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Appunti del corso di Chimica Fisica II - Dipartimento di Chimica e ...

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Preparare un esame come <strong>Chimica</strong> <strong>Fisica</strong> <strong>II</strong> non è certo impresa fra le piùfacili! Il programma è molto vasto: dai fondamenti <strong>del</strong>la meccanica quantisticaalla termo<strong>di</strong>namica statistica, dalla spettroscopia atomica alla risonanza magneticanucleare. Durante il <strong>corso</strong> il professor Veracini suggerì che forse valevala pena, nel momento in cui si preparava l’esame, <strong>di</strong> spendere un po’ <strong>di</strong> tempoa riorganizzare gli appunti e <strong>di</strong> scriverli al computer: questo non tanto perchémanchino libri vali<strong>di</strong>ssimi sui vari argomenti toccati dal <strong>corso</strong>, ma più perchél’organizzazione data agli stessi dal professore, partendo dalla meccanica quantisticaper poi de<strong>di</strong>carsi a stu<strong>di</strong>are gli atomi, “laboratorio <strong>di</strong> interazioni”, e quin<strong>di</strong>le spettroscopie molecolari, necessita <strong>di</strong> un riferimento che rispecchi i contenuti<strong>del</strong> <strong>corso</strong> nel loro susseguirsi. Nascono in questo modo queste <strong>di</strong>spense chevorrebbero essere degli appunti trascritti in modo - per quanto a me possibile- or<strong>di</strong>nato. Esse non coprono tutto il <strong>corso</strong>, ma si fermano alla spettroscopiaelettronica, senza trattare né la risonanza magnetica nucleare né la parte <strong>di</strong> meccanicastatistica. Ho fatto riferimento a <strong>di</strong>versi testi, oltre che ai miei appunti<strong>di</strong> questo ed altri corsi e ai luci<strong>di</strong> <strong>del</strong> professore, in particolare a• P. Atkins, R. Friedman: Meccanica Quantistica Molecolare (Zanichelli)• L. Landau, E. Lifšits: Meccanica Quantistica - Teoria non relativistica(E<strong>di</strong>tori Riuniti)• M. Abate: Geometria (McGraw-Hill)• E. Giusti: Analisi Matematica <strong>II</strong> (Bollati Boringhieri)Gli appunti sono stati scritti in L A TEX 2ε, utilizzando come e<strong>di</strong>tor Kile, programmafreeware <strong>di</strong>sponibile per Linux (in particolare ho utilizzato la <strong>di</strong>stribuzioneOpensuse 10.3).Il lavoro <strong>di</strong> stesura è stato decisamente più lungo (e faticoso!) <strong>di</strong> quanto nonmi aspettassi ed è stato caratterizzato da una <strong>di</strong>vertente “guerriglia” fra un teoricoed uno sperimentale: il professor Veracini, con grande pazienza, ha dovutosopportare la mia tendenza (perversione?) a voler un po’ esagerare con i conti:spero <strong>di</strong> essere arrivato ad un buon compromesso! Non posso che ringraziare ilprofessore, dunque, per l’aiuto, per la pazienza e per gli spunti che mi ha offerto.Non posso, infine, non ringraziare sentitamente la professoressa Mennucci, cheha seguito (suo malgrado) questo lavoro subendo un numero improponibile <strong>di</strong>domande alle volte assurde e uno studente <strong>di</strong> fisica nonché carissimo amico,Alessandro Zucca, che mi ha aiutato moltissimo a capire e a stendere quantocontenuto nel primo capitolo.In bocca al lupo!Filippo Lipparini3


Capitolo 1Introduzione al formalismomatematicoIn questo capitolo verranno riepilogati o presentati alcuni risultati basilari <strong>del</strong>l’algebralineare. Procedendo per analogia, senza dare <strong>di</strong>mostrazioni né scenderenei dettagli, verranno introdotte alcune definizioni e proprietà relative agli spazi<strong>di</strong> funzioni e agli operatori. Lo scopo <strong>di</strong> questo capitolo non è certo quello<strong>di</strong> trattare in modo formale o rigoroso i fondamenti matematici <strong>del</strong>la meccanicaquantistica, ma <strong>di</strong> fornire in modo operativo e pratico degli strumenti <strong>di</strong>fondamentale importanza per poter “mettere le mani” sulla teoria. Per unatrattazione sistematica <strong>del</strong>l’algebra lineare, <strong>del</strong>l’analisi funzionale e <strong>del</strong>l’algebradegli operatori si rimanda a testi specifici.1.1 Vettori e Coor<strong>di</strong>nateSi consideri lo spazio Euclideo, ovvero lo spazio geometrico tri<strong>di</strong>mensionale.Fissato un punto O qualsiasi, detto origine, qualsiasi altro punto <strong>del</strong>lo spaziopuò essere in<strong>di</strong>viduato da un vettore ⃗r che lo congiunge ad O. Sia V l’insieme<strong>di</strong> tutti questi vettori: esso ha <strong>del</strong>le proprietà che lo rendono quello che vienedetto uno spazio vettoriale:• ⃗r, ⃗s ∈ V ⇒ ⃗t = ⃗r + ⃗s ∈ V, ovvero la somma <strong>di</strong> due vettori è un terzovettore che appartiene allo spazio• a ∈ R, ⃗v ∈ V ⇒ ⃗w = a⃗v ∈ V, ovvero moltiplicando un vettore per unnumero reale qualsiasi (geometricamente tale operazione cambia la lunghezza<strong>del</strong> vettore) si ottiene nuovamente un vettore appartenente allospazio vettoriale.A partire da queste due proprietà si possono fare alcune considerazioni: perdefinire uno spazio vettoriale, infatti, è necessario che siano definiti tre oggetti:1. un insieme <strong>di</strong> numeri (scalari) a cui devono appartenere i coefficienti coni quali è possibile moltiplicare i vettori 11 tale insieme, in particolare, dev’essere un campo: esempi <strong>di</strong> campi sono i numeri reali Re i numeri complessi C4


2. un’operazione interna allo spazio, ovvero la somma <strong>di</strong> due elementi: sirichiede inoltre che tale operazione sia commutativa e associativa (comedev’essere la somma vettoriale!): ⃗v + ⃗w = ⃗w+⃗v e (⃗v + ⃗w)+⃗u = ⃗v +( ⃗w)+⃗u)3. un’operazione esterna, ovvero la moltiplicazione per uno scalare. Taleoperazione dev’essere <strong>di</strong>stributiva rispetto alla somma, ovvero (a + b)⃗v =a⃗v + b⃗v e a(⃗v + ⃗w) = a⃗v + a ⃗w ed associativa.Fra i numeri reali esiste anche lo zero, così come è possibile sommare un vettorecon il suo opposto (geometricamente il vettore che ha la stessa <strong>di</strong>rezione, la stessalunghezza ma verso opposto): si ottiene così il vettore nullo, che è l’elementoneutro rispetto alla somma. Si noti che quanto affermato non vale solo per lospazio euclideo: è possibile costruire uno spazio vettoriale anche a partire dalpiano, o dalla retta.1.1.1 In<strong>di</strong>pendenza lineare e basiDue vettori si definiscono linearmente in<strong>di</strong>pendenti sea⃗v + b ⃗w = ⃗0 ⇔ a = b = 0Geometricamente, due vettori sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti se non hanno lastessa <strong>di</strong>rezione. Il concetto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza lineare può essere generalizzato adun numero qualsiasi <strong>di</strong> vettori: n vettori si definiscono linearmente in<strong>di</strong>pendentisen∑a j ⃗v j = ⃗0 ⇔ a j = 0∀jj=1Il vettore⃗w =n∑α j ⃗v jj=1viene definito combinazione lineare dei vettori ⃗v 1 . . . ⃗v n . Ovviamente ⃗w saràlinearmente <strong>di</strong>pendente da almeno uno dei vettori ⃗v 1 . . . ⃗v n , come si può facilmenteverificare. Le due definizioni appena introdotte permettono <strong>di</strong> introdurreun concetto estremamente importante che permette <strong>di</strong> caratterizzare meglio unospazio vettoriale. Si consideri un insieme <strong>di</strong> vettori linearmente in<strong>di</strong>pendentiB = {⃗v 1 , ⃗v 2 . . . ⃗v n }Si definisce spazio generato dai vettori contenuti in B l’insiemeSpan(B) = {⃗u | ⃗u è una combinazione lineare degli elementi <strong>di</strong> B}Se l’intero spazio vettoriale V coincide con Span(B) l’insieme B è detto base <strong>di</strong>V. Questo significa che tutti i vettori che appartengono allo spazio vettorialepossono essere scritti come combinazioni lineari degli elementi <strong>del</strong>la base. Ilnumero massimo <strong>di</strong> vettori linearmente in<strong>di</strong>pendenti che si possono trovare nellospazio vettoriale, che è anche il numero <strong>di</strong> vettori necessari per costruire unabase, viene detto <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>lo spazio vettoriale.5


1.1.2 Rappresentazione <strong>di</strong> un vettore: le coor<strong>di</strong>nateSi consideri <strong>di</strong> nuovo lo spazio euclideo E. Sia B una base, che sarà compostada tre vettori linearmente in<strong>di</strong>pendenti (come, ad esempio, i tre versori):B = {⃗v 1 , ⃗v 2 , ⃗v 3 }Come detto nella sezione precedente, qualsiasi vettore <strong>del</strong>lo spazio potrà esserescritto come una combinazione lineare dei vettori <strong>del</strong>la base, ovvero:∀ ⃗r ∈ E ∃ a, b, c ∈ R | ⃗r = a⃗v 1 + b⃗v 2 + c⃗v 3Dunque conoscendo la terna <strong>di</strong> numeri (a, b, c) e la base B è possibile identificarein maniera univoca il vettore ⃗r. I tre numeri così in<strong>di</strong>viduati vengono detticoor<strong>di</strong>nate o componenti. Si definisce in questo modo un vettore⎛ ⎞r =⎝ a bc⎠che rappresenta il vettore geometrico ⃗r rispetto alla base B. È <strong>di</strong> estrema utilitàpoter definire le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> un vettore e lavorare con r piuttosto che con ilvettore geometrico in quanto in questo modo si ha a che fare con dei numeri,che sono estremamente più facili da trattare rispetto ad un ente geometrico!1.2 Applicazioni lineari e loro rappresentazioneSi definisce applicazione lineare un’applicazione f con le seguenti proprietà: seV e W sono spazi lineari definiti sul campo dei numeri reali o complessi:f : V → Wf(⃗v + ⃗w) = f(⃗v) + f( ⃗w)∀ ⃗v, ⃗w ∈ Vf(λ⃗v) = λf⃗v∀ ⃗v ∈ V, λ ∈ R(C)Si noti come le applicazioni lineari mantengono la struttura <strong>di</strong> uno spazio vettoriale:i vettori prodotti d f formano a loro volta uno spazio vettoriale, comeè facile verificare. Quando il dominio e il codominio <strong>del</strong>la funzione coincidono(V = W) l’applicazione lineare viene detta endomorfismo; d’ora in avanti tuttele applicazioni lineari prese in considerazioni saranno endomorfismi. Anche inquesto caso è utile lavorare con dei numeri invece che con <strong>del</strong>le funzioni definitesu dei vettori: per poter rappresentare un’applicazione lineare è necessario perònotare che per definirla completamente è sufficiente conoscere la sua azione suglielementi <strong>di</strong> una base. Infatti, se B = {⃗v 1 , . . . , ⃗v n } è una base <strong>di</strong> V:e ⃗w è unvettore qualsiasi nello spazio vettoriale, sarà possibile scrivere:n∑⃗w = a 1 ⃗v 1 + . . . + a n ⃗v n = a i ⃗v iQuin<strong>di</strong>:i=1f( ⃗w) = f(a 1 ⃗v 1 + . . . + a n ⃗v n ) = a 1 f(⃗v 1 ) + . . . + f(⃗v n ) =6n∑a i f(⃗v i )i=1


D’altra parte, poiché f è un’endomorfismo, i vettori definiti come il risultato<strong>del</strong>l’applicazione lineare sugli elementi <strong>del</strong>la base saranno a loro volta dei vettoriappartenenti a V:f(⃗v i ) = ⃗w i∈ VI vettori ⃗w i così definiti potranno essere scritti come combinazione lineare deivettori <strong>del</strong>la base. Ad ogni coefficiente verranno assegnati questa volta duein<strong>di</strong>ci: uno che si riferisce al vettore su cui agisce l’applicazione lineare (i) eduno che corre sui vettori <strong>del</strong>la base e serve per scrivere la combinazione lineare(j):⃗w i = f(⃗v i ) =n∑f ji ⃗v j (1.1)j=1Si definisce quin<strong>di</strong> matrice F <strong>di</strong> rappresentazione <strong>del</strong>l’applicazione lineare f rispettoalla base B la matrice i cui elementi sono i coefficienti f ji Si considerinoad esempio i vettori <strong>del</strong>la base <strong>del</strong>lo spazio Euclideo C 3 , detta canonica:⎛ ⎞ ⎛ ⎞ ⎛ ⎞C 3 = {⃗e 1 , ⃗e 2 , ⃗e 3 } | e 1 =⎝ 1 00e sia f l’endomorfismo così definito:⎛ ⎞ ⎛ ⎞f(e 1 ) =⎝ 1 20⎠ , f(e 2 ) =⎝ 1 11⎠ , e 2 =⎠ , f(e 3 ) =⎝ 0 10⎛⎠ , e 3 =⎝ 1 0−1⎞⎠⎝ 0 01La matrice <strong>di</strong> rappresentazione <strong>di</strong> f si ottiene applicando la definizione:f(e 1 ) = 1 · e 1 + 2 · e 2 + 0 · e 3f(e 2 ) = 1 · e 1 + 1 · e 2 + 1 · e 3f(e 3 ) = 1 · e 1 + 0 · e 2 + (−1) · e 3e dunque:⎛F =⎝ 1 1 12 1 00 1 −1⎞⎠⎠ (1.2)Si noti che le colonne <strong>del</strong>la matrice <strong>di</strong> rappresentazione sono i vettori che siottengono applicando f ai vettori <strong>del</strong>la base.1.3 Prodotto scalare canonicoSia V uno spazio vettoriale <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione n. Per avere il caso più generale possibilesi consideri uno spazio vettoriale definito sul campo dei numeri complessiSi definisce prodotto scalare canonico (detto anche Hermitiano l’applicazione〈·|·〉 : V × V → C7


tale che, per ogni coppia <strong>di</strong> vettori ⃗v e ⃗w〈⃗v| ⃗w〉 = v ∗ 1w 1 + v ∗ 2w 2 + . . . + v ∗ nw n =n∑vj ∗ w jdove l’asterisco denota il complesso coniugato e le componenti dei due vettori siintendono calcolate rispetto ad una qualsiasi base <strong>di</strong> V. Utilizzando il prodottoriga per colonna e definendo il vettore trasposto coniugato (aggiunto)v † =⎛⎜⎝v 1..v n⎞†⎟⎠= (v ∗ 1 . . . v ∗ n)j−1il prodotto scalare dei due vettori può essere scritto come〈⃗v| ⃗w〉 = v † wIl prodotto scalare canonico gode <strong>di</strong> alcune importanti proprietà:〈⃗v| ⃗w + ⃗u〉 = 〈⃗v| ⃗w〉 + 〈⃗v|⃗u〉 (1.3)〈⃗v|λ ⃗w〉 = λ〈⃗v| ⃗w〉 (1.4)〈⃗v + ⃗w|⃗u〉 = 〈⃗v|⃗u〉 + 〈 ⃗w|⃗u〉 (1.5)〈λ⃗v| ⃗w〉 = λ ∗ 〈⃗v| ⃗w〉 (1.6)〈 ⃗w|⃗v〉 = 〈⃗v| ⃗w〉 ∗ (1.7)∀ ⃗v, ⃗w, ⃗u ∈ V,∀ λ ∈ CLe prime due proprietà <strong>di</strong>cono che il prodotto scalare è lineare nella secondavariabile, la terza e la quarta che è antilineare nella prima variabile. Un’applicazionecon tutte queste proprietà viene detta sesquilineare. La proprietà 1.7viene dettà Hermitianità. Questo prodotto scalare è definito positivo, ovvero〈⃗v|⃗v〉 ≥ 0 ∀ ⃗v ∈ Vinoltre l’unico vettore per cui il prodotto scalare con se stesso è zero è il vettorenullo. Infatti:n∑n∑〈⃗v|⃗v〉 = vj ∗ v j = |v j | 2 ≥ 0ej=1j=1n∑|v j | 2 = 0 ⇔ v j = 0 ∀ jj=1Questa proprietà permette <strong>di</strong> associare ad ogni vettore una norma, definita come‖⃗v‖ = √ 〈⃗v|⃗v〉Nello spazio euclideo questa norma coincide con la lunghezza geometrica <strong>del</strong>vettore.8


1.3.1 Ortogonalità e basiDue vettori il cui prodotto scalare sia nulla si definiscono ortogonali. Se talivettori hanno anche norma uguale ad uno vengono detti ortonormali. È facile<strong>di</strong>mostrare che due vettori ortogonali sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti: se ⃗v e ⃗wsono ortogonali, la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza lineare è data da:a⃗v + b ⃗w = 0 ⇔ a = b = 0Moltiplicando scalarmente per ⃗v:a〈⃗v|⃗v〉 + b〈⃗v| ⃗w〉 = a‖⃗v‖ = 0 ⇒ a = 0Analogamente, moltiplicando scalarmente per ⃗w:a〈 ⃗w|⃗v〉 + b〈 ⃗w| ⃗w〉 = b‖ ⃗w‖ = 0 ⇒ b = 0È quin<strong>di</strong> possibile costruire una base <strong>di</strong> un generico spazio vettoriale V utilizzandovettori ortogonali. Se si scelgono vettori <strong>di</strong> norma unitaria si ottiene quellache viene detta una base ortonormale <strong>di</strong> vettori:O = {⃗v 1 . . . ⃗v n } | 〈⃗v i |⃗v j 〉 = δ ijLa base canonica, definita per uno spazio vettoriale a 3 <strong>di</strong>mensioni nella 1.2,è una base ortonormale, come è facile verificare. Le basi ortonormali sonoestremamente comode in quanto la rappresentazione <strong>di</strong> vettori e applicazionilineari <strong>di</strong>venta molto semplice. Utilizzando nuovamente la base canonica, perun vettore⃗v = v 1 ⃗e 1 + v 2 ⃗e 2 + v 3 ⃗e 3si possono determinare le componenti v 1 , v 2 , v 3 semplicemente moltiplicandoscalarmente per i tre vettori <strong>del</strong>la base: ad esempio, moltiplicando per ⃗e 1 :〈⃗e 1 |⃗v〉 = v 1 〈⃗e 1 |⃗e 1 〉 + v 2 〈⃗e 1 |⃗e 2 〉 + v 3 〈⃗e 1 |⃗e 3 〉 = v 1Si ottiene procedendo analogamente che⎛v = ⎝ v ⎞ ⎛1v 2⎠ = ⎝ 〈⃗e ⎞1|⃗v〉〈⃗e 2 |⃗v〉 ⎠v 3 〈⃗e 3 |⃗v〉e quin<strong>di</strong>, in generale, la componente <strong>di</strong> un vettore ⃗v lungo un elemento ⃗e j <strong>di</strong>una base ortonormale sarà:e dunquev j = 〈⃗e j |⃗v〉⃗v =n∑v j ⃗e j =j=1n∑⃗e j 〈⃗e j |⃗v〉 (1.8)j=1La matrice <strong>di</strong> rappresentazione <strong>di</strong> un’applicazione lineare può essere ottenutanello stesso modo: partendo dalla definizione 1.1:n∑f(⃗e i ) = f ji ⃗e jj=19


moltiplicando scalarmente per il vettore ⃗e k :n∑n∑〈⃗e k |f(⃗e i )〉 = f ji 〈⃗e k |⃗e j 〉 = f ji δkj = f kidunque:ej=1f ik = 〈⃗e i |f(⃗e k )〉f(⃗e k ) =n∑f ik ⃗e i =i=1j=1n∑〈⃗e i |f(⃗e k )〉⃗e i (1.9)i=11.4 Teorema spettraleIn questa sezione verranno introdotti due concetti <strong>di</strong> fondamentale importanzain meccanica quantistica: l’equazione ad autovalori e l’aggiunzione. La trattazionesarà limitata ad una particolare classe <strong>di</strong> applicazioni lineari, ovvero gliendomorfismi autoaggiunti, che sono <strong>di</strong> massimo interesse, tuttavia esiste unateoria <strong>del</strong> tutto generale che non verrà considerata.1.4.1 Aggiunta <strong>di</strong> un’applicazione lineareSia f un endomorfismo definito in uno spazio vettoriale V. Si definisce aggiunta<strong>di</strong> f (si in<strong>di</strong>ca con f † l’applicazionef † : V → V | 〈⃗v|f( ⃗w)〉 = 〈f † (⃗v)| ⃗w〉 ∀ ⃗v, ⃗w ∈ VTeorema 1 (Esistenza ed unicità <strong>del</strong>l’aggiunta) L’applicazione aggiunta esisteed è unicaLa <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questo teorema è semplice e si avvale <strong>di</strong> quanto già visto sullarappresentazione <strong>di</strong> un’applicazione lineare rispetto ad una base ortonormale.SiaB = {⃗e 1 . . . ⃗e n }è una base ortonormale <strong>di</strong> V. Se f † esiste, il vettore f † (⃗v) potrà essere rappresentato,usando la 1.8:n∑f † (v) = 〈⃗e i |f † (⃗v)〉⃗e ii=1Sfruttando la 1.7 e la definizione <strong>di</strong> aggiunta:n∑n∑n∑〈⃗e i |f † (⃗v)〉⃗e i = 〈f † (⃗v)|⃗e i 〉 ∗ ⃗e i = 〈⃗v|f(⃗e i )〉 ∗ ⃗e ii=1i=1Dunque se l’aggiunta esiste è univocamente determinata da questa espressione.Inserendo quanto trovato nella definizione <strong>di</strong> aggiunta:n∑〈f † (⃗v)| ⃗w〉 = 〈 〈⃗v|f(⃗e i )〉 ∗ ⃗e i | ⃗w〉i=110i=1


Sfruttando la 1.6 si può portar fuori dal prodotto scalare il fattore 〈⃗v|f(⃗e i )〉 ∗prendendone il complesso coniugato:〈n∑〈⃗v|f(⃗e i )〉 ∗ ⃗e i | ⃗w〉 =i=1Grazie alla 1.5:n∑〈⃗v|f(⃗e i )〉〈⃗e i | ⃗w〉 =i=1n∑〈⃗v|f(⃗e i )〉〈⃗e i | ⃗w〉i=1n∑〈⃗v|〈⃗e i | ⃗w〉f(⃗e i )〉i=1ma il membro destro <strong>di</strong> questo prodotto scalare non è altro che f( ⃗w), in quantof( ⃗w) = f(n∑〈⃗e i | ⃗w〉⃗e i ) = 〈⃗e i | ⃗w〉f(⃗e i )i=1dunque la <strong>di</strong>mostrazione è conclusa.Un’applicazione lineare si definisce autoaggiunta sef † = fLa matrice <strong>di</strong> rappresentazione <strong>di</strong> un endomorfismo autoaggiunto rispetto aduna base ortonormale è Hermitiana, in quanto:f ij = 〈⃗e i |f(⃗e j )〉 = 〈f † (⃗e i )|⃗e j 〉 = 〈f(⃗e i )|⃗e j 〉 = 〈⃗e j |f(⃗e i )〉 ∗ = f ∗ ji1.4.2 Autovalori e autofunzioniSia f un endomorfismo <strong>del</strong>lo spazio vettoriale V. Un vettore ⃗v <strong>di</strong>verso dal vettorenullo è un autovettore <strong>di</strong> f relativo all’autovalore λ sef(⃗v) = λ⃗v (1.10)L’insieme degli autovalori <strong>di</strong> un’applicazione lineare viene detto spettro <strong>di</strong> f. Sidefinisce autospazio relativo all’autovalore λ l’insiemeV λ = {⃗v ∈ V | f(⃗v) = λ⃗v}Poiché si richiede che gli autovettori siano <strong>di</strong>versi dal vettore nullo, affinché λ siaun autovalore è necessario che l’autospazio relativo non contenga solo lo zero!L’equazione ad autovalori 1.10 può essere leggermente manipolata:(f − λ1)⃗v = 0dove 1 è l’identità. Scegliendo una base, è possibile rappresentare tale equazionein forma matriciale:(F − λ1)v = 0si ottiene in questo modo un sistema omogeneo, che può avere soluzioni <strong>di</strong>verseda v = 0 solo se il determinante <strong>del</strong>la matrice F−λ1 è uguale a zero. Il polinomioP (λ) = det(F − λ1)viene detto polinomio caratteristico. Si può <strong>di</strong>mostrare che11


• non <strong>di</strong>pende dalla particolare base scelta• è un polinomio <strong>di</strong> grado n, dove n è la <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>lo spazio V• λ j è un autovalore se e solo se P (λ j ) = 0Per trovare gli autovalori, dunque, bisogna cercare le ra<strong>di</strong>ci <strong>del</strong> polinomio caratteristico.Il teorema fondamentale <strong>del</strong>l’algebra afferma che un polinomio <strong>di</strong>grado n ha esattamente n ra<strong>di</strong>ci, contate con la loro molteplicità, in generalecomplesse. Si definisce molteplicità algebrica <strong>di</strong> un autovalore il numero <strong>di</strong> voltein cui tale autovalore compare come soluzione <strong>del</strong>l’equazione P (λ) = 0. Sidefinisce invece molteplicità geometrica <strong>di</strong> un autovalore la <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>l’autospaziorelativo. È possibile <strong>di</strong>mostrare che la molteplicità geometrica è sempreminore o uguale a quella algebrica. Supponiamo che esista una base <strong>del</strong>lo spazioV composta da autovettori <strong>di</strong> f:B = {⃗v 1 . . . ⃗v n | f(⃗v j ) = λ j ⃗v j }In questa base la matrice <strong>di</strong> rappresentazione <strong>di</strong> f è <strong>di</strong>agonale: infattif(⃗v j ) = λ j ⃗v j ∀ je dunque⎛⎞λ 1 0 . . . 00 λ 2 0F = ⎜ .⎝.. ..⎟⎠0 λ nQuesta considerazione fornisce un criterio <strong>di</strong> <strong>di</strong>agonalizzabilità per un endomorfismo:esso sarà <strong>di</strong>agonalizzabile se i suoi autovettori formano una base <strong>di</strong>V, che equivale a <strong>di</strong>re che ogni autovalore deve avere molteplicità geometricapari a quella algebrica. Esiste una classe <strong>di</strong> applicazioni lineari che è sempre<strong>di</strong>agonalizzabile:Teorema 1 (Spettrale) Ogni endomorfismo autoaggiunto è <strong>di</strong>agonalizzabilein una base ortonormale <strong>di</strong> autovettoriQuesto teorema, <strong>di</strong> cui non verrà data la <strong>di</strong>mostrazione, afferma alcuni fattiimportantissimi:• Se un endomorfismo è autoaggiunto è sicuramente <strong>di</strong>agonalizzabile• I suoi autovettori formano una base ortonormale <strong>del</strong>lo spazio vettoriale <strong>di</strong>lavoroPiù avanti si vedranno altre proprietà <strong>del</strong>le applicazioni autoaggiunte fondamentaliper la meccanica quantistca.1.5 Spazi <strong>di</strong> funzioni e operatoriI concetti riepilogati brevemente nelle scorse sezioni possono essere generalizzatia spazi che non sono costituiti da numeri, come quelli già visti, ma da funzioni.La <strong>di</strong>sciplina che si occupa <strong>del</strong>lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questi ultimi, <strong>del</strong>le loro proprietà e12


degli oggetti che in tali spazi sono definiti è l’analisi funzionale; in questo capitoloverranno presentate alcune definizioni procedendo per analogia con l’algebralineare. Questo modo <strong>di</strong> procedere non è affatto rigoroso, ma permette <strong>di</strong> familiarizzarecon il formalismo necessario alla comprensione e all’utilizzo deglielementi <strong>di</strong> meccanica quantistica che verrano presentati in seguito.Lo spazio <strong>di</strong> funzioni che interessa la meccanica quantistica è uno spazio <strong>di</strong> Hilbert.Esso -d’ora in poi verrà chiamato H, è uno spazio <strong>di</strong> funzioni in generalea valore complessof(⃗r) : R N → Ccon le seguenti proprietà• È uno spazio vettoriale: dunquef, g ∈ H, λ ∈ C ⇒ ⇒ f + g ∈ H; λf ∈ H• È dotato <strong>di</strong> una norma che <strong>di</strong>scende da un prodotto scalare:∫〈f|g〉 = dτf ∗ (⃗r)g(⃗r); ‖f‖ = √ 〈f|f〉dove dτ è l’elemento <strong>di</strong> volume N-<strong>di</strong>mensionale e il prodotto scalare ha lestesse proprietà <strong>del</strong> prodotto scalare Hermitiano già definite dalle 1.3 - 1.7.Si noti che la definizione <strong>di</strong> prodotto scalare data identifica uno specificospazio <strong>di</strong> Hilbert, in particolare quello <strong>del</strong>le funzioni il cui modulo quadratoè integrabile:∫∫dτf ∗ (⃗r)f(⃗r) = dτ|f(⃗r)| 2 < +∞questo spazio viene detto L 2 (R N ). Si vedrà come non tutte le funzioni inmeccanica quantistica godano <strong>di</strong> questa proprietà.• è completo, ovvero, fissata una base, qualsiasi funzione potrà essere scrittacome combinazione lineare 2 <strong>di</strong> tali funzioni <strong>di</strong> base.In generale gli spazi <strong>di</strong> Hilbert hanno <strong>di</strong>mensione infinita. È possibile <strong>di</strong>stingueredue casi:1. È possibile trovare una base completa <strong>del</strong>lo spazio costituita da una quantitànumerabile <strong>di</strong> funzioni, ovvero è possibile associare ad ogni funzione <strong>di</strong>base in modo univoco un in<strong>di</strong>ce intero. In questo caso le somiglianze conl’algebra lineare sono particolarmente evidenti: una base completa saràun insieme{f n } ∞ n=1 | ∀ ϕ ∈ H ϕ =la base si <strong>di</strong>rà ortonormale se〈f i |f j 〉 = δ ij∞∑c n f nn=12 Poiché gli Spazi <strong>di</strong> Hilbert hanno in genere <strong>di</strong>mensione infinita, più che <strong>di</strong> unacombinazione lineare si tratterà <strong>del</strong> limite <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> funzioni!13


e per una base ortonormale le componenti <strong>di</strong> una funzione sarannoc n = 〈f n |ϕ〉Come per i vettori geometrici, è possibile <strong>di</strong>stinguere fra vettori “astratti”e vettori rappresentati. È comodo introdurre la notazione <strong>di</strong> Dirac, cheprevede <strong>di</strong> scrivere i vettori astratti sotto forma <strong>di</strong> “ket”, ovvero scrivereil vettore f come |f〉. Con una base ortonormale, dunque, si ottiene:∞∑∞∑|ϕ〉 = |f n 〉c n = |f n 〉〈f n |ϕ〉n=1n=12. La base <strong>del</strong>lo spazio non è numerabile. In questo caso si può pensare <strong>di</strong>associare un in<strong>di</strong>ce continuo alle funzioni <strong>di</strong> base: si tratta, in pratica, <strong>di</strong>“passare al continuo” le espressioni già viste, sostituendo le serie con degliintegrali. In questo caso la base sarà un insieme∫{f µ } µ∈R | ∀ ϕ ∈ H ϕ = dµc µ f µIn questo caso, per definire una base ortonormale, è necessario introdurrela normalizzazione a Delta <strong>di</strong> Dirac: una base continua sarà quin<strong>di</strong>ortonormale sedove:〈f µ |f ν 〉 = δ(µ − ν)• δ(x − x 0 ) = 0∀x ≠ x 0• ∫ ∞−∞ dxf(x)δ(x − x 0) = f(x 0 )• ∫ ∞−∞ dxδ(x − x 0) = 1Un esempio <strong>di</strong> base continua è fornito dalle funzionif k (x) = 1 √2πe ikx ,k ∈ RInfatti si può <strong>di</strong>mostrare che〈f k |f k ′〉 = 12π∫ ∞−∞e −i(k−k′ )x dx = δ(k − k ′ )Rispetto a questa base le componenti <strong>del</strong>le funzioni non sono altro che lecomponenti <strong>del</strong>la trasformata <strong>di</strong> Fourier. In una <strong>di</strong>mensione (si sottointendonoi limiti <strong>di</strong> integrazione, che sono sempre infiniti):∫c k =dx 1 √2πe −ikx ϕ(x) = f(k)Anche in questo caso, la funzione non rappresentata si potrà scrivere come∫∫|ϕ〉 = dµ|f µ 〉c µ = dµ|f µ 〉〈f µ |ϕ〉14


