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Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti

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Lettera al presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />

che ha messo in rete lo studio<br />

di Roberto Seghetti<br />

sulla “contropiattaforma”<br />

degli editori<br />

Costantino Muscau (Corriere della Sera): “Mancano<br />

chiarezza e trasparenza al nostro interno”<br />

Caro Presidente, lo sciopero costa caro, ma porta consiglio.<br />

Grazie ai due giorni di riposo forzato, ho avuto modo leggere<br />

con attenzione la “contropiattaforma” della Fieg che tu hai<br />

messo in rete.<br />

Finalmente dopo 6 giornate (se non sbaglio i conti) di «durissimo<br />

e carissimo non lavoro» viene spiegato al popolo <strong>dei</strong><br />

media il “diciottalogo” (ho visto che i punti sono 18) al centro<br />

dell’asperrima contesa con gli editori.<br />

E c’è da restare stercofatti se le ragioni della “lotta dura senza<br />

paura e senza fine” sono quelle spiegate da Roberto<br />

Seghetti (https://www.odg.mi.it/docview.aspDID=2117).<br />

Per due motivi:<br />

1) Perché in tutti questi mesi queste ragioni non sono mai<br />

state rese così pubbliche e chiare (ammesso che siano<br />

quelle reali)<br />

2) Perché non si è scatenato un «vero» finimondo se «veramente»<br />

la Fieg vuole questa applicazione della legge<br />

Biagi<br />

Va da sè infatti che la legge Biagi, ovvero il 3° <strong>dei</strong> 18 punti seghettiani,<br />

è la causa di tutti i mali (se le cose stanno così).<br />

Insomma la flessibilità selvaggia andrebbe combattuta perinde<br />

ac cadaver (ma le cose stanno così)<br />

Mentre non c’è dubbio che alcuni <strong>dei</strong> 18 punti non meritano il<br />

sacrificio di scioperi sanguinosi. Ad esempio: chi se ne frega<br />

se l’editore ti trasferisce entro 50 km O è forse sbagliato godersi<br />

le ferie invece di farsele pagare Non è un nostro diritto<br />

Non metteremmo in crisi quegli stessi editori che oggi ci<br />

vogliono distruggere<br />

Altri punti sono chiaramente pretestuosi: chi impedisce all’editore<br />

già da oggi un controllo sui permessi sindacali Che cosa<br />

abbiamo da nascondere E poi affrontiamo chiaramente il<br />

secondo nodo centrale: lo scontro in atto è per la difesa <strong>dei</strong><br />

precari e i non pagati (come scrive la Giunta nel comunicato<br />

dell’annuncio dello sciopero) o il contratto di lavoro<br />

è - ahimè, lo so è una vexata quaestio - per i già (in qualche<br />

modo) garantiti<br />

Concludo: mancano chiarezza e trasparenza al nostro interno,<br />

intendo da parte <strong>dei</strong> vertici Fnsi.<br />

Capisco. Detti vertici che sono più che mai indaffarati: oltre<br />

a chiamare la categoria alla lotta sono, infatti, impegnati da un<br />

capo all’altro del mondo.<br />

L’8 dicembre, mentre noi poveri tapini ci apprestavamo a rispettare<br />

la disciplina sindacale e in buona fede a dissanguarci<br />

col sesto sciopero (se non sbaglio il conto), il presidente della<br />

Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, si trovava<br />

a Lione a un fondamentale convegno (organizzato sotto<br />

l’egida dell’<strong>Ordine</strong> nazionale <strong>dei</strong> giornalisti e della Fnsi) su<br />

“Informazione e scambio giornalistico tra Italia e Francia e zone<br />

francofone”.<br />

Il nostro amato segretario Paolo Serventi Longhi, invece, era<br />

in Australia, credo per un convegno sulla libertà di stampa o<br />

cose simili nella terra <strong>dei</strong> canguri.<br />

Distinti saluti e hasta la victoria siempre.<br />

Costantino Muscau<br />

giornalista del Corriere della Sera<br />

consigliere nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e della Casagit ex consigliere della Fnsi<br />

