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GENOVESE Elisabetta, Biondi S. Funzione uditiva e disturbi del

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FUNZIONE UDITIVA E DISTURBI DEL PROCESSING UDITIVOCRS Amplifon - Milano, 14 – 16 giugno 2007• INTRODUZIONE• DEFINIZIONI E LIMITI CLASSIFICATIVI DEI DISTURBIDEL PROCESSING UDITIVO NEL BAMBINOE. Genovese - S. <strong>Biondi</strong>*Università degli Studi di Modena – Clinica Otorinolaringoiatrica*Università degli Studi di Catania – Clinica OtorinolaringoiatricaL’Elaborazione Uditiva Centrale:I <strong>disturbi</strong> <strong>del</strong>l’elaborazione <strong>uditiva</strong> centrale (CAPD secondo l’acronimo inglesedi Central Auditory Processing Disorders, che adotteremo nel seguito)rappresentano un’entità nosologica vaga e poco definita particolarmente in etàevolutiva. La definizione formulata da Keith descrive questo disturbo come“inability to attend to, discriminate, or understand speech under less thanoptimal conditions even though peripheral hearing and intelligence is withinnormal limits. This disability is more pronounced when listening to distortedspeech, in noise, or in other poor acoustic environments” (Keith, 1986).In realtà non esiste un’uniformità di vedute sulla definizione e l’inquadramento di talidisordini tant’è che il DSM-IV non include la categoria diagnostica dei CAPDs (Keith,2000).1


La difficoltà nel definire i CAPDs deriva in parte dalla consapevolezza che essinon rappresentano una entità nosologica unitaria ma piuttosto la descrizione dideficit funzionali (ASHA, 1996). Inoltre la presenza dei CAPD in diversepopolazioni cliniche (<strong>disturbi</strong> da deficit di attenzione ed iperattività, deficit degliapprendimenti, <strong>disturbi</strong> <strong>del</strong> linguaggio, lesioni <strong>del</strong> SNC, otite media secretiva)solleva la questione sul legame esistente tra essi e capacità cognitive,linguistiche e sociali correlate all’apprendimento e all’uso <strong>del</strong> linguaggio.L’interrogativo principale riguarda il rapporto di causalità esistente tra disordinicentrali <strong>del</strong>la percezione <strong>uditiva</strong> e deficit di linguaggio, apprendimento eattenzione frequentemente indicati con le rispettive sigle inglesi di SLD(Specific Language Disorders), ADHD (Attention Deficit HyperactivityDisorders), LD (learning Disorders. (ASHA,1996; Keith,1981; Rees, 1973,1981; Sloan, 1980, 1986; Watson e Miller, 1993, Keith, 2000).In molti casi questi disordini coesistono e non risulta possibile distinguere qualesia il disturbo primario e quale quello secondario. Ciò che appare universalmenteaccettato è che i <strong>disturbi</strong> <strong>del</strong>l’elaborazione <strong>uditiva</strong> centrale nell’infanzia,ancorché poco evidenti per sé, sono in grado tuttavia di condizionareepifenomeni di grande rilevanza come appunto i <strong>disturbi</strong> <strong>del</strong>l’attenzione ed inparticolare quelli <strong>del</strong>l’apprendimento. Conseguentemente è ragionevole supporreche bambini portatori primariamente di disfunzione <strong>uditiva</strong> centrale finiscano peressere impropriamente inseriti fra i soggetti con <strong>disturbi</strong> specifici <strong>del</strong> linguaggio,<strong>del</strong>l’apprendimento e <strong>del</strong>l’attenzione /iperattività. Questi soggetti vengonoindirizzati a neuropsichiatri, psicologi, pedagogisti e logopedisti i qualigestiscono le procedure valutative e riabilitative trascurando il primitivo ed2


