Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti
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LIBRERIA DI TABLOID<br />
Marcello Lo Vetere<br />
Tredici giornalisti.<br />
La professione<br />
raccontata da chi la fa<br />
AA.VV.<br />
Il libro nero di Cuba<br />
di Marzio De Marchi<br />
«Ognuno guarda Cuba dal<br />
suo prisma preferito: la musica<br />
di Cumpay Segundo e i<br />
diari di Che Guevara, l’epopea<br />
della Sierra Maestra, il<br />
mojito e il son, la “sanità per<br />
tutti” e l’embargo de los<br />
yankees che “strangola” il<br />
sogno della Revolución…»:<br />
scrive così Michele Farina,<br />
giornalista del Corriere della<br />
Sera, nella presentazione<br />
de Il libro nero di Cuba. Ma<br />
aggiunge, subito dopo, che<br />
«la faccia aggiornata di<br />
Cuba (…) sono le rughe di<br />
Ricardo Gonzales, che oggi<br />
ha 55 anni e sta ancora dentro,<br />
in una delle 200 prigioni<br />
cubane dove neppure il<br />
Comitato della Croce Rossa<br />
Internazionale può entrare.<br />
È il silenzio coatto di Raúl<br />
Rivero, che compirà i 60 in libertà<br />
condizionata».<br />
Ma chi sono Gonzales e<br />
Rivero Nel marzo del 2003<br />
Fidel Castro diede il via a<br />
una repressione senza precedenti<br />
contro giornalisti,<br />
militanti <strong>dei</strong> diritti umani, sindacalisti.<br />
Decine di persone<br />
furono incarcerate con l’accusa<br />
di attività sovversiva,<br />
malgrado le proteste che subito<br />
si sollevarono in tutto il<br />
mondo e che contribuirono a<br />
incrinare, una volta di più,<br />
l’immagine della rivoluzione<br />
castrista.<br />
Il libro nero di Cuba spiega<br />
proprio quanto è avvenuto<br />
da quel tragico giorno di<br />
marzo di due anni fa ad oggi;<br />
e, con una serie impressionante<br />
di documenti e testimonianze,<br />
presenta una<br />
verità che non può in alcun<br />
modo essere «interpretata».<br />
I rapporti sono presentati da<br />
Reporter senza frontiere<br />
con il contributo di Amnesty<br />
International, Commission<br />
cubaine des droits de l’homme<br />
et de la réconciliation nationale,<br />
della Commission<br />
interaméricaine des droits<br />
de l’homme de l’Organisation<br />
des États américains,<br />
di Human Rights<br />
Watch e, infine, di Pax Christi<br />
Pays-Bas. Completano il<br />
lavoro alcuni significativi<br />
estratti della Costituzione<br />
cubana e del Codice penale.<br />
«Io non cospiro, scrivo»: così<br />
si è difeso il poeta e giornalista<br />
Raúl Rivero, messo<br />
di fronte all’accusa di tradimento.<br />
Ma all’ombra della<br />
Revolución, le parole di libertà<br />
spaventano ancora.<br />
AA.VV.,<br />
Il libro nero di Cuba,<br />
Guerini e Associati,<br />
pagine 202, euro 17,50<br />
Vieri Poggiali<br />
Orso in piazza Affari getta<br />
nel panico il parco buoi<br />
di Giacomo Ferrari<br />
Il titolo è curioso. E fa immediatamente<br />
pensare a un testo<br />
satirico sul linguaggio della<br />
finanza. Invece, si tratta di<br />
tutt’altro. Anche se l’idea è sicuramente<br />
geniale: se si voleva<br />
catturare l’attenzione del<br />
potenziale lettore, l’intento è<br />
perfettamente riuscito.<br />
In realtà il volumetto di Vieri<br />
Poggiali, un pioniere della divulgazione<br />
economica, è un<br />
prezioso strumento di lavoro<br />
per chi fa il giornalista economico<br />
o, più in generale, il comunicatore<br />
nell’ambito di<br />
questo settore. Essenziale,<br />
chiaro, didascalico, è il frutto<br />
di una ricerca accurata condotta<br />
semplicemente leggendo<br />
criticamente gli articoli di<br />