Si noti che queste funzioni non appartengono allo spazio L 2 (R N ): non siè potuta scegliere la normalizzazione standard in quanto l’integrale <strong>del</strong>modulo quadro <strong>del</strong>la funzione <strong>di</strong>verge. Questo richiede <strong>di</strong> introdurre lanormalizzazione a <strong>del</strong>ta e <strong>di</strong> adoperare un po’ più <strong>di</strong> prudenza nel fareanalogie con l’algebra lineare.3. Infine è possibile che la base sia in parte continua ed in parte <strong>di</strong>screta: inquesto caso l’espansione <strong>del</strong>le funzioni andrà fatta in due parti:|ϕ〉 =∞∑n=11.6 Operatori∫|f n 〉〈f n |ϕ〉 +dµ|f µ 〉〈f µ |ϕ〉La naturale estensione <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> applicazione lineare in uno spazio vettorialeè quella <strong>di</strong> operatore. Si definisce operatore un oggetto matematico cheesegue una serie <strong>di</strong> operazioni su una funzione, restituendo un’altra funzione.Esempi <strong>di</strong> operatori sono la derivazione o la moltiplicazione per una costante.Gli operatori che vengono utilizzati in meccanica quantistica sono lineari:procedendo in analogia con il caso già visto le proprietà <strong>di</strong> tali operatori saranno:Ω(|f〉 + |g〉) = Ω|f〉 + Ω|g〉Ω(λ|f〉) = λΩ|f〉∀λ ∈ C∀|f〉, |g〉 ∈ HFissata una base ortonormale <strong>del</strong>lo spazio <strong>di</strong> Hilbert, gli operatori potrannoessere rappresentati in una “matrice”, in generale infinito-<strong>di</strong>mensionale: sidefiniscono dunque gli elementi <strong>di</strong> matrice <strong>del</strong>l’operatore Ω i prodotti scalariΩ jk = 〈f j |Ω(f k )〉o, con una notazione più convenzionale:Ω jk = 〈f j |Ω|f k 〉Si definisce aggiunto <strong>del</strong>l’operatore Ω, e lo si in<strong>di</strong>ca con il simbolo Ω † l’operatoretale che〈f j |Ω|f k 〉 = 〈Ω † f j |f k 〉Un’operatore tale che Ω † = Ω viene detto autoaggiunto o Hermitiano Sfruttandola proprietà 1.7 <strong>del</strong> prodotto scalare canonico è possibile <strong>di</strong>re qualcosa sullamatrice <strong>di</strong> rappresentazione <strong>di</strong> un operatore Hermitiano:Ω jk = 〈f j |Ω|f k 〉 = 〈Ωf k |f j 〉 ∗ = 〈f k |Ω † |f j 〉 ∗ = f k |Ω|f j 〉 ∗ = Ω ∗ kjDunque la matrice <strong>di</strong> rappresentazione è Hermitiana, ovvero la sua traspostaconiugata è uguale a se stessa.Anche per gli operatori è possibile definire autovalori ed autofunzioni: f k èun’autofunzione (o autostato) <strong>di</strong> Ω associata all’autovalore ω k seΩf k = ωf kL’insieme degli autovalori <strong>di</strong> un operatore si <strong>di</strong>ce spettro <strong>di</strong> Ω, tuttavia, a <strong>di</strong>fferenza<strong>di</strong> quanto visto per le applicazioni lineari, esso è un insieme in generale15


infinito; gli autovalori possono inoltre essere una quantità numerabile (spettro<strong>di</strong>screto) oppure non numerabile (spettro continuo), così come è possibile cheesista una parte <strong>di</strong> spettro <strong>di</strong>screta ed una continua.Anche per gli operatori autoaggiunti esiste un teorema spettrale, tuttavia lameccanica quantistica pone come postulato il fatto che le loro autofunzioni forminouna base completa <strong>del</strong>lo spazio <strong>di</strong> Hilbert in cui sono definiti. Questoriporta imme<strong>di</strong>atamente al <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> fatto per la base <strong>di</strong> H: una scelta naturalesarà quella <strong>di</strong> adottare le autofunzioni <strong>di</strong> un operatore Hermitiano 3 . Questofatto è particolarmente evidente considerando due importanti proprietà deglioperatori Hermitiani. Esse verrano <strong>di</strong>mostrate solo per il caso <strong>di</strong> un’operatoredotato <strong>di</strong> spettro <strong>di</strong>screto, ma possono essere generalizzate al caso continuo.1. Gli autovalori <strong>di</strong> un operatore Hermitiano sono reali Considerando l’equazioneagli autovaloriΩ|n〉 = ω|n〉Suppondendo che le autofunzioni siano normalizzate (ovvero che 〈n|n〉 =1) 4 e moltiplicando entrambi i membri scalarmente a sinistra per 〈n|:〈n|Ω|n〉 = 〈n|ω|n〉 = ω〈n|n〉 = ωPrendendo il complesso coniugato <strong>di</strong> ambo i membri:〈n|Ω|n〉 ∗ = ω ∗Ma per definizione <strong>di</strong> operatore Hermitiano:Dunque:〈n|Ω|n〉 ∗ = 〈n|Ω|n〉 = ωω ∗ = ω ⇒ ω ∈ RQuin<strong>di</strong> gli autovalori <strong>di</strong> un operatore Hermitiano sono reali.2. Le autofunzioni <strong>di</strong> Ω sono ortonormali: Si considerino ora due <strong>di</strong>versiautostati |n〉 e |m〉, associati a due autovalori <strong>di</strong>fferenti ω n e ω m . Entrambisod<strong>di</strong>sfano l’equazione ad autovalori, dunque:Ω|n〉 = ω n |n〉Ω|m〉 = ω m |m〉Moltiplicando la prima equazione per 〈m| e la seconda per 〈n|:〈m|Ω|n〉 = ω n 〈m|n〉〈n|Ω|m〉 = ω m 〈n|m〉3 È consuetu<strong>di</strong>ne in<strong>di</strong>care le autofunzioni semplicemente tramite l’autovalore alle qualicorrispondono, scrivendo ad esempio |k〉 al posto <strong>di</strong> |f k 〉4 qui entra in gioco la richiesta che lo spettro sia <strong>di</strong>screto: le funzioni <strong>del</strong>lo spettro continuo,non essendo integrabili a quadrato, non possono venire normalizzate nel senso voluto!16


Prendendo il complesso coniugato <strong>di</strong> ambo i membri <strong>del</strong>la seconda equazionee sottraendo membro a membro alla prima:〈m|Ω|n〉 − 〈n|Ω|m〉 ∗ = ω n 〈m|n〉 − ω m 〈n|m〉 ∗Essendo l’operatore Hermitiano, il primo membro <strong>del</strong>l’equazione così ottenutaè per definizione nullo; notando infine cheSi ottiene〈n|m〉 ∗ = 〈m|n〉(ω n − ω m )〈m|n〉 = 0Poiché gli autovalori sono <strong>di</strong>versi per ipotesi, l’unica possibilità perchél’equazione sia sod<strong>di</strong>sfatta è che sia〈m|n〉 = 0Dunque gli autostati <strong>di</strong> un operatore Hermitiano relativi ad autovalori <strong>di</strong>versi sonofra loro ortogonali. Ne segue che sono un’ottima scelta come base ortonormaleper lo spazio <strong>di</strong> Hilbert in cui si lavora.17


Capitolo 2Introduzione alla MeccanicaQuantisticaGià alla fine <strong>del</strong>l’ottocento, la comunità scientifica si trovò con alcuni problemiirrisolti. La meccanica classica non è infatti in grado <strong>di</strong> interpretare alcuni risultatisperimentali, come lo spettro <strong>di</strong> emissione <strong>di</strong> un corpo nero, l’esistenza<strong>di</strong> una frequenza <strong>di</strong> soglia per l’effetto fotoelettrico, la stabilità <strong>del</strong>l’atomo “planetario”,lo spettro <strong>di</strong> emissione atomica a righe. Queste incongruenza fra lateoria classica e gli esperimenti fatti portarono alla formulazione <strong>di</strong> una nuovateoria, atta a descrivere sistemi microscopici, detta meccanica quantistica.2.1 Esperimenti fondamentali2.1.1 La ra<strong>di</strong>azione <strong>del</strong> corpo neroSi definisce corpo nero un’entità capace <strong>di</strong> assorbire - e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> emettere- ogni frequenza <strong>del</strong>lo spettro elettromagnetico. Si tratta ovviamente <strong>di</strong> unmo<strong>del</strong>lo ideale, la cui realizzazione sperimentale è una cavità con una piccolaapertura, tenuta in equilibrio termo<strong>di</strong>namico con la ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica.Lo stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>lo spettro <strong>di</strong> emissione portò alla formulazione <strong>di</strong> due leggisperimentali:M = σT 4 (2.1)detta legge <strong>di</strong> Stefan, dove M è l’eccitanza, σ la costante <strong>di</strong> Stefan e T latemperatura eλ max T = costante (2.2)detta legge <strong>del</strong>lo spostamento <strong>di</strong> Wien, dove λ max è la lunghezza d’onda per cuila densità <strong>di</strong> energia emessa è massima. Il primo tentativo <strong>di</strong> mo<strong>del</strong>lizzazionevenne effettuato da Rayleigh e Jeans, che supposero il corpo nero compostoda oscillatori armonici, ognuno dotato, secondo il teorema <strong>di</strong> equipartizione<strong>del</strong>l’energia, <strong>di</strong> due gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà. Utilizzando l’elettromagnetismo classico ela termo<strong>di</strong>namica arrivarono, per la densità <strong>di</strong> energia, alla seguente espressione:u(ν, T ) = 8πν2 kT (2.3)c3 18


Tale equazione è ovviamente inadatta alla descrizione <strong>del</strong> fenomeno: essa infatti<strong>di</strong>verge quando la frequenza tende all’infinito (catastrofe ultravioletta), rivelandol’incapacità <strong>del</strong>la termo<strong>di</strong>namica classica <strong>di</strong> descrivere il corpo nero. Lasoluzione <strong>del</strong> problema venne proposta nel 1905 <strong>di</strong> Planck, che - per spiegarel’andamento <strong>del</strong>la funzione u(ν, T ) assunse che l’energia non avesse una <strong>di</strong>stribuzionecontinua, ma fosse invece quantizzata, ovvero che fosse il multiplo intero <strong>di</strong>un pacchetto <strong>di</strong> energia minimo hν, proporzionale alla frequenza <strong>di</strong> vibrazionedegli oscillatori tramite una costante h detta costante <strong>di</strong> Planck. Sotto questeipotesi l’energia me<strong>di</strong>a associata agli oscillatori <strong>di</strong>venta:¯ɛ = ∑ vp(v)ɛ(v) (2.4)dovep(v) =e− ɛ vkT∑v e− ɛ vkTè la probabilità che un oscillatore armonico abbia l’energia ɛ v = vhν secondo la<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> Boltzmann. L’equazione 2.4 <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong>:¯ɛ =∑vvhνe−ɛvkTɛv ∑ve− kT= hν ∑ v vxv∑v xv (2.5)dove si è posto x = e − hνkT . Notando chevx v = x ddx xve riconoscendo la serie <strong>di</strong> Taylor∑vx v = 11 − xl’equazione può essere ulteriormente riarrangiata:da cui:¯ɛ = hνxd 1dx 1−x11−xu(ν, T ) = 8πν2c 3= hνx1 − xhνe − hνkT1 − e − hνkThνhνe− kT=1 − e − hνkT(2.6)Moltiplicando sia al numeratore che al denominatore l’espressione ottenuta pere hνkT :u(ν, T ) = 8πν2c 3hνe hνkT − 1(2.7)La bontà <strong>di</strong> tale espressione si intuisce subito dal buon accordo con le leggisperimentali. Ad esempio la densità <strong>di</strong> energia non <strong>di</strong>verge quando la frequenzatende ad infinito:limν→∞u(ν, T ) ≃ limν→∞ν 3e ν = 0 19


Inoltre passando al limite quasi-classico (facendo tendere a zero la costante <strong>di</strong>Planck):e hνkT− 1 ≃hνkT⇒ u(ν, T ) ≃8πν2c 3hνhνkTcome previsto dalla termo<strong>di</strong>namica classica.= 8πν2c 3 kT2.1.2 L’effetto FotoelettricoIrraggiando un metallo con luce <strong>di</strong> frequenza opportuna, venne osservato cheesso emetteva elettroni. La teoria classica non riusciva però a spiegare alcuneosservazioni sperimentali:• Non vi era alcuna emissione per frequenze inferiori ad un certo valore,detto frequenza <strong>di</strong> soglia, qualsiasi fosse la potenza d’irraggiamento; taleultimo fattore giocava un ruolo esclusivamente sul numero <strong>di</strong> elettroniestratti• L’emissione era istantanea anche con luce <strong>di</strong> bassissima intensitàEra inoltre stato provato sperimentalmente che l’energia cinetica degli elettroniespulsi variava linearmente con la frequenza <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azione incidente secondouna legge:T = 1 2 mv2 = C(ν − ν s ) (2.8)dove C è una costante e ν s è la frequenza <strong>di</strong> soglia. La spiegazione <strong>di</strong> questofenomeno fu opera <strong>di</strong> Albert Einstein, nel 1905. Egli Ipotizzò che la lucetrasportasse energia sotto forma <strong>di</strong> quanti (fotoni), ovvero:E = hνe che l’effetto fotoelettrico avvenisse in seguito ad un urto fra un fotone ed unelettrone. Il fotone, per estrarre l’elettrone, deve ovviamente avere abbastanzaenergia da permettere all’elettrone <strong>di</strong> superare la barriera <strong>di</strong> potenziale in cui èintrappolato, quin<strong>di</strong>:Da cuihν = T + W e = T + hν sT = h(ν − ν s )Tale interpretazione è in perfetto accordo con i dati sperimentali, in quantoprevede e giustifica sia l’esistenza <strong>del</strong>la frequenza <strong>di</strong> soglia che il ruolo <strong>del</strong>l’intensità<strong>di</strong> irraggiamento (supponendo che ad una maggior intensità corrispondaun numero più elevato <strong>di</strong> fotoni).20


2.1.3 L’atomo <strong>di</strong> idrogeno e gli spettri a righeUn ulteriore segno <strong>di</strong> inadeguatezza <strong>del</strong>la fisica classica venne dall’osservazione<strong>del</strong>lo spettro <strong>di</strong> emissione <strong>del</strong>l’atomo <strong>di</strong> idrogeno. Osservando, infatti, l’emissione<strong>di</strong> una lampada a scarica riempita <strong>di</strong> tale gas ad alta temperaturae <strong>di</strong>sperdendo la ra<strong>di</strong>azione emessa con un prisma o un reticolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazionenon si osserva uno spettro continuo, ma solo l’esistenza <strong>di</strong> alcune righe moltonette a frequenze ben determinate. Venne formulata da Rydberg una leggesperimentale, che afferma che la frequenza <strong>di</strong> qualsiasi riga spettrale atomica sipuò esprimere come la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> due termini che <strong>di</strong>pendono da un numeronaturale, in particolare:ν = R H( 1n 2 − 1 m 2 ), n, m ∈ N (2.9)Tale legge lascia intuire che i livelli energetici degli atomi non siano continui, mabensì <strong>di</strong>screti: dunque le frequenze osservate sperimentalmente sono associatead una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> energia pari a hν fra due livelli <strong>di</strong>screti <strong>di</strong> energia che l’atomopuò assumere. La fisica classica, d’altra parte, non esclude nessun valore<strong>di</strong> energia e si rivela dunque completamente inadatta a descrivere il fenomeno.Una prima interpretazione teorica venne formulata da Niels Bohr, nel secondodecennio <strong>del</strong> novecento. Il fisico danese ebbe la geniale intuizione <strong>di</strong> “quantizzare”il momento angolare <strong>del</strong>l’elettrone <strong>del</strong>l’atomo <strong>di</strong> idrogeno, supposto inorbita circolare intorno al nucleo: sotto queste ipotesi:L = mvr = n h = n (2.10)2πIsolando la quantità <strong>di</strong> moto si trova chee dunquep = mv = n h2πr2πr = n h p(2.11)Osservando che il rapporto nell’equazione 2.11 ha le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> una lunghezza,Bohr pensò <strong>di</strong> associare all’orbita <strong>del</strong>l’elettrone un’onda stazionaria, ovvero,come si ottiene imme<strong>di</strong>atamente ponendo λ = h/p:nλ = 2πrFormulate - arbitrariamente, ma con grande intuito - queste ipotesi, è possibileservirsi <strong>del</strong>la meccanica classica per calcolare l’energia <strong>del</strong> sistema:E = T + V = 1 2 µω2 − e2rdove µ è la massa ridotta <strong>del</strong> sistema protone - elettrone. Essendo ω = L/µr 2 :L 2E = 1 2 µr 2 − e2r(2.12)21


Per ricavare r si può considerare che la forza centripeta che permette l’esistenza<strong>del</strong>l’orbita sarà uguale in modulo alla forza <strong>di</strong> Coulomb, e quin<strong>di</strong>:e quin<strong>di</strong>:µω 2 r = µ2 ω 2 r 4µr 3 = L2µr 3 = e2r 2r = L2µe 2Sostituendo nella 2.12:E = 1 L 2 µ 2 e 42 µ L 4 − e 2 µe2L 2 = 1 µe 42 L 2 − µe4L 2 = −1 µe 42 L 2Ricordando che per ipotesi (equazione 2.10) si era posto L = n:E n = − 1 µe 42 2 n 2 (2.13)Confrontando la 2.13 con la 2.9 si nota subito come esse siano compatibili:E = −hR H1n 2 ⇒ R H = µe42h 2oppure, esprimendo la costante <strong>di</strong> Rydberg in numeri d’onda:R H = µe43 2 hc(2.14)La quantizzazione <strong>del</strong> momento angolare, dunque, per quanto imposta <strong>del</strong> tuttoarbitrariamente permette <strong>di</strong> spiegare l’esistenza <strong>di</strong> livelli energetici <strong>di</strong>screti. Nonfu solo questo però il grande successo <strong>del</strong>la teoria <strong>di</strong> Bohr: essa spinse prepotentementeverso una visione ondulatoria <strong>del</strong>la materia e quin<strong>di</strong> verso la necessità<strong>di</strong> formulare una teoria coerente che permettesse una spiegazione organica <strong>di</strong>tutti i fenomeni microscopici.2.1.4 La <strong>di</strong>ffrazione degli elettroni e il dualismo onda -materiaLa relatività ristretta correla l’energia <strong>di</strong> una particella alla sua massa e al suomomento:E = √ m 2 c 2 + p 2 c 2Assumendo che i fotoni abbiano carattere corpuscolare, come <strong>di</strong>mostrato sperimentalmenteda Compton, se ne ottiene un’espressione molto semplice: la loromassa è ovviamente nulla e la loro energia è E = hν, dunque:hν = pce dunque:p = hνc = h λ(2.15)La gran<strong>di</strong>osa idea <strong>di</strong> De Broglie, che sintetizza tutti gli esperimenti fondamentalie mette in luce la profonda relazione fra materia e ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica è22


<strong>di</strong> generalizzare la relazione ottenuta a tutte la particelle. De Broglie in questomodo afferma che la materia possiede una doppia natura, ovvero che si può comportaresia come un’onda che come una particella. La conferma sperimentale <strong>di</strong>questa rivoluzionaria ipotesi venne da un esperimento effettuato da Davidson eGermer nel 1925: essi irra<strong>di</strong>arono con un fascio <strong>di</strong> elettroni un cristallo <strong>di</strong> nickele trovarono una figura <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione caratteristica <strong>di</strong> un’onda la cui lunghezzad’onda era esattamente quella prevista da De Broglie. A partire dal carattereondulatorio <strong>del</strong>le particelle è possibile dedurre una conseguenza profonda: cosìcome non è possibile localizzare un’onda <strong>di</strong> lunghezza d’onda definita in unpunto preciso, allo stesso modo sarà impossibile localizzare una particella conuna data quantità <strong>di</strong> moto (e, <strong>di</strong> conseguenza, con una precisa lunghezza d’onda):a partire da questa considerazione Werner Heisenberg formulò il principiofondamentale <strong>del</strong>la meccanica quantistica, il vero nuovo para<strong>di</strong>gma destinatoa stravolgere completamente il panorama scientifico <strong>del</strong>l’epoca: il principio <strong>di</strong>indeterminazione.2.2 I Postulati <strong>del</strong>la meccanica QuantisticaIl principio fondamentale <strong>del</strong>la meccanica quantistica è, come affermato precedentemente,il principio <strong>di</strong> indeterminazione. Esso afferma che non è possibileconoscere con precisione arbitraria sia la posizione che la quantità <strong>di</strong> moto <strong>di</strong>una particella. In particolare:∆x∆p ≥ h4πÈ possibile <strong>di</strong>mostrare che questo implica che gli operatori associati a posizionee momento (come verrà detto in seguito, in meccanica quantistica le grandezzefisiche sono rappresentate da operatori) non commutano, ma vale la relazione[ˆq, ˆp q ] = iRecentemente è stato <strong>di</strong>mostrato che i postulati <strong>del</strong>la meccanica quantistica(detti postulati <strong>di</strong> Dirac - Von Neumann) possono essere dedotti a partire dalsolo principio <strong>di</strong> indeterminazione; verranno comunque presentati come assiomi:Postulato 1 Lo stato <strong>di</strong> un sistema quantomeccanico è determinato dal valore<strong>di</strong> tutte quelle grandezze che formano un insieme completo <strong>di</strong> osservabili compatibilied è completamente descritto da una funzione <strong>di</strong> stato, detta funzioned’ondaΨ : R 3N → CPostulato 2 Le variabili <strong>di</strong>namiche o osservabili sono rappresentate da operatoriHermitiani le cui autofunzioni formano un insieme completo e che sod<strong>di</strong>sfinole seguenti relazioni <strong>di</strong> commutazione:[ˆq, pˆq ′] = iδ q,q ′ [q, q ′ ] = [p q , p q ′] = 0I soli risultati possibili <strong>di</strong> misure sperimentali eseguite su un sistema quantisticosono gli autovalori <strong>del</strong>l’operatore associato alla grandezza osservata.23


Postulato 3 Il valore <strong>di</strong> aspettazione o valor me<strong>di</strong>o <strong>del</strong>la misura <strong>di</strong> un osservabileΩ è dato da〈Ω〉 = 〈Ψ|Ω|Ψ〉〈Ψ|Ψ〉Esso è da intendersi come il valore me<strong>di</strong>o (nel senso statistico) <strong>di</strong> una serieripetuta <strong>di</strong> misure <strong>del</strong>l’osservabile Ω.Postulato 4 L’evoluzione temporale <strong>di</strong> uno stato è determinata dall’equazione<strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger:i ∂ Ψ(r, t) = H Ψ(r, t) (2.16)∂tdove H è l’operatore associato all’energia (Hamiltoniano).2.2.1 Il primo e il secondo postulatoIl primo postulato definisce una funzione <strong>di</strong> stato che descrive completamenteil sistema. Essa è a valori complessi, dunque sembra piuttosto <strong>di</strong>fficile darneun’interpretazione fisica. Fu ad opera <strong>di</strong> Max Born l’attribuzione <strong>di</strong> un significatonon alla funzione d’onda ma al suo modulo quadrato: esso definisce la<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> probabilità <strong>del</strong> sistema, ovvero la densità <strong>di</strong> probabilità che ilsistema assuma la configurazione specificata dalla funzione d’onda stessa. Adesempio se Ψ è la funzione d’onda che descrive una particella|Ψ(x)| 2 δVrappresenta la probabilità <strong>di</strong> trovare la particella nel volume infinitesimo δV .Ne segue il requisito <strong>di</strong> normalizzazione, ovvero:∫|Ψ(x)| 2 dV = 1dove l’integrale è esteso a tutto lo spazio: infatti la probabilità <strong>di</strong> trovare laparticella in tutto lo spazio possibile dev’essere ovviamente unitaria. Si noticome questo richieda che la funzione d’onda abbia la caratteristica <strong>di</strong> esserequadrato sommabile, ovvero che:∫|Ψ(x)| 2 dV =< +∞In modo più compatto, si può <strong>di</strong>re che la funzione deve appartenere allo spazio<strong>del</strong>le funzioni integrabili a quadrato, detto L 2 , definito nel capitolo precedente.Come già detto, non tutte le funzioni utilizzate in meccanica quantistica hannoquesta proprietà: in tal caso è necessario ricorrere ad una normalizzazione <strong>di</strong>versa,la normalizzazione a <strong>del</strong>ta. Più in generale, quin<strong>di</strong>, bisogna richiedere che lafunzione d’onda sia normalizzabile in uno dei due mo<strong>di</strong> visti. Il postulato affermainoltre che per specificare lo stato <strong>del</strong> sistema è necessario conoscere il valore<strong>di</strong> tutte le grandezze che formano un insieme completo <strong>di</strong> osservabili compatibili.Si definiscono compatibili due osservabili i cui operatori commutano; esisteun teorema <strong>di</strong> algebra lineare che afferma che se due operatori commutano fra<strong>di</strong> loro allora è possibile trovare degli autostati comuni: dunque, per specificare24


lo stato, sarà necessario trovare tutti gli operatori <strong>di</strong> cui esso è autofunzione equin<strong>di</strong> trovare l’autovalore per ognuno. Gli autovalori che specificano lo statovengono solitamente chiamati numeri quantici. Il fatto che agli osservabili nonsiano associate <strong>del</strong>le normali funzioni non può certo stupire per via <strong>del</strong> principio<strong>di</strong> indeterminazione: se p x e x fossero funzioni, infatti, si avrebbexp x − p x x = 0in quanto il prodotto fra due funzioni gode <strong>del</strong>la proprietà commutativa.Si tratta dunque <strong>di</strong> vedere che forma assumono questi operatori: per fare questoè necessario scegliere prima la rappresentazione. Una possibilità è quella <strong>di</strong>associare all’operatore posizione ˆq l’operatore moltiplicativo ˆx·:ˆq → ˆx·ovvero <strong>di</strong> scegliere la rappresentazione <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate, detta anche rappresentazione<strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger. In queste con<strong>di</strong>zioni l’operatore quantità <strong>di</strong> moto avràla formapˆx = −i ∂∂xTale espressione si ricava imponendo che i due operatori sod<strong>di</strong>sfino le regolefondamentali <strong>di</strong> commutazione. Come si può verificare:((ˆx pˆx − pˆxˆx)ψ(x) = −i x dψdx − d )dx xψ(x) =(= −i x dψ)dx − xdψ(x) dx − ψ(x) = iψ(x)Poiché la funzione ψ(x) è generica, la regola è automaticamente sod<strong>di</strong>sfatta. Unaseconda possibilità consiste nello scegliere la rappresentazione dei momenti, incui la quantità <strong>di</strong> moto sarà un operatore moltiplicativo:ˆp → ˆp·e, simmetricamente,ˆx → i ∂∂p xLa rappresentazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger, dunque, utilizza come base <strong>del</strong>lo spazio<strong>di</strong> Hilbert le autofunzioni <strong>del</strong>l’operatore posizione, mentre la rappresentazionedei momenti utilizza come base le autofunzioni <strong>del</strong>l’operatore momento.Riassumendo 1 :ˆq → ˆx· ⇒ |ψ〉 → ψ(x)1 In analogia con quanto visto nel primo capitolo si può scrivere, formalmente, che lacomponente lungo l’autofunzione |x〉 <strong>del</strong>la funzione d’onda èψ(x) = 〈x|ψ〉Allo stesso modo:ψ(k) = 〈k|ψ〉25