inapparente disturbo uditivo con il rischio concreto di trattamenti riabilitatividefatiganti e prolungati e di risultati finali parziali. E’ interessante notare comel’Associazione Italiana Dislessia non includa nel proprio protocollo diagnosticouna valutazione audiologica e/o foniatrica comprensiva degli aspetti funzionali<strong>del</strong>l’elaborazione <strong>uditiva</strong> centrale ed affidi il giudizio sulla capacità <strong>uditiva</strong> diquesti soggetti ai test di valutazione fonologica e di discriminazione fonologica(AID, 20001).Le ipotesi che considerano la dislessia conseguente ad un disturbo percettivosono più volte richiamate nella letteratura specialistica: qui ricorderemo come inun campione di 94 soggetti Katz (1992) ne abbia trovati 93 che presentavano undisturbo di elaborazione <strong>uditiva</strong>. In un nostro studio preliminare, più avantiricordato, su 12 bambini segnalati per disturbo d’apprendimento tutti fallirono inalmeno due test <strong>del</strong>la batteria di prove audiometriche sensibilizzate.Allo stato attuale <strong>del</strong>le conoscenze i rapporti fra CAPD e LD non sono definiti(come non lo sono quelli con l’ADHD) non di meno è chiara la necessità, difronte ad un LD, di definire con precisione le capacità uditive complete <strong>del</strong>soggetto mediante specifiche prove audiologiche (Bellis, 1996; Chermark eMusiek, 1997; Mastes, Stecker e Katz, 1998).Chi sono i bambini che possono essere sospettati di disturbo d’elaborazione<strong>uditiva</strong> centrale (Keith, 2000)?a) Sono per lo più maschi;b) hanno normale soglia all’audiometria convenzionale a toni puri;c) rispondono in maniera incostante agli stimoli uditivi (difficoltà adeseguire istruzioni impartite verbalmente);3


d) hanno difficoltà a localizzare una sorgente sonora; manifestanoipersensibilità o fastidio ai suoni ed ai rumori intensi;e) chiedono frequentemente la ripetizione <strong>del</strong>le consegne;f) hanno un atteggiamento timido e schivo.DEFINIZIONESecondo l’American Speech-Language-Hearing Association (1996) si devesospettare un CAPD allorché uno o più dei seguenti fenomeni uditivi risultadeficitario:localizzazionediscriminazioneidentificazionericonoscimentoaspetti temporali <strong>del</strong>l’udito (risoluzione, mascheramento, integrazione eordine temporale)capacità uditive con segnale acustico competitivocapacità uditive con segnale acustico deteriorato.L’ASHA (1996) sottolinea come tali peculiari funzioni neurobiologiche sianorealizzate per effetto <strong>del</strong>l’attività bioelettrica <strong>del</strong> cervello e perciò che anchealterazioni dei potenziali evocati uditivi costituiscono un marker di CAPD.L’elaborazione <strong>uditiva</strong> centrale comprende attività specifiche e non specifiche.Le prime riguardano la codifica e la gestione <strong>del</strong>la struttura spettrale e<strong>del</strong>l’andamento temporale <strong>del</strong>le percezioni uditive; le seconde riguardanodiverse funzionalità superiori correlate con la decodifica <strong>del</strong> linguaggio e con4


funzioni cognitive, quali quelle di attenzione, memoria ed apprendimento, chevengono asservite sotto questo aspetto alla funzione <strong>uditiva</strong>.Questi rapporti, indispensabili per l’elaborazione <strong>uditiva</strong>, sono sufficienti agiustificare la coesistenza con altri <strong>disturbi</strong> quali tipicamente quelli <strong>del</strong>linguaggio o <strong>del</strong>l’attenzione e rendono veramente difficile stabilire se lacontemporaneità esprima causalità o semplice concomitanzaPresumibilmente i meccanismi e i processi <strong>del</strong> sistema uditivo centralepartecipano all’elaborazione sia dei segnali acustici verbali che non verbali einfluenzano in tal modo funzioni più elevate, incluso il linguaggio el’apprendimento (ASHA, 1996; Phillips, 1993, 1995), giustificando così lafrequente associazione clinica tra CAPD e disordini <strong>del</strong> linguaggio, <strong>disturbi</strong> degliapprendimenti e ADHD. L’elaborazione <strong>del</strong>l’input acustico precede l’interventodi memoria, attenzione, apprendimento, in breve riguarda le procedureneurofunzionali intermedie fra detezione e percezione prima che intervengano imeccanismi neurocognitivi in gran parte non modalità-specifici (Bellis, 1996).MATURAZIONE E PLASTICITA’L’elaborazione centrale subisce dalla nascita un progressivo potenziamentolegato alla neuromaturazione che si manifesta in senso ascendente dalla periferiaalla corteccia. Sebbene il calendario maturativo risulti diverso per le diversecapacità uditive centralmente allocate, nel complesso la maturità completa vieneraggiunta relativamente tardi, attorno ai 12 anni di età. (Kraus et al. 1999).In aggiunta ai processi maturativi risulta dimostrato che il SNC è capace dicontinue riorganizzazioni che sono alla base <strong>del</strong>l’acquisizione di nuove abilità e5


