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edifici stratificati dell'area partenopea - Dipartimento di Analisi e ...

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RingraziamentiSono doverosi i ringraziamenti alle persone che hanno guidato e contribuito alla stesura <strong>di</strong>questo lavoro:il Prof. Pietro Lenza, per essere stato, sin dalla laurea, un punto <strong>di</strong> riferimento costante esignificativo;il Prof. Luigi Guerriero per avermi insegnato che la realtà costruita è complessa estratificata;il Prof. Bruno Calderoni, per avermi trasmesso l’entusiasmo nell’attività <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong>sperimentazione sugli elementi <strong>di</strong> costruzioni in muratura;il Prof. Giuseppe Fiengo, coor<strong>di</strong>natore del Dottorato in Conservazione dei BeniArchitettonici, per la cura de<strong>di</strong>cata alla formazione <strong>di</strong> noi dottoran<strong>di</strong> del XX ciclo;i miei colleghi e amici: Giuseppe Brandonisio, Manuela Brescia, Mario D’Aniello edErnesto Grande per i confronti costruttivi e il sostegno morale;ed infine Gaetana Pacella per avermi aiutato a realizzare le prove sperimentali sulle fasce<strong>di</strong> piano


In<strong>di</strong>ceCapitolo 1 Metodologia e finalità della ricerca1.1 Finalità della ricerca p. 11.2 Stato dell’arte p. 31.3 Areale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o p. 81.4 Le stratificazioni dell’architettura p. 12Capitolo 2 Caratteri metrologici delle murature tra<strong>di</strong>zionali in tufo giallonapoletano. Tipologie strutturali degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> storicizzati2.1 Evoluzione delle tipologie strutturali p. 142.2 Evoluzione delle tecniche <strong>di</strong> muro post-me<strong>di</strong>evali nell’areale del tufo giallonapoletano p. 23Capitolo 3 Modellazione della muratura in tufo giallo napoletano. <strong>Analisi</strong>sperimentale su macromodelli3.1 Sperimentazione: legame σ-ε p. 343.2 Realizzazione dei macromodelli p. 363.3 I materiali: tufo e malta p. 433.4 La muratura p. 503.5 Risultati sperimentali e valori <strong>di</strong> normativa p. 673.6 Discussione dei risultati p. 71Capitolo 4 Modellazione della struttura complessa. Elementi strutturalideterminanti4.1 E<strong>di</strong>ficio speciale p. 764.1.1 Comportamento sismico degli elementi snelli (piedritti) p. 764.2 E<strong>di</strong>ficio or<strong>di</strong>nario alto: submodello parete – modello non lineare a plasticitàconcentrata p. 794.2.1 Comportamento limite della parete: fascia debole; fascia resistente p. 804.2.2 <strong>Analisi</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> fasce <strong>di</strong> piano (resistenza aumentata con <strong>di</strong>versitipi <strong>di</strong> intervento: cordoli aderenti, semiaderenti, scorrevoli) p. 824.2.3 Ruolo strategico della fascia <strong>di</strong> piano, per la riduzione della vulnerabilitàsismica della parete. p. 92Capitolo 5 <strong>Analisi</strong> sperimentale sull’elemento fascia “storico” e “moderno”5.1 In<strong>di</strong>viduazione delle tipologie delle fasce <strong>di</strong> piano p.1005.2 Caratterizzazione morfologica delle fasce <strong>di</strong> piano storiche in areaNapoletana p.1015.3Attività sperimentale sui modelli in scala p.1275.3.1 Realizzazione delle fasce <strong>di</strong> piano p.1275.3.2 Prove definitorie p.1325.3.3 Apparecchiatura <strong>di</strong> prova e protocollo delle prove p.135


5.3.4 Risultati sperimentali p.1375.3.5 Considerazioni critiche sui risultati p.167Capitolo 6 Casi stu<strong>di</strong>o6.1 Introduzione ai casi stu<strong>di</strong>o, complessità della modellazione p.1746.2 Palazzo Petrucci a Napoli p.1756.2.1 Configurazione strutturale della fabbrica p.1756.2.2 Cenni storici e cronologia della struttura p.1806.2.3 Modellazione della struttura p.1846.2.4 <strong>Analisi</strong> del comportamento sismico p.1936.3 Complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum ad Aversa p.2486.3.1 Rilievo, configurazione strutturale e stratigrafia della fabbrica p.2486.3.2 Modellazione della struttura p.2526.3.3 <strong>Analisi</strong> del comportamento sismico p.255Capitolo 7 Conclusioni7.1 Risultati conseguiti p.2617.2 Possibili sviluppi p.266


Capitolo 1Metodologia e finalità della ricerca1.1 Finalità della ricercaLa finalità primaria della presente ricerca è quella <strong>di</strong> precisare una metodologia per lavalutazione del comportamento sismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> storici in muratura e dell’efficacia <strong>di</strong>limitati interventi per il loro miglioramento sismico, rispettosi della materia antica,testimonianza, anche attraverso le tecniche costruttive, delle civiltà del passato.Per valutare correttamente la vulnerabilità sismica delle strutture e limitare gliinterventi è necessaria un’approfon<strong>di</strong>ta conoscenza delle fabbriche, in particolare deglielementi strutturali che risultano strategici per il comportamento sismico globaledell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o, dei materiali utilizzati e delle tecniche adottate per la realizzazionedell’apparecchiatura muraria.L’importanza della conoscenza dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in or<strong>di</strong>ne alla geometria, ai particolaricostruttivi e ai materiali è sancita anche dalla normativa sismica italiana. Questa stabiliscetre livelli <strong>di</strong> conoscenza che si possono raggiungere prima della fase <strong>di</strong> progettazione e cheincidono notevolmente sui valori da utilizzare per la resistenza attraverso un coefficienteriduttivo (fattore <strong>di</strong> confidenza) che oscilla tra 1, per un livello <strong>di</strong> conoscenza completo, ed1.3 per una conoscenza limitata della fabbrica. Ne deriva che la valutazione dellavulnerabilità sismica dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o e <strong>di</strong> conseguenza gli interventi da adottare sonoinfluenzati dal livello <strong>di</strong> conoscenza attinto. La nota or<strong>di</strong>nanza emanata con OPCM3274/03 ed ulteriori mo<strong>di</strong>fiche forniscono la possibilità <strong>di</strong> sostituire prove eseguite<strong>di</strong>rettamente sull’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o con test sperimentali condotti su altre fabbriche, purchè siacomprovata la corrispondenza tipologica per materiali, e <strong>di</strong>mensione degli elementi lapideicostituenti le relative apparecchiature murarie.Come è noto le murature storiche non sono omogenee e non costituiscono il prodotto<strong>di</strong> un processo costruttivo normalizzato. Infatti esse sono costituite da elementi lapideinaturali ed artificiali e dalla malta. La messa in opera delle murature è molto <strong>di</strong>versa dalla“regola dell’arte” riportata dai vari trattatisti, come il noto Rondelet, ed è fortemente1


determinata dalle tecniche <strong>di</strong> coltivazione delle cave e <strong>di</strong> lavorazione della pietra estratta,dal magistero, dalla qualità e dalla quantità del legante, nonché dalle modalità <strong>di</strong>esecuzione dell’apparecchiatura muraria, fattori che mutavano nell’arco <strong>di</strong> alcuni decenni.In sintesi nella maggior parte dei casi i materiali utilizzati sono con<strong>di</strong>zionati dal luogo,mentre la <strong>di</strong>sposizione dei conci, la qualità della malta e quin<strong>di</strong> la tessitura <strong>di</strong>pendono dalletecniche costruttive, fortemente influenzate da ragioni economiche e sociali e che possonovariare nello stesso luogo nell’arco del tempo.Il presente lavoro è focalizzato sullo stu<strong>di</strong>o delle caratteristiche meccaniche deimateriali che costituiscono la muratura, del materiale “muratura” e del comportamentostrutturale dei singoli elementi (blocchi snelli, maschi, fasce), considerando le specifichetecniche adottate per realizzare elementi costruttivi or<strong>di</strong>nari e speciali (piattabande,cantonali) dei fabbricati murari nell’areale costruttivo del tufo giallo (area napoletana) inrelazione al periodo che va dal XVI secolo alla metà del XX secolo.La ricerca muove dagli stu<strong>di</strong> condotti negli ultimi anni da alcuni specialisti <strong>di</strong>restauro sui materiali e <strong>di</strong> storia delle tecniche costruttive dell’area napoletana, che hannodefinito tre cronotipi fondamentali per le murature in tufo giallo napoletano postme<strong>di</strong>evali,utilizzando in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> natura morfologica e <strong>di</strong>mensionale.Per valutare sia la resistenza che la capacità <strong>di</strong> adattamento plastico del materialemuratura, caratterizzato in funzione <strong>di</strong> un areale costruttivo e <strong>di</strong> tre perio<strong>di</strong> storici(cronotipi), l’autrice ha partecipato alla sperimentazione (prove <strong>di</strong> compressione adeformazione controllata) su macromodelli che riproducevano in scala reale tali murature(cronotipi). Si è poi ricavato il legame teorico σ-ε in funzione <strong>di</strong> quattro parametrimeccanici caratteristici.Nella fase successiva dell’analisi, in<strong>di</strong>viduate le categorie strutturali checaratterizzano gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura: or<strong>di</strong>nario e speciale si è determinato per entrambil’elemento “strategico” del loro comportamento sismico: i piedritti per il primo e le fasceper il secondo.Per i piedritti, muovendo dai risultati delle prove a compressione condotte sulmateriale e da prove in scala ridotta svolte in campagne sperimentali precedenti a questa, siè determinato attraverso formulazioni teoriche la capacità rotazionale dell’elemento snello.Per le fasce si è invece condotta prima un’analisi delle caratteristiche morfologiche e<strong>di</strong>mensionali <strong>di</strong> questo elemento in età post-me<strong>di</strong>evale e successivamente si sono effettuateprove su <strong>di</strong>versi elementi murari <strong>di</strong>fferenziati sia per classe <strong>di</strong> snellezza che per cronotipo.2