ˆp → ˆp· ⇒ |ψ〉 → ψ(k)Definito il concetto <strong>di</strong> rappresentazione si può <strong>di</strong>re qualche cosa sull’integrabilitàa quadrato <strong>del</strong>la funzione d’onda: accade che essa non stia in L 2 quando lasi rappresenta rispetto alla base <strong>di</strong> autofunzioni <strong>di</strong> un operatore che non è bendefinito ad esempio perché il suo valore <strong>di</strong> aspettazione è completamente indeterminato.Un esempio classico <strong>di</strong> questa situazione è fornito dal problema <strong>del</strong>laparticella libera (ve<strong>di</strong>): si può vedere che in questo caso la quantità <strong>di</strong> moto èperfettamente nota, in quanto la funzione d’onda è autostato <strong>di</strong> ˆp; ne risultad’altra parte che le autofunzioni in rappresentazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger sono <strong>del</strong>leonde piane, che hanno modulo quadrato pari ad 1 in tutto lo spazio e quin<strong>di</strong>sono ovviamente non integrabili. Questo fatto si concilia con l’interpretazione<strong>di</strong> Born <strong>del</strong> modulo quadro <strong>del</strong>la funzione d’onda in quanto nel momento in cuil’osservabile posizione è completamente indeterminato non ha senso chiedersicon che probabilità una particella si trovi in una certa regione.A partire da posizione e momento si possono costruire tutti gli operatori <strong>del</strong>lameccanica sfruttando la definizione classica, grazie al principio <strong>di</strong> corrispondenza,ad esempio:T = p22m → 12mV Coul = e2r → e2r ·(i ∂ ) 2= − 2∂x 2mUn operatore <strong>di</strong> particolare importanza è quello associato all’energia, dettoanche Hamiltoniano:E = T + V → H = ˆT + ˆV2.2.2 Il terzo postulato e il probabilismo <strong>del</strong>la meccanicaquantisticaIl secondo principio richiede che le autofunzioni (o autostati) degli operatoriche rappresentano gli osservabili formino un insieme completo, ovvero che unqualsiasi stato possa essere scritto come loro combinazione lineare. Limitandosial caso <strong>di</strong>screto:∞∑Ψ(x) = c j φ j (x) (2.17)dove valej=1Ωφ j = ω j φ jOra, volendo misurare la proprietà rappresentata da Ω bisogna chiedersi qualisono i valori possibili che la misura può restituire. Applicando il principio <strong>del</strong>valor me<strong>di</strong>o (terzo postulato) e supponendo che la funzione sia normalizzata:〈Ω〉 = 〈Ψ|Ω|Ψ〉 =∂ 2∂x 2∞∑〈c j φ j (x)|Ω|c k φ k (x)〉 =j,k=1∞∑j,k=1ω k c ∗ j c k 〈φ j |φ k 〉26


Ricordando che gli autostati <strong>di</strong> un operatore Hermitiano sono fra loro ortogonali,l’integrale <strong>del</strong>l’ultimo membro restituisce una <strong>del</strong>ta <strong>di</strong> Kronecker:〈Ω〉 =∞∑j,k=1ω k c ∗ j c k δ jk =∞∑|c j | 2 ω jj=1Dunque il valore me<strong>di</strong>o <strong>del</strong>la misura (inteso sia nel senso <strong>del</strong> postulato chenel senso <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> valori sperimentali) sarà una me<strong>di</strong>a pesata <strong>di</strong> tutti gliautovalori, dove il peso <strong>di</strong>pende dal modulo quadrato <strong>del</strong> coefficiente con cuil’autofunzione <strong>del</strong>lo specifico autovalore compare nello sviluppo 2.17. La singolamisura, però, non restituirà un valore me<strong>di</strong>o, ma uno degli autovalori: il moduloquadrato <strong>del</strong> coefficiente |C k | 2 rappresenta dunque la probabilità che la misura<strong>del</strong>la proprietà Ω <strong>di</strong>a come risultato ω k . Chiaramente se Ψ fosse un autostato<strong>di</strong> Ω, nello sviluppo comparirebbe un unico coefficiente non nullo e pari ad uno(Ψ(x) = φ k (x)), dunque l’unico possibile risultato <strong>del</strong>la misura <strong>del</strong>la proprietàè ω k2.2.3 Il quarto postulato e gli stati stazionariIl quarto postulato afferma che la funzione d’onda deve sod<strong>di</strong>sfare un’equazione<strong>di</strong>fferenziale alle derivate parziali <strong>del</strong> primo or<strong>di</strong>ne rispetto al tempo e <strong>del</strong> secondoor<strong>di</strong>ne rispetto alle coor<strong>di</strong>nate. Dunque la funzione dev’essere derivabilealmeno due volte e quin<strong>di</strong> deve avere una qualche regolarità. Si può <strong>di</strong>mostrareche con<strong>di</strong>zione sufficiente perché questo accada è che la funzione sia continua edabbia derivata prima continua, o, con una notazione più compatta:Ψ ∈ C 1 [R 3N ]L’equazione 2.16 descrive l’evoluzione temporale <strong>di</strong> uno stato e dunque anchel’evoluzione temporale <strong>del</strong> valor me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un’osservabile. Infatti, supponendoche la funzione d’onda sia normalizzata e che Ω non <strong>di</strong>penda esplicitamente daltempo:ddt 〈Ω〉 = d dt∫ψ ∗ Ωψdτ =∫ ∂ψ∗∂t Ωψdτ + ∫Dall’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger <strong>di</strong>pendente dal tempo:dunque:∂∂t Ψ(r, t) = − i H Ψ(r, t)h∫ddt 〈Ω〉 =∫ih H ψ∗ Ωψdτ −ψ ∗ Ω i h H ψdτψ ∗ Ω ∂ψ∂t dτSfruttando l’autoaggiunzione <strong>di</strong> H e utilizzando la notazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rac:d〈Ω〉 = 〈ψ|ΩH |ψ〉 − 〈ψ|H Ω|ψ〉 = 〈ψ|[Ω, H ]|ψ〉dtDunque, se l’operatore non <strong>di</strong>pende esplicitamente dal tempo, affinché il valorme<strong>di</strong>o non vari con il tempo è sufficiente che Ω commuti con l’Hamiltoniano.Se questo accade la grandezza Ω sarà una costante (o integrale) <strong>del</strong> moto. In27


generale, quando l’operatore Hamiltoniano non <strong>di</strong>pende dal tempo, è inoltre possibileseparare la <strong>di</strong>pendenza temporale <strong>del</strong>la funzione d’onda da quella spaziale.Scrivendo la funzione d’onda come prodottoΨ(x, t) = ψ(x)θ(t)e inserendola nella 2.16:iψ(x) ∂θ(t)∂t= θ(t)H ψ(x)Dividendo entrambi i membri per ψθ:i 1 dθθ(t) dt = 1ψ(x) H ψ(x)I due membri <strong>di</strong>pendono uno solo dal tempo, l’altro solo dalla coor<strong>di</strong>nata x:affinché l’equazione sia sod<strong>di</strong>sfatta è quin<strong>di</strong> necessario che siano entrambi ugualiad una costante E, avendo tale costante la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> un’energia. Dunque:edθdt = − i Eθ(t) ⇒ θ(t) ≡ e−iEt/H ψ(x) = Eψ(x) (2.18)La 2.18 viene detta equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger in<strong>di</strong>pendente dal tempo, o, piùspesso, semplicemente Equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger. Essa non è altro che l’equazionead autovalori <strong>del</strong>l’Hamiltoniano. Lo statoΨ(x, t) = ψ(x)e −iEt/genera una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> probabilità che non <strong>di</strong>pende dal tempo, infatti:P = |Ψ(x, t)| 2 = Ψ ∗ (x, t)Ψ(x, t) = ψ ∗ (x)ψ(x)e iEt/ e −iEt/ = |ψ(x)| 2e viene dunque detto stato stazionario.2.3 Sistemi risolubili2.3.1 Particella liberaSi consideri una particella che non è soggetta ad alcun potenziale. L’Hamiltonianoconterrà solo il termine cinetico, e quin<strong>di</strong>:d 2H = − 22m dx 2L’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger sarà quin<strong>di</strong>:− 2 d 2 ψ2m dx 2 = EψL’energia <strong>del</strong> sistema sarà sicuramente maggiore <strong>di</strong> zero, in quanto l’energiacinetica è una grandezza definita positiva. Si tratta <strong>di</strong> un’equazione <strong>di</strong>fferenziale<strong>del</strong> secondo or<strong>di</strong>ne, la cui soluzione generale è:√2mEψ(x) ≡ e ±ikx , k =28


Non essendoci potenziali esterni si deve conservare la quantità <strong>di</strong> moto: l’operatoreˆp commuterà quin<strong>di</strong> con l’Hamiltoniano, come è facile verificare, e ψ(x)sarà autofunzione anche <strong>di</strong> ˆp:ˆpψ = −i ddx e±ikx = ±ke ikxL’autovalore è quin<strong>di</strong> ±k. Il segno <strong>del</strong>l’autovalore può essere visto come la<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> moto <strong>del</strong>la particella: se va verso +∞ k sarà positivo e viceversa.Si noti che l’equazione è quella che descrive un’onda e che quin<strong>di</strong> la particellalibera è completamente <strong>del</strong>ocalizzata! Come già fatto notare, si tratta <strong>di</strong> un casoin cui la funzione d’onda non è integrabile a quadrato in quanto la posizione è<strong>del</strong> tutto indeterminata.2.3.2 Particella in una scatolaSe il moto <strong>del</strong>la particella è libero ma confinato in una “scatola” lineare <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioneL. Questa con<strong>di</strong>zione può essere formalizzata introducendo un potenzialeche presenti una barriera infinita ai bor<strong>di</strong> <strong>del</strong>la scatola, in particolare:{0 0 ≤ x ≤ LV =∞ x < 0 ∨ x > LLa barriera infinita <strong>di</strong> potenziale è insuperabile, e dunque la funzione d’ondadovrà annullarsi sia in x = 0 che in x = L. Infatti, scrivendo l’equazione <strong>di</strong>Schroe<strong>di</strong>nger:− 2 d 2 ψ= (E − V )ψ2m dx2 Si possono <strong>di</strong>stinguere due casi:1. L’energia è maggiore <strong>del</strong> potenziale (dentro alla scatola)In questo caso si ottiene un’equazione <strong>del</strong> tipoconψ ′′ = −k 2 ψk =√2mEche ha per soluzioneψ(x) = A cos(kx) + B sin(kx)2. L’energia è minore <strong>del</strong> potenziale (per ora supposto uguale a una costanteV )In questo caso si ottiene un’equazione <strong>del</strong> tipodoveψ ′′ = α 2 ψα =√2m(V − E)29


Le soluzioni sono <strong>del</strong> tipoψ = Ce αx + De −αxOvviamente la soluzione con esponente positivo non è fisicamente accettabile:essa, infatti, va rapidamente all’infinito, ma essendo il suo moduloquadrato una densità <strong>di</strong> probabilità si avrebbe una probabilità <strong>di</strong> trovarela particella che <strong>di</strong>verge all’infinito, fisicamente inaccettabile. Rimane lasoluzione con coefficiente negativo:ψ = De −αx =√ 2m(V −E)limV →+∞ e− x √2mE= e x√ limV →+∞ e− 2mV x = 0e quin<strong>di</strong> la funzione d’onda è identicamente nulla. Il significato fisico <strong>di</strong>questo risultato è che una particella non può superare una barriera infinita<strong>di</strong> potenziale!Rimane quin<strong>di</strong> da determinare la funzione d’onda all’interno <strong>del</strong>la scatola: poichéessa è identicamente nulla fuori dalla scatola, per continuità le sole soluzioniaccettabili saranno quelle che si annullano in x = 0 e in x = L. Imponendoqueste con<strong>di</strong>zioni:ψ(0) = Ae dunque A=0ψ(L) = A sin(kL) = 0 ⇒ k = nπ L , n ∈ NLa costante B si può determinare imponendo che le funzioni siano normalizzate:∫ L0|ψ(x)| 2 dx =∫ L0A 2 sin 2 2πnxL dxA2 L 2Affinché l’integrale faccia 1 è dunque necessario che√2A =Le quin<strong>di</strong>:√2ψ n (x) =Lsin2πnxLSi noti che, avendo posto√2mEk = = nπ Lnon tutti i valori <strong>del</strong>l’energia sono ammessi: si ha quin<strong>di</strong> quantizzazione <strong>del</strong>l’energia,da cui il pe<strong>di</strong>ce n posto alla funzione d’onda, che in<strong>di</strong>ca un numeroquantico da cui la funzione <strong>di</strong>pende.30


2.3.3 Oscillatore armonicoSi definisce oscillatore armonico un sistema caratterizzato dall’Hamiltoniano:H ˆ = − 22md 2dx 2 + 1 2 kx2L’analogo in meccanica classica è il moto <strong>di</strong> un corpo puntiformo che oscillasoggetto alla forza <strong>di</strong> Hooke (forze elastica). Si può quin<strong>di</strong> scrivere l’equazione<strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger:ˆ H Ψ = EΨInvece <strong>di</strong> risolvere l’equazione <strong>di</strong>fferenziale è possibile ricorrere ad un proce<strong>di</strong>mentopuramente algebrico, introducendo due operatori:â =√k2 ˆx + iˆp√2m√kâ + =2 ˆx − i ˆp√2m(Operatore <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione)(Operatore <strong>di</strong> creazione)Ricordando che la posizione e la quantità <strong>di</strong> moto non commutano, si puòcalcolare il prodotto:â + â = k √ √2 ˆx2 + ˆp2 k2m + i (ˆxˆp − ˆpˆx) = H4m ˆ k+ i [ˆx, ˆp] =4mDove si è posto√kω =m√= H ˆ k+ i4m (i) =ˆ H − 1 2 ωDunque l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger si può riscrivere in termini <strong>di</strong> questo prodotto:e quin<strong>di</strong>HˆΨ = (â + â + 1 ω)Ψ = EΨ2â + âΨ = (E − 1 2 ω)Ψ = ɛΨ ɛ (2.19)Per procedere bisogna calcolare il commutatore dei due operatori appena definiti:ââ + = k √ √2 ˆx2 + ˆp2 k2m − i (ˆxˆp − ˆpˆx) = H4m ˆ k− i [ˆx, ˆp]4mDunque:√= H ˆ k− i4m (i) =[â, â + ] = ωˆ H + 1 2 ω31


Siaφ = âΨ ɛL’operatore prodotto â + â agisce in modo particolare su φ:â + âφ = â + ââΨ ɛConsiderando i primi due operatori <strong>del</strong>la sequenza:ââ + − â + â = ω ⇒ â + â = ââ + − ωsostituendo:â + âφ = â + ââΨ ɛ = (ââ + − ω)âΨ ɛ = â(â + âΨ ɛ − ωΨ ɛ )Il primo termine <strong>del</strong>la somma fra parentesi, ricordando l’equazione 2.19, restituisceɛΨ. Dunque:â + âφ = â(ɛ − ω)Ψ ɛ = (ɛ − ω)âΨ ɛ = (ɛ − ω)φDunque la funzione φ è ancora autofunzione <strong>del</strong>l’operatore â + â, ma con autovalore<strong>di</strong>minuito <strong>di</strong> ω. Da questo viene il nome <strong>di</strong> operatore <strong>di</strong>struttore:l’operatore â <strong>di</strong>minuisce l’energia <strong>di</strong> un termine ω. Sia oraχ = â + Ψ ɛâ + âχ = â + ââ + Ψ ɛCon lo stesso proce<strong>di</strong>mento eseguito sopra, questa volta sul secondo e sul terzotermine:â + âχ = â + ââ + Ψ ɛ = â + (â + â + ω)Ψ ɛ = â + (ɛ + ω)Ψ ɛ == (ɛ + ω)â + Ψ ɛ = (ɛ + ω)χDunque l’operatore <strong>di</strong> creazione aumenta l’energia <strong>di</strong> un termine ω. L’Hamiltoniano<strong>del</strong>l’oscillatore armonico, però, è dato dalla somma <strong>di</strong> due operatoridefiniti positivi, quin<strong>di</strong> l’energia dovrà per forza essere maggiore o uguale a zero.Applicando a ripetizione l’operatore <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione, dunque, si arriverà auna funzione dotata <strong>di</strong> autovalore minimo; poiché non è possibile <strong>di</strong>minuirneulteriormente l’energia si avràâΨ ɛmin = 0 (2.20)Applicando ad entrambi i membri anche l’operatore <strong>di</strong> creazione:â + âΨ ɛmin = ɛ min Ψ ɛmin = 0Ne segue cheE min = ɛ min + 1 2 ω = 1 2 ωApplicando alla funzione <strong>di</strong> energia minima l’operatore <strong>di</strong> creazione si otterràun autostato <strong>di</strong> energia 3 2ω e così via; si può quin<strong>di</strong> concludere che - detto v ilnumero quantico vibrazionale:E v = (v + 1 2 )ω 32


Resta da determinare la forma <strong>del</strong>le autofunzioni. Sfruttando la 2.20:√kâΨ 0 =2 ˆxΨ ˆp0 + i√ Ψ 0 = 0 2mSostituendo l’espressione <strong>del</strong>l’operatore quantità <strong>di</strong> moto:√k2 xΨ 0 + √ d2m dx Ψ 0 = 0 ⇒ dΨ √0 kmdx = − Ψ 0xPonendo α =e quin<strong>di</strong>: √kme separando le variabili:dΨ 0Ψ 0= −α −1 x ⇒ ln Ψ 0C 0= − 12α x2Ψ 0 (x) = Ae − x2αLe autofunzioni corrispondenti a numeri quantici superiori si ottengono applicandoa Ψ 0 l’operazione <strong>di</strong> creazione; si trova, in questo modo, che:Ψ v (x) = C v H v ( x α )e− x2α (2.21)doveC v =1√2v v! √ πsono i coefficienti <strong>di</strong> normalizzazione edvH v (y) = (−1) v e y2dy v e−y2 (2.22)con y = x/α sono i polinomi <strong>di</strong> Hermitte. Queste funzioni sono ortogonali fra<strong>di</strong> loro e sono legate da una relazione ricorsiva:H v+1 (y) = 2yH v (y) − 2vH v−1 (y)2.3.4 Atomi idrogenoi<strong>di</strong>Gli atomi idrogenoi<strong>di</strong> sono tutti quegli atomi con un solo elettrone, il cuiHamiltoniano è <strong>del</strong>la forma:( ) ( )H = − 2 ∂22m 1 ∂x 2 + ∂21 ∂y12 + ∂2∂z12 − 2 ∂22m 2 ∂x 2 + ∂22 ∂y22 + ∂2∂z22 + V (r)dove le coor<strong>di</strong>nate con pe<strong>di</strong>ce 1 sono quelle che descrivono il moto <strong>del</strong> nucleo<strong>di</strong> massa m 1 , con pe<strong>di</strong>ce 2 quelle che descrivono il moto <strong>del</strong>l’elettrone <strong>di</strong> massam 2 . Il potenziale <strong>di</strong>pende da una coor<strong>di</strong>nata r, definita come il modulo <strong>del</strong>la<strong>di</strong>stanza fra nucleo e elettrone.33


Separazione <strong>del</strong> moto <strong>del</strong> nucleo da quello elettronicoSiano:⃗ξ = (ξ, η, ζ) = m 1⃗x 1 + m 2 ⃗x 2m 1 + m 2⃗x = (x, y, z) = ⃗x 2 − ⃗x 1M = m 1 + m 2µ = m 1m 2m 1 + m 2∂= ∂ξ∂x 1 ∂x 1∂∂ξ + ∂x∂x 1∂∂x = m 1M∂∂ξ − ∂∂x∂ 2∂x 2 1=( m1) 2 ∂2M ∂ξ 2 + ∂2∂x 2 − 2m 1 ∂ 2M ∂ξ∂x∂= ∂ξ∂x 2 ∂x 2∂∂ξ + ∂x∂x 2∂∂x = m 2M∂∂ξ + ∂∂x∂ 2∂x 2 2=( m2) 2 ∂2M ∂ξ 2 + ∂2∂x 2 + 2m 2 ∂ 2M ∂ξ∂xda cui:1 ∂ 2m 1 ∂x 2 + 1 ∂ 21 m 2 ∂x 2 = m 1 ∂ 22 M 2 ∂ξ 2 + m 2 ∂ 2M 2 ∂ξ 2 + 1 ∂ 2m 1 ∂x 2 + 1 ∂ 2m 2 ∂x 2 =∂ 2∂ 2= 1 M ∂ξ 2 + 1 µ ∂x 2L’Hamiltoniano <strong>del</strong> sistema si può quin<strong>di</strong> scrivere che somma <strong>di</strong> due termini,uno relativo al moto <strong>del</strong> centro <strong>di</strong> massa ed uno al moto interno:( ) ( )H = − 2 ∂22M ∂ξ 2 + ∂2∂η 2 + ∂2∂ζ 2 −2 ∂22m 2 ∂x 2 + ∂2∂y 2 + ∂2∂z 2 + V (|⃗x|)Ne risulta che la funzione d’onda che descrive il sistema sarà il prodotto <strong>di</strong> unafunzione φ cm che descrive il moto libero <strong>del</strong> centro <strong>di</strong> massa ed una funzione Ψche descrive il moto elettronico.Coor<strong>di</strong>nate polari, equazione ra<strong>di</strong>ale ed equazione angolare La <strong>di</strong>pendeza<strong>del</strong> potenziale Coulombiano dal modulo <strong>di</strong> ⃗x ma non dalla sua <strong>di</strong>rezionesuggerisce la scelta <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate polari sferiche. L’espressione <strong>del</strong>l’operatore<strong>di</strong> Laplace in tali ccor<strong>di</strong>nate è:∇ 2 = ∂2∂r 2 + 2 (∂r ∂r + 1 ∂r 2 sin θ ∂ )1 ∂ 2+sin θ ∂θ ∂θ r 2 sin 2 θ ∂φ 2Per lo stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>la parte angolare <strong>di</strong> tale equazione è utile introdurre l’operatoremomento angolare al quadrato 2 :L 2 = (⃗r ∧ ⃗p) · (⃗r ∧ ⃗p)2 Verrà usata, per trovare l’espressione <strong>del</strong> momento angolare, una notazione sintetica chefa uso <strong>di</strong> alcune convenzioni:34


L 2i = ɛ ijk r j p k ɛ imn r m p n = (δ jm δ kn − δ jn δ km )r j p k r m p n == r j p k r j p k − r j p k r k p jUtilizzando le regole <strong>di</strong> commutazionep k r j = [p k , r j ] + r j p k = −iδjk + r j p k∑p k r k = −3i + r k p kkl’espressione <strong>di</strong> cui sopra <strong>di</strong>viene:L 2i = r j (−iδ jk )p k + r 2 j p 2 j + 3ir j p j − r j r k p k p j == 2ir j p j + r 2 j p 2 j − r j r k p k r jSi può manipolare ulteriormente l’ultimo termine:Quin<strong>di</strong>:r j r k p j p k = r j r k p j p k = r j (p j r k + [r j , p k ])p k = r j p j r k p k + r j (iδ jk )p k =L 2ie infine:Poiché= r j p j r k p k + ir j p j= ir j p j + r 2 j p 2 j − r j p j r k p kL 2 = irp + r 2 p 2 − rprp = 2 r∇ − 2 r 2 ∇ 2 + 2 r∇r∇r∇ = r ∂ ∂rr∇r∇ = r ∂ ∂r+ r2∂2∂r 2l’espressione <strong>di</strong> L 2 <strong>di</strong>venta:(L 2 = 2 r ∂ ∂r − r2 ∇ 2 + r ∂ ) (∂2+ r2∂r ∂r 2 = 2 2r ∂ )∂r − r2 ∇ 2 + r 2 ∂2∂r 2e dunque:∇ 2 = − L 2 2 r 2 + ∂2∂r 2 + 2 ∂r ∂r• gli in<strong>di</strong>ci i,j,k,... si riferiscono ad una coor<strong>di</strong>nata. Possono dunque voler <strong>di</strong>re x,y o z• quando due in<strong>di</strong>ci vicini sono uguali si sottointende una sommatoria, ad esempio:r k p k = r x p x + r y p y + r z p z• la componente i-esima <strong>di</strong> un prodotto vettore viene scritta con l’ausilio <strong>del</strong> tensoretotalmente antisimmetrico <strong>di</strong> rango tre ɛ ijk . Ad esempio:(⃗a ∧ ⃗ b) x = ɛ xyza yb z = a yb z − b ya zVale la proprietàɛ ijk ɛ ilm = δ jl δ km − δ jm δ kl35


L’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger si può così scrivere:( {− 2 ∂22µ ∂r 2 + 2 )∂− L 2 }(θ, φ)r ∂r 2µr 2 + V (r) Ψ(r, θ, φ) = EΨ(r, θ, φ)Moltiplicando ambo i membri per 2µr 2 :( ∂{ 2 r 2 2∂r 2 + 2 ) }∂+ 2µr 2 V (r) − L 2 Ψ(r, θ, φ) = 2µr 2 EΨ(r, θ, φ)r ∂rRiarrangiando:{ 2 r 2 ( ∂2∂r 2 + 2 r)}∂+ 2µr 2 V (r) − 2µr 2 E Ψ(r, θ, φ) = L 2 Ψ(r, θ, φ)∂rSi nota che il membro <strong>di</strong> destra <strong>di</strong>pende solo da r, mentre quello <strong>di</strong> sinistra <strong>di</strong>pendesolo dalle variabili angolari; viene quin<strong>di</strong> naturale fattorizzare la funzioned’onda in una parte ra<strong>di</strong>ale ed una angolare:Ψ(r, θ, φ) = R(r)Y (θ, φ)Sostituendo:Y (θ, φ)r 2 { 2 ( ∂2∂r 2 + 2 r<strong>di</strong>videndo ambo i membri per R(r)Y (θ, φ):r 2 ( ∂{ 2 2R(r) ∂r 2 + 2 ∂r ∂r)}∂+ 2µV (r) − 2µE R(r) = R(r)L 2 Y (θ, φ)∂r)+ 2µV (r) − 2µE}R(r) =1Y (θ, φ) L 2 Y (θ, φ)Affinché l’equazione abbia soluzioni entrambi i membri devono essere uguali aduna costante a: <strong>di</strong>videndo nuovamente l’equazione ra<strong>di</strong>ale per 2µr 2 si ottiene:⎧⎪⎨ L 2 (θ, φ)Y (θ, φ) = aY (θ, φ)⎪⎩{− 22µ(∂ 2∂r 2+ 2 r)}∂∂r+ V (r) − a2µrR(r) = ER(r)2Equazione angolare Nell’affrontare la soluzione <strong>del</strong>l’equazione angolare ènecessario <strong>di</strong>scutere alcune importanti proprietà <strong>di</strong> commutazione <strong>del</strong>l’operatoremomento angolare e <strong>del</strong>le sue componenti. Ovviamente L 2 commuta conl’hamiltoniano, inoltre:[L 2 , L x ] = [L 2 x , L x ] + [L 2 y , L x ] + [L 2z , L x ][L 2 x , L x ] = 0[L 2 y , L x ] = L y L y L x − L x L y L y = L y ([L y , L x ] + L x L y )−− ([L x , L y ] + L y L x )L y = −iL y L z − iL z L y[L 2z , L x ] = L z L z L x − L x L z L z = L z ([L z , L x ] + L x L z )−− ([L x , L z ] + L z L x )L z = iL z L y + iL y L z36


da cui[L 2 , L x ] = 0Dunque L 2 commuta con le sue componenti: è possibile conoscere contemporaneamentel’energia, il momento angolare ed una <strong>del</strong>le sue proiezioni. Datala semplicità <strong>del</strong>la sua espressione in coor<strong>di</strong>nate polari, è comodo scegliere lacomponente lungo z. Siano 2 k 2 le k m gli autovalori <strong>di</strong> L 2 ed L z :L 2 |k l , k m 〉 = 2 k 2 l |k l , k m 〉L z |k l , k m 〉 = k m |k l , k m 〉Si possono subito fare alcune osservazioni sugli autovalori k m : infatti, essendoL 2 − L 2z = L 2 x + L 2 y ≥ 0L z è limitato superiormente e quin<strong>di</strong> k m deve avere un massimo; inoltre essendole due <strong>di</strong>rezioni <strong>del</strong>l’asse z fisicamente equivalenti, per ogni k m positivo deveesistere un k −m = −|k m | negativo. Si può quin<strong>di</strong> riassumere con−l ≤ k m ≤ ldove si è postol = k m,MAXScrivendo esplicitamente l’equazione per L z :i ∂ Y (θ, φ) = Y (θ, φ)∂φsi ottiene con una banale integrazione:Y (θ, φ) = P kl ,k m(θ)e ikmφ (2.23)Dovendo la funzione essere a singolo valore, k m dev’essere un numero intero,che d’ora in avanti verrà in<strong>di</strong>cato con la lettera m Prima <strong>di</strong> risolvere l’equazionesu L 2 è necessario fare alcune considerazioni. SianoL + = L x + iL yL − = L x − iL yTali operatori non commutano con L z :[L ± , L z ] = [L x , L z ] ± i[L y , L z ] = −iL y ± i(iL x ) = ∓L ±Si possono quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare due lemmi:• L + |k l , m〉 è autostato <strong>di</strong> L z con autovalore m + 1:L z (L + ψ) = L + (L z ψ) + [L z , L + ]ψ = L + (mψ) + L + ψ = (m + 1)L + ψ• L − |k l , m〉 è autostato <strong>di</strong> L z con autovalore m − 1:37


