,<br />

cosa ancor più grave, perché non lo avete<br />

ancora fatto<br />

Potreste almeno fare un’indagine sui corrispettivi<br />

ricevuti per un articolo nei diversi<br />

quotidiani lombardi, da pubblicare magari<br />

su Tabloid. Statene certi che farebbe faville...<br />

Il dovere di informazione è il primo ruolo di<br />

un giornalista: se non ci informiamo almeno<br />

sulle nostre condizioni lavorative, che<br />

informazione è questa<br />

Con stima<br />

Pietro Gorlani<br />

Forse potrà essere di conforto - per il collega<br />

Pietro Gorlani - sapere che il corrispettivo per<br />

un articolo da 10 a 25 euro è un trattamento<br />

di lusso. Per otto anni infatti, dal 1995 al 2003,<br />

(i primi due anni da praticante e i restanti da<br />

pubblicista iscritto all'<strong>Ordine</strong>) ininterrottamente<br />

Il Tirreno di Livorno (tiratura giornaliera<br />

110 mila copie, vendite intorno alle 90 mila)<br />

del gruppo Repubblica Espresso mi ha sempre<br />

pagato l'articolo di apertura (le classiche<br />

due cartelle da trenta righe previste dal tariffario<br />

dell'<strong>Ordine</strong>, pari a 4/5 colonne del giornale)<br />

con £ 12.000 (all'epoca delle lire) e 6<br />

euro con l'entrata in vigore della valuta europea.<br />

È forse superfluo ricordare che a monte di un<br />

articolo di apertura, di cronaca, di resoconto<br />

di un consiglio comunale, di un dibattito assembleare<br />

(in ore serali) ecc. ecc. ci sono<br />

non meno di tre-quattro ore di lavoro complessive.<br />

In otto anni non è mi stata mai riconosciuta,<br />

anzi è stata fermamente negata, la rivalutazione<br />

dell'Istat e del costo della vita sulle dodicimila<br />

lire per le due cartelle, per cui più<br />

passava il tempo e meno percepivo.<br />

Come tutti i giornali però fanno bella mostra<br />

di sé nel denunciare la scoperta del laboratorio<br />

clandestino di turno dove vengono sfruttati<br />

sistematicamente i lavoratori a 15 euro al<br />

giorno. Ovviamente non ci sono limiti all'ipocrisia!<br />

Mario Valentini<br />

pubblicista, iscritto all’<strong>Ordine</strong> della Toscana.<br />

Ex giovane, laureato ed ex professore di lettere<br />

L’ECO DELLA STAMPA<br />

ECO STAMPA<br />

MEDIA MONITOR S.R.L.<br />

Via Compagnoni 28, 20129 Milano<br />

Tel. 02 748113.1 - Fax. 02 748113.444<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

21(25)


Vertenza<br />

contrattuale<br />

Daniela Castelli: “La televisione<br />

è il limbo <strong>dei</strong> giornalisti”<br />

Paolo Mastromo: “Il nodo<br />

è questo, chi è oggi il giornalista”<br />

di Daniela Castelli<br />

Caro Franco, apprezzo sempre molto gli sforzi<br />

che fa l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti e tu in particolar<br />

modo, per tutelare la professione, ma a<br />

proposito di contratto un occhio di riguardo dovrebbe<br />

essere rivolto ai professionisti, che lavorano<br />

in televisione.<br />

I nostri telegiornali, dai più umili ai nazionali,<br />

nascondono insidie non indifferenti: sia dal<br />

punto di vista contrattuale sia dal punto di vista<br />

professionale.<br />

Mi spiego meglio. Il messaggio trasmesso<br />

attraverso il tubo catodico da sempre condiziona<br />

la vita di ognuno di noi, anche senza<br />

volerlo. Per questo sono convinta, che più<br />

della carta stampata, senza togliere alcun<br />

merito ai<br />

colleghi che ammiro moltissimo per capacità<br />

letterarie e culturali, il mezzo televisivo presuppone<br />

una conoscenza <strong>dei</strong> sistemi di comunicazione<br />

molto approfondita. Filtri evidenti<br />

o no, la tv rappresenta un sistema di condizionamento<br />

‘forzato’ e ‘dipendente’ di cui il pubblico<br />

a volte non si accorge nemmeno.<br />

Da sempre il settore dell’informazione, così<br />

come della comunicazione, attraverso la televisione,<br />

è considerata un limbo di giornalisti incapaci<br />

o a volte troppo saccenti. Non per niente<br />

si cerca di ottimizzare avvalendosi delle capacità<br />

<strong>dei</strong> singoli per rendere rubriche ‘di colore’<br />

più importanti e interessanti grazie a loro.<br />

Non sto parlando dunque della ‘nostra’ professionalità,<br />

ma piuttosto della capacità dell’editore<br />

di utilizzare vari escamotage per non tutelare<br />

il giornalista, anche attraverso la così<br />

definita ‘presenza’ in video. Di certo la popolarità<br />

che ti può dare la tv non te la dà altro mezzo,<br />

ma da qui a supporre che questo possa<br />

essere materia di trattativa in un contratto è<br />

veramente troppo.<br />

Faccio questo lavoro perché lo amo. Il giornalismo<br />

è la mia vita, ma il fatto di essere telegenica<br />

non può essere un’arma da usare contro<br />

di me dall’editore! Il famoso vincolo d’esclusiva<br />

è una cosa, deprezzare un servizio<br />

perché “ti garantisco la presenza in video” è<br />

un’altra. Credi veramente che tutti i professionisti<br />

che lavorano in un tg o in tv abbiamo davvero<br />

bisogno di comparire Cosa ne pensiamo<br />

di Euro News, dove professionisti di varie<br />

nazionalità vengono ‘contenuti’ in filmati di due<br />

minuti e mezzo massimo, per spiegare<br />

all’Europa cosa succede nel mondo e delle<br />

immagini ha fatto un cavallo di battaglia con il<br />

‘No comment’ Questo dimostra che il giornalista<br />

non ha necessità di comparire, non ha<br />

necessità di essere ‘visto’, la notizia sta in altro.<br />

Non mi è mai successo di essere assunta con<br />

contratto giornalistico da una testata giornalistica<br />

come il Tg5 o il Tg2, ma quando parliamo<br />

di piccole realtà (e comunque non solo)<br />

domina una contratto chiamato FRT, il cosiddetto<br />

fotoreporter, che della professione se ne<br />

fa un baffo!<br />

Creato ad hoc non ha alcuna tutela della professione<br />

giornalistica: niente turni, dirette ogni<br />

giorno, per non parlare di sabati, domeniche e<br />

<strong>dei</strong> presunti ‘speciali’ da realizzare nelle ore<br />

più disparate della giornata, consentendo all’editore<br />

di intascare i soldi <strong>dei</strong> commerciali<br />

(perché di questo si tratta) e al giornalista di<br />

essere sfruttato nelle sue capacità, oltre che<br />

minacciato nel caso di rifiuto, della perdita del<br />

posto di lavoro.<br />

Ma di che lavoro stiamo parlando Quello del<br />

fotoreporter o quello del giornalista E comunque<br />

quello del fotoreporter è tale da essere<br />

paragonato a quello giornalistico<br />

Nella vita vorrei continuare a fare quello che<br />

ho imparato negli anni, con una professionalità<br />

specifica e giornalistica nell’ambito televisivo,<br />

ma mi sto rendendo conto di aver cambiato<br />

rotta.<br />

Adesso vorrei scrivere, non perché sia più facile,<br />

tutt’altro: perché più difficile! Ogni giorno<br />

è una sfida. E ogni giorno amo di più i difetti e<br />

le contraddizioni della tv.<br />

Troppo facile dare addosso ai giornalisti televisivi,<br />

troppo facili avvilirli con mansioni non<br />

consone alla loro professione.<br />

A maggio mi sono dimessa, dopo essere stata<br />

assunta con un contratto Frt da una piccola<br />

tv di provincia, che millantava di voler migliorare<br />

la qualità informativa della testata.<br />

Dopo qualche mese ho rifiutato un altro contratto<br />

di questo tipo, perché quando ho chiesto<br />

un contratto nazionale mi è stato risposto:<br />

“Il contratto Fnsi è morto!”.<br />

È davvero così Franco Cosa dobbiamo fare<br />

noi professionisti, che lavoriamo per oltre 40<br />

ore alla settimana e assistiamo allo sfruttamento<br />

di stagisti che, dopo un’esperienza in<br />

settori televisivi di un certo spessore, ne escono<br />

con le ossa rotte e si trovano in mezzo ad<br />

una strada<br />

I loro maestri sono gli stessi che dicono che il<br />

contratto è morto e prosciugano le loro velleità!<br />

Hai mai pensato di verificare queste<br />

realtà e insieme al presidente della Fnsi trovare<br />

una soluzione<br />

Il contratto che si chiama AER-ANTI-CO-<br />

RALLO, nato proprio a tutela della professione<br />

(come si legge in questo stralcio: Le parti<br />

prendono atto che la legge sull’ordinamento<br />

della professione giornalistica del 3 febbraio<br />

1963 n. 69 garantisce l’autonomia professionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti e fissa i contenuti<br />

della loro deontologia professionale specificando<br />

che è diritto insopprimibile <strong>dei</strong> giornalisti<br />

la libertà di informazione e di critica, limitata<br />

dall’osservanza delle norme di legge<br />

dettate a tutela della personalità altrui ed è<br />

loro obbligo inderogabile il rispetto della verità<br />

sostanziale <strong>dei</strong> fatti, osservati sempre i<br />

doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede)<br />

non se lo fila nessuno!<br />

Mentre piuttosto che un Frt, un AER-ANTI-<br />

CORALLO dovrebbe essere un OBBLIGO<br />

per le aziende.<br />

Ne approfitto per ringraziare tutti i professionisti<br />

che, potendolo fare, hanno scioperato per<br />

la tutela <strong>dei</strong> nostri diritti. Sappiate che c’è chi<br />

pur volendolo fare, non ha potuto scioperare<br />

perché un editore in testa, seguito da direttore<br />

(in regola con un contratto Fnsi!) e caporedattore,<br />

li ha obbligati a lavorare perché assunti<br />

con un contratto Frt.<br />

Grazie e attendo una tua risposta di conforto.<br />

Con affetto e cordialità.<br />

di Paolo Mastromo<br />

Carissimo presidente, è molto difficile intervenire<br />

sull’argomento del contratto, anche<br />

se in molti, credo, sentiamo l’esigenza di<br />

“partecipare”. In sintesi direi che i nodi sono<br />

giunti al pettine e che il padre di tutti i<br />

nodi è proprio questo: chi è oggi il giornalista<br />

È facile rispondere a questa domanda se<br />

guardiamo ai grandi quotidiani oppure ai<br />

grandi magazine. Ci sorreggono le leggi, la<br />

pratica e l’esperienza. Non lo è altrettanto<br />

se osserviamo il magma indistinto delle cosiddette<br />

“testate di settore” (la mitica<br />

Agenda del giornalista, che pure contiene<br />

alcune centinaia di titoli, ne cita sono una<br />

piccola parte) che escono con un direttore<br />

responsabile (spesso è lo stesso editore), a<br />

volte uno o due “redattori” e un gruppetto di<br />

collaboratori free lance.<br />

In questo mondo le regole della deontologia<br />

- quando non anche quelle del mestiere<br />

- sono altre da quelle del primo gruppo:<br />

alle persone che scrivono i pezzi - spesso<br />

gente molto competente rispetto al proprio<br />

settore di attività - non solo non è richiesto<br />

di evitare la commistione fra pubblicità e testo<br />

ma - al contrario - viene chiesto quasi<br />

quotidianamente di stendere pagine di “redazionali”<br />

per cui l’azienda-inserzionista ha<br />

pagato.<br />

Non si tratta di “deviazioni” o di equivoci:<br />

centinaia di testate, migliaia di “giornalisti”<br />

vivono il loro lavoro quotidiano - da anni -<br />

all’interno di un mondo in cui il testo scritto<br />

(quindi il loro “lavoro giornalistico”) nasce<br />

da motivazioni economiche, da relazioni più<br />

o meno “politiche” e non da una spesso inesistente<br />

“ricerca oggettiva della notizia”.<br />

Molte di queste persone al tempo stesso<br />

stendono i contratti e scrivono gli articoli relativi.<br />

Della cosiddetta deontologia, insomma,<br />

spesso non c’è alcuna traccia. Dico<br />

questo senza “valutazioni”: è un mestiere,<br />

visto che c’è una domanda e un’offerta e<br />

una oggettiva quanti/qualità di lavoro, ma<br />

non può certo dirsi “mestiere giornalistico”.<br />

Ciò non accade solo in Italia, beninteso.<br />

Occupandomi di uffici stampa e di manifestazioni<br />

fieristiche vedo bene, da anni, che<br />

quasi ogni riga di questi magazine, ovunque<br />

nel mondo, risponde a logiche di prodotto,<br />

agli equilibri fra la pubblicità e l’avvenimento.<br />

Quotidiana, per esempio - e considerata<br />

ovunque nel mondo assolutamente “normale”<br />

- è la pratica del “cambio merce”: io concedo<br />

uno stand a te editore nella mia fiera<br />

e tu mi dai una o due pagine di pubblicità in<br />

cambio; e magari io al posto della pagina di<br />

pubblicità (oppure spesso come accompagnamento<br />

della pagina pubblicitaria, cioè<br />

come regalo a valore economico zero) chiedo<br />

e ottengo un paio di pagine di testo, testo<br />

che ti fornisco io stesso (chi potrebbe<br />

scrivere un testo su di me meglio di me stesso)<br />

così tu editore non devi neppure pagare<br />

(ok, poco...) uno che riempia quello spazio<br />

e prendi tre piccioni con una fava.<br />

Importanti direttori di accreditate riviste internazionali,<br />

se insisto troppo perché pubblichino<br />

una notizia su una manifestazione<br />

fieristica mi chiedono: “Hai fatto pubblicità<br />

E se non vuoi parlare al mio pubblico a pagamento<br />

perché vuoi parlarci gratis” Altri<br />

non si prendono neppure la briga di una risposta<br />

così eloquente, e all’invio del mio comunicato<br />

stampa rispondono mandandomi<br />

direttamente il listino della pubblicità via e-<br />

mail.<br />

In Italia tuttora grandi quotidiani “veicolano”<br />

magazine composti esclusivamente da articoli<br />

e da servizi pagati dagli inserzionisti.<br />

Quindi anche la separazione fra un giornale<br />

“vero” e un “giornale-prodotto” non esiste<br />

più dal momento che il lettore può trovarsi<br />

fra le mani, insieme, entrambi e che cosa<br />

sia “notizia” e che cosa sia informazione<br />

promozionale pagata non è affatto chiaro.<br />

Io ritengo che non possiamo stracciarci le<br />

vesti se gli editori vogliono chiamare impiegati<br />

coloro che si occupano di questi giornali,<br />

che scrivono questi testi; non possiamo<br />

chiamare giornalisti queste persone solo<br />

perché sanno scrivere e scrivono per mestiere<br />

su questi giornali-prodotto. Il saper<br />

scrivere e lo scrivere a pagamento per un<br />

editore non identificano necessariamente la<br />

professione giornalistica: questo secondo<br />

me è il padre di tutti i nodi e di questo nodo<br />

non si può (più) fare una battaglia vincente.<br />

Certo che le conseguenze di questa considerazione<br />

rischiano di rivelarsi devastanti<br />

per l’intera “categoria”, per il suo istituto di<br />

previdenza, per il sindacato etc. Ma questa<br />

è la realtà; che gli editori conoscono benissimo<br />

ed è su questa che discutono, non sulla<br />

professionalità <strong>dei</strong> colleghi che lavorano<br />

nei grandi quotidiani nazionali o locali o nei<br />

grandi periodici di opinione o popolari. Noi<br />

non faremo molta strada se continueremo a<br />

negarla.<br />

Con simpatia e amicizia<br />

Pippo Corsentino:<br />

“Mastromo<br />

ha ragione.<br />

Non esiste la figura<br />

del giornalista,<br />

ma <strong>dei</strong> giornalisti”<br />

Caro Abruzzo, condivido in toto l’intervento<br />

di Mastromo: non esiste più la figura del<br />

giornalista che è un retaggio del Novecento.<br />

Ci sono ormai diverse (decine e decine) di<br />

figure professionali che si occupano di informazione<br />

e comunicazione: con questa<br />

realtà dobbiamo fare i conti con originalità e<br />

open minded come dicono i pragmatici anglosassoni...<br />

Non un contratto, ma mille contratti!<br />

Grazie, ciao<br />

Pippo Corsentino<br />

Era stato condannato per false dichiarazioni sulla sua identità<br />

Fabrizio Gatti assolto in appello: si finse rumeno<br />

per entrare nel Cpa di via Corelli a Milano<br />

Milano, 22 dicembre 2005. Condanna cancellata senza<br />

entrare nel merito per Fabrizio Gatti, il giornalista del Il<br />

Corriere della Sera che il 17 novembre 2000 si spacciò per<br />

Roman Ladu, un romeno irregolare, per poter entrare nel<br />

centro di prima accoglienza di via Corelli. In quel periodo<br />

circolavano voci preoccupanti sulla struttura: si diceva che<br />

all'interno venissero violati i diritti umani e si parlava anche<br />

di malattie diffuse nel centro come la tubercolosi e la scabbia.<br />

Gatti, sollecitato dal giornale, si diede da fare per entrare<br />

e rendersi conto personalmente dell'effettiva situazione.<br />

Vi riuscì e fece un dettagliato servizio grazie al quale vinse<br />

anche un importante premio giornalistico.<br />

Avendo dato le generalità del rumeno ad un poliziotto di<br />

Lodi, venne denunciato per false dichiarazioni sulla propria<br />

identità, reato per il quale il tribunale di Lodi lo condannò a<br />

20 giorni di reclusione. Contro questa sentenza fu presentato<br />

appello e oggi la vicenda è stata riesaminata dalla quarta<br />

Corte d'Appello, dove, dopo la relazione del presidente<br />

Mario Chiarolla, il sostituto procuratore generale Francesco<br />

Maisto ha chiesto la assoluzione dell'imputato, presente in<br />

aula. A questo punto ha preso la parola l'avvocato Caterina<br />

Malavenda che ha spiegato come non vi fosse intenzione<br />

del suo assistito di compiere un reato ma solo quello di poter<br />

svolgere la sua attività. "Gatti - ha sostenuto il legale - ha<br />

fatto quello che ogni giornalista ha il diritto di fare". Dopo una<br />

breve camera di consiglio, la corte ha annullato la sentenza<br />

di condanna.<br />

E la vicenda si chiuderà qui perché, qualora gli atti dovessero<br />

essere rimandati a Lodi per un nuovo giudizio, scatterebbe<br />

la prescrizione.<br />

(ANSA)<br />

22 (26) ORDINE 1 <strong>2006</strong>


Avvisi bonari in arrivo entro il 31 gennaio <strong>2006</strong><br />

I N O S T R I L U T T I<br />

La quota per il <strong>2006</strong><br />

potrà essere pagata<br />

(da questo mese)<br />

nelle ricevitorie Sisal<br />

Milano, 2 gennaio <strong>2006</strong>. I giornalisti lombardi riceveranno dall’Esatri, per posta, entro il 31 gennaio,<br />

l’avviso di pagamento della quota <strong>2006</strong>. C’è una novità assoluta: la quota (100 euro per<br />

gli attivi e 50 euro per i pensionati) potrà essere pagata dal tabaccaio titolare di ricevitoria Sisal<br />

(lotto e superenalotto). L’accordo Esatri-Sisal è stato siglato recentemente. Le ricevitorie Sisal -<br />

utilizzate per il pagamento di diverse tasse - sono 18mila sul territorio nazionale. Ogni avviso<br />

di pagamento, emesso dall’Esatri, riporterà, nel retro di ogni bollettino Rav allegato all’avviso,<br />

in modo evidenziato, il codice identificativo del Rav stesso. Il giornalista contribuente dovrà<br />

presentare al ricevitore il bollettino Rav.<br />

Esatri, comunque, offre altri canali per effettuare il pagamento della quota annuale:<br />

1. Il tradizionale Sportello Esattoriale presso il quale è possibile effettuare i pagamenti senza<br />

nessun costo (a Milano ce ne sono uno in via San Gregorio 53 ed un altro in via Temolo 6,<br />

altri sono presenti in tutti i capoluoghi e nei maggiori centri delle province di Milano, Brescia,<br />

Pavia, Varese e Lodi)<br />

2. Il telefono, con carta di credito, chiamando il Servizio TAXTEL al numero 199.191.191, nei<br />

giorni feriali dalle ore 8.30 alle 17.00. La quietanza viene tempestivamente recapitata per posta<br />

all’indirizzo indicato dal Contribuente. Carte di credito abilitate: VISA - MASTERCARD - MO-<br />

NETA - AMERICAN EXPRESS - AURA - DINERS<br />

3. Internet, collegandosi al sito www.taxtel.it con modalità identiche a quelle telefoniche (a parte<br />

l’orario, ovviamente).<br />

4. Le agenzie bancarie e quelle postali, utilizzando i bollettini RAV allegati all’avviso di pagamento;<br />

5. Possibile da subito aderire al Rid non pensarci più anche negli anni successivi.<br />

È possibile richiedere il pagamento automatico e in via continuativa con addebito degli importi<br />

sul conto corrente bancario. Confermata l’adesione al servizio Rid, secondo le modalità ed i<br />

termini sotto indicati, Esatri provvederà, ad ogni scadenza, a partire dalla quota addebitata con<br />

l’avviso di pagamento di quest’anno e per i prossimi anni, al pagamento automatico e in via<br />

continuativa con addebito degli importi sul conto corrente bancario.<br />

Per aderire al servizio Rid è sufficiente:<br />

a) compilare il modello Rid ricevuto con l’avviso di pagamento del <strong>2006</strong> e trasmetterlo via<br />

fax ad Esatri al numero 199160771071.<br />

b) oppure compilare il modello Rid elettronico disponibile sul sito internet www.taxtel.it, selezionando<br />

nell’home page del sito la voce ADESIONI RID.<br />

c) oppure comunicare via telefono i dati richiesti nel modulo Rid al n. 199.104.343 (dal lunedì<br />

al venerdì dalle 8,15 alle 16,45). Tale numero è disponibile per informazioni e variazioni relative<br />

ai Rid.<br />

Esatri provvederà ad ogni scadenza, a partire dalla quota del <strong>2006</strong> e per gli anni successivi,<br />

salvo revoca, al pagamento in automatico con addebito dell’importo sul conto corrente bancario<br />

indicato.*<br />

Con il Rid è possibile pagare gli avvisi di pagamento ma non le cartelle esattoriali.<br />

