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Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti

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LIBRERIA DI TABLOID<br />

Nicola Graziani<br />

Lezioni di giornalismo.<br />

Cento articoli che hanno<br />

raccontato<br />

il Novecento italiano<br />

di Emilio Pozzi<br />

L’idea è suggestiva ed impegnativa,<br />

di quelle comunque<br />

che fanno centro. Il curatore<br />

si meriterebbe che nel sottotitolo<br />

si scrivesse ‘101’ articoli,<br />

aggiungendo anche il saggio<br />

introduttivo che contrappunta<br />

sinteticamente i brani<br />

scelti per la antologia. E bene<br />

ha fatto a esporre le motivazioni<br />

che lo hanno ispirato,<br />

in quanto ogni giornalista potrebbe<br />

ricostruire la storia<br />

della professione sulle proprie<br />

letture e sul proprio vissuto.<br />

Sono andato subito a<br />

cercare se ci fosse qualche<br />

corrispondenza di Indro<br />

Montanelli scritto agli inizi del<br />

1940 dalla Finlandia, che accesero<br />

nel cuore di un tredicenne<br />

(confessione personale)<br />

il primo fuoco di diventare<br />

giornalista. E ce l’ho trovato<br />

anche se, personalmente,<br />

il mio ricordo è legato<br />

a qualche altra pagina, più<br />

descrittiva della sconfinata<br />

Carelia. Appunto un libro di<br />

questo genere, che non può<br />

essere esaustivo, va accettato<br />

com’è, sul filo delle spiegazioni<br />

che ne dà Nicola<br />

Graziani.<br />

Storie e ‘storie scritte bene’,<br />

ricavate da attente e, immagino,<br />

ampie e approfondite<br />

letture, sacrificando chissà<br />

quanti altri articoli, saggi, editoriali,<br />

interviste fino a raggiungere,<br />

in decrescendo la<br />

cifra tonda: cento. Alla razionalità<br />

della scelta per presentare<br />

un quadro organico<br />

delle possibili variazioni professionali,<br />

a me è sembrato,<br />

che un filo sottile, che si scopre<br />

piano piano, non certamente<br />

inconscio, pervada il<br />

libro: una profonda visione<br />

umana degli accadimenti. E<br />

questo attraverso le firme<br />

che hanno raccontato le storie<br />

della nostra storia.<br />

Ci sono brani critici, duri,<br />

spietati nel raccontare vicende<br />

orrende. Quasi mai faziosi,<br />

però (Unica eccezione,<br />

‘perché scritta con tutti i crismi’<br />

la cronaca di Roberto<br />

Bracco, apparsa su Il Messaggero<br />

del 14 luglio 1881<br />

della traslazione della salma<br />

di Pio IX da San Pietro a San<br />

Lorenzo al Verano. Non troveranno<br />

i lettori invece il nome<br />

di Oriana Fallaci, ad<br />

esempio, grande comunicatrice<br />

indubbiamente, ma con<br />

se stessa sempre al centro<br />

degli avvenimenti; può essere<br />

una lezione sì, ma in negativo.<br />

Le testimonianze del<br />

giornalismo nel Ventennio<br />

sono scarse perché - spiega<br />

Graziani -‘a costo di sembrare<br />

fuori moda noi siamo ancora<br />

della vecchia guardia:<br />

non c’è giornalismo se non<br />

c’è un minimo rispetto delle<br />

verità democratiche’. Però<br />

non è stato dimenticato, e<br />

giustamente, Benito Mussolini,<br />

considerato un ‘giornalista<br />

di razza, un inviato di<br />

qualità’. Qui figura con un<br />

‘fondo’, intitolato Guerra”<br />

pubblicato nel primo numero<br />

de Il popolo d’Italia, a favore<br />

dell’intervento dell’Italia nel<br />

conflitto mondiale del 1915-<br />

