Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti
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<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong><br />
giornalisti<br />
della<br />
Lombardia<br />
Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />
Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />
Anno XXXVI<br />
n. 1 Gennaio <strong>2006</strong><br />
Direzione e redazione<br />
Via Antonio da Recanate, 1<br />
20124 Milano<br />
Telefono: 02 67 71 37 1<br />
Telefax: 02 66 71 61 94<br />
http://www.odg.mi.it<br />
e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />
Poste Italiane SpA<br />
Sped.abb.post. Dl n. 353/2003<br />
(conv. in L. 27/2/2004 n. 46)<br />
art. 1 (comma 2).<br />
Filiale di Milano<br />
Approvato dal Consiglio <strong>dei</strong> ministri nella seduta del 22<br />
dicembre 2005 il “Decreto presidenziale concernente<br />
il regolamento recante disciplina per l'ammissione all'esame<br />
di Stato per l'accesso agli Albi di ordini e collegi professionali,<br />
a norma dell'articolo 1, comma 18, della legge n. 4 del 1999”.<br />
Accesso alla professione con una laurea (come vuole la direttiva<br />
89/48/Ce). Il decreto (noto come “bozza Siliquini”) presto in<br />
Gazzetta dopo il parere del Consiglio di Stato. Il “vecchio” e il<br />
“nuovo” sistema del praticantato coesisteranno fino all’aprile<br />
2012. Esame di Stato nelle Università (e non soltanto a Roma).<br />
È svolta storica<br />
nella professione<br />
di giornalista<br />
Questo il commento di Franco Abruzzo<br />
La data del 22 dicembre 2005 passerà alla storia, come momento<br />
fondamentale per il rilancio del giornalismo italiano.<br />
La professione approda in Università per legge. L’Italia indica una<br />
strada nuova ai Paesi della Ue. Il sottosegretario Maria Grazia<br />
Siliquini è stato il motore della riforma, ma un ringraziamento sincero<br />
va ai ministri Letizia Moratti e Roberto Castelli, che hanno assicurato<br />
l’indispensabile concerto previsto dalla normativa in vigore.<br />
Il centrosinistra ha approvato la legge 4/1999, che ha consentito<br />
l’aggancio tra lauree ed esame di Stato, ma, con la “Commissione<br />
Rossi”, aveva escluso i giornalisti dal Dpr 328/2001, decisione<br />
poi drasticamente censurata dal Consiglio di Stato con il parere<br />
2228/2002. È una grande conquista in cui l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
di Milano ha avuto un ruolo da protagonista.<br />
SIAMO PIÙ LIBERI! DOPO 78 ANNI CADE IL POTERE<br />
ILLIMITATO DEGLI EDITORI DI “FARE” I GIORNALISTI<br />
La formazione ritorna<br />
nelle nostre Università<br />
Nel periodo<br />
settembre/ottobre 2003<br />
la spinta decisiva<br />
impressa dall’<strong>Ordine</strong><br />
della Lombardia<br />
Letizia Moratti Maria Grazia Siliquini Roberto Castelli<br />
Analisi di<br />
Franco Abruzzo,<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia<br />
Comunicato di<br />
Letizia Moratti<br />
ministro dell’Istruzione,<br />
università e ricerca<br />
DA PAGINA 2<br />
A PAGINA 15<br />
Vertenza contrattuale<br />
La Fnsi annuncia nuovo<br />
pacchetto di 7 giorni di sciopero<br />
Roma, 20 dicembre 2005. Il Consiglio nazionale ha approvato a larga maggioranza il seguente documento: “Il Consiglio nazionale<br />
della Federazione della stampa affida alla Giunta esecutiva un nuovo pacchetto di sette giorni di sciopero generale <strong>dei</strong><br />
giornalisti italiani a sostegno delle vertenze contrattuali ancora aperte, da attuare sentita la Conferenza nazionale <strong>dei</strong> comitati e<br />
fiduciari di redazione. I nuovi scioperi potranno essere attuati anche in coincidenza con la campagna elettorale per le elezioni<br />
politiche previste per aprile...<br />
Comunicato della coalizione di maggioranza<br />
dell’Associazione lombarda <strong>dei</strong> giornalisti<br />
“Vogliamo conquistare<br />
a uno a uno<br />
tutti i 77 punti<br />
della piattaforma”<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Un’analisi di Roberto Seghetti,<br />
un dibattito con interventi <strong>dei</strong> colleghi<br />
La “contropiattaforma” Fieg<br />
spiegata punto per punto.<br />
Svelati gli obiettivi segreti<br />
e gli effetti di ogni richiesta<br />
Da pagina 18 a pagina 22, con il testo dell’accordo AERANTI - CORALLO del 19-12-2005<br />
Assemblea degli iscritti giovedì 23 marzo<br />
“ORO” A 24 COLLEGHI<br />
PER 50 ANNI DI ALBO<br />
Milano, 15 novembre 2005. Sono 24 i colleghi (18 professionisti<br />
e 6 pubblicisti) che nel <strong>2006</strong> compiono i 50 anni di<br />
iscrizione negli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia<br />
d’oro dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia in occasione dell’assemblea<br />
annuale degli iscritti che si terrà giovedì 23 marzo (h<br />
15) al Circolo della Stampa. Ed ecco i loro nomi:<br />
PROFESSIONISTI - Domenico Alessi, Paolo Arzano, Dario<br />
Baldi, Vincenzo Bettiza, Romano Cantore, Gianluigi Cossu,<br />
Maurilio Degiorgis, Luciana Falda, Salvatore La Pietra,<br />
Giovanni Marin, Luciano Micconi, Romolo Mombelli, Sergio<br />
Nunziata, Ibio Paolucci, Enrico Giovanni Pavesi, Pietro<br />
Radius, Adriano Sollazzo, Silvano Taugeri.<br />
PUBBLICISTI - Pietro Ambrosetti, Francesco Catania,<br />
Guido Granata, Gloria Lunel, Cassio Morosetti, Romain<br />
Rainero.<br />
Nel corso dell’assemblea verranno premiati anche i vincitori<br />
del “Concorso Tesi di laurea sul giornalismo” e verrà consegnata<br />
la tessera di praticante giornalista agli allievi dell’Ifg<br />
“Carlo De Martino”, della Scuola di giornalismo dell’università<br />
Cattolica e del Master in giornalismo dell’università Iulm.<br />
All’ordine del giorno dell’assemblea degli iscritti all’Albo figura<br />
l’approvazione del bilancio preventivo <strong>2006</strong> e del conto<br />
consuntivo 2005.<br />
1
Varata la riforma dell’accesso alle professioni e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato preparata dalla “Commissione Siliquini”<br />
Letizia<br />
Moratti<br />
“Professionisti<br />
più qualificati<br />
a tutela<br />
degli interessi<br />
<strong>dei</strong> cittadini”<br />
Roma, 22 dicembre 2005. Il Consiglio <strong>dei</strong> ministri ha approvato<br />
oggi, su proposta del ministro dell’Istruzione, dell’Università<br />
e della ricerca, Letizia Moratti, la riforma dell’accesso<br />
alle professioni e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato.<br />
“Sono ormai più di un milione e 800 mila i professionisti iscritti<br />
agli Albi”, ha spiegato il ministro, “un numero che è andato<br />
via via crescendo, negli ultimi dieci anni, con un incremento<br />
del 30% (da 1.399.338 nel 1995 a 1.827.279 al 2005).<br />
Dunque, abbiamo voluto focalizzare l’attenzione del Governo<br />
sulla riforma del sistema di accesso agli Ordini professionali<br />
per dare un forte contributo all’ammodernamento del sistema<br />
ordinistico, guardando soprattutto al futuro <strong>dei</strong> nostri giovani<br />
e alla tutela degli interessi <strong>dei</strong> cittadini, che beneficeranno di<br />
professionisti più qualificati”.<br />
“Il sistema sarà selettivo”, ha aggiunto il ministro Moratti, “ma<br />
più snello ed ‘aperto’ per le decine di migliaia di giovani che<br />
si affacciano ogni anno sul mercato professionale. Chiunque<br />
sia dotato di capacità e di voglia di studiare ed abbia fatto<br />
l’Università ed un breve ma serio tirocinio può superare gli<br />
esami di Stato e diventare un professionista, indipendentemente<br />
dal ceto sociale o dalla famiglia di provenienza. Viene<br />
inoltre assicurato un puntuale e forte raccordo tra il percorso<br />
formativo e gli sbocchi professionali”.<br />
“Vengono così interamente ridisciplinati gli esami di Stato per<br />
tutte le professioni già comprese nel Dpr 328/2001, e oltre a<br />
queste, per gli statistici, i tecnologi alimentari, i giornalisti e i<br />
consulenti del lavoro”, ha proseguito il ministro. “Per questi ultimi<br />
due, insieme ad agrotecnici, geometri, periti agrari, periti<br />
industriali, abbiamo provveduto ad elevare il titolo di accesso,<br />
prevedendo tra i requisiti almeno la laurea triennale”.<br />
In parallelo alla riforma <strong>dei</strong> percorsi universitari (revisione delle<br />
classi di laurea ex Dm 270/2004), è stato predisposto lo<br />
schema di regolamento che aggiornerà la struttura delle prove<br />
dell’esame di Stato ed i requisiti per l’accesso agli Ordini<br />
(laurea, laurea magistrale e tirocinio che sarà obbligatorio,<br />
serio, continuativo e certificato), nonché del Dm 9/9/1957, relativo<br />
alla composizione delle commissioni esaminatrici e le<br />
modalità di svolgimento degli esami di Stato, per renderli più<br />
trasparenti e qualificanti.<br />
LE PROFESSIONI INTERESSATE DAL NUOVO DPR<br />
Lo schema di regolamento aggiornerà la disciplina <strong>dei</strong> requisiti<br />
per l'ammissione all'esame di Stato e le relative prove,<br />
nonché la composizione delle commissioni esaminatrici e le<br />
modalità di svolgimento degli esami, relativamente alle professioni<br />
di:<br />
Numero Iscritti<br />
- dottore agronomo e dottore forestale 19.103<br />
- architetto, pianificatore paesaggista<br />
e conservatore 122.608<br />
- assistente sociale 31.937<br />
- attuario 810<br />
- biologo 41.009<br />
- chimico 9.877<br />
- consulente del lavoro 21.239<br />
- farmacista 69.585<br />
- geologo 15.094<br />
- giornalista 90.218<br />
- ingegnere 186.547<br />
- psicologo 51.065<br />
- “statistico” ---------<br />
- tecnologo alimentare ---------<br />
- veterinario 24.107<br />
- agrotecnico, geometra, perito agrario,<br />
perito industriale 185.152<br />
TOTALE DEI PROFESSIONISTI INTERESSATI 868.351<br />
(FONTE CENSIS 39° RAPPORTO ANNUALE SULLA SITUAZIONE SOCIALE DEL PAESE)<br />
Inoltre, il regolamento disciplina la composizione delle relative<br />
commissioni esaminatrici e le modalità di svolgimento degli<br />
esami per l’accesso alla professione di dottore commercialista<br />
ed esperto contabile, completando le norme presenti<br />
nel decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139.<br />
Per quest’ultima professione è stato inoltre previsto l’accesso<br />
agli esami, fin dall’anno <strong>2006</strong>, <strong>dei</strong> laureati triennali per i quali<br />
la normativa precedente demandava tale possibilità al 2008.<br />
LA FILOSOFIA, I PRINCIPI ISPIRATORI E GLI OBIETTIVI<br />
DELLA RIFORMA DELL’ACCESSO ALLE PROFESSIONI<br />
Il Dpr 328/2001 ha costituito un punto di partenza per la riforma<br />
del sistema di accesso alle professioni. Infatti, con l’introduzione<br />
del “3+2” e l’autonomia didattica degli Atenei è venuto<br />
meno lo stretto raccordo tra corsi di laurea e formazione<br />
alle professioni: pertanto era necessaria una verifica più<br />
seria dell’idoneità ad esercitare una professione. Inoltre è stato<br />
rafforzato il metodo del “dialogo progettuale” con gli Ordini<br />
professionali. La proposta è stata elaborata da una<br />
Commissione mista formata da rappresentanti dell’Università<br />
e <strong>dei</strong> professionisti, per poi procedere a successive omogeneizzazioni<br />
dell’impianto complessivo della riforma per superare<br />
in modo condiviso tutte le attuali criticità.<br />
LA COMMISSIONE PER LA RIFORMA DELL’ACCESSO<br />
ALLE PROFESSIONI<br />
Per elaborare lo schema di revisione è stata inizialmente istituita<br />
una specifica Commissione, presieduta dal sottosegretario<br />
Maria Grazia Siliquini, ai quali hanno partecipato<br />
i rappresentanti delle Conferenze <strong>dei</strong> presidi di facoltà e,<br />
per la prima volta, degli Ordini professionali. In seguito, sono<br />
stati istituiti una serie di tavoli informali, con la presenza di tutti<br />
gli Ordini interessati, per completare lo schema finale.<br />
I CONTENUTI “GENERALI” DEL NUOVO SISTEMA<br />
DI ACCESSO ALLE PROFESSIONI E DEI RELATIVI<br />
ESAMI DI STATO<br />
Il tirocinio è stato posto quale requisito fondamentale per l’accesso<br />
alle professioni (sia per la sezione A, sia per la sezione<br />
B degli Albi). I giovani, attraverso una formazione universitaria<br />
riqualificata grazie all’introduzione <strong>dei</strong> percorsi ad “Y”<br />
e ad un serio tirocinio professionale, si presenteranno più preparati<br />
agli esami di Stato.<br />
È stato dunque rivisto complessivamente la disciplina del tirocinio,<br />
considerato dagli ordini professionali essenziale ai fini<br />
della formazione del futuro professionista:<br />
• introducendolo anche laddove oggi non è previsto;<br />
• assicurando nuove modalità di svolgimento che ne garantiscano<br />
la serietà, la continuità, il carattere effettivamente professionalizzante;<br />
• aprendo alla possibilità di svolgerlo presso una struttura<br />
pubblica o privata accreditata dagli Ordini;<br />
• ponendolo sotto la gestione e la responsabilità degli Ordini<br />
(attraverso la supervisione di un tutor iscritto all’albo da almeno<br />
cinque anni) e la verifica del percorso formativo,<br />
qualora sia svolto durante il percorso di studi.<br />
In www.odg.mi.it<br />
L’esame<br />
di Stato<br />
delle professioni<br />
intellettuali<br />
cambia volto<br />
Il testo del nuovo Dpr 328/2001<br />
approvato nella seduta<br />
22 dicembre 2005<br />
del Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />
Il professionista presso il quale il tirocinio viene svolto vigila<br />
sull’attività del tirocinante, al fine di verificare che questa sia<br />
volta all’apprendimento delle tecniche professionali ed all’acquisizione<br />
di esperienze applicative.<br />
Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> territoriale verifica l’effettivo svolgimento<br />
del tirocinio, anche tramite resoconti del tirocinante o<br />
colloqui con questi.<br />
Si è concordato con gli Ordini una diversa durata del tirocinio:<br />
• sei mesi per la maggior parte degli ordini<br />
• 1 anno per gli ingegneri, gli psicologi sez. A ed i consulenti<br />
del lavoro tenendo conto della possibilità di espletarlo durante<br />
il corso di studi universitari, sulla base di accordi stipulati<br />
fra Ordini ed Università - nell’ambito di una convenzione<br />
quadro concordata tra il ministero dell’Istruzione,<br />
dell’Università e della ricerca ed il Consiglio nazionale.<br />
La possibilità di svolgere il tirocinio anche in parte già nel percorso<br />
universitario risponde all’esigenza di accrescere il livello<br />
di preparazione, senza gravare sulla lunghezza del percorso,<br />
in modi da garantire un più rapido accesso al mondo<br />
del lavoro, in linea con le tendenza europee.<br />
In alcuni casi, è stato anche previsto un “doppio requisito” formativo<br />
per l’accesso alla sezione A, e cioè oltre alle classi di<br />
laurea specialistica già richieste, anche le corrispondenti classi<br />
di laurea che danno accesso alla sezione B, per l’esigenza<br />
di garantire che il giovane abbia seguito un percorso formativo<br />
completo sul settore in cui intende operare. Una scelta<br />
necessaria, vista l’ampia flessibilità che è stato inserito negli<br />
ordinamenti didattici con il Dm 270/2004 e che consente,<br />
ad esempio, ad un laureato in Lettere di prendere la laurea<br />
magistrale in ingegneria.<br />
Si è anche tenuto conto della possibilità che, in futuro, sia necessario<br />
adeguare i titoli di studio universitari, modificando attraverso<br />
un decreto del ministro le corrispondenze tra i titoli<br />
universitari di accesso alle professioni disciplinate dal regolamento<br />
e le classi di laurea e di laurea magistrale di cui ai decreti<br />
attuativi del Dm 270/2004.<br />
Si è, inoltre, adeguata la disciplina procedurale degli esami di<br />
Stato (commissioni di esame e svolgimento delle prove) all’evoluzione<br />
del sistema professionale e delle norme che regolano<br />
l’accesso, aspetto, questo, particolarmente necessario<br />
in quanto la disciplina era ferma al Dm 9 settembre 1957.<br />
Sono state estese le norme che regolano gli esami di Stato<br />
a molte professioni che attualmente non erano comprese,<br />
tenendo conto anche della ripartizione di alcuni Albi professionali<br />
in due distinte sezioni (A e B). Si segnalano, tra<br />
le nuove:<br />
a) consulente del lavoro;<br />
b) giornalista;<br />
c) statistico;<br />
d) tecnologo alimentare;<br />
e) agrotecnico; geometra; perito agrario; perito industriale.<br />
Riguardo alle modalità di svolgimento delle prove degli esami<br />
di Stato, che si terranno esclusivamente presso sedi universitarie,<br />
è stato introdotto l’anonimato, consentito ove necessario<br />
l’uso delle moderne tecnologie.<br />
È infine stata aggiornata la composizione delle commissioni<br />
esaminatrici. In particolare, è stata prevista una sola commissione<br />
esaminatrice per entrambi le sezioni degli Albi, debitamente<br />
integrata con rappresentanti della sezione B, per le<br />
prove d’esame <strong>dei</strong> laureati triennali. Inoltre, il ministero potrà<br />
inviare un proprio rappresentante presso le sedi di esame per<br />
la verifica della regolarità formale delle operazioni di esame.<br />
ALCUNI CASI PARTICOLARI<br />
Per i giornalisti, in accordo con l’<strong>Ordine</strong>, abbiamo voluto prevedere<br />
una base formativa universitaria, elevando il titolo di<br />
accesso, per inserirli nel vigente sistema che disciplina l’accesso<br />
alle altre professioni, visto che attualmente è previsto<br />
il solo praticantato di 18 mesi. Sarà così superato il concetto<br />
del giornalista formato solo in azienda, garantendo un accesso<br />
più democratico e libero alla professione.<br />
Potrà partecipare all’esame di Stato solo chi è in possesso di<br />
una laurea triennale unitamente a:<br />
2 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
Decreto entrerà in vigore<br />
dopo che il Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />
avrà dato il via libera definitivo<br />
al testo, che potrà<br />
avvenire successivamente<br />
al parere del Consiglio di Stato<br />
Se i tempi saranno rispettati, già<br />
dalla prima sessione degli esami<br />
di Stato del <strong>2006</strong> saranno adottate<br />
le nuove discipline relative<br />
ai requisiti di accesso, alle nuove<br />
prove d’esame e alle nuove<br />
procedure per l’esame di Stato<br />
In generale, per evitare di creare<br />
problemi ai giovani, sono state<br />
inserite delle norme transitorie<br />
atte a garantire le aspettative<br />
<strong>dei</strong> giovani già in procinto<br />
di accedere alle professioni<br />
• o una laurea specialistica (magistrale) il cui percorso formativo<br />
sia almeno per il 50% costituito da attività pratica<br />
orientata alla professione di giornalista e disciplinata sulla base<br />
di convenzioni con l’ordine;<br />
• o un master universitario biennale, svolto sulla base di convenzioni<br />
con l’ <strong>Ordine</strong>;<br />
• o corsi biennali presso Istituti di formazione al giornalismo,<br />
riconosciuti dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
Chiaramente sono fatti salvi i diritti di accesso all’esame di<br />
Stato per coloro che hanno già svolto o stanno svolgendo il<br />
periodo di pratica previsto dal previgente ordinamento, nonché,<br />
fino al 2013, per coloro che svolgono attività redazionale<br />
giornalistica da almeno due anni consecutivi e coloro che<br />
esercitano la professione giornalistica a tempo pieno e in modo<br />
continuativo da almeno cinque anni.<br />
Con i giornalisti è stato concordato di mantenere alcune peculiarità,<br />
come la composizione della Commissione esaminatrice,<br />
il cui presidente sarà scelto tra i magistrati di Tribunale<br />
o di Corte d’appello. La Commissione sarà integrata da un<br />
rappresentante della Federazione degli editori (Fieg). I giornalisti<br />
concordano nell’effettuare l’esame di Stato solamente<br />
presso le Università.<br />
Inoltre, si evidenziano altri interventi:<br />
• i consulenti del lavoro, gli statistici ed i tecnologi alimentari<br />
sono stati finalmente inseriti nella disciplina dell’accesso alle<br />
professioni (erano rimasti fuori dal Dpr 328/2001) ed i giovani<br />
in possesso <strong>dei</strong> nuovi titoli potranno partecipare agli<br />
esami di Stato: gli atenei hanno già conferito lauree “triennali”<br />
e lauree specialistiche che non hanno attualmente<br />
sbocchi nelle professioni.<br />
• Per i consulenti del lavoro, è stato elevato il titolo di accesso,<br />
prevedendo almeno una laurea triennale ed il tirocinio di<br />
durata biennale come requisiti indispensabili. Ciò è stato<br />
possibile grazie ad un accordo con il ministero del Lavoro.<br />
Per i prossimi cinque anni, sono fatte salve le prerogative <strong>dei</strong><br />
diplomati di scuola superiore e <strong>dei</strong> laureati con il vecchio ordinamento,<br />
che saranno ammessi a sostenere l’esame di<br />
Stato;<br />
• Per gli agrotecnici, geometri, periti agrari, periti industriali, si<br />
è provveduto ad elevare definitivamente il titolo d’accesso,<br />
prevedendo come requisiti la sola laurea triennale con un<br />
successivo tirocinio semestrale. Innanzitutto, per consentire<br />
la spendibilità del titolo professionale sull’intero territorio<br />
dell’Unione Europea (direttiva n. 89/48/Cee). Inoltre, è stato<br />
deciso con i Consigli nazionali che l’esame di Stato si svolgerà<br />
presso le sedi universitarie, invece che presso le scuole,<br />
con il conseguente passaggio graduale di competenze.<br />
Fino al 2015, sono fatte salve le prerogative <strong>dei</strong> diplomati di<br />
scuola superiore, che saranno ammessi a sostenere l’esame<br />
di Stato.<br />
• Anche per i veterinari ed i farmacisti sono state definiti le<br />
lauree specialistiche per l’accesso alla professione Inoltre,<br />
sono ammessi all’esame di Stato per l’accesso alla professione<br />
di farmacista anche i laureati del vecchio ordinamento<br />
in farmacia o chimica e tecnologia farmaceutiche.<br />
• Per l’iscrizione alla sezione A dell’Albo degli psicologi, in deroga<br />
alle disposizioni di cui agli articoli 6, comma 2, e 7,<br />
comma 2, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270,<br />
i decreti ministeriali che definiscono la classe di laurea magistrale<br />
in psicologia possono prevedere un corso di studio<br />
universitario a ciclo unico avente durata quinquennale, previa<br />
acquisizione di 300 crediti formativi universitari.<br />
LA TEMPISTICA DI ATTUAZIONE<br />
Il decreto entrerà in vigore dopo che il Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />
avrà dato il via libera definitivo al testo, che potrà avvenire successivamente<br />
al parere del Consiglio di Stato. Se i tempi saranno<br />
rispettati, già dalla prima sessione degli esami di Stato<br />
del <strong>2006</strong> saranno adottate le nuove discipline relative ai requisiti<br />
di accesso, alle nuove prove d’esame e alle nuove procedure<br />
per l’esame di Stato. In generale, per evitare di creare<br />
problemi ai giovani, sono state inserite delle norme transitorie<br />
atte a garantire le aspettative <strong>dei</strong> giovani già in procinto di accedere<br />
alle professioni.<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Maria Grazia Siliquini:<br />
“La riforma per i giovani<br />
nel segno della meritocrazia”<br />
Roma, 22 dicembre 2005. “Grande soddisfazione per l’approvazione<br />
in Consiglio <strong>dei</strong> ministri dello schema di riforma<br />
dell'accesso alle professioni e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato. È<br />
una grande opportunità per tutti quei giovani che intendono<br />
divenire giornalisti, ingegneri, architetti,<br />
psicologi poiché arriveranno<br />
meglio preparati all'esame di Stato”.<br />
Così il sottosegretario all’Università<br />
Maria Grazia Siliquini ha commentato<br />
la riforma dell’accesso alle professioni<br />
e <strong>dei</strong> relativi esami di Stato,<br />
presentata oggi insieme al ministro<br />
Letizia Moratti.<br />
“Il tirocinio è stato introdotto per tutte<br />
le professioni, rinnovato, reso serio e<br />
certificato, nonché sarà svolto anche<br />
durante il percorso universitario per<br />
non gravare sui tempi di accesso al<br />
mondo del lavoro <strong>dei</strong> nostri giovani: è<br />
questa una delle più importanti innovazioni<br />
per le professioni italiane”, ha<br />
aggiunto Siliquini. “Abbiamo anche<br />
modificato le obsolete modalità di<br />
svolgimento degli esami di Stato - ha<br />
proseguito la senatrice di Alleanza<br />
Nazionale - che saranno più trasparenti<br />
ed omogenee sul territorio nazionale. Le prove si svolgeranno<br />
con una più efficiente e moderna composizione delle<br />
attuali anacronistiche commissioni esaminatrici, introducendo<br />
il regime di anonimato e, ove necessario, sarà consentito<br />
l’uso delle moderne tecnologie”.<br />
“Insomma, chiunque sia dotato<br />
di capacità e di voglia di studiare ed<br />
abbia fatto l’Università ed un buon tirocinio<br />
potrà superare gli esami di<br />
Stato e diventare un professionista,<br />
indipendentemente dal ceto sociale o<br />
dalla famiglia di provenienza. Altro<br />
che difesa <strong>dei</strong> privilegi corporativi,<br />
siamo andati incontro ai giovani”, ha<br />
concluso Siliquini.<br />
Il provvedimento riguarda le professioni<br />
di agronomo, agrotecnico, architetto,<br />
assistente sociale, attuario, biologo,<br />
chimico, commercialista (solo<br />
per gli esami di Stato), consulente del<br />
lavoro, farmacista, geologo, geometra,<br />
giornalista, ingegnere, perito<br />
agrario, perito industriale, psicologo,<br />
statistico, tecnologo alimentare e veterinario.<br />
(Sin/Ct/Adnkronos)<br />
Lorenzo del Boca (Cnog):<br />
“Il nostro grazie va<br />
al ministro Letizia Moratti<br />
e al sottosegretario<br />
Maria Grazia Siliquini”<br />
Massimo Dini (Ifg):<br />
“I nostri 40 praticanti<br />
scelti tra 497 laureati”<br />
Come direttore dell’Istituto “Carlo De<br />
Martino” per la formazione al giornalismo di<br />
Milano, la prima scuola nata in Italia, esprimo<br />
la mia soddisfazione per l’approvazione,<br />
avvenuta il 22 dicembre, del decreto del<br />
Consiglio <strong>dei</strong> ministri che prevede il conseguimento<br />
della laurea (a partire da quella<br />
breve, di tre anni) come requisito indispensabile<br />
per l’accesso alla professione giornalistica.<br />
Questa decisione è il risultato di una<br />
lunga e strenua battaglia condotta in prima<br />
persona dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> di Milano,<br />
Franco Abruzzo, al quale va la mia profonda<br />
riconoscenza come responsabile della formazione<br />
di 40 allievi rigorosamente selezionati.<br />
Non c’è dubbio che si tratti di una svolta<br />
storica che consentirà a chi vuol intra-<br />
Roma, 22 dicembre 2005. Il presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti, Lorenzo<br />
Del Boca, ha così commentato l’approvazione<br />
del Dpr sui nuovi esami <strong>dei</strong> professionisti:<br />
“Con soddisfazione prendiamo atto che il<br />
Consiglio <strong>dei</strong> ministri, approvando una serie<br />
di disposizioni per il riordino delle professioni,<br />
ha accolto le nostre proposte per rendere il<br />
lavoro <strong>dei</strong> giornalisti più moderno, più efficiente<br />
e culturalmente più attrezzato per rispondere<br />
alle responsabilità che gli competono.<br />
Un ringraziamento per il ministro Letizia<br />
Moratti e – doverosamente – per il sottosegretario<br />
Maria Grazia Siliquini, che ha seguito<br />
l’iter e le procedure che hanno consentito<br />
un risultato per noi positivo.<br />
Prima di entrare in vigore, la legge deve passare<br />
al vaglio del Consiglio di Stato ma ci auguriamo<br />
che si tratti soltanto di un passaggio<br />
burocratico.<br />
Quando le disposizioni diventeranno operative,<br />
i giornalisti dovranno formarsi all’università<br />
con un percorso di studi accademici che prevedono<br />
il conseguimento di una laurea di primo<br />
livello, seguito da un master biennale destinato<br />
a coniugare preparazione teorica e tirocinio<br />
pratico. Come avviene per gli avvocati<br />
a giurisprudenza o gli ingegneri al politecnico.<br />
L’esame di stato sarà poi l’ultimo atto per<br />
l’abilitazione professionale.<br />
Sono tante le accuse che vengono rivolte ai<br />
giornalisti – a volte ingiustificabili e altre volte<br />
immotivate – ma di una non vogliamo assumerci<br />
la responsabilità: quella di rifiutare di<br />
andare a scuola, per studiare e per saperne<br />
di più”.<br />
(ANSA)<br />
prendere questa difficile strada di far tesoro<br />
del proprio patrimonio culturale, favorendo<br />
così nel tempo l’evoluzione di un giornalismo<br />
meno fazioso e meno sprovvisto di equilibrato<br />
senso critico. La mia riconoscenza, naturalmente,<br />
è rafforzata dal fatto che mi trovo a<br />
dirigere un Istituto di prestigio che in questa<br />
battaglia è stato all’avanguardia. Ricordo, infatti,<br />
che i nostri praticanti-giornalisti sono<br />
stati scelti tra 497 candidati tutti provvisti del<br />
diploma di laurea. “Siamo più liberi”, scrive<br />
Abruzzo. Come direttore dell’Ifg anche io mi<br />
sento più libero. Il potere degli editori di “fare”<br />
i giornalisti avrebbe dovuto già da tempo essere<br />
circoscritto.<br />
Massimo Dini<br />
direttore Ifg “Carlo De Martino”<br />
3
È svolta storica<br />
nella professione<br />
di giornalista<br />
di Franco Abruzzo<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Il regolamento (già Dpr 328/2001)<br />
approvato dal Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />
nella seduta del 22 dicembre.<br />
Accesso alla<br />
professione<br />
con una laurea.<br />
1.P Premessa. Il Consiglio <strong>dei</strong> ministri vara il nuovo<br />
regolamento delle professioni intellettuali che corregge<br />
il Dpr 328/2001. I giornalisti sono più liberi. Dopo 78 anni<br />
è caduto il potere illimitato degli editori di “fare” i giornalisti.<br />
Durava dal 1928. Il Consiglio <strong>dei</strong> ministri nella seduta del 22<br />
dicembre 2005 ha approvato il nuovo testo del “regolamento”,<br />
che (in base all’articolo 1, comma 18, della legge 4/1999 e nel<br />
rispetto della direttiva 89/48/Cee) collega esame di Stato delle<br />
professioni intellettuali e lauree della riforma e che è stato elaborato<br />
dalla “Commissione Siliquini” (dal nome del sottosegretario<br />
di Stato all’Università, Maria Grazia Silquini, An). Il “regolamento<br />
che disciplina i requisiti per l'ammissione all'esame<br />
di Stato e le relative prove, nonché la composizione delle commissioni<br />
esaminatrici e… le modalità di svolgimento degli esami<br />
per le professioni di dottore agronomo e dottore forestale,<br />
agrotecnico e agrotecnico laureato, architetto, pianificatore paesaggista<br />
e conservatore, assistente sociale, attuario, biologo,<br />
chimico, consulente del lavoro, farmacista, geologo, geometra<br />
e geometra laureato, giornalista, ingegnere, perito agrario e<br />
perito agrario laureato, perito industriale e perito industriale laureato,<br />
psicologo, tecnologo alimentare e veterinario, nonché per<br />
l’abilitazione nelle discipline statistiche”. Per i giornalisti si tratta<br />
di un ritorno in Università dopo la parentesi 1930/1933 presso<br />
l’Università di Perugia (laurea in Scienze politiche a indirizzo<br />
giornalistico). L’accesso alla professione avverrà con il possesso<br />
di una laurea almeno triennale. La “bozza Siliquini” diventerà<br />
norma dopo il parere del Consiglio di Stato previsto<br />
entro gennaio. Il “vecchio” e il “nuovo” sistema del praticantato<br />
coesisteranno fino all’aprile 2012. L’esame di Stato si svolgerà<br />
nelle Università.<br />
Il sottosegretario Maria Grazia Siliquini è stato il motore della<br />
svolta e della riforma, ma un ringraziamento sincero va anche<br />
ai ministri Letizia Moratti e Roberto Castelli, che hanno assicurato<br />
l’indispensabile concerto previsto dalla legge. Il centrosinistra<br />
ha approvato la legge 4/1999, che ha consentito l’aggancio<br />
tra lauree ed esame di Stato, ma, con la “Commissione<br />
Rossi”, aveva escluso i giornalisti dal Dpr 328/2001, decisione<br />
poi drasticamente censurata dal Consiglio di Stato con il<br />
parere n. 2228/2002. La data del 22 dicembre 2005 verrà ricordato<br />
nella storia del giornalismo italiano.<br />
Questa svolta ha presso l’avvio nel settembre/ottobre 2003,<br />
quando l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti di Milano è stato bloccato proprio<br />
dal sottosegretario Siliquini mentre si accingeva a disapplicare<br />
la normativa italiana sull’accesso a favore di quella comunitaria,<br />
che prevede il possesso di una laurea minima triennale<br />
come condizione per esercitare una professione intellettuale<br />
regolamentata. Dopo la riforma del Titolo V della<br />
Costituzione, si è ritenuto (erroneamente) che lo Stato avesse<br />
perso i suoi poteri regolamentari e che non potesse, quindi,<br />
riscrivere il Dpr n. 328/2001, allargandolo ai giornalisti e ai<br />
consulenti del lavoro. Il ministero dell’Istruzione-Università nell’ottobre<br />
2003 ha rimeditato la questione del collegamento tra<br />
laurea universitaria, praticantato giornalistico ed esame di<br />
Stato, dando disco verde alle modifiche del Dpr n. 328/2001 e<br />
istituendo una commissione ad hoc guidata dal sottosegretario<br />
Siliquini. Conseguentemente il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti della Lombardia ha bloccato una delibera con la<br />
quale lo stesso Consiglio, quale autorità amministrativa, avrebbe<br />
disapplicato (in forza delle sentenze n. causa 103/1988 della<br />
Corte di Giustizia Ce 22 luglio 1989 e n. 389/1989 della<br />
Corte costituzionale) l’articolo 33 (commi 4, 5, 6 e 7) della legge<br />
n. 69/1963, affermando la prevalenza (in base alla sentenza<br />
n. 389/1989 della Corte costituzionale) sulla norma interna<br />
della Direttiva n. 89/48/CEE. Questa direttiva, rafforzata dalla<br />
sentenza della quarta sezione della Corte di Giustizia europea<br />
nella causa C- 285/00, si applica “alle professioni regolamentate,<br />
cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio sono<br />
subordinati, direttamente o indirettamente, mediante disposizioni<br />
legislative, regolamentari o amministrative, al possesso<br />
di un diploma universitario della durata minima di tre<br />
anni”.<br />
In sostanza l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti di Milano, se non ci fosse<br />
stato il ripensamento del ministero dell’Istruzione/Università,<br />
avrebbe chiesto ai praticanti il possesso di una laurea triennale<br />
qualsiasi come condizione vincolante per sostenere l’esame<br />
di giornalista.<br />
2.Le novità punto per punto. L’iscrizione nell’elenco<br />
<strong>dei</strong> giornalisti professionisti. L’iscrizione nell’elenco<br />
<strong>dei</strong> giornalisti professionisti è subordinata al superamento di<br />
un apposito esame di Stato. Per l’ammissione all’esame di<br />
Stato è richiesto il possesso <strong>dei</strong> seguenti requisiti:<br />
a) laurea<br />
b) compimento della pratica giornalistica da svolgersi in alternativa<br />
nei seguenti modi:<br />
b1) una laurea specialistica il cui percorso formativo biennale<br />
sia almeno per il 50% costituito da attività pratica orientata alla<br />
professione di giornalista e disciplinata sulla base di convenzioni<br />
tra l’università e il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti, che verifica anche l’effettivo tirocinio professionale<br />
svolto;<br />
b2) un master universitario biennale il cui percorso formativo<br />
sia disciplinato sulla base di convenzioni tra l’università e il<br />
Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, che verifica anche<br />
l’effettivo tirocinio professionale svolto;<br />
b3) corsi biennali presso Istituti di formazione al giornalismo<br />
riconosciuti con deliberazione del Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
3.L’esame di Stato articolato in tre prove scritte<br />
della durata complessiva di 8 ore.<br />
L’esame di Stato consiste in:<br />
a) una prova scritta, della durata di otto ore e da svolgersi in<br />
unico giorno, così articolata:<br />
1) sintesi di un articolo o di altro testo scelto dal candidato tra<br />
quelli forniti dalla commissione in un massimo di venti righe,<br />
da sessanta battute ciascuna;<br />
2) redazione di un articolo, non superiore a sessanta righe, da<br />
sessanta battute ciascuna, su argomenti di attualità scelti dal<br />
candidato tra quelli proposti dalla commissione, in numero<br />
non inferiore a sei, tra i seguenti: politica interna ed estera,<br />
economia e lavoro, cronaca, sport, cultura, scienze, tecnologie,<br />
spettacolo;<br />
3) svolgimento di un elaborato in una delle seguenti aree:<br />
aa) il sistema dell’informazione e del giornalismo; istituzioni e<br />
profilo professionale: diritto dell’informazione e della comunicazione,<br />
normative comunitarie, nazionali e ruolo delle autorità<br />
indipendenti, etica e deontologia della comunicazione; storia<br />
del giornalismo e delle comunicazioni di massa; sociologia<br />
della comunicazione, semiotica del testo scritto e visivo, psicologia<br />
cognitiva e della comunicazione, scienza dell’opinione<br />
pubblica e <strong>dei</strong> sondaggi; economia <strong>dei</strong> media, economia e gestione<br />
delle imprese editoriali;<br />
È un<br />
“ritorno”<br />
dopo<br />
la parentesi<br />
di Perugia<br />
del<br />
1930/1933<br />
Questo il testo del nuovo Dpr che consacra<br />
Pubblichiamo il testo del “regolamento che<br />
disciplina i requisiti per l’ammissione all’esame<br />
di Stato e le relative prove, nonché la<br />
composizione delle commissioni esaminatrici<br />
e… le modalità di svolgimento degli esami per<br />
le professioni di dottore agronomo e dottore<br />
forestale, agrotecnico e agrotecnico laureato,<br />
architetto, pianificatore paesaggista e<br />
conservatore, assistente sociale, attuario,<br />
biologo, chimico, consulente del lavoro,<br />
farmacista, geologo, geometra e geometra<br />
laureato, giornalista, ingegnere, perito agrario<br />
e perito agrario laureato, perito industriale<br />
e perito industriale laureato, psicologo,<br />
tecnologo alimentare e veterinario, nonché<br />
per l’abilitazione nelle discipline statistiche”.<br />
Per i giornalisti si tratta di un ritorno in<br />
Università dopo la parentesi 1930/1933 presso<br />
l’Università di Perugia (laurea in Scienze<br />
politiche a indirizzo giornalistico).<br />
IL PRESIDENTE<br />
DELLA REPUBBLICA<br />
Visto l’articolo 87, quinto comma, della Costituzione;<br />
Visto l’articolo 1, comma 18, della legge 14 gennaio 1999, n.<br />
4, modificato dall’articolo 6, comma 4, della legge 19 ottobre<br />
1999, n. 370;<br />
Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.<br />
400;<br />
Sentiti gli ordini e collegi professionali interessati;<br />
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri,<br />
adottata nella riunione del …………….;<br />
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione<br />
consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del<br />
……………………….;<br />
Vista la deliberazione del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri, adottata nella<br />
riunione del ……………;<br />
Sulla proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della<br />
ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia;<br />
Emana il seguente regolamento:<br />
4 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
Siamo più liberi! Dopo 78 anni cade il potere<br />
illimitato degli editori di “fare” i giornalisti<br />
L’esame di Stato articolato in tre prove scritte della durata complessiva di 8 ore.<br />
Nella commissione esaminatrice un magistrato (presidente), due professori universitari,<br />
tre giornalisti (laureati e con 10 anni di anzianità; oppure non laureati, ma<br />
con 20 anni di anzianità professionale), un rappresentante della Fieg. Norme transitorie<br />
a favore <strong>dei</strong> “vecchi” praticanti già iscritti nel Registro. Fino alle sessioni di<br />
esame del 2013 ammessi all’esame di Stato anche i praticanti redattori (non laureati)<br />
e i free lance (con 5 anni di attività alle spalle) purché abbiano seguito, anche<br />
via Web (e-learning) corsi di formazione teorica e aggiornamento sulle aree<br />
disciplinari di cui all’articolo 32 (comma 4, lettera a, numero 3) del regolamento,<br />
della durata di almeno trecento ore complessive, in strutture abilitate mediante la<br />
stipula di convenzioni con il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
“Il sottosegretario Maria Grazia Siliquini è stato il motore della svolta e della riforma,<br />
ma un ringraziamento sincero va anche ai ministri Letizia Moratti e Roberto<br />
Castelli, che hanno assicurato l’indispensabile concerto previsto dalla legge.<br />
Il centrosinistra ha approvato la legge 4/1999, che ha consentito l’aggancio tra lauree<br />
ed esame di Stato, ma, con la “Commissione Rossi”, aveva escluso i giornalisti<br />
dal Dpr 328/2001, decisione poi drasticamente censurata dal Consiglio di Stato<br />
con il parere n. 2228/2002”.<br />
La “bozza Siliquini” presto<br />
norma dopo il parere<br />
del Consiglio di Stato<br />
Il “vecchio” e il “nuovo”<br />
sistema del praticantato<br />
coesisteranno fino all’aprile 2012<br />
Esame di Stato<br />
nelle<br />
Università<br />
bb) fondamenti culturali per le professioni dell’informazione:<br />
economia politica, storia economica, marketing; diritto costituzionale,<br />
pubblico e pubblico dell’economia, diritto privato, diritto<br />
penale; sociologia e scienze sociali; storia moderna e contemporanea,<br />
storia delle dottrine politiche; geografia politica<br />
ed economica, globalizzazione e relazioni internazionali;<br />
cc) disciplina tecniche per le professioni giornalistiche: organizzazione<br />
<strong>dei</strong> sistemi informativi, principi di management,<br />
sociologia dell’organizzazione, modelli redazionali; teorie e<br />
tecniche delle comunicazioni di massa, teorie e tecniche <strong>dei</strong><br />
nuovi media, teorie e modelli del giornalismo; tecniche del<br />
linguaggio fotografico e processo di costruzione della narrazione<br />
fotogiornalistica e della comunicazione visiva, tecniche<br />
del linguaggio televisivo e processi di costruzione delle news<br />
per la tv, tecniche del linguaggio radiofonico e processo di<br />
costruzione delle news per la radio, tecniche <strong>dei</strong> linguaggi<br />
del giornale quotidiano e periodico, linguaggio delle agenzie<br />
di stampa, tecniche di gestione degli uffici stampa; tecniche<br />
della ricerca sociale, tecniche di analisi testuale, tecniche di<br />
elaborazione e documentazione statistica <strong>dei</strong> dati, psicologia<br />
degli atteggiamenti e delle opinioni, conoscenza funzionale<br />
di una lingua straniera;<br />
dd) innovazione, informatica e design dell’informazione: produzione,<br />
selezione e trattamento delle immagini, grafica della<br />
comunicazione giornalistica, percezione e comunicazione<br />
visiva, strumenti e tecnologie dell’informazione visiva, storia<br />
dell’informazione visiva, elementi di informatica generale,<br />
editoria multimediale, progettazione e gestione delle notizie<br />
per i sistemi on-line, sistemi editoriali; elementi di cinema, fotografia<br />
e tv, tecnologie dell’immagine digitale.<br />
b) una prova orale diretta ad accertare la conoscenza da<br />
parte del candidato delle aree disciplinari di cui al comma 4,<br />
lettera a), numero 3).<br />
4.Norme transitorie a favore <strong>dei</strong> “vecchi” praticanti<br />
già iscritti nel Registro. Fino alle sessioni di esame<br />
del 2013 ammessi all’esame di Stato anche i praticanti redattori<br />
(non laureati) e i free lance (con 5 anni di attività alle<br />
spalle) purché abbiano seguito, anche via Web (e-learning)<br />
corsi di formazione teorica e aggiornamento sulle aree disciplinari<br />
di cui all’articolo 32 (comma 4, lettera a, numero 3) del<br />
regolamento, della durata di almeno trecento ore complessive,<br />
in strutture abilitate mediante la stipula di convenzioni con<br />
il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
4.1. Sono ammessi agli esami di Stato di cui all’articolo 32:<br />
a) coloro che alla data di entrata in vigore del presente regolamento<br />
hanno già svolto il periodo di pratica previsto dal previgente<br />
ordinamento;<br />
b) coloro che sono iscritti nel registro <strong>dei</strong> praticanti al compimento<br />
del periodo di pratica previsto dal previgente ordinamento.<br />
4.2. Fino alle sessioni di esame di Stato dell’anno 2013 sono<br />
ammessi alle prove di esame anche:<br />
a) coloro che, in possesso del titolo di studio previsto dal previgente<br />
ordinamento, svolgono attività redazionale giornalistica<br />
attestata secondo parametri fissati dal consiglio nazionale<br />
dell’ordine <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura l’applicazione, da almeno<br />
due anni consecutivi in organi di informazione, quali<br />
quotidiani, telegiornali, giornali radio, periodici, agenzie di<br />
stampa, giornali telematici regolarmente registrati, purché abbiano<br />
seguito, anche via Web (e-learning), corsi di formazione<br />
teorica e di aggiornamento sulle aree disciplinari di cui all’articolo<br />
32, comma 4, lettera a), numero 3), della durata di almeno<br />
trecento ore complessive, in strutture abilitate mediante<br />
la stipula di convenzione con il Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti;<br />
b) coloro che, in possesso del titolo di studio previsto dal previgente<br />
ordinamento, esercitano la professione giornalistica a<br />
tempo pieno e in modo continuativo da almeno cinque anni,<br />
comprovata dalla presentazione di un congruo numero di pezzi<br />
firmati o di altra documentazione che dimostri l’effettivo e regolare<br />
inserimento nella produzione giornalistica di una o più<br />
testate, secondo parametri fissati dal Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura l’applicazione, ovvero<br />
dalla documentazione del rapporto contrattuale giornalistico<br />
esistente, ovvero dalla documentazione degli avvenuti<br />
pagamenti, purché abbiano seguito, anche via Web (e-learning)<br />
corsi di formazione teorica e aggiornamento sulle aree<br />
disciplinari di cui all’articolo 32 comma 4, lettera a), numero<br />
3), della durata di almeno trecento ore complessive, in strutture<br />
abilitate mediante la stipula di convenzioni con il Consiglio<br />
nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti;<br />
4.3. sono altresì ammessi alle prove dell’esame di Stato, fino<br />
alle sessioni dell’anno 2013, coloro che in possesso del titolo<br />
di laurea abbiano svolto presso aziende editoriali il periodo di<br />
pratica previsto dal previgente ordinamento ovvero siano iscritti<br />
nel registro <strong>dei</strong> praticanti al compimento del periodo di pratica<br />
previsto dal previgente ordinamento.<br />
5.Nella commissione esaminatrice un magistrato<br />
(presidente), due professori universitari, tre giornalisti<br />
(laureati e con 10 anni di anzianità; oppure non laureati, ma<br />
con 20 anni di anzianità professionale), un rappresentante<br />
della Fieg.<br />
Dice l’articolo 88 del Regolamento:<br />
1. La commissione esaminatrice è composta di sette membri.<br />
2. Il presidente è nominato tra i magistrati di Tribunale o di<br />
Corte d’Appello, su designazione del presidente della Corte<br />
d’Appello della città sede di esame.<br />
3. Tre membri sono nominati tra gli iscritti nell’elenco <strong>dei</strong> giornalisti<br />
professionisti dell’albo da almeno dieci anni, in possesso<br />
di laurea, ovvero tra gli iscritti nello stesso elenco da almeno<br />
venti anni, su designazione del Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. Tra tali membri è scelto il segretario<br />
della commissione esaminatrice.<br />
4. Due membri sono nominati tra i professori universitari, ordinari<br />
o associati, anche a riposo da non più di cinque anni,<br />
su designazione del Consiglio universitario nazionale.<br />
5. Un membro, in possesso di laurea, è nominato tra i rappresentanti<br />
degli editori, su designazione della Federazione<br />
italiana editori giornali.<br />
6. Sono nominati altresì sette membri supplenti appartenenti<br />
alle medesime categorie <strong>dei</strong> componenti effettivi.<br />
7. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a quattrocento,<br />
è nominata una sottocommissione, presieduta dallo stesso<br />
presidente della commissione principale e composta da altri<br />
sei componenti appartenenti, rispettivamente, alle categorie di<br />
cui ai commi 3, 4 e 5.<br />
8. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a ottocento,<br />
su proposta del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
possono essere costituite altre commissioni esaminatrici. In tal<br />
caso gli esami possono svolgersi in più sedi.<br />
il diritto <strong>dei</strong> giornalisti di essere “formati” in Università<br />
Titolo I-Disposizioni generali<br />
Art. 1 Ambito di applicazione<br />
1. Il presente regolamento disciplina i requisiti per<br />
l’ammissione all’esame di Stato e le relative prove,<br />
nonché la composizione delle commissioni<br />
esaminatrici e, salvo quanto previsto dall’articolo<br />
94, le modalità di svolgimento degli esami<br />
per le professioni di dottore agronomo e dottore forestale,<br />
agrotecnico e agrotecnico laureato, architetto,<br />
pianificatore paesaggista e conservatore, assistente<br />
sociale, attuario, biologo, chimico, consulente<br />
del lavoro, farmacista, geologo, geometra e<br />
geometra laureato, giornalista, ingegnere, perito<br />
agrario e perito agrario laureato, perito industriale<br />
e perito industriale laureato, psicologo, tecnologo<br />
alimentare e veterinario, nonché per l’abilitazione<br />
nelle discipline statistiche.<br />
2. Fermo restando quanto previsto dal decreto<br />
legislativo 28 giugno 2005, n. 139, in materia di<br />
esami di Stato per l’accesso alla professione di<br />
dottore commercialista ed esperto contabile, il<br />
presente regolamento disciplina la composizione<br />
delle relative commissioni esaminatrici e<br />
le modalità di svolgimento degli esami.<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
3. Le disposizioni contenute nel presente regolamento<br />
non incidono sulle attività attribuite o riservate<br />
a ciascuna professione.<br />
Art. 2 Requisiti di ammissione<br />
agli esami di Stato<br />
1. Sono requisiti di ammissione agli esami di<br />
Stato per l’accesso alla sezione A degli albi<br />
professionali, salvo quanto previsto per ciascuna<br />
professione dalle disposizioni del Titolo<br />
secondo:<br />
a) la laurea specialistica o la laurea magistrale;<br />
b) un periodo di tirocinio professionalizzante<br />
svolto con le modalità previste dall’articolo<br />
3.<br />
2. Sono requisiti di ammissione agli esami di<br />
Stato per l’accesso alla sezione B degli albi<br />
professionali, salvo quanto previsto per ciascuna<br />
professione dalle disposizioni del Titolo<br />
secondo:<br />
a) la laurea;<br />
b) un periodo di tirocinio professionalizzante<br />
svolto secondo le modalità previste all’articolo<br />
3.<br />
3. Fatto salvo quanto previsto dalle norme finali<br />
e transitorie contenute nel Titolo secondo<br />
e fermo restando il tirocinio di cui all’articolo<br />
3, sono ammessi a partecipare agli esami di<br />
Stato sia per la sezione A che per la sezione<br />
B degli albi, coloro i quali hanno conseguito il<br />
diploma di laurea regolato dall’ordinamento<br />
previgente ai decreti emanati in applicazione<br />
dell’articolo 17, comma 95, legge 15 maggio<br />
1997, n. 127.<br />
4. Coloro che hanno titolo per accedere all’esame<br />
di Stato per la sezione A possono accedere<br />
anche all’esame di Stato per la sezione B,<br />
fermo restando il tirocinio di cui all’articolo 3.<br />
5. Coloro i quali, ai sensi della normativa vigente<br />
per ciascuna professione, hanno titolo<br />
ad iscriversi all’albo professionale indipendentemente<br />
dal requisito dell’esame di Stato, conservano<br />
tale titolo per l’iscrizione alla sezione<br />
A dello stesso albo.<br />
6. I diplomati nei corsi di diploma universitario<br />
triennale sono ammessi a sostenere gli esami<br />
di Stato per la sezione B degli albi secondo la<br />
tabella A allegata al presente regolamento.<br />
segue →<br />
5
<strong>Giornalisti</strong>, Ue e Italia<br />
PROFESSIONE<br />
DI GIORNALISTA<br />
SVOLTA STORICA<br />
DOPO 78 ANNI<br />
Il testo del nuovo Dpr<br />
che consacra il diritto <strong>dei</strong> giornalisti<br />
di essere “formati” in Università<br />
Segue da pagina precedente<br />
Art. 3 Tirocinio<br />
Art. 4 Prove<br />
1. Il tirocinio consiste nello svolgimento di attività di<br />
tipo pratico, relative alle competenze professionali<br />
previste dalle norme vigenti. Esso è svolto, in modo<br />
continuativo, sotto la supervisione di un tutor<br />
iscritto all’albo da almeno cinque anni, presso una<br />
struttura pubblica o privata accreditata dagli ordini.<br />
Il professionista presso il quale il tirocinio viene<br />
svolto vigila sull’attività del tirocinante, al fine di verificare<br />
che questa sia volta all’apprendimento delle<br />
tecniche professionali ed all’acquisizione di<br />
esperienze applicative. Fatte salve le previsioni di<br />
cui all’art. 2041 del codice civile, al tirocinante non<br />
si applicano le norme sul contratto di lavoro per i<br />
dipendenti di studi professionali. Il consiglio dell’ordine<br />
territoriale verifica l’effettivo svolgimento del tirocinio,<br />
anche tramite resoconti del tirocinante o<br />
colloqui con questi. Con regolamento del<br />
Consiglio Nazionale, sentiti il Ministero dell’istruzione,<br />
dell’università e della ricerca e il<br />
Ministero della giustizia, sono disciplinate le<br />
modalità di svolgimento del tirocinio nel rispetto<br />
delle disposizioni del presente regolamento.<br />
2. Il tirocinio può essere svolto in tutto o in parte<br />
durante il corso di studi secondo modalità stabilite<br />
in accordi stipulati fra gli ordini territoriali e le università<br />
nell’ambito di una convenzione quadro tra il<br />
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca<br />
ed il consiglio nazionale dell’ordine.<br />
3. Le convenzioni stipulate tra gli ordini e le<br />
università prima dell’entrata in vigore del presente<br />
regolamento, sono fatte salve sino alla<br />
loro naturale scadenza ovvero, ove non prevista,<br />
sino alla conclusione dell’anno accademico<br />
successivo a quello di entrata in vigore del<br />
regolamento medesimo.<br />
1. Salvo quanto previsto per ciascuna professione<br />
dalle disposizioni del Titolo secondo, gli<br />
esami consistono in due prove scritte, una prova<br />
pratica e una prova orale.<br />
2. Sono esonerati da una delle prove scritte, secondo<br />
quanto previsto dal presente regolamento<br />
per ciascuna professione, coloro i quali,<br />
in possesso del prescritto titolo di studio,<br />
provengono dalla sezione B o da settori diversi<br />
della stessa sezione e coloro che conseguono<br />
un titolo di studio all’esito di un corso realizzato<br />
sulla base di specifiche convenzioni tra<br />
le università e gli ordini o collegi professionali.<br />
Art. 5 Valore delle classi di laurea<br />
1. I titoli universitari conseguiti al termine <strong>dei</strong><br />
