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Il comportamento umano negli incendi - gruppo di ricerca in ...

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I N . . . F O R M A Z I O N ELo stu<strong>di</strong>o sul<strong>comportamento</strong><strong>di</strong> evacuazionenelle Tw<strong>in</strong> TowersLa fuga <strong>in</strong> casi<strong>di</strong> emergenzapuò causarecomportamentigregarievacuazione delle 15.000 persone nelle Tw<strong>in</strong> Towers l’11 settembre2001, è stato stimato che il 70% delle persone nel WTC (world tradecenter) che sopravvissero a quel <strong>di</strong>sastro, prima <strong>di</strong>fuggire, parlarono fra loro sul da farsi e sul cosa stessesuccedendo. Proulx (2005) ha analizzato i resoconti<strong>di</strong> 324 persone sulla loro evacuazione dai grattacieli,l’83% ha giu<strong>di</strong>cato la situazione molto grave nei primim<strong>in</strong>uti dopo lo schianto; tuttavia anche dopo aver vistole fiamme, il fumo e le carte che volavano, solo il 55%dei superstiti è evacuato imme<strong>di</strong>atamente, il 13% siè fermato per recuperare i propri beni personali e il 20% ha messo<strong>in</strong> sicurezza i suoi dati personali e poi ha girato per il piano prima<strong>di</strong> evacuare, l’8% aveva <strong>in</strong>izialmente deciso <strong>di</strong> restare ma dopo hacambiato idea.L’evacuazione da un e<strong>di</strong>ficioF<strong>in</strong>o a poco tempo fa una folla <strong>in</strong> fuga da uno spazio chiuso acausa <strong>di</strong> un <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o veniva considerata come un liquido <strong>in</strong> uscitada un contenitore, che sfruttava ugualmente tutte le aperture perevadere. Qu<strong>in</strong><strong>di</strong> maggiore è il numero delle uscite più velocemente il“contenitore” veniva vuotato. Ma questo modello “idraulico” non rendeconto della realtà: oltre all’<strong>in</strong>gegneria, bisogna <strong>in</strong>cludere conoscenzeche derivano dallo stu<strong>di</strong>o dei comportamenti umani <strong>in</strong> psicologia enelle scienze sociali. La folla non è un fluido ma è fatta <strong>di</strong> personeche pensano, <strong>in</strong>teragiscono, prendono decisioni, hannopreferenze <strong>di</strong> movimento, cadono e ostacolano altri.Le persone possono avere comportamenti gregari o<strong>in</strong><strong>di</strong>vidualistici nella <strong>ricerca</strong> <strong>di</strong> un’uscita.Pensiamo ad una situazione familiare, come l’uscitada una sala c<strong>in</strong>ematografica o da un teatro, attraversole uscite <strong>di</strong> emergenza: anche <strong>in</strong> una situazione <strong>di</strong>normalità, qu<strong>in</strong><strong>di</strong> senza la presenza <strong>di</strong> eventi critici,il deflusso risulta notevolmente <strong>in</strong>fluenzato dalle<strong>di</strong>fferenze nei comportamenti <strong>in</strong><strong>di</strong>viduali e dallemodalità <strong>di</strong> <strong>in</strong>terazione tra le persone. Immag<strong>in</strong>iamoora la stessa situazione, durante un’evacuazione <strong>di</strong> emergenza conlo stress emotivo, l’ansia e la preoccupazione per la sopravvivenzapersonale.In queste circostanze, le persone si muovono o tentano <strong>di</strong> muoversipiù velocemente del normale, <strong>in</strong>iziano a sp<strong>in</strong>gersi e l’<strong>in</strong>terazione<strong>di</strong>venta solo fisica, <strong>in</strong> tal modo ilpassaggio per il collo <strong>di</strong> bottiglia<strong>di</strong>venta scoor<strong>di</strong>nato e alle uscite siformano strutture ad arco. Per taleragione si può verificare un effettoparadossale chiamato “faster isslower”: più le persone si <strong>di</strong>rigonovelocemente verso l’uscita, piùprocedono lentamente perché siaccalcano, si sp<strong>in</strong>gono, a volteperf<strong>in</strong>o si calpestano. In aggiunta,la fuga può essere maggiormenterallentata dalle persone che cadonoo che si feriscono (che <strong>di</strong>ventanoa tutti gli effetti nuovi ostacoli).In alcuni casi, l’<strong>in</strong>terazione fisica54obiettivo sicurezza


