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1 Roberto Greci Tormentate origini [Edito a ... - Itinerari Medievali

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all'imperatore la sua Rhetorimachia, composta tra il 1049 e il 1056 15 e conprobabilità ambientata in Parma 16 , Anselmo tesse una serie di lodi ai suoimaestri: primo fra tutti «Drogo philosophus, flos et Italie decus», poi«Aliprandus facundissimus» e infine «Sichelmus liberalium artiumperitissimus». Inoltre, nella lettera con cui Anselmo dedica l'opera al suomaestro Drogone, apprendiamo che Sichelmo, allievo di Drogone, era statomaestro di Anselmo in Reggio. Si configura così una familia collegata aDrogone nutrita tutta della droconica disciplina. In un'altra composizionecollocata alla fine del terzo libro della Rhetorimachia (l'Epistola Anselmi adDroconem magistrum et condiscipulos de logica disputatione in Galliahabita) Anselmo dà informazioni preziose della sua vita e della sua carriera:passato «a liberalibus [...] disciplinis [...] ad capellam [...] imperatoris» nelsuo peregrinare per ragioni di ufficio, confessa di avere portato con sél'opera composta sotto la guida di Drogone («opus quod apud vos edidi») ele relative lettere di approvazione rilasciate dal maestro, di averle mostrateovunque suscitando invidia per la «draconicam sectam» e per la «italicamdisciplinam». Si trattava di un insegnamento, quello di Drogone, neppurelimitato a Parma, ma noto a Reggio, dove peraltro più che altrove si radicòalla fine l'insegnamento di Sichelmo, a Piacenza e a Lucca 17 .È un periodo di forte esplosione di esigenze formative e di apparizione dicentri di cultura scolastica tra Toscana ed Emilia collegati in qualche misuraal potere e ai progetti politici dei Canossa; un periodo in cui alcuni maestriformatisi nelle scuole ecclesiastiche possono ambire a trovare “clienti” entrocittà in rapida e tumultuosa crescita e disposti a spostarsi laddove il“mercato” della cultura lascia intravedere migliori prospettive. Insomma giàci sono tutte le condizioni che stanno alla base di quelle scuole bolognesiche evolveranno poi nello Studio. La stessa terminologia che rinveniamonelle fonti lo sta a dimostrare. Però a Parma, città di dimensioni e diesigenze sociali ancora ridotte, la scuola ecclesiastica manteneva la suaforza e continuava a monopolizzare il bisogno di cultura. Tale forzaderivava dai collegamenti tra potere vescovile e autorità imperiale, come siarguisce dal fatto che i vescovi parmensi del secolo XI sono dignitariimperiali e detengono poteri para-comitali. Qui i vescovi avevano incarichirilevanti per la loro vicinanza alla corte salica. Enrico (1015-1027) e Ugo(1027-1044) prima di ottenere la carica vescovile erano stati cancellieri eManitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, 3 vol., Monaco, Beck,1911-1931 (II, p. 708-715).15 Cfr. Mariotti, Memorie e documenti, p. 39.16 Cfr. le ragioni addotte: ivi, p. 40 e ss.17 Il ricordo di Lucca va ascritto sempre a Anselmo da Besate ed è recepito in un rapidoschizzo della situazione toscana in Pierre Riché, Le scuole e l'insegnamento nell'Occidentecristiano dalla fine del V secolo alla metà dell'XI, Roma, Jouvence, 1984 (ed. orig. Parigi,Aubier Montagne, 1979), p. 184.4


cappellani imperiali sotto Enrico II e Corrado II. Ma anche il condiscepolodi Pier Damiani, l'astronomo Ugo sopra ricordato, finì per fare parte dellacappella e quindi della cancelleria imperiale; e così pure Anselmo da Besateentrò a fare parte della cappella di Enrico III 18 .Pier Damiani, che tanto ha a che fare con l'ambiente parmense,testimonia concretamente gli stretti legami tra trivio e scienza giuridica econferma che in Parma dovevano essersi create le situazioni favorevoli alconnubio retorica-diritto. Infatti nelldel Damiani, che esercitò forsel'avvocatura per un certo periodo, sono state riscontrati ben trecentoriferimenti al diritto 19 e sappiamo che, pur disapprovando da un certomomento in poi l'importanza che veniva assegnata alle arti secolari, nonescludeva affatto che un chierico apprendesse il diritto, purché questa suaconoscenza fosse messa al servizio della chiesa e delle sue esigenzecanonistiche 20 . Anselmo da Besate, tra gli anni Trenta e Quaranta delsecolo, aveva abbandonato la sua chiesa di Milano per andarsene a Parma, epoi a Reggio, al fine di seguire l'insegnamento di Sichelmo (ricco di dirittoromano) grazie al quale poté riflettere sul valore della retorica forense, unariflessione