corsi di studio dello stesso livello, appartenenti<br />
alla stessa classe, hanno identico valore legale<br />
ai fini dell’ammissione agli esami di Stato,<br />
indipendentemente dallo specifico contenuto<br />
di crediti formativi.<br />
Art. 6 Adeguamento <strong>dei</strong> titoli di studio<br />
1. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università<br />
e della ricerca, sentito il CUN, sono<br />
stabilite le corrispondenze tra i titoli universitari<br />
di accesso alle professioni disciplinate dal<br />
presente regolamento e le classi di laurea e di<br />
laurea magistrale di cui ai decreti attuativi del<br />
decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270.<br />
2. Il decreto di cui al comma 1 è pubblicato sulla<br />
Gazzetta Ufficiale.<br />
di Franco Abruzzo*<br />
Milano, 7 dicembre 2005. L’ordinamento giuridico italiano accorda<br />
particolari tutele alle professioni intellettuali. La<br />
Costituzione (articolo 33, V comma) «prescrive un esame di<br />
Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale». Il Codice<br />
civile (articolo 2229) afferma che sono professioni intellettuali<br />
solo quelle riconosciute come tali dalla legge e per il cui esercizio<br />
«è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi». Agli<br />
Ordini, dice sempre il Codice civile, sono devoluti «l’accertamento<br />
<strong>dei</strong> requisiti per la iscrizione negli albi e negli elenchi,<br />
la tenuta <strong>dei</strong> medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti». A<br />
questa normativa non sfugge la professione giornalistica organizzata<br />
dal legislatore del 1963 con l’<strong>Ordine</strong>, l’Albo e l’esame<br />
di Stato. Le regole dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, quindi, non<br />
sono anomale, ma eguali a quelle degli altri 26 Ordini e collegi<br />
operanti in Italia. Con la legge 3 febbraio 1963 n. 69, la professione<br />
giornalistica è riconosciuta legalmente (come le altre<br />
professioni italiane). È un sistema che non ha riscontri nei<br />
Paesi della Ue, anche se in alcuni - Francia, Portogallo,<br />
Lussemburgo - la professione giornalistica è tutelata giuridicamente<br />
(come in Italia). La disciplina comunitaria è, comunque,<br />
sostanzialmente neutra rispetto all’esistenza o meno degli<br />
Ordini professionali. Con le leggi comunitarie del 1990 (n.<br />
Titolo II - Requisiti<br />
per l’ammissione all’esame<br />
di Stato e relative prove<br />
Capo XII - Professione<br />
di giornalista<br />
Art. 32 Esami di Stato per l’iscrizione<br />
nell’elenco <strong>dei</strong> giornalisti<br />
professionisti e relative prove<br />
1. L’iscrizione nell’elenco <strong>dei</strong> giornalisti professionisti<br />
è subordinata al superamento di un apposito<br />
esame di Stato.<br />
2. Per l’ammissione all’esame di Stato è richiesto il<br />
possesso <strong>dei</strong> seguenti requisiti:<br />
a) laurea<br />
b) compimento della pratica giornalistica da<br />
svolgersi in alternativa nei seguenti modi:<br />
1) una laurea specialistica il cui percorso formativo<br />
biennale sia almeno per il 50% costituito da attività<br />
pratica orientata alla professione di giornalista e disciplinata<br />
sulla base di convenzioni tra l’università<br />
e il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
che verifica anche l’effettivo tirocinio professionale<br />
svolto;<br />
2) un master universitario biennale il cui percorso<br />
formativo sia disciplinato sulla base di convenzioni<br />
tra l’università e il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti, che verifica anche l’effettivo tirocinio<br />
professionale svolto;<br />
3) corsi biennali presso Istituti di formazione al<br />
giornalismo riconosciuti con deliberazione del<br />
Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
4. L’esame di Stato consiste in:<br />
a) una prova scritta, della durata di otto ore e<br />
da svolgersi in unico giorno, così articolata:<br />
1) sintesi di un articolo o di altro testo scelto dal<br />
candidato tra quelli forniti dalla commissione in un<br />
massimo di venti righe, da sessanta battute ciascuna;<br />
2) redazione di un articolo, non superiore a sessanta<br />
righe, da sessanta battute ciascuna, su argomenti<br />
di attualità scelti dal candidato tra quelli<br />
proposti dalla commissione, in numero non inferiore<br />
a sei, tra i seguenti: politica interna ed estera,<br />
economia e lavoro, cronaca, sport, cultura, scienze,<br />
tecnologie, spettacolo;<br />
428/1990) e del 1994 (n. 52/1996) - in base alle quali i cittadini<br />
comunitari possono iscriversi negli elenchi <strong>dei</strong> pubblicisti<br />
e <strong>dei</strong> professionisti dell’Albo e nel Registro <strong>dei</strong> praticanti nonché<br />
possono essere editori e direttori di quotidiani e periodici<br />
nel nostro Paese - l’Italia ha imboccato la via della compatibilità<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti con la Ue attraverso il riconoscimento<br />
dell’organizzazione in essere della professione e della<br />
reciprocità. Alla Ue interessa che ai cittadini comunitari siano<br />
accordati gli stessi «diritti» <strong>dei</strong> cittadini italiani, che esercitano<br />
la professione giornalistica. I cittadini comunitari, inoltre, possono<br />
sostenere nella loro lingua l’esame di Stato per diventare<br />
giornalisti professionisti in Italia. Il Consiglio d’Europa, nella<br />
risoluzione 1° luglio 1993 (n. 1003) relativa all’etica del giornalismo,<br />
scrive che «per la vigilanza sul rispetto <strong>dei</strong> principi<br />
deontologici, è necessario creare organismi o meccanismi di<br />
autocontrollo, che elaborino risoluzioni sul rispetto <strong>dei</strong> precetti<br />
deontologici da parte <strong>dei</strong> giornalisti, che i mezzi di comunicazione<br />
si impegneranno a rendere pubblici». L’Italia,<br />
con l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, ha già creato «l’organismo di autocontrollo»<br />
dal 1963! L’Europa in sostanza, - fatte salve la libera<br />
circolazione <strong>dei</strong> professionisti, la pubblicità e le tariffe con<br />
valore indicativo - non ci impone un modello preciso, pur chiedendo<br />
l’abolizione delle restrizioni irragionevoli nell’accesso<br />
(come quella che vede gli editori padroni dell’accesso).<br />
Anche la direttiva Ue sulla privacy (95/46/CE del 24 ottobre<br />
3) svolgimento di un elaborato in una delle seguenti<br />
aree:<br />
aa) il sistema dell’informazione e del giornalismo;<br />
istituzioni e profilo professionale: diritto<br />
dell’informazione e della comunicazione,<br />
normative comunitarie, nazionali e ruolo<br />
delle autorità indipendenti, etica e deontologia<br />
della comunicazione; storia del giornalismo<br />
e delle comunicazioni di massa;<br />
sociologia della comunicazione, semiotica<br />
del testo scritto e visivo, psicologia cognitiva<br />
e della comunicazione, scienza dell’opinione<br />
pubblica e <strong>dei</strong> sondaggi; economia<br />
<strong>dei</strong> media, economia e gestione delle imprese<br />
editoriali;<br />
bb) fondamenti culturali per le professioni dell’informazione:<br />
economia politica, storia<br />
economica, marketing; diritto costituzionale,<br />
pubblico e pubblico dell’economia, diritto<br />
privato, diritto penale; sociologia e scienze<br />
sociali; storia moderna e contemporanea,<br />
storia delle dottrine politiche; geografia<br />
politica ed economica, globalizzazione<br />
e relazioni internazionali;<br />
cc) disciplina tecniche per le professioni giornalistiche:<br />
organizzazione <strong>dei</strong> sistemi informativi,<br />
principi di management, sociologia<br />
dell’organizzazione, modelli redazionali;<br />
teorie e tecniche delle comunicazioni di<br />
massa, teorie e tecniche <strong>dei</strong> nuovi media,<br />
teorie e modelli del giornalismo; tecniche<br />
del linguaggio fotografico e processo di costruzione<br />
della narrazione fotogiornalistica<br />
e della comunicazione visiva, tecniche del<br />
linguaggio televisivo e processi di costruzione<br />
delle news per la tv, tecniche del linguaggio<br />
radiofonico e processo di costruzione<br />
delle news per la radio, tecniche <strong>dei</strong><br />
linguaggi del giornale quotidiano e periodico,<br />
linguaggio delle agenzie di stampa, tecniche<br />
di gestione degli uffici stampa; tecniche<br />
della ricerca sociale, tecniche di analisi<br />
testuale, tecniche di elaborazione e documentazione<br />
statistica <strong>dei</strong> dati, psicologia<br />
degli atteggiamenti e delle opinioni, conoscenza<br />
funzionale di una lingua straniera;<br />
dd) innovazione, informatica e design dell’informazione:<br />
produzione, selezione e trattamento<br />
delle immagini, grafica della comunicazione<br />
giornalistica, percezione e comunicazione<br />
visiva, strumenti e tecnologie<br />
dell’informazione visiva, storia dell’informazione<br />
visiva, elementi di informatica<br />
generale, editoria multimediale, progettazione<br />
e gestione delle notizie per i sistemi<br />
on-line, sistemi editoriali; elementi di cinema,<br />
fotografia e tv, tecnologie dell’immagine<br />
digitale.<br />
b) una prova orale diretta ad accertare la conoscenza<br />
da parte del candidato delle aree<br />
disciplinari di cui al comma 4, lettera a), numero<br />
3).<br />
Art. 33 Norme finali e transitorie<br />
1. Sono ammessi agli esami di Stato di cui all’articolo<br />
32:<br />
a) coloro che alla data di entrata in vigore del<br />
presente regolamento hanno già svolto il periodo<br />
di pratica previsto dal previgente ordinamento;<br />
b) coloro che sono iscritti nel registro <strong>dei</strong> praticanti<br />
al compimento del periodo di pratica<br />
previsto dal previgente ordinamento.<br />
2. Fino alle sessioni di esame di Stato dell’anno<br />
2013 sono ammessi alle prove di esame anche:<br />
a) coloro che, in possesso del titolo di studio<br />
previsto dal previgente ordinamento, svolgono<br />
attività redazionale giornalistica attestata<br />
secondo parametri fissati dal consiglio nazionale<br />
dell’ordine <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura<br />
l’applicazione, da almeno due anni<br />
consecutivi in organi di informazione, quali<br />
quotidiani, telegiornali, giornali radio, periodici,<br />
agenzie di stampa, giornali telematici<br />
regolarmente registrati, purché abbiano seguito,<br />
anche via Web (e-learning), corsi di<br />
formazione teorica e di aggiornamento sulle<br />
aree disciplinari di cui all’articolo 32, comma<br />
4, lettera a), numero 3), della durata di almeno<br />
trecento ore complessive, in strutture<br />
abilitate mediante la stipula di convenzione<br />
con il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti;<br />
b) coloro che, in possesso del titolo di studio<br />
previsto dal previgente ordinamento, esercitano<br />
la professione giornalistica a tempo<br />
pieno e in modo continuativo da almeno<br />
cinque anni, comprovata dalla presentazione<br />
di un congruo numero di pezzi firmati o<br />
di altra documentazione che dimostri l’effettivo<br />
e regolare inserimento nella produzione<br />
6 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
L’intreccio tra leggi nazionali e direttive comunitarie<br />
crea lo scudo giuridico della professione giornalistica<br />
1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al<br />
trattamento <strong>dei</strong> dati personali, nonché alla libera circolazione<br />
<strong>dei</strong> dati) è diventata legge (prima legge 675/1996 e poi dlgs<br />
196/2003) e questa legge ha partorito il Codice di condotta <strong>dei</strong><br />
giornalisti (G.U. 3 agosto 1998), che vede i Consigli dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> giudici esclusivi degli iscritti negli elenchi<br />
dell’Albo. Il dlgs 196/2003, sulla base dell’esperienza di 6 anni,<br />
riunisce in unico contesto la legge 675/1996 e gli altri decreti<br />
legislativi, regolamenti e codici deontologici che si sono<br />
succeduti in questi anni, e contiene anche importanti innovazioni<br />
tenendo conto della "giurisprudenza" del Garante e della<br />
direttiva Ue 2000/58 sulla riservatezza nelle comunicazioni<br />
elettroniche. Con la direttiva sul commercio elettronico, la Ue<br />
ha dato una serie di regole che riguardano le libere professioni<br />
e ha chiamato gli Ordini italiani a vigilare su Internet. La direttiva<br />
affida un ruolo particolare agli Ordini professionali nazionali<br />
che sono chiamati, oltre che a vigilare sul comportamento<br />
<strong>dei</strong> propri iscritti, a redigere a livello comunitario <strong>dei</strong> veri e<br />
propri codici di condotta. La natura professionale dell’attività<br />
giornalistica trova conforto nell’art. 2 del Dlgs 27 gennaio 1992<br />
n. 115 (Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un<br />
sistema generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione<br />
che sanzionano formazioni professionali di una durata minima<br />
di tre anni). L’articolo 2 della direttiva 89/48/CEE ha fissato<br />
il principio per cui l’esercizio delle professioni presuppone il<br />
superamento di un ciclo di studi postsecondari di una durata<br />
minima di tre anni o di durata equivalente a tempo parziale, in<br />
una università o in un istituto di istruzione superiore o in altro<br />
istituto dello stesso livello di formazione. Questa direttiva fa da<br />
sfondo al Dpr n. 328/2001, che collega l’esame di stato delle<br />
singole professioni intellettuali alle lauree della riforma universitaria.<br />
Il “nuovo” Dpr sanerà una discrasia tra <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e normativa comunitaria in tema di accesso, mandando<br />
in soffitta le restrizioni attuali. Oggi sono gli editori che decidono<br />
chi entra nella professione come praticante, prescindendo<br />
dal titolo di studio. La normativa del 1963 (legge 69) ferisce<br />
i principi della dignità della persona e dell’uguaglianza.<br />
Con il passaggio dell’accesso all’Università, viene superato un<br />
sistema medioevale di selezione paternalistica e per giunta<br />
fortemente antidemocratico. L’Università, invece, aprendo le<br />
porte a tutti, è la via maestra della formazione <strong>dei</strong> “nuovi”<br />
giornalisti. La direttiva 2005/36/Ce (“direttiva Zappalà”) sulle<br />
qualifiche professionale (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale<br />
dell’Unione europea L 255/22 del 30 settembre 2005) consente<br />
agli Stati membri di delegare parte della gestione delle<br />
professioni a organismi autonomi, come gli Ordini professionali.<br />
Ora, gli Stati avranno due anni di tempo, sino a settembre<br />
2007, per adeguarsi. La normativa riguarda sia il lavoro<br />
subordinato che autonomo. L’Europa, con questa direttiva, ha<br />
scritto una parola decisiva: gli Ordini rimangono in vita come<br />
longa manus dello Stato. Il Dlgs n. 300/1999 affida al ministero<br />
della Giustizia la vigilanza sugli Ordini professionali e al<br />
ministero dell’Istruzione/Università la "missione" di formare i<br />
nuovi professionisti. Il comma 18 dell’articolo 1 della legge n.<br />
4/1999 (voluta dal Governo D’Alema rispettoso della direttiva<br />
89/48/Cee) conferisce al ministero dell’Istruzione/Università,<br />
di concerto con quello della Giustizia, il compito di "integrare<br />
e modificare" con regolamento gli attuali ordinamenti sull’accesso<br />
alla professioni e di raccordarli con le lauree triennali e<br />
con le lauree specialistiche biennali. Il regolamento (Dpr n.<br />
328/2001) disciplina la maggioranza delle professioni intellettuali,<br />
ma trascurava finora quelle <strong>dei</strong> giornalisti e <strong>dei</strong> consulenti<br />
del lavoro. Con parere 7 maggio 2002 n. 2228 il Consiglio<br />
di Stato ha scritto che “non sussistono motivi ostativi alla riforma<br />
dell’ordinamento professionale <strong>dei</strong> giornalisti, come previsto<br />
dall’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999”. Una<br />
pronuncia, questa, che correggeva la miopia della<br />
“Commissioni Rossi”, che aveva escluso la professione di<br />
giornalista dal Dpr 328/2001, e che trovò la ferma e netta opposizione<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />
*presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia;<br />
docente a contratto di Diritto dell’informazione presso<br />
l’Università di Milano Bicocca e presso<br />
l’Università Iulm di Milano.<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
giornalistica di una o più testate, secondo<br />
parametri fissati dal Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, che ne assicura<br />
l’applicazione, ovvero dalla documentazione<br />
del rapporto contrattuale giornalistico<br />
esistente, ovvero dalla documentazione degli<br />
avvenuti pagamenti, purché abbiano seguito,<br />
anche via Web (e-learning) corsi di<br />
formazione teorica e aggiornamento sulle<br />
aree disciplinari di cui all’articolo 32 comma<br />
4, lettera a), numero 3), della durata di almeno<br />
trecento ore complessive, in strutture<br />
abilitate mediante la stipula di convenzioni<br />
con il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti;<br />
3) sono altresì ammessi alle prove dell’esame di<br />
Stato, fino alle sessioni dell’anno 2013, coloro che<br />
in possesso del titolo di laurea abbiano svolto presso<br />
aziende editoriali il periodo di pratica previsto<br />
dal previgente ordinamento ovvero siano iscritti nel<br />
registro <strong>dei</strong> praticanti al compimento del periodo di<br />
pratica previsto dal previgente ordinamento.<br />
Titolo III - Commissioni<br />
esaminatrici<br />
Capo I - Disposizioni generali<br />
Art. 39 Costituzione e composizione<br />
1. Le commissioni esaminatrici sono nominate con<br />
decreto del Capo del Dipartimento competente e<br />
sono composte da un presidente e, salvo che non<br />
sia diversamente previsto, da quattro membri.<br />
2. Salvo che non sia previsto diversamente, il presidente<br />
è scelto tra i professori universitari ordinari<br />
o associati anche fuori ruolo o a riposo, da non<br />
più di cinque anni, appartenenti a settori relativi alle<br />
materie oggetto delle prove di esame; i membri<br />
sono scelti da terne, designate dagli Ordini o<br />
Collegi professionali competenti per territorio e trasmesse<br />
al Ministero dell’istruzione, dell’università,<br />
della ricerca. In mancanza di Ordini e Collegi professionali<br />
alla designazione delle terne provvede il<br />
Consiglio universitario nazionale.<br />
3. Gli Ordini o Collegi professionali designano nelle<br />
terne di cui al comma 2 appartenenti ad una o<br />
più delle categorie indicate per ciascun tipo di esame<br />
di Stato. Il numero delle terne è uguale al numero<br />
<strong>dei</strong> componenti le singole Commissioni.<br />
4. Non possono essere designati quali componenti<br />
delle commissioni professionisti ai quali è stata<br />
comminata una sanzione disciplinare nei precedenti<br />
dieci anni.<br />
5. In ciascuna Commissione sono compresi gli<br />
esperti nei principali indirizzi di attività cui si riferisce<br />
l’esame.<br />
6. Per gli esami di abilitazione per l’accesso a professioni<br />
il cui albo è organizzato in sezioni, il<br />
Ministero nomina una sola commissione per le due<br />
sezioni. Per l’esame <strong>dei</strong> candidati della sezione B<br />
un componente della commissione, appartenente<br />
alla categoria <strong>dei</strong> liberi professionisti, è sostituito<br />
con uno iscritto alla sezione B con anzianità di<br />
iscrizione all’albo di almeno dieci anni. Sino al 2014<br />
sono ammessi a far parte delle commissioni di<br />
esame gli iscritti alle Sezioni B con anzianità di<br />
iscrizione all’albo di tre anni.<br />
7. Qualora fra i componenti la Commissione manchino<br />
esperti in una o più delle materie in cui si<br />
svolgono le prove di esame, il presidente può aggregare<br />
in soprannumero esperti scelti fra docenti<br />
universitari o liberi professionisti iscritti all’Albo della<br />
professione cui si riferiscono gli esami di abilitazione.<br />
I membri aggregati esprimono il loro giudizio<br />
limitatamente ai candidati che esaminano.<br />
8. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della<br />
ricerca può nominare inoltre un membro aggiunto,<br />
conoscitore della lingua tedesca ed esperto nelle<br />
materie oggetto di esame, presso quelle<br />
Commissioni esaminatrici di quelle sedi in cui gli<br />
esami possono svolgersi anche in lingua tedesca.<br />
Detto componente aggiunto esprime il proprio giudizio<br />
limitatamente ai candidati che esamina.<br />
9. Per ogni Commissione esaminatrice sono nominati<br />
membri supplenti, in numero pari almeno alla<br />
metà del numero <strong>dei</strong> membri effettivi, nell’ambito di<br />
terne designate dagli Ordini o Collegi professionali<br />
competenti per territorio; è altresì nominato un<br />
presidente supplente tra i professori universitari in<br />
possesso <strong>dei</strong> requisiti di cui al comma 1.<br />
10. Per ciascun esame di abilitazione in ogni singola<br />
sede è nominata una Commissione giudicatrice.<br />
Il ministero dell’istruzione, dell’università e<br />
della ricerca può, su richiesta delle sedi interessate,<br />
e tenuto conto del numero <strong>dei</strong> candidati partecipanti<br />
a ciascuna sessione di esame, nominare<br />
altre Commissioni.<br />
Art. 40 Funzionamento<br />
1. Il presidente della commissione può, tenuto conto<br />
del numero <strong>dei</strong> candidati presenti, nominare, su<br />
designazione del rettore, un’apposita commissione<br />
per la vigilanza sullo svolgimento delle prove scritte<br />
e pratiche.<br />
2. Nella prima seduta della Commissione il presidente<br />
affida ad uno <strong>dei</strong> componenti le funzioni di<br />
segretario.<br />
3. Tutte le deliberazioni si prendono a maggioranza<br />
assoluta <strong>dei</strong> componenti. In caso di parità prevale<br />
il voto del presidente.<br />
4. Per ogni adunanza è redatto apposito verbale,<br />
firmato dal presidente e dal segretario.<br />
5. Le operazioni di segreteria di ciascuna<br />
Commissione sono affidate ad un funzionario amministrativo<br />
designato dal rettore dell’Università.<br />
6. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della<br />
ricerca può inviare un proprio rappresentante presso<br />
le sedi di esame per la verifica della regolarità<br />
formale delle operazioni di esame.<br />
Capo II - Composizione<br />
delle commissioni<br />
Art. 88 Professione di giornalista<br />
1. La commissione esaminatrice è composta di<br />
sette membri.<br />
2. Il presidente è nominato tra i magistrati di<br />
Tribunale o di Corte d’Appello, su designazione del<br />
presidente della Corte d’Appello della città sede di<br />
esame.<br />
3. Tre membri sono nominati tra gli iscritti nell’elenco<br />
<strong>dei</strong> giornalisti professionisti dell’albo da almeno<br />
dieci anni, in possesso di laurea, ovvero tra gli<br />
iscritti nello stesso elenco da almeno venti anni, su<br />
designazione del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti. Tra tali membri è scelto il segretario<br />
della commissione esaminatrice.<br />
4. Due membri sono nominati tra i professori universitari,<br />
ordinari o associati, anche a riposo da<br />
non più di cinque anni, su designazione del<br />
Consiglio universitario nazionale.<br />
5. Un membro, in possesso di laurea, è nominato<br />
tra i rappresentanti degli editori, su designazione<br />
della Federazione italiana editori giornali.<br />
6. Sono nominati altresì sette membri supplenti appartenenti<br />
alle medesime categorie <strong>dei</strong> componenti<br />
effettivi.<br />
7. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a<br />
quattrocento, è nominata una sottocommissione,<br />
presieduta dallo stesso presidente della commissione<br />
principale e composta da altri sei componenti<br />
appartenenti, rispettivamente, alle categorie<br />
di cui ai commi 3, 4 e 5.<br />
8. Qualora il numero <strong>dei</strong> candidati sia superiore a<br />
ottocento, su proposta del consiglio nazionale dell’ordine<br />
<strong>dei</strong> giornalisti, possono essere costituite altre<br />
commissioni esaminatrici. In tal caso gli esami<br />
possono svolgersi in più sedi.<br />
Titolo IV - Modalità di<br />
svolgimento degli<br />
esami di Stato<br />
Art. 94 Ambito di applicazione<br />
1. Salvo quanto previsto all’articolo 96, comma<br />
5, le disposizioni del presente Titolo si applicano,<br />
oltre che alle professioni di cui all’articolo<br />
1, anche all’abilitazione nelle discipline statistiche<br />
e agli esami di Stato per l’accesso alla professione<br />
di odontoiatra.<br />
2.Le disposizioni di cui agli articoli 95, 97, 98, comma<br />
1 e 5, 103 e 107, altresì.<br />
Art. 95 Sessioni di esami<br />
1. Gli esami di Stato hanno luogo ogni anno in due<br />
sessioni, indette per ciascun anno con ordinanza<br />
del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,<br />
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.<br />
2. Per ciascuna sessione i candidati sono ammessi<br />
a partecipare agli esami di Stato per l’abilitazione<br />
all’esercizio di una sola delle professioni previste<br />
dal presente regolamento e per l’iscrizione ad<br />
un solo settore della medesima professione.<br />
Art. 96 Sedi di esame<br />
1. Sono sedi di esami di Stato le Università e gli<br />
Istituti universitari.<br />
2. Le sedi sono individuate nell’ordinanza di cui all’articolo<br />
95 comma 1, sentito il Consiglio<br />
Universitario Nazionale, tenuto conto delle strutture<br />
necessarie per assicurare il regolare svolgimento<br />
degli esami, nonché delle eventuali proposte <strong>dei</strong><br />
Consigli o Collegi nazionali degli ordini.<br />
3. Con l’ordinanza di cui al comma 2 sono altresì<br />
determinate le sedi in cui gli esami per l’abilitazione<br />
alle diverse professioni possono essere svolti in<br />
lingua tedesca per i cittadini italiani della Regione<br />
Trentino-Alto Adige/Südtirol di lingua materna tedesca<br />
che ne facciano richiesta.<br />
4. I candidati possono sostenere gli esami di Stato<br />
in una qualsiasi delle sedi indicate nell’ordinanza.<br />
5. Con l’ordinanza di cui al comma 2 possono<br />
essere individuate, quali sedi per lo svolgimento<br />
degli esami di Stato per l’accesso alle<br />
segue →<br />
7
L’UNIONE EUROPEA CHIEDE (CON LA DIRETTIVA 89/48/CEE) AI PROFESSIONISTI<br />
PROFESSIONE<br />
DI GIORNALISTA<br />
SVOLTA STORICA<br />
DOPO 78 ANNI<br />
La conferenza stampa del Ministro Moratti,<br />
presente il portavoce Gino Banterla<br />
e il sottosegretario Maria Grazia Siliquini<br />
Segue da pagina precedente<br />
professioni di agrotecnico, geometra, perito<br />
agrario e perito industriale, gli istituti di istruzione<br />
secondaria. In tal caso per la disciplina<br />
delle modalità di svolgimento degli esami stessi<br />
si applicano le disposizioni vigenti per ciascuna<br />
professione alla data di entrata in vigore<br />
alla presente legge.<br />
Art. 97 Domanda di ammissione<br />
agli esami<br />
1. Per la partecipazione agli esami di Stato per<br />
l’abilitazione all’esercizio delle professioni disciplinate<br />
dal presente regolamento i candidati presentano<br />
domanda in carta semplice, contenente<br />
l’indicazione del luogo e della data di nascita,<br />
del luogo di residenza, nonché l’indicazione della<br />
professione e, ove previsti, della sezione, del<br />
settore e dell’indirizzo per cui chiedono di sostenere<br />
l’esame.<br />
2. La domanda è corredata dai seguenti documenti:<br />
a) originale o copia autenticata del titolo previsto<br />
dalle disposizioni del presente regolamento<br />
per l’accesso all’esame di Stato<br />
ovvero certificato attestante il conseguimento<br />
del titolo stesso;<br />
b) ricevuta dell’avvenuto versamento della<br />
tassa di ammissione agli esami nella misura<br />
di 49,58 fissata dall’articolo 2, comma<br />
3, del decreto del presidente del<br />
Consiglio <strong>dei</strong> Ministri 21 dicembre 1990,<br />
salvi gli eventuali successivi adeguamenti.<br />
c) ricevuta dell’avvenuto versamento all’economato<br />
dell’Università del contributo stabilito<br />
da ogni singolo ateneo ai sensi dell’articolo<br />
5 della legge 24 dicembre 1993,<br />
n. 537.<br />
d) documentazione attestante l’avvenuto<br />
svolgimento del tirocinio, ove prescritto.<br />
3. Per coloro i quali dichiarano nella domanda di<br />
aver conseguito il titolo di cui al comma 2 nella<br />
stessa sede ove chiedono di sostenere gli esami<br />
di Stato, la documentazione relativa al medesimo<br />
titolo è inserita nel fascicolo del candidato a cura<br />
degli uffici dell’Università competente.<br />
5. In luogo <strong>dei</strong> documenti di cui al comma 2, lettere<br />
a) e d), i candidati possono presentare apposita<br />
dichiarazione sostitutiva ai sensi del decreto<br />
del Presidente della Repubblica 28 dicembre<br />
2000, n. 445.<br />
6. La domanda è presentata all’ufficio competente<br />
dell’Università presso la quale il candidato<br />
intende sostenere gli esami entro il termine stabilito<br />
dall’ordinanza ministeriale che indice le<br />
sessioni di esame.<br />
Art. 98 Svolgimento delle prove<br />
1. Con l’ordinanza di cui all’art. 95 è stabilito, per<br />
ciascuna professione, il giorno di inizio degli<br />
esami di Stato.<br />
2. Le università pubblicano tempestivamente<br />
l’ordine e l’orario di svolgimento delle prove.<br />
3. Prima di ciascuna prova d’esame i candidati<br />
sono identificati.<br />
4. Le prove orali sono pubbliche.<br />
5. Il candidato che non si presenta all’esame<br />
può chiedere il rimborso del solo contributo. Il<br />
candidato che si ritirato durante una prova d’esame<br />
è considerato non idoneo.<br />
Art. 99 Prove scritte<br />
1. Per gli esami di Stato nei quali le prove scritte<br />
non sono definite a livello nazionale, la<br />
Commissione esaminatrice stabilisce il tema, o i<br />
temi, il giorno stesso di inizio delle prove.<br />
2. Il presidente della Commissione, alla presenza<br />
<strong>dei</strong> candidati, fa constatare l’integrità del plico<br />
contenente le prove di esame. Qualora siano<br />
stati predisposti più temi, fa estrarre, a sorte, da<br />
uno <strong>dei</strong> candidati, il tema da svolgere o i temi tra<br />
i quali i candidati possono scegliere. Il presidente<br />
può disporre la riproduzione e la distribuzione<br />
del materiale necessario alla prova.<br />
3. Per lo svolgimento delle prove scritte, i candidati<br />
usano esclusivamente carta fornita dalla<br />
Commissione, munita del bollo di ufficio e della<br />
firma del presidente o altro membro della<br />
Commissione.<br />
4. Al fine di garantire l’anonimato <strong>dei</strong> candidati<br />
gli elaborati delle prove scritte sono depositati e<br />
conservati in buste chiuse sigillate non trasparenti,<br />
con le generalità del candidato contenute<br />
in un apposito foglio in busta separata.<br />
5. Durante lo svolgimento delle prove i candidati<br />
non possono comunicare tra loro né con estranei.<br />
6. È escluso dall’esame chi contravviene alle disposizioni<br />
di cui al presente regolamento e a<br />
quelle stabilite dalla commissione per assicurare<br />
il regolare svolgimento delle prove.<br />
7. Per lo svolgimento delle prove scritte la commissione<br />
esaminatrice può consentire l’uso di<br />
strumenti meccanici od informatici nel rispetto<br />
delle disposizioni di cui al presente articolo.<br />
Art. 100 Prove orali e voto finale<br />
1. Sono ammessi alle prove orali i candidati che<br />
conseguono almeno 60/100 in ciascuna delle<br />
prove scritte e pratiche. L’elenco <strong>dei</strong> candidati<br />
ammessi, firmato dal presidente della<br />
Commissione, è affisso nell’albo dell’università.<br />
Tale affissione ha valore di comunicazione.<br />
2. Sulla prova orale la Commissione delibera subito<br />
dopo lo svolgimento della prova stessa. Ai<br />
candidati esaminati è data comunicazione <strong>dei</strong><br />
voti al termine della seduta mediante affissione<br />
all’albo dell’Università.<br />
3. È idoneo il candidato che consegue almeno i<br />
60/100 <strong>dei</strong> voti favorevoli a disposizione della<br />
Commissione.<br />
6. Al termine <strong>dei</strong> lavori la Commissione riassume<br />
i risultati degli esami ed assegna a ciascun<br />
candidato il voto complessivo, espresso in centesimi.<br />
Art. 101 Chiusura della sessione<br />
e pubblicazione <strong>dei</strong> risultati<br />
1. Compiute le operazioni di cui all’articolo 100,<br />
il presidente della Commissione dichiara chiuse<br />
le operazioni della sessione di esami, che non<br />
può più essere riaperta.<br />
2. Successivamente il presidente della Commissione:<br />
a) dispone l’affissione nell’albo dell’Università<br />
dell’elenco in ordine alfabetico di<br />
coloro che hanno superato gli esami.<br />
L’elenco deve contenere il voto riportato<br />
nel complesso delle prove;<br />
b) cura un elenco completo di tutti i candidati<br />
presentatisi, con la indicazione <strong>dei</strong> voti<br />
conseguiti in ciascuna prova e del voto<br />
complessivo, da conservare agli atti<br />
dell’Università o dell’Istituto universitario.<br />
Detto elenco è firmato dal presidente e<br />
dal Segretario della Commissione;<br />
c) cura, infine, che sia data comunicazione<br />
<strong>dei</strong> risultati favorevoli o sfavorevoli degli<br />
esami <strong>dei</strong> singoli candidati alle Università<br />
e Istituti universitari che hanno rilasciato i<br />
titoli di studio.<br />
Art. 102 Sospensione o annullamento<br />
delle operazioni di esame<br />
1. Il presidente della Commissione adotta tutte<br />
le misure che necessarie per garantire l’ordinato<br />
svolgimento delle operazione di esame.<br />
2. In caso di gravi trasgressioni alle norme di cui<br />
al presente regolamento, ordina la sospensione<br />
delle operazioni di esame e ne dà comunicazione<br />
al Ministero dell’istruzione, dell’università e<br />
della ricerca, che in caso di gravi abusi o di violazione<br />
di legge, può disporre l’annullamento<br />
parziale o totale delle operazioni di esame.<br />
Art. 103 Conservazione<br />
della documentazione<br />
delle operazioni di esame<br />
1. Presso ogni università sono conservate le domande<br />
di ammissione, gli elenchi degli ammessi<br />
ed i risultati ottenuti negli esami, i verbali, gli atti<br />
delle commissioni giudicatrici e tutti gli elaborati <strong>dei</strong><br />
candidati. Essi restano a disposizione del Ministero<br />
dell’istruzione, dell’università e della ricerca.<br />
2. Per la eliminazione degli atti stessi valgono le<br />
disposizioni del regolamento per gli archivi di<br />
Stato.<br />
Art. 104 Responsabilità <strong>dei</strong> candidati<br />
1. I candidati sono responsabili della buona conservazione<br />
degli strumenti e del materiale, compreso<br />
quello bibliografico, loro affidati durante le<br />
prove scritte e grafiche, e sono tenuti al pagamento<br />
<strong>dei</strong> danni eventualmente arrecati.<br />
Art. 105 Inidoneità del candidato<br />
1. Il candidato dichiarato non idoneo può ripetere<br />
l’esame nella sessione successiva ed è obbligato<br />
a ripetere tutte le prove, anche quelle eventualmente<br />
superate nella precedente sessione.<br />
Art. 106 Diploma di abilitazione<br />
professionale<br />
1. A coloro che hanno superato l’esame di abilitazione<br />
spettano i titoli professionali previsti, per<br />
ciascuna professione, dalle disposizioni vigenti.<br />
2. Le università curano la redazione <strong>dei</strong> diplomi<br />
su moduli richiesti direttamente al Provveditorato<br />
Generale dello Stato, che li predispone<br />
sulla base di modelli indicati dal Ministero<br />
dell’istruzione, dell’università e della ricerca. I diplomi,<br />
muniti del bollo dell’università, sono firmati<br />
per il Ministro dal rettore ovvero, in caso di<br />
suo impedimento o assenza, dal pro-rettore, su<br />
delega del rettore.<br />
3. I diplomi sono rilasciati agli interessati, previa<br />
consegna della quietanza attestante l’avvenuto<br />
versamento della tassa regionale prevista dalle<br />
disposizioni vigenti e successivamente all’accertamento<br />
dell’effettivo conseguimento del titolo di<br />
studio previsto per l’accesso agli esami.<br />
4. L’Università conserva agli atti una fotocopia,<br />
conforme all’originale, del diploma di abilitazione<br />
rilasciato ad ogni candidato.<br />
5. Il diploma contiene, ove previsti, l’indicazione<br />
della sezione e del settore.<br />
Art. 107 Duplicato del diploma<br />
di abilitazione professionale<br />
1. Per il rilascio di duplicati di diplomi di abilitazione<br />
all’esercizio professionale si applicano le disposizioni<br />
dell’articolo 50 del regio decreto 4 giugno<br />
1938, n. 1269, come modificato dal decreto<br />
del Presidente della Repubblica 8 settembre<br />
1976, n. 791.<br />
2. Il duplicato consiste nella riproduzione esatta<br />
del diploma originale, su carta dello stesso tipo,<br />
con espressa dichiarazione che il titolo costituisce<br />
duplicato del diploma originale, firmata dal<br />
rettore o dal pro-rettore e munita del timbro della<br />
Università.<br />
8 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
“REGOLAMENTATI” IL POSSESSO (MINIMO) DI UNA LAUREA TRIENNALE.<br />
La posizione degli editori (“decidiamo solo noi<br />
chi farà il giornalista anche senza titolo di studio”)<br />
è una restrizione vietata dalla normativa Ue<br />
nonché un oltraggio alla dignità <strong>dei</strong> giornalisti<br />
Nota tecnica di Franco Abruzzo<br />
(presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia;<br />
docente a contratto di Diritto dell’informazione presso<br />
l’Università di Milano Bicocca e presso l’Università<br />
Iulm di Milano)<br />
1Premessa.<br />
La posizione degli editori (Fieg). L’Europa chiede ai professionisti<br />
“regolamentati” almeno una laurea triennale.<br />
Gli editori organizzati dalla Fieg negano l’esistenza di una professione<br />
di giornalista e non accettano il collegamento dell’esame<br />
di Stato <strong>dei</strong> giornalisti alle lauree universitarie, perché ciò<br />
intaccherebbe “il diritto alla libertà di organizzazione delle imprese<br />
editoriali” (art. 41 Cost.) e nel contempo limiterebbe “il diritto<br />
costituzionale di tutti i cittadini ad accedere, indipendentemente<br />
dal titolo di studio posseduto, alla professione giornalistica”<br />
(avv. Giancarlo Zingoni, vicedirettore Fieg, convegno di<br />
Verona 31 maggio 2002). Gli editori rivendicano il “diritto di assumere<br />
come giornalisti tutti coloro che, a proprio discrezionale<br />
giudizio, ritengono di avviare all’attività di informazione”, dimenticando<br />
che nell’ultimo decennio i laureati praticanti sono<br />
circa il 75% di quelli che hanno sostenuto l’esame di Stato. Gli<br />
editori vogliono “fare” i giornalisti come se nulla fosse accaduto<br />
rispetto al Regio decreto (Rd) n. 384/1928 e alla stessa legge<br />
n. 69/1963, che davano e danno soltanto agli editori stessi<br />
il potere di “creare” i praticanti giornalisti. Eppure con il Rd n.<br />
2291/1929 il monopolio degli editori di “fare” i giornalisti” era<br />
stato spezzato: quest’ultimo Rd prevedeva la nascita di una<br />
scuola professionale per giornalisti sostitutiva del praticantato<br />
tradizionale.<br />
La scuola – che, aperta a Roma, durò 4 anni dal 1930 al 1933<br />
– ospitava per sei mesi anche gli studenti universitari, che frequentavano<br />
il corso di laurea in Scienze politiche a indirizzo<br />
giornalistico dell’Università di Perugia: costoro, conseguita<br />
la laurea, avevano la facoltà di iscriversi nell’elenco professionisti<br />
dell’Albo.<br />
L’impostazione degli editori trova, comunque, una barriera<br />
insuperabile in alcune sentenze della Corte costituzionale<br />
(11/68; 2/1971; 71/1991, 505/1995 e 38/1997).“Rientra<br />
nella discrezionalità del legislatore ordinario – si legge nella<br />
sentenza 38/1997 della Corte costituzionale – determinare<br />
le professioni intellettuali per l’esercizio dle quali è opportuna<br />
l'istituzione di ordini o collegi e la necessaria<br />
iscrizione in appositi albi o elenchi ( art. 2229 cod. civ.)”.<br />
Non solo. L’articolo 41 della Costituzione, nel proclamare<br />
che “l’iniziativa economica privata è libera”, afferma che<br />
essa “non può svolgersi .....in modo da recare danno....alla...<br />
dignità umana”. La posizione degli editori offende la<br />
dignità <strong>dei</strong> giornalisti italiani (ai quali la Fieg nega assurdamente,<br />
- in violazione degli articoli 2, 3, 4, 34 e 35 della<br />
Costituzione -, il diritto all’istruzione universitaria) e nei<br />
fatti punta a sconfessare il principio elaborato dall’ordinamento<br />
giuridico comunitario (con la direttiva 89/48/Cee)<br />
secondo il quale i professionisti “regolamentati” debbano<br />
avere una formazione universitaria minima di 3 anni.<br />
Questa direttiva fa da sfondo al Dpr n. 328/2001, che collega (in<br />
base all’articolo 1, comma 18, della legge n. 4/1999) l’esame di<br />
stato delle singole professioni intellettuali alle lauree della riforma<br />
universitaria. Il “nuovo” Dpr 328 sanerà una discrasia tra<br />
<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti e normativa comunitaria in tema di accesso,<br />
mandando in soffitta le restrizioni attuali. Oggi, come riferito,<br />
sono gli editori che decidono chi entra nella professione giornalistica<br />
come praticante, prescindendo dal titolo di studio.<br />
La normativa professionale del 1963 (legge 69) ferisce i principi<br />
costituzionali della dignità della persona e dell’uguaglianza,<br />
quando assegna agli editori il potere esclusivo di manipolare,<br />
con scelte incontrollabili, il diritto costituzionale al lavoro<br />
professionale <strong>dei</strong> giornalisti. Con il passaggio dell’accesso<br />
all’Università, viene superato un sistema medioevale di selezione<br />
paternalistica e per giunta fortemente antidemocratico.<br />
L’Università, invece, aprendo le porte a tutti, è la via maestra<br />
della formazione <strong>dei</strong> “nuovi” giornalisti. La posizione degli editori<br />
va combattuta in maniera radicale con un forte impianto<br />
giuridico: sul piano della Costituzione (artt. 2, 3, 21, 33 e 41),<br />
delle sentenze della Corte costituzionale (11/1968; 2/1971;<br />
71/1971; 389/1989; 505/1995 e 38/1997); della direttiva comunitaria<br />
89/48/Ce (recepita nel dlgs n.. 115/1992); della sentenza<br />
della quarta sezione della Corte di giustizia europea del 10<br />
maggio 2001 (causa C-285/00 contro la Repubblica francese);<br />
del dlgs 300/1999 (art. 50); delle leggi (4/1999, art. 1, comma<br />
18); del parere del Consiglio di Stato 2228/2002.<br />
La finalità della legge 4/1999 (art. 1, comma 18) è quella di<br />
adeguare i contenuti dell’attività professionale e del relativo<br />
esame di Stato all’evoluzione normativa dell’ordinamento degli<br />
studi universitari, avviata dall’art.17, comma 95, dalla legge n.<br />
127/1997, al quale, appunto, la legge n. 4/1999 ha apportato<br />
modificazioni.<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Con specifico riferimento, poi, alla professione giornalistica la<br />
Corte costituzionale ebbe a chiarire (sentenze 11/1968 e<br />
38/1997) che l’<strong>Ordine</strong> professionale <strong>dei</strong> giornalisti “ha il compito<br />
di salvaguardare erga omnes e nell’interesse della collettività<br />
la dignità professionale e la libertà di informazione e di<br />
critica <strong>dei</strong> propri iscritti; il predetto <strong>Ordine</strong> non si pone pertanto<br />
in contrasto con i principi di libera manifestazione del pensiero,<br />
chiunque potendo scrivere per e su pubblicazioni di natura<br />
giornalistica, senza avere il titolo di giornalista”.<br />
“Con ciò la Corte ha ribadito la distinzione tra giornalista<br />
munito di una specifica e verificata capacità di informazione<br />
e coloro che sono legittimati a scrivere sugli organi<br />
di informazione senza avere quella specifica capacità debitamente<br />
verificata e dichiarata” (parere II sezione Consiglio<br />
di Stato n. 2228/2002). In breve l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> è<br />
l’ente che organizza i cittadini i quali manifestano il pensiero<br />
per professione.<br />
Sempre a proposito della professione giornalistica, la stessa<br />
Corte costituzionale ebbe a chiarire che “l’<strong>Ordine</strong> professionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti è (al pari degli altri ordini e Collegi professionali),<br />
ente pubblico non economico che emette provvedimenti<br />
costitutivi del particolare status professionale di giornalista, al<br />
fine di perseguire fini di interesse generale, che superano di<br />
gran lunga la tutela sindacale <strong>dei</strong> diritti della categoria nel rapporto<br />
di lavoro subordinato con l’impresa giornalistica” [C.<br />
Cost., 8 febbraio 1991, n. 71; che richiamò la precedente sentenza<br />
n. 11 del 1968].<br />
“Non è dubitabile che l’attività giornalistica costituisca “esercizio<br />
professionale” come previsto dall’art. 33, comma 5, Cost.<br />
Essa, infatti, anche se svolta nella forma di lavoro dipendente,<br />
rientra nella previsione delle “professioni intellettuali per l’esercizio<br />
delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”,<br />
di cui all’art. 2229 cod. civ.<br />
Tale professione è infatti subordinata all’iscrizione nell’albo <strong>dei</strong><br />
giornalisti istituito, come detto, dalla legge n. 69/1963” (parere<br />
II sezione Consiglio di Stato n. 2228/2002).<br />
“La natura professionale dell’attività giornalistica trova,<br />
d’altronde, conforto dal combinato dispositivo dall’art. 1,<br />
comma 3, e dall’art. 2 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 115<br />
(Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema<br />
generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione<br />
che sanzionano formazioni professionali di una durata<br />
minima di tre anni) e nel decreto MURST del 28 novembre<br />
2000.<br />
“La prima fonte ha fissato il principio per cui l’esercizio<br />
delle professioni presuppone il superamento di un ciclo di<br />
studi postsecondari di una durata minima di tre anni o di<br />
durata equivalente a tempo parziale, in una università o in<br />
un istituto di istruzione superiore o in altro istituto dello<br />
stesso livello di formazione.<br />
“La seconda, emanata in attuazione dell’art. 4, comma 2,<br />
del D.M. n. 509 del 3 novembre 1999 sull’autonomia didattica<br />
degli atenei, nel determinare le classi delle lauree specialistiche<br />
(il diploma di laurea di una volta) ha individuato<br />
all’allegato 13 la classe 13/S, intitolata “editoria, comunicazione<br />
multimediale e giornalismo”, indicandone le relative<br />
materie d’esame (“attività formative”).<br />
“L’attività giornalistica si configura, dunque, vieppiù oggi<br />
come professione in relazione all’aumentato bagaglio culturale<br />
specifico per il suo espletamento: bagaglio in relazione<br />
al quale appare obsoleto – e dunque suscettibile di<br />
revisione normativa secondo l’intento legislativo della legge<br />
n. 4/1999 – il contenuto delle prove d’idoneità come oggi<br />
configurato dall’art. 32 della L. n. 69/1963 e dall’art. 44<br />
del DPR n. 115/1965. Infatti, mutati i requisiti culturali per<br />
l’esercizio di una professione, l’accertamento dell’idoneità<br />
professionale non può prescindere da essi, tenuto conto<br />
che “il titolo di studio precede la maturazione professionale”<br />
[C. Cost., 27 luglio 1995, n. 412, a proposito della professione<br />
di psicologico].<br />
“In tale mutato contesto dell’ordinamento universitario la<br />
riforma dell’esame per giornalista appare oltretutto quantomeno<br />
opportuna, in quanto risponderebbe alla finalità di<br />
adeguamento perseguite dalla legge n. 4/1999, di cui si è<br />
fatto cenno all’inizio.<br />
“D’altra parte, nella giurisprudenza costituzionale non si è<br />
mai dubitato che anche quello di giornalista, al pari di altre<br />
professioni (come ad es. gli avvocati, gli ingegneri, i<br />
geometri, etc.) costituisce un ordinamento speciale, con le<br />
conseguenti caratteristiche comuni, tra cui quella dell’accesso<br />
mediante selezione rigorosa ed oggettiva [C. Cost.,<br />
14 dicembre 1995, n. 505, relativa al procedimento penale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti)” (parere II sezione Consiglio di Stato n.<br />
2228/2002)<br />
2 La professione giornalistica, come quella degli<br />
avvocati e <strong>dei</strong> medici, è nella Costituzione.<br />
L’Antitrust, sbagliando, ha affermato che soltanto la professione<br />
degli avvocati e quella <strong>dei</strong> medici sono nella<br />
Costituzione (con riferimento agli articoli 24 e 32, che parlano<br />
del diritto di difesa e del diritto alla salute). Anche la professione<br />
di giornalista è nella Costituzione. Il secondo comma<br />
dell’articolo 21 della Costituzione afferma che “la stampa<br />
non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. La<br />
stampa è fatta, alimentata, progettata e creata dai giornalisti<br />
professionisti. “L’esperienza dimostra – ha scritto la Corte costituzionale<br />
nella sentenza n. 11/1968 - che il giornalismo, se<br />
si alimenta anche del contributo di chi ad esso non si dedica<br />
professionalmente, vive soprattutto attraverso l'opera quotidiana<br />
<strong>dei</strong> professionisti. Alla loro libertà si connette, in un unico<br />
destino, la libertà della stampa periodica, che a sua volta<br />
è condizione essenziale di quel libero confronto di idee nel<br />
quale la democrazia affonda le sue radici vitali”. La<br />
Costituzione e la Corte costituzionale disegnano, quindi, una<br />
professione giornalistica come professione della libertà ancorata<br />
alla carta fondamentale della Repubblica. “Quella libertà<br />
che - come ha scritto Mario Borsa - prima di essere un<br />
diritto è un dovere”. Il nuovo diritto fondamentale <strong>dei</strong> cittadini<br />
all’informazione presuppone la presenza e l’attività di giornalisti<br />
vincolati a un percorso formativo universitario (come impongono<br />
la direttiva comunitaria n. 89/48/CEE e il comma 18<br />
dell’articolo 1 della legge n. 4/1999), a una deontologia specifica<br />
e a un giudice disciplinare nonché a un esame di Stato.<br />
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 1/1981, ha riconosciuto<br />
“il rilievo costituzionale della libertà di cronaca (comprensiva<br />
della acquisizione delle notizie) e della libertà di<br />
informazione quale risvolto passivo della manifestazione del<br />
pensiero, nonché il ruolo svolto dalla stampa come strumento<br />
essenziale di quelle libertà, che è, a sua volta, cardine<br />
del regime di democrazia garantito dalla Costituzione”.<br />
Il secondo comma dell’articolo 21 va incrociato con il quinto<br />
comma dell’articolo 33 della Costituzione: “È prescritto un esame<br />
di Stato ...per l'abilitazione all'esercizio professionale”. Lo<br />
Stato, quindi, deve garantire i cittadini sulla preparazione <strong>dei</strong><br />
giornalisti “all’esercizio professionale”.. Su questa base il<br />
Parlamento ha stabilito (con la legge n. 69/1963) che esiste<br />
una professione giornalistica, che è stata poi organizzata, come<br />
prescrive l’articolo 2229 del Codice civile, con l’<strong>Ordine</strong> (giudice<br />
disciplinare e giudice delle iscrizioni) e l’Albo. Il vincolo<br />
italiano dell’esame di Stato per accedere all’esercizio delle<br />
professioni intellettuali è un’anomalia internazionale assorbita,<br />
però, dal dicembre 1988 nella direttiva 89/48/CE recepita<br />
nel dlgs n. 115/1992. Questo dlgs all’articolo 8 prevede<br />
una “prova attitudinale” per l’esercizio di una professionale<br />
in ogni Paese comunitario. La “prova attitudinale”<br />
è in Italia l’esame di Stato di cui all’articolo 33, V comma,<br />
della Costituzione.<br />
3La sentenza della quarta sezione della Corte di<br />
Giustizia europea nella causa C- 285/00: «La direttiva<br />
89/48/CEE va applicata alle professioni regolamentate,<br />
cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio sono subordinati,<br />
direttamente o indirettamente, mediante disposizioni<br />
legislative, regolamentari o amministrative, al possesso<br />
di un diploma universitario della durata minima di<br />
tre anni».<br />
La direttiva 89/48/CEE ha introdotto la definizione di professione<br />
“regolamentata”, cioè quell'attività il cui accesso o l’esercizio<br />
sono subordinati “direttamente o indirettamente mediante<br />
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative” al possesso<br />
di un titolo che sancisce il completamento di un ciclo<br />
di studi di livello universitario di una durata minima di<br />
tre anni. I principi fissati dalla direttiva 89/48/CEE sono stati<br />
realizzati dalla Repubblica Italiana con la Riforma universitaria<br />
1999/2000 e con il contestuale collegamento (tramite il comma<br />
18 dell’articolo 1 della legge 4/1999) di lauree triennali e lauree<br />
biennali specialistiche alle professioni regolamentate organizzate<br />
con l’<strong>Ordine</strong> (o con il Collegio) e con l’esame di Stato<br />
Tra le professioni regolamentate rientra quella di giornalista (ex<br />
legge n. 69/1963, sentenze nn. 11/1968; 71/1991 e 38/1997<br />
Corte Cost.) alla quale si accede tramite esame di Stato al pari<br />
delle altre. La sentenza della quarta sezione della Corte di<br />
giustizia europea del 10 maggio 2001 - (nella causa C-285/00<br />
contro la Repubblica francese, che non aveva adottato la normativa<br />
europea per il riconoscimento della professione di psicologo)<br />
- afferma che “la direttiva 89/48/CEE va applicata alle<br />
professioni regolamentate, cioè a quelle per le quali l’accesso<br />
o l’esercizio sono subordinati, direttamente o indirettamente,<br />
mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,<br />
al possesso di un diploma universitario della durata minima<br />
di tre anni”.<br />
La direttiva n. 89/48/CEE e la sentenza della quarta sezione<br />
della Corte di Giustizia europea nella causa C- 285/00 possono<br />
essere utilizzate subito (Corte costituzionale, sentenze nn.<br />
170/1984; 113/1985; 389/1989 e 168/1991), mentre il Consiglio<br />
segue →<br />
9
PROFESSIONE<br />
DI GIORNALISTA<br />
SVOLTA STORICA<br />
DOPO 78 ANNI<br />
Corte costituzionale:<br />
“L’esercizio di attività<br />
professionali rivolte<br />
al pubblico deve<br />
avvenire<br />
in base a conoscenze<br />
sufficientemente<br />
approfondite”<br />
di Stato ha spiegato tale principio in maniera limpida:<br />
“Costituisce ormai insegnamento assolutamente consolidato il<br />
principio che nel contrasto fra diritto interno e diritto comunitario<br />
la prevalenza spetta a quest'ultimo anche se la norma interna<br />
confliggente venga emanata in epoca successiva; che la<br />
Corte di giustizia delle Comunità europee ha la funzione di interpretare<br />
i principi del diritto comunitario equiparabili alle norme<br />
quanto all'obbligo di osservanza degli Stati membri e quindi<br />
in funzione di fonte suppletiva di diritto; che la applicazione<br />
del diritto comunitario avviene in via diretta in luogo di quello<br />