<strong>Il</strong> <strong>comportamento</strong><strong>umano</strong> <strong>negli</strong> <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>I N . . . F O R M A Z I O N EPanico, un mitoda sfatarepuò causare una pressione pericolosa capace <strong>di</strong> sfondare barriere omuri. Come si può vedere <strong>in</strong> figura, nell’evacuazione da una stanzacon due uscite e un fronte <strong>di</strong> fuoco <strong>in</strong> avvic<strong>in</strong>amento vi puòessere una tendenza a comportamenti gregari e a fare ciòche fanno gli altri: <strong>in</strong> tal modo le uscite alternative possonoessere trascurate o non usate <strong>in</strong> modo efficiente.<strong>Il</strong> primo mito da sfatare è quello del panico. La spiegazionedel term<strong>in</strong>e “panico” ha subito <strong>di</strong>verse mo<strong>di</strong>ficazioni nel corso deglianni: se all’<strong>in</strong>izio del secolo scorso si pensava che le persone <strong>in</strong>situazioni <strong>di</strong> emergenza perdessero la loro umanità e si trasformassero<strong>in</strong> animali <strong>in</strong> preda alla paura, <strong>negli</strong> anni ‘50 Quarantelli ha propostola concettualizzazione <strong>di</strong> panico come un <strong>comportamento</strong> asociale: lepersone non si trasformano <strong>in</strong> animali, bensì cercano <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare ipropri bisogni, non prestando <strong>in</strong>teresse a quelli delle altre persone.Lo stu<strong>di</strong>o successivo dei fattori psicosociali sul <strong>comportamento</strong><strong>di</strong> evacuazione ha <strong>in</strong>vece mostrato che le manifestazioni <strong>di</strong> panico,<strong>in</strong>tese come azioni irrazionali e <strong>di</strong>struttive e non come ansia odagitazione, sono relativamente rare. Secondo Mileti e Peek (2005)dell’università del Colorado, aff<strong>in</strong>ché si produca il fenomeno <strong>di</strong> panicoè necessario che si verifich<strong>in</strong>o tutte queste con<strong>di</strong>zioni:1) le persone devono trovarsi <strong>in</strong> uno spazio conf<strong>in</strong>ato,come una sala c<strong>in</strong>ematografica;2) devono avere la conv<strong>in</strong>zione che se non fuggono <strong>in</strong> untempo breve, moriranno;3) questo spazio conf<strong>in</strong>ato deve essere dotato <strong>di</strong> una o piùvie <strong>di</strong> fuga (ad es., <strong>in</strong> un sottomar<strong>in</strong>o <strong>in</strong>trappolato sulfondo <strong>di</strong> un oceano, le persone possono provareangoscia e paura ma non panico);4) deve essere chiaro il fatto che non ci sia abbastanzatempo per tutti <strong>di</strong> scappare.Altruismoe cooperazioneUn secondo mito da sfatare riguarda l’assenza <strong>di</strong> altruismo <strong>in</strong>queste circostanze. Non bisogna qu<strong>in</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare che gli <strong>in</strong><strong>di</strong>viduico<strong>in</strong>volti <strong>in</strong> situazioni <strong>di</strong> emergenza <strong>di</strong> qualsiasi tipo, possono essereprotagonisti efficaci, possono <strong>di</strong>ventare cooperativi e mostrarecapacità <strong>di</strong> leadership spontanea e si possono attivare sentimenti <strong>di</strong>solidarietà sociale ed azioni <strong>di</strong> mutua assistenza come esito<strong>di</strong> un processo <strong>in</strong>tenzionale <strong>di</strong> altruismo ad altre persone.Gli stu<strong>di</strong> hanno poi mostrato che la maggioranza dellepersone tenderanno ad uscire dalla porta <strong>in</strong> cui sonoentrati. Questo è vero anche quando le uscite <strong>di</strong> emergenzasono ben segnalate. In una situazione <strong>di</strong> emergenza, lepersone che sono <strong>in</strong> un e<strong>di</strong>ficio non vogliono usare un’uscita chenon conoscono e hanno dubbi su dove li porterà. Anche nello stu<strong>di</strong>osopracitato <strong>di</strong> Sime la maggioranza delle persone poi è fuggita dallaporta pr<strong>in</strong>cipale, quella a loro più familiare, piuttosto che dalla scale<strong>di</strong> emergenza.Inf<strong>in</strong>e, <strong>negli</strong> ambienti familiari le persone tendono a ritardarel’evacuazione. Se un <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o avviene nei teatri o nei locali notturni, lepersone <strong>in</strong>contrano un pericolo <strong>in</strong> un luogo non familiare, circondateda persone che nella maggioranza dei casi non conoscono. Ciaspetteremmo una evacuazione or<strong>di</strong>naria. Se <strong>in</strong>vece l’<strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o si55obiettivo sicurezza