giornale, spesso zeppi di metafore<br />
e luoghi comuni. Che<br />
l’autore ha “tradotto” in termini<br />
più accessibili. Quella del tecnicismo<br />
è un antico peccato<br />
del giornalismo italiano. Dalla<br />
nota politica alla più banale<br />
notizia di cronaca nera (quante<br />
volte abbiamo letto di una<br />
persona “sottoposta a custodia<br />
cautelare” anziché più<br />
semplicemente “imprigionata”)<br />
sui giornali le frasi gergali<br />
sono sempre più presenti.<br />
Ma perché queste locuzioni,<br />
burocratiche nello stile e<br />
nella sostanza, vengono usate<br />
anche dai giornalisti<br />
Semplicemente perché è più<br />
facile. Perché non si fa alcuno<br />
sforzo per “tradurre” un verbale<br />
di polizia o la relazione di<br />
un consiglio di amministrazione.<br />
Ma questo, guarda caso,<br />
è proprio ciò che dovrebbe fare<br />
il giornalista. Hanno ragione,<br />
dunque, coloro che accusano<br />
i giornalisti di scrivere<br />
per loro stessi e per le loro<br />
fonti anziché per i lettori, come<br />
sarebbe loro preciso dovere.<br />
Le quasi mille voci catalogate<br />
(e spiegate con chiarezza)<br />
da Poggiali in questa<br />
ricerca permettono di capire<br />
meglio il linguaggio del giornalismo<br />
economico ma soprattutto<br />
aiutano a capire gli<br />
stessi concetti della scienza<br />
economica. La scelta di disporre<br />
le voci in ordine alfabetico,<br />
come in un glossario,<br />
mette inoltre il lettore in condizione<br />
di individuare facilmente<br />
e velocemente la parola o<br />
la locuzione che lo interessa.<br />
Il lavoro di Poggiali, in definitiva,<br />
oltre a rappresentare una<br />
lettura piacevole, è soprattutto<br />
di straordinaria utilità.<br />
Vieri Poggiali,<br />
Orso in piazza Affari getta<br />
nel panico il parco buoi,<br />
Centro Documentazione<br />
<strong>Giornalisti</strong>ca,<br />
pagine 94, euro 10,00<br />
di Paolo Pirovano<br />
Andare, vedere e raccontare:<br />
l’immagine romantica del<br />
giornalista si riassume in<br />
queste tre parole. È ciò che<br />
ha fatto Marcello Lo Vetere<br />
in Tredici giornalisti. La professione<br />
raccontata da chi<br />
la fa. Le testimonianze sono<br />
state raccolte da Lo Vetere<br />
che ha intervistato alcuni<br />
colleghi della televisione,<br />
<strong>dei</strong> quotidiani, della comunicazione<br />
sul web, ma anche<br />
reporter di provincia e una<br />
giovane pubblicista su una<br />
sedia a rotelle.<br />
Dalle pagine di questo volume<br />
che, come ha scritto<br />
nella prefazione il presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia Franco<br />
Abruzzo, si legge tutto d’un<br />
fiato, emerge che lo stereotipo<br />
del giornalista “testimone<br />
privilegiato” o “storico del<br />
presente” che affida alla forza<br />
delle parole il senso del<br />
proprio lavoro, forse nel terzo<br />
millennio non esiste più.<br />
Gli americani, titolari del sistema<br />
di informazione più libero<br />
e contemporaneamente<br />
più controllato, più trasparente<br />
ma anche più soggetto<br />
alle pressioni della<br />
corruzione, sostengono che<br />
la notizia è quella che i giornalisti<br />
vogliono che sia. Tra<br />
questi due estremi, quello<br />
del fedele testimone della<br />
verità e quella del diabolico<br />
manipolatore di opinioni, si<br />
pone la realtà di una professione<br />
difficile che conosce -<br />
ma non sempre dichiara -<br />
un insieme complesso di<br />
tecniche e di regole.<br />
Quindi in un periodo in cui<br />
regnano follia e fanatismi,<br />