Il congelamento degli scatti significa non solo spaccare<br />

la categoria ma sconvolgere i conti dell’Inpgi.<br />

Non è il caso di chiedere al giudice del lavoro che dichiari<br />

non ricevibile la contropiattaforma degli editori<br />

Nota di Franco Abruzzo<br />

Gli editori chiedono di “rivedere la disciplina vigente sulla<br />

base delle seguenti specifiche: individuazione in cifra fissa<br />

dell’ammontare del singolo scatto con riferimento alla qualifica<br />

del giornalista secondo i valori in atto antecedentemente<br />

alla rinnovazione; per i giornalisti in servizio in possesso di<br />

un’azianità aziendale di 15 anni, il mantenimento del numero<br />

massimo di scatti già previsto (15); individuazione in 7 del<br />

numero massimo degli aumenti periodici maturabili”.<br />

Roberto Seghetti ha spiegato così i riflessi dell’impostazione<br />

Fieg: “Oggi noi abbiamo scatti biennali equivalenti al 6<br />

per cento del minimo, che si rivalutano quando cresce la retribuzione.<br />

Con questa norma si congela la cifra una volta per<br />

tutte (tra dieci anni che potere di acquisto avrà Diventerà come<br />

la redazionale, che via via si è rinsecchita). Gli anziani<br />

manterranno 15 scatti (ma sempre della stessa cifra fissa). I<br />

nuovi ne avranno solo 7 (sempre della stessa somma relativa<br />

alla qualifica di ingresso). Per i giornalisti sarebbe un terremoto<br />

non solo economico: oggi, anche se sei inviso ai direttori,<br />

se sei emarginato perché non accetti imposizioni, il<br />

tuo stipendio progredisce in percentuale. Domani, con questa<br />

norma, no. Come dire: saremo ancora meno autonomi”.<br />

Seghetti, però, non ha calcolato i riflessi sui conti dell’Inpgi:<br />

tutti i calcoli attuariali sono impostati sull’aumento biennale degli<br />

scatti pari al 6 per cento e sul numero massimo degli scatti<br />

(15) che ogni giornalista può accumulare durante la carriera.<br />

Se dovesse passare la linea Fieg, le conseguenze sull’Inpgi<br />

sarebbero drammatiche e tali da metterne a rischio la vita. Gli<br />

editori hanno gettato la maschera: vogliono distruggere<br />

l’Istituto e creare le condizioni perché venga assorbito<br />

dall’Inps. Perché nessuno parla di questo aspetto della “controppiattaforma”<br />

padronale L’assunto “meno quattrini ai<br />

giornalisti, meno contributi all’Inpgi e in futuro pensioni<br />

contenute” è estremamente chiaro. Gli effetti a cascata sono<br />

limpidi.<br />

Seconda domanda: è corretto giuridicamente che la Fieg<br />

presenti una contropiattaforma La contropiattaforma dà l’idea<br />

assurda che la categoria <strong>dei</strong> giornalisti debba “dare” in via<br />

