21.01.2015 Views

Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti

Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti

Novembre-Dicembre 2006 - Ordine dei Giornalisti

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

LIBRERIA DI TABLOID<br />

Giampaolo Pansa<br />

Sconosciuto 1945<br />

di Emilio Pozzi<br />

Il paragone può sembrare banale<br />

e può darsi che sia già<br />

stato usato ma pensare a<br />

Giampaolo Pansa come al<br />

dottor Jekill e a Mister Hyde -<br />

lui stesso nella prefazione a<br />

Sconosciuto 1945 scrive di<br />

un alter ego di se stesso, un<br />

immaginario avvocato Giorgio<br />

Alberti del quale si è servito<br />

per motivare dialetticamente<br />

le ragioni che l'hanno spinto<br />

a scrivere il libro - viene<br />

quasi spontaneo. Anche se<br />

può dare fastidio. Perché mister<br />

Hyde, vittima di furori incontrollati,<br />

frutto di una sperimentazione<br />

scientifica del<br />

dottor Jekill, può anche rappresentare<br />

la proiezione di un<br />

inconscio che c'è in ognuno.<br />

E per quanto riguarda l’uomo<br />

Pansa, autore di narrativa e di<br />

inchieste che lo qualificano<br />

come alfiere, da anni di un revisionismo<br />

accanito, mi sono<br />

interrogato spesso, conoscendolo<br />

da molti anni, sul<br />

dove si collocasse il confine<br />

tra l’analisi delle vicende dolorose<br />

della storia italiana fra il<br />

’43 e il ‘45 rivissuta, da antifascista,<br />

attraverso le testimonianze<br />

partigiane e quelle per<br />

lo più raccolte da figli e nipoti<br />

direttamente o attraverso lettere<br />

(duemila ne ha ricevute,<br />

dopo Il sangue <strong>dei</strong> vinti) di coloro<br />

che erano dall’altra parte.<br />

Di questo nuovo volume<br />

Pansa stesso dice (pagina<br />

302) dialogando con l’immaginario<br />

Giorgio Alberti, a proposito<br />

di un episodio ambientato<br />

a Masone: “ Questa storia<br />

è un altro esempio di come<br />

il libro che stiamo leggendo,<br />

sia il figlio di Sangue <strong>dei</strong><br />

vinti.<br />

E sul senso del volume, una<br />

risposta, anzi cinque, che<br />

Pansa chiama semplici<br />

verità, le ho trovate proprio<br />

nelle prime pagine di Sconosciuto<br />

1945. La citazione<br />

testuale è doverosa. “La prima<br />

è che, come accade in<br />

tutte le guerre, le parti coinvolte<br />

sono sempre due: i vincitori<br />

e i vinti. La seconda è<br />

che nessuna guerra si può<br />

raccontare senza tenere<br />

conto del punto di vista di entrambi<br />

i contendenti. La terza<br />

è che ascoltare e riferire le ragioni<br />

degli sconfitti non significa<br />

condividerle. La quarta è<br />

che, anche volendolo,è impossibile<br />

costringere al silenzio<br />

le migliaia e migliaia di<br />

persone che hanno messo in<br />

gioco la loro esistenza e<br />

quella <strong>dei</strong> loro famigliari in<br />

una battaglia che per quel<br />

che mi riguarda ho sempre<br />

ritenuto sbagliata. La quinta è<br />

ultima verità è che in una società<br />

democratica, nata dalla<br />

vittoria contro una dittatura,<br />

tappare la bocca a chi ha perso<br />

significa contraddire un<br />

principio che tutti dovremmo<br />

aver caro: la superiorità del<br />

sistema liberale rispetto a<br />

qualunque regime autoritario,<br />

nero o rosso che sia”.<br />

Tutto, o quasi, condivisibile.<br />

Quindi, rimossa la tentazione<br />

di fare un processo alle intenzioni<br />

(confesso che qualche<br />

ragione la troverei) rendiamo<br />

conto al lettore di questa nuova<br />

fatica letteraria e cronisticamente<br />

storica di Giampaolo<br />

Pansa. Gli episodi raccolti<br />

( molto spesso sulla base<br />