intolleranza e fame di potere,<br />
il giornalista è chiamato<br />
in prima linea a rappresentare<br />
intelligenza, equilibrio<br />
e libertà.<br />
Oggi poche professioni sono<br />
sottoposte quanto quella<br />
del giornalista alle pressioni<br />
e alle aspettative del mondo<br />
circostante: ci si aspetta<br />
che sia esperto, consulente<br />
finanziario, ideologico e spirituale.<br />
E poi anche avvocato,<br />
mediatore, comunicatore,<br />
insegnante, detective,<br />
poliziotto e giudice.<br />
Provocatore e pacificatore<br />
a 360 gradi; un ruolo che le<br />
pagine del libro spiegano in<br />
modo eccellente grazie alla<br />
bravura di Lo Vetere che<br />
scava nel passato e nel<br />
presente degli intervistati.<br />
<strong>Giornalisti</strong> che parlano di<br />
aneddoti ma anche di storie<br />
tristi; uomini e donne in giro<br />
alla ricerca di notizie ma<br />
anche incollati al computer<br />
a passare pezzi o a scrivere<br />
titoli e “dida”.<br />
Con la consapevolezza che<br />
anche questa professione,<br />
col trascorrere del tempo e<br />
a dispetto dell’immaginario<br />
collettivo, sta diventando<br />
“piatta”, con i suoi problemi,<br />
i suoi modelli e i suoi miti.<br />
Marcello Lo Vetere,<br />
Tredici giornalisti.<br />
La professione raccontata<br />
da chi la fa,<br />
prefazione di Franco<br />
Abruzzo,<br />
Edizioni A&B,<br />
335 pagine, euro 20,00<br />
Vladimiro Bertazzoni<br />
Andrea, mio padre<br />
di Marco Volpati<br />
Se Voltaire fosse nato sul finire<br />
dell'800 a San Benedetto<br />
Po, il suo Candide avrebbe<br />
potuto chiamarsi Andrea Bertazzoni.<br />
Classe 1895, Bertazzoni, spirito<br />
acuto e ribelle di figlio della<br />
campagna mantovana, è<br />
stato un personaggio singolare,<br />
che ha attraversato i momenti<br />
tragici della storia - dalla<br />
Grande guerra, al fascismo,<br />
all'esilio in Francia e<br />
poi in Urss - con straordinario<br />
candore, coraggio e anche<br />
parecchia fortuna.<br />
Il figlio Vladimiro Bertazzoni -<br />
giornalista e scrittore - gli ha<br />
dedicato un volume interessante<br />
e molto ben riuscito:<br />
rieditando molti scritti del padre,<br />
memorie delle sue avventure,<br />
e corredandole di<br />
spiegazioni, raccordi, nuovi<br />
documenti. Il tutto senza<br />
spezzare il ritmo narrativo e<br />
la scorrevolezza della scrittura.<br />
Alla fine il libro è un tutt'uno,<br />
perfettamente armonico.<br />
Si intitola Andrea, mio padre.<br />
Un uomo comune che visse<br />
non comunemente. C’è un<br />
eccesso di modestia in questa<br />
presentazione: che Andrea<br />
Bertazzoni fosse proprio<br />
un uomo comune è difficile<br />
crederlo. Aveva il dono della<br />
scrittura, in versi e in prosa.<br />
Ma le umili origini lo costrinsero<br />
ad un vita dura, fin da<br />
ragazzo, quando per sostenere<br />
la famiglia lavorava come<br />
sotcaldera, una delle<br />
umili funzioni che si svolgevano<br />
nei caseifici della Bassa<br />
Mantovana.<br />
La guerra del ‘15 lo trascina<br />
al fronte.<br />
E lì Candide-Bertazzoni si<br />
trasforma nel buon soldato<br />
Sveik. Uno Sveik più cocciuto<br />
che furbo. La sua idea, che<br />
lo accompagnerà per tutta la<br />
vita, è di non voler essere “né<br />
Caino né Abele”. Si comporta,<br />
apertamente, come un<br />
obiettore di coscienza ante<br />
litteram. Non tace, discute,<br />
contesta. Nelle sue memorie,<br />
scritte da anziano, annota:<br />
“Scopersi che la parola perché<br />
è quella che contiene,<br />
tra tutte le altre, il senso più<br />
rivoluzionario”.<br />
