Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti
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PROFESSIONE<br />
DI GIORNALISTA<br />
SVOLTA STORICA<br />
DOPO 78 ANNI<br />
Corte costituzionale:<br />
“L’esercizio di attività<br />
professionali rivolte<br />
al pubblico deve<br />
avvenire<br />
in base a conoscenze<br />
sufficientemente<br />
approfondite”<br />
di Stato ha spiegato tale principio in maniera limpida:<br />
“Costituisce ormai insegnamento assolutamente consolidato il<br />
principio che nel contrasto fra diritto interno e diritto comunitario<br />
la prevalenza spetta a quest'ultimo anche se la norma interna<br />
confliggente venga emanata in epoca successiva; che la<br />
Corte di giustizia delle Comunità europee ha la funzione di interpretare<br />
i principi del diritto comunitario equiparabili alle norme<br />
quanto all'obbligo di osservanza degli Stati membri e quindi<br />
in funzione di fonte suppletiva di diritto; che la applicazione<br />
del diritto comunitario avviene in via diretta in luogo di quello<br />
interno da disapplicare e che tale disapplicazione fa carico non<br />
solo al giudice, ma anche agli organi della p.a. nello svolgimento<br />
della loro attività amministrativa e, cioè, anche d'ufficio<br />
indipendentemente da sollecitazioni o richieste di parte”.<br />
(Cons. Stato, Sez.IV, 18/01/1996, n. 54; FONTE Riv. It. Dir.<br />
Pubbl. Comunitario, 1997, 177);<br />
Le sentenze di condanna della Corte di giustizia della<br />
Comunità europea integrano tanto la normativa comunitaria<br />
quanto quella interna <strong>dei</strong> singoli Stati membri come afferma la<br />
sentenza n. 389/1989 della Corte costituzionale:“Poiché ai<br />
sensi dell'art. 164 del Trattato spetta alla Corte di giustizia assicurare<br />
il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione<br />
del medesimo Trattato, se ne deve dedurre che qualsiasi<br />
sentenza che applica e/o interpreta una norma comunitaria<br />
ha indubbiamente carattere di sentenza dichiarativa del diritto<br />
comunitario, nel senso che la Corte di giustizia, come interprete<br />
qualificato di questo diritto, ne precisa autoritariamente il<br />
significato con le proprie sentenze e, per tal via, ne determina,<br />
in definitiva, l'ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative”.<br />
Come afferma ancora la sentenza n. 389/1989 della Corte<br />
costituzionale, “tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento<br />
a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore<br />
di legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto,<br />
come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri,<br />
come gli organi amministrativi - sono giuridicamente tenuti<br />
a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite<br />
dagli artt. 52 e 59 del Trattato C.E.E. nell'interpretazione<br />
datane dalla Corte di giustizia europea”. L’applicazione della<br />
normativa comunitaria (allargata ai principi fissati nelle sentenze<br />
della Corte di Giustizia Ue) e la disapplicazione di quella nazionale<br />
formano il meccanismo processuale/amministrativo<br />
mediante il quale si esprime la prevalenza della normativa comunitaria.<br />
4 Consiglio di Stato: la prova di idoneità professionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti è “l’esame di Stato” (di cui all’articolo<br />
33, V comma, della Costituzione).<br />
La prova di idoneità professionale (art. 32 l. 69/1963) <strong>dei</strong> giornalisti<br />
è, infatti, “un esame di Stato”. Conseguentemente “non<br />
sussistono motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento professionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti, come previsto dall’articolo 1 (comma 18)<br />
della legge n. 4/1999”. Così si legge nel parere n. 2228 emesso<br />
nell’adunanza13 marzo 2002 (e depositato il 7 maggio<br />
2002) dalla II sezione consultiva del Consiglio di Stato “sulla<br />
possibilità di includere la professione giornalistica nella disciplina<br />
regolamentare”. L'articolo 1 (comma 18) della legge 4/99<br />
impegna il Ministero dell’Istruzione e dell’Università (Miur), di<br />
