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Risonanze n. 15.pdf - La Tramontana

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linguaggi e scrittureUn’esperienza culturale, musicale e popolare tra gli anni Sessanta e Settantasera, non ho bisogno della macchina per andare ad unincontro culturale. E neanche la funzione commerciale, oquella professionale, richiedono l’auto: se vado dal notaio,ho forse bisogno dell’auto per portarmi via l’atto notarile?Sono dunque tutte funzioni per cui la macchina non serve,ma servono evidentemente i collegamenti rapidi, sia verso ilcentro che dal centro alla periferia. Certamente, la funzioneresidenziale è importante, ma sull’abbandono del centroda parte dei residenti ci sono responsabilità: è vero checambiano le leggi, ma è anche vero che certi cambi troppofacili di destinazione d’uso hanno favorito il fenomeno.Se il garage lo faccio diventare casa per studenti, lamacchina non ce la metto più, la lascio fuori, oltre a farvivere lo studente in una cantina, in un basso, come sidiceva una volta. Io penso anche ai nuovi insediamentinel centro storico: ma se continuiamo ad autorizzare unitàabitative inferiori a 50-60 metri quadri, noi le famiglie nonce le portiamo nel centro storico, vuol dire che continuiamoa pensare a sfruttare la situazione ma non a riportare lafunzione residenziale nel centro. In tutte queste cose, nonè vero che l’auto serve sempre; certo, la macchina serve:ma la bozza di nuovo regolamento è composta di trentaarticoli, di cui ventisei sono eccezioni, cioè ci sono ventiseicasi, a parte i residenti, di ingresso di non residenti nelcentro storico per i motivi più diversi, magari tutti giusti;però l’idea di fondo rimane quella che io posso vivere lacittà senza essere sopraffatto dalle auto.Del resto, la ztl non è la pedonalizzazione di tutto il centrostorico: è una limitazione dell’uso del mezzo privato. Perquesto, insieme ad altri amici, ho fatto la scelta di dire chequesta bozza di regolamento è interessante, va sostenutanella discussione, perché ci permette di stabilire una tappapositiva di un percorso verso una città vivibile, respirabile,una città in cui si possa incontrare gli altri...Nel maggio 2008, il Comune aveva propostol’estensione a 24 ore quotidiane della zona a traffi colimitato nel centro storico. <strong>La</strong> proposta, dopo leproteste dei commercianti e di alcuni gruppi politici,è stata ritirata.Intervista a Lorenzo Fioretticon Lorenzo Fioretti è perle ore 21 a casa sua, una casupola adpiano lungo la strada statale che daMagione porta verso Chiusi, poco prima diL’appuntamentoS. Arcangelo, sulla sinistra, con gradevolevista sul <strong>La</strong>go Trasimeno. Siamo in quattro, io (Daniele,in veste di “free-lance”), Claudio (in qualità di intervistatoreuffi ciale), Fernando per un servizio fotografi co e Vimal perla videoregistrazione con telecamera professionale.Don Lorenzo (nato nel 1931) è stato parroco a Pretola dal1957 al 1976. Per scelte personali ha poi rotto dapprimacon la Curia e con la Chiesa, quindi con gli abitanti delluogo, ed infi ne se ne è andato, “povero in canna” (dice),per iniziare un’esperienza come prete operaio, per poiessere “spretato” e ritirarsi nei pressi del paese natale(Monte del <strong>La</strong>go).Ci accoglie amichevolmente, ci mostra la sua casa (più“kitch” che “naif”), ricorda brevemente (con un pizzico diamarezza) parte della sua esperienza pretolana e poiaccetta volentieri la nostra intervista, non prima di averglispiegato il perché di questa nostra presenza.Come e quando hai conosciuto il Gruppo della BrigataPretolana?Che io sappia il gruppo esisteva già quando arrivai. Io avevola necessità di conoscere la gente del posto per potermiintegrare e svolgere la mia funzione. Il modo migliore diavvicinare la gente per conoscerla era di entrare nella loroquotidianità, nelle loro dimore, nelle botteghe, nei bar, ecosì via. Allora vi erano due bar. Siamo nel 1958, credo,e in questi bar spesso compariva un gruppo di persone,tutti maschi (io ne ricordo essenzialmente cinque), che,per puro spirito di allegria, cantava e suonava in modobizzarro. Un bicchiere o due e subito, con cucchiai,forchette forse, bicchieri, piani dei tavoli, e così via, eccoil via ai loro “concertini”. Canti popolari, i più, da loro inparte rivisitati e interpretati in modo pittoresco. Erano UgoPapppafava, il “direttore d’orchestra” direi, Nello Giostrelli,per me elemento fondamentale, Pierino Bracarda e i duefratelli Alunno, Remo e Roberto. Gino Giostrelli, il sesto,voi me lo