Il termine ultimo per le adesioni al Rid verrà indicato sugli avvisi di pagamento relativi alla quota<br />

annuale <strong>2006</strong>.<br />

Avvertenze<br />

• Chi aderisce al Rid non dovrà effettuare direttamente nessun pagamento.<br />

• I pagamenti addebitati saranno verificabili dall’estratto conto corrente bancario.<br />

*al momento il servizio Rid non è attivo per i clienti di Banco Posta.<br />

La scelta di Anna Negri<br />

per la vita di Rita<br />

Anna Maria Negri nello<br />

“studio” radiofonico<br />

dell’Ifg, quando<br />

frequentava il nono<br />

biennio dell’istituto.<br />

Ha frequentato lo<br />

stesso corso suo<br />

marito, Enrico Valvo,<br />

che ha poi intrapreso<br />

la carriera diplomatica.<br />

di Maria Teresa Antognazza<br />

Quando una collega e amica se ne va sul più<br />

bello della storia, il silenzio e lo sconforto<br />

prendono il sopravvento sulle parole. Poi,<br />

quando a distanza di mesi si scopre che il<br />

solo ripercorrere le tappe di quella breve esistenza<br />

getta nuovo calore sul nostro lento<br />

scorrere <strong>dei</strong> giorni, allora si trova il coraggio<br />

di tornare a raccontare, a beneficio di tanti<br />

altri.<br />

Anna Negri era nata a Venegono Inferiore, in<br />

provincia di Varese, il 21 maggio 1968. Fin<br />

dagli anni dell’università la sua formazione si<br />

intreccia con la passione per il giornalismo;<br />

inizia collaborando con il Luce, settimanale<br />

locale di informazione, e poi con il periodico<br />

comunale Il Dialogo. La laurea in Lettere moderne<br />

la vede alle prese con un grande personaggio<br />

della Chiesa ambrosiana, monsignor<br />

Carlo Colombo, teologo di Paolo VI, di<br />

cui ricostruisce la prima documentata biografia<br />

che nel 1993 le vale un prestigioso riconoscimento,<br />

il premio “Amici del Duomo”.<br />

La strada della professione giornalistica diventa<br />

per Anna una scelta precisa con la vittoriosa<br />

selezione, che la porta tra i 40 allievi<br />

dell’Istituto “Carlo De Martino” per la formazione<br />

al giornalismo e proprio sui banchi di<br />

scuola incontra Enrico Valvo, che diventerà<br />

suo marito il 21 febbraio 1998.<br />

Per i due giovani professionisti inizia una vita<br />

comune segnata dalla scelta di Enrico di<br />

intraprendere la carriera diplomatica, mentre<br />

Anna prosegue la collaborazione con il quotidiano<br />

Avvenire, prima nella redazione milanese<br />

e poi a Roma. Nel 2000 la famiglia, che<br />

nel frattempo si è arricchita dell’arrivo della<br />

primogenita, Silvia, varca i confini nazionali,<br />

per la prima destinazione del neo console<br />

Valvo a Smirne. La giovane moglie segue<br />

con gioia il marito, anche se questo comporta<br />

mettere da parte la carriera giornalistica.<br />

Anna, che nel 2001 dà alla luce Irene, non<br />

resta però con le mani in mano: insegna lingua<br />

e cultura italiana agli studenti universitari,<br />

studia a sua volta il francese e il turco.<br />

Nel 2003 Enrico è trasferito all’ambasciata di<br />

Ankara e la famiglia lo segue. Sul finire del<br />

2004 arriva la bella notizia di una terza gravidanza<br />

ma, cinque mesi dopo, se ne aggiunge<br />

un’altra, questa volta drammatica: ad<br />

Anna viene diagnosticato un tumore allo stomaco.<br />

I medici turchi le prospettano un ricovero<br />

immediato per sottoporsi, prima all’aborto,<br />

e quindi alla rimozione dello stomaco<br />

e alla chemioterapia.<br />

Anna non ci sta; torna subito in Italia per acquisire<br />

nuovi pareri medici e dopo diversi<br />

consulti si affida alle cure dell’Istituto oncologico<br />

europeo di Milano. La sua decisione, lucida<br />

e irrevocabile, viene comunicata ai medici<br />

e ai familiari con grande determinazione:<br />

ogni intervento chirurgico e terapia sarebbero<br />

stati condizionati alla prosecuzione della<br />

gravidanza e alla nascita del bambino. «Anna<br />

– raccontano i genitori – sapeva benissimo<br />

che non sarebbe mai guarita. I medici avrebbero<br />

solo cercato di cronicizzare la malattia:<br />

ma lei non si arrese mai e continuò a lottare<br />

e a sperare fino alla fine».<br />

Da febbraio a maggio 2005 fu un lungo calvario,<br />

sempre segnato da serenità e forza<br />

d’animo della mamma: dopo l’esportazione<br />

dello stomaco e di parte dell’intestino, l’11<br />

maggio fu programmato il taglio cesareo con<br />

la nascita di Rita. Quindi via a un violento<br />

programma di terapie chemioterapiche. Ma il<br />

fisico di Anna era ormai troppo indebolito:<br />

non arrivò alla terza somministrazione. La<br />

sua giovane vita ebbe termine lunedì mattina<br />

11 luglio. Il 13, a Venegono Inferiore, i suoi funerali<br />

furono una corale testimonianza di affetto<br />

e di riconoscenza per un esempio tanto<br />

luminoso di coraggio e di amore alla vita. Lo<br />

storico <strong>dei</strong> Seminari milanesi, monsignor<br />

Antonio Rimoldi, che l’aveva guidata nel lavoro<br />

di tesi, in quell’occasione ebbe a dire:<br />

«La scelta di Anna per la vita di Rita, che portava<br />

in grembo da cinque mesi, è stata senza<br />

dubbio più eroica e impegnativa di quella<br />

della stessa santa Gianna Beretta Molla, che<br />

ho avuto modo di studiare a lungo. Perciò, a<br />

ragion veduta, potete già considerala santa,<br />

la vostra santa locale».<br />

Giuliano De Risi nuovo direttore Agi<br />

L’<strong>Ordine</strong> nazionale ha un nuovo direttore generale.<br />

Grazie con applauso ad Antonio Viali<br />

Roma, 13-14 dicembre 2005. Il Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> ha conferito all’unanimità<br />

l’incarico di direttore dell’<strong>Ordine</strong> nazionale al<br />

dottor Ennio Bartolotta, scelto al termine della<br />

selezione avvenuta nei mesi scorsi. Il dottor<br />

Bartolotta firmerà un contratto della durata<br />

di tre anni.<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Roma, 6 dicembre 2005. Da venerdì 9 dicembre<br />

Giuliano De Risi sarà il nuovo direttore<br />

dell’Agenzia giornalistica italia; vice direttore<br />

vicario sarà Gianfranco Eminente e vice<br />

direttore con delega per l’informazione economica<br />

sarà Antonio Lucaroni.<br />

Dal 1973 De Risi è giornalista dell’Agi dove<br />

ha svolto inchieste sul fenomeno del terrorismo<br />

e sui grandi processi degli anni di piombo.<br />

Ha collaborato con importanti testate giornalistiche<br />

e radiotelevisive tra cui l’Astrolabio,<br />

l’Espresso, Mondo Nuovo, l’Europeo, la<br />

Fiera Letteraria, la terza rete Rai. Al direttore<br />

uscente, Vittorio Pandolfi l’editore ha espresso<br />

“la propria gratitudine e il vivo apprezzamento<br />

per il lavoro svolto con alta professionalità<br />

e dedizione e per l’impegno profuso nel<br />

consolidare il ruolo dell’Agenzia nel mercato<br />

dell’informazione primaria”.<br />

(ANSA)<br />

Per un anno è stata conferita una consulenza<br />

al dottor Antonio Viali, affinché possa collaborare<br />

con il nuovo direttore, a partire dal 1°<br />

febbraio <strong>2006</strong>.<br />

Al dottor Viali, che lascerà l’incarico dopo più<br />

di quarant’ anni, è andato il ringraziamento e<br />

l’applauso dell’assemblea.<br />

Milano, 2 dicembre 2005.<br />

Mediadata è una società del<br />

gruppo L’Eco della Stampa<br />

che da 15 anni opera nel settore<br />

della Comunicazione<br />

fornendo agli uffici stampa la<br />

banca dati giornalistica Mediaddress<br />

on line: 3200 redazioni<br />

di media, 24.000 nominativi<br />

di giornalisti.<br />

Il servizio, che è utilizzato<br />

dagli uffici stampa di società<br />

e istituzioni, risponde non<br />

solo alle esigenze <strong>dei</strong> comunicatori<br />

ma fornisce una<br />

maggiore visibilità anche agli<br />

Mediaddress:<br />

nasce una banca dati<br />

per i freelance<br />

stessi giornalisti. L’ultima iniziativa<br />

intrapresa è la realizzazione<br />

del primo database<br />

di free lance che andrà a<br />

completare la nostra banca<br />

dati “storica” Mediaddress, rimasta<br />

fino a oggi sprovvista<br />

di questa importante figura<br />

professionale per le difficoltà<br />

oggettive di reperimento e<br />

aggiornamento <strong>dei</strong> recapiti.<br />

L’adesione di tutti i free lance<br />

è importante, vi permetterà<br />

di ricevere, da parte <strong>dei</strong> comunicatori,<br />

un materiale più<br />

attinente alle vostre specifiche<br />

competenze e di arricchire<br />

nel contempo le vostre<br />

fonti di informazione.<br />

I giornalisti liberi professionisti<br />

possono iscriversi alla<br />

banca dati direttamente sul<br />

sito dell’ordine www.odg.mi.it<br />

o sul nostro sito www.mediadata.it<br />

nella sezione Banca<br />

dati giornalisti Free lance. Il<br />

servizio è gratuito.<br />

Per informazioni:<br />

Mediadata Srl -<br />

tel. 02 70 00 41 50<br />

info@mediadata.it<br />

23 (27)


Chiaro appello lanciato dal XVI Congresso dell’Unione cattolica stampa italiana svoltosi a Roma dal 2 al 4 dicembre 2005<br />

Ai lavori hanno preso<br />

parte, oltre ai delegati<br />

provenienti dall’intero<br />

Paese, numerosi studiosi,<br />

docenti, rappresentanti<br />

delle istituzioni e delle<br />

diverse realtà del mondo<br />

della comunicazione<br />

Promuovere la qualità<br />

dell’informazione e tutelare<br />

la formazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />

Dal 2 al 4 dicembre s’è tenuto a Roma, presso la sede di<br />

Capitalia, il XVI Congresso nazionale dell’Unione cattolica<br />

stampa italiana, cui hanno preso parte settanta delegati,<br />

con diritto di voto, in rappresentanza di circa 4500 tra<br />

iscritti e simpatizzanti.<br />

Presidente è stato riconfermato Massimo Milone, redattore<br />

capo della sede Rai di Napoli, che sarà coadiuvato dal<br />

vicepresidente Angelo Sferrazza, già in forza alla Rai di<br />

Roma. L’Ucsi, nata nel 1959 per iniziativa di alcuni prestigiosi<br />

giornalisti - tra gli altri, Giuseppe Dalla Torre, Guido<br />

Gonella, Enrico Lucatello, Pietro Pavan, Carlo Trabucco,<br />

Federico Alessandrini e Andrea Spada, che con oltre cinquant’anni<br />

d’attività è stato il più longevo direttore de L’Eco<br />

di Bergamo-, ebbe presto riconoscimento dalla Conferenza<br />

episcopale italiana.<br />

Il sodalizio è strutturato in associazioni regionali (presidente<br />

lombardo è stato riconfermato per il prossimo triennio<br />

il nostro tesoriere, Alberto Comuzzi) e ha sede centrale<br />

a Roma. In poco meno di mezzo secolo d’attività<br />

l’Unione s’è conquistata la simpatia di larga parte del mondo<br />

dell’informazione per il contributo dato alla dialettica interna<br />

su diversi temi della professione giornalistica.<br />

Tra le iniziative più recenti del sodalizio v’è la promozione<br />

del rapporto Censis-Ucsi sull’informazione in Italia, giunto<br />

al suo quinto anno d’edizione. Dal 1994 l’Unione cura pure<br />

la pubblicazione di Desk, rivista trimestrale di cultura e<br />

ricerca della comunicazione, cui s’è recentemente associata<br />

l’Università Sr. Orsola Benincasa di Napoli.<br />

Eclettico direttore della rivista è Paolo Scandaletti, giornalista<br />

e docente di Etica del giornalismo alla Luiss di Roma,<br />

il quale ha anche promosso I quaderni di Desk, apprezzata<br />

collana di volumi monotematici (ne sono già usciti otto)<br />

che spaziano dalla deontologia alla formazione professionale,<br />

dall’accesso alla professione alla comunicazione<br />

d’impresa e nella pubblica amministrazione.<br />

Come nella migliore tradizione dell’attività dell’Ucsi, anche<br />

al recente Congresso s’è discusso molto, con interventi<br />

spesso vibranti, che hanno testimoniato opinioni e sensibilità<br />

diverse, ma con uno spirito fraterno raramente riscontrabile<br />

in sodalizi analoghi.<br />

Nel documento finale, approvato all’unanimità, dopo avere<br />

riconfermato il proprio impegno ecclesiale, i congressisti<br />

hanno dato mandato alla nuova dirigenza di realizzare<br />

una serie di punti programmatici in cui spiccano, in particolare,<br />

la formazione etica e spirituale, la tutela <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e la qualità dell’informazione, il sostengo al decentramento<br />

e all’organizzazione delle attività dell’Unione.<br />

Ai lavori hanno preso parte, tra gli altri, Mario Landolfi, ministro<br />

per le Comunicazioni, Paolo Gentiloni, presidente<br />

della Commissione di Vigilanza Rai, Enzo Savarese, commissario<br />

Authority per le comunicazioni, Claudio<br />

Petruccioli, presidente Rai, Fabrizio Carotti, direttore generale<br />

Fieg, Lorenzo Del Boca e Vittorio Roidi, rispettivamente<br />

presidente e segretario dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti, Franco Siddi, presidente della Fnsi, Joaquin<br />

