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Risonanze n. 15.pdf - La Tramontana

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isonanzerisonanzeFemminil/mentetrame e segni di donne in “<strong>Risonanze</strong>”I libri di <strong>Risonanze</strong>, Era Nuova, Perugia, 2008Per il nostro progetto abbiamo voluto Felicia Oliviero, per ricordare lei, ma ancheper ricordarci di noi .Per creare un piccolo nodo di fedeltà e continuità a partire da lei, o dalla nostraorigine.Per raccontarci la “scaletta” dei suoi, nostri, desideri di esistenza e di cittadinanza:sessualità, maternità e autodeterminazione,ribellione e libertà,conoscenza eimpegno politico, testimonianza e rischio, contro le guerre, contro la mafi a, controle morti bianche,contro tutte le esclusioni. Perché a noi appartiene imparare dalledonne un certo senso di fare storia e fare vita abbiamo voluto il dono delle paroledi Felicia per il nostro piccolo percorso storico.“Mi viene in mente una parola che si chiama vita,nel senso che è vita dell’essereumano nella sua integrità e completezza”, risponde Clara Sereni alla nostradomanda su quale sia il talento delle donne o quella tale differenza che defi nisce ledonne: “Le donne fanno tante cose insieme... C’è sicuramente nelle donne questoelemento un po’ suicida di consumarsi molto, di buttare in ogni cosa il cuore oltrel’ostacolo…”.Le donne di cui parliamo in questa antologia di <strong>Risonanze</strong> sono tanti pezzi divita che dicono di una sapienza creativa diversa e testimoniano tante modalitàdi essere ed esserci insieme: donne che animano comitati, poetesse, artigiane,insegnanti, donne attive per la pace o le immigrate impegnate nel lavoro di cura,donne che rimandano la propria eco e che fa piacere ascoltare.Rossana Stella“Rallentare i ritmi, ascoltare i silenzi e magari, solo perché è primavera,riscoprireun fi ore solitario, tenero e giallo come il favagello (ranunculus fi caria). Questogiornale, fatto di storie in prima persona, va alla scoperta di luoghi e situazioni, oanche mestieri nati all’ombra di insospettabili passioni.”.Questo si leggeva in apertura del numero Zero della rivista <strong>Risonanze</strong> ed a questoprogetto iniziale la rivista è rimasta fedele in questi anni.Infatti la rivista, nonostante tutto, continua caparbiamente a vivere. E forse è questol’aspetto interessante, la sua vitalità in parte dovuta all’apporto di persone diverse chesono andate ad arricchire il nucleo storico della redazione contribuendo ad ampliareil dibattito, ad osservare la realtà da angolazioni diverse, percependo questo colmeun luogo aperto al confronto. E in questo aggregarsi di soggettività su temi diversi,la componente femminile della redazione ha pensato di riunire in un’antologia articoliche vedono come protagoniste, a vario titolo, delle donne.Abbiamo voluto che non si disperdessero storie narrate, le parole delle personeascoltate, rifl essioni che, pur nell’apparente minimalismo, ci sono sembratesignifi cative nella storia della comunità locale degli ultimi anni, e poi uno dei segnidistintivi di “<strong>Risonanze</strong>” è proprio l’attenzione a ciò che si muove nella società,in quei luoghi dove il cittadino si esprime nelle forme più autonome e diversifi cateriecheggiando ciò che avviene nella società, ma anche rimandando la propria eco.Gabriella Marinelliluoghi, movimenti, culture in prima personan. 15novembre 2008iscritto al n. 1/2002 del R.P., autorizzazione delTribunale di Perugia del 3-1-2002Edizioni Era Nuova, c/o Libreria <strong>La</strong> Lungara,Corso Garibaldi 26, PerugiaPosta elettronica: risonanze@supereva.itSito internet: www.leolink.it/risonanze2000Abbonamento a 4 numeri € 10; abbonamentosostenitore € 25:versamenti sul c/c postale n. 69310498 intestato aRenzo Zuccherini (specifi care la causale)Direttore responsabile: Giorgio FilippiGruppo di coordinamento: Gabriella Brugnami,Giorgio Filippi, Renzo ZuccheriniRedazione del sito www.leolink.it/risonanze2000:Leandro BattistoniIn redazione: Elena Arcari, Leandro Battistoni,Matilde Biagioli, Gabriella Brugnami, BrunellaBruschi, Andrea Chioini, Daniele Crotti, GiorgioFilippi, Marcello Fruttini, Gabriella Marinelli, WalterPilini, Elisabetta Servadio, Rossana Stella, RenzoZuccheriniHanno realizzato le interviste e i servizi di questonumero: Ambra Bambini, Brunella Bruschi,Daniele Crotti, Giorgio Filippi, Claudio Giacometti,Gabriella Marinelli, Walter Pilini, Rossana Stella,Renzo ZuccheriniDisegno di Moreno ChiacchieraImpaginazione: Silvia FunghiTipografi a: Tipografi a Perugina, PerugiaPoste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale 70% - DCB Centro 1 Perugialuoghi, movimenti, culture in prima personaPrima di tutto fa bene al cuore questa onda studentesca.Sono scesi in piazza con la candida spavalderia di chi va ariprendesi qualcosa di proprio. Questa volta non lasciamo chesi rubi il nostro futuro. Con una logica di cassa che taglia i fondistatali non può esistere nessuna tentativo di ristrutturazionedella scuola che pure da anni mostra tutte le sue vistosecarenze. Questo ci ripetono gli studenti che, con insegnanti egenitori, stanno riempiendo le strade e le piazze. Forse si ètoccato un nervo scoperto. <strong>La</strong> minaccia di una scuola pubblicaabbandonata alle ristrettezze da una classe politica vecchiae totalmente incapace di futuro adesso fa dire a molti giovanifi no a ieri chiamati “bamboccioni”, questa crisi non vogliamopagarla noi. Da troppi anni nel nostro Paese l’istruzione e lacultura è roba per “sfi gati” che vogliono trasmettere un sapereche sul mercato non ha valore. I governi che si sono succedutihanno quasi tutti tentato di rinnovare la scuola a costo zeroseminando la sensazione che essa potesse rappresentare ungrande parcheggio o la gigantesca sala d’ attesa di tempesteormonali. In questi anni, tuttavia,molti studenti con le loro famigliehanno continuato ad investirenell’istruzione con la fi ducia chequalcosa sarebbe cambiato inmeglio. “Anche l’operaio vuole ilfi glio dottore” cantava una gloriosacanzone. Adesso è chiaro chenessuno ha saputo raccoglierecon la forza dovuta la sfi da che lascuola rappresenta nel disegno enelle aspettative di futuro. Anchegli insegnanti lasciati soli sonospesso implosi nel brodo delladeprivazione. <strong>La</strong> pedagogia diRousseau, che mette il bambinoal centro, o la scuola di tutti cheaddirittura rimuova gli ostacoli,come detta la nostra Costituzione,adesso sono derubricate a beni dilusso. Meglio il maestro unico cheripristina i voti da uno a dieci conil sette in condotta. Certi politiciaccorti hanno già ammonito chela ricreazione è fi nita. Bisognatagliare. “Più si taglia più si raglia”è scritto in uno dei cartelli diquesta onda studentesca tuttacolorata che fa bene al cuore. Novembre 2008 numero quindici euro 3


e s i s t e n z e<strong>La</strong> sicurezza è nella fi ducia interpersonale e nel vivere gli spazi pubbliciIntervista a Tamar PitchRafforzare la possibilità dicorrere rischiLe misure adottate dai sindaci prima, dal governopoi, sono tutte misure che cavalcano e in uncerto senso stimolano l’insicurezza, l’incertezzae la paura piuttosto che fornire delle soluzioni aquesta insicurezza e a questa paura. Certamentela visione del degrado urbano è qualche cosa che destadisagio, ma il degrado urbano non è fatto tanto o soprattuttoda mendicanti, lavavetri e prostitute che si prostituisconoper strada, quanto invece da periferie maltenute, dal traffi cosenza limiti, da edifi ci fatiscenti, da strade buie. Le misureche sono state prese sono in gran parte misure prettamentepropagandistiche che, come molti hanno detto, servonosemplicemente a criminalizzare il disagio urbano e lapovertà, soprattutto prendersela coi mendicanti o i lavavetriè appunto la criminalizzazione della povertà, piuttosto chela solidarietà si invoca invece la cosiddetta tolleranza zeroche non si sa bene che cosa signifi chi se non una specie dimilitarizzazione del territorio, di cui veramente non si senteil bisogno o per lo meno non si dovrebbe, se non per unbisogno indotto.Dopo i mendicanti e i lavavetri, sono arrivate le misurecontro le prostitute...Quanto poi alle ultime trovate sulla criminalizzazionedelle prostitute e dei clienti sulla