di lettere ricevute) sono affidati<br />

alla narrazione diretta di testimoni<br />

o di parenti di personaggi,<br />

non sempre con i nomi<br />

autentici, o sono riassunti dal<br />

curatore, in dialogo sempre<br />

con l’avvocato Alberti. Sono<br />

una cinquantina e, nel comune<br />

dolore per la perdita di familiari,<br />

presentati con l’affetto<br />

che quasi sempre assolve la<br />

vittima e condanna i giustizieri,<br />

riecheggiano avvenimenti<br />

<strong>dei</strong> quali la storia ha tracciato<br />

le linee generali o rivelano<br />

particolari ignorati, toccando<br />

diversi luoghi del nostro<br />

Paese. Analoga ricognizione,<br />

circoscritta a Milano e ai giorni<br />

attorno al 25 aprile 1945, è<br />

stata compiuta da Edgarda<br />

Ferri nel libro L’alba che<br />

aspettavamo. Per il fatto che<br />

questo articolo è destinato a<br />

<strong>Ordine</strong> Tabloid mi pare opportuno<br />

citare tre capitoli che<br />

si riferiscono proprio a giornalisti.<br />

Uno riguarda Salvatore<br />

Caprino, giornalista fascista<br />

ucciso a Milano nel maggio<br />

1945. Il giornale nel quale lavorava,<br />

da ultimo, era Repubblica<br />

fascista e l’ultimo numero<br />

recava la data del 26<br />

aprile 1945. La lucida testimonianza,<br />

è della figlia Giovanna<br />

Caprino Picciau che sa distinguere<br />

tra l’amore filiale e gli<br />

errori politici (“Quando ho visto<br />

il documentario di Alain<br />

Resnais Notti e nebbia sulla<br />

deportazione e lo sterminio<br />

degli ebrei, mi sono detta che<br />

anche il fascismo era responsabile<br />

dell’Olocausto, che anche<br />

mio padre pur senza avere<br />

una colpa diretta, aveva fatto<br />

parte di quel sistema.<br />

L’effetto è stato terribile. Però<br />

non mi sono vergognata di lui,<br />

mai. Mi sono vergognata del<br />

fascismo, questo sì. Per papà<br />

provavo soprattutto amore. In<br />

fondo lui aveva pagato, era<br />

stato ucciso”). Di Salvatore<br />

Caprino ha anche scritto<br />

Gianni Bongioanni nel libro<br />

rievocativo delle esperienze<br />

di Radio Tevere.<br />

Il secondo giornalista di cui<br />

parla Pansa è Giorgio Morelli,<br />

detto Il solitario, partigiano<br />

bianco di Reggio Emilia, fondatore<br />

di un giornaletto partigiano,<br />

vissuto per quattro numeri,<br />

tirati al ciclostile, insieme<br />

con Eugenio Corezzola.Si<br />

chiamava La Penna. E insieme<br />

, dopo la fine della guerra<br />

fondarono La nuova penna<br />

che non aveva nulla contro la<br />

Resistenza, della quale volevano<br />

difendere la purezza <strong>dei</strong><br />

valori, ma che si occupò coraggiosamente<br />

e con accanimento,<br />

in numerose inchieste<br />

contro ‘le bande che infestavano<br />

il Reggiano’. Contro il<br />

Solitario ci fu un agguato: sei<br />

colpi di rivoltella. E per i postumi<br />

di quel tentato omicidio,<br />

Morelli, sei mesi dopo morì.<br />

Aveva 21 anni e sette mesi. Il<br />

terzo giornalista di cui si parla<br />

che, per fortuna non morì tragicamente,<br />

ma fu allontanato<br />

dal Corriere della Sera e poi<br />

anche arrestato è Ciro Poggiali.<br />

Poggiali, padre di Vieri,<br />

che ne rievoca la figura in un<br />

capitolo, era un professionista<br />

serio, maestro di tanti giornalisti.<br />

Fra l’altro si deve a lui il<br />

merito se Dino Buzzati che lavorava<br />

nella cronaca del<br />

Corriere, della quale Poggiali<br />

era responsabile, poté pubblicare<br />

il suo primo romanzo Il<br />

deserto <strong>dei</strong> tartari. Poggiali<br />

finì dignitosamente la sua carriera<br />

negli anni cinquanta come<br />

capocronista del quotidiano<br />

cattolico di Milano L’Italia.<br />

L’affettuosa e devota rievocazione<br />