cui non era estraneo neppure quel notaio Gezone evocatonell'introduzione della sua opera, quasi certamente avvocato della chiesaparmense nel 1046 21 .Tutto questo rimanda a una estrema mobilità di maestri e allievi, che incerti momenti possono temporaneamente radicarsi in una scuola cittadina(ecclesiastica) mantenendo tuttavia ampi spazi di libertà rispetto ad essa.Nelle testimonianze di Pier Damiani e di Anselmo colpiscono certe analogieche normalmente collochiamo alla base della vicenda universitaria: lamobilità appunto, la “familiarità” con il maestro, la societas che si instauratra persone di scuola, la secta e la turba formate dagli allievi, le ampiepossibilità di guadagno che l'insegnamento poteva garantire. Così comenegli episodi relativi a Anselmo da Besate percepiamo l'importanza del18 Gualazzini, Ricerche, p. 250. Per la consuetudine dei cappellani di sostituire in caso diassenza i cancellieri cfr. ivi, p. 251, nota 5. Che la cultura retorica fosse funzionale sia allacarriera burocratica sia alla carriera ecclesiastica, è dimostrato dal fatto che, accanto allaesperienza di Anselmo da Besate, si può citare quella di Cuniberto da Besate; il quale,appartenente a una famiglia che aveva dato vescovi a Piacenza, Ravenna e Lucca, ci apparemoderato vescovo riformatore di Torino, in stretti rapporti con Enrico IV, ma soprattuttouomo di cultura e di poesia; cfr. Giuseppe Sergi, L'aristocrazia della preghiera. Politica escelte religiose nel medioevo italiano, Roma, Donzelli, 1994, p. 182-183.19 André Cantin, Les sciences séculières et la foi. Les deux voies de la science au jugementde Saint Pierre Damien (1007-1072), Spoleto, Centro italiano di studi sull'alto Medioevo,1975.20 D'altronde Gregorio VII gli aveva ordinato di realizzare una nuova compilazione dicanoni tratti dai decreti contenuti negli Atti dei pontefici romani relativi all'autorità dellasede apostolica; ivi, p. 375 ss.21 Bullough, Le scuole cattedrali, p. 46.5


degli studiosi bolognesi. I Canossa, come si è detto, avevano guardato coninteresse anche a Parma e alla sua cultura retorico-politica, ma alla fineravvisarono in Bologna uno stadio di elaborazione più avanzato ecoraggiosamente orientato alla scienza giuridica.Da qui la situazione di stallo delle istituzioni scolastiche parmensi cheforse continuarono a vivere nel solco della scuola vescovile, praticando uninsegnamento della retorica in grado di rispondere comunque alle nuoveesigenze professionali di tipo giuridico-legale, come dimostrano certevocazioni dei ceti urbani eminenti, di cui il cronista Salimbene e la suafamiglia sono esponenti emblematici, e la persistenza di interessi canonisticinel mondo intellettuale parmense. Forse bisogna davvero immaginare ladiffusione di scuole private, nelle quali il Mariotti ravvisava le traccedell'esistenza di una scuola “laica”, alternativa a quella vescovile. Iprecedenti di tali scuole (dai percorsi formativi a noi ignoti) sono daravvisarsi nell'esistenza di realtà denominate secta, o turba, o societas giànell'età di Pier Damiani, come si è visto; gli esiti, invece, sono in quelledisposizioni contenute negli statuti comunali che hanno consentito a UgoGualazzini di immaginare l'esistenza di uno studio in diretta continuità conle radici vescovili della scuola locale. È in ogni caso incontrovertibile unpatrimonio culturale ancora vivo nel periodo successivo, quello“universitario” per intenderci, che fornì al mondo scientifico alcune figuredi grande rilievo anche se non sappiamo dove e come formate. La ricorrenzadi nomi di canonisti lascia presupporre la prevalenza di interessi giuridici;sarebbe estremamente utile ricostruire gli itinerari di formazione di moltimaestri di origine parmense attivi in Parma ma anche in sedi universitariepiù o meno lontane. Certo è che la presenza di una tradizione radicatadovette garantire alla città e ai suoi ceti dirigenti l'acquisizione diprofessionalità spendibili nel nuovo contesto politico; alludo soprattutto aquella formazione retorica e giuridica indispensabile per carrierefunzionariali (podestà e/o capitani del popolo) in cui diversi elementi diorigine parmense poterono spendersi in età comunale.Una incerta continuitàPer il periodo comunale non si hanno testimonianze dirette di scuolesuperiori cittadine; tracce di un'attività scolastica rimarrebbero, secondoalcuni, in una delibera comunale risalente al 1226 tesa a proteggere glistudenti forestieri adulti e i loro beni «in episcopatu Parme» 22 attribuendo al22 Corpus statutorum almi Studii Parmensis (saec. XV), a cura di Ugo Gualazzini, Milano,Giuffré, 1987, p. XXV-XXIX; cfr. anche Giovanna Petti Balbi, 'Felix studium viguit':l'organizzazione degli studenti e dei dottori a Parma nel Quattrocento, in Università inEuropa. Le istituzioni universitarie dal Medioevo ai nostri giorni: struttura,7


