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Sguardi sul seno Poesia del corpo e della vita

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<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

<strong>Poesia</strong> <strong>del</strong> <strong>corpo</strong><br />

e <strong>del</strong>la <strong>vita</strong><br />

di DANIELE PICCINI


Se osservata senza limiti di tempo<br />

e di spazio, attraverso i secoli<br />

e le civiltà, la poesia può<br />

perdere molto <strong>del</strong>la sua tecnica<br />

riconoscibilità, <strong>del</strong> suo<br />

specifico valore linguistico ed euristico<br />

e, in qualche modo, mutarsi in una <strong>del</strong>le<br />

possibili cartine di tornasole <strong>del</strong> volgere<br />

<strong>del</strong>le idee, <strong>del</strong>le concezioni estetiche<br />

e morali, <strong>del</strong>le condizioni di <strong>vita</strong>,<br />

come un fatto eminentemente culturale.<br />

È quel che accade di verificare a chi<br />

voglia accettare l’invito (e la sfida) di<br />

Alfonso Maria Pluchinotta a inoltrarsi<br />

in una scelta di poesie che dalle civiltà<br />

primitive e antiche ai contemporanei,<br />

passando di scorcio per i classici e approfondendo<br />

le letterature moderne, si<br />

sono occupate, con diverso segno, intenzione<br />

e prospettiva, <strong>del</strong> <strong>seno</strong>. Non è<br />

un caso, per quanto appena detto, che<br />

l’autore di questa scelta di testi, intitolata<br />

Il <strong>seno</strong> in-cantato. Antologia di poesie<br />

<strong>sul</strong> <strong>seno</strong> (Crocetti, Milano 2005, settimo<br />

volume <strong>del</strong>la ormai ricca e variegata<br />

collana “Anthologia”, quasi un caleidoscopio,<br />

una bussola enciclopedica<br />

<strong>del</strong> mondo sotto specie poetica), sia<br />

non un critico o uno storico <strong>del</strong>la letteratura,<br />

bensì un chirurgo oncologo,<br />

appassionato ricercatore di testi che<br />

possano intrecciare il discorso umanistico<br />

con quello anatomico, fisiologico<br />

e appunto latamente culturale.<br />

Non nuovo a queste imprese, a cavallo<br />

tra il collezionismo enumerativo, la<br />

curiosità storico-scientifica e il gusto<br />

per la variazione letteraria su tema dato,<br />

Pluchinotta aveva curato due anni<br />

fa per le stesse edizioni Crocetti un’analoga<br />

antologia poetica <strong>sul</strong> particolare<br />

anatomico, forse meno ‘parlante’<br />

culturalmente, <strong>del</strong>la mano (Versi alla<br />

mano, 2004). E quanto al <strong>seno</strong>, Pluchinotta<br />

approda a tanto vasta ricognizione<br />

in versi dopo esser passato, da vero<br />

cultore e specialista <strong>del</strong>l’argomento,<br />

attraverso una monografia di taglio storico<br />

come Storia Illustrata <strong>del</strong>la Senologia<br />

- Tra Scienza e Mito (Ciba-Geigy<br />

Edizioni, Saronno 1989) e il catalogo<br />

<strong>del</strong>la mostra da lui curata Incanto e<br />

Anatomia <strong>del</strong> Seno (Charta, Milano<br />

1997), così che nel complesso le trouvailles<br />

<strong>del</strong>l’autore sembrano voler disegnare,<br />

attraverso linguaggi e strumenti<br />

di rilevazione differenti, una sorta di<br />

storia antropologica e sociale <strong>del</strong> <strong>seno</strong><br />

o, meglio, <strong>del</strong>la sua rilevanza culturale<br />

nel corso <strong>del</strong>le civiltà.<br />

Quel tanto di feticistico che giocoforza<br />

alberga nell’operazione viene bilanciato<br />

proprio dalla vastità di orizzonti<br />

per cui il motivo viene inseguito.<br />

Nel setaccio <strong>del</strong> ricercatore, a maglie<br />

ora più larghe ora più strette, si depositano<br />

così ‘reperti’ che parlano di verità<br />

diverse, lontane e disparate, di punti<br />

di vista e assilli affatto distanti, convincendoci<br />

alla fine che il particolare<br />

anatomico ma anche simbolico <strong>del</strong> <strong>seno</strong><br />

ha una tale rilevanza <strong>vita</strong>le e culturale<br />

da non poter essere in alcun modo<br />

ridotto a poche essenziali categorie,<br />

ma da prestarsi piuttosto a una infinita<br />

serie di sensi riposti, di incanti (per<br />

stare alla suggestione <strong>del</strong> titolo) e anche<br />

di paure.<br />

Come segnalato all’inizio, insomma, e<br />

come gli interessi <strong>del</strong> curatore suggeriscono,<br />

questo volume attraversa solo<br />

tangenzialmente la letteratura, come<br />

uno dei campi <strong>del</strong> conoscere e <strong>del</strong>l’esprimersi<br />

umano, per poi toccare e a<br />

volte sconfinare in settori d’indagine e<br />

di interesse diversi: la psicanalisi, il mito,<br />

la storia sociale (appunto), la storia<br />

<strong>del</strong> costume, ma anche la retorica e naturalmente<br />

la medicina. Dato persino<br />

ovvio se solo si pensa alla selva di significati<br />

e rimandi cui il <strong>seno</strong> dà origine,<br />

preso tra la funzione fisiologica ed essenziale<br />

<strong>del</strong>l’allattamento (dunque la<br />

maternità), la sua valenza estetica ed<br />

erotica di oggetto <strong>del</strong> desiderio e di arma<br />

di seduzione e, d’altra parte, la sua<br />

natura di particolare anatomico distintivo<br />

<strong>del</strong>la donna, in qualche modo emblematico<br />

<strong>del</strong> ciclo di fioritura e declino.<br />

Proprio l’inerenza al ciclo <strong>vita</strong>le è<br />

quella che ha sempre mosso le culture<br />

e i singoli a confrontarsi in forma artistica,<br />

mitica, fantastica con la sua potenza<br />

e la sua fragilità, nesso, a quel che<br />

la lettura suggerisce, indistinguibile,<br />

come in fondo accade di tutte le cose<br />

<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

<strong>del</strong>la <strong>vita</strong> se guardate con lente accurata.<br />