del figlio Vieri si conclude<br />

con una riflessione che è<br />

emblematica della complessa<br />

situazione nella quale hanno<br />

vissuto tante famiglie italiane.<br />

È bene leggerla: “Riepilogando.<br />

Un primo cugino morto di<br />

stenti in un lager tedesco. Un<br />

prozio ebreo nascosto in casa,<br />

con molti pericoli e per cinque<br />

anni. Un altro prozio infoibato<br />

dagli jugoslavi. Due gemelli<br />

arruolati in eserciti avversi.<br />

Una quasi epurazione professionale<br />

di mio padre, con<br />

rischi per la pelle. Ecco il contributo<br />

di partecipazione di<br />

una seminormale famiglia italiana<br />

alle vicende belliche, e<br />

politiche del 1940-45” .La memorialistica<br />

è di moda. E il libro<br />

di Pansa, nella sua disarticolata<br />

narrazione, è soffuso<br />

di pietas. I racconti in prima<br />

persona di coloro che hanno<br />

racchiuso per anni il dolore<br />

<strong>dei</strong> loro lutti, le morti ingiuste,<br />

tragici eventi legati al caso,<br />

casi isolati di ferocia e di vendetta,<br />

compongono un panorama<br />

desolante.Va letto, data<br />

per scontata onestà intellettuale,<br />

e non ricerca dell’effetto<br />

a tutti i costi, (anche se il sottotitolo<br />

del libro che mi auguro<br />

sia attribuibile al marketing<br />

editoriale lascia qualche perplessità)<br />

con rispetto,non dimenticando<br />

però quanti casi<br />

analoghi sono avvenuti sul<br />

fronte opposto e che non<br />

hanno trovato narratori. Non<br />

si tratta di mettere sulla bilancia<br />

i libri scritti sugli anni bui di<br />

un passato non dimenticato,<br />

(la Resistenza ha, nell’ambito<br />

<strong>dei</strong> sentimenti ‘privati’ alcuni<br />

volumi che andrebbero riletti<br />

come Lettere di condannati a<br />

morte curato da Giovanni<br />

Pirelli e Piero Malvezzi).<br />

Tuttavia sono personalmente<br />

convinto che molte storie<br />

umane sono rimaste nell’ombra.<br />

Per pudore <strong>dei</strong> protagonisti.<br />

E ormai i sopravvissuti sono<br />

pochi. O perché, nella<br />

Resistenza, c’era la regola<br />

del silenzio. E i figli non sapevano<br />

<strong>dei</strong> padri, e i padri <strong>dei</strong> figli.<br />

Giampaolo Pansa,<br />

Sconosciuto 1945.<br />

(Ventimila scomparsi,<br />

torturati e uccisi:<br />

le vendette dopo<br />

il 25 aprile<br />

nella memoria <strong>dei</strong> vinti),<br />

Sperling e Kupfer Editori,<br />

Milano 2005,<br />

pagine 476, euro 18,00<br />

papa Giovanni Paolo II.<br />

Che valenza storica hanno<br />

quelle testimonianze insieme<br />

a quelle <strong>dei</strong> più potenti<br />

uomini della terra e <strong>dei</strong> rappresentanti<br />

di tutte le più<br />

importanti religioni della<br />

terra<br />

Massimo Franco si muove<br />

con abilità e sicurezza nell’archivio<br />

segreto vaticano.<br />

Fa affiorare documenti inediti<br />

su un mondo a cavallo<br />

tra il Settecento e<br />

l’Ottocento e risale la china<br />

della storia fino ai nostri<br />

giorni, indagando realtà<br />

complesse popolate da papisti<br />

e cow boys, ambasciatori<br />

e spie, pontefici e presidenti,<br />

impegnati in un gioco<br />

di potere sottile e, a volte<br />

brutale. Indaga sui motivi<br />

per cui gli Usa non hanno<br />

avuto, appunto, un’ambasciata<br />

presso la Santa<br />

Sede fino al 1984, con<br />

Ronald Reagan alla Casa<br />

Bianca. Racconta l’irriducibilità<br />

vaticana contro la<br />

guerra in Iraq e lo scandalo<br />

<strong>dei</strong> preti pedofili negli Usa.<br />

Complesse alchimie di poteri<br />

e contropoteri, il grande<br />

confronto tra i forti richiami<br />

spirituali e la troppa materialità<br />