concerto con quello della Giustizia, a «integrare e modificare»<br />
gli ordinamenti vigenti anche della professione giornalistica (organizzata<br />
con l’<strong>Ordine</strong>, l’Albo e l’esame di Stato). Il comma 18<br />
dell’articolo 1 della legge n. 4/1999 conferisce al Ministro<br />
dell’Università, di concerto con quello della Giustizia, ampi poteri<br />
in tema di riforma degli esami di Stato delle professioni intellettuali<br />
regolamentate e <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione “all’esame<br />
di Stato e alle relative prove”.<br />
5La Repubblica Italiana ha recepito in maniera inadeguata,<br />
discriminatoria e parziale la Direttiva n.<br />
89/48/CEE, non includendo (al pari delle altre) la professione<br />
giornalistica nell’Allegato A del Dlgs n. 115/1992.<br />
La Repubblica Italiana ha recepito in maniera inadeguata, discriminatoria<br />
e parziale la Direttiva n. 89/48/CEE, non includendo<br />
(al pari delle altre) la professione giornalistica<br />
nell’Allegato A del Dlgs n. 115/1992, pur in presenza dell’allora<br />
Diploma triennale universitario (o laurea breve) in<br />
Giornalismo (decreto 31 ottobre 1991 - riforma Salvini). La<br />
Repubblica Italiana, pur avendone la facoltà in base all’articolo<br />
11 (punto 1a) del Dlgs n. 115/1992, non ha modificato o integrato<br />
(“con decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri”)<br />
detto Allegato A, “tenuto conto delle disposizioni vigenti o sopravvenute”,<br />
abrogando i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della<br />
legge n. 69/1963, i quali non stabiliscono alcun percorso formativo<br />
universitario minimo per chi intende accedere alla professione<br />
giornalistica, soluzione obbligata soprattutto dopo il<br />
varo della legge n. 4/1999, la quale, all’articolo 1(comma 18),<br />
prevede che “…con uno o più regolamenti adottati, a norma<br />
dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, su proposta<br />
del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica,<br />
di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti<br />
gli organi direttivi degli ordini professionali, con esclusivo riferimento<br />
alle attività professionali per il cui esercizio la normativa<br />
vigente già prevede l’obbligo di superamento di un esame<br />
di Stato, è modificata e integrata la disciplina del relativo<br />
ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini o collegi, nonché <strong>dei</strong> requisiti<br />
per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative<br />
prove”. La professione giornalistica non è stata compresa, in<br />
attuazione dell’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999, tra<br />
quelle citate dal Dpr n. 328/2001 (“dottore agronomo e dottore<br />
forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario,<br />
biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario,<br />
perito industriale, psicologo”) con una decisione censurata dalla<br />
II sezione del Consiglio di Stato con il citato parere n.<br />
2228/2002 formulato su richiesto dello stesso Ministero<br />
dell’Università e che successivamente il Ministero<br />
dell’Università non ha provveduto a includere la professione<br />
giornalistica all’interno del Dpr n. 328/2001 (o non ha provveduto<br />
a sanare il vuoto normativo con un altro regolamento autonomo)<br />
benché il Governo abbia mantenuto, dopo la riforma<br />
del Titolo V della Costituzione, i poteri di disciplinare le<br />
professioni e l’esame di Stato come riconosciuto ripetutamente<br />
dalla Corte costituzionale (sentenze 353/2003,<br />
319/2005, 355/2005, 405/2005 e 424/2005). La riforma universitaria<br />
1999/2000, nel determinare le classi delle lauree universitarie,<br />
ha individuato all’allegato 14/A (Dm 4 agosto 2000)<br />
la classe delle lauree in Scienze della comunicazione indicandone<br />
le relative materie d’esame (“attività formative”) e il<br />
collegamento operativo con le Scuole di giornalismo riconosciute<br />
dall’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>; laurea, questa, che<br />
si può ritenere equipollente a quelle di Sociologia, Relazioni<br />
pubbliche o ad altre lauree con indirizzi assimilabili (Lettere,<br />