base della motivazioneche destano da un lato allarme sociale e dall’altro chesono un’offesa alla morale, la morale lasciamola da parte!Teniamo conto che se c’è chi si prostituisce, c’è perchéesiste un largo mercato fatto da buoni e bravi cittadini italiani,d’altra parte credo che sia sotto gli occhi di tutti il fatto chela mercifi cazione dei corpi, soprattutto dei corpi femminili,ma non soltanto, non passa tanto per la prostituzione dellestrade quanto per le nostre televisioni pubbliche e private.E’ lì che c’è una mercifi cazione allucinante dei corpi.Quando anche si dice o si pensa ai poveri bambini che nondebbono osservare questi spettacoli per strada, pensiamoche li osservano tutti sulla televisione; non credo che cisia grande scandalo da parte dei bambini o comunque sec’è tutto questo scandalo, allora forse, prima, si dovrebbeintervenire sulle televisioni per mostrare un altro tipo diatteggiamento nei confronti dei corpi femminili, ma, insisto,non soltanto femminili.Quindi trovo queste operazioni veramente peggio cheTamar Pitch, docente di sociologia del dirittopresso l’Università di Perugia, in una giornata di studiosulla violenza alle donne, organizzata a gennaio dalla retedelle donne in Umbria, ci aveva dato degli ottimi spuntidi rifl essione,. Due in particolare le considerazioni che ciavevano interessato a proposito di donne e città sicure: ledonne cercano di evitare il rischio del “fuori” concedendosimeno libertà e limitando la propria autonomia, malgradole statistiche dicano che le donne subiscono meno reatidegli uomini; d’altra parte, per le donne è più pericolosol’interno che l’esterno: le donne sono più vittimizzate dachi conoscono che non dagli sconosciuti, accade comeper il paradosso delle prostitute e il protettore, l’uomo èprotettore e carnefi ce. Le politiche sulla sicurezza sonoinsensate, portano come conseguenza alla sterilizzazionedel territorio pubblico come se una città svuotata, senzagente, fosse una città sicura, risultano politiche ineffi caciper la metà della popolazione. Più donne in giro si trovano,più le donne sono sicure, concluse, auspicando, invecedelle misure di protezione,“maggiori risorse per traversareil mondo”.E da qui siamo ripartite con le nostre domande sullostato delle cose dopo i decreti securitari del governo.vergognose, esse vengono naturalmente dal governo, manon soltanto, vengono sia dai sindaci di centro-sinistra chehanno iniziato tutta questa storia che dai sindaci di centrodestra.Qui a Roma, per esempio, io vivo al quartiere Montie porto il cane a passeggiare al parco che si chiama ColleOppio, da due mesi la parte superiore del parco è occupatadai cellulari della polizia e dei vigili urbani che stanno lì a“ramazzare” ambulanti e non so chi altri per le strade, liportano dentro questi cellulari, e poi che cosa ne faccianoio francamente non lo so.Nell’intervento di gennaio hai parlato di “maggioririsorse per traversare il mondo”: quali risorse?Quando parlavo di risorse non intendevo coseparticolarmente nuove: militarizzare il territorio, spenderesoldi per mandare vigili urbani a fare le multe alle prostitute èanche uno spreco di energie oltre che di risorse fi nanziarie,che si potrebbero sicuramente spendere molto meglioper dotare di risorse sociali, economiche e culturali quegliambienti che si ritengono a rischio di produrre disagiosociale, disordine sociale.Secondo me una risorsa primaria che dovrebbe essereattivata oggigiorno è la risorsa culturale che invece è minataalla base, da un lato, soprattutto attraverso i grandi massmedia, non sto parlando di telegiornali o di informazione,sto parlando dei cosiddetti spettacoli di intrattenimento cheveicolano atteggiamenti e modelli culturali molto spessomisogini, razzisti e così via, che spingono verso la paura,l’incertezza e la criminalizzazione dei disagi. Dall’altra parte,mi riferisco al taglio continuo di risorse e quella sfi duciagenerale, generalizzata ma incrementata dal governo,verso quella grande istituzione che è la scuola pubblicache dovrebbe essere, invece che minata alla base come sista facendo, sostenuta e potenziata. E’ solo attraverso unascuola pubblica funzionante e aperta a tutti che è possibileche persone diverse si incontrino, si confrontino.<strong>La</strong> decadenza degli spazi pubblici dove ci si può incontraretra diversi è quello che caratterizza oggigiorno la nostrasocietà, e in particolare quel luogo che è sempre statoluogo di incontri di ogni tipo, anche di scontri, di confl itti,che è la grande città, la città in generale.Ma esiste comunque una percezione, diffusa o indotta,di insicurezza.In particolare mi sento di ribadire che quando si parla disensazione di insicurezza, di percezione di insicurezza,si dovrebbero precisare tante cose: che cosa signifi capercezione, che cosa signifi ca sicurezza, andare a vederea che cosa precisamente ci si riferisce; nel momento in cuisiamo a un passo dal crollo del sistema fi nanziario, in cuici sono le guerre, in cui si parla della catastrofe ambientaleche sta arrivando e così via, mi sembra che un po’ diinsicurezza sia perfettamente comprensibile. Che poi la siriversi sul primo che capita è un escamotage sia personale,che psicologico utilizzato da tutti i governi del mondo perrafforzare il potere.Ribadisco che comunque si dovrebbe fare una distinzioneall’interno della popolazione: una cosa è l’insicurezza ola paura della criminalità percepita dagli adulti, e un’altraquella percepita dai giovani e dai vecchi. Sicuramente unadifferenza fondamentale è quella percepita e gestita ora fragli uomini e le donne: questo non mi sembra una cosa cosìevidente nel senso che gli uomini possono anche essereinsicuri, avere paura, ma hanno paura di solito dei lorosimili, le donne non hanno paura delle donne, hanno pauradegli uomini. In genere il pericolo sia per gli uomini che perle donne è rappresentato da fi gure maschili, dalla maschilitàin generale, questo è molto poco sottolineato, molto pocovisto; certo gli uomini non lo vedono, le donne non semprese ne rendono conto, ma certamente noi ce ne rendiamoconto assai di più. Da questo punto di vista predicare, comespesso si è fatto, alle donne e poi in generale, la prudenza,la precauzione, serve semplicemente a riprodurre da unlato la paura e dall’altro a produrre un mondo di personeche si rinchiudono nel proprio privato per proteggersi edifendersi; quindi lo spazio pubblico si restringe, lo spaziopubblico viene sempre più percepito come pericoloso.E allora come si può ridare una valenza positiva allospazio pubblico?Io ritengo risorsa fondamentale, che invece oggi è purtropposcomparsa, quella della fi ducia interpersonale fra estranei:su questa bisogna puntare, sulla fi ducia interpersonale chea sua volta viene piuttosto prodotta dal poter correre rischi,dal sentirsi in grado di poter correre rischi di vario tipo chenon rinchiudendosi e difendendosi.Allora per poter mettere tutti in grado di poter correre rischioccorre potenziare, piuttosto che diminuire, quelle risorseeconomiche, sociali, culturali, che rafforzino la possibilità dicorrere rischi per quelli che sono sempre stati consideratipiù vulnerabili e più deboli”.Gabriella Marinelli e Rossana Stella Novembre 2008 risonanze 1