18.<br />

Pensate a qualche fatto o a<br />

qualche personaggio che<br />

abbia colpito la nostra sensibilità,<br />

i nostri sentimenti, nei<br />

decenni trascorsi, vissuti di<br />

persona o sentiti raccontare.<br />

È difficile che non ci sia la<br />

pagina di un cronista che<br />

non fosse sul posto, con occhio<br />

e orecchio attenti. E<br />

cuore. E in questi casi anche<br />

lo scrittore deve essere cronista.<br />

Qualche omissione è scusata:<br />

se manca la narrazione di<br />

un fatto al quale abbiamo<br />

pensato, ce n’è certamente<br />

uno analogo che diventa<br />

esemplare, come lezione<br />

giornalistica, di una specifica<br />

tipologia. Ho in mente, ad<br />

esempio, la magistrale cronaca<br />

di Dino Buzzati per la<br />

sciagura nel mare di Albenga,<br />

nella quale morirono decine<br />

di bimbi milanesi; in<br />

compenso Buzzati giornalista<br />

è presente con un’altra<br />

pagina famosa, tra quelle<br />

scritte per la tragedia del<br />

Vajont.<br />

Questo è un libro utile e può<br />

stimolare, tra chi vive nel<br />

giornalismo, altre idee.<br />

Qualche esempio I libri di<br />

storia - e sappiamo bene<br />

quanti buchi nei ci siano nella<br />

cultura <strong>dei</strong> giovani d’oggi,<br />

anche nelle Università - potrebbero<br />

aprire ogni tema, o<br />

avvenimento specifico, con<br />

la riproduzione di un reportage<br />

giornalistico, scritto sull’onda<br />

dell’attualità, la cronaca<br />

che si fa storia (cito a memoria<br />

Umberto Eco). E il libro<br />

di Graziani stimola molti<br />

altri possibili progetti editoriali,<br />

altre antologie quindi,<br />

utilizzando reportage di giornali<br />

o mettendo a confronto<br />

per analisi comparate, sullo<br />

stesso argomento, editoriali<br />

o avvenimenti di costume o<br />

di cronaca politica, bianca e<br />

nera. In alcune scuole di<br />

giornalismo questo già avviene,<br />

ma gli ascoltatori sono<br />

pochi, qualche decina al<br />

massimo.<br />

E questo prima che lo spappolamento<br />

arrivi al fondo. Il<br />

giornalista da desk si limita<br />

ormai a trasferire, sulla pagina<br />

predisposta sul computer,<br />

le scarne notizie d’agenzia,<br />

così come sono, abbinandole,<br />

se lavora per qualche tv,<br />

alle immagini che arrivano<br />

confezionate da altre agenzie.<br />

Il tutto asetticamente,<br />

acriticamente. Senza chiedersi<br />

mai perché<br />

Nicola Graziani,<br />

Lezioni di giornalismo.<br />

Cento articoli che hanno<br />

raccontato il Novecento<br />

italiano,<br />

Nutrimenti Roma 2005<br />

pagine 476, euro 15,00<br />

Franco Martinelli<br />

“Breve sogno”. Gli ultimi anni<br />

della Decima MAS.<br />

Storie di vita 1943-1945<br />

di Massimiliano Lanzafame<br />

Nel disfacimento quasi generale<br />

delle forze armate italiane,<br />

seguito all'armistizio del<br />

1943, nell’assoluta mancanza<br />

di ordini, la maggioranza<br />

<strong>dei</strong> militari italiani prese la decisione<br />

di abbandonare la divisa<br />

e tornare a casa, altri si<br />

unirono ai partigiani, mentre<br />

alcuni decisero di proseguire<br />

la guerra a fianco dell’alleato<br />

tedesco. Un episodio di rilievo<br />

fu la vicenda della Decima<br />

Flottiglia MAS, corpo speciale<br />

della Regia Marina, dislocato<br />

a La Spezia, che fece la<br />

scelta di continuare la guerra<br />