interno da disapplicare e che tale disapplicazione fa carico non<br />
solo al giudice, ma anche agli organi della p.a. nello svolgimento<br />
della loro attività amministrativa e, cioè, anche d'ufficio<br />
indipendentemente da sollecitazioni o richieste di parte”.<br />
(Cons. Stato, Sez.IV, 18/01/1996, n. 54; FONTE Riv. It. Dir.<br />
Pubbl. Comunitario, 1997, 177);<br />
Le sentenze di condanna della Corte di giustizia della<br />
Comunità europea integrano tanto la normativa comunitaria<br />
quanto quella interna <strong>dei</strong> singoli Stati membri come afferma la<br />
sentenza n. 389/1989 della Corte costituzionale:“Poiché ai<br />
sensi dell'art. 164 del Trattato spetta alla Corte di giustizia assicurare<br />
il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione<br />
del medesimo Trattato, se ne deve dedurre che qualsiasi<br />
sentenza che applica e/o interpreta una norma comunitaria<br />
ha indubbiamente carattere di sentenza dichiarativa del diritto<br />
comunitario, nel senso che la Corte di giustizia, come interprete<br />
qualificato di questo diritto, ne precisa autoritariamente il<br />
significato con le proprie sentenze e, per tal via, ne determina,<br />
in definitiva, l'ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative”.<br />
Come afferma ancora la sentenza n. 389/1989 della Corte<br />
costituzionale, “tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento<br />
a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore<br />
di legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto,<br />
come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri,<br />
come gli organi amministrativi - sono giuridicamente tenuti<br />
a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite<br />
dagli artt. 52 e 59 del Trattato C.E.E. nell'interpretazione<br />
datane dalla Corte di giustizia europea”. L’applicazione della<br />
normativa comunitaria (allargata ai principi fissati nelle sentenze<br />
della Corte di Giustizia Ue) e la disapplicazione di quella nazionale<br />
formano il meccanismo processuale/amministrativo<br />
mediante il quale si esprime la prevalenza della normativa comunitaria.<br />
4 Consiglio di Stato: la prova di idoneità professionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti è “l’esame di Stato” (di cui all’articolo<br />
33, V comma, della Costituzione).<br />
La prova di idoneità professionale (art. 32 l. 69/1963) <strong>dei</strong> giornalisti<br />
è, infatti, “un esame di Stato”. Conseguentemente “non<br />
sussistono motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento professionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti, come previsto dall’articolo 1 (comma 18)<br />
della legge n. 4/1999”. Così si legge nel parere n. 2228 emesso<br />
nell’adunanza13 marzo 2002 (e depositato il 7 maggio<br />
2002) dalla II sezione consultiva del Consiglio di Stato “sulla<br />
possibilità di includere la professione giornalistica nella disciplina<br />
regolamentare”. L'articolo 1 (comma 18) della legge 4/99<br />
impegna il Ministero dell’Istruzione e dell’Università (Miur), di<br />
concerto con quello della Giustizia, a «integrare e modificare»<br />
gli ordinamenti vigenti anche della professione giornalistica (organizzata<br />
con l’<strong>Ordine</strong>, l’Albo e l’esame di Stato). Il comma 18<br />
dell’articolo 1 della legge n. 4/1999 conferisce al Ministro<br />
dell’Università, di concerto con quello della Giustizia, ampi poteri<br />
in tema di riforma degli esami di Stato delle professioni intellettuali<br />
regolamentate e <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione “all’esame<br />
di Stato e alle relative prove”.<br />
5La Repubblica Italiana ha recepito in maniera inadeguata,<br />
discriminatoria e parziale la Direttiva n.<br />
89/48/CEE, non includendo (al pari delle altre) la professione<br />
giornalistica nell’Allegato A del Dlgs n. 115/1992.<br />
La Repubblica Italiana ha recepito in maniera inadeguata, discriminatoria<br />
e parziale la Direttiva n. 89/48/CEE, non includendo<br />
(al pari delle altre) la professione giornalistica<br />
nell’Allegato A del Dlgs n. 115/1992, pur in presenza dell’allora<br />
Diploma triennale universitario (o laurea breve) in<br />
Giornalismo (decreto 31 ottobre 1991 - riforma Salvini). La<br />
Repubblica Italiana, pur avendone la facoltà in base all’articolo<br />
11 (punto 1a) del Dlgs n. 115/1992, non ha modificato o integrato<br />
(“con decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri”)<br />
detto Allegato A, “tenuto conto delle disposizioni vigenti o sopravvenute”,<br />
abrogando i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della<br />
legge n. 69/1963, i quali non stabiliscono alcun percorso formativo<br />
universitario minimo per chi intende accedere alla professione<br />
giornalistica, soluzione obbligata soprattutto dopo il<br />
varo della legge n. 4/1999, la quale, all’articolo 1(comma 18),<br />
prevede che “…con uno o più regolamenti adottati, a norma<br />
dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, su proposta<br />
del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica,<br />
di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti<br />
gli organi direttivi degli ordini professionali, con esclusivo riferimento<br />
alle attività professionali per il cui esercizio la normativa<br />
vigente già prevede l’obbligo di superamento di un esame<br />
di Stato, è modificata e integrata la disciplina del relativo<br />
ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini o collegi, nonché <strong>dei</strong> requisiti<br />
per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative<br />
prove”. La professione giornalistica non è stata compresa, in<br />
attuazione dell’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999, tra<br />
quelle citate dal Dpr n. 328/2001 (“dottore agronomo e dottore<br />
forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario,<br />
biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario,<br />
perito industriale, psicologo”) con una decisione censurata dalla<br />
II sezione del Consiglio di Stato con il citato parere n.<br />
2228/2002 formulato su richiesto dello stesso Ministero<br />
dell’Università e che successivamente il Ministero<br />
dell’Università non ha provveduto a includere la professione<br />
giornalistica all’interno del Dpr n. 328/2001 (o non ha provveduto<br />
a sanare il vuoto normativo con un altro regolamento autonomo)<br />
benché il Governo abbia mantenuto, dopo la riforma<br />
del Titolo V della Costituzione, i poteri di disciplinare le<br />
professioni e l’esame di Stato come riconosciuto ripetutamente<br />
dalla Corte costituzionale (sentenze 353/2003,<br />
319/2005, 355/2005, 405/2005 e 424/2005). La riforma universitaria<br />
1999/2000, nel determinare le classi delle lauree universitarie,<br />
ha individuato all’allegato 14/A (Dm 4 agosto 2000)<br />
la classe delle lauree in Scienze della comunicazione indicandone<br />
le relative materie d’esame (“attività formative”) e il<br />
collegamento operativo con le Scuole di giornalismo riconosciute<br />
dall’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>; laurea, questa, che<br />
si può ritenere equipollente a quelle di Sociologia, Relazioni<br />
pubbliche o ad altre lauree con indirizzi assimilabili (Lettere,<br />
Filosofia, Giurisprudenza, Scienze politiche, Economia). La<br />
riforma universitaria ha anche individuato all’allegato 13/S (Dm<br />
28 novembre 2000) la classe delle lauree specialistiche in<br />
Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo; laurea<br />
equipollente ai master universitari biennali (postlaurea) in<br />
giornalismo organizzati negli ultimi due anni in numerose<br />
Università italiane.<br />
6 Corte costituzionale: «L’esercizio di attività professionali<br />
rivolte al pubblico deve avvenire in base a conoscenze<br />
sufficientemente approfondite».<br />
« La giurisprudenza costituzionale ha avuto più volte occasione<br />
di precisare che la norma dell’art. 33 Cost. reca in sé un<br />
principio di professionalità specifica. Essa, cioè, richiede che<br />
l’esercizio di attività professionali rivolte al pubblico avvenga in<br />
base a conoscenze sufficientemente approfondite ed ad<br />
un correlato sistema di controlli preventivi e successivi di tali<br />
conoscenze, per tutelare l’affidamento della collettività in ordine<br />
alle capacità di professionisti le cui prestazioni incidono in<br />
modo particolare su valori fondamentali della persona: salute,<br />
sicurezza, diritti di difesa, etc. (C.Cost., 23 dicembre 1993, n.<br />
456; 26 gennaio 1990, n. 29)». (parere n. 2228 della Sezione<br />
Seconda del Consiglio di Stato emesso nell’adunanza13 marzo<br />
2002). Sono mutati i requisiti culturali per l’esercizio delle<br />
professioni nell’ambito <strong>dei</strong> Paesi Ue e che, quindi, gli aspiranti<br />
giornalisti professionisti italiani non possono essere discriminati<br />
(con violazione dell’art. 3 Cost.) rispetto agli altri aspiranti<br />
professionisti italiani e a quelli europei sotto il profilo della<br />
preparazione universitaria minima di tre anni, principio al<br />
quale devono attenersi (ex Dpr 328/2001) anche alcune professioni<br />
un tempo collegate (al pari di quella giornalistica) a un<br />
diploma di scuola media superiore (geometri, ragionieri, periti<br />
agrari e periti industriali). “Il titolo di studio precede la maturazione<br />
professionale” (Corte Cost., 27 luglio 1995, n. 412, a<br />
proposito della professione di psicologo).<br />
7Le inadempienze della Repubblica italiana verso<br />
la professione di giornalista. La Repubblica Italiana è inadempiente<br />
per non aver applicato (ex art. 3 Cost.) alla professione<br />
di giornalista la Direttiva n. 89/48/CEE, che (in base alla<br />
sentenza della quarta sezione della Corte di Giustizia europea<br />
nella causa C- 285/00) si applica “alle professioni regolamentate,<br />
cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio<br />
sono subordinati, direttamente o indirettamente, mediante disposizioni<br />
legislative, regolamentari o amministrative, al possesso<br />
di un diploma universitario della durata minima di tre<br />
anni”. La Repubblica Italiana è vieppiù inadempiente perché<br />
mantiene in vita i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della legge<br />
n. 69/1963 in palese contrasto con la direttiva 89/48/CE,<br />
venendo meno anche a quanto affermato nella sentenza n.<br />
389/1989 della Corte costituzionale: “Tuttavia, poiché la disapplicazione<br />
è un modo di risoluzione delle antinomie normative<br />
che, oltre a presupporre la contemporanea vigenza<br />
delle norme reciprocamente contrastanti, non produce alcun<br />
effetto sull'esistenza delle stesse e, pertanto, non può esser<br />
causa di qualsivoglia forma di estinzione o di modificazione<br />
delle disposizioni che ne siano oggetto, resta ferma l'esigenza<br />
che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni<br />
o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da<br />
eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme<br />
comunitarie. E se, sul piano dell'ordinamento nazionale, tale<br />
esigenza si collega al principio della certezza del diritto, sul<br />
piano comunitario, invece, rappresenta una garanzia cosi essenziale<br />
al principio della prevalenza del proprio diritto su<br />
quelli nazionali da costituire l'oggetto di un preciso obbligo per<br />
gli Stati membri”.<br />
La Repubblica Italiana non ha provveduto, nonostante il parere<br />
favorevole n. 2228/2002 del Consiglio di Stato, all’attuazione<br />
dell’articolo 1 (comma 18) della legge 4/1999 per quanto<br />
riguarda la professione di giornalista, raccordando (come ha<br />
fatto per altre professioni intellettuali con il Dpr n. 328/2001) la<br />
laurea triennale in Scienze della Comunicazione e la laurea<br />
biennale specialistica in Giornalismo all’esame di Stato<br />
previsto dall’articolo 32 della legge n. 69/1963 sull’ordinamento<br />
della professione di giornalista.<br />
8Le novità dell’ottobre 2003. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia blocca la delibera con la<br />
quale aveva deciso di disapplicare la normativa nazionale<br />
in favore di quella comunitaria, accogliendo l’invito del<br />
sottosegretario al ministero dell’Istruzione/Università Maria<br />
Grazia Siliquini.<br />
Le novità sono maturate soltanto nell’ottobre del 2003 su iniziativa<br />
<strong>dei</strong> ministri dell’Istruzione/Università e della Giustizia,<br />
che hanno deciso di estendere il Dpr 328/2001 alle professioni<br />
escluse (giornalisti e consulenti del lavoro) e di applicare il<br />
parere 2228/2002 del Consiglio di Stato. Alla ”Commissione<br />
Siliquini” è toccato l’incarico di riscrivere il testo del Dpr . Un<br />
contributo è stato dato dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia, che nell’ottobre 2003 era deciso a disapplicare<br />
(in forza delle sentenze 22 luglio 1989 della Corte di<br />
Giustizia Ce nella causa 103/1988 e n. 389/1989 della Corte<br />
cost.) i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della legge n. 69/1963,<br />
i quali non stabiliscono (come, invece, richiedono la legislazione<br />
comunitaria e quella nazionale) alcun percorso formativo<br />
universitario minimo (tre anni) per chi intende accedere alla<br />
professione di giornalista. Preso atto della decisione ministeriale<br />
di riscrivere il Dpr 328/2001, il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di<br />
Milano ha sospeso la sua delibera. L’invito del sottosegretario<br />
di Stato, sen. Maria Grazia Siliquini, a bloccare la delibera, è<br />
stato accolto dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della<br />
Lombardia in virtù della fiducia che il Consiglio stesso ha sempre<br />
manifestato nella persona del sottosegretario e nella sua<br />
coerenza nella battaglia diretta a qualificare le professioni intellettuali<br />
attraverso l’aggancio degli esami di Stato alle lauree<br />
della riforma universitaria.<br />
9Conclusioni. Il “progetto Siliquini” richiede agli<br />
aspiranti praticanti il possesso di una laurea triennale<br />
“qualsiasi”, ma non “specialistica”, accogliendo sostanzialmente<br />
il punto di vista liberista della Fieg.<br />
Il “progetto Siliquini”, con l’inserimento <strong>dei</strong> giornalisti nel “nuovo”<br />
Dpr 328/2001, richiede agli aspiranti praticanti il possesso<br />
di una laurea triennale “qualsiasi”, ma non “specialistica”.<br />
Gli editori erano contrari all’obbligo di assumere praticanti con<br />
laurea specialistica (Giancarlo Zingoni, Convegno di Verona<br />
31 maggio 2002). Il “progetto Siliquini ” sostanzialmente accoglie<br />
il punto di vista liberista degli editori e rimane fedele alla<br />
citata impostazione della Corte suprema di Cassazione in tema<br />
di titoli per l’accesso all’esame di stato (o prova di idoneità<br />
professionale) <strong>dei</strong> giornalisti: “La mancata individuazione di<br />
un tipico titolo di studio per sostenere quella prova si<br />
spiega con la particolare natura dell’attività giornalistica,<br />
che è la più liberale delle professioni, consistente in un<br />
particolare prodotto della manifestazione del pensiero attraverso<br />
la stampa periodica o i servizi radiofonici e televisivi,<br />
la cui specificità sta nella particolare sintesi fra manifestazione<br />
del pensiero e la funzione informativa” [Cass.,<br />
sez. lav., 25 maggio 1996, n. 4840; id., 20 febbraio 1995, n.<br />
1827].<br />
Milano, 7 dicembre 2005<br />
10 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
LE FONTI GIURIDICHE DEL GIORNALISMO<br />
L’incipit è nella legge<br />
n. 406 del 9 luglio 1908:<br />
l’articolo 4<br />
cita per la prima volta<br />
i giornalisti<br />
professionisti<br />
La professione giornalistica<br />
nell’ordinamento<br />
giuridico italiano<br />
e dell’Unione europea<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Ricerca di Franco Abruzzo<br />
Dal 1908 (anno di nascita della Fnsi) ad oggi l’ordinamento<br />
giuridico nazionale dedicato ai giornalisti e al giornalismo si è<br />
arricchito di norme (anche comunitarie) che si possono disporre<br />
così:<br />
1) Costituzione della Repubblica (entrata in vigore il 1° gennaio<br />
1948): l’articolo 21 proclama la libertà di manifestazione<br />
del pensiero. L’articolo 33 (V comma) prevede<br />
l’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio professionale.<br />
L’articolo 21 della Costituzione italiana afferma solennemente<br />
che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio<br />
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.<br />
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni<br />
o censure». L’unico limite esplicito è posto nelle manifestazioni<br />
(a stampa, di spettacolo o di qualsiasi altro genere) «contrarie<br />
al buon costume» rispetto alle quali «la legge stabilisce<br />
provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni».<br />
La libertà di manifestazione del pensiero - in uno sforzo<br />
interpretativo dell’articolo 21 - abbraccia oggi la libertà di informazione,<br />
di espressione, di opinione, di stampa; la libertà e il<br />
diritto di cronaca e di critica nonché il diritto <strong>dei</strong> cittadini all’informazione.<br />
Nella sentenza 15 giugno 1972 n. 105 la Corte<br />
costituzionale definisce espressamente il lato attivo della libertà<br />
di manifestazione del pensiero come «libertà di dare e<br />
divulgare notizie, opinioni, commenti» e il lato passivo come<br />
«interesse generale, anch’esso indirettamente protetto dall’articolo<br />
21, alla informazione; il quale in un regime di libera<br />
democrazia, implica pluralità di fonti di informazioni, libero accesso<br />
alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali,<br />
anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee<br />
ed implica altresì esclusione di interventi <strong>dei</strong> pubblici poteri<br />
suscettibili di tradursi, anche indirettamente, e contro le intenzioni,<br />
in forme di pressione per indirizzare la stampa verso<br />
obiettivi predeterminati a preferenza di altri”.<br />
La storia dell’Italia unita, in tema di libertà di stampa, parte<br />
con l’articolo 28 dello Statuto Albertino, emanato da Carlo<br />
Alberto il 4 marzo del 1848. La norma, dalla formulazione<br />
generale, stabilisce che “la stampa sarà libera, ma una legge<br />
ne reprime gli abusi”. Il virgolettato traduce sostanzialmente<br />
l’articolo 11 della Dichiarazione universale <strong>dei</strong> diritti<br />
dell’Uomo della Francia rivoluzionaria del 1789. È una<br />
svolta, che nasconde la debolezza legata al carattere flessibile<br />
dello Statuto. Le Camere potranno utilizzare una sorta di<br />
delega in bianco per “reprimere gli abusi” nell’esercizio della<br />
dichiarata libertà. Questa disciplina dovrà fare i conti con le<br />
leggi di pubblica sicurezza del 1859, 1865, 1889, che, con<br />
vari mezzi, limitavano incisivamente nei fatti quella libertà<br />
sancita in via di principio. Allo Statuto segue il regio decreto<br />
n° 695, meglio noto come Editto Albertino sulla<br />
Stampa. L’articolo 1 dell’Editto affermava che “La manifestazione<br />
del pensiero per mezzo della stampa e di qualsivoglia<br />
artificio meccanico, atto a riprodurre segni figurativi, è<br />
libera: quindi ogni pubblicazione di stampati, incisioni, litografie,<br />
oggetti di plastica e simili è permessa con che si osservino<br />
le norme seguenti…”.<br />
La professione giornalistica, come quella degli avvocati e <strong>dei</strong><br />
medici, è nella Costituzione. L’Antitrust, sbagliando, ha affermato<br />
che soltanto gli avvocati e i medici sono nella<br />
Costituzione (con riferimento agli articoli 24 e 32, che parlano<br />
del diritto di difesa e del diritto alla salute). Il secondo comma<br />
dell’articolo 21 della Costituzione afferma che “la stampa<br />
non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. La<br />
stampa (intesa come giornalismo) è fatta, alimentata, progettata<br />
e creata dai giornalisti professionisti. “L’esperienza dimostra<br />
- come ha scritto la Corte costituzionale nella sentenza<br />
n. 11/1968 - che il giornalismo, se si alimenta anche del contributo<br />
di chi ad esso non si dedica professionalmente, vive<br />
soprattutto attraverso l’opera quotidiana <strong>dei</strong> professionisti.<br />
Alla loro libertà si connette, in un unico destino, la libertà della<br />
stampa periodica, che a sua volta è condizione essenziale<br />
di quel libero confronto di idee nel quale la democrazia<br />
affonda le sue radici vitali”. La Costituzione e la Corte costituzionale<br />
disegnano, quindi, una professione giornalistica come<br />
professione della libertà. Il secondo comma dell’articolo<br />
21 va incrociato con il quinto comma dell’articolo 33 della<br />
Costituzione: “È prescritto un esame di Stato ...per l’abilitazione<br />
all’esercizio professionale”. La Repubblica, quindi, con<br />
l’esame di Stato garantisce i cittadini sull’idoneità <strong>dei</strong> giornalisti<br />
“all’esercizio professionale”, legando nel contempo, in<br />
maniera inscindibile, la stampa all’attività professionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti.<br />
2) Codice civile (RD 16 marzo 1942 n. 262): l’articolo 2229<br />
sulle professioni intellettuali demanda l’accertamento <strong>dei</strong> requisiti<br />
per l’iscrizione negli Albi, la tenuta degli Albi e il potere<br />
disciplinare alle associazioni professionali, che, con riferimento<br />
al Decreto legislativo luogotenenziale n. 382/1944, sono gli<br />
Ordini professionali.<br />
3) Legge n. 406 del 9 luglio 1908: l’articolo 4 cita per la prima<br />
volta i giornalisti professionisti italiani in quanto tali.<br />
4) Legge 31 dicembre 1925 n. 2307. L’articolo 7 prevede l’istituzione<br />
di un <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti (mai, però, diventato<br />
operativo).<br />
5) Legge 3 aprile 1926 n. 563: detta le norme sull’organizzazione<br />
sindacale di tutte le professioni e sulla disciplina giuridica<br />
<strong>dei</strong> rapporti collettivi di lavoro. Nascono poi nel 1927 il<br />
sindacato unico fascista <strong>dei</strong> giornalisti (al posto della Fnsi) e i<br />
sindacati regionali fascisti <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
6) Regio decreto 28 febbraio 1928 n. 384: istituisce l’Albo<br />
professionale <strong>dei</strong> giornalisti presso ogni sindacato regionale<br />
fascista <strong>dei</strong> giornalisti. Il Regio decreto n. 384/1928 (con le correzioni<br />
apportate dal Decreto n. 302/1944) è rimasto in vigore<br />
fino al giugno 1965, quando, dopo l’approvazione del<br />
Regolamento di esecuzione, è diventata operativa la legge del<br />
1963 sull’ordinamento della professione giornalistica.<br />
7) Regio decreto 21 novembre 1929 n. 2291: prevede la istituzione<br />
di una Scuola professionale per giornalisti debitamente<br />
riconosciuta sostituiva del praticantato svolto nelle redazioni.<br />
Funzionerà in Roma dal 1930 al 1933. Era frequentata (obbligatoriamente<br />
per sei mesi e per gli insegnamenti tecnicopratici)<br />
anche dagli studenti della facoltà di Scienze politiche a<br />
indirizzo giornalistico dell’Università di Perugia. I laureati potevano<br />
iscriversi nell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti professionisti.<br />
8) Decreto Lgs. Lgt. 23 ottobre 1944 n. 302: abolita l’organizzazione<br />
corporativa, si provvide ad affidare provvisoriamente<br />
le funzioni della tenuta degli Albi <strong>dei</strong> giornalisti a una<br />
Commissione unica con sede in Roma, nominata dal ministro<br />
di Grazia e Giustizia. La Commissione aveva sub-commissioni<br />
presso ogni Associazione regionale della stampa.<br />
9) Decreto Lgs. Lgt. 23 novembre 1944 n. 382: detta norme<br />
sui Consigli degli Ordini e collegi e sulle commissioni interne<br />
professionali. L’articolo 26 preannuncia un decreto sui Consigli<br />
degli Ordini e la Commissione centrale <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
10) Legge sulla stampa 8 febbraio 1948 n. 47: fissa la figura<br />
del direttore responsabile e del proprietario <strong>dei</strong> giornali e<br />
<strong>dei</strong> periodici nonché le regole per la registrazione <strong>dei</strong> giornali<br />
e <strong>dei</strong> periodici. Rende obbligatoria la rettifica, stabilisce le pene<br />
per il reato di diffamazione e pone limiti alle pubblicazioni<br />
destinate all’infanzia o all’adolescenza e alle pubblicazioni a<br />
contenuto impressionante o raccapricciante.<br />
11) Legge 20 dicembre 1951 n. 1564: la previdenza e l’assistenza<br />
<strong>dei</strong> giornalisti professionisti è attuata dall’Istituto nazionale<br />
di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti italiani (Inpgi) “Giovanni<br />
Amendola”, già riconosciuto con Regio decreto 25 marzo 1926<br />
n. 838. L’Inpgi sostituisce a tutti gli effetti le corrispondenti forme<br />
di previdenza e di assistenza obbligatorie garantite dall’Inps.<br />
12) Dpr 16 gennaio 1961 n. 153: ha reso efficace erga omnes<br />
il Contratto nazionale di lavoro giornalistico 10 gennaio<br />
1959.<br />
13) Legge 3.2.1963 n. 69 sull’ordinamento della professione<br />
di giornalista. È la legge che organizza, come le altre professioni,<br />
la professione giornalistica con l’<strong>Ordine</strong> e l’Albo (diviso<br />
negli elenchi <strong>dei</strong> giornalisti professionisti e <strong>dei</strong> pubblicisti) secondo<br />
quanto stabilisce l’articolo 2229 del Codice civile.<br />
L’<strong>Ordine</strong> è delegato anche a organizzare l’esame di Stato<br />
(previsto dalla Costituzione) per l’accesso alla professione.<br />
All’Albo è annesso un Registro <strong>dei</strong> praticanti.” La legge<br />
69/1963 è costituzionalmente legittima (sentenze 11 e<br />
98/1968; 2/1971; 71/1991; 505/1995; 38/1997 della Corte<br />
costituzionale). L’articolo 2 fissa le regole deontologiche della<br />
professione sulle quali si fonda l’autonomia della professione<br />
stessa (art. 1 del Cnlg). L’articolo 2 riconosce che “è diritto<br />
insopprimibile <strong>dei</strong> giornalisti la libertà di informazione e di<br />
critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a<br />
tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il<br />
rispetto della verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti, osservati sempre i<br />
doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”. L’art. 48<br />
(Procedimento disciplinare) della stessa legge prevede che<br />
“gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che si rendano<br />
colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali,<br />
o di fatti che compromettano la propria reputazione<br />
o la dignità dell’<strong>Ordine</strong>, sono sottoposti a procedimento disciplinare”.<br />
Chi viola i precetti richiamati finisce sotto procedimento<br />
disciplinare e rischia di essere sanzionato con uno <strong>dei</strong><br />
quattro provvedimenti previsti dalla legge professionale (avvertimento,<br />
censura, sospensione da 2 a 12 mesi, radiazione).<br />
14) Legge 20 ottobre 1964 n. 1039: detta una norma transitoria<br />
sulla iscrizione nell’elenco <strong>dei</strong> professionisti <strong>dei</strong> praticanti<br />
che abbiano compiuto i 18 mesi di tirocinio.<br />
15) Dpr n. 115/1965: è il Regolamento per l’esecuzione della<br />
legge 3.2.1963 n. 69 sulla professione giornalistica. È stato<br />
aggiornato con i Dpr n. 212/1972; n. 649/1976 e n. 384/1993.<br />
L’articolo 54 (II comma) del Dpr 384/1993 riconosce ai cittadini<br />
comunitari la facoltà di sostenere le prove di esame per<br />
l’abilitazione all’esercizio professionale nella propria lingua.<br />
16) Legge 10 giugno 1969 n. 308: regola l’iscrizione <strong>dei</strong> giornalisti<br />
stranieri nell’elenco speciale di cui all’articolo 28 della<br />
legge professionale nonché la formazione <strong>dei</strong> collegi giudicanti<br />
presso Tribunali e Corti di Appello. Tribunali e Corti<br />
d’Appello saranno integrati da un professionista e da un pubblicista<br />
nominati in numero doppio.<br />
17) Decreto del ministro di Grazia e Giustizia 2 febbraio<br />
1973: è il Regolamento per la trattazione <strong>dei</strong> ricorsi e degli<br />
affari di competenza del Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. Con decreto 18 luglio 2003 (pubblicato<br />
nella Gazzetta Ufficiale 26 luglio 2003) il Direttore generale<br />
della Giustizia civile del ministero della Giustizia ha approvato<br />
il nuovo Regolamento per la trattazione <strong>dei</strong> ricorsi<br />
e degli affari di competenza del Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti adottato dal Consiglio stesso in<br />
due diverse sessioni, a Verona e a Roma. Il nuovo testo contiene<br />
molte innovazioni.<br />
18) Dpr 29.9.1973 n. 605: l’articolo 6 impone che il numero di<br />
codice fiscale sia indicato nelle domande di iscrizione negli<br />
elenchi degli Albi e <strong>dei</strong> Registri professionali.<br />
19) Legge 10 giugno 1978 n. 292: regola l’esazione <strong>dei</strong> contributi<br />
per il funzionamento <strong>dei</strong> Consigli degli Ordini secondo<br />
le norme per la riscossione delle imposte dirette.<br />
20) Dpr 11 luglio 1980 n. 382: in base all’articolo 11, i nominativi<br />
<strong>dei</strong> professori universitari ordinari che hanno optato per<br />
il tempo pieno (regime incompatibile con lo svolgimento di<br />
qualsiasi attività professionale) vengono comunicati, a cura<br />
del rettore, all’<strong>Ordine</strong> professionale al cui Albo i professori risultino<br />
iscritti al fine della loro inclusione in un elenco speciale.<br />
21) Legge 25 febbraio 1987 n. 67: l’articolo 26 stabilisce che<br />
l’Inpgi assicura la previdenza obbligatoria anche ai giornalisti<br />
praticanti. L’articolo 76 della legge n. 388/2000 la estende ai<br />
pubblicisti e ribadisce che l’Istituto è sostitutivo dell’Inps.<br />
22) Nuovo Codice di procedura penale entrato in vigore il<br />
24 ottobre 1989. L’articolo 200 riconosce il segreto professionale<br />
soltanto ai giornalisti professionisti. L’articolo 115 configura<br />
i Consigli degli Ordini come giudici disciplinari <strong>dei</strong> giornalisti<br />
che violano l’obbligo di non pubblicare le generalità e le<br />
fotografie <strong>dei</strong> minori (obbligo che è il punto 6 dell’articolo 114).<br />
23) Legge 29 dicembre 1990 n. 428 (legge comunitaria<br />
1990). L’articolo 9 stabilisce che i cittadini degli Stati membri<br />
della Comunità europea sono equiparati ai cittadini italiani ai<br />
fini della iscrizione nel Registro <strong>dei</strong> praticanti e nell’elenco <strong>dei</strong><br />
pubblicisti dell’Albo.<br />
24) La natura professionale dell’attività giornalistica trova<br />
conforto nell’art. 2 del Dlgs 27 gennaio 1992 n. 115<br />
(Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema<br />
generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione che<br />
sanzionano formazioni professionali di una durata minima di<br />
tre anni).<br />
L’articolo 2 della direttiva 89/48/CEE ha fissato il principio per<br />
cui l’esercizio delle professioni presuppone il superamento di<br />
un ciclo di studi postsecondari di una durata minima di tre anni<br />
o di durata equivalente a tempo parziale, in una università<br />
o in un istituto di istruzione superiore o in altro istituto dello<br />
stesso livello di formazione.<br />
La sentenza della quarta sezione della Corte di giustizia europea<br />
del 10 maggio 2001 - (nella causa C-285/00 contro la<br />
Repubblica francese, che non aveva adottato la normativa europea<br />
per il riconoscimento della professione di psicologo) -<br />
ha stabilito che “la direttiva 89/48/CEE va applicata alle professioni<br />
regolamentate, cioè a quelle per le quali l’accesso o<br />
l’esercizio sono subordinati, direttamente o indirettamente,<br />
mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,<br />
al possesso di un diploma universitario della durata<br />
minima di tre anni”. “La natura professionale dell’attività giornalistica<br />
trova conforto dal combinato dispositivo dell’art. 1,<br />
comma 3, e dell’art. 2 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 115<br />
(Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema<br />
generale di riconoscimento <strong>dei</strong> diplomi di istruzione che<br />
sanzionano formazioni professionali di una durata minima di<br />
tre anni) e nel decreto MURST del 28 novembre 2000. La prima<br />
fonte ha fissato il principio per cui l’esercizio delle professioni<br />
presuppone il superamento di un ciclo di studi postsegue<br />
→<br />
11
PROFESSIONE<br />
DI GIORNALISTA<br />
SVOLTA STORICA<br />
DOPO 78 ANNI<br />
Segue da pagina 11<br />
secondari di una durata minima di tre anni o di durata equivalente<br />
a tempo parziale, in una università o in un istituto di<br />
istruzione superiore o in altro istituto dello stesso livello di formazione.<br />
La seconda, emanata in attuazione dell’art. 4, comma<br />
2, del D.M. n. 509 del 3 novembre 1999 sull’autonomia<br />
didattica degli atenei, nel determinare le classi delle lauree<br />
specialistiche (il diploma di laurea di una volta) ha individuato<br />
all’allegato 13 la classe 13/S, intitolata “Editoria, comunicazione<br />
multimediale e giornalismo”, indicandone le relative<br />
materie d’esame (“attività formative”). L’attività giornalistica si<br />
configura, dunque, vieppiù oggi come professione in relazione<br />
all’aumentato bagaglio culturale specifico per il suo espletamento:<br />
bagaglio in relazione al quale appare obsoleto - e<br />
dunque suscettibile di revisione normativa secondo l’intento<br />
legislativo della legge n. 4/1999 - il contenuto delle prove d’idoneità<br />
come oggi configurato dall’art. 32 della L. n. 69/1963<br />
e dall’art. 44 del DPR n. 115/1965. Infatti, mutati i requisiti culturali<br />
per l’esercizio di una professione, l’accertamento dell’idoneità<br />
professionale non può prescindere da essi, tenuto<br />
conto che “il titolo di studio precede la maturazione professionale”<br />
[C. Cost., 27 luglio 1995, n. 412, a proposito della<br />
professione di psicologico]” (parere n. 2228 della Sezione<br />
Seconda del Consiglio di Stato emesso nell’adunanza 13<br />
marzo 2002);<br />
25) Legge 6 febbraio 1996 n. 52 (legge comunitaria 1994).<br />
L’articolo 9 riconosce che i cittadini comunitari sono equiparati<br />
ai cittadini italiani agli effetti degli articoli 3 e 4 della<br />
legge sulla stampa n. 47/1948: i cittadini comunitari possono,<br />
quindi, assumere in Italia la veste giuridica di editori o di<br />
direttori responsabili di quotidiani e periodici.<br />
26) Decreto legislativo 10 febbraio 1996 n. 103: estende<br />
dal primo gennaio 1996 la tutela previdenziale obbligatoria<br />
ai soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione<br />
senza vincolo di subordinazione il cui esercizio è condizionato<br />
all’iscrizione in appositi albi o elenchi. L’articolo 3<br />
del Decreto demanda ai Consigli nazionali degli Ordini il<br />
compito di chiedere alla Cassa della categoria la creazione<br />
di una gestione separata previdenziale per gli iscritti all’Albo<br />
(professionisti e pubblicisti) e al Registro (praticanti). Il<br />
Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti ha provveduto<br />
in tal senso il 26 marzo 1996 e il 7 maggio il Consiglio generale<br />
dell’Inpgi ha approvato lo Statuto riguardante la gestione<br />
separata per tutte le forme di attività giornalistica autonoma.<br />
27) Anche la direttiva Ue sulla privacy (95/46/CE del 24 ottobre<br />
1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo<br />
al trattamento <strong>dei</strong> dati personali, nonché alla libera<br />
circolazione <strong>dei</strong> dati) è diventata legge (prima legge<br />
675/1996 e poi dlgs 196/2003) e questa legge ha partorito il<br />
Codice deontologico relativo al trattamento <strong>dei</strong> dati personali<br />
nell’esercizio dell’attività giornalistica (meglio noto<br />
come Codice deontologico sulla privacy previsto dall’articolo<br />
25 della legge n. 675/1996 e pubblicato nella G.U. 3<br />
agosto 1998). Questo Codice, in tema di violazione delle<br />
regole sulla privacy, attribuisce ai Consigli dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti il ruolo di giudici esclusivi degli iscritti negli<br />
elenchi dell’Albo. Il dlgs 196/2003, sulla base dell’esperienza<br />
di 6 anni, riunisce in unico contesto la legge 675/1996<br />
e gli altri decreti legislativi, regolamenti e codici deontologici<br />
che si sono succeduti in questi anni, e contiene anche importanti<br />
innovazioni tenendo conto della "giurisprudenza" del<br />
Garante e della direttiva Ue 2000/58 sulla riservatezza nelle<br />
comunicazioni elettroniche. Con la direttiva sul commercio<br />
elettronico, la Ue ha dato una serie di regole che riguardano<br />
le libere professioni e ha chiamato gli Ordini italiani a vigilare<br />
su Internet.<br />
La direttiva affida un ruolo particolare agli Ordini professionali<br />
nazionali che sono chiamati, oltre che a vigilare sul comportamento<br />
<strong>dei</strong> propri iscritti, a redigere a livello comunitario<br />
<strong>dei</strong> veri e propri codici di condotta.<br />
28) La Convenzione europea <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo (legge 4<br />
agosto 1955 n. 848) con l’articolo 10 tutela espressamente le<br />
fonti <strong>dei</strong> giornalisti, stabilendo il diritto a “ricevere” notizie. Lo<br />
ha spiegato la Corte <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo di Strasburgo con la<br />
sentenza che ha al centro il caso del giornalista inglese<br />
William Goodwin (Corte europea diritti dell’Uomo 27 marzo<br />
1996, Goodwin c. Regno Unito, v. Tabloid n. 1/2000 n. Peron).<br />
29) Il Dlgs n. 300/1999 affida al Ministero della Giustizia la<br />
vigilanza sugli Ordini professionali e al ministero<br />
dell’Istruzione/Università la "missione" di formare i nuovi professionisti.<br />
Il comma 18 dell’articolo 1 della legge n. 4/1999<br />
(voluta dal Governo D’Alema rispettoso della direttiva<br />
89/48/Cee) conferisce al ministero dell’Istruzione/Università,<br />
di concerto con quello della Giustizia, il compito di "integrare<br />
e modificare" con regolamento gli attuali ordinamenti sull’accesso<br />
alla professioni e di raccordarli con le lauree triennali<br />
e con le lauree specialistiche biennali. Il regolamento (Dpr n.<br />
328/2001) disciplina la maggioranza delle professioni intellettuali,<br />
ma trascura quelle <strong>dei</strong> giornalisti e <strong>dei</strong> consulenti del lavoro.<br />
Con parere 7 maggio 2002 n. 2228 il Consiglio di Stato<br />
ha scritto che “non sussistono motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento<br />
professionale <strong>dei</strong> giornalisti, come previsto dall’articolo<br />
1 (comma 18) della legge n. 4/1999”. Una pronuncia,<br />
questa, che correggeva la miopia della “Commissioni<br />
Rossi”, che aveva escluso la professione di giornalista dal<br />
Dpr 328/2001.<br />
30) Il Codice di procedura penale (art. 114, comma 6) - potenziato<br />
dalla “legge Gasparri” 112/2004 - non ammette deroghe:<br />
l’ordinamento giuridico della Repubblica protegge lo<br />
sviluppo psichico <strong>dei</strong> bambini. La “legge Gasparri” ha aggiunto<br />
questo passaggio: “È altresì vietata la pubblicazione di<br />
elementi che anche indirettamente possano comunque portare<br />
alla identificazione <strong>dei</strong> suddetti minorenni”. Delle violazioni<br />
dell’articolo 114 del Cpp sono giudici esclusivi i Consigli<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
31) L’articolo 2 (comma 4-quater) del Decreto legge 14<br />
marzo 2005 n. 35 nel testo integrato dalla relativa legge<br />
di conversione n. 80/2005 ha modificato il primo comma<br />
(oggi battezzato “comma Abruzzo/Caruso”) dell’articolo 4<br />
della legge n. 69/1963 (Elezione <strong>dei</strong> Consigli dell’<strong>Ordine</strong>) della<br />
legge n. 69/1963, stabilendo: “L’assemblea per l’elezione<br />
<strong>dei</strong> membri del Consiglio deve essere convocata almeno<br />
venti giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La<br />
convocazione si effettua mediante avviso spedito almeno<br />
quindici giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio<br />
della professione, per posta prioritaria, per telefax o<br />
a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione<br />
deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il<br />
predetto termine, sul sito internet dell’<strong>Ordine</strong> nazionale. È posto<br />
a carico dell’<strong>Ordine</strong> l’onere di dare prova solo dell’effettivo<br />
invio delle comunicazioni”. Questo comma, “costruito”<br />
dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />
è stato sostenuto in Parlamento del senatore Antonino<br />
Caruso, avvocato e giornalista pubblicista, presidente<br />
della Commissione Giustizia di Palazzo Madama.<br />
La direttiva 2005/36/Ce (“direttiva<br />
Zappalà”) sulle qualifiche<br />
professionale (pubblicata<br />
sulla Gazzetta Ufficiale<br />
dell’Unione europea L<br />
255/22 del 30 settembre<br />
2005) consente agli Stati<br />
membri di delegare parte<br />
della gestione delle professioni<br />
a organismi autonomi,<br />
come gli Ordini professionali.<br />
Ora, gli Stati avranno due<br />
anni di tempo, sino a settembre<br />
2007, per adeguarsi.<br />
La normativa riguarda sia il<br />
lavoro subordinato che autonomo.<br />
La direttiva “Zappalà”<br />
riconosce e definisce la specificità<br />
delle professioni liberali.<br />
La specificità si concretizza<br />
nella personalità, nella<br />
responsabilità individuale e<br />
nell’indipendenza di chi svolge<br />
una professione liberale.<br />
Il professionista svolge prestazioni<br />
di natura intellettuale<br />
(distinte da quelle esecutive),<br />
nell’interesse del cliente<br />
e della collettività.<br />
Le professioni liberali, proprio<br />
perché perseguono l’interesse<br />
generale, possono<br />
essere esonerate dalla disciplina<br />
tipica di chi pratica il<br />
commercio e l’industria, come<br />
la libera concorrenza,<br />
purché ciò avvenga nei limiti<br />
di quanto è strettamente necessario<br />
a tali obiettivi.<br />
In questo quadro, gli Stati Ue<br />
potranno prevedere regole<br />
che pongono limiti all’esercizio<br />
della professione, stabiliti<br />
per legge ma anche attraverso<br />
codici di autoregolamentazione<br />
degli organismi professionali.<br />
La direttiva consente la valorizzazione<br />
degli Ordini (o<br />
delle associazioni laddove<br />
esse siano chiamate a svolgere<br />
funzioni analoghe dagli<br />
ordinamenti nazionali).<br />
Infatti, gli Stati possono delegare<br />
questi organismi a svolgere<br />
competenze che la direttiva<br />
lascia alla competenza<br />
nazionale. Tra queste: il ricevimento<br />
e la valutazione<br />
della dichiarazione preventiva<br />
in occasione del primo<br />
spostamento del professionista<br />
che intende esercitare in<br />
libera prestazione <strong>dei</strong> servizi;<br />
la verifica, in occasione<br />
della prima prestazione di<br />
servizi delle qualifiche professionali<br />
aventi impatto sulla<br />
salute e la sicurezza che<br />
non siano disciplinate dalla<br />
sezione specifica della direttiva;<br />
lo scambio d’informazioni<br />
nell’ambito della cooperazione<br />
amministrativa; la conferma<br />
dell’autenticità <strong>dei</strong> documenti<br />
forniti dal prestatore<br />
di servizi; l’esame della richiesta<br />
di autorizzazione per<br />
l’esercizio della professione.<br />
In realtà la direttiva non fa<br />
che prendere atto della situazione<br />
esistente nella<br />
maggior parte degli Stati<br />
membri, ove i poteri pubblici<br />
delegano parte della gestione<br />
delle professioni a organismi<br />
autonomi.<br />
Tuttavia, la direttiva non prevede<br />
alcun obbligo di riconoscimento<br />
delle associazioni<br />
se non per quelle britanniche<br />
e irlandesi tassativamente<br />
elencate.<br />
La professione esercitata<br />
dagli iscritti è assimilata alle<br />
professioni regolamentate<br />
e le associazioni sono ora<br />
sottoposte agli obblighi in<br />
materia di riconoscimento e<br />
iscrizione. In questo modo le<br />
associazioni britanniche e irlandesi<br />
non potranno più rifiutare<br />
l’iscrizione ai cittadini<br />
di altri Paesi Ue, obiettando<br />
che la professione può essere<br />
esercitata da un cittadino<br />
di un altro Paese Ue senza<br />
riconoscimento perché non<br />
regolamentata.<br />
La legittimazione degli organismi<br />
rappresentativi<br />
delle professioni non ha rilievo<br />
solo a livello nazionale<br />
ma anche europeo.<br />
Infatti, se desiderano dotarsi<br />
di un sistema specifico di riconoscimento<br />
basato sul<br />
coordinamento degli standard<br />
di formazione, anziché<br />
soggiacere al sistema generale,<br />
possono presentare alla<br />
Commissione una domanda<br />
motivata.<br />
La Commissione è tenuta a<br />
valutare la fondatezza della<br />
richiesta e a proporre eventuali<br />
integrazioni alla direttiva.<br />
Le organizzazioni professionali<br />
hanno la possibilità di<br />
proporre piattaforme comuni<br />
per facilitare il riconoscimento<br />
e partecipano alla definizione<br />
delle misure di esecuzione<br />
della direttiva (comitologia).<br />
IL “DLGS LA LOGGIA” IN VIA DI PUBBLICAZIONE NELLA “GAZZETTA UFFICIALE”:<br />
“Professioni: alla legge statale la tutela delle professioni.<br />
La legge statale definisce “i requisiti tecnicoprofessionali<br />
e i titoli professionali necessari<br />
per l'esercizio delle attività professionali che<br />
richiedono una specifica preparazione a<br />
garanzia di interessi pubblici generali la cui<br />
tutela compete allo Stato”.<br />
Pertanto sul rovescio sono di competenza<br />
statale “la formazione professionale<br />
universitaria; la disciplina dell'esame di stato<br />
previsto per l'esercizio delle professioni<br />
intellettuali, nonché i titoli, compreso il<br />
tirocinio, e le abilitazioni richiesti per<br />
l'esercizio professionale; l'ordinamento e<br />
l'organizzazione degli ordini e <strong>dei</strong> collegi<br />
professionali; gli albi, i registri; gli elenchi<br />
o i ruoli nazionali previsti a tutela<br />
dell'affidamento del pubblico; la rilevanza<br />
civile e penale <strong>dei</strong> titoli professionali e il<br />
riconoscimento e l'equipollenza, ai fini<br />
dell'accesso alle professioni, di quelli<br />
conseguiti all'estero”.<br />
Le associazioni rappresentative di<br />
professionisti, “che non esercitano attività<br />
regolamentate o tipiche di professioni<br />
disciplinate ai sensi dell'articolo 2229 del<br />
Codice civile, se in possesso <strong>dei</strong> requisiti e<br />
nel rispetto delle condizioni prescritte dalla<br />
legge per il conseguimento della personalità<br />
giuridica, possono essere riconosciute dalla<br />
regione nel cui ambito territoriale si<br />
esauriscono le relative finalità statutarie”.<br />
Questi sono alcuni <strong>dei</strong> principi fondamentali,<br />
che si applicano a tutte le professioni, d<br />
efiniti dal Governo con il decreto legislativo<br />
approvato nella seduta del 7 dicembre 2005<br />
“in attuazione della delega all'individuazione<br />
di principi fondamentali su materie a<br />
competenza ripartita Stato-Regioni<br />
contenuta nell'art. 1 della legge n. 131 del<br />
2003”.<br />
In sostanza il “dlgs La Loggia” afferma che<br />
il Governo ha mantenuto, dopo la riforma<br />
del Titolo V della Costituzione, i poteri<br />
di disciplinare le professioni, gli Albi<br />
e l’esame di Stato come riconosciuto<br />
ripetutamente, dopo l’entrata<br />
in vigore nel 2001 del nuovo Titolo V<br />
della Costituzione, dalla Corte<br />
costituzionale con le sentenze 353/2003,<br />
319/2005, 355/2005, 405/2005 e 424/2005.<br />
Decreto Legislativo. Principi fondamentali in materia di professioni, a norma dell'articolo 1<br />
(comma 4) della legge 5 giugno 2003 n. 131. (In attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale)<br />
Capo I. Disposizioni generali<br />
Art. 1. Ambito d'applicazione<br />
1. Il presente decreto legislativo individua i principi fondamentali in materia di professioni, di<br />
cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, che si desumono dalle leggi vigenti<br />
ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni.<br />
2. Le regioni esercitano la potestà legislativa in materia di professioni nel rispetto <strong>dei</strong> principi<br />
fondamentali di cui al capo secondo.<br />
3. La potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa<br />
statale.<br />
4. Nell'ambito di applicazione del presente decreto non rientrano: la formazione professionale<br />
universitaria; la disciplina dell'esame di stato previsto per l'esercizio delle professioni intellettuali,<br />
nonché i titoli, compreso il tirocinio, e le abilitazioni richiesti per l'esercizio professionale;<br />
l'ordinamento e l'organizzazione degli ordini e <strong>dei</strong> collegi professionali; gli albi, i<br />
registri; gli elenchi o i ruoli nazionali previsti a tutela dell'affidamento del pubblico; la rilevanza<br />
civile e penale <strong>dei</strong> titoli professionali e il riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso<br />
alle professioni, di quelli conseguiti all'estero.<br />
Capo II. Principi fondamentali<br />
Art. 2. Libertà professionale<br />
1. L'esercizio della professione, quale espressione del principio della libertà di iniziativa economica,<br />
è tutelato in tutte le sue forme e applicazioni, purché non contrarie a norme im-<br />
12 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
LA DIRETTIVA 2005/36/CE (O “DIRETTIVA ZAPPALÀ”)<br />
Sulle professioni l’Unione europea ha deciso:<br />
gli Ordini restano come longa manus dello Stato<br />
LE LINEE<br />
GUIDA<br />
I principali<br />
contenuti<br />
della direttiva<br />
qualifiche<br />
I destinatari. Tutti i cittadini Ue che<br />
desiderano praticare una libera professione<br />
in uno Stato diverso da<br />
quello in cui hanno conseguito la<br />
qualifica professionale.<br />
La definizione. Le direttiva definisce<br />
le professioni liberali come quelle<br />
esercitate sulla base di qualifiche<br />
professionali in modo personale, responsabile<br />
e professionalmente indipendente<br />
da coloro che forniscono<br />
servizi intellettuali e di concetto<br />
negli interessi <strong>dei</strong> clienti e del pubblico.<br />
Tessera del professionista. Sarà<br />
creato un certificato professionale<br />
europeo per consentire la riconoscibilità<br />
del professionista e per garantire<br />
i clienti. L’introduzione, a livello<br />
europeo, di tessere professionali da<br />
parte di associazioni o organizzazioni<br />
professionali potrebbe agevolare<br />
la mobilità <strong>dei</strong> professionisti, in<br />
particolare accelerando lo scambio<br />
di informazioni tra lo Stato membro<br />
ospitante e quello di origine.<br />
Formazione. La direttiva fa riferimento<br />
alla necessità della formazione<br />
continua (la cui disciplina è lasciata<br />
agli Stati) per garantire l’aggiornamento<br />
delle conoscenze <strong>dei</strong><br />
professionisti.<br />
Sussidiarietà. La direttiva rispetta<br />
il principio di sussidiarietà: gli Stati<br />
membri non perdono competenze<br />
sull’organizzazione della professione.<br />
Le esclusioni. La direttiva non si<br />
applica, fra gli altri, a notai, revisori<br />
(solo per le norme sulla libera<br />
prestazioni <strong>dei</strong> servizi), intermediari<br />
assicurativi e professionisti<br />
del settore trasporti.<br />
La distribuzione geografica delle<br />
farmacie e il monopolio della distribuzione<br />
<strong>dei</strong> farmaci restano di<br />
competenza degli Stati membri.<br />
Ordini professionali. La direttiva<br />
consente agli Stati membri di delegare<br />
parte della gestione delle professioni<br />
a organismi autonomi, come<br />
gli Ordini professionali.<br />
L’uso del titolo. Il professionista<br />
potrà utilizzare il titolo previsto dal<br />
suo Paese di origine (espresso<br />
nella sua lingua).<br />
Libera prestazione. È l’attività<br />
temporanea e occasionale svolta<br />
in un Paese diverso da quello in<br />
cui il professionista è stabilito.<br />
I casi particolari. Nel settore della<br />
salute e della sicurezza è previsto<br />
un vero e proprio riconoscimento<br />
della qualifica (in alcuni casi,<br />
con test attitudinale). Per le professioni<br />
non regolamentate nel<br />
Paese di stabilimento, il prestatore<br />
di servizi dovrà provare di aver<br />
esercitato la professione.<br />
Libertà di stabilimento. È previsto<br />
un sistema generale di riconoscimento<br />
per le professioni. Sono<br />
fissati cinque livelli di qualifica in<br />
relazione alla durata della formazione<br />
richiesta per l’accesso alla<br />
professione.<br />
Le deroghe. L’esercizio della professione<br />
negli Stati Ue può essere<br />
oggetto, a norma del Trattato, di<br />
specifici limiti legali sulla base della<br />
legislazione nazionale e delle disposizioni<br />
di legge stabilite autonomamente<br />
dagli organismi professionali<br />
rappresentativi.<br />
La direttiva armonizza, accorpa e<br />
modernizza le 15 direttive sinora<br />
esistenti in materia, stabilendo<br />
norme omogenee per chi intende<br />
svolgere all’interno della Ue, in<br />
maniera temporanea o permanente,<br />
autonoma o subordinata, la<br />
professione per la quale si è formato<br />
nel Paese d’origine. Il riconoscimento<br />
<strong>dei</strong> titoli (esclusi i notai)<br />
si applicherà sulla base di parametri<br />
minimi di formazione, articolati<br />
su cinque livelli in relazione alla<br />
durata della formazione per l’accesso<br />
e avverrà al "grado" equivalente<br />
nel Paese di stabilimento. In<br />
ogni caso, il professionista potrà<br />
ottenere il riconoscimento al livello<br />
di qualifica che gli consenta di<br />
svolgere le stesse attività esercitate<br />
nello Stato di origine.<br />
Sono fatti salvi, inoltre, i diritti acquisiti<br />
del professionista che ha seguito<br />
una formazione "precedente",<br />
che non risponde più al livello<br />
di formazione prevista nello Stato<br />
d’origine.<br />
Per quanto riguarda la prestazione<br />
di servizi "temporanea" si prevede<br />
che il professionista sia soggetto<br />
in molti casi alle disposizioni in vigore<br />
nello Stato di destinazione<br />
del servizio.<br />
Con questa direttiva, comunque,<br />
l’Unione europea ha deciso: gli<br />
Ordini restano in vita come longa<br />
manus dello Stato.<br />
(Fonte: Enrico Brivio, Il Sole 24 Ore<br />
dell’11 maggio 2005; Antonio Preto,<br />
Il Sole 24 Ore del 14 giugno 2005)<br />
Abbiamo rivolto qualche domanda a Stefano Zappalà,<br />
europarlamentare e relatore della direttiva<br />
On. Zappalà, finalmente una buona notizia: la Direttiva<br />
che da lei prende il nome renderà concretamente più<br />
semplice la mobilità professionale. Un bel passo avanti<br />
nella costruzione di una effettiva unità europea, in un<br />
momento in cui l’Europa ha ricevuto d’altro canto qualche<br />
sonoro ceffone: un suo commento a caldo.<br />
Sì, infatti il principio generale che ispira la direttiva è proprio<br />