dopo le città<strong>La</strong> cittàdelle personeRenzo MassarelliPer cambiare le cose in questa cittàL’Associazione <strong>La</strong> città di tutti è nata nel 1997: inquell’occasione facemmo una raccolta di fi rme, sucui raccogliemmo ottocento fi rme: e al primo postodi quella petizione c’era proprio la proposta di fareil traffi co limitato per le 24 ore. Poi, con l’assessoreCatanelli, vennero le telecamere: e questo provocò le primepolemiche, molto forti, che non sono mai cessate, tra levarie categorie che vivono la città, soprattutto purtroppotra i residenti e i commercianti. Adesso c’è un passo avantidecisivo, che noi auspicavamo già undici anni fa.. E noiponevamo una questione molto semplice: in questa città,all’interno della ztl, ci sono talmente pochi parcheggi, checontinuare ad alimentare le aspettative di parcheggio inun posto dove i parcheggi non ci sono è senza senso, edalimenta soltanto un traffi co vizioso; noi invitiamo il comunea mettere in campo una serie di trasporti alternativi che dianouna risposta completamente diversa alla schiavitù dell’auto,peraltro in un centro storico importante come questo. Unasoluzione che allora sembrava avanzata e tra le prime inItalia, poi abbiamo visto che ormai oggi è stata adottata intutti i centri importanti di carattere storico in Italia. E se noiavessimo fatto come Siena, trenta anni fa, forse oggi glistessi commercianti non sarebbero qui a lamentarsi dei loroproblemi, dimenticando che in realtà i loro problemi sonola pesantezza degli affi tti, la concorrenza dei super mercatifuori, non certo le auto. Noi vediamo che la sera in città cisono cinquemila giovani: questi cinquemila giovani come civengono in piazza IV Novembre? con le auto? e dove lemettono cinquemila auto nel centro storico? Non si tratta didesertifi cazione: chi ha dei ristoranti lo sa bene, che almenoper cinque giorni alla settimana la città è viva, è piena.Semmai ci sono pochi residenti: tant’è che ci sono moltepizzerie, molti pub, ma solo due macellerie, un paio o tre difrutta o verdura, due o tre alimentari. L’altro problema, quellodella sicurezza, viene usato in modo strumentale da chipensa che sia la presenza delle auto a garantire sicurezza:la sicurezza la garantiscono prima di tutto le forze dell’ordine,e poi i residenti e tutti gli altri cittadini che si preoccupano diquesto problema.Roberto Abbondanza<strong>La</strong> vita di Perugia è basata sulla culturaSono grato per avermi invitato quassù all’acropoli, dopo anniche torno assai poco al centro essendo andato ad abitarenelle lontane periferie, quelle poche che sono rimasteancora godibili. Ecco: il problema per me è che fi nalmentevediamo una progettazione, la quale si pone su una lineache era stata caldeggiata dalla Associazione dei cittadini, edi conseguenza merita senz’altro di essere fatta conoscereper quanto di positivo comporta per la bellezza del centrostorico e la sua conservazione. Si tratta di vedere però, edi analizzare, come si possa combinare questa iniziativafondamentale per salvare il centro storico, con quella cheè la vita comune, continua, dei cittadini, delle persone chehanno modo di avere rapporti con il centro storico. Una vitache, noi insistiamo, deve essere fondamentalmente basatasulla cultura. E allora, bisogna saper comunicare questaoperazione, anche per quella che è la passione per il centrostorico, il poterlo frequentare, il poterlo vedere come lo vidiio quasi cinquant’anni fa quando venni a Perugia per laprima volta, e che poi ha rappresentato una delle ragioni percui, quando mi fu proposto di venire a Perugia, per me davasuffi cienti garanzie, che era la vita di Perugia.4 risonanze Novembre 2008 Sala della Vaccara, Associazione <strong>La</strong> città di tutti e rivista <strong>Risonanze</strong>, 28 maggio 2008Carla CicolettiPerugia non è un’eccezioneNell’ambito di precedenti incontri, sono emersi dueproblemi: primo, Perugia come caso quasi isolato; secondo,il contrasto che i residenti del centro storico avrebbero con icommercianti. Allora io sono andata a vedere come è lo statodelle Ztl in Italia. Sono andata a vedere delle città che perdimensioni e per caratteristiche di abitanti sono più simili aPerugia. Siena è già stata ricordata; aggiungo che non soloè chiusa da più di trent’anni, ma è chiusa 24 ore su 24; sipossono avere dei permessi temporanei per entrare che nonpermettono di sostare se non per trenta minuti. Ma non sologli ultrasettantenni hanno diritto a un permesso per i proprifamiliari: il permesso è dato anche ai nipoti, ragazzini chehanno i nonni dentro la ztl: così si aiutano i nonni a vedere inipoti. Quindi non è la chiusura della ztl o area pedonale chepuò impedire di mantenere i legami familiari, come qualcunoaveva detto. Ferrara, a tutela del proprio centro storico, circatrenta anni fa ha creato la ztl all’interno della cerchia urbana;da circa cinque anni la ztl è stata estesa ed è stato fattoun nuovo regolamento di accesso, che ha ristretto ancoradi più la possibilità di entrare. Lucca: stessa situazione,con una restrizione dalle 7 alle 10 di mattina e d’estatedalle 22 alle due di notte. Padova: è dall’89 che è vietatoentrare nella ztl, dalle 0 alle 24, compresi i giorni festivi, conl’unica eccezione della zona intorno alla Basilica del Santo.Parma: con il regolamento ztl, ha chiuso da molto tempo, enegli ultimi tempi ha aumentato sia le restrizioni sia l’area;molto spesso all’interno della ztl ci sono le zone pedonali.Arezzo è un’altra città che ha chiuso tutto il centro storicocon i varchi elettronici, il sistema è quello di Bologna, il Sirio,con orari di chiusura dalle 8 alle 24 di tutti i giorni dell’anno;non è consentita nemmeno la sosta. Vi cito soltanto ancoraBolzano, perché ha un divieto di ingresso e sosta dalle ore9 della mattina. Da questa breve panoramica risulta quindinon solo che Perugia non è un’eccezione, ma non ha maitoccato gli attuali orari da molti anni. Quindi io credo che,vista anche la riorganizzazione della mobilità urbana, questacosa prima o poi si deve fare, come era stata prevista già damolto tempo.Per ciò che riguarda il contrasto tra residenti e commercianti,dico che è presunto, perché dobbiamo renderci conto cheesistono ormai a Perugia due tipi di commercianti: quelli,molto pochi, che hanno mantenuto la propria attività, e invecele grandi catene in concessione (franchising). Il centro storicodi Perugia ha subito uno snaturamento rispetto alle tipologiedi negozio, perché sono aumentate enormemente sia inegozi di abbigliamento, scarpe, ecc., sia i punti da cui si puòasportare il cibo: nel senso che lo si consuma sul marciapiedi,e naturalmente si beve; e quindi tutto questo naturalmenteha scacciato tante attività, e dal punto di vista commerciale ilcentro storico ha perso quasi ogni attrattiva. Io mi chiedo, e lochiedo ai commercianti che ancora hanno mantenuto la propriaattività: vogliamo recuperare questa funzione del centro? lapossiamo recuperare insieme solo se ci sono anche i residentistabili; ma di un certo tono, che non necessariamente signifi camerci costosissime, ma che signifi ca non merci globalizzate,non merci che si trovano identiche a Calcutta come a CorsoVannucci. Questa mancanza di funzione commerciale delcentro storico si accompagna anche ad un depauperamento diquelle che sono state per secoli le funzioni amministrative delcomune: qui sono rimaste le funzioni di rappresentanza, cheperò non hanno come conseguenza di far venire su parecchiimpiegati ed utenti; e quelli sì rappresentavano qualcuno cheacquistava delle cose, se non altro il panino o il pranzo veloce.Renzo ZuccheriniNon serve la macchina, servono collegamentirapidi<strong>La</strong> rivista “<strong>Risonanze</strong>” si è occupata da sempre di questotema, quindi interviene questa sera anche per questo motivo:il tema della città, di come dev’essere la città, e in qualecittà noi ci immaginiamo di vivere. Bisogna che ci facciamoun’idea che il centro è “un” centro della città, ce ne sono altrinello stesso territorio comunale, anche se certo rimane uncentro speciale, non solo sul piano simbolico ma anche sulpiano fattuale, per cui il centro non è solo di chi ci abita o dichi ci lavora ma è di tutta la città.Ora io credo che non possiamo parlare del tema della nuovaregolamentazione della zona a traffi co limitato, non escluso,nella zona medievale della città, senza riferirlo a quelli chevengono in centro, perché in centro non ci sono solo i residenti,ma ci vengono i cittadini di tutta Perugia, oltre a turisti e adaltri visitatori. Ma perché i cittadini di Perugia, dell’Umbria, dialtre zone del paese, vengono nel centro storico? Ci sonodelle funzioni speciali, e correlate una all’altra, che nonhanno gli altri centri. Quindi si viene in centro storico ancoraper le funzioni amministrative che ancora rimangono; unavolta ci si veniva anche per esercitare la funzione politica:oggi questa mi sembra dimenticata. Rimangono certamentele funzioni economiche, in particolare le funzioni commerciali;ma certamente la proliferazione dei centri commerciali hacreato una situazione diffi cile per il centro storico: non sipuò più pensare ad esempio che questo sia il luogo dellaspesa settimanale. Ma la funzione principale, che vorreisottolineare, è quella culturale e relazionale: il centro haquesta specifi ca funzione; certo, parlando di cinema: seautorizziamo Centova, nel momento in cui Centova viene arealizzarsi, il Turreno chiude. Noi possiamo dire tutto quelloche vogliamo, e l’abbiamo detto, ma la mobilità non è unfatto asettico: se facciamo delle scelte, sappiamo che poine pagheremo le conseguenze. E’ chiaro che aprire luoghidi attrazione commerciale, tutti esattamente al di fuori deiluoghi serviti da mezzi pubblici, porta la gente a prenderela macchina; non c’è altro modo: come si fa ad andare aCollestrada? come si fa ad andare al Gherlinda? come sifarà per andare a Centova? con la macchina, a meno chel’assessore non metta un’altra linea ancora di autobus, perinseguire una organizzazione commerciale pensata per lamacchina.Ho elencato alcuni dei motivi per cui la gente viene incentro; ebbene, sono tutti motivi per cui l’auto non servea nulla: io non ho bisogno dell’auto per fare un certifi cato,non vengo in auto per andare al cinema, salvo che sia di