La fioritura e la fertilità dei seni hanno<br />

generato catene di metafore fermentanti,<br />

allusive spesso alla natura:<br />

celebri e fondative quelle <strong>del</strong> biblico e<br />

insuperato testo amoroso-spirituale<br />

<strong>del</strong> Cantico dei cantici, per cui i seni sono<br />

“come due cerbiatti”, “grappoli di<br />

datteri” e “d’uva”, “torri”, mentre secondo<br />

il mito greco dai seni di Giunone<br />

che allattava il piccolo Ercole sarebbe<br />

spruzzato il latte che nel cielo andò<br />

a formare la Via Lattea. Se di questo<br />

aspetto generativo e fertile dànno conto<br />

soprattutto alcune <strong>del</strong>le tredici sezioni,<br />

appendici incluse, in cui il materiale<br />

poetico è diviso da Pluchinotta – e<br />

sono “I colori <strong>del</strong>le metafore” e “Le<br />

fonti <strong>del</strong> latte” –, altre si soffermano<br />

<strong>sul</strong>lo sfiorire e lo spegnersi <strong>del</strong> fiotto <strong>vita</strong>le,<br />

<strong>sul</strong> “Declino <strong>del</strong>le forme” appunto,<br />

che può dettare testi elegiaci, sarcastici<br />

o amaramente meditativi.<br />

Corollario doloroso e non più naturale<br />

(cioè inerente al ciclo <strong>vita</strong>le) ma<br />

proprio patologico di tale specola è dato<br />

dalle poesie, tutte moderne e contemporanee<br />

e tutte scritte da donne,<br />

che si soffermano <strong>sul</strong>l’esperienza, la<br />

più vicina professionalmente al curatore,<br />

<strong>del</strong> <strong>seno</strong> malato (“Il <strong>seno</strong> ferito”).<br />

Ma anche qui si può risollevare, d’un<br />

balzo, la resistenza <strong>vita</strong>le e un’ombra<br />

mitica, come il ricordo <strong>del</strong>le guerriere<br />

amazzoni (che si recidevano, per poter<br />

meglio usare l’arco, il <strong>seno</strong> destro),<br />

quanto accade nel testo di Deena<br />

Metzger, “Non ho più paura”: “Non<br />

ho più paura degli specchi nei quali vedo<br />

il segno <strong>del</strong>l’Amazzone, che scaglia<br />

frecce. / Vi è una sottile linea rossa che<br />

attraversa il mio torace, lì dove era entrato<br />

un coltello, adesso / un ramo circonda<br />

la cicatrice e si porta dal braccio<br />

al cuore. / […] / Ho il <strong>corpo</strong> di un<br />

guerriero che non uccide né ferisce. /<br />

[…]”.<br />

L’esperienza, ora trasfigurata come<br />

qui, ora invece descritta con minuzia<br />

allucinata, <strong>del</strong>la malattia e <strong>del</strong>l’intervento<br />