quello del reciproco riconoscimento delle qualifiche<br />
professionali da parte degli Stati membri con l’obiettivo di<br />
sviluppare la libera circolazione <strong>dei</strong> professionisti<br />
nell’Unione Europea attraverso un meccanismo più semplice<br />
ed immediato rispetto al passato.<br />
Esistevano varie normative per la circolazione <strong>dei</strong> professionisti,<br />
sia per quelle rientranti nel sistema generale sia<br />
per quelle aventi competenza sulla salute, sulla libertà e<br />
sulla sicurezza. Tutte comunque complesse, molto burocratizzate,<br />
di difficile attuazione e comunque non adeguate<br />
ad un sistema moderno di libera circolazione delle persone.<br />
Libera circolazione che fa parte <strong>dei</strong> principali doveri<br />
dell’Unione.<br />
Del resto lo suggerisce proprio Lei con la Sua domanda:<br />
l’Europa e la sua integrazione non si costruiscono solo con<br />
il Trattato Costituzionale, che per altro ha subito uno stop<br />
che è solo momentaneo, ma anche e innanzi tutto semplificando<br />
ed armonizzando normative attraverso le quali i cittadini<br />
sono coinvolti nel loro quotidiano.<br />
E sul ruolo degli Ordini<br />
A questo proposito sono stato accusato da qualcuno di essere<br />
lo strumento della lobby degli Ordini professionali. La<br />
realtà è diversa.<br />
Per la prima volta viene definita nel testo della direttiva<br />
“l’autorità competente”, intesa come autorità od organismo<br />
investito di autorità dagli Stati membri, abilitato in particolare<br />
a rilasciare o ricevere titoli di formazione e altri documenti<br />
o informazioni e domande, ed autorizzato ad adottare<br />
decisioni.<br />
Tale definizione non comprende solo gli ordini e collegi, o<br />
solo le associazioni, ma entrambe le organizzazioni, secondo<br />
normative proprie degli Stati membri.<br />
Questo consente di eliminare una volta per tutte i conflitti<br />
ideologici.<br />
Consente inoltre di fare chiarezza definitiva tra punti di vista<br />
che, ad oggi, hanno creato non pochi problemi, compresa<br />
l’ipotesi di eliminazione degli ordini.<br />
Il risultato è che non solo gli Ordini non vanno eliminati, ma<br />
vanno regolate per legge anche le associazioni, senza necessariamente<br />
farne degli ulteriori Ordini.<br />
Entrambe le strutture devono garantire gli utenti, per delega<br />
governativa, assicurando certezza sulle capacità del<br />
professionista e senza burocrazia per l’accesso alla professione.<br />
Quindi non lobby ma strutture di servizio trasparenti.<br />
Due battute su una delle novità più rilevanti della nuova<br />
normativa: la tessera professionale.<br />
Anche questo è un aspetto innovativo della direttiva con un<br />
duplice obiettivo: l’uniformità e la trasparenza. Uno strumento<br />
che fungerà come una sorta di “carta d’identità del<br />
professionista” e che agevolerà i suoi spostamenti rendendo<br />
più immediato il suo riconoscimento da parte dello Stato<br />
ospitante attraverso un codice comune.<br />
a cura di Simona Dainotto (in http://portale.fnomceo.it)<br />
Il Governo ha il potere di disciplinare l’esame di Stato”<br />
perative, all'ordine pubblico e al buon costume. Le regioni non possono adottare provvedimenti<br />
che ostacolino l'esercizio della professione.<br />
2. Nell'esercizio dell'attività professionale è vietata qualsiasi discriminazione, che sia motivata<br />
da ragioni sessuali, razziali, religiose, politiche o da ogni altra condizione personale o<br />
sociale, secondo quanto stabilito dalla disciplina statale e comunitaria in materia di occupazione<br />
e condizioni di lavoro.<br />
3. L'esercizio dell'attività professionale in forma di lavoro dipendente si svolge secondo specifiche<br />
disposizioni normative che assicurino l'autonomia del professionista.<br />
4. Le associazioni rappresentative di professionisti, che non esercitano attività regolamentate<br />
o tipiche di professioni disciplinate ai sensi dell'articolo 2229 del Codice civile, se in possesso<br />
<strong>dei</strong> requisiti e nel rispetto delle condizioni prescritte dalla legge per il conseguimento<br />
della personalità giuridica, possono essere riconosciute dalla regione nel cui ambito territoriale<br />
si esauriscono le relative finalità statutarie.<br />
Art. 3. Tutela della concorrenza e del mercato<br />
1. L'esercizio della professione si svolge nel rispetto della disciplina statale della tutela della<br />
concorrenza, ivi compresa quella delle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela<br />
di interessi pubblici costituzionalmente garantiti o per ragioni imperative di interesse generale,<br />
della riserva di attività professionale, delle tariffe e <strong>dei</strong> corrispettivi professionali,<br />
nonché della pubblicità professionale.<br />
2. L'attività professionale esercitata in forma di lavoro autonomo è equiparata all'attività di impresa<br />
ai fini della concorrenza di cui agli articoli 81, 82 e 86 (ex artt. 85, 86 e 90) del<br />
Trattato Ce, salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali.<br />
3. Gli interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali sono ammessi,<br />
secondo le rispettive competenze di stato e regioni, nel rispetto della normativa comunitaria.<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Art. 4. Accesso alle professioni<br />
1. L'accesso all'esercizio delle professioni è libero, nel rispetto delle specifiche disposizioni<br />
di legge.<br />
2. La legge statale definisce i requisiti tecnico-professionali e i titoli professionali necessari<br />
per l'esercizio delle attività professionali che richiedono una specifica preparazione a garanzia<br />
di interessi pubblici generali la cui tutela compete allo Stato.<br />
3. I titoli professionali rilasciati dalla regione nel rispetto <strong>dei</strong> livelli minimi uniformi di preparazione<br />
stabiliti dalle leggi statali consentono l'esercizio dell'attività professionale anche fuori<br />
<strong>dei</strong> limiti territoriali regionali.<br />
Art. 5. Regolazione delle attività professionali<br />
1. L'esercizio delle attività professionali si svolge nel rispetto <strong>dei</strong> principi di buona fede, dell'affidamento<br />
del pubblico e della clientela, della correttezza, della tutela degli interessi<br />
pubblici, dell'ampliamento e della specializzazione dell'offerta <strong>dei</strong> servizi, dell'autonomia e<br />
responsabilità del professionista.<br />
Capo III. Disposizioni finali<br />
Art. 6. Regioni a statuto speciale<br />
1. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano resta fermo<br />
quanto previsto dall'articolo 11 della legge 5 giugno 2003, n. 131.<br />
Art. 7. Norma di rinvio<br />
1. I principi fondamentali di cui al presente decreto legislativo si applicano a tutte le professioni.<br />
Restano fermi quelli riguardanti specificamente le singole professioni. Il presente decreto,<br />
munito del sigillo dello stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi<br />
della repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.<br />
13
Le due repliche del presidente dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia all’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema<br />
1) 2 dicembre 2005<br />
D’Alema vuole abolire l’<strong>Ordine</strong>.<br />
Rifletta anche sull’Inpgi: senza<br />
l’<strong>Ordine</strong> l’Istituto chiude<br />
e verrà assorbito dall’Inps!<br />
Massimo D’Alema, giornalista<br />
professionista, presidente<br />
<strong>dei</strong> Ds, già presidente del<br />
Consiglio, deputato europeo,<br />
ha confessato in tv che<br />
nel 1997 ha votato con<br />
Marco Pannella per l’abolizione<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
Quanta ingratitudine!<br />
L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti (istituito<br />
con la legge “Gonella”<br />
n. 69/1963) è l’unico <strong>Ordine</strong><br />
che consente, ancora per<br />
poco tempo, a chi non ha<br />
una laurea, come D’Alema<br />
e tanti altri, di diventare professionista<br />
al pari degli avvocati,<br />
medici, ingegneri,<br />
commercialisti, eccetera.<br />
Eppure D’Alema ha rivendicato,<br />
con un certo tono, il titolo<br />
di professionista! L’Inpgi<br />
(istituito dal collega Benito<br />
Mussolini con Rd 838/1926)<br />
poi assicura, se richiesto dai<br />
parlamentari, la copertura<br />
previdenziale gratuita. La<br />
pensione dell’ente farà compagnia<br />
alla indennità riservata<br />
a chi ha ricoperto un<br />
ufficio pubblico. Con la differenza<br />
che la pensione<br />
dell’Inpgi è pagata ai parlamentari<br />
dai giornalisti.<br />
D’Alema ora vuole chiudere<br />
l’Inpgi per trasferirne il patrimonio<br />
(2 mila miliardi di vecchie<br />
lire) all’Inps: questa ipotesi<br />
diventerà realtà nel caso<br />
l’<strong>Ordine</strong> dovesse essere<br />
cancellato. In base al dlgs<br />
509/1994, le casse privatizdi<br />
Franco Abruzzo<br />
zate vivono se hanno alle<br />
spalle professioni regolamentate<br />
e organizzate con<br />
gli Ordini e i Collegi.<br />
Prima del 1963, l’Inpgi era<br />
legato all’Albo <strong>dei</strong> giornalisti<br />
istituito (dal collega Benito<br />
Mussolini) con il Rd<br />
384/1928.<br />
Un’altra legge del collega<br />
Mussolini prevedeva l’accesso<br />
alla professione giornalistica<br />
tramite scuola di<br />
formazione (rd 2291/1929)<br />
oppure con laurea (Scienze<br />
politiche a indirizzo giornalistico).<br />
La scuola e il corso<br />
universitario sono rimasti attivi<br />
tra il 1930 e il 1933, la<br />
prima a Roma e il secondo<br />
all’Università di Perugia. C’è<br />
da aggiungere che la caduta<br />
dell’Inpgi metterebbe in<br />
crisi drammatica la stessa<br />
Fnsi, che incassa annualmente,<br />
con le strutture regionali,<br />
contributi dall’Istituto<br />
per circa 3 miliardi di vecchie<br />
lire!<br />
Il giornalista D’Alema dovrebbe<br />
riflettere sull’autonomia<br />
della professione di<br />
giornalista: essa è fondata<br />
unicamente sulle regole<br />
deontologiche fissate per<br />
legge. Soltanto gli editori -<br />
spalleggiati dagli ottimi<br />
Eugenio Scalfari e Francesco<br />
Giavazzi - vogliono<br />
distruggere la legge della<br />
professione giornalistica per<br />
avere mano libera nel fabbricare<br />
giornali-bulloni oppure<br />
giornali-prodotti industriali<br />
di serie, possibilmente<br />
senza giornalisti professionisti.<br />
D’Alema, persona indubbiamente<br />
e notoriamente<br />
intelligente, non ha capito<br />
che, con le sue dichiarazioni<br />
avventate, ha dato una<br />
mano agli editori e a chi<br />
punta in questo Paese a distruggere<br />
le regole per<br />
creare una società in cui le<br />
parole magiche della sinistra<br />
(libertà, uguaglianza,<br />
solidarietà, dignità della persona)<br />
non abbiano alcuna<br />
cittadinanza. Si spera in un<br />
ravvedimento operoso.<br />
D’Alema nel ‘97 affermò che<br />
i professionisti sono gli organizzatori<br />
<strong>dei</strong> saperi della<br />
Nazione. Appunto! Quel discorso<br />
valeva anche per i<br />
giornalisti professionisti o<br />
no<br />
Nota/I compagni dirigenti<br />
della Fnsi e dell’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />
sono pregati di spiegare<br />
all’illustre parlamentare<br />
europeo: a) le ricadute<br />
pessime delle sue parole e<br />
delle sue iniziative; b) le finalità<br />
del progetto ordinistico<br />
“laureare l’esperienza”!<br />
2) 5 dicembre 2005<br />
Le due contraddizioni<br />
di Massimo D’Alema<br />
(la “sua” legge 4/1999<br />
e una lettera di Gramsci)<br />
di Franco Abruzzo<br />
Massimo D’Alema, giornalista<br />
professionista, presidente<br />
<strong>dei</strong> Ds, deputato europeo,<br />
ha confessato in tv che nel<br />
1997 ha votato con Marco<br />
Pannella per l’abolizione<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
D’Alema è stato anche presidente<br />
del Consiglio dall’ottobre<br />
1998 all’aprile 2000: fu<br />
proprio il suo Governo a sostenere<br />
e a far approvare la<br />
legge 4/1999, che consente<br />
l’aggancio, con regolamento,<br />
tra l’esame di stato delle professioni<br />
regolamentate<br />
(compresa ovviamente quella<br />
giornalistica) e le lauree<br />
della riforma Berlinguer/-<br />
Zecchino. Una svolta, che,<br />
con la riscrittura del Dpr<br />
328/2001, verrà consacrata<br />
sul piano operativo, tra poche<br />
settimane, grazie alla tenace<br />
volontà del sottosegretario<br />
Maria Grazia Siliquini<br />
(An) sostenuta dai ministri<br />
Letizia Moratti e Roberto<br />
Castelli “vigilanti” sulle professioni<br />
intellettuali.<br />
A Massimo D’Alema dedichiamo<br />
un “recupero” storico<br />
sotto forma di articolo (a firma<br />
Emilio Pozzi) apparso su<br />
Tabloid (n. 3/1997), perché<br />
possa riflettere in maniera<br />
approfondita sulla professione<br />
di giornalista (rafforzata<br />
dalla legge 4/1999) nonché<br />
sulle sue contraddizioni rispetto<br />
a quella legge e a una<br />
lettera di Antonio Gramsci<br />
dal carcere (sul giornalismo)<br />
tolta dall’oblio dall’articolo di<br />
Pozzi. Pozzi cita in particolare<br />
una lettera dal carcere di<br />
Antonio Gramsci scritta nel<br />
1930. Proprio in quell’anno<br />
(il 1930) era diventato realtà<br />
il progetto di una scuola di<br />
formazione per giornalisti,<br />
progetto realizzato con il Rd<br />
2291/1929 dopo otto anni di<br />
dibattito.<br />
Gramsci, che coglieva la forza<br />
innovativa dell’idea del regime<br />
mussoliniano di creare<br />
“nuovi” giornalisti, sostenne<br />
che, comunque, il “giornalismo<br />
è da insegnare”, che insomma<br />
ci fosse già una professione<br />
di giornalista a prescindere<br />
dai fini non tanto<br />
occulti del regime fascista.<br />
Sono passati 75 anni.<br />
D’Alema mette oggi in discussione<br />
le conquiste <strong>dei</strong><br />
giornalisti italiani, contraddicendo<br />
anche la sua azione<br />
di Governo. Non è uno spettacolo<br />
decente. Anche la sinistra<br />
francese al Governo<br />
nel 1981 pensava di cancellare<br />
gli Ordini. Poi Francois<br />
Mitterrand promosse una<br />
riforma degli Ordini.<br />
Il nostro <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
- (costituzionalmente<br />
legittimo come ha più volte<br />
scritto la Consulta dal 1968 in<br />
poi, organizzando soltanto<br />
coloro che manifestano il<br />
pensiero per professione) - è<br />
in linea con quello che chiede<br />
l’Europa: possesso (da<br />
parte degli iscritti professionisti)<br />
di “una” laurea almeno<br />
triennale, tariffe indicative<br />
(vincolanti soltanto sotto il<br />
profilo deontologico), facoltà<br />
<strong>dei</strong> cittadini comunitari di diventare<br />
giornalisti italiani sostenendo<br />
l’esame di stato<br />
nella loro lingua, facoltà per i<br />
giornalisti extracomunitari<br />
(che lavorano in Italia) di<br />
chiedere l’iscrizione nei nostri<br />
Albi anche per godere<br />
della tutela previdenziale e<br />
assistenziale (Inpgi e Casagit).<br />
Quello che i giornalisti<br />
italiani hanno creato dal<br />
1877 ad oggi (Fnsi, <strong>Ordine</strong>,<br />
Inpgi 1 e 2, Casagit, Fondo)<br />
è un unicum, che non ha<br />
eguali nel mondo. Il perno<br />
del sistema è la legge<br />
69/1963 sulla professione di<br />
giornalista, che, sostituendo<br />
il Rd 384/1928 sull’Albo,<br />
rafforza il contratto, consente<br />
l’esistenza dell’Inpgi e fissa<br />
soprattutto le regole deontologjche.<br />
Le regole deontologiche<br />
sono norma e su queste<br />
regole si fonda l’autonomia,<br />
la libertà, l’indipendenza<br />
della professione. Gli editori<br />
(con la presentazione di<br />
una contropiattaforma reazionaria<br />
e ai limiti della legalità)<br />
vogliono smontare questo<br />
sistema.<br />
Colpisce che persone della<br />
intelligenza di Massimo<br />
D’Alema, Eugenio Scalfari e<br />
Francesco Giavazzi partecipino<br />
oggettivamente a tale<br />
manovra, che in sostanza toglie<br />
diritti non solo ai giornalisti<br />
ma anche ai cittadini della<br />
Repubblica (tra cui quello<br />
fondamentale a una informazione<br />
corretta garantita oggi<br />
da giornalisti, che - grazie alla<br />
deontologia/norma - possono<br />
dissentire nelle loro<br />
aziende senza pagare il<br />
prezzo della perdita del posto).<br />
Non si deve e non si può<br />
consentire che restino soltanto<br />
gli ordini degli editori.<br />
L’<strong>Ordine</strong> è soprattutto la<br />
deontologia.<br />
Segnalazione 18 novembre 2005 dell’Antitrust a Parlamento e Governo<br />
Dall’abrogazione<br />
della legge<br />
cinque rischi<br />
per i giornalisti<br />
L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamento<br />
della professione di giornalista comporterà questi<br />
rischi:<br />
1) quella <strong>dei</strong> giornalisti non sarà più una professione intellettuale<br />
riconosciuta e tutelata dalla legge.<br />
2) risulterà abolita la deontologia professionale fissata<br />
nell’articolo 2 della legge professionale n. 69/1963.<br />
3) senza la legge n. 69/1963, cadrà per giornalisti (ed editori)<br />
la norma che impone il rispetto del “segreto professionale<br />
sulla fonte delle notizie”. Nessuno in futuro<br />
darà una notizia ai giornalisti privati dello scudo del<br />
segreto professionale.<br />
4) senza la legge professionale, direttori e redattori saranno<br />
degli impiegati di redazione vincolati soltanto da un<br />
articolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi<br />
di fedeltà verso l’azienda. Il direttore non sarà giuridicamente<br />
nelle condizioni di garantire l’autonomia<br />
della sua redazione. Quell’autonomia, che, come si<br />
legge nell’articolo 1 del Contratto nazionale di lavoro<br />
Fnsi/Fieg, poggia sulle regole deontologiche fissate<br />
nell’articolo 2 della legge n. 69/1963 istitutiva<br />
dell’<strong>Ordine</strong>. Perdita conseguente da parte <strong>dei</strong> giornalisti<br />
del diritto al dissenso garantito oggi dalla deontologia<br />
(= norma di legge) e potere dell’editore di sottoporre<br />
i dipendenti giornalisti a procedimento disciplinare:<br />
tra le sanzioni previste dalla legge 300/1970 anche il<br />
licenziamento. Senza la legge professionale, nelle<br />
aziende resteranno soltanto gli ordini degli editori!<br />
5) abolizione dell’Inpgi e passaggio <strong>dei</strong> giornalisti alla previdenza<br />
Inps.<br />
“Troppi privilegi<br />
ai professionisti, urge riforma”<br />
La riforma delle professioni è improcrastinabile anche alla luce<br />
delle sollecitazioni degli organismi internazionali. Lo afferma<br />
l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione<br />
18 novembre 2005 inviata a Parlamento e Governo<br />
che accompagna la Relazione sul settore.<br />
La Relazione, che è stata approvata nella riunione del 16 novembre<br />
2005, è frutto di due anni di lavoro nel corso <strong>dei</strong> quali<br />
l’Autorità ha promosso incontri con i rappresentanti di alcuni<br />
Ordini professionali per analizzare le restrizioni della concorrenza<br />
che ancora caratterizzano il settore. Ne è emersa, in<br />
molti casi, la disponibilità <strong>dei</strong> professionisti a modificare le regole<br />
ritenute obsolete a fronte invece di un atteggiamento del<br />
legislatore volto a tutelare posizioni conservative.<br />
Nel documento, che sarà esaminato nell’incontro degli esperti<br />
delle autorità di concorrenza degli Stati membri Ue, si auspica<br />
che la riforma venga messa a punto con un coinvolgimento<br />
dell’Autorità. Occorre uno sforzo in termini di dialogo da<br />
parte di tutti i soggetti interessati. Ma se l’attività di confronto<br />
non dovesse condurre a risultati soddisfacenti, l’Autorità potrà<br />
valutare la possibilità di utilizzare, nelle ipotesi di lesione della<br />
concorrenza, i poteri di intervento istruttori che la legge le riconosce,<br />
ricorrendo, grazie al primato del diritto comunitario,<br />
alla disapplicazione delle norme interne.<br />
Nella Relazione l’Autorità individua quattro aree critiche che<br />
frenano la concorrenza (ruolo degli ordini, tariffe inderogabili,<br />
limiti alla pubblicità, eccesso di regolazione normativa) e suggerisce<br />
le possibili misure.<br />
ORDINI E CODICI DEONTOLOGICI<br />
L’Autorità propone un profondo ripensamento del ruolo degli<br />
Ordini, il cui compito deve essere quello di promuovere la formazione<br />
(per garantire l’aggiornamento <strong>dei</strong> professionisti a<br />
vantaggio degli utenti) e di vigilare sulla correttezza <strong>dei</strong> comportamenti<br />
degli iscritti. Bisogna quindi contrastare la tendenza<br />
a far ricadere nei codici deontologici aspetti spiccatamente<br />
regolatori dell’esercizio delle professioni, che non hanno niente<br />
a che vedere con questioni di ordine etico.<br />
LE TARIFFE<br />
Occorre eliminare le tariffe predeterminate inderogabili. Si tratta<br />
di un tassello fondamentale nella riforma delle professioni<br />
per consentire lo svolgersi della concorrenza proprio a beneficio<br />
di un continuo miglioramento <strong>dei</strong> servizi professionali.<br />
La qualità minima della prestazione professionale è infatti garantita<br />
dalle regole di accesso alle professioni mentre i prezzi<br />
prefissati non costituiscono né un parametro di riferimento per<br />
gli utenti né un valido incentivo per i professionisti.<br />
Il risultato è che i costi <strong>dei</strong> servizi professionali sostenuti dalle<br />
imprese italiane sono sensibilmente superiori a quelli sostenuti<br />
per altri fattori della produzione, pur soggetti a regolamentazione.<br />
LA PUBBLICITÀ<br />
A parere dell’Autorità occorre introdurre il principio della libertà<br />
di mezzi e contenuti pubblicitari perché la pubblicità rappresenta<br />
uno strumento fondamentale di concorrenza. Le limitazioni<br />
sui contenuti dell’informazione pubblicitaria potrebbero<br />
essere giustificati solo in casi particolari.<br />
Ad esempio, potrebbero essere contemplate forme di regolamentazione<br />
della pubblicità per evitare la creazione di bisogni<br />
artificiali.<br />
I FRENI NORMATIVI<br />
In Italia esiste una regolamentazione normativa in molti casi<br />
sproporzionata, che attribuisce ingiustificati privilegi ai professionisti:<br />
si limita così l’accesso al mercato e se ne riduce l’efficienza<br />
complessiva a danno <strong>dei</strong> consumatori.Vanno perciò eliminate<br />
alcune riserve di attività, come le certificazioni di alcuni<br />
atti notarili o la vendita di medicinali da banco e occorre ripensare<br />
il sistema di accesso alle attività professionali riservate.<br />
È necessario eliminare i vincoli allo svolgimento delle professioni<br />
in forma societaria ed è indispensabile porre un argine alla<br />
domanda di regolamentazione espressa dalle professioni<br />
non protette.<br />
14 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
Da Tabloid numero 3 del 1997<br />
Gramsci: “No alla praticaccia,<br />
il giornalismo<br />
è da insegnare”<br />
di Emilio Pozzi<br />
“Scuole di giornalismo - Nella ‘Nuova antologia’ del 1° luglio<br />
1928 è pubblicato con questo titolo un articolo di<br />
Ermanno Amicucci che forse in seguito è stato pubblicato<br />
in volume con altri. L’articolo è interessante per le informazioni<br />
e gli spunti che offre. E da rilevare tuttavia che in<br />
Italia la quistione è molto più complessa da risolvere di<br />
quanto non paia leggendo questo articolo ed è da credere<br />
che i risultati delle iniziative scolastiche non possono essere<br />
molto grandi (almeno per ciò che riguarda il giornalismo<br />
tecnicamente inteso; le scuole di giornalismo saranno<br />
scuole di propaganda politica generale)”.<br />
Questa citazione è tratta da Quaderni del carcere di Antonio<br />
Gramsci e non lascia dubbi sul come il «prigioniero del regime<br />
fascista» nel campo della cultura e dell’informazione diffidi pregiudizialmente<br />
di ogni iniziativa di chi, nel 1925, ha ucciso la libertà<br />
di stampa. A questo punto, però, credo sia interessante,<br />
dal punto di vista <strong>dei</strong> giornalisti di oggi, leggere il seguito del<br />
saggio. Prosegue, intatti, Gramsci: “Il principio, però, che il<br />
giornalismo debba essere insegnato e che non sia razionale<br />
lasciare che il giornalista si formi da sé, casualmente,<br />
attraverso la ‘praticaccia’ è vitale e si andrà ‘sempre più<br />
imponendo a mano a mano che il giornalismo anche in<br />
Italia, diventerà un’industria più complessa e un organismo<br />
civile più responsabile’.<br />
Coloro che sostengono, ancora oggi, la populistica teoria <strong>dei</strong><br />
“giornalisti da marciapiede” - intesi come semplici e incolti ricercatori<br />
di notizie - sono consigliati di soffermarsi su queste righe<br />
di Gramsci. Continuiamo a leggere il suo testo che, è opportuno<br />
sottolinearlo, è scritto nel 1930. Dal carcere: “La quistione<br />
in Italia trova i suoi limiti nel fatto che non esistono<br />
grandi concentrazioni giornalistiche, per il decentramento<br />
della vita culturale nazionale. che i giornali sono molto pochi,<br />
e la massa <strong>dei</strong> lettori è scarsa”.<br />
Fermiamoci pure qui anche se le pagine dedicate da Gramsci<br />
ai problemi del giornalismo, toccando tutti i campi specifici, con<br />
acuta analisi da «addetto ai lavori», impossibilitato a esercitare,<br />
sono almeno 45. L’originale contributo gramsciano è inserito<br />
negli studi sul ruolo degli intellettuali e l’attività culturale in<br />
Italia. Quanti hanno ironizzato sul termine di «intellettuale organico»<br />
- e le voci più stizzite, come prevedibile, appartengono<br />
ai voltagabbana - farebbero bene a riguardare quelle pagine.<br />
Quanto ai giornalisti possono limitarsi a quelle 45 pagine<br />
segnalate poco sopra. La serenità di giudizio è la virtù di chi<br />
non ha paura di esprimere le proprie idee, pagando di persona,<br />
pronto però a ragionare sulle opinioni degli avversari, purché<br />
logiche ed efficaci per ottenere un risultato positivo. In questo<br />
caso il modo per migliorare la qualità della professione.<br />
VOCE “GIORNALE” DELLA “TRECCANI”<br />
Il giornalista abruzzese Cesare<br />
Amicucci fu il grande regista della<br />
stampa del regime fascista, segretario<br />
del Sindacato unico fascista <strong>dei</strong> giornalisti<br />
dal 1927 al 1932, poi direttore<br />
della Gazzetta del Popolo e infine del<br />
Corriere della Sera nel periodo<br />
1943/1945. Amicucci fu nel 1926 il promotore<br />
del primo contratto di lavoro<br />
giornalistico riconosciuto giuridicamente,<br />
dell’Inpgi, di un ufficio di collocamento<br />
per i giornalisti disoccupati, del<br />
Rd 384/1928 sull’Albo <strong>dei</strong> giornalisti e,<br />
nel 1929, anche della Scuola fascista<br />
Achille Starace<br />
(segretario del Pnf) premuto<br />
dagli editori e dai giornalisti<br />
napoletani chiude la<br />
Scuola di giornalismo di Roma.<br />
È il 23 giugno 1933<br />
Dalla scuola di Roma sono usciti giornalisti di prestigio come<br />
Vittorio Gorresio, Mario Pannunzio e Ugo Indrio. L’iniziativa, però,<br />
non era piaciuta agli editori, che dal 1932 erano obbligati dal contratto<br />
(l’ultimo firmato da Amicucci) ad assumere giornalisti professionisti<br />
e, quindi, anche gli allievi della Scuola di Roma e i laureati<br />
in Scienze politiche a indirizzo giornalistico di Perugia. Gli<br />
editori - che volevano riprendersi l’arbitrio di fare i giornalisti a<br />
prescindere dai titoli di studio - trovano ascolto in Achille Starace<br />
neosegretario del Pnf dal 1931. L’occasione per concludere la<br />
partita, come racconta Gallavotti, fu offerta ai primi del 1933 da<br />
Arturo Assante, segretario del sindacato napoletano <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e poi direttore del Mattino, che bolla la Scuola come “inadeguata”.<br />
Il segretario del Sindacato unico fascista <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
Aldo Valori, decide di chiudere la Scuola “dopo la constatazione<br />
dell’impossibilità di provvedere ai mezzi finanziari occorrenti”.<br />
Starace è d’accordo e fissa la data della chiusura nel 23 giugno<br />
1933. Il duce, giornalista che viene dalla gavetta, tace e acconsente.<br />
Amicucci e Bottai sono i grandi sconfitti. Mussolini ha compiuto<br />
l’ultima capriola, mettendo a tacere la sinistra del partito. Lo<br />
stesso Stato corporativo sopravvive a se stesso. Ugo Spirito,<br />
ideatore della “corporazione proprietaria”, viene tacciato di comunismo.<br />
Mussolini poi riprenderà questo discorso nel<br />
1943/1945 con la Rsi, ma ormai alla “socializzazione <strong>dei</strong> mezzi<br />
di produzione” non crede nessuno.<br />
È propaganda. Solo Amicucci, come direttore del Corriere della<br />
Sera, crede nella svolta della “Carta di Verona” del 1943. Il giornalista,<br />
nel 1945, è condannato a morte, ma la Cassazione commutò<br />
la condanna in 30 anni di carcere. Uscirà dal carcere nel<br />
1947 a seguito della legge sull’amnistia voluta dal guardasigilli<br />
Palmiro Togliatti (segretario del Pci).<br />
Amicucci illustra la svolta<br />
universitaria della professione<br />
sotto il regime di Mussolini.<br />
“Modello americano”<br />
e ricerca di modernità<br />
di durata breve (1930-1933)<br />
In Italia il primo passo verso<br />
un’istituzione giornalistica fu<br />
compiuto nel 1928, per interessamento<br />
dello stesso<br />
Sindacato nazionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti, con l’istituzione di<br />
una cattedra di Storia del<br />
giornalismo e di Legislazione<br />
sulla stampa, interna<br />
e comparata alla facoltà fascista<br />
di Scienze politiche<br />
presso l’ università di Perugia.<br />
Seguì l’istituzione di<br />
corsi speciali all’Università di<br />
Ferrara, all’Università cattolica<br />
di Milano e all’Università<br />
di Trieste. Nel gennaio del<br />
1930 fu inaugurata a Roma<br />
la Scuola di giornalismo, fondata<br />
dal sindacato nazionale<br />
fascista <strong>dei</strong> giornalisti e con<br />
l’interessamento <strong>dei</strong> ministeri<br />
delle Corporazioni e<br />
dell’Educazione nazionale.<br />
La scuola comprende un<br />
corso biennale d’insegnamento,<br />
superato il quale gli<br />
studenti ricevono un diploma<br />
di giornalismo. “Con la scuola - scrive<br />
Eugenio Gallavotti in La Scuola fascista<br />
di Giornalismo, Sugar Edizioni<br />
1982 - il sindacato di Amicucci intendeva<br />
completare l’irregimentazione <strong>dei</strong><br />
giornalisti attraverso uno degli strumenti<br />
più congeniali al regime: l’educazione”.<br />
Amicucci nel 1926 aveva visitato la celebre<br />
scuola di giornalismo della<br />
Columbia University di New York, fondata<br />
nel 1903 da Joseph Pulitzer, e ne<br />
era rimasto affascinato. Amicucci ha<br />
compilato la voce “Giornale” dell’Enciclopedia<br />
Treccani (XVII volume), dove<br />
parla della “Scuola professionale di<br />
giornalismo” (voluta dal Sindacato e figlia<br />
del rd 2291/1929) e inaugurata nel<br />
gennaio 1930 a Roma (Piazza<br />
Colonna 366) da Bruno Bottai (ministro<br />
delle Corporazioni fino al 1932 e poi<br />
dell’Educazione nazionale, inventore<br />
nel 1926 dello Stato corporativo e leader,<br />
con Edmondo Rossoni, del “fascismo<br />
movimento” componente di sinistra<br />
del regime).<br />
Pubblichiamo qui sotto l’ultima parte<br />
del saggio.<br />
che, esistendo anche gli altri<br />
requisiti prescritti dal regolamento<br />
per l’albo professionale<br />
(regio decreto 26 febbraio<br />
1928, n. 384), in virtù<br />
del regio decreto 21 novembre<br />
1929 n. 2291, darà loro il<br />
diritto di essere iscritti nel<br />
ruolo <strong>dei</strong> giornalisti, senza i<br />
18 mesi di pratica redazionale.<br />
Inoltre, gli studenti della<br />
facoltà di Scienze politiche<br />
dell’università di Perugia,<br />
che vogliano conseguire la<br />
laurea “con indirizzo giornalistico”,<br />
devono frequentare<br />
per due anni, nei mesi di<br />
marzo, aprile, e maggio, le<br />
esercitazioni pratiche della<br />
Scuola di giornalismo di<br />
Roma, ottenendone un certificato<br />
di compiuto tirocinio.<br />
Con questo avranno la laurea<br />
che li abilita all’iscrizione<br />
nell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti e<br />
quindi all’esercizio della professione.<br />
Ermanno Amicucci<br />
Risvolto paradossale:<br />
il tariffario dell’<strong>Ordine</strong> è in linea con l’Europa<br />
si ai liberi professionisti. Il giudice per legge non può prescindere<br />
dal parere di congruità. Ne tiene conto al 100% quando<br />
decide. Il nostro ufficio legale (avv. Luisella Nicosia) ha ottenuto<br />
decine di vittorie.<br />
Tra le tante sentenze pronunciate in questi anni a favore di<br />
molti colleghi le più significative riguardano l’accoglimento del<br />
principio di legge previsto dall’art. 2225 e seguenti del nostro<br />
Codice Civile, in base al quale, in assenza di accordo diverso,<br />
Il tariffario, varato ogni anno dal Consiglio nazionale, indicativo<br />
e non vincolante, è in linea con quel che vuole l’Europa. Gli<br />
altri Ordini sono in difetto e presto i loro tariffari verranno<br />
smantellati dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo e<br />
dall’Antitrust. Il Tariffario ha valore quando il presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> rilascia il parere di congruità (ex artt. 2233 Cc<br />
nonché 633-636 Cpc) ai colleghi, che hanno deciso di citare<br />
in giudizio gli editori, i quali riconoscono compensi vergognovanno<br />
applicate alle prestazioni giornalistiche le tariffe professionali,<br />
senza possibilità per il giudice di negarle, se non con<br />
adeguata motivazione.<br />
Circostanza importante, destinata, nel lungo periodo, a scoraggiare<br />
comportamenti di arbitrio e di unilateralità nella determinazione<br />
ex post <strong>dei</strong> compensi, così diffusa tra editori e<br />
committenti a danno e a scapito della professionalità <strong>dei</strong> giornalisti<br />
che operano come liberi professionisti.<br />
Codice Civile<br />
Articolo 2225. Corrispettivo.<br />
Il corrispettivo [c.c. 2222], se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo<br />
le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice [c.c. 1657] in relazione al risultato<br />
ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo [c.c. 1709, 1755, 2233].<br />
Articolo 2233. Compenso.<br />
Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o<br />
gli usi, è determinato dal giudice, [sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista<br />
appartiene] [c.c. 1657, 1709, 1755, 2225] (1).<br />
In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro<br />
della professione.<br />
Gli avvocati, i procuratori (2) e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare<br />
con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate<br />
al loro patrocinio, sotto pena di nullità [c.c. 1418] e <strong>dei</strong> danni.<br />
-----------------------<br />
(1) L’inciso deve ritenersi abrogato per effetto della soppressione dell’ordinamento corporativo,<br />
disposta con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721 e della soppressione delle organizzazioni sindacali<br />
fasciste, disposta con D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Le relative funzioni sono<br />
ora devolute ai Consigli degli ordini in virtù dell’art. 1, D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382,<br />
recante norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle commissioni interne professionali. La<br />
Corte costituzionale, con sentenza 5-13 febbraio 1974, n. 32 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1974, n.<br />
48), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma in riferimento all’articolo<br />
24, comma secondo, Cost., all’articolo 3, comma primo, Cost. e all’articolo 101, comma<br />
secondo, Cost.<br />
(2) La L. 24 febbraio 1997, n. 27, ha soppresso l’albo <strong>dei</strong> procuratori legali ed ha disposto la<br />
sostituzione del termine “procuratore legale” con il termine “avvocato”.<br />
Codice di procedura civile<br />
Articolo 633. Condizioni di ammissibilità.<br />
Su domanda [c.p.c. 638] di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata<br />
quantità di cose fungibili [c.p.c. 639], o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile<br />
determinata, il giudice competente [c.p.c. 637] pronuncia ingiunzione di pagamento [c.p.c. 658]<br />
o di consegna:<br />
1. se del diritto fatto valere si dà prova scritta [c.c. 2699; c.p.c. 635];<br />
2. se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte<br />
da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari [c.p.c. 91] o da chiunque altro ha prestato<br />
la sua opera in occasione di un processo;<br />
3. se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale,<br />
oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa<br />
legalmente approvata.<br />
L’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da<br />
una condizione, purché il ricorrente offra elementi atti a far presumere l’adempimento della controprestazione<br />
o l’avveramento della condizione [c.c. 1359].<br />
Articolo 636. Parcella delle spese e prestazioni.<br />
Nei casi previsti nei nn. 2 e 3 dell’articolo 633, la domanda [c.p.c. 638] deve essere accompagnata<br />
dalla parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata<br />
dal parere della competente associazione professionale (1). Il parere non occorre se<br />
l’ammontare delle spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie.<br />
Il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell’articolo 640, deve attenersi al parere nei limiti<br />
della somma domandata, salva la correzione degli errori materiali.<br />
(1) Le associazioni professionali sono state soppresse dal D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n.<br />
369. Le relative funzioni sono ora devolute ai consigli degli ordini in virtù dell’art. 1, D.Lgs.Lgt.<br />
23 novembre 1944, n. 382.<br />
(leggi https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=414 oppure https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=504 oppure https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=1858).<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
15
In Europa c’è voglia<br />
di <strong>Ordine</strong>, in Italia no<br />
di Alberto Comuzzi*<br />
Nei salotti della politica, più che nella società,<br />
si torna a parlare di abolizione degli ordini<br />
professionali. Per quanto attiene al nostro<br />
<strong>Ordine</strong>, Franco Abruzzo ha già risposto all’on.<br />
Massimo D’Alema, al professor Francesco<br />
Giavazzi e a Eugenio Scalfari, una specie di<br />
tridente d’attacco della squadra degli abolizionisti.<br />
Ad evitare equivoci diciamo subito<br />
che la legge istitutiva dell’<strong>Ordine</strong> (3 febbraio<br />
1963 n. 69) non è un dogma di fede. Se per<br />
il bene d’Italia occorre abolire gli Ordini, non<br />
esitiamo un istante: chiudiamoli. Ci sono già<br />
tanti enti inutili che appesantiscono lo sviluppo<br />
del nostro Paese. Se diminuiamo di qualche<br />
unità le 15.000 (sì, proprio quindicimila)<br />
istituzioni pubbliche distribuite nelle venti regioni,<br />
cento province e ottomila comuni, qualcuno<br />
potrebbe pure compiacersi e, chissà,<br />
pure congratularsi con noi. La questione,<br />
però, non è in questi termini. Quand’anche si<br />
abolissero gli Ordini, le loro funzioni, dovrebbero<br />
comunque essere svolte da altri soggetti.<br />
È ipotizzabile, da parte dello Stato, la rinuncia<br />
a verificare se una persona fisica sia<br />
abilitata a svolgere, nel proprio territorio, attività<br />
che hanno oggettive ripercussioni sulla<br />
vita di altri cittadini Evidentemente, no; e allora<br />
ci saranno altri uffici - che si chiameranno<br />
Battista, Loredana, Giacomo o Simonetta<br />
(lasciamo alla fantasia del lettore sbizzarrirsi<br />
come meglio crede) - destinati a svolgere gli<br />
stessi compiti oggi affidati agli Ordini. È plausibile<br />
che dopo quarantadue anni - alla luce<br />
di una società radicalmente mutata - anche<br />
un ente, come il nostro <strong>Ordine</strong>, mostri, in qualche<br />
parte, i segni dell’usura. Una riforma, anche<br />
radicale, quindi, non è solo auspicabile,<br />
ma necessaria. Si potrebbe, per esempio, cominciare<br />
dal punto “d” dell’art. 11 (adozione di<br />
provvedimenti disciplinari da parte del<br />
Consiglio). Perché non demandare parte di<br />
questa materia ad un diverso organo giudicante<br />
Una commissione, che so, composta<br />
da tre magistrati in pensione o tre luminari di<br />
scienze giuridiche integrati da due membri<br />
del Consiglio: qualcosa di simile, per intenderci,<br />
ai Collegi - già esistenti - istituti presso<br />
i Tribunali per giudicare taluni reati “disciplinari”<br />
commessi dai giornalisti. Non mi dilungo su<br />
quest’aspetto perché ne scrive più diffusamente<br />
Ezio Chiodini. S’intuisce, però, che basterebbe<br />
questo semplice “aggiustamento” alla<br />
legge per alleviare i Consigli di un compito<br />
che impegna tante energie; energie che potrebbero<br />
essere meglio convogliate soprattutto<br />
nella formazione (a partire dall’aggiornamento<br />
professionale in tutte le sue varie sfaccettature)<br />
o nella tenuta degli albi (con valutazioni<br />
più accurate di coloro che chiedono l’iscrizione).<br />
È paradossale: mentre in Italia si riapre la<br />
questione degli Ordini, in altri Paesi europei<br />
c’è chi si interroga se non sia il caso d’introdurli.<br />
Pochi mesi fa, il 30 settembre 2005, è<br />
stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale<br />
dell’Unione europea, la nuova Direttiva<br />
2005/36/CE del Parlamento europeo e del<br />
Consiglio del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento<br />
delle qualifiche professionali.<br />
Questa nuova Direttiva - che sostituisce tutte<br />
le precedenti, sia generali che settoriali, nel<br />
campo del riconoscimento professionale - pone<br />
le premesse per la nascita degli Ordini là<br />
dove non esistono e persino nella tradizionalissima<br />
e conservatrice Gran Bretagna c’è già<br />
qualcuno che si sta agitando in questo senso.<br />
La vera questione, per quanto ci riguarda,<br />
non è di abolire gli Ordini, ma di riformarli,<br />
adeguandoli alle mutate esigenze sociali e<br />
professionali. Se sono progressivamente diventati<br />
<strong>dei</strong> centri di potere autoreferenziali,<br />
come da talune parti si sostiene, basta lavorare<br />
per smantellarli e trasformarli in ciò che<br />
devono essere: agili strutture a tutela <strong>dei</strong> cittadini,<br />
prima che <strong>dei</strong> loro associati. Si demolisce<br />
una vettura perché ha i pneumatici usurati<br />
e i freni rotti Supponendo pure di essere<br />
molto facoltosi e di alienare tale vettura, la<br />
domanda è: ci si priva dell’auto o la si sostituisce<br />
Il dibattito, ovviamente, è aperto.<br />
Avremo modo di tornarci sopra.<br />
*consigliere tesoriere dell’OgL<br />
Organo giudicante esterno,<br />
ma con istruttoria fatta in casa<br />
di Ezio Chiodini*<br />
Si sta sviluppando sulla stampa - ma non<br />
solo - un ampio dibattito sugli Ordini professionali,<br />
che si può riassumere in questa domanda:<br />
gli Ordini professionali hanno ancora<br />
un ruolo, un senso compiuto, o non sono<br />
diventati, piuttosto, organismi autoreferenziali,<br />
strumenti di potere e anche corporazioni<br />
che impediscono lo sviluppo moderno<br />
delle libere professioni<br />
Ovviamente c’è chi la pensa in un modo e<br />
chi nell’altro. Chi afferma - e scrive - che gli<br />
DIBATTITO<br />
SULL’ORDINE<br />
Ordini professionali “muovono” un migliaio di<br />
miliardi di vecchie lire l’anno ad esclusivo<br />
beneficio di chi fa parte di queste strutture e<br />
chi - invece - sostiene che senza gli Ordini<br />
professionali sarebbe la giungla.<br />
Personalmente non ritengo che gli Ordini<br />
professionali debbano essere aboliti. Ma<br />
penso anche che l’occasione dell’attuale dibattito<br />
non debba essere sciupata e che sia<br />
il momento giusto per porsi una seria riflessione<br />
sul loro ruolo attuale e, soprattutto, su<br />
quello futuro. Infatti, argomenti e perplessità<br />
non mancano.<br />
A cominciare dal rispetto della deontologia.<br />
Chi non la rispetta viene punito, secondo<br />
una graduatoria che è diversa da <strong>Ordine</strong> ad<br />
<strong>Ordine</strong>. Però, a che cosa serve l’eventuale<br />
punizione Avete mai letto da qualche parte<br />
di un avvocato “ammonito” o di un notaio<br />
“bacchettato” perché non ha fatto bene il suo<br />
lavoro Avete mai letto di un medico sospeso<br />
o addirittura radiato dal proprio <strong>Ordine</strong><br />
Per non parlare di “sentenze” a carico di architetti,<br />
geometri, commercialisti… e via discorrendo.<br />
Eppure, la punizione, di qualunque grado,<br />
dovrebbe essere portata a diretta conoscenza<br />
del pubblico perché questi liberi professionisti<br />
lavorano con i cittadini i quali hanno<br />
tutto il diritto di sapere se il professionista al<br />
quale magari stanno per rivolgersi ha qualche<br />
macchiolina - o macchiolona - di cui dover<br />
rispondere. Insomma, se è affidabile al<br />
cento per cento (in questo contesto fa lodevole<br />
eccezione il nostro <strong>Ordine</strong> lombardo,<br />
che si premura di rendere pubbliche le proprie<br />
“sentenze” sia usando <strong>Ordine</strong> Tabloid,<br />
sia evidenziandole sul sito, sia diramando<br />
comunicati).<br />
Il fatto è che le cose non funzionano in questo<br />
modo e le eventuali sanzioni disciplinari<br />
assumono spesso la caratteristica di “panni<br />
sporchi lavati in famiglia”. Quando si lavano,<br />
beninteso, perché anche l’organo giudicante,<br />
formato da professionisti della stessa categoria,<br />
non può, per sua natura, essere<br />
considerato a priori al di sopra di qualsiasi<br />
“contiguità”.<br />
Forse non c’è nulla di male nel fatto che alcuni<br />
professionisti, riuniti in organo giudicante,<br />
mettano sotto giudizio loro colleghi. Ma<br />
non c’è neppure nulla di male nell’ammettere<br />
che questa pratica lascia supporre alcuni<br />
imbarazzi. Per esempio l’imbarazzo possibile<br />
di un avvocato nel sottoporre a giudizio<br />
l’operato (o il comportamento) di un principe<br />
del Foro, al cui studio vorrebbe magari associarsi.<br />
Ciò - e forse a maggior ragione - vale anche<br />
per i giornalisti. Ritengo a maggior ragione,<br />
poiché il lavoro giornalistico è sostanzialmente<br />
mutato negli ultimi anni ed anche perché<br />
la categoria, considerata nel suo insieme,<br />
è profondamente cambiata.<br />
Qualche dato. All’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti risultano<br />
iscritte circa 95 mila persone. I giornalisti<br />
professionisti sono però soltanto circa 19<br />
mila (contando anche i giornalisti pensionati),<br />
45 mila i pubblicisti e circa 30 mila gli<br />
iscritti all’elenco speciale (direttori di riviste<br />
tecniche, professionali e scientifiche).<br />
La prima considerazione è che la “categoria”<br />
degli iscritti (a diverso titolo) all’<strong>Ordine</strong> è ormai<br />
forse più numerosa di quella <strong>dei</strong> metalmeccanici<br />
(la battuta rende l’idea) soprattutto<br />
se consideriamo la Lombardia, dove gli<br />
iscritti all’<strong>Ordine</strong> superano addirittura il numero<br />
di 22 mila. La seconda riguarda il crescente<br />
divario fra giornalisti professionisti e<br />
pubblicisti. La conclusione è che la categoria<br />
è molto, molto disomogenea, conseguenza<br />
di una realtà professionale e sociale<br />
molto mutata in cui, spesso, invece di ritrovare<br />
<strong>dei</strong> fini comuni si riscontrano interessi<br />
contrapposti. A differenza, è bene dirlo, di altre<br />
categorie professionali, come per esempio<br />
quelle <strong>dei</strong> medici e degli avvocati e categorie<br />
di lavoratori dipendenti, come per<br />
esempio quelle <strong>dei</strong> metalmeccanici, <strong>dei</strong> dirigenti<br />
e così via.<br />
Questa è una realtà importante su cui riflettere,<br />
perché ci fa dire (come del resto ha<br />
sempre detto Paolo Murialdi, maestro di quel<br />
giornalismo d’antan che allora aveva, sì, interessi<br />
comuni e un comune spirito professionale)<br />
che non esiste “il” giornalismo o “un<br />
solo” giornalismo. No, esistono “i” giornalismi.<br />
Con le loro sfaccettature, i loro problemi,<br />
le loro realtà, i loro interessi.<br />
E l’<strong>Ordine</strong> li accoglie (li deve accogliere) tutti,<br />
senza distinzione. Non so dire se sia giusto<br />
o se sia sbagliato, voglio solo dire che<br />
questa realtà è un problema e lo sarà, a bocce<br />
ferme, sempre di più.<br />
Un problema, soprattutto per quanto riguarda<br />
la deontologia che appare sempre meno<br />
un unicum saldo e indiscutibile. Perché è evidente,<br />
per esempio, la differenza di interessi<br />
fra un giornalista professionista che lavora<br />
normalmente per un giornale e un pubblicista<br />
il quale, oltre a collaborare, come professione<br />
primaria fa magari l’avvocato, il medico,<br />
il commercialista o l’insegnante e in primis<br />
deve rispondere della “propria” deontologia<br />
professionale (oltre che ai propri<br />
Ordini); così com’è evidente la “differenza di<br />
interessi” fra chi ha una stabile occupazione<br />
e un free-lance, fra chi lavora in un giornale<br />
di punta ed uno che lavora in una pubblicazione<br />
settoriale o in un settimanale di quiz.<br />
Insomma, le realtà sono tante e le differenze<br />
altrettante. Così come sono tante le nuove<br />
pubblicazioni, nate soprattutto per esigenze<br />
pubblicitarie e che quindi debbono la<br />
loro sopravvivenza alla pubblicità. Nuove<br />
pubblicazioni nelle quali o per le quali lavorano,<br />
in particolare, molti <strong>dei</strong> neo pubblicisti.<br />
Quale deontologia, dunque<br />
E quale organo giudicante A mio parere gli<br />
Ordini professionali non debbono avere un<br />
organo giudicante composto da professionisti<br />
della categoria.<br />
Quello <strong>dei</strong> giornalisti in particolare, sia per le<br />
osservazioni fatte sia perché nei consigli in<br />
veste di organi giudicanti c’è disomogeneità,<br />
in quanto i consiglieri sono sia professionisti<br />
(abilitati alla professione esclusiva da un<br />
esame di Stato) sia pubblicisti che quasi<br />
sempre esercitano prioritariamente un’altra<br />
professione. Chiamati tutti, indifferentemente,<br />
a giudicare. Sì, ma che cosa E con quali<br />
criteri Come giudicare “senza ombra di<br />
dubbio e con assoluta serenità” atti e comportamenti<br />
in una realtà composita e complessa<br />
e in continua trasformazione A mio<br />
parere è meglio - e ciò vale per tutti gli Ordini<br />
- che l’organo giudicante sia esterno, magari<br />
composto da magistrati (o giuristi) in pensione,<br />
anche se l’istruttoria dev’essere, ovviamente,<br />
fatta dall’<strong>Ordine</strong> stesso.<br />
È un’idea, nulla più. Ma un’idea su cui occorre<br />
riflettere e che deve diventare, a mio<br />
avviso, oggetto di un ampio dibattito che non<br />
si limiti all’attività “giudicante” degli Ordini ma<br />
comprenda l’intero loro ruolo nella società (e<br />
nelle professioni) attuale e in quella prossima.<br />
All’inizio ho però parlato di nuovo ruolo per<br />
gli Ordini, in particolare quello <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e mi sono soffermato sul “problema deontologia”<br />
solo perché è il più evidente nell’attuale<br />
realtà giornalistica e/o editoriale. Ma<br />
non è l’unico.<br />
E soltanto un’accurata analisi della realtà<br />
giornalistico/editoriale ci potrà suggerire come<br />
“riformare” il nostro <strong>Ordine</strong>, quale ruolo<br />
attribuirgli, come farlo diventare (o ridiventare)<br />
uno strumento per stimolare e aiutare<br />
anche la formazione di un nuovo ruolo e una<br />
nuova consapevolezza del giornalismo italiano.<br />
O “<strong>dei</strong>” giornalismi<br />
*revisore dell’OgL<br />
Cassazione civile: “Anche l’attribuire<br />
un reato può costituire legittimo<br />
esercizio del diritto di cronaca”<br />
Cassazione penale:<br />
“La critica<br />
non può essere asettica”<br />
Anche l'attribuzione a una persona di un<br />
reato può costituire legittimo esercizio del<br />
diritto di informazione e di critica quando sia<br />
correttamente motivata (Cassazione<br />
Sezione Terza Civile n. 559 del 13 gennaio<br />
2005, Pres. Duva, Rel. Sabatini). In tema di<br />
diffamazione a mezzo stampa, per l'applicazione<br />
della scriminante dell'esercizio del<br />
diritto è necessaria non solo la verità oggettiva<br />
del fatto, ma anche la cosiddetta<br />
continenza, e cioè la correttezza dell'esposizione<br />
di esso.<br />
Va ricondotta al legittimo esercizio del diritto<br />
di informazione e di critica anche l'attribuzione<br />
ad un soggetto di un reato, quando<br />
non si traduca in una enunciazione immotivata<br />
ma possa ricavarsi, con l'ordinario raziocinio<br />
dell'uomo medio e con minore o<br />
maggiore fondamento, dalla concatenazione<br />
di un certo numero di fatti veri, obiettivamente<br />
e correttamente riferiti, che rivestano<br />
interesse per una collettività più o meno vasta<br />
di soggetti.<br />
(www.legge-e-giustizia.it)<br />
La critica è lecita anche se non<br />
si riferisce a precisi dati fattuali.<br />
Il giudizio non può essere rigorosamente<br />
obiettivo ed imparziale<br />
(Cassazione Sezione<br />
Quinta Penale n. 6419 del 21<br />
febbraio 2005, Pres. Providenti,<br />
Rel. Bruno). Secondo l’orientamento<br />
espresso dalla<br />
Suprema Corte in alcune sentenze<br />
tra cui Sezione Quinta<br />
Penale n. 2300 del 23 gennaio<br />
2004 e n. 19334 del 5 marzo<br />
2004, a differenza di quanto si<br />
verifica con riguardo al diritto di<br />
cronaca, non si richiede che la<br />
critica sia formulata con riferimento<br />
a precisi dati fattuali,<br />
sempre che il nucleo e il profilo<br />
essenziale di questi non siano<br />
strumentalmente travisati e<br />
manipolati.<br />
Questa affermazione va non<br />
di meno intesa non già nel<br />
senso che la critica possa essere<br />
del tutto avulsa da ogni<br />
riferimento alla realtà sostanziale,<br />
ma nel senso che, proprio<br />
perché attività speculativa<br />
e congetturale, attraverso la<br />
lettura o la rivisitazione di fatti<br />
veri, la stessa non può pretendersi<br />
del tutto asettica, quasi<br />
fedele riproposizione di quegli<br />
accadimenti, perché, se così<br />
fosse, sarebbe cronaca e non<br />
16 ORDINE 1 <strong>2006</strong>
Le convenzioni e i patti internazionali rafforzano<br />
in Italia la tutela <strong>dei</strong> diritti fondamentali<br />
della persona anche nel campo della libertà<br />
di manifestazione del pensiero<br />
Ricerca di Franco Abruzzo*<br />
■La Dichiarazione universale <strong>dei</strong> diritti dell’uomo, approvata<br />
il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea delle Nazioni Unite (assemblea<br />
di cui l’Italia fa parte dal 1954), all’articolo 19 afferma<br />
solennemente: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione<br />
e di espressione incluso il diritto di non essere molestato<br />
per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e<br />
diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza<br />
riguardo a frontiere».<br />
■La Convenzione europea per la salvaguardia <strong>dei</strong> diritti<br />