“per l’onore”. A distanza di<br />

quasi sessanta anni da quegli<br />

avvenimenti il libro presenta<br />

una raccolta di storie di vita<br />

di uomini della Decima MAS<br />

riferite al periodo che va dall’8<br />

settembre 1943 al 25 aprile<br />

1945. La ricostruzione storica<br />

degli avvenimenti, condotta<br />

su fonti giornalistiche del<br />

tempo, memoriali storici e documenti<br />

originali d’archivio, è<br />

integrata dalle testimonianze<br />

<strong>dei</strong> sopravvissuti. Le esperienze<br />

di allora sono riviste<br />

con gli occhi di oggi, alla luce<br />

di più di mezzo secolo di cultura,<br />

politica e civile, democratica.<br />

I protagonisti ricordano<br />

le ragioni delle loro scelte<br />

e le vicende che li hanno riguardati.<br />

I racconti sono pacati,<br />

spogli di retorica e visti<br />

come molto lontani, in un periodo<br />

di tempo diverso dal<br />

normale, un periodo sospeso,<br />

il “tempo di guerra”. Ne<br />

emerge il carattere avventuristico<br />

e giovanile della Decima<br />

MAS, il suo spirito di<br />

corpo, come la sua moderna<br />

organizzazione bellica, ma<br />

appare soprattutto l’assurdità<br />

della guerra: dispensatrice di<br />

dolore, umiliazione e morte.<br />

Franco Martinelli,<br />

Breve sogno,<br />

Liguori Editore, 2005<br />

Napoli,<br />

pagine 155, euro 13,00<br />

Mariano de Angelis<br />

Qualcosa di simile.<br />

Saggio politico letterario<br />

menta attraverso rapidi racconti<br />

di vita i drammi, e anche<br />

le commedie, di un’epoca.<br />

Nel suo stile vivacissimo,<br />

Andrea Bertazzoni racconta<br />

con una nonchalance che<br />

soprende cose quasi incredibili.<br />

Così incredibili che non<br />

possono essere che vere.<br />

Gli ufficiali della Grande<br />

guerra sono alcuni spesso<br />

fanatici, ma alcuni sono umani<br />

e lo aiutano a salvarsi. I fascisti<br />

sono violenti, ma spesso<br />

anche esitanti, oppure<br />

sentimentali. I burocrati di<br />

Mosca mandano a morte<br />

tanta gente, eppure qualche<br />

volta sanno fermarsi di fronte<br />

a chi insiste sulle proprie ragioni.<br />

Tutt’altro che comuni<br />

questi Bertazzoni. Il padre,<br />

ma anche il figlio, che si inserisce<br />

nel racconto con lo stile<br />

del giornalista, lo scrupolo<br />

dello storico, e la riscoperta<br />

delle proprie personali memorie<br />

d’infanzia di italiano<br />

nato e cresciuto in Unione<br />

Sovietica.<br />

Bertazzoni padre ripercorrendo<br />

la propria vita osserva:<br />

“Mi son sentito dire dagli uni<br />

che ero un perfetto comunista,<br />

e dai comunisti che ero,<br />

al contrario, un autentico socialdemocratico”.<br />

Una frase che riassume il<br />

dramma della sinistra italiana<br />

nel ‘900.<br />

Vladimiro Bertazzoni,<br />

Andrea, mio padre.<br />

Un uomo comune<br />

che visse non<br />

comunemente,<br />

Editoriale Sometti,<br />

pagine 500, euro 18,00<br />

Alfio Patti<br />

La parola ferma in gola<br />

di Alessandro Giuliani<br />

Un italiano regionale per raccontare<br />

i vizi e le virtù di un<br />

paese siciliano, quali appaiono<br />

all'ottica inquieta di chi, allontanandosene,<br />

non ha saputo,<br />

né voluto cancellarli dalla<br />

propria vita. La parola ferma<br />

in gola è un romanzo breve,<br />

ma intenso e avvincente.<br />

L’autore è Alfio Patti, giornalista,<br />

poeta e studioso di tradizioni<br />