di nuovi comportamenti. Questa plasticità è ritenuta basilare per gliapprendimenti in genere e per quelli connessi con il linguaggio in particolare(Kraus, 1999). Di recente inoltre sono state evidenziate anche nell’uomoimportanti correlazioni intermodali (vista, udito) con la dimostrazione che ladeprivazione di una modalità condiziona un potenziamento <strong>del</strong>l’altra a tutti i suoilivelli funzionali corticali e sottocorticali (Bavelier e .Neville, 2002).In particolare il potenziamento a lungo termine indica l’incremento <strong>del</strong>lecapacità di elaborazione degli input conseguenti a stimolazioni ripetute degliorgani di senso.TIPI DI DISFUNZIONE CENTRALEMusiek e Gollegly (1985, cit. da Chermak e Musiek)) individuano in etàevolutiva, specificatamente in associazione con i <strong>disturbi</strong> <strong>del</strong>l’apprendimento, tretipi di CAPD in relazione al livello di compromissione <strong>del</strong> SNC.A] La parte più numerosa (65-70 %) è rappresentata dai CAPD derivati daalterazioni neuromorfologiche (aree di polimicrogiri ed eterotipie)prevalentemente a carico <strong>del</strong>l’emisfero sinistro e/o <strong>del</strong>la regione <strong>uditiva</strong>(splenio) <strong>del</strong> corpo calloso.B] il 25 - 30 % dei CAPD in età pediatrica deriva da un ritardo dimaturazione <strong>del</strong> sistema uditivo centrale, nelle sue porzioni inferiori.C] circa il 5% dei CAPD diagnosticati in età evolutiva in associazione coni <strong>disturbi</strong> <strong>del</strong>l’apprendimento derivano da disordini neurologici.6


Dal punto di vista <strong>del</strong>la fenomenologia clinica Katz et al. (cit. da Masters et al.,1998) descrivono quattro categorie di CAPD:a) tipo DEC ( decoding)in cui prevale l’incapacità di elaborare con accuratezza e rapiditàquanto udito.b) tipo TFM (tolerance/fading memory)esibisce difficoltà d’ascolto in condizioni sfavorevoli e scarsamemoria a breve terminec) tipo INT (integration)presenta scadente integrazione con altre modalità sensorialid) tipo ORG (organization)caratterizzato da errori di sequenziamento e disorganizzazione <strong>uditiva</strong>MODELLO DEL SISTEMA UDITIVO CENTRALEI mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong> sistema uditivo centrale proposti riflettono le recenti acquisizioni<strong>del</strong>le neuroscienze cognitive e sottolineano l’elevata complessità e la naturainterattiva <strong>del</strong> sistema.Il mo<strong>del</strong>lo lineare localizzazionista (pathway mo<strong>del</strong>), il quale postula che ilsegnale sia processato solo in specifici centri <strong>del</strong> cervello, sta per essereprogressivamente sostituito da un mo<strong>del</strong>lo a rete (network mo<strong>del</strong>) secondo ilquale l’elaborazione <strong>del</strong>l’informazione avviene in un gran numero di centri traloro connessi e diffusi all’interno di tutto il sistema nervoso centrale (Masterton,1992).7


Secondo tale mo<strong>del</strong>lo le risposte percettive a stimoli sensoriali sono mediate danumerose regioni <strong>del</strong> cervello attraverso un sistema multiplo e diffuso di retineurali disposte in serie e parallelo (ASHA,1996; Ungerleider, 1995). Anche lerisposte percettive agli stimoli acustici deriverebbero dall’attivazione,valutazione ed integrazione di informazioni di varia natura (Massaro,1987).La combinazione funzionale interattiva di queste reti neurali opererebbe, aseconda <strong>del</strong> tipo di informazione e <strong>del</strong>le condizioni di ascolto, vuoi in modalitàascendente (bottom-up) vuoi in modalità discendente (top-down). Entrambeforniscono in misura variabile continue indicazioni e correzioni perl’interpretazione e identificazione di specifici pattern. In particolare in caso dideterioramento <strong>del</strong>l’input (sfavorevole rapporto segnale/rumore, ambiguitàlinguistiche…) prevarrebbe la componente discendente top-down.I mo<strong>del</strong>li funzionali <strong>del</strong> sistema nervoso centrale uditivo devono tenere conto<strong>del</strong>la già citata e peculiare capacità di elaborazione temporale degli input uditivi.Infatti, a differenza <strong>del</strong>le modalità tattile e visiva che sono tipicamente spaziali,l’udito sembra comportarsi diversamente e cioè come un analizzatore di tempi.Questa caratteristica è tradizionalmente attribuita alla specifica architetturaneurale <strong>del</strong> sistema. Tuttavia, recentemente (Shamma, 2001) è stata avanzatal’ipotesi che questa capacità sia solo apparente e sia resa possibile da unapreliminare codifica spaziale degli aspetti temporali, operata a livello periferico.Per effetto di questa codifica gli indici spaziali, rappresentativi <strong>del</strong>lecaratteristiche temporali, diverrebbero gestibili da meccanismi neurali protocorticalicomuni o analoghi a quelli di altre modalità sensoriali (vista, tatto etc.)8