e s i s t e n z e<strong>La</strong> sicurezza è unbrividoIntervista a Francesco TullioIl acuto e inconsueto che porta labrivido della sicurezza. Psicopoliticadel terrorismo, dello squilibrioambientale e nucleare è un saggiofi rma dello psichiatra e psicoterapeutaesperto di mediazioni, Francesco Tullio.Ci può spiegare, anzitutto, perchéha usato proprio questo termine dipsicopolitica?Con questo sottotitolo ho voluto richiamaregli addetti alla sicurezza, scuotendolicon un termine forte, all’importanzadella questione ambientale e l’ho fattoevidenziandone il nesso con gli altriaspetti.Può indicare, in sintesi, quali sono gliaspetti più salienti di quella che Leichiama patologia collettiva?<strong>La</strong> patologia collettiva consistenell’incapacità di trovare un punto diequilibrio delle normali emozioni umane cheeviti il danno: l’umanità ha un “cancro” chela rende incapace di trovare una mediazionesostenibile tra interessi e spinte diverse nelrispetto del pianeta, degli altri popoli e dellegenerazioni future. Peraltro, dal momentoche non tutti sono e saranno colpiti allostesso modo (anzi, alcuni tendono adesportare la malattia pensando di evitarla)è necessario prendere coscienza, appunto,che di malattia si tratta e che bisogna fare ilpossibile per curarla.E la frenesia dello sviluppo?C’è una parte dell’umanità che nonriposa, che ha un bisogno impellente diagire, che è pervasa da un iperattivismodella produzione e del consumo. Unaossessione compulsiva e pericolosa pertutti, dove si scambia il Pil (il prodottointerno lordo, la misura della ricchezzaeconomica di una nazione) per benessere(lo “stare bene”).Cosa ci dice poi del consumismo?Una parte del pianeta produce e consumaa proprio vantaggio scaricando i costisull’ambiente di tutti. Ora questa partedel pianeta che consuma smisuratamentediventa più ampia, ma l’ambiente primao poi non regge più. Allora emergonopiù sconvolgimenti e di conseguenzaaumentano le lotte per acquisire omantenere i vantaggi. In questa dinamicaho preso in esame i meccanismi dell’avidità2 risonanze Novembre 2008 e della dipendenza. Il primo spesso va benoltre la copertura dei bisogni essenziali ediventa arroganza. Ma evidenzio anchela partecipazione passiva ed a mio avvisocorresponsabile dei consumo-dipendenti,quelli che fruiscono dei vantaggi perconformismo, cioè della maggioranza dellapopolazione dei paesi “sviluppati”. Questaparte del mondo produce enormi quantitàdi rifi uti (inizialmente non considerati) eduno smisurato inquinamento chimico il cuicosto ricade sull’intera umanità e forsemaggiormente su chi non sta nel girovizioso del “consuma e distruggi”.Che intende lei per mente viscerale?Si mette in moto quando le scelte vengonofatte per una emozione e non c’è equilibriofra rifl essione, emozioni ed azioni. Questomeccanismo entra in funzione più spessodi quanto si creda anche a livello collettivoe travalica, allora, l’intelligenza ed ilbenessere con comportamenti distruttivi econseguenze drammatiche. Per esempio,c’è il rischio che la lotta al terrorismo vengadettata dalla paura e dal bisogno di sfogarsie produca danni invece di soluzioni.Cosa vuol dire quando allude allacontrapposizione tra noi e loro, inparticolare riferendosi al terrorismo?Molto schematicamente (riferendociall’Islam): noi ci stiamo alterando per ilterrorismo, che ovviamente rifi uto, maevitiamo di considerarne le motivazioni.E non ci indigniamo per le nostre azioniFrancesco Tullio è medico psicosomatista ad indirizzo integrato, psichiatra epsicoterapeuta. Libero professionista a Perugia e a Roma, è esperto di mediazioni edi trasformazioni dei confl itti. È docente di Strategie comunicative e competenzerelazionali nella gestione delle crisi al Master Comunicazione e relazioni interpersonaliall’Università di Siena/Arezzo ed è Visiting professor alla Facoltà della Sicurezza,Università di Belgrado. Ha al suo attivo molte pubblicazioni in Italia e all’estero ed èstato, tra l’altro, promotore dei Corpi Civili di Pace. Il brivido della sicurezza è statotradotto e pubblicato in gran parte su «Medicine, Conflict and Survival» (organo dellasezione inglese della Ippnw), e su «Human Security Journal» rivista della Facoltà diSicurezza, Università di Belgrado, in serbo.che portano alla riduzione degli spazi disopravvivenza altrui e alla ferita del pianeta;loro sono arrabbiati per l’invadenza dellanostra cultura che ritengono distruttiva equindi anche responsabile del dissesto.Purtroppo nella nostra logica più diffusa,noi si trasforma in: “tutti coloro che lottanocon gli strumenti della civiltà” e loro in“coloro che usano il terrore, la ritorsione,la violenza e la “giustizia-fai-da-te”. Ese ascoltassimo ciò che hanno da direin modo che non arrivino a dirlo con laviolenza?Lei crede in una terapia, una cura perla nostra società, malata nel profondo,e parla di dimensionamento dellosviluppo e di redistribuzione internaed esterna delle risorse. Può fornircielementi concreti in questa direzione?Uso questa metafora medica, perché sonomedico. C’è da dire che esistono oggigruppi spirituali e/o movimenti per la pacee vanno bene: si ha bisogno di maturazioneinteriore. Tuttavia è necessario anche unintervento nel sociale e nel politico. Chefare? Smetterla di usare il Pil come unitàdi misura del benessere e di scambiareil possedere con lo stare bene. Inconclusione, non maggior sviluppo (legatoall’avere), ma meno sviluppo e maggiorequalità nelle nostre vite; ridurre i consumie la quantità degli oggetti di cui siamosommersi e si traducono sempre più inspazzatura ineliminabile; riorganizzare lasocietà in modo di produrre e consumareciò che serve davvero a tutti; tornare aiprodotti alimentari reperibili nei territoridi naturale produzione e circoscriverneperciò la distribuzione… e molto altro chenon sto qui ad elencare. Si tratta, comequalcuno ha già detto prima di me, diprepararci ad una decrescita felice. Sulpiano sociopolitico è urgente sostituirealla legge della forza, la forza della legge.Per ciò che attiene alla politica c’è unpunto per me nodale: nel Consiglio disicurezza dell’Onu ci sono già tre membripermanenti europei ed ora si prospettache ne entri un quarto (la Germania),perché Gran Bretagna e Francia nonsembrano per ora disponibili a trattareuna rappresentanza comune. Sarebbeinvece uno sconvolgimento positivo chel’opinione pubblica europea imponesseai propri stati di trovare un accordo equesti presentassero al Consiglio diSicurezza un solo membro! Questo è unpassaggio chiave, che darebbe all’Europala possibilità di unifi carsi per davvero, maanche di imporre al pianeta un salto diqualità nella considerazione degli interessiglobali. <strong>La</strong> proposta è più visionaria cheimprobabile. Tuttavia un movimento diopinione in tal senso dovrebbe primadi tutto coinvolgere la Associazione deiMedici per la prevenzione della guerranucleare (Ippnw).Tale organizzazione,avendo favorito, negli anni ’80 il dialogoUsa-Urss (che portò alla riduzione delletestate nucleari) ed avendo ottenuto perquesta ragione il premio Nobel per laPace, è in posizione strategica per trattarecon i governi europei, francese ed inglesein particolare, e convincerli.Ambra BambiniSilvana Sonno, Femminile esingolare, Il Filo, Roma 2007Silvana Sonno continua