ricordate, sì c’era, ma assai di rado a quanto misembra di ricordare.Subito dopo le loro prime apparizioni ed averli cosìin qualche modo conosciuti, ho proposto loro non diimprovvisare ogni volta le loro esibizioni ma di cercare diprepararsi una sorta di programma, una specie di menù,una scaletta insomma, sì da garantire una certa continuitàe robustezza alle loro “performances”. Sono io che li hoiniziati alle rappresentazioni uffi ciali. Vi era a Monte del <strong>La</strong>goin quegli anni un ristorante-albergo (il Belvedere) presso ilquale ogni 31 dicembre, da qualche anno, si invitavanoal cenone di S. Silvestro personaggi della canzone allorain voga; io ricordo Orietta Berti ed Ornella Vanoni, adesempio. Beh, io proposi al gruppo (conoscendo i gestoridel Belvedere) di esibirsi colà; non ricordo quale annofosse, forse era il ’59 o il ’60. Loro accettarono e la cosa sifece; a metà cenone iniziarono a cantare alla loro manierae fu un successone. Credo proprio che questa sia statala loro prima uscita fuori Pretola e circondario. A Montedel <strong>La</strong>go c’erano tante tante persone, molte venute daPerugia, forse anche gente dello spettacolo, per cui essiacquistarono una fama tale che qualche anno dopo li portòa Torino, ad un importante festival.Ricordi qualche episodio o aneddoto particolareriguardante il gruppo o i singoli elementi?Non saprei. Diciamo che il loro pregio, la loro forza, laloro abilità furono quelli di cogliere al volo l’atmosfera deltempo che stavano e stavamo tutti vivendo. Quel periodo,che necessitava di allegria, fu da loro valorizzato graziealla loro stranezza, stramberia, originalità. Loro, tuttiquanti, calamitavano le persone, uomini e donne (con lavoglia di ballare; ricordate l’Adelma?), i giovani e i meno<strong>La</strong> BrigataPretolanagiovani, grazie a questa capacità, semplice e simpatica, diraccontare a loro modo la vita di quegli anni.Quale importanza hanno avuto nel contestopaesano?Ribadisco quanto detto. Ogni periodo ha la sua peculiarità,la sua attrazione. In quegli anni, a cavallo del 1960, viera il gusto dell’allegria paesana. Loro hanno preso lospunto e la spinta dall’ambiente giovanile d’allora (loroche giovani non lo erano più), che era allegro, anche seancora povero ed umile. Pensate solo alla vita e al lavoronei campi (ben espressi dai canti dei mietitori e dai cantidei vendemmiatori, in parte da loro stessi ripresi). Vi erapovertà, fame (ancora, in fondo, reduci dalla guerra), mavoglia di allegria; ed era un’allegria spontanea, semplice,vera, convissuta. Ecco, loro hanno saputo prendere eridare alla gente questo spirito allegro.Quale impatto avevano con la gente e come eranoaccolti? Come venivano giudicati?Erano accolti bene, benissimo. Battimani a non fi nire,ogni volta. Era una frenesia, la loro e quella degli altri. Iostesso li ho così altre volte invitati a cantare e suonare,per esempio ad un carnevale dei bambini a fi ne anni ’60(ecco le foto, ci dice; e ce le presta), all’interno del Cif(Centro Italiano Femminile, ad estrazione cattolica), e inaltre circostanze. Mai però in occasioni che avevano a chefare con cerimonie religiose.C’erano altri cantori?No, loro erano così talmente vivi e, in maniera positiva,accentratori, che di fatto tutto ruotava attorno a loro. Ionon posso dire di averli conosciuti a fondo. In ogni casoil giudizio nei loro confronti è stato quasi sempre positivo.Erano matterelli, ma … seri. Pappafava era un onestoassicuratore, Giostrelli abile negoziante (di frutta e verdura),Roberto un bravo mugnaio, Remo un buon muratore.Ecco, qualche perplessità l’ho avuta solo verso Bracarda,perché di “bocca e lingua troppo facile”, lui che venne asostituire il campanaro precedente, ma troppo spesso …bestemmiava. Già! Ad un certo punto, dopo anni in auge,viene il momento della discesa. Così successe anche aloro. Ma io ero già “fuggito” da Pretola. Poi ho saputo chepoco dopo un paio di loro sono deceduti e così quell’epocaè fi nita. Ma, ripeto, io ero già altrove e lontano dal quelmondo pretolano.Daniele Crotti, Claudio Giacomettie Associazione per l’Ecomuseo del Fiume e dellaTorre, Pretola, PerugiaNel corso del 2008 è nostra intenzioneproseguire con altre interviste a chi, tra i familiari,gli amici, gli appassionati e i cultori del canto edella cultura popolari, ha avuto modo di conoscere,ricordare e potere così tramandare il ricordo di quellaesperienza musicale e di vita vissuta, per certi versidel tutto peculiare. Novembre 2008 risonanze 5

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