dell’uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4<br />
novembre 1950 e ratificata con la legge 4 agosto 1955 n. 848)<br />
all’articolo 10 (Libertà di espressione) recita: «Ogni persona<br />
ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende<br />
la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare<br />
informazioni o idee senza che vi possa essere interferenza<br />
di pubbliche autorità e senza riguardo alla nazionalità.<br />
Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un<br />
regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema<br />
o di televisione.<br />
L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità,<br />
può essere sottoposto a formalità, condizioni,<br />
restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono<br />
misure necessarie, in una società democratica,<br />
per la sicurezza nazionale, per l’integrità territoriale o per la<br />
pubblica sicurezza, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione<br />
<strong>dei</strong> reati, per la protezione della salute o della morale,<br />
per la protezione della reputazione o <strong>dei</strong> diritti altrui, per impedire<br />
la divulgazione di informazioni riservate o per garantire<br />
l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario».<br />
■Il “Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici”<br />
(firmato il 19 dicembre 1966 e ratificato con la legge 25 ottobre<br />
1977 n. 881) all’articolo 19 recita: «Ogni individuo ha diritto<br />
a non essere molestato per le proprie opinioni. Ogni individuo<br />
ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende<br />
la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni<br />
e idee di ogni genere, senza riguardo e frontiere, oralmente,<br />
per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o<br />
attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta. L’esercizio delle<br />
libertà previste al paragrafo 2 del presente articolo comporta<br />
doveri e responsabilità speciali. Esso può essere pertanto<br />
sottoposto a talune restrizioni che, però, devono essere<br />
espressamente stabilite dalla legge ed essere necessarie:<br />
a) al rispetto <strong>dei</strong> diritti o della reputazione altrui; b) alla salvaguardia<br />
della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della<br />
sanità o della morale pubblica».<br />
■La “Convenzione di New York sui diritti del fanciullo” (legge<br />
27 maggio 1991 n. 176) all’articolo 13 proclama: «Il fanciullo<br />
ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto<br />
comprende la libertà di ricercare, di ricevere o di divulgare<br />
informazioni ed idee di ogni specie, indipendentemente<br />
dalle frontiere, sotto forma orale scritta, stampata<br />
od artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo».<br />
L’articolo 16 della Convenzione afferma inoltre che<br />
“nessun fanciullo può essere sottoposto ad interferenze<br />
arbitrarie o illegali nella sua vita privata” (sono le parole<br />
precise dell’articolo 12 della Dichiarazione universale <strong>dei</strong><br />
diritti dell’uomo).<br />
■La “Carta <strong>dei</strong> diritti fondamentali dell’Unione europea”<br />
(Consiglio europeo di Nizza, 7-9 dicembre 2000) all’articolo 11<br />
(Libertà di espressione e d’informazione) afferma: “1. Ogni individuo<br />
ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include<br />
la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare<br />
informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da<br />
parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. 2. La<br />
libertà <strong>dei</strong> media e il loro pluralismo sono garantiti”.<br />
■Il “Trattato che adotta la Costituzione per l’Europa” (Roma,<br />
29.10.2004) all’articolo 71 (Libertà di espressione e d’informazione)<br />
riprende Nizza e ribadisce: “1. Ogni persona ha diritto<br />
alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di<br />
opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni<br />
o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità<br />
pubbliche e senza limiti di frontiera. 2. La libertà <strong>dei</strong> media<br />
e il loro pluralismo sono rispettati”.<br />
In sintesi il principio che ogni persona abbia il<br />
diritto di manifestare liberamente il suo pensiero<br />
con ogni mezzo stabilito dal legislatore<br />
costituzionale italiano cammina di pari passo<br />
con il «diritto alla libertà di espressione» («diritto<br />
che comprende la libertà di opinione e la<br />
libertà di ricevere o di comunicare informazioni<br />
o idee senza che vi possa essere interferenza<br />
di pubbliche autorità») sancito dall’articolo<br />
10 della Convenzione europea per la salvaguardia<br />
<strong>dei</strong> diritti dell’uomo e delle libertà<br />
fondamentali. L’articolo 10 della Convenzione,<br />
mutuato dall’articolo 19 della Dichiarazione<br />
universale <strong>dei</strong> diritti dell’uomo, è stato ampliato<br />
successivamente dall’articolo 19 del Patto<br />
internazionale di New York relativo ai diritti civili<br />
e politici il quale stabilisce: «..Ogni individuo<br />
ha il diritto della libertà di espressione; tale diritto<br />
comprende la libertà di cercare, ricevere e<br />
diffondere informazioni e idee di ogni genere,<br />
senza riguardo a frontiere, oralmente, per<br />
iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica<br />
o attraverso qualsiasi altro mezzo a sua scelta».<br />
Queste enunciazioni - recuperate a Nizza<br />
nel 2000 e a Roma nel 2004 - formano un intreccio<br />
di rango costituzionale. Non sfugga la<br />
rilevanza dell’inserimento, attraverso leggi ordinarie,<br />
della Convenzione europea per la<br />
salvaguardia <strong>dei</strong> diritti dell’uomo e del<br />
Patto di New York relativo ai diritti civili e<br />
politici nell’ordinamento giuridico dello Stato:<br />
il diritto di «cercare, ricevere e diffondere<br />
informazioni attraverso la stampa» figura<br />
esplicitamente nel nostro ordinamento e allarga<br />
la sfera del «diritto di manifestare il pensiero»<br />
tutelata dall’articolo 21 della Costituzione.<br />
Si tratta di un crescendo di affermazioni e riconoscimenti<br />
che, partendo dalla solenne dichiarazione<br />
dell’articolo 21 della nostra<br />
Costituzione, passando attraverso le interpretazioni<br />
e le applicazioni della legislazione ordinaria<br />
e delle sentenze emesse da Corti di giustizia<br />
(tra le quali spicca la Corte europea <strong>dei</strong><br />
diritti dell’uomo) di ogni ordine e grado, tornano<br />
all’articolo 21 citato disegnandone con<br />
estrema chiarezza i contenuti anche nei confronti<br />
della attività dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti il<br />
quale «organizza coloro che per professione<br />
manifestano il pensiero» (sentenza n. 11/1968<br />
della Corte Costituzionale): “Se la libertà di<br />
informazione e di critica è insopprimibile, bisogna<br />
convenire che quel precetto, più che il<br />
contenuto di un semplice diritto, descrive la<br />
funzione stessa del libero giornalista: è il venir<br />
meno ad essa, giammai l’esercitarla che può<br />
compromettere quel decoro e quella dignità<br />
sui quali l’<strong>Ordine</strong> è chiamato a vigilare”<br />
(Corte cost., sentenza 11/1968).<br />
Quando parliamo della libertà di informazione<br />
parliamo, quindi, di libertà di espressione e di<br />
opinione, di libertà di cronaca e di critica, valori<br />
di tutti i cittadini di una nazione ma che trovano<br />
il momento più esaltante nel giornalismo<br />
e nella professione giornalistica. I giornalisti si<br />
pongono come mediatori intellettuali tra i fatti<br />
che accadono e i cittadini che leggono, ascoltano<br />
o vedono le immagini sul piccolo schermo.<br />
La libertà di informazione è il perno di ogni<br />
altra libertà riconosciuta dalla Costituzione.<br />
Tale dottrina trova il suo retroterra storico nell’articolo<br />
11 nella “Dichiarazione <strong>dei</strong> diritti<br />
dell’uomo e del cittadino” del 26 agosto<br />
1789. L’articolo 11 di quella prima Carta riconosce<br />
che «la libera comunicazione <strong>dei</strong> pensieri<br />
e delle opinioni è uno <strong>dei</strong> diritti più preziosi<br />
dell’uomo. Ogni cittadino può dunque<br />
parlare, scrivere, stampare liberamente salvo<br />
a rispondere dell’abuso di questa libertà nei<br />
casi determinati dalla legge». Ed è noto il peso<br />
che ha avuto la norma rivoluzionaria francese<br />
nella nascita di una informazione politica<br />
anche nel nostro Paese.<br />
La storia dell’Italia unita, in tema di libertà di<br />
stampa, parte con l’articolo 28 dello Statuto<br />
Albertino, emanato da Carlo Alberto il 4 marzo<br />
del 1848. La norma, dalla formulazione generale,<br />
stabilisce che “la stampa sarà libera,<br />
ma una legge ne reprime gli abusi”. Il virgolettato<br />
traduce sostanzialmente l’articolo 11 della<br />
Dichiarazione universale <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo<br />
della Francia rivoluzionaria del 1789. È una<br />
svolta, che nasconde la debolezza legata al<br />
carattere flessibile dello Statuto. Le Camere<br />
potranno utilizzare una sorta di delega in bianco<br />
per “reprimere gli abusi” nell’esercizio della<br />
dichiarata libertà. Questa disciplina dovrà fare<br />
i conti con le leggi di pubblica sicurezza del<br />
1859, 1865, 1889, che, con vari mezzi, limitavano<br />
incisivamente nei fatti quella libertà sancita<br />
in via di principio. Allo Statuto segue il regio<br />
decreto n° 695, meglio noto come Editto<br />
Albertino sulla Stampa. L’articolo 1 dell’editto<br />
affermava che “La manifestazione del pensiero<br />
per mezzo della stampa e di qualsivoglia artificio<br />
meccanico, atto a riprodurre segni figurativi,<br />
è libera: quindi ogni pubblicazione di<br />
stampati, incisioni, litografie, oggetti di plastica<br />
e simili è permessa con che si osservino le<br />
norme seguenti…”.<br />
Oggi la libertà di manifestazione del pensiero<br />
viaggia sulla stessa lunghezza d’onda di altri<br />
valori alti della Costituzione repubblicana (l’onore<br />
e l’identità della persona, l’obbligo per il<br />
giornalista di informare in maniera corretta).<br />
Resta inteso, infatti, che «perché la divulgazione<br />
a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore<br />
possa considerarsi lecita espressione del<br />
diritto di cronaca, e non comporti responsabilità<br />
civile per violazione del diritto all’onore, devono<br />
ricorrere tre condizioni: 1) utilità sociale<br />
dell’informazione; 2) verità oggettiva, o anche<br />
soltanto putativa purché frutto di diligente lavoro<br />
di ricerca; 3) forma civile dell’esposizione<br />
<strong>dei</strong> fatti e della loro valutazione, che non ecceda<br />
lo scopo informativo da conseguire e sia<br />
improntata a leale chiarezza, evitando forme<br />
di offesa indiretta» (Cassazione penale, sentenza<br />
n. 5259/1984). Con la sentenza n.<br />
2113/1997 la Cassazione penale chiede inoltre<br />
«la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti<br />
e i fatti narrati, secondo il principio della<br />
verità: quest’ultimo comporta l’obbligo del giornalista<br />
(come quello dello storico) dell’accertamento<br />
della verità della notizia e il controllo<br />
dell’attendibilità della fonte». Il giornalista deve<br />
ubbidire a questa regola fissata dalla sua legge<br />
professionale: «È diritto insopprimibile <strong>dei</strong><br />
giornalisti la libertà d’informazione e di critica,<br />
limitata dall’osservanza delle norme di legge<br />
dettate a tutela della personalità altrui ed è<br />
loro obbligo inderogabile il rispetto della<br />
verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti osservati sempre<br />
i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede».<br />
«Oltre all’obbligo del rispetto della verità<br />
sostanziale <strong>dei</strong> fatti con l’osservanza <strong>dei</strong> doveri<br />
di lealtà e di buona fede, il giornalista, nel<br />
suo comportamento oltre ad essere, deve anche<br />
apparire conforme a tale regola, perché<br />
su di essa si fonda il rapporto di fiducia tra i lettori<br />
e la stampa» (App. Milano, 18 luglio 1996;<br />
Riviste: Foro Padano, 1996, I, 330, n. Brovelli;<br />
Foro It., 1997, I, 938).<br />
*presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />
Lombardia; docente a contratto di Diritto dell’informazione<br />
presso l’Università degli Studi di Milano<br />
Bicocca e presso l’Università Iulm di Milano<br />
già giudizio di valore.<br />
Insomma, la critica deve pur<br />
sempre riferirsi ad un determinato<br />
evento, sia esso artistico,<br />
socio-politico, storico,<br />
culturale, letterario o religioso,<br />
ma – per sua stessa natura –<br />
consiste nella rappresentazione,<br />
per l’appunto critica, di<br />
quello stesso fatto e, dunque,<br />
nella sua elaborazione. Ed il<br />
giudizio, che per definizione<br />
la sostanzia, non può essere<br />
rigorosamente obiettivo ed<br />
imparziale, in quanto è ineludibile<br />
espressione del retroterra<br />
culturale e formativo di<br />
chi lo formula e – nel caso<br />
della critica politica – anche<br />
delle sue opzioni ideologiche.<br />
(www.legge-e-giustizia.it)<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Cassazione civile:<br />
“I giudizi critici<br />
devono essere sempre motivati”<br />
Nell’attività di informazione i giudizi critici devono essere motivati con riferimento<br />
a circostanze veritiere, che siano di interesse generale (Cassazione<br />
Sezione Terza Civile n. 379 dell’11 gennaio 2005, pres. Nicastro, rel. Segreto).<br />
Mentre il giudizio critico su un fatto (inteso in senso ampio) è necessariamente<br />
soggettivo e può essere come tale condiviso o meno dai consociati,<br />
il fatto, presupposto ed oggetto della critica, deve corrispondere alla verità,<br />
sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene<br />
o per altre circostanze oggettive, come nell’esercizio del diritto di cronaca.<br />
Inoltre, anche il diritto di critica è, come quello di cronaca, condizionato,<br />
quanto alla legittimità del suo esercizio, all’osservanza del limite della continenza,<br />
che viene in considerazione non solo sotto l’aspetto della correttezza<br />
formale dell’esposizione, ma anche sotto il profilo sostanziale consistente<br />
nel non eccedere i limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse;<br />
esso postula, inoltre, che il giudizio di disvalore incidente sull’onore e sulla<br />
reputazione sia espresso non in termini assiomatici, ma sia accompagnato da<br />
congrua motivazione.<br />
Peraltro, quando, come accade frequentemente, la narrazione di determinati fatti<br />
sia esposta insieme alle opinioni dell’autore, in modo da costituire nel contempo<br />
esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza non può essere<br />
condotta, sulla base <strong>dei</strong> soli criteri indicati, essenzialmente formali, dovendo,<br />
invece, lasciare spazio alla interpretazione soggettiva <strong>dei</strong> fatti esposti. Infatti,<br />
la critica mira non già ad informare, ma a fornire giudizi e valutazioni personali, e,<br />
se è vero che, come ogni diritto, anche quello in questione non può essere esercitato<br />
se non entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dall’ordinamento<br />
positivo, da ciò non può inferirsi che la critica sia sempre vietata quando sia idonea<br />
ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanciamento<br />
dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione<br />
del pensiero, costituzionalmente garantita. Siffatto bilanciamento è ravvisabile<br />
nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse pubblico, cioè nell’interesse<br />
dell’opinione pubblica alla conoscenza del fatto oggetto di critica, interesse<br />
che costituisce assieme alla correttezza formale (continenza), requisito per la<br />
invocabilità della esimente dell’esercizio del diritto di critica.<br />
(www.legge-e-giustizia.it)<br />
17 (21)
Vertenza<br />
contrattuale<br />
Il Consiglio nazionale riunito<br />
a Roma il 20 dicembre 2005<br />
ha approvato<br />
a larga maggioranza<br />
il seguente documento<br />
La Fnsi annuncia nuovo<br />
pacchetto di 7 giorni di sciopero<br />
Il Consiglio nazionale della Federazione della<br />
stampa affida alla Giunta esecutiva un nuovo<br />
pacchetto di sette giorni di sciopero generale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti italiani a sostegno delle vertenze<br />
contrattuali ancora aperte, da attuare sentita la<br />
Conferenza nazionale <strong>dei</strong> comitati e fiduciari di<br />
redazione. I nuovi scioperi potranno essere attuati<br />
anche in coincidenza con la campagna<br />
elettorale per le elezioni politiche previste per<br />
aprile<br />
Il Consiglio nazionale, che ringrazia le colleghe e<br />
i colleghi per la massiccia partecipazione agli<br />
scioperi sin qui attuati, impegna inoltre la Giunta<br />
a concordare con le Associazioni regionali di<br />
stampa assemblee territoriali con la partecipazione<br />
<strong>dei</strong> direttivi delle stesse AA.RR.SS. e delle<br />
consulte regionali <strong>dei</strong> Cdr.<br />
Le assemblee regionali potranno essere estese a<br />
tutti i giornalisti dipendenti e freelance, alle strutture<br />
di base e ai gruppi di specializzazione.<br />
Il Consiglio nazionale sottolinea il grande risultato<br />
ottenuto con la firma dell’ipotesi di accordo<br />
biennale per i giornalisti delle radio e tv locali aderenti<br />
alle organizzazioni Aeranti e Corallo. Un accordo<br />
che testimonia la disponibilità al confronto<br />
e alle intese del sindacato <strong>dei</strong> giornalisti con le<br />
associazioni imprenditoriali che non assumono<br />
posizioni ideologiche di chiusura come hanno fatto<br />
la Federazione editori giornali e l’Agenzia per i<br />
contratti del pubblico impiego Aran. L’accordo<br />
Aeranti-Corallo consente di sospendere l’applicazione<br />
della Legge 30 e del decreto sui contratti a<br />
termine oltre a proseguire sulla strada della regolamentazione<br />
del lavoro autonomo. L’intesa per<br />
le tv e le radio locali costituisce un avanzamento<br />
contrattuale i cui contenuti possono favorire anche<br />
la riapertura degli altri negoziati se vi saranno<br />
analoghe volontà. Alla luce dell’accordo sottoscritto<br />
con gli editori radiotelevisivi in ambito locale,<br />
appare ancora più assurda e strumentale la<br />
posizione della Fieg che continua a sostenere tesi<br />
puramente propagandistiche per giustificare la<br />
propria indisponibilità a trattare la propria volontà<br />
di ridurre le condizioni di vita e di lavoro, le retribuzioni<br />
e la stessa autonomia <strong>dei</strong> giornalisti italiani.<br />
Gli editori vogliono, infatti, utilizzare il precariato<br />
e il lavoro nero, sfruttato e mal pagato, per<br />
subordinare la qualità dell’informazione agli interessi<br />
commerciali delle aziende.<br />
Assurda appare, la posizione dell’Aran la quale,<br />
anche a fronte di una sentenza della Magistratura<br />
rifiuta la riapertura della trattativa con la Fnsi per<br />
la definizione <strong>dei</strong> profili professionali <strong>dei</strong> giornalisti<br />
che lavorano nella pubblica amministrazione.<br />
Il sindacato <strong>dei</strong> giornalisti si rivolge alle Istituzioni,<br />
al mondo della politica, al Governo, all’opposizione<br />
e alle forze sociali per sottolineare come i temi<br />
delle vertenze contrattuali siano condizionati<br />
da una insostenibile situazione nel mondo della<br />
comunicazione italiana. Una situazione aggravata<br />
dall’assenza di una seria normativa antitrust e<br />
di norme che contrastino i conflitti di interesse e<br />
lo squilibrio nel mercato pubblicitario.<br />
Tutto ciò appesantito dall’assenza di una normativa<br />
seria per l’editoria e per la salvaguardia del<br />
ruolo del servizio pubblico, sia nella legge<br />
Gasparri sia nella mancata applicazione del piano<br />
delle frequenze, mentre la legge finanziaria<br />
<strong>2006</strong> non affronta i nodi strutturali del settore dell’informazione.<br />
Consiglieri<br />
Fnsi di<br />
opposizione:<br />
la lotta<br />
deve partire<br />
dalle<br />
redazioni<br />
Romano Bartoloni (Puntoeacapo)<br />
Massimo Borgomaneri (Stampa Democratica)<br />
Stefano Camozzini (Quarto Potere)<br />
Silvana Mazzocchi (Puntoeacapo)<br />
Enrico Mirani (Stampa Democratica)<br />
Fabio Morabito (Puntoeacapo)<br />
Roma, 20 dicembre 2005. Undici consiglieri della Federazione<br />
nazionale della stampa che si riconoscono nel cartello delle opposizioni<br />
si sono oggi astenuti nella votazione del documento<br />
presentato al Consiglio nazionale dal segretario generale, Paolo<br />
Serventi Longhi, in segno di dissenso con la decisione di affidare<br />
alla Giunta esecutiva un nuovo pacchetto di sette giorni di<br />
sciopero, da attuarsi nei prossimi mesi. Un documento approvato<br />
peraltro con soli 42 voti favorevoli, su un Consiglio nazionale<br />
formato da 117 colleghi.<br />
Gli undici consiglieri nazionali, di fronte alla netta chiusura degli<br />
editori della Fieg nelle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro,<br />
sono convinti che la mobilitazione della categoria sia oggi<br />
ancora più necessaria. Ma considerano un errore che il nuovo<br />
pacchetto venga deciso dal vertice del sindacato all’indomani<br />
degli ultimi scioperi, che hanno fatto emergere disagi e difficoltà<br />
diffusi nella categoria. Un malessere che dovrebbe indurre il vertice<br />
della Fnsi a una profonda riflessione sul metodo, sulla strategia<br />
e sulla tattica da seguire nel duro confronto con gli editori.<br />
Le nuove e inevitabili iniziative di lotta dovrebbero invece, a parere<br />
degli undici consiglieri nazionali, partire dal basso e tenere<br />
conto di quanto emergerà dalle assemblee <strong>dei</strong> colleghi che, da<br />
gennaio, dovranno essere organizzate all’interno delle redazioni<br />
e, localmente, da tutte le Associazioni regionali di stampa, oltre<br />
che dal dibattito e dal confronto nella Conferenza <strong>dei</strong> Comitati<br />
e Fiduciari di redazione e nella Commissione contratto.<br />
Giovanni Negri (Stampa Democratica)<br />
Paolo Perucchini (Stampa Democratica)<br />
Edmondo Rho (Quarto Potere)<br />
Cinzia Romano (Puntoeacapo)<br />
Attilio Ruosi (Movimento Liberi <strong>Giornalisti</strong>)<br />
19 dicembre 2005: firmato l’accordo biennale Fnsi-Aeranti/Cor<br />
aumenti <strong>dei</strong> minimi tra il 7 e l’8%, “sospensi<br />
Roma, 19 dicembre 2005. La Federazione nazionale della<br />
stampa italiana comunica: “Sospensione dell’applicazione<br />
della legge 30 sul mercato del lavoro fino al 31 dicembre<br />
2007; impegno a regolare contrattualmente le<br />
collaborazioni giornalistiche ed il lavoro autonomo; aumento<br />
retributivo mensile tra il 7 e l’8% a regime nel biennio<br />
(con la rivalutazione della tredicesima mensilità).<br />
Questi alcuni degli aspetti più significativi dell’accordo<br />
contrattuale biennale per i giornalisti delle radio e delle tv<br />
locali sottoscritto oggi dalla Federazione della stampa e<br />
dall’Associazione Aeranti-Corallo.<br />
L’intesa, che avrà efficacia dal 1° gennaio <strong>2006</strong> al 31 dicembre<br />
2007, ha caratteristiche transitorie e non sostituisce<br />
il contratto quadriennale il cui rinnovo è fissato alla<br />
scadenza dell’accordo. La Fnsi ha ricercato una soluzione<br />
che, di fronte alle difficoltà di una intesa quadriennale<br />
sulla propria piattaforma, costituisca comunque un passo<br />
in avanti nella contrattazione di settore sia dal punto di vista<br />
normativo sia economico.<br />
Un accordo transitorio che sposta in avanti la definizione<br />
<strong>dei</strong> meccanismi di applicazione della legge 30 e ribadisce<br />
il diritto contrattuale del lavoro <strong>dei</strong> freelance e <strong>dei</strong> collaboratori.<br />
Intanto, è stato fissato il termine di pagamento<br />
<strong>dei</strong> freelance a 30 giorni dalla prestazione ed è stata concordata<br />
la disponibilità al versamento diretto dalle imprese<br />
all’Inpgi del contributo previdenziale di loro spettanza<br />
per i giornalisti autonomi, in attesa <strong>dei</strong> necessari adeguamenti<br />
legislativi.<br />
L’intesa prevede inoltre un percorso per l’unificazione dell’orario<br />
di lavoro retribuito per i giornalisti delle radio e tv<br />
locali (oggi la prestazione lavorativa tra la 37/ma e la 40/a<br />
ora non è retribuita) con quello degli altri colleghi a 36 ore<br />
settimanali entro l’inizio del 2011. Le prime due ore saranno<br />
recuperate rispettivamente dal 1° luglio <strong>2006</strong> e dal<br />
1° dicembre 2007.<br />
La Fnsi esprime grande soddisfazione per una intesa, sia<br />
pure transitoria biennale, che affronta alcuni <strong>dei</strong> problemi<br />
più rilevanti della categoria <strong>dei</strong> giornalisti. In particolare, il<br />
sindacato rileva come sia possibile raggiungere intese<br />
anche su temi difficili come l’applicazione della legge 30<br />
e il precariato giornalistico con imprese che non assumano<br />
posizioni pregiudiziali di rifiuto del dialogo.<br />
La Fnsi ha sempre ricercato la strada dell’accordo piuttosto<br />
che quella del conflitto. Per questo il sindacato <strong>dei</strong><br />
giornalisti rinnova l’invito alla Fieg e all’Aran di riprendere<br />
subito le trattative per i rispettivi rinnovi contrattuali con<br />
spirito costruttivo e di collaborazione”.<br />
Il testo dell’accordo sottoscritto tra Fnsi ed il Coordinamento<br />
Aeranti-Corallo.<br />
Pubblichiamo il testo integrale dell’accordo biennale<br />
(2005-2007) sottoscritto lunedì 19 dicembre 2005 tra la<br />
Federazione nazionale della stampa e il Coordinamento<br />
Aeranti-Corallo.<br />
ACCORDO DI PROROGA<br />
DEL CONTRATTO<br />
COLLETTIVO DI LAVORO<br />
E DEL REGOLAMENTO<br />
DEI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE<br />
COORDINATA E CONTINUATIVA<br />
SOTTOSCRITTI TRA LE PARTI<br />
AERANTI-CORALLO E FNSI<br />
IL 3 OTTOBRE 2000<br />
Il giorno 19 dicembre dell’anno 2005 in Roma<br />
tra<br />
Aeranti-Corallo rappresentata dal coordinatore Marco<br />
Rossignoli e dal componente dell’esecutivo Luigi Bardelli,<br />
Aeranti rappresentata dal presidente Marco Rossignoli,<br />
dal segretario generale Fabrizio Berrini, dal coordinatore<br />
della Giunta esecutiva Elena Porta, nonché con l’intervento<br />
di Franco Allegretti, Virgilio Baresi, Flavio Bighinati,<br />
Fioravante Cavarretta, Serafino De Paris, Luigi Furlotti,<br />
Angelina Grande, Giovanni Piccolo, Gianni Prandi, Sergio<br />
Serafini, Umberto Tersigni, Enzo Galante, Sandra<br />
Mariani, Bruno Petrosino, Bruno Sofia, Paolo Torino,<br />
Marco Migli e Paolo Serretiello, assistiti dal consulente<br />
del lavoro Stefano Lovascio,<br />
Associazione Corallo rappresentata dal presidente Luigi<br />
Bardelli, dal consigliere delegato Alessia Caricato, nonché<br />
con l’intervento di Fausto Brioni, Claudio Cagnoni e<br />
Franco Rossi, assistiti dal consulente del lavoro Carlo<br />
Betori<br />
e<br />
la Federazione Nazionale della Stampa Italiana rappresentata<br />
dal presidente, Franco Siddi, dal segretario<br />
generale, Paolo Serventi Longhi, dal responsabile della<br />
Commissione contrattuale Marco Gardenghi, dalla Giunta<br />
esecutiva, composta da Guido Besana, Nazareno<br />
Bisogni, Domenico Castellano, Pier Sandro Devecchi,<br />
Ezio Ercole, Enrico Ferri, Maria Grazia Molinari, Giuseppe<br />
Nardi, Carlo Parisi, Cinzia Romano, Luigi Ronsisvalle,<br />
Giovanni Rossi, Roberto Seghetti, e dai colleghi<br />
Domenico Affinito, Amadore Agostini, Giovanni<br />
Ambrosino, Francesco Birocchi, Carlo Bugiardini, Tiziano<br />
Bullato, Ylenia Caioli, Rocco Cerone, Cynthia D’Ulizia,<br />
Mauro Denigris, Andrea Frailis, Camillo Galba, Nino<br />
Germano, Elena Golino, Nathalie Grange, Alessandro<br />
Guarasci, Pierpatrizia Lava, Giuseppe Mariconda,<br />
Fabrizio Masciangioli, Enrico Mirani, Angelo Oliveto,<br />
Fabio Paci, Paolo Pichierri, Orazio Provini, Piergiorgio<br />
Severini, Stefano Tallia, Maxia Zandonai assistiti dal<br />
Direttore Giancarlo Tartaglia<br />
si è convenuto quanto segue:<br />
1) Il Contratto collettivo di lavoro e il Regolamento <strong>dei</strong><br />
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa firmati<br />
tra le parti il 3 ottobre 2000 e scaduti il 2 ottobre<br />
2004 sono integralmente prorogati sino al 31 dicembre<br />
2007 con le seguenti modifiche e integrazioni:<br />
2) Ambito di applicazione del contratto<br />
Il contratto collettivo ed il regolamento si applicano nelle<br />
imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di ambito<br />
locale, nonché nelle imprese fornitrici di contenuti informativi<br />
operanti in ambito locale con tecnologia digitale e/o<br />
operanti attraverso canali satellitari in chiaro che non rappresentino<br />
ritrasmissione di emittenti nazionali; nei gruppi<br />
di emittenti e nei consorzi che effettuano trasmissioni<br />
di programmi in contemporanea (syndications); nonché<br />
nelle agenzie di informazione radiofonica e televisiva.<br />
3) Incremento <strong>dei</strong> minimi<br />
I valori minimi tabellari in atto sono incrementati per il teleradiogiornalista<br />
TV con oltre 24 mesi di attività lavorativa<br />
nel settore giornalistico di euro 46,21 a partire dal periodo<br />
di paga relativo a gennaio <strong>2006</strong> e di ulteriori euro<br />
46,21 a partire dal periodo di paga relativo a gennaio<br />
2007.<br />
I valori minimi tabellari in atto del teleradiogiornalista radio<br />
con oltre 24 mesi di attività nel settore giornalistico<br />
sono incrementati di euro 35,85 a partire dal periodo di<br />
paga relativo a gennaio <strong>2006</strong> e di ulteriori euro 35,85 a<br />
18 (22) ORDINE 1 <strong>2006</strong>
COMUNICATO DELLA COALIZIONE DI MAGGIORANZA DELL’ASSOCIAZIONE LOMBARDA DEI GIORNALISTI<br />
“Vogliamo conquistare a uno a uno<br />
tutti i 77 punti della piattaforma”<br />
Milano, 23 dicembre 2005. È sufficiente dire<br />
le cose come stanno perché alla maggioranza<br />
della Fnsi e alla minoranza dell’Associazione<br />
lombarda <strong>dei</strong> giornalisti saltino i<br />
nervi. E vengano diffusi comunicati che distorcono<br />
la verità e insinuano subdole menzogne.<br />
Proprio come è successo nei giorni<br />
scorsi, dopo che i consiglieri nazionali di opposizione<br />
hanno motivato pubblicamente la<br />
loro astensione sul documento approvato<br />
martedì 20 dicembre dal Consiglio nazionale,<br />
che affida alla Giunta federale un nuovo pacchetto<br />
di sette giorni di sciopero. Di fronte a<br />
reazioni isteriche e scomposte, noi vorremmo<br />
spiegare con calma e chiarezza le nostre posizioni.<br />
La coalizione che ha la responsabilità<br />
di governare l’Associazione regionale di<br />
stampa più importante e numerosa d’Italia sta<br />
affrontando da mesi il rinnovo del contratto<br />
nazionale con un impegno senza precedenti,<br />
organizzando manifestazioni che non hanno<br />
avuto uguali in tutto il territorio nazionale, promuovendo<br />
decine di assemblee in stretto contatto<br />
con i Comitati e Fiduciari di redazione di<br />
tutta la Lombardia. Proprio questa esperienza<br />
diretta sul territorio ci ha fatto toccare con mano<br />
un malessere diffuso e trasversale tra i colleghi.<br />
Un malessere che è emerso in tutta evidenza<br />
dopo le pesanti difficoltà incontrate nella<br />
gestione degli scioperi nei periodici-familiari,<br />
nei televisivi e, da ultimo, in un importante<br />
news-magazine nazionale. Quando è saltato<br />
il possibile accordo-ponte con la Fieg, e dopo<br />
aver evidenziato in ripetute riunioni della<br />
Giunta federale e in Commissione contratto il<br />
disagio e le difficoltà incontrati, il presidente e<br />
il Vicepresidente della Lombarda in un documento<br />
hanno denunciato la mancanza di metodo<br />
(chiarezza), strategia (lungimiranza) e<br />
tattica (interventi mirati) della Fnsi.<br />
Nonostante ciò, hanno continuato, con il pieno<br />
accordo e il costante collegamento con i<br />
massimi vertici della Federazione, a sostenere<br />
le ragioni della mobilitazione in moltissime<br />
e spesso delicate assemblee. Per questo leggiamo<br />
con stupore, nel documento delle correnti<br />
di Autonomia e Solidarietà e <strong>Giornalisti</strong><br />
uniti, l’accusa di ambiguità e l’affermazione<br />
secondo cui il nostro “atteggiamento anche<br />
questa volta, come è accaduto nei recenti<br />
scioperi, non impedirà il successo dell’azione<br />
del sindacato”. Un’insinuazione palesemente<br />
falsa e strumentale, dopo che anche nell’ultimo<br />
Consiglio nazionale è stato dato pubblicamente<br />
atto ai vertici della Lombarda dell’impegno<br />
determinante che hanno svolto nel<br />
corso delle ultime tornate di scioperi.<br />
Dalla Lombarda è stata inoltre in questi mesi<br />
sollecitata con forza la necessità di discutere<br />
con i colleghi per comprendere le loro ragioni<br />
e recuperare consenso, di promuovere iniziative<br />
per coinvolgere trasversalmente la politica<br />
e la società civile. Ci fa piacere che ora<br />
la Federazione promuova in tutte le regioni<br />
ciò che noi chiedevamo da tempo. Non solo.<br />
La Fnsi sostiene di non aver finora preso decisioni<br />
“senza aver prima sentito e avuto il via<br />
libera dalla conferenza nazionale <strong>dei</strong> cdr e<br />
dalla commissione contratto”. Ci chiediamo<br />
perché in questa occasione non l’abbia fatto,<br />
come chiedevano i consiglieri nazionali di opposizione,<br />
e intenda invece consultare questi<br />
organismi solo per concordare le date e le<br />
modalità di svolgimento degli scioperi.<br />
Ci si chiede, maliziosamente, quale contratto<br />
vogliamo Noi ribadiamo ciò che è noto sia in<br />
Giunta federale sia in Commissione contratto.<br />
Fallito l’accordo ponte resta la nostra piattaforma,<br />
che abbiamo condiviso e che sosteniamo<br />
in tutte le assemblee. Non siamo disponibili<br />
ad arretrare di un passo sugli scatti<br />
di anzianità. Non siamo disposti a cedere agli<br />
editori ulteriori spazi di flessibilità, oltre a quella<br />
già troppo generosamente concessa con il<br />
contratto del 2001. Chiediamo da sempre retribuzioni<br />
che riconoscano concretamente il<br />
ruolo e la centralità del giornalista, dipendente<br />
e free lance. E a questo proposito, sui colleghi<br />
lavoratori autonomi si ipotizzano grandi<br />
progetti ma finora poche cose concrete sono<br />
state fatte. A partire dalla mancata difesa e<br />
applicazione delle norme già contenute nel<br />
contratto. Ecco perché la Lombarda rinnova<br />
l’invito a tutti i Comitati e Fiduciari di redazione<br />
ad occuparsi seriamente <strong>dei</strong> collaboratori,<br />
a verificare che le norme di legge sui pagamenti<br />
vengano applicate, e invita i Cdr che<br />
stanno rinnovando i loro integrativi a concordare<br />
impegni precisi con le aziende nei confronti<br />
<strong>dei</strong> free lance. Questa è la nostra posizione.<br />
Ci farebbe invece piacere che il segretario<br />
della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, insieme<br />
alla sua maggioranza, spiegasse a tutti i<br />
colleghi il reale significato di un’affermazione<br />
fatta nel corso della Commissione contratto<br />
del 23 novembre scorso. Alla dichiarazione<br />
della Lombarda di esigere che tutti e 77 i punti<br />
della piattaforma contrattuale venissero<br />
conquistati, il segretario ha risposto: “Il contratto<br />
finale sarà diverso dalla piattaforma. Il<br />
contratto è un accordo e gli accordi sono <strong>dei</strong><br />
compromessi che devono essere un passo in<br />
avanti rispetto a quello che c’è”. Quali sarebbero,<br />
per Serventi Longhi, tra i 77 punti quelli<br />
davvero irrinunciabili Ricordiamo questa<br />
nostra posizione netta anche al gruppettino di<br />
opposizione in Lombarda che si richiama a<br />
Nuova Informazione, e che nasconde dietro il<br />
linguaggio arrogante e volgare <strong>dei</strong> suoi comunicati<br />
l’incapacità di esprimere valide proposte<br />
politiche. Facciamo loro presente che i<br />
consiglieri nazionali di opposizione rappresentano<br />
la maggioranza in Lombardia e forti<br />
e significative a Roma, Napoli, Firenze,<br />
Torino. Bisogna farsene una ragione.<br />
E a proposito del rigore invocato verso quei<br />
colleghi che non scioperano, ricordiamo che<br />
un anno e mezzo fa la Lombarda ha cancellato<br />
dall’Associazione 1.221 giornalisti per<br />
morosità. Non esiste un provvedimento del<br />
genere in tutta Italia. Tutti si tengono tutti, perché<br />
i numeri fanno effetto e generano poltrone.<br />
Noi, invece, siamo certi di disporre di numeri<br />
veri. E il rigore lo esercitiamo e lo pratichiamo,<br />
ma sosteniamo pure con convinzione<br />
l’esigenza del dialogo. Perché un sindacato<br />
è forte solo se ha consenso, se riesce a<br />
coinvolgere i colleghi sui valori che esprime.<br />
Stampa Democratica, Quarto Potere, Movimento<br />
Liberi <strong>Giornalisti</strong>, Tribuna Stampa<br />
allo per il rinnovo del contratto di lavoro per l’emittenza locale:<br />
one” della legge Biagi e delle norme sui contratti a termine<br />
partire dal periodo di paga relativo a gennaio 2007.<br />
I valori minimi tabellari in atto del teleradiogiornalista con<br />
meno di 24 mesi di attività lavorativa nel settore giornalistico<br />
sono incrementati di euro 32,32 a partire dal periodo<br />
di paga relativo a gennaio <strong>2006</strong> e di ulteriori euro<br />
32,32 a partire dal periodo di paga relativo a gennaio<br />
2007.<br />
L’indennità di vacanza contrattuale prevista dal verbale di<br />
accordo sindacale del 15 febbraio 2005 cessa di essere<br />
corrisposta dal 1° gennaio <strong>2006</strong>. La tabella <strong>dei</strong> nuovi minimi<br />
è riportata in allegato al presente verbale sotto la lettera<br />
“A”.<br />
4) Tredicesima mensilità<br />
A partire da dicembre <strong>2006</strong> l’ammontare della 13 a mensilità<br />
sarà pari a 30/26esimi della retribuzione mensile ragguagliata<br />
al periodo di maturazione.<br />
5) Orario di lavoro<br />
Con riferimento a quanto disposto dall’art.7 del vigente<br />
CCNL le ore di lavoro eccedenti le 36 ore di lavoro ordinario<br />
settimanale e fino alla 40 a ora, oggi non retribuite,<br />
saranno, se lavorate, retribuite con la paga base oraria<br />
senza maggiorazioni, secondo le seguenti scadenze:<br />
- a partire dal 1° luglio <strong>2006</strong> sarà retribuita la quarantesima<br />
ora (resteranno non retribuite le ore dalla trentasettesima<br />
alla trentanovesima);<br />
- a partire dal 1° dicembre 2007 saranno retribuite la trentanovesima<br />
e la quarantesima ora (resteranno non retribuite<br />
le ore dalla trentasettesima alla trentottesima).<br />
Le residue 2 ore saranno successivamente retribuite secondo<br />
le scadenze e le modalità che le parti concorderanno<br />
in sede di rinnovazione contrattuale quadriennale e<br />
comunque non oltre il 1° gennaio 2011. In tale sede le<br />
parti si impegnano a riesaminare l’intera materia.<br />
6) Prestazione lavorativa multimediale<br />
Premesso che i direttori sono chiamati a garantire l’autonomia<br />
delle singole testate, l’opera del giornalista nel corso<br />
dell’orario normale di lavoro potrà essere utilizzata, nel<br />
rispetto delle sue competenze professionali, anche per le<br />
eventuali testate on line prodotte dall’azienda, fermo restando<br />
che la sua prestazione deve comunque svolgersi<br />
prevalentemente nella testata di appartenenza.<br />
7) Decreto legislativo 18.9.2003 n. 276 (legge Biagi)<br />
Con riferimento a quanto previsto dal punto 7 dell’accordo<br />
3 dicembre 2003 le parti confermano l’impegno a proseguire<br />
nell’esame congiunto delle disposizioni e delle<br />
nuove tipologie contrattuali previste nel decreto legislativo<br />
18 settembre 2003 n. 276 per verificarne l’applicabilità<br />
al settore per quanto attiene le prestazioni di lavoro giornalistico.<br />
Nello stesso ambito le parti proseguiranno nell’esame<br />
della nuova disciplina di legge <strong>dei</strong> rapporti di collaborazione<br />
autonoma coordinata e continuativa e nella verifica<br />
degli aspetti applicativi del Regolamento <strong>dei</strong> rapporti di<br />
collaborazione coordinata e continuativa sottoscritto dalle<br />
parti il 3 ottobre 2000.<br />
Le conclusioni delle verifiche su entrambi i predetti punti<br />
costituiranno oggetto d’intesa tra le parti in sede di rinnovo<br />
del contratto quadriennale.<br />
8) Contratti a termine<br />
Con riferimento a quanto disposto dall’articolo 11 del decreto<br />
legislativo 6 settembre 2001 n. 368 le parti, avendo<br />
con il presente accordo prorogato sino al 31 dicembre<br />
2007 tutta la normativa prevista dal contratto 3 ottobre<br />
2000, convengono che, in relazione alla stipula <strong>dei</strong> contratti<br />
a termine, continuerà a trovare applicazione la regolamentazione<br />
prevista dall’articolo 4 del richiamato<br />
CCNL 3 ottobre 2000.<br />
9) Prestazioni professionali<br />
Ad integrazione del Regolamento <strong>dei</strong> rapporti di collaborazione<br />
coordinata e continuativa le parti concordano che:<br />
in presenza di prestazioni professionali occasionali le<br />
aziende del settore si impegnano al pagamento <strong>dei</strong> compensi<br />
concordati con il singolo collaboratore entro 30 giorni<br />
dall’avvenuta prestazione.<br />
10) Contribuzione ai collaboratori coordinati e continuativi<br />
In relazione alla contribuzione previdenziale le parti auspicano<br />
che anche nel settore giornalistico le modalità di<br />
adesione e di versamento contributivo alla gestione separata<br />
dell’Inpgi per i collaboratori coordinati e continuativi<br />
siano equiparate alla normativa generale prevista per<br />
tutti gli altri settori produttivi.<br />
Alla scadenza del presente accordo le parti procederanno<br />
alla rinnovazione del contratto quadriennale.<br />
AERANTI-CORALLO AERANTI CORALLO/ FNSI<br />
<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />
periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003<br />
(conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano<br />
Anno XXXVI - Numero 1, Gennaio <strong>2006</strong><br />
Direttore responsabile<br />
FRANCO ABRUZZO<br />
Direzione, redazione, amministrazione:<br />
Via Antonio da Recanate, 1 - 20124 Milano<br />
Centralino Tel. 02 67 71 371 Fax 02 66 71 61 94<br />
Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Franco Abruzzo presidente;<br />
Cosma Damiano Nigro vicepresidente;<br />
Sergio D’Asnasch consigliere segretario;<br />
Alberto Comuzzi consigliere tesoriere.<br />
Consiglieri: Letizia Gonzales, Laura Mulassano,<br />
Paola Pastacaldi, Giuseppe Spatola, Brunello Tanzi<br />
Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti Giacinto Sarubbi (presidente),<br />
Ezio Chiodini e Marco Ventimiglia<br />
Direttore dell’OgL<br />
Segretaria di redazione<br />
Elisabetta Graziani<br />
Teresa Risé<br />
Realizzazione grafica: Grafica Torri Srl<br />
(coord. Franco Malaguti, Marco Micci)<br />
Stampa Stem Editoriale S.p.A.Via Brescia, 22<br />
<strong>2006</strong>3 Cernusco sul Naviglio (Mi)<br />
Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970<br />
presso il Tribunale di Milano.<br />
Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori<br />
di Comunicazione (ROC)<br />
Comunicazione e Pubblicità<br />
Imagina sas<br />
Corso di Porta Romana, 128 -20122 MILANO<br />
T. 02/58320509 Fax 02/58319824<br />
e-mail: imagiuno@tin.it - www.imaginapubblicita.com<br />
La tiratura di questo numero è di 24.800 copie<br />
Chiuso in redazione il 5 gennaio <strong>2006</strong><br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
19(23)
Vertenza<br />
contrattuale<br />
Franco Abruzzo: “Gli editori vogliono smontare professione<br />
e contratto, annullare le conquiste normative ed economiche.<br />
Un disegno reazionario, che va combattuto, uniti nella Fnsi,<br />
fino in fondo. A rischio l’autonomia e l’indipendenza<br />
della professione. Pesa l’indifferenza della politica,<br />
di tutta la politica”.<br />
La “contropiattaforma<br />
della Fieg spiegata<br />
punto per punto<br />
Svelati gli obiettivi<br />
segreti e gli effetti<br />
di ogni singola richiesta<br />
di Roberto Seghetti<br />
1. Contratto a tempo determinato: armonizzare la disciplina contrattuale alle disposizioni previste<br />
dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n 368, allineando le attuali causali contrattuali<br />
con quelle di legge, che legittimeranno l’apposizione di un termine alla durata del contratto di<br />
lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.<br />
2. Contratto a tempo parziale: armonizzare la disciplina contrattuale alle disposizioni previste<br />
dal decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 61 e successive modificazioni così come modificato<br />
dall’art. 46 del decreto legislativo n 276/2003, con particolare riferimento alla regolamentazione<br />
del lavoro supplementare o straordinario.<br />
3. Legge Biagi: applicare la nuova tipologia di lavoro istituita dal decreto legislativo n 276/2003<br />
(lavoro intermittente, ripartito e di inserimento) assolvendo agli adempimenti demandati dalla<br />
legge alla contrattazione collettiva di categoria, tenendo presenti le peculiari caratteristiche del<br />
contratto giornalistico e le esigenze organizzative e produttive delle aziende.<br />
4. Ferie: armonizzare la disciplina contrattuale alle disposizioni previste dall’art.10 del decreto<br />
legislativo 8 aprile 2003 n 66 con le necessarie specifiche contrattuali di chiarimento interpretativo.<br />
5. Vicedirettori: riconoscimento della qualifica dirigenziale.<br />
Spiegazione: completa liberalizzazione del contratto a tempo determinato. Oggi le ragioni “tecniche,<br />
produttive, organizzative”, devono essere comprovate, accertate, concordate con il sindacato.<br />
Domani basterà di fatto l'affermazione dell'editore e molti contratti potranno essere a<br />
termine.<br />
Spiegazione: i giornalisti che hanno un contratto part time potranno prolungare l'orario di lavoro<br />
o fare gli straordinari. Così, nelle testate dove il sindacato è più debole, ti obbligano a fare<br />
il part time e poi a prolungare l'orario. Ti pagano meno e lavori lo stesso.<br />
Spiegazione: gli editori vogliono applicare fino in fondo tutta la legge Biagi. Per esempio, il distacco:<br />
ti mando a lavorare in un'altra casa editrice, una specie di prestito del giornalista agli amici,<br />
e senza che debba chiedere il tuo permesso. O la somministrazione di lavoro: prendo in affitto<br />
da una società esterna un intero pezzo di redazione, a tempo indeterminato, che lavorerà<br />
nella redazione, insieme ai giornalisti direttamente dipendenti. In questo contesto, vogliono concordare<br />
con la Fnsi come attuare (il negoziato è previsto dalla legge) lavoro intermittente, ripartito<br />
e contratto di inserimento. Le loro proposte Eccole: chiedono di poter fare contratti in base<br />
ai quali il giornalista viene chiamato a lavorare solo il sabato e la domenica. La paga: il minimo<br />
contrattuale più il 20 per cento per la disponibilità, ma niente contratto integrativo. Risultato: d'un<br />
colpo verrebbero spiazzati tutti i giornalisti dipendenti da testate dove, in base al patto integrativo,<br />
il festivo viene pagato di più. Quanto all'inserimento, nel corso degli incontri tecnici gli editori<br />
hanno proposto di utilizzare questa forma contrattuale "prima" del praticantato.<br />
Spiegazione: le ferie vanno fatte e non si possono monetizzare.<br />
Spiegazione: licenziabilità dal giornale.<br />
6. Periodo di prova: elevare a sei mesi il periodo.<br />
7. Settimana corta: in caso di parziale attività lavorativa settimanale chiarire che non sussiste<br />
il diritto al godimento del giorno di riposo per la settimana corta.<br />
Spiegazione: se sei malato o se fai parte del Cdr e stai in permesso sindacale, non ti scatta<br />
la corta.<br />
8. Indennità di funzione: estensione ai capi redattori ed ai capi servizio responsabili delle redazioni<br />
decentrate del trattamento normativo ed indennitario già previsto per i capi redattori<br />
centrali.<br />
9. Giorni festivi e riposo settimanale: abolire l’ultimo comma dell'articolo 19 del contratto.<br />
10. Trasferimenti: prevedere che la disciplina <strong>dei</strong> trasferimenti non si applichi nel caso in cui il<br />
comune di nuova destinazione disti meno di 50 Km da quello della sede centrale.<br />
11. Ferie: precisare che in caso di mancata intesa sui programmi di smaltimento delle ferie arretrate<br />
le aziende e le direzioni potranno comunque rendere operativo il programma con il rispetto<br />
delle modalità previste dal contratto.<br />
12. Permessi sindacali: specificare il significato della condizione contrattuale relativa al tempo<br />
strettamente necessario per lo svolgimento della funzione in relazione al tipo di carica ricoperta<br />
ed alle modalità di comunicazione all'azienda della richiesta di permesso sindacale e dell'esaurimento<br />
dello stesso.<br />
13. Malattia ed infortunio: definire il periodo di comporto per la malattia.<br />
14. Tutela sindacale: specificare che il nulla osta dell’Associazione regionale di stampa non<br />
debba essere richiesto in caso di licenziamento per giusta causa ovvero per il raggiungimento<br />
<strong>dei</strong> limiti di età.<br />
15. Redattore grafico nei periodici. Migliore specificazione delle funzioni per distinguere la figura<br />
da quella dell’impiegato grafico.<br />
16. Regolamento di disciplina. Rimodulare il criterio della recidiva di cui ai nn. 2, 3 e 4 del 2°<br />
comma fissando meglio la tipologia delle infrazioni che determinano l'applicazione <strong>dei</strong> provvedimenti<br />
disciplinari.<br />
17. Aumenti periodici di anzianità. Rivedere la disciplina vigente sulla base delle seguenti<br />
specifiche: individuazione in cifra fissa dell’ammontare del singolo scatto con riferimento alla<br />
qualifica del giornalista secondo i valori in atto antecedentemente alla rinnovazione; per i giornalisti<br />
in servizio in possesso di un’azianità aziendale di 15 anni, il mantenimento del numero<br />
massimo di scatti già previsto (15); individuazione in 7 del numero massimo degli aumenti periodici<br />
maturabili.<br />
18. Posizione parametrale: rendere permanente per i nuovi assunti la posizione parametrale<br />
prevista per i redattori di prima nomina e per i praticanti con meno di 12 mesi di servizio.<br />
Spiegazione: quando il direttore decide che non vai più bene torni indietro alla qualifica di provenienza.<br />
Spiegazione: la domenica ti pagano solo le ore effettivamente lavorate e l'orario viene esteso<br />
a 7 ore e un quarto.<br />
Spiegazione: l'editore ti può trasferire dove e quando vuole entro un raggio di 50 Km, senza<br />
chiederti il benestare e senza l'assenso del Cdr. Insomma, se sei antipatico al direttore o non<br />
scrivi quello che vogliono loro te ne vai fuori senza tanti complimenti.<br />
Spiegazione: se non trovi un accordo, sono loro che decidono.<br />
Spiegazione: vogliono controllare quello che fai e darti i permessi solo se partecipi alle riunioni<br />
formali dell'organismo sindacale in cui sei stato eletto, per esempio il Cdr. Insomma, un cappio<br />
al sindacato.<br />
Spiegazione: licenziabilità del malato appena finito il cosiddetto periodo di comporto (tre mesi,<br />
sei mesi).<br />
Spiegazione: così licenziano i membri scomodi <strong>dei</strong> Cdr ufficialmente "per giusta causa" e l'Ars<br />
non può opporsi fino a quando non è finita la causa civile, cioè dopo 5 o sei anni. Furbi, no<br />
Spiegazione: rendere più difficile diventare o assumere i "giornalisti" grafici nei periodici.<br />
Spiegazione: un'altra stretta, con la possibilità di arrivare più facilmente alle sanzioni, anche<br />
quelle estreme.<br />
Spiegazione: oggi noi abbiamo scatti biennali equivalenti al 6 per cento del minimo, che si rivalutano<br />
quando cresce la retribuzione. Con questa norma si congela la cifra una volta per tutte<br />
(tra dieci anni che potere di acquisto avrà Diventerà come la redazionale, che via via si è<br />
rinsecchita). Gli anziani manterranno 15 scatti (ma sempre della stessa cifra fissa). I nuovi ne<br />
avranno solo 7 (sempre della stessa somma relativa alla qualifica di ingresso).<br />
Per i giornalisti sarebbe un terremoto non solo economico: oggi, anche se sei inviso ai direttori,<br />
se sei emarginato perché non accetti imposizioni, il tuo stipendio progredisce in percentuale.<br />
Domani, con questa norma, no. Come dire: saremo ancora meno autonomi.<br />
Spiegazione: di fatto, i redattori ordinari di nuova nomina avrebbero lo stipendio <strong>dei</strong> redattori<br />
con meno di trenta mesi. In soldoni, i nuovi redattori guadagneranno (tra stipendio minimo e<br />
contingenza) 512 euro in meno al mese per tutta la loro vita (a quando le richieste per capi servizio<br />
e co. se passasse questa norma)<br />
20 (24) ORDINE 1 <strong>2006</strong>
Lettera al presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />
che ha messo in rete lo studio<br />
di Roberto Seghetti<br />
sulla “contropiattaforma”<br />
degli editori<br />
Costantino Muscau (Corriere della Sera): “Mancano<br />
chiarezza e trasparenza al nostro interno”<br />
Caro Presidente, lo sciopero costa caro, ma porta consiglio.<br />
Grazie ai due giorni di riposo forzato, ho avuto modo leggere<br />
con attenzione la “contropiattaforma” della Fieg che tu hai<br />
messo in rete.<br />
Finalmente dopo 6 giornate (se non sbaglio i conti) di «durissimo<br />
e carissimo non lavoro» viene spiegato al popolo <strong>dei</strong><br />
media il “diciottalogo” (ho visto che i punti sono 18) al centro<br />
dell’asperrima contesa con gli editori.<br />
E c’è da restare stercofatti se le ragioni della “lotta dura senza<br />
paura e senza fine” sono quelle spiegate da Roberto<br />
Seghetti (https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=2117).<br />
Per due motivi:<br />
1) Perché in tutti questi mesi queste ragioni non sono mai<br />
state rese così pubbliche e chiare (ammesso che siano<br />
quelle reali)<br />
2) Perché non si è scatenato un «vero» finimondo se «veramente»<br />
la Fieg vuole questa applicazione della legge<br />
Biagi<br />
Va da sè infatti che la legge Biagi, ovvero il 3° <strong>dei</strong> 18 punti seghettiani,<br />
è la causa di tutti i mali (se le cose stanno così).<br />
Insomma la flessibilità selvaggia andrebbe combattuta perinde<br />
ac cadaver (ma le cose stanno così)<br />
Mentre non c’è dubbio che alcuni <strong>dei</strong> 18 punti non meritano il<br />
sacrificio di scioperi sanguinosi. Ad esempio: chi se ne frega<br />
se l’editore ti trasferisce entro 50 km O è forse sbagliato godersi<br />
le ferie invece di farsele pagare Non è un nostro diritto<br />
Non metteremmo in crisi quegli stessi editori che oggi ci<br />
vogliono distruggere<br />
Altri punti sono chiaramente pretestuosi: chi impedisce all’editore<br />
già da oggi un controllo sui permessi sindacali Che cosa<br />
abbiamo da nascondere E poi affrontiamo chiaramente il<br />
secondo nodo centrale: lo scontro in atto è per la difesa <strong>dei</strong><br />
precari e i non pagati (come scrive la Giunta nel comunicato<br />
dell’annuncio dello sciopero) o il contratto di lavoro<br />
è - ahimè, lo so è una vexata quaestio - per i già (in qualche<br />