Dalle curve sperimentali si sono ricavate le caratteristiche meccaniche e <strong>di</strong>deformabilità della muratura e il legame Momento-Rotazione sia per i piedritti che per lefasce.Tali valori sono stati utilizzati nell’ultima fase conclusiva del lavoro per valutare ilcomportamento sismico <strong>di</strong> due <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> (casi stu<strong>di</strong>o), tra <strong>di</strong> loro <strong>di</strong>versi per categoria econfigurazione. Per entrambe gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> sono state delineate le problematiche relative allamodellazione e le modalità d’intervento compatibili con la struttura storicizzata perconseguirne un miglioramento sismico.Si rilevi, infine, che le analisi sperimentali sul materiale e sugli elementi strutturali equelle teoriche sugli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> sono state condotte rivolgendo una particolare attenzione allecapacità deformative del materiale, in modo da poter ottenere un più alto fattore <strong>di</strong>riduzione delle forze sismiche e sfruttare al meglio i vantaggi connessi ad un’analisidell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o secondo l’approccio del <strong>di</strong>splacement based design.1.2 Stato dell’arteL’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in muratura è stato concepito, <strong>di</strong> solito, per resistere a carichi verticali, e adeventuali spinte orizzontali, indotte da volte o archi, non bilanciate da tiranti, tenendoconto raramente <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong>verse da quelle verticali. Ciò si evince anche dall’analisi deitrattati <strong>di</strong> Vitruvio, Alberti, Palla<strong>di</strong>o, Vignola, Scamozzi e quello ottocentesco <strong>di</strong> Rondelet,dove le norme costruttive vengono fornite in modo da garantire la firmitas nei confrontidelle forze or<strong>di</strong>narie (i carichi verticali). Quin<strong>di</strong>, le costruzioni in muratura sonointrinsecamente vulnerabili alle sollecitazioni orizzontali indotte dai terremoti.S. Di Pasquale [Di Pasquale, 2003] ha ripercorso sinteticamente l’atteggiamento chenel corso dei secoli si è avuto in ambito scientifico nei confronti degli eventi sismici.L’autore ha evidenziato che il terremoto veniva avvertito come una punizione <strong>di</strong>vina dasubire, a causa della sua carica <strong>di</strong>struttiva. Solo dopo il terremoto <strong>di</strong> Lisbona (1755) siprese coscienza della possibilità <strong>di</strong> attenuare le conseguenze del sisma e si <strong>di</strong>ede inizioquin<strong>di</strong> ad indagini condotte razionalmente sul fenomeno assumendo i modelli meccanici ele teorie matematicamente enunciate (moto del pendolo, teoria delle corde vibranti edell’elasticità) che dalla fine del Seicento si stavano sviluppando. In particolare E. Sgaurionel 1756 espone le prime ipotesi sul comportamento sismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, le cui pareti3


vengono considerate come pendoli rovesci che oscillano per effetto del sisma. Inoltre vienedata particolare attenzione alla conoscenza degli effetti, acquisibile attraversol’osservazione e all’elaborazione <strong>di</strong> nuovi accorgimenti tecnici per la riduzione del rischio.In seguito, il terremoto calabro-siculo del 1783 e il terremoto <strong>di</strong> Napoli del 1857 <strong>di</strong>edero lapossibilità a F. Milizia <strong>di</strong> sviluppare alcune regole costruttive antisismiche, riportate nelsuo trattato (1781) e a R. Mallet <strong>di</strong> pubblicare le osservazioni condotte dopo il terremotodel 1783.Nei primi anni del Novecento, successivamente al terremoto <strong>di</strong> Messina (1908) sicominciò ad avvertire l’esigenza della sicurezza degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> nei confronti delle azionisismiche, da cui scaturiscono le prime normative sismiche.Una <strong>di</strong>sciplina specifica del consolidamento degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in funzione antisismica èapparsa dopo i terremoti del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980). Come si evince dalD.M.’81 i provve<strong>di</strong>menti tecnici per aumentare la resistenza degli elementi strutturali degli<strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura consistevano sostanzialmente nell’inserimento <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> elementi inc.a., come cordoli e pilastri in breccia, iniezioni armate e pareti in cemento armato;soluzioni adottate in particolare a causa della mancata fiducia nelle capacità resistenti dellamuratura, in<strong>di</strong>fferenti alle alterazioni dello schema statico originario.Nel D.M.’86 compare il concetto <strong>di</strong> miglioramento sismico in luogodell’adeguamento come unica modalità <strong>di</strong> intervento compatibile con i monumenti.Solo agli inizi degli anni Novanta alcuni stu<strong>di</strong> sono stati de<strong>di</strong>cati alla valutazione delcomportamento sismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura, cercando <strong>di</strong> raggiungere uncompromesso tra le esigenze <strong>di</strong> sicurezza delle persone che lo abitano e <strong>di</strong> conservazionedella fabbrica. In questo ambito sono noti i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> pratica per la sicurezza dei centristorici [Giuffrè, 1991; Giuffrè, 1993; Giuffrè, 1999] che si ispirano per alcuni versi aiprincipi del restauro: tra cui quello della necessità della conoscenza preventiva delfabbricato prima del progetto dell’intervento. Giuffrè nei suoi co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> pratica (Ortigia,Matera, Castelvetere, Palermo) analizza in primo luogo la serie storica dei terremoti<strong>di</strong>struttivi locali, successivamente l’evoluzione tipologica per poter stu<strong>di</strong>are le modalità <strong>di</strong>aggregazione delle cellule e quin<strong>di</strong> l’efficacia dei collegamenti tra le varie pareti. Esaminapoi le tecniche costruttive adoperate per la realizzazione degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> dei centri storici inesame al fine <strong>di</strong> verificarne la sicurezza sismica e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le eventuali carenze in talsenso. Vengono forniti, infine, una serie <strong>di</strong> interventi atti a migliorare il comportamentosismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>.4


In particolare si sottolinea che l’analisi del palinsesto delle murature in undeterminato luogo viene condotto in modo tale da riconoscere <strong>di</strong>verse tipologie delleapparecchiature murarie, <strong>di</strong>fferenziate in funzione della forma, delle <strong>di</strong>mensioni dei conci,della loro lavorazione e <strong>di</strong>sposizione. Da queste, in relazione alla loro aderenza alla regoladell’arte, co<strong>di</strong>ficata dai trattatisti ottocenteschi, si deduce il comportamento meccanicodelle murature. In sostanza ciò che interessa è la possibilità che l’elemento murario sipossa comportare come un blocco rigido, evitando lo scompaginamento prima che si attiviqualsiasi meccanismo <strong>di</strong> danno, con un conseguente elevato livello <strong>di</strong> danneggiamento.Altri stu<strong>di</strong> provenienti dal settore del restauro riguardano la conoscenza degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>in muratura, fondata sulla conoscenza delle tecniche costruttive che caratterizzano l’areageografica e l’epoca storica. Si in<strong>di</strong>viduano delle tipologie accomunate dall’in<strong>di</strong>catorecronologico che hanno caratteristiche <strong>di</strong>mensionali e morfologiche omogenee [Fiengo eGuerriero, 1998; Fiengo e Guerriero, 2003].Una seconda generazione dei co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> pratica interessa i comuni umbri emarchigiani colpiti dai terremoti del 1997, che dall’analisi dei meccanismi <strong>di</strong> collassoriscontrati con maggiore frequenza durante l’evento sismico traggono spunto perin<strong>di</strong>viduare i tipi <strong>di</strong> intervento da attuare sull’e<strong>di</strong>ficato storico sia per riparare gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>che per migliorarne il comportamento sismico [Modena et al., 2006; Cardani, 2007,Doglioni et al., 2007; Valluzzi, 2007].In generale si <strong>di</strong>ffonde, almeno in ambito scientifico, la consapevolezza che l’intervento <strong>di</strong> consolidamento statico o <strong>di</strong> miglioramento sismico <strong>di</strong> un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o storico inmuratura presuppone la conoscenza della fabbrica, dalle vicende storiche, dallastratificazione e dei materiali <strong>di</strong> cui è costituita [Anzani, 2007; Ceroni, 2007;].Quest’ultima in particolare si può raggiungere sia attraverso prove <strong>di</strong>struttive, che indagininon <strong>di</strong>struttive, che negli ultimi anni si sono notevolmente <strong>di</strong>ffuse [Binda, 1999; Binda2007].Con le linee guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonioculturale (2006) si riba<strong>di</strong>sce più volte la necessità <strong>di</strong> interventi compatibili con le esigenze<strong>di</strong> tutela del bene architettonico definendo un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sicurezza sismico, calcolato prima edopo l’intervento <strong>di</strong> miglioramento, da confrontare con un livello <strong>di</strong> protezione sismica,funzione sia della “categoria <strong>di</strong> rilevanza” che della “categoria d’uso”. Si considera anchel’eventualità <strong>di</strong> non riuscire a raggiungere l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sicurezza auspicabile evitandointerventi eccessivamente invasivi e danni in termini culturali. Si esamina inoltre la5