l’esplorazione enarrazione del mondo femminile, iniziatacon i suoi precedenti lavori, Colpo distecca e Il gioco delle nuvole. Negli ottoracconti che compongono la raccoltavengono tratteggiate fi gure di donne nellaloro ricerca di una propria strada personaleper uscire o dal dolore per la perditadi un fi glio, o dalla ferita di un amoresbagliato, oppure dalla vita stessa quandoconsapevolmente si reputa di aver esauritoil proprio ciclo. Donne di età diverse, maaccomunate dalla lucida analisi di sé edel mondo che passa attraverso le piccolecose del quotidiano: il gesto familiare chediventa rito, l’osservazione della naturae l’attenzione agli altri, la propria storiadi cui si portano i segni. Perugia è losfondo di alcuni dei racconti e viene coltanel suo aspetto di città che, nella suaprovinciale organizzazione in gruppi chiusied abbastanza impermeabili, non facilita irapporti manifestando una sua vocazioneconservatrice. (Gabriella Marinelli)Da dove vengo io. Chi sta, chi ritorna,chi parte dall’Umbria in quindici racconti,a cura di Giovanni Pannacci, GiulioPerrone editore, Roma 2007In copertina un papavero che ricordala piana di Colfi orito non rende giustiziadell’inquietudine che attraversa ilraccontare di questi giovani scrittori. Ilracconto di Marco Santopaolo, che dàanche il titolo a tutta la raccolta, arriva conla tonalità di una nostalgia che frantuma lostereotipo dell’Umbria verde da cartolina.Un’Umbria piccola piccola, un “possessofervente”. Ed esalta quel suo punto divista caldo e “miope”: quella miopia chedecide colori, contorni e fi gure. GiovanniPannacci lo confessa: almeno un paiodi volte ha scambiato due chiacchierecon Monica Bellucci: un racconto puònascerci, per sorridere con leggerezza.Barbara Pilati che vive tra Perugia eAtlanta, e Claudia Andreani che vive incampagna sposata con un cantante dimusica irlandese. Poi Mario Bani che ciracconta la musica come linguaggio diuna intera generazione: il suo lavoro ditestimonianza trova la forma del raccontoma ci suggerisce che molto altro cisarebbe da dire della Umbertide di queglianni. Paola Bizzarri che da Assisi si ètrasferita a Londra. Massimiliana VanacoreFalco che scrive poesie, recita e costruisceburattini. Adele Flammia dall’Irpinia siè trasferita a Perugia e scrive racconti.Vanessa Bandi che adesso vive a Saronnoed è autrice di guide turistiche. FrancescoMassinelli studia chitarra fl amenca ecanto lirico. Cristina Bani, insegnante dimatematica e fi sica a Milano arriva quicon le sue “signorine Lucarini”. Poi DavideRossi che ha vissuto un lungo periodonei territori palestinesi occupati. SilvanaSonno abita a Perugia ed ha al suo attivola pubblicazione di racconti e romanzi.Marico Kanda, nata e vissuta in Giappone,adesso vive in Italia. Eleonora Siniscalchiha studiato danza e adesso vive aRoma. Questa Umbria piccola e inquietaraccontata da chi sta, chi ritorna, chi parte.(Giorgio Filippi)schede a margine


schede a marginelinguaggi e scritturePercorsi Umbri, RivistaAntropologica della Provincia di Perugia,n.2/3 (giugno 2008)È uscito il nuovo numero, monografi co,dedicato al cibo e all’alimentazione, ovveroal ruolo che questi due aspetti rivestonoall’interno della cultura materiale.I vari contributi ci permettono di avere unquadro d’insieme della nostra realtà regionale,contraddistinta da un alto dinamismo,oscillante tra mutamento e tradizione. Tragli altri, si segnala il palmare saggio che lagiornalista ed esperta gastronoma Rita Boinidedica alla torta al testo, oggi abbinata, ariprova di una tradizione “evolutiva”, anchealla Nutella. A corredo del numero, oltre arecensioni e schede bibliografi che, c’è larassegna di alcune tesi di laurea sostenute nelperiodo 1956-2001 su questioni concernentil’alimentazione in Umbria presso l’Istitutodi Etnologia e Antropologia Culturale (poisezione antropologica del Dipartimento Uomoe Territorio) della Università degli Studi diPerugia. (Walter Pilini)Marinella Temperoni, Quando il pane eradi granturco, Thyrus ed., Arrone 2004.I libro di Marinella Temperoni raccoglie 43interviste ad ultraottantenni umbri e sardivissuti in piccole realtà di paese. Prefatoda Walter Pilini, il lavoro si propone di darcorpo ad una preziosa testimonianza sulledinamiche socioculturali di una societàcontadina di cui si vanno perdendo le tracce,e soprattutto di valorizzare i dialetti, idiomiintrisi di affetti, sofferenze, conoscenze,elaborate e vissute in questo mondo, checostituisce un po’ la radice di quello presente.Un esempio delle più vivaci curiosità narratedagli intervistati: i giochi realizzati con legalle degli alberi, l’affascinante e faticosapreparazione del pane, le ciabatte costruitecon le gomme delle biciclette, le memoriedi poesie studiate a scuola e di quelleoccasionali improvvisate in dialetto nellericorrenze, la guerra e la dittatura, la rigiditàdelle regole e la trasgressione, semprerimossa e occultata fra i comportamenticonvenzionali. (Brunella Bruschi)Lo spirito della poesia, a cura diAlessandro Ramberti, Fara Editore, Rimini2008.È un volume nato dal convegno sullo spiritodella poesia, svoltosi il 19 aprile 2008 a S.Miniato al Monte, Firenze. Il tema si annunciain modo ambizioso e arduo, ma si può forsesemplicemente tradurre nella domanda:”Ha un senso la poesia, oggi?”. Certo ciòche immediatamente appare attraverso gliinterventi intensi,scavati, dialoganti, è ladiffi coltà di formulare domande sull’essenzadel fare poetico, che, si rivela proteiforme ecreativamente sfuggente. Gli autori rifl ettonoe si confrontano sulla vitalità e lo status dellapoesia ai giorni nostri, esplorando le relazionitra vita e scrittura,tra passato e presente,le peculiarità e i sensi di una poesia “civile”,la ricerca di una dimensione ultraterrenaattraverso la parola poetica e la suapeculiare facoltà di rappresentare il mondo.Suggello alle rifl essioni sono i numerosi testipoetici tratti dalle proprie recenti raccoltee quelli citati di grandi poeti d’ogni tempo.I partecipanti sono sedici scrittori e criticiprovenienti da diverse città italiane, tra cui laperugina Brunella Bruschi.6 risonanze Novembre 2008 Le Edizioni CorsareGiocare aiCorsari di cartaIntervista a Giuliana FantiAquali motivazione risale l’aver dedicato la casaeditrice ai Corsari? E a quali di essi si riferisce: aquelli fantastici delle avventure di Salgari, a quellidi matrice pasoliniana, ai pirati che infestanoancora oggi i mari dell’Indonesia o delle Antille?Nella scelta di un logo concorrono fattori personali, culturali,ma anche una buona parte di gioco, di ironia; o semplicementesi sceglie un nome perché piace, perché si pensa che possafunzionare.Quanto questa suggestione “piratesca” influisce sulle suescelte editoriali?Edizioni Corsare è una micro casa editrice assolutamente libera,indipendente, dunque puo’ “correre il mare” dell’editoria scegliendoquello in cui crede, quello che le piace di più pubblicare.Può parlarci di qualche sua pubblicazione che lei ritienesignificativamente corsara?<strong>La</strong> collana Scenica, dedicata al teatro contemporaneo internazionalerappresenta bene questa ‘vocazione’: sono testi di autori di moltipaesi (diversi i nuovi drammaturghi africani) che toccano temispesso diffi cili, che hanno molto da dire al lettore/spettatore.Ma anche la produzione dedicata ai ragazzi è attraversata dallastessa libertà e da un’attenzione particolare alla qualità. Penso cheper un editore parli il suo catalogo, se si ha la pazienza di dargliun’occhiata.E quale il maggior successo? in quante copie vendute siconcretizza un successo?Ho avuto buoni riscontri con alcuni libri per ragazzi. Per un piccoloeditore oggi in Italia vendere duemila copie di un titolo è ungrande successo... questo risponde anche a qualche domandasuccessiva...Una domanda a carattere personale: l’essere donna influiscein qualche modo sulle sue scelte e sulla sua attività in unmondo nettamente maschile?Certamente, essere donna o uomo è caratteristica inscindibiledall’essere persona, dunque anche dal mestiere che si fa. I rapporticon gli autori, con gli illustratori, le scelte editoriali, perfi no le sceltegrafi che sono probabilmente infl uenzate anche da questa mia“caratteristica”. Per il resto sì, essere donna - chissà perché - signifi casempre fare più fatica per far apprezzare il proprio lavoro.Lei si sente più editrice o stampatrice? In altre parole, pubblica aspese del bilancio editoriale o a carico dell’aspirante scrittore?Per rispondere a questa domanda basta dare un’occhiata alcatalogo di Edizioni Corsare; è un catalogo con una linea editorialeben precisa, e con molti autori professionisti, cosa diffi cile darealizzare se si è editori-stampatori. Dunque, non godendo dirisorse “altre”, pubblico a spese del bilancio, e del mio lavoro... cheper fortuna è - quasi sempre - un bellissimo lavoro.