podestà le cause che li avessero riguardati. È probabile che questa notiziavada collegata alla decisione presa in quell'anno da Federico II (Borgo SanDonnino, 12 luglio 1226) contro le 12 città della ricostituita Lega lombarda.In tale bando, inserito nella redazione degli statuti comunali del 1255, traaltre pesanti clausole si diceva: «Scholas et studia ab eisdem civitatibusstatuimus et iubemus perpetuo removeri»; inoltre dottori e scolari che nonavessero rispettato la volontà imperiale sarebbero stati colpiti da infamia eprivati della funzione di avvocati, giudici, notai [...] 23 . Ma la normacomunale potrebbe anche essere collegata alla precedente costituzionedell'aprile del 1225 con cui, poco tempo dopo la fondazione dello Studionapoletano, Federico II intendeva sopprimere espressamente lo studiobolognese 24 , che nel 1219 il pontefice aveva cominciato a controllare condeterminazione tramite i riconoscimenti rilasciati all'arcidiacono Grazia.Non è possibile insomma stabilire se la norma del comune parmensefosse semplicemente rivolta a proteggere, nella contingenza, eventualistudenti incorsi nelle sanzioni imperiali oppure se, approfittando dellacontingenza, la città tendesse a candidarsi con le sue scuole a sedealternativa, laica e filo-imperiale rispetto ad uno Studio bolognese in crisi.Si ricordi che pochi anni prima si era aperto a Parma un aspro conflittogiurisdizionale tra vescovo e comune, definito da Onorio III (1220) tramitela conferma di una sentenza del vescovo di Bologna, che tuttavia noneliminava gli aspetti dinamici del confronto 25 . Tale conflitto potrebbe averegenerato rapporti inediti tra maestri o potenziali maestri e istituzionicomunali in forte desiderio di affermazione. Tale ipotesi, suggestiva,potrebbe trovare ulteriori elementi di forza nel fatto che Grazia, salendo allacattedra episcopale parmense dopo non chiare situazioni di rottura conl'ambiente bolognese, avrebbe potuto importare usi modellati sulla realtà diprovenienza.Certo è che anche nelle successive redazioni degli statuti comunaliorganizzazione, funzionamento. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Milazzo, 28settembre-2 ottobre 1993), a cura di Andrea Romano, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino,1995, ora anche in Il pragmatismo degli intellettuali, p. 203. Le disposizioni comunali sonocommentate in Gualazzini, Ricerche, p. 332.23 Cfr. Antonio I. Pini, Federico II, lo Studio di Bologna e il "Falso Teodosiano", in Ilpragmatismo degli intellettuali, p. 71 e ss. Per il bando imperiale, cfr. Jean L.A. Huillard-Breholles, Historia diplomatica Friderici secundi, II, Paris 1852-1860, p. 641-647 e ancheM.G.H., Constitutiones et acta imperatorum et regum, II, ed. Ludewicus Weiland,Hannoverae 1896, p. 139.24 Cfr. Pini, Federico II, lo Studio di Bologna, p. 73 e ss.25 Per l'appartenenza della città allo schieramento filo-imperiale, vedi Ireneo Affò, Storiadella città di Parma, III, Parma, Carmignani, 1793, p. 122. Per il conflitto tra poterevescovile e comune; cfr. Olivier Guyotjeannin, Conflits de Jurisdiction et exercise de lajustice à Parme et dans son territoire d'après une enquête de 1218, «Mélanges de l'écolefrançaise de Rome. Moyen age-Temps Modernes», 97 (1985), p. 183-300.8


(1266-1304) - quando la potenza sveva era ormai tramontata e Parma erapassata al fronte guelfo grazie ai legami di parentela tra la potente famigliadei Rossi e Sinibaldo Fieschi, canonico del Capitolo parmense prima dellasua elezione al soglio pontificio col nome di Innocenzo IV - si parla diun'attività scolastica, dell'intenzione di attrarre scolari e dottori forestieriesentandoli dalle rappresaglie, di libertà di insegnamento per ogni doctorche volesse insegnare in Parma. Tale attività, per la quale si usava unaterminologia di natura universitaria («quod in aliqua facultate septemliberalium artium, aut legum aut decretorum vel decretalium, in qua aliquislegere vel studere seu docere voluerit [...]»), veniva difesa condeterminazione da eventuali ingerenze esterne al comuneet si per aliquam personam ecclesiasticam fieret aliqua prohibitio