possibilità dell’inadeguatezza del modello meccanico nell’interpretazione dellacomplessità della costruzione storica; in tal caso sono ammesse valutazioni qualitativedella vulnerabilità sismica basata sull’analisi storica e sull’osservazione della costruzione.Viene sottolineato ulteriormente l’importanza della conoscenza fornendo il fattore <strong>di</strong>confidenza come combinazione dei coefficienti relativi a livello <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mentoconseguito in merito alla configurazione geometrica, ai dettagli costruttivi, alle proprietàmeccaniche e al tipo <strong>di</strong> terreno e <strong>di</strong> fondazione.In particolare per valutare il comportamento sismico della struttura assume notevoleimportanza la conoscenza delle caratteristiche meccaniche della muratura, la quale, rispettoagli altri materiali, ha un comportamento meccanico con valori molto eterogenei che<strong>di</strong>pende da una serie <strong>di</strong> fattori: spessori dei giunti, tessitura muraria, caratteristichemeccaniche della malta e degli elementi lapidei adoperati. Negli anni ’70 si sviluppano unaserie <strong>di</strong> campagne sperimentali, su murature <strong>di</strong> mattoni con lo scopo <strong>di</strong> determinarel’influenza che la resistenza a compressione dei componenti esercita quella della muratura[Francis et al., 1971; Lenczner, 1972]. Dalle prove è stato riscontrato che la resistenza dellamuratura è influenzata maggiormente dalla resistenza del mattone che da quella dellamalta, che l’incremento dello spessore dei giunti <strong>di</strong> malta incide negativamente sullaresistenza a compressione della muratura. Da queste osservazioni durante le campagnesono state ricavate da <strong>di</strong>versi autori numerose formule a carattere empirico, alle quali sisono ispirate le formulazioni della normativa, che hanno lo scopo <strong>di</strong> omogeneizzare lecaratteristiche meccaniche della muratura in funzione <strong>di</strong> quelle locali della malta e deimattoni.Inoltre, i dati ottenuti sperimentalmente hanno permesso <strong>di</strong> convalidare le teorie cheinterpretano il comportamento meccanico della muratura, basate sull’assunto che la malta èsottoposta ad un regime <strong>di</strong> compressione triassiale, mentre il mattone ad un regime <strong>di</strong>trazione biassiale e <strong>di</strong> compressione verticale. La teoria sviluppata da Haller considera chela crisi della muratura <strong>di</strong>pende dalla rottura del mattone; mentre per Hilsdorf una teoriasecondo la quale il collasso avviene in funzione dell’interazione tra mattoni e giunti neivari step che portano alla rottura del solido murario [Hilsdorf, 1969].In realtà tali teorie e tecniche <strong>di</strong> omogeneizzazione non sono in grado <strong>di</strong> descrivere ilcomportamento meccanico <strong>di</strong> murature storiche, costituite da conci irregolari.Parallelamente si sviluppano una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, atti a valutare la resistenza a tagliodella muratura, <strong>di</strong> più <strong>di</strong>fficile determinazione, rispetto alla resistenza a compressione. Si6


possono condurre prove a compressione <strong>di</strong>agonale o prove Sheppard o prove analoghe <strong>di</strong>taglio-compressione, nella quale la sollecitazione <strong>di</strong> compressione è controllata. Inparticolare per le prove a compressione <strong>di</strong>agonale la valutazione <strong>di</strong> resistenza a taglio inassenza <strong>di</strong> sforzo normale risulta non essere univoca, a causa delle <strong>di</strong>verse interpretazioniche esistono in letteratura sul regime tensionale al centro del pannello, durantel’esecuzione della prova. [Nishi e Teshigawara, 1991; Ghanem et al., 1994, Chiostrini etal., 1999; Galano e Vignoli, 2006]In Italia si sono condotte prove sperimentali su murature realizzate unicamente con imateriali che caratterizzano l’e<strong>di</strong>lizia tra<strong>di</strong>zionale nelle varie aree geografiche. Solo negliultimi anni si evince una particolare attenzione a condurre prove sperimentali su elementi<strong>di</strong> muratura storica, spesso realizzando prove <strong>di</strong>struttive in sito. Un esempio sono lacampagna sperimentale <strong>di</strong> prove a taglio e <strong>di</strong> prove soniche condotte su pannelli muraristorici della Toscana [Brignola 1 et al., 2006; Brignola 2 et al., 2006] e <strong>di</strong> prove acompressione e <strong>di</strong> prove a taglio su murature dell’Umbria e delle Marche [Borri et al.,1999, Borri et al., 2004].Per quanto riguarda il comportamento globale del fabbricato durante l’eventosismico si ha che nel caso in cui gli impalcati siano costituiti semplicemente da solaiappoggiati sulle murature o da volte il comportamento sismico della struttura può esserericondotto ad un meccanismo <strong>di</strong> collasso della parete della muratura fuori dal proprio piano[Pagano, 1968], noto anche come meccanismo <strong>di</strong> I modo [Giuffrè, 1993], generandoscenari <strong>di</strong> danno particolarmente gravi. Nel caso in cui, invece, le pareti siano tra <strong>di</strong> lorocollegate e sia presente un solaio rigido il comportamento meccanico dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o puòessere ricondotto a quello delle pareti nel proprio piano. Questo tipo <strong>di</strong> collasso è statoconfermato dall’osservazione dei danni delle strutture successivamente agli eventi sismici.La risposta sismica della parete è fortemente determinata dal comportamento delmaschio e della fascia. Numerosi stu<strong>di</strong> sia teorici che sperimentali sono stati condotti suimaschi murari, permettendo <strong>di</strong> determinare con una certa accuratezza i livelli <strong>di</strong> resistenzama anche <strong>di</strong> deformabilità [Magenes, 1992]. In particolare la rottura del maschio murariopuò avvenire per:• scorrimento orizzontale• trazione <strong>di</strong>agonale• presso flessione.7


Per quanto riguarda il comportamento sismico della fascia gli stu<strong>di</strong> sperimentali eteorici sono ridotti generando uno stato <strong>di</strong> non chiarezza anche tra le varie normativevigenti nei vari paesi. In particolare alcune prove [Roca, 2005; Foraboschi, 2006;Foraboschi, 2007] sono state condotte sulla porzione <strong>di</strong> muro corrispondente ad una cellulaabitativa, costituita da due maschi murari e da un elemento <strong>di</strong> fascia. Si nota, quin<strong>di</strong>,l’importanza che ha determinare il comportamento meccanico della fascia <strong>di</strong> piano sia intermini <strong>di</strong> resistenza che <strong>di</strong> deformabilità. Di conseguenza questo stu<strong>di</strong>o ha focalizzatol’attenzione sull’elemento fascia, riprodotto in scala ridotta (1:10), dopo un’attenta analisidei caratteri costruttivi che assume in area napoletana, conducendo prove monotone ecicliche che simulano l’effetto del sisma su <strong>di</strong> esse.1.3. Areale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>oSi è analizzato nello specifico l’areale napoletano compreso, fino al riassestamentoamministrativo seguito alla seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, in un'unica area conosciutaanticamente col nome <strong>di</strong> Terra <strong>di</strong> Lavoro e che racchiude circa i due terzi dell’attualeestensione <strong>di</strong> ben otto province (Napoli, Caserta, Avellino, Benevento, Salerno, Latina,Frosinone ed Isernia).Terra <strong>di</strong> Lavoro è geo-morfologicamente costituita da zone vallive, montuose evulcaniche, mentre litologicamente è riferibile ai calcari e ai calcari-dolomitici, datal’origine delle formazioni montuose e ai tufi grigi e gialli prodotti dagli apparati vulcanicicomposti dal sistema spento <strong>di</strong> Roccamonfina, dal Somma-Vesuvio e dai Campi Flegrei (lacui attività eruttiva si fa risalire alla fine del Pliocene o al principio del Pleistocene).I materiali dell’industria e<strong>di</strong>lizia in Terra <strong>di</strong> Lavoro sono riferibili per la maggiorparte ai prodotti delle attività vulcaniche dei tre centri eruttivi, la cui successione temporaleè piuttosto controversa ancora oggi [Di Girolamo et al., 1972].Il prodotto piroclastico maggiormente <strong>di</strong>ffuso in Campania è “L’IgnimbriteCampana” che avendo subito due <strong>di</strong>versi processi petrogenetici si può ritrovare sia nellafacies gialla (tufo giallo casertano) che in quella grigia, detto tufo pipernoide per latendenza che hanno le scorie a fornire una tessitura tale da acquisire caratteri simili al“piperno” dei Camaldoli. In particolare De Lorenzo e Di Girolamo fanno risalire laproduzione dell’Ignimbrite Campana insieme al piperno al I periodo flegreo [De Lorenzo,8


