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28 Ordine Giugno 2002 - Ordine dei Giornalisti

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D E O N T O L O G I AQuando la pubblicitdell’articolista a usaREPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLa Corte d’Appello di MilanoPrima Sezione Civileriunita in Camera di Consiglio nelle persone <strong>dei</strong> Sigg.ri Magistrati:1) Dott. Giuseppe PatronePresidente2) Dott. Baldo MarescottiConsigliere3) Dott. Filippo LamannaConsigliere rel.est.integrata con la partecipazione <strong>dei</strong> Sigg.ri:4) Dott. Sergio Angelettigiornalista pubblicista5) Dott. Emma Maccanicogiornalista professionistaha pronunciato la seguenteSENTENZAsciogliendo la riserva assunta all’udienza camerale del 16gennaio <strong>2002</strong> nel procedimento in grado d’appello, rubricatoal numero di ruolo di volontaria giurisdizione sopraindicato, evertentetraCaterina Vezzani,rappresentata e difesa in causa dall’avv. Corso Bovio, ed elettivamentedomiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Milano,via Podgora n.13, giusta procura versata in attiRICORRENTE - APPELLANTEeCONSIGLIO REGIONALEDELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA,con sede in Milano, via Appiani n.2,in persona del Presidente p.t. Franco Abruzzo,rappresentato e difeso in causa dall’avv. Remo Danovi edelettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, inMilano, via Guastalla n.15, giusta procura versata in attiRESISTENTE - APPELLATOAPPELLANTE INCIDENTALEeCONSIGLIO NAZIONALEDELL’ORDINE DEI GIORNALISTI,in persona del legale rappresentante p.t.,elettivamente domiciliato in Milano, via Torino n. 48, pressolo studio dell’avv. Cesare LombrassaRESISTENTE - APPELLATOCONTUMACEecon l’intervento del Procuratore Generale della Repubblica insede, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.Giacomo Caliendo.Oggetto: ricorso in appello ex art.63 legge 3 febbraio 1963,n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), per ladeclaratoria di nullità della sentenza n.8010 emessa dalTribunale di Milano in data 6.7.2001, depositata in data12.7.2001 e notificata in data 6.9.2001, e per la revoca delladelibera del Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>emessa in data 3.11.1999 con cui è stata inflitta alla ricorrentela sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto per violazionedegli artt. 2 e 48 stessa legge.RILEVATO IN FATTOLa rivista “OGGI” pubblicava a pag. 116 del numero 41 dell’11 ottobre 1995, nel contesto della rubrica “SALUTE”, e dellasotto-rubrica “BELLEZZA”, un articolo dal titolo “I quattrosegreti della perfetta igiene orale”, accompagnato da dueinserti collocati in riquadri delimitati da un bordo colorato apallini, l’uno recante il titolo “C’è anche il dentifricio allapropoli” e l’altro intitolato “E lavarsi i denti diventa un gioco”,quest’ultimo del seguente tenore letterale: “Piccoli segretiper «iniziare» i più piccini all’igiene orale. Cominciate conl’abituarli a sciacquarsi la bocca dopo aver mangiato undolcino o una caramella. E puntate sul loro istinto di imitazione.Incuriositeli facendoli assistere sempre, alla fine diogni pasto, alla vostra «operazione igiene orale». Poi,un bel giorno, regalategli il SUO spazzolino e il SUOdentifricio, per esempio della linea Mentadent denti increscita, studiata per i più piccoli”.A lato del testo di quest’ultimo inserto risultava appostaun’immagine fotografica raffigurante tre spazzolini a formadi pupazzetti in piedi e due tubetti di dentifricio, uno in piedied uno orizzontale, tutti recanti la scritta “MENTADENT”.Sotto l’immagine vi era la didascalia: “Linea orale perbambini”.Il Consiglio Regionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> dellaLombardia, assunte le informazioni del caso, promuovevaprocedimento disciplinare nei confronti sia della giornalistaautrice dell’articolo e degli inserti, Caterina Vezzani, siadel direttore della rivista, Paolo Occhipinti, per violazionedelle norme deontologiche di cui agli artt. 2 e 48 dellalegge professionale 3 febbraio 1963, n. 69, rispettivamentenella parte in cui l’una impegna i giornalisti a promuoverela fiducia <strong>dei</strong> lettori nella stampa, e l’altro vieta i comportamentiatti a compromettere reputazione