CORRELAZIONI ANATOMO-FUNZIONALIAllo stato attuale gli effetti di alcune lesioni sono ormai correlati consoddisfacente evidenza a specifici deficit funzionali:sede <strong>del</strong>la lesionelobo temporale - monolateralelobo temporale - bilateralecorpo callososistema efferente uditivoEFFETTI SULLA FUNZIONE UDITIVAdeficit controlaterale nell’ascolto dicoticodeficit di localizzazione controlateralesordità centraledeficit di tutti i compiti d’integrazione interemisfericadeficit au sin nei test verbali dicoticidifficoltà di ascolto nel rumoreCOMORBILITA’I CAPD sono stati osservati in diverse popolazioni cliniche, non solamentequelle di adulti in cui è chiara l’evidenza di una patologia organica <strong>del</strong> SNC(afasia, sclerosi multipla, epilessia, traumi cerebrali, tumori, morbo diAlzheimer), .ma anche quelle infantili in cui è ragionevolmente sospettata unapatologia o un disordine neuromorfologico <strong>del</strong> SNC (disturbo evolutivo <strong>del</strong>linguaggio, dislessia, ADHD).Queste condizioni cliniche non sono mutuamente esclusive anzi sonocaratterizzate non infrequentemente da comorbilità, uno stesso bambino potendorisultare affetto contemporaneamente da CAPD, ADHD e deficit degliapprendimenti senza che si riesca ad attribuire ad alcuno di questi <strong>disturbi</strong> lapriorità patogenetica <strong>del</strong>l’associazione sindromica.Ciò che sicuramente accomuna i soggetti affetti da CAPD, ADHD e dislessia è ilriscontro nella loro anamnesi di un deficit <strong>del</strong> linguaggio.Un altro dato interessante è la frequente associazione tra deficit di attenzione eridotte performance nei test di audiometria vocale sensibilizzata , sollevando9


l’interrogativo se i CAPDs possano essere una manifestazione di un deficit diattenzione o altresì espressione di un'unica entità nosologica.L’ipotesi alternativa è che ridotte performance <strong>del</strong> sistema uditivo centrale neisoggetti affetti da ADHD dovrebbero indicare la comorbilità <strong>del</strong> CAPD,piuttosto che il deficit di attenzione stesso. Tipicamente l’ADHD, in quantodisturbo pervasivo e sopramodale, è caratterizzato da deficit di attenzione cheinteressano più modalità sensoriali (Keller, 1992).Di contro, individui affetti da CAPD mostrano un deficit di attenzione limitatoalla modalità sensoriale <strong>uditiva</strong>.Riccio et al. (1996) ha riscontrato una correlazione non significativa traperformance allo Staggered Spondaic Word Test e fenotipo comportamentale diADHD.Un altro dato che suggerirebbe che CAPD e ADHD sono due entità nosologichedistinte è la frequente associazione tra otite media secretiva cronica eCAPD.(Adesman et al., 1990; Brown, 1994; Gravel & Wallace, 1992; Jerger,1982)Secondo alcuni AA (Musiek et al, 1984, 1994; Jerger et al., 1988), il riscontro diun deficit <strong>del</strong>l’orecchio sinistro nel dichotic speech test, osservatofrequentemente in soggetti affetti da CAPD, così come le ridotte performanceuditive rilevate in condizioni di messaggio competitivo controlaterale edipsilaterale, dimostrerebbe come il deficit di attenzione che caratterizza i CAPDsia limitato solo ad una modalità sensoriale contrariamente a quanto avvienenell’ADHD.10