1904]. Il materiale è caratterizzato da <strong>di</strong>versi strati, dall’alto verso il basso da cinerazzo,materiale incoerente (adoperato in associazione o in sostituzione della pozzolana per lapreparazione della malta), tufi grigi appena cementati e da tufo pipernoide e piperno tra <strong>di</strong>loro <strong>di</strong>fferenziati per il grado <strong>di</strong> autocementazione. I prodotti nell’area salernitana sononoti come il tufo <strong>di</strong> Nocera e la pietra <strong>di</strong> Sorrento, piuttosto scura, caratterizzata da unamatrice rossiccia o violacea.Il prodotto tipico del II periodo flegreo è il “tufo giallo napoletano”, costituitolitologicamente da pomici e in quantità inferiore da frammenti lavici immersi in unamatrice cineritica.Infine al III periodo flegreo appartengono i materiali incoerenti costituiti dapozzolane (sabbie e ceneri), pomici e lapilli.L’attività vesuviana, posteriore all’inizio <strong>di</strong> quella flegrea, ha generato sia materialiincoerenti (lapilli, pomici e scorie) che lava nota come pietrarsa, caratterizzata da notevoledurezza, compattezza e resistenza meccanica.Il patrimonio costruito della provincia napoletana e <strong>di</strong> parte <strong>di</strong> quella casertana ècaratterizzato dall’uso <strong>di</strong>ffuso del tufo grigio campano, del piperno ed in particolar mododel tufo giallo napoletano o campano.Il tufo grigio campano e il piperno furono utilizzati come pietra da taglio, sostituitialla fine del XVIII secolo dalla pietrarsa a causa degli innumerevoli crolli delle galleriescavate per l’estrazione del materiale lapideo, determinando la fine della coltivazione delpiperno, <strong>di</strong> cui i blocchi ancora <strong>di</strong>sponibili furono adottati per gli sbalzi dei balconi.Il tufo grigio campano ha consistenza litoide, costituito da una massa cineritica contessitura me<strong>di</strong>o fine con inclusi pomicei e scorie nere, veniva estratto in cave a cielo apertoo sotterranee.Il piperno, è costituito da una matrice granulare grigia e da intrusi lenticolari scuri,tenaci e compatti dette fiamme, con gli assi maggiori paralleli tra <strong>di</strong> loro e con giacituraorizzontale, <strong>di</strong> cui il numero, le <strong>di</strong>mensioni e la compattezza determinano la tenacità delmateriale. Tale tipo lapideo si <strong>di</strong>fferenzia dal tufo grigio campano per il più marcatoprocesso <strong>di</strong> autometamorfismo del materiale vulcanico che ha determinato il maggiornumero e la forma degli inclusi e per una minore lavorabilità che conduce alla formazione<strong>di</strong> conci con una geometria più approssimata. Le cave <strong>di</strong> piperno, aperte fin dal XIII secoloed attualmente abbandonate, erano localizzate sulla collina dei Camaldoli.9


Il piperno e il tufo grigio furono utilizzati per strutture particolarmente caricate comei cantonali e i contrafforti, i pilastri delle chiese e dei chiostri, le parti basse dei campanili,le arcate, le scale e i portali e con scopi ornamentali, in particolare per realizzare gli or<strong>di</strong>niarchitettonici, cornicioni, le cornici delle aperture e le membrature profilate.Raramente nel patrimonio si riscontrano intere facciate in pietra da taglio, utilizzatesolo per la faccia esterna ed associate ad un masso interno in tufo giallo. È invece moltopiù frequente osservare paramenti in piperno per i basamenti dei prospetti stradali deifabbricati. In particolare nel Seicento l’uso del piperno fu limitato a paraste e cornicioni,utilizzando gli stucchi per gli or<strong>di</strong>ni.Un particolare tipo <strong>di</strong> tufo grigio campano: la pietra <strong>di</strong> Sorrento, grazie al suo bassopeso specifico e alla buona resistenza è stato utilizzato per le membrature ai livelli più alti,quali lanternini, cupole e cornicioni.La pietrarsa è stata adoperataa inizialmente per la pavimentazione stradale e dallafine del XVIII secolo in sostituzione del piperno, per cantonali, rivestimenti, basamenti esotto forma <strong>di</strong> scheggioni per le fondazioni [Guerriero e Manco, 1998].Il materiale maggiormente <strong>di</strong>ffuso nelle costruzioni napoletane è il tufo giallo, per lasua lavorabilità, <strong>di</strong>screta resistenza associata ad una relativa leggerezza - data dallapresenza <strong>di</strong> pori e pomici - e per la sua facilità <strong>di</strong> estrazione, essendo posto a pochi metridal piano <strong>di</strong> campagna. Questo materiale è contrad<strong>di</strong>stinto da un ottimo grado <strong>di</strong> affinitàcon le malte, ma da una modesta durabilità agli agenti atmosferici, motivo per cui è statoraramente usato a faccia vista.Il tufo è una roccia vulcanica prodotta dalla cementazione <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> varia<strong>di</strong>mensione e forma (ceneri, sabbie, pomici e lapilli).Il tufo giallo napoletano è costituito da <strong>di</strong>verse varietà che si <strong>di</strong>stinguono tra loro infunzione della finezza della grana, per la ricchezza <strong>di</strong> pomici e per le loro <strong>di</strong>mensionidando luogo a tufi con <strong>di</strong>verse resistenze, lavorabilità, durezza e tenacità. Dell’Erba hacondotto uno stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>to sulle principali caratteristiche (porosità, gradod’imbibizione, tenacità e resistenza) e ha classificato le <strong>di</strong>verse qualità <strong>di</strong> tufo che sipossono trovare dall’alto verso il basso nei giacimenti napoletani <strong>di</strong>stinguendo tra:Mappamonte, tufo arenoso, cima <strong>di</strong> monte, tufo selvaiuolo, tufo duro, tufo comune, tufofino, tufo pomicioso e tufo ferrigno, considerando per ognuna <strong>di</strong> queste ulteriori sottocategorie.10


Dai saggi sperimentali da lui eseguiti egli ha notato che la resistenza a compressioneè scarsamente influenzata dal peso e dalla frequenza delle pomici e dalla presenza <strong>di</strong>lapilli, mentre risulta con<strong>di</strong>zionata dal grado <strong>di</strong> finezza della massa cementata, dal livello<strong>di</strong> cementazione, dalla compattezza, dalla tenacità e dal grado <strong>di</strong> porosità. Si deve notare,così come evidenziato dallo stesso Dell’Erba e verificato sperimentalmente anche daCeroni et al., 2004 che essendo il tufo una roccia tenera e porosa, con capacitàd’imbibizione piuttosto elevate le sue caratteristiche meccaniche sono fortementeinfluenzate dalla presenza <strong>di</strong> acqua, che porta ad una riduzione della resistenza acompressione <strong>di</strong> circa 1/3. Il coefficiente d’imbibizione è fortemente influenzato dallaporosità minuta del tufo e dalla percentuale <strong>di</strong> pomici presenti nei conci. Da ciò si deducel’inadeguatezza del tufo per la costruzione dei setti murari <strong>di</strong> fondazione.La densità del tufo è fortemente con<strong>di</strong>zionata dalla grossezza della grana e dallapresenza <strong>di</strong> pori variando tra valori <strong>di</strong> poco superiori ad 1 e 1.75 KN/m 3 .Il tufo giallo napoletano nei secoli scorsi fu estratto con due procedure <strong>di</strong>fferenti: acielo aperto e in galleria. I due sistemi <strong>di</strong> cavatura sono isolati anche se in alcuni casi si èproseguita in galleria una cava a cielo aperto [Dell’Erba, 1923].La prima consiste nella coltivazione <strong>di</strong> cave localizzate sui fianchi delle colline, cheinteressò inizialmente la collina <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>monte, al ridosso del centro antico, e si estese trail 1600 e il 1700 ai Ventaglieri, a S.ta Lucia a Monte e al versante orientale della collinadel Petraio. Successivamente nel settecento fu sfruttata la collina <strong>di</strong> Posillipo.La procedura in galleria permette <strong>di</strong> cavare il tufo sottoterra, lasciando il fondosuperiore e<strong>di</strong>ficabile. Questo tipo <strong>di</strong> cava veniva aperta o lateralmente, in particolare inpresenza <strong>di</strong> alti fronti verticali ottenuti da tagli precedenti allo scoperto, oppure attraversopozzi scavati superiormente.Questa pratica – economicamente vantaggiosa a causa dell’eliminazione degli oneri<strong>di</strong> trasporto - era molto <strong>di</strong>ffusa nel cantiere e<strong>di</strong>lizio realizzando cave in gallerie nel sito dae<strong>di</strong>ficare, che in alcuni casi venivano successivamente utilizzate come locali sotterraneidell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o (come per Castel S. Elmo).Il tufo veniva estratto con scavi circolari da pozzi estesi fino al raggiungimento delbanco tufaceo, attraversato per 4-5 metri. I pozzi realizzati in uno stesso cantiere nelle areenon e<strong>di</strong>ficate in particolare nelle corti erano numerosi ed allineati e le basi erano collegatetra <strong>di</strong> loro da cunicoli, formando in questo modo delle gallerie. Questa tecnica <strong>di</strong>coltivazione ha portato ad una configurazione del sottosuolo napoletano cavo, provocando11