Navarro Valls, portavoce della Santa Sede, Lorenzo<br />

Ornaghi, rettore magnifico dell’Università Cattolica di<br />

Milano, Claudio Giuliodori, direttore Ufficio comunicazioni<br />

sociali della Conferenza episcopale italiana, Antonio<br />

Pelavo, presidente della Stampa estera, Angelo Scelzo segretario<br />

del Pontificio consiglio comunicazioni sociali.<br />

Ciampi: “L’informazione<br />

sia indipendente<br />

pluralista e imparziale”<br />

Roma, 2 dicembre 2005. Il XVI Congresso<br />

nazionale dell’Ucsi dedicato a ‘Giornalismo e<br />

comunicazione: una domanda di senso e di<br />

verità’ affronta un tema cruciale per l’affermazione<br />

di uno <strong>dei</strong> valori cardine dell’informazione:<br />

l’obiettività. Lo scrive il presidente della<br />

Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in un messaggio<br />

inviato al presidente dell’Unione cattolica<br />

della stampa italiana, Massimo Milone.<br />

“L’Unione cattolica della stampa italiana, - prosegue<br />

- ispirata a una ricca e profonda tradizione<br />

di idee e di pensiero, continua ad offrire un<br />

rilevante contributo per rafforzare la maturazione<br />

ed il radicamento nella nostra società di un<br />

modello di giornalismo fondamento di verità, di<br />

consapevolezza e di partecipazione attiva”. “Di<br />

fronte alle sfide poste dalla rapidità della comunicazione<br />

legata alle nuove tecnologie, l’informazione<br />

deve saper approfondire l’analisi, la<br />

conoscenza e la riflessione <strong>dei</strong> temi del dibattito<br />

interno e internazionale, valorizzando - conclude<br />

Ciampi - l’indipendenza, il pluralismo e<br />

l’imparzialità, garanzia di progresso e di democrazia”.<br />

(Apcom)<br />

Assolto in appello cronista del Giornale:<br />

svelò indagini sul vicepresidente Csm<br />

Napoli, 11 novembre 2005. La Terza Corte<br />

d'Appello del Tribunale di Napoli ha assolto<br />

Gianluigi Nuzzi, giornalista de Il Giornale,<br />

dall'accusa di violazione del segreto istruttorio<br />

per la pubblicazione di un articolo pubblicato<br />

nel 2000. In particolare, Nuzzi riferiva<br />

che nelle indagini sui fallimenti collegati al<br />

Banco di Napoli venivano svolti accertamenti<br />

anche sull'attività professionale del professor<br />

Giovanni Verde, all'epoca vice presidente<br />

del Consiglio superiore della magistratura. In<br />

primo grado il cronista del quotidiano diretto<br />

da Maurizio Belpietro, con sentenza del febbraio<br />

2004, era stato condannato a quattro<br />

mesi di reclusione dalla V Sezione proprio<br />

perché «rivelava notizie d'ufficio che dovevano<br />

rimanere segrete».<br />

Si trattava di una sentenza di condanna senza<br />

molti precedenti visto che giurisprudenza<br />

costante vuole il giornalista assolto nel caso<br />

di mancata individuazione della «fonte» o del<br />

«pubblico ufficiale» che passa le notizie al<br />

cronista. Ma in questo caso i giudici di primo<br />

grado ritenevano che «la condotta tenuta dall'imputato<br />

di per sé non può essere considerata<br />

neutra, ossia di mero ricettore dell'informazione<br />

coperta da segreto, bensì apporta<br />

un contributo causale alla rivelazione dello<br />

stesso attraverso la pubblicazione della notizia<br />

dato anche l'indubbio interesse dell'imputato<br />

a ricevere detta notizia, nella sua qualità<br />

di giornalista».<br />

In altre parole, la responsabilità a titolo di<br />

concorso di Nuzzi con l'ignoto pubblico ufficiale<br />

risiedeva nella mera pubblicazione dell'articolo,<br />

da ciò deducendosi non solo l'interesse<br />

del giornalista a ricevere la notizia che<br />

sarebbe stata indebitamente rilevata, ma addirittura<br />

il contributo di concorso nel reato tale<br />

da determinare la condanna alla reclusione.<br />

Oggi, invece, dopo l'arringa del difensore<br />

Salvatore Lo Giudice, il giornalista è stato assolto<br />

«per non aver commesso il fatto». I giudici<br />

d'Appello hanno pertanto accolto la tesi<br />

difensiva che insisteva sul fatto che il giornalista,<br />

il quale semplicemente riceve una notizia,<br />

non può essere condannato per rivelazione<br />

del segreto se non ha avuto un ruolo<br />

attivo per ottenere la notizia e se rimane ignota<br />

la fonte.<br />

Com/Opr/Adnkronos)<br />

Cdr Giorno,<br />

redazione<br />

rinuncia a voto<br />

gradimento<br />

Milano, 30 novembre 2005. I giornalisti<br />

de Il Giorno rinunceranno al diritto di<br />

esprimere il voto di gradimento previsto<br />

dal contratto “sul dodicesimo direttore nominato<br />

in sette anni (record mondiale)<br />

dall’editore Andrea Riffeser Monti”.<br />

Lo afferma, in una nota, il Cdr della testata.<br />

“Una decisione - prosegue il comitato di<br />

redazione - che non va assolutamente interpretata<br />

alla stregua di una ‘sfiducia preventiva’<br />

nei confronti del collega Giovanni<br />

Morandi, sulla cui figura professionale il<br />

corpo redazionale nulla ha da eccepire,<br />

ma come una protesta contro i criteri di<br />

stampo colonialistico adottati dalla<br />

Poligrafici Editoriale per impedire quello<br />

stesso rilancio de Il Giorno a parole (recente<br />

intervista a Il Sole-24 Ore) inserito<br />

dal medesimo dottor Riffeser Monti tra le<br />

priorità della politica aziendale”. “In una<br />

sorta di auto-contraddizione in termini, invece<br />

- insiste il Cdr -, ancora una volta la<br />

Poligrafici Editoriale dimostra di considerare<br />

la nostra testata una provincia remota<br />

dell’impero con capitale Bologna, non<br />

tiene in alcun conto le professionalità maturate<br />

all’interno de Il Giorno e impone alla<br />

testata un direttore estraneo alla realtà<br />

milanese, peraltro rimasta, dati i troppo<br />

rapidi tempi di avvicendamento, ‘pianeta’<br />

semisconosciuto per diversi degli 11 predecessori<br />

di Morandi. E proprio nella non<br />

totale padronanza della realtà milanese<br />

che ha caratterizzato il lavoro di alcuni direttori,<br />

i giornalisti de Il Giorno individuano<br />

la causa della sottovalutazione riservata<br />

ogni giorno alle notizie di matrice meneghina<br />

e della flessione di vendite registrata<br />

da tutte le testate del Gruppo”.<br />

“Ma, come prova l’affidamento dell’incarico<br />

a Morandi, - afferma ancora il Cdr -, l’<br />

editore continua a ritenere Milano secondaria<br />

rispetto a Bologna e Firenze e si<br />

ostina a non puntare su Il Giorno per consentire<br />

alla Poligrafici Editoriale di esercitare<br />

un maggiore peso specifico sulla<br />

stampa italiana.<br />

Una strategia ai limiti dell’ autolesionismo<br />

che andrà criticata più aspramente rispetto<br />

al passato nel <strong>2006</strong>, anno che non coincide<br />

solo con i cinquant’anni del dottor<br />

Riffeser Monti ma pure con il mezzo secolo<br />

di attività de Il Giorno.<br />

Anniversario che i giornalisti si augurano<br />

di celebrare in compagnia di Morandi e<br />

con la presentazione di un piano di rilancio<br />

della testata.<br />

Pregiudiziale a qualsiasi voto di gradimento”.<br />

(ANSA)<br />

L’Europeo,<br />

60 anni di buon<br />

giornalismo e<br />

memoria storica<br />

Milano, 1 dicembre 2005. Rcs celebra la<br />

sessantennale attualità de L’Europeo.<br />

Perché a sessant’anni dall’uscita del suo<br />

primo numero (4 novembre 1945) il giornale<br />

continua ad essere in Italia un esempio a<br />

suo modo unico di buon giornalismo da un<br />

lato e di memoria storica dall’altro. È in questa<br />

chiave che il bimestrale ha voluto salutare<br />

i suoi primi 60 anni. Ed è in questa chiave<br />

che ha pensato e confezionato il suo ultimo<br />

numero, presentato oggi a Milano.<br />

Italia 1945-2005 vuole infatti essere un<br />

“viaggio insolito nella nostra storia”. E l’inusualità<br />

consiste in questo: mettere a confronto<br />

un reportage su Africo scritto nel<br />

1948 da Tommaso Besozzi e uno sempre<br />

su Africo scritto nel 2005 da Gian Antonio<br />

Stella. Oppure uno sulla Fiera di Milano<br />

scritto nel 1952 da Camilla Cederna, e confrontarlo<br />

con la nuova Fiera di Rho-Pero di<br />

oggi raccontata da Eugenio Tazzini. O ancora<br />

paragonare la Brescello di Peppone e<br />

don Camillo, riproponendo le foto fatte nel<br />

1951 sui set <strong>dei</strong> tanti film, con quelle della<br />

Brescello di oggi firmata da Vittorio Zincone.<br />

È questo il “viaggio” insolito nella storia<br />

d’Italia. Una decina di luoghi molto italiani<br />

(Milano, Torino, Gioia Tauro, Brescello,<br />

Africo, Prato) e due reportage uno a fianco<br />

all’ altro. In mezzo 50-60 di storia molto italiana.<br />

Un tempo che pare immobile come<br />

nel caso di Africo, o velocissimo come nel<br />

caso della Fiera.“ Abbiamo pensato di fare<br />

oggi servizi che erano stati fatti in quegli<br />

stessi posti 60 anni fa. E di proporli uno accanto<br />

all’altro”. Attraverso le grandi firme di<br />

allora (servizi di Giorgio Bocca, Ferdinando<br />

Scianna, Anna Maria Ortese) e le grandi firme<br />

di oggi (servizi di Ettore Mo, Raffaella<br />

Polato, Antonio Calabrò). È con questo spirito,<br />

quello cioè di produrre “buona informazione”,<br />

che Rcs continua a credere nell’attualità<br />

de L’Europeo, come hanno spiegato<br />

oggi in via Solferino il presidente di Rcs<br />

Mediagroup, Piergaetano Marchetti, il direttore,<br />

Daniele Protti, e i giornalisti Antonio<br />

Calabrò e Gian Antonio Stella. Ben vengano<br />

i nuovi mezzi di trasmissione, computer,<br />

bande larghe, satelliti, “ma per un’azienda<br />

editoriale - ha detto Marchetti - l’unica logica<br />

non può essere quella di ‘fare i prodotti<br />

che il mercato vuole’. Perché trasmettere<br />

sapere comporta una responsabilità oggettiva,<br />

e dunque - qualunque siano i mezzi di<br />

trasmissione - rimane sempre il problema<br />

<strong>dei</strong> contenuti da trasmettere”. Da questo<br />

punto di vista “L’Europeo - ha aggiunto<br />

Marchetti - rappresenta non tanto un monumento<br />

del passato, quanto un giacimento<br />

di esperienze e idee. È impressionante,<br />

a distanza di tanti anni, vedere in questo<br />

numero l’attualità di certi servizi. A dimostrazione<br />

che rivisitare fatti, storia, memoria,<br />

coscienza, è una spinta per farsi una<br />

storia, una coscienza”. Nel nuovo numero,<br />

infine, una novità: la prima pubblicazione<br />

della rubrica fissa di Adriano Sofri, Lettere a<br />

uno di dentro, in cui Sofri pubblica a risponde<br />

ad alcune delle tante lettere ricevute in<br />

carcere.<br />

(ANSA)<br />

24 (28) ORDINE 1 <strong>2006</strong>


IN TEMA DI RAPPORTO DI LAVORO GIORNALISTICO<br />

Giornalismo, lavoro<br />

e cronaca nella lettura<br />

della Cassazione<br />

Corte di<br />

Strasburgo:<br />

legittimo<br />

il segreto<br />

sulle<br />

indagini<br />

penali<br />

Strasburgo, 29 novembre 2005. La Corte europea <strong>dei</strong> diritti dell’uomo<br />

ha respinto il ricorso presentato dal direttore del quotidiano francese<br />

Liberation, Serge July, condannato a un’ammenda dalla magistratura<br />

francese per aver pubblicato un articolo che conteneva estratti<br />

di atti investigativi coperti dal segreto fino all’apertura dell’udienza. I<br />

due giornalisti si erano rivolti alla Corte di Strasburgo sostenendo la<br />

violazione della Convenzione che garantisce la libertà di espressione.<br />

I giudici, nel loro verdetto, sostengono che i giornalisti erano tenuti a<br />

rispettare la legge e la giurisprudenza in materia, pur riconoscendo<br />

che la loro condanna può rappresentare “un’ingerenza nel loro diritto<br />

alla libertà di espressione”. In proposito, la Corte rileva che “l’ingerenza<br />

litigiosa” può essere considerata “come prevista dalla legge”, in<br />

quanto “necessaria in una società democratica per proteggere la reputazione<br />

e i diritti altrui e garantire l’autorità e l’imparzialità del potere<br />

giudiziario”.<br />

(g.c. - www.odg.it)<br />

Al giornalista “di fatto” spetta<br />

anche il “danno pensionistico”<br />

In tema di rapporto di lavoro giornalistico ed in<br />

ipotesi di persona non iscritta all’Albo professionale,<br />

la nullità del contratto (per violazione<br />

di legge), in quanto non deriva da illiceità dell’oggetto<br />

o della causa, “ex” art. 2126 c.c. non<br />

produce effetti per il periodo in cui il rapporto<br />

ha avuto esecuzione. Ne consegue che la prestazione<br />

di fatto di lavoro obiettivamente giornalistico<br />

produce - al pari del rapporto di lavoro<br />

che sia stato costituito validamente - l’insorgenza<br />

non solo del diritto al trattamento<br />

economico e normativo, previsto in relazione<br />

alla qualifica corrispondente alle mansioni in<br />

concreto esercitate, ma anche il diritto al risarcimento<br />

<strong>dei</strong> danni (“ex” art. 2116 c.c., secondo<br />

comma), per la mancata contribuzione<br />

previdenziale, in dipendenza della costituzione<br />

automatica del rapporto contributivo che discende<br />

dalla prestazione di fatto - come dal<br />

rapporto validamente costituito - di lavoro subordinato,<br />

nella specie giornalistico. Ne consegue<br />

altresì che gli effetti delle prestazioni di<br />

fatto di lavoro giornalistico vanno posti a carico<br />

del datore di lavoro per il solo fatto che lo<br />

stesso ha utilizzato quelle prestazioni, a prescindere<br />

dalla imputabilità, a colpa del medesimo<br />

datore, dell’omessa iscrizione <strong>dei</strong> lavoratori<br />

all’Albo.<br />

In tal caso, il danno da mancata contribuzione<br />

previdenziale (cosiddetto “danno pensionistico”)<br />

non può che essere commisurato al trattamento<br />

pensionistico, a carico dell’Istituto nazionale<br />

di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti italiani “G.<br />

Amendola” (Inpgi), che sarebbe spettato in dipendenza<br />

della valida costituzione del rapporto<br />

di lavoro, parimenti giornalistico, e della regolare<br />

contribuzione previdenziale, che ne<br />

consegue, al medesimo Istituto. (Cass. civ.,<br />

sez. lavoro, 3/1/2005, n.28 - Fonte Mass. Giur.<br />

It., 2005 - Ced Cassazione, 2005; riferimenti<br />

nornativi Cc Art. 2103; Cc Art. 2116; Cc Art.<br />

2126).<br />

La subordinazione<br />

<strong>dei</strong> giornalisti<br />

Nel lavoro giornalistico la subordinazione si<br />

configura quando il lavoratore si tiene stabilmente<br />

a disposizione dell’editore anche negli<br />

intervalli fra una prestazione e l’altra. I caratteri<br />

distintivi del rapporto di lavoro subordinato<br />

sono costituiti dall’inserimento del lavoratore<br />

nell’organizzazione aziendale e dal suo assoggettamento<br />

ai poteri direttivi e disciplinari<br />

del datore di lavoro (con conseguente limitazione<br />

della sua autonomia); e tali caratteri sono<br />

i medesimi per qualunque tipo di lavoro,<br />

pur potendo essi assumere aspetti ed intensità<br />

diversi in relazione alla maggiore o minore<br />

elevatezza delle mansioni esercitata od al<br />

contenuto (più o meno intellettuale e/o creativo)<br />

della prestazione pattuita.<br />

Con riguardo al lavoro giornalistico, l’inserimento<br />

nell’organizzazione aziendale e l’assoggettamento<br />

al potere datoriale si manifestano<br />

nel fatto che il lavoratore si tenga stabilmente<br />

a disposizione dell’editore, per eseguire<br />

le istruzioni, anche negli intervalli tra una<br />

prestazione e l’altra (Cassazione Sezione<br />

Lavoro n. 18660 del 23 settembre 2005, pres.<br />

Mattone, rel. Cuoco).<br />

Ogni ingiusta lesione di<br />

un valore inerente alla persona<br />

può costituire danno non<br />

patrimoniale risarcibile anche<br />

se non si accerti l’esistenza<br />

di un reato<br />

Vi è legittimo esercizio del diritto di cronaca<br />

soltanto quando vengano rispettate le seguenti<br />

condizioni: A) la verità (oggettiva o anche<br />

soltanto putativa, purché frutto di un serio<br />

e diligente lavoro di ricerca) delle notizie; verità<br />

che non sussiste quando, pur essendo veri<br />

i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche<br />

soltanto colposamente, taciuti altri fatti,<br />

tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne<br />

completamente il significato; ovvero<br />

quando i fatti riferiti siano accompagnati da<br />

sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti,<br />

insinuazioni o sofismi obiettivamente<br />

idonei a creare nella mente del lettore<br />

(od ascoltatore) rappresentazioni della realtà<br />

oggettiva false (in tutto od in parte rilevante);<br />

B) la continenza e cioè il rispetto <strong>dei</strong> requisiti<br />

minimi di forma che debbono caratterizzare la<br />

cronaca ed anche la critica (e quindi tra l’altro<br />

l’assenza di termini esclusivamente insultanti);<br />

C) la sussistenza di un interesse pubblico<br />

all’informazione.<br />

Il risarcimento del danno non patrimoniale per<br />

lesione alla reputazione non richiede che la<br />

responsabilità dell’autore del fatto illecito sia<br />

stata accertata in un procedimento penale, in<br />

quanto l’interpretazione conforme a Costituzione<br />

dell’art. 2059 Cc (Corte cost., sentenza<br />

n. 233 del 2003) comporta che il riferimento<br />

al reato contenuto nell’art. 185 Cp comprende<br />

tutte le fattispecie corrispondenti nella loro oggettività<br />

all’astratta previsione di una figura di<br />

reato; inoltre il danno non patrimoniale non può<br />

essere identificato soltanto con il danno morale<br />

soggettivo, costituito dalla sofferenza contingente<br />

e dal turbamento dell’animo transeunte,<br />

determinati dal fatto illecito integrante reato, ma<br />

va inteso come categoria ampia, comprensiva<br />

di ogni ingiusta lesione di un valore inerente alla<br />

persona, costituzionalmente garantito, dalla<br />

quale conseguano pregiudizi non suscettibili di<br />

valutazione economica, senza soggezione al limite<br />

derivante dalla riserva di legge correlata<br />

all’art. 185 Cp. (Cassazione Sezione Terza<br />

Civile n. 20205 del 19 ottobre 2005, pres. Duva,<br />

rel. Talevi).<br />

Prima di pubblicare una notizia,<br />

il giornalista ha l’obbligo<br />

di controllare l’attendibilità<br />

della fonte informativa a meno<br />

che essa provenga dall’autorità<br />

investigativa o giudiziaria<br />

Il potere-dovere di raccontare accadimenti<br />

reali per mezzo della stampa, in considerazione<br />

del loro interesse per la generalità <strong>dei</strong><br />

consociati, essenziale estrinsecazione del diritto<br />

di libertà di manifestazione del pensiero,<br />

per esser legittimo, secondo la consolidata<br />

giurisprudenza, civile e penale, deve osservare<br />

le seguenti condizioni: a) la verità della notizia<br />

pubblicata; b) l’interesse pubblico alla conoscenza<br />

del fatto (c.d. pertinenza); c) la correttezza<br />

formale dell’esposizione (c.d. continenza).<br />

Quanto al primo requisito soltanto la correlazione<br />

rigorosa tra fatto e notizia di esso soddisfa<br />

all’interesse pubblico dell’informazione e<br />

cioè alla ratio dell’art. 21 Cost., e riporta l’azione<br />

nel campo dell’operatività dell’art. 51<br />

c.p., rendendo non punibile, nel concorso <strong>dei</strong><br />

requisiti della pertinenza e della continenza,<br />

l’eventuale lesione della reputazione altrui.<br />

Perciò, se il presupposto dell’esistenza del diritto<br />

di cronaca è il principio della verità, che<br />

ne legittima l’esercizio - come sancito dall’art.<br />

2, comma 1 dell’art. 2 della legge professionale<br />

3.2.1963 n. 69, che esige il rispetto della<br />

verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti, osservati sempre i<br />

doveri di lealtà e di buonafede - ne consegue<br />

che il giornalista ha l’obbligo di controllare l’attendibilità<br />

della fonte informativa, a meno che<br />

essa provenga dall’autorità investigativa o giudiziaria,<br />

e di accertare la verità del fatto pubblicato.<br />

Pertanto, se egli pubblica una vicenda non vera<br />

e lesiva della reputazione altrui - diritto anch’esso<br />

costituzionalmente protetto dagli artt.<br />

2 e 3 della costituzione - è responsabile <strong>dei</strong><br />

danni derivanti dal reato di diffamazione a<br />

mezzo stampa a meno che non provi l’esimente<br />

di cui all’art. 59, ultimo comma, cod.<br />

pen. e cioè la sua buona fede (c.d. verità putativa<br />

del fatto), che non sussiste per la mera<br />

verosimiglianza <strong>dei</strong> fatti narrati, ma necessita<br />

che egli dimostri sia i fatti e le circostanze che<br />

hanno reso involontario l’errore, sia di aver<br />

controllato con ogni cura professionale - da<br />

rapportare alla gravità della notizia e all’urgenza<br />

di informare il pubblico - la fonte della<br />

notizia, assicurandosi della sua attendibilità, al<br />

fine di vincere ogni dubbio ed incertezza prospettabili<br />

in ordine alla verità <strong>dei</strong> fatti narrati.<br />

Viceversa l’affidamento riposto sulla fonte<br />

informativa non ufficiale è a suo rischio, perché<br />

egli ha il dovere di non appagarsi di notizie<br />

rese pubbliche da altre fonti informative<br />

senza esplicare alcun controllo, altrimenti le<br />

diverse fonti propalatrici delle notizie, attribuendosi<br />

reciproca credibilità, finirebbero per<br />

rinvenire l’attendibilità in se stesse.<br />

(Cassazione Sezione Terza Civile n. 2271 del<br />

4 febbraio 2005, pres. Vittoria, Rel. Chiarini).<br />

(da: http://www.legge-e-giustizia.it)<br />

La valutazione del titolo<br />

autonoma rispetto all’articolo<br />

In tema di azione di risarcimento <strong>dei</strong> danni da<br />

diffamazione a mezzo della stampa, presupposto<br />

per l’applicabilità della esimente dell’esercizio<br />

del diritto di cronaca è la continenza<br />

del fatto in esso, intesa in senso sostanziale (i<br />

fatti narrati debbono corrispondere alla verità,<br />

sia pure non assoluta, ma soggettiva) e formale<br />

(l’esposizione <strong>dei</strong> fatti deve avvenire in<br />

modo misurato, nel senso che deve essere<br />

contenuta negli spazi strettamente necessari),<br />

potendosi configurare una violazione del<br />

canone della continenza formale anche sulla<br />

base della considerazione autonoma del titolo<br />

di un articolo giornalistico rispetto al testo<br />

dell’articolo stesso.<br />

(Cass. civ. Sez. III, 05-04-2005, n. 7063; B.R.<br />

c. Editoriale Quotidiani s.r.l.; fonti Danno e resp.,<br />

2005, 792).<br />

Franco Abruzzo: “Legittimo pubblicare le intercettazioni che consentono<br />

di far luce sui retroscena delle scalate<br />

bancarie e societarie, ma va assicurato il diritto<br />

preventivo di difesa ai protagonisti delle intercettazioni”<br />

Roma, 3 gennaio <strong>2006</strong>. La procura di Milano<br />

ha aperto un fascicolo per rivelazione di atti<br />

coperti dal segreto d'ufficio in relazione all'articolo<br />

(a firma Gianluigi Nuzzi) comparso sul<br />

quotidiano Il Giornale in cui si riportavano le<br />

intercettazioni, a quanto si è appreso mai utilizzate<br />

ai fini dell'inchiesta sulla scalata ad<br />

Antonveneta, tra Giovanni Consorte e il segretario<br />

<strong>dei</strong> Ds Piero Fassino in particolare.<br />

In base all' articolo 326 del codice di procedura<br />

penale si deduce, quindi, che sia stato iscritto<br />

nel registro degli indagati l'autore dell' articolo<br />

in concorso con pubblici ufficiali per ora<br />

ignoti.<br />

“Il Parlamento intervenga con urgenza sulla<br />

questione delle intercettazioni telefoniche”: lo<br />

ha affermato il presidente del Senato, Marcello<br />

Pera, che ha aggiunto: ''Il problema delle intercettazioni<br />

telefoniche è sempre più grave e<br />

allarmante. Inutile accusare i giornali: tutti i<br />

giornalisti, in tutto il mondo, se hanno notizie,<br />

le pubblicano, come e quando ritengono di loro<br />

convenienza”.<br />

D’accordo con il presidente Pera si è dichiarato<br />

Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia: “È legittimo<br />

pubblicare le intercettazioni che consentono<br />

di far luce sui retroscena delle scalate bancarie<br />

e societarie, ma va assicurato il diritto<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

preventivo di difesa ai protagonisti delle intercettazioni.<br />

Il rispetto del diritto di difesa significa<br />

soprattutto rispetto della dignità delle persone,<br />

che sono estranee alle inchieste penali,<br />

ma anche di chi vi è coinvolto sul presupposto<br />

che un’informazione di garanzia non è<br />

una condanna e che la presunzione di innocenza<br />

è un valore costituzionale. Il problema<br />

è davvero la normativa, che oggi consente intercettazioni<br />

a grappolo”.<br />

“Dietro le scalate bancarie e societarie – ha<br />

INTERCETTAZIONI/ ABRUZZO:<br />

“VIA I SEGRETI ISTRUTTORI”<br />

Milano, 5 gennaio 2005. "Serve una legge di un solo articolo che abolisca i segreti istruttori<br />

in vigore, i quali sono inutili perché vengono sistematicamente violati da una pluralità<br />

di soggetti pubblici". E questa la proposta del presidente dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong><br />

della Lombardia, Franco Abruzzo. "La nuova legge - sostiene Abruzzo - dovrebbe dire<br />

che è vietato pubblicare soltanto quegli atti processuali sui quali il giudice abbia deciso<br />

di apporre il vincolo temporaneo di segretezza. La nuova legge - secondo il presidente<br />

dell'<strong>Ordine</strong> lombardo - dovrebbe dire anche che i cronisti giudiziari, come mediatori<br />

intellettuali fra i fatti e la pubblica opinione, hanno il diritto di estrarre copia degli atti<br />

processuali depositati in cancelleria al termine della varie fasi istruttorie". Per Abruzzo,<br />

"l'abolizione del segreto istruttorio cancellerebbe le corsie preferenziali alle informazione<br />

nella fase delle indagini istruttorie".<br />

(ANSA)<br />

precisato Abruzzo - si nascondono lotte di<br />

potere che possono sconvolgere gli equilibri<br />

politici del Paese. È giusto che i cittadini sappiano.<br />

I giornalisti hanno il dovere e l’obbligo<br />

di accertare i fatti e di non pubblicare notizie<br />

del diavolo, ma soprattutto di non combattere<br />

guerre per conto terzi. I cronisti, comunque,<br />

non sono custodi del segreto istruttorio: questo<br />

compito spetta ad altri soggetti (pubblici)”.<br />

Abruzzo ha aggiunto: “Mi auguro che il<br />

Parlamento intervenga soltanto sulla normativa<br />

delle intercettazioni e che non riprenda<br />

l’esame <strong>dei</strong> 14 articoli del disegno di legge<br />

(varato dal Governo il 9 settembre 2005 ed<br />

all’esame del Senato) sulle “Disposizioni in<br />

materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali<br />

e di pubblicità negli atti del fascicolo<br />

del pubblico ministero e del difensore”. Quei<br />

14 articoli, una volta diventati legge, decreterebbero<br />

la fine della cronaca giudiziaria. Si<br />

tornerebbe alla legislazione del 1930: verrebbe,<br />

infatti introdotto il divieto di pubblicazione<br />

‘anche parziale o per riassunto o nel<br />

contenuto, di atti di indagine preliminare,<br />

nonché di quanto acquisito al fascicolo del<br />

pubblico ministero o del difensore, anche se<br />

non sussiste più il segreto, fino a che non<br />

siano concluse le indagini preliminari ovvero<br />

fino al termine dell'udienza preliminare... È in<br />

ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale<br />

o per riassunto della documentazione,<br />

degli atti e <strong>dei</strong> contenuti relativi a conversazioni<br />

o a flussi di comunicazioni informatiche<br />

o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione’.<br />

Con queste clausole in vigore, i quotidiani<br />

non avrebbero potuto pubblicare le conversazioni<br />

telefoniche (intercettate dalla polizia<br />

giudiziaria) tra il governatore di Bankitalia<br />

Fazio e il banchiere Fiorani”.<br />

25 (29)