Ulteriori differenze tra CAPD e ADHD emergono dalla recente rivisitazione <strong>del</strong>concetto di ADHD che viene ad essere considerato più come un disordine <strong>del</strong>comportamento piuttosto che di attenzione, ponendo dunque maggioreimportanza alla “disinibizione comportamentale” (impulsività, incapacità aseguire e mantenere regole) come sintomo patognomonico <strong>del</strong>la malattia(Barkley, 1990).Sempre secondo Barkley l’ADHD sarebbe essenzialmente un deficitmotivazionale piuttosto che un deficit di attenzione.Augustine & Damico (1995) ritengono cheproprio il disturbo <strong>del</strong>comportamento che caratterizza l’ADHD sarebbe responsabile dei problemi diautocontrollo, socializzazione, deficit di linguaggio e apprendimento che cosìfrequentemente si osservano in bambini affetti da ADHD.Anche il DSM-IV (1994) ha provveduto a fornire nuove indicazioni per ladiagnosi <strong>del</strong>l’ADHD identificandone tre sottotipi:1. Combined Type: caratterizzato da impulsività-iperattività e disattenzione.2. Predominantly Inattentive Type: presenta esclusivamente disattenzione.3. PredominantlyHyperactive-Impulsive Type: caratterizzato da un deficit diregole comportamentali (tale sottotipo non ha precedenti nel sistemaDSM).Chermark e Musiek (1997) sottolineano come la diagnosi di ADHD si basi sucriteri esclusivamente soggettivi per cui spesso bambini etichettati come ADHD(inattentive type) sono in realtà affetti da un disordine centrale <strong>del</strong>la percezione<strong>uditiva</strong> e riportano numerosi riferimenti a studi dimostrativi di alterazioni11


organiche in aeree <strong>del</strong> SNC interessate all’elaborazione <strong>del</strong>le percezioni (planumtemporale, insula, splenio…) sia in soggetti ADHD che LD.ELABORAZIONE UDITIVA DEL LINGUAGGIO ORALEL’elaborazione <strong>del</strong>l’input acustico finalizzata all’estrazione <strong>del</strong>l’informazioneveicolata dal parlato è sicuramente il compito più impegnativo <strong>del</strong>l’apparatouditivo specialmente nelle condizioni di ascolto <strong>del</strong>la vita normale disturbate dafenomeni acustici parassiti (rumore di fondo, riverberi etc..).Craig (1988) sottolinea la differenza fra percezione <strong>del</strong>la parola ed elaborazione<strong>del</strong> linguaggio parlato. Nel primo caso l’attenzione è concentrata sullecaratteristiche acustiche foneticamente rilevanti per la recezione (ma anche per laproduzione) <strong>del</strong>la parola. Nel secondo caso l’attenzione si sposta sul come vengaestratto significato da particolari caratteristiche acustiche.Una particolarità nota da tempo è che l’ascoltatore generalmente completa ilprocesso di riconoscimento <strong>del</strong>la parola ancora prima di averla udita per intero.Il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la coorte ipotizza che l’input acustico fonetico eliciti l’accesso allessico attivando una coorte di parole candidate a ciascuna <strong>del</strong>le quali colprogredire <strong>del</strong>l’ascolto viene assegnata una priorità dinamicamente variabilefino a che viene scelta quella ritenuta giusta.Nei CAPD il deficit più gravido di conseguenze negative nel riconoscimento<strong>del</strong>la parola in tempo reale si dimostra tuttavia quello relativo all’elaborazionetemporale <strong>del</strong> messaggio (discriminazione, risoluzione, integrazione,ordinamento…)12


Tallal e Newcombe (1978)sostengono che questa compromissione influenza nonsolo l’identificazione dei segmenti più piccoli come i fonemi ma anche le unitàdi ordine superiore ed ostacola fortemente la segmentazione <strong>del</strong>le stringheacustiche. Più di recente Marshall et al. (2001) tuttavia hanno sostenuto che nonesistono prove conclusive che le difficoltà fonologiche siano secondarie allacompromissione <strong>del</strong>la rapidità di elaborazione <strong>uditiva</strong>.EPIDEMIOLOGIAChermark e Musiek (1997) stimano la prevalenza dei CAPD in età evolutiva trail 2 e il 3 % con un numero di maschi circa doppio rispetto a quello <strong>del</strong>lefemmine. Essi ritengono altresì che, in età evolutiva, nella maggioranza deisoggetti il disturbo sia attribuibile ad un disordine neuromorfologico mentre solouna minoranza dei soggetti presenterebbe un ritardo di tipo maturativi.13


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