in alcuni casi l’instabilità delle fondazioni successivamente realizzate in corrispondenzadei pozzi.Il decreto fer<strong>di</strong>nandeo del 1781 vietò la coltivazione del tufo in galleria che fu ripresaalla fine dell’Ottocento e definitivamente soppressa dopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale,parallelamente all’utilizzo <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> estrazione meccanizzate [Fiengo, 1983].La ricchezza <strong>di</strong> tufo giallo e l’assenza <strong>di</strong> banchi <strong>di</strong> argilla nel territorio napoletano hacomportato uno scarso impiego dei laterizi, adottati per le parti <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o più caricate,come cantonali, pilastri, e piattabande, oppure come interventi <strong>di</strong> consolidamento <strong>di</strong> partidanneggiate. Nelle fabbriche murarie napoletane si riscontrano raramente apparecchiaturein mattoni, adoperati solo come paramento esterno del masso murario realizzato in tufo.Salerno, Ischia e Gaeta erano le uniche località dove si erano sviluppate attività estrattive<strong>di</strong> un certo rilievo.In alcuni casi è possibile rinvenire murature listate in tufo giallo napoletano, riferibiliper la maggior parte all’Ottocento e al Novecento adottate per interventi <strong>di</strong> consolidamento<strong>di</strong> strutture ammalorate e per la sostituzione <strong>di</strong> piattabande, trovandosi in contesti muraricaratterizzati da notevole stratificazione [Guerriero, 1998].Come inerti vengono usati la sabbia vulcanica, ad<strong>di</strong>zionata spesso con pozzolana,estratta negli stessi luoghi in cui si cavava il tufo.Per quanto riguarda le malte viene utilizzato come legante il grassello, il cementoviene prodotto solo verso l’inizio del Novecento. Fino alla fine del settecento la quantità <strong>di</strong>grassello utilizzato per il confezionamento delle malte alcune volte era insufficiente, acausa del suo eccessivo costo e delle tasse da cui era gravata [Fiengo, 1983].1.4. Le stratificazioni dell’architetturaCome è noto gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> tra<strong>di</strong>zionali sono segnati nella loro forma e nella loro materiadall’evoluzione storica.Infatti un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o fondato in un determinato secolo può subire notevolitrasformazioni, dovute al cambiamento della tipologia abitativa, della destinazione d’uso oa semplici interventi <strong>di</strong> consolidamento della struttura. Si ha quin<strong>di</strong> che al nucleo originariosi aggiungono corpi <strong>di</strong> fabbrica sullo stesso livello, cellule abitative, elementi strutturali, oche i vani nel tempo si mo<strong>di</strong>fichino.12


L’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o è in continuo mutamento e la sua storia è segnata dalle <strong>di</strong>verse tecnichecostruttive adottate, che contrad<strong>di</strong>stinguono un’epoca storica dall’altra. Ad esempio, nelcentro storico <strong>di</strong> Napoli è facile rinvenire fabbricati non intonacati a causa dello stato <strong>di</strong>degrado in cui versano, e rendersi conto che nei secoli hanno subito <strong>di</strong>verse trasformazioni.Da un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o all’altro, ma anche nello stesso fabbricato si possono notare notevoli<strong>di</strong>fferenze tra le tessiture delle murature, le tipologie <strong>di</strong> impalcato, le or<strong>di</strong>ture dei solai, e lefiniture (infissi, portoni, elementi metallici e pavimentazioni). Le tecniche cambiano dandotestimonianza dell’evoluzione <strong>di</strong> una civiltà.Si viene così a creare una stratificazione, non solo nella forma ma anche nellastruttura. Gli elementi murari, a seconda della tecnica utilizzata (tessitura, tipo <strong>di</strong> malta,presenza <strong>di</strong> elementi trasversali) raggiungono <strong>di</strong>fferenti resistenze e comportamentimeccanici nei confronti delle azioni sismiche.Le parti che si accrescono su se stesse, gli elementi aggiunti o sottratti, determinanouno stato tensionale (una storia dei carichi) <strong>di</strong>verso rispetto a quello che si avrebbe nel casoin cui fosse stato costruito così come è nella sua configurazione attuale.Dunque nell’ambito <strong>di</strong> uno stesso <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o, a causa dell’ uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti tecniche nonsi ha una configurazione strutturale omogenea, ma stratificata a cui corrispondono<strong>di</strong>fferenti resistenze e comportamenti meccanici.13


Capitolo 2Caratteri metrologici delle murature tra<strong>di</strong>zionali in tufo giallonapoletano. Tipologie strutturali degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> storicizzati2.1 Evoluzione delle tipologie strutturaliGli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura sono riconducibili essenzialmente a due categorie funzionali; adognuna <strong>di</strong> esse corrisponde una <strong>di</strong>versa configurazione degli ambienti <strong>di</strong> cui sono costituitied una conseguente <strong>di</strong>stribuzione in pianta degli elementi murari resistenti. Un’ulteriore<strong>di</strong>fferenza è data dalla frequenza con cui queste due categorie si possono riscontrare nelcostruito storico, <strong>di</strong>stinguendo tra <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> speciali ed or<strong>di</strong>nari.Alla prima categoria appartengono fabbricati con funzione <strong>di</strong> rappresentanza, spessocostituiti da ambienti molto ampi, adeguati ad ospitare assemblee collettive. Si generanoquin<strong>di</strong> vani <strong>di</strong> forma rettangolare allungata, dettata dalla necessità <strong>di</strong> avere un lato piùcorto parallelamente al quale è or<strong>di</strong>ta la copertura. Le pareti perimetrali, molto alte,collocate lungo una <strong>di</strong>rezione prevalente a <strong>di</strong>stanze elevate, sono collegate trasversalmente,in genere, solo da pannelli murari posti in corrispondenza delle testate dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o e daisolai o dalle volte <strong>di</strong> copertura.In questo caso, il solaio, a causa della sua notevole estensione, non è in grado <strong>di</strong>svolgere una funzione <strong>di</strong> collegamento o <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>stribuzione delle forze ai muri nel propriopiano, <strong>di</strong>sposti ad interassi troppo elevati; per cui ogni parete può essere considerata isolatarispetto alle altre parti della struttura e scomposta nei maschi murari presenti tra dueaperture successive, interessati da meccanismi <strong>di</strong> ribaltamento fuori del piano.Alla seconda categoria appartengono gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> or<strong>di</strong>nari, che costituiscono l’e<strong>di</strong>lizia<strong>di</strong> tessuto dei centri storici italiani, spesso a<strong>di</strong>biti a funzione residenziale e caratterizzati dalocali <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni modeste con una <strong>di</strong>sposizione dei setti murari in pianta che si ripetecon sostanziale regolarità in altezza (piano tipo), con un numero <strong>di</strong> piani variabili da due(nei piccoli centri) fino ad un massimo <strong>di</strong> sei-sette (come accade a Napoli) e con un altezzad’interpiano variabile tra i 4 e i 5 m. Il fabbricato è concepito in modo tale che ci siano14