modo) garantiti<br />
Concludo: mancano chiarezza e trasparenza al nostro interno,<br />
intendo da parte <strong>dei</strong> vertici Fnsi.<br />
Capisco. Detti vertici che sono più che mai indaffarati: oltre<br />
a chiamare la categoria alla lotta sono, infatti, impegnati da un<br />
capo all’altro del mondo.<br />
L’8 dicembre, mentre noi poveri tapini ci apprestavamo a rispettare<br />
la disciplina sindacale e in buona fede a dissanguarci<br />
col sesto sciopero (se non sbaglio il conto), il presidente della<br />
Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, si trovava<br />
a Lione a un fondamentale convegno (organizzato sotto<br />
l’egida dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti e della Fnsi) su<br />
“Informazione e scambio giornalistico tra Italia e Francia e zone<br />
francofone”.<br />
Il nostro amato segretario Paolo Serventi Longhi, invece, era<br />
in Australia, credo per un convegno sulla libertà di stampa o<br />
cose simili nella terra <strong>dei</strong> canguri.<br />
Distinti saluti e hasta la victoria siempre.<br />
Costantino Muscau<br />
giornalista del Corriere della Sera<br />
consigliere nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e della Casagit ex consigliere della Fnsi<br />
Il congelamento degli scatti significa non solo spaccare<br />
la categoria ma sconvolgere i conti dell’Inpgi.<br />
Non è il caso di chiedere al giudice del lavoro che dichiari<br />
non ricevibile la contropiattaforma degli editori<br />
Nota di Franco Abruzzo<br />
Gli editori chiedono di “rivedere la disciplina vigente sulla<br />
base delle seguenti specifiche: individuazione in cifra fissa<br />
dell’ammontare del singolo scatto con riferimento alla qualifica<br />
del giornalista secondo i valori in atto antecedentemente<br />
alla rinnovazione; per i giornalisti in servizio in possesso di<br />
un’azianità aziendale di 15 anni, il mantenimento del numero<br />
massimo di scatti già previsto (15); individuazione in 7 del<br />
numero massimo degli aumenti periodici maturabili”.<br />
Roberto Seghetti ha spiegato così i riflessi dell’impostazione<br />
Fieg: “Oggi noi abbiamo scatti biennali equivalenti al 6<br />
per cento del minimo, che si rivalutano quando cresce la retribuzione.<br />
Con questa norma si congela la cifra una volta per<br />
tutte (tra dieci anni che potere di acquisto avrà Diventerà come<br />
la redazionale, che via via si è rinsecchita). Gli anziani<br />
manterranno 15 scatti (ma sempre della stessa cifra fissa). I<br />
nuovi ne avranno solo 7 (sempre della stessa somma relativa<br />
alla qualifica di ingresso). Per i giornalisti sarebbe un terremoto<br />
non solo economico: oggi, anche se sei inviso ai direttori,<br />
se sei emarginato perché non accetti imposizioni, il<br />
tuo stipendio progredisce in percentuale. Domani, con questa<br />
norma, no. Come dire: saremo ancora meno autonomi”.<br />
Seghetti, però, non ha calcolato i riflessi sui conti dell’Inpgi:<br />
tutti i calcoli attuariali sono impostati sull’aumento biennale degli<br />
scatti pari al 6 per cento e sul numero massimo degli scatti<br />
(15) che ogni giornalista può accumulare durante la carriera.<br />
Se dovesse passare la linea Fieg, le conseguenze sull’Inpgi<br />
sarebbero drammatiche e tali da metterne a rischio la vita. Gli<br />
editori hanno gettato la maschera: vogliono distruggere<br />
l’Istituto e creare le condizioni perché venga assorbito<br />
dall’Inps. Perché nessuno parla di questo aspetto della “controppiattaforma”<br />
padronale L’assunto “meno quattrini ai<br />
giornalisti, meno contributi all’Inpgi e in futuro pensioni<br />
contenute” è estremamente chiaro. Gli effetti a cascata sono<br />
limpidi.<br />
Seconda domanda: è corretto giuridicamente che la Fieg<br />
presenti una contropiattaforma La contropiattaforma dà l’idea<br />
assurda che la categoria <strong>dei</strong> giornalisti debba “dare” in via<br />
pregiudiziale agli editori quattrini e istituti contrattuali costruiti<br />
dal 1911 in poi. Il contratto giornalistico ha forza di legge (Dpr<br />
153/1961) in base alla legge n. 741/1959. Questa legge dice<br />
che i contratti possono essere cambiati consensualmente, ma<br />
in chiave migliorativa. Perché i nostri dirigenti della Fnsi trattano<br />
con una controparte che, ripeto, in via pregiudiziale, vuole<br />
peggiorare il nostro Cnlg Non è il caso di chiedere al giudice<br />
del lavoro che dichiari non ricevibile la contropiattaforma<br />
degli editori Non bisogna ripetere l’errore del 2000/2001.<br />
LETTERE AL PRESIDENTE DELL’ORDINE DI MILANO<br />
Situazione <strong>dei</strong> cococo:<br />
“DOVEROSO aprire<br />
un dibattito nazionale”<br />
A Livorno 6 euro ad articolo,<br />
mentre i “clandestini”<br />
ne prendono 15 al giorno<br />
Gentile dottor Abruzzo, sono un collaboratore<br />
(co.co.pro.) di un quotidiano di provincia<br />
ormai da quasi 4 anni. E vivo di questo<br />
mestiere, guadagnando 600-700 euro al<br />
mese: un articolo viene pagato da 10 a 25<br />
euro, a seconda delle colonne. Prezzi fermi<br />
da sei anni. Come me, centinaia di altri collaboratori<br />
in tutta Lombardia, in tutta Italia;<br />
non facciamo gli ipocriti: gli stessi prezzi si<br />
sentono in quasi tutti i quotidiani locali, euro<br />
in più, euro in meno. Noto con piacere<br />
che sull'ultimo sciopero <strong>dei</strong> giornalisti professionisti<br />
si è acceso un interessante dibattito<br />
mediatico e telematico. Mi chiedo, Le<br />
chiedo: quando l'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti e<br />
l'Fnsi imporranno agli editori almeno, e ripeto,<br />
ALMENO, un aggiornamento <strong>dei</strong><br />
compensi MINIMI sotto ai quali non è possibile<br />
andare Lo sappiamo che i compensi<br />
indicati dall'<strong>Ordine</strong> ormai sono solamente<br />
indicativi. Sappiamo anche che quando<br />
lamentiamo queste cose ai nostri editori tutti<br />
i quotidiani tendono a chiudere trattative<br />
private (ti do 10 euro in più a pezzo, proprio<br />
perché sei tu... perché lavori bene).<br />
Soltanto l'idea di associarsi in una battaglia<br />
comune terrorizza i collaboratori, intimiditi<br />
di poter perdere anche quella misera certezza<br />
economica.<br />
Credo sia DOVEROSO aprire un dibattito<br />
nazionale su queste problematiche, vissute<br />
quasi con vergogna da migliaia di giovani<br />
precari dell'informazione (quasi tutti laureati,<br />
statene certi). Perché non lo fate E,<br />
cosa ancor più grave, perché non lo avete<br />
ancora fatto<br />
Potreste almeno fare un’indagine sui corrispettivi<br />
ricevuti per un articolo nei diversi<br />
quotidiani lombardi, da pubblicare magari<br />
su Tabloid. Statene certi che farebbe faville...<br />
Il dovere di informazione è il primo ruolo di<br />
un giornalista: se non ci informiamo almeno<br />
sulle nostre condizioni lavorative, che<br />
informazione è questa<br />
Con stima<br />
Pietro Gorlani<br />
Forse potrà essere di conforto - per il collega<br />
Pietro Gorlani - sapere che il corrispettivo per<br />
un articolo da 10 a 25 euro è un trattamento<br />
di lusso. Per otto anni infatti, dal 1995 al 2003,<br />
(i primi due anni da praticante e i restanti da<br />
pubblicista iscritto all'<strong>Ordine</strong>) ininterrottamente<br />
Il Tirreno di Livorno (tiratura giornaliera<br />
110 mila copie, vendite intorno alle 90 mila)<br />
del gruppo Repubblica Espresso mi ha sempre<br />
pagato l'articolo di apertura (le classiche<br />
due cartelle da trenta righe previste dal tariffario<br />
dell'<strong>Ordine</strong>, pari a 4/5 colonne del giornale)<br />
con £ 12.000 (all'epoca delle lire) e 6<br />
euro con l'entrata in vigore della valuta europea.<br />
È forse superfluo ricordare che a monte di un<br />
articolo di apertura, di cronaca, di resoconto<br />
di un consiglio comunale, di un dibattito assembleare<br />
(in ore serali) ecc. ecc. ci sono<br />
non meno di tre-quattro ore di lavoro complessive.<br />
In otto anni non è mi stata mai riconosciuta,<br />
anzi è stata fermamente negata, la rivalutazione<br />
dell'Istat e del costo della vita sulle dodicimila<br />
lire per le due cartelle, per cui più<br />
passava il tempo e meno percepivo.<br />
Come tutti i giornali però fanno bella mostra<br />
di sé nel denunciare la scoperta del laboratorio<br />
clandestino di turno dove vengono sfruttati<br />
sistematicamente i lavoratori a 15 euro al<br />
giorno. Ovviamente non ci sono limiti all'ipocrisia!<br />
Mario Valentini<br />
pubblicista, iscritto all’<strong>Ordine</strong> della Toscana.<br />
Ex giovane, laureato ed ex professore di lettere<br />
L’ECO DELLA STAMPA<br />
ECO STAMPA<br />
MEDIA MONITOR S.R.L.<br />
Via Compagnoni 28, 20129 Milano<br />
Tel. 02 748113.1 - Fax. 02 748113.444<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
21(25)
Vertenza<br />
contrattuale<br />
Daniela Castelli: “La televisione<br />
è il limbo <strong>dei</strong> giornalisti”<br />
Paolo Mastromo: “Il nodo<br />
è questo, chi è oggi il giornalista”<br />
di Daniela Castelli<br />
Caro Franco, apprezzo sempre molto gli sforzi<br />
che fa l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti e tu in particolar<br />
modo, per tutelare la professione, ma a<br />
proposito di contratto un occhio di riguardo dovrebbe<br />
essere rivolto ai professionisti, che lavorano<br />
in televisione.<br />
I nostri telegiornali, dai più umili ai nazionali,<br />
nascondono insidie non indifferenti: sia dal<br />
punto di vista contrattuale sia dal punto di vista<br />
professionale.<br />
Mi spiego meglio. Il messaggio trasmesso<br />
attraverso il tubo catodico da sempre condiziona<br />
la vita di ognuno di noi, anche senza<br />
volerlo. Per questo sono convinta, che più<br />
della carta stampata, senza togliere alcun<br />
merito ai<br />
colleghi che ammiro moltissimo per capacità<br />
letterarie e culturali, il mezzo televisivo presuppone<br />
una conoscenza <strong>dei</strong> sistemi di comunicazione<br />
molto approfondita. Filtri evidenti<br />
o no, la tv rappresenta un sistema di condizionamento<br />
‘forzato’ e ‘dipendente’ di cui il pubblico<br />
a volte non si accorge nemmeno.<br />
Da sempre il settore dell’informazione, così<br />
come della comunicazione, attraverso la televisione,<br />
è considerata un limbo di giornalisti incapaci<br />
o a volte troppo saccenti. Non per niente<br />
si cerca di ottimizzare avvalendosi delle capacità<br />
<strong>dei</strong> singoli per rendere rubriche ‘di colore’<br />
più importanti e interessanti grazie a loro.<br />
Non sto parlando dunque della ‘nostra’ professionalità,<br />
ma piuttosto della capacità dell’editore<br />
di utilizzare vari escamotage per non tutelare<br />
il giornalista, anche attraverso la così<br />
definita ‘presenza’ in video. Di certo la popolarità<br />
che ti può dare la tv non te la dà altro mezzo,<br />
ma da qui a supporre che questo possa<br />
essere materia di trattativa in un contratto è<br />
veramente troppo.<br />
Faccio questo lavoro perché lo amo. Il giornalismo<br />
è la mia vita, ma il fatto di essere telegenica<br />
non può essere un’arma da usare contro<br />
di me dall’editore! Il famoso vincolo d’esclusiva<br />
è una cosa, deprezzare un servizio<br />
perché “ti garantisco la presenza in video” è<br />
un’altra. Credi veramente che tutti i professionisti<br />
che lavorano in un tg o in tv abbiamo davvero<br />
bisogno di comparire Cosa ne pensiamo<br />
di Euro News, dove professionisti di varie<br />
nazionalità vengono ‘contenuti’ in filmati di due<br />
minuti e mezzo massimo, per spiegare<br />
all’Europa cosa succede nel mondo e delle<br />
immagini ha fatto un cavallo di battaglia con il<br />
‘No comment’ Questo dimostra che il giornalista<br />
non ha necessità di comparire, non ha<br />
necessità di essere ‘visto’, la notizia sta in altro.<br />
Non mi è mai successo di essere assunta con<br />
contratto giornalistico da una testata giornalistica<br />
come il Tg5 o il Tg2, ma quando parliamo<br />
di piccole realtà (e comunque non solo)<br />
domina una contratto chiamato FRT, il cosiddetto<br />
fotoreporter, che della professione se ne<br />
fa un baffo!<br />
Creato ad hoc non ha alcuna tutela della professione<br />
giornalistica: niente turni, dirette ogni<br />
giorno, per non parlare di sabati, domeniche e<br />
<strong>dei</strong> presunti ‘speciali’ da realizzare nelle ore<br />
più disparate della giornata, consentendo all’editore<br />
di intascare i soldi <strong>dei</strong> commerciali<br />
(perché di questo si tratta) e al giornalista di<br />
essere sfruttato nelle sue capacità, oltre che<br />
minacciato nel caso di rifiuto, della perdita del<br />
posto di lavoro.<br />
Ma di che lavoro stiamo parlando Quello del<br />
fotoreporter o quello del giornalista E comunque<br />
quello del fotoreporter è tale da essere<br />
paragonato a quello giornalistico<br />
Nella vita vorrei continuare a fare quello che<br />
ho imparato negli anni, con una professionalità<br />
specifica e giornalistica nell’ambito televisivo,<br />
ma mi sto rendendo conto di aver cambiato<br />
rotta.<br />
Adesso vorrei scrivere, non perché sia più facile,<br />
tutt’altro: perché più difficile! Ogni giorno<br />
è una sfida. E ogni giorno amo di più i difetti e<br />
le contraddizioni della tv.<br />
Troppo facile dare addosso ai giornalisti televisivi,<br />
troppo facili avvilirli con mansioni non<br />
consone alla loro professione.<br />
A maggio mi sono dimessa, dopo essere stata<br />
assunta con un contratto Frt da una piccola<br />
tv di provincia, che millantava di voler migliorare<br />
la qualità informativa della testata.<br />
Dopo qualche mese ho rifiutato un altro contratto<br />
di questo tipo, perché quando ho chiesto<br />
un contratto nazionale mi è stato risposto:<br />
“Il contratto Fnsi è morto!”.<br />
È davvero così Franco Cosa dobbiamo fare<br />
noi professionisti, che lavoriamo per oltre 40<br />
ore alla settimana e assistiamo allo sfruttamento<br />
di stagisti che, dopo un’esperienza in<br />
settori televisivi di un certo spessore, ne escono<br />
con le ossa rotte e si trovano in mezzo ad<br />
una strada<br />
I loro maestri sono gli stessi che dicono che il<br />
contratto è morto e prosciugano le loro velleità!<br />
Hai mai pensato di verificare queste<br />
realtà e insieme al presidente della Fnsi trovare<br />
una soluzione<br />
Il contratto che si chiama AER-ANTI-CO-<br />
RALLO, nato proprio a tutela della professione<br />
(come si legge in questo stralcio: Le parti<br />
prendono atto che la legge sull’ordinamento<br />
della professione giornalistica del 3 febbraio<br />
1963 n. 69 garantisce l’autonomia professionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti e fissa i contenuti<br />
della loro deontologia professionale specificando<br />
che è diritto insopprimibile <strong>dei</strong> giornalisti<br />
la libertà di informazione e di critica, limitata<br />
dall’osservanza delle norme di legge<br />
dettate a tutela della personalità altrui ed è<br />
loro obbligo inderogabile il rispetto della verità<br />
sostanziale <strong>dei</strong> fatti, osservati sempre i<br />
doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede)<br />
non se lo fila nessuno!<br />
Mentre piuttosto che un Frt, un AER-ANTI-<br />
CORALLO dovrebbe essere un OBBLIGO<br />
per le aziende.<br />
Ne approfitto per ringraziare tutti i professionisti<br />
che, potendolo fare, hanno scioperato per<br />
la tutela <strong>dei</strong> nostri diritti. Sappiate che c’è chi<br />
pur volendolo fare, non ha potuto scioperare<br />
perché un editore in testa, seguito da direttore<br />
(in regola con un contratto Fnsi!) e caporedattore,<br />
li ha obbligati a lavorare perché assunti<br />
con un contratto Frt.<br />
Grazie e attendo una tua risposta di conforto.<br />
Con affetto e cordialità.<br />
di Paolo Mastromo<br />
Carissimo presidente, è molto difficile intervenire<br />
sull’argomento del contratto, anche<br />
se in molti, credo, sentiamo l’esigenza di<br />
“partecipare”. In sintesi direi che i nodi sono<br />
giunti al pettine e che il padre di tutti i<br />
nodi è proprio questo: chi è oggi il giornalista<br />
È facile rispondere a questa domanda se<br />
guardiamo ai grandi quotidiani oppure ai<br />
grandi magazine. Ci sorreggono le leggi, la<br />
pratica e l’esperienza. Non lo è altrettanto<br />
se osserviamo il magma indistinto delle cosiddette<br />
“testate di settore” (la mitica<br />
Agenda del giornalista, che pure contiene<br />
alcune centinaia di titoli, ne cita sono una<br />
piccola parte) che escono con un direttore<br />
responsabile (spesso è lo stesso editore), a<br />
volte uno o due “redattori” e un gruppetto di<br />
collaboratori free lance.<br />
In questo mondo le regole della deontologia<br />
- quando non anche quelle del mestiere<br />
- sono altre da quelle del primo gruppo:<br />
alle persone che scrivono i pezzi - spesso<br />
gente molto competente rispetto al proprio<br />
settore di attività - non solo non è richiesto<br />
di evitare la commistione fra pubblicità e testo<br />
ma - al contrario - viene chiesto quasi<br />
quotidianamente di stendere pagine di “redazionali”<br />
per cui l’azienda-inserzionista ha<br />
pagato.<br />
Non si tratta di “deviazioni” o di equivoci:<br />
centinaia di testate, migliaia di “giornalisti”<br />
vivono il loro lavoro quotidiano - da anni -<br />
all’interno di un mondo in cui il testo scritto<br />
(quindi il loro “lavoro giornalistico”) nasce<br />
da motivazioni economiche, da relazioni più<br />
o meno “politiche” e non da una spesso inesistente<br />
“ricerca oggettiva della notizia”.<br />
Molte di queste persone al tempo stesso<br />
stendono i contratti e scrivono gli articoli relativi.<br />
Della cosiddetta deontologia, insomma,<br />
spesso non c’è alcuna traccia. Dico<br />
questo senza “valutazioni”: è un mestiere,<br />
visto che c’è una domanda e un’offerta e<br />
una oggettiva quanti/qualità di lavoro, ma<br />
non può certo dirsi “mestiere giornalistico”.<br />
Ciò non accade solo in Italia, beninteso.<br />
Occupandomi di uffici stampa e di manifestazioni<br />
fieristiche vedo bene, da anni, che<br />
quasi ogni riga di questi magazine, ovunque<br />
nel mondo, risponde a logiche di prodotto,<br />
agli equilibri fra la pubblicità e l’avvenimento.<br />
Quotidiana, per esempio - e considerata<br />
ovunque nel mondo assolutamente “normale”<br />
- è la pratica del “cambio merce”: io concedo<br />
uno stand a te editore nella mia fiera<br />
e tu mi dai una o due pagine di pubblicità in<br />
cambio; e magari io al posto della pagina di<br />
pubblicità (oppure spesso come accompagnamento<br />
della pagina pubblicitaria, cioè<br />
come regalo a valore economico zero) chiedo<br />
e ottengo un paio di pagine di testo, testo<br />
che ti fornisco io stesso (chi potrebbe<br />
scrivere un testo su di me meglio di me stesso)<br />
così tu editore non devi neppure pagare<br />
(ok, poco...) uno che riempia quello spazio<br />
e prendi tre piccioni con una fava.<br />
Importanti direttori di accreditate riviste internazionali,<br />
se insisto troppo perché pubblichino<br />
una notizia su una manifestazione<br />
fieristica mi chiedono: “Hai fatto pubblicità<br />
E se non vuoi parlare al mio pubblico a pagamento<br />
perché vuoi parlarci gratis” Altri<br />
non si prendono neppure la briga di una risposta<br />
così eloquente, e all’invio del mio comunicato<br />
stampa rispondono mandandomi<br />
direttamente il listino della pubblicità via e-<br />
mail.<br />
In Italia tuttora grandi quotidiani “veicolano”<br />
magazine composti esclusivamente da articoli<br />
e da servizi pagati dagli inserzionisti.<br />
Quindi anche la separazione fra un giornale<br />
“vero” e un “giornale-prodotto” non esiste<br />
più dal momento che il lettore può trovarsi<br />
fra le mani, insieme, entrambi e che cosa<br />
sia “notizia” e che cosa sia informazione<br />
promozionale pagata non è affatto chiaro.<br />
Io ritengo che non possiamo stracciarci le<br />
vesti se gli editori vogliono chiamare impiegati<br />
coloro che si occupano di questi giornali,<br />
che scrivono questi testi; non possiamo<br />
chiamare giornalisti queste persone solo<br />
perché sanno scrivere e scrivono per mestiere<br />
su questi giornali-prodotto. Il saper<br />
scrivere e lo scrivere a pagamento per un<br />
editore non identificano necessariamente la<br />
professione giornalistica: questo secondo<br />
me è il padre di tutti i nodi e di questo nodo<br />
non si può (più) fare una battaglia vincente.<br />
Certo che le conseguenze di questa considerazione<br />
rischiano di rivelarsi devastanti<br />
per l’intera “categoria”, per il suo istituto di<br />
previdenza, per il sindacato etc. Ma questa<br />
è la realtà; che gli editori conoscono benissimo<br />
ed è su questa che discutono, non sulla<br />
professionalità <strong>dei</strong> colleghi che lavorano<br />
nei grandi quotidiani nazionali o locali o nei<br />
grandi periodici di opinione o popolari. Noi<br />
non faremo molta strada se continueremo a<br />
negarla.<br />
Con simpatia e amicizia<br />
Pippo Corsentino:<br />
“Mastromo<br />
ha ragione.<br />
Non esiste la figura<br />
del giornalista,<br />
ma <strong>dei</strong> giornalisti”<br />
Caro Abruzzo, condivido in toto l’intervento<br />
di Mastromo: non esiste più la figura del<br />
giornalista che è un retaggio del Novecento.<br />
Ci sono ormai diverse (decine e decine) di<br />
figure professionali che si occupano di informazione<br />
e comunicazione: con questa<br />
realtà dobbiamo fare i conti con originalità e<br />
open minded come dicono i pragmatici anglosassoni...<br />
Non un contratto, ma mille contratti!<br />
Grazie, ciao<br />
Pippo Corsentino<br />
Era stato condannato per false dichiarazioni sulla sua identità<br />
Fabrizio Gatti assolto in appello: si finse rumeno<br />
per entrare nel Cpa di via Corelli a Milano<br />
Milano, 22 dicembre 2005. Condanna cancellata senza<br />
entrare nel merito per Fabrizio Gatti, il giornalista del Il<br />
Corriere della Sera che il 17 novembre 2000 si spacciò per<br />
Roman Ladu, un romeno irregolare, per poter entrare nel<br />
centro di prima accoglienza di via Corelli. In quel periodo<br />
circolavano voci preoccupanti sulla struttura: si diceva che<br />
all'interno venissero violati i diritti umani e si parlava anche<br />
di malattie diffuse nel centro come la tubercolosi e la scabbia.<br />
Gatti, sollecitato dal giornale, si diede da fare per entrare<br />
e rendersi conto personalmente dell'effettiva situazione.<br />
Vi riuscì e fece un dettagliato servizio grazie al quale vinse<br />
anche un importante premio giornalistico.<br />
Avendo dato le generalità del rumeno ad un poliziotto di<br />
Lodi, venne denunciato per false dichiarazioni sulla propria<br />
identità, reato per il quale il tribunale di Lodi lo condannò a<br />
20 giorni di reclusione. Contro questa sentenza fu presentato<br />
appello e oggi la vicenda è stata riesaminata dalla quarta<br />
Corte d'Appello, dove, dopo la relazione del presidente<br />
Mario Chiarolla, il sostituto procuratore generale Francesco<br />
Maisto ha chiesto la assoluzione dell'imputato, presente in<br />
aula. A questo punto ha preso la parola l'avvocato Caterina<br />
Malavenda che ha spiegato come non vi fosse intenzione<br />
del suo assistito di compiere un reato ma solo quello di poter<br />
svolgere la sua attività. "Gatti - ha sostenuto il legale - ha<br />
fatto quello che ogni giornalista ha il diritto di fare". Dopo una<br />
breve camera di consiglio, la corte ha annullato la sentenza<br />
di condanna.<br />
E la vicenda si chiuderà qui perché, qualora gli atti dovessero<br />
essere rimandati a Lodi per un nuovo giudizio, scatterebbe<br />
la prescrizione.<br />
(ANSA)<br />
22 (26) ORDINE 1 <strong>2006</strong>
Avvisi bonari in arrivo entro il 31 gennaio <strong>2006</strong><br />
I N O S T R I L U T T I<br />
La quota per il <strong>2006</strong><br />
potrà essere pagata<br />
(da questo mese)<br />
nelle ricevitorie Sisal<br />
Milano, 2 gennaio <strong>2006</strong>. I giornalisti lombardi riceveranno dall’Esatri, per posta, entro il 31 gennaio,<br />
l’avviso di pagamento della quota <strong>2006</strong>. C’è una novità assoluta: la quota (100 euro per<br />
gli attivi e 50 euro per i pensionati) potrà essere pagata dal tabaccaio titolare di ricevitoria Sisal<br />
(lotto e superenalotto). L’accordo Esatri-Sisal è stato siglato recentemente. Le ricevitorie Sisal -<br />
utilizzate per il pagamento di diverse tasse - sono 18mila sul territorio nazionale. Ogni avviso<br />
di pagamento, emesso dall’Esatri, riporterà, nel retro di ogni bollettino Rav allegato all’avviso,<br />
in modo evidenziato, il codice identificativo del Rav stesso. Il giornalista contribuente dovrà<br />
presentare al ricevitore il bollettino Rav.<br />
Esatri, comunque, offre altri canali per effettuare il pagamento della quota annuale:<br />
1. Il tradizionale Sportello Esattoriale presso il quale è possibile effettuare i pagamenti senza<br />
nessun costo (a Milano ce ne sono uno in via San Gregorio 53 ed un altro in via Temolo 6,<br />
altri sono presenti in tutti i capoluoghi e nei maggiori centri delle province di Milano, Brescia,<br />
Pavia, Varese e Lodi)<br />
2. Il telefono, con carta di credito, chiamando il Servizio TAXTEL al numero 199.191.191, nei<br />
giorni feriali dalle ore 8.30 alle 17.00. La quietanza viene tempestivamente recapitata per posta<br />
all’indirizzo indicato dal Contribuente. Carte di credito abilitate: VISA - MASTERCARD - MO-<br />
NETA - AMERICAN EXPRESS - AURA - DINERS<br />
3. Internet, collegandosi al sito www.taxtel.it con modalità identiche a quelle telefoniche (a parte<br />
l’orario, ovviamente).<br />
4. Le agenzie bancarie e quelle postali, utilizzando i bollettini RAV allegati all’avviso di pagamento;<br />
5. Possibile da subito aderire al Rid non pensarci più anche negli anni successivi.<br />
È possibile richiedere il pagamento automatico e in via continuativa con addebito degli importi<br />
sul conto corrente bancario. Confermata l’adesione al servizio Rid, secondo le modalità ed i<br />
termini sotto indicati, Esatri provvederà, ad ogni scadenza, a partire dalla quota addebitata con<br />
l’avviso di pagamento di quest’anno e per i prossimi anni, al pagamento automatico e in via<br />
continuativa con addebito degli importi sul conto corrente bancario.<br />
Per aderire al servizio Rid è sufficiente:<br />
a) compilare il modello Rid ricevuto con l’avviso di pagamento del <strong>2006</strong> e trasmetterlo via<br />
fax ad Esatri al numero 199160771071.<br />
b) oppure compilare il modello Rid elettronico disponibile sul sito internet www.taxtel.it, selezionando<br />
nell’home page del sito la voce ADESIONI RID.<br />
c) oppure comunicare via telefono i dati richiesti nel modulo Rid al n. 199.104.343 (dal lunedì<br />
al venerdì dalle 8,15 alle 16,45). Tale numero è disponibile per informazioni e variazioni relative<br />
ai Rid.<br />
Esatri provvederà ad ogni scadenza, a partire dalla quota del <strong>2006</strong> e per gli anni successivi,<br />
salvo revoca, al pagamento in automatico con addebito dell’importo sul conto corrente bancario<br />
indicato.*<br />
Con il Rid è possibile pagare gli avvisi di pagamento ma non le cartelle esattoriali.<br />
Il termine ultimo per le adesioni al Rid verrà indicato sugli avvisi di pagamento relativi alla quota<br />
annuale <strong>2006</strong>.<br />
Avvertenze<br />
• Chi aderisce al Rid non dovrà effettuare direttamente nessun pagamento.<br />
• I pagamenti addebitati saranno verificabili dall’estratto conto corrente bancario.<br />
*al momento il servizio Rid non è attivo per i clienti di Banco Posta.<br />
La scelta di Anna Negri<br />
per la vita di Rita<br />
Anna Maria Negri nello<br />
“studio” radiofonico<br />
dell’Ifg, quando<br />
frequentava il nono<br />
biennio dell’istituto.<br />
Ha frequentato lo<br />
stesso corso suo<br />
marito, Enrico Valvo,<br />
che ha poi intrapreso<br />
la carriera diplomatica.<br />
di Maria Teresa Antognazza<br />
Quando una collega e amica se ne va sul più<br />
bello della storia, il silenzio e lo sconforto<br />
prendono il sopravvento sulle parole. Poi,<br />
quando a distanza di mesi si scopre che il<br />
solo ripercorrere le tappe di quella breve esistenza<br />
getta nuovo calore sul nostro lento<br />
scorrere <strong>dei</strong> giorni, allora si trova il coraggio<br />
di tornare a raccontare, a beneficio di tanti<br />
altri.<br />
Anna Negri era nata a Venegono Inferiore, in<br />
provincia di Varese, il 21 maggio 1968. Fin<br />
dagli anni dell’università la sua formazione si<br />
intreccia con la passione per il giornalismo;<br />
inizia collaborando con il Luce, settimanale<br />
locale di informazione, e poi con il periodico<br />
comunale Il Dialogo. La laurea in Lettere moderne<br />
la vede alle prese con un grande personaggio<br />
della Chiesa ambrosiana, monsignor<br />
Carlo Colombo, teologo di Paolo VI, di<br />
cui ricostruisce la prima documentata biografia<br />
che nel 1993 le vale un prestigioso riconoscimento,<br />
il premio “Amici del Duomo”.<br />
La strada della professione giornalistica diventa<br />
per Anna una scelta precisa con la vittoriosa<br />
selezione, che la porta tra i 40 allievi<br />
dell’Istituto “Carlo De Martino” per la formazione<br />
al giornalismo e proprio sui banchi di<br />
scuola incontra Enrico Valvo, che diventerà<br />
suo marito il 21 febbraio 1998.<br />
Per i due giovani professionisti inizia una vita<br />
comune segnata dalla scelta di Enrico di<br />
intraprendere la carriera diplomatica, mentre<br />
Anna prosegue la collaborazione con il quotidiano<br />
Avvenire, prima nella redazione milanese<br />
e poi a Roma. Nel 2000 la famiglia, che<br />
nel frattempo si è arricchita dell’arrivo della<br />
primogenita, Silvia, varca i confini nazionali,<br />
per la prima destinazione del neo console<br />
Valvo a Smirne. La giovane moglie segue<br />
con gioia il marito, anche se questo comporta<br />
mettere da parte la carriera giornalistica.<br />
Anna, che nel 2001 dà alla luce Irene, non<br />
resta però con le mani in mano: insegna lingua<br />
e cultura italiana agli studenti universitari,<br />
studia a sua volta il francese e il turco.<br />
Nel 2003 Enrico è trasferito all’ambasciata di<br />
Ankara e la famiglia lo segue. Sul finire del<br />
2004 arriva la bella notizia di una terza gravidanza<br />
ma, cinque mesi dopo, se ne aggiunge<br />
un’altra, questa volta drammatica: ad<br />
Anna viene diagnosticato un tumore allo stomaco.<br />
I medici turchi le prospettano un ricovero<br />
immediato per sottoporsi, prima all’aborto,<br />
e quindi alla rimozione dello stomaco<br />
e alla chemioterapia.<br />
Anna non ci sta; torna subito in Italia per acquisire<br />
nuovi pareri medici e dopo diversi<br />
consulti si affida alle cure dell’Istituto oncologico<br />
europeo di Milano. La sua decisione, lucida<br />
e irrevocabile, viene comunicata ai medici<br />
e ai familiari con grande determinazione:<br />
ogni intervento chirurgico e terapia sarebbero<br />
stati condizionati alla prosecuzione della<br />
gravidanza e alla nascita del bambino. «Anna<br />
– raccontano i genitori – sapeva benissimo<br />
che non sarebbe mai guarita. I medici avrebbero<br />
solo cercato di cronicizzare la malattia:<br />
ma lei non si arrese mai e continuò a lottare<br />
e a sperare fino alla fine».<br />
Da febbraio a maggio 2005 fu un lungo calvario,<br />
sempre segnato da serenità e forza<br />
d’animo della mamma: dopo l’esportazione<br />
dello stomaco e di parte dell’intestino, l’11<br />
maggio fu programmato il taglio cesareo con<br />
la nascita di Rita. Quindi via a un violento<br />
programma di terapie chemioterapiche. Ma il<br />
fisico di Anna era ormai troppo indebolito:<br />
non arrivò alla terza somministrazione. La<br />
sua giovane vita ebbe termine lunedì mattina<br />
11 luglio. Il 13, a Venegono Inferiore, i suoi funerali<br />
furono una corale testimonianza di affetto<br />
e di riconoscenza per un esempio tanto<br />
luminoso di coraggio e di amore alla vita. Lo<br />
storico <strong>dei</strong> Seminari milanesi, monsignor<br />
Antonio Rimoldi, che l’aveva guidata nel lavoro<br />
di tesi, in quell’occasione ebbe a dire:<br />
«La scelta di Anna per la vita di Rita, che portava<br />
in grembo da cinque mesi, è stata senza<br />
dubbio più eroica e impegnativa di quella<br />
della stessa santa Gianna Beretta Molla, che<br />
ho avuto modo di studiare a lungo. Perciò, a<br />
ragion veduta, potete già considerala santa,<br />
la vostra santa locale».<br />
Giuliano De Risi nuovo direttore Agi<br />
L’<strong>Ordine</strong> nazionale ha un nuovo direttore generale.<br />
Grazie con applauso ad Antonio Viali<br />
Roma, 13-14 dicembre 2005. Il Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> ha conferito all’unanimità<br />
l’incarico di direttore dell’<strong>Ordine</strong> nazionale al<br />
dottor Ennio Bartolotta, scelto al termine della<br />
selezione avvenuta nei mesi scorsi. Il dottor<br />
Bartolotta firmerà un contratto della durata<br />
di tre anni.<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Roma, 6 dicembre 2005. Da venerdì 9 dicembre<br />
Giuliano De Risi sarà il nuovo direttore<br />
dell’Agenzia giornalistica italia; vice direttore<br />
vicario sarà Gianfranco Eminente e vice<br />
direttore con delega per l’informazione economica<br />
sarà Antonio Lucaroni.<br />
Dal 1973 De Risi è giornalista dell’Agi dove<br />
ha svolto inchieste sul fenomeno del terrorismo<br />
e sui grandi processi degli anni di piombo.<br />
Ha collaborato con importanti testate giornalistiche<br />
e radiotelevisive tra cui l’Astrolabio,<br />
l’Espresso, Mondo Nuovo, l’Europeo, la<br />
Fiera Letteraria, la terza rete Rai. Al direttore<br />
uscente, Vittorio Pandolfi l’editore ha espresso<br />
“la propria gratitudine e il vivo apprezzamento<br />
per il lavoro svolto con alta professionalità<br />
e dedizione e per l’impegno profuso nel<br />
consolidare il ruolo dell’Agenzia nel mercato<br />
dell’informazione primaria”.<br />
(ANSA)<br />
Per un anno è stata conferita una consulenza<br />
al dottor Antonio Viali, affinché possa collaborare<br />
con il nuovo direttore, a partire dal 1°<br />
febbraio <strong>2006</strong>.<br />
Al dottor Viali, che lascerà l’incarico dopo più<br />
di quarant’ anni, è andato il ringraziamento e<br />
l’applauso dell’assemblea.<br />
Milano, 2 dicembre 2005.<br />
Mediadata è una società del<br />
gruppo L’Eco della Stampa<br />
che da 15 anni opera nel settore<br />
della Comunicazione<br />
fornendo agli uffici stampa la<br />
banca dati giornalistica Mediaddress<br />
on line: 3200 redazioni<br />
di media, 24.000 nominativi<br />
di giornalisti.<br />
Il servizio, che è utilizzato<br />
dagli uffici stampa di società<br />
e istituzioni, risponde non<br />
solo alle esigenze <strong>dei</strong> comunicatori<br />
ma fornisce una<br />
maggiore visibilità anche agli<br />
Mediaddress:<br />
nasce una banca dati<br />
per i freelance<br />
stessi giornalisti. L’ultima iniziativa<br />
intrapresa è la realizzazione<br />
del primo database<br />
di free lance che andrà a<br />
completare la nostra banca<br />
dati “storica” Mediaddress, rimasta<br />
fino a oggi sprovvista<br />
di questa importante figura<br />
professionale per le difficoltà<br />
oggettive di reperimento e<br />
aggiornamento <strong>dei</strong> recapiti.<br />
L’adesione di tutti i free lance<br />
è importante, vi permetterà<br />
di ricevere, da parte <strong>dei</strong> comunicatori,<br />
un materiale più<br />
attinente alle vostre specifiche<br />
competenze e di arricchire<br />
nel contempo le vostre<br />
fonti di informazione.<br />
I giornalisti liberi professionisti<br />
possono iscriversi alla<br />
banca dati direttamente sul<br />
sito dell’ordine www.odg.mi.it<br />
o sul nostro sito www.mediadata.it<br />
nella sezione Banca<br />
dati giornalisti Free lance. Il<br />
servizio è gratuito.<br />
Per informazioni:<br />
Mediadata Srl -<br />
tel. 02 70 00 41 50<br />
info@mediadata.it<br />
23 (27)
Chiaro appello lanciato dal XVI Congresso dell’Unione cattolica stampa italiana svoltosi a Roma dal 2 al 4 dicembre 2005<br />
Ai lavori hanno preso<br />
parte, oltre ai delegati<br />
provenienti dall’intero<br />
Paese, numerosi studiosi,<br />
docenti, rappresentanti<br />
delle istituzioni e delle<br />
diverse realtà del mondo<br />
della comunicazione<br />
Promuovere la qualità<br />
dell’informazione e tutelare<br />
la formazione <strong>dei</strong> giornalisti<br />
Dal 2 al 4 dicembre s’è tenuto a Roma, presso la sede di<br />
Capitalia, il XVI Congresso nazionale dell’Unione cattolica<br />
stampa italiana, cui hanno preso parte settanta delegati,<br />
con diritto di voto, in rappresentanza di circa 4500 tra<br />
iscritti e simpatizzanti.<br />
Presidente è stato riconfermato Massimo Milone, redattore<br />
capo della sede Rai di Napoli, che sarà coadiuvato dal<br />
vicepresidente Angelo Sferrazza, già in forza alla Rai di<br />
Roma. L’Ucsi, nata nel 1959 per iniziativa di alcuni prestigiosi<br />
giornalisti - tra gli altri, Giuseppe Dalla Torre, Guido<br />
Gonella, Enrico Lucatello, Pietro Pavan, Carlo Trabucco,<br />
Federico Alessandrini e Andrea Spada, che con oltre cinquant’anni<br />
d’attività è stato il più longevo direttore de L’Eco<br />
di Bergamo-, ebbe presto riconoscimento dalla Conferenza<br />
episcopale italiana.<br />
Il sodalizio è strutturato in associazioni regionali (presidente<br />
lombardo è stato riconfermato per il prossimo triennio<br />
il nostro tesoriere, Alberto Comuzzi) e ha sede centrale<br />
a Roma. In poco meno di mezzo secolo d’attività<br />
l’Unione s’è conquistata la simpatia di larga parte del mondo<br />
dell’informazione per il contributo dato alla dialettica interna<br />
su diversi temi della professione giornalistica.<br />
Tra le iniziative più recenti del sodalizio v’è la promozione<br />
del rapporto Censis-Ucsi sull’informazione in Italia, giunto<br />
al suo quinto anno d’edizione. Dal 1994 l’Unione cura pure<br />
la pubblicazione di Desk, rivista trimestrale di cultura e<br />
ricerca della comunicazione, cui s’è recentemente associata<br />
l’Università Sr. Orsola Benincasa di Napoli.<br />
Eclettico direttore della rivista è Paolo Scandaletti, giornalista<br />
e docente di Etica del giornalismo alla Luiss di Roma,<br />
il quale ha anche promosso I quaderni di Desk, apprezzata<br />
collana di volumi monotematici (ne sono già usciti otto)<br />
che spaziano dalla deontologia alla formazione professionale,<br />
dall’accesso alla professione alla comunicazione<br />
d’impresa e nella pubblica amministrazione.<br />
Come nella migliore tradizione dell’attività dell’Ucsi, anche<br />
al recente Congresso s’è discusso molto, con interventi<br />
spesso vibranti, che hanno testimoniato opinioni e sensibilità<br />
diverse, ma con uno spirito fraterno raramente riscontrabile<br />
in sodalizi analoghi.<br />
Nel documento finale, approvato all’unanimità, dopo avere<br />
riconfermato il proprio impegno ecclesiale, i congressisti<br />
hanno dato mandato alla nuova dirigenza di realizzare<br />
una serie di punti programmatici in cui spiccano, in particolare,<br />
la formazione etica e spirituale, la tutela <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e la qualità dell’informazione, il sostengo al decentramento<br />
e all’organizzazione delle attività dell’Unione.<br />
Ai lavori hanno preso parte, tra gli altri, Mario Landolfi, ministro<br />
per le Comunicazioni, Paolo Gentiloni, presidente<br />
della Commissione di Vigilanza Rai, Enzo Savarese, commissario<br />
Authority per le comunicazioni, Claudio<br />
Petruccioli, presidente Rai, Fabrizio Carotti, direttore generale<br />
Fieg, Lorenzo Del Boca e Vittorio Roidi, rispettivamente<br />
presidente e segretario dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti, Franco Siddi, presidente della Fnsi, Joaquin<br />
Navarro Valls, portavoce della Santa Sede, Lorenzo<br />
Ornaghi, rettore magnifico dell’Università Cattolica di<br />
Milano, Claudio Giuliodori, direttore Ufficio comunicazioni<br />
sociali della Conferenza episcopale italiana, Antonio<br />
Pelavo, presidente della Stampa estera, Angelo Scelzo segretario<br />
del Pontificio consiglio comunicazioni sociali.<br />
Ciampi: “L’informazione<br />
sia indipendente<br />
pluralista e imparziale”<br />
Roma, 2 dicembre 2005. Il XVI Congresso<br />
nazionale dell’Ucsi dedicato a ‘Giornalismo e<br />
comunicazione: una domanda di senso e di<br />
verità’ affronta un tema cruciale per l’affermazione<br />
di uno <strong>dei</strong> valori cardine dell’informazione:<br />
l’obiettività. Lo scrive il presidente della<br />
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in un messaggio<br />
inviato al presidente dell’Unione cattolica<br />
della stampa italiana, Massimo Milone.<br />
“L’Unione cattolica della stampa italiana, - prosegue<br />
- ispirata a una ricca e profonda tradizione<br />
di idee e di pensiero, continua ad offrire un<br />
rilevante contributo per rafforzare la maturazione<br />
ed il radicamento nella nostra società di un<br />
modello di giornalismo fondamento di verità, di<br />
consapevolezza e di partecipazione attiva”. “Di<br />
fronte alle sfide poste dalla rapidità della comunicazione<br />
legata alle nuove tecnologie, l’informazione<br />
deve saper approfondire l’analisi, la<br />
conoscenza e la riflessione <strong>dei</strong> temi del dibattito<br />
interno e internazionale, valorizzando - conclude<br />
Ciampi - l’indipendenza, il pluralismo e<br />
l’imparzialità, garanzia di progresso e di democrazia”.<br />
(Apcom)<br />
Assolto in appello cronista del Giornale:<br />
svelò indagini sul vicepresidente Csm<br />
Napoli, 11 novembre 2005. La Terza Corte<br />
d'Appello del Tribunale di Napoli ha assolto<br />
Gianluigi Nuzzi, giornalista de Il Giornale,<br />
dall'accusa di violazione del segreto istruttorio<br />
per la pubblicazione di un articolo pubblicato<br />
nel 2000. In particolare, Nuzzi riferiva<br />
che nelle indagini sui fallimenti collegati al<br />
Banco di Napoli venivano svolti accertamenti<br />
anche sull'attività professionale del professor<br />
Giovanni Verde, all'epoca vice presidente<br />
del Consiglio superiore della magistratura. In<br />
primo grado il cronista del quotidiano diretto<br />
da Maurizio Belpietro, con sentenza del febbraio<br />
2004, era stato condannato a quattro<br />
mesi di reclusione dalla V Sezione proprio<br />
perché «rivelava notizie d'ufficio che dovevano<br />
rimanere segrete».<br />
Si trattava di una sentenza di condanna senza<br />
molti precedenti visto che giurisprudenza<br />
costante vuole il giornalista assolto nel caso<br />
di mancata individuazione della «fonte» o del<br />
«pubblico ufficiale» che passa le notizie al<br />
cronista. Ma in questo caso i giudici di primo<br />
grado ritenevano che «la condotta tenuta dall'imputato<br />
di per sé non può essere considerata<br />
neutra, ossia di mero ricettore dell'informazione<br />
coperta da segreto, bensì apporta<br />
un contributo causale alla rivelazione dello<br />
stesso attraverso la pubblicazione della notizia<br />
dato anche l'indubbio interesse dell'imputato<br />
a ricevere detta notizia, nella sua qualità<br />
di giornalista».<br />
In altre parole, la responsabilità a titolo di<br />
concorso di Nuzzi con l'ignoto pubblico ufficiale<br />
risiedeva nella mera pubblicazione dell'articolo,<br />
da ciò deducendosi non solo l'interesse<br />
del giornalista a ricevere la notizia che<br />
sarebbe stata indebitamente rilevata, ma addirittura<br />
il contributo di concorso nel reato tale<br />
da determinare la condanna alla reclusione.<br />
Oggi, invece, dopo l'arringa del difensore<br />
Salvatore Lo Giudice, il giornalista è stato assolto<br />
«per non aver commesso il fatto». I giudici<br />
d'Appello hanno pertanto accolto la tesi<br />
difensiva che insisteva sul fatto che il giornalista,<br />
il quale semplicemente riceve una notizia,<br />
non può essere condannato per rivelazione<br />
del segreto se non ha avuto un ruolo<br />
attivo per ottenere la notizia e se rimane ignota<br />
la fonte.<br />
Com/Opr/Adnkronos)<br />
Cdr Giorno,<br />
redazione<br />
rinuncia a voto<br />
gradimento<br />
Milano, 30 novembre 2005. I giornalisti<br />
de Il Giorno rinunceranno al diritto di<br />
esprimere il voto di gradimento previsto<br />
dal contratto “sul dodicesimo direttore nominato<br />
in sette anni (record mondiale)<br />
dall’editore Andrea Riffeser Monti”.<br />
Lo afferma, in una nota, il Cdr della testata.<br />
“Una decisione - prosegue il comitato di<br />
redazione - che non va assolutamente interpretata<br />
alla stregua di una ‘sfiducia preventiva’<br />
nei confronti del collega Giovanni<br />
Morandi, sulla cui figura professionale il<br />
corpo redazionale nulla ha da eccepire,<br />
ma come una protesta contro i criteri di<br />
stampo colonialistico adottati dalla<br />
Poligrafici Editoriale per impedire quello<br />
stesso rilancio de Il Giorno a parole (recente<br />
intervista a Il Sole-24 Ore) inserito<br />
dal medesimo dottor Riffeser Monti tra le<br />
priorità della politica aziendale”. “In una<br />
sorta di auto-contraddizione in termini, invece<br />
- insiste il Cdr -, ancora una volta la<br />
Poligrafici Editoriale dimostra di considerare<br />
la nostra testata una provincia remota<br />
dell’impero con capitale Bologna, non<br />
tiene in alcun conto le professionalità maturate<br />
all’interno de Il Giorno e impone alla<br />
testata un direttore estraneo alla realtà<br />
milanese, peraltro rimasta, dati i troppo<br />
rapidi tempi di avvicendamento, ‘pianeta’<br />
semisconosciuto per diversi degli 11 predecessori<br />
di Morandi. E proprio nella non<br />
totale padronanza della realtà milanese<br />
che ha caratterizzato il lavoro di alcuni direttori,<br />
i giornalisti de Il Giorno individuano<br />
la causa della sottovalutazione riservata<br />
ogni giorno alle notizie di matrice meneghina<br />
e della flessione di vendite registrata<br />
da tutte le testate del Gruppo”.<br />
“Ma, come prova l’affidamento dell’incarico<br />
a Morandi, - afferma ancora il Cdr -, l’<br />
editore continua a ritenere Milano secondaria<br />
rispetto a Bologna e Firenze e si<br />
ostina a non puntare su Il Giorno per consentire<br />
alla Poligrafici Editoriale di esercitare<br />
un maggiore peso specifico sulla<br />
stampa italiana.<br />
Una strategia ai limiti dell’ autolesionismo<br />
che andrà criticata più aspramente rispetto<br />
al passato nel <strong>2006</strong>, anno che non coincide<br />
solo con i cinquant’anni del dottor<br />
Riffeser Monti ma pure con il mezzo secolo<br />
di attività de Il Giorno.<br />
Anniversario che i giornalisti si augurano<br />
di celebrare in compagnia di Morandi e<br />
con la presentazione di un piano di rilancio<br />
della testata.<br />
Pregiudiziale a qualsiasi voto di gradimento”.<br />
(ANSA)<br />
L’Europeo,<br />
60 anni di buon<br />
giornalismo e<br />
memoria storica<br />
Milano, 1 dicembre 2005. Rcs celebra la<br />
sessantennale attualità de L’Europeo.<br />
Perché a sessant’anni dall’uscita del suo<br />
primo numero (4 novembre 1945) il giornale<br />
continua ad essere in Italia un esempio a<br />
suo modo unico di buon giornalismo da un<br />
lato e di memoria storica dall’altro. È in questa<br />
chiave che il bimestrale ha voluto salutare<br />
i suoi primi 60 anni. Ed è in questa chiave<br />
che ha pensato e confezionato il suo ultimo<br />
numero, presentato oggi a Milano.<br />
Italia 1945-2005 vuole infatti essere un<br />
“viaggio insolito nella nostra storia”. E l’inusualità<br />
consiste in questo: mettere a confronto<br />
un reportage su Africo scritto nel<br />
1948 da Tommaso Besozzi e uno sempre<br />
su Africo scritto nel 2005 da Gian Antonio<br />
Stella. Oppure uno sulla Fiera di Milano<br />
scritto nel 1952 da Camilla Cederna, e confrontarlo<br />
con la nuova Fiera di Rho-Pero di<br />
oggi raccontata da Eugenio Tazzini. O ancora<br />
paragonare la Brescello di Peppone e<br />
don Camillo, riproponendo le foto fatte nel<br />
1951 sui set <strong>dei</strong> tanti film, con quelle della<br />
Brescello di oggi firmata da Vittorio Zincone.<br />
È questo il “viaggio” insolito nella storia<br />
d’Italia. Una decina di luoghi molto italiani<br />
(Milano, Torino, Gioia Tauro, Brescello,<br />
Africo, Prato) e due reportage uno a fianco<br />
all’ altro. In mezzo 50-60 di storia molto italiana.<br />
Un tempo che pare immobile come<br />
nel caso di Africo, o velocissimo come nel<br />
caso della Fiera.“ Abbiamo pensato di fare<br />
oggi servizi che erano stati fatti in quegli<br />
stessi posti 60 anni fa. E di proporli uno accanto<br />
all’altro”. Attraverso le grandi firme di<br />
allora (servizi di Giorgio Bocca, Ferdinando<br />
Scianna, Anna Maria Ortese) e le grandi firme<br />
di oggi (servizi di Ettore Mo, Raffaella<br />
Polato, Antonio Calabrò). È con questo spirito,<br />
quello cioè di produrre “buona informazione”,<br />
che Rcs continua a credere nell’attualità<br />
de L’Europeo, come hanno spiegato<br />
oggi in via Solferino il presidente di Rcs<br />
Mediagroup, Piergaetano Marchetti, il direttore,<br />
Daniele Protti, e i giornalisti Antonio<br />
Calabrò e Gian Antonio Stella. Ben vengano<br />
i nuovi mezzi di trasmissione, computer,<br />
bande larghe, satelliti, “ma per un’azienda<br />
editoriale - ha detto Marchetti - l’unica logica<br />
non può essere quella di ‘fare i prodotti<br />
che il mercato vuole’. Perché trasmettere<br />
sapere comporta una responsabilità oggettiva,<br />
e dunque - qualunque siano i mezzi di<br />
trasmissione - rimane sempre il problema<br />
<strong>dei</strong> contenuti da trasmettere”. Da questo<br />
punto di vista “L’Europeo - ha aggiunto<br />
Marchetti - rappresenta non tanto un monumento<br />
del passato, quanto un giacimento<br />
di esperienze e idee. È impressionante,<br />
a distanza di tanti anni, vedere in questo<br />
numero l’attualità di certi servizi. A dimostrazione<br />
che rivisitare fatti, storia, memoria,<br />
coscienza, è una spinta per farsi una<br />
storia, una coscienza”. Nel nuovo numero,<br />
infine, una novità: la prima pubblicazione<br />
della rubrica fissa di Adriano Sofri, Lettere a<br />
uno di dentro, in cui Sofri pubblica a risponde<br />
ad alcune delle tante lettere ricevute in<br />
carcere.<br />
(ANSA)<br />
24 (28) ORDINE 1 <strong>2006</strong>
IN TEMA DI RAPPORTO DI LAVORO GIORNALISTICO<br />
Giornalismo, lavoro<br />
e cronaca nella lettura<br />
della Cassazione<br />
Corte di<br />
Strasburgo:<br />
legittimo<br />
il segreto<br />
sulle<br />
indagini<br />
penali<br />
Strasburgo, 29 novembre 2005. La Corte europea <strong>dei</strong> diritti dell’uomo<br />
ha respinto il ricorso presentato dal direttore del quotidiano francese<br />
Liberation, Serge July, condannato a un’ammenda dalla magistratura<br />
francese per aver pubblicato un articolo che conteneva estratti<br />
di atti investigativi coperti dal segreto fino all’apertura dell’udienza. I<br />
due giornalisti si erano rivolti alla Corte di Strasburgo sostenendo la<br />
violazione della Convenzione che garantisce la libertà di espressione.<br />
I giudici, nel loro verdetto, sostengono che i giornalisti erano tenuti a<br />
rispettare la legge e la giurisprudenza in materia, pur riconoscendo<br />
che la loro condanna può rappresentare “un’ingerenza nel loro diritto<br />
alla libertà di espressione”. In proposito, la Corte rileva che “l’ingerenza<br />
litigiosa” può essere considerata “come prevista dalla legge”, in<br />
quanto “necessaria in una società democratica per proteggere la reputazione<br />
e i diritti altrui e garantire l’autorità e l’imparzialità del potere<br />
giudiziario”.<br />
(g.c. - www.odg.it)<br />
Al giornalista “di fatto” spetta<br />
anche il “danno pensionistico”<br />
In tema di rapporto di lavoro giornalistico ed in<br />
ipotesi di persona non iscritta all’Albo professionale,<br />
la nullità del contratto (per violazione<br />
di legge), in quanto non deriva da illiceità dell’oggetto<br />
o della causa, “ex” art. 2126 c.c. non<br />
produce effetti per il periodo in cui il rapporto<br />
ha avuto esecuzione. Ne consegue che la prestazione<br />
di fatto di lavoro obiettivamente giornalistico<br />
produce - al pari del rapporto di lavoro<br />
che sia stato costituito validamente - l’insorgenza<br />
non solo del diritto al trattamento<br />
economico e normativo, previsto in relazione<br />
alla qualifica corrispondente alle mansioni in<br />
concreto esercitate, ma anche il diritto al risarcimento<br />
<strong>dei</strong> danni (“ex” art. 2116 c.c., secondo<br />
comma), per la mancata contribuzione<br />
previdenziale, in dipendenza della costituzione<br />
automatica del rapporto contributivo che discende<br />
dalla prestazione di fatto - come dal<br />
rapporto validamente costituito - di lavoro subordinato,<br />
nella specie giornalistico. Ne consegue<br />
altresì che gli effetti delle prestazioni di<br />
fatto di lavoro giornalistico vanno posti a carico<br />
del datore di lavoro per il solo fatto che lo<br />
stesso ha utilizzato quelle prestazioni, a prescindere<br />
dalla imputabilità, a colpa del medesimo<br />
datore, dell’omessa iscrizione <strong>dei</strong> lavoratori<br />
all’Albo.<br />
In tal caso, il danno da mancata contribuzione<br />
previdenziale (cosiddetto “danno pensionistico”)<br />
non può che essere commisurato al trattamento<br />
pensionistico, a carico dell’Istituto nazionale<br />
di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti italiani “G.<br />
Amendola” (Inpgi), che sarebbe spettato in dipendenza<br />
della valida costituzione del rapporto<br />
di lavoro, parimenti giornalistico, e della regolare<br />
contribuzione previdenziale, che ne<br />
consegue, al medesimo Istituto. (Cass. civ.,<br />
sez. lavoro, 3/1/2005, n.28 - Fonte Mass. Giur.<br />
It., 2005 - Ced Cassazione, 2005; riferimenti<br />
nornativi Cc Art. 2103; Cc Art. 2116; Cc Art.<br />
2126).<br />
La subordinazione<br />
<strong>dei</strong> giornalisti<br />
Nel lavoro giornalistico la subordinazione si<br />
configura quando il lavoratore si tiene stabilmente<br />
a disposizione dell’editore anche negli<br />
intervalli fra una prestazione e l’altra. I caratteri<br />
distintivi del rapporto di lavoro subordinato<br />
sono costituiti dall’inserimento del lavoratore<br />
nell’organizzazione aziendale e dal suo assoggettamento<br />
ai poteri direttivi e disciplinari<br />
del datore di lavoro (con conseguente limitazione<br />
della sua autonomia); e tali caratteri sono<br />
i medesimi per qualunque tipo di lavoro,<br />
pur potendo essi assumere aspetti ed intensità<br />
diversi in relazione alla maggiore o minore<br />
elevatezza delle mansioni esercitata od al<br />
contenuto (più o meno intellettuale e/o creativo)<br />
della prestazione pattuita.<br />
Con riguardo al lavoro giornalistico, l’inserimento<br />
nell’organizzazione aziendale e l’assoggettamento<br />
al potere datoriale si manifestano<br />
nel fatto che il lavoratore si tenga stabilmente<br />
a disposizione dell’editore, per eseguire<br />
le istruzioni, anche negli intervalli tra una<br />
prestazione e l’altra (Cassazione Sezione<br />
Lavoro n. 18660 del 23 settembre 2005, pres.<br />
Mattone, rel. Cuoco).<br />
Ogni ingiusta lesione di<br />
un valore inerente alla persona<br />
può costituire danno non<br />
patrimoniale risarcibile anche<br />
se non si accerti l’esistenza<br />
di un reato<br />
Vi è legittimo esercizio del diritto di cronaca<br />
soltanto quando vengano rispettate le seguenti<br />
condizioni: A) la verità (oggettiva o anche<br />