Filosofia, Giurisprudenza, Scienze politiche, Economia). La<br />
riforma universitaria ha anche individuato all’allegato 13/S (Dm<br />
28 novembre 2000) la classe delle lauree specialistiche in<br />
Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo; laurea<br />
equipollente ai master universitari biennali (postlaurea) in<br />
giornalismo organizzati negli ultimi due anni in numerose<br />
Università italiane.<br />
6 Corte costituzionale: «L’esercizio di attività professionali<br />
rivolte al pubblico deve avvenire in base a conoscenze<br />
sufficientemente approfondite».<br />
« La giurisprudenza costituzionale ha avuto più volte occasione<br />
di precisare che la norma dell’art. 33 Cost. reca in sé un<br />
principio di professionalità specifica. Essa, cioè, richiede che<br />
l’esercizio di attività professionali rivolte al pubblico avvenga in<br />
base a conoscenze sufficientemente approfondite ed ad<br />
un correlato sistema di controlli preventivi e successivi di tali<br />
conoscenze, per tutelare l’affidamento della collettività in ordine<br />
alle capacità di professionisti le cui prestazioni incidono in<br />
modo particolare su valori fondamentali della persona: salute,<br />
sicurezza, diritti di difesa, etc. (C.Cost., 23 dicembre 1993, n.<br />
456; 26 gennaio 1990, n. 29)». (parere n. 2228 della Sezione<br />
Seconda del Consiglio di Stato emesso nell’adunanza13 marzo<br />
2002). Sono mutati i requisiti culturali per l’esercizio delle<br />
professioni nell’ambito <strong>dei</strong> Paesi Ue e che, quindi, gli aspiranti<br />
giornalisti professionisti italiani non possono essere discriminati<br />
(con violazione dell’art. 3 Cost.) rispetto agli altri aspiranti<br />
professionisti italiani e a quelli europei sotto il profilo della<br />
preparazione universitaria minima di tre anni, principio al<br />
quale devono attenersi (ex Dpr 328/2001) anche alcune professioni<br />
un tempo collegate (al pari di quella giornalistica) a un<br />
diploma di scuola media superiore (geometri, ragionieri, periti<br />
agrari e periti industriali). “Il titolo di studio precede la maturazione<br />
professionale” (Corte Cost., 27 luglio 1995, n. 412, a<br />
proposito della professione di psicologo).<br />
7Le inadempienze della Repubblica italiana verso<br />
la professione di giornalista. La Repubblica Italiana è inadempiente<br />
per non aver applicato (ex art. 3 Cost.) alla professione<br />
di giornalista la Direttiva n. 89/48/CEE, che (in base alla<br />
sentenza della quarta sezione della Corte di Giustizia europea<br />
nella causa C- 285/00) si applica “alle professioni regolamentate,<br />
cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio<br />
sono subordinati, direttamente o indirettamente, mediante disposizioni<br />
legislative, regolamentari o amministrative, al possesso<br />
di un diploma universitario della durata minima di tre<br />
anni”. La Repubblica Italiana è vieppiù inadempiente perché<br />
mantiene in vita i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della legge<br />
n. 69/1963 in palese contrasto con la direttiva 89/48/CE,<br />
venendo meno anche a quanto affermato nella sentenza n.<br />
389/1989 della Corte costituzionale: “Tuttavia, poiché la disapplicazione<br />
è un modo di risoluzione delle antinomie normative<br />
che, oltre a presupporre la contemporanea vigenza<br />
delle norme reciprocamente contrastanti, non produce alcun<br />
effetto sull'esistenza delle stesse e, pertanto, non può esser<br />
causa di qualsivoglia forma di estinzione o di modificazione<br />
delle disposizioni che ne siano oggetto, resta ferma l'esigenza<br />
che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni<br />
o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da<br />
eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme<br />
comunitarie. E se, sul piano dell'ordinamento nazionale, tale<br />
esigenza si collega al principio della certezza del diritto, sul<br />
piano comunitario, invece, rappresenta una garanzia cosi essenziale<br />
al principio della prevalenza del proprio diritto su<br />
quelli nazionali da costituire l'oggetto di un preciso obbligo per<br />
