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LETTERE<strong>Vicentini</strong> <strong>nel</strong> mondonumero 4.200523LA POESIADI MIO FIGLIOPER IL PADREPieroDe VicariEgregio Direttore,perdona per questa mia, vorrei se èpossibile che <strong>nel</strong> giornale “<strong>Vicentini</strong><strong>nel</strong> <strong>Mondo</strong>” si mettesse questapoesia scritta da mio figlio <strong>nel</strong>ricordare suo padre.Io vivo in Argentina, sono nata aRecoaro, sempre ricordo la miapatria, però sono tanto lontana. Chepeccato.Mio figlio è professore e lavoraassieme al giudice di San Nicolas.È molto buono. Si chiama Piero DeVicari.Vi auguro tanto tanto bene.MARIA DE VICARIRivadavia 812San Nicolas - Buenos AiresPIERO DE VICARI è nato a San Nicolas(Buenos Aires, Argentina) <strong>nel</strong> 1963.Libri pubblicati:– “Poemas de caballo azul” (Premiopubbicazione del Fondo Editorialedi San Nicolas - 1989).– “Gato de piel lunar” (1996).– “Vicio de manos” (Menzione al IIIConcorso nazionale di Poesia FondazioneAcero “Manuel N. Savio -1999).È stato Presidente della Sezione diSan Nicolas della Società Argentinadi Scrittori (1992-1994) e Direttore dellaScuola Comunale di Lingua e Letteratura“Andrés del Pozo” <strong>nel</strong> periodo1991-2001.Dal 1994 ad oggi, è condirettore dellacasa editrice Onlus Yaguarón Ediciones.Il volume “Palabra Lázaro” riunisce(con altri lavori) le poesie che hannovinto <strong>nel</strong> 1998 il Premio Nazionale diPoesia, <strong>nel</strong> concorso organizzato durantela Fiera del Libro di San Nicolas,in omaggio ai 250 anni della fondazionedella sua città natale.Inutilmentele sue scarpeInutilmente le sue scarpe(come qualche suo oggetto o altraappartenenza che ha evitatosoccombere <strong>nel</strong> tempo)lo aspettano.Dico inutilmenteperché mi risulta che sannodel suo impossibile ritorno,eppure,scagliano la sua furente identitàcontro l’oblio,contro quel mucchio di ossa che il vento,ancora,non riesce a spargere.Sono lì, <strong>nel</strong> dormiveglia;rinnovando i suoi giorni in cassettoniscuri,attenti a quelle ceneri,a quella parolae come Lazzarole restituisca al suo antico mestiere.Estranei alla morte,al desdegno e ad altre calamità,vedono passare le orein un calendario detenuto a metàe sentono la nostalgia(me l’hanno detto)dello sfioramento dei suoi talloni<strong>nel</strong>la battaglia quotidiana dell’instinto.Cosa li fa persistenti davantia tanto silenzio?Non intendono di annidi multiplio schive ragioni,solo aspettano,come se <strong>nel</strong>l’aspettareil destino mescolasse ancora le carte.Indolenti,ma saggiamente redimiti,le scarpe di mio padre compartono la vigilia.Costa tanto sognare che si sentiràuna campana,che si aprirà la portae che le mie braccia cercheranno le suein un febbrile battito d’ali di colombe?Inutilmente, come le sue scarpe,lo aspetto.

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