L z (L − ψ) = L − (L z ψ) + [L z , L − ]ψ = L − (mψ) − L − ψ = (m − 1)L − ψTramite i due operatori appena definiti è possibile infine dare un’espressionemolto utile <strong>di</strong> L 2 . Infatti:Quin<strong>di</strong>:L − L + = (L x + iL y )(L x − iL y ) = L 2 x + L 2 y − L zL 2 = L − L + + L 2z + L zpoiché m ≤ l si avràL − L + |k l , l〉 = 0 = (L 2 − L 2z − L z )|k l , l〉 = ( 2 k l − 2 l 2 − 2 l)|k l , l〉Ne segue chek l = l 2 + l = l(l + 1)Si può finalmente passare allo stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>l’equazione su L 2L 2 P l,m (θ)e imφ = 2 l(l + 1)P l,m (θ)e imφLa soluzione analitica <strong>di</strong> questa equazione può essere facilitata considernadol’espressione:( ∂L + Y l,l (θ, φ) = e iφ ∂θ + icos θ )∂e ilφ P l,l (θ) = 0sin θ ∂φda cui:1P (θ)e quin<strong>di</strong>:dP (θ)dθP l (θ) = C sin l θi(l+1)φ dP (θ)= e + i cos θdθ sin θ P (θ)(ilei(l+1)φ )= l cos θsin θ = l d ln(sin θ)dθDove C è una costante d’integrazione, da determinare imponendo la con<strong>di</strong>zione<strong>di</strong> normalizzazione. Le funzioni Y l,m (θ, φ) si <strong>di</strong>cono armoniche sferiche; si riportal’espressione <strong>del</strong>le prime, ricordando cheY l,−m (θ, φ) = (−1) m Y ∗l,m(θ, φ)Y 0,0 (θ, φ) = √ 14π√3Y 1,1 (θ, φ) = − sin θeiφ8π√3Y 1,0 (θ, φ) =4π cos θY 2,2 (θ, φ) = 1 √154 2π sin2 θe 2iφ√15Y 2,1 (θ, φ) = − sin θ cos θeiφ8π√ ( 5 3Y 2,0 (θ, φ) =4π 2 cos2 θ − 1 )238


Soluzione <strong>del</strong>l’equazione ra<strong>di</strong>ale( {− 2 d22µ dr 2 + 2 dr dr)+ 2 l(l + 1)2µr 2 − Ze2r}R n,l (r) = ER n,lUna prima sostituzione che permette <strong>di</strong> semplificare il calcolo èR(r) = U(r)rDenotando con l’apice la derivazione rispetto ad r:R ′ (r) = U ′ (r)rR ′′ (r) = U ′′ (r)r− U(r)r 2− 2 U ′ (r)r 2R ′′ (r) + 2 r R′ (r) = U ′′ (r)r+ 2 U(r)r 3− 2 U ′′ (r)+ 2 l(l + 1)2µ r 2µr 3 U(r) − Ze2 U(r)r 2 U(r) = ErMoltiplicando tutto per r ed introducendo le unità atomiche:{− 1 d 2 l(l + 1)+2 dr2 2r 2 − Z }U n,l (r) = EU n,l (r)rSi cerca una soluzione sotto forma <strong>di</strong> serie <strong>di</strong> potenze:U(r) = ∑ ja j r j+λdove il parametro λ andrà determinato e descrive il comportamento <strong>del</strong>la funzioned’onda nei pressi <strong>del</strong>l’origine. Per piccoli valori <strong>di</strong> r è infatti possibiletroncare lo sviluppo al primo termine, ottenendo:− 1 2 λ(λ − 1)a 0r λ−2 +l(l + 1)2r 2 a 0 r λ − Z r a 0r λ = Er λTrascurando i termini che vanno a zero e quelli che vanno ad infinito piùlentamente si ottiene:da cui− 1 2 λ(λ − 1)a 0r λ−2 + l(l + 1)a 0 r λ−2 = 0λ 2 − λ + l(l + 1) = 0L’equazione ha due ra<strong>di</strong>ci:λ 1 = −lλ 2 = l + 139


La prima porta ad una soluzione che <strong>di</strong>verge per r che tende a zero, mentre laseconda porta aR n,l (r) = U n,l(r)r= a 0 r lAnalizzando il comportamento <strong>del</strong>la funzione ra<strong>di</strong>ale per r grande si possonoscartare nell’hamiltoniano i termini infinitesimi. Si arriva quin<strong>di</strong> ad 2 U(r)dr 2= −2EU(r)posto α 2 = −2E, la soluzione sarà <strong>del</strong> tipoU(r) = Ae −αrdove si è scartata la soluzione <strong>di</strong>vergente. Combinando le informazioni ottenute,la forma più generale <strong>del</strong>la soluzione saràU n,l (r) = ∑ j≥0a j r j+l+1 e −αrSi può passare quin<strong>di</strong> a sostituire la soluzione proposta nell’equazione ra<strong>di</strong>ale.Denotando con l’apice la derivata rispetto ad r:U ′ = ∑ ja j e −αr [(j + l + 1)r j+l − αr j+l+1 ]U ′′ = ∑ ja j e −αr [(j + l + 1)(j + l)r j+l−1 − 2αr j+l+1 + α 2 r j+l+1 ]Sostituendo:∑[a j e −αr − 1 2 (j + l + 1)(j + l)rj+l−1 + αr j+l+1 − α22 rj+l+1 +j+]l(l + 1)r j+l−1 − Zr j+l − Er j+l+1 = 02Ricordando la definizione <strong>di</strong> α il terzo e il sesto termine fra parentesi scompaiono;cambiando gli in<strong>di</strong>ci in modo da raccogliere r j+l :∑{ 1r j+l e −αr 2 a j+1[l(l + 1) − (j + l + 2)(j + l + 1)]+j}+ a j [α(j + l + 1) − Z] = 0Poiché tale uguaglianza deve valere per ogni potenza <strong>di</strong> r:Maa j+1a jα(j + l + 1) − Z= 2(j + 1)(j + 2l + 2)limj→∞a j+1a j= 2αj + 1 ⇒ a n ∼ e 2αr 40


Dunque, per evitare che la serie <strong>di</strong>verga, essa deve terminare, quin<strong>di</strong>:α(j max + l + 1) − Z = 0 ⇒ α =Ovviamente, essendo j ≥ 0, dev’essereInfine:l ≤ n − 1E = − α22 = − Z22n 2Zj max + l + 1 = Z n ,n ∈ NI polinomi ottenuti risolvendo l’equazione, i cui coefficienti sono dati dallarelazione ricorsiva trovata, si <strong>di</strong>cono Polinomi <strong>di</strong> Laguerre.41


Capitolo 3Introduzione allaspettroscopiaLa spettroscopia è quella branca <strong>del</strong>la chimica fisica che stu<strong>di</strong>a le interazionifra la materia e la ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica. Tale interazione fornisce infattiinformazioni importanti sulla struttura dei livelli energetici <strong>del</strong> sistema d’interesse:i risultati così ottenuti possono essere interpretati grazie alla meccanicaquantistica. Prima <strong>di</strong> analizzare alcuni esempi <strong>di</strong> tecniche spettroscopiche ènecessario introdurre il concetto <strong>di</strong> onda elettromagnetica.3.1 Onde elettromagneticheSi consideri un sistema fisico completamente vuoto, in assenza <strong>di</strong> sorgenti (nonsono presenti né cariche né correnti). Le equazioni <strong>di</strong> maxwell, in tale sistema,avranno la seguente forma:⃗∇ · ⃗E = 0 (3.1)⃗∇ · ⃗B = 0 (3.2)⃗∇ ∧ ⃗ E = − 1 c∂ ⃗ B∂t(3.3)⃗∇ ∧ B ⃗ = 1 ∂E⃗ (3.4)c ∂tGià dall’elevata simmetria <strong>del</strong>le equazioni risulta evidente come un campo elettricovariabile nel tempo ne produca uno magnetico, a sua volta variabile; piùformalmente, andando a calcolare il rotore <strong>di</strong> ambo i membri <strong>del</strong>l’equazione 3.3:⃗∇ ∧ ∇ ⃗ ∧ E ⃗ = − 1 ∂∇c ∂t ⃗ ∧ B ⃗ = − 1 ∂ 2 E ⃗c 2 ∂t 2dove è stata utilizzata l’equazione 3.4. D’altra parte, per la seguente identitàvettoriale 1 :⃗∇ ∧ ∇ ⃗ ∧ E ⃗ = ∇( ⃗ ∇ ⃗ · ⃗E) − ∇ ⃗ 2 E ⃗1 Utilizzando la notazione compatta presentata nel capitolo 2:( ⃗ ∇ ∧ ⃗v) i = ɛ ijk ∂ j v k42


icordando che per l’equazione 3.1 la <strong>di</strong>vergenza <strong>di</strong> ⃗ E è nulla:⃗∇ 2 ⃗ E −1c 2 ∂ 2 ⃗ E∂t 2 = 0 (3.5)Procedendo in modo <strong>del</strong> tutto analogo per il campo magnetico si ottiene esattamentela stessa equazione per ⃗ B:⃗∇ 2 ⃗ B −1c 2 ∂ 2 ⃗ B∂t 2 = 0 (3.6)Le equazioni 3.5 e 3.6 vengono dette equazioni d’onda, o equazioni <strong>di</strong> d’Alambert.Si noti che esse, pur derivando dalle equazioni <strong>di</strong> Maxwell, non leesauriscono <strong>del</strong> tutto, mancando un riferimento alle due equazioni sulla <strong>di</strong>vergenzae all’accoppiamento fra i campi. Si consideri una <strong>del</strong>le componenti - adesempio la componente x - <strong>del</strong>l’equazione d’onda <strong>del</strong> campo magnetico (le stesseconsiderazioni valgono ovviamente anche per E). ⃗ La soluzione <strong>di</strong> tale equazioneavrà ragionevolmente la seguente formaB x (x, t) = B 0 f(x, t)Applicando alla funzione f l’equazione d’onda:( ∂2∂x 2 − 1 ) (∂∂c 2 ∂t 2 f(x, t) =∂x − 1 ∂c ∂t) ( ∂∂x + 1 c)∂f(x, t) = 0∂tDalla forma <strong>del</strong>l’equazione appena scritta viene spontaneo cercare <strong>di</strong> accoppiarela <strong>di</strong>pendenza spaziale a quella temporale in modo che uno dei due termini<strong>del</strong>l’operatore faccia automaticamente zero. Questo si può ottenere imponendochef(x, t) = g(x − ct)Qualsiasi sia la funzione g, come si può facilmente verificare, vale infatti:( ∂∂x − 1 )∂g(x − ct) = 0c ∂t3.1.1 Onde piane monocromaticheDi particolare interesse sono, ovviamente, le onde monocromatiche. Tali ondeelettromagnetiche sono caratterizzate da un’unica frequenza <strong>di</strong> oscillazione per icampi, inoltre hanno un’unica <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione e i campi - come verrà( ⃗ ∇ ∧ ( ⃗ ∇ ∧ ⃗v)) i = ɛ ijk ∂ j ɛ klm ∂ l v m = ɛ kij ∂ j ɛ klm ∂ l v m = (δ il δ jm − δ im δ jm )∂ j ∂ l v m == ∂ i ∂ j v j − ∂ i ∂ i v jSommando sugli in<strong>di</strong>ci ripetuti:( ∇ ⃗ ∧ ( ∇ ⃗ ∧ ⃗v)) i = ∂ i ( ∇ ⃗ · ⃗v) − (∇ 2 ⃗v) ida cui, considerando tutte e tre le componenti:⃗∇ ∧ ( ∇ ⃗ ∧ ⃗v) = ∇( ⃗ ∇ ⃗ · ⃗v) − ∇ 2 ⃗v43


<strong>di</strong>mostrato - oscillano nel piano perpen<strong>di</strong>colare a tale <strong>di</strong>rezione. La funzioneg(z − ct) in questo caso sarà:g(z − ct) = e i ω c (z−ct)o, recuperando tutte le componenti, più in generale:⎧⎪⎨ ⃗E(⃗r, t) = E ⃗ 0 e i(⃗ k·⃗r−ωt)⎪⎩⃗B(⃗r, t) = ⃗ B 0 e i(⃗ k·⃗r−ωt)(3.7)Si noti che le frequenze costituiscono un’ottima base nel continuo; in particolarela componente monocromatica <strong>di</strong> un’onda può essere vista come la trasformata<strong>di</strong> Fourier <strong>di</strong> un opportuno segnale. Le onde piane monocromatichesi comportano in maniera estremamente semplice nei confronti degli operatori<strong>di</strong>fferenziali:⃗∇ · ⃗E(⃗r, t) = i ⃗ k · ⃗E(⃗r, t)⃗∇ ∧ ⃗ E(⃗r, t) = i ⃗ k ∧ ⃗ E(⃗r, t)∂ ⃗ E∂t = −iω ⃗ EImponendo che i campi verifichino le equazioni <strong>di</strong> Maxwell:⃗∇ · ⃗E(⃗r, t) = 0 = i ⃗ k · ⃗E(⃗r, t) ⇒ ⃗ E ⊥ ⃗ k⃗∇ · ⃗B(⃗r, t) = 0 = i ⃗ k · ⃗B(⃗r, t) ⇒ ⃗ B ⊥ ⃗ kDunque si tratta <strong>di</strong> onde trasverse (i campi oscillano su un piano perpen<strong>di</strong>colarea quello <strong>di</strong> propagazione), come si era detto sopra; inoltre:⃗∇ ∧ ⃗ E(⃗r, t) = i ⃗ k ∧ ⃗ E(⃗r, t) = i ω c ⃗ B⃗∇ ∧ ⃗ B(⃗r, t) = i ⃗ k ∧ ⃗ B(⃗r, t) = −i ω c ⃗ EDalle ultime due equazioni, semplificando, si ricava{⃗k ∧ E ⃗ =ω ⃗ cB⃗ k ∧ B ⃗ = −ω ⃗ cEQueste due equazioni implicano che ⃗ E e ⃗ B sono perpen<strong>di</strong>colari fra <strong>di</strong> loro e,dati i segni, ⃗ E, ⃗ B e ⃗ k formano una terna ortogonale destrorsa. Infine, perché ilsistema abbia soluzioni, deve valere l’ulteriore con<strong>di</strong>zione| ⃗ k| = ω cche implica a sua volta che i campi abbiano lo stesso modulo:| ⃗ E| = | ⃗ B|44


3.2 Interazione luce - materia: la teoria <strong>del</strong>leperturbazioni <strong>di</strong>pendenti dal tempoLa descrizione <strong>del</strong>l’interazione fra il campo elettrico <strong>di</strong> un’onda elettromagneticaed un sistema molecolare può essere utilizzata con successo la teoria <strong>del</strong>le perturbazioni<strong>di</strong>pendenti dal tempo. Supponendo, infatti, <strong>di</strong> conoscere le soluzioni<strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger per il sistema imperturbato, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> conoscernele autofunzioni, si ha una base ortonormale completa grazie alla quale èpossibile scrivere la soluzione <strong>del</strong>l’equazione perturbata come uno sviluppo inserie. Dunque, se l’equazione imperturbata è:H 0 ψ n (t) = i ∂ψ n(t)(3.8)∂tdove la <strong>di</strong>pendenza dal tempo <strong>del</strong>le funzioni d’onda è quella tipica degli statistazionari:ψ n (t) = ψ 0 ne iEnt/la funzione d’onda Ψ(t) soluzione <strong>del</strong>l’equazione perturbata(H 0 + V (t))Ψ = i ∂Ψ∂tsi potrà certamente espandere nella base degli autostati <strong>di</strong> H 0 :Ψ(t) = ∑ na n (t)ψ 0 ne iEnt/ (3.9)I due membri <strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger <strong>di</strong>pendente dal tempo, sotto questeipotesi, saranno:i ∂Ψ∂t = ∑ na n (t)i ∂ψ n(t)∂t+ ∑ niȧ n (t)ψ n (t)H Ψ = ∑ na n (t)H 0 ψ n t + ∑ na n (t)V (t)ψ n (t)Uguagliando i due membri e notando che per la 3.8 si ha che∑a n (t)H 0 ψ n t − ∑ a n (t)i ∂ψ n(t)= ∑ [a n (t) H 0 ψ n t − i ∂ψ ]n(t)= 0∂t∂tnnnsi ottiene:∑a n (t)V (t)ψ n (t) = ∑ iȧ n (t)ψ n (t) (3.10)nnMoltiplicando ambo i membri <strong>del</strong>la 3.10 per ψk0∗ ed integrando rispetto allecoor<strong>di</strong>nate:∑∫a n (t) ψk 0∗ V (t)ψndτe 0 iEnt/ = ∑ ∫ψk 0∗ iȧ n (t)ψndτe 0 iE nt/nnSfruttando l’ortonormalità <strong>di</strong> stati <strong>di</strong>versi, l’integrale al secondo membro producecome risultato δ kn , da cui, ponendo∫ψ 0∗k V (t)ψ 0 ndτ = V kn (t)45


si ottieneE k − E n= ω kna˙k (t) = 1i∑a n (t)V kn (t)e iω kntnLa 3.11 può essere integrata, fornendo:a k (t) − a k (0) = 1i∑n∫ t0(3.11)a n (t ′ )V kn (t ′ )e iω knt ′ dt ′ (3.12)Per poter valutare il valore <strong>di</strong> a k (t) è necessario procedere con un’approssimazione:si considera la perturbazione sufficientemente piccola da non produrrecambiamenti significativi nella funzione d’onda. In particolare si suppone chei coefficienti <strong>del</strong>lo sviluppo 3.9 rimangano quasi invariati per tutta la durata<strong>del</strong>la perturbazione. Sotto queste ipotesi, supponendo <strong>di</strong> preparare il sistemaimperturbato in un autostato ψ n , l’unico coefficiente <strong>del</strong>lo sviluppo non nullosarà appunto a n , che si potrà porre uguale ad uno. L’equazione 3.12 <strong>di</strong>vienedunque, supponendo che il coefficiente a k (t) sia inizialmente nullo:a k (t) = 1i∫ t0V kn (t ′ )e iω knt ′ dt ′ (3.13)3.2.1 Perturbazioni oscillantiIl caso più interessante <strong>di</strong> perturbazione <strong>di</strong>pendente dal tempo, volendosi occupare<strong>di</strong> spettroscopia, è chiaramente quello <strong>di</strong> una perturbazione oscillante, comepuò essere il campo elettrico <strong>di</strong> un’onda elettromagnetica. Tale perturbazionesi può infatti scrivere comeV (t) = V (e iωt + e −iωt ) = 2V cos ωtche ricorda la parte reale <strong>di</strong> un’onda piana, come visto nella 3.7.Transizioni fra stati <strong>di</strong>scretiSiano |i〉 e |f〉 due stati <strong>di</strong>screti. Per una perturbazione oscillante, la 3.12<strong>di</strong>viene:a f (t) = V ∫ tfi(e iωt′ + e −iωt′ )e iω fit ′ dt ′ = V {fi ei(ω fi +ω)t − 1+ ei(ωfi−ω)t }− 1ii i(ω fi + ω) i(ω fi − ω)0Quando la ra<strong>di</strong>azione entra in risonanza con la frequenza <strong>di</strong> transizione, ovveroquando ω ≃ ω fi , il primo termine fra le graffe <strong>di</strong>viene rapidamente trascurabilerispetto al secondo:a f (t) ≃ − V fie i(ω fi−ω)t − 1(ω fi − ω)La probabilità <strong>di</strong> trovare il sistema nello stato |f〉 al tempo t sarà pari al moduloquadro <strong>del</strong> coefficiente a f (t):P (t) = |a 2 f (t)| = V 2fie i(ωfi−ω)t − 1 2 (ω fi − ω)46e −i(ω fi−ω)t − 1(ω fi − ω)= V fi2 2 − 2 cos(ω − ω fi )t 2 (ω − ω fi ) 2


MaDunque:(1 − cos x = 1 − cos 2 · x )2P (t) == 1 − cos 2 x 2 + sin2 x 2 = 2 sin2 x 24V 2fi 2 (ω fi − ω) 2 sin2 1 2 (ω fi − ω)t (3.14)Andando a valutare il limite <strong>del</strong>l’espressione 3.14 nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> risonanza:sin 2 1 2lim(ω fi − ω)tω→ω fi (ω fi − ω) 2 = t2 4e dunque, in queste con<strong>di</strong>zioni:P (t) ≃ V 2fi 2 t2Ovviamente questa approssimazione, essendo al primo or<strong>di</strong>ne, è valida solo seV 2fi 2 t2 ≪ 1Transizioni verso stati continuiQuando lo stato eccitato <strong>del</strong> sistema appartiene alla regione continua <strong>del</strong>lo spettrosi può ancora esprimere la probabilità <strong>di</strong> transizione verso un termine <strong>del</strong>continuo grazie all’equazione 3.14, ma tale probabilità andrà integrata rispettoalla <strong>di</strong>stribuzione <strong>del</strong>le energie dei livelli, per tener conto <strong>di</strong> tutte le possibilitrnasizioni che la perturbazione può produrre:∫P (t) = P E (t)ρ(E)dE (3.15)RDove il dominio <strong>di</strong> integrazione R comprende tutti gli stati finali accessibili pereffetto <strong>del</strong>la perturbazione. Ponendo, per la frequenza <strong>di</strong> transizioneω fi = E si può andare a sostituire la 3.14 nella 3.15:∫P (t) = 4Vfi2 sin 2 1 2(E/ − ω)t 2 (E/ − ω) 2 ρ(E)dE (3.16)RPer valutare l’integrale 3.16 è necessario fare alcune considerazioni. Si considerila funzionef(x; t) = sin2 (xt)πx 2 tFacendo tendere il parametro t all’infinito si osserva che:⎧⎨ 0 x ≠ 0sin 2 (xt)limt→∞ πx 2 =t⎩tπ = ∞ x = 047


Figura 3.1: Plot <strong>del</strong>la funzione sin2 (xt)x 2 tper valori <strong>del</strong> parametro t <strong>di</strong> 1, 4, 10, 20, 40In tale limite, dunque, la funzione f(x; t) si comporta come una <strong>del</strong>ta <strong>di</strong> Dirac,ovverosin 2 (xt)limt→∞ πx 2 = δ(x)tTale funzione rispetta pure la proprietà <strong>di</strong> normalizzazione <strong>del</strong>la <strong>del</strong>ta, in quanto,effettuando la sostituzionext = ξ;∫ ∞−∞dξ = tdxdx sin2 (xt)πx 2 t=∫ ∞−∞tdx sin2 (xt)πx 2 t 2= 1 π∫ ∞−∞dξ sin2 ξ)ξ 2 = π π = 1Dunque, supponendo che la perturbazione duri per un tempo sufficientementelungo, l’integrale può essere notevolmente semplificato:∫4Vfi2P (t) = 2 ρE sin2 1 2(E/ − ω)t(E/ − ω) 2 dEPonendoRξ = 1 1(E/ − ω) dξ = dE2 2e moltiplicando sopra e sotto per πt: si ottiene:EssendoSi ottiene∫P (t) =R2πV 2fi tδ(ξ) = δ(E − E fi )ρ(E) sin2 ξtπξ 2 t dξ = ∫R2πV 2fi tρ(E) δ(ξ)dξP (t) = 2π t V 2fi ρ(E fi ) (3.17)Definendo la costante cinetica <strong>di</strong> transizione come la derivata temporale <strong>del</strong>la3.17, si ottienek = 2π V 2fi ρ(E fi ) (3.18)La 3.18 viene detta Regola d’oro <strong>di</strong> Fermi.48


3.2.2 L’approssimazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo e il coefficiente “B” <strong>di</strong>EinsteinResta ancora da chiarire la natura <strong>del</strong>la perturbazione. Il campo elettrico <strong>del</strong>l’ondaelettromagnetica deve poter interagire con un sistema che presenti unqualche momento multipolare. Escludendo il monopolo (assumendo, quin<strong>di</strong>,che la molecola sia neutra) il primo termine <strong>del</strong>lo sviluppo è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo.Sia dunque ⃗µ il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo <strong>del</strong>la molecola. La perturbazione saràdunque uguale all’energia <strong>di</strong> interazione fra un campo elettrico ed un <strong>di</strong>polo:V (t) = −ˆµ · ⃗ESi ammette, con questa scrittura, che la molecola veda un campo variabile neltempo, ma uniforme nello spazio. Confrontando la lunghezza d’onda <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azione(<strong>del</strong>l’or<strong>di</strong>ne, nel caso <strong>del</strong>l’ultravioletto, dei 100nm) con le <strong>di</strong>mensionimolecolari (tipicamente <strong>del</strong>l’or<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>l’Angstrom), tale approssimazione risultalegittima. Gli elementi <strong>di</strong> matrice <strong>del</strong>la perturbazione saranno dunque:V (t) fi = −〈f|ˆµ · ⃗E|i〉 = − ⃗ E · 〈f|ˆµ|i〉 = − ⃗ E · ˆµ fiInserendo quanto trovato nell 3.14 si ottiene:P (t) =4V 2fi 2 (ω fi − ω) 2 sin2 1 2 (ω fi − ω)t (3.19)Ciò che <strong>di</strong>fferenzia tale espressione dalla 3.14 è che si sta considerando unara<strong>di</strong>azione non perfettamente monocromatica, ma con una certa <strong>di</strong>stribuzionespettrale. Tale espressione può essere integrata utilizzando le stesse approssimazioniche hanno portato alla 3.18: infatti, se la frequenza <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azionenon è sufficientemente vicina alla frequenza <strong>di</strong> assorbimento, la probabilità <strong>di</strong>transizione sarà trascurabile. Si ottiene:P (t) ≃π2 2 (⃗ E(ω fi ) · ˆµ fi ) 2 te quin<strong>di</strong>k =dP (t)dt= π 2 (⃗ E(ω fi ) · ˆµ fi ) 2Rimane da valutare il prodotto scalare. Essendo( ⃗ E(ω fi ) · ˆµ fi ) 2 = E 2 (ω fi )µ 2 fi cos 2 θdove θ è l’angolo compreso fra i due vettori, si può pensare, se il sistema èisotropo (ovvero se l’orientazione dei momenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo <strong>del</strong>la molecola è <strong>del</strong>tutto casuale) <strong>di</strong> effettuare un’operazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a sull’angolo:Dunque:〈cos 2 θ〉 = 14π∫ 2π0dφ∫ π0dθ sin θ cos 2 θ = 1 3k = π 6 E 2 (ω fi )µ 2 fi49


Dall’elettro<strong>di</strong>namica classica è noto che il modulo quadro <strong>del</strong> campo elettricoè legato alla densità <strong>di</strong> energia (energia per unità <strong>di</strong> volume) trasportata daun’onda elettromagnetica, la quale a sua volta è legata all’irra<strong>di</strong>anza totale:I tot = cU tot = cE 28πdove si è proceduto ad un’operazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a temporale (si ricor<strong>di</strong> che tutte lefunzioni sono oscillanti!) Tali funzioni sono però in<strong>di</strong>pendenti dalla frequenza<strong>di</strong> oscillazione <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azione, in particolare:doveDunque:I tot =E quin<strong>di</strong>:∫ ∞0I(ν) = ∂I∂νdνI(ν)E 2 (ω) = 8πI(ω)ck = 2πµ2 fi I(ν)3cdove si è postoB fi = 2πµ2 fi3 2= 2π∂I∂ω = 2πI(ω)= 4I(ν)c= 2πµ2 fi3 2I(ν)c= B fiI(ν)ccon B fi coefficiente <strong>di</strong> assorbimento stimolato <strong>di</strong> Einstein.= B fi U(ν) (3.20)3.2.3 L’emissione spontanea e il coefficiente “A” <strong>di</strong>EinsteinSi consideri un sistema formato da due sottosistemi - molecole e ra<strong>di</strong>azione - all’equilibriotermo<strong>di</strong>namico sia internamente che reciprocamente. La ra<strong>di</strong>azioneavrà indotto una transizione in un certo numero <strong>di</strong> molecole, che si troverannonello stato |f〉. Detti N − i e N − F il numero <strong>di</strong> molecole che si trovanonei rispettivi stati e posto E f < E i , è possibile fare alcune considerazioni sutale equilibrio. Il numero <strong>di</strong> molecole che si eccitano, passando da |i〉 a |f〉,nell’unità <strong>di</strong> tempo sarà N i B fi U(ν fi ), viceversa, il numero <strong>di</strong> molecole che decadonoper emissione stimolata sarà N f B if U(ν fi ), dove ovviamente B fi = B if .La meccanica statistica afferma, tramite la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> Boltzmann, cheall’equilibrio:N fN i= e −(E f −E i )/k b TDunque, essendo N f < N i , è necessario che esista un ulteriore processo <strong>di</strong> emissione,caratterizzato da una velocità N f A if perché il sistema possa mantenersiin equilibrio. Scrivendo il bilancio:N f [A fi + B fi U(ν fi )] = N i B fi U(ν fi )50


All’equilibrio termo<strong>di</strong>namico, la densità <strong>di</strong> energia U(ν, T ) è data dalla <strong>di</strong>stribuzione<strong>di</strong> Planck:U(ν, T ) = 8πhν3c 3 1e hν/k bT− 1Sostituendo:A fi = ( N iN f− 1)B fi U(ν fi ) = 8πhν3 fic 3 B fi(e hν fi/k b T − 1)e hν fi/k b T − 1Essendo, ovviamente, E f − E i = hν fi :A fi = 8πhν3 fic 3 B fi (3.21)Il coefficiente A fi è detto coefficiente <strong>di</strong> emissione spontanea <strong>di</strong> Einstein.51