soltanto putativa, purché frutto di un serio<br />
e diligente lavoro di ricerca) delle notizie; verità<br />
che non sussiste quando, pur essendo veri<br />
i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche<br />
soltanto colposamente, taciuti altri fatti,<br />
tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne<br />
completamente il significato; ovvero<br />
quando i fatti riferiti siano accompagnati da<br />
sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti,<br />
insinuazioni o sofismi obiettivamente<br />
idonei a creare nella mente del lettore<br />
(od ascoltatore) rappresentazioni della realtà<br />
oggettiva false (in tutto od in parte rilevante);<br />
B) la continenza e cioè il rispetto <strong>dei</strong> requisiti<br />
minimi di forma che debbono caratterizzare la<br />
cronaca ed anche la critica (e quindi tra l’altro<br />
l’assenza di termini esclusivamente insultanti);<br />
C) la sussistenza di un interesse pubblico<br />
all’informazione.<br />
Il risarcimento del danno non patrimoniale per<br />
lesione alla reputazione non richiede che la<br />
responsabilità dell’autore del fatto illecito sia<br />
stata accertata in un procedimento penale, in<br />
quanto l’interpretazione conforme a Costituzione<br />
dell’art. 2059 Cc (Corte cost., sentenza<br />
n. 233 del 2003) comporta che il riferimento<br />
al reato contenuto nell’art. 185 Cp comprende<br />
tutte le fattispecie corrispondenti nella loro oggettività<br />
all’astratta previsione di una figura di<br />
reato; inoltre il danno non patrimoniale non può<br />
essere identificato soltanto con il danno morale<br />
soggettivo, costituito dalla sofferenza contingente<br />
e dal turbamento dell’animo transeunte,<br />
determinati dal fatto illecito integrante reato, ma<br />
va inteso come categoria ampia, comprensiva<br />
di ogni ingiusta lesione di un valore inerente alla<br />
persona, costituzionalmente garantito, dalla<br />
quale conseguano pregiudizi non suscettibili di<br />
valutazione economica, senza soggezione al limite<br />
derivante dalla riserva di legge correlata<br />
all’art. 185 Cp. (Cassazione Sezione Terza<br />
Civile n. 20205 del 19 ottobre 2005, pres. Duva,<br />
rel. Talevi).<br />
Prima di pubblicare una notizia,<br />
il giornalista ha l’obbligo<br />
di controllare l’attendibilità<br />
della fonte informativa a meno<br />
che essa provenga dall’autorità<br />
investigativa o giudiziaria<br />
Il potere-dovere di raccontare accadimenti<br />
reali per mezzo della stampa, in considerazione<br />
del loro interesse per la generalità <strong>dei</strong><br />
consociati, essenziale estrinsecazione del diritto<br />
di libertà di manifestazione del pensiero,<br />
per esser legittimo, secondo la consolidata<br />
giurisprudenza, civile e penale, deve osservare<br />
le seguenti condizioni: a) la verità della notizia<br />
pubblicata; b) l’interesse pubblico alla conoscenza<br />
del fatto (c.d. pertinenza); c) la correttezza<br />
formale dell’esposizione (c.d. continenza).<br />
Quanto al primo requisito soltanto la correlazione<br />
rigorosa tra fatto e notizia di esso soddisfa<br />
all’interesse pubblico dell’informazione e<br />
cioè alla ratio dell’art. 21 Cost., e riporta l’azione<br />
nel campo dell’operatività dell’art. 51<br />
c.p., rendendo non punibile, nel concorso <strong>dei</strong><br />
requisiti della pertinenza e della continenza,<br />
l’eventuale lesione della reputazione altrui.<br />
Perciò, se il presupposto dell’esistenza del diritto<br />
di cronaca è il principio della verità, che<br />
ne legittima l’esercizio - come sancito dall’art.<br />
2, comma 1 dell’art. 2 della legge professionale<br />
3.2.1963 n. 69, che esige il rispetto della<br />
verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti, osservati sempre i<br />
doveri di lealtà e di buonafede - ne consegue<br />
che il giornalista ha l’obbligo di controllare l’attendibilità<br />
della fonte informativa, a meno che<br />
essa provenga dall’autorità investigativa o giudiziaria,<br />
e di accertare la verità del fatto pubblicato.<br />
Pertanto, se egli pubblica una vicenda non vera<br />
e lesiva della reputazione altrui - diritto anch’esso<br />
costituzionalmente protetto dagli artt.<br />
2 e 3 della costituzione - è responsabile <strong>dei</strong><br />
danni derivanti dal reato di diffamazione a<br />
mezzo stampa a meno che non provi l’esimente<br />
di cui all’art. 59, ultimo comma, cod.<br />
pen. e cioè la sua buona fede (c.d. verità putativa<br />
del fatto), che non sussiste per la mera<br />
verosimiglianza <strong>dei</strong> fatti narrati, ma necessita<br />
che egli dimostri sia i fatti e le circostanze che<br />
hanno reso involontario l’errore, sia di aver<br />
controllato con ogni cura professionale - da<br />
rapportare alla gravità della notizia e all’urgenza<br />
di informare il pubblico - la fonte della<br />
notizia, assicurandosi della sua attendibilità, al<br />
fine di vincere ogni dubbio ed incertezza prospettabili<br />
in ordine alla verità <strong>dei</strong> fatti narrati.<br />
Viceversa l’affidamento riposto sulla fonte<br />
informativa non ufficiale è a suo rischio, perché<br />
egli ha il dovere di non appagarsi di notizie<br />
rese pubbliche da altre fonti informative<br />
senza esplicare alcun controllo, altrimenti le<br />
diverse fonti propalatrici delle notizie, attribuendosi<br />
reciproca credibilità, finirebbero per<br />
rinvenire l’attendibilità in se stesse.<br />
(Cassazione Sezione Terza Civile n. 2271 del<br />
4 febbraio 2005, pres. Vittoria, Rel. Chiarini).<br />
(da: http://www.legge-e-giustizia.it)<br />
La valutazione del titolo<br />
autonoma rispetto all’articolo<br />
In tema di azione di risarcimento <strong>dei</strong> danni da<br />
diffamazione a mezzo della stampa, presupposto<br />
per l’applicabilità della esimente dell’esercizio<br />
del diritto di cronaca è la continenza<br />
del fatto in esso, intesa in senso sostanziale (i<br />
fatti narrati debbono corrispondere alla verità,<br />
sia pure non assoluta, ma soggettiva) e formale<br />
(l’esposizione <strong>dei</strong> fatti deve avvenire in<br />
modo misurato, nel senso che deve essere<br />
contenuta negli spazi strettamente necessari),<br />
potendosi configurare una violazione del<br />
canone della continenza formale anche sulla<br />
base della considerazione autonoma del titolo<br />
di un articolo giornalistico rispetto al testo<br />
dell’articolo stesso.<br />
(Cass. civ. Sez. III, 05-04-2005, n. 7063; B.R.<br />
c. Editoriale Quotidiani s.r.l.; fonti Danno e resp.,<br />
2005, 792).<br />
Franco Abruzzo: “Legittimo pubblicare le intercettazioni che consentono<br />
di far luce sui retroscena delle scalate<br />
bancarie e societarie, ma va assicurato il diritto<br />
preventivo di difesa ai protagonisti delle intercettazioni”<br />
Roma, 3 gennaio <strong>2006</strong>. La procura di Milano<br />
ha aperto un fascicolo per rivelazione di atti<br />
coperti dal segreto d'ufficio in relazione all'articolo<br />
(a firma Gianluigi Nuzzi) comparso sul<br />
quotidiano Il Giornale in cui si riportavano le<br />
intercettazioni, a quanto si è appreso mai utilizzate<br />
ai fini dell'inchiesta sulla scalata ad<br />
Antonveneta, tra Giovanni Consorte e il segretario<br />
<strong>dei</strong> Ds Piero Fassino in particolare.<br />
In base all' articolo 326 del codice di procedura<br />
penale si deduce, quindi, che sia stato iscritto<br />
nel registro degli indagati l'autore dell' articolo<br />
in concorso con pubblici ufficiali per ora<br />
ignoti.<br />
“Il Parlamento intervenga con urgenza sulla<br />
questione delle intercettazioni telefoniche”: lo<br />
ha affermato il presidente del Senato, Marcello<br />
Pera, che ha aggiunto: ''Il problema delle intercettazioni<br />
telefoniche è sempre più grave e<br />
allarmante. Inutile accusare i giornali: tutti i<br />
giornalisti, in tutto il mondo, se hanno notizie,<br />
le pubblicano, come e quando ritengono di loro<br />
convenienza”.<br />
D’accordo con il presidente Pera si è dichiarato<br />
Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia: “È legittimo<br />
pubblicare le intercettazioni che consentono<br />
di far luce sui retroscena delle scalate bancarie<br />
e societarie, ma va assicurato il diritto<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
preventivo di difesa ai protagonisti delle intercettazioni.<br />
Il rispetto del diritto di difesa significa<br />
soprattutto rispetto della dignità delle persone,<br />
che sono estranee alle inchieste penali,<br />
ma anche di chi vi è coinvolto sul presupposto<br />
che un’informazione di garanzia non è<br />
una condanna e che la presunzione di innocenza<br />
è un valore costituzionale. Il problema<br />
è davvero la normativa, che oggi consente intercettazioni<br />
a grappolo”.<br />
“Dietro le scalate bancarie e societarie – ha<br />
INTERCETTAZIONI/ ABRUZZO:<br />
“VIA I SEGRETI ISTRUTTORI”<br />
Milano, 5 gennaio 2005. "Serve una legge di un solo articolo che abolisca i segreti istruttori<br />
in vigore, i quali sono inutili perché vengono sistematicamente violati da una pluralità<br />
di soggetti pubblici". E questa la proposta del presidente dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong><br />
della Lombardia, Franco Abruzzo. "La nuova legge - sostiene Abruzzo - dovrebbe dire<br />
che è vietato pubblicare soltanto quegli atti processuali sui quali il giudice abbia deciso<br />
di apporre il vincolo temporaneo di segretezza. La nuova legge - secondo il presidente<br />
dell'<strong>Ordine</strong> lombardo - dovrebbe dire anche che i cronisti giudiziari, come mediatori<br />
intellettuali fra i fatti e la pubblica opinione, hanno il diritto di estrarre copia degli atti<br />
processuali depositati in cancelleria al termine della varie fasi istruttorie". Per Abruzzo,<br />
"l'abolizione del segreto istruttorio cancellerebbe le corsie preferenziali alle informazione<br />
nella fase delle indagini istruttorie".<br />
(ANSA)<br />
precisato Abruzzo - si nascondono lotte di<br />
potere che possono sconvolgere gli equilibri<br />
politici del Paese. È giusto che i cittadini sappiano.<br />
I giornalisti hanno il dovere e l’obbligo<br />
di accertare i fatti e di non pubblicare notizie<br />
del diavolo, ma soprattutto di non combattere<br />
guerre per conto terzi. I cronisti, comunque,<br />
non sono custodi del segreto istruttorio: questo<br />
compito spetta ad altri soggetti (pubblici)”.<br />
Abruzzo ha aggiunto: “Mi auguro che il<br />
Parlamento intervenga soltanto sulla normativa<br />
delle intercettazioni e che non riprenda<br />
l’esame <strong>dei</strong> 14 articoli del disegno di legge<br />
(varato dal Governo il 9 settembre 2005 ed<br />
all’esame del Senato) sulle “Disposizioni in<br />
materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali<br />
e di pubblicità negli atti del fascicolo<br />
del pubblico ministero e del difensore”. Quei<br />
14 articoli, una volta diventati legge, decreterebbero<br />
la fine della cronaca giudiziaria. Si<br />
tornerebbe alla legislazione del 1930: verrebbe,<br />
infatti introdotto il divieto di pubblicazione<br />
‘anche parziale o per riassunto o nel<br />
contenuto, di atti di indagine preliminare,<br />
nonché di quanto acquisito al fascicolo del<br />
pubblico ministero o del difensore, anche se<br />
non sussiste più il segreto, fino a che non<br />
siano concluse le indagini preliminari ovvero<br />
fino al termine dell'udienza preliminare... È in<br />
ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale<br />
o per riassunto della documentazione,<br />
degli atti e <strong>dei</strong> contenuti relativi a conversazioni<br />
o a flussi di comunicazioni informatiche<br />
o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione’.<br />
Con queste clausole in vigore, i quotidiani<br />
non avrebbero potuto pubblicare le conversazioni<br />
telefoniche (intercettate dalla polizia<br />
giudiziaria) tra il governatore di Bankitalia<br />
Fazio e il banchiere Fiorani”.<br />
25 (29)
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Angelo Del Boca<br />
Italiani, brava gente<br />
Un mito duro a morire<br />
di Emilio Pozzi<br />
In tempi di strumentali e martellanti<br />
revisionismi, stampati<br />
e televisivi, è bene rivedere<br />
con occhio critico e onestà,<br />
alcune vicende, dimenticate<br />
o rimosse, che fra il 1861 e il<br />
1946 - questo è l’arco storico<br />
indagato dall’autore, ma con<br />
qualche considerazione sull’oggi<br />
- costituiscono pagine<br />
dolorosamente vergognose<br />
della storia di un paese che<br />
è, purtroppo l’Italia.<br />
L’inquietante interrogativo<br />
che Angelo Del Boca pone<br />
nel titolo del suo libro, diventa,<br />
di pagina in pagina, pesante<br />
come un macigno.Al<br />
dubbio, si sostituisce, purtroppo,<br />
la certezza. E le conclusioni<br />
sono ancora più inquietanti<br />
dell’interrogativo iniziale.Quanti<br />
piccoli Figli della<br />
lupa - così il Regime fascista<br />
chiamava i bimbi ai quali faceva<br />
indossare una divisa<br />
con vistose fasce bianche e<br />
un fez in testa e un fucilino in<br />
mano - hanno applicato, da<br />
adolescenti e da adulti, le lezioni<br />
imparate ai raduni del<br />
sabato pomeriggio<br />
Innocenti bambini, come<br />
quelli raffigurati nella copertina<br />
del volume di Del Boca,<br />
coevi <strong>dei</strong> ragazzini mandati<br />
alla morte da Hitler e antenati<br />
<strong>dei</strong> kamikaze di questi nostri<br />
tragici tempi.<br />
Le prime cinquanta pagine<br />
del libro fanno da solido e<br />
ampio proemio alla narrazione<br />
degli episodi che costellano<br />
centocinquant’anni di una<br />
ingloriosa cronologia. E questo<br />
in un ampio panorama di<br />
tre secoli nei quali - come dice<br />
Del Boca “gli italiani non<br />
hanno goduto di molta reputazione”.<br />
E si citano giudizi<br />
quasi sempre inoppugnabili,<br />
anche se talvolta ingiusti o<br />
troppo sferzanti, di personaggi<br />
che hanno giudicato i difetti,<br />
e peggio ancora, i reati morali<br />
attribuibili a parecchi cittadini<br />
italiani. Il mito degli “italiani<br />
brava gente” (e l’interrogativo<br />
messo da Del Boca nel<br />
titolo del suo libro motiva il<br />
dubbio) si sgretola sotto il peso<br />
di alcune cifre: “Si pensi<br />
soltanto - riportiamo dal testo<br />
- ai 100 000 libici, uccisi tra<br />
1911 e 1932, in aspri combattimenti<br />
o nell’inferno <strong>dei</strong><br />
campi di concentramento.<br />
Ai tre giorni di sangue ad<br />
Addis Abeba dopo l’attentato<br />
a Graziani del 19 febbraio<br />
1937( uccisi da un minimo di<br />
1400 a un massimo di 30000<br />
etiopi). Ai 2000 preti e diaconi<br />
assassinati nella città conventuale<br />
di Debrà Libanos,<br />
per il semplice sospetto che<br />
fossero implicati nella congiura<br />
contro Graziani. Alle ‘bonifiche<br />
etniche ‘praticate nei<br />
Balcani”.<br />
La dolorosa e addolorata ricognizione<br />
comincia dal<br />
1861, da quella che fu sbrigativamente<br />
definita la “guerra<br />
al brigantaggio” condotta<br />
al Sud, dal generale Cialdini<br />
con mille e più attacchi che<br />
provocarono, nelle stime più<br />
riduttive, 5212 fucilati e migliaia<br />
di arrestati.<br />
Altre fonti (quella citata è di<br />
Franco Molfese) triplicano<br />
addirittura le cifre.<br />
Il percorso scelto da Del<br />
Boca evoca nomi di luoghi<br />
che spesso ci sono stati presentati<br />
in ben altra luce: da<br />
Nocra, una delle 209 isole<br />
madreporiche dell’arcipelago<br />
delle Dahalak, al largo di<br />
Massaua, sede di un terribile<br />
penitenziario, alla partecipazione,<br />
con “imprevidenza incredibile”<br />
da parte della<br />
Marina - come scrisse indignato<br />
il tenente colonnello<br />
Tommaso Salsa, allo sterminio<br />
<strong>dei</strong> boxer, di popolazione<br />
civile, in Cina, nel porto di<br />
Tong-ku, ai tanti episodi collegati<br />
con l’avventura imperiale<br />
in Etiopia (e l’uso di bombe<br />
all’iprite e <strong>dei</strong> gas asfissianti),<br />
alla repressione, dura, contro<br />
i fuochi di rivolta nei Balcani<br />
(Dalmazia, Croazia, Slovenia<br />
e Montenegro) durante l’occupazione<br />
nella seconda<br />
guerra mondiale.<br />
E di personaggi come Badoglio,<br />
Graziani e il generale<br />
Robotti.<br />
Il mito degli italiani “brava<br />
gente” qualche volta si giustifica,<br />
anche per il fatto che<br />
molto spesso i nostri soldati<br />
avevano, oltre le qualità di<br />
fondo del nostro popolo, con<br />
le popolazioni locali il denominatore<br />
comune della povertà:<br />
la povertà di mezzi e di<br />
equipaggiamenti. Ma gli ordini<br />
vengono sempre dall’alto.<br />
E sono documentati.<br />
Naturalmente ci sono le mele<br />
marce e, talvolta i casi di fanatismo<br />
collettivo, soprattutto<br />
al tempo della dittatura fascista.<br />
L’analisi di Del Boca, che nel<br />
libro riporta episodi che costituiscono<br />
“ovviamente una<br />
scelta e non l’insieme delle<br />
imprese delittuose compiute<br />
dagli italiani negli ultimi centocinquantanni<br />
anche se rappresentano<br />
gli episodi più<br />
gravi” prosegue fino ai giorni<br />
nostri. Nel complesso emerge<br />
un severo giudizio di condanna,<br />
fino al 1945. I drammatici<br />
eventi che pure in sessant’anni<br />
di cosiddetta pace,<br />
hanno portato al superamento<br />
del secolo, lasciano drammatici<br />
interrogativi e inquietano<br />
le coscienze. E qui l’ottica<br />
dell’autore si sposta sulla<br />
presenza di contingenti italiani<br />
in Libano, Bosnia, Albania,<br />
Kossovo,Timor Est, Mozambico,<br />
Afghanistan, Iraq,<br />
dove gli italiani, dovendo fare<br />
un confronto “si può persino<br />
sostenere che i militari italiani,<br />
si sono comportati meglio<br />
<strong>dei</strong> colleghi degli altri contingenti”.<br />
Anche in Iraq, nel<br />
2003, il nostro corpo di spedizione,<br />
denominato Antica<br />
Babilonia - rileva Del Bocaera<br />
“modestamente armato e<br />
con una scarsa conoscenza<br />
della situazione”.Tant’è che<br />
quando i guerriglieri di Abu<br />
Omar al-Kurdi sferrarono a<br />
Nassiriya un violento attacco<br />
che fece 21 vittime l’episodio<br />
suscitò più sorpresa che disapprovazione<br />
come se i<br />
guerriglieri di el-Kurdi avessero<br />
infranto un patto non<br />
scritto ma sottinteso. Sempre<br />
per via della convinzione che<br />
al soldato italiano è riconosciuto<br />
lo status privilegiato<br />
del “buono italiano”.<br />
E, per ritornare al filo rosso<br />
del discorso, si dice persuaso<br />
che in un giorno forse neppure<br />
lontano, quando cesseranno<br />
del tutto le false rimozioni<br />
e le false revisioni, quando<br />
non ci saranno più carte da<br />
nascondere in qualche ‘armadio<br />
della vergogna’ e tramonterà<br />
la leggenda del fascismo<br />
buono e del confino<br />
di polizia gabellato come un<br />
luogo di villeggiatura, allora si<br />
potrà anche seppellire il falso<br />
mito degli’‘italiani brava gente’che<br />
ha coperto e assolto<br />
tante infamie.<br />
E di un altro esercito, senza<br />
divise, silenzioso, si potrà<br />
parlare con orgoglio: quello<br />
<strong>dei</strong> cinque milioni di volontari,<br />
giovani e non giovani, raccolti<br />
in 38 mila organizzazioni che<br />
operano ogni giorno, con spirito<br />
di solidarietà, in ogni<br />
campo<br />
Un codicillo, a proposito di un<br />
altro volume sulla guerra<br />
d’Etiopia,(Una guerra per<br />
l’Impero, edito da Il Mulino,<br />
nel quale Nicola Labanca ha<br />
raccolto con pazienza certosina,<br />
testimonianze di reduci<br />
da quella spedizione (gerarchi,<br />
alpini, genieri, carristi,<br />
autisti, crocerossine, cappellani)<br />
recuperando anche i testi<br />
<strong>dei</strong> loro racconti già pubblicati,<br />
settant’anni fa. Nel suo<br />
entusiasmo per questo libro<br />
Sergio Luzzatto, che lo recensisce<br />
sul Corriere della<br />
Sera dell’11 novembre, definisce<br />
Labanca come “il massimo<br />
studioso della nostra disavventura<br />
coloniale”. Senza<br />
togliere nulla ai meriti di<br />
Labanca, certamente serio<br />
studioso, mi sembra fuori misura<br />
attribuirgli questa primazia,<br />
dimenticando proprio<br />
Angelo Del Boca che, fra l’altro,<br />
per i suoi studi sul colonialismo<br />
ha già ricevuto due<br />
lauree ad honorem. E una<br />
terza è in arrivo dall’università<br />
di Addis Abeba.<br />
Angelo Del Boca,<br />
Italiani, brava gente<br />
Neri Pozza,<br />
pagine 318 , euro 16,00<br />
Roberto Festorazzi<br />
D’Annunzio e la piovra<br />
fascista<br />
di Vito Soavi<br />
18 dicembre 1935: Giornata<br />
della fede. I coniugi italiani furono<br />
invitati a donare alla<br />
Patria le proprie fedi d’oro;<br />
era tempo di sanzioni che<br />
giustificavano la richiesta di<br />
questo sacrificio. Pochi giorni<br />
prima di quel 18 dicembre il<br />
governo fascista stava rischiando<br />
una clamorosa debacle<br />
perché si era accorto<br />
che non era disponibile un<br />
sufficiente numero di anelli<br />
d’acciaio da sostituire a quelli<br />
delle fedi d’oro donate.<br />
Rimandare la cerimonia<br />
avrebbe scatenato l’ilarità del<br />
mondo intero, e confermata<br />
la scarsa affidabilità istituzionale<br />
che godeva l’Italia di<br />
quei tempi.<br />
Per correre ai ripari Achille<br />
Starace convocò a Roma il<br />
federale di Brescia e gli ordinò<br />
di bloccare immediatamente<br />
le attività in corso di<br />
tutte le aziende metalmeccaniche<br />
della provincia per dedicarle<br />
alla produzione di<br />
tonnellate di cerchietti (il governo<br />
li avrebbe acquistati a<br />
qualsiasi prezzo!).<br />
Tornato a Brescia il malcapitato<br />
federale convocò l’industriale<br />
Carlo Gnutti e lo nominò<br />
capofila di tante altre<br />
aziende del settore per prov-<br />
vedere alla richiesta di<br />
Starace. Gnutti riuscì a compiere<br />
il miracolo, salvando<br />
così il governo da una figuraccia<br />
(e realizzando nel<br />
contempo un affare colossale).<br />
Questo incredibile episodio è<br />
tratto dal diario inedito di<br />
Giovanni Comini, allora segretario<br />
federale di Brescia.<br />
Roberto Festorazzi ha ritrovato<br />
questo importante documento<br />
di ottocento pagine<br />
dal quale ha attinto tutte le<br />
notizie, molte delle quali singolari<br />
e stupefacenti, per raccontarci,<br />
nel suo libro<br />
D’Annunzio e la piovra fascista<br />
i difficili rapporti fra il Vate<br />
e Mussolini durante gli ultimi<br />
tre anni di vita che il poeta<br />
trascorse al Vittoriale.<br />
L’autenticità di questo diario<br />
si evince dal ruolo esercitato<br />
dal suo estensore, nominato<br />
federale di Brescia all’età di<br />
28 anni, su segnalazione del<br />
Duce, direttamente da Starace;<br />
questi lo considerò<br />
sempre un fedele ed intelligente<br />
esecutore <strong>dei</strong> delicati<br />
incarichi che gli venivano affidati.<br />
Tra gli altri un ordine imperioso:<br />
mettere D’Annunzio nella<br />
condizione di non nuocere,<br />
spiando le sue azioni per<br />
prevenirle. Questa delicata<br />
missione venne condotta<br />
con una mossa audace ma<br />
vincente: confidò al Vate la<br />
natura dell’incarico ricevuto<br />
per assicurarsi anche la sua<br />
fiducia. Poté così avviare un<br />
incredibile doppiogioco, costruito<br />
sulla disponibilità assoluta<br />
<strong>dei</strong> due ignari contendenti.<br />
Fu tanto astuto da non far<br />
mai trapelare la sua “ambiguità<br />
“che venne sempre<br />
condotta in modo intelligente<br />
e a fin di bene.<br />
Festorazzi è riuscito a cogliere,<br />
nelle pagine del diario, i<br />
momenti più singolari e significativi<br />
del rapporto privilegiato<br />
del federale di<br />
Brescia col potere dominante,<br />
per far trasparire la sua latente<br />
contestazione al regime.<br />
Si rendeva sempre più<br />
conto di quanto fosse difficile<br />
esercitare il ruolo di lacchè di<br />
Starace che si era trovato<br />
cucito addosso. Per questo<br />
ha dato risalto, e Festorazzi<br />
ha prontamente raccolto, ad<br />
alcuni aspetti paradossali<br />
della tragedia che stava colpendo<br />
la nostra nazione.<br />
Gustoso e drammatico, ad<br />
esempio, è il resoconto del<br />
grave infortunio occorso a<br />
D’Annunzio che, perdendo<br />
l’equilibrio, cadde dalla finestra<br />
della sala della musica<br />
sita a piano terra del Vittoriale,<br />
e si fratturò il cranio,<br />
restando fra la vita e la morte<br />
per diversi giorni. La versione<br />
ufficiale dell’incidente riferisce<br />
di una caduta accidentale<br />
causata da un malore, le<br />
malelingue insinuano che<br />
quella sera egli stesse ascoltando<br />
Luisa Baccaro al pianoforte<br />
e contemporaneamente<br />
dedicasse altre sue<br />
attenzioni alla sorella minore<br />
di quest’ultima che, respingendolo<br />
con un brusco movimento,<br />
gli fece perdere l’equilibrio,<br />
ma certamente il<br />
Vate dal coma non fu in<br />
grado di contestare platealmente<br />
l’inizio delle ostilità<br />
in Africa Orientale avviate<br />
in quei giorni, che non aveva<br />
mai nascosto di disapprovare.<br />
Qual è la verità Difficile stabilirlo.<br />
L’importante che l’episodio<br />
sia stato raccontato<br />
con l’esposizione di tre soluzioni,<br />
tutte probabili.<br />
Roberto Festorazzi ha solo<br />
quarant’anni ma è certamente<br />
uno storiografo preparato<br />
ed attendibile. Senza nulla<br />
concedere alla interpretazione<br />
degli eventi raccontati riesce<br />
a sviscerare le figure <strong>dei</strong><br />
suoi personaggi per condurre<br />
il lettore a condividere con<br />
lui simpatie ed antipatie.<br />
Questa sua ultima fatica del<br />
racconto delle imprese doppiogiochistiche<br />
di Giovanni<br />
Comini ne sono una concreta<br />
conferma.<br />
Una lettura da non perdere.<br />
Roberto Festorazzi,<br />
D’Annunzio e<br />
la piovra fascista<br />
Il Minotauro<br />
marzo 2005<br />
pagine 214, euro 12,50<br />
Massimo Franco<br />
Imperi paralleli. Vaticano<br />
e Stati Uniti: due secoli di<br />
alleanza e conflitto (1788-2005)<br />
di Fabrizio de Marinis<br />
Pio VI e George Washington<br />
furono i primi a stabilire<br />
i contatti diplomatici tra<br />
Santa sede e Stati Uniti.<br />
Era il 1788 quando arrivò<br />
da Roma a Parigi un emissario<br />
inviato dal papa per<br />
incontrare il diplomatico appena<br />
assegnatovi dalla<br />
Nuova repubblica del Nord<br />
America.<br />
Il diplomatico era Benjamin<br />
Franklin e la richiesta che<br />
Pio VI gli fece fu semplice e<br />
concisa. Sarebbe stato<br />
d’accordo il presidente<br />
George Washington che il<br />
pontefice nominasse un vescovo<br />
nel nuovo Stato<br />
Ligio al dovere Franklin riportò<br />
la domanda al presidente<br />
Washington, e ciò<br />
che tornò a dire al papa era<br />
che egli avrebbe potuto nominare<br />
qualunque vescovo<br />
avesse voluto per gli Stati<br />
Uniti, perché quello che la<br />
rivoluzione aveva portato<br />
alle colonie era proprio la libertà,<br />
inclusa quella religiosa.<br />
Il dipanarsi, non sempre<br />
in modo lineare, di due secoli<br />
di rapporti tra Vaticano<br />
e Stati Uniti segnati prima<br />
dalla diffidenza e dall’ostilità<br />
fra cattolici e protestanti,<br />
poi da una tormentata<br />
ma solida alleanza, viene<br />
descritto con profonda e<br />
meditata analisi da Massimo<br />
Franco, 50 anni, romano,<br />
inviato e notista politico<br />
del Corriere della Sera,<br />
per la prima volta in modo<br />
organico e profondo analizzando<br />
le molteplici diversità<br />
pur legate da mille fili geopolitici<br />
e religiosi. Due “imperi<br />
paralleli” l’uno vecchio<br />
di duemilacinquecento anni,<br />
l’altro giovane di poco<br />
più di due secoli. Gli unici<br />
ad avere una proiezione<br />
planetaria.<br />
Chi era Gaetano Bedini, “il<br />
cardinale che scorticava gli<br />
eretici” e che nel 1854 sospese<br />
la sua missione negli<br />
Usa perché minacciato di<br />
morte dagli esuli italiani<br />
che lo accusavano di aver<br />
tradito e fatto fucilare Ugo<br />
Bassi, il frate di Garibaldi<br />
ammazzato dagli austriaci<br />
a Bologna, il 14 giugno<br />
1849 E perché fino al<br />
1984 gli Stati Uniti non hanno<br />
voluto un ambasciatore<br />
presso la Santa Sede<br />
E poi quelle immagini di<br />
profonda costernazione del<br />
presidente G.W. Bush, la<br />
moglie Laura, il padre<br />
George, Bill Clinton e<br />
Condoleeza Rice inginocchiati<br />
nella basilica di San<br />
Pietro davanti al corpo del<br />
26 (30) ORDINE 1 <strong>2006</strong>
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Giampaolo Pansa<br />
Sconosciuto 1945<br />
di Emilio Pozzi<br />
Il paragone può sembrare banale<br />
e può darsi che sia già<br />
stato usato ma pensare a<br />
Giampaolo Pansa come al<br />
dottor Jekill e a Mister Hyde -<br />
lui stesso nella prefazione a<br />
Sconosciuto 1945 scrive di<br />
un alter ego di se stesso, un<br />
immaginario avvocato Giorgio<br />
Alberti del quale si è servito<br />
per motivare dialetticamente<br />
le ragioni che l'hanno spinto<br />
a scrivere il libro - viene<br />
quasi spontaneo. Anche se<br />
può dare fastidio. Perché mister<br />
Hyde, vittima di furori incontrollati,<br />
frutto di una sperimentazione<br />
scientifica del<br />
dottor Jekill, può anche rappresentare<br />
la proiezione di un<br />
inconscio che c'è in ognuno.<br />
E per quanto riguarda l’uomo<br />
Pansa, autore di narrativa e di<br />
inchieste che lo qualificano<br />
come alfiere, da anni di un revisionismo<br />
accanito, mi sono<br />
interrogato spesso, conoscendolo<br />
da molti anni, sul<br />
dove si collocasse il confine<br />
tra l’analisi delle vicende dolorose<br />
della storia italiana fra il<br />
’43 e il ‘45 rivissuta, da antifascista,<br />
attraverso le testimonianze<br />
partigiane e quelle per<br />
lo più raccolte da figli e nipoti<br />
direttamente o attraverso lettere<br />
(duemila ne ha ricevute,<br />
dopo Il sangue <strong>dei</strong> vinti) di coloro<br />
che erano dall’altra parte.<br />
Di questo nuovo volume<br />
Pansa stesso dice (pagina<br />
302) dialogando con l’immaginario<br />
Giorgio Alberti, a proposito<br />
di un episodio ambientato<br />
a Masone: “ Questa storia<br />
è un altro esempio di come<br />
il libro che stiamo leggendo,<br />
sia il figlio di Sangue <strong>dei</strong><br />
vinti.<br />
E sul senso del volume, una<br />
risposta, anzi cinque, che<br />
Pansa chiama semplici<br />
verità, le ho trovate proprio<br />
nelle prime pagine di Sconosciuto<br />
1945. La citazione<br />
testuale è doverosa. “La prima<br />
è che, come accade in<br />
tutte le guerre, le parti coinvolte<br />
sono sempre due: i vincitori<br />
e i vinti. La seconda è<br />
che nessuna guerra si può<br />
raccontare senza tenere<br />
conto del punto di vista di entrambi<br />
i contendenti. La terza<br />
è che ascoltare e riferire le ragioni<br />
degli sconfitti non significa<br />
condividerle. La quarta è<br />
che, anche volendolo,è impossibile<br />
costringere al silenzio<br />
le migliaia e migliaia di<br />
persone che hanno messo in<br />
gioco la loro esistenza e<br />
quella <strong>dei</strong> loro famigliari in<br />
una battaglia che per quel<br />
che mi riguarda ho sempre<br />
ritenuto sbagliata. La quinta è<br />
ultima verità è che in una società<br />
democratica, nata dalla<br />
vittoria contro una dittatura,<br />
tappare la bocca a chi ha perso<br />
significa contraddire un<br />
principio che tutti dovremmo<br />
aver caro: la superiorità del<br />
sistema liberale rispetto a<br />
qualunque regime autoritario,<br />
nero o rosso che sia”.<br />
Tutto, o quasi, condivisibile.<br />
Quindi, rimossa la tentazione<br />
di fare un processo alle intenzioni<br />
(confesso che qualche<br />
ragione la troverei) rendiamo<br />
conto al lettore di questa nuova<br />
fatica letteraria e cronisticamente<br />
storica di Giampaolo<br />
Pansa. Gli episodi raccolti<br />
( molto spesso sulla base<br />
di lettere ricevute) sono affidati<br />
alla narrazione diretta di testimoni<br />
o di parenti di personaggi,<br />
non sempre con i nomi<br />
autentici, o sono riassunti dal<br />
curatore, in dialogo sempre<br />
con l’avvocato Alberti. Sono<br />
una cinquantina e, nel comune<br />
dolore per la perdita di familiari,<br />
presentati con l’affetto<br />
che quasi sempre assolve la<br />
vittima e condanna i giustizieri,<br />
riecheggiano avvenimenti<br />
<strong>dei</strong> quali la storia ha tracciato<br />
le linee generali o rivelano<br />
particolari ignorati, toccando<br />
diversi luoghi del nostro<br />
Paese. Analoga ricognizione,<br />
circoscritta a Milano e ai giorni<br />
attorno al 25 aprile 1945, è<br />
stata compiuta da Edgarda<br />
Ferri nel libro L’alba che<br />
aspettavamo. Per il fatto che<br />
questo articolo è destinato a<br />
<strong>Ordine</strong> Tabloid mi pare opportuno<br />
citare tre capitoli che<br />
si riferiscono proprio a giornalisti.<br />
Uno riguarda Salvatore<br />
Caprino, giornalista fascista<br />
ucciso a Milano nel maggio<br />
1945. Il giornale nel quale lavorava,<br />
da ultimo, era Repubblica<br />
fascista e l’ultimo numero<br />
recava la data del 26<br />
aprile 1945. La lucida testimonianza,<br />
è della figlia Giovanna<br />
Caprino Picciau che sa distinguere<br />
tra l’amore filiale e gli<br />
errori politici (“Quando ho visto<br />
il documentario di Alain<br />
Resnais Notti e nebbia sulla<br />
deportazione e lo sterminio<br />
degli ebrei, mi sono detta che<br />
anche il fascismo era responsabile<br />
dell’Olocausto, che anche<br />
mio padre pur senza avere<br />
una colpa diretta, aveva fatto<br />
parte di quel sistema.<br />
L’effetto è stato terribile. Però<br />
non mi sono vergognata di lui,<br />
mai. Mi sono vergognata del<br />
fascismo, questo sì. Per papà<br />
provavo soprattutto amore. In<br />
fondo lui aveva pagato, era<br />
stato ucciso”). Di Salvatore<br />
Caprino ha anche scritto<br />
Gianni Bongioanni nel libro<br />
rievocativo delle esperienze<br />
di Radio Tevere.<br />
Il secondo giornalista di cui<br />
parla Pansa è Giorgio Morelli,<br />
detto Il solitario, partigiano<br />
bianco di Reggio Emilia, fondatore<br />
di un giornaletto partigiano,<br />
vissuto per quattro numeri,<br />
tirati al ciclostile, insieme<br />
con Eugenio Corezzola.Si<br />
chiamava La Penna. E insieme<br />
, dopo la fine della guerra<br />
fondarono La nuova penna<br />
che non aveva nulla contro la<br />
Resistenza, della quale volevano<br />
difendere la purezza <strong>dei</strong><br />
valori, ma che si occupò coraggiosamente<br />
e con accanimento,<br />
in numerose inchieste<br />
contro ‘le bande che infestavano<br />
il Reggiano’. Contro il<br />
Solitario ci fu un agguato: sei<br />
colpi di rivoltella. E per i postumi<br />
di quel tentato omicidio,<br />
Morelli, sei mesi dopo morì.<br />
Aveva 21 anni e sette mesi. Il<br />
terzo giornalista di cui si parla<br />
che, per fortuna non morì tragicamente,<br />
ma fu allontanato<br />
dal Corriere della Sera e poi<br />
anche arrestato è Ciro Poggiali.<br />
Poggiali, padre di Vieri,<br />
che ne rievoca la figura in un<br />
capitolo, era un professionista<br />
serio, maestro di tanti giornalisti.<br />
Fra l’altro si deve a lui il<br />
merito se Dino Buzzati che lavorava<br />
nella cronaca del<br />
Corriere, della quale Poggiali<br />
era responsabile, poté pubblicare<br />
il suo primo romanzo Il<br />
deserto <strong>dei</strong> tartari. Poggiali<br />
finì dignitosamente la sua carriera<br />
negli anni cinquanta come<br />
capocronista del quotidiano<br />
cattolico di Milano L’Italia.<br />
L’affettuosa e devota rievocazione<br />
del figlio Vieri si conclude<br />
con una riflessione che è<br />
emblematica della complessa<br />
situazione nella quale hanno<br />
vissuto tante famiglie italiane.<br />
È bene leggerla: “Riepilogando.<br />
Un primo cugino morto di<br />
stenti in un lager tedesco. Un<br />
prozio ebreo nascosto in casa,<br />
con molti pericoli e per cinque<br />
anni. Un altro prozio infoibato<br />
dagli jugoslavi. Due gemelli<br />
arruolati in eserciti avversi.<br />
Una quasi epurazione professionale<br />
di mio padre, con<br />
rischi per la pelle. Ecco il contributo<br />
di partecipazione di<br />
una seminormale famiglia italiana<br />
alle vicende belliche, e<br />
politiche del 1940-45” .La memorialistica<br />
è di moda. E il libro<br />
di Pansa, nella sua disarticolata<br />
narrazione, è soffuso<br />
di pietas. I racconti in prima<br />
persona di coloro che hanno<br />
racchiuso per anni il dolore<br />
<strong>dei</strong> loro lutti, le morti ingiuste,<br />
tragici eventi legati al caso,<br />
casi isolati di ferocia e di vendetta,<br />
compongono un panorama<br />
desolante.Va letto, data<br />
per scontata onestà intellettuale,<br />
e non ricerca dell’effetto<br />
a tutti i costi, (anche se il sottotitolo<br />
del libro che mi auguro<br />
sia attribuibile al marketing<br />
editoriale lascia qualche perplessità)<br />
con rispetto,non dimenticando<br />
però quanti casi<br />
analoghi sono avvenuti sul<br />
fronte opposto e che non<br />
hanno trovato narratori. Non<br />
si tratta di mettere sulla bilancia<br />
i libri scritti sugli anni bui di<br />
un passato non dimenticato,<br />
(la Resistenza ha, nell’ambito<br />
<strong>dei</strong> sentimenti ‘privati’ alcuni<br />
volumi che andrebbero riletti<br />
come Lettere di condannati a<br />
morte curato da Giovanni<br />
Pirelli e Piero Malvezzi).<br />
Tuttavia sono personalmente<br />
convinto che molte storie<br />
umane sono rimaste nell’ombra.<br />
Per pudore <strong>dei</strong> protagonisti.<br />
E ormai i sopravvissuti sono<br />
pochi. O perché, nella<br />
Resistenza, c’era la regola<br />
del silenzio. E i figli non sapevano<br />
<strong>dei</strong> padri, e i padri <strong>dei</strong> figli.<br />
Giampaolo Pansa,<br />
Sconosciuto 1945.<br />
(Ventimila scomparsi,<br />
torturati e uccisi:<br />
le vendette dopo<br />
il 25 aprile<br />
nella memoria <strong>dei</strong> vinti),<br />
Sperling e Kupfer Editori,<br />
Milano 2005,<br />
pagine 476, euro 18,00<br />
papa Giovanni Paolo II.<br />
Che valenza storica hanno<br />
quelle testimonianze insieme<br />
a quelle <strong>dei</strong> più potenti<br />
uomini della terra e <strong>dei</strong> rappresentanti<br />
di tutte le più<br />
importanti religioni della<br />
terra<br />
Massimo Franco si muove<br />
con abilità e sicurezza nell’archivio<br />
segreto vaticano.<br />
Fa affiorare documenti inediti<br />
su un mondo a cavallo<br />
tra il Settecento e<br />
l’Ottocento e risale la china<br />
della storia fino ai nostri<br />
giorni, indagando realtà<br />
complesse popolate da papisti<br />
e cow boys, ambasciatori<br />
e spie, pontefici e presidenti,<br />
impegnati in un gioco<br />
di potere sottile e, a volte<br />
brutale. Indaga sui motivi<br />
per cui gli Usa non hanno<br />
avuto, appunto, un’ambasciata<br />
presso la Santa<br />
Sede fino al 1984, con<br />
Ronald Reagan alla Casa<br />
Bianca. Racconta l’irriducibilità<br />
vaticana contro la<br />
guerra in Iraq e lo scandalo<br />
<strong>dei</strong> preti pedofili negli Usa.<br />
Complesse alchimie di poteri<br />
e contropoteri, il grande<br />
confronto tra i forti richiami<br />
spirituali e la troppa materialità<br />
del pensiero nordamericano,<br />
l’avidità protestante<br />
per la ricchezza e il<br />
denaro, il sapere secolare<br />
della Chiesa, i grandi segreti<br />
che il Vaticano da<br />
sempre conserva, vengono<br />
indagati da Massimo Franco<br />
con sapiente ritmica,<br />
senza mai sfociare nel facile<br />
giudizio, nella banalizzazione<br />
degli eventi, nella<br />
sottovalutazione <strong>dei</strong> grandi<br />
misteri che muovono la storia.<br />
Due secoli di rapporti, anche<br />
agitati, non sono facili<br />
da raccontare, dall’epopea<br />
delle colonie, ai fantasmi<br />
del Ku Klux Klan, ai complessi<br />
eventi della prima e<br />
seconda guerra mondiale,<br />
al triangolo anticomunista<br />
del dopoguerra, ai Kennedy<br />
e a Jacqueline che si<br />
presenta tutta di nero, vestita<br />
quasi da monaca, nel<br />
1962, all’udienza con<br />
Giovanni XXIII, come a riconfermare<br />
la profonda devozione<br />
<strong>dei</strong> cattolici americani<br />
verso la Chiesa di<br />
Roma, fino alla guerra con<br />
l’Iraq. Una carrellata di<br />
aneddoti e di riflessioni.<br />
L’intrecciarsi di eventi tra<br />
due imperi che Massimo<br />
Franco definisce fin da subito<br />
“paralleli”. E poi «la<br />
preoccupazione palpabile<br />
delle gerarchie cattoliche»,<br />
che ritengono che «la strategia<br />
imperiale statunitense<br />
possa accentuare la<br />
“cristianofobia” emersa dopo<br />
la guerra in Iraq nell’universo<br />
islamico».<br />
Il libro di Massimo Franco<br />
cerca di fotografare le fasi<br />
storiche dell’alleanza e del<br />
conflitto fra gli «imperi paralleli»<br />
occidentali nel corso<br />
di oltre duecento anni. Di<br />
raccontare gli alti e bassi di<br />
un processo di conoscenza<br />
e di riconoscimento reciproci,<br />
che rappresenta l’aspetto<br />
meno indagato tra<br />
Vaticano e Nuovo Mondo,<br />
fra un Vaticano passato<br />
dall’eurocentrismo a una<br />
visione mondiale <strong>dei</strong> problemi,<br />
e un’America prima<br />
isolazionista, poi “gendarme<br />
del mondo”, e alla fine<br />
aspirante “demiurgo della<br />
storia”. È una vicenda lunga<br />
e tormentata, destinata<br />
a rimanere aperta ancora<br />
di più dopo la morte di<br />
Giovanni Paolo II e l’elezione<br />
di Benedetto XVI. La trama<br />
che collega Washington<br />
con la Roma di Giovanni<br />
Paolo II, insomma, e ora<br />
con Benedetto XVI è il riflesso<br />
della forza e della<br />
debolezza dell’identità occidentale<br />
e di due destini<br />
intrecciati.<br />
Massimo Franco<br />
Imperi paralleli.<br />
Vaticano e Stati Uniti:<br />
due secoli di alleanza e<br />
conflitto (1788-2005),<br />
Mondadori,<br />
pagine 229, euro 17,50<br />
Hélen Blignaut, Luisa Ciuni,<br />
Maria Grazia Persico<br />
Comunicare la moda<br />
di Franz Foti<br />
L’emozione è l’essenza primaria<br />
della comunicazione. La<br />
moda è seduzione, capacità di<br />
attrarre attraverso modalità<br />
particolari, il più delle volte<br />
orientate verso l’enfasi del dettaglio.Per<br />
comunicare la moda<br />
devono mescolarsi le due<br />
componenti essenziali del<br />
messaggio:l’emozione e il dettaglio<br />
seduttivo, che rappresenta<br />
l’espressione estetica<br />
più voluttuosa di ciò che genera<br />
il desiderio e l’immaginazione<br />
del possesso, preludio del<br />
gesto finale, prima di fare proprio<br />
l’oggetto desiderato. La<br />
moda è teatro, atmosfera, esasperazione<br />
del reale, estremismo<br />
estetico che sfila in passerella,<br />
che si mostra nelle sue<br />
forme suggestive e baluginanti,<br />
che sfida l’immaginario cromatico,<br />
culturale e sociale. Ma<br />
è anche teatro della vita. In alcune<br />
sue manifestazioni è sintesi<br />
di storia, anticipazione del<br />
futuro dove confluiscono i mille<br />
rivoli dell’anima e dell’agire: la<br />
sensibilità, il colore, la tecnologia,<br />
il tessuto, la poesia, la narrazione,<br />
il narcisismo, l’esasperazione<br />
del sé. La moda è<br />
anche storia. Hélene Blignaut,<br />
una delle autrici del volume<br />
Comunicare la moda, avverte<br />
che ogni cosa comincia da un<br />
inizio, il punto zero, ma prima<br />
di questo punto ce ne sono altri<br />
da percorrere prima di decollare<br />
dal punto zero.Bisogna<br />
capire sempre cosa c’era prima,<br />
perché da questo si capisce<br />
come penetrare l’anima e i<br />
sentimenti degli altri. È così<br />
che si risponde al bisogno d’emozioni<br />
degli altri. È in questo<br />
territorio che bisogna ricercare<br />
l’inafferrabile emotivo del: “mi<br />
piace, lo voglio, non mi piace<br />
più, mi piace ancora, non lo<br />
voglio”.<br />
Partendo da questi preliminari<br />
della costruzione psicologica<br />
dell’altro, conficcando le mani<br />
dentro l’anima <strong>dei</strong> nostri interlocutori,<br />
si stabilisce una buona<br />
comunicazione, il feeling<br />
della consonanza. Tutto questo<br />
vale soprattutto nell’ambito<br />
della moda, dove si viaggia sul<br />
confine invisibile fra desiderio<br />
e immaginazione, realtà e<br />
astrazione, visione del fantastico<br />
e condizione interiore. È<br />
dentro questo spazio che s’insinua<br />
la concezione “dell’abito<br />
parlante”, che t’insidia nel<br />
profondo, che morde il gusto di<br />
una nuova dimensione estetica<br />
sino a farla diventare dimensione<br />
mentale. Per gestire<br />
questa complessa macchina<br />
della comunicazione della moda<br />
non è sufficiente conoscere<br />
la psicologia del desiderio e<br />
del gusto. Serve anche la tec-<br />
nica della comunicazione. Per<br />
questo vengono esplorati alcuni<br />
modelli di comunicazione,<br />
come l’AIDA: Attenzione,<br />
Interesse, Desiderio, Azione. Il<br />
tutto, presumo, in un quadro<br />
d’intuizione ed esperienza.<br />
Nella comunicazione della<br />
moda non poteva mancare la<br />
descrizione e l’articolazione di<br />
una campagna del settore. Ci<br />
ha pensato un’altra autrice del<br />
volume, Maria Grazia Persico<br />
che puntualizza le varie sequenze<br />
di una campagna<br />
orientata al prodotto moda.<br />
Vengono descritti i presupposti<br />
principali, la pianificazione<br />
progettuale e operativa. Si tratta<br />
di un vero e proprio vademecum,<br />
di un piano di lavoro<br />
corredato di dieci pagine di<br />
schede esemplificative. In<br />
questo lavoro dedicato alla<br />
moda sono ben visibili i tratti<br />
del ruolo e delle funzioni del<br />
giornalista di settore e dell’ufficio<br />
stampa. Molto interessanti<br />
si mostrano i consigli e i particolari<br />
di Luisa Ciuni.<br />
Insegna a impostare un articolo<br />
di giornale, a strutturare un<br />
efficace comunicato stampa,<br />
a tratteggiare i volti della pubblicità.<br />
Tecnica, partecipazione,<br />
pazienza e curiosità, unitamente<br />
a un pizzico di fortuna,<br />
sono i ferri del mestiere.<br />
Affinandoli con buone letture,<br />
corredandoli di una discreta<br />
dose di spirito d’osservazione,<br />
avremo costruito buona parte<br />
del nostro successo comunicativo.<br />
Hélen Blignaut,<br />
Luisa Ciuni,<br />
Maria Grazia Persico,<br />
Comunicare la moda,<br />
Manuali Franco Angeli<br />
euro 12,50<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
27 (31)
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Marcello Lo Vetere<br />
Tredici giornalisti.<br />
La professione<br />
raccontata da chi la fa<br />
AA.VV.<br />
Il libro nero di Cuba<br />
di Marzio De Marchi<br />
«Ognuno guarda Cuba dal<br />
suo prisma preferito: la musica<br />
di Cumpay Segundo e i<br />
diari di Che Guevara, l’epopea<br />
della Sierra Maestra, il<br />
mojito e il son, la “sanità per<br />
tutti” e l’embargo de los<br />
yankees che “strangola” il<br />
sogno della Revolución…»:<br />
scrive così Michele Farina,<br />
giornalista del Corriere della<br />
Sera, nella presentazione<br />
de Il libro nero di Cuba. Ma<br />
aggiunge, subito dopo, che<br />
«la faccia aggiornata di<br />
Cuba (…) sono le rughe di<br />
Ricardo Gonzales, che oggi<br />
ha 55 anni e sta ancora dentro,<br />
in una delle 200 prigioni<br />
cubane dove neppure il<br />
Comitato della Croce Rossa<br />
Internazionale può entrare.<br />
È il silenzio coatto di Raúl<br />
Rivero, che compirà i 60 in libertà<br />
condizionata».<br />
Ma chi sono Gonzales e<br />
Rivero Nel marzo del 2003<br />
Fidel Castro diede il via a<br />
una repressione senza precedenti<br />
contro giornalisti,<br />
militanti <strong>dei</strong> diritti umani, sindacalisti.<br />
Decine di persone<br />
furono incarcerate con l’accusa<br />
di attività sovversiva,<br />
malgrado le proteste che subito<br />
si sollevarono in tutto il<br />
mondo e che contribuirono a<br />
incrinare, una volta di più,<br />
l’immagine della rivoluzione<br />
castrista.<br />
Il libro nero di Cuba spiega<br />
proprio quanto è avvenuto<br />
da quel tragico giorno di<br />
marzo di due anni fa ad oggi;<br />
e, con una serie impressionante<br />
di documenti e testimonianze,<br />
presenta una<br />
verità che non può in alcun<br />
modo essere «interpretata».<br />
I rapporti sono presentati da<br />
Reporter senza frontiere<br />
con il contributo di Amnesty<br />
International, Commission<br />
cubaine des droits de l’homme<br />
et de la réconciliation nationale,<br />
della Commission<br />
interaméricaine des droits<br />
de l’homme de l’Organisation<br />
des États américains,<br />
di Human Rights<br />
Watch e, infine, di Pax Christi<br />
Pays-Bas. Completano il<br />
lavoro alcuni significativi<br />
estratti della Costituzione<br />
cubana e del Codice penale.<br />
«Io non cospiro, scrivo»: così<br />
si è difeso il poeta e giornalista<br />
Raúl Rivero, messo<br />
di fronte all’accusa di tradimento.<br />
Ma all’ombra della<br />
Revolución, le parole di libertà<br />
spaventano ancora.<br />
AA.VV.,<br />
Il libro nero di Cuba,<br />
Guerini e Associati,<br />
pagine 202, euro 17,50<br />
Vieri Poggiali<br />
Orso in piazza Affari getta<br />
nel panico il parco buoi<br />
di Giacomo Ferrari<br />
Il titolo è curioso. E fa immediatamente<br />
pensare a un testo<br />
satirico sul linguaggio della<br />
finanza. Invece, si tratta di<br />
tutt’altro. Anche se l’idea è sicuramente<br />
geniale: se si voleva<br />
catturare l’attenzione del<br />
potenziale lettore, l’intento è<br />
perfettamente riuscito.<br />
In realtà il volumetto di Vieri<br />
Poggiali, un pioniere della divulgazione<br />
economica, è un<br />
prezioso strumento di lavoro<br />
per chi fa il giornalista economico<br />
o, più in generale, il comunicatore<br />
nell’ambito di<br />
questo settore. Essenziale,<br />
chiaro, didascalico, è il frutto<br />
di una ricerca accurata condotta<br />
semplicemente leggendo<br />
criticamente gli articoli di<br />
giornale, spesso zeppi di metafore<br />
e luoghi comuni. Che<br />
l’autore ha “tradotto” in termini<br />
più accessibili. Quella del tecnicismo<br />
è un antico peccato<br />
del giornalismo italiano. Dalla<br />
nota politica alla più banale<br />
notizia di cronaca nera (quante<br />
volte abbiamo letto di una<br />
persona “sottoposta a custodia<br />
cautelare” anziché più<br />
semplicemente “imprigionata”)<br />
sui giornali le frasi gergali<br />
sono sempre più presenti.<br />
Ma perché queste locuzioni,<br />
burocratiche nello stile e<br />
nella sostanza, vengono usate<br />
anche dai giornalisti<br />
Semplicemente perché è più<br />
facile. Perché non si fa alcuno<br />
sforzo per “tradurre” un verbale<br />
di polizia o la relazione di<br />
un consiglio di amministrazione.<br />
Ma questo, guarda caso,<br />
è proprio ciò che dovrebbe fare<br />
il giornalista. Hanno ragione,<br />
dunque, coloro che accusano<br />
i giornalisti di scrivere<br />
per loro stessi e per le loro<br />
fonti anziché per i lettori, come<br />
sarebbe loro preciso dovere.<br />
Le quasi mille voci catalogate<br />
(e spiegate con chiarezza)<br />
da Poggiali in questa<br />
ricerca permettono di capire<br />
meglio il linguaggio del giornalismo<br />
economico ma soprattutto<br />
aiutano a capire gli<br />
stessi concetti della scienza<br />
economica. La scelta di disporre<br />
le voci in ordine alfabetico,<br />
come in un glossario,<br />
mette inoltre il lettore in condizione<br />
di individuare facilmente<br />
e velocemente la parola o<br />
la locuzione che lo interessa.<br />
Il lavoro di Poggiali, in definitiva,<br />
oltre a rappresentare una<br />
lettura piacevole, è soprattutto<br />
di straordinaria utilità.<br />
Vieri Poggiali,<br />
Orso in piazza Affari getta<br />
nel panico il parco buoi,<br />
Centro Documentazione<br />
<strong>Giornalisti</strong>ca,<br />
pagine 94, euro 10,00<br />
di Paolo Pirovano<br />
Andare, vedere e raccontare:<br />
l’immagine romantica del<br />
giornalista si riassume in<br />
queste tre parole. È ciò che<br />
ha fatto Marcello Lo Vetere<br />
in Tredici giornalisti. La professione<br />
raccontata da chi<br />
la fa. Le testimonianze sono<br />
state raccolte da Lo Vetere<br />
che ha intervistato alcuni<br />
colleghi della televisione,<br />
<strong>dei</strong> quotidiani, della comunicazione<br />
sul web, ma anche<br />
reporter di provincia e una<br />
giovane pubblicista su una<br />
sedia a rotelle.<br />
Dalle pagine di questo volume<br />
che, come ha scritto<br />
nella prefazione il presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia Franco<br />
Abruzzo, si legge tutto d’un<br />
fiato, emerge che lo stereotipo<br />
del giornalista “testimone<br />
privilegiato” o “storico del<br />
presente” che affida alla forza<br />
delle parole il senso del<br />
proprio lavoro, forse nel terzo<br />
millennio non esiste più.<br />
Gli americani, titolari del sistema<br />
di informazione più libero<br />
e contemporaneamente<br />
più controllato, più trasparente<br />
ma anche più soggetto<br />
alle pressioni della<br />
corruzione, sostengono che<br />
la notizia è quella che i giornalisti<br />
vogliono che sia. Tra<br />
questi due estremi, quello<br />
del fedele testimone della<br />
verità e quella del diabolico<br />
manipolatore di opinioni, si<br />
pone la realtà di una professione<br />
difficile che conosce -<br />
ma non sempre dichiara -<br />
un insieme complesso di<br />
tecniche e di regole.<br />
Quindi in un periodo in cui<br />
regnano follia e fanatismi,<br />
intolleranza e fame di potere,<br />
il giornalista è chiamato<br />
in prima linea a rappresentare<br />
intelligenza, equilibrio<br />
e libertà.<br />
Oggi poche professioni sono<br />
sottoposte quanto quella<br />
del giornalista alle pressioni<br />
e alle aspettative del mondo<br />
circostante: ci si aspetta<br />
che sia esperto, consulente<br />
finanziario, ideologico e spirituale.<br />
E poi anche avvocato,<br />
mediatore, comunicatore,<br />
insegnante, detective,<br />
poliziotto e giudice.<br />
Provocatore e pacificatore<br />
a 360 gradi; un ruolo che le<br />
pagine del libro spiegano in<br />
modo eccellente grazie alla<br />
bravura di Lo Vetere che<br />
scava nel passato e nel<br />
presente degli intervistati.<br />
<strong>Giornalisti</strong> che parlano di<br />
aneddoti ma anche di storie<br />
tristi; uomini e donne in giro<br />
alla ricerca di notizie ma<br />
anche incollati al computer<br />
a passare pezzi o a scrivere<br />
titoli e “dida”.<br />
Con la consapevolezza che<br />
anche questa professione,<br />
col trascorrere del tempo e<br />
a dispetto dell’immaginario<br />
collettivo, sta diventando<br />
“piatta”, con i suoi problemi,<br />
i suoi modelli e i suoi miti.<br />
Marcello Lo Vetere,<br />
Tredici giornalisti.<br />
La professione raccontata<br />
da chi la fa,<br />
prefazione di Franco<br />
Abruzzo,<br />
Edizioni A&B,<br />
335 pagine, euro 20,00<br />
Vladimiro Bertazzoni<br />
Andrea, mio padre<br />
di Marco Volpati<br />
Se Voltaire fosse nato sul finire<br />
dell'800 a San Benedetto<br />
Po, il suo Candide avrebbe<br />
potuto chiamarsi Andrea Bertazzoni.<br />
Classe 1895, Bertazzoni, spirito<br />
acuto e ribelle di figlio della<br />
campagna mantovana, è<br />
stato un personaggio singolare,<br />
che ha attraversato i momenti<br />
tragici della storia - dalla<br />
Grande guerra, al fascismo,<br />
all'esilio in Francia e<br />
poi in Urss - con straordinario<br />