elementi portanti in entrambe le <strong>di</strong>rezioni principali, determinando una conformazioneglobale <strong>di</strong> tipo scatolare. In questo modo nessuna parete è libera, ma è vincolata daglielementi murari nell’altra <strong>di</strong>rezione, purché le croci <strong>di</strong> muro siano realizzate con unatessitura adeguata a svolgere tale funzione <strong>di</strong> collegamento.Entrambe le categorie <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, pur essendo caratterizzate da un assetto geometricocomplessivo piuttosto costante nel tempo, hanno subito notevoli mo<strong>di</strong>fiche nel corso deisecoli. Tali innovazioni, conseguite con l’applicazione <strong>di</strong> nuove tecniche costruttive, fruttodell’evoluzione tecnologica, hanno interessato in particolare l’impalcato, che svolge unruolo fondamentale per il comportamento meccanico dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o sia nei confronti delleazioni sismiche che verticali. Questo elemento è stato assunto da Pagano come<strong>di</strong>scriminante per la classificazione degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura, <strong>di</strong>stinguendo tra prima,seconda e terza classe [Pagano, 1968; Pagano, 1990].Giuffrè contrappone alle “tipologie meccanicamente controllate” tipiche degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>moderni quelle strutturali storiche, assai varie a seconda del periodo storico e delle areegeografiche, in<strong>di</strong>viduando l’appartenenza ad una determinata tipologia in relazione allessico strutturale e tecnologico comune. In sostanza Giuffrè, pur introducendo unaclassificazione tipologica più articolata <strong>di</strong> quella proposta da Pagano, analizza ilcomportamento meccanico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> durante un evento sismico in funzione deimeccanismi <strong>di</strong> danno che si possono innescare, <strong>di</strong>stinguendo tra danno <strong>di</strong> primo modo,corrispondente al ribaltamento fuori del piano delle pareti o <strong>di</strong> porzioni <strong>di</strong> esse, e danno <strong>di</strong>secondo modo, equivalente a rotture a taglio o a pressoflessione dell’elemento murario nelproprio piano [Giuffrè, 1993].Pur essendo l’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o storico <strong>di</strong> notevole complessità, costituito da orizzontamenticon materiali <strong>di</strong>versi sia in pianta che in sezione, per analizzarne il comportamento si fariferimento alla classificazione tipologica proposta da Pagano, concepita in particolare per ifabbricati <strong>di</strong> tipo or<strong>di</strong>nario, ma valida per entrambe le categorie.L’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o <strong>di</strong> prima classe è integralmente in muratura. Per garantire un regime <strong>di</strong>sollecitazioni <strong>di</strong> sola compressione, a causa della scarsa resistenza a trazione dellamuratura, le strutture orizzontali e le parti superiori delle aperture sono realizzate conintradossi curvi, che esercitano delle spinte sulle pareti, tanto più elevate quanto più l’arcoè ribassato [Fig. 2.1].Tale configurazione morfologica comporta la nascita <strong>di</strong> momenti flettentiinstabilizzanti in particolare per le pareti perimetrali; mentre per i muri interni la presenza15


su entrambe i lati sia delle riseghe che delle volte genera sforzi normali piuttosto centratinella sezione muraria.Fig. 2.1: Prospetto pianta e sezione dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o <strong>di</strong> I classe [Pagano, 1990]Si ha che i muri esterni risultano notevolmente più spessi <strong>di</strong> quelli interni, in modoche la risultante dei carichi sia contenuta all’interno del nocciolo centrale d’inerzia, così daevitare fenomeni <strong>di</strong> fessurazione. Per questo tipo <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o la possibilità <strong>di</strong> sopportare lespinte <strong>di</strong>pende dal peso proprio della struttura, quin<strong>di</strong> si ottengono strutture massicce conspessori elevati.Lesioni <strong>di</strong> tipo fisiologico possono interessare la chiave e le reni degli archi o dellevolte, portando comunque alla formazione <strong>di</strong> una struttura isostatica non sollecitata aflessione, che può crollare nel caso in cui si abbia la formazione <strong>di</strong> una quarta cerniera[Fig. 2.2].Modello <strong>di</strong> comportamento FisiologiaPatologiaFig. 2.2: Lesioni <strong>di</strong> tipo fisiologico e instabilizzanti per l’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o <strong>di</strong> I classe [Pagano, 1990]L’instabilità della struttura così conformata si può ottenere quando sotto l’azionedelle spinte delle volte le pareti murarie a causa <strong>di</strong> errori <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento o per altreragioni iniziano a ruotare, con la formazione <strong>di</strong> fessure verticali, la cui ampiezza aumentadal basso verso l’alto. Tale fenomeno può comportare l’abbassamento della volta con un16


conseguente aumento della spinta, fino ad arrivare al crollo della parete e alloscompaginamento della volta [Fig. 2.2].Gli interventi spesso eseguiti per evitare questo tipo <strong>di</strong> danno consistononell’inserimento <strong>di</strong> catene che eliminano le spinte o nella costruzione <strong>di</strong> barbacani ocontrafforti, che aumentano lo spessore delle murature ai piani bassi, evitando ilribaltamento delle pareti.Altri <strong>di</strong>ssesti ricorrenti sono rappresentati dallo schiacciamento delle muratureverticali e dall’avvallamento delle volte, che risultano particolarmente vulnerabili quandosono molto ribassate. In alcuni casi il crollo del fabbricato può essere conseguito a causadell’alleggerimento <strong>di</strong> rinfianchi delle volte, privando la struttura del regime <strong>di</strong>compressione necessario per la sua stabilità.Fig. 2.3: Teora, terremoto 1980, crollo <strong>di</strong> pareti fuori dal piano nel caso <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o con volte.La vulnerabilità sismica è data dalla nascita <strong>di</strong> forze (proporzionali alle masse) <strong>di</strong>notevole entità per questo tipo <strong>di</strong> struttura interamente in muratura. Inoltre in questo caso sideve tenere conto delle componenti sussultorie del sisma (spesso trascurate) chedeterminano l’aumento non solo dei carichi verticali ma anche delle spinte.Per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> della seconda categoria la presenza <strong>di</strong> volte <strong>di</strong> luce ridotta e <strong>di</strong> elementimurari in entrambe le <strong>di</strong>rezioni, se ben collegati tra <strong>di</strong> loro, permette un comportamentoiniziale simile a quello <strong>di</strong> un impalcato resistente con una rigidezza ridotta, efficace per17


forze sismiche <strong>di</strong> modesta entità. Per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> della seconda categoria è più <strong>di</strong>fficileriscontrare tale efficacia, a causa delle elevate luci tra i setti portanti.Si ha comunque per entrambi le categorie <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, per eventi sismici <strong>di</strong> una certaintensità che le forze orizzontali generate dal sisma si sommano alle spinte delle voltecomportando il ribaltamento delle pareti fuori del piano (danni <strong>di</strong> primo modo) con scenari<strong>di</strong> crollo preoccupanti, così come è stato evidenziato durante molti terremoti [Fig. 2.3].Solo nel caso in cui le pareti siano tra loro collegate, ad esempio con delle semplicicatene, si possono evidenziare meccanismi <strong>di</strong> rottura della parete nel proprio piano (danni<strong>di</strong> secondo modo), generando rotture meno invasive.Gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> della seconda classe sono costituiti da elementi murari verticali chesostengono solai orizzontali semplicemente appoggiati, costituiti da travi in legno o inferro, evitando così spessori eccessivi delle murature.Fig. 2.4: Prospetto, pianta e sezione tipici dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o <strong>di</strong> II classe [Pagano, 1990]In sintesi i solai in legno nell’area <strong>partenopea</strong> erano composti nel XVI secolo contravi squadrate <strong>di</strong>sposte ad un interasse (valera) <strong>di</strong> circa 140 cm e tavole. Nell’e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong>tessuto l’impalcato era “a cassettoni” o ripartito me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> regoli e controregoli. NelXVII secolo i palchi in legno erano costituiti da travi asciate e tavole, <strong>di</strong>sposti ad unavalera <strong>di</strong> circa 100 cm. Nel XVIII e nel XIX secolo venivano utilizzate travisemplicemente scorzate, a causa della scarsa <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> elementi lignei <strong>di</strong> elevato<strong>di</strong>ametro, con un interasse (valera) variabile tra 3 ½ e 4 palmi nell’Ottocento e tra 88 e 93cm nel Novecento; l’or<strong>di</strong>tura secondaria era realizzata con tavole (chiancarelle) otronchetti spaccati longitu<strong>di</strong>nalmente (solarini) [De Marco, 2005].I solai in ferro si cominciarono a <strong>di</strong>ffondere dopo la rivoluzione industriale, inparticolare a Napoli furono utilizzati per realizzare i solai degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> costruiti tra la finedell’Ottocento e l’inizio del Novecento dalla Società del Risanamento [AA. VV., 1993]. Ilprofilato maggiormente utilizzato, dopo una serie <strong>di</strong> sperimentazioni iniziali, fu quello a18