popolari, siciliano autentico<br />

che trasfonde nel suo libro<br />

tutto se stesso: passione<br />

politica, vitalità idealismo, valori,<br />

ma anche sete di giustizia<br />

inappagata, delusione, amarezze,<br />

rabbia. La corruzione e<br />

il clientelismo, la sopraffazione<br />

e la sottile rete di connivenza<br />

che investe la società a<br />

tutti i livelli, la rassegnazione<br />

atavica di un popolo i cui migliori<br />

elementi sono spesso<br />

costretti a rinunciare a combattere<br />

e a partire per un<br />

Nord freddo e non sempre<br />

accogliente, ma per certi versi<br />

più vivibile. Sono solo alcuni<br />

tra i temi affrontati in questo<br />

romanzo “onesto” e dai toni<br />

“agro-dolci”, che non cede alle<br />

facili lusinghe di una visione<br />

manichea della realtà né tanto<br />

meno si abbandona ad<br />

abusate quanto fuorvianti descrizioni<br />

convenzionali. Ma<br />

che ci restituisce, piuttosto,<br />

un’immagine sfaccettata della<br />

Sicilia di oggi, con le sue luci e<br />

le sue ombre, le sue contraddizioni<br />

e la sua straordinaria<br />

bellezza, la sua cultura dalle<br />

antiche radici popolari e la<br />

sua incultura. È, però, uno in<br />

particolare il filone scelto dall’autore<br />

a rappresentare emblematicamente<br />

l’avvento<br />

della modernità e del benessere<br />

apparente: non più la<br />

mafia tradizionale e il suo<br />

inattaccabile potere occulto,<br />

bensì quella più strisciante<br />

della speculazione edilizia<br />

degli anni Settanta-Ottanta,<br />

con il suo apparato di funzionari<br />

corrotti che, facendo leva<br />

sul colpevole silenzio di cittadini<br />

rassegnati e collusi, intascano<br />

tangenti in cambio di<br />

normali certificati di edificabilità.<br />

Il testo è incentrato sui<br />

personaggi, tratteggiati con<br />

potenza icastica non comune,<br />

pur senza mai scadere<br />

nella caricatura, che il protagonista<br />

incontra nel corso del<br />

suo breve soggiorno in terra<br />

natia in occasione della morte<br />

della madre. Per Gregorio la<br />

fuga dal paese per un definitivo<br />

rientro al Nord equivale, a<br />

questo punto, a una fuga da<br />

se stesso, da una Sicilia madre<br />

e matrigna. L’unica soluzione<br />

per sottrarsi alla sofferenza<br />

e al senso di colpa latente<br />

di chi si sente impotente<br />

e disarmato di fronte a soprusi<br />

ed abusi di potere, di chi rifiuta<br />

la logica qualunquista<br />

dello “sperto”. Il prezzo che<br />

paga Gregorio - stimato ar-<br />

chitetto, “emigrante” per ambizione,<br />

più che per reale bisogno<br />

- è, però, molto alto in termini<br />

di affettività, di emozioni,<br />

di identità, di entusiasmo per<br />

la vita. L’addio alla sua Sicilia è<br />

lo stesso delle migliaia di emigranti<br />

che varcano lo Stretto di<br />

Messina da più di un secolo e<br />

che avvertono, inesorabile,<br />

durante ogni traversata, un<br />

groppo alla gola.La parola ferma<br />

in gola è, vuole la leggenda,<br />

quella <strong>dei</strong> marinai inghiottiti<br />

dai vortici del mare, forse la<br />

parola definitiva del moribondo,<br />

che dà un senso ultimo alle<br />

cose, suggellando ogni esistenza.Eppure,<br />

l’opera di Alfio<br />

Patti - inguaribile ottimista per<br />

istinto, anche quando i fatti<br />

non concedono spazio alla<br />

speranza - è, sì, pervasa da<br />

una sottile vena di malinconia<br />