candore, coraggio e anche<br />
parecchia fortuna.<br />
Il figlio Vladimiro Bertazzoni -<br />
giornalista e scrittore - gli ha<br />
dedicato un volume interessante<br />
e molto ben riuscito:<br />
rieditando molti scritti del padre,<br />
memorie delle sue avventure,<br />
e corredandole di<br />
spiegazioni, raccordi, nuovi<br />
documenti. Il tutto senza<br />
spezzare il ritmo narrativo e<br />
la scorrevolezza della scrittura.<br />
Alla fine il libro è un tutt'uno,<br />
perfettamente armonico.<br />
Si intitola Andrea, mio padre.<br />
Un uomo comune che visse<br />
non comunemente. C’è un<br />
eccesso di modestia in questa<br />
presentazione: che Andrea<br />
Bertazzoni fosse proprio<br />
un uomo comune è difficile<br />
crederlo. Aveva il dono della<br />
scrittura, in versi e in prosa.<br />
Ma le umili origini lo costrinsero<br />
ad un vita dura, fin da<br />
ragazzo, quando per sostenere<br />
la famiglia lavorava come<br />
sotcaldera, una delle<br />
umili funzioni che si svolgevano<br />
nei caseifici della Bassa<br />
Mantovana.<br />
La guerra del ‘15 lo trascina<br />
al fronte.<br />
E lì Candide-Bertazzoni si<br />
trasforma nel buon soldato<br />
Sveik. Uno Sveik più cocciuto<br />
che furbo. La sua idea, che<br />
lo accompagnerà per tutta la<br />
vita, è di non voler essere “né<br />
Caino né Abele”. Si comporta,<br />
apertamente, come un<br />
obiettore di coscienza ante<br />
litteram. Non tace, discute,<br />
contesta. Nelle sue memorie,<br />
scritte da anziano, annota:<br />
“Scopersi che la parola perché<br />
è quella che contiene,<br />
tra tutte le altre, il senso più<br />
rivoluzionario”.<br />
Sfugge a pericoli mortali, evita<br />
la condanna a morte che<br />
invece toccò a migliaia di soldati,<br />
specie dopo Caporetto,<br />
ha la presenza di spirito di ferirsi<br />
da solo (autolesionismo):<br />
si prende 20 anni di<br />
carcere militare, ma salva la<br />
vita. Finita la guerra arriva<br />
l’amnistia.<br />
Andrea Bertazzoni è ancora<br />
militare, di stanza in Sicilia.<br />
Gli ordinano di sparare sui<br />
solfatari in sciopero. Si rifiuta<br />
e finisce al confino a Lipari.<br />
Nel 1920 torna finalmente a<br />
casa, a San Benedetto. È<br />
iscritto al Partito socialista.<br />
Diventa segretario della cooperativa<br />
di consumo, e intanto<br />
esercita la sua vena artistico-letteraria.<br />
Mette in piedi<br />
una filodrammatica che recita<br />
testi di soggetto politico; in<br />
questo modo raccoglie fondi<br />
per i compagni incarcerati<br />
dopo le Giornate Rosse del<br />
‘19. Nel ‘21, alla scissione di<br />
Livorno, Bertazzoni sceglie il<br />
Partito comunista, perché gli<br />
sembra la via migliore per<br />
praticare l’intransigenza contro<br />
il fascismo. Continua a<br />
guidare la cooperativa, e<br />
sfugge, parte per astuzia parte<br />
per fortuna, agli agguati<br />
delle squadre fasciste. Ma<br />
nel ‘25, dopo l’attentato di<br />
Zaniboni contro il Duce, capisce<br />
di doversi dileguare.<br />
Fugge in bici da San Benedetto,<br />
poi a piedi.<br />
Rocambolescamente approda<br />
in Francia, terra di fuoriusciti.<br />
Lì conosce molti antifascisti<br />
famosi. Si ingegna con<br />
lavori vari per campare, poi,<br />
nel ‘32, anche in Francia il clima<br />
cambia. Bertazzoni ripara<br />
in Urss. Il paese del socialismo<br />
lo delude, ma senza intaccare<br />
la sua fede. Prima è<br />
contabile in una tipografia,<br />
poi mette in piedi un caseificio.<br />
Non è un casaro esperto<br />
- ha fatto solo il garzone, da<br />
ragazzino - ma riesce a farsi<br />
mandare, tramite i parenti<br />
emigrati in Francia, i manuali<br />
Hoepli in italiano sulle tecniche<br />
di produzione <strong>dei</strong> formaggi<br />
padani. Qui incappa<br />
nell’incidente del gorgonzola<br />
(episodio famoso per alcuni<br />
rèportage scritti nel dopoguerra,<br />
compreso uno di<br />
Montanelli): i sospettosi burocrati<br />
sovietici vedono sabotatori<br />
e spie in ogni angolo. E<br />
sono sono convinti che quel<br />
formaggio ammuffito sia un<br />
attacco alle conquiste rivoluzionarie.<br />
Rischia il carcere o il<br />
gulag. Ma lo salva il ministro<br />
Mikojan, che ha capito il suo<br />
lavoro e apprezza… il gorgonzola.<br />
Il regime delle purghe e del<br />
terrore regna in quegli anni<br />
‘30 in Urss. Specie tra gli immigrati<br />
antifascisti, dove il sospetto<br />
è legge.<br />
Il nucleo italiano è dominato<br />
da un burocrate-poliziotto:<br />
Paolo Robotti, cognato di<br />
Togliatti. Bertazzoni, spirito ribelle,<br />
non gliele manda a dire:<br />
lo contesta, addirittura<br />
scrive e fa circolare una poesia<br />
che satireggia il regime di<br />
repressione e di inquisizione<br />
che Robotti ha imposto alla<br />
comunità <strong>dei</strong> fuorusciti italiani.<br />
Bertazzoni è audace, ma, in<br />
fondo, fortunato: lo segnalano<br />
come un soggetto poco<br />
affidabile, gli tolgono il lavoro,<br />
lo riducono quasi alla fame.<br />
Ma nessuno lo arresta. Ad altri<br />
suoi compagni è toccato il<br />
campo di concentramento o<br />
il plotone di esecuzione. Lo<br />
stesso Robotti finirà in galera<br />
per un anno e mezzo ad opera<br />
delle sospettosissime autorità<br />
di Mosca.<br />
Anche se nel ‘21 ha scelto il<br />
Partito comunista, e ha vissuto<br />
da antifsscista pagandone<br />
tutti i prezzi, Robotti lo ha<br />
schedato come un “incorreggibile<br />
socialdemocratico”.<br />
Marchio negativo, ma non<br />
pericoloso come quello di<br />
trotzkista.<br />
Bertazzoni è sposato con la<br />
sua fidanzata di San Benedetto;<br />
hanno un figlio, Vladimoro,<br />
nato in Urss nel ‘34.<br />
Hanno la cittadinanza sovietica.<br />
Quando Hitler attacca la<br />
Russia la famiglia viene sfollata<br />
un Uzbekistan, lontano<br />
dal fronte. Una vita dura di fame<br />
vera.<br />
Nel ‘43, fallita l’impresa di<br />
Russia di Hitler e Mussolini, il<br />
Paese si riempie di prigionieri<br />
di guerra.<br />
Bertazzoni diventa interprete-commissario<br />
politico.<br />
Indossa una divisa da ufficiale<br />
dell’Armata Rossa, e si<br />
scopre a pensare quanto le<br />
divise gli facessero orrore,<br />
quando era soldato in guerra.<br />
Predica a quei militari sconfitti<br />
il verbo del comunismo, ma<br />
riesce ad esercitare le sue<br />
funzioni con umanità.<br />
Organizza persino qualche<br />
recita - la sua grande passione<br />
- naturalmente in italiano.<br />
Le gerarchie comuniste, sentiti<br />
gli applausi della platea, si<br />
fanno tradurre accuratamente<br />
i testi: non si sa mai che<br />
quell’incorreggibile socialdemocratico<br />
abbia scritto qualcosa<br />
di controrivoluzinario!<br />
Un anno esatto dopo la fine<br />
della guerra, nell’aprile ‘46, la<br />
famiglia Bertazzoni - Andra,<br />
la moglie Ebe e il figlio Vladimiro<br />
- rientra in Italia, a San<br />
Benedetto Po. Sono passati<br />
21 anni di esilio e di lotta politica<br />
antifascista. La libertà riconquistata<br />
in Patria è una<br />
grande consolazione. Ma,<br />
per Andrea, matureranno<br />
presto cocenti delusioni.<br />
Torna a guidare la cooperativa<br />
di consumo, ma poco dopo<br />
viene cacciato.<br />
C’è una storia di carte bollate<br />
e cause in tribunale tra lui e il<br />
sindaco comunista del paese.<br />
Bertazzoni è sempre lo<br />
spirito ribelle delle trincee del<br />
Carso. Il suo socialismo non<br />
tollera censure o richiami all’obbedienza.<br />
Nel ‘51, con altri<br />
due compagni, lo espellono<br />
per “indisciplina, frazionismo<br />
e rifiuto di fare autocritica”.<br />
Il periodico della Federazione<br />
mantovana del Pci<br />
pubblica le motivazioni della<br />
sua espulsione insieme a<br />
quelle della cacciata dal<br />
Partito <strong>dei</strong> due “reprobi” Valdo<br />
Magnani e Aldo Cucchi,<br />
bollati come “titoisti controrivoluzionari”.<br />
Il Psi, legato dal<br />
patto di unità con il Pci, si allinea:<br />
i vecchi compagni sono<br />
invitati, obbligati addirittura, a<br />
togliere il saluto agli espulsi.<br />
A metà degli anni ‘50 Andrea<br />
Bertazzoni, con una pattuglia<br />
di ex comunisti antistalinisti,<br />
aderisce al Psdi. Si ritroverà<br />
nel ‘66 nel Psi-Psdi unificati.<br />
Per rimanere poi con il partito<br />
di Nenni, dopo la successiva<br />
scissione del ‘69. Continuerà<br />
a scrivere, seguendo la sua<br />
vena di poeta tradizionale affezionato<br />
alla rima e alle cadenze<br />
da ballata. Una composizione<br />
sua ricorderà proprio<br />
Nenni, in occasione del<br />
funerale, nel 1980. In quello<br />
stesso anno morirà anche<br />
lui. Il libro composto dal figlio<br />
Vladimiro ci restituisce, con<br />
la vivacità delle storie personali,<br />
una figura importante<br />
dell’Italia del ‘900, e docu-<br />
28 (32) ORDINE 1 <strong>2006</strong>
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Nicola Graziani<br />
Lezioni di giornalismo.<br />
Cento articoli che hanno<br />
raccontato<br />
il Novecento italiano<br />
di Emilio Pozzi<br />
L’idea è suggestiva ed impegnativa,<br />
di quelle comunque<br />
che fanno centro. Il curatore<br />
si meriterebbe che nel sottotitolo<br />
si scrivesse ‘101’ articoli,<br />
aggiungendo anche il saggio<br />
introduttivo che contrappunta<br />
sinteticamente i brani<br />
scelti per la antologia. E bene<br />
ha fatto a esporre le motivazioni<br />
che lo hanno ispirato,<br />
in quanto ogni giornalista potrebbe<br />
ricostruire la storia<br />
della professione sulle proprie<br />
letture e sul proprio vissuto.<br />
Sono andato subito a<br />
cercare se ci fosse qualche<br />
corrispondenza di Indro<br />
Montanelli scritto agli inizi del<br />
1940 dalla Finlandia, che accesero<br />
nel cuore di un tredicenne<br />
(confessione personale)<br />
il primo fuoco di diventare<br />
giornalista. E ce l’ho trovato<br />
anche se, personalmente,<br />
il mio ricordo è legato<br />
a qualche altra pagina, più<br />
descrittiva della sconfinata<br />
Carelia. Appunto un libro di<br />
questo genere, che non può<br />
essere esaustivo, va accettato<br />
com’è, sul filo delle spiegazioni<br />
che ne dà Nicola<br />
Graziani.<br />
Storie e ‘storie scritte bene’,<br />
ricavate da attente e, immagino,<br />
ampie e approfondite<br />
letture, sacrificando chissà<br />
quanti altri articoli, saggi, editoriali,<br />
interviste fino a raggiungere,<br />
in decrescendo la<br />
cifra tonda: cento. Alla razionalità<br />
della scelta per presentare<br />
un quadro organico<br />
delle possibili variazioni professionali,<br />
a me è sembrato,<br />
che un filo sottile, che si scopre<br />
piano piano, non certamente<br />
inconscio, pervada il<br />
libro: una profonda visione<br />
umana degli accadimenti. E<br />
questo attraverso le firme<br />
che hanno raccontato le storie<br />
della nostra storia.<br />
Ci sono brani critici, duri,<br />
spietati nel raccontare vicende<br />
orrende. Quasi mai faziosi,<br />
però (Unica eccezione,<br />
‘perché scritta con tutti i crismi’<br />
la cronaca di Roberto<br />
Bracco, apparsa su Il Messaggero<br />
del 14 luglio 1881<br />
della traslazione della salma<br />
di Pio IX da San Pietro a San<br />
Lorenzo al Verano. Non troveranno<br />
i lettori invece il nome<br />
di Oriana Fallaci, ad<br />
esempio, grande comunicatrice<br />
indubbiamente, ma con<br />
se stessa sempre al centro<br />
degli avvenimenti; può essere<br />
una lezione sì, ma in negativo.<br />
Le testimonianze del<br />
giornalismo nel Ventennio<br />
sono scarse perché - spiega<br />
Graziani -‘a costo di sembrare<br />
fuori moda noi siamo ancora<br />
della vecchia guardia:<br />
non c’è giornalismo se non<br />
c’è un minimo rispetto delle<br />
verità democratiche’. Però<br />
non è stato dimenticato, e<br />
giustamente, Benito Mussolini,<br />
considerato un ‘giornalista<br />
di razza, un inviato di<br />
qualità’. Qui figura con un<br />
‘fondo’, intitolato Guerra”<br />
pubblicato nel primo numero<br />
de Il popolo d’Italia, a favore<br />
dell’intervento dell’Italia nel<br />
conflitto mondiale del 1915-<br />
18.<br />
Pensate a qualche fatto o a<br />
qualche personaggio che<br />
abbia colpito la nostra sensibilità,<br />
i nostri sentimenti, nei<br />
decenni trascorsi, vissuti di<br />
persona o sentiti raccontare.<br />
È difficile che non ci sia la<br />
pagina di un cronista che<br />
non fosse sul posto, con occhio<br />
e orecchio attenti. E<br />
cuore. E in questi casi anche<br />
lo scrittore deve essere cronista.<br />
Qualche omissione è scusata:<br />
se manca la narrazione di<br />
un fatto al quale abbiamo<br />
pensato, ce n’è certamente<br />
uno analogo che diventa<br />
esemplare, come lezione<br />
giornalistica, di una specifica<br />
tipologia. Ho in mente, ad<br />
esempio, la magistrale cronaca<br />
di Dino Buzzati per la<br />
sciagura nel mare di Albenga,<br />
nella quale morirono decine<br />
di bimbi milanesi; in<br />
compenso Buzzati giornalista<br />
è presente con un’altra<br />
pagina famosa, tra quelle<br />
scritte per la tragedia del<br />
Vajont.<br />
Questo è un libro utile e può<br />
stimolare, tra chi vive nel<br />
giornalismo, altre idee.<br />
Qualche esempio I libri di<br />
storia - e sappiamo bene<br />
quanti buchi nei ci siano nella<br />
cultura <strong>dei</strong> giovani d’oggi,<br />
anche nelle Università - potrebbero<br />
aprire ogni tema, o<br />
avvenimento specifico, con<br />
la riproduzione di un reportage<br />
giornalistico, scritto sull’onda<br />
dell’attualità, la cronaca<br />
che si fa storia (cito a memoria<br />
Umberto Eco). E il libro<br />
di Graziani stimola molti<br />
altri possibili progetti editoriali,<br />
altre antologie quindi,<br />
utilizzando reportage di giornali<br />
o mettendo a confronto<br />
per analisi comparate, sullo<br />
stesso argomento, editoriali<br />
o avvenimenti di costume o<br />
di cronaca politica, bianca e<br />
nera. In alcune scuole di<br />
giornalismo questo già avviene,<br />
ma gli ascoltatori sono<br />
pochi, qualche decina al<br />
massimo.<br />
E questo prima che lo spappolamento<br />
arrivi al fondo. Il<br />
giornalista da desk si limita<br />
ormai a trasferire, sulla pagina<br />
predisposta sul computer,<br />
le scarne notizie d’agenzia,<br />
così come sono, abbinandole,<br />
se lavora per qualche tv,<br />
alle immagini che arrivano<br />
confezionate da altre agenzie.<br />
Il tutto asetticamente,<br />
acriticamente. Senza chiedersi<br />
mai perché<br />
Nicola Graziani,<br />
Lezioni di giornalismo.<br />
Cento articoli che hanno<br />
raccontato il Novecento<br />
italiano,<br />
Nutrimenti Roma 2005<br />
pagine 476, euro 15,00<br />
Franco Martinelli<br />
“Breve sogno”. Gli ultimi anni<br />
della Decima MAS.<br />
Storie di vita 1943-1945<br />
di Massimiliano Lanzafame<br />
Nel disfacimento quasi generale<br />
delle forze armate italiane,<br />
seguito all'armistizio del<br />
1943, nell’assoluta mancanza<br />
di ordini, la maggioranza<br />
<strong>dei</strong> militari italiani prese la decisione<br />
di abbandonare la divisa<br />
e tornare a casa, altri si<br />
unirono ai partigiani, mentre<br />
alcuni decisero di proseguire<br />
la guerra a fianco dell’alleato<br />
tedesco. Un episodio di rilievo<br />
fu la vicenda della Decima<br />
Flottiglia MAS, corpo speciale<br />
della Regia Marina, dislocato<br />
a La Spezia, che fece la<br />
scelta di continuare la guerra<br />
“per l’onore”. A distanza di<br />
quasi sessanta anni da quegli<br />
avvenimenti il libro presenta<br />
una raccolta di storie di vita<br />
di uomini della Decima MAS<br />
riferite al periodo che va dall’8<br />
settembre 1943 al 25 aprile<br />
1945. La ricostruzione storica<br />
degli avvenimenti, condotta<br />
su fonti giornalistiche del<br />
tempo, memoriali storici e documenti<br />
originali d’archivio, è<br />
integrata dalle testimonianze<br />
<strong>dei</strong> sopravvissuti. Le esperienze<br />
di allora sono riviste<br />
con gli occhi di oggi, alla luce<br />
di più di mezzo secolo di cultura,<br />
politica e civile, democratica.<br />
I protagonisti ricordano<br />
le ragioni delle loro scelte<br />
e le vicende che li hanno riguardati.<br />
I racconti sono pacati,<br />
spogli di retorica e visti<br />
come molto lontani, in un periodo<br />
di tempo diverso dal<br />
normale, un periodo sospeso,<br />
il “tempo di guerra”. Ne<br />
emerge il carattere avventuristico<br />
e giovanile della Decima<br />
MAS, il suo spirito di<br />
corpo, come la sua moderna<br />
organizzazione bellica, ma<br />
appare soprattutto l’assurdità<br />
della guerra: dispensatrice di<br />
dolore, umiliazione e morte.<br />
Franco Martinelli,<br />
Breve sogno,<br />
Liguori Editore, 2005<br />
Napoli,<br />
pagine 155, euro 13,00<br />
Mariano de Angelis<br />
Qualcosa di simile.<br />
Saggio politico letterario<br />
menta attraverso rapidi racconti<br />
di vita i drammi, e anche<br />
le commedie, di un’epoca.<br />
Nel suo stile vivacissimo,<br />
Andrea Bertazzoni racconta<br />
con una nonchalance che<br />
soprende cose quasi incredibili.<br />
Così incredibili che non<br />
possono essere che vere.<br />
Gli ufficiali della Grande<br />
guerra sono alcuni spesso<br />
fanatici, ma alcuni sono umani<br />
e lo aiutano a salvarsi. I fascisti<br />
sono violenti, ma spesso<br />
anche esitanti, oppure<br />
sentimentali. I burocrati di<br />
Mosca mandano a morte<br />
tanta gente, eppure qualche<br />
volta sanno fermarsi di fronte<br />
a chi insiste sulle proprie ragioni.<br />
Tutt’altro che comuni<br />
questi Bertazzoni. Il padre,<br />
ma anche il figlio, che si inserisce<br />
nel racconto con lo stile<br />
del giornalista, lo scrupolo<br />
dello storico, e la riscoperta<br />
delle proprie personali memorie<br />
d’infanzia di italiano<br />
nato e cresciuto in Unione<br />
Sovietica.<br />
Bertazzoni padre ripercorrendo<br />
la propria vita osserva:<br />
“Mi son sentito dire dagli uni<br />
che ero un perfetto comunista,<br />
e dai comunisti che ero,<br />
al contrario, un autentico socialdemocratico”.<br />
Una frase che riassume il<br />
dramma della sinistra italiana<br />
nel ‘900.<br />
Vladimiro Bertazzoni,<br />
Andrea, mio padre.<br />
Un uomo comune<br />
che visse non<br />
comunemente,<br />
Editoriale Sometti,<br />
pagine 500, euro 18,00<br />
Alfio Patti<br />
La parola ferma in gola<br />
di Alessandro Giuliani<br />
Un italiano regionale per raccontare<br />
i vizi e le virtù di un<br />
paese siciliano, quali appaiono<br />
all'ottica inquieta di chi, allontanandosene,<br />
non ha saputo,<br />
né voluto cancellarli dalla<br />
propria vita. La parola ferma<br />
in gola è un romanzo breve,<br />
ma intenso e avvincente.<br />
L’autore è Alfio Patti, giornalista,<br />
poeta e studioso di tradizioni<br />
popolari, siciliano autentico<br />
che trasfonde nel suo libro<br />
tutto se stesso: passione<br />
politica, vitalità idealismo, valori,<br />
ma anche sete di giustizia<br />
inappagata, delusione, amarezze,<br />
rabbia. La corruzione e<br />
il clientelismo, la sopraffazione<br />
e la sottile rete di connivenza<br />
che investe la società a<br />
tutti i livelli, la rassegnazione<br />
atavica di un popolo i cui migliori<br />
elementi sono spesso<br />
costretti a rinunciare a combattere<br />
e a partire per un<br />
Nord freddo e non sempre<br />
accogliente, ma per certi versi<br />
più vivibile. Sono solo alcuni<br />
tra i temi affrontati in questo<br />
romanzo “onesto” e dai toni<br />
“agro-dolci”, che non cede alle<br />
facili lusinghe di una visione<br />
manichea della realtà né tanto<br />
meno si abbandona ad<br />
abusate quanto fuorvianti descrizioni<br />
convenzionali. Ma<br />
che ci restituisce, piuttosto,<br />
un’immagine sfaccettata della<br />
Sicilia di oggi, con le sue luci e<br />
le sue ombre, le sue contraddizioni<br />
e la sua straordinaria<br />
bellezza, la sua cultura dalle<br />
antiche radici popolari e la<br />
sua incultura. È, però, uno in<br />
particolare il filone scelto dall’autore<br />
a rappresentare emblematicamente<br />
l’avvento<br />
della modernità e del benessere<br />
apparente: non più la<br />
mafia tradizionale e il suo<br />
inattaccabile potere occulto,<br />
bensì quella più strisciante<br />
della speculazione edilizia<br />
degli anni Settanta-Ottanta,<br />
con il suo apparato di funzionari<br />
corrotti che, facendo leva<br />
sul colpevole silenzio di cittadini<br />
rassegnati e collusi, intascano<br />
tangenti in cambio di<br />
normali certificati di edificabilità.<br />
Il testo è incentrato sui<br />
personaggi, tratteggiati con<br />
potenza icastica non comune,<br />
pur senza mai scadere<br />
nella caricatura, che il protagonista<br />
incontra nel corso del<br />
suo breve soggiorno in terra<br />
natia in occasione della morte<br />
della madre. Per Gregorio la<br />
fuga dal paese per un definitivo<br />
rientro al Nord equivale, a<br />
questo punto, a una fuga da<br />
se stesso, da una Sicilia madre<br />
e matrigna. L’unica soluzione<br />
per sottrarsi alla sofferenza<br />
e al senso di colpa latente<br />
di chi si sente impotente<br />
e disarmato di fronte a soprusi<br />
ed abusi di potere, di chi rifiuta<br />
la logica qualunquista<br />
dello “sperto”. Il prezzo che<br />
paga Gregorio - stimato ar-<br />
chitetto, “emigrante” per ambizione,<br />
più che per reale bisogno<br />
- è, però, molto alto in termini<br />
di affettività, di emozioni,<br />
di identità, di entusiasmo per<br />
la vita. L’addio alla sua Sicilia è<br />
lo stesso delle migliaia di emigranti<br />
che varcano lo Stretto di<br />
Messina da più di un secolo e<br />
che avvertono, inesorabile,<br />
durante ogni traversata, un<br />
groppo alla gola.La parola ferma<br />
in gola è, vuole la leggenda,<br />
quella <strong>dei</strong> marinai inghiottiti<br />
dai vortici del mare, forse la<br />
parola definitiva del moribondo,<br />
che dà un senso ultimo alle<br />
cose, suggellando ogni esistenza.Eppure,<br />
l’opera di Alfio<br />
Patti - inguaribile ottimista per<br />
istinto, anche quando i fatti<br />
non concedono spazio alla<br />
speranza - è, sì, pervasa da<br />
una sottile vena di malinconia<br />
e rimpianto, ma fugge ogni<br />
estrema negatività stemperando<br />
il dramma nell’ironia. Il<br />
suo linguaggio - intriso di regionalismi,<br />
di sapide espressioni<br />
gergali e di pillole di saggezza<br />
popolare proverbiale<br />
che ridanno voce a un mondo<br />
contadino in via di estinzione -<br />
offre momenti di travolgente<br />
allegria e delinea, con rapidi<br />
cenni, personaggi, caratteri,<br />
ambienti. È il caso di dire che<br />
Patti sollecita i cinque sensi<br />
del lettore catturando ogni<br />
particolare con l’immediatezza<br />
del cronista che scrive di<br />
realtà vissute e con la spontanea<br />
freschezza dell’affabulatore<br />
appassionato e innamorato<br />
della sua terra.<br />
Alfio Patti,<br />
La parola ferma in gola,<br />
Prova d’autore, Catania,<br />
pagine 148, euro 8,00<br />
La ricerca della verità appassiona<br />
e inquieta l’uomo da<br />
sempre, specialmente chi<br />
opera nel campo della giustizia<br />
o dell’informazione.<br />
Ma che cosa è la verità Il<br />
giornalista Giacomo de Antonellis<br />
risponde rivisitando la<br />
vicenda dell’incontro di Ponzio<br />
Pilato con il Nazareno. Si chiede<br />
come mai, Ponzio Pilato,<br />
sia stato condannato dalla<br />
Chiesa (nel Credo) senza<br />
nessuna attenuante, mentre a<br />
un intero popolo, quello ebraico,<br />
non sia stata addebitata<br />
nessuna colpa.Conclude rivalutando<br />
la figura, storica e<br />
umana, del procuratore roma-<br />
È plausibile che oggi possa<br />
succedere qualcosa di simile<br />
a quanto è accaduto nel passato,<br />
quando in Occidente ci<br />
si illuse che il comunismo potesse<br />
essere la svolta storica<br />
del concreto cambiamento<br />
verso la libertà Per Mariano<br />
de Angelis è un pericolo reale.<br />
Il suo saggio mette in evidenza<br />
come, la caduta del Muro<br />
di Berlino, non ha per nulla<br />
comportato la scomparsa del<br />
comunismo. L’autore ci dà una<br />
visione particolare della società<br />
e della politica italiana,<br />
dal dopoguerra a oggi, riflettendo<br />
su vari avvenimenti, come<br />
il compromesso storico e<br />
l’11 settembre. Invita i cittadini<br />
a recuperare la memoria storica,<br />
affinché non si lascino<br />
soggiogare dal conformismo,<br />
che tende a dipingere il postcomunismo<br />
come fenomeno<br />
controllabile, non pericoloso e<br />
perfino utile. Delle tesi originali,<br />
forse discutibili, ma che sicuramente<br />
fanno riflettere.<br />
M. L.<br />
Giacomo de Antonellis<br />
Quid est veritas<br />
Discorso su Pilato<br />
e sulla comunicazione<br />
Mariano de Angelis,<br />
Qualcosa di simile,<br />
Lampi di stampa, 2005<br />
Milano,<br />
pagine 110, euro 14,00<br />
no. Un tipico esempio di verità<br />
conculcata, che dovrebbe far<br />
riflettere quanti parlano pensando<br />
di possedere in esclusiva<br />
la rivelazione. Soprattutto<br />
i giornalisti, che hanno il potere<br />
d’indirizzare l’opinione pubblica,<br />
dovrebbero tenerne<br />
conto, operando con coscienza<br />
e responsabilità nella scelta<br />
delle notizie per far emergere<br />
la verità. M. L.<br />
Giacomo de Antonellis,<br />
Quid est veritas,<br />
Lampi di stampa, 2005<br />
Milano,<br />
pagine 96, euro 10,00<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
29 (33)
Il Consiglio regionale<br />
della VIII legislatura<br />
è stato eletto nella tornata<br />
elettorale del 3 e 4 aprile 2005.<br />
L’assemblea legislativa<br />
della Lombardia è composta,<br />
nella legislatura<br />
che si chiuderà nel 2010,<br />
da 80 consiglieri.<br />
Di essi, 17 sono stati eletti<br />
su base regionale<br />
(16 nel cosiddetto<br />
“listino del Presidente”<br />
o listino bloccato,<br />
cui va aggiunto il capolista<br />
della lista risultata<br />
di minoranza,<br />
Riccardo Sarfatti) ed i restanti<br />
63 su base provinciale.<br />
Il Consiglio regionale<br />
I consiglieri<br />
I consiglieri eletti nel “listino” sono, oltre a Roberto Formigoni: Raffaele Cattaneo (FI);<br />
Alessandro Cè (LN); Massimo Guarischi (FI); Carlo Maccari (An); Rosy Mauro (LN); Mario<br />
Scotti (Udc); Giancarlo Serafini (FI); Roberto Alboni (An); Alberto Bonetti Baroggi (FI); Gian<br />
Pietro Borghini; Giulio Boscagli (FI); Massimo Corsaro (An); Sveva Dalmasso; Stefano Galli<br />
(LN); Mauro Gallina (LN).<br />
Per la provincia di Milano sono stati eletti<br />
Carlo Monguzzi (Verdi per la pace), Bebo Storti (Comunisti italiani per la sinistra)subentrato<br />
a Margherita Hack che si è dimessa, Pier Gianni Prosperini (Alleanza Nazionale), Silvia<br />
Ferretto Clementi (Alleanza Nazionale), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati), Stefano Zamponi<br />
(Italia <strong>dei</strong> Valori con Di Pietro), Davide Boni (Lega Nord Padania), Fabrizio Cecchetti (Lega<br />
Nord Padania), Domenico Zambetti (UDC), Franco Mirabelli (Democratici di Sinistra- Uniti<br />
nell'Ulivo), Sara Valmaggi (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Ardemia Maria Pia Oriani<br />
(Democratici di Sinistra - Uniti nell'Ulivo) Francesco Prina (La Margherita - Uniti nell'Ulivo),<br />
Maria Grazia Fabrizio (La Margherita - Uniti nell'Ulivo), Marco Luigi Cipriano (Democratici di<br />
Sinistra- Uniti nell'Ulivo), Mario Agostinelli (Rifondazione Comunista), Luciano Muhlbauer<br />
(Rifondazione Comunista), Mario Sala (Forza Italia), Alessandro Colucci (Forza Italia),<br />
Antonella Maiolo (Forza Italia), Stefano Maullu (Forza Italia), Sante Zuffada (Forza Italia),<br />
Giuseppe Gianmario (Forza Italia).<br />
Per la provincia di Brescia<br />
Guido Galperti (La Margherita - Uniti nell'Ulivo), Arturo Squassina (Democratici di Sinistra- Uniti<br />
nell'Ulivo ), Mariastella Gelmini (Forza Italia), Franco Nicoli Cristiani (Forza Italia), Monica Rizzi<br />
(Lega Nord Padania), Viviana Beccalossi (Alleanza Nazionale), Enio Moretti (Lega Nord<br />
Padania), Mario Scotti (UDC), Osvaldo Squassina (Rifondazione Comunista).<br />
Per la provincia di Bergamo<br />
Giosuè Frosio (Lega Nord Padania), Daniele Belotti (Lega Nord Padania), Pietro Macconi<br />
(Alleanza Nazionale), Carlo Saffioti (Forza Italia), Marcello Raimondi (Forza Italia), Giuseppe<br />
Benigni (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ),, Battista Bonfanti (La Margherita - Uniti<br />
nell'Ulivo), Marcello Saponaro (Verdi per la pace).<br />
Per la provincia di Varese<br />
Luca Daniel Ferrazzi (Alleanza Nazionale), Giuseppe Adamoli (La Margherita - Uniti nell'Ulivo),<br />
Paolo Valentini Puccitelli (Forza Italia), Attilio Fontana (Lega Nord Padania), Stefano Tosi<br />
(Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Massimo Buscemi (Forza Italia).<br />
Per la provincia di Cremona<br />
Luciano Pizzetti (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Giovanni Rossoni (Forza Italia).<br />
Per la provincia di Pavia: Lorenzo Demartini (Lega Nord Padania), Gian Carlo Abelli (Forza<br />
Italia), Carlo Porcari (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ),<br />
Per la provincia di Como<br />
Ettore Alberto Albertoni (Lega Nord Padania), Luca Gaffuri ((La Margherita - Uniti nell'Ulivo).),<br />
Gianluca Rinaldin (Forza Italia).<br />
Per la provincia di Lecco<br />
Giulio Achille De Capitani (Lega Nord Padania) e Carlo Spreafico (La Margherita - Uniti<br />
nell'Ulivo).<br />
Per la provincia di Monza e Brianza<br />
Massimo Ponzoni (Forza Italia), Giuseppe Civati (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo),<br />
Domenico Pisani (Forza Italia), Massimo Zanello (Lega Nord Padania).<br />
Per la provincia di Mantova<br />
Antonio Viotto (Democratici di Sinistra- Uniti nell'Ulivo ), Enzo Lucchini (Forza Italia).<br />
Per la provincia di Lodi<br />
Gianfranco Concordati (Democratici di Sinistra- Uniti nell’Ulivo).<br />
Nessun consigliere è stato eletto in provincia di Sondrio<br />
I vertici del Consiglio<br />
L’Ufficio di Presidenza<br />
L’Ufficio di Presidenza è composto da cinque persone: presidente, due vicepresidenti e due consiglieri<br />
segretari, eletti dall’Assemblea fra i consiglieri regionali.<br />
In questo organismo (i cui componenti – salvo dimissioni – restano in carica per tutta la durata<br />
della legislatura) sono rappresentate sia le forze di maggioranza che quelle di opposizione.<br />
Compito principale dell’organismo di vertice del Consiglio è sovraintendere ai lavori dell’<br />
Assemblea, operare le scelte organizzative interne e definire i profili dell’organizzazione. L’Ufficio<br />
di Presidenza garantisce e tutela le prerogative <strong>dei</strong> consiglieri, assicurando il rispetto <strong>dei</strong> diritti delle<br />
minoranze e vigilando sul corretto svolgimento <strong>dei</strong> lavori d'Aula e delle commissioni. L'Ufficio di<br />
Presidenza assicura inoltre ai cittadini l'accesso all'informazione sull'attività consiliare.<br />
L’Ufficio di presidenza della VIII legislatura, eletto nella seduta consiliare del 6 giugno 2005, è composto da:<br />
presidente Attilio Fontana Lega Lombarda / LN - Padania tel. 02.67482206/7 fax 02.67482210 segr.presidente@consiglio.regione.lombardia.it<br />
vicepresidente Enzo Lucchini Forza Italia tel. 02.67482201 fax 02.674826401 enzo.lucchini@consiglio.regione.lombardia.it<br />
vicepresidente Marco Cipriano Democratici di Sinistra tel. 02.67482202 fax 02.67482 2391 marcoluigi.cipriano@consiglio.regione.lombardia.it<br />
cons. segretario Luca D. Ferrazzi Alleanza Nazionale tel. 02.67482208 fax 02.674826403 lucadaniel.ferrazzi@consiglio.regione.lombardia.it<br />
cons. segretario Battista Bonfanti Margherita tel. 02.67482203 fax 02.674826404 battista.bonfanti@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Gli uffici del Consiglio fanno capo alla segreteria generale<br />
In questa legislatura si sono costituiti 15 gruppi consiliari<br />
Segr. generale Mario Bonifacio tel. 02.67482586/470<br />
Forza Italia 25 consiglieri presidente Giulio Boscagli tel. 02.67482320/879 fax 02.67482488 forza.italia@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Lega Lombarda-Lega Nord Padania 15 consiglieri presidente Massimo Zanello tel. 02.67482471 fax 02.67482843 www.regionelombardia.leganord.org<br />
Democratici di Sinistra Uniti nell’Ulivo 11 consiglieri presidente Giuseppe Benigni tel. 02.67482261 fax 02.67482842 democratici.sinistra@consiglio.regione.lombardia.it<br />
www.dsregionelombardia.it<br />
Alleanza Nazionale 7 consiglieri presidente Roberto Alboni tel. 02.67482699 fax 02.67482841 alleanza.nazionale@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Margherita – Uniti nell’Ulivo 7 consiglieri presidente Guido Galperti tel. 02.67482308/269 fax 02.67482845/077 lamargherita@consiglio.regione.lombardia.it<br />
www.margheritalombardia.it<br />
U.D.C 3 consiglieri presidente Mario Scotti tel. 02.67482287 fax 02,67482846 gruppo.udc@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Rifondazione Comunista 3 consiglieri presidente Mario Agostinelli tel. 02.67482288 fax 02.67482290 rif.comunista@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Verdi per la pace 2 consiglieri presidente Carlo Monguzzi tel. 02.67482232/265 fax 02.67482848 verdi@consiglio.regione.lombardia.it<br />
www.verdiregionelombardia.net<br />
Unione Lombardia 1 consigliere Riccardo Sarfatti tel. 02.67486246 fax 02.67486315 unione.lombardia@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Misto 9103 1 consigliere Silvia Ferretto Clementi tel. 02.67486219 fax 02.67482877 silvia.ferretto@tiscali.it<br />
www.ferretto.it<br />
Partito Pensionati 1 consigliere Elisabetta Fatuzzo tel. 02.67482603 fax 02.67482577 elisabetta.fatuzzo@consiglio.regione.lombardia.it<br />
www.partitopensionati.it<br />
Per la Lombardia 1 consigliere Sveva Dalmasso tel. 02.67482735 fax 02.67482236 sveva.dalmasso@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Uniti nell’Ulivo per Sarfatti 1 consigliere Gianfranco Concordati tel: 02.67482480 fax 02.67482849 uniti.ulivo@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Comunisti italiani 1 consigliere Alberto Storti, detto Bebo tel: 02.67486375 fax 02.67486386 comunisti.italiani@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Italia <strong>dei</strong> valori 1 consigliere Stefano Zamponi tel: 02.67486377 fax 02.67486379 stefano.zamponi@consiglio.regione.lombardia.it<br />
30 (34) ORDINE 1 <strong>2006</strong>
della Lombardia - VIII legislatura<br />
Sono costituite 7 commissioni ordinarie e la commissione speciale per la revisione dello Statuto<br />
Le commissioni consiliari<br />
Le commissioni - sede in cui vengono dibattuti preliminarmente i progetti di legge ed i provvedimenti che saranno poi discussi e votati<br />
dall’Assemblea consiliare - sono costituite a seconda degli argomenti di cui si occupano. La loro composizione rispetta i rapporti<br />
numerici fra maggioranza e minoranza.<br />
Commissione I – BILANCIO E PROGRAMMAZIONE tel.02.67482331 Presidente Rosa Angela Mauro Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />
Vice Presidente Massimo Ponzoni Forza Italia<br />
Consigliere Segretario Carlo Porcari Democratici di sinistra Uniti nell'Ulivo<br />
Commissione II – AFFARI ISTITUZIONALI tel.02.67482335 Presidente Paolo Valentini Puccitelli Forza Italia<br />
Vice Presidente Fabrizio Cecchetti Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />
Consigliere Segretario Stefano Tosi Democratici di sinistra Uniti nell'Ulivo<br />
Commissione III – SANITÀ E ASSISTENZA tel.02.67482340 Presidente Pietro Macconi Alleanza Nazionale<br />
Vice Presidente Stefano Galli Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />
Consigliere Segretario Maria Grazia Fabrizio Margherita - Uniti nell'Ulivo<br />
Commissione IV – ATTIVITÀ PRODUTTIVE tel.02.67482363 Presidente Carlo Saffioti Forza Italia<br />
Vice Presidente Alessandro Colucci Forza Italia<br />
Consigliere Segretario Marcello Saponaro Verdi per la pace<br />
Commissione V – TERRITORIO tel. 02.67482343 Presidente Marcello Raimondi Forza Italia<br />
Vice Presidente Giulio De Capitani Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />
Consigliere Segretario Francesco Prina Margherita - Uniti nell'Ulivo<br />
Commissione VI – AMBIENTE tel.02.67482370 Presidente Stefano Maullu Forza Italia<br />
Vice Presidente Angelo Giammario Forza Italia<br />
Consigliere Segretario Osvaldo Squassina Rifondazione Comunista<br />
Commissione VII – CULTURA, FORMAZIONE<br />
PROFESSIONALE, SPORT, INFORMAZIONE tel. 02.67482355 Presidente Daniele Belotti Lega Lombarda - Lega Nord Padania<br />
Vice Presidente Gianluca Rinaldin Forza Italia<br />
Consigliere Segretario Antonio Viotto Democratici di sinistra Uniti nell'Ulivo<br />
Fanno capo al Consiglio Regionale anche alcuni organismi di garanzia<br />
Il Comitato regionale per le comunicazioni<br />
e il Difensore civico<br />
Il Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom)<br />
Il Corecom rappresenta in sede locale l’autorità garante per le comunicazioni, di cui esercita<br />
le prerogative, anche attraverso un sistema di specifiche deleghe. In questo senso l’organismo<br />
sostituisce il Corerat, ampliandone le funzioni.<br />
L’attività del Corecom comprende gli interventi di vigilanza, consulenza, sostegno al settore delle<br />
emittenti televisive locali mediante l'erogazione di contributi, la realizzazione di studi e ricerche,<br />
le iniziative di sensibilizzazione e informazione sulle tematiche del settore.<br />
Il Comitato, istituito con la legge regionale n.20 del 2003, si è insediato il 16 settembre 2004.<br />
tel. 02 67482300 fax 02 67482701<br />
e-mail: corecom@consiglio.regione.lombardia.it<br />
www.consiglio.regione.lombardia/corecom<br />
Presidente: Maria Luisa Sangiorgio<br />
Vicepresidenti: Maurizio Gussoni, Pietro Scaramucci<br />
Il Difensore civico<br />
La figura del difensore civico della Regione Lombardia è stata istituita nel 1980. Il primo difensore<br />
civico ha iniziato l'attività nel 1981.<br />
Nell'incarico si sono finora succedute 5 persone; attualmente il difensore civico è Donato<br />
Giordano.<br />
La sede del difensore civico regionale è a Milano, in Piazza Fidia, 1 - 1° Piano<br />
Gli uffici del Difensore si possono contattare, per una prima indicazione, al “Punto informazioni”<br />
Dal lunedì al giovedì dalle 9,30 alle 12,00<br />
tel. 02.6081267<br />
02.67482465/467<br />
fax 02.67482487<br />
www.difensore.civico@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Il sito del Consiglio regionale<br />
www.consiglio.regione.lombardia.it.<br />
Il sito è articolato in sezioni, che forniscono informazioni sulla struttura istituzionale e l’organizzazione del Consiglio, sull’attività legislativa<br />
(iter <strong>dei</strong> progetti di legge, leggi approvate, mozioni e atti di indirizzo), sulle iniziative e sulle pubblicazioni.<br />
Una sezione del sito è dedicata all’attività politica e ai gruppi consiliari.<br />
Un’ampia sezione è costituita dall’informazione quotidiana on line, con le notizie, gli approfondimenti<br />
la segnalazioni degli appuntamenti giorno per giorno, il calendario settimanale<br />
degli impegni e delle convocazioni, i convegni e gli incontri.<br />
I dati elettorali regionali, gli Enti e le aziende regionali, la Conferenza <strong>dei</strong> Presidenti delle assemblee<br />
legislative regionali, le relazioni internazionali del Consiglio e le informazioni dalle<br />
altre istituzioni europee sono fra gli altri argomenti consultabili.<br />
Il visitatore può trovare inoltre informazioni sulle politiche per le pari opportunità fra uomini e<br />
donne (“La rete delle elette”) e sui “Lombardi nel mondo”.<br />
Il sito del Consiglio consente anche di consultare la banca dati delle leggi regionali e di avere<br />
informazioni sul loro iter, dalla presentazione <strong>dei</strong> progetti di legge alla loro approvazione.<br />
Al proposito, la rubrica “La parole del palazzo” fornisce un dizionario <strong>dei</strong> principali termini “tecnici”<br />
in uso nell’ istituzione regionale e contribuisce ad una migliore comprensione <strong>dei</strong> procedimenti<br />
legislativi.<br />
Sono disponibili anche studi e analisi “a posteriori” degli effetti di alcune scelte legislative.<br />
ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />
Attraverso il sito del Consiglio ci si può inoltre collegare alla sezione del televideo regionale<br />
RAI, dedicata alle notizie dal Consiglio e consultarla direttamente,senza attendere lo scrolling<br />
delle pagine. Tutto il sito è attualmente impostato secondo i codici necessari per favorire l’accesso<br />
ai visitatori con varie disabilità.<br />
I servizi stampa e la comunicazione<br />
Servizio stampa<br />
via Fabio Filzi 29, Milano<br />
direttore Gianluca Savoini - tel. 02.67486205<br />
redazione tel. 02.67482884/379 fax 02.67482545<br />
ufficio.stampa@consiglio.regione.lombardia.it<br />
Servizio relazioni esterne, comunicazione e stampa<br />
Dirigente Carlo Nava - tel.02.67482553<br />
U.R.P. (Ufficio Relazioni col pubblico)<br />
tel. 02.67482296/227<br />
31 (35)
Premio Isimbardi<br />
Giornata della Riconoscenza<br />
2005 alle battaglie<br />
di Franco Abruzzo in difesa<br />
della professione di giornalista<br />
Milano, Palazzo Isimbardi, 19 dicembre 2005. Dal 1953 la Provincia organizza la<br />
“Giornata della riconoscenza” per conferire un riconoscimento a cittadini e associazioni<br />
del mondo culturale, sociale, artistico, economico, sportivo, legati al territorio del<br />
milanese e che si siano distinti nella propria attività a favore delle comunità. Dal 1999<br />
al riconoscimento provinciale, che consiste in una medaglia d'oro e un diploma con<br />
la motivazione, è stato attribuita la denominazione di “PREMIO ISIMBARDI”. La cerimonia,<br />
che si è svolta nel salone d’onore del Palazzo dell’Istituto <strong>dei</strong> Ciechi di via<br />
Vivaio 7, è stata illustrata e coordinata dal presidente Filippo Penati alla presenza del<br />
cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi e delle autorità civili e militari della metropoli.<br />
L’intervento del presidente Filippo Penati<br />
Desidero rivolgere per prima cosa un saluto<br />
a Sua Eminenza e ringraziare tutti i premiati,<br />
che con la loro presenza testimoniano il valore<br />
e il rilievo di questa manifestazione.<br />
Quest’anno, per la prima volta, la cerimonia<br />
si tiene in questa bellissima sala la cui ampiezza<br />
ci ha permesso di ospitare tutti voi<br />
che siete venuti così numerosi, sala concessa<br />
gentilmente per l’occasione dalla storico<br />
Istituto milanese <strong>dei</strong> Ciechi e per questo desidero<br />
ringraziare il suo presidente.<br />
La Giornata della Riconoscenza, giunta quest’anno<br />
alla sua 51 a edizione, è l’occasione<br />
per conferire un riconoscimento a cittadini e<br />
associazioni del mondo culturale, sociale, artistico,<br />
economico, sportivo, legati al territorio<br />
del milanese, che si siano distinti nella propria<br />
attività a favore delle comunità.<br />
Questa giornata è un momento importante<br />
per la provincia di Milano per tributare la giusta<br />
lode a tutti coloro che con generosità e<br />
impegno si dedicano al servizio del prossimo.<br />
Voglio ricordare per prime, tra le tante<br />
persone e associazioni che questa amministrazione<br />
ha ritenuto meritevoli, tre personalità<br />
della vita politica a cui va il nostro riconoscimento<br />
alla memoria. Aldo Aniasi, conosciuto<br />
da tutti come partigiano Iso e medaglia<br />
d’argento al valore militare che abbiamo<br />
voluto premiare per celebrare la sua figura<br />
umana e politica, capace di coniugare con rigore<br />
e coerenza i valori della libertà, della<br />
giustizia e della solidarietà oltre alla capacità<br />
amministrativa. Insieme a lui abbiamo deciso<br />
di premiare Fiorella Ghilardotti, scomparsa<br />
quest’anno. Donna determinata e dolce che<br />
ha affrontato il suo impegno politico con<br />
energia, entusiasmo e grande competenza;<br />
ed Ercole Ferrario, consigliere comunale e<br />
assessore a Milano a cavallo degli anni ’70 e<br />
‘80, una delle figure di maggior spicco del<br />
movimento ambientalista lombardo e presidente<br />
del Parco Nord.<br />
Abbiamo voluto assegnare la nostra onorificenza<br />
anche ad Alberto Lattuada, scomparso<br />
nel luglio scorso. Un artista eclettico, affermato<br />
regista, abile nel raccontare con raffinata<br />
sensibilità i personaggi dello scorso<br />
secolo. L’omaggio che abbiamo voluto tributare<br />
alla cultura milanese ci ha portato a premiare<br />
anche un’associazione riconosciuta da<br />
tutti i nostri concittadini come punto di riferimento<br />
della vita culturale e come luogo simbolo<br />
del dibattito e del confronto, la Casa della<br />
Cultura; e due personaggi tra i più apprezzati<br />
del grande pubblico Lella Costa, un’attrice<br />
che alterna il suo brillante lavoro teatrale<br />
con un costante impegno civile e Linus, il dj<br />
FRANCO ABRUZZO<br />
Nato nel ‘39, laureato in Scienze politiche, ha iniziato la professione di giornalista nel ’59<br />
presso le redazioni calabresi <strong>dei</strong> quotidiani Il Tempo e il Giornale d’italia per poi trasferirsi<br />
a Milano. Ha lavorato a Il Giorno e a Il Sole 24 ore. Cofondatore della componente sindacale<br />
di Stampa democratica e direttore di Tabloid dall ‘89 al ‘91 è stato presidente<br />
dell’Associazione “Walter Tobagi” per la formazione al giornalismo. Autore di numerosi libri<br />
e docente presso diverse università, dall‘89 è presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />
Lombardia. Ha avviato una intransigente battaglia a favore del rinnovamento della professione<br />
giornalistica e in difesa <strong>dei</strong> principi della deontologia, dell’indipendenza e della libertà<br />
di cronaca e di critica. Ha sostenuto il forte legame della professione giornalistica<br />
con le università e le scuole riconosciute dall’<strong>Ordine</strong>. Ha indirizzato l’azione concreta<br />
dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia verso la difesa della tutela della dignità della persona, la puntuale<br />
applicazione <strong>dei</strong> canoni deontologici e il rispetto delle regole contrattuali nelle redazioni.<br />
che riesce a parlare il linguaggio <strong>dei</strong> giovani,<br />
affrontando con loro le tematiche più complesse.<br />
L’attenzione che abbiamo voluto riservare<br />
al mondo giovanile ci ha portato a<br />
premiare il Centro Sportivo italiano, che promuove<br />
nel territorio della città di Milano e della<br />
provincia lo sport giovanile come esperienza<br />
con forti valenze socio educative e la<br />
Fondazione diocesana per gli Oratori milanesi,<br />
con la quale ha in comune la volontà di<br />
favorire lo sviluppo educativo e sociale delle<br />
comunità giovanili.<br />
Abbiamo pensato ancora una volta all’impegno<br />
verso i più piccoli quando abbiamo deciso<br />
di assegnare la nostra onorificenza alla<br />
scuola elementare Eleonora Pimentel, l’istituto<br />
che da anni si adopera per l’integrazione<br />
<strong>dei</strong> tanti allievi che non sono di madrelingua<br />
italiana, che vivono spesso in condizioni<br />
familiari difficili, bambini per i quali frequentare<br />
un’aula non è un fatto scontato. Grazie<br />
a questo prezioso lavoro, esempio di quello<br />
che deve essere la scuola di oggi, tanti bambini,<br />
di etnia e cultura diversa potranno avere<br />
la possibilità di diventare cittadini a pieno<br />
titolo. Sono inoltre felice di poter assegnare<br />
la targa speciale a Miloud Oukili, conosciuto<br />
come il pifferaio di Bucarest, esempio di cittadino<br />
del mondo, per la sua opera instancabile<br />
nel voler restituire il sorriso e una speranza<br />
di dignità a quei bambini, figli di nessuno,<br />
abbandonati e dimenticati, che vivono<br />
nelle fogne, piccoli e indifesi, affamati e bisognosi<br />
di affetto, insegnando loro una valida<br />
professione, l’arte circense.<br />
Questa amministrazione provinciale ha scelto<br />
poi di premiare personalità eccellenti della<br />
nostra grande Milano, come Franco Abruzzo,<br />
apprezzato giornalista e presidente dell'<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, che<br />
si è battuto perché tutti i giornalisti avessero<br />
pari dignità; Mario Chirico, medico ospedaliero<br />
con una riconosciuta e stimata attività<br />
scientifica con oltre 100 opere pubblicate ed<br />
esempio di una vita dedicata ad alleviare la<br />
sofferenza <strong>dei</strong> suoi pazienti e Paolo Scarpis,<br />
questore di Milano, per la capacità di affrontare<br />
con intelligenza, capacità e rara sensibilità<br />
i problemi della sicurezza di una grande<br />
metropoli.<br />
Sono inoltre onorato di consegnare una targa<br />
alle sorelle di un coraggioso esploratore,<br />
Ambrogio Fogar, che ha trovato il modo di affrontare<br />
la sfida più difficile: quella di resistere<br />
in un corpo immobile cercando di dare un<br />
senso a un’esistenza che dipende in gran<br />
parte da chi ti resta accanto.<br />
Permettetemi infine un ricordo personale con<br />
la menzione speciale che abbiamo voluto assegnare<br />
a monsignor Luigi Olgiati, per l’impegno<br />
pastorale profuso nella sua intensa vita,<br />
al servizio del prossimo. A don Luigi va il<br />
mio particolare ringraziamento per aver saputo<br />
accompagnare, come decano di Sesto<br />
San Giovanni negli anni in cui ero sindaco, i<br />
suoi concittadini nei profondi cambiamenti<br />
che tanto hanno mutato la loro vita negli anni<br />
difficili delle riconversioni industriali e mi riferisco<br />
alla chiusura di una delle più grandi<br />
industrie siderurgiche, la Falck, avvenuta<br />
senza strascichi occupazionali.<br />
A tutti gli altri premiati, che non sono riuscito<br />
a ringraziare uno per uno, va non solo il riconoscimento<br />
della Provincia ma anche la riconoscenza<br />
mia personale e di tutta la<br />
Giunta, per il loro altruismo, la loro generosità<br />
e il loro lavoro quotidiano, svolto operando<br />
per il bene delle realtà in cui viviamo e per<br />
la loro dedizione al servizio della comunità.<br />
Colgo l’occasione di questa celebrazione per<br />
augurare a tutti i presenti e ai loro famigliari<br />
buone feste e un anno di serenità e gioia.<br />
Premiato Mario<br />
Galimberti<br />
Filippo Penati<br />
con Franco Abruzzo<br />
alla premiazione.<br />
Nato nel ‘27 a Seregno, cronista storico<br />
della Brianza, ha raccontato e continua<br />
tuttora a raccontare sulle pagine del<br />
giorno i maggiori episodi di cronaca accaduti<br />
nel territorio di Monza e Brianza,<br />
dalle storie ordinarie ai fatti più clamorosi.<br />
È stato il primo giornalista a denunciare<br />
il disastro ecologico di Seveso:<br />
dopo giorni di silenzio, il primo articolo<br />
il 25 luglio 1976 dedicato all'icmesa<br />
sulle pagine del Giorno era firmato<br />
da lui.<br />
Autore del libro La tragedia della diossina,<br />
è il simbolo del reporter di cronaca<br />
nera con una paziente opera di indagine<br />
riesce a rivelare anche il volto più<br />
nascosto della realtà.<br />
Censis 2005: famiglie<br />
sempre più hi-tech,<br />
20 milioni su Internet<br />
Roma, 2 dicembre 2005. Cresce la dotazione<br />
tecnologica delle famiglie italiane: sono<br />
proprio loro a trainare il mercato dell’hi-tech in<br />
Italia, sono i cittadini più che le imprese a<br />
spendere per le tecnologie innovative.<br />
Spendono per i telefonini, per i Dvd, per le<br />
macchine fotografiche digitali, per i computer.<br />
La voglia di hi-tech delle famiglie italiane è fotografata<br />
dal rapporto Censis 2005 sullo stato<br />
sociale del Paese.<br />
Il telefono cellulare è presente nel 90,3% delle<br />
famiglie italiane, seguono a stretto giro di<br />
percentuali il televideo (88,1%) e il videoregistratore<br />
(84,6%) che, nonostante la vertiginosa<br />
diffusione del lettore Dvd (passato in soli<br />
due anni dal 21,1% al 59,9%), è ancora il device<br />
televisivo preferito dalle famiglie. A crescere<br />
maggiormente nell’ultimo anno insieme<br />
al Dvd: il lettore Cd rom (67,6%), la Tv satellitare<br />
e la pay Tv che, al 2005, risulta presen-<br />
te nel 26,9% delle case. Al contrario, il pc ha<br />
un po’ rallentato la velocità di entrata nella<br />
quotidianità delle famiglie italiane guadagnando<br />
solo 0,6 punti percentuali rispetto al<br />
2004. Anche nel mondo Internet non sono<br />
poche le novità. Continua, seppure a un ritmo<br />
meno sostenuto rispetto agli anni precedenti,<br />
la crescita quantitativa degli utenti Internet<br />
che nel 2005 sono circa 20 milioni, ossia il<br />
42,7% della popolazione adulta. Cambiano e<br />
si differenziano i modi di essere in rete di alcuni<br />
cittadini.<br />
I sempre connessi, chi usa cioè questo strumento<br />
sia da casa che dall’ufficio, rappresentano<br />
nel 2005 il 17% del campione, vale a dire<br />
circa la metà di chi si dichiara utente internet.<br />
Cresce di circa 20 punti percentuali la<br />
quota di chi si connette in Adsl, passando in<br />
un solo anno dal 27,5% al 56,7% e triplicano<br />
gli utenti della fibra ottica (6,3%). (Apcom)<br />
Meocci:<br />
“Attenzione massima<br />
su pubblicità occulta”<br />
Roma, 6 dicembre 2005. “Massima attenzione<br />
per evitare la presenza di pubblicità occulta<br />
nei programmi”. Il direttore generale della<br />
Rai Alfredo Meocci, con una lettera, ha invitato<br />
i direttori di rete e di testata al pieno rispetto<br />
“delle regole di comportamento a cui sono<br />
tenuti ad attenersi gli operatori del servizio<br />
pubblico nell’espletamento delle attività loro<br />
affidate per evitare comunicazioni pubblicitarie<br />
occulte”. Il direttore generale della Rai facendo<br />
riferimento anche a “recenti episodi ritiene<br />
opportuno ribadire, ad ogni effetto, l’esigenza<br />
- scrive Meocci ai direttori - di porre in essere<br />
tutte le iniziative e le misure necessarie ad assicurare<br />
un attento e responsabile controllo<br />
della programmazione al fine di evitare il verificarsi<br />
di ipotesi di pubblicità occulta, così come<br />
identificata e descritta nel documento La<br />
pubblicità - definizione e linee di condotta per<br />
evitare comunicazioni pubblicitarie occulte”,<br />
che è stato distribuito il 3 giugno del 2004.<br />
Meocci, in coerenza con i principi contenuti nel<br />
Codice etico aziendale invita i direttori alla “rigorosa<br />
e responsabile osservanza delle istruzioni”<br />
contenute nella lettera e ricorda “le regole<br />
operative di comportamento” che si è tenuti<br />
ad osservare. In particolare va posta “la<br />
massima attenzione alle modalità di presenza<br />
di specifiche merceologie (abbigliamento, oggettistica,<br />
ecc.) nei diversi programmi”.<br />
Nonché al linguaggio e alle immagini utilizzate<br />
nelle trasmissioni. “I responsabili della programmazione<br />
di rete e di testata devono assicurare<br />
una reale ed effettiva supervisione editoriale,<br />
ponendo in essere sia controlli preventivi<br />
e di processo, sia controlli a posteriori. In<br />
tale contesto, tutti coloro che collaborano alla<br />
realizzazione di un programma - si aggiunge<br />
nella lettera - devono comunque fornire tempestiva<br />
ed adeguata informativa, secondo la<br />
scala gerarchica e funzionale aziendale, su<br />
ogni situazione rilevante in materia”.<br />
La lettera di Meocci “ribadisce, infine, che la<br />
violazione delle regole e <strong>dei</strong> criteri comportamentali<br />
inerenti costituiscono illecito disciplinare,<br />
fatti salvi ulteriori profili di responsabilità”.<br />
(ITALPRESS)<br />
32 (36) ORDINE 1 <strong>2006</strong>