È facile, difficile o impossibile far quadrare il rapporto entrateuscite?Diffi cile, molto diffi cile, ma, a forza di errori e di correzioni di rotta- e di tanta caparbietà - non impossibile.Un editore locale riesce a crearsi una sua nicchia di affezionatilettori?Penso che Edizioni Corsare sia una piccola realtà, ma non possadefi nirsi un editore locale, perché la sua produzione non è legatatematicamente al territorio; naturalmente in questi otto anni la casaeditrice ha allargato il bacino di operatori e lettori che conoscono eapprezzano il suo lavoro... Per questo è stata ed è fondamentale anchela partecipazione ad alcune fi ere nazionali, importanti come verifi ca eincontro con il pubblico e con librai, bibliotecari, esperti e giornalisti.Pensa di avere un suo ambito culturale specifico? Consultandoi cataloghi dei tanti editori regionali, si può affermare chesiano ognuno la fotocopia dell’altro: stesse collane, stessiambiti, stesse impostazioni.Edizioni Corsare ha una collana di teatro contemporaneointernazionale: Scenica; una collana di libri illustrati per ragazzi:Area ragazzi; una collana di teatro per ragazzi:Facciamo teatro!; da poco ha avviato Percorsid’arte, una collana di libri-laboratorio per bambinisull’arte. Sì, penso di avere un ambito culturalespecifi co.Tra voi editori umbri prevale un rapporto diconcorrenza o siete uniti in associazioni oin qualche specie di conf-editoria umbra? Agiudicare da come è organizzata Umbria Librisi direbbe: “ognun per sé…”.Finora non ci sono stati molti rapporti; quest’annola novità è che ci stiamo riunendo da alcuni mesi per mettere apunto iniziative che diano maggiore visibilità alla mostra deglieditori umbri in occasione di Umbrialibri.Umbria Libri sempre più va affermandosi come grandekermesse letteraria tipo Mantova: tanto spazio ai grossi nomia tutto svantaggio delle iniziative che si svolgono alla RoccaPaolina. Che gliene pare? Ha proposte in merito?Certo, la mostra alla Rocca Paolina è andata sempre piùsguarnendosi di pubblico, ma forse la colpa è anche di noi editoriche dobbiamo uscire più allo scoperto con proposte interessanti...Il mondo (dell’editoria e non solo) è grande e ci si deve confrontare,per migliorarsi e allargare i propri orizzonti.Considerando che lo stato aiuta i giornali, il cinema, leorchestre, i teatri, pensa che anche la microeditoria dovrebbeveder compensati i suoi sacrifici?Purtroppo quando si parla di editoria si fa molta confusione e sitende a generalizzare. Un piccolo editore che scelga di “navigare”con le proprie forze e senza compromessi per “rendere pubbliche”opere dell’ingegno che valga la pena di far circolare, potrebbee dovrebbe essere non dico fi nanziato (!), come succede in altripaesi e per i soggetti che avete citato, ma almeno non ostacolatoda intralci di ogni tipo.E gli enti locali intervengono in qualche modo nelsostenervi?Non so cosa accada agli altri; per quanto mi riguarda la miaproduzione cammina sulle sue gambe.Quali iniziative pensa dovrebbero essere adottate perdare spazio culturale, commerciale e logistico alle vostrepubblicazioni?Penso che sia importante entrare in rete con gli interlocutori naturalidi una casa editrice: scuole, università, biblioteche, operatori culturali;in questo senso l’ente locale può aiutare mettendo a disposizione lesue connessioni. Anche i momenti fi eristici nazionali e internazionalisono importantissimi; una maggiore visibilità per le produzioninelle fi ere a cui ad esempio la Regione Umbria partecipa sarebbeun grande aiuto. <strong>La</strong> realizzazione di un sito internet di Umbrialibri(tutte le fi ere li hanno con link sui siti dei singoli editori) sarebbeun’opportunità in più di avere visibilità. Certo, non l’unica si spera.Ci risulta che lei non si occupa solo di editoria, ma di una seriedi attività parallele e in qualche modo connesse. Ce ne vuoleparlare?Mi occupo da anni del mondo della comunicazione, sono iscrittadal ’93 come pubblicista all’Ordine dei Giornalisti, mi piace scriveree, pur non essendo illustratrice, ho illustrato il libro L’Isola dei DueSoli del mio carissimo amico Piero Fabbri... praticamente tutto ilmio tempo è assorbito dal lavoro editoriale, che comporta molteplicifunzioni.Olga di Comite e Marcello Fruttini


p e r i f e r i eStorie di luoghi, storie di vita<strong>La</strong> memoria parlantedi Civitella d’ArnaDa anni ti occupi di ricerche di toponomastica,dapprima a scuola, come insegnante,successivamente in proprio, come studioso edesperto. In quest’ultimo lavoro su Civitella d’Arna,quali sono le novità?L’opera si differenzia notevolmente, anche nel titolo - Civitella d’Arna- Storie di luoghi, storie di vita - dalle due precedenti: I nomi di luogo diPaciano e Panicale, la prima, I nomi di luogo di Piegaro, la seconda.In queste c’è stato il coinvolgimento delle scuole, con buoni risultatiottenuti sul piano educativo e didattico per gli alunni coinvolti, male indagini hanno riguardato un numero di informatori limitato, serapportato alla vastità dei territori indagati. Nel caso di Civitella cisi è trovati ad esplorare un’area piuttosto ristretta, con conseguentipercorsi d’indagine analitici e particolareggiati. Soprattutto, però, èstato possibile coinvolgere la comunità del luogo, in particolar modoalcune storiche famiglie, radicate profondamente nel territorio;accanto a quelle che vi abitano tuttora, altre sono state “richiamate”dai luoghi di residenza attuali. È stata, così, ricomposta la memoriaparlante di Civitella, che, con il supporto di materiali documentalied iconografi ci, unici ed inediti, ha permesso di ricostruire la storiadel paese. Dopo un capitolo essenziale di “Note storiche”, con ilricorso alle tradizionali fonti bibliografi che ed archivistiche, sui secolipassati, particolare spazio è stato riservatoagli ultimi decenni della mezzadria, da quelliimmediatamente antecedenti la II guerramondiale, fi no agli anni Settanta-Ottanta, gliultimi, per l’applicazione di tale antichissimaforma di contratto. Il prezioso recupero hatoccato vari settori: i toponimi, certamente,vista l’impostazione della Collana, Atlantetoponomastico della Provincia di Perugia, nellaquale l’opera è inserita, ma anche aspetti divita, strettamente legata ai luoghi esplorati;attività economiche, nel descrivere le qualisono riemersi elementi, solidi e sperimentati,appartenenti alla cultura materiale dell’epoca;ed ancora: manifestazioni e pratiche religiose, ormai scomparse; ilrichiamo a certi valori e principi di vita sociale e familiare, che hannorappresentato i cardini, ai quali la civiltà contadina e mezzadrile si èappellata, lungo secoli, per sopravvivere…Provincia, Comune, Circoscrizione e “Pro-loco” sono coinvoltia vario titolo nella ricerca: quali sono i rispettivi ruoli?Sarebbe auspicabile, in un’eventuale prosecuzione futura dellaCollana, il coinvolgimento delle tre Istituzioni citate nella domanda,visti i contenuti e le fi nalità di questo tipo di indagini; ciò consentirebbedi poter contare su più ampie sinergie e risorse. Finora è stata lasola Provincia, Assessorato all’Ambiente, a sostenere il progetto,accollandosi le spese editoriali, per intero nelle due pubblicazioniprecedenti, in buona parte per l’attuale.Una considerazione a parte riguarda le “Pro-loco”, che possonoricoprire un ruolo prezioso nella realizzazione di un prodotto conquesta impostazione; in tal senso, la Proarna di Civitella ha offertoun primo esempio signifi cativo, anche partecipando alle spese dipubblicazione, ma soprattutto contribuendo in maniera determinanteal recupero di molti contenuti, sopra sinteticamente elencati. Inquesto ambito, una nota di particolare merito va riconosciuta alPresidente, <strong>La</strong>mberto