I N . . . F O R M A Z I O N Everificasse <strong>in</strong> una residenza, e qu<strong>in</strong><strong>di</strong> un luogo familiare, la prevalenzaè rivolta all’attaccamento rimanendo all’<strong>in</strong>terno della struttura piuttostoche l’evacuazione. Le ricerche mostrano che <strong>in</strong> particolare i bamb<strong>in</strong>ie gli adolescenti hanno una tendenza più spiccata <strong>in</strong> quest’ultimasituazione all’affiliazione e questo potrebbe spiegare anche il loro altotasso <strong>di</strong> ferimenti e morti <strong>negli</strong> <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong> domestici.Negli <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong> domestici si possono ritrovare numerosemanifestazioni comportamentali <strong>di</strong> attaccamento a persone o cosenella casa, c’è una generale tendenza a sottostimare il pericolo e unagenerale riluttanza ad evacuare che genera ritar<strong>di</strong> nell’allontanamentoe una fuga molto meno precipitosa rispetto agli <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong> nei luoghi nonfamiliari. Mawson (2005) riporta un caso <strong>in</strong> un <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o <strong>in</strong> un e<strong>di</strong>ficioa W<strong>in</strong>nipeg <strong>in</strong> Canada <strong>in</strong> cui il 44% dei residenti ha <strong>in</strong>terpretato lasirena anti-<strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o come un falso allarme, molti hanno reagitoandando alla <strong>ricerca</strong> <strong>di</strong> una conferma, e anche quando l’esposizionesensoriale al fuoco e al fumo era elevata, alcuni hanno temporeggiato,altri hanno girovagato nell’e<strong>di</strong>ficio, un sesto dopo aver lasciatol’e<strong>di</strong>ficio nel fuoco e nelle fiamme è poi rientrato.Uno stu<strong>di</strong>o famoso <strong>di</strong> Sime ha poi messo <strong>in</strong> evidenza che i legamial <strong>gruppo</strong> <strong>in</strong> taluni casi contribuiscono ai tassi <strong>di</strong> mortalità e ferimento.Ha <strong>in</strong>tervistato 500 sopravvissuti ad un <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o <strong>in</strong> un grandecomplesso turistico <strong>in</strong> Gran Bretagna <strong>in</strong> cui morirono 50 persone, unasituazione abbastanza classica <strong>di</strong> “<strong>in</strong>trappolamento” <strong>in</strong> cui ci si sarebbeaspettato un crollo dell’equilibrio psicologico e manifestazioni <strong>di</strong>panico. L’autore nota che il 73% delle persone è fuggito con uno o piùpersone del proprio <strong>gruppo</strong> (nella maggioranza dei casi la famiglia):tutte le persone decedute <strong>in</strong> una particolare area della residenzal’attaccamento ad unambiente familiarecausa ritardonell’allontanamentoed una maggioremortalitàerano <strong>in</strong>sieme al loro <strong>gruppo</strong> quando sono stateallertate ma probabilmente hanno deciso <strong>di</strong> andarevia <strong>in</strong>sieme con un ritardo fatale. Le persone chenon avevano legami sociali, d’altro canto, sonostate più rapide nella risposta agli stimoli ambigui <strong>di</strong>pericolo (es. fumo) e nessuno si è ferito.Questi risultati delle ricerche nelle scienze del<strong>comportamento</strong> possono essere <strong>in</strong>corporati nellaprogettazione dei sistemi <strong>di</strong> evacuazione. Alcuneproposte si potrebbero già avanzare: ad esempio,un allarme vocale che istruisce le persone <strong>in</strong> une<strong>di</strong>ficio da evacuare sarebbe molto più conv<strong>in</strong>cente <strong>di</strong> una semplicecampanella o sirena. Se l’avvertenza fosse poi eseguita da addetti allasicurezza o da personale <strong>di</strong> comando, si potrebbe allertare gli occupantidando <strong>in</strong>formazioni sulla collocazione dell’<strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o nell’e<strong>di</strong>ficio eraccomandare percorsi <strong>di</strong> evacuazione più sicuri. Un altro <strong>di</strong>spositivoutile