gli Stati membri”.<br />
La Repubblica Italiana non ha provveduto, nonostante il parere<br />
favorevole n. 2228/2002 del Consiglio di Stato, all’attuazione<br />
dell’articolo 1 (comma 18) della legge 4/1999 per quanto<br />
riguarda la professione di giornalista, raccordando (come ha<br />
fatto per altre professioni intellettuali con il Dpr n. 328/2001) la<br />
laurea triennale in Scienze della Comunicazione e la laurea<br />
biennale specialistica in Giornalismo all’esame di Stato<br />
previsto dall’articolo 32 della legge n. 69/1963 sull’ordinamento<br />
della professione di giornalista.<br />
8Le novità dell’ottobre 2003. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia blocca la delibera con la<br />
quale aveva deciso di disapplicare la normativa nazionale<br />
in favore di quella comunitaria, accogliendo l’invito del<br />
sottosegretario al ministero dell’Istruzione/Università Maria<br />
Grazia Siliquini.<br />
Le novità sono maturate soltanto nell’ottobre del 2003 su iniziativa<br />
<strong>dei</strong> ministri dell’Istruzione/Università e della Giustizia,<br />
che hanno deciso di estendere il Dpr 328/2001 alle professioni<br />
escluse (giornalisti e consulenti del lavoro) e di applicare il<br />
parere 2228/2002 del Consiglio di Stato. Alla ”Commissione<br />
Siliquini” è toccato l’incarico di riscrivere il testo del Dpr . Un<br />
contributo è stato dato dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia, che nell’ottobre 2003 era deciso a disapplicare<br />
(in forza delle sentenze 22 luglio 1989 della Corte di<br />
Giustizia Ce nella causa 103/1988 e n. 389/1989 della Corte<br />
cost.) i commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 33 della legge n. 69/1963,<br />
i quali non stabiliscono (come, invece, richiedono la legislazione<br />
comunitaria e quella nazionale) alcun percorso formativo<br />
universitario minimo (tre anni) per chi intende accedere alla<br />
professione di giornalista. Preso atto della decisione ministeriale<br />
di riscrivere il Dpr 328/2001, il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di<br />
Milano ha sospeso la sua delibera. L’invito del sottosegretario<br />
di Stato, sen. Maria Grazia Siliquini, a bloccare la delibera, è<br />
stato accolto dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della<br />
Lombardia in virtù della fiducia che il Consiglio stesso ha sempre<br />
manifestato nella persona del sottosegretario e nella sua<br />
coerenza nella battaglia diretta a qualificare le professioni intellettuali<br />
attraverso l’aggancio degli esami di Stato alle lauree<br />
della riforma universitaria.<br />
9Conclusioni. Il “progetto Siliquini” richiede agli<br />
aspiranti praticanti il possesso di una laurea triennale<br />
“qualsiasi”, ma non “specialistica”, accogliendo sostanzialmente<br />
il punto di vista liberista della Fieg.<br />
Il “progetto Siliquini”, con l’inserimento <strong>dei</strong> giornalisti nel “nuovo”<br />
Dpr 328/2001, richiede agli aspiranti praticanti il possesso<br />
di una laurea triennale “qualsiasi”, ma non “specialistica”.<br />
Gli editori erano contrari all’obbligo di assumere praticanti con<br />
laurea specialistica (Giancarlo Zingoni, Convegno di Verona<br />
31 maggio 2002). Il “progetto Siliquini ” sostanzialmente accoglie<br />
il punto di vista liberista degli editori e rimane fedele alla<br />
citata impostazione della Corte suprema di Cassazione in tema<br />
di titoli per l’accesso all’esame di stato (o prova di idoneità<br />
professionale) <strong>dei</strong> giornalisti: “La mancata individuazione di<br />
un tipico titolo di studio per sostenere quella prova si<br />
spiega con la particolare natura dell’attività giornalistica,<br />
che è la più liberale delle professioni, consistente in un<br />
particolare prodotto della manifestazione del pensiero attraverso<br />
la stampa periodica o i servizi radiofonici e televisivi,<br />
la cui specificità sta nella particolare sintesi fra manifestazione<br />
del pensiero e la funzione informativa” [Cass.,<br />
sez. lav., 25 maggio 1996, n. 4840; id., 20 febbraio 1995, n.<br />
1827].<br />
Milano, 7 dicembre 2005<br />
10 ORDINE 1 <strong>2006</strong>