Capitolo 4Spettroscopia Atomica4.1 SpinLo stato <strong>del</strong>l’elettrone <strong>di</strong> un atomo <strong>di</strong> idrogeno, come visto nella sezione 1.4.4 èdescritto da una funzione d’ondaΨ n,l,ml = R n,l (r)Y l,ml (θ, φ)che <strong>di</strong>pende da tre numeri quantici. Per la descrizione completa <strong>del</strong> sistema ènecessario specificare un quarto numero quantico, che descrive lo stato <strong>di</strong> spin<strong>del</strong>l’elettrone: esiste infatti una proprietà squisitamente quantomeccanica <strong>del</strong>leparticelle che consiste nell’essere dotate <strong>di</strong> un momento angolare intrinseco,detto appunto spin. La scoperta <strong>di</strong> questa proprietà fu un grande successoteorico, dovuto a P.M. Dirac che, combinando la meccanica quantistica conla relatività ristretta, ne previde l’esistenza. Pensare al momento angolare <strong>di</strong>spin <strong>del</strong>l’elettrone come alla rotazione <strong>del</strong>la particella sul proprio asse è <strong>del</strong>tutto errato: non esiste un suo equivalente classico, dunque va pensato comeuna caratteristica <strong>del</strong> tutto intrinseca. Gli operatori <strong>di</strong> spin si comportanoesattamente come gli operatori <strong>di</strong> momento angolare:ŝ 2 ψ = 2 s(s + 1)ψŝ z ψ = m s ψOvviamente la con<strong>di</strong>zione m s ∈ Z, dovuta all’equazione 2.23, non è più valida;si <strong>di</strong>mostra invece che gli autovalori <strong>di</strong> ŝ z possono essere interi o seminteri,che sono <strong>di</strong>stanti fra <strong>di</strong> loro <strong>di</strong> un’unità e che sono <strong>di</strong>stribuiti simmetricamenterispetto a m s = 0, con la con<strong>di</strong>zione−s ≤ m s ≤ sche rimane valida. Nel caso <strong>del</strong>l’elettrone il valore <strong>di</strong> s è 1 2 , e quin<strong>di</strong> m s puòassumere due soli valori, rispettivamente ± 1 2 . Dunque:ŝ 2 ψ = 2 1 2 (1 2 + 1)ψ = 3 4 2 ψŝ z ψ = m s ψ, m s = ± 1 252


S = X iLa soluzione <strong>di</strong> queste due equazioni <strong>di</strong>venta banale: essendo solo due le possibilicombinazioni fra i numeri quantici solo due saranno le autofunzioni:α = | 1 2 , +1 2 〉conβ = | 1 2 , −1 2 〉ŝ z α = + 1 2 αŝ zβ = − 1 2 βŝ 2 α = 3 4 2 αŝ 2 β = 3 4 2 β4.2 Spettri atomici: l’atomo <strong>di</strong> idrogeno1 Trascurando lo spin, lo stato <strong>del</strong>l’elettrone <strong>del</strong>l’atomo <strong>di</strong> idrogeno è, come giàdetto, descritto da tre numeri quantici: n, l, m l . L’energia dei vari livelli, comevisto nell’introduzione e <strong>di</strong>mostrato nella sezione 1.4.4, <strong>di</strong>pende solo dal numeroquantico principale n, in particolare, dalla 2.9(1E = hν = hR Hn 2 i− 1n 2 f)Dunque l’energia <strong>del</strong>le possibili transizioni <strong>di</strong>penderà esclusivamente dal numeroquantico principale <strong>del</strong>lo stato iniziale e <strong>di</strong> quello finale.4.2.1 regole <strong>di</strong> selezioneAffinché una transizione sia possibile, nell’approssimazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo, è necessarioche l’elemento <strong>di</strong> matrice <strong>del</strong>la perturbazione sia <strong>di</strong>verso da zero:〈i|ˆµ|f〉 ≠ 0Si consideri una ra<strong>di</strong>azione polarizzata lungo una <strong>di</strong>rezione qualunque: l’interazionefra il campo elettrico e il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo <strong>del</strong>la molecola sarà:V = −ˆµ · ⃗E = −(E x µ x + E y µ y + E z µ z ) = (ˆ(µ) = eˆr) == Eer sin θ cos φ + Eer sin θ sin φ + Eer cos θDunque l’elemento <strong>di</strong> matrice sarà:∫ ∞∫Ee r 2 drRn,lrR ∗ n ′ ,l ′ dΩYl,m[sin ∗ θ(cos φ + sin φ) + cos θ]Y l ′ ,m ′04π1 In questa sezione si utilizzeranno le lettere maiuscole calligrafiche per gli operatori multielettronicie le maiuscole normale per i loro autovalori, le lettere minuscole con accento circonflessoper gli operatori monoelettronici e le lettere minuscole semplici per i loro autovalori.Ad esempio:S ψ = 2 S(S + 1)ψŝ i53


dove si è posto∫ π0sin θdθ∫ 2π0∫dφ =4πdΩL’integrale ra<strong>di</strong>ale non pone particolare vincoli, per la parte angolare si consideranoi due termini separatamente:∫∫ π∫ 2πdΩYl,m ∗ cos θY l ′ ,m ′ = dθ sin θP l (cos θ) cos θP l ′(cos θ)4πLa parte in φ è nulla a meno che non valga la con<strong>di</strong>zionem = m ′00dφe i(m′ −m)φLa parte in θ, per le proprietà <strong>di</strong> ortogonalità dei polinomi <strong>di</strong> Legendre, è nullaa meno che non siain quantol ′ = l ± 1P l (cos θ) cos θ ≡ P l+1 (cos θ)per quanto riguarda il termine con le componenti x e y, quanto detto sullapartein dθ rimane valido, mentre per la parte in dφ, ricordando che le funzionigoniometriche si possono scrivere come2 cos φ = e iφ + e −iφ 2 sin θ = e iφ − e −iφe prendendo ad esempio la componente x:, è sufficiente valutare l’integrale∫ 2π0dφe −imφ (e iφ + e −iφ )e im′φ =che è nullo a meno che non siam ′ = m ± 1riassumendo le regole <strong>di</strong> selezione sono quin<strong>di</strong>∆l = ±1∆m = 0, ±1∫ 2πdφe i(m′ −m±1)04.3 Teoria <strong>del</strong>le perturbazioni in<strong>di</strong>pendente daltempoNella prossima sezione verranno esaminate <strong>del</strong>le correzioni all’energia dovuteall’interazione fra l’atomo <strong>di</strong> idrogeno e dei campi esterni o a termini <strong>del</strong>l’Hamiltonianoche vengono supposti essere piuttosto piccoli. La tecnica che permette<strong>di</strong> trattare in modo più semplice correzioni <strong>di</strong> piccola entità è la teoria <strong>del</strong>leperturbazioni, che verrà presentata brevemente nella sua versione in<strong>di</strong>pendentedal tempo. Si consideri un’HamiltonianoH = H 0 + λV54


dove V è una perturbazione e sono note le soluzioni <strong>del</strong> problema per H 0 :H 0 |ψ (0)n 〉 = E (0)n |ψ (0)n 〉Se la perturbazione è effettivamente piccola, si potrà sviluppare la funzioned’onda in serie <strong>di</strong> Taylor:dove|ψ n 〉 = |ψ (0)n 〉 + λ|ψ (1)n 〉 + λ 2 |ψ (2)n 〉 + . . .n 〉 = 1 ∂ kk! ∂λ k |ψ n〉 ∣|ψ (k)∣λ=0Analogamente si sviluppa in serie l’energia:E n = E (0)n + λE (1)n + λ 2 E (2)n + . . .Sostituendo gli sviluppi nell’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger:(H 0 + λV )(|ψ (0)n 〉 + λ|ψ (1)n 〉 + λ 2 |ψ (2)n 〉 + . . .) == (E (0)n + λE (1)n + λ 2 E (2)n + . . .)(|ψ (0)n 〉 + λ|ψ (1)n 〉 + λ 2 |ψ (2)n 〉 + . . .)La teoria <strong>del</strong>le perturbazioni prevede <strong>di</strong> raggruppare i termini <strong>del</strong>lo stesso or<strong>di</strong>nein λ. All’or<strong>di</strong>ne zero si riottiene, ovviamente, l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger perl’Hamiltoniano imperturbato.4.3.1 Primo or<strong>di</strong>neRaggruppando i termini lineari in λ:H 0 |ψ (1)n 〉 + V |ψ (0)n 〉 = E (0)n |ψ (1)n 〉 + E (1)n |ψ (0)n 〉(H 0 − E (0)n )|ψ (1)n 〉 = (E (1)n − V )|ψ (0)n 〉 (4.1)Moltiplicando scalarmente per 〈ψ (0)n |:〈ψ (0)n |(H 0 − E (0)n )|ψ (1)n 〉 = 〈ψ (0)n |(E (1)n − V )|ψ (0)n 〉Essendo l’Hamiltoniano un operatore autoaggiunto è possibile farlo operare sulbra: al primo membro, ricordando che le funzioni imperturbate sono autostati<strong>di</strong> H 0 , si ottiene:Dunque:〈ψ (0)n |(H 0 − E (0)n )|ψ (1)n 〉 = 〈ψ (0)n |(E (0)n − E (0)n )|ψ (1)n 〉 = 0E (1)n = 〈ψ (0)n |V |ψ (0)n 〉Per ottenere l’espressione corretta al primo or<strong>di</strong>ne per la funzione d’onda è primanecessario imporre che una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> normalizzazione. La scelta più comunee <strong>di</strong> imporre la normalizzazione interme<strong>di</strong>a, ovvero porre〈ψ (0)n |ψ〉 = 155


Tale scelta implica che tutte le correzioni perturbative alla funzione d’onda sianoortogonali al riferimento: sostituendo a |Ψ〉 l’espansione perturbativa, infatti:1 = 〈ψ (0)n |ψ (0)n + ψ (1)n + ψ (2)n + . . .〉 = 〈ψ (0)n |ψ (0)n 〉 + 〈ψ (0)n |ψ (1)n 〉++ 〈ψ (0)n |ψ (2)n 〉 + . . . = 1 + ∑ k>0〈ψ n(0)|ψ (k)n 〉e dunque tutti i termini <strong>del</strong>la serie devono essere nulli. In particolare la correzioneal primo or<strong>di</strong>ne dev’essere ortogonale alla funzione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne zero. Sfruttandola completezza <strong>del</strong>l’insieme <strong>del</strong>le autofunzioni <strong>di</strong> H 0 si potrà espandere lacorrezione in una combinazione lineare (infinita) <strong>del</strong>le |ψ (0)ksommatoria lo stato |ψ (0)n 〉:|ψ n(1) 〉 = ∑ c k |ψ (0)k 〉k≠n〉, escludendo dallaSostituendo nella 4.1:(H 0 − E n(0) ) ∑ c k |ψ (0)k〉 = (E(1) n − V )|ψ n (0) 〉k≠nmoltiplicando scalarmente per 〈ψ (0)j | e sfruttando l’autoaggiunzione <strong>di</strong> H 0 :〈ψ (0)j |(H 0 − E n(0) ) ∑ c k |ψ (0)k〉 = 〈ψ(0) j |(E n (1) − V )|ψ n (0) 〉k≠n∑k≠nc k 〈ψ (0)j |(E (0)j − E (0)n )|ψ (0)k〉 = E(1) n 〈ψ (0)j |ψ n (0) 〉 − 〈ψ (0)j |V |ψ n (0) 〉Il prodotto scalare al primo membro restituisce δ jk ; al secondo membro il primotermine è nullo in quanto j dev’essere uguale ad uno degli in<strong>di</strong>ci k perché ilprimo membro non sia nullo e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da n. Dunque:n 〉c j (E (0)j − E n (0) ) = −〈ψ (0)j |V |ψ n (0) 〉 ⇒ c j = − 〈ψ(0) j |V |ψ (0)E (0)j − E n(0)In conclusione:|ψ n(1) 〉 = − ∑ j≠n〈ψ (0)j |V |ψ (0)n 〉E (0)j − E n(0)|ψ (0)j 〉 (4.2)4.3.2 Energia al secondo or<strong>di</strong>ne perturbativoAl secondo or<strong>di</strong>ne in λ, raggruppando i termini:H 0 |ψ (2)n 〉 + V |ψ (1)n 〉 = E 0 n|ψ (2)n 〉 + E 1 n|ψ (1)n 〉 + E (2)n |ψ (0)n 〉Procedendo come sopra a moltiplicare scalarmente per 〈ψ (0)k |:〈ψ (0)k |E2 n|ψ n (0) 〉 = 〈ψ (0)k |H 0 − En|ψ 0 n (2) 〉 + 〈ψ (0)k|V |ψ(1)n 〉 − 〈ψ (0)k|E(1) n |ψ n (1) 〉56


Sfruttando l’ortogonalità <strong>del</strong>le funzioni imperturbate e l’autoaggiunzione <strong>del</strong>l’Hamiltoniano:E (2)k= 〈ψ (0)k|V |ψ(1)n 〉 − E (1)n 〈ψ (0)k|ψ(1) n 〉L’ultimo termine, utilizzando la normalizzazione interme<strong>di</strong>a, è nullo: sostituendoquin<strong>di</strong> l’espressione per la funzione al primo or<strong>di</strong>ne trovata nella 4.2:E (2)k= 〈ψ (0)k|V | − ∑ j≠k〈ψ (0)j |V |ψ (0)k 〉E (0)j − E (0)k|ψ (0)j 〉 = − ∑ |〈ψ (0)j |V |ψ (0)k 〉|2j≠k E (0)j − E (0)k4.4 Effetto dei campi esterni sugli spettri atomici4.4.1 Effetto StarkL’effetto Stark è dovuto all’interazione fra un campo elettrico ed un atomo.L’Hamiltoniano che descrive questa interazione sarà, in analogia con l’elettromagnetismoclassico:H s = − ⃗ E · µAssumendo che la ra<strong>di</strong>azione sia polarizzata lungo l’asse z:H s = −Eµ z = −ezECome visto nella sezione precedente, questo operatore avrà elementi <strong>di</strong> matricenon nulla solo se lo stato finale e lo stato iniziale <strong>di</strong>fferiscono <strong>di</strong> un’unità in led hanno lo stesso valore <strong>di</strong> m l , come ad esempio lo stato 2p z e lo stato 2s<strong>del</strong>l’atomo <strong>di</strong> idrogeno. In questo caso:〈2p z | − ezE|2s z 〉 = −eE〈2p z |z|2s z 〉 = 3ea 0 EIl campo elettrico mescola i due livelli, creando due nuovi stati che <strong>di</strong>fferisconofra loro in energia: rimuove, dunque, la degenerazione fra i livelli con <strong>di</strong>versomomento angolare <strong>del</strong>l’atomo <strong>di</strong> idrogeno. Negli atomi poliatomici, dove livellicon <strong>di</strong>verso numero quantico angolare non sono degeneri, tale effetto non si osserva;si può invece osservare l’effetto Stark quadratico, proporzionale al moduloquadrato <strong>del</strong> campo elettrico.4.4.2 Effetto Zeeman normaleIn presenza <strong>di</strong> un campo magnetico esterno si osserva, in una atomo con momentoangolare <strong>di</strong> spin nullo, la comparsa <strong>di</strong> ulteriori righe spettrali. La descrizione<strong>del</strong>la presenza <strong>di</strong> un campo magnetico può essere ottenuta introducendo unpotenziale vettore, definito in modo che⃗B = ⃗ ∇ ∧ ⃗ A (4.3)Questo è possibile in quanto la seconda equazione <strong>di</strong> Maxwell (3.3) afferma cheil campo magnetico ha <strong>di</strong>vergenza nulla: è quin<strong>di</strong> <strong>del</strong> tutto generale affermare57


che esso sia il rotore <strong>di</strong> una qualche funzione vettoriale. Si noti che la 4.3 nondefinisce completamente ⃗ A, in quanto 2⃗∇ ∧ ( ⃗ A + ⃗ ∇f) = ⃗ ∇ ∧ ⃗ ADunque è possibile sommare ad ⃗ A un termine che sia il gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> una funzionequalsiasi. Questa liberta <strong>di</strong> scelta, detta libertà o invarianza <strong>di</strong> Gaugeconsente <strong>di</strong> scegliere il potenziale vettore in modo che la sua <strong>di</strong>vergenza sianulla (Gauge <strong>di</strong> Coulomb). Dalla meccanica classica si può ricavare facilmentel’Hamiltoniano elettromagnetico, che, per il principio <strong>di</strong> corrispondenza, forniràanche l’espressione <strong>del</strong>l’operatore quantistico, sostituendo alla quantità <strong>di</strong> motol’espressioneDunque:⃗p + e ⃗ AH = − 12m (⃗p + e ⃗ A) · (⃗p + e ⃗ A) + VSviluppando il prodotto scalare:(⃗p + e ⃗ A) · (⃗p + e ⃗ A) = p 2 + e 2 A 2 + e(⃗p · ⃗A + ⃗ A · ⃗p)Il primo termine <strong>del</strong> “doppio prodotto” può essere ricondotto al secondo graziealla libertà <strong>di</strong> Gauge:⃗p · ⃗Aψ = −i ⃗ ∇ · ( ⃗ Aψ) = −i[( ⃗ ∇ · ⃗A)ψ + ⃗ A · ( ⃗ ∇ψ)] = −i( ⃗ ∇ · ⃗A)ψ + ⃗ A · (⃗pψ)Dove è stata usata l’identità vettoriale⃗∇ · (λ⃗v) = λ ⃗ ∇ · ⃗v + ⃗v · ⃗∇λIn Gauge <strong>di</strong> Coulomb il primo termine è nullo, dunque(⃗p + e ⃗ A) · (⃗p + e ⃗ A) = p 2 + e 2 A 2 + 2e ⃗ A · ⃗pL’Hamiltoniano <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong>:H = − p22m + V + e m ⃗ A · ⃗p + e22m A2Il termine <strong>del</strong> primo or<strong>di</strong>ne nel potenziale H (1) vettore assume una forma semplicese si suppone che il campo magnetico sia costante: in questo caso, infatti,⃗A assume una forma molto semplice:dunque:⃗A = 1 2 ⃗ B ∧ ⃗rĤ (1) =e2m ⃗ B ∧ ⃗r · ⃗p =e2m ⃗ B · ⃗r ∧ ⃗p =e2m ⃗ B · Ldove L è il momento angolare totale, definito comeL =N∑ˆlii=12 Il rotore <strong>del</strong> gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> una funzione è identicamente nullo!58


La costanteγ e = − e2mviene detta rapporto magnetogirico <strong>del</strong>l’elettrone Si consideri ora, senza per<strong>di</strong>ta<strong>di</strong> generalità, un campo magnetico orientato lungo l’asse z. In questo caso:Ĥ (1) = −γ e B z L zSi noti, per analogia con l’elettromagnetismo classico, che la quantità⃗m = γ e Lè un momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo magnetico. Come il momento angolare, da cui <strong>di</strong>pende,la sua componente z sarà quantizzata:m z = γ e m l = −µ B m lLa costanteµ B = −γ e = e2mviene detta magnetone <strong>di</strong> Bohr. La correzione al primo or<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>l’energia (siricor<strong>di</strong> che è stato trascurato il termine <strong>di</strong> secondo or<strong>di</strong>ne nel potenziale vettore!)sarà〈n, L, M L | − γ e B z L z |n, L, M L 〉 = −γ e B z 〈n, L, M L |L z |n, L, M L 〉 = −γ e B z M lNe segue quin<strong>di</strong> che il campo magnetico rimuove la degenerazione fra le <strong>di</strong>verseorientazioni <strong>del</strong> momento angolare.4.4.3 Effetto Zeeman anomaloIn sistemi dotati <strong>di</strong> momento angolare <strong>di</strong> spin non nullo, registrando lo spettroatomico in un campo magnetico, si osserva un’ulteriore sottostruttura dei livellidovuta all’accoppiamento fra campo e momento magnetico <strong>di</strong> spin. Per descrivereil campo generato dallo spin è necessario ricorrere alla teoria relativistica<strong>di</strong> Dirac: si può <strong>di</strong>mostrare che il <strong>di</strong>polo magnetico associato allo spin vale:⃗m s = g e γ e ŝ (4.4)dove g e = 2 è detto fattore “g” <strong>del</strong>l’elettrone. Essa andrà a sommarsi al momento<strong>di</strong> <strong>di</strong>polo magnetico dovuto all’orbita, dunque il termine al primo or<strong>di</strong>nesarà:Ĥ (1) = −γ e L · ⃗B − ⃗m s · ⃗B = −γ e (L + 2S ) · ⃗B (4.5)È utile introdurre il momento angolare totale JJ = L + Sper il quale, essendo un momento angolare, valgono le equazioni soliteJ 2 ψ = 2 J(J + 1)ψJ z ψ = 2 M J ψ59


in quanto esso permette <strong>di</strong> manipolare l’equazione 4.5 nell’ipotesi in cui L eS siano accoppiati fra <strong>di</strong> loro più fortemente che non con il campo. In questocaso, infatti, si può pensare che l’accoppiamento assuma la formaĤ (1) = −g J γ eB ⃗ · J (4.6)Infatti:Poiché(L + 2S ) · ⃗B = (J + S ) · ⃗BS · ⃗B =(S · J )(J · ⃗B)J 2J 2 = L 2 + S 2 + 2L · SS · J = S 2 + L · S = S 2 + 1 2 (J 2 − L 2 − S 2 ) = J 2 + S 2 − L 2e quin<strong>di</strong>:[Ĥ (1) = −γ e J · ⃗B + J 2 + S 2 − L 2 ]2L 2 J · ⃗BRaccogliendo e sostituendo agli operatori al quadrato <strong>di</strong>rettamente il loro autovalore(in quanto, applicandoli a qualsiasi funzione d’onda, si otterebberoquelli):Ĥ (1) = −γ e[1 +]J(J + 1) + S(S + 1) − L(L + 1)J ·2L(L + 1)⃗Bper confronto con la 4.6 si ricava che il fattore g, detto fattore <strong>di</strong> Landé, ha laseguente espressione:g J = 1 +J(J + 1) + S(S + 1) − L(L + 1)2L(L + 1)Andando a vedere gli elementi <strong>di</strong> matrice per la perturbazione, si trovano lestesse regole <strong>di</strong> selezione che per l’effetto Zeeman normale (∆M J = 0, ±1); seS = 0 il fattore <strong>di</strong> Landé è uguale ad uno e ci si riconduce all’effetto normale,altrimenti, considerando un campo parallelo all’asse z:〈L, M L , S, M S , J, M J |g J γ e B z J z |L, M L , S, M S , J, M J 〉 = g J γ e B z M Jdunque viene rimossa la degenerazione fra le <strong>di</strong>fferenti orientazioni <strong>del</strong> momentoangolare totale. Se invece il campo magnetico esterno è particolarmente intenso,si può accoppiare più fortemente con L e S <strong>di</strong> quanto essi non facciano fra<strong>di</strong> loro: in questo caso l’effetto <strong>del</strong>lo spin <strong>di</strong>viene nullo, in quanto i campi siaccoppiano solo con la <strong>di</strong>stribuzione spaziale degli elettroni (e quin<strong>di</strong> con ilmomento magnetico orbitale) e non con il momento magnetico <strong>di</strong> spin: dunquedue stati <strong>di</strong> spin <strong>di</strong>verso ma con stesso momento angolare risultano uguali. Sitorna dunque all’effetto Zeeman normale (effetto Paschen-Back) 3 .3 Una spiegazione un po’ meno qualitativa <strong>di</strong> questo fenomeno viene fornita dalla teoriadei gruppi: in un sistema con due momenti angolari che posso accoppiarsi è infatti possibilescegliere fra due rappresentazioni, una <strong>del</strong>le quali descrive in modo semplice il caso in cuil’accoppiamento sia forte, l’altra quello in cui esso è debole260


4.5 Accoppiamento spin - orbitaIl caso spesso più interessante <strong>di</strong> interazione <strong>di</strong> tipo magnetico è quello in cui lospin <strong>del</strong>l’elettrone si accoppia al campo magnetico generato dal moto orbitale<strong>del</strong>l’elettrone stesso. Si tratta <strong>di</strong> un effetto relativistico: utilizzando il principio<strong>di</strong> corrispondenza e ragionando per analogia con la meccanica classica, non siriesce a darne una descrizione precisa, come si vedrà in seguito. Dall’elettro<strong>di</strong>namicaclassica, una particella carica che si muove con velocità ⃗v in un campoelettrico ⃗ E risente <strong>di</strong> un campo magnetico 4⃗B = ⃗ E ∧ ⃗vc 2In particolare, se il campo elettrico ha simmetria ra<strong>di</strong>ale (come nel caso degliatomi), esso si potrà scrivere in funzione <strong>del</strong> potenziale elettrico φ:e quin<strong>di</strong>:⃗E = − ⃗r r∂φ∂r⃗B = − 1 ∂φ1 ∂φ1 ∂φrc 2 ⃗r ∧ ⃗v = −∂r mrc 2 m⃗r ∧ ⃗v = −∂r mrc 2 ∂r ˆldove ˆl è l’operatore momento angolare. Dalla 4.4 si ha che il momento magneticodovuto allo spin vale ⃗m = g e γ e ŝ, dunque, classicamente, l’energia <strong>del</strong>l’interazionedovrebbe essereH so = −⃗m · ⃗BTale previsione risulta ovviamente sbagliata, in quanto non tiene conto <strong>del</strong> fattoche l’accoppiamento spin orbita è un effetto relativistico: applicando l’elettro<strong>di</strong>namicain forma covariante si trova un valore che è esattamente la metà <strong>di</strong>quello classico. Dunque:H so = − 1 2 ⃗m · ⃗B = 1 2 g eγ e1mrc 2 ∂φ∂r ˆl · ŝRicordando che g e = 2 e che γ e = −e/2m e :Ponendosi ottieneH so = −e ∂φ2m 2 c 2 r ∂r ˆl · ŝξ(⃗r) = ξ(|⃗r|) = ξ(r) = −e ∂φ2m 2 c 2 r ∂rH so = ξ(r)ˆl · ŝ4 per <strong>di</strong>mostrarlo è necessario utilizzare le trasformazioni <strong>di</strong> Lorentz e la formulazionecovariante <strong>del</strong>l’elettromagnetismo61


4.5.1 Interazione spin-orbita nell’atomo <strong>di</strong> idrogenoL’energia <strong>del</strong>l’interazione spin orbita, trattandola come al solito come una piccolaperturbazione, sarà data dall’elemento <strong>di</strong> matriceE so = 〈n, l, m l , s, j, m j |H so |n, l, m l , s, j, m j 〉La funzione ξ(r) ha simmetria ra<strong>di</strong>ale, dunque non <strong>di</strong>pende dall’orientazione<strong>del</strong> momento angolare, e non <strong>di</strong>pende dallo spin; allo stesso modo il prodottoscalare ˆl · ŝ non <strong>di</strong>pende dal numero quantico principale, e dunque l’integrale sipuò fattorizzare:E so = 〈n, l|ξ(r)|n, l〉〈l, m l , s, j, m j |ˆl · ŝ|l, m l , s, j, m j 〉Per valutare il primo integrale è necessario esplicitare la forma <strong>di</strong> ξ(r). Perl’atomo <strong>di</strong> idrogeno, il potenziale elettrico sarà quello Coulombiano prodottodal nucleo:e quin<strong>di</strong>:φ(r) = Zer∂φ∂r = −Ze r 2ξ(r) =Ze22m 2 c 2 r 3Per le funzioni idrogenoi<strong>di</strong>, l’integrale 〈n, l|r −3 |n, l〉si trova tabulato in letteratura:∫Rn,l(r) ∗ 1 ∫r 3 R n,l(r)r 2 dr = Rn,l(r) ∗ 1 r R Z 3n,l(r)dr =n 3 a 3 0 l(l + 1 2)(l + 1)e quin<strong>di</strong>, definendohc 2 ζ nl = 〈n, l|ξ(r)|n, l〉dove le costanti sono state introdotte per fare in modo che ζ nl abbia le <strong>di</strong>mensioni<strong>di</strong> un numero d’onda:hc 2 ζ nl =Ricordando chea 0 =2me 2e 2 Z 42m 2 c 2 n 3 a 3 0 l(l + 1 2)(l + 1)ζ nl = 2 e 2 Z 4 m 3 e 6hc 2m 2 c 2 n 3 l(l + 1 2 )(l + 1) 6 =Z 4 e 8 m2h 2 c 3 n 3 l(l + 1 2)(l + 1)Tale espressione tutt’altro che semplice si può rendere più agevole ricordandoche, espressa in cm −1 , la costante <strong>di</strong> Rydberg è data da (ve<strong>di</strong> l’equazione 2.14):R H = µe43 2 hc62


Definendo inoltre il rapporto a<strong>di</strong>mensionale fra costantiα = e2cζ nl =α 2 R H Z 4n 3 l(l + 1 2 )(l + 1) (4.7)La costante α, che vale circa 1137, viene detta costante <strong>di</strong> struttura fine. Si notadalla 4.7 che la costante <strong>di</strong> accoppiamento spin-orbita ζ <strong>di</strong>pende dalla quartapotenza <strong>del</strong> numero atomico Z: l’accoppiamento spin - orbita sarà dunque uneffetto molto più rilevante negli atomi pesanti. Rimane infine da valutare ilsecondo integrale. Ricordando che, come ricavato nella sezione precedente,ŝ · ˆl = ĵ2 − ˆl 2 − ŝ 22si trova subito che|ĵ2 −〈lm l sjm j |ˆl · ŝ|lm l sjm j 〉 = 〈lm l sjm ˆl 2 − ŝ 2j |lm l sjm j 〉 =2Quin<strong>di</strong>:= 2[j(j + 1) − l(l + 1) − s(s + 1)]2E so = hcζ nl 2 2 [j(j + 1) − l(l + 1) − s(s + 1)] =2[ ]j(j + 1) − l(l + 1) − s(s + 1)= Z 4 α 2 hcR Hn 3 l(l + 1 2 )(l + 1)(4.8)Si noti come, in presenza <strong>di</strong> accoppiamento spin - orbita, la conservazione <strong>del</strong>momento angolare e la conservazione <strong>del</strong> momento angolare <strong>di</strong> spin non sonopiù garantite in<strong>di</strong>pendentemente. Le regole <strong>di</strong> selezione vanno quin<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficate:saranno la somma J e la sua componente z a stabilire quali transizioni sonopermesse. In modo <strong>del</strong> tutto analogo a quanto fatto trascurando lo spin si trova:∆J = ±1∆M J = 0, ±14.5.2 Interazione iperfineL’interazione iperfine è dovuta al fatto che anche i nuclei sono dotati <strong>di</strong> momentoangolare <strong>di</strong> spin: essi possiedono quin<strong>di</strong> un momento magneticoˆµ N = g N γ N I = g N µ B Iche può accoppiarsi con S o con J . Tale interazione, detta anche interazione<strong>di</strong> Fermi sarà <strong>del</strong>la forma:H F = aI · S63


dove a è una costante la cui me<strong>di</strong>a è legata alla densità <strong>di</strong> probabilità <strong>di</strong> trovarel’elettrone sul nucleo:a = 8π 3 g eµ B g N µ N ψ 2 (0)In particolare, tale effetto si registra quin<strong>di</strong> solo per gli elettroni che si trovanonegli orbitali s! DefinendoF = I + Se procedendo come al solito:E F = a [F (F + 1) − S(S + 1) − I(I + 1)] (4.9)2Se l’accoppiamento si verifica invece con il momento angolare totale:H F = aI · JPonendo in questo casoF = I + Je procedendo come al solito:E F = a [F (F + 1) − J(J + 1) − I(I + 1)] (4.10)264