potrebbero essere un sistema <strong>di</strong> uscite automatiche: un sistema<strong>di</strong> allarme potrebbe automaticamente aprire le uscite <strong>di</strong> emergenzamostrando alle persone le porte sicure da utilizzare.La spiegazione del sistema <strong>di</strong> emergenza e le prove <strong>di</strong>evacuazione per i “nuovi arrivati” è cruciale. Nel WTC, una percentualeconsiderevole <strong>di</strong> impiegati non aveva mai utilizzato le scale <strong>di</strong>emergenza e non aveva idea se fosse <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> farlo e quanto cisi mettesse. Questi stu<strong>di</strong> hanno forti implicazioni per gli architetti, gli<strong>in</strong>gegneri e gli amm<strong>in</strong>istratori nella costruzione degli e<strong>di</strong>fici e nelladef<strong>in</strong>izione dei piani <strong>di</strong> evacuazione e delle procedure operativestandard nelle emergenze.Sempre più professionisti e stu<strong>di</strong>osi si stanno accorgendodell’importanza dello stu<strong>di</strong>o del <strong>comportamento</strong> <strong>umano</strong> <strong>negli</strong> <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>.56obiettivo sicurezza


<strong>Il</strong> <strong>comportamento</strong><strong>umano</strong> <strong>negli</strong> <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>I N . . . F O R M A Z I O N ELe scienzedel <strong>comportamento</strong>al serviziodella sicurezzaUn caso per tutti è quello del matematico <strong>in</strong>glese Ed Galea, <strong>di</strong>rettoredel <strong>gruppo</strong> <strong>in</strong>gegneristico sulla “fire safety” all’università <strong>di</strong> Greenwich<strong>in</strong> UK che ha sviluppato un modello <strong>di</strong> simulazione al computer <strong>di</strong>propagazione ed evacuazione; lui sostiene che la comprensionedelle tipiche azioni umani e delle reazioni emotive, cognitive e<strong>in</strong>terpersonali sia fondamentale. A questo proposto ha chiamato alavorare nel suo <strong>gruppo</strong> numerosi scienziati del <strong>comportamento</strong> eadesso sta svolgendo un stu<strong>di</strong>o sulla risposta alle sireneant<strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>o tramite due esperimenti <strong>in</strong> Inghilterra e <strong>in</strong>Brasile che prevedono l’analisi delle videoriprese <strong>di</strong>persone <strong>in</strong> una biblioteca. L’associazione <strong>in</strong>ternazionaleche si occupa <strong>di</strong> questi temi l’<strong>in</strong>ternational associationof fire safety science <strong>negli</strong> ultimi anni organizza simposie conferenze specificatamente sul “<strong>comportamento</strong><strong>umano</strong> <strong>negli</strong> <strong><strong>in</strong>cen<strong>di</strong></strong>”.In conclusione, le persone reagiscono <strong>di</strong> fronte ad un pericolocome il fuoco <strong>in</strong> modo <strong>di</strong>verso ma ci sono caratteristiche personalie con<strong>di</strong>zioni socio-ambientali che <strong>in</strong>coraggiano o scoraggianodeterm<strong>in</strong>ate sequenze comportamentali. La conoscenza del “fattore<strong>umano</strong>” <strong>in</strong> queste circostanze può aiutare a migliorare l’azione <strong>di</strong>soccorso dei vigili <strong>di</strong> fuoco e garantire la sicurezza <strong>di</strong> tutti.BibliografiaMileti, D. S. e Peek L. (2005) “The social construction of safety: consider<strong>in</strong>gthe importance of communicat<strong>in</strong>g risk <strong>in</strong>formation”.Earthquake Disasters, a cura <strong>di</strong> E. Rovai and C. M. Rodrigue. New York:Routledge.Sime J.D. (1985) “Movement towards the familiar: person and place affiliation<strong>in</strong> a fire entrapment sett<strong>in</strong>g”. Environment and Behavior, 17, 697-724.Mawson A.R. (2005). “Understan<strong>di</strong>ng mass panic and other collective responseto threat and <strong>di</strong>saster”. Psychiatry, <strong>in</strong>terpersonal and biological processes, 68,95-113.Proulx, G. (2005). “Analysis of Published Accounts of the World Trade CenterEvacuation”. Federal Buil<strong>di</strong>ng and Fire Safety Investigation of the World TradeCenter Disaster.57obiettivo sicurezza

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