pregiudiziale agli editori quattrini e istituti contrattuali costruiti<br />

dal 1911 in poi. Il contratto giornalistico ha forza di legge (Dpr<br />

153/1961) in base alla legge n. 741/1959. Questa legge dice<br />

che i contratti possono essere cambiati consensualmente, ma<br />

in chiave migliorativa. Perché i nostri dirigenti della Fnsi trattano<br />

con una controparte che, ripeto, in via pregiudiziale, vuole<br />

peggiorare il nostro Cnlg Non è il caso di chiedere al giudice<br />

del lavoro che dichiari non ricevibile la contropiattaforma<br />

degli editori Non bisogna ripetere l’errore del 2000/2001.<br />

LETTERE AL PRESIDENTE DELL’ORDINE DI MILANO<br />

Situazione <strong>dei</strong> cococo:<br />

“DOVEROSO aprire<br />

un dibattito nazionale”<br />

A Livorno 6 euro ad articolo,<br />

mentre i “clandestini”<br />

ne prendono 15 al giorno<br />

Gentile dottor Abruzzo, sono un collaboratore<br />

(co.co.pro.) di un quotidiano di provincia<br />

ormai da quasi 4 anni. E vivo di questo<br />

mestiere, guadagnando 600-700 euro al<br />

mese: un articolo viene pagato da 10 a 25<br />

euro, a seconda delle colonne. Prezzi fermi<br />

da sei anni. Come me, centinaia di altri collaboratori<br />

in tutta Lombardia, in tutta Italia;<br />

non facciamo gli ipocriti: gli stessi prezzi si<br />

sentono in quasi tutti i quotidiani locali, euro<br />

in più, euro in meno. Noto con piacere<br />

che sull'ultimo sciopero <strong>dei</strong> giornalisti professionisti<br />

si è acceso un interessante dibattito<br />

mediatico e telematico. Mi chiedo, Le<br />

chiedo: quando l'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti e<br />

l'Fnsi imporranno agli editori almeno, e ripeto,<br />

ALMENO, un aggiornamento <strong>dei</strong><br />

compensi MINIMI sotto ai quali non è possibile<br />

andare Lo sappiamo che i compensi<br />

indicati dall'<strong>Ordine</strong> ormai sono solamente<br />

indicativi. Sappiamo anche che quando<br />

lamentiamo queste cose ai nostri editori tutti<br />

i quotidiani tendono a chiudere trattative<br />

private (ti do 10 euro in più a pezzo, proprio<br />

perché sei tu... perché lavori bene).<br />

Soltanto l'idea di associarsi in una battaglia<br />

comune terrorizza i collaboratori, intimiditi<br />

di poter perdere anche quella misera certezza<br />

economica.<br />

Credo sia DOVEROSO aprire un dibattito<br />

nazionale su queste problematiche, vissute<br />

quasi con vergogna da migliaia di giovani<br />

precari dell'informazione (quasi tutti laureati,<br />

statene certi). Perché non lo fate E,<br />

cosa ancor più grave, perché non lo avete<br />

ancora fatto<br />

Potreste almeno fare un’indagine sui corrispettivi<br />

ricevuti per un articolo nei diversi<br />

quotidiani lombardi, da pubblicare magari<br />

su Tabloid. Statene certi che farebbe faville...<br />

Il dovere di informazione è il primo ruolo di<br />

un giornalista: se non ci informiamo almeno<br />

sulle nostre condizioni lavorative, che<br />

informazione è questa<br />

Con stima<br />

Pietro Gorlani<br />

Forse potrà essere di conforto - per il collega<br />

Pietro Gorlani - sapere che il corrispettivo per<br />

un articolo da 10 a 25 euro è un trattamento<br />

di lusso. Per otto anni infatti, dal 1995 al 2003,<br />

(i primi due anni da praticante e i restanti da<br />

pubblicista iscritto all'<strong>Ordine</strong>) ininterrottamente<br />

Il Tirreno di Livorno (tiratura giornaliera<br />

110 mila copie, vendite intorno alle 90 mila)<br />

del gruppo Repubblica Espresso mi ha sempre<br />

pagato l'articolo di apertura (le classiche<br />

due cartelle da trenta righe previste dal tariffario<br />

dell'<strong>Ordine</strong>, pari a 4/5 colonne del giornale)<br />

con £ 12.000 (all'epoca delle lire) e 6<br />

euro con l'entrata in vigore della valuta europea.<br />

È forse superfluo ricordare che a monte di un<br />

articolo di apertura, di cronaca, di resoconto<br />

di un consiglio comunale, di un dibattito assembleare<br />

(in ore serali) ecc. ecc. ci sono<br />

non meno di tre-quattro ore di lavoro complessive.<br />

In otto anni non è mi stata mai riconosciuta,<br />

anzi è stata fermamente negata, la rivalutazione<br />

dell'Istat e del costo della vita sulle dodicimila<br />

lire per le due cartelle, per cui più<br />

passava il tempo e meno percepivo.<br />

Come tutti i giornali però fanno bella mostra<br />

di sé nel denunciare la scoperta del laboratorio<br />

clandestino di turno dove vengono sfruttati<br />

sistematicamente i lavoratori a 15 euro al<br />

giorno. Ovviamente non ci sono limiti all'ipocrisia!<br />

Mario Valentini<br />

pubblicista, iscritto all’<strong>Ordine</strong> della Toscana.<br />

Ex giovane, laureato ed ex professore di lettere<br />

L’ECO DELLA STAMPA<br />

ECO STAMPA<br />

MEDIA MONITOR S.R.L.<br />

Via Compagnoni 28, 20129 Milano<br />

Tel. 02 748113.1 - Fax. 02 748113.444<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

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