e dignità dell’ordine,o non conformi alla dignità ed al decoro professionale;ciò sul presupposto che nel caso concreto fosse stataposta in essere una fattispecie di pubblicità redazionaleingannevole (ex artt. 1, secondo comma, e 2, lettera b,D.Lgs. n.74/1992) indirizzata a promuovere con tonosuadente, non in modo palese e riconoscibile, in un ambitoapparentemente informale e didascalico, la vendita diun prodotto commerciale.All’esito del procedimento disciplinare, esperita la fase istruttoria,veniva inflitta ai due incolpati, con provvedimentoemesso in data 9 settembre 1996, la sanzione dell’avvertimentoscritto (ex art.52 della legge n.69/1963), che, a seguitodi ricorso per impugnativa proposto dalla signora Vezzanie dal sig. Occhipinti, veniva confermato anche dal ConsiglioNazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> con delibere rispettivamenteassunte in data 3.11.1999 e in data 31.11.1999.Avverso le stesse i due giornalisti proponevano separatiricorsi avanti al Tribunale di Milano, che li rigettava consentenza n.4031 in data 23/30 marzo 2000.Impugnata tale decisione alla Corte d’Appello di Milanoquesta rigettava l’impugnativa del sig. Occhipinti con sentenza(ormai definitiva) n.2473 del 20.9/13.10.2000, mentre consentenza n. 2370 del 20.9/3.10.2000 accoglieva in rito l’impugnativadella sig.ra Vezzani, dichiarando la nullità dellagravata pronuncia per mancata integrazione del contraddittorionei confronti del CONSIGLIO REGIONALE e del CONSI-GLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI, ritenutiquali litisconsorti necessari.Riassunto il procedimento innanzi al Tribunale milanese siadalla sig.ra Vezzani, che dal CONSIGLIO REGIONALEDELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA, ilTribunale, con sentenza n.8010 emessa in data 6.7.2001,depositata in data 12.7.2001 e notificata in data 6.9.2001, harigettato il ricorso della prima ed accolto il ricorso del secondo,confermando conseguentemente la decisione sanzionatoriaassunta dal CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINEDEI GIORNALISTI in data 3.11.1999.Per la declaratoria di nullità o per la riforma di tale decisioneha interposto gravame avanti a questa Corte la sig.ra Vezzanicon ricorso depositato il 13 ottobre 2001; si è costituito i1CONSIGLIO REGIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALI-STI DELLA LOMBARDIA resistendo all’impugnativa e proponendoa sua volta appello incidentale.È rimasto contumace il CONSIGLIO NAZIONALE.La Procura generale ha concluso per la reiezione del ricorso.La Corte, sentite le parti all’odierna udienza camerale, si èriservata di decidere.RITENUTO IN DIRITTOLa ricorrente censura l’impugnata decisione perché assertivamentecarente di adeguata e logica motivazione:1) in ordine all’elemento soggettivo del dolo;2) alla sussunzione della concreta fattispecie nel concetto dipubblicità ingannevole;3) alla ritenuta sussistenza di una pubblicità redazionale ditale natura;4) alla ricorrenza di presunzioni gravi, precise e concordantivolte a dimostrare l’effettiva ricorrenza di un messaggiopubblicitario redazionale.Infine, la sentenza sarebbe affetta da nullità perché:5) pronunciata con la partecipazione di un componente nontogato, il giornalista Penzo Magosso, il quale, avendo giàfatto parte del collegio giudicante che aveva emesso lasentenza n.4031 del 2000 dichiarata nulla dalla Corted’Appello, avrebbe avuto l’obbligo di astenersi dal decidereper incompatibilità ex art.51, n.4 CPC, come espressamentecontestato dalla ricorrente già in prime cure coneccezione però disattesa dal Tribunale.Ritiene questa Corte che nessuno <strong>dei</strong> prospettati motivi diimpugnativa sia fondato.Cominciando dall’ultimo, in ragione del suo caratterepregiudiziale in rito, deve osservarsi che, anche ammessoche la partecipazione del giornalista chiamato ad integrareil collegio giudicante quale membro “laico” ex art.63 leggen.69/1963 consenta o imponga di applicare al medesimo leipotesi di astensione obbligatoria contemplate per i magistratiordinari dall’art.51 CPC, e ciò sulla base di un’interpretazioneestensiva e logica della suddetta norma noninfondatamente ipotizzata dalla ricorrente in ragione dellasua ratio (cui parrebbe in effetti ripugnare - alla streguadella comune finalità di garantire l’imparzialità del giudice -qualunque discriminazione basata sulla natura “togata” o“non togata” <strong>dei</strong> componenti del collegio), tuttavia ciò nonsarebbe comunque sufficiente per considerare rilevante incasu la dedotta ricorrenza di un obbligo di astensione, nonavendo la ricorrente proposto formale istanza di ricusazionein primo grado.