del pensiero nordamericano,<br />

l’avidità protestante<br />

per la ricchezza e il<br />

denaro, il sapere secolare<br />

della Chiesa, i grandi segreti<br />

che il Vaticano da<br />

sempre conserva, vengono<br />

indagati da Massimo Franco<br />

con sapiente ritmica,<br />

senza mai sfociare nel facile<br />

giudizio, nella banalizzazione<br />

degli eventi, nella<br />

sottovalutazione <strong>dei</strong> grandi<br />

misteri che muovono la storia.<br />

Due secoli di rapporti, anche<br />

agitati, non sono facili<br />

da raccontare, dall’epopea<br />

delle colonie, ai fantasmi<br />

del Ku Klux Klan, ai complessi<br />

eventi della prima e<br />

seconda guerra mondiale,<br />

al triangolo anticomunista<br />

del dopoguerra, ai Kennedy<br />

e a Jacqueline che si<br />

presenta tutta di nero, vestita<br />

quasi da monaca, nel<br />

1962, all’udienza con<br />

Giovanni XXIII, come a riconfermare<br />

la profonda devozione<br />

<strong>dei</strong> cattolici americani<br />

verso la Chiesa di<br />

Roma, fino alla guerra con<br />

l’Iraq. Una carrellata di<br />

aneddoti e di riflessioni.<br />

L’intrecciarsi di eventi tra<br />

due imperi che Massimo<br />

Franco definisce fin da subito<br />

“paralleli”. E poi «la<br />

preoccupazione palpabile<br />

delle gerarchie cattoliche»,<br />

che ritengono che «la strategia<br />

imperiale statunitense<br />

possa accentuare la<br />

“cristianofobia” emersa dopo<br />

la guerra in Iraq nell’universo<br />

islamico».<br />

Il libro di Massimo Franco<br />

cerca di fotografare le fasi<br />

storiche dell’alleanza e del<br />

conflitto fra gli «imperi paralleli»<br />

occidentali nel corso<br />

di oltre duecento anni. Di<br />

raccontare gli alti e bassi di<br />

un processo di conoscenza<br />

e di riconoscimento reciproci,<br />

che rappresenta l’aspetto<br />

meno indagato tra<br />

Vaticano e Nuovo Mondo,<br />

fra un Vaticano passato<br />

dall’eurocentrismo a una<br />

visione mondiale <strong>dei</strong> problemi,<br />

e un’America prima<br />

isolazionista, poi “gendarme<br />

del mondo”, e alla fine<br />

aspirante “demiurgo della<br />

storia”. È una vicenda lunga<br />

e tormentata, destinata<br />

a rimanere aperta ancora<br />

di più dopo la morte di<br />

Giovanni Paolo II e l’elezione<br />

di Benedetto XVI. La trama<br />

che collega Washington<br />

con la Roma di Giovanni<br />

Paolo II, insomma, e ora<br />

con Benedetto XVI è il riflesso<br />

della forza e della<br />

debolezza dell’identità occidentale<br />

e di due destini<br />

intrecciati.<br />

Massimo Franco<br />

Imperi paralleli.<br />

Vaticano e Stati Uniti:<br />

due secoli di alleanza e<br />

conflitto (1788-2005),<br />

Mondadori,<br />

pagine 229, euro 17,50<br />

Hélen Blignaut, Luisa Ciuni,<br />

Maria Grazia Persico<br />

Comunicare la moda<br />

di Franz Foti<br />

L’emozione è l’essenza primaria<br />

della comunicazione. La<br />

moda è seduzione, capacità di<br />

attrarre attraverso modalità<br />

particolari, il più delle volte<br />

orientate verso l’enfasi del dettaglio.Per<br />

comunicare la moda<br />

devono mescolarsi le due<br />

componenti essenziali del<br />

messaggio:l’emozione e il dettaglio<br />

seduttivo, che rappresenta<br />

l’espressione estetica<br />

più voluttuosa di ciò che genera<br />

il desiderio e l’immaginazione<br />

del possesso, preludio del<br />

gesto finale, prima di fare proprio<br />

l’oggetto desiderato. La<br />

moda è teatro, atmosfera, esasperazione<br />

del reale, estremismo<br />

estetico che sfila in passerella,<br />

che si mostra nelle sue<br />

forme suggestive e baluginanti,<br />

che sfida l’immaginario cromatico,<br />