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Angelo Del Boca<br />

Italiani, brava gente<br />

Un mito duro a morire<br />

di Emilio Pozzi<br />

In tempi di strumentali e martellanti<br />

revisionismi, stampati<br />

e televisivi, è bene rivedere<br />

con occhio critico e onestà,<br />

alcune vicende, dimenticate<br />

o rimosse, che fra il 1861 e il<br />

1946 - questo è l’arco storico<br />

indagato dall’autore, ma con<br />

qualche considerazione sull’oggi<br />

- costituiscono pagine<br />

dolorosamente vergognose<br />

della storia di un paese che<br />

è, purtroppo l’Italia.<br />

L’inquietante interrogativo<br />

che Angelo Del Boca pone<br />

nel titolo del suo libro, diventa,<br />

di pagina in pagina, pesante<br />

come un macigno.Al<br />

dubbio, si sostituisce, purtroppo,<br />

la certezza. E le conclusioni<br />

sono ancora più inquietanti<br />

dell’interrogativo iniziale.Quanti<br />

piccoli Figli della<br />

lupa - così il Regime fascista<br />

chiamava i bimbi ai quali faceva<br />

indossare una divisa<br />

con vistose fasce bianche e<br />

un fez in testa e un fucilino in<br />

mano - hanno applicato, da<br />

adolescenti e da adulti, le lezioni<br />

imparate ai raduni del<br />

sabato pomeriggio<br />

Innocenti bambini, come<br />

quelli raffigurati nella copertina<br />

del volume di Del Boca,<br />

coevi <strong>dei</strong> ragazzini mandati<br />

alla morte da Hitler e antenati<br />

<strong>dei</strong> kamikaze di questi nostri<br />

tragici tempi.<br />

Le prime cinquanta pagine<br />

del libro fanno da solido e<br />

ampio proemio alla narrazione<br />

degli episodi che costellano<br />

centocinquant’anni di una<br />

ingloriosa cronologia. E questo<br />

in un ampio panorama di<br />

tre secoli nei quali - come dice<br />

Del Boca “gli italiani non<br />

hanno goduto di molta reputazione”.<br />

E si citano giudizi<br />

quasi sempre inoppugnabili,<br />

anche se talvolta ingiusti o<br />

troppo sferzanti, di personaggi<br />

che hanno giudicato i difetti,<br />

e peggio ancora, i reati morali<br />

attribuibili a parecchi cittadini<br />

italiani. Il mito degli “italiani<br />

brava gente” (e l’interrogativo<br />

messo da Del Boca nel<br />

titolo del suo libro motiva il<br />

dubbio) si sgretola sotto il peso<br />

di alcune cifre: “Si pensi<br />

soltanto - riportiamo dal testo<br />

- ai 100 000 libici, uccisi tra<br />

1911 e 1932, in aspri combattimenti<br />

o nell’inferno <strong>dei</strong><br />

campi di concentramento.<br />

Ai tre giorni di sangue ad<br />

Addis Abeba dopo l’attentato<br />

a Graziani del 19 febbraio<br />

1937( uccisi da un minimo di<br />

1400 a un massimo di 30000<br />

etiopi). Ai 2000 preti e diaconi<br />

assassinati nella città conventuale<br />

di Debrà Libanos,<br />

per il semplice sospetto che<br />

fossero implicati nella congiura<br />

contro Graziani. Alle ‘bonifiche<br />

etniche ‘praticate nei<br />

Balcani”.<br />

La dolorosa e addolorata ricognizione<br />

comincia dal<br />

1861, da quella che fu sbrigativamente<br />

definita la “guerra<br />

al brigantaggio” condotta<br />

al Sud, dal generale Cialdini<br />

con mille e più attacchi che<br />

provocarono, nelle stime più<br />

riduttive, 5212 fucilati e migliaia<br />

di arrestati.<br />

Altre fonti (quella citata è di<br />

Franco Molfese) triplicano<br />

addirittura le cifre.<br />

Il percorso scelto da Del<br />

Boca evoca nomi di luoghi<br />

che spesso ci sono stati presentati<br />

in ben altra luce: da<br />

Nocra, una delle 209 isole<br />

madreporiche dell’arcipelago<br />

delle Dahalak, al largo di<br />

Massaua, sede di un terribile<br />

penitenziario, alla partecipazione,<br />

con “imprevidenza incredibile”<br />

da parte della<br />

Marina - come scrisse indignato<br />

il tenente colonnello<br />

Tommaso Salsa, allo sterminio<br />

<strong>dei</strong> boxer, di popolazione<br />

civile, in Cina, nel porto di<br />

Tong-ku, ai tanti episodi collegati<br />

con l’avventura imperiale<br />

in Etiopia (e l’uso di bombe<br />

all’iprite e <strong>dei</strong> gas asfissianti),<br />

alla repressione, dura, contro<br />

i fuochi di rivolta nei Balcani<br />

(Dalmazia, Croazia, Slovenia<br />

e Montenegro) durante l’occupazione<br />

nella seconda<br />

guerra mondiale.<br />

E di personaggi come Badoglio,<br />

Graziani e il generale<br />

Robotti.<br />

Il mito degli italiani “brava<br />

gente” qualche volta si giustifica,<br />

anche per il fatto che<br />

molto spesso i nostri soldati<br />

avevano, oltre le qualità di<br />

fondo del nostro popolo, con<br />

le popolazioni locali il denominatore<br />

comune della povertà:<br />

la povertà di mezzi e di<br />

equipaggiamenti. Ma gli ordini<br />

vengono sempre dall’alto.<br />

E sono documentati.<br />

Naturalmente ci sono le mele<br />

marce e, talvolta i casi di fanatismo<br />

collettivo, soprattutto<br />

al tempo della dittatura fascista.<br />

L’analisi di Del Boca, che nel<br />

libro riporta episodi che costituiscono<br />

“ovviamente una<br />

scelta e non l’insieme delle<br />

imprese delittuose compiute<br />

dagli italiani negli ultimi centocinquantanni<br />

anche se rappresentano<br />

gli episodi più<br />

gravi” prosegue fino ai giorni<br />

nostri. Nel complesso emerge<br />

un severo giudizio di condanna,<br />

fino al 1945. I drammatici<br />

eventi che pure in sessant’anni<br />

di cosiddetta pace,<br />

hanno portato al superamento<br />

del secolo, lasciano drammatici<br />

interrogativi e inquietano<br />

le coscienze. E qui l’ottica<br />

dell’autore si sposta sulla<br />

presenza di contingenti italiani<br />

in Libano, Bosnia, Albania,<br />

Kossovo,Timor Est, Mozambico,<br />

Afghanistan, Iraq,<br />

dove gli italiani, dovendo fare<br />

un confronto “si può persino<br />

sostenere che i militari italiani,<br />

si sono comportati meglio<br />

<strong>dei</strong> colleghi degli altri contingenti”.<br />

Anche in Iraq, nel<br />

2003, il nostro corpo di spedizione,<br />

denominato Antica<br />

Babilonia - rileva Del Bocaera<br />

“modestamente armato e<br />

con una scarsa conoscenza<br />

della situazione”.Tant’è che<br />

quando i guerriglieri di Abu<br />

Omar al-Kurdi sferrarono a<br />

Nassiriya un violento attacco<br />

che fece 21 vittime l’episodio<br />

suscitò più sorpresa che disapprovazione<br />

come se i<br />

guerriglieri di el-Kurdi avessero<br />

infranto un patto non<br />

scritto ma sottinteso. Sempre<br />

per via della convinzione che<br />

al soldato italiano è riconosciuto<br />

lo status privilegiato<br />

del “buono italiano”.<br />

E, per ritornare al filo rosso<br />

del discorso, si dice persuaso<br />

che in un giorno forse neppure<br />

lontano, quando cesseranno<br />

del tutto le false rimozioni<br />

e le false revisioni, quando<br />

non ci saranno più carte da<br />

nascondere in qualche ‘armadio<br />

della vergogna’ e tramonterà<br />

la leggenda del fascismo<br />

buono e del confino<br />

di polizia gabellato come un<br />

luogo di villeggiatura, allora si<br />

potrà anche seppellire il falso<br />

mito degli’‘italiani brava gente’che<br />

ha coperto e assolto<br />

tante infamie.<br />

E di un altro esercito, senza<br />

divise, silenzioso, si potrà<br />

parlare con orgoglio: quello<br />

<strong>dei</strong> cinque milioni di volontari,<br />

giovani e non giovani, raccolti<br />

in 38 mila organizzazioni che<br />

operano ogni giorno, con spirito<br />

di solidarietà, in ogni<br />

campo<br />

Un codicillo, a proposito di un<br />

altro volume sulla guerra<br />

d’Etiopia,(Una guerra per<br />

l’Impero, edito da Il Mulino,<br />

nel quale Nicola Labanca ha<br />

raccolto con pazienza certosina,<br />

testimonianze di reduci<br />

da quella spedizione (gerarchi,<br />

alpini, genieri, carristi,<br />

autisti, crocerossine, cappellani)<br />

recuperando anche i testi<br />

<strong>dei</strong> loro racconti già pubblicati,<br />

settant’anni fa. Nel suo<br />

entusiasmo per questo libro<br />

Sergio Luzzatto, che lo recensisce<br />

sul Corriere della<br />

Sera dell’11 novembre, definisce<br />

Labanca come “il massimo<br />

studioso della nostra disavventura<br />

coloniale”. Senza<br />

togliere nulla ai meriti di<br />

Labanca, certamente serio<br />

studioso, mi sembra fuori misura<br />

attribuirgli questa primazia,<br />

dimenticando proprio<br />

Angelo Del Boca che, fra l’altro,<br />

per i suoi studi sul colonialismo<br />

ha già ricevuto due<br />

lauree ad honorem. E una<br />

terza è in arrivo dall’università<br />

di Addis Abeba.<br />

Angelo Del Boca,<br />

Italiani, brava gente<br />

Neri Pozza,<br />

pagine 318 , euro 16,00<br />

Roberto Festorazzi<br />

D’Annunzio e la piovra<br />

fascista<br />

di Vito Soavi<br />

18 dicembre 1935: Giornata<br />

della fede. I coniugi italiani furono<br />

invitati a donare alla<br />

Patria le proprie fedi d’oro;<br />

era tempo di sanzioni che<br />

giustificavano la richiesta di<br />

questo sacrificio. Pochi giorni<br />

prima di quel 18 dicembre il<br />

governo fascista stava rischiando<br />

una clamorosa debacle<br />

perché si era accorto<br />

che non era disponibile un<br />

sufficiente numero di anelli<br />

d’acciaio da sostituire a quelli<br />

delle fedi d’oro donate.<br />

Rimandare la cerimonia<br />

avrebbe scatenato l’ilarità del<br />

mondo intero, e confermata<br />

la scarsa affidabilità istituzionale<br />

che godeva l’Italia di<br />

quei tempi.<br />

Per correre ai ripari Achille<br />

Starace convocò a Roma il<br />

federale di Brescia e gli ordinò<br />

di bloccare immediatamente<br />

le attività in corso di<br />

tutte le aziende metalmeccaniche<br />

della provincia per dedicarle<br />

alla produzione di<br />

tonnellate di cerchietti (il governo<br />

li avrebbe acquistati a<br />

qualsiasi prezzo!).<br />

Tornato a Brescia il malcapitato<br />

federale convocò l’industriale<br />

Carlo Gnutti e lo nominò<br />

capofila di tante altre<br />

aziende del settore per prov-<br />

vedere alla richiesta di<br />

Starace. Gnutti riuscì a compiere<br />

il miracolo, salvando<br />

così il governo da una figuraccia<br />

(e realizzando nel<br />

contempo un affare colossale).<br />

Questo incredibile episodio è<br />

tratto dal diario inedito di<br />

Giovanni Comini, allora segretario<br />

federale di Brescia.<br />

Roberto Festorazzi ha ritrovato<br />

questo importante documento<br />

di ottocento pagine<br />

dal quale ha attinto tutte le<br />

notizie, molte delle quali singolari<br />

e stupefacenti, per raccontarci,<br />

nel suo libro<br />

D’Annunzio e la piovra fascista<br />

i difficili rapporti fra il Vate<br />

e Mussolini durante gli ultimi<br />

tre anni di vita che il poeta<br />

trascorse al Vittoriale.<br />

L’autenticità di questo diario<br />

si evince dal ruolo esercitato<br />

dal suo estensore, nominato<br />

federale di Brescia all’età di<br />

28 anni, su segnalazione del<br />

Duce, direttamente da Starace;<br />

questi lo considerò<br />

sempre un fedele ed intelligente<br />

esecutore <strong>dei</strong> delicati<br />

incarichi che gli venivano affidati.<br />

Tra gli altri un ordine imperioso:<br />

mettere D’Annunzio nella<br />

condizione di non nuocere,<br />

spiando le sue azioni per<br />

prevenirle. Questa delicata<br />

missione venne condotta<br />

con una mossa audace ma<br />

vincente: confidò al Vate la<br />

natura dell’incarico ricevuto<br />

per assicurarsi anche la sua<br />

fiducia. Poté così avviare un<br />

incredibile doppiogioco, costruito<br />

sulla disponibilità assoluta<br />

<strong>dei</strong> due ignari contendenti.<br />

Fu tanto astuto da non far<br />

mai trapelare la sua “ambiguità<br />

“che venne sempre<br />

condotta in modo intelligente<br />

e a fin di bene.<br />

Festorazzi è riuscito a cogliere,<br />

nelle pagine del diario, i<br />

momenti più singolari e significativi<br />

del rapporto privilegiato<br />

del federale di<br />

Brescia col potere dominante,<br />

per far trasparire la sua latente<br />

contestazione al regime.<br />

Si rendeva sempre più<br />

conto di quanto fosse difficile<br />

esercitare il ruolo di lacchè di<br />

Starace che si era trovato<br />

cucito addosso. Per questo<br />

ha dato risalto, e Festorazzi<br />

ha prontamente raccolto, ad<br />

alcuni aspetti paradossali<br />

della tragedia che stava colpendo<br />

la nostra nazione.<br />

Gustoso e drammatico, ad<br />

esempio, è il resoconto del<br />

grave infortunio occorso a<br />

D’Annunzio che, perdendo<br />

l’equilibrio, cadde dalla finestra<br />

della sala della musica<br />

sita a piano terra del Vittoriale,<br />

e si fratturò il cranio,<br />

restando fra la vita e la morte<br />

per diversi giorni. La versione<br />

ufficiale dell’incidente riferisce<br />

di una caduta accidentale<br />

causata da un malore, le<br />

malelingue insinuano che<br />

quella sera egli stesse ascoltando<br />

Luisa Baccaro al pianoforte<br />

e contemporaneamente<br />

dedicasse altre sue<br />

attenzioni alla sorella minore<br />

di quest’ultima che, respingendolo<br />

con un brusco movimento,<br />

gli fece perdere l’equilibrio,<br />

ma certamente il<br />

Vate dal coma non fu in<br />

grado di contestare platealmente<br />

l’inizio delle ostilità<br />

in Africa Orientale avviate<br />

in quei giorni, che non aveva<br />

mai nascosto di disapprovare.<br />

Qual è la verità Difficile stabilirlo.<br />

L’importante che l’episodio<br />

sia stato raccontato<br />

con l’esposizione di tre soluzioni,<br />

tutte probabili.<br />

Roberto Festorazzi ha solo<br />

quarant’anni ma è certamente<br />

uno storiografo preparato<br />

ed attendibile. Senza nulla<br />

concedere alla interpretazione<br />

degli eventi raccontati riesce<br />

a sviscerare le figure <strong>dei</strong><br />

suoi personaggi per condurre<br />

il lettore a condividere con<br />

lui simpatie ed antipatie.<br />

Questa sua ultima fatica del<br />

racconto delle imprese doppiogiochistiche<br />

di Giovanni<br />

Comini ne sono una concreta<br />

conferma.<br />

Una lettura da non perdere.<br />

Roberto Festorazzi,<br />

D’Annunzio e<br />

la piovra fascista<br />

Il Minotauro<br />

marzo 2005<br />

pagine 214, euro 12,50<br />

Massimo Franco<br />

Imperi paralleli. Vaticano<br />

e Stati Uniti: due secoli di<br />

alleanza e conflitto (1788-2005)<br />

di Fabrizio de Marinis<br />

Pio VI e George Washington<br />

furono i primi a stabilire<br />

i contatti diplomatici tra<br />

Santa sede e Stati Uniti.<br />

Era il 1788 quando arrivò<br />

da Roma a Parigi un emissario<br />

inviato dal papa per<br />

incontrare il diplomatico appena<br />

assegnatovi dalla<br />

Nuova repubblica del Nord<br />

America.<br />

Il diplomatico era Benjamin<br />

Franklin e la richiesta che<br />

Pio VI gli fece fu semplice e<br />

concisa. Sarebbe stato<br />

d’accordo il presidente<br />

George Washington che il<br />

pontefice nominasse un vescovo<br />

nel nuovo Stato<br />

Ligio al dovere Franklin riportò<br />

la domanda al presidente<br />

Washington, e ciò<br />

che tornò a dire al papa era<br />

che egli avrebbe potuto nominare<br />

qualunque vescovo<br />

avesse voluto per gli Stati<br />

Uniti, perché quello che la<br />

rivoluzione aveva portato<br />

alle colonie era proprio la libertà,<br />

inclusa quella religiosa.<br />

Il dipanarsi, non sempre<br />

in modo lineare, di due secoli<br />

di rapporti tra Vaticano<br />

e Stati Uniti segnati prima<br />

dalla diffidenza e dall’ostilità<br />

fra cattolici e protestanti,<br />

poi da una tormentata<br />

ma solida alleanza, viene<br />

descritto con profonda e<br />

meditata analisi da Massimo<br />

Franco, 50 anni, romano,<br />

inviato e notista politico<br />

del Corriere della Sera,<br />

per la prima volta in modo<br />

organico e profondo analizzando<br />

le molteplici diversità<br />

pur legate da mille fili geopolitici<br />

e religiosi. Due “imperi<br />

paralleli” l’uno vecchio<br />

di duemilacinquecento anni,<br />

l’altro giovane di poco<br />

più di due secoli. Gli unici<br />

ad avere una proiezione<br />

planetaria.<br />

Chi era Gaetano Bedini, “il<br />

cardinale che scorticava gli<br />

eretici” e che nel 1854 sospese<br />

la sua missione negli<br />

Usa perché minacciato di<br />

morte dagli esuli italiani<br />

che lo accusavano di aver<br />

tradito e fatto fucilare Ugo<br />

Bassi, il frate di Garibaldi<br />

ammazzato dagli austriaci<br />

a Bologna, il 14 giugno<br />

1849 E perché fino al<br />

1984 gli Stati Uniti non hanno<br />

voluto un ambasciatore<br />

presso la Santa Sede<br />

E poi quelle immagini di<br />

profonda costernazione del<br />

presidente G.W. Bush, la<br />

moglie Laura, il padre<br />

George, Bill Clinton e<br />

Condoleeza Rice inginocchiati<br />

nella basilica di San<br />

Pietro davanti al corpo del<br />

26 (30) ORDINE 1 <strong>2006</strong>


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Giampaolo Pansa<br />

Sconosciuto 1945<br />

di Emilio Pozzi<br />

Il paragone può sembrare banale<br />

e può darsi che sia già<br />

stato usato ma pensare a<br />

Giampaolo Pansa come al<br />

dottor Jekill e a Mister Hyde -<br />

lui stesso nella prefazione a<br />

Sconosciuto 1945 scrive di<br />

un alter ego di se stesso, un<br />

immaginario avvocato Giorgio<br />

Alberti del quale si è servito<br />

per motivare dialetticamente<br />

le ragioni che l'hanno spinto<br />

a scrivere il libro - viene<br />

quasi spontaneo. Anche se<br />

può dare fastidio. Perché mister<br />

Hyde, vittima di furori incontrollati,<br />

frutto di una sperimentazione<br />

scientifica del<br />

dottor Jekill, può anche rappresentare<br />

la proiezione di un<br />

inconscio che c'è in ognuno.<br />

E per quanto riguarda l’uomo<br />

Pansa, autore di narrativa e di<br />

inchieste che lo qualificano<br />

come alfiere, da anni di un revisionismo<br />

accanito, mi sono<br />

interrogato spesso, conoscendolo<br />

da molti anni, sul<br />

dove si collocasse il confine<br />

tra l’analisi delle vicende dolorose<br />

della storia italiana fra il<br />

’43 e il ‘45 rivissuta, da antifascista,<br />

attraverso le testimonianze<br />

partigiane e quelle per<br />

lo più raccolte da figli e nipoti<br />

direttamente o attraverso lettere<br />

(duemila ne ha ricevute,<br />

dopo Il sangue <strong>dei</strong> vinti) di coloro<br />

che erano dall’altra parte.<br />

Di questo nuovo volume<br />

Pansa stesso dice (pagina<br />

302) dialogando con l’immaginario<br />

Giorgio Alberti, a proposito<br />

di un episodio ambientato<br />

a Masone: “ Questa storia<br />

è un altro esempio di come<br />

il libro che stiamo leggendo,<br />

sia il figlio di Sangue <strong>dei</strong><br />

vinti.<br />

E sul senso del volume, una<br />

risposta, anzi cinque, che<br />

Pansa chiama semplici<br />

verità, le ho trovate proprio<br />

nelle prime pagine di Sconosciuto<br />

1945. La citazione<br />

testuale è doverosa. “La prima<br />

è che, come accade in<br />

tutte le guerre, le parti coinvolte<br />

sono sempre due: i vincitori<br />

e i vinti. La seconda è<br />

che nessuna guerra si può<br />

raccontare senza tenere<br />

conto del punto di vista di entrambi<br />

i contendenti. La terza<br />

è che ascoltare e riferire le ragioni<br />

degli sconfitti non significa<br />

condividerle. La quarta è<br />

che, anche volendolo,è impossibile<br />

costringere al silenzio<br />

le migliaia e migliaia di<br />

persone che hanno messo in<br />

gioco la loro esistenza e<br />

quella <strong>dei</strong> loro famigliari in<br />

una battaglia che per quel<br />

che mi riguarda ho sempre<br />

ritenuto sbagliata. La quinta è<br />

ultima verità è che in una società<br />

democratica, nata dalla<br />

vittoria contro una dittatura,<br />

tappare la bocca a chi ha perso<br />

significa contraddire un<br />

principio che tutti dovremmo<br />

aver caro: la superiorità del<br />

sistema liberale rispetto a<br />

qualunque regime autoritario,<br />

nero o rosso che sia”.<br />

Tutto, o quasi, condivisibile.<br />

Quindi, rimossa la tentazione<br />

di fare un processo alle intenzioni<br />

(confesso che qualche<br />

ragione la troverei) rendiamo<br />

conto al lettore di questa nuova<br />

fatica letteraria e cronisticamente<br />

storica di Giampaolo<br />

Pansa. Gli episodi raccolti<br />

( molto spesso sulla base<br />

di lettere ricevute) sono affidati<br />

alla narrazione diretta di testimoni<br />

o di parenti di personaggi,<br />

non sempre con i nomi<br />

autentici, o sono riassunti dal<br />

curatore, in dialogo sempre<br />

con l’avvocato Alberti. Sono<br />

una cinquantina e, nel comune<br />

dolore per la perdita di familiari,<br />