Sfugge a pericoli mortali, evita<br />
la condanna a morte che<br />
invece toccò a migliaia di soldati,<br />
specie dopo Caporetto,<br />
ha la presenza di spirito di ferirsi<br />
da solo (autolesionismo):<br />
si prende 20 anni di<br />
carcere militare, ma salva la<br />
vita. Finita la guerra arriva<br />
l’amnistia.<br />
Andrea Bertazzoni è ancora<br />
militare, di stanza in Sicilia.<br />
Gli ordinano di sparare sui<br />
solfatari in sciopero. Si rifiuta<br />
e finisce al confino a Lipari.<br />
Nel 1920 torna finalmente a<br />
casa, a San Benedetto. È<br />
iscritto al Partito socialista.<br />
Diventa segretario della cooperativa<br />
di consumo, e intanto<br />
esercita la sua vena artistico-letteraria.<br />
Mette in piedi<br />
una filodrammatica che recita<br />
testi di soggetto politico; in<br />
questo modo raccoglie fondi<br />
per i compagni incarcerati<br />
dopo le Giornate Rosse del<br />
‘19. Nel ‘21, alla scissione di<br />
Livorno, Bertazzoni sceglie il<br />
Partito comunista, perché gli<br />
sembra la via migliore per<br />
praticare l’intransigenza contro<br />
il fascismo. Continua a<br />
guidare la cooperativa, e<br />
sfugge, parte per astuzia parte<br />
per fortuna, agli agguati<br />
delle squadre fasciste. Ma<br />
nel ‘25, dopo l’attentato di<br />
Zaniboni contro il Duce, capisce<br />
di doversi dileguare.<br />
Fugge in bici da San Benedetto,<br />
poi a piedi.<br />
Rocambolescamente approda<br />
in Francia, terra di fuoriusciti.<br />
Lì conosce molti antifascisti<br />
famosi. Si ingegna con<br />
lavori vari per campare, poi,<br />
nel ‘32, anche in Francia il clima<br />
cambia. Bertazzoni ripara<br />
in Urss. Il paese del socialismo<br />
lo delude, ma senza intaccare<br />
la sua fede. Prima è<br />
contabile in una tipografia,<br />
poi mette in piedi un caseificio.<br />
Non è un casaro esperto<br />
- ha fatto solo il garzone, da<br />
ragazzino - ma riesce a farsi<br />
mandare, tramite i parenti<br />
emigrati in Francia, i manuali<br />
Hoepli in italiano sulle tecniche<br />
di produzione <strong>dei</strong> formaggi<br />
padani. Qui incappa<br />
nell’incidente del gorgonzola<br />
(episodio famoso per alcuni<br />
rèportage scritti nel dopoguerra,<br />
compreso uno di<br />
Montanelli): i sospettosi burocrati<br />
sovietici vedono sabotatori<br />
e spie in ogni angolo. E<br />
sono sono convinti che quel<br />
formaggio ammuffito sia un<br />
attacco alle conquiste rivoluzionarie.<br />
Rischia il carcere o il<br />
gulag. Ma lo salva il ministro<br />
Mikojan, che ha capito il suo<br />
lavoro e apprezza… il gorgonzola.<br />
Il regime delle purghe e del<br />
terrore regna in quegli anni<br />
‘30 in Urss. Specie tra gli immigrati<br />
antifascisti, dove il sospetto<br />
è legge.<br />
Il nucleo italiano è dominato<br />
da un burocrate-poliziotto:<br />
Paolo Robotti, cognato di<br />
Togliatti. Bertazzoni, spirito ribelle,<br />
non gliele manda a dire:<br />
lo contesta, addirittura<br />
scrive e fa circolare una poesia<br />
che satireggia il regime di<br />
repressione e di inquisizione<br />
che Robotti ha imposto alla<br />
comunità <strong>dei</strong> fuorusciti italiani.<br />
Bertazzoni è audace, ma, in<br />
fondo, fortunato: lo segnalano<br />
come un soggetto poco<br />
affidabile, gli tolgono il lavoro,<br />
lo riducono quasi alla fame.<br />
Ma nessuno lo arresta. Ad altri<br />
suoi compagni è toccato il<br />
campo di concentramento o<br />
il plotone di esecuzione. Lo<br />
stesso Robotti finirà in galera<br />
per un anno e mezzo ad opera<br />
delle sospettosissime autorità<br />
di Mosca.<br />