contraformam huius statuti, doctores illius facultatis, qui sunt de jurisdictionecommunis, in qua facultate aliquis fuerit prohibitus ab aliquo clerico vellaico [...] condemnentur in xxv lib.parm. per potestatem, nulla defensionevel exceptione audita.La salvaguardia della libertà di insegnamento, insomma, suona ancoracome lo strumento per contrastare il monopolio scolastico dell'istituzioneecclesiastica.Sono anni in cui, come anche l'esperienza vercellese insegna, l'interventodelle autorità comunali nel settore scolastico è fenomeno presente in cittàitaliane dotate di una tradizione culturale radicata nelle istituzioniecclesiastiche locali; il fine era quello di garantire nuove competenzeculturali e amministrative per una società in forte trasformazione. Nel casoparmense, nonostante le norme statutarie sopra ricordate, non si hacomunque notizia di soggetti istituzionali (ad esempio il vescovo) dotati direquisiti formali in grado di conferire gradi accademici di valore universale.Per tali ragioni dobbiamo ipotizzare quanto meno l'esistenza di scuole osocietates di tipo pre-universitario, di natura privata non più risolvibili nelleistituzioni ecclesiastiche. La novità del quadro che si andava delineando,però, è chiaramente percepibile nel fatto che in città potevano prendere vitacorporazioni di maestri, come nel caso del collegio di dottori di arti e dimedicina dotato di propri statuti, documentato nel 1294: un modello diuniversitas magistrorum, dunque 26 . Solo immaginando questi fermenticome assai significativi si può comprendere l'esistenza di studiosi che hannolasciato tracce di rilievo in sede locale e non solo. In ambiente francescanosi possono ricordare teologi a volte coinvolti, con posizioni non sempreortodosse, in controversi dibattiti intrisi di gioachimismo 27 . Ma si conserva26 L'esistenza di tale collegio e dei suoi statuti è attestata dal proemio dello statuto delcollegio dei dottori di arti e di medicina del 1440; cfr. Corpus Statutorum, p. 25.27 Gherardo di Borgo San Donnino e Giovanni Buralli: il primo presente nel 1250 alloStudio di Parigi (1250) e il secondo, dialettico e teologo, dal 1230 attestato come lettore a9


memoria anche di “artisti” dediti all'astronomia e/o alla medicina 28 , oppureesperti di retorica e diritto di varia collocazione: dottori lettori in Parma o inscuole e in Studia di altre città, giudici collegiati, ecclesiastici continuatoridelle tradizioni della scuola cattedrale 29 .Forse più complessa la situazione e gli sviluppi degli studi giuridici. A talproposito appare degno di nota come ancora nel Duecento la sedeepiscopale parmense si configuri come centro di studi canonistici.Ritorniamo a inizio Duecento, quando il vescovo Obizzo Fieschi, giàcanonico del capitolo, favorì, durante il suo episcopato (1194-1224), letradizionali funzioni del capitolo in ambito scolastico, forse anche sull'ondadi quel conflitto giurisdizionale col comune di cui sopra abbiamo parlato. Lesue competenze giuridiche si erano potute affinare in sede locale alla scuoladi maestro Giovanni di donna Rifiuta, arciprete della cattedrale ed «espertoin diritto canonico e in diritto civile, materie che aveva insegnato per moltianni», come dice fra'Salimbene nella sua Cronaca. Però il nipote di Obizzo,Sinibaldo, che pure avviò in Parma la sua brillante carriera ecclesiastica,perfezionò a Bologna (e questo ci dà l'idea dei limiti dell'ambiente culturaleparmense) i suoi studi. Il successore di Obizzo fu il canonista Grazia, giàarcidiacono di Bologna e come tale dotato da Onorio III del privilegio diconcedere la «licentia ubique docendi examinatione prehabita diligenti». Cisono elementi sufficienti per immaginare una sorta di concorrenzialità tratradizione capitolare e collegio dei giudici, forse vicino alle velleitàcomunali di cui si parlava sopra, che si coglie anche a fine secolo quando ilvescovo scomunicherà il collegio e Gherardo Bottoni, doctor decretorum etiudex, insieme con un altro collegiato, iudex dominus Petrus de Prandis,andrà presso il papa per impugnare la scomunica (1295) 30 .Tale situazione abbisognava, per raggiungere la pienezza dell'efficaciadel modello bolognese, di una concessione ufficiale (privilegium Studii) chegarantisse il riconoscimento del valore generale degli studi e contemperassetradizionali diritti vescovili e aspettative comunali 31 . Ma sappiamo quantoforti fossero le divisioni tra comune e vescovo anche dopo l'adesione dellacittà al partito guelfo (1248); ciò non facilitava certamente l'atteggiamentoParma, quindi a Parigi e nelle scuole dei Minori osservanti di Bologna e Napoli; cfr.Corpus Statutorum, p. LXII-LXIII.28 Taddeo da Parma, Bartolomeo da Parma, Egidio Tebaldi, Accorso da Parma, Biagio daParma, Giovanni da Parma, Antonio Pelacani; molti di loro sono autori di trattati scientifici,commentatori di Aristotele, traduttori di scienziati arabi (ivi, p. LXIV-LXVI).29 Gerardo da Cassio, scholasticus e autore di un libro de dictamine "nobiliaris stili"; ilglossatore Uberto Bobbio docente anche a Vercelli e Modena; Ugolino Fontana autore diquaestiones e distinctiones ricordato come insegnante in Parma negli anni Ottanta edocente anche a Cremona; il doctor decretorum et iudex Gherardo Bottoni presente inParma tra 1278 e 1295 (ivi, p. LXVI-LXVII, LXII-LXIII).30 Ireneo Affò, Storia della città di Parma, IV, Parma, Carmignani, 1795, p. 95.31 Ibidem.10


enevolo del papato e, quindi, un esito positivo del problema. Problema chetuttavia rimase per così dire sospeso e passibile in certi momenti dirinvigorimento. Ad esempio, negli anni in cui Parma fu soggetta al dominiodella Chiesa (1325-1328), papa Giovanni XXII chiedeva al proprio legato inLombardia se Parma fosse «apta, capax et idonea pro habendo studiogenerale» 32 . La notizia è talmente laconica da non potere dimostrarel'esistenza o meno di forme di insegnamento. Nelle redazioni statutarievigenti tra 1316 e 1326, ad esempio, non si trovano tracce dell'esistenza discuole. Ma questo potrebbe significare solo l'abbandono, da parte delcomune, di una politica scolastica improntata a principi liberistici, dovutoall'influsso di rafforzati interessi ecclesiastici, che guardavano piuttosto allatradizione capitolare e si ponevano sulla difensiva anche verso le aspirazionidel collegio dei giuristi sul fronte dell'insegnamento del diritto civile.La cosa comunque non ebbe alcun seguito. Il papa avignonese non avevamotivo di compromettere il ruolo della vicina e ormai storica istituzioneuniversitaria bolognese 33 ; l'iniziativa è tuttavia ancora riconducibile a maispente aspirazioni comunali, che a fine XIII secolo avevano alimentatoteorie sulla possibilità di città non rispondenti ai requisiti imposti dallaOmnem giustinianea (aggirata con successo da Bologna grazie al Falsoteodosiano) di tenere Studia in diritto civile. Un esempio è dato, forse noncasualmente, dalla posizione di Jacopo dell'Arena, giurista civilistaparmense vissuto tra 1266 e 1297, docente in diverse città ma non in patria,che sostenne l'aspirazione di città come Parma ad avere uno Studio,richiamandosi alla «antiqua consuetudine» 34 . Tale posizione venne ripresadal suo allievo Riccardo Malombra, stando a quanto riferisce Bartolo daSassoferrato, che la estendeva anche a Modena, Reggio, Vercelli 35 .Tutto ciò testimonierebbe insomma la sopravvivenza di forme diinsegnamento superiore (non risolvibili in uno Studio e senzaorganizzazione di universitates) fino al 1346 quando Parma passò sotto ladominazione viscontea. Quest'ultima costituì una fase politica che, inprosieguo di tempo, determinò un'ulteriore battuta d'arresto. Nel 1347 lanuova redazione statutaria, infatti, incentivava l'afflusso di maestri cuiveniva garantita la libertà di insegnamento, ma parlava anche di Facoltà (diarti, di diritto civile e di diritto canonico nonché la facultas medicinae,phisicae vel ciroyae distinta già dalla Facoltà di arti) e di collegiprofessionali investiti del potere di giudicare chi avrebbe poi conseguito i32 Corpus statutorum, p. LXXXI-LXXXV e p. 82.33 Cfr. <strong>Roberto</strong> <strong>Greci</strong>, Una duttile università "di frontiera": lo Studio parmense nel XVsecolo, in Le Università minori in Europa (secoli XV-XIX). Atti del ConvegnoInternazionale di Studi (Alghero, 30 ottobre-2 novembre 1996), a cura di Gian PaoloBrizzi-Jacques Verger, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 1998, p. 80-81.34 Corpus statutorum, p. LXXII (nota 82), LXXXVII.35 Ivi, p. LXXXVIII (e nota 24).11