presentati con l’affetto<br />

che quasi sempre assolve la<br />

vittima e condanna i giustizieri,<br />

riecheggiano avvenimenti<br />

<strong>dei</strong> quali la storia ha tracciato<br />

le linee generali o rivelano<br />

particolari ignorati, toccando<br />

diversi luoghi del nostro<br />

Paese. Analoga ricognizione,<br />

circoscritta a Milano e ai giorni<br />

attorno al 25 aprile 1945, è<br />

stata compiuta da Edgarda<br />

Ferri nel libro L’alba che<br />

aspettavamo. Per il fatto che<br />

questo articolo è destinato a<br />

<strong>Ordine</strong> Tabloid mi pare opportuno<br />

citare tre capitoli che<br />

si riferiscono proprio a giornalisti.<br />

Uno riguarda Salvatore<br />

Caprino, giornalista fascista<br />

ucciso a Milano nel maggio<br />

1945. Il giornale nel quale lavorava,<br />

da ultimo, era Repubblica<br />

fascista e l’ultimo numero<br />

recava la data del 26<br />

aprile 1945. La lucida testimonianza,<br />

è della figlia Giovanna<br />

Caprino Picciau che sa distinguere<br />

tra l’amore filiale e gli<br />

errori politici (“Quando ho visto<br />

il documentario di Alain<br />

Resnais Notti e nebbia sulla<br />

deportazione e lo sterminio<br />

degli ebrei, mi sono detta che<br />

anche il fascismo era responsabile<br />

dell’Olocausto, che anche<br />

mio padre pur senza avere<br />

una colpa diretta, aveva fatto<br />

parte di quel sistema.<br />

L’effetto è stato terribile. Però<br />

non mi sono vergognata di lui,<br />

mai. Mi sono vergognata del<br />

fascismo, questo sì. Per papà<br />

provavo soprattutto amore. In<br />

fondo lui aveva pagato, era<br />

stato ucciso”). Di Salvatore<br />

Caprino ha anche scritto<br />

Gianni Bongioanni nel libro<br />

rievocativo delle esperienze<br />

di Radio Tevere.<br />

Il secondo giornalista di cui<br />

parla Pansa è Giorgio Morelli,<br />

detto Il solitario, partigiano<br />

bianco di Reggio Emilia, fondatore<br />

di un giornaletto partigiano,<br />

vissuto per quattro numeri,<br />

tirati al ciclostile, insieme<br />

con Eugenio Corezzola.Si<br />

chiamava La Penna. E insieme<br />

, dopo la fine della guerra<br />

fondarono La nuova penna<br />

che non aveva nulla contro la<br />

Resistenza, della quale volevano<br />

difendere la purezza <strong>dei</strong><br />

valori, ma che si occupò coraggiosamente<br />

e con accanimento,<br />

in numerose inchieste<br />

contro ‘le bande che infestavano<br />

il Reggiano’. Contro il<br />

Solitario ci fu un agguato: sei<br />

colpi di rivoltella. E per i postumi<br />

di quel tentato omicidio,<br />

Morelli, sei mesi dopo morì.<br />

Aveva 21 anni e sette mesi. Il<br />

terzo giornalista di cui si parla<br />

che, per fortuna non morì tragicamente,<br />

ma fu allontanato<br />

dal Corriere della Sera e poi<br />

anche arrestato è Ciro Poggiali.<br />

Poggiali, padre di Vieri,<br />

che ne rievoca la figura in un<br />

capitolo, era un professionista<br />

serio, maestro di tanti giornalisti.<br />

Fra l’altro si deve a lui il<br />

merito se Dino Buzzati che lavorava<br />

nella cronaca del<br />

Corriere, della quale Poggiali<br />

era responsabile, poté pubblicare<br />

il suo primo romanzo Il<br />

deserto <strong>dei</strong> tartari. Poggiali<br />

finì dignitosamente la sua carriera<br />

negli anni cinquanta come<br />

capocronista del quotidiano<br />

cattolico di Milano L’Italia.<br />

L’affettuosa e devota rievocazione<br />

del figlio Vieri si conclude<br />

con una riflessione che è<br />

emblematica della complessa<br />

situazione nella quale hanno<br />

vissuto tante famiglie italiane.<br />

È bene leggerla: “Riepilogando.<br />

Un primo cugino morto di<br />

stenti in un lager tedesco. Un<br />

prozio ebreo nascosto in casa,<br />

con molti pericoli e per cinque<br />

anni. Un altro prozio infoibato<br />

dagli jugoslavi. Due gemelli<br />

arruolati in eserciti avversi.<br />

Una quasi epurazione professionale<br />

di mio padre, con<br />

rischi per la pelle. Ecco il contributo<br />

di partecipazione di<br />

una seminormale famiglia italiana<br />

alle vicende belliche, e<br />

politiche del 1940-45” .La memorialistica<br />

è di moda. E il libro<br />

di Pansa, nella sua disarticolata<br />

narrazione, è soffuso<br />

di pietas. I racconti in prima<br />

persona di coloro che hanno<br />

racchiuso per anni il dolore<br />

<strong>dei</strong> loro lutti, le morti ingiuste,<br />

tragici eventi legati al caso,<br />

casi isolati di ferocia e di vendetta,<br />

compongono un panorama<br />

desolante.Va letto, data<br />

per scontata onestà intellettuale,<br />

e non ricerca dell’effetto<br />

a tutti i costi, (anche se il sottotitolo<br />

del libro che mi auguro<br />

sia attribuibile al marketing<br />

editoriale lascia qualche perplessità)<br />

con rispetto,non dimenticando<br />

però quanti casi<br />

analoghi sono avvenuti sul<br />

fronte opposto e che non<br />

hanno trovato narratori. Non<br />

si tratta di mettere sulla bilancia<br />

i libri scritti sugli anni bui di<br />

un passato non dimenticato,<br />

(la Resistenza ha, nell’ambito<br />

<strong>dei</strong> sentimenti ‘privati’ alcuni<br />

volumi che andrebbero riletti<br />

come Lettere di condannati a<br />

morte curato da Giovanni<br />

Pirelli e Piero Malvezzi).<br />

Tuttavia sono personalmente<br />

convinto che molte storie<br />

umane sono rimaste nell’ombra.<br />

Per pudore <strong>dei</strong> protagonisti.<br />

E ormai i sopravvissuti sono<br />

pochi. O perché, nella<br />

Resistenza, c’era la regola<br />

del silenzio. E i figli non sapevano<br />

<strong>dei</strong> padri, e i padri <strong>dei</strong> figli.<br />

Giampaolo Pansa,<br />

Sconosciuto 1945.<br />

(Ventimila scomparsi,<br />

torturati e uccisi:<br />

le vendette dopo<br />

il 25 aprile<br />

nella memoria <strong>dei</strong> vinti),<br />

Sperling e Kupfer Editori,<br />

Milano 2005,<br />

pagine 476, euro 18,00<br />

papa Giovanni Paolo II.<br />

Che valenza storica hanno<br />

quelle testimonianze insieme<br />

a quelle <strong>dei</strong> più potenti<br />

uomini della terra e <strong>dei</strong> rappresentanti<br />

di tutte le più<br />

importanti religioni della<br />

terra<br />

Massimo Franco si muove<br />

con abilità e sicurezza nell’archivio<br />

segreto vaticano.<br />

Fa affiorare documenti inediti<br />

su un mondo a cavallo<br />

tra il Settecento e<br />

l’Ottocento e risale la china<br />

della storia fino ai nostri<br />

giorni, indagando realtà<br />

complesse popolate da papisti<br />

e cow boys, ambasciatori<br />

e spie, pontefici e presidenti,<br />

impegnati in un gioco<br />

di potere sottile e, a volte<br />

brutale. Indaga sui motivi<br />

per cui gli Usa non hanno<br />

avuto, appunto, un’ambasciata<br />

presso la Santa<br />

Sede fino al 1984, con<br />

Ronald Reagan alla Casa<br />

Bianca. Racconta l’irriducibilità<br />

vaticana contro la<br />

guerra in Iraq e lo scandalo<br />

<strong>dei</strong> preti pedofili negli Usa.<br />

Complesse alchimie di poteri<br />

e contropoteri, il grande<br />

confronto tra i forti richiami<br />

spirituali e la troppa materialità<br />

del pensiero nordamericano,<br />

l’avidità protestante<br />

per la ricchezza e il<br />

denaro, il sapere secolare<br />

della Chiesa, i grandi segreti<br />

che il Vaticano da<br />

sempre conserva, vengono<br />

indagati da Massimo Franco<br />

con sapiente ritmica,<br />

senza mai sfociare nel facile<br />

giudizio, nella banalizzazione<br />

degli eventi, nella<br />

sottovalutazione <strong>dei</strong> grandi<br />

misteri che muovono la storia.<br />

Due secoli di rapporti, anche<br />

agitati, non sono facili<br />

da raccontare, dall’epopea<br />

delle colonie, ai fantasmi<br />

del Ku Klux Klan, ai complessi<br />

eventi della prima e<br />

seconda guerra mondiale,<br />

al triangolo anticomunista<br />

del dopoguerra, ai Kennedy<br />

e a Jacqueline che si<br />

presenta tutta di nero, vestita<br />

quasi da monaca, nel<br />

1962, all’udienza con<br />

Giovanni XXIII, come a riconfermare<br />

la profonda devozione<br />

<strong>dei</strong> cattolici americani<br />

verso la Chiesa di<br />

Roma, fino alla guerra con<br />

l’Iraq. Una carrellata di<br />

aneddoti e di riflessioni.<br />

L’intrecciarsi di eventi tra<br />

due imperi che Massimo<br />

Franco definisce fin da subito<br />

“paralleli”. E poi «la<br />

preoccupazione palpabile<br />

delle gerarchie cattoliche»,<br />

che ritengono che «la strategia<br />

imperiale statunitense<br />

possa accentuare la<br />

“cristianofobia” emersa dopo<br />

la guerra in Iraq nell’universo<br />

islamico».<br />

Il libro di Massimo Franco<br />

cerca di fotografare le fasi<br />

storiche dell’alleanza e del<br />

conflitto fra gli «imperi paralleli»<br />

occidentali nel corso<br />

di oltre duecento anni. Di<br />

raccontare gli alti e bassi di<br />

un processo di conoscenza<br />

e di riconoscimento reciproci,<br />

che rappresenta l’aspetto<br />

meno indagato tra<br />

Vaticano e Nuovo Mondo,<br />

fra un Vaticano passato<br />

dall’eurocentrismo a una<br />

visione mondiale <strong>dei</strong> problemi,<br />

e un’America prima<br />

isolazionista, poi “gendarme<br />

del mondo”, e alla fine<br />

aspirante “demiurgo della<br />

storia”. È una vicenda lunga<br />

e tormentata, destinata<br />

a rimanere aperta ancora<br />

di più dopo la morte di<br />

Giovanni Paolo II e l’elezione<br />

di Benedetto XVI. La trama<br />

che collega Washington<br />

con la Roma di Giovanni<br />

Paolo II, insomma, e ora<br />

con Benedetto XVI è il riflesso<br />

della forza e della<br />

debolezza dell’identità occidentale<br />

e di due destini<br />

intrecciati.<br />

Massimo Franco<br />

Imperi paralleli.<br />

Vaticano e Stati Uniti:<br />

due secoli di alleanza e<br />

conflitto (1788-2005),<br />

Mondadori,<br />

pagine 229, euro 17,50<br />

Hélen Blignaut, Luisa Ciuni,<br />

Maria Grazia Persico<br />

Comunicare la moda<br />

di Franz Foti<br />

L’emozione è l’essenza primaria<br />

della comunicazione. La<br />

moda è seduzione, capacità di<br />

attrarre attraverso modalità<br />

particolari, il più delle volte<br />

orientate verso l’enfasi del dettaglio.Per<br />

comunicare la moda<br />

devono mescolarsi le due<br />

componenti essenziali del<br />

messaggio:l’emozione e il dettaglio<br />

seduttivo, che rappresenta<br />

l’espressione estetica<br />

più voluttuosa di ciò che genera<br />

il desiderio e l’immaginazione<br />

del possesso, preludio del<br />

gesto finale, prima di fare proprio<br />

l’oggetto desiderato. La<br />

moda è teatro, atmosfera, esasperazione<br />

del reale, estremismo<br />

estetico che sfila in passerella,<br />

che si mostra nelle sue<br />

forme suggestive e baluginanti,<br />

che sfida l’immaginario cromatico,<br />

culturale e sociale. Ma<br />

è anche teatro della vita. In alcune<br />

sue manifestazioni è sintesi<br />

di storia, anticipazione del<br />

futuro dove confluiscono i mille<br />

rivoli dell’anima e dell’agire: la<br />

sensibilità, il colore, la tecnologia,<br />

il tessuto, la poesia, la narrazione,<br />

il narcisismo, l’esasperazione<br />

del sé. La moda è<br />

anche storia. Hélene Blignaut,<br />

una delle autrici del volume<br />

Comunicare la moda, avverte<br />

che ogni cosa comincia da un<br />

inizio, il punto zero, ma prima<br />

di questo punto ce ne sono altri<br />

da percorrere prima di decollare<br />

dal punto zero.Bisogna<br />

capire sempre cosa c’era prima,<br />

perché da questo si capisce<br />

come penetrare l’anima e i<br />

sentimenti degli altri. È così<br />

che si risponde al bisogno d’emozioni<br />

degli altri. È in questo<br />

territorio che bisogna ricercare<br />

l’inafferrabile emotivo del: “mi<br />

piace, lo voglio, non mi piace<br />

più, mi piace ancora, non lo<br />

voglio”.<br />

Partendo da questi preliminari<br />

della costruzione psicologica<br />

dell’altro, conficcando le mani<br />

dentro l’anima <strong>dei</strong> nostri interlocutori,<br />

si stabilisce una buona<br />

comunicazione, il feeling<br />

della consonanza. Tutto questo<br />

vale soprattutto nell’ambito<br />

della moda, dove si viaggia sul<br />

confine invisibile fra desiderio<br />

e immaginazione, realtà e<br />

astrazione, visione del fantastico<br />

e condizione interiore. È<br />

dentro questo spazio che s’insinua<br />

la concezione “dell’abito<br />

parlante”, che t’insidia nel<br />

profondo, che morde il gusto di<br />

una nuova dimensione estetica<br />

sino a farla diventare dimensione<br />

mentale. Per gestire<br />

questa complessa macchina<br />

della comunicazione della moda<br />

non è sufficiente conoscere<br />

la psicologia del desiderio e<br />

del gusto. Serve anche la tec-<br />

nica della comunicazione. Per<br />

questo vengono esplorati alcuni<br />

modelli di comunicazione,<br />

come l’AIDA: Attenzione,<br />

Interesse, Desiderio, Azione. Il<br />

tutto, presumo, in un quadro<br />

d’intuizione ed esperienza.<br />

Nella comunicazione della<br />

moda non poteva mancare la<br />

descrizione e l’articolazione di<br />

una campagna del settore. Ci<br />

ha pensato un’altra autrice del<br />

volume, Maria Grazia Persico<br />

che puntualizza le varie sequenze<br />

di una campagna<br />

orientata al prodotto moda.<br />

Vengono descritti i presupposti<br />

principali, la pianificazione<br />

progettuale e operativa. Si tratta<br />

di un vero e proprio vademecum,<br />

di un piano di lavoro<br />

corredato di dieci pagine di<br />

schede esemplificative. In<br />

questo lavoro dedicato alla<br />

moda sono ben visibili i tratti<br />

del ruolo e delle funzioni del<br />

giornalista di settore e dell’ufficio<br />

stampa. Molto interessanti<br />

si mostrano i consigli e i particolari<br />

di Luisa Ciuni.<br />

Insegna a impostare un articolo<br />

di giornale, a strutturare un<br />

efficace comunicato stampa,<br />

a tratteggiare i volti della pubblicità.<br />

Tecnica, partecipazione,<br />

pazienza e curiosità, unitamente<br />

a un pizzico di fortuna,<br />

sono i ferri del mestiere.<br />

Affinandoli con buone letture,<br />

corredandoli di una discreta<br />

dose di spirito d’osservazione,<br />

avremo costruito buona parte<br />

del nostro successo comunicativo.<br />

Hélen Blignaut,<br />

Luisa Ciuni,<br />

Maria Grazia Persico,<br />

Comunicare la moda,<br />

Manuali Franco Angeli<br />

euro 12,50<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

27 (31)


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Marcello Lo Vetere<br />

Tredici giornalisti.<br />

La professione<br />

raccontata da chi la fa<br />

AA.VV.<br />

Il libro nero di Cuba<br />

di Marzio De Marchi<br />

«Ognuno guarda Cuba dal<br />

suo prisma preferito: la musica<br />

di Cumpay Segundo e i<br />

diari di Che Guevara, l’epopea<br />

della Sierra Maestra, il<br />

mojito e il son, la “sanità per<br />

tutti” e l’embargo de los<br />

yankees che “strangola” il<br />

sogno della Revolución…»:<br />

scrive così Michele Farina,<br />

giornalista del Corriere della<br />

Sera, nella presentazione<br />

de Il libro nero di Cuba. Ma<br />

aggiunge, subito dopo, che<br />

«la faccia aggiornata di<br />

Cuba (…) sono le rughe di<br />

Ricardo Gonzales, che oggi<br />

ha 55 anni e sta ancora dentro,<br />

in una delle 200 prigioni<br />

cubane dove neppure il<br />

Comitato della Croce Rossa<br />

Internazionale può entrare.<br />

È il silenzio coatto di Raúl<br />

Rivero, che compirà i 60 in libertà<br />

condizionata».<br />

Ma chi sono Gonzales e<br />

Rivero Nel marzo del 2003<br />

Fidel Castro diede il via a<br />

una repressione senza precedenti<br />

contro giornalisti,<br />

militanti <strong>dei</strong> diritti umani, sindacalisti.<br />

Decine di persone<br />

furono incarcerate con l’accusa<br />

di attività sovversiva,<br />

malgrado le proteste che subito<br />

si sollevarono in tutto il<br />

mondo e che contribuirono a<br />

incrinare, una volta di più,<br />

l’immagine della rivoluzione<br />

castrista.<br />

Il libro nero di Cuba spiega<br />

proprio quanto è avvenuto<br />

da quel tragico giorno di<br />

marzo di due anni fa ad oggi;<br />

e, con una serie impressionante<br />

di documenti e testimonianze,<br />

presenta una<br />

verità che non può in alcun<br />

modo essere «interpretata».<br />

I rapporti sono presentati da<br />

Reporter senza frontiere<br />

con il contributo di Amnesty<br />

International, Commission<br />

cubaine des droits de l’homme<br />

et de la réconciliation nationale,<br />

della Commission<br />

interaméricaine des droits<br />

de l’homme de l’Organisation<br />

des États américains,<br />

di Human Rights<br />

Watch e, infine, di Pax Christi<br />

Pays-Bas. Completano il<br />

lavoro alcuni significativi<br />

estratti della Costituzione<br />

cubana e del Codice penale.<br />

«Io non cospiro, scrivo»: così<br />

si è difeso il poeta e giornalista<br />

Raúl Rivero, messo<br />

di fronte all’accusa di tradimento.<br />

Ma all’ombra della<br />

Revolución, le parole di libertà<br />

spaventano ancora.<br />

AA.VV.,<br />

Il libro nero di Cuba,<br />

Guerini e Associati,<br />

pagine 202, euro 17,50<br />

Vieri Poggiali<br />

Orso in piazza Affari getta<br />

nel panico il parco buoi<br />

di Giacomo Ferrari<br />

Il titolo è curioso. E fa immediatamente<br />

pensare a un testo<br />

satirico sul linguaggio della<br />

finanza. Invece, si tratta di<br />

tutt’altro. Anche se l’idea è sicuramente<br />

geniale: se si voleva<br />

catturare l’attenzione del<br />

potenziale lettore, l’intento è<br />

perfettamente riuscito.<br />

In realtà il volumetto di Vieri<br />

Poggiali, un pioniere della divulgazione<br />

economica, è un<br />

prezioso strumento di lavoro<br />

per chi fa il giornalista economico<br />

o, più in generale, il comunicatore<br />

nell’ambito di<br />

questo settore. Essenziale,<br />

chiaro, didascalico, è il frutto<br />

di una ricerca accurata condotta<br />

semplicemente leggendo<br />

criticamente gli articoli di<br />

giornale, spesso zeppi di metafore<br />

e luoghi comuni. Che<br />

l’autore ha “tradotto” in termini<br />

più accessibili. Quella del tecnicismo<br />

è un antico peccato<br />

del giornalismo italiano. Dalla<br />

nota politica alla più banale<br />

notizia di cronaca nera (quante<br />

volte abbiamo letto di una<br />

persona “sottoposta a custodia<br />

cautelare” anziché più<br />

semplicemente “imprigionata”)<br />

sui giornali le frasi gergali<br />

sono sempre più presenti.<br />

Ma perché queste locuzioni,<br />

burocratiche nello stile e<br />

nella sostanza, vengono usate<br />

anche dai giornalisti<br />

Semplicemente perché è più<br />

facile. Perché non si fa alcuno<br />

sforzo per “tradurre” un verbale<br />

di polizia o la relazione di<br />

un consiglio di amministrazione.<br />

Ma questo, guarda caso,<br />

è proprio ciò che dovrebbe fare<br />

il giornalista. Hanno ragione,<br />

dunque, coloro che accusano<br />

i giornalisti di scrivere<br />

per loro stessi e per le loro<br />

fonti anziché per i lettori, come<br />

sarebbe loro preciso dovere.<br />

Le quasi mille voci catalogate<br />

(e spiegate con chiarezza)<br />

da Poggiali in questa<br />

ricerca permettono di capire<br />

meglio il linguaggio del giornalismo<br />

economico ma soprattutto<br />

aiutano a capire gli<br />

stessi concetti della scienza<br />

economica. La scelta di disporre<br />

le voci in ordine alfabetico,<br />

come in un glossario,<br />

mette inoltre il lettore in condizione<br />

di individuare facilmente<br />

e velocemente la parola o<br />

la locuzione che lo interessa.<br />

Il lavoro di Poggiali, in definitiva,<br />

oltre a rappresentare una<br />

lettura piacevole, è soprattutto<br />

di straordinaria utilità.<br />

Vieri Poggiali,<br />

Orso in piazza Affari getta<br />

nel panico il parco buoi,<br />

Centro Documentazione<br />

<strong>Giornalisti</strong>ca,<br />

pagine 94, euro 10,00<br />

di Paolo Pirovano<br />

Andare, vedere e raccontare:<br />

l’immagine romantica del<br />

giornalista si riassume in<br />

queste tre parole. È ciò che<br />

ha fatto Marcello Lo Vetere<br />

in Tredici giornalisti. La professione<br />

raccontata da chi<br />

la fa. Le testimonianze sono<br />

state raccolte da Lo Vetere<br />

che ha intervistato alcuni<br />

colleghi della televisione,<br />

<strong>dei</strong> quotidiani, della comunicazione<br />

sul web, ma anche<br />

reporter di provincia e una<br />

giovane pubblicista su una<br />

sedia a rotelle.<br />

Dalle pagine di questo volume<br />

che, come ha scritto<br />

nella prefazione il presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia Franco<br />