e rimpianto, ma fugge ogni<br />

estrema negatività stemperando<br />

il dramma nell’ironia. Il<br />

suo linguaggio - intriso di regionalismi,<br />

di sapide espressioni<br />

gergali e di pillole di saggezza<br />

popolare proverbiale<br />

che ridanno voce a un mondo<br />

contadino in via di estinzione -<br />

offre momenti di travolgente<br />

allegria e delinea, con rapidi<br />

cenni, personaggi, caratteri,<br />

ambienti. È il caso di dire che<br />

Patti sollecita i cinque sensi<br />

del lettore catturando ogni<br />

particolare con l’immediatezza<br />

del cronista che scrive di<br />

realtà vissute e con la spontanea<br />

freschezza dell’affabulatore<br />

appassionato e innamorato<br />

della sua terra.<br />

Alfio Patti,<br />

La parola ferma in gola,<br />

Prova d’autore, Catania,<br />

pagine 148, euro 8,00<br />

La ricerca della verità appassiona<br />

e inquieta l’uomo da<br />

sempre, specialmente chi<br />

opera nel campo della giustizia<br />

o dell’informazione.<br />

Ma che cosa è la verità Il<br />

giornalista Giacomo de Antonellis<br />

risponde rivisitando la<br />

vicenda dell’incontro di Ponzio<br />

Pilato con il Nazareno. Si chiede<br />

come mai, Ponzio Pilato,<br />

sia stato condannato dalla<br />

Chiesa (nel Credo) senza<br />

nessuna attenuante, mentre a<br />

un intero popolo, quello ebraico,<br />

non sia stata addebitata<br />

nessuna colpa.Conclude rivalutando<br />

la figura, storica e<br />

umana, del procuratore roma-<br />

È plausibile che oggi possa<br />

succedere qualcosa di simile<br />

a quanto è accaduto nel passato,<br />

quando in Occidente ci<br />

si illuse che il comunismo potesse<br />

essere la svolta storica<br />

del concreto cambiamento<br />

verso la libertà Per Mariano<br />

de Angelis è un pericolo reale.<br />

Il suo saggio mette in evidenza<br />

come, la caduta del Muro<br />

di Berlino, non ha per nulla<br />

comportato la scomparsa del<br />

comunismo. L’autore ci dà una<br />

visione particolare della società<br />

e della politica italiana,<br />

dal dopoguerra a oggi, riflettendo<br />

su vari avvenimenti, come<br />

il compromesso storico e<br />

l’11 settembre. Invita i cittadini<br />

a recuperare la memoria storica,<br />

affinché non si lascino<br />

soggiogare dal conformismo,<br />

che tende a dipingere il postcomunismo<br />

come fenomeno<br />

controllabile, non pericoloso e<br />

perfino utile. Delle tesi originali,<br />

forse discutibili, ma che sicuramente<br />

fanno riflettere.<br />

M. L.<br />

Giacomo de Antonellis<br />

Quid est veritas<br />

Discorso su Pilato<br />

e sulla comunicazione<br />

Mariano de Angelis,<br />

Qualcosa di simile,<br />

Lampi di stampa, 2005<br />

Milano,<br />

pagine 110, euro 14,00<br />

no. Un tipico esempio di verità<br />

conculcata, che dovrebbe far<br />

riflettere quanti parlano pensando<br />

di possedere in esclusiva<br />

la rivelazione. Soprattutto<br />

i giornalisti, che hanno il potere<br />

d’indirizzare l’opinione pubblica,<br />

dovrebbero tenerne<br />

conto, operando con coscienza<br />

e responsabilità nella scelta<br />

delle notizie per far emergere<br />

la verità. M. L.<br />

Giacomo de Antonellis,<br />

Quid est veritas,<br />

Lampi di stampa, 2005<br />

Milano,<br />

pagine 96, euro 10,00<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

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