titoli dottorali dall'autorità vescovile 36 . Ma nel 1361 cadeva l'ordinanza diGaleazzo Visconti che imponeva l'obbligo a tutti gli abitanti del dominio difrequentare esclusivamente lo Studio pavese e nel 1387 un decreto piùpuntuale di Gian Galeazzo minacciava gravi pene per i parmensi cheosassero frequentare corsi superiori in sedi diverse da Pavia. Il desiderio dicontrollo degli studi superiori manifestato dai Visconti si scontrava,prevalendo senza difficoltà, con l'incerta, policentrica e per certi aspettievanescente - o addirittura velleitaria - situazione parmense. In questoperiodo dunque, cioè negli anni compresi tra XIV e XV secolo, dovremmosupporre la sparizione di forme di organizzazione scolastica che siradicavano variamente nel passato vescovile e comunale della città 37 , dellequali, in ogni caso, come si è visto, restano tracce non disprezzabili; oppurela persistenza di forme di insegnamento e di formazione professionalesempre meno capaci di porsi come alternativa concorrenziale rispetto aglistudi superiori di natura universitaria.La nuova universitàIl XV secolo si apre con ulteriori novità e con una sorta di “rifondazione” diquello Studio che, qualsiasi fosse la sua natura, incerta o ambigua, avevacaratterizzato Parma nei secoli precedenti. Tale seconda nascita, èascrivibile ad un anno preciso, il 1412, quando - a seguito di richieste dellacittà - il duca d'Este, appena entrato in possesso di Parma sostituendosi alpotere milanese, concesse l'istituzione/restituzione dello Studio 38 . Tale36 Per le rubriche dello statuto comunale del 1347, vedi Statuta communis Parmae a.MCCCXLVII, a cura di Amadio Ronchini, Parma 1860, p. 92, 274 e ss., 309 e ss. Per leconsiderazioni di Gualazzini vedi Corpus statutorum, p. 106-109. Per presenze in Parma distudiosi di diritto e sull'attività del collegio dei giudici cittadino in questo periodo, che vedeFrancesco Petrarca risiedere in Parma, cfr. ivi, p. 96-97.37 Corpus statutorum, p. CXVI-CXVIII. Il decreto di Gian Galeazzo Visconti (Pavia, 27settembre 1387) ordinava al podestà parmense «quod statim tam in civitate nostra Parmae,quam in locis et terris districtus eiusdem iurisdictioni vestrae subditis, faciatis publiceproclamari quod nullus sit cuiuscumque status, gradus et praeheminentiae existat, quiaudeat vel presumat, sub poena flor. ducentorum auri camerae nostrae applicandorum, irevel hinc in antea morari, seu mittere, vel hinc in antea retinere filium, filios, agnatos,consanguineos, affines, vel alios attinentes, vel non attinentes cuiusvis, vel quorumdispositio ad ipsum spectet ad alia Studia quam ad hoc nostrae civitatis Papiae». Affò,Memorie, p. XXXV. Anche su questo vedi <strong>Greci</strong>, Una duttile università, p. 79.38 «A' 12 aprile si partì da Parma tre ambasciatori [...] e andarono a Ferrara a domandare difar venire lo Studio a Parma, e che potessero venire scolari assai [...]. A' 13 settembre sipublicò per parte del Papa, del Marchese, di Ugoccione et del regimento di Parma, et ditutti gli Officiali per bando che alla prosima festa di San Luca di ottobre si dava principio alStudio dove venivano a legere dodici dottori, in logica, civille, canonico, medicina,filosofia et altre scientie, e fatto gran festa con suono di campane e di trombe. A' 2412


concessione era funzionale al mantenimento del potere in una città “difrontiera” in cui era importante soddisfare le aspettative dei ceti dirigenti estabilire un buon rapporto con il locale collegio dei giudici. Da questomomento tutto diventa più stabile e chiaro nella vita dell'istituzioneparmense: appare il rettore degli studenti (Andrea de Terracina de Sicilia deTrapano, in quel periodo “lettore di ragione canonica” 39 ), che provvede afare eleggere un numero “sufficiente” di statutieri, il vescovo conferisce igradi accademici finali e sono previste nomine, da parte delle pubblicheautorità cittadine, di Revisores o Reformatores Studii. Finalmente abbiamonotizie dei luoghi in cui si svolgono le lezioni, di lauree conferite, di statutidei collegi dottorali e di associazioni studentesche.Che si tratti di una istituzione regolarmente funzionante lo comprova ladecisione di Filippo Maria Visconti, corroborata da gravissime penepecuniarie, di richiamare a Pavia i propri sudditi - studenti o maestri -presenti nello Studio parmense (1415) 40 . Ciò non sempre sarà rispettatoperché maestri quali Cristoforo Castiglioni, Cristoforo da Velate, Taddioloda Vimercate non obbedirono al veto, probabilmente invogliati daretribuzioni cospicue 41 . D'altronde il ritorno dei Visconti a Parma nel 1420non segnò la fine di questo “secondo” Studio; le caratteristiche con cui siandava configurando convinsero i duchi di Milano a tollerare la presenza diquesta realtà “minore” all'inizio molto tenacemente combattuta, ma in etàsforzesca ritenuta utile - purché autofinanziata dalla città - per controbatterele sedi concorrenziali di Bologna, Padova, Ferrara