culturale e sociale. Ma<br />

è anche teatro della vita. In alcune<br />

sue manifestazioni è sintesi<br />

di storia, anticipazione del<br />

futuro dove confluiscono i mille<br />

rivoli dell’anima e dell’agire: la<br />

sensibilità, il colore, la tecnologia,<br />

il tessuto, la poesia, la narrazione,<br />

il narcisismo, l’esasperazione<br />

del sé. La moda è<br />

anche storia. Hélene Blignaut,<br />

una delle autrici del volume<br />

Comunicare la moda, avverte<br />

che ogni cosa comincia da un<br />

inizio, il punto zero, ma prima<br />

di questo punto ce ne sono altri<br />

da percorrere prima di decollare<br />

dal punto zero.Bisogna<br />

capire sempre cosa c’era prima,<br />

perché da questo si capisce<br />

come penetrare l’anima e i<br />

sentimenti degli altri. È così<br />

che si risponde al bisogno d’emozioni<br />

degli altri. È in questo<br />

territorio che bisogna ricercare<br />

l’inafferrabile emotivo del: “mi<br />

piace, lo voglio, non mi piace<br />

più, mi piace ancora, non lo<br />

voglio”.<br />

Partendo da questi preliminari<br />

della costruzione psicologica<br />

dell’altro, conficcando le mani<br />

dentro l’anima <strong>dei</strong> nostri interlocutori,<br />

si stabilisce una buona<br />

comunicazione, il feeling<br />

della consonanza. Tutto questo<br />

vale soprattutto nell’ambito<br />

della moda, dove si viaggia sul<br />

confine invisibile fra desiderio<br />

e immaginazione, realtà e<br />

astrazione, visione del fantastico<br />

e condizione interiore. È<br />

dentro questo spazio che s’insinua<br />

la concezione “dell’abito<br />

parlante”, che t’insidia nel<br />

profondo, che morde il gusto di<br />

una nuova dimensione estetica<br />

sino a farla diventare dimensione<br />

mentale. Per gestire<br />

questa complessa macchina<br />

della comunicazione della moda<br />

non è sufficiente conoscere<br />

la psicologia del desiderio e<br />

del gusto. Serve anche la tec-<br />

nica della comunicazione. Per<br />

questo vengono esplorati alcuni<br />

modelli di comunicazione,<br />

come l’AIDA: Attenzione,<br />

Interesse, Desiderio, Azione. Il<br />

tutto, presumo, in un quadro<br />

d’intuizione ed esperienza.<br />

Nella comunicazione della<br />

moda non poteva mancare la<br />

descrizione e l’articolazione di<br />

una campagna del settore. Ci<br />

ha pensato un’altra autrice del<br />

volume, Maria Grazia Persico<br />

che puntualizza le varie sequenze<br />

di una campagna<br />

orientata al prodotto moda.<br />

Vengono descritti i presupposti<br />

principali, la pianificazione<br />

progettuale e operativa. Si tratta<br />

di un vero e proprio vademecum,<br />

di un piano di lavoro<br />

corredato di dieci pagine di<br />

schede esemplificative. In<br />

questo lavoro dedicato alla<br />

moda sono ben visibili i tratti<br />

del ruolo e delle funzioni del<br />

giornalista di settore e dell’ufficio<br />

stampa. Molto interessanti<br />

si mostrano i consigli e i particolari<br />

di Luisa Ciuni.<br />

Insegna a impostare un articolo<br />

di giornale, a strutturare un<br />

efficace comunicato stampa,<br />

a tratteggiare i volti della pubblicità.<br />

Tecnica, partecipazione,<br />

pazienza e curiosità, unitamente<br />

a un pizzico di fortuna,<br />

sono i ferri del mestiere.<br />

Affinandoli con buone letture,<br />

corredandoli di una discreta<br />

dose di spirito d’osservazione,<br />

avremo costruito buona parte<br />

del nostro successo comunicativo.<br />

Hélen Blignaut,<br />

Luisa Ciuni,<br />

Maria Grazia Persico,<br />

Comunicare la moda,<br />

Manuali Franco Angeli<br />

euro 12,50<br />

ORDINE 1 <strong>2006</strong><br />

27 (31)

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!