doppio T con altezza variabile tra i 12 e i 22 cm, <strong>di</strong>sposti ad un interasse variabile tra i 60cm e 150 cm. Il riempimento tra le putrelle fino alla fine dell’Ottocento fu realizzato,sostanzialmente, con archetti costituiti da mattoni pieni in foglio o <strong>di</strong> coltello o da conci <strong>di</strong>tufo sagomati a cuneo <strong>di</strong> un’altezza non inferiore a 16 cm.All’inizio del Novecento in alternativa furono adottati voltine in mattoni forati conl’intradosso orizzontale (le volterrane) o elementi completamente orizzontali. In questomodo si otteneva una posa in opera meno onerosa e la superficie piana dell’intradossopronta per essere intonacata, evitando i notevoli spessori <strong>di</strong> malta, con la relativaapplicazione <strong>di</strong> grappe metalliche, necessari nel caso in cui gli elementi lapidei erano<strong>di</strong>sposti a forma <strong>di</strong> arco. Da ciò consegue una maggiore leggerezza del solaio. In questi<strong>e<strong>di</strong>fici</strong> le piattabande sono realizzate con tavole lignee sulle quali poggiano conci <strong>di</strong> tufo<strong>di</strong>sposti <strong>di</strong> coltello, sagomate a forma <strong>di</strong> cuneo. Più raramente è possibile riscontrareputrelle in ferro, ma comunque in entrambi i casi le piattabande sono scarsamente ancoratenei vani a<strong>di</strong>acenti [Catalano, 1993]. Gli impalcati <strong>di</strong> copertura sono spesso realizzati concapriate lignee o in ferro.Da un punto <strong>di</strong> vista statico le due tecnologie adottate per realizzare i solai hanno uncomportamento analogo, essendo in entrambi i casi gli elementi murari e i solai inmateriali <strong>di</strong>versi e quasi del tutto in<strong>di</strong>pendenti. Le travi sono sollecitate a flessione e ataglio per effetto dei carichi verticali.Sui muri non agiscono più forze orizzontali dovute alle spinte degli archi, ma sonosoggetti a soli carichi verticali, con un notevole vantaggio per la scatola muraria costituitada pareti con spessori ridotti rispetto agli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> della prima classe. Per tale tipologia siconserva solo l’eccentricità del peso proprio per le pareti <strong>di</strong> facciata, data dalla risega deglispessori lungo la verticale, che porta alla rotazione del muro verso l’esterno; l’effetto puòessere in parte equilibrato nel caso in cui i solai siano or<strong>di</strong>ti perpen<strong>di</strong>colarmente ai muriperimetrali, grazie all’azione dei carichi verticali da essi trasmessi.Per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> or<strong>di</strong>nari si ha che pur apparendo la scatola muraria pluriconnessa, inrealtà il comportamento globale della struttura può venire meno a causa <strong>di</strong> svariati fattori.Infatti l’azione dei carichi concentrati in corrispondenza delle travi, i ce<strong>di</strong>menti del terreno,le variazioni termiche tra interno ed esterno e la <strong>di</strong>fferente entità <strong>di</strong> carico su pareti tra <strong>di</strong>loro ortogonali con l’eventuale rottura delle croci <strong>di</strong> muro perimetrali possono produrre coltempo sia fratture verticali che sconnettono i muri appartenenti ai due or<strong>di</strong>ni che lasud<strong>di</strong>visione in strisce <strong>di</strong> muratura verticali tra <strong>di</strong> loro in<strong>di</strong>pendenti, comprese tra due vani19


consecutivi. Può quin<strong>di</strong> accadere che le singole porzioni <strong>di</strong> muratura – nel caso in cui nonci sia la possibilità <strong>di</strong> un concatenamento da parte delle travi – tendano a ruotare o pereffetto della spinta del meccanismo ad arco che si forma al <strong>di</strong> sopra dei vani o perl’eccentricità delle risultanti dei pesi data dalla morfologia della parete perimetrale [Fig.2.5].Fig. 2.5: Lesioni fisiologiche e patologiche degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong> II classe [Pagano, 1990]Anche in questo caso per ovviare alla mancanza <strong>di</strong> un comportamento scatolare dellastruttura si possono inserire catene o cerchiature, o anche bulzoni tra la testa delle travi e lemurature.Lesioni <strong>di</strong> tipo fisiologico per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong> questa classe si hanno al <strong>di</strong> sopra dei vani<strong>di</strong> apertura al centro e ai due lati, mostrando un comportamento ad arco della strutturasovrastante, che permette <strong>di</strong> trasmettere i carichi della piattabanda alle spallette in muraturadell’apertura. Altre lesioni <strong>di</strong> lieve entità si possono avere nelle voltine <strong>di</strong> riempimento deisolai in ferro, che provocano dei micro-effetti spingenti anche sul resto della struttura.Sono frequenti i danni derivanti dall’azione concentrata delle travi sui muri, chedeterminano fenomeni <strong>di</strong> schiacciamento locale della muratura in prossimità dell’appoggioa causa della mancanza <strong>di</strong> elementi ripartitori o dell’eccessiva deformabilità del solaio.Per questa classe tipologica le forze sismiche sono generalmente minori rispetto agli<strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong> prima classe essendo la struttura orizzontale più leggera. Per i fabbricati si riescea creare una certa connessione tra i muri perpen<strong>di</strong>colari all’or<strong>di</strong>tura del solaio a causadell’effetto benefico dell’attrito generato dalla presenza dei carichi verticali trasmessi dalsolaio. Tale effetto si riduce all’aumentare della luce delle travi, per cui è quasi del tuttoinesistente per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> speciali.20


Anche per questa tipologia la vulnerabilità dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o è determinata dallamancanza <strong>di</strong> collegamenti delle pareti tra <strong>di</strong> loro e quin<strong>di</strong> da un meccanismo <strong>di</strong> danno cheinteressa principalmente le pareti perimetrali fuori del proprio piano come mostrato inFigg. 2.6 e 2.7.Fig. 2.6: Teora, terremoto 1980, danno <strong>di</strong> primo modo per <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o con solaio costituito da putrelle or<strong>di</strong>teparallelamente alla parete crollata.Fig. 2.7: Teora, terremoto 1980, danno <strong>di</strong> primo modo per <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o con solaio ligneo or<strong>di</strong>to parallelamentealla parete crollata.21


Inoltre per effetto del sisma si può avere lo sfilamento delle travi dai piani <strong>di</strong>appoggio o il martellamento delle travi sulle murature, causando il crollo parziale dei muri.L’ancoraggio delle travi nella muratura o la cerchiatura delle pareti perimetrali può esserebenefico anche per ridurre la vulnerabilità sismica dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o, ottenendo rotture deglielementi murari nel proprio piano.Infine si possono in<strong>di</strong>viduare gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong> terza classe, costituiti da impalcati incemento armato solidali con le pareti portanti, così da impe<strong>di</strong>re gli spostamenti relativi eraggiungere la congruenza delle rotazioni tra solai e pareti realizzando una strutturaiperstatica con un effettivo comportamento scatolare. Pagano contrappone gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong>terza classe, <strong>di</strong> generazione moderna, ai quali si può quin<strong>di</strong> applicare la teoriadell’elasticità con una certa approssimazione, agli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong> prima e seconda classe,concepiti senza alcun riferimento a leggi teoriche ma solo affidandosi alla prassicostruttiva.La consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> realizzare, sulla sommità della muratura <strong>di</strong> ciascun piano, cordoliin cemento armato, ebbe probabilmente origine agli inizi del novecento con la <strong>di</strong>ffusionedel conglomerato cementizio. Un simile telaio piano orizzontale esercita un’azione <strong>di</strong>solidarizzazione dei maschi appartenenti a ciascun muro e <strong>di</strong> collegamento delle pareti tra<strong>di</strong> loro e consente la <strong>di</strong>stribuzione uniforme dei carichi, trasmessi dalle travi in legno o inferro, sui cordoli. La realizzazione <strong>di</strong> tale tecnica costruttiva <strong>di</strong>ventò obbligatoria con laLegge 2105/1937, prescrivendo la realizzazione <strong>di</strong> cordoli in cemento armato estesi pertutto lo spessore delle pareti in muratura.Un’ulteriore evoluzione si verificò quando si <strong>di</strong>ffuse la realizzazione degli impalcatiin cemento armato, che si estendevano sulle murature e si ammorsavano ad esse attraversoi cordoli <strong>di</strong> bordo.Questo tipo <strong>di</strong> struttura nel caso <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> or<strong>di</strong>nari mostra una buona capacitàsismica, infatti collegando le pareti tra <strong>di</strong> loro e al solaio si evitano crolli al <strong>di</strong> fuori delpiano, risultando determinante il comportamento meccanico della parete nel proprio pianoe quin<strong>di</strong> le capacità <strong>di</strong> resistenza e <strong>di</strong> deformazione degli elementi <strong>di</strong> cui è costituita:maschi e fasce.Analizzando in sintesi il comportamento sismico delle due categorie <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> si haper entrambe nella configurazione originaria per le tipologie <strong>di</strong> prima e seconda classe unmeccanismo prevalente <strong>di</strong> ribaltamento fuori dal piano. L’elemento <strong>di</strong>scriminante tra ledue categorie è dato dalla possibilità per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> or<strong>di</strong>nari, con un intervento <strong>di</strong>22