Abruzzo, si legge tutto d’un<br />

fiato, emerge che lo stereotipo<br />

del giornalista “testimone<br />

privilegiato” o “storico del<br />

presente” che affida alla forza<br />

delle parole il senso del<br />

proprio lavoro, forse nel terzo<br />

millennio non esiste più.<br />

Gli americani, titolari del sistema<br />

di informazione più libero<br />

e contemporaneamente<br />

più controllato, più trasparente<br />

ma anche più soggetto<br />

alle pressioni della<br />

corruzione, sostengono che<br />

la notizia è quella che i giornalisti<br />

vogliono che sia. Tra<br />

questi due estremi, quello<br />

del fedele testimone della<br />

verità e quella del diabolico<br />

manipolatore di opinioni, si<br />

pone la realtà di una professione<br />

difficile che conosce -<br />

ma non sempre dichiara -<br />

un insieme complesso di<br />

tecniche e di regole.<br />

Quindi in un periodo in cui<br />

regnano follia e fanatismi,<br />

intolleranza e fame di potere,<br />

il giornalista è chiamato<br />

in prima linea a rappresentare<br />

intelligenza, equilibrio<br />

e libertà.<br />

Oggi poche professioni sono<br />

sottoposte quanto quella<br />

del giornalista alle pressioni<br />

e alle aspettative del mondo<br />

circostante: ci si aspetta<br />

che sia esperto, consulente<br />

finanziario, ideologico e spirituale.<br />

E poi anche avvocato,<br />

mediatore, comunicatore,<br />

insegnante, detective,<br />

poliziotto e giudice.<br />

Provocatore e pacificatore<br />

a 360 gradi; un ruolo che le<br />

pagine del libro spiegano in<br />

modo eccellente grazie alla<br />

bravura di Lo Vetere che<br />

scava nel passato e nel<br />

presente degli intervistati.<br />

<strong>Giornalisti</strong> che parlano di<br />

aneddoti ma anche di storie<br />

tristi; uomini e donne in giro<br />

alla ricerca di notizie ma<br />

anche incollati al computer<br />

a passare pezzi o a scrivere<br />

titoli e “dida”.<br />

Con la consapevolezza che<br />

anche questa professione,<br />

col trascorrere del tempo e<br />

a dispetto dell’immaginario<br />

collettivo, sta diventando<br />

“piatta”, con i suoi problemi,<br />

i suoi modelli e i suoi miti.<br />

Marcello Lo Vetere,<br />

Tredici giornalisti.<br />

La professione raccontata<br />

da chi la fa,<br />

prefazione di Franco<br />

Abruzzo,<br />

Edizioni A&B,<br />

335 pagine, euro 20,00<br />

Vladimiro Bertazzoni<br />

Andrea, mio padre<br />

di Marco Volpati<br />

Se Voltaire fosse nato sul finire<br />

dell'800 a San Benedetto<br />

Po, il suo Candide avrebbe<br />

potuto chiamarsi Andrea Bertazzoni.<br />

Classe 1895, Bertazzoni, spirito<br />

acuto e ribelle di figlio della<br />

campagna mantovana, è<br />

stato un personaggio singolare,<br />

che ha attraversato i momenti<br />

tragici della storia - dalla<br />

Grande guerra, al fascismo,<br />

all'esilio in Francia e<br />

poi in Urss - con straordinario<br />

candore, coraggio e anche<br />

parecchia fortuna.<br />

Il figlio Vladimiro Bertazzoni -<br />

giornalista e scrittore - gli ha<br />

dedicato un volume interessante<br />

e molto ben riuscito:<br />

rieditando molti scritti del padre,<br />

memorie delle sue avventure,<br />

e corredandole di<br />

spiegazioni, raccordi, nuovi<br />

documenti. Il tutto senza<br />

spezzare il ritmo narrativo e<br />

la scorrevolezza della scrittura.<br />

Alla fine il libro è un tutt'uno,<br />

perfettamente armonico.<br />

Si intitola Andrea, mio padre.<br />

Un uomo comune che visse<br />

non comunemente. C’è un<br />

eccesso di modestia in questa<br />

presentazione: che Andrea<br />

Bertazzoni fosse proprio<br />

un uomo comune è difficile<br />

crederlo. Aveva il dono della<br />

scrittura, in versi e in prosa.<br />

Ma le umili origini lo costrinsero<br />

ad un vita dura, fin da<br />

ragazzo, quando per sostenere<br />

la famiglia lavorava come<br />

sotcaldera, una delle<br />

umili funzioni che si svolgevano<br />

nei caseifici della Bassa<br />

Mantovana.<br />

La guerra del ‘15 lo trascina<br />

al fronte.<br />

E lì Candide-Bertazzoni si<br />

trasforma nel buon soldato<br />

Sveik. Uno Sveik più cocciuto<br />

che furbo. La sua idea, che<br />

lo accompagnerà per tutta la<br />

vita, è di non voler essere “né<br />

Caino né Abele”. Si comporta,<br />

apertamente, come un<br />

obiettore di coscienza ante<br />

litteram. Non tace, discute,<br />

contesta. Nelle sue memorie,<br />

scritte da anziano, annota:<br />

“Scopersi che la parola perché<br />

è quella che contiene,<br />

tra tutte le altre, il senso più<br />

rivoluzionario”.<br />

Sfugge a pericoli mortali, evita<br />

la condanna a morte che<br />

invece toccò a migliaia di soldati,<br />

specie dopo Caporetto,<br />

ha la presenza di spirito di ferirsi<br />

da solo (autolesionismo):<br />

si prende 20 anni di<br />

carcere militare, ma salva la<br />

vita. Finita la guerra arriva<br />

l’amnistia.<br />

Andrea Bertazzoni è ancora<br />

militare, di stanza in Sicilia.<br />

Gli ordinano di sparare sui<br />

solfatari in sciopero. Si rifiuta<br />

e finisce al confino a Lipari.<br />

Nel 1920 torna finalmente a<br />

casa, a San Benedetto. È<br />

iscritto al Partito socialista.<br />

Diventa segretario della cooperativa<br />

di consumo, e intanto<br />

esercita la sua vena artistico-letteraria.<br />

Mette in piedi<br />

una filodrammatica che recita<br />

testi di soggetto politico; in<br />

questo modo raccoglie fondi<br />

per i compagni incarcerati<br />

dopo le Giornate Rosse del<br />

‘19. Nel ‘21, alla scissione di<br />

Livorno, Bertazzoni sceglie il<br />

Partito comunista, perché gli<br />

sembra la via migliore per<br />

praticare l’intransigenza contro<br />

il fascismo. Continua a<br />

guidare la cooperativa, e<br />

sfugge, parte per astuzia parte<br />

per fortuna, agli agguati<br />

delle squadre fasciste. Ma<br />

nel ‘25, dopo l’attentato di<br />

Zaniboni contro il Duce, capisce<br />

di doversi dileguare.<br />

Fugge in bici da San Benedetto,<br />

poi a piedi.<br />

Rocambolescamente approda<br />

in Francia, terra di fuoriusciti.<br />

Lì conosce molti antifascisti<br />

famosi. Si ingegna con<br />

lavori vari per campare, poi,<br />

nel ‘32, anche in Francia il clima<br />

cambia. Bertazzoni ripara<br />

in Urss. Il paese del socialismo<br />

lo delude, ma senza intaccare<br />

la sua fede. Prima è<br />

contabile in una tipografia,<br />

poi mette in piedi un caseificio.<br />

Non è un casaro esperto<br />

- ha fatto solo il garzone, da<br />

ragazzino - ma riesce a farsi<br />

mandare, tramite i parenti<br />

emigrati in Francia, i manuali<br />

Hoepli in italiano sulle tecniche<br />

di produzione <strong>dei</strong> formaggi<br />

padani. Qui incappa<br />

nell’incidente del gorgonzola<br />

(episodio famoso per alcuni<br />

rèportage scritti nel dopoguerra,<br />

compreso uno di<br />

Montanelli): i sospettosi burocrati<br />

sovietici vedono sabotatori<br />

e spie in ogni angolo. E<br />

sono sono convinti che quel<br />

formaggio ammuffito sia un<br />

attacco alle conquiste rivoluzionarie.<br />

Rischia il carcere o il<br />

gulag. Ma lo salva il ministro<br />

Mikojan, che ha capito il suo<br />

lavoro e apprezza… il gorgonzola.<br />

Il regime delle purghe e del<br />

terrore regna in quegli anni<br />

‘30 in Urss. Specie tra gli immigrati<br />

antifascisti, dove il sospetto<br />

è legge.<br />

Il nucleo italiano è dominato<br />

da un burocrate-poliziotto:<br />

Paolo Robotti, cognato di<br />

Togliatti. Bertazzoni, spirito ribelle,<br />

non gliele manda a dire:<br />

lo contesta, addirittura<br />

scrive e fa circolare una poesia<br />

che satireggia il regime di<br />

repressione e di inquisizione<br />

che Robotti ha imposto alla<br />

comunità <strong>dei</strong> fuorusciti italiani.<br />

Bertazzoni è audace, ma, in<br />

fondo, fortunato: lo segnalano<br />

come un soggetto poco<br />

affidabile, gli tolgono il lavoro,<br />

lo riducono quasi alla fame.<br />

Ma nessuno lo arresta. Ad altri<br />

suoi compagni è toccato il<br />

campo di concentramento o<br />

il plotone di esecuzione. Lo<br />

stesso Robotti finirà in galera<br />

per un anno e mezzo ad opera<br />

delle sospettosissime autorità<br />

di Mosca.<br />

Anche se nel ‘21 ha scelto il<br />

Partito comunista, e ha vissuto<br />

da antifsscista pagandone<br />

tutti i prezzi, Robotti lo ha<br />

schedato come un “incorreggibile<br />

socialdemocratico”.<br />

Marchio negativo, ma non<br />

pericoloso come quello di<br />

trotzkista.<br />

Bertazzoni è sposato con la<br />

sua fidanzata di San Benedetto;<br />

hanno un figlio, Vladimoro,<br />

nato in Urss nel ‘34.<br />

Hanno la cittadinanza sovietica.<br />

Quando Hitler attacca la<br />

Russia la famiglia viene sfollata<br />

un Uzbekistan, lontano<br />

dal fronte. Una vita dura di fame<br />

vera.<br />

Nel ‘43, fallita l’impresa di<br />

Russia di Hitler e Mussolini, il<br />

Paese si riempie di prigionieri<br />

di guerra.<br />

Bertazzoni diventa interprete-commissario<br />

politico.<br />

Indossa una divisa da ufficiale<br />

dell’Armata Rossa, e si<br />

scopre a pensare quanto le<br />

divise gli facessero orrore,<br />

quando era soldato in guerra.<br />

Predica a quei militari sconfitti<br />

il verbo del comunismo, ma<br />

riesce ad esercitare le sue<br />

funzioni con umanità.<br />

Organizza persino qualche<br />

recita - la sua grande passione<br />

- naturalmente in italiano.<br />

Le gerarchie comuniste, sentiti<br />

gli applausi della platea, si<br />

fanno tradurre accuratamente<br />

i testi: non si sa mai che<br />

quell’incorreggibile socialdemocratico<br />

abbia scritto qualcosa<br />

di controrivoluzinario!<br />

Un anno esatto dopo la fine<br />

della guerra, nell’aprile ‘46, la<br />

famiglia Bertazzoni - Andra,<br />

la moglie Ebe e il figlio Vladimiro<br />

- rientra in Italia, a San<br />

Benedetto Po. Sono passati<br />

21 anni di esilio e di lotta politica<br />

antifascista. La libertà riconquistata<br />

in Patria è una<br />

grande consolazione. Ma,<br />

per Andrea, matureranno<br />

presto cocenti delusioni.<br />

Torna a guidare la cooperativa<br />

di consumo, ma poco dopo<br />

viene cacciato.<br />

C’è una storia di carte bollate<br />

e cause in tribunale tra lui e il<br />

sindaco comunista del paese.<br />

Bertazzoni è sempre lo<br />

spirito ribelle delle trincee del<br />

Carso. Il suo socialismo non<br />

tollera censure o richiami all’obbedienza.<br />

Nel ‘51, con altri<br />

due compagni, lo espellono<br />

per “indisciplina, frazionismo<br />

e rifiuto di fare autocritica”.<br />

Il periodico della Federazione<br />

mantovana del Pci<br />

pubblica le motivazioni della<br />

sua espulsione insieme a<br />

quelle della cacciata dal<br />

Partito <strong>dei</strong> due “reprobi” Valdo<br />

Magnani e Aldo Cucchi,<br />

bollati come “titoisti controrivoluzionari”.<br />

Il Psi, legato dal<br />

patto di unità con il Pci, si allinea:<br />

i vecchi compagni sono<br />

invitati, obbligati addirittura, a<br />

togliere il saluto agli espulsi.<br />

A metà degli anni ‘50 Andrea<br />

Bertazzoni, con una pattuglia<br />

di ex comunisti antistalinisti,<br />

aderisce al Psdi. Si ritroverà<br />

nel ‘66 nel Psi-Psdi unificati.<br />

Per rimanere poi con il partito<br />

di Nenni, dopo la successiva<br />

scissione del ‘69. Continuerà<br />

a scrivere, seguendo la sua<br />

vena di poeta tradizionale affezionato<br />

alla rima e alle cadenze<br />

da ballata. Una composizione<br />

sua ricorderà proprio<br />

Nenni, in occasione del<br />

funerale, nel 1980. In quello<br />

stesso anno morirà anche<br />

lui. Il libro composto dal figlio<br />

Vladimiro ci restituisce, con<br />

la vivacità delle storie personali,<br />

una figura importante<br />

dell’Italia del ‘900, e docu-<br />

28 (32) ORDINE 1 <strong>2006</strong>


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Nicola Graziani<br />

Lezioni di giornalismo.<br />

Cento articoli che hanno<br />

raccontato<br />

il Novecento italiano<br />

di Emilio Pozzi<br />

L’idea è suggestiva ed impegnativa,<br />

di quelle comunque<br />

che fanno centro. Il curatore<br />

si meriterebbe che nel sottotitolo<br />

si scrivesse ‘101’ articoli,<br />

aggiungendo anche il saggio<br />

introduttivo che contrappunta<br />

sinteticamente i brani<br />

scelti per la antologia. E bene<br />

ha fatto a esporre le motivazioni<br />

che lo hanno ispirato,<br />

in quanto ogni giornalista potrebbe<br />

ricostruire la storia<br />

della professione sulle proprie<br />

letture e sul proprio vissuto.<br />

Sono andato subito a<br />

cercare se ci fosse qualche<br />

corrispondenza di Indro<br />

Montanelli scritto agli inizi del<br />

1940 dalla Finlandia, che accesero<br />

nel cuore di un tredicenne<br />

(confessione personale)<br />

il primo fuoco di diventare<br />

giornalista. E ce l’ho trovato<br />

anche se, personalmente,<br />

il mio ricordo è legato<br />

a qualche altra pagina, più<br />

descrittiva della sconfinata<br />

Carelia. Appunto un libro di<br />

questo genere, che non può<br />

essere esaustivo, va accettato<br />

com’è, sul filo delle spiegazioni<br />

che ne dà Nicola<br />

Graziani.<br />

Storie e ‘storie scritte bene’,<br />

ricavate da attente e, immagino,<br />

ampie e approfondite<br />

letture, sacrificando chissà<br />

quanti altri articoli, saggi, editoriali,<br />

interviste fino a raggiungere,<br />

in decrescendo la<br />

cifra tonda: cento. Alla razionalità<br />

della scelta per presentare<br />

un quadro organico<br />

delle possibili variazioni professionali,<br />

a me è sembrato,<br />

che un filo sottile, che si scopre<br />

piano piano, non certamente<br />

inconscio, pervada il<br />

libro: una profonda visione<br />

umana degli accadimenti. E<br />

questo attraverso le firme<br />

che hanno raccontato le storie<br />

della nostra storia.<br />

Ci sono brani critici, duri,<br />

spietati nel raccontare vicende<br />

orrende. Quasi mai faziosi,<br />

però (Unica eccezione,<br />

‘perché scritta con tutti i crismi’<br />

la cronaca di Roberto<br />

Bracco, apparsa su Il Messaggero<br />

del 14 luglio 1881<br />

della traslazione della salma<br />

di Pio IX da San Pietro a San<br />

Lorenzo al Verano. Non troveranno<br />

i lettori invece il nome<br />

di Oriana Fallaci, ad<br />

esempio, grande comunicatrice<br />

indubbiamente, ma con<br />

se stessa sempre al centro<br />

degli avvenimenti; può essere<br />

una lezione sì, ma in negativo.<br />

Le testimonianze del<br />

giornalismo nel Ventennio<br />

sono scarse perché - spiega<br />

Graziani -‘a costo di sembrare<br />

fuori moda noi siamo ancora<br />

della vecchia guardia:<br />

non c’è giornalismo se non<br />

c’è un minimo rispetto delle<br />

verità democratiche’. Però<br />

non è stato dimenticato, e<br />

giustamente, Benito Mussolini,<br />

considerato un ‘giornalista<br />

di razza, un inviato di<br />

qualità’. Qui figura con un<br />

‘fondo’, intitolato Guerra”<br />

pubblicato nel primo numero<br />

de Il popolo d’Italia, a favore<br />

dell’intervento dell’Italia nel<br />

conflitto mondiale del 1915-<br />

18.<br />

Pensate a qualche fatto o a<br />

qualche personaggio che<br />

abbia colpito la nostra sensibilità,<br />

i nostri sentimenti, nei<br />

decenni trascorsi, vissuti di<br />

persona o sentiti raccontare.<br />

È difficile che non ci sia la<br />

pagina di un cronista che<br />

non fosse sul posto, con occhio<br />

e orecchio attenti. E<br />

cuore. E in questi casi anche<br />

lo scrittore deve essere cronista.<br />

Qualche omissione è scusata:<br />

se manca la narrazione di<br />

un fatto al quale abbiamo<br />

pensato, ce n’è certamente<br />

uno analogo che diventa<br />

esemplare, come lezione<br />

giornalistica, di una specifica<br />

tipologia. Ho in mente, ad<br />

esempio, la magistrale cronaca<br />

di Dino Buzzati per la<br />

sciagura nel mare di Albenga,<br />

nella quale morirono decine<br />

di bimbi milanesi; in<br />

compenso Buzzati giornalista<br />

è presente con un’altra<br />

pagina famosa, tra quelle<br />

scritte per la tragedia del<br />

Vajont.<br />

Questo è un libro utile e può<br />

stimolare, tra chi vive nel<br />

giornalismo, altre idee.<br />

Qualche esempio I libri di<br />

storia - e sappiamo bene<br />

quanti buchi nei ci siano nella<br />

cultura <strong>dei</strong> giovani d’oggi,<br />

anche nelle Università - potrebbero<br />

aprire ogni tema, o<br />

avvenimento specifico, con<br />

la riproduzione di un reportage<br />

giornalistico, scritto sull’onda<br />

dell’attualità, la cronaca<br />

che si fa storia (cito a memoria<br />

Umberto Eco). E il libro<br />

di Graziani stimola molti<br />

altri possibili progetti editoriali,<br />

altre antologie quindi,<br />

utilizzando reportage di giornali<br />

o mettendo a confronto<br />

per analisi comparate, sullo<br />

stesso argomento, editoriali<br />

o avvenimenti di costume o<br />

di cronaca politica, bianca e<br />

nera. In alcune scuole di<br />

giornalismo questo già avviene,<br />

ma gli ascoltatori sono<br />

pochi, qualche decina al<br />

massimo.<br />

E questo prima che lo spappolamento<br />

arrivi al fondo. Il<br />

giornalista da desk si limita<br />

ormai a trasferire, sulla pagina<br />

predisposta sul computer,<br />

le scarne notizie d’agenzia,<br />

così come sono, abbinandole,<br />

se lavora per qualche tv,<br />

alle immagini che arrivano<br />

confezionate da altre agenzie.<br />

Il tutto asetticamente,<br />

acriticamente. Senza chiedersi<br />

mai perché<br />

Nicola Graziani,<br />

Lezioni di giornalismo.<br />

Cento articoli che hanno<br />

raccontato il Novecento<br />

italiano,<br />

Nutrimenti Roma 2005<br />

pagine 476, euro 15,00<br />

Franco Martinelli<br />

“Breve sogno”. Gli ultimi anni<br />

della Decima MAS.<br />

Storie di vita 1943-1945<br />

di Massimiliano Lanzafame<br />

Nel disfacimento quasi generale<br />

delle forze armate italiane,<br />

seguito all'armistizio del<br />

1943, nell’assoluta mancanza<br />

di ordini, la maggioranza<br />

<strong>dei</strong> militari italiani prese la decisione<br />

di abbandonare la divisa<br />

e tornare a casa, altri si<br />

unirono ai partigiani, mentre<br />

alcuni decisero di proseguire<br />

la guerra a fianco dell’alleato<br />

tedesco. Un episodio di rilievo<br />

fu la vicenda della Decima<br />

Flottiglia MAS, corpo speciale<br />

della Regia Marina, dislocato<br />

a La Spezia, che fece la<br />

scelta di continuare la guerra<br />

“per l’onore”. A distanza di<br />

quasi sessanta anni da quegli<br />

avvenimenti il libro presenta<br />

una raccolta di storie di vita<br />

di uomini della Decima MAS<br />

riferite al periodo che va dall’8<br />

settembre 1943 al 25 aprile<br />

1945. La ricostruzione storica<br />

degli avvenimenti, condotta<br />

su fonti giornalistiche del<br />

tempo, memoriali storici e documenti<br />