Capitolo 5Spettroscopia molecolareLa descrizione dei sistemi molecolari richiede, per forza <strong>di</strong> cose, l’introduzione <strong>di</strong>alcune semplificazioni. Si tratta <strong>di</strong> sistemi a molti elettroni, per i quali non è possibilerisolvere analiticamente l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger e che quin<strong>di</strong> richiedonostrategie approssimate <strong>di</strong> risoluzione. Una prima importante semplificazioneè data dall’approssimazione <strong>di</strong> Born - Oppenheimer5.1 Approssimazione <strong>di</strong> Born - OppenheimerL’idea <strong>del</strong>l’approssimazione <strong>di</strong> Born-Oppenheimer consiste nel pensare al motodei nuclei come un fenomeno estremamente più lento <strong>del</strong> moto degli elettroni:in particolare essi si adatterebbero istantaneamente al cambio <strong>del</strong> potenzialeelettrostatico prodotto da un movimento dei nuclei. L’Hamiltoniano molecolarecompleto sará:N∑H = −i=1 22m e∇ 2 i −M∑j=1 22M j∇ 2 j + V (r i , R j ) (5.1)dove con r si sono in<strong>di</strong>cate le coor<strong>di</strong>nate degli elettroni, con R quelle dei nuclei.Si tenta <strong>di</strong> fattorizzare la funzione d’onda comeΨ(r i , R i ) = χ(R j )ψ(r i ; R j )dove il punto e virgola denota una <strong>di</strong>pendenza parametrica Inserendo la fattorizzazionenell’equazione 5.1:N∑ 2M∑H χψ = −χ ∇ 2 2i ψ − ∇ 22m e 2Mj(χψ) + V (r i , R j )χψjmaM∑j=1i=1 22M j∇ 2 j(χψ) =M∑j=1j=1 2 [ψ∇ 22Mjχ + 2( ∇ ⃗ j χ) · ( ⃗ ]∇ j ψ) + χ∇ 2 jψjLa presenza <strong>del</strong> secondo e <strong>del</strong> terzo termine impe<strong>di</strong>sce la fattorizzazione: se nonfosse per essi, infatti l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger si potrebbe scrivere come:⎛⎞ ()M∑ ψ ⎝−2N∑∇ 2 χ⎠ 2+ χ −2M j 2m ∇2 ψ + V (r i , R j )ψ = Eψχj=1i=165


Si in<strong>di</strong>viduerebbero due equazioni in<strong>di</strong>pendenti:H el ψ = −H N χ = −N∑i=1M∑j=1 22m ∇2 ψ + V (r i , R j )ψ = ɛ(R j )ψ 22M j∇ 2 χ + ɛ(R j )χ = EχIn realtà, senza trascurare i termini <strong>di</strong> cui sopra, l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>ngeravrebbe la forma, utilizzando gli stessi simboli <strong>di</strong> prima:H χψ = Eχψ −N∑j=1 2 [2( ∇2M ⃗ j χ) · ( ⃗ ]∇ j ψ) + χ∇ 2 jψjL’approssimazione <strong>di</strong> Born - Oppenheimer consiste appunto nel trascurare i duetermini misti rispetto all’energia:N∑j=1 2 [2( ∇2M ⃗ j χ) · ( ⃗ ]∇ j ψ) + χ∇ 2 jψ ≪ EχψjQuesto è giustificato dal fatto che i termini trascurati portano al denominatore lamassa dei nuclei, mentre E <strong>di</strong>pende sia dalla massa dei nuclei che da quella deglielettroni, confermando l’idea iniziale. In particolare, prendendo come potenzialequello Coulombiano:V (r i , R j ) = − 1 2N,M ∑i≠jl’equazione elettronica <strong>di</strong>viene:⎧⎨ N⎩ − ∑i=1 22m ∇2 − 1 N,M ∑2i≠jZ jr i − R j+ 1 2mentre quella nucleare sarà⎧⎨ M⎩ − ∑ 2∇ 2 + ɛ(R j ) + 1 2M j 2j=1N∑i≠jZ jr i − R j+ 1 2M∑i≠j1r i − r j+ 1 2N∑i≠jM∑i≠jZ i Z jR i − R j1r i − r j⎫⎬⎭ ψ = ɛ(R j)ψ (5.2)⎫Z i Z ⎬jχ = Eχ (5.3)R i − R j ⎭Dunque la strategia suggerita da questa approssimazione è <strong>di</strong> risolvere primail problema elettronico e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> affrontare quello nucleare trattando i nucleicome particelle immerse in un potenziale che è la somma <strong>del</strong>l’energia elettronicae <strong>del</strong>la repulsione fra i nuclei stessi.5.2 Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà e coor<strong>di</strong>nate interneUna molecola formata da N nuclei possiede 3N gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> liberta, che corrispondonoalle coor<strong>di</strong>nate cartesiane (3 per ogni atomo) necessarie a descrivere la66


posizione <strong>del</strong>la molecola nello spazio. Ponendosi in un sistema <strong>di</strong> riferimentocon l’origine consideri il centro <strong>di</strong> massa <strong>del</strong>la molecola:⃗R cm =∑ Ni=1 ⃗ R i M i∑ Ni=1 M ii gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong>minuiscono <strong>di</strong> 3, in quanto esisteranno tre relazioni lineari(una per le x, una per le y e una per le z) in<strong>di</strong>pendenti fra <strong>di</strong> loro che legano le3N coor<strong>di</strong>nate, in particolare:∑ Ni=1 x iM i∑ Ni=1 M − x cm = 0ie analoghe. Se la molecole è libera, l’energia traslazionale <strong>del</strong>la molecola non èquantizzata, mentre se essa si trova in una “scatola” si avrà()E(n x , n y , n z ) = 2 n 2 x8m L 2 + n2 yx L 2 + n2 zy L 2 zSe il volume è macroscopico la separazione fra i livelli è talmente piccola dagiustificare una trattazione classica <strong>del</strong> problema. Infine si possono in<strong>di</strong>viduarealtre tre coor<strong>di</strong>nate esterne, che descrivono la posizione assoluta <strong>del</strong> sistema<strong>di</strong> riferimento interno rispetto ad un sistema <strong>di</strong> riferimento fisso (detto, tra<strong>di</strong>zionalmente,riferimento <strong>del</strong>le stelle fisse). Le coor<strong>di</strong>nate in questione sono -ovviamente - i tre angoli <strong>di</strong> Eulero θ, φ, ψ; restano quin<strong>di</strong> 3N − 6 coor<strong>di</strong>nateper descrivere i moti interni (vibrazioni) degli atomi. Se la molecola è lineareuna coor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> rotazione risulta pleonastica: la posizione assoluta vienespecificata da solo 2 coor<strong>di</strong>nate esterne e dunque rimangono 3N − 5 coor<strong>di</strong>nateinterne.5.3 Spettroscopia rotazionaleClassicamente il moto rotazionale <strong>di</strong> un corpo rigido ha associata un’energia:T r = 1 2 ⃗ωT Î⃗ωdove ⃗ω è il vettore velocità angolare e Î è il tensore <strong>di</strong> inerzia, definito come⎛Î = ⎝ I ⎞xx I xy I xzI yx I yy I yz⎠I zx I zy I zzdoveI xx = ∑ im i (y 2 i + z 2 i )I xy = I yx = ∑ im i x i y iIl tensore <strong>di</strong> inerzia è simmetrico, quin<strong>di</strong>, per il teorema spettrale, esiste una baseortonormale <strong>di</strong> autovettori che lo <strong>di</strong>agonalizza. Il significato fisico <strong>di</strong> questa proprietàapparentemente astratta è importante: per qualsiasi corpo rigido si può67


trovare un sistema <strong>di</strong> riferimento ortogonale rispetto al quale le rotazioni sono<strong>di</strong>saccoppiate (ovvero, ad esempio, se il corpo ruota lungo l’asse x continuerà aruotare lungo tale asse); gli assi <strong>di</strong> tale sistema <strong>di</strong> riferimento (che si identificanocon gli autovettori <strong>del</strong> tensore <strong>di</strong> inerzia) vengono detti assi principali <strong>di</strong> inerzia.Si supponga <strong>di</strong> trovarsi in tale sistema <strong>di</strong> riferimento: l’Hamiltoniano sarà:H rot = J 2 xI xx+ J y2 + J z2I yyI zzdove - tra<strong>di</strong>zionalmente - il momento angolare viene in<strong>di</strong>cato con la lettera J .A seconda <strong>del</strong>la forma <strong>di</strong> Î si <strong>di</strong>stinguono quattro categorie <strong>di</strong> rotatori:1. Rotatore simmetrico⎛Î = ⎝ I ⎞⊥ 0 00 I ⊥ 0 ⎠0 0 I ‖Il tensore <strong>di</strong> inerzia presenta due autovalori uguali: questo è in<strong>di</strong>ce <strong>del</strong>lapresenza <strong>di</strong> un asse <strong>di</strong> simmetria, in particolare un asse C n con n ≥ 3.L’Hamiltoniano <strong>di</strong> rotazione sarà quin<strong>di</strong>:H = J 2 xI ⊥+ J y2 + J z2= J 2I ⊥ I ‖( 1+2I ⊥− 1 )Jz22I ‖ 2I ⊥Si noti che il sistema ha bisogno <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>versi numeri quantici per esseredescritto: J, numero quantico angolare, M J , che specifica l’orientazione<strong>del</strong> momento angolare rispetto all’asse z <strong>del</strong> riferimento <strong>del</strong>le stelle fissee K, che specifica l’orientazione <strong>del</strong> momento angolare rispetto all’asse <strong>di</strong>simmetria <strong>del</strong>la molecola. Ovviamente:−J ≤ K ≤ J−J ≤ M J ≤ JL’energia sarà:K ∈ ZM J ∈ ZE(J, K, M J ) = 22I ⊥J(J + 1) + 2 ( 12I ‖− 12I ⊥)K 2o, in numeri d’onda:˜ν(J, K, M J ) = BJ(J + 1) + (A − B)K 2doveA =4πcI ‖, B = 4πcI ⊥Come si nota essa non <strong>di</strong>pende né dal segno <strong>di</strong> K né da M J , dunque ladegenerazione sarà{2J(J + 1), K ≠ 0g J =J(J + 1), K = 068


2. Rotatore lineareSupponendo che l’asse <strong>del</strong>la molecola sia l’asse z <strong>del</strong> sistema <strong>di</strong> riferimentoprincipale, il tensore <strong>di</strong> inerzia saràÎ =⎛⎝ I 0 00 I 00 0 0⎞⎠Si nota subito che il tensore ha un autovalore nullo: si poteva prevederein quanto classicamente la rotazione lungo il proprio asse <strong>di</strong> un oggettolineare non è associata ad alcun tipo <strong>di</strong> energia cinetica. Ne segue ancheche solo due autovettori sono determinati, ovvero che solo due assi <strong>del</strong> sistema<strong>di</strong> riferimento sono fissati. Uno è, ovviamente, l’asse <strong>del</strong>la molecola;gli altri due sono una qualsiasi coppia <strong>di</strong> assi fra loro ortogonali ed ortogonalial primo: per simmetria <strong>di</strong> rotazione tutte le scelte sono equivalenti.Inoltre, necessariamente, il momento angolare sarà sempre perpen<strong>di</strong>colareall’asse <strong>di</strong> rotazione principale <strong>del</strong>la molecola, e quin<strong>di</strong>:Dunque:K ≡ 0E(J, K, M J ) = 2J(J + 1)2I˜ν(J, K, M J ) = BJ(J + 1)Inoltre, essendo K = 0, la degenerazione <strong>di</strong> ogni livello energetico saràg j = 2J + 13. Rotatore sfericoÎ =⎛⎝ I 0 00 I 00 0 I⎞⎠ovvero tutti gli elementi sono uguali. in questo caso:H rot = J 2Come nel rotatore lineare:IE = 2J(J + 1)2I˜ν = BJ(J + 1)Si noti che l’energia <strong>di</strong>pende solo da J e non da M J e K, benché sianocomunque necessari tutti e tre i numeri quantici per specificare lo stato <strong>di</strong>momento angolare, dunque ogni livello è (2J + 1) 2 volte degenere.69


4. Rotatore asimmetricoIl rotatore asimmetrico presenta tre autovalori <strong>di</strong>stinti. Poiché non èpossibile conoscere contemporaneamente due componenti <strong>del</strong> momentoangolare, la descrizione non è elementare e viene tralasciata.5.3.1 Distorsione centrifugaUna molecola, ovviamente, non è un corpo rigido. I legami non sono rigi<strong>di</strong> e,se la molecola possiede un certo momento angolare, subiranno l’azione <strong>di</strong> unaforza centrifuga che tenderà a deformarli. Si consideri una molecola biatomica:trattando il legame come una molla 1 la forza centrifuga, all’equilibrio, saràpareggiata dalla forza <strong>di</strong> richiamo elastica:F c = µω 2 R = F e = k(R − R e ) (5.4)dove µ è la massa ridotta <strong>del</strong>la molecola e R e è la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> legame <strong>di</strong> equilibrio.Dunque:R =kR )ek − µω 2 = R e(1 + µω2k − µω 2Se la forza centrifuga è piccola rispetto a quella elastica si può trascurare iltermine µω 2 al denominatore:( )R ≃ R e 1 + µω2(5.5)kL’Hamiltoniano <strong>del</strong> sistema sarà:H = J 22µR 2 + 1 2 k(R − R e) 2Sfruttando la relazione trovata nella 5.4 ed essendo classicamenteJ = µR 2 ωl’Hamiltoniano si potrà scrivere:e dunque:H = J 22µR 2 + 12k (µRω2 ) 2 = J 22µR 2 + µ2 R 2 ω 4= J 22k 2µR 2 + µ4 R 8 ω 42kµ 2 R 6H = J 22µR 2 + J 42kµ 2 R 6Bisogna dunque trovare un espressione approssimata per R −2 e per R −6 . All’or<strong>di</strong>nezero, il secondo termine può essere posto circa uguale a Re−6 , per il primotermine, ricordando la 5.5 e sviluppando in serie <strong>di</strong> Taylor al primo or<strong>di</strong>ne:1R 2 = 1 ) −2 (1Re2 + µω2 ≃ 1 )(1k Re 2 − 2µω2 = 1 (1k Re2 − 2J 2 )kµR 4Ponendo R 4 ≃ Re:41(1 − 2J 2(1 − 2J 2 )R 2 ekµR 4 )≃ 1 R 2 ekµR 4 e1 Si veda il capitolo successivo per la trattazione <strong>del</strong>le vibrazioni molecolari70


Dunque:H ≃ J 22µRe2 − J 4kµ 2 Re6 + J 42kµ 2 Re6= J 22µRe2 − J 42kµ 2 Re6e quin<strong>di</strong> l’energia, in prima approssimazione, sarà:24E ≃2µRe2 J(J + 1) −2kµ 2 Re6 J 2 (J + 1) 2o, in numeri d’onda:˜ν = BJ(J + 1) − DJ 2 (J + 1) 2 , D =4πkcµ 2 Re65.3.2 Regole <strong>di</strong> selezioneNell’approssimazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo, affinché si verifichi una transizione è necessarioche sia <strong>di</strong>verso da zero l’elemento <strong>di</strong> matrice〈J ′ , M ′ J|ˆµ|J, M J 〉Dove l’integrazione è da intendersi solo sull’angolo solido Ω.<strong>di</strong>polo è un vettore con componenti⎛⎞sin θ cos φˆµ = µ ⎝ sin θ sin φ ⎠cos θ 3Il momento <strong>di</strong>La prima regola <strong>di</strong> selezione si ricava subito: affinché l’elemento <strong>di</strong> matrice sia<strong>di</strong>verso da zero è necessario che sia <strong>di</strong>verso da zero il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo elettrico<strong>del</strong>la molecola:µ ≠ 0Saranno quin<strong>di</strong> attive alla spettroscopia rotazionale soltanto le molecole polari.Ricordando l’espressione <strong>del</strong>le armoniche sferiche con l = 1, riportate nel primocapitolo:√3Y 1,1 (θ, φ) = − sin θeiφ8π√3Y 1,0 (θ, φ) =4π cos θ√3Y 1,−1 (θ, φ) = −8π√⎛18π3 µˆµ = −⎝sin θe−iφ2 (Y 1,1 + Y 1,−1 )i2 (Y 1,1 − Y 1,−1 )1 √2Y 1,0⎞⎠Dunque deve essere non nullo un integrale <strong>del</strong>la forma∫4πdΩY ∗ J ′ ,M ′ J Y 1,M Y J,MJ71


Per l’ortogonalità <strong>del</strong>le armoniche∫dΩYJ ∗ ′ ,M ′Y J,M = δ J,J ′δ M,M ′4πsferiche devono valere le seguenti relazioni:J ′ = J + 1e quin<strong>di</strong> per simmetriadunque:J ′ = J − 1∆J = ±1Infine, l’integrale in dφ sarà <strong>del</strong>la forma:∫ 2π0dφe i(M J +M−M ′ J )φCome già visto, tale integrale è <strong>di</strong>verso da zero solo see quin<strong>di</strong>M J + M − M ′ J = 0∆M J = 0, ±172


Capitolo 6Spettroscopia Vibrazionale6.1 Molecole biatomicheLe molecole biatomiche, necessariamente lineari, presentano un solo grado <strong>di</strong>libertà vibrazionale, dovuto al moto relativo dei due nuclei.6.1.1 L’approssimazione armonicaNel minimo <strong>del</strong>la curva <strong>di</strong> potenziale sarà possibile approssimare la funzioneV (r), dove r è la <strong>di</strong>stanza fra i nuclei, con una parabola: sviluppando in serie<strong>di</strong> Taylor intorno alla posizione <strong>di</strong> equilibrio:V (x) = V (r e ) + d dr V (r e)x + 1 2 dr 2 V (r e)x 2 + O(x 3 )d 2dove x = r − r e La derivata prima nel punto <strong>di</strong> equilibrio è ovviamente nulla;inoltre si può porre uguale a zero anche il termine costante V (r e ), dunque:d 2H ≃ T + V = − 22µ dx 2 + 1 2 kx2dove k =d2dxsi definisce costante <strong>di</strong> forza e µ = m 1m 22 m 1+m 2è la massa ridotta.L’Hamiltoniano così ottenuto descrive un moto armonico: le soluzione <strong>del</strong>problema sarà quin<strong>di</strong>ɛ v = (v + 1 2 )ωconω =√kµψ v (x) = N v H v (x/α)e − x22α 2dove N v è una costante <strong>di</strong> normalizzazione, H v è il polinomio <strong>di</strong> Hermitte <strong>di</strong>grado v e( ) 12 4α =µk73


Gli autovalori <strong>del</strong>l’equazione <strong>del</strong> moto armonico, espressi in numeri d’onda, si<strong>di</strong>cono termini vibrazionali; essendo E = hc˜ν:√G(v) = (v + 1 1 k)˜ν ˜ν =2 2πc µ6.1.2 AnarmonicitàL’approssimazione parabolica non tiene conto <strong>del</strong> fatto che la molecola possa<strong>di</strong>ssociarsi se la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> legame tende a infinito: per rendere più verosimilela descrizione si può utilizzare una funzione che descriva meglio il potenzialeelettronico, come la funzione <strong>di</strong> Morse 1 :[]V (r) = hcD e 1 − e −a(r−r 2e)dove D e è la profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>la buca rispetto all’energia dei due frammenti all’infinitoe√µωa =22hcD eè un parametro. Per tale potenziale l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger ammette una soluzioneesatta, in particolare i termini vibrazionali prendono la seguente espressione:G(v) = (v + 1 2 )˜ν − (v + 1 2 )2 x e˜νdove la costantex e = ˜ν4D eviene detta costante <strong>di</strong> anarmonicitá. I livelli energetici, in questa approssimazione,non sono più equispaziati:G(v + 1) − G(v) = ˜ν − 2(v + 1 2 )x e˜νin particolare la spaziatura fra i livelli <strong>di</strong>minuisce ed esiste un v max per cuiG(v max ) > D 0 , dunque è previsto che un legame possa rompersi.6.2 Molecole poliatomiche e mo<strong>di</strong> normali <strong>di</strong> vibrazioneQuando una molecola è composta da più <strong>di</strong> due atomi il numero <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> <strong>di</strong>libertà vibrazionale aumenta. Le vibrazioni, però, non sono localizzate, bensìestese all’intera molecola. Le oscillazioni <strong>del</strong>le singole coppie <strong>di</strong> atomi non possonoessere localizzate, come si può facilmente intuire tenendo presente il fattoche il centro <strong>di</strong> massa <strong>del</strong>la molecola non si deve muovere a causa <strong>del</strong> moto1 La funzione <strong>di</strong> Morse è solo una <strong>del</strong>le possibili funzioni proposte per tener conto <strong>del</strong>l’anarmonicitàe non per forza si tratta <strong>del</strong>la migliore, ma presenta il vantaggio <strong>di</strong> avere soluzionianalitiche!74


q n = ∑ ivibrazionale <strong>del</strong>la stessa! Se V è il potenziale generato dagli elettroni e dallarepulsione coulombiana fra i nuclei, è possibile svilupparlo in serie <strong>di</strong> Taylor,limitandosi al secondo or<strong>di</strong>ne. Introducendo per compattezza una notazionevettoriale, per cui R ⃗ è il vettore colonna che contiene le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> tutti inuclei:V ≃ V ( ⃗ R 0 ) + ⃗ ∇V · ( ⃗ R 0 )( ⃗ R − ⃗ R 0 ) + 1 2 ( ⃗ R − ⃗ R 0 ) † K( ⃗ R − ⃗ R 0 )dove la matrice K è l’Hessiano <strong>del</strong> potenziale:⎛∂ 2 V∂∂R 1 ∂R 2· · · 2 V∂R 1 ∂R mK =⎜⎝∂ 2 V∂R 2 1∂R 2 ∂R 1..∂ 2 V. .. .∂ 2 V∂∂R m∂R 1· · · 2 V∂R m∂R mSi è posto per brevità m = 3N − 6(5) Come nel caso precedente il termine<strong>di</strong> primo or<strong>di</strong>ne è nullo per definizione, mentre quello costante può essere arbitrariamenteposto uguale a zero; dunque, in forma esplicita, l’Hamiltonianosarà:H =m∑j=1− 22m j∂ 2∂x 2 j+ 1 2m∑k ij x i x ji,j=1Introducendo coor<strong>di</strong>nate e costanti <strong>di</strong> forza massa - pesate:ξ j = √ m j x jh ij =k ij√mi m je sostituendo:m∑H = − 22j=1∂ 2∂ξ 2 j+ 1 2m∑h ij ξ i ξ ji,j=1Il termine <strong>di</strong> potenziale si presenta, come visto, nella forma:V = 1 2 ⃗ ξ † H ⃗ ξLa matrice H, contenendo le derivate seconde <strong>del</strong> potenziale, è simmetrica peril teorema <strong>di</strong> Schwarz, dunque, per il teorema spettrale, esisterà una trasformazioneunitaria U che la <strong>di</strong>agonalizza:H = UU †sostituendo:V = 1 2 ⃗ ξ † UU † ⃗ ξ =12 (U† ⃗ ξ)† (U † ⃗ ξ)dove si è sfruttata la proprietà (AB) † = B † A † . La matrice ortogonale U introducequin<strong>di</strong> spontaneamente un nuovo set <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate, che saranno unacombinazione lineare <strong>del</strong>le vecchie: definendo⎞⎟⎠U ni ξ i75


o, in forma più compatta,⃗q = U † ⃗ ξsi ottiene:V = 1 2 ⃗q† ⃗qBisogna ora effettuare il cambio <strong>di</strong> variabili anche nel termine <strong>di</strong> energia cinetica:e quin<strong>di</strong>Dunque:Ma:∂= ∑ ∂ξ jn∂ 2∂ξ j= ∑ nT = − 22∂q n∂ξ j∑p∂∂q n= ∑ nU njU nj U pj∂ 2∂q n ∂q p∑ ∑ ∑jn∑U nj U pj = δ npjp∂∂q nU nj U pj∂ 2∂q n ∂q pin quanto si tratta <strong>di</strong> moltiplicare scalarmente due vettori riga, in posizione ne p <strong>di</strong> una matrice ortogonale (e dunque con tutte le righe - colonne ortogonalifra <strong>di</strong> loro). Quin<strong>di</strong>:T = − 22∑ ∑np∂ 2δ np = − 2 ∑∂q n ∂q p 2ne l’Hamiltoniano <strong>di</strong>venta:H = − 2 ∑ ∂ 2+ 1 ∑Λ nn qn2 22n∂q 2 nn∂ 2∂qn2che è l’Hamiltoniano canonico <strong>di</strong> un moto armonico, in cui le vibrazioni sono state<strong>di</strong>saccoppiate. Le colonne <strong>del</strong>la matrice U, che descrivono in che misura ognicoor<strong>di</strong>nata cartesiana partecipa alla vibrazione q n , sono dei vettori normalizzatidetti mo<strong>di</strong> normali <strong>di</strong> vibrazione. Per ogni coor<strong>di</strong>nata normale l’equazione <strong>di</strong>Schroe<strong>di</strong>nger ha la soluzione già riportata primaɛ n (v) = ω n (v + 1 2 )dove però, ovviamente, ω n = √ Λ n . La funzione d’onda sarà il prodotto <strong>del</strong>lefunzioni d’onda dei singoli moti vibrazionali:Ψ(q 1 , q 2 , · · · , q m ) =m∏ϕ j (q j )j=176


6.2.1 I moti <strong>di</strong> Stretching <strong>del</strong>l’anidride carbonicaSiano x 1 , x 2 e x 3 le coor<strong>di</strong>nate dei tre atomi <strong>del</strong>la CO 2 . L’energia potenzialeelastica <strong>del</strong> sistema - considerato armonico - sarà:V = k 2 (x 2 − x 1 − d) 2 + k 2 (x 3 − x 2 − d) 2dove il primo termine è dovuto allo stiramento <strong>del</strong> primo legame e il secondoa quello <strong>del</strong> secondo legame; d è la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> equilibrio. Introducendo <strong>del</strong>lecoor<strong>di</strong>nate relative alle posizioni <strong>di</strong> equilibrio:η 1 = x i − x 0,ie sostituendo:V = k 2 (η 2 − η 1 ) 2 + k 2 (η 3 − η 2 ) 2La matrice Hessiana <strong>di</strong> tale potenziale sarà⎛K = ⎝ −k 2k −k⎞⎠0 −k kIntroducendo coor<strong>di</strong>nate e costanti <strong>di</strong> forza massa - pesate:ξ 1 = mη 1 , ξ 2 = Mη 2 , ξ 3 = mη 3(si è posto m = m O e M = m c )⎛H =⎜⎝km− √ kmM0k√mM− √mM2 k M− k0 − √ k kmM mSi tratta ora <strong>di</strong> <strong>di</strong>agonalizzare la matrice H, ponendo⎛km⎜− λ − ⎞√ kmM0det(H − λ1) = det ⎝ − √ kmM2 k M − λ − √ k ⎟mM⎠ = 00 − √ k kmM m − λSviluppando il determinante:( ) [( ) ( ) ] ( )k 2k km − λ M − λ m − λ −k2− k2 kmM mM m − λ = 0( ) [( ) ( ) ]k 2k km − λ M − λ m − λ − 2 k2= 0mMLa prima soluzione che si trova è⎞⎟⎠λ 1 = k mSviluppando fra le quadre:( 2kλ 2 − λM + k )= 0m77


che ha per soluzioni( 2λ 2 = kM m)+ 1eλ 3 = 0= k 2m + MmM= k M totmMQuest’ultima soluzione non rappresenta un moto vibrazionale, ma il moto traslazionale<strong>di</strong> tutti e tre gli atomi alla stessa velocità, senza vibrazioni. Questasoluzione triviale era ovvia, in quanto non si sono adoperate dall’inizio le coor<strong>di</strong>nateinterne, ma quelle cartesiane: la traslazione lungo l’asse <strong>di</strong> legame è quin<strong>di</strong>una soluzione <strong>del</strong> problema. Resta infine da determinare gli autovettori:(H − λ 1 1) ⃗v 1 = 0⎛⎜⎝ovvero:⎧⎪⎨⎪⎩0 − √ kmM0− √ kmM2 k M − k M − k0 − √ kmM0k√mM− √mMq 2 = 0− √ kmMq 1 + 2 k M − k M q 2 −− √ kmMq 2 = 0⎞ ⎛⎟⎠ ⎝ q 1q 2q 3k √mMq 3 = 0⎞⎠ = 0Dalla prima e dalla terza equazione si ricava subito q 2 = 0, dunque, dallasecondo:q 1 = q 3 = 0Dunque il primo modo normale prevederà che i due atomi <strong>di</strong> ossigeno oscillinoin controfase con la stessa ampiezza, mentre il carbonio sta fermo (stretchingsimmetrico). Per il secondo modo normale, impostando <strong>di</strong>rettamente il sistema:⎧⎪⎨⎪⎩2kM q 1 + √ kmMq 2 = 0√ kmMq 1 + k m q 2 + √ kmMq 3 = 0k √mMq 2 + 2kM q 3 = 0Sottraendo membro a membro la prima e la terza equazione si trova q 1 = q 3 ,sostituendo nella seconda:k2√ q 1 + kmM m q 2 = 0e quin<strong>di</strong> q 2 = − √ m/Mq 1 . Il secondo modo normale sarà quin<strong>di</strong>, a meno <strong>di</strong> unanecessaria costante <strong>di</strong> normalizzazione:⎛⎞1⎝ − √ m/M ⎠ = 01dunque i due atomi <strong>di</strong> ossigeno oscillano in fase <strong>del</strong>la stessa ampiezza, mentrel’atomo <strong>di</strong> carbonio centrale oscilla con fase opposta e ampiezza scalata <strong>di</strong> unfattore √ m/M (stretching asimmetrico).78