È infatti opinione giurisprudenziale ormai consolidata quellasecondo cui l’inosservanza da parte del giudice dell’obbligodi astensione, nelle ipotesi previste dall’art. 51 C.P.C.,determina la nullità del provvedimento adottato solo nell’ipotesiin cui il giudice abbia un “interesse proprio e diretto”nella causa, tale da porlo nella veste di parte del processoin violazione del criterio “nemo iudex in causa sua”, mentrein ogni altra ipotesi la violazione dell’art. 51 assume rilievosolo quale motivo di ricusazione, rimanendo esclusa, indifetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolarecostituzione dell’organo giudicante e sulla validità dellasentenza, con la conseguenza che la mancata proposizionedella istanza di ricusazione in parola, nel rispetto dellemodalità e <strong>dei</strong> termini stabiliti nell’art. 52 C.P.C., preclude lapossibilità di far valere tale vizio in sede di impugnazione,quale motivo di nullità del provvedimento ai sensi dell’art.158 C.P.C. (ex multis, fra le più recenti, Cass. 10 gennaio2000, n.155; Cass. 16 luglio 1999, n.7504; Cass. 25 maggio1999, n. 5072; Cass. 7 maggio 1999, n.4584; Cass. 23 aprile1998, n. 4187; Cass. 10 ottobre 1997, n. 9857).Quanto agli ulteriori motivi con i quali la gravata decisioneviene censurata nel merito, quello riguardante la pretesacarenza di motivazione in ordine all’elemento soggettivo deldolo appare ictu oculi destituito di giuridico fondamento,posto che, com’è noto, per la imputabilità dell’infrazionedisciplinare non è in generale necessaria - in mancanza dispecifiche norme che la prevedano - la intenzionalità dell’azione(consapevolmente ritenuta illegittima) sub specie didolo generico o specifico, ma è sufficiente la pura e semplicevolontarietà con la quale sia stato compiuto l’atto deontologicamentescorretto: ogni atto volontario e cosciente,obiettivamente contrario ai doveri di condotta gravanti sulprofessionista, è quindi suscettibile di sanzione disciplinare(per l’affermazione del principio in fattispecie analoghe cfr.Cass. 26 gennaio 1999, n.698; Cass. 3 maggio 1996,n.4091; Cass. S.U. 18 marzo 1992, n.3358; ma v. anche trale decisioni degli ordini professionali soprattutto Cons.Nazionale Forense, 10 dicembre 1999, n. 257, in Rass.forense 2000, 590; Cons. Nazionale Forense, 9 dicembre1999, n. 246, in Rass. forense 2000, 588; Cons. NazionaleForense, 8 novembre 1996, in Rass. forense 1997, 554).Né risulta che le norme ritenute violate dalla ricorrentecontemplino lo speciale requisito del dolo ai fini della sussistenzadelle contestate infrazioni.L’art. 2, terzo comma, della legge professionale recita infatti:“<strong>Giornalisti</strong> e editori sono tenuti (...) a promuovere lo spiritodi collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalistie editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori.”A sua volta l’art.48, primo comma, stabilisce che:“Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che sirendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alladignità professionali, o di fatti che compromettano lapropria reputazione o la dignità dell’<strong>Ordine</strong>, sono sottopostia procedimento disciplinare “.Come si vede, in tali norme non si fa alcuna menzione limitativacon riferimento all’elemento soggettivo, che pertanto,secondo le regole generali, potrà consistere anche nellasemplice colpa, nelle sue ben note forme sintomatiche, ocomunque nella mera consapevolezza e volontarietà dell’azione.Nel caso di specie, peraltro, non sembra davvero discutibileche la giornalista Vezzani fosse, o comunque dovesseessere, ben consapevole del carattere pubblicitario ingannevoledel suo articolo oltre che del fatto che di conseguenza,potesse risultarne incrinato il rapporto fiduciario con ilettori e compromessi il decoro e la dignità della professione.12 ORDINE 6 <strong>2002</strong>

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