miglioramento, <strong>di</strong> aumentare la rigidezza dell’impalcato o <strong>di</strong> collegare le pareti tra lorosviluppando a pieno il suo comportamento a vocazione scatolare; mentre per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>speciali, in presenza <strong>di</strong> ambienti molto allungati ed alti si ha la quasi impossibilità <strong>di</strong>raggiungere un comportamento globale della struttura a causa della configurazionegeometrica originale degli elementi, per cui il comportamento sismico della struttura èdeterminato dal ribaltamento degli elementi strutturali al <strong>di</strong> fuori del piano.Si deve sottolineare, inoltre, che nella realtà storica costruita risulta <strong>di</strong>fficile ascrivereun <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o ad una sola classe tipologica essendo costituito nella maggior parte dei casi siada impalcati realizzati interamente in muratura, sia da solai in legno o in ferro.L’applicazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tecniche per la realizzazione delle strutture portantiorizzontali interessa anche lo stesso piano. Tale stratificazione delle tipologie costruttiveall’interno <strong>di</strong> un unico <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o è data sia dall’evoluzione della tecnica, ma in particolarmodo da ragioni complesse sociali, economiche, estetiche o tipologiche che hannocondotto a preferire nel corso dei secoli volte a solai lignei o viceversa.Inoltre è possibile riscontrare per alcuni piani o solo per qualche vano interventi <strong>di</strong>consolidamento che inducono un locale comportamento scatolare. Si ha quin<strong>di</strong> unaconfigurazione dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o storico in muratura piuttosto complessa con uncomportamento meccanico misto, ma che può essere stu<strong>di</strong>ato riconducendo le varie partidell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o alle tre classi analizzate.2.2 Evoluzione delle tecniche <strong>di</strong> muro post-me<strong>di</strong>evali nell’areale del tufogiallo napoletanoLe ricerche metrologiche condotte sulle murature in tufo giallo napoletano realizzatetra la fine del XVI secolo e la prima metà del XX hanno in<strong>di</strong>viduato tre tipi costruttivifondamentali, definiti da in<strong>di</strong>catori cronologici <strong>di</strong> tipo morfologico e <strong>di</strong>mensionale: iregistri murari <strong>di</strong> pietrame spaccato allestiti a cantieri, <strong>di</strong>ffusi nel XVI e nel XVII secolo,quelli <strong>di</strong> bozzette a filari, riferibili al XVIII secolo, e quelli <strong>di</strong> blocchetti a filari, a sacco,adottati nel XIX e nella prima metà del XX secolo. Le suddette classi cronotipologichepossono essere ulteriormente articolate, consentendo la datazione, con apprezzabile23


precisione, dei paramenti post-me<strong>di</strong>evali <strong>dell'area</strong>le del tufo giallo napoletano [Fiengo eGuerriero, 1998 (Eds); Fiengo et al, 2003; Guerriero, 2005].Le tipologie analizzate riguardano una elevata frazione del patrimonio storicodell’areale napoletano. In particolare pur vantando il centro storico <strong>di</strong> Napoli unastratificazione millenaria, a partire dall'età greca, circa 3/4 delle strutture in elevazionesono ascrivibili alle tipologie murarie post-me<strong>di</strong>evali.L’industria e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> Terra <strong>di</strong> Lavoro e napoletana era caratterizzatadall’organizzazione in corporazioni d’arti e mestieri che attraverso la redazione <strong>di</strong> Statutistabilivano le regole e i principi cui gli aderenti dovevano sottostare, garantendo una buonaqualità dei manufatti e<strong>di</strong>lizi. Tale sistema, non consentiva la <strong>di</strong>ffusione del saperecostruttivo, gelosamente custo<strong>di</strong>to e tramandato oralmente attraverso il <strong>di</strong>scepolato.In sintesi, durante il viceregno spagnolo, le murature in tufo giallo napoletanofurono costantemente apparecchiate a cantieri, riproponendo una tipologia del passato maiabbandonata [Russo, 1998]. Questo magistero può sembrare una <strong>di</strong>sposizione irrazionale <strong>di</strong>materiale estremamente irregolare, ma in realtà l’orizzontalità è ottenuta non attraversol’uso <strong>di</strong> pietre squadrate che richiederebbero tempi <strong>di</strong> lavorazione molto lunghi, marealizzando un doppio strato <strong>di</strong> malta <strong>di</strong>sposto ogni due o tre ricorsi <strong>di</strong> pietrame <strong>di</strong> spacco –impilato senza curare la giacitura orizzontale – utilizzato in combinazione con materialeminuto prodotto durante le fasi <strong>di</strong> lavorazione e <strong>di</strong> trasporto in cantiere e abbondanti strati<strong>di</strong> malta, simile ad un conglomerato per la presenza <strong>di</strong> aggregati <strong>di</strong> granulometria me<strong>di</strong>ogrossae <strong>di</strong> frantumi <strong>di</strong> pietra. Tale tecnica permette <strong>di</strong> ottenere una grossa partita <strong>di</strong>fabbrica, priva <strong>di</strong> particolari <strong>di</strong>fferenze tra paramenti esterni e nucleo interno. L’altezza delcantiere, intesa come la <strong>di</strong>stanza tra due corsi <strong>di</strong> malta successivi (variabile tra i 35 cm e i65 cm) <strong>di</strong>pendeva da più fattori, tra cui le buche pontaie, <strong>di</strong>sposte circa ogni 130 cm (5palmi), in cui si ritrovano due o tre cantieri, ed anche dalle <strong>di</strong>mensioni dei blocchisquadrati <strong>di</strong> piperno dei cantonali delle fabbriche, che fungevano da guida alle a<strong>di</strong>acentipartite murarie.Il pietrame veniva spaccato con cunei e mazzuoli, talvolta sgrossato con lamannara da muratore (un'ascia a testa rettangolare, dal taglio parallelo al manico), dandoluogo ad elementi <strong>di</strong> pezzatura e configurazione eterogenee (con<strong>di</strong>zionate dal sistemaestrattivo), con superfici esterne marcatamente irregolari. A seconda della conformazione edelle <strong>di</strong>mensioni, le pietre – grossolanamente definite solo sulla faccia esterna e su quelle24


orizzontali – assumevano la denominazione <strong>di</strong> spaccatoni, spaccate, spaccatelle e pietrerustiche.Dalla norma prammatica del 27 Agosto 1564, che fornì prescrizioni tese aregolamentare l’opera dei tagliamonti, si possono ricavare le <strong>di</strong>mensioni degli elementilapidei fissati nel pezzo (circa 39.5x35x13 cm) e nella pietra spaccata (circa 52x35x13cm).In realtà è <strong>di</strong>fficile riscontrare tali conci nelle pareti murarie, avendo essi soprattuttola funzione <strong>di</strong> unità <strong>di</strong> riferimento per la contabilizzazione dell’opera dei cavamonti, bensìè più frequente ritrovare elementi ottenuti dal loro frazionamento, tra cui le spaccatelle(35x26x13 cm), pari a mezza spaccata grossolanamente definite sul lato esterno e su quelliorizzontali, e le pietre rustiche (45-60x8-13x20-25 cm) sgrossate solo sulla faccia vista,con forma quadrata e spesso coincidente con lo spacco <strong>di</strong> cava. Inoltre venivano adoperatele asche (elementi lapidei <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni) e gli spaccatoni (45–60x8-13x20-25 cm);le prime sono scarti <strong>di</strong> lavorazione, dalla sagoma cuneiforme, adoperati per colmare i vuotirisultanti dalla messa in opera delle pietre <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni; mentre i secon<strong>di</strong> sonoelementi speciali, lunghi e bassi, con rapporto tra base ed altezza uguale o maggiore <strong>di</strong>quattro, assimilabili alle pietre spaccate. I suddetti conci utilizzati come <strong>di</strong>atoniassicuravano l’ingranamento trasversale del masso murario.È possibile ottenere una datazione più precisa delle apparecchiature murarie <strong>di</strong> etàvicereale se si considerano caratteri <strong>di</strong>stintivi quali l'altezza dei cantieri (<strong>di</strong>stanza tra i corsi<strong>di</strong> pareggiamento), le tipologie degli elementi lapidei, con le relative frequenze<strong>di</strong>mensionali e i criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione dei conci.È da notare che nelle opere pubbliche i materiali erano quasi sempre forniti dallacommittenza che pagava alle maestranze il magistero mentre i privati, generalmente, permotivi prudenziali, provvedevano all’acquisto della calce e del legname, ma non allafornitura <strong>di</strong> tufo, pozzolana e lapillo, facilmente reperibili nel sito stesso della costruzione,spesso utilizzato come cava, da cui si estraevano i materiali necessari per la costruzione.Un esempio <strong>di</strong> questo tipo è rappresentato da Castel S. Elmo, con il tufo prelevato inparte dal banco su cui sorge ed utilizzando successivamente le cavità risultanti a serviziodel complesso [Fiengo, 1998].Frequentemente pozzolana e lapillo risultavano dallo spianamento dell’areae<strong>di</strong>ficabile o dallo scavo delle fondazioni. Le pietre provenienti da demolizioni <strong>di</strong> strutturepreesistenti erano riservate alle fondazioni, e al sacco dei muri. Il legante presenta molto25


spesso, accanto agli usuali inerti, taglime <strong>di</strong> tufo e <strong>di</strong> piperno, frammenti <strong>di</strong> cotto, residui <strong>di</strong>lavorazione e no<strong>di</strong> <strong>di</strong> calce non spenta.Le fabbriche murarie <strong>di</strong> questo periodo sono contrad<strong>di</strong>stinte dal principio delmassimo sfruttamento delle risorse <strong>di</strong>sponibili, per cui spesso venivano riutilizzate pietreprovenienti da demolizioni. Le pietre ripulite dallo stato <strong>di</strong> malta aderente venivanoimpiegate nelle zone della fabbrica muraria in cui era richiesta un minor grado <strong>di</strong> finitura,negli strati interni, come riempimenti delle fondazioni e delle volte.Risulta <strong>di</strong> notevole importanza soffermarsi sul prezzo che la calce assume dal 1500 al1700, determinando fro<strong>di</strong> sulla quantità realmente utilizzata e influenzando notevolmentela qualità <strong>di</strong> malta ottenuta. Infatti a causa dei numerosi passaggi <strong>di</strong> mano che subiva ilprodotto dal