o guardata come sederiservata prevalentemente, come si vedrà, agli studi teologici.Dagli statuti, per i quali si è parlato di influssi bolognesi e pavesi 42 ,possiamo infatti conoscere la natura e il funzionamento dello Studio. Lacomponente dottorale era riunita in collegi (uno di diritto canonico e civile,l'altro di arti e medicina). L'uno e l'altro comprendevano, in linea con lasituazione precedente, sia dottori sia professionisti delle rispettivediscipline. L'antico bisogno - duecentesco e comunale - di difendere spazi dilibertà all'insegnamento, ora minacciati più che dalla tradizione ecclesiasticadagli interessi protezionistici dei collegi professionali locali, vennesostituito da meccanismi automatici di composizione dei collegi dottorali: inovembre comentiò il Studio in Parma cioè a leggere in publico gli detti dottori alli scolari,e sonava la campana vecchia del domo ogni matina accioché andaseno li scolari a udire lalettione a casa di frati minori e di predicatori al suo luoco»; cfr. Mariotti, Memorie edocumenti, p. 79.39 Pezzana, II, p. 1, 5640 Cfr. Petti Balbi, Studenti e dottori, p. 206.41 <strong>Greci</strong>, Una duttile università, p. 84.42 Corpus statutorum, p. CXCVI, CCLXVIII-CCLXXIII. Cfr. anche <strong>Roberto</strong> <strong>Greci</strong>, Glistatuti universitari parmensi del Quattrocento come espressione della volontà diconsolidamento dello Studio, in corso di stampa.13


giuristi sono distinti tra numerari (12 parmensi o addottorati a Parma) esoprannumerari (esterni fino ad un massimo di 6) con differenze solo dinatura economica. Gli artisti sono pure distinti tra numerari (12 membriparmensi o conventuati in qualche studio generale) e soprannumerari(oriundi di Parma o forestieri purché salariati legentes) con differenzesostanziali, perché in questo caso i secondi non hanno i diritti dei primi 43 .Questi meccanismi, indubbiamente protezionistici ancor più per i giuristiche per gli artisti, consentono di riservare diritti esclusivi ai nativi e nellostesso tempo lasciano aperta la possibilità di reclutare e di filtrare docenti diprestigio provenienti da fuori 44 .Le associazioni studentesche, che esprimono il rettore e fissano didatticae controllano l'operato dei docenti, formano universitates articolate innationes; queste ultime, che esprimono i consiglieri, sono in numero di 13(tra le quali una sola di ultramontani). Ciò fa intendere come quelloparmense sia uno studio dall'area di reclutamento ristretto, essenzialmenteitaliano, destinato da un lato a divenire “studio della città” 45 , ovvero palestradi preparazione del ceto dirigente locale per intraprendere carriere politicheed amministrative, e dall'altro sede in cui potere concludere gli studi senzatroppa fatica e con minori spese. L'esperienza dovette concludersi col 1420,cioè col ritorno della città sotto la dominazione viscontea, sempreinteressata a difendere il monopolio pavese.Tuttavia anche dopo quella data a Parma, grazie alla presenza dei collegidottorali e professionali ai quali era delegato l'impegno di verificare lapreparazione degli aspiranti, ci si continuò a laureare, nella maggior partedei casi anche in assenza di corsi regolari 46 . Dalle 210 lauree rimaste per ilperiodo 1412-1500 e individuate dagli studi di Celestino Piana possiamoavere un'idea della consistenza, della natura e dell'articolazione dello Studio:esse riguardano 63 teologi, 40 civilisti, 32 canonisti, 27 giuristi in utroque,22 medici, 21 artisti, 5 artisti e medici. Altro dato interessante è che lelauree in arti sembrano arrestarsi all'inizio degli anni Sessanta quandovengono progressivamente soppiantate da quelle in teologia. Quelle indiritto sono più frequenti nel periodo estense, si riducono numericamentenel periodo successivo, registrano una ripresa negli anni Cinquanta eSessanta per cessare definitivamente nel 1480. I parmensi che volesserointraprendere carriere di studio in diritto o in medicina andavano43 Petti Balbi, Studenti e dottori, p. 207-208.44 Così poterono ottenere la cittadinanza e figurare come numerari tra i medici e artisti UgoBenzi da Siena; tra i teologi e artisti Paolo da Venezia; tra i giuristi in utroque il milaneseCristoforo da Castiglione e il ferrarese Giovanni Ariosti; tra i canonisti il siciliano Nicolòde Tudeschis. Per queste figure, cfr. Celestino Piana, Ricerche su le Università di Bolognae di Parma, Firenze, Quaracchi, 1963, p. 109-112.45 Petti Balbi, Studenti e dottori, p. 212.46 <strong>Greci</strong>, Una duttile università, p. 91.14


