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Page 1 GIOVAN BATTISTA PIRANESI DELLA MAGNIFICENZA ED ...

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truppa di predatori, generati da coloro che, anche poco prima di soggiogar la Grecia, erano ladri nudi e schiavi fuggitivi”. […] II DIFESA <strong>DELLA</strong> TRADIZIONE PAPALE DI ROMA E RIVALUTAZIONE DEL M<strong>ED</strong>IOEVO ITALIANO 2 […] Ma chi può dubitarne, se in questo suo libricciuolo [scil. di Ramsay], ove tratta dell’architettura, addossa alla Chiesa una infinità di mal tessute calunnie, vomitandole contro il suo veleno, con cui per altro rode, e rovina affatto se stesso. Ma per fargli vedere che dai fonti limpidissimi di questa religione derivarono eziandio i vantaggi temporali, in qual altro luogo tanto le lettere, quanto le arti, oppresse dalle discordie e da’ tumulti delle guerre, innalzarono il capo, se non dov’ella pose la sua sede principale? Dice bene in questo proposito il Signor Le Roy: “Ma tosto che riapparve il lume in Italia, che furono studiati i libri de’ Greci e degli antichi Romani; che si prese l’uso di riunire un certo numero d’idee sotto punti generali di vista, ed ammettere il sistema generale di queste due nazioni su la scienza umana; fu ammesso parimente ben tosto il loro sistema particolare circa la preferenza ch’essi accordavano ad una sorta d’architettura, e ne furon prese le regole da’ libri di Vitruvio, e da’ loro monumenti”. Di fatto, senza dir delle scienze più riguardevoli, dove risurse la poesia latina, se non in Italia, con essere perciò stato incoronato in Roma il Petrarca? Dove rinacquero la scultura e la pittura, se non per mezzo di Giotto, di Michelangelo e di Raffael d’Urbino, i quali non solo le fecero risorgere, ma le portarono alla perfezione? In fine dove risurse altresì l’architettura greca, sepolta già nelle rovine degli edifizi, e nascosa ne’ codici, se non per mezzo di Bramante, di Baldassarre da Siena, dello stesso Michelangelo, di Palladio e di tanti altri, che la ritornarono alla pubblica luce? Il che se accadde più tardi di quel ch’era da desiderarsi, deesi ciò attribuire alla infelicità de’ tempi, non già alle istituzioni della Chiesa; atteso che la tranquillità, che fomenta le arti della pace, non fu restituita così di buon ora all’Italia, come forse agli altri paesi; e se nondimeno ella fu la prima a far rifiorir le arti, non glielo contrastò certamente la Religione; anzi questa restituì loro la vita e lo spirito, come lo restituì alle lettere latine, ed alle scienze di maggiore importanza. E vaglia il vero, quante sarebbono a’ dì nostri le persone versate nelle lettere latine, se non vi fosse stata la Chiesa? […] “La pittura”, dic’egli [scil. l’Investigatore], “e la scultura non erano per anche state necessarie per esser chiamate in aiuto di questi sant’inganni”. Ma che sfacciataggine è questa d’insultar contra le persone rispettabilissime di quegli ordini! Son forse queste le arti che furono odiate e proibite? Poiché egli non ne nomina altre. Io credo che queste non siano antiche, quanto lo è il genere umano. Dunque, s’egli è così, gli uomini pel decorso di tanti secoli, ne’ quali esse non erano per anche state inventate, non poterono menar vita civile e dilettevole; né poté menarla il popolo Ebreo, a cui la scultura era stata vietata; né possono menarla tanti paesi dell’Europa, ne’ quali a’ dì nostri queste arti appena son conosciute, né v’è alcuno che le coltivi. Qual è mai quell’uomo di senno che si avanzi a tal sorta di proposizioni? XLVIII. Ma sentiamo quel che prosiegue a dir l’Investigatore: “Nessuno per tanto ebbe ardire di scolpire o dipignere l’immagine di checchessia su la terra”. Darei un consiglio a quest’uomo, s’ei lo volesse: cioè di parlar quanto gli piace d’architettura, ma di tacere di tutt’altro, per non rendersi ridicolo, e insieme stomachevole. In qual tempo mai vietò la Chiesa, che si dipignesse, o scolpisse tutto quel che si voleva, purché non si trattasse di cose vergognose, o sconvenevoli? Da che Costantino Magno restituì la libertà e la pace alla Chiesa, non mancarono mai le sacre immagini ne’ templi sì di Roma, che degli altri paesi, e né tampoco nelle catacombe, per quanto ne durò l’uso; come osservar possono quei che le visitano, o che leggono il Bosio e l’Aringhio. Che cosa poi si dà che sia simile alla pittura, e che tenga posto di mezzo tra la pittura e la scultura, quanto il musaico? Or da tempi stessi di Costantino i Sommi Pontefici non desisterono mai dall’adornare i templi con tal sorta di opere, facendone venire i professori fin dalla Grecia, quando non se ne ritrovavano in Roma, accioché le facessero nelle absidi, come si riconosce dalla forma e dall’abito greco di quelle immagini. Si leggano il Ciampini e il chiarissimo Monsignor Furietti, i quali ne fanno la descrizione, e dimostrano di qual secolo, niuno eccettuatone, è ognuna di esse. Lo stesso può dirsi della scultura; giacché in Roma, spezialmente ne’ templi, e ne’ chiostri de’ Monaci, trovansi non pochi monumenti che ci fan vedere le 2 Riproduciamo il testo secondo l’edizione di Panza 1993, pp. 90-­‐91, 92-­‐93, 94-­‐95, 112-­‐113.

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