Salvatori, il quale, oltre ad essere stato ilprimo informatore, e guida, nel corso dei numerosi sopralluoghi sulIntervista a Ornero Fillantiterritorio, ha assolto a compiti e funzioni imprescindibili; oltre a curarerapporti con Istituzioni e Privati, ha recuperato preziosi, ed inediti,materiali; soprattutto, è stato tramite indispensabile negli incontri edialoghi con gli informatori, in particolar modo i più anziani.E quello dell’Università, nella persona del Professor AntonioBatinti?Il Professor Batinti, ideatore dell’Atlante toponomastico, nella vestedi responsabile scientifi co, per l’Umbria, del Progetto nazionale“Toponomastica italiana” (Università di Firenze e Università diPerugia), è coordinatore di opere e studi pubblicati in tale ambito;in molti di questi compaiono suoi contributi, su temi ed argomentispecifi ci. Così è stato anche per il lavoro su Civitella, nel quale èriportata una sua scheda sul toponimo Arna.Quanto sta facilitando il tuo lavoro la tua origine contadina,per di più in un luogo non lontano da qui?In misura notevole, sia nell’osservazione ed esplorazione autonoma diluoghi e realtà delle varie aree oggetto d’indagine, sia, soprattutto, nelcorso di dialoghi ed incontri con gli informatori anziani. In tali momenti,infatti, questi si trovano in una situazione per loro assolutamentenuova, inusuale ed inconsueta. Sono, quindi, assolutamentecomprensibili atteggiamenti e stati d’animo che denotano, spesso,almeno nell’impatto iniziale dell’esperienza, incertezza, insicurezza,titubanza…; talvolta ancheansia, agitazione…Diventa,allora, fondamentale, da partedel rilevatore, mettere in attopiccole strategie rassicurantie tranquillizzanti. Tra queste,ha il suo indiscutibile peso, senon dichiarare, far chiaramenteintendere, all’interlocutore, dipossedere la sua medesimaprovenienza socio-familiare;questo, con l’utilizzo, innanzitutto,di un frasario lessicale, e di unaterminologia, che non lo metta affatto in soggezione; sotto questoaspetto, nel condurre la presente indagine, sono “rientrato”, dopole due esperienze precedenti, nell’area dialettologica a me piùfamiliare, nella quale può, anche geografi camente, essere compresoil mio paese natale, Morleschio, distante solo pochi chilometri daCivitella. L’altro elemento, altrettanto importante, per comprovarela comune provenienza, alla quale mi sono riferito, riguarda laconoscenza, in larga parte, dei contenuti fondamentali, oggetto direcupero. Richieste di chiarimenti e precisazioni, comprensibili daparte di chi non “appartiene” al mondo del parlante, fi nirebbero,con molta probabilità, con il porre un freno alla libera e spontaneacomunicazione di quest’ultimo.Hai già in cantiere nuovi progetti di ricerca?Anche in relazione a considerazioni sopra esposte, non sono ingrado, al momento, di prevedere nuovi, e già individuati, percorsid’indagine. Intendimento dell’Assessore Cristofani è di dar seguitoal progetto; egli ha ipotizzato di rivolgere l’attenzione a piccolearee, all’interno del territorio comunale di Perugia, sull’esempio,dal punto di vista della metodologia e dei coinvolgimenti, diquanto realizzato con il lavoro su Civitella; sembra, comunque,indispensabile anche il reperimento di nuove risorse, forze efi gure, per la conduzione di indagini che richiedono energie ecompetenze.Ornero Fillanti, laureato in lettere classiche all’Università di Perugia, è stato insegnante di materie letterarie nelle Scuole Medie eSuperiori della Provincia fi no all’anno scolastico 2000/2001. Collabora, dal 1996, al Progetto “Fare toponomastica a scuola”, comecomponente del gruppo locale di ricerca e del gruppo di formatori degli insegnanti. Ha pubblicato, in questo ambito: Agello: nomi,persone luoghi (Provincia di Perugia-Pro Loco di Agello, Perugia 1997); Alla scoperta dei nomi di luogo (Provincia di Perugia-Comune di Magione, Perugia 2001); Morleschio (Provincia di Perugia-Comune di Perugia, Perugia 2003); con Antonio Batinti, I nomidi luogo dei territori comunali di Paciano e Panicale (Provincia di Perugia, Perugia 2005), I nomi di luogo del territorio comunale diPiegaro (Provincia di Perugia, 2007). Ha condotto, presso la Scuola Media di Magione, un’indagine sociolinguistica, Dalla lingua algioco, dal gioco al giocattolo (Provincia di Perugia-Comune di Magione, Perugia 2003), sui giochi di ieri e di oggi. Ha pubblicato Cartee parole in gioco (Era Nuova, Perugia 2006), un’indagine sociolinguistica sul lessico popolare dei giochi di carte. È autore, inoltre, diuna raccolta di scritture poetiche in dialetto perugino, Dai Cutu a Magnavino, curata da Walter Pilini (Perugia 1997).Tracce, a cura di Nicoletta DiGregorio e Anna Maria Giancarli,Edizioni Tracce, Pescara 2007;Magis, a cura di Aglaia Viviani, EdizioniMorgana Firenze 2008.È importante in tema di poesia segnalaredue signifi cative antologie nazionali direcente pubblicazione, che accolgonoanche autrici umbre: Tracce e Magis.Tracce raccoglie poesia femminile dallediverse realtà nazionali, e si proponedi confermare l’esistenza di una lineapoetica che, affondando radici nelpassato, manifesta un innovativo vigoreespressivo, poiché rappresenta unpeculiare sguardo sulla realtà odiernaed uno strenuo confronto con la culturamaschile più diffusa. Dopo la feliceraccolta del ’92 l’antologia vuole dinuovo offrire un ventaglio di voci attuali,attraverso un’ampia gamma di soluzionimusicali e rappresentative, che riguardanoautrici già inserite nella storia della ricercapoetica italiana, autrici appartenenti adiverse generazioni e formazioni, chesempre hanno in comune l’urgenza di“creare un luogo dell’autentico”, intessutod’esperienza, di memoria, di intenseilluminazioni: da Alda Merini, a Maria LuisaSpaziani, da Stevka Smitran a MarciaTheòphilo, da Bianca Maria Fra bottaa Mariella Bettarin. Inoltre le “perugine”Gladys Basagoitia, Brunella Bruschi eAnna Maria Farabbi.Recentissima l’antologia Magis, pubblicataa Firenze da Morgana Edizioni, raccogliepoesie e racconti dedicati all’esperienzadell’insegnamento, che talvolta si rivelaanche percorso di apprendimento vero eproprio, occasione d’indagine più profondanell’esistenza, esercizio profi cuo di virtù.<strong>La</strong> scelta dei testi è curata da AglaiaViviani, quella dei grafi ci che illustrano illibro (tra cui Sergio Staino) è realizzata daAlessandra Borsetti Venier. Tra gli autori:Franco Loi, Mariella Bettarini, GabriellaMaleti, Ruth Cardenas e le “perugine”Vittoria Bartolucci, Gladys Basagoitia,Brunella Bruschi, Anna Maria Farabbi.(Brunella Bruschi)Giulia Coletti, <strong>La</strong> biografia e l’archiviodi Adolfo Bolli. Un medico socialista,Quaderni marscianesi, Marsciano 2008<strong>La</strong> vita di Adolfo Bolli ha attraversato,con coerenza morale e politica, momentistorici così diversi e diffi cili come lacostruzione del movimento socialista nelprimo Novecento in Umbria e in particolarea Marsciano, la sua ascesa nel primodopoguerra e la successiva sconfi tta adopera del fascismo, il confi no di poliziaalle isole Tremiti (uno dei luoghi più terribiliper i condannati), e infi ne la liberazione,la riscossa, la conquista del Comune e lanomina a Sindaco. Giulia Coletti, autricedel libro, opera una scrupolosa disaminadei materiali raccolti nell’archivio Bollie fa emergere la bella fi gura di questomedico, che dalla cultura scientista eradicaleggiante di fi ne Ottocento seppepassare alle nuove idee socialiste,sostenendo le lotte popolari senza maidimenticare la sua dedizione professionalee lo spirito umanitario. Novembre 2008 risonanze 7schede a margine