6.3 Regole <strong>di</strong> selezioneCome già visto nell’introduzione, nell’approssimazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo è necessarioche, perché vi sia una transizione, sia <strong>di</strong>verso da zero l’elemento <strong>di</strong> matrice〈f|µ|i〉Ovviamente il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo <strong>del</strong>la molecola <strong>di</strong>pende dalla posizione deinuclei: supponendo, in prima approssimazione, la <strong>di</strong>pendenza lineare:µ(⃗x) = µ( ⃗ R e ) + ⃗ ∇µ · ⃗x + O(‖x 2 ‖)Dunque dev’essere <strong>di</strong>verso da zero l’elemento <strong>di</strong> matrice〈f|µ( ⃗ R e ) + ⃗ ∇µ · ⃗x|i〉 = µ( ⃗ R e )〈f|i〉 + ⃗ ∇µ · 〈f|⃗x|i〉Nel caso non banale f ≠ i il primo termine è sempre nullo per l’ortogonalitàdegli stati, affinché il secondo sia <strong>di</strong>verso da zero sono necessarie due con<strong>di</strong>zioni:che al moto vibrazionale sia associata una variazione <strong>del</strong> momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo<strong>del</strong>la molecola, ovvero:⃗∇µ ≠ 0e che il numero quantico degli stati iniziale e finale <strong>di</strong>fferisca esattamente perun’unità, ovvero:∆v = v f − v i = ±1La <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questa regola <strong>di</strong> selezione - per semplicità nel caso <strong>di</strong> unamolecola biatomica - si basa sulla proprietà <strong>di</strong> ortogonalità <strong>del</strong>le autofunzioni<strong>del</strong>l’oscillatore armonico e su una relazione ricorsiva fra i polinomi <strong>di</strong> Hermitte:xα H v = vH v−1 + 1 2 H v+1dove il parametro α è già stato definito sopra. L’elemento <strong>di</strong> matrice 〈f|⃗x|i〉sarà dunque:∫∫ϕ ∗ f (x)xϕ i (x)dx = N f N i H f (x/α)e −x2 /2α xH i (x/α)e −x2 /2α dxponendo y = x/α e tralasciando le costanti:∫∫[e −y2 H f (y)yH i (y)dy = e −y2 H f (y) iH i−1 (y) + 1 ]2 H i+1(y) dyaffinché l’integrale sia <strong>di</strong>verso da zero dev’essere <strong>di</strong>verso da zero almeno uno deidue termini:∫H f (y)H i−1 (y)dy ≠ 0 ⇔ f = i − 1∫e quin<strong>di</strong>H f (y)H i+1 (y)dy ≠ 0 ⇔ f = i + 1∆v = ±1Si noti che queste regole <strong>di</strong> selezione sono state ottenute nell’ipotesi <strong>di</strong> armonicitàsia elastica che elettrica: nel momento in cui questi due requisiti venissero menoesse non sarebbero più valide. Si osservano, infatti, negli spettri alcune bande“proibite”, dette overtones, dovute a transizioni con ∆v > 1, solitamente <strong>di</strong>intensità molto minore rispetto a quelle “permesse”.79


Capitolo 7Spettroscopia elettronicaIl ruolo <strong>del</strong>la spettroscopia è stato determinante nella scoperta <strong>del</strong>la strutturaelettronica <strong>del</strong>le molecole e nella formulazione <strong>del</strong>le teorie <strong>di</strong> legame. Laconoscenza dei livelli energetici accessibili agli elettroni, insieme alle regole <strong>di</strong>selezione, hanno infatti permesso <strong>di</strong> scoprire numerose proprietà <strong>del</strong>la funzioned’onda <strong>del</strong>lo stato fondamentale e degli stati eccitati, sia per quanto riguarda leenergie in gioco che per quanto riguarda, ad esempio, la simmetria <strong>del</strong> problema.La descrizione <strong>del</strong>lo stato elettronico <strong>del</strong>le molecole rappresenta il problemaprincipale <strong>del</strong>la chimica teorica. A causa <strong>del</strong> termine <strong>di</strong> repulsione fra gli elettroni,pur adottando l’approssimazione <strong>di</strong> Born-Oppenheimer, non è possibilerisolvere analiticamente l’equazione <strong>di</strong> Schroe<strong>di</strong>nger 5.2: sono stati <strong>di</strong> conseguenzasviluppati dei meto<strong>di</strong> approssimati più o meno efficaci. Ai fini <strong>di</strong> unadescrizione qualitativa <strong>del</strong>la struttura elettronica <strong>di</strong> una molecola, sufficienteper comprendere gli spettri, la teoria d’elezione è quella <strong>del</strong>l’orbitale molecolare,combinazione lineare <strong>di</strong> orbitali atomici (MO LCAO).7.1 L’approssimazione orbitalicaNon essendo possibile risolvere analiticamente l’equazione elettronica per unsistema con più <strong>di</strong> un elettrone, poco o nulla si sa <strong>di</strong>re sulla forma <strong>del</strong>la funzioned’onda per un sistema a molti corpi.La funzione <strong>di</strong>pende, per ogni particella, da una variabile vettoriale <strong>di</strong> posizione(⃗r i ) e da una variabile <strong>di</strong> spin (σ i ), che, per gli elettroni, può assumere comevalori solo ± 1 2. Essa, in generale, è a valori complessi:{Ψ(⃗r 1 σ 1 , ⃗r 2 σ 2 , . . . , ⃗r N σ N ) : R 3N × − 1 2 , 1 N→ C2}Il principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>stinguibilità afferma che non può essere ipotizzato alcun esperimentoche, date N particelle microscopiche, permetta <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguerne una dallealtre. Per illustrare le conseguenze <strong>di</strong> questo fondamentale principio si consideriun sistema costituito da due particelle. La probabilità <strong>di</strong> trovarne una in un volumettoinfinitesimo centrato intorno al punto ⃗x 1 δV (⃗x 1 ) e l’altra, con notazioneanaloga, in δV (⃗x 2 ) sarà:P (⃗x 1 , ⃗x 2 ) = |Ψ(⃗x 1 , ⃗x 2 )| 2 δV (⃗x 1 )δV (⃗x 2 )80


Il principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>stinguibilità afferma che scambiando le due particelle nondeve essere possibile accorgersi <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza, ovvera la probabilità <strong>di</strong> trovarela prima particella in δV (⃗x 2 ) e la seconda in δV (⃗x 1 ) dev’essere esattamente lastessa:P (⃗x 2 , ⃗x 1 ) = P (⃗x 1 , ⃗x 2 )|Ψ(⃗x 2 , ⃗x 1 )| 2 δV (⃗x 1 )δV (⃗x 2 ) = |Ψ(⃗x 1 , ⃗x 2 )| 2 δV (⃗x 1 )δV (⃗x 2 )Questa relazione deve valere per ogni configurazione, ovvero per ogni set <strong>di</strong>valori <strong>del</strong>la posizione, e per ogni volumetto microscopico, ovvero:|Ψ(⃗r 1 , ⃗r 2 )| 2 = |Ψ(⃗r 2 , ⃗r 1 )| 2Dunque lo scambio <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate, in<strong>di</strong>cato dall’operatore <strong>di</strong> permutazioneˆP 12 , dovrà restituire la funzione d’onda alterata per al più un fattore <strong>di</strong> fase:ˆP 12 Ψ(⃗r 1 , ⃗r 2 ) = e iθ Ψ(⃗r 2 , ⃗r 1 )Applicando l’operatore <strong>di</strong> permutazione due volte si dovrà riottenere la funzione<strong>di</strong> partenza:e quin<strong>di</strong>ˆP 12 e iθ c = e 2iθ Ψ(⃗r 1 , ⃗r 2 ) = Ψ(⃗r 1 , ⃗r 2 )e 2iθ = 1 ⇒ θ = π ∨ θ = 2πLe due soluzioni implicano quin<strong>di</strong> che la funzione d’onda debba essere o simmetricao antisimmetrica per scambio <strong>di</strong> due particelle. Particelle descritte dauna funzione d’onda simmetrica vengono dette Bosoni e sono caratterizzate daun valore intero <strong>del</strong> momento angolare <strong>di</strong> spin; particelle descritte da una funzioned’onda antisimmetrica vengono dette Fermioni e sono caratterizzate daun valore <strong>del</strong> momento angolare <strong>di</strong> spin semiintero. Gli elettroni sono Fermioni,dunque la funzione d’onda elettronica dovrà essere antisimmetrica:Ψ(⃗r 1 , ⃗r 2 ) = −Ψ(⃗r 1 , ⃗r 2 )Più in generale:ˆP ij Ψ(. . . , ⃗r i σ i , ⃗r j σ j , . . .) = −Ψ(. . . , ⃗r j σ j , ⃗r i σ i , . . .)L’approssimazione orbitalica prevede <strong>di</strong> scrivere la funzione d’onda come unprodotto opportunamente antisimmetrizzato <strong>di</strong> funzioni che <strong>di</strong>pendono dallevariabili associate ad una singola particella, dette spinorbitali:Ψ(⃗r 1 σ 1 , ⃗r 2 σ 2 , . . . , ⃗r N σ N ) = Âϕ(⃗r 1σ 1 )ϕ(⃗r 2 σ 2 ) . . . ϕ(⃗r N σ N ) (7.1)dove  è l’operatore <strong>di</strong> antisimmetrizzazione, che produce una funzione d’ondaantisimmetrica a partire da un singolo prodotto <strong>di</strong> spinorbitali 1 . Tale approssimazione,che costituisce il punto <strong>di</strong> partenza <strong>del</strong>la stragrande maggioranza deimeto<strong>di</strong> <strong>del</strong>la chimica teorica, è particolarmente vantaggiosa, in quanto1 Si tratta, in pratica, <strong>di</strong> un operatore che a partire dal prodotto <strong>di</strong> N spinorbitali produceil determinante <strong>del</strong>la matrice siffatta (si omette la variabile <strong>di</strong> spin per brevità):01ϕ 1 (⃗r 1 ) ϕ 1 (⃗r 2 ) . . . ϕ 1 (⃗r N )ϕ 2 (⃗r 1 ) ϕ 2 (⃗r 2 ) . . . ϕ 2 (⃗r N )S = B@..... C..Aϕ N (⃗r 1 ) ϕ N (⃗r 2 ) . . . ϕ N (⃗r N )81


• Permette <strong>di</strong> scrivere in modo semplice, sebbene approssimato, la funzioned’onda <strong>di</strong> un sistema con molti elettroni• Riconduce il problema a molti corpi ad un problema a un corpo (comel’atomo <strong>di</strong> idrogeno)• Introduce in modo naturale il concetto <strong>di</strong> orbitale, facilmente visualizzabile,come si vedrà in seguito• consente un approccio estremamente intuitivo e qualitativamente validoalla descrizione <strong>del</strong>la struttura elettronica7.2 Teoria <strong>del</strong>l’orbitale molecolare: le molecolebiatomiche7.2.1 La molecola ionica H + 2Si consideri una molecola <strong>di</strong> idrogeno ionizzata, ovvero contenente un solo elettrone.Se R ⃗ A è la posizione <strong>del</strong> primo atomo e R ⃗ B la posizione <strong>del</strong> secondol’Hamiltoniano elettronico, nell’approssimazione <strong>di</strong> Born-Oppenheimer, saràH = ˆT −e 2|⃗r − ⃗ R A | − e 2|⃗r − ⃗ R B | + e 2| ⃗ R B − ⃗ R A |Si tratta <strong>di</strong> un operatore, ovviamente, monoelettronico: sarà quin<strong>di</strong> possibile,con l’opportuno cambio <strong>di</strong> variabili, ricondursi ad un problema molto simile all’atomo<strong>di</strong> Idrogeno e quin<strong>di</strong> risolubile analiticamente. L’espressione matematicache si ottiene per le autofunzioni <strong>di</strong> tale operatore è decisamente complicata, maricorda con buona approssimazione una combinazione lineare fra orbitali atomici<strong>del</strong> primo e <strong>del</strong> secondo atomo: questa somiglianza lascia pensare che unbuon metodo per costruire la funzione d’onda per una molecola potrebbe esserequello <strong>di</strong> partire da una base <strong>di</strong> orbitali molecolari, ognuno <strong>di</strong> essi ottenuto comecombinazione <strong>di</strong> orbitali atomici, ottimizzando i coefficienti in modo variazionale.La teoria <strong>del</strong>l’orbitale molecolare fa esattamente questa assunzione: si trattadunque <strong>di</strong> costruire, a partire dagli orbitali atomici degli atomi coinvolti nellegame chimico, la base opportuna con cui costruire la funzione d’onda secondola 7.1. Per la molecola ionica <strong>di</strong> idrogeno si possono prendere come base dueorbitali 1s:1s A = χ A (⃗r − ⃗ R A ) 1s B = χ B (⃗r − ⃗ R B )A partire da queste due funzioni si potranno costruire due combinazioni linearifra loro in<strong>di</strong>pendenti (in particolare verrà imposto che siano ortonormali). A fareda guida nella scelta dei coefficienti è, ovviamente, la simmetria <strong>del</strong>la molecola.Affinché la funzione d’onda che ne risulta sia correttamente normalizzata, poiché il determinante<strong>di</strong> una matrice N × N produce una combinazione lineare <strong>di</strong> N! termini, sarà necessario1introdurre un fattore √ , dunque:N!Ψ( ⃗r 1 . . . r⃗N ) = √ 1 det SN!Una funzione d’onda così definita viene detta determinante <strong>di</strong> Slater.82


Figura 7.1: Orbitale 1sPoiché i coefficienti danno un ’idea <strong>di</strong> quale zona <strong>del</strong>lo spazio avrà maggiordensità <strong>di</strong> carica (l’elettrone starà più nell’orbitale <strong>del</strong>l’atomo A o in quello<strong>del</strong>l’atomo B?), nel caso <strong>di</strong> una molecola omonucleare viene naturale prenderliuguali in modulo e quin<strong>di</strong>:ϕ 1 (⃗r) = N + (χ A + χ B ) ϕ 2 (⃗r) = N − (χ A − χ B )Figura 7.2: Gli orbitali molecolari ϕ 1 (σ g ) e ϕ 2 (σ ∗ u)Le due costanti <strong>di</strong> normalizzazione N + e N − possono essere determinate facilmente:ricordando che le funzioni atomiche sono normalizzate e reali e ponendo∫S = dτχ A χ B = 〈χ A |χ B 〉e quin<strong>di</strong>1 = 〈ϕ 1 |ϕ 1 〉 = N 2 +〈χ A + χ B |χ A + χ B 〉 = N 2 +(1 + 1 + 2S)N + =1√2(1 + S)Analogamente si trova cheN − =1√2(1 − S)Analizzando qualitativamente le due funzioni appena costruite si nota che• poiché le funzioni atomiche sono sempre positive, anche la funzione ϕ 1sarà positiva. Andando a prendere il modulo quadrato <strong>di</strong> tale funzionesi vede, come riportato in figura, che la densità <strong>di</strong> probabilità <strong>di</strong> trovarel’elettrone fra i due nuclei è aumentata rispetto alla situazione iniziale(l’elettrone stava nell’orbitale χ A o nell’orbitale χ B ): in particolareP 1 = |ϕ 1 | 2 = N + (|χ A | 2 + |χ B | 2 + 2|χ A χ B |)Il termine 2|χ A χ B | rende conto <strong>del</strong>l’aumentata densità dove le funzioniatomiche si sovrappongono, ovvero nella regione <strong>di</strong> legame. Poiché unamaggiore probabilità <strong>di</strong> trovare l’elettrone fra i due nuclei rappresentaper definizione una situazione <strong>di</strong> legame chimico tale funzione viene dettaorbitale molecolare legante. La funzione ϕ 1 è pari rispetto all’operazione<strong>di</strong> inversione: viene quin<strong>di</strong> detta gerade (σ g ).83


• Al contrario, la funzione ϕ 2 presenterà un nodo nel punto me<strong>di</strong>o fra idue nuclei: la densità <strong>di</strong> probabilità <strong>di</strong> trovare l’elettrone in zona <strong>di</strong> legamesarà quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>minuita rispetto alla situazione iniziale <strong>di</strong> un fattoreproporzionale alla sovrapposizione degli orbitali atomici:P 2 = |ϕ 2 | 2 = N − (|χ A | 2 + |χ B | 2 − 2|χ A χ B |)Tale funzione verrà detta orbitale molecolare antilegante. La funzione ϕ 2è <strong>di</strong>spari rispetto all’operazione <strong>di</strong> inversione: viene quin<strong>di</strong> detta ungerade(σ ∗ u).Le due funzioni (si noti che finora non si è detto nulla <strong>del</strong>lo spin!) trovate hannosimmetria cilindrica rispetto all’asse <strong>di</strong> legame, inoltre non hanno piani nodaliche contengono l’asse stesso. Orbitali molecolari con queste caratteristiche vengonodetti σ se leganti, σ ∗ se antileganti. La funzione d’onda complessiva perquesto sistema sarà quin<strong>di</strong>:Ψ(⃗r 1 , σ 1 ) = ϕ 1 (⃗r 1 )α(σ 1 ) (7.2)dove è <strong>del</strong> tutto equivalente la scelta fra spin più o meno 1 2. Per brevità d’orain avanti si in<strong>di</strong>cheranno solo gli in<strong>di</strong>ci <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate, scrivendo, ad esempio,la funzione 7.2 verrà scritta come:Ψ(1) = ϕ 1 (1)α(1)7.2.2 Molecole biatomiche omonucleariSi consideri come esempio la molecola <strong>di</strong> idrogeno: si tratta <strong>di</strong> “aggiungere” unsecondo elettrone alla funzione d’onda trovata prima. Ricordando che la funzioned’onda dev’essere antisimmetrica per scambio <strong>di</strong> due particelle si ottiene,ponendo ϕ 1 = σ g :Ψ(1, 2) = 1 √2σ g (1)σ g (2)(α(1)β(2) − α(2)β(1))Tale funzione è correttamente normalizzata, infatti la parte spaziale comprendegià un fattore <strong>di</strong> normalizzazione nella definizione, e quin<strong>di</strong>∫[∫]dτ 1 dτ 2 σ g (⃗r 1 )σ g (⃗r 2 )σ g (⃗r 1 )σ g (⃗r 2 ) = dτ 1 σ g (⃗r 1 )σ g (⃗r 1 ) ×[∫×]dτ 2 σ g (⃗r 2 )σ g (⃗r 2 ) = 1 · 1 = 1analogamente per le funzioni <strong>di</strong> spin:〈α(1)β(2) − α(2)β(1)|α(1)β(2) − α(2)β(1)〉 = 〈α(1)β(2)|α(1)β(2)〉++〈α(2)β(1)|α(2)β(1)〉 = 2da cui il fattore 2 −1/2 . Rispetta inoltre il principio <strong>di</strong> antisimmetria, come voluto.Pittoricamente, si può rappresentare con un <strong>di</strong>agramma quanto ottenuto:Lo schema così ricavato può essere utilizzato, aggiungendo man mano elettroni,per descrivere il legame nella specie ionica He + 2 ; aggiungendo un ulteriore84


elettrone si otterrebbe invece un’ipotetica molecola biatomica <strong>di</strong> Elio. Se si calcolanole energie orbitaliche 2 associate ai due orbitali σ g e σ ∗ u si noterà tuttaviacheE σg + E σu > 2E 1sNe segue che è più stabile il sistema costituito da due atomi <strong>di</strong> Elio non legatie che quin<strong>di</strong> non esiste la molecola He 2 .Passando all’atomo successivo, si nota che gli elettroni interni, in questa approssimazione,non contribuiscono alla formazione <strong>di</strong> un legame: si possono dunquecombinare fra <strong>di</strong> loro i soli orbitali <strong>di</strong> valenza. Nel caso <strong>di</strong> Li 2 si mescolerannogli orbitali atomici 2s andando a costruire due orbitali 1σ g e 2σ ∗ u come vistoprima: sarà inoltre possibile ipotizzare che la molecole <strong>di</strong> Be 2 non sia stabile.Passando al boro si nota che gli orbitali 2s sono già doppiamente occupati: sial’orbitale molecolare 1σ g che il 2σ ∗ u saranno quin<strong>di</strong> pieni e non daranno contributoalla formazione <strong>di</strong> un legame. Iniziano d’altra parte ad essere occupati gliorbitali 2p. Ammettendo che la molecola <strong>di</strong> B 2 sia <strong>di</strong>sposta lungo l’asse z:Figura 7.3: Orbitale 2p z• I due orbitali p z potranno sovrapporsi lungo l’asse <strong>di</strong> legame, andando aformare due orbitali molecolari 3 4σ g e 6σ ∗ u.• Gli orbitali p x si combineranno fra <strong>di</strong> loro a dare un orbitale molecolarelegante ed uno antilegante con caratteristiche <strong>di</strong> simmetria <strong>di</strong>verse dagliorbitali σ. Gli orbitali ottenuti, infatti, sono nulli lungo l’asse <strong>di</strong> legame(si ricor<strong>di</strong> che gli orbitali p hanno un nodo in corrispondenza <strong>del</strong> nucleo),inoltre quello ottenuto dalla somma <strong>del</strong>le funzioni p sarà antisimmetricoper inversione, viceversa quello ottenuto dalla <strong>di</strong>fferenza. Gli orbitaliottenuti in questo modo vengono detti 3π u e 5π ∗ g.2 Verrà <strong>di</strong>scusso in seguito come si può procedere applicando il teorema variazionale3 gli orbitali vengono numerati in modo da essere in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> energia crescente. Ci siaspetterebbe che l’orbitale σ legante formato dai due orbitali p z fosse dunque etichettato conil numero 3 e non con il 4; tuttavia per Boro, Carbonio e Azoto si nota che tale orbitale molecolareè meno stabile degli orbitali molecolari π leganti, che assumeranno quin<strong>di</strong> la numerazione3. A partire dalla molecola <strong>di</strong> ossigeno la situazione si “normalizza”.85


Figura 7.4: Gli orbitali molecolari π u e π ∗ gSi noti che quanto detto per i p x vale esattamente anche per gli orbitali p y . Persimmetria, inoltre, gli orbitali molecolare π prodotti da questi ultimo orbitaliatomici avranno la stessa energia <strong>di</strong> quelli ottenuti dai π x : ci saranno dunque duecoppie <strong>di</strong> orbitali degeneri 3π x,u 3π y,u e 5πx,g5π ∗ y,g. ∗ Disponendo gli elettroni negliorbitali seguendo le regole <strong>di</strong> Hund si ottiene, come riportato nel <strong>di</strong>agramma,che la configurazione elettronica <strong>di</strong> guscio esterno <strong>del</strong>la molecola <strong>di</strong> B 2 sarà(1σ g ) 2 (2σu) ∗ 2 (3π x,u ) 1 (3π y,u ) 1 . È interessante definire l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> legame tramiteFigura 7.5: Diagramma MO per la molecola <strong>di</strong> B 2la teoria <strong>del</strong>l’orbitale molecolare: esso è dato dalla metà <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza fra ilnumero <strong>di</strong> elettroni negli orbitali leganti (N l ) e il numero degli elettroni negliorbitali antileganti (N a ):b = N l − N a2Per la molecola <strong>di</strong> B 2 , chiaramente:b B2 = 4 − 22= 186


ovvero il legame che si forma sarà un legame singolo. Si noti che la molecola hadue elettroni spaiati ed è quin<strong>di</strong> paramagnetica.Lo schema ottenuto per il Boro è - come già detto - valido fino all’azoto: procedendonella descrizione <strong>del</strong>le molecole biatomiche omonucleari si trova che lamolecola <strong>di</strong> C 2 è stabile, <strong>di</strong>amagnetica ed ha or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> legame pari a due mentreN 2 , sempre <strong>di</strong>amagnetica e stabile, avrà or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> legame pari a tre. Passandoall’ossigeno l’orbitale σ formato dagli orbitali atomici <strong>di</strong> tipo p z <strong>di</strong>venta energeticamentepiù stabile rispetto al primo orbitale π, dunque la molecola <strong>di</strong> O 2sarà, come deducibile dal <strong>di</strong>agramma riportato in figura, paramagnetica per dueelettroni spaiati ed avrà or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> legame pari a due.Figura 7.6: Diagramma MO per la molecola <strong>di</strong> O 27.2.3 Il teorema variazionale e l’energia degli orbitali molecolariVolendo descrivere una molecola biatomica eteronucleare a livello <strong>del</strong>la teoria<strong>del</strong>l’orbitale molecolare, la mancanza <strong>di</strong> un centro <strong>di</strong> inversione e quin<strong>di</strong> la minoresimmetria complica leggermente il problema. Non sarà infatti più possibiletrarre <strong>del</strong>le conclusioni a priori sui coefficienti <strong>del</strong>la combinazione lineare: essiandranno determinati in modo da minimizzare variazionalmente l’energia.Sia AB una molecola biatomica e siano χ a e χ b due orbitali atomici centratirispettivamente su A e su B. A partire da essi si potranno scrivere due orbitalimolecolari, combinando i due orbitali in modo legante ed antilegante (percomo<strong>di</strong>tà si impone che i coefficienti siano reali):ψ + = λ a χ a + λ b χ b ψ − = µ a χ a − µ b χ b (7.3)87


Per ognuno dei due orbitali la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> normalizzazione fornisce un’unicarelazione fra i coefficienti: l’altra può essere determinata grazie al teoremavariazionale. Infatti, se Ψ T (⃗r 1 σ 1 . . . , ⃗r N σ N ; p 1 . . . p r ) è una funzione d’onda approssimata(“tentativo”) <strong>di</strong>pendente dai parametri p 1 . . . p r , l’energia associataa tale funzione d’onda sarà una funzione dei parametri stessi:E(p 1 . . . p r ) = 〈ΨT |H |Ψ T 〉〈Ψ T |Ψ T 〉Teorema 1 (Variazionale) L’energia ottenuta minimizzando E(p 1 . . . p r ) rispettoai parametri è sicuramente maggiore o uguale a quella esatta <strong>del</strong>lo statofondamentale.Prima <strong>di</strong> procedere con la <strong>di</strong>mostrazione, si vogliono sottolineare due aspettiparticolarmente importanti <strong>di</strong> questo teorema:• Il teorema variazionale limita dal basso le soluzioni. Questo garantisceche l’energia, cercata andando ad ottimizzare i parametri introdotti nellafunzione tentativo, non possa <strong>di</strong>vergere verso meno infinito. Essendo ilpotenziale <strong>di</strong> attrazione Coulombiana in linea <strong>di</strong> principio non limitatodal basso, in quantolimr a→r b−e2|⃗r b − ⃗r a | = −∞il rischio <strong>di</strong> andare molto oltre l’energia <strong>del</strong>lo stato fonddamentale, finoappunto a valori infiniti, esiste concretamente.• Si supponga <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un metodo iterativo che ad ogni passo fa <strong>di</strong>minuire<strong>di</strong> un po’ il valore <strong>del</strong>l’energia: il teorema variazionale garantisceche ci si sta muovendo effettivamente nella giusta <strong>di</strong>rezione, ovvero chepiù piccola <strong>di</strong>venta l’energia più ci si avvicina al valore esatto.La <strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong> teorema si riconduce a far vedere che vale la <strong>di</strong>suguaglianzaE T − E 0 = 〈ΨT |H − E 0 |Ψ T 〉〈Ψ T |Ψ T 〉≥ 0 (7.4)Il denominatore è sicuramente positivo e quin<strong>di</strong> <strong>del</strong> tutto inessenziale ai fini<strong>del</strong>la <strong>di</strong>mostrazione. Siano |ψ j 〉 le autofunzioni <strong>del</strong>l’Hamiltoniano. Poiché esseformano un insieme completo sarà possibile espandere la funzione d’onda <strong>di</strong>prova in una loro combinazione lineare:|Ψ T 〉 = ∑ jc j |ψ j 〉Riscrivendo il numeratore <strong>del</strong>la 7.4 in termini <strong>di</strong> questa espressione e ricordandocheH |ψ j 〉 = E j |ψ j 〉∑〈c j ψ j |H − E 0 |c j ψ j 〉 = ∑jj|c j | 2 〈ψ j |H − E 0 |ψ j 〉 = ∑ j|c j | 2 (E j − E 0 )88