originali d’archivio, è<br />

integrata dalle testimonianze<br />

<strong>dei</strong> sopravvissuti. Le esperienze<br />

di allora sono riviste<br />

con gli occhi di oggi, alla luce<br />

di più di mezzo secolo di cultura,<br />

politica e civile, democratica.<br />

I protagonisti ricordano<br />

le ragioni delle loro scelte<br />

e le vicende che li hanno riguardati.<br />

I racconti sono pacati,<br />

spogli di retorica e visti<br />

come molto lontani, in un periodo<br />

di tempo diverso dal<br />

normale, un periodo sospeso,<br />

il “tempo di guerra”. Ne<br />

emerge il carattere avventuristico<br />

e giovanile della Decima<br />

MAS, il suo spirito di<br />

corpo, come la sua moderna<br />

organizzazione bellica, ma<br />

appare soprattutto l’assurdità<br />

della guerra: dispensatrice di<br />

dolore, umiliazione e morte.<br />

Franco Martinelli,<br />

Breve sogno,<br />

Liguori Editore, 2005<br />

Napoli,<br />

pagine 155, euro 13,00<br />

Mariano de Angelis<br />

Qualcosa di simile.<br />

Saggio politico letterario<br />

menta attraverso rapidi racconti<br />

di vita i drammi, e anche<br />

le commedie, di un’epoca.<br />

Nel suo stile vivacissimo,<br />

Andrea Bertazzoni racconta<br />

con una nonchalance che<br />

soprende cose quasi incredibili.<br />

Così incredibili che non<br />

possono essere che vere.<br />

Gli ufficiali della Grande<br />

guerra sono alcuni spesso<br />

fanatici, ma alcuni sono umani<br />

e lo aiutano a salvarsi. I fascisti<br />

sono violenti, ma spesso<br />

anche esitanti, oppure<br />

sentimentali. I burocrati di<br />

Mosca mandano a morte<br />

tanta gente, eppure qualche<br />

volta sanno fermarsi di fronte<br />

a chi insiste sulle proprie ragioni.<br />

Tutt’altro che comuni<br />

questi Bertazzoni. Il padre,<br />

ma anche il figlio, che si inserisce<br />

nel racconto con lo stile<br />

del giornalista, lo scrupolo<br />

dello storico, e la riscoperta<br />

delle proprie personali memorie<br />

d’infanzia di italiano<br />

nato e cresciuto in Unione<br />

Sovietica.<br />

Bertazzoni padre ripercorrendo<br />

la propria vita osserva:<br />

“Mi son sentito dire dagli uni<br />

che ero un perfetto comunista,<br />

e dai comunisti che ero,<br />

al contrario, un autentico socialdemocratico”.<br />

Una frase che riassume il<br />

dramma della sinistra italiana<br />

nel ‘900.<br />

Vladimiro Bertazzoni,<br />

Andrea, mio padre.<br />

Un uomo comune<br />

che visse non<br />

comunemente,<br />

Editoriale Sometti,<br />

pagine 500, euro 18,00<br />

Alfio Patti<br />

La parola ferma in gola<br />

di Alessandro Giuliani<br />

Un italiano regionale per raccontare<br />

i vizi e le virtù di un<br />

paese siciliano, quali appaiono<br />

all'ottica inquieta di chi, allontanandosene,<br />

non ha saputo,<br />

né voluto cancellarli dalla<br />

propria vita. La parola ferma<br />

in gola è un romanzo breve,<br />

ma intenso e avvincente.<br />

L’autore è Alfio Patti, giornalista,<br />

poeta e studioso di tradizioni<br />

popolari, siciliano autentico<br />

che trasfonde nel suo libro<br />

tutto se stesso: passione<br />

politica, vitalità idealismo, valori,<br />

ma anche sete di giustizia<br />

inappagata, delusione, amarezze,<br />

rabbia. La corruzione e<br />

il clientelismo, la sopraffazione<br />

e la sottile rete di connivenza<br />

che investe la società a<br />

tutti i livelli, la rassegnazione<br />

atavica di un popolo i cui migliori<br />

elementi sono spesso<br />

costretti a rinunciare a combattere<br />

e a partire per un<br />

Nord freddo e non sempre<br />

accogliente, ma per certi versi<br />

più vivibile. Sono solo alcuni<br />

tra i temi affrontati in questo<br />

romanzo “onesto” e dai toni<br />

“agro-dolci”, che non cede alle<br />

facili lusinghe di una visione<br />

manichea della realtà né tanto<br />

meno si abbandona ad<br />

abusate quanto fuorvianti descrizioni<br />

convenzionali. Ma<br />

che ci restituisce, piuttosto,<br />

un’immagine sfaccettata della<br />

Sicilia di oggi, con le sue luci e<br />

le sue ombre, le sue contraddizioni<br />

e la sua straordinaria<br />

bellezza, la sua cultura dalle<br />

antiche radici popolari e la<br />

sua incultura. È, però, uno in<br />

particolare il filone scelto dall’autore<br />

a rappresentare emblematicamente<br />

l’avvento<br />

della modernità e del benessere<br />

apparente: non più la<br />

mafia tradizionale e il suo<br />

inattaccabile potere occulto,<br />

bensì quella più strisciante<br />

della speculazione edilizia<br />

degli anni Settanta-Ottanta,<br />

con il suo apparato di funzionari<br />

corrotti che, facendo leva<br />

sul colpevole silenzio di cittadini<br />

rassegnati e collusi, intascano<br />

tangenti in cambio di<br />

normali certificati di edificabilità.<br />

Il testo è incentrato sui<br />

personaggi, tratteggiati con<br />

potenza icastica non comune,<br />

pur senza mai scadere<br />

nella caricatura, che il protagonista<br />

incontra nel corso del<br />

suo breve soggiorno in terra<br />

natia in occasione della morte<br />

della madre. Per Gregorio la<br />

fuga dal paese per un definitivo<br />

rientro al Nord equivale, a<br />

questo punto, a una fuga da<br />

se stesso, da una Sicilia madre<br />

e matrigna. L’unica soluzione<br />

per sottrarsi alla sofferenza<br />

e al senso di colpa latente<br />

di chi si sente impotente<br />

e disarmato di fronte a soprusi<br />

ed abusi di potere, di chi rifiuta<br />

la logica qualunquista<br />

dello “sperto”. Il prezzo che<br />

paga Gregorio - stimato ar-<br />

chitetto, “emigrante” per ambizione,<br />

più che per reale bisogno<br />

- è, però, molto alto in termini<br />

di affettività, di emozioni,<br />

di identità, di entusiasmo per<br />

la vita. L’addio alla sua Sicilia è<br />

lo stesso delle migliaia di emigranti<br />

che varcano lo Stretto di<br />

Messina da più di un secolo e<br />

che avvertono, inesorabile,<br />

durante ogni traversata, un<br />

groppo alla gola.La parola ferma<br />

in gola è, vuole la leggenda,<br />

quella <strong>dei</strong> marinai inghiottiti<br />

dai vortici del mare, forse la<br />

parola definitiva del moribondo,<br />

che dà un senso ultimo alle<br />

cose, suggellando ogni esistenza.Eppure,<br />

l’opera di Alfio<br />

Patti - inguaribile ottimista per<br />

istinto, anche quando i fatti<br />

non concedono spazio alla<br />

speranza - è, sì, pervasa da<br />

una sottile vena di malinconia<br />

e rimpianto, ma fugge ogni<br />

estrema negatività stemperando<br />

il dramma nell’ironia. Il<br />

suo linguaggio - intriso di regionalismi,<br />

di sapide espressioni<br />

gergali e di pillole di saggezza<br />

popolare proverbiale<br />

che ridanno voce a un mondo<br />

contadino in via di estinzione -<br />

offre momenti di travolgente<br />

allegria e delinea, con rapidi<br />

cenni, personaggi, caratteri,<br />

ambienti. È il caso di dire che<br />

Patti sollecita i cinque sensi<br />

del lettore catturando ogni<br />

particolare con l’immediatezza<br />

del cronista che scrive di<br />

realtà vissute e con la spontanea<br />

freschezza dell’affabulatore<br />

appassionato e innamorato<br />

della sua terra.<br />

Alfio Patti,<br />

La parola ferma in gola,<br />

Prova d’autore, Catania,<br />

pagine 148, euro 8,00<br />

La ricerca della verità appassiona<br />

e inquieta l’uomo da<br />

sempre, specialmente chi<br />

opera nel campo della giustizia<br />

o dell’informazione.<br />

Ma che cosa è la verità Il<br />

giornalista Giacomo de Antonellis<br />

risponde rivisitando la<br />

vicenda dell’incontro di Ponzio<br />

Pilato con il Nazareno. Si chiede<br />

come mai, Ponzio Pilato,<br />

sia stato condannato dalla<br />

Chiesa (nel Credo) senza<br />

nessuna attenuante, mentre a<br />

un intero popolo, quello ebraico,<br />

non sia stata addebitata<br />

nessuna colpa.Conclude rivalutando<br />

la figura, storica e<br />

umana, del procuratore roma-<br />

È plausibile che oggi possa<br />

succedere qualcosa di simile<br />

a quanto è accaduto nel passato,<br />

quando in Occidente ci<br />

si illuse che il comunismo potesse<br />

essere la svolta storica<br />

del concreto cambiamento<br />

verso la libertà Per Mariano<br />

de Angelis è un pericolo reale.<br />

Il suo saggio mette in evidenza<br />

come, la caduta del Muro<br />

di Berlino, non ha per nulla<br />

comportato la scomparsa del<br />

comunismo. L’autore ci dà una<br />

visione particolare della società<br />

e della politica italiana,<br />

dal dopoguerra a oggi, riflettendo<br />

su vari avvenimenti, come<br />

il compromesso storico e<br />

l’11 settembre. Invita i cittadini<br />

a recuperare la memoria storica,<br />

affinché non si lascino<br />

soggiogare dal conformismo,<br />

che tende a dipingere il postcomunismo<br />

come fenomeno<br />

controllabile, non pericoloso e<br />

perfino utile. Delle tesi originali,<br />

forse discutibili, ma che sicuramente<br />

fanno riflettere.<br />

M. L.<br />

Giacomo de Antonellis<br />

Quid est veritas<br />

Discorso su Pilato<br />

e sulla comunicazione<br />

Mariano de Angelis,<br />

Qualcosa di simile,<br />

Lampi di stampa, 2005<br />

Milano,<br />

pagine 110, euro 14,00<br />

no. Un tipico esempio di verità<br />

conculcata, che dovrebbe far<br />

riflettere quanti parlano pensando<br />

di possedere in esclusiva<br />

la rivelazione. Soprattutto<br />

i giornalisti, che hanno il potere<br />

d’indirizzare l’opinione pubblica,<br />

dovrebbero tenerne<br />

conto, operando con coscienza<br />

e responsabilità nella scelta<br />

delle notizie per far emergere<br />

la verità. M. L.<br />

Giacomo de Antonellis,<br />

Quid est veritas,<br />

Lampi di stampa, 2005<br />

Milano,<br />

pagine 96, euro 10,00<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

29 (33)


Il Consiglio regionale<br />

della VIII legislatura<br />

è stato eletto nella tornata<br />

elettorale del 3 e 4 aprile 2005.<br />

L’assemblea legislativa<br />

della Lombardia è composta,<br />

nella legislatura<br />

che si chiuderà nel 2010,<br />

da 80 consiglieri.<br />

Di essi, 17 sono stati eletti<br />

su base regionale<br />

(16 nel cosiddetto<br />

“listino del Presidente”<br />

o listino bloccato,<br />

cui va aggiunto il capolista<br />

della lista risultata<br />

di minoranza,<br />

Riccardo Sarfatti) ed i restanti<br />

63 su base provinciale.<br />

Il Consiglio regionale<br />

I consiglieri<br />

I consiglieri eletti nel “listino” sono, oltre a Roberto Formigoni: Raffaele Cattaneo (FI);<br />

Alessandro Cè (LN); Massimo Guarischi (FI); Carlo Maccari (An); Rosy Mauro (LN); Mario<br />

Scotti (Udc); Giancarlo Serafini (FI); Roberto Alboni (An); Alberto Bonetti Baroggi (FI); Gian<br />

Pietro Borghini; Giulio Boscagli (FI); Massimo Corsaro (An); Sveva Dalmasso; Stefano Galli<br />

(LN); Mauro Gallina (LN).<br />

Per la provincia di Milano sono stati eletti<br />

Carlo Monguzzi (Verdi per la pace), Bebo Storti (Comunisti italiani per la sinistra)subentrato<br />

a Margherita Hack che si è dimessa, Pier Gianni Prosperini (Alleanza Nazionale), Silvia<br />

Ferretto Clementi (Alleanza Nazionale), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati), Stefano Zamponi<br />

(Italia <strong>dei</strong> Valori con Di Pietro), Davide Boni (Lega Nord Padania), Fabrizio Cecchetti (Lega<br />

Nord Padania), Domenico Zambetti (UDC), Franco Mirabelli (Democratici di Sinistra- Uniti<br />

nell'Ulivo), Sara Valmaggi (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Ardemia Maria Pia Oriani<br />

(Democratici di Sinistra - Uniti nell'Ulivo) Francesco Prina (La Margherita - Uniti nell'Ulivo),<br />

Maria Grazia Fabrizio (La Margherita - Uniti nell'Ulivo), Marco Luigi Cipriano (Democratici di<br />

Sinistra- Uniti nell'Ulivo), Mario Agostinelli (Rifondazione Comunista), Luciano Muhlbauer<br />

(Rifondazione Comunista), Mario Sala (Forza Italia), Alessandro Colucci (Forza Italia),<br />

Antonella Maiolo (Forza Italia), Stefano Maullu (Forza Italia), Sante Zuffada (Forza Italia),<br />

Giuseppe Gianmario (Forza Italia).<br />

Per la provincia di Brescia<br />

Guido Galperti (La Margherita - Uniti nell'Ulivo), Arturo Squassina (Democratici di Sinistra- Uniti<br />

nell'Ulivo ), Mariastella Gelmini (Forza Italia), Franco Nicoli Cristiani (Forza Italia), Monica Rizzi<br />

(Lega Nord Padania), Viviana Beccalossi (Alleanza Nazionale), Enio Moretti (Lega Nord<br />

Padania), Mario Scotti (UDC), Osvaldo Squassina (Rifondazione Comunista).<br />

Per la provincia di Bergamo<br />

Giosuè Frosio (Lega Nord Padania), Daniele Belotti (Lega Nord Padania), Pietro Macconi<br />

(Alleanza Nazionale), Carlo Saffioti (Forza Italia), Marcello Raimondi (Forza Italia), Giuseppe<br />

Benigni (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ),, Battista Bonfanti (La Margherita - Uniti<br />

nell'Ulivo), Marcello Saponaro (Verdi per la pace).<br />

Per la provincia di Varese<br />

Luca Daniel Ferrazzi (Alleanza Nazionale), Giuseppe Adamoli (La Margherita - Uniti nell'Ulivo),<br />

Paolo Valentini Puccitelli (Forza Italia), Attilio Fontana (Lega Nord Padania), Stefano Tosi<br />

(Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Massimo Buscemi (Forza Italia).<br />

Per la provincia di Cremona<br />

Luciano Pizzetti (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Giovanni Rossoni (Forza Italia).<br />

Per la provincia di Pavia: Lorenzo Demartini (Lega Nord Padania), Gian Carlo Abelli (Forza<br />

Italia), Carlo Porcari (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ),<br />

Per la provincia di Como<br />

Ettore Alberto Albertoni (Lega Nord Padania), Luca Gaffuri ((La Margherita - Uniti nell'Ulivo).),<br />

Gianluca Rinaldin (Forza Italia).<br />

Per la provincia di Lecco<br />

Giulio Achille De Capitani (Lega Nord Padania) e Carlo Spreafico (La Margherita - Uniti<br />

nell'Ulivo).<br />

Per la provincia di Monza e Brianza<br />

Massimo Ponzoni (Forza Italia), Giuseppe Civati (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo),<br />

Domenico Pisani (Forza Italia), Massimo Zanello (Lega Nord Padania).<br />

Per la provincia di Mantova<br />

Antonio Viotto (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Enzo Lucchini (Forza Italia).<br />

Per la provincia di Lodi<br />

Gianfranco Concordati (Democratici di Sinistra- Uniti nell’Ulivo).<br />

Nessun consigliere è stato eletto in provincia di Sondrio<br />

I vertici del Consiglio<br />

L’Ufficio di Presidenza<br />

L’Ufficio di Presidenza è composto da cinque persone: presidente, due vicepresidenti e due consiglieri<br />

segretari, eletti dall’Assemblea fra i consiglieri regionali.<br />

In questo organismo (i cui componenti – salvo dimissioni – restano in carica per tutta la durata<br />

della legislatura) sono rappresentate sia le forze di maggioranza che quelle di opposizione.<br />

Compito principale dell’organismo di vertice del Consiglio è sovraintendere ai lavori dell’<br />

Assemblea, operare le scelte organizzative interne e definire i profili dell’organizzazione. L’Ufficio<br />

di Presidenza garantisce e tutela le prerogative <strong>dei</strong> consiglieri, assicurando il rispetto <strong>dei</strong> diritti delle<br />

minoranze e vigilando sul corretto svolgimento <strong>dei</strong> lavori d'Aula e delle commissioni. L'Ufficio di<br />

Presidenza assicura inoltre ai cittadini l'accesso all'informazione sull'attività consiliare.<br />

L’Ufficio di presidenza della VIII legislatura, eletto nella seduta consiliare del 6 giugno 2005, è composto da:<br />

presidente Attilio Fontana Lega Lombarda / LN - Padania tel. 02.67482206/7 fax 02.67482210 segr.presidente@consiglio.regione.lombardia.it<br />

vicepresidente Enzo Lucchini Forza Italia tel. 02.67482201 fax 02.674826401 enzo.lucchini@consiglio.regione.lombardia.it<br />

vicepresidente Marco Cipriano Democratici di Sinistra tel. 02.67482202 fax 02.67482 2391 marcoluigi.cipriano@consiglio.regione.lombardia.it<br />

cons. segretario Luca D. Ferrazzi Alleanza Nazionale tel. 02.67482208 fax 02.674826403 lucadaniel.ferrazzi@consiglio.regione.lombardia.it<br />

cons. segretario Battista Bonfanti Margherita tel. 02.67482203 fax 02.674826404 battista.bonfanti@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Gli uffici del Consiglio fanno capo alla segreteria generale<br />

In questa legislatura si sono costituiti 15 gruppi consiliari<br />

Segr. generale Mario Bonifacio tel. 02.67482586/470<br />

Forza Italia 25 consiglieri presidente Giulio Boscagli tel. 02.67482320/879 fax 02.67482488 forza.italia@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Lega Lombarda-Lega Nord Padania 15 consiglieri presidente Massimo Zanello tel. 02.67482471 fax 02.67482843 www.regionelombardia.leganord.org<br />

Democratici di Sinistra Uniti nell’Ulivo 11 consiglieri presidente Giuseppe Benigni tel. 02.67482261 fax 02.67482842 democratici.sinistra@consiglio.regione.lombardia.it<br />

www.dsregionelombardia.it<br />

Alleanza Nazionale 7 consiglieri presidente Roberto Alboni tel. 02.67482699 fax 02.67482841 alleanza.nazionale@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Margherita – Uniti nell’Ulivo 7 consiglieri presidente Guido Galperti tel. 02.67482308/269 fax 02.67482845/077 lamargherita@consiglio.regione.lombardia.it<br />

www.margheritalombardia.it<br />

U.D.C 3 consiglieri presidente Mario Scotti tel. 02.67482287 fax 02,67482846 gruppo.udc@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Rifondazione Comunista 3 consiglieri presidente Mario Agostinelli tel. 02.67482288 fax 02.67482290 rif.comunista@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Verdi per la pace 2 consiglieri presidente Carlo Monguzzi tel. 02.67482232/265 fax 02.67482848 verdi@consiglio.regione.lombardia.it<br />

www.verdiregionelombardia.net<br />

Unione Lombardia 1 consigliere Riccardo Sarfatti tel. 02.67486246 fax 02.67486315 unione.lombardia@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Misto 9103 1 consigliere Silvia Ferretto Clementi tel. 02.67486219 fax 02.67482877 silvia.ferretto@tiscali.it<br />

www.ferretto.it<br />

Partito Pensionati 1 consigliere Elisabetta Fatuzzo tel. 02.67482603 fax 02.67482577 elisabetta.fatuzzo@consiglio.regione.lombardia.it<br />

www.partitopensionati.it<br />

Per la Lombardia 1 consigliere Sveva Dalmasso tel. 02.67482735 fax 02.67482236 sveva.dalmasso@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Uniti nell’Ulivo per Sarfatti 1 consigliere Gianfranco Concordati tel: 02.67482480 fax 02.67482849 uniti.ulivo@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Comunisti italiani 1 consigliere Alberto Storti, detto Bebo tel: 02.67486375 fax 02.67486386 comunisti.italiani@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Italia <strong>dei</strong> valori 1 consigliere Stefano Zamponi tel: 02.67486377 fax 02.67486379 stefano.zamponi@consiglio.regione.lombardia.it<br />

30 (34) ORDINE 1 <strong>2006</strong>


della Lombardia - VIII legislatura<br />

Sono costituite 7 commissioni ordinarie e la commissione speciale per la revisione dello Statuto<br />