Anche se nel ‘21 ha scelto il<br />
Partito comunista, e ha vissuto<br />
da antifsscista pagandone<br />
tutti i prezzi, Robotti lo ha<br />
schedato come un “incorreggibile<br />
socialdemocratico”.<br />
Marchio negativo, ma non<br />
pericoloso come quello di<br />
trotzkista.<br />
Bertazzoni è sposato con la<br />
sua fidanzata di San Benedetto;<br />
hanno un figlio, Vladimoro,<br />
nato in Urss nel ‘34.<br />
Hanno la cittadinanza sovietica.<br />
Quando Hitler attacca la<br />
Russia la famiglia viene sfollata<br />
un Uzbekistan, lontano<br />
dal fronte. Una vita dura di fame<br />
vera.<br />
Nel ‘43, fallita l’impresa di<br />
Russia di Hitler e Mussolini, il<br />
Paese si riempie di prigionieri<br />
di guerra.<br />
Bertazzoni diventa interprete-commissario<br />
politico.<br />
Indossa una divisa da ufficiale<br />
dell’Armata Rossa, e si<br />
scopre a pensare quanto le<br />
divise gli facessero orrore,<br />
quando era soldato in guerra.<br />
Predica a quei militari sconfitti<br />
il verbo del comunismo, ma<br />
riesce ad esercitare le sue<br />
funzioni con umanità.<br />
Organizza persino qualche<br />
recita - la sua grande passione<br />
- naturalmente in italiano.<br />
Le gerarchie comuniste, sentiti<br />
gli applausi della platea, si<br />
fanno tradurre accuratamente<br />
i testi: non si sa mai che<br />
quell’incorreggibile socialdemocratico<br />
abbia scritto qualcosa<br />
di controrivoluzinario!<br />
Un anno esatto dopo la fine<br />
della guerra, nell’aprile ‘46, la<br />
famiglia Bertazzoni - Andra,<br />
la moglie Ebe e il figlio Vladimiro<br />
- rientra in Italia, a San<br />
Benedetto Po. Sono passati<br />
21 anni di esilio e di lotta politica<br />
antifascista. La libertà riconquistata<br />
in Patria è una<br />
grande consolazione. Ma,<br />
per Andrea, matureranno<br />
presto cocenti delusioni.<br />
Torna a guidare la cooperativa<br />
di consumo, ma poco dopo<br />
viene cacciato.<br />
C’è una storia di carte bollate<br />
e cause in tribunale tra lui e il<br />
sindaco comunista del paese.<br />
Bertazzoni è sempre lo<br />
spirito ribelle delle trincee del<br />
Carso. Il suo socialismo non<br />
tollera censure o richiami all’obbedienza.<br />
Nel ‘51, con altri<br />
due compagni, lo espellono<br />
per “indisciplina, frazionismo<br />
e rifiuto di fare autocritica”.<br />
Il periodico della Federazione<br />
mantovana del Pci<br />
pubblica le motivazioni della<br />
sua espulsione insieme a<br />
quelle della cacciata dal<br />
Partito <strong>dei</strong> due “reprobi” Valdo<br />
Magnani e Aldo Cucchi,<br />
bollati come “titoisti controrivoluzionari”.<br />
Il Psi, legato dal<br />
patto di unità con il Pci, si allinea:<br />
i vecchi compagni sono<br />
invitati, obbligati addirittura, a<br />
togliere il saluto agli espulsi.<br />
A metà degli anni ‘50 Andrea<br />
Bertazzoni, con una pattuglia<br />
di ex comunisti antistalinisti,<br />
aderisce al Psdi. Si ritroverà<br />
nel ‘66 nel Psi-Psdi unificati.<br />
Per rimanere poi con il partito<br />
di Nenni, dopo la successiva<br />
scissione del ‘69. Continuerà<br />
a scrivere, seguendo la sua<br />
vena di poeta tradizionale affezionato<br />
alla rima e alle cadenze<br />
da ballata. Una composizione<br />
sua ricorderà proprio<br />
Nenni, in occasione del<br />
funerale, nel 1980. In quello<br />
stesso anno morirà anche<br />
lui. Il libro composto dal figlio<br />
Vladimiro ci restituisce, con<br />
la vivacità delle storie personali,<br />
una figura importante<br />
dell’Italia del ‘900, e docu-<br />
28 (32) ORDINE 1 <strong>2006</strong>