Poiché per definizione <strong>di</strong> stato fondamentale E j ≥ E 0 ∀j la somma è sicuramentemaggiore o uguale a zero, il che conclude la <strong>di</strong>mostrazione. È quin<strong>di</strong> legittimoimporre come con<strong>di</strong>zione sui coefficienti che siano quelli per cui l’energia <strong>del</strong>sistema è minima. Presa, ad esempio, la combinazione lineare ψ + definita nella7.3:E = 〈ψ +|H |ψ + 〉〈ψ + |ψ + 〉= 〈λ aχ a + λ b χ b |H |λ a χ a + λ b χ b 〉〈λ a χ a + λ b χ b |H |λ a χ a + λ b χ b 〉Il denominatore si calcola facilmente ricordando che le funzioni atomiche sononormalizzate:〈λ a χ a + λ b χ b |H |λ a χ a + λ b χ b 〉 = λ 2 a + λ 2 b + 2λ a λ b Sdove si è sfruttata l’ipotesi che i coefficienti fossero reali e si è in<strong>di</strong>cato come <strong>di</strong>consueto con S l’integrale <strong>di</strong> sovrapposizione. Al denominatore sono presentitre termini <strong>di</strong>fferenti:α a = 〈χ a |H |χ a 〉 α b = 〈χ b |H |χ b 〉 β = 〈χ a |H |χ b 〉 = 〈χ b |H |χ a 〉• I termini α a e α b sono detti integrali Coulombiani e rendono conto <strong>del</strong>l’energiaassociata ad una densità <strong>di</strong> carica localizzata rispettivamente sulcentro A o sul centro B: sono entrambi negativi e saranno tanto maggioriin modulo quanto più il centro sul quale sono definiti è elettronegativo.Se gli orbitali χ a e χ b sono caratterizzati da valori simili <strong>di</strong> energia, taliintegrali saranno a loro volta simili.• Il termine β, detto integrale <strong>di</strong> risonanza o Coupling, rappresenta invecel’energia associata alla presenza <strong>di</strong> una densità <strong>di</strong> carica non nulla fra idue centri. Quanto più è negativo, tanto più è forte il legame chimico fraA e BIn conclusione, si ottiene per l’energia:E = λ2 aα a + λ 2 b α b + 2λ a λ b βλ 2 a + λ 2 b + 2λ aλ b SPrima <strong>di</strong> effettuare la minimizzazione è conveniente moltiplicare ambo i membriper il denominatore <strong>del</strong> membro <strong>di</strong> destra in modo da ottenere un’espressionequadratica nei coefficienti: si può così definire una funzione implicita deicoefficienti e <strong>del</strong>l’energia che dovrà essere identicamente nulla:Ω(E, λ a , λ b ) = λ 2 aα a + λ 2 bα b + 2λ a λ b β − E(λ 2 a + λ 2 b + 2λ a λ b S) = 0Affincé l’energia sia minima è necessario che siano nulle le derivate <strong>del</strong>l’espressionescritta rispetto ai parametri:⎧⎨⎩∂Ω∂λ a= (2α a − 2E)λ a + (2β − 2ES)λ b = 0∂Ω∂λ b= (2β − 2ES)λ a + (2α b − 2E)λ b = 0Scrivendo il sistema lineare così ottenuto in forma matriciale, dopo aver <strong>di</strong>visotutto per due:( ) ( )αa − E β − 2ES λa= 0 (7.5)β − 2ES α b − E λ b89


Le equazioni così ottenute vengono dette Equazioni Secolari. Si nota facilmenteche esse possono essere riscritte nel modo seguente:[( ) ( )] ( )αa β1 S λa− E= (H − ES)c = 0 (7.6)β α b S 1 λ bdove H è la matrice Hamiltoniana, i cui elementi sonoH ij = 〈χ i |H |χ j 〉S è la matrice <strong>di</strong> sovrapposizione, doveS ij = 〈χ i |χ j 〉e c è il vettore che contiene i coefficienti. L’equazione, scritta in questa forma,ricorda un problema agli autovalori al quale ci si ricondurrebbe se la base fosseortogonale 4 e le equazioni in questa forma vengono dette Equazioni <strong>di</strong> Roothan.Le equazioni secolari costituiscono un sistema lineare omogeneo: affinchéla soluzione sia non banale è necessario che il determinante <strong>del</strong>la matrice deicoefficienti sia uguale a zero:det(H − ES) = (α a − E)(α b − E) − (β − 2ES) 2 = 0E ± = α √a + α b (αa − α b )±2 + 4β 222Ovviamente si ottengono due possibili valori <strong>del</strong>l’energia: essi determinerannodue coppie <strong>di</strong> coefficienti, ovvero sia quelli <strong>del</strong>la ψ + che quelli <strong>del</strong>la ψ − . Talerisultato era preve<strong>di</strong>bile: a partire da due funzioni <strong>di</strong> base infatti esistono dueorbitali molecolari linearmente in<strong>di</strong>pendenti ottenibili come loro combinazione.Da questo risultato si possono trarre <strong>del</strong>le conclusioni piuttosto importanti <strong>di</strong>carattere generale che guideranno la scelta <strong>del</strong>le funzioni da combinare nellacostruzione degli orbitali molecolari.• Si consideri una molecola omonucleare (α a = α b ). Nell’ipotesi <strong>di</strong> trascurarel’integrale <strong>di</strong> sovrapposizione (o <strong>di</strong> lavorare con una base ortonormale <strong>di</strong>funzioni atomiche), l’energia <strong>del</strong>l’orbitale legante risulta essere E + = α+β,quella <strong>del</strong>l’orbitale antilegante α −β. Dunque il parametro β è fortementecollegato alla stabilizzazione che si ottiene andando a formare un legamechimico, ovvero alla forza <strong>di</strong> legame. Esso sarà tanto più grande in moduloquanto meglio le funzioni atomiche alle quali è riferito interagiscono(in particolare quanto meglio si accoppiano attraverso l’Hamiltoniano):ne segue il fondamentale requisito che gli orbitali abbiano la giusta simmetriaper sovrapporsi nella zona <strong>di</strong> legame; inoltre non devono esseretroppo compatti come gli orbitali interni: nell’approssimazione MO si puòpensare che l’interazione avvenga esclusivamente fra orbitali <strong>di</strong> valenza.• Affinché l’interazione sia efficace è necessario che le energie orbitalichesiano conforntabili: se si avesse |α a − α b | ≫ |β| infatti le energie degli4 Esistono <strong>del</strong>le procedure standard come l’ortogonalizzazione <strong>di</strong> Low<strong>di</strong>n per ricondursi adun problema agli autovalori90


orbitali molecolari sarebbero rispettivamente (si supponga che α a < α bsenza per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> generalità e si trascuri l’integrale <strong>di</strong> sovrapposizione S):√E l = α a + α b+ |α a − α b | 4β1 +22 2 (α a − α b ) 2 ≃ α a + α b+2+ |α a − α b |2E a = α b −α a − α b(2β 2 )1 +(α a − α b ) 2 = α a + β2α a − α bβ2Il termine che viene sommato o sottratto all’energia <strong>del</strong>l’orbitale <strong>di</strong> partenza,d’altra parte, è molto piccolo: ne segue che l’interazione fra gliorbitali è debole.7.2.4 Molecole biatomiche eteronucleariÈ ora possibile costruire gli orbatili molecolari per una molecola biatomica.Utilizzando come esempio la moleocola <strong>di</strong> fluoruro <strong>di</strong> idrogeno e scegliendo zcome asse <strong>di</strong> legame, si vede imme<strong>di</strong>atamente come gli orbitali atomici <strong>di</strong> valenza<strong>del</strong> fluoro con la corretta simmetria per sovrapporsi all’orbitale 1s <strong>del</strong>l’idrogenosono il 2s e il 2p z . L’orbitale 2s <strong>del</strong> fluoro, d’altra parte, ha energia piuttostominore rispetto al 2p e al 2s <strong>del</strong>l’idrogeno: in prima approssimazione 5 si potràquin<strong>di</strong> trascurarne il contributo. Si è quin<strong>di</strong> stabilito che gli orbitali molecolari<strong>di</strong> legame e antilegame <strong>di</strong> HF saranno rispettivamenteψ l = c 1 χ 1s (H) + c 2 χ 2pz (F ) ψ a = d 1 χ 1s (H) − d 2 χ 2pz (F )dove i coefficienti saranno quelli che sod<strong>di</strong>sfano le con<strong>di</strong>zioni espresse nella sezioneprecedente.Figura 7.7: Orbitale molecolare legante per HF . Si noti la presenza <strong>di</strong> un piano nodaledovuto all’orbitale p z <strong>del</strong> fluoro che però non giace nella zona <strong>di</strong> legameÈ importante notare come alcuni orbitali atomici <strong>del</strong> Fluoro rimangano <strong>del</strong> tuttoinalterati: essi, nello schema MO, vengono detti orbitali molecolari <strong>di</strong> non legamee sono denominati con la lettera n. Si riportano in figura l’orbitale <strong>di</strong> nonlegame e, per confronto, lo stesso orbitale nel fluoro isolato: Si vede chiaramenteche l’orbitale atomico è rimasto immutato.5 si tratta effettivamente <strong>di</strong> una approssimazione abbastanza brutale, ma che semplificamolto la costruzione <strong>del</strong> <strong>di</strong>agramma MO91


Figura 7.8: Orbitale molecolare n e orbitale atomico p x7.3 Transizioni elettronicheGli stati elettronici in una molecola sono solitamente separati da energie checorrispondono a ra<strong>di</strong>azione visibile o ultravioletta. Un sistema che interagiscecon una ra<strong>di</strong>azione <strong>del</strong>la giusta frequenza può quin<strong>di</strong> subire una transizionedallo stato fondamentale ad uno stato eccitato, ovvero un’autostato <strong>del</strong>l’Hamiltonianocaratterizzato da autovalore più grande. La teoria <strong>del</strong>l’orbitale molecolare,combinata con alcune approssimazioni, permette <strong>di</strong> dare una descrizionequalitativamente valida <strong>del</strong>le transizioni elettroniche supponendo che esse comportinoche un elettrone venga promosso dall’orbitale in cui si trova allo statofondamentale ad un orbitale vuoto (virtuale) caratterizzato da energia più alta.Poiché le separazioni energetiche fra orbitali pieni e vuoti sono in genere elevate,la spettroscopia elettronica si concentra solitamente sulla transizione checomporta il salto più piccolo, ovvero quella fra l’orbitale molecolare occupato apiù alta energia (HOMO) e quello non occupato a più bassa energia (LUMO).A seconda <strong>del</strong>la natura <strong>di</strong> questi due orbitali sarà quin<strong>di</strong> possibile ottenere unaclassificazione <strong>del</strong>le transizioni.7.3.1 regole <strong>di</strong> selezioneNell’approssimazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo, come <strong>di</strong> consueto, si avrà transizione quando è<strong>di</strong>verso da zero l’elemento <strong>di</strong> matrice〈f|ˆµ|i〉dove |i〉 denota lo stato iniziale (fondamentale) e |f〉 quello finale (eccitato).Limitandosi a considerare la funzione d’onda elettronica 6 e separando la partespaziale (|Ψ〉) dalla parte <strong>di</strong> spin (|ξ〉):〈Ψ i ξ i |ˆµ|Ψ f ξ f 〉 = 〈Ψ i |ˆµ|Ψ f 〉〈ξ i |ξ f 〉 ̸= 0La prima regola <strong>di</strong> selezione si ricava dall’ortogonalità <strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> spin.Poiché il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo elettrico <strong>di</strong>pende solo dalle coor<strong>di</strong>nate l’integralesulla parte <strong>di</strong> spin si fattorizza, ne segue che, affinché la transizione sia permessa,è necessario che∆S = 0 (7.7)6 In seguito si vedrà che sono necessarie <strong>del</strong>le considerazioni anche sulla funzione d’ondadei nuclei92


ovvero che la molecola non cambi il suo stato <strong>di</strong> Spin.determinato da due equazioni:Lo stato <strong>di</strong> spin èS 2 |Ψ〉 = 2 S(S + 1)|Ψ〉S z |Ψ〉 = M s |Ψ〉Essendo lo Spin un momento angolare valgono le proprietà già viste; in particolare−S ≤ M s ≤ SIn particolare si definisce molteplicità <strong>di</strong> spin il valore 2S + 1; uno stato conmolteplicità <strong>di</strong> spin 1 si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> singoletto, 2 <strong>di</strong> doppietto, 3 <strong>di</strong> tripletto e cosìvia. In particolare uno stato che vede tutti gli elettroni fra <strong>di</strong> loro appaiatisarà uno stato <strong>di</strong> singoletto, mentre, ad esempio, la molecola <strong>di</strong> ossigeno nelsuo stato fondamentale, che prevede due elettroni spaiati, sarà un tripletto.Determinare lo stato <strong>di</strong> spin è spesso tutt’altro che banale e non sempre èpossibile attribuirlo “ad occhio” semplicemente osservando un <strong>di</strong>agramma MO,in quanto non tutte le situazioni <strong>di</strong> spin sono facilmente rappresentabili. D’altraparte lo stato caratterizzato dal valore massimo <strong>di</strong> M S , ovvero quello dove glieventuali elettroni spaiati sono ognuno in un orbitale e tutti paralleli, è semprerappresentabile: nel caso <strong>del</strong>l’ossigeno, ad esempio, si può imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong>recheM s = 1 ⇒ S = 1in quanto con due elettroni S = 1 è il massimo valore <strong>di</strong> spin totale che si puòottenere; si potrà dunque attribuire come molteplicità <strong>di</strong> spin 3 e descrivere lostato come un tripletto. 7 Rimane da stabilire quando è <strong>di</strong>verso da zero l’integrale〈Ψ|ˆµ|Ψ〉 (7.8)Un metodo <strong>del</strong> tutto generale viene fornito dalla teoria dei gruppi e sfrutta lasimmetria degli orbitali molecolari. Esso non verrà <strong>di</strong>scusso in modo generale,ma si vedranno alcuni esempi nel <strong>corso</strong> <strong>del</strong>la classificazione <strong>del</strong>le transizioni.Si noti che sia la descrizione attraverso la teoria <strong>del</strong>l’orbitale molecolare <strong>del</strong>lastruttura elettronica che la trattazione <strong>del</strong>l’interazione luce materia come l’interazionefra un campo ed un <strong>di</strong>polo sono approssimazioni: le transizioni cherisultano proibite dalle regole <strong>di</strong> selezione fin qui <strong>di</strong>scusse potranno comunqueessere osservate sperimentalmente, pur presentando intensità minori rispetto aquelle permesse.7.3.2 Molecole poliatomiche e cromoforiLa trattazione svolta finora è valida rigorosamente solo per le molecole biatomiche.Un’ulteriore approssimazione rende possibile una generalizzazione <strong>del</strong>lastessa: in molecole ove fossero presenti gruppi funzionali si può pensare che gliorbitali molecolari siano sufficientemente localizzati da coinvolgere solo il gruppofunzionale stesso. Ad esempio nei composti carbonilici ci sarà un doppietto7 Impresa ben più <strong>di</strong>fficle è descrivere uno stato <strong>di</strong> tripletto caratterizzato da M s = 0utilizzando un <strong>di</strong>agramma MO!93


elettronico localizzato sull’ossigeno a formare un orbitale molecolare <strong>di</strong> non legame,così come ci saranno un orbitale π ed un π ∗ localizzati principalmentesu carbonio e ossigeno. Allo stesso modo gli orbitali π e π ∗ saranno localizzatifra i due carboni coinvolti nel doppio legame negli alcheni non coniugati e cosìvia. È quin<strong>di</strong> possibile generalizzare la descrizione <strong>del</strong>le transizioni ai compostipluriatomici ed iniziare con la loro classificazione:Transizioni σ → σ ∗ Si tratta <strong>di</strong> transizioni caratteristiche <strong>di</strong> molecole comegli alcani, dove gli orbitali sono tutti <strong>di</strong> tipo σ o σ ∗ . Si tratta <strong>di</strong> transizioniad alta energia, le cui banda cadono nel lontano ultravioletto (λ < 200nm). Èfacile vedere che si tratta <strong>di</strong> transizioni permesse per simmetria. In figura sonoFigura 7.9: Gli orbitali σ e σ ∗ nella molecola <strong>di</strong> idrogenoriportati gli orbitali σ g e σu ∗ <strong>del</strong>la molecola <strong>di</strong> idrogeno: si tratta <strong>di</strong> funzionicon una parità ben definita, ovvero sono simmetriche (g) o antisimmetriche (u)per inversione <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate. L’operatore momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo ˆµ = −e⃗r èproporzionale a ⃗r: <strong>di</strong> conseguenza cambia segno per inversione <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate.Dunque l’integrandoσ g (⃗r)ˆµσ ∗ u(⃗r)avrà a sua volta parità definita, in particolare, in<strong>di</strong>cando con la lettera Γ lasimmetria <strong>di</strong> ogni funzione 8 :Γ µfi = Γ σg ⊗ Γˆµ ⊗ Γ σ ∗u= g ⊗ u ⊗ u = gEssendo l’integrando pari, l’integrale sarà <strong>di</strong>verso da zero∫µ fi = d 3 rσ g (⃗r)ˆµσu(⃗r) ∗ ≠ 0 (7.9)e la transizione risulterà permessa. Il metodo utilizzato per stabilire se l’integralenella 7.9 è <strong>di</strong>verso da zero è <strong>del</strong> tutto generale: si <strong>di</strong>mostra infatti che se lamolecola è invariante rispetto ad un certo gruppo <strong>di</strong> trasformazioni <strong>di</strong> simmetria(ovvero se la molecola appartiene ad un dato gruppo puntuale) gli orbitalimolecolare avranno caratteristiche <strong>di</strong> simmetria ben definite e ricollegabili allatavola dei caratteri <strong>del</strong> gruppo puntuale stesso; inoltre, affinché la transizionesia permessa, è necessario che l’integrando risulti totalsimmetrico. Trattando i8 ovviamente g ⊗ g = u ⊗ u = g e u ⊗ g = g ⊗ u = u94


gruppi funzionali come se fossero isolati dal resto <strong>del</strong>la molecola (approssimazione<strong>di</strong> cromoforo) tali considerazioni possono essere estese al gruppo funzionaleisolato stesso. Dunque:∫µ fi = ψ i (⃗r)ˆµψ f (⃗r) ≠ 0 ⇔ Γ µfi = Γ i ⊗ Γˆµ ⊗ Γ f = A 1 (7.10)dove A 1 in<strong>di</strong>ca una funzione che sottende ad una rappresentazione irriducibiletotalsimmetrica <strong>del</strong> gruppo <strong>di</strong> simmetria <strong>del</strong>la molecola, ovvero una funzione cherimane invariata rispetto a tutte le operazioni <strong>di</strong> simmetria che caratterizzanoil gruppo.Transizioni n → σ ∗ Quando in una molecola con soli legami singoli sonopresenti atomi come alogeni, ossigeno, azoto, dotati <strong>di</strong> un doppietto solitario,l’HOMO è solitamente un orbitale <strong>di</strong> non legame n. La transizione n → σ ∗ avvienead energie più basse <strong>del</strong>le transizioni σ → σ ∗ , ma corrisponde comunque alunghezze d’onda inferiori solitamente ai 300nm. La transizione è permessa persimmetria: verrà ora analizzato in dettaglio il caso <strong>del</strong>l’acqua come esempio <strong>di</strong>applicazione <strong>del</strong>la teoria dei gruppi. L’acqua appartiene al gruppo <strong>di</strong> simmetriaC 2v , <strong>di</strong> cui si riporta in tabella la tavola dei caratteri:C 2v E C 2 σ σ ′A 1 1 1 1 1 zA 2 1 1 -1 -1B 1 1 -1 1 -1 xB 2 1 -1 -1 1 yLa tabella contiene tutte le informazioni sulle proprietà <strong>di</strong> simmetria <strong>del</strong>la molecola.Nella prima riga sono riportati il nome <strong>del</strong> gruppo e le classi in cui esso è<strong>di</strong>viso; nel caso C 2v esse corrispondono anche alle operazioni contenute nel gruppo,ovvero E (identità), C 2 (rotazione <strong>di</strong> 180 gra<strong>di</strong> lungo l’asse principale, che sisuppone essere l’asse z <strong>del</strong> sistema <strong>di</strong> riferimento), σ e σ ′ (due piani <strong>di</strong> riflessioneche contengono l’asse <strong>di</strong> legame; si tratta rispettivamente <strong>del</strong> piano yz e <strong>del</strong>piano xz). Le righe successive riportano il nome <strong>del</strong>la rappresentazione 9 e i suoicaratteri. Gli esempi che verranno analizzati riguardano esclusivamente gruppidotati <strong>di</strong> rappresentazioni i cui caratteri possano essere solo 1 o −1: in questocaso 1 identifica una rappresentazione che è simmetrica rispetto all’operazionedescritta dalla colonna in esame, −1 una rappresentazione antisimmetrica. Viè infine un’ultima colonna che riporta come trasformano le coor<strong>di</strong>nate cartesiane.Nel caso <strong>del</strong>l’acqua z trasforma come A 1 , ovvero qualsiasi operazione <strong>di</strong>simmetria <strong>del</strong> gruppo C 2v lascia invariato l’asse z; l’asse x trasforma come B 1 ,ovvero rimane invariato applicando l’identità o la riflessione rispetto il piano xze cambia segno con una rotazione C 2 o per riflessione rispetto al piano yz. Conconsiderazioni analoghe si vede che y trasforma come B 2 .In figura sono riportati l’orbitale n e l’orbitale σ ∗ . Bisogna ora stabilire le loroproprietà <strong>di</strong> simmetria. Ricordando che l’asse z coincide con l’asse C 2 e che lamolecola giace nel piano xz:9 Esso può essere attribuito secondo queste regole: A in<strong>di</strong>ca una rappresentazione simmetricarispetto alla rotazione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne massimo, B una rappresentazione antisimmetrica; ilpe<strong>di</strong>ce viene attribuito in modo che 1 vada alla rappresentazione simmetrica per riflessionerispetto al piano σ, gli altri sono arbitrari. L’attribuzione dei pe<strong>di</strong>ci può essere ambigua, ciòche importa è che la rappresentazione totalsimmetrica sia sempre A 1 .95


Figura 7.10: Gli orbitali n e σ ∗ <strong>del</strong>l’acqua• l’orbitale n cambia <strong>di</strong> segno per una rotazione C 2 , rimane invariato peruna riflessione lungo il piano yz (σ) e cambia <strong>di</strong> segno per una riflessionerispetto al piano xz (σ ′ , il piano <strong>del</strong>la molecola). Dunque la sua simmetriasarà B 1• l’orbitale σ ∗ rimane invariato sia per rotazione lungo l’asse z, sia per riflessionerispetto ad entrambi i piani: sottende quin<strong>di</strong> alla rappresentazioneA 1 .Il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo <strong>di</strong> transizione, dunque, prevederà <strong>di</strong> integrare su tutto lospazio una funzione con simmetriaΓ µfi = B 1 ⊗ Γˆµ ⊗ A 1Il prodotto <strong>di</strong> due rappresentazioni è la rappresentazione che ha come caratteriil prodotto dei caratteri, dunqueB 1 ⊗ A 1 = B 1Rimane da valutare la simmetria <strong>del</strong>le componenti <strong>del</strong>l’operatore momento <strong>di</strong><strong>di</strong>polo. Trattandosi <strong>di</strong> un operatore vettoriale, ognuna <strong>del</strong>le sue 3 componentiandrà esaminata separatamente, d’altra parte nella tabella dei caratteri èriportato come trasformano le coor<strong>di</strong>nate, dunque:Γ µfi⎛= B 1 ⊗ ⎝B 1B 2A 1⎞⎛⎠ = ⎝A 1A 2B 1⎞⎠Dunque, poiché una <strong>del</strong>le componenti (la componente x) <strong>del</strong> momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>poloproduce un integrando totalsimmetrico, l’integrale sarà <strong>di</strong>verso da zero e latransizione permessa per simmetria.96


Transizioni π → π ∗ Sono le transizioni tipiche dei composti insaturi comegli alcheni, gli alchini o i composti aromatici. Sono transizioni permesse persimmetria e solitamente <strong>di</strong> alta intensità; le frequenze <strong>di</strong> assorbimento varianomolto a seconda <strong>del</strong>la presenza o meno <strong>di</strong> coniugazione: una molecola <strong>di</strong> etileneisolata assorbe a circa 160nm, mentre una molecola con 5 o più doppi legamiconiugati inizia ad assorbire nel visibile.Figura 7.11: Gli orbitali π e π ∗ <strong>del</strong>l’etileneTransizioni n → π ∗ Sono le transizioni caratteristiche dei sistemi dove è presenteun doppio legame fra due atomi almeno uno dei quali abbia un doppiettosolitario. Esempi tipici sono i composti carbonilici, i nitrocomposti o i composticon un doppio legame carbonio zolfo. In figura sono riportati gli orbitali n e π ∗per la formaldeide, molecola che verrà utilizzata come esempio e che rappresentabene il cromoforo carbonile. Il gruppo <strong>di</strong> simmetria è C 2v ; con ragionamenti <strong>del</strong>tutto analoghi a quanto visto per l’acqua si vede che l’orbitale n sottende allarappresentazione B 2 , mentre π ∗ trasforma come B 1 , come da figura: . Dunque:⎛Γ µfi = B 2 ⊗ ⎝ B ⎞⎛1B 2⎠ ⊗ B 1 = B 2 ⊗ ⎝ A ⎞ ⎛1A 2⎠ = ⎝ B ⎞2B 1⎠A 1B 1 A 2Poiché per nessuna componente <strong>del</strong> momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo si ottiene un integrandototalsimmetrico il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo <strong>di</strong> transizione sarà nullo e la transizioneproibita. Sperimentalmente la banda n → π ∗ si osserva, ma è caratterizzata daun’intensità molto più bassa rispetto a quella <strong>di</strong> transizioni permesse.7.4 Sottostruttura vibrazionale <strong>del</strong>le transizionielettronicheLa funzione d’onda che descrive lo stato <strong>di</strong> una molecola non è composta dallasola parte elettronica: rimanendo nell’ambito <strong>del</strong>l’approssimazione <strong>di</strong> Born-97


Figura 7.12: Orbitale molecolare n e orbitale molecolare π ∗Oppenheimer, essa può essere vista come il prodotto <strong>di</strong> una parte elettronica eduna nucleare:Ψ(⃗r i , ⃗ R j ) = χ v ( ⃗ R j )ψ n (⃗r i ; ⃗ R j ) = |v, n〉dove come al solito il punto e virgola in<strong>di</strong>ca una <strong>di</strong>pendenza parametrica <strong>del</strong>lafunzione d’onda elettronica dalle coor<strong>di</strong>nate nucleari. I pe<strong>di</strong>ci v ed n in<strong>di</strong>canorispettivamente lo stato vibrazionale <strong>del</strong>la funzione nucleare e lo stato elettronico(n va inteso come un numero che or<strong>di</strong>na gli stati in energia, non come un numeroquantico!) <strong>del</strong>la funzione elettronica. In seguito ad una transizione elettronica,in generale, il sistema verrà a trovarsi in un nuovo statoΨ ∗ (⃗r i , ⃗ R j ) = χ v ′( ⃗ R j )ψ m (⃗r i ; ⃗ R j ) = |v ′ , m〉dove anche lo stato vibrazionale sarà, in generale, mutato: una transizioneelettronica infatti cambierà la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> carica <strong>del</strong>la molecola e quin<strong>di</strong>la superficie <strong>di</strong> energia potenziale sulla quali i nuclei si muovono, sempre nell’approssimazione<strong>di</strong> Born-Oppenheimer. Scendendo in maggiore dettaglio etenendo conto <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate nucleari, l’operatore momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo sarà∑nuc∑elˆµ = e Z jRj ⃗ − e ⃗r i = mu ˆ N + ˆµ eji98


Figura 7.13: Una transizione con massima sovrapposizione fra gli stati vibrazionaliDunque il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo <strong>di</strong> transizione sarà dato daµ fi = 〈v ′ , m| mu ˆ N + ˆµ e |v, n〉 = 〈v ′ , m| mu ˆ N |v, n〉 + 〈v ′ , m|ˆµ e |v, n〉 == 〈v ′ | mu ˆ N |v〉〈m|n〉 + 〈m|ˆµ e |n〉〈v ′ |v〉Il primo termine è nullo: fissato il valore <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate nucleari, infatti, glistati elettronici sono sempre ortogonali fra <strong>di</strong> loro, dunque:µ fi = 〈m|ˆµ e |n〉〈v ′ |v〉 = µ mn 〈v ′ |v〉 (7.11)La <strong>di</strong>pendenza parametrica dalle coor<strong>di</strong>nate nucleari <strong>del</strong>la funzione d’onda elettronicafa si che in generale µ mn sia una loro funzione, è ragionevole tuttaviasupporre che per spostamenti non drastici esso possa essere ritenuto costante.La struttura vibrazionale <strong>del</strong>lo spettro è quin<strong>di</strong> contenuta nel termineS(v, v ′ ) = 〈v ′ |v〉Se gli stati |v〉 e |v ′ 〉 fossero riferiti alla stessa superficie <strong>di</strong> energia potenzialel’unico termine non nullo sarebbe quello per cui v = v ′ , d’altra parte in seguitoad una transizione elettronica è inverosimile supporre il potenziale generato dalladensità elettronica sia rimasto invariato, dunque tutti gli stati |v ′ 〉 darannouna sovrapposizione non nulla con |v〉. Si avranno quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse bande la cuiintensità <strong>di</strong>penderà dalla sovrapposizione: la banda più importante sarà quellocon massimo valore <strong>di</strong> S(v, v ′ ), come riportato in figura 7.4Esiste una spiegazione classica <strong>del</strong>la sottrostruttura vibrazionale, nota comePrincipio <strong>di</strong> Franck-Condon. Il minimo cambiamento <strong>del</strong>lo stato <strong>di</strong>namico deinuclei, visto quantisticamente come la necessità <strong>di</strong> avere massima sovrapposizionefra lo stato vibrazionale <strong>di</strong> partenza e quello <strong>di</strong> arrivo, viene giustificatoconsiderando la transizione elettronica come lo spostamento <strong>di</strong> un elettrone.Essendo la massa dei nuclei molto maggiore <strong>di</strong> quella <strong>del</strong>l’elettrone, essi nonriusciranno ad adattarsi in modo istantaneo al cambio <strong>di</strong> densità <strong>di</strong> carica,ma la transizione avverrà a nuclei fermi. Questi, infine, trovandosi immersi inun nuovo potenziale e quin<strong>di</strong> essendo in una posizione non più <strong>di</strong> equilibrio,inizieranno ad oscillare.99

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