chirurgico ci porta su uno dei<br />

fuochi di questo lavoro antologico, vale<br />

a dire il dar parola alla voce femmini-<br />

3


<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

le, alla donna in dialogo e in sus<strong>sul</strong>tante<br />

intimità con il proprio <strong>corpo</strong> (nella<br />

sezione “Le lune <strong>del</strong> paradiso. <strong>Sguardi</strong><br />

al femminile” ma anche nella già citata<br />

“Le fonti <strong>del</strong> latte”). C’è l’esperienza<br />

ineguagliabile di farsi cibo per il piccolo,<br />

di scorrere nelle sue vene, come dice<br />

in “Mio piccolo cannibale” Marie<br />

Noël: “[...] / Bevi, avido mio piccolo,<br />

colma la tua fragilità / Di me che mi<br />

chino e ti sono riversata. / Capta questo<br />

latte caldo, e il tuo aver trafitto / La<br />

gemma <strong>del</strong>la mia mammella… Ah! tu<br />

mi ferisci! // Conoscevo la dolcezza di<br />

essere ferita, / Aperta e sanguinante come<br />

un’arancia viva / Che si scioglie in<br />

miele, non più sotto la gengiva, / Nient’altro<br />

lasciato alla gola oltre a una gioia?<br />

// Adamo! Adamo! la dolcezza di<br />

essere mangiata, / Chi la conosceva?<br />

Chi conosceva il supplizio caro / D’esser<br />

la sorsata commovente a scivolare /<br />

E trascinarmi tutta, nel mio piccolo<br />

mutata…?”; e c’è la scoperta dei seni<br />

come fine <strong>del</strong>la fanciullezza, iniziazione<br />

a una <strong>vita</strong> adulta spesso violenta e<br />

sterile, alla ricerca frustrata di amore:<br />

“[...] / Piccole madri – dice Tess Gallagher<br />

ai suoi seni –, non trovo figli per<br />

voi. / Li ho cercati in un uomo / che si<br />

muoveva nell’aria come un dio. / Mi<br />

portava nuvole / e le stelle che gli avanzavano<br />

dalle sue avventure. / Un altro<br />

mi baciò su un molo, in Georgia, / ma<br />

c’era sangue <strong>sul</strong>le sue mani / e whiskey<br />

puzzolente nel vento. L’ultimo / ha fatto<br />

di me una bugiarda finché ho rubato<br />

/ quel che non potevo vincere. Amori<br />

miei, / cos’è questo specchio in cui mi<br />

avete lasciata? // Ve lo avrei potuto dire<br />

subito / che i guai sarebbero venuti /<br />

da altre mani, che bocche aguzze / vi<br />

avrebbero scovate là dove dormivate. /<br />

Ma di sicuro fredde pene ve ne ho fatte<br />

/ patire anch’io come gli altri, / ho dovuto<br />

fare molta strada e accidentata, /<br />

per arrivare a questa morbidezza. /<br />

Miei bravi pagliacci, come potevo immaginare<br />

che per tutto questo tempo /<br />

sono state le vostre grazie pasticcione a<br />

tenermi in <strong>vita</strong> / mentre il cielo era un<br />

sogno sfortunato”.<br />

Se questo è l’intimo dialogo al fem-<br />

4<br />

minile, certo non mancano gli sguardi<br />

maschili. La letteratura galante, erotica,<br />

amorosa <strong>sul</strong> <strong>seno</strong> descritto e cantato<br />

dagli uomini rappresenta anzi il grosso<br />

<strong>del</strong>la tradizione (in prosa si arriva<br />

fino al limite <strong>del</strong>l’onirica metamorfosi<br />

<strong>del</strong>l’uomo in una ghiandola mammaria,<br />

come immaginato, per una metamorfosi<br />

kafkiana, da Philip Roth in<br />

The Breast, <strong>del</strong> 1972). In tutto il nostro<br />

Medioevo e oltre esisteva un preciso<br />

canone per la rappresentazione <strong>del</strong>la<br />

bellezza femminile: per ogni parte <strong>del</strong><br />

<strong>corpo</strong>, descritto dall’alto verso il basso,<br />

c’era una norma di bellezza e decenza e<br />

una serie, quasi fissa, di metafore e paragoni<br />

che nei testi più analitici e descrittivi<br />

(altro il discorso per le vaghe e<br />

sublimi figurazioni stilnovistiche e petrarchesche)<br />

non potevano che essere<br />

variati a piacimento e montati con maggiore<br />

o minore abilità.<br />

Quella stessa serie fissa che nel Quattrocento<br />

arriva nelle mani di abili cultori<br />

e viene trasfigurata in forma parodica,<br />

nel genere celebre e gustoso <strong>del</strong>la<br />

poesia nenciale (il caposaldo è La nencia<br />

da Barberino, attribuita a Lorenzo il<br />

Magnifico), e che ancora rifiorisce, virtuosistica<br />

e concettosa, nell’insuperabile<br />

gioco “maraviglioso” di Marino<br />

(mo<strong>del</strong>lo a tant’altra poesia barocca<br />

<strong>del</strong> genere), che ci ha lasciato qualche<br />

manierata descrizione <strong>del</strong> <strong>seno</strong>, come<br />

nell’ottava 40 <strong>del</strong> canto IV <strong>del</strong>l’Adone:<br />

“Che dirò poi <strong>del</strong> candidetto <strong>seno</strong>, /<br />

morbido letto <strong>del</strong> mio cor languente? /<br />

ch’a’ bei riposi suoi, qualor vien meno,<br />

/ duo guanciali di gigli offre sovente? /<br />

Di neve in vista e di pruine è pieno, /<br />

ma nel’effetto è foco e fiamma ardente;<br />

/ e l’incendio, che ’n lor si nutre e cria,<br />

/ le salamandre incenerir poria”. Ma,<br />

anche dal punto di vista <strong>del</strong>l’osservazione<br />

esterna, non tutto è retorica, convenzione,<br />

topos.<br />

Si possono, anche negli sguardi al<br />

maschile, soprattutto in epoca moderna,<br />

cogliere significativi grafici psicologici<br />

<strong>del</strong>lo scrivente, che rinviano a <strong>vita</strong>lismo<br />

o inibizione, ardore desiderante o<br />

senso di esclusione. Basta prendere ad<br />

esempio come reagenti i due grandi <strong>del</strong><br />

nostro Decadentismo, che anche da<br />

questo parziale punto di vista fanno risaltare<br />

l’opposizione dei loro immaginari.<br />

Giovanni Pascoli nel brano antologizzato<br />

dai “Filugelli”, nei Nuovi poemetti,<br />

dà voce ad una fantasticheria,<br />

che conferma il quadro di esclusione e<br />

rêverie proprio <strong>del</strong> “fanciullino” (“I<br />

filugelli”, Canto primo, V: “Ma tu ti<br />

sganci il candido corsetto, /o bionda<br />

Rosa. Fuori è chiaro il sole, / e due colombi<br />

tubano <strong>sul</strong> tetto. // Ti slacci il busto.<br />

Odore di vïole / bianche è nell’orto.<br />

Oh! lascia come prima. / Bello è come<br />

è. Non altro fior ci vuole. // Ci son due<br />

bocci ch’hanno il rosso in cima”). Da<br />

parte sua, D’Annunzio, fin dal giovanile<br />

Primo vere e poi con costanza, esprime<br />

un ardentissimo e panico desiderio<br />

di possesso, uno slancio ebbro e pagano,<br />

che fa fiorire di continuo immagini<br />

di sensualità: “io voglio… voglio su ’l<br />

tuo <strong>seno</strong> turgido / morir morire, o Lilia!”;<br />

“Il <strong>seno</strong> latteo nudo risveglia / i<br />

desiderii: sotto la cerula / clamide tumideggia<br />

/ l’eterea forma e palpita” (entrambi<br />

i passi da Primo vere); “Bei seni<br />

da la punta erta fiorenti, / su cui mi cade<br />

a l’alba il capo stanco / allor che ne’<br />

supremi abbattimenti / <strong>del</strong> piacere io<br />

m’irrigidisco e manco” (da Intermezzo),<br />

ecc.<br />

Venendo più prossimi a noi, si possono<br />

leggere i testi diversamente intonati<br />

di Giovanni Raboni e di Giovanni<br />

Giudici: il primo, in “Supina” da Cadenza<br />

d’inganno, ferma un momento di<br />

dolcezza e di abbandono non più sensuale<br />

ma quasi sororale nell’amata; il<br />

secondo nella bellissima “Alla beatrice”<br />

(dal volume <strong>del</strong> 1972 O beatrice)<br />

dà una prova altissima <strong>del</strong> suo ‘gergo’<br />

all’incrocio tra memoria letteraria e<br />

lingua comune, tra oggettualità e onirismo<br />

<strong>del</strong>la visione, trasfigurando i seni<br />

– oltre tutto nella “beatrice” <strong>del</strong>la tradizione<br />

e in un Leitmotiv da filastrocca<br />

colta – in ‘luoghi’ antropologici e allusivi,<br />

forme infinite e irriducibili <strong>del</strong>la<br />

bellezza e <strong>del</strong> suo consistere nel grigiore<br />

quotidiano.<br />

Daniele Piccini


Cantico dei Cantici<br />

I tuoi seni sono come due cerbiatti,<br />

gemelli di una gazzella,<br />

che pascolano fra i gigli.<br />

7, 8-9<br />

La tua statura rassomiglia a una palma<br />

e i tuoi seni ai grappoli.<br />

Ho detto: “Salirò <strong>sul</strong>la palma,<br />

coglierò i grappoli di datteri;<br />

mi siano i tuoi seni come grappoli d’uva<br />

e il profumo <strong>del</strong> tuo respiro come di pomi”.<br />

8, 10<br />

Io sono un muro<br />

e i miei seni sono come torri!<br />

Così sono ai suoi occhi<br />

come colei che ha trovato pace!<br />

DEENA METZGER<br />

Non ho più paura<br />

Non ho più paura degli specchi nei quali vedo il segno <strong>del</strong>l’Amazzone,<br />