linguaggi e scrittureUn’esperienza culturale, musicale e popolare tra gli anni Sessanta e Settantasera, non ho bisogno della macchina per andare ad unincontro culturale. E neanche la funzione commerciale, oquella professionale, richiedono l’auto: se vado dal notaio,ho forse bisogno dell’auto per portarmi via l’atto notarile?Sono dunque tutte funzioni per cui la macchina non serve,ma servono evidentemente i collegamenti rapidi, sia verso ilcentro che dal centro alla periferia. Certamente, la funzioneresidenziale è importante, ma sull’abbandono del centroda parte dei residenti ci sono responsabilità: è vero checambiano le leggi, ma è anche vero che certi cambi troppofacili di destinazione d’uso hanno favorito il fenomeno.Se il garage lo faccio diventare casa per studenti, lamacchina non ce la metto più, la lascio fuori, oltre a farvivere lo studente in una cantina, in un basso, come sidiceva una volta. Io penso anche ai nuovi insediamentinel centro storico: ma se continuiamo ad autorizzare unitàabitative inferiori a 50-60 metri quadri, noi le famiglie nonce le portiamo nel centro storico, vuol dire che continuiamoa pensare a sfruttare la situazione ma non a riportare lafunzione residenziale nel centro. In tutte queste cose, nonè vero che l’auto serve sempre; certo, la macchina serve:ma la bozza di nuovo regolamento è composta di trentaarticoli, di cui ventisei sono eccezioni, cioè ci sono ventiseicasi, a parte i residenti, di ingresso di non residenti nelcentro storico per i motivi più diversi, magari tutti giusti;però l’idea di fondo rimane quella che io posso vivere lacittà senza essere sopraffatto dalle auto.Del resto, la ztl non è la pedonalizzazione di tutto il centrostorico: è una limitazione dell’uso del mezzo privato. Perquesto, insieme ad altri amici, ho fatto la scelta di dire chequesta bozza di regolamento è interessante, va sostenutanella discussione, perché ci permette di stabilire una tappapositiva di un percorso verso una città vivibile, respirabile,una città in cui si possa incontrare gli altri...Nel maggio 2008, il Comune aveva propostol’estensione a 24 ore quotidiane della zona a traffi colimitato nel centro storico. <strong>La</strong> proposta, dopo leproteste dei commercianti e di alcuni gruppi politici,è stata ritirata.Intervista a Lorenzo Fioretticon Lorenzo Fioretti è perle ore 21 a casa sua, una casupola adpiano lungo la strada statale che daMagione porta verso Chiusi, poco prima diL’appuntamentoS. Arcangelo, sulla sinistra, con gradevolevista sul <strong>La</strong>go Trasimeno. Siamo in quattro, io (Daniele,in veste di “free-lance”), Claudio (in qualità di intervistatoreuffi ciale), Fernando per un servizio fotografi co e Vimal perla videoregistrazione con telecamera professionale.Don Lorenzo (nato nel 1931) è stato parroco a Pretola dal1957 al 1976. Per scelte personali ha poi rotto dapprimacon la Curia e con la Chiesa, quindi con gli abitanti delluogo, ed infi ne se ne è andato, “povero in canna” (dice),per iniziare un’esperienza come prete operaio, per poiessere “spretato” e ritirarsi nei pressi del paese natale(Monte del <strong>La</strong>go).Ci accoglie amichevolmente, ci mostra la sua casa (più“kitch” che “naif”), ricorda brevemente (con un pizzico diamarezza) parte della sua esperienza pretolana e poiaccetta volentieri la nostra intervista, non prima di averglispiegato il perché di questa nostra presenza.Come e quando hai conosciuto il Gruppo della BrigataPretolana?Che io sappia il gruppo esisteva già quando arrivai. Io avevola necessità di conoscere la gente del posto per potermiintegrare e svolgere la mia funzione. Il modo migliore diavvicinare la gente per conoscerla era di entrare nella loroquotidianità, nelle loro dimore, nelle botteghe, nei bar, ecosì via. Allora vi erano due bar. Siamo nel 1958, credo,e in questi bar spesso compariva un gruppo di persone,tutti maschi (io ne ricordo essenzialmente cinque), che,per puro spirito di allegria, cantava e suonava in modobizzarro. Un bicchiere o due e subito, con cucchiai,forchette forse, bicchieri, piani dei tavoli, e così via, eccoil via ai loro “concertini”. Canti popolari, i più, da loro inparte rivisitati e interpretati in modo pittoresco. Erano UgoPapppafava, il “direttore d’orchestra” direi, Nello Giostrelli,per me elemento fondamentale, Pierino Bracarda e i duefratelli Alunno, Remo e Roberto. Gino Giostrelli, il sesto,voi me lo ricordate, sì c’era, ma assai di rado a quanto misembra di ricordare.Subito dopo le loro prime apparizioni ed averli cosìin qualche modo conosciuti, ho proposto loro non diimprovvisare ogni volta le loro esibizioni ma di cercare diprepararsi una sorta di programma, una specie di menù,una scaletta insomma, sì da garantire una certa continuitàe robustezza alle loro “performances”. Sono io che li hoiniziati alle rappresentazioni uffi ciali. Vi era a Monte del <strong>La</strong>goin quegli anni un ristorante-albergo (il Belvedere) presso ilquale ogni 31 dicembre, da qualche anno, si invitavanoal cenone di S. Silvestro personaggi della canzone allorain voga; io ricordo Orietta Berti ed Ornella Vanoni, adesempio. Beh, io proposi al gruppo (conoscendo i gestoridel Belvedere) di esibirsi colà; non ricordo quale annofosse, forse era il ’59 o il ’60. Loro accettarono e la cosa sifece; a metà cenone iniziarono a cantare alla loro manierae fu un successone. Credo proprio che questa sia statala loro prima uscita fuori Pretola e circondario. A Montedel <strong>La</strong>go c’erano tante tante persone, molte venute daPerugia, forse anche gente dello spettacolo, per cui essiacquistarono una fama tale che qualche anno dopo li portòa Torino, ad un importante festival.Ricordi qualche episodio o aneddoto particolareriguardante il gruppo o i singoli elementi?Non saprei. Diciamo che il loro pregio, la loro forza, laloro abilità furono quelli di cogliere al volo l’atmosfera deltempo che stavano e stavamo tutti vivendo. Quel periodo,che necessitava di allegria, fu da loro valorizzato graziealla loro stranezza, stramberia, originalità. Loro, tuttiquanti, calamitavano le persone, uomini e donne (con lavoglia di ballare; ricordate l’Adelma?), i giovani e i meno<strong>La</strong> BrigataPretolanagiovani, grazie a questa capacità, semplice e simpatica, diraccontare a loro modo la vita di quegli anni.Quale importanza hanno avuto nel contestopaesano?Ribadisco quanto detto. Ogni periodo ha la sua peculiarità,la sua attrazione. In quegli anni, a cavallo del 1960, viera il gusto dell’allegria paesana. Loro hanno preso lospunto e la spinta dall’ambiente giovanile d’allora (loroche giovani non lo erano più), che era allegro, anche seancora povero ed umile. Pensate solo alla vita e al lavoronei campi (ben espressi dai canti dei mietitori e dai cantidei vendemmiatori, in parte da loro stessi ripresi). Vi erapovertà, fame (ancora, in fondo, reduci dalla guerra), mavoglia di allegria; ed era un’allegria spontanea, semplice,vera, convissuta. Ecco, loro hanno saputo prendere eridare alla gente questo spirito allegro.Quale impatto avevano con la gente e come eranoaccolti? Come venivano giudicati?Erano accolti bene, benissimo. Battimani a non fi nire,ogni volta. Era una frenesia, la loro e quella degli altri. Iostesso li ho così altre volte invitati a cantare e suonare,per esempio ad un carnevale dei bambini a fi ne anni ’60(ecco le foto, ci dice; e ce le presta), all’interno del Cif(Centro Italiano Femminile, ad estrazione cattolica), e inaltre circostanze. Mai però in occasioni che avevano a chefare con cerimonie religiose.C’erano altri cantori?No, loro erano così talmente vivi e, in maniera positiva,accentratori, che di fatto tutto ruotava attorno a loro. Ionon posso dire di averli conosciuti a fondo. In ogni casoil giudizio nei loro confronti è stato quasi sempre positivo.Erano matterelli, ma … seri. Pappafava era un onestoassicuratore, Giostrelli abile negoziante (di frutta e verdura),Roberto un bravo mugnaio, Remo un buon muratore.Ecco, qualche perplessità l’ho avuta solo verso Bracarda,perché di “bocca e lingua troppo facile”, lui che venne asostituire il campanaro precedente, ma troppo spesso …bestemmiava. Già! Ad un certo punto, dopo anni in auge,viene il momento della discesa. Così successe anche aloro. Ma io ero già “fuggito” da Pretola. Poi ho saputo chepoco dopo un paio di loro sono deceduti e così quell’epocaè fi nita. Ma, ripeto, io ero già altrove e lontano dal quelmondo pretolano.Daniele Crotti, Claudio Giacomettie Associazione per l’Ecomuseo del Fiume e dellaTorre, Pretola, PerugiaNel corso del 2008 è nostra intenzioneproseguire con altre interviste a chi, tra i familiari,gli amici, gli appassionati e i cultori del canto edella cultura popolari, ha avuto modo di conoscere,ricordare e potere così tramandare il ricordo di quellaesperienza musicale e di vita vissuta, per certi versidel tutto peculiare. Novembre 2008 risonanze 5

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