Le commissioni consiliari<br />

Le commissioni - sede in cui vengono dibattuti preliminarmente i progetti di legge ed i provvedimenti che saranno poi discussi e votati<br />

dall’Assemblea consiliare - sono costituite a seconda degli argomenti di cui si occupano. La loro composizione rispetta i rapporti<br />

numerici fra maggioranza e minoranza.<br />

Commissione I – BILANCIO E PROGRAMMAZIONE tel.02.67482331 Presidente Rosa Angela Mauro Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />

Vice Presidente Massimo Ponzoni Forza Italia<br />

Consigliere Segretario Carlo Porcari Democratici di sinistra Uniti nell'Ulivo<br />

Commissione II – AFFARI ISTITUZIONALI tel.02.67482335 Presidente Paolo Valentini Puccitelli Forza Italia<br />

Vice Presidente Fabrizio Cecchetti Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />

Consigliere Segretario Stefano Tosi Democratici di sinistra Uniti nell'Ulivo<br />

Commissione III – SANITÀ E ASSISTENZA tel.02.67482340 Presidente Pietro Macconi Alleanza Nazionale<br />

Vice Presidente Stefano Galli Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />

Consigliere Segretario Maria Grazia Fabrizio Margherita - Uniti nell'Ulivo<br />

Commissione IV – ATTIVITÀ PRODUTTIVE tel.02.67482363 Presidente Carlo Saffioti Forza Italia<br />

Vice Presidente Alessandro Colucci Forza Italia<br />

Consigliere Segretario Marcello Saponaro Verdi per la pace<br />

Commissione V – TERRITORIO tel. 02.67482343 Presidente Marcello Raimondi Forza Italia<br />

Vice Presidente Giulio De Capitani Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />

Consigliere Segretario Francesco Prina Margherita - Uniti nell'Ulivo<br />

Commissione VI – AMBIENTE tel.02.67482370 Presidente Stefano Maullu Forza Italia<br />

Vice Presidente Angelo Giammario Forza Italia<br />

Consigliere Segretario Osvaldo Squassina Rifondazione Comunista<br />

Commissione VII – CULTURA, FORMAZIONE<br />

PROFESSIONALE, SPORT, INFORMAZIONE tel. 02.67482355 Presidente Daniele Belotti Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />

Vice Presidente Gianluca Rinaldin Forza Italia<br />

Consigliere Segretario Antonio Viotto Democratici di sinistra Uniti nell'Ulivo<br />

Fanno capo al Consiglio Regionale anche alcuni organismi di garanzia<br />

Il Comitato regionale per le comunicazioni<br />

e il Difensore civico<br />

Il Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom)<br />

Il Corecom rappresenta in sede locale l’autorità garante per le comunicazioni, di cui esercita<br />

le prerogative, anche attraverso un sistema di specifiche deleghe. In questo senso l’organismo<br />

sostituisce il Corerat, ampliandone le funzioni.<br />

L’attività del Corecom comprende gli interventi di vigilanza, consulenza, sostegno al settore delle<br />

emittenti televisive locali mediante l'erogazione di contributi, la realizzazione di studi e ricerche,<br />

le iniziative di sensibilizzazione e informazione sulle tematiche del settore.<br />

Il Comitato, istituito con la legge regionale n.20 del 2003, si è insediato il 16 settembre 2004.<br />

tel. 02 67482300 fax 02 67482701<br />

e-mail: corecom@consiglio.regione.lombardia.it<br />

www.consiglio.regione.lombardia/corecom<br />

Presidente: Maria Luisa Sangiorgio<br />

Vicepresidenti: Maurizio Gussoni, Pietro Scaramucci<br />

Il Difensore civico<br />

La figura del difensore civico della Regione Lombardia è stata istituita nel 1980. Il primo difensore<br />

civico ha iniziato l'attività nel 1981.<br />

Nell'incarico si sono finora succedute 5 persone; attualmente il difensore civico è Donato<br />

Giordano.<br />

La sede del difensore civico regionale è a Milano, in Piazza Fidia, 1 - 1° Piano<br />

Gli uffici del Difensore si possono contattare, per una prima indicazione, al “Punto informazioni”<br />

Dal lunedì al giovedì dalle 9,30 alle 12,00<br />

tel. 02.6081267<br />

02.67482465/467<br />

fax 02.67482487<br />

www.difensore.civico@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Il sito del Consiglio regionale<br />

www.consiglio.regione.lombardia.it.<br />

Il sito è articolato in sezioni, che forniscono informazioni sulla struttura istituzionale e l’organizzazione del Consiglio, sull’attività legislativa<br />

(iter <strong>dei</strong> progetti di legge, leggi approvate, mozioni e atti di indirizzo), sulle iniziative e sulle pubblicazioni.<br />

Una sezione del sito è dedicata all’attività politica e ai gruppi consiliari.<br />

Un’ampia sezione è costituita dall’informazione quotidiana on line, con le notizie, gli approfondimenti<br />

la segnalazioni degli appuntamenti giorno per giorno, il calendario settimanale<br />

degli impegni e delle convocazioni, i convegni e gli incontri.<br />

I dati elettorali regionali, gli Enti e le aziende regionali, la Conferenza <strong>dei</strong> Presidenti delle assemblee<br />

legislative regionali, le relazioni internazionali del Consiglio e le informazioni dalle<br />

altre istituzioni europee sono fra gli altri argomenti consultabili.<br />

Il visitatore può trovare inoltre informazioni sulle politiche per le pari opportunità fra uomini e<br />

donne (“La rete delle elette”) e sui “Lombardi nel mondo”.<br />

Il sito del Consiglio consente anche di consultare la banca dati delle leggi regionali e di avere<br />

informazioni sul loro iter, dalla presentazione <strong>dei</strong> progetti di legge alla loro approvazione.<br />

Al proposito, la rubrica “La parole del palazzo” fornisce un dizionario <strong>dei</strong> principali termini “tecnici”<br />

in uso nell’ istituzione regionale e contribuisce ad una migliore comprensione <strong>dei</strong> procedimenti<br />

legislativi.<br />

Sono disponibili anche studi e analisi “a posteriori” degli effetti di alcune scelte legislative.<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

Attraverso il sito del Consiglio ci si può inoltre collegare alla sezione del televideo regionale<br />

RAI, dedicata alle notizie dal Consiglio e consultarla direttamente,senza attendere lo scrolling<br />

delle pagine. Tutto il sito è attualmente impostato secondo i codici necessari per favorire l’accesso<br />

ai visitatori con varie disabilità.<br />

I servizi stampa e la comunicazione<br />

Servizio stampa<br />

via Fabio Filzi 29, Milano<br />

direttore Gianluca Savoini - tel. 02.67486205<br />

redazione tel. 02.67482884/379 fax 02.67482545<br />

ufficio.stampa@consiglio.regione.lombardia.it<br />

Servizio relazioni esterne, comunicazione e stampa<br />

Dirigente Carlo Nava - tel.02.67482553<br />

U.R.P. (Ufficio Relazioni col pubblico)<br />

tel. 02.67482296/227<br />

31 (35)


Premio Isimbardi<br />

Giornata della Riconoscenza<br />

2005 alle battaglie<br />

di Franco Abruzzo in difesa<br />

della professione di giornalista<br />

Milano, Palazzo Isimbardi, 19 dicembre 2005. Dal 1953 la Provincia organizza la<br />

“Giornata della riconoscenza” per conferire un riconoscimento a cittadini e associazioni<br />

del mondo culturale, sociale, artistico, economico, sportivo, legati al territorio del<br />

milanese e che si siano distinti nella propria attività a favore delle comunità. Dal 1999<br />

al riconoscimento provinciale, che consiste in una medaglia d'oro e un diploma con<br />

la motivazione, è stato attribuita la denominazione di “PREMIO ISIMBARDI”. La cerimonia,<br />

che si è svolta nel salone d’onore del Palazzo dell’Istituto <strong>dei</strong> Ciechi di via<br />

Vivaio 7, è stata illustrata e coordinata dal presidente Filippo Penati alla presenza del<br />

cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi e delle autorità civili e militari della metropoli.<br />

L’intervento del presidente Filippo Penati<br />

Desidero rivolgere per prima cosa un saluto<br />

a Sua Eminenza e ringraziare tutti i premiati,<br />

che con la loro presenza testimoniano il valore<br />

e il rilievo di questa manifestazione.<br />

Quest’anno, per la prima volta, la cerimonia<br />

si tiene in questa bellissima sala la cui ampiezza<br />

ci ha permesso di ospitare tutti voi<br />

che siete venuti così numerosi, sala concessa<br />

gentilmente per l’occasione dalla storico<br />

Istituto milanese <strong>dei</strong> Ciechi e per questo desidero<br />

ringraziare il suo presidente.<br />

La Giornata della Riconoscenza, giunta quest’anno<br />

alla sua 51 a edizione, è l’occasione<br />

per conferire un riconoscimento a cittadini e<br />

associazioni del mondo culturale, sociale, artistico,<br />

economico, sportivo, legati al territorio<br />

del milanese, che si siano distinti nella propria<br />

attività a favore delle comunità.<br />

Questa giornata è un momento importante<br />

per la provincia di Milano per tributare la giusta<br />

lode a tutti coloro che con generosità e<br />

impegno si dedicano al servizio del prossimo.<br />

Voglio ricordare per prime, tra le tante<br />

persone e associazioni che questa amministrazione<br />

ha ritenuto meritevoli, tre personalità<br />

della vita politica a cui va il nostro riconoscimento<br />

alla memoria. Aldo Aniasi, conosciuto<br />

da tutti come partigiano Iso e medaglia<br />

d’argento al valore militare che abbiamo<br />

voluto premiare per celebrare la sua figura<br />

umana e politica, capace di coniugare con rigore<br />

e coerenza i valori della libertà, della<br />

giustizia e della solidarietà oltre alla capacità<br />

amministrativa. Insieme a lui abbiamo deciso<br />

di premiare Fiorella Ghilardotti, scomparsa<br />

quest’anno. Donna determinata e dolce che<br />

ha affrontato il suo impegno politico con<br />

energia, entusiasmo e grande competenza;<br />

ed Ercole Ferrario, consigliere comunale e<br />

assessore a Milano a cavallo degli anni ’70 e<br />

‘80, una delle figure di maggior spicco del<br />

movimento ambientalista lombardo e presidente<br />

del Parco Nord.<br />

Abbiamo voluto assegnare la nostra onorificenza<br />

anche ad Alberto Lattuada, scomparso<br />

nel luglio scorso. Un artista eclettico, affermato<br />

regista, abile nel raccontare con raffinata<br />

sensibilità i personaggi dello scorso<br />

secolo. L’omaggio che abbiamo voluto tributare<br />

alla cultura milanese ci ha portato a premiare<br />

anche un’associazione riconosciuta da<br />

tutti i nostri concittadini come punto di riferimento<br />

della vita culturale e come luogo simbolo<br />

del dibattito e del confronto, la Casa della<br />

Cultura; e due personaggi tra i più apprezzati<br />

del grande pubblico Lella Costa, un’attrice<br />

che alterna il suo brillante lavoro teatrale<br />

con un costante impegno civile e Linus, il dj<br />

FRANCO ABRUZZO<br />

Nato nel ‘39, laureato in Scienze politiche, ha iniziato la professione di giornalista nel ’59<br />

presso le redazioni calabresi <strong>dei</strong> quotidiani Il Tempo e il Giornale d’italia per poi trasferirsi<br />

a Milano. Ha lavorato a Il Giorno e a Il Sole 24 ore. Cofondatore della componente sindacale<br />

di Stampa democratica e direttore di Tabloid dall ‘89 al ‘91 è stato presidente<br />

dell’Associazione “Walter Tobagi” per la formazione al giornalismo. Autore di numerosi libri<br />

e docente presso diverse università, dall‘89 è presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia. Ha avviato una intransigente battaglia a favore del rinnovamento della professione<br />

giornalistica e in difesa <strong>dei</strong> principi della deontologia, dell’indipendenza e della libertà<br />

di cronaca e di critica. Ha sostenuto il forte legame della professione giornalistica<br />

con le università e le scuole riconosciute dall’<strong>Ordine</strong>. Ha indirizzato l’azione concreta<br />

dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia verso la difesa della tutela della dignità della persona, la puntuale<br />

applicazione <strong>dei</strong> canoni deontologici e il rispetto delle regole contrattuali nelle redazioni.<br />

che riesce a parlare il linguaggio <strong>dei</strong> giovani,<br />

affrontando con loro le tematiche più complesse.<br />

L’attenzione che abbiamo voluto riservare<br />

al mondo giovanile ci ha portato a<br />

premiare il Centro Sportivo italiano, che promuove<br />

nel territorio della città di Milano e della<br />

provincia lo sport giovanile come esperienza<br />

con forti valenze socio educative e la<br />

Fondazione diocesana per gli Oratori milanesi,<br />

con la quale ha in comune la volontà di<br />

favorire lo sviluppo educativo e sociale delle<br />

comunità giovanili.<br />

Abbiamo pensato ancora una volta all’impegno<br />

verso i più piccoli quando abbiamo deciso<br />

di assegnare la nostra onorificenza alla<br />

scuola elementare Eleonora Pimentel, l’istituto<br />

che da anni si adopera per l’integrazione<br />

<strong>dei</strong> tanti allievi che non sono di madrelingua<br />

italiana, che vivono spesso in condizioni<br />

familiari difficili, bambini per i quali frequentare<br />

un’aula non è un fatto scontato. Grazie<br />

a questo prezioso lavoro, esempio di quello<br />

che deve essere la scuola di oggi, tanti bambini,<br />

di etnia e cultura diversa potranno avere<br />

la possibilità di diventare cittadini a pieno<br />

titolo. Sono inoltre felice di poter assegnare<br />

la targa speciale a Miloud Oukili, conosciuto<br />

come il pifferaio di Bucarest, esempio di cittadino<br />

del mondo, per la sua opera instancabile<br />

nel voler restituire il sorriso e una speranza<br />

di dignità a quei bambini, figli di nessuno,<br />

abbandonati e dimenticati, che vivono<br />

nelle fogne, piccoli e indifesi, affamati e bisognosi<br />

di affetto, insegnando loro una valida<br />

professione, l’arte circense.<br />

Questa amministrazione provinciale ha scelto<br />

poi di premiare personalità eccellenti della<br />

nostra grande Milano, come Franco Abruzzo,<br />

apprezzato giornalista e presidente dell'<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, che<br />

si è battuto perché tutti i giornalisti avessero<br />

pari dignità; Mario Chirico, medico ospedaliero<br />

con una riconosciuta e stimata attività<br />

scientifica con oltre 100 opere pubblicate ed<br />

esempio di una vita dedicata ad alleviare la<br />

sofferenza <strong>dei</strong> suoi pazienti e Paolo Scarpis,<br />

questore di Milano, per la capacità di affrontare<br />

con intelligenza, capacità e rara sensibilità<br />

i problemi della sicurezza di una grande<br />

metropoli.<br />

Sono inoltre onorato di consegnare una targa<br />

alle sorelle di un coraggioso esploratore,<br />

Ambrogio Fogar, che ha trovato il modo di affrontare<br />

la sfida più difficile: quella di resistere<br />

in un corpo immobile cercando di dare un<br />

senso a un’esistenza che dipende in gran<br />

parte da chi ti resta accanto.<br />

Permettetemi infine un ricordo personale con<br />

la menzione speciale che abbiamo voluto assegnare<br />

a monsignor Luigi Olgiati, per l’impegno<br />

pastorale profuso nella sua intensa vita,<br />

al servizio del prossimo. A don Luigi va il<br />

mio particolare ringraziamento per aver saputo<br />

accompagnare, come decano di Sesto<br />

San Giovanni negli anni in cui ero sindaco, i<br />

suoi concittadini nei profondi cambiamenti<br />

che tanto hanno mutato la loro vita negli anni<br />

difficili delle riconversioni industriali e mi riferisco<br />

alla chiusura di una delle più grandi<br />

industrie siderurgiche, la Falck, avvenuta<br />

senza strascichi occupazionali.<br />

A tutti gli altri premiati, che non sono riuscito<br />

a ringraziare uno per uno, va non solo il riconoscimento<br />

della Provincia ma anche la riconoscenza<br />

mia personale e di tutta la<br />

Giunta, per il loro altruismo, la loro generosità<br />

e il loro lavoro quotidiano, svolto operando<br />

per il bene delle realtà in cui viviamo e per<br />

la loro dedizione al servizio della comunità.<br />

Colgo l’occasione di questa celebrazione per<br />

augurare a tutti i presenti e ai loro famigliari<br />

buone feste e un anno di serenità e gioia.<br />

Premiato Mario<br />

Galimberti<br />

Filippo Penati<br />

con Franco Abruzzo<br />

alla premiazione.<br />

Nato nel ‘27 a Seregno, cronista storico<br />

della Brianza, ha raccontato e continua<br />

tuttora a raccontare sulle pagine del<br />

giorno i maggiori episodi di cronaca accaduti<br />

nel territorio di Monza e Brianza,<br />

dalle storie ordinarie ai fatti più clamorosi.<br />

È stato il primo giornalista a denunciare<br />

il disastro ecologico di Seveso:<br />

dopo giorni di silenzio, il primo articolo<br />

il 25 luglio 1976 dedicato all'icmesa<br />

sulle pagine del Giorno era firmato<br />

da lui.<br />

Autore del libro La tragedia della diossina,<br />

è il simbolo del reporter di cronaca<br />

nera con una paziente opera di indagine<br />

riesce a rivelare anche il volto più<br />

nascosto della realtà.<br />

Censis 2005: famiglie<br />

sempre più hi-tech,<br />

20 milioni su Internet<br />

Roma, 2 dicembre 2005. Cresce la dotazione<br />

tecnologica delle famiglie italiane: sono<br />

proprio loro a trainare il mercato dell’hi-tech in<br />

Italia, sono i cittadini più che le imprese a<br />

spendere per le tecnologie innovative.<br />

Spendono per i telefonini, per i Dvd, per le<br />

macchine fotografiche digitali, per i computer.<br />

La voglia di hi-tech delle famiglie italiane è fotografata<br />

dal rapporto Censis 2005 sullo stato<br />

sociale del Paese.<br />

Il telefono cellulare è presente nel 90,3% delle<br />

famiglie italiane, seguono a stretto giro di<br />

percentuali il televideo (88,1%) e il videoregistratore<br />

(84,6%) che, nonostante la vertiginosa<br />

diffusione del lettore Dvd (passato in soli<br />

due anni dal 21,1% al 59,9%), è ancora il device<br />

televisivo preferito dalle famiglie. A crescere<br />

maggiormente nell’ultimo anno insieme<br />

al Dvd: il lettore Cd rom (67,6%), la Tv satellitare<br />

e la pay Tv che, al 2005, risulta presen-<br />

te nel 26,9% delle case. Al contrario, il pc ha<br />

un po’ rallentato la velocità di entrata nella<br />

quotidianità delle famiglie italiane guadagnando<br />

solo 0,6 punti percentuali rispetto al<br />

2004. Anche nel mondo Internet non sono<br />

poche le novità. Continua, seppure a un ritmo<br />

meno sostenuto rispetto agli anni precedenti,<br />

la crescita quantitativa degli utenti Internet<br />

che nel 2005 sono circa 20 milioni, ossia il<br />

42,7% della popolazione adulta. Cambiano e<br />

si differenziano i modi di essere in rete di alcuni<br />

cittadini.<br />

I sempre connessi, chi usa cioè questo strumento<br />

sia da casa che dall’ufficio, rappresentano<br />

nel 2005 il 17% del campione, vale a dire<br />

circa la metà di chi si dichiara utente internet.<br />

Cresce di circa 20 punti percentuali la<br />

quota di chi si connette in Adsl, passando in<br />

un solo anno dal 27,5% al 56,7% e triplicano<br />

gli utenti della fibra ottica (6,3%). (Apcom)<br />

Meocci:<br />

“Attenzione massima<br />

su pubblicità occulta”<br />

Roma, 6 dicembre 2005. “Massima attenzione<br />

per evitare la presenza di pubblicità occulta<br />

nei programmi”. Il direttore generale della<br />

Rai Alfredo Meocci, con una lettera, ha invitato<br />

i direttori di rete e di testata al pieno rispetto<br />

“delle regole di comportamento a cui sono<br />

tenuti ad attenersi gli operatori del servizio<br />

pubblico nell’espletamento delle attività loro<br />

affidate per evitare comunicazioni pubblicitarie<br />

occulte”. Il direttore generale della Rai facendo<br />

riferimento anche a “recenti episodi ritiene<br />

opportuno ribadire, ad ogni effetto, l’esigenza<br />

- scrive Meocci ai direttori - di porre in essere<br />

tutte le iniziative e le misure necessarie ad assicurare<br />

un attento e responsabile controllo<br />

della programmazione al fine di evitare il verificarsi<br />

di ipotesi di pubblicità occulta, così come<br />

identificata e descritta nel documento La<br />

pubblicità - definizione e linee di condotta per<br />

evitare comunicazioni pubblicitarie occulte”,<br />

che è stato distribuito il 3 giugno del 2004.<br />

Meocci, in coerenza con i principi contenuti nel<br />

Codice etico aziendale invita i direttori alla “rigorosa<br />

e responsabile osservanza delle istruzioni”<br />

contenute nella lettera e ricorda “le regole<br />

operative di comportamento” che si è tenuti<br />

ad osservare. In particolare va posta “la<br />

massima attenzione alle modalità di presenza<br />

di specifiche merceologie (abbigliamento, oggettistica,<br />

ecc.) nei diversi programmi”.<br />

Nonché al linguaggio e alle immagini utilizzate<br />

nelle trasmissioni. “I responsabili della programmazione<br />

di rete e di testata devono assicurare<br />

una reale ed effettiva supervisione editoriale,<br />

ponendo in essere sia controlli preventivi<br />

e di processo, sia controlli a posteriori. In<br />

tale contesto, tutti coloro che collaborano alla<br />

realizzazione di un programma - si aggiunge<br />

nella lettera - devono comunque fornire tempestiva<br />

ed adeguata informativa, secondo la<br />

scala gerarchica e funzionale aziendale, su<br />

ogni situazione rilevante in materia”.<br />

La lettera di Meocci “ribadisce, infine, che la<br />

violazione delle regole e <strong>dei</strong> criteri comportamentali<br />

inerenti costituiscono illecito disciplinare,<br />

fatti salvi ulteriori profili di responsabilità”.<br />

(ITALPRESS)<br />

32 (36) ORDINE 1 <strong>2006</strong>

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