preferibilmente in Studi in cui si tenevano regolarmente e assiduamente leattività didattiche; e questo lo deduciamo dalle biografie di singolipersonaggi a noi noti. I laureati, se si escludono i teologi che, in quantoreligiosi regolari altererebbero il quadro delle provenienze, affluivanoprevalentemente dall'Italia settentrionale (e tra di loro i più numerosi da cittàcomprese nello Stato milanese) e, a scalare, da Parma, dall'estero, dall'Italiameridionale e dall'Italia centrale 47 .Nella seconda metà del Quattrocento si può notare, per quanto si è detto,una progressiva importanza dell'insegnamento della teologia a seguito dellaprobabile disponibilità degli ordini mendicanti ad organizzare corsi elezioni 48 . Sappiamo infatti con certezza che nel 1460 esisteva il collegio deiteologi con tanto di statuti. Nel 1471, come si evince da una laurea come alsolito conferita in cattedrale, tale collegio risultava composto da maestribenedettini, francescani, domenicani e serviti di provenienza pavese. Perquesto viene da pensare che, al di là delle disposizioni e dei divieti ducali, lostudio parmense avesse una sua funzione entro il quadro della politicauniversitaria milanese 49 . Ma questo generò comprensibili reazioni nelle altresedi universitarie dotate di studio teologico, le quali scrissero a papa SistoIV perché intervenisse a proibire l'insegnamento parmense. Il papa interessòil generale dell'ordine francescano il quale impedì ai suoi frati di conseguireil titolo a Parma. La comunità cercò allora la protezione esplicita delloSforza (1476) perché la città avrebbe perso «[...] molti denari che venivanoa dicta città per molti bacilieri che concorrevano di diverse parte a supratictacittà dove conseguivano li suoi honori et gradi magistrali» 50 . Il documento,conservato nel fondo Comuni dell'Archivio di Stato di Milano ma già notoall'Affò, è assai esplicativo della situazione che si era andata creando, laquale, tra oscillazioni e esitazioni, aveva ormai raggiunto una sua stabilità,tant'è che i privilegi concessi da papa Giulio II quando entrò in possesso diParma (1512), confermati poi da Leone X e da Clemente VII, riconoscevanoalla città - e cioè ai collegi locali - il diritto di continuare ad addottorare inteologia, in entrambe le leggi, in filosofia, medicina e arti liberali; non èpossibile tuttavia, così come non lo sarà neppure per la prima età farnesiana,47 Ivi, p. 93.48 Da un registro contabile del comune del 1448 si ha notizia per la prima volta di uninsegnamento di teologia e morale affidato al francescano Giovanni da Tivoli, nonsappiamo se funzionale ad un corso autonomo di teologia o ad un corso di arti. La primalaurea in teologia di cui si ha memoria, come si è detto, risale al 1460 e fu conferita alcarmelitano Ludovico de Fontanella di Como; cfr. Piana, Ricerche, p. 100.49 Cfr. P. Silanos, Tra Parma e Pavia. La politica universitaria in età visconteo-sforzesca,tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, rel. prof.ssa G. Albini, a.a. 2003-04.50 Cfr. Affò, Memorie, I, p. XLXI.15


intravedere una attività didattica regolare e funzionante 51 . L'età medievale,dunque, lasciava un'eredità importante, ma poco definita e sostanzialmenteirrisolta, non conciliabile con le esigenze dei nuovi poteri in via diaffermazione e definizione.51 «Confirmentur privilegia doctorandi in Sacra Theologia, in utroque iure, in artibus etmedicina, ac omnibus liberalibus artibus ita ut continuare possint Universitates in quasipossessione, in qua iam diu existunt»; cfr. cap. X dei Capitula, indulta, concessiones acprivilegia [...] concessa per Sanctissimos Romanos Pontifices Magnificae CommunitatiParmae a die quo sub iugo S. Matris Ecclesiae[...], Parma, Viotti, 1536. Per il ruolo deicollegi professionali vedi Sergio Di Noto Marrella, I collegi dottorali nei Ducatifarnesiano-borbonici, in Le Università minori, p. 353-367; Id., Il Collegio dei dottori egiudici e la facoltà legale parmense in età farnesiano-borbonica (1545-1802), Padova,Cedam, 2001; Id., Il collegio dei giuristi di Parma, in Gesuiti e Università in Europa,secoli XVI-XVIII. Atti del Convegno internazionale di studi (Parma, 13-15 dicembre 2001),a cura di Gian Paolo Brizzi-<strong>Roberto</strong> <strong>Greci</strong>, Bologna, CLUEB, 2002, p. 185-198; EnricoSandrini, Il collegio medico di Parma e la sua matricola, ivi, p. 199-212.16

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