che scaglia frecce.<br />

Vi è una sottile linea rossa che attraversa il mio torace, lì dove<br />

era entrato un coltello, adesso<br />

un ramo circonda la cicatrice e si porta dal braccio al cuore.<br />

Un ramo coperto di verdi foglie dove appesa è l’uva e vi appare<br />

un uccello.<br />

Sento che quello che cresce in me adesso è <strong>vita</strong>le e non mi<br />

nuoce. Penso che l’uccello stia cantando,<br />

poco m’importa di alcune mie ferite.<br />

Ho disegnato il mio <strong>seno</strong> con la cura riservata ad un mosaico<br />

miniato.<br />

Non mi vergogno di fare l’amore. L’amore è una battaglia<br />

che posso vincere.<br />

Ho il <strong>corpo</strong> di un guerriero che non uccide né ferisce.<br />

Sul libro <strong>del</strong> mio <strong>corpo</strong> per sempre ho inciso un albero.<br />

Traduzione di Alfonso Pluchinotta<br />

GIOVANNI RABONI<br />

Supina<br />

Se ti metti supina<br />

diventa, calmandosi, solo dolcezza<br />

il peso <strong>del</strong> tuo <strong>seno</strong>. Di colpo non c’è<br />

bisogno di nasconderlo, non si può più giocare perché<br />

è tenero e spento<br />

e innocente e basta.<br />

GIOVANNI GIUDICI<br />

Alla beatrice<br />

Beatrice sui tuoi seni io ci sto alla finestra<br />

arrampicato su una scala di corda<br />

affacciato dal fuori in posizione precaria<br />

dentro i tuoi occhi celeste vetro<br />

dentro i tuoi vizi capitali<br />

dentro i tuoi tremori e mali<br />

Beatrice sui tuoi seni io ci sto a spiare<br />

ciò che fanno seduti intorno a un tavolo<br />

i tuoi pensieri su sedie di paglia<br />

ospiti appena arrivati o <strong>sul</strong> punto di partire<br />

raccolti sotto la lampada gialla<br />

uno che ride uno che ascolta e uno che parla<br />

Beatrice dai tuoi seni io guardo dentro la casa<br />

dalla notte esteriore superstite luce<br />

nella selva selvaggia che a te conduce<br />

dalla pa<strong>del</strong>la alla brace<br />

estrema escursione termica che mi resta<br />

più fuoco per me tua minestra<br />

Beatrice – costruttrice<br />

<strong>del</strong>la mia beatitudine infelice<br />

<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

Beatrice dai tuoi seni io vengo a esplorare com’è<br />

la stanza dove abitare<br />

se convenienti vi siano i servizi<br />

e sufficiente l’ordine prima di entrare<br />

se il letto sia di giusta misura<br />

per l’amore secondo natura<br />

Beatrice dunque di essi non devi andare superba<br />

più che <strong>del</strong>l’erba il prato su cui ci sdraiamo<br />

potrebbero essere stracci non ostentarli<br />

5


per tesori da schiudere a viste meravigliate<br />

i tuoi semplici beni di utilità strumentale<br />

mi servono da davanzale<br />

Beatrice – dal verbo beare<br />

nome comune singolare<br />

RAINER MARIA RILKE<br />

[Che fortuna portare due piccoli seni]<br />

Che fortuna portare due piccoli seni<br />

verso qualcuno, verso l’ignoto…<br />

Due piccoli seni che dicono: forse domani…<br />

e che, senza nulla di più,<br />

sono felici. Tra loro il medaglione<br />

con la dolce immagine <strong>del</strong>la madre riposa;<br />

diresti che la sua protezione<br />

li separa, questi due seni, perché la giovane non osa<br />

sentirli tutti e due insieme,<br />

questi piccoli seni giovanili che si devono<br />

portare a qualcuno, all’ignoto,<br />

e che vivono un po’ all’insaputa<br />

di chi li porta.<br />

Vogliono farla felice,<br />

questi due piccoli seni innocenti che resistono ai venti<br />

<strong>del</strong>la <strong>vita</strong>?… Questi piccoli seni testardi,<br />

rivestiti d’una parvenza di lutto<br />

al quale oppongono,<br />

sotto impercettibili allarmi,<br />

le loro tenere esigenze di rose<br />

coperte.<br />

[Quelle chance de porter deux petits seins]. Quelle chance de porter<br />

deux petits seins / vers quelqu’un, vers l’inconnu… / Deux petits<br />

seins qui disent: peut-être demain… / et qui, sans rien de plus,<br />

/ sont heureux. Entre eux le médaillon / avec la douce image de la<br />

mère repose; / on dirait que sa protection / les sépare, ces deux<br />

seins, pour que la jeune fille n’ose / les sentir tous les deux à la fois,<br />

/ ces petits seins juvénils que l’on doit / porter à quelqu’un, à l’inconnu,<br />

/ et qui vivent un peu à l’insu / de la porteuse. / Vont-ils la<br />

rendre heureuse, / ces deux petits seins innocents qui résistent aux<br />

vents / de la vie?… Ces petits sein têtus, / d’un semblant de deuil<br />

revêtus / contre lequel ils posent, / sous d’imperceptibles alertes, /<br />

leurs tendres demandes de roses / couvertes.<br />

Traduzione di Chiara De Luca<br />

6<br />

<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

HO XUAN HUONG<br />

La fanciulla che dorme di giorno<br />

Nel fremito incostante <strong>del</strong>la brezza d’estate,<br />

La fanciulla si distende e subito s’assopisce.<br />

Il fermaglio di bambù scivola dai suoi lunghi capelli,<br />

I lacci <strong>del</strong> suo corsetto rosa si sciolgono sotto la cintura.<br />

Sulle due colline <strong>del</strong> Paese <strong>del</strong>le Fate, si ferma quieta<br />

la rugiada,<br />

In quel ruscello magico, la corrente sembra addormentata.<br />

A quella vista l’uomo si ferma indeciso,<br />

Turbato se andare, anche se più sconveniente sarebbe<br />

restare.<br />

Traduzione di Alfonso Pluchinotta<br />

GIOVANNI PONTANO<br />

Del petto splendente di Lucilla<br />

Quando le agili dita ammiro e l’ago,<br />

l’esperte mani e il lavoro ammiro,<br />

con fuggevole occhio, d’improvviso,<br />

tra le bende, le poppe vedo…<br />

Cosa ho visto, vedo, o credo vedere?<br />

Ma certo io vedo, ecco, lo vedete anche voi,<br />

dal bel petto di Lucilla un raggio di sole<br />

ha guizzato, dalle sue poppe come gemme lucenti.<br />

Lo sa la notte schiarita ad un tratto,<br />

e impallidito subito il lume<br />

cui essa stendeva la mano.<br />

Se <strong>sul</strong>la piccola benda e <strong>sul</strong> capezzolo<br />

non avesse portato la tenera mano,<br />

d’improvviso sarebbe sorta l’Aurora,<br />

e schiarite le tenebre a pieno giorno.<br />

Porta il giorno Lucilla nel suo <strong>seno</strong> risplendente,<br />

nel suo candido petto fa risplendere il sole.<br />

De fulgentissimis Lucillæ papillis. Cum mollis digitos acumque<br />

miror, / Miror artifices manus opusque, / Inter fasciolam papillulasque<br />

/ Obliquis oculis repente vidi: / Quid vidi, video, an videre<br />

credo? / Sed certe video, en videtis ipsi / Pulcro e pectore, gemmeis<br />

papillis / Lucillæ radium refulse solis. / Nox est conscia, quæ repente<br />

luxit, / Quæque expalluit illico lucerna, / Ad quam tum digitos<br />

movebat ipsa. / Quod ni fasciolæ papillulisque / Admosset teneram<br />

manum repente, / Fulsisset roseus dies repente, / Fulsissent<br />

mediam diem tenebræ. / Fert Lucilla diem sinu corusco et / Splendet<br />

pectore candidante solem.<br />

Traduzione di Sesto Prete


GIUSEPPE PARINI<br />

Ciò che, non visto, vidi<br />

Che spettacol gentil, che vago oggetto,<br />

fu il veder la mia Nice all’improvviso,<br />

quando sorpresa in abito negletto<br />

m’apparve innanzi ed arrossì nel viso!<br />

Come il candido velo al sen ristretto<br />

i bei membri avvolgea! Come indeciso<br />

celava e non celava i fianchi e il petto<br />

che sorger si vedeva in due diviso!<br />

Quali forme apparìan sotto a la veste!<br />

Paga era l’alma, e vivo era il desìo;<br />

e il piacer <strong>del</strong> mirarla era celeste.<br />

Deh mi concedi, Amor, che quella cruda<br />

tal mi si mostri anco un momento; ed io<br />

più non invidio chi vedralla ignuda.<br />

LUDOVICO ARIOSTO<br />

Orlando Furioso (Canto XI, 67-68)<br />

Le bellezze d’Olimpia eran di quelle<br />

Che son più rare: e non la fronte sola,<br />

Gli occhi, e le guancie, e le chiome avea belle,<br />

La bocca, il naso, gli omeri e la gola;<br />

Ma discendendo giù da le mammelle,<br />

Le parti che solea coprir la stola,<br />

Fur di tanta escellenzia, ch’anteporse<br />

A quante n’avea il mondo potean forse.<br />

Vinceano di candor le nievi intatte,<br />

Et eran più ch’avorio a toccar molli;<br />

Le poppe ritondette parean latte<br />

Che fuor dei giunchi allora allora tolli:<br />

Spazio fra lor tal discendea, qual fatte<br />

Esser veggian fra piccolini colli<br />

L’ombrose valli, in sua stagione amene,<br />

Che ’l verno abbia di nieve allora piene.<br />

CHARLES BAUDELAIRE<br />

La bella nave<br />

[…]<br />

Il tuo <strong>seno</strong> che preme trionfante<br />

contro la seta – il tuo <strong>seno</strong> è un prezioso, vasto scrigno<br />

dalle curve leggiadre,<br />

un terso scudo lampeggiante,<br />

un provocante scudo dalle punte rosate,<br />

uno scrigno dai segreti soavi, di <strong>del</strong>izie<br />

ricolmo, di profumi, di vini, di liquori<br />

che dan la febbre all’anima e al cervello!<br />

Sembri, quando l’aria commuovi con la ruota<br />

larga <strong>del</strong>la tua veste, un battello che salpa, numeroso<br />

e leggiadro di vele, e dolcemente<br />

rulla, calmo, indolente. […]<br />

Le beau navire. […] Ta gorge qui s’avance et qui pousse la moire, / Ta<br />

gorge triomphante est une belle armoire / Dont les panneaux<br />

bombés et clairs / Comme les boucliers accrochent des éclairs; //<br />

Boucliers provoquants, armés de pointes roses! / Armoire à doux secrets,<br />

pleine de bonnes choses, / De vins, de parfums, de liqueurs /<br />

Qui feraient délirer les cerveaux et les cœurs! // Quand tu vas balayant<br />

l’air de ta jupe large, / Tu fais l’effet d’un beau vaisseau qui<br />

prend le large, / Chargé de toile, et va roulant / Suivant un rhythme<br />

doux, et paresseux, et lent. […]<br />

Traduzione di Giovanni Raboni<br />

PAOLO SILENZIARIO<br />

[Vale di più la tua ruga]<br />

Vale di più la tua ruga, Filinna, di tutta la linfa<br />

di giovinezza; preferisco stringere<br />

quelle tue poma, con tutta la punta che pencola, invece<br />

<strong>del</strong> <strong>seno</strong>, ritto d’una giovincella.<br />

Vince codesto autunno l’altrui primavera, più caldo<br />

l’inverno tuo che l’estate d’un’altra.<br />

Traduzione di Filippo Maria Pontani<br />

<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

7


ROBERT HERRICK<br />

Su Julia che si slaccia<br />

Dimmi, se davvero lo sai, da dove vengono<br />

Canfora, storace, unguento, galbano,<br />

Questi muschi, queste ambre, e questi altri odori<br />

Dolci come il Vestibolo degli Oracoli.<br />

Te lo dico io: – mentre la mia Julia si slacciava<br />

Il corpetto di seta per il tempo di un respiro,<br />

L’aria passiva fragranze assumeva<br />

Come quelle di Giunone che da Giove si reca,<br />

E il suo puro <strong>corpo</strong> immortale trasmette<br />

Un profumo che dal cielo in terra riflette.<br />

Upon Julia’s unlacing her self. Tell, if thou canst, (and truly) whence<br />

doth come / This Camphire, Storax, Spikenard, Galbanum: /<br />

These Musks, these Ambers, and those other smells / (Sweet as the<br />

Vestrie of the Oracles.) / Ile tell thee; while my Julia did unlace / Her<br />

silken bodies, but a breathing space: / The passive Aire such odour<br />

then assum’d, / As when to Jove great Juno goes perfum’d. / Whose<br />

pure-Immortall body doth transmit / A scent, that fills both Heaven<br />

and Earth with it.<br />

Traduzione di Massimiliano Morini<br />

JOHN DONNE<br />

Elegia XIX. Alla sua donna andando a letto<br />

[…] Getta pur quel cinto che splende simile allo Zodiaco,<br />

ma che nasconde al mio sguardo un mondo assai più bello.<br />

Togli gli spilli dal pettorale cosparso di lustrini,<br />

così che gli occhi dei maliziosi vi si possono fermare.<br />

Slacciati, perché quell’accordo armonioso<br />

mi dice di esser già l’ora di recarsi a letto.<br />

Via quel busto felice, che invidio,<br />

perché può starti così stretto.<br />

E via la gonna che svela una tanto bella condizione,<br />

come quando dai campi fioriti l’ombra dei colli si fugge. […]<br />

Elegy XIX. To His Mistris Going to Bed. […] Off with that girdle,<br />

like heavens zone glistering / But a farre fairer world encompassing.<br />

/ Unpin that spangled brest-plate, which you weare / That th’eyes of<br />

busy fooles may be stopt there: / Unlace your selfe, for that harmonious<br />

chime / Tells me from you that now ’tis your bed time. / Off<br />

with that happy buske, whom I envye / That still can be, and still can<br />

stand so nigh. / Your gownes going off such beauteous state reveales<br />

/ As when from flowery meades th’hills shadow steales. […]<br />

Traduzione di Giorgio Melchiori<br />

8<br />

<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

CHARLES CROS<br />

Sonetto<br />

A Ulysse Rocq, pittore<br />

Vento d’estate, fai le donne più belle<br />

Nei corsetti chiari, che i seni ribelli<br />

Gonfiano. Vento d’estate, vento di fiori, dolce sogno<br />

Accarezza una stoffa che solleva un bel <strong>seno</strong>.<br />

Nei boschi, nei campi, corolle, ombrelle<br />

Circondano la donna; in alto contese<br />

Di uccelli, romanza troppo breve,<br />

Cadono nell’aria calda. Un momento di pausa.<br />

E lo spino rosa ha odori vaghi,<br />

La rosa di maggio cade dallo stelo,<br />

Tutto freme nell’aria, canto di dolce vertigine.<br />

Lasciate la veste e mettete gli anelli;<br />

E mostrate i seni, eterno prodigio.<br />

Baciamoci, prima che il mio sangue raggeli.<br />

Sonnet (À Ulysse Rocq, peintre). Vent d’été, tu fais les femmes plus<br />

belles / En corsage clair, que les seins rebelles / Gonflent. Vent<br />

d’été, vent des fleurs, doux rêve / Caresse un tissu qu’un beau sein<br />

soulève. // Dans les bois, les champs, corolles, ombelles / Entourent<br />

la femme; en haut, les querelles / Des oiseaux, dont la romance<br />

est trop brève, / Tombent dans l’air chaud. Un moment de trêve.<br />

// Et l’épine rose a des odeurs vagues, / La rose de mai tombe de sa<br />

tige, / Tout frémit dans l’air, chant d’un doux vertige. // Quittez votre<br />

robe et mettez des bagues; / Et montrez vos seins, éternel prodige.<br />

/ Baisons-nous, avant que mon sang se fige.<br />

Traduzione di Laura Aga-Rossi<br />

YOSANO AKIKO<br />

[Quando premo i miei seni]<br />

Quando premo i miei seni<br />

io lentamente scosto da parte<br />

il sipario <strong>del</strong> mistero<br />

Come intenso ivi il colore<br />

rosso di quel fiore.<br />

Traduzione di Alfonso Pluchinotta


DAVID HERBERT LAWRENCE<br />

Previsione<br />

Pazienza, piccolo Amore!<br />

Una donna dal petto pesante, calda come giugno entrerà<br />

un giorno e chiuderà la porta, per restare.<br />

E quando l’animo tuo, oppresso, avrebbe reclamato<br />

una fresca notte solitaria, il suo petto la notte coprirà<br />

pendente nella stanza tua come una coppia di gigli tigrati,<br />

che i loro petali oro-pallido schiudono con ferma intenzione<br />

e soffocano le tenebre blu con acre profumo, fiaccando<br />

il tuo <strong>corpo</strong> con la spinta dei suoi capezzoli, finché<br />

freschezza bramerai con una forte sete.<br />

E ti ricorderai allora, con desiderio vero<br />

per la prima volta, quel che ero per te.<br />

Così profondamente sogna un narciso selvatico<br />

e ti attende attraverso l’oscurità<br />

fredda ed azzurra, brillando allegramente<br />

ai tuoi piedi come piccola luce.<br />

Pazienza, piccolo Amore! Negli anni a venire<br />

io sarò dolce per te, nella memoria.<br />

Forecast. Patience, little Heart! / One day a heavy-breasted, Junehot<br />

woman / Will enter and shut the door, to stay. // And when your<br />

stifling soul would summon / Cool, lonely night, her breasts will<br />

keep the night at bay, / Leaning in your room like two tiger-lilies,<br />

curving / Their pale-gold petals back with steady will, / Killing the<br />

blue dusk with harsh scent, unnerving / Your body with their nipple-thrust,<br />

until / You thirst for coolness with a husky thirst. // And<br />

then you will remember, for the first / Time with true longing, what<br />

I was to you. / Like a wild daffodil down-dreaming, / And waiting<br />

through the blue / Chill dusk for you, and gladly gleaming / Like a<br />

little light at your feet. // Patience, little Heart! I shall be sweet / In<br />

after years, in memory, to you.<br />

Traduzione di Paolo Petroni<br />

SHAMS-AL-DIN HĀFIZ<br />

Quartina 26<br />

Di fronte a tale bellezza nulla si può fare.<br />

Quando le toglieremo i suoi vestiti<br />

Potrai vedere il suo cuore nel suo fragile <strong>seno</strong>,<br />

Come una dura roccia in un limpido lago.<br />

Traduzione di Alfonso Pluchinotta<br />

WILLIAM BUTLER YEATS<br />

Egli ricorda la bellezza dimenticata<br />

Quando con le mie braccia ti cingo<br />

Premo il mio cuore <strong>sul</strong>la leggiadria<br />

Che da tempo è scomparsa dal mondo; le corone<br />

Incastonate di gioielli che i re hanno gettato<br />

In stagni tenebrosi, con i loro<br />

Eserciti disfatti; i racconti d’amore intessuti<br />

Con un filo di seta dalle dame sognanti in una stoffa<br />

Che ha reso pingue la tignola assassina;<br />

Le rose che un tempo le dame intrecciarono<br />

Nei loro capelli; i gigli freschi di rugiada che le dame<br />

portarono<br />

Per sacri corridoi dove le nuvole grigie <strong>del</strong>l’incenso<br />

Si levavano al punto che soltanto gli occhi<br />

Di Dio restavano aperti; poiché quel <strong>seno</strong> pallido<br />

E quella mano che indugia provengono da un luogo<br />

Più denso di sogni, da un’ora<br />

Più densa di sogni di questa; e quando tu sospiri<br />

Fra un bacio e l’altro è la bianca Bellezza<br />

Che odo sospirare, mentre pensa<br />

Al tempo in cui tutte le cose svaniranno<br />

Come rugiada meno il luogo in cui, fiamma su fiamma,<br />

Abisso sopra abisso e trono a trono,<br />

Quasi dormienti e con le loro spade<br />

Sulle ginocchia di ferro, se ne stanno<br />

I suoi alti misteri solitari a meditare.<br />

He Remembers Forgotten Beauty. When my arms wrap you<br />

round I press / My heart upon the loveliness / That has long faded<br />

from the world; / The jewelled crowns that kings have hurled / In<br />

shadowy pools, when armies fled; / The love-tales wrought with<br />

silken thread / By dreaming ladies upon cloth / That has made fat<br />

the murderous moth; / The roses that of old time were / Woven by<br />

ladies in their hair, / The dew-cold lilies ladies bore / Through<br />

many a sacred corridor / Where such grey clouds of incense rose /<br />

That only God’s eyes did not close: / For that pale breast and lingering<br />

hand / Come from a more dream-heavy land, / A more dreamheavy<br />

hour than this; / And when you sigh from kiss to kiss / I hear<br />

white Beauty sighing, too, / For hours when all must fade like dew,<br />

/ But flame on flame, and deep on deep, / Throne over throne where<br />

in half sleep, / Their swords upon their iron knees, / Brood her<br />

high lonely mysteries.<br />

Traduzione di Roberto Sanesi<br />

<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

9


<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

GEORGE BERNARD SHAW<br />

Seno di mamma<br />

Gorgogli di pura gioia infantile,<br />

La mamma un bacio sui piedi ti posa.<br />

Con un Bimbo ogni giorno è speciale,<br />

Più splendido di una rosa.<br />

Lenti soddisfatti sorrisi,<br />

Mamma ti dà il <strong>seno</strong>.<br />

Aura, bagliore purissimo,<br />

Una mamma in stato di grazia.<br />

La ricompensa è il viso <strong>del</strong> Bimbo,<br />

Di profondo contento uno specchio.<br />

Poiché il <strong>seno</strong> di mamma è la casa <strong>del</strong> bimbo<br />

Le sue cure sono ben dispensate.<br />

Ogni giorno il Bimbo fa un bagno d’amore,<br />

La Mamma si illumina di suo figlio.<br />

Sento una Celeste Colomba tubare,<br />

Chi si avvicina ne viene rapito.<br />

Vedo in questo mio ritratto<br />

La forza di una materna passione.<br />

Quasi mi mancano i sensi,<br />

Ho il ritratto di un amore divino.<br />

Mummy’s Breast. Baby gurgles of sheer <strong>del</strong>ight, / As mummy kisses<br />

your toes. / Baby makes each day so bright, / More beautiful<br />

than a rose. / Contented smiles slowly show, / As Mummy gives you<br />

her breast. / An aura of the purest glow, / Of a Mummy at her best.<br />

/ Rewards come with Baby’s face, / Reflecting innermost content. /<br />

For Mummy’s breast is baby’s place / Her caring is well spent. / Each<br />

day Baby bathes in love, / Mummy radiant with her child. / I hear<br />

cooing of a Heavenly Dove, / As all around are beguiled. / Strength<br />

of a mother’s deepest feeling / I see in this picture of mine. / My very<br />

senses are reeling, / At a love that is divine.<br />

Traduzione di Massimiliano Morini<br />

PAUL ELUARD<br />

Moralità <strong>del</strong> sonno<br />

Il pomeriggio fu quisquilie<br />

Maniere consuete<br />

Strette di mani meschine<br />

Dieci dita d’immagini incerte<br />

Velate di bianche molli anella<br />

Così il mio <strong>del</strong>irio così il mio disastro<br />

Così le mie forze crollate<br />

Un riso rullìo<br />

Che il giuoco riporta alla tavola dolce<br />

10<br />

Dei tuoi seni lievi<br />

Notte di neve notte<br />

Vaga su un ponte tremante e il sonno ha gualcita<br />

La camicia <strong>del</strong> tempo<br />

E la <strong>vita</strong><br />

E all’orlo d’un abisso<br />

La trattiene la curva <strong>del</strong> tuo <strong>seno</strong> […]<br />

Moralité du sommeil. L’après-midi fut de brindilles / De façons<br />

d’être coutumières / Une étreinte de mains chétives / Dix doigts<br />

d’images vacillantes / Voilés de molles bagues blanches // Ainsi<br />

mon délire ainsi mon désastre / Ainsi mes forces écroulées / Un rire<br />

roulis / Que le jeu ramène sur la table douce / De tes seins légers<br />

/ Nuit de neige nuit vague / Sur un pont tremblant le sommeil / Fripe<br />

la chemise du temps / La vie / Et la courbe de ta poitrine / La retient<br />

au bord d’un abîme […]<br />

Traduzione di Franco Fortini<br />

RAFAEL ALBERTI<br />

Amaranta<br />

Biondi, lucidi seni di Amaranta,<br />

limati dalla lingua d’un levriero.<br />

Portici di limoni, fuorviati<br />

dal canale che monta alla tua gola.<br />

Rosso un ponte di riccioli che avanza<br />

fa ardere gli avorii tuoi ondulati.<br />

Curvo, morde e ferisce i denti esangui,<br />

librandoti nel vento che ti innalza.<br />

Dorme la solitudine nel folto,<br />

calza il piede di zeffiro e poi scende<br />

dall’alto olmo al mar <strong>del</strong>la pianura.<br />

Ecco il suo buio <strong>corpo</strong> che s’accende<br />

e, gladiatrice, come brace impura,<br />

fra Amaranta e il suo amante si distende<br />

… calzò di vento…<br />

(GÓNGORA)<br />

Amaranta … calzó de viento… Góngora. Rubios, pulidos <strong>seno</strong>s de<br />

Amaranta, / por una lengua de lebrel limados. / Pórticos de limones<br />

desviados / por el canal que asciende a tu garganta. // Rojo, un<br />

puente de rizos se a<strong>del</strong>anta / e incendia tus marfiles ondulados. /<br />

Muerde, heridor, tus dientes desangrados, / y corvo, en vilo, al<br />

viento te levanta. // La soledad, dormida en la espesura, / calza su<br />

pie de céfiro y desciende / <strong>del</strong> olmo alto al mar de la llanura. // Su<br />

cuerpo en sombra, oscuro, se le enciende, / y gladiadora, como un<br />

ascua impura, / entre Amaranta y su amador se tiende.<br />

Traduzione di Vittorio Bodini


MYRA SCHNEIDER<br />

Amazzone<br />

Per quattro mesi<br />

tutte quelle donne di Matisse e Picasso<br />

panneggiate <strong>sul</strong>lo sfondo<br />

di piante, balconi, Mediterraneo e cielo<br />

mi hanno tormentato<br />

con quei meravigliosi globi di seni mentre<br />

riempivo il mio vuoto<br />

di pagine di scarabocchi, di fertile maggio, di maree<br />

di verde, insopprimibile<br />

bianco di pizzo nuziale, oro di ranuncolo,<br />

ma senza coprire<br />

l’immagine di me stessa come pagliaccio malforme<br />

finché non mi hai ricordato<br />

che nei miti greci le donne più venerate<br />

erano le amazzoni con un <strong>seno</strong> solo,<br />

padrone <strong>del</strong> giavellotto e <strong>del</strong>l’arco, portatrici<br />

di cavalli in battaglia,<br />

dalle regine famose per la femminilità.<br />

Riconoscendo i campi su cui avevo combattuto<br />

ho sollevato il mio scudo<br />

di parole lucenti, vedendo che echeggiava il sole.<br />

per Grevel<br />

Amazon ( for Grevel). For four months / all those Matisse and Picasso<br />

women / draped against / plants, balconies, Mediterranean<br />

Sea, skies / have taunted me / with the beautiful globes of their<br />

breasts as I’ve filled // my emptiness / with pages of scrawl, with fecund<br />

May, its floods / of green, its irrepressible / wedding-lace white,<br />

buttercup gold, / but failed to cover / the image of myself as a<br />

misshapen clown // until you reminded me / that in Greek myth<br />

the most revered women / were the single-breasted / Amazons who<br />

mastered javelins, bows, rode / horses into battle, / whose fierce<br />

queens were renowned for their femininity. // Then recognising<br />

the fields I’d fought my way across / I raised my shield / of glistening<br />

words, saw it echoed the sun.<br />

Traduzione di Massimiliano Morini<br />

ADONIS<br />

Chiesa <strong>del</strong> giorno<br />

Le coppe e i calici sono per me<br />

guanciali<br />

sogno <strong>sul</strong> guanciale,<br />

dal tempo <strong>del</strong>la nascita<br />

nella foresta <strong>del</strong>l’allattamento e <strong>del</strong>lo svezzamento<br />

porto le mie campane notturne alla chiesa <strong>del</strong> giorno<br />

la linfa, tra il polline e i frutti, è la mia messa<br />

le foglie il mio battesimo.<br />

Traduzione di Fawzi Al Delmi<br />

GEORGE MEREDITH<br />

Il piccolo Usurpatore<br />

Sul <strong>seno</strong> <strong>del</strong> mio amore<br />

È caduto un roseo vivo boccio,<br />

Chiaro come lucente Espero<br />

Dove trabocca la marea.<br />

Lo tocca,<br />

Lo culla,<br />

Lo coccola e lo guarda:<br />

E se una lacrima lo desta,<br />

Di baci e baci lo asciuga:<br />

Agogna ogni sua mossa,<br />

E non lo adora mai abbastanza.<br />

Ah, piccolo Usurpatore!<br />

Ti cedo il mio aureo trono:<br />

Schiere d’angeli alle sue mani intorno<br />

In suo nome lo pretendono.<br />

The Young Usurper. On my darling’s bosom / Has dropped a living<br />

rosy bud, / Fair as brilliant Hesper / Against the brimming flood. /<br />

She handles him, / She dandles him, / She fondles him and eyes him:<br />

/ And if upon a tear he wakes, / With many a kiss she dries him: / She<br />

covets every move he makes, / And never enough can prize him. /<br />

Ah, the young Usurper! / I yield my golden throne: / Such angel<br />

bands attend his hands / To claim it for his own.<br />

Traduzione di Massimiliano Morini<br />

<strong>Sguardi</strong> <strong>sul</strong> <strong>seno</strong><br />

Il <strong>seno</strong> in-cantato. Antologia di poesie <strong>sul</strong> <strong>seno</strong>, a cura di Alfonso Maria Pluchinotta,<br />

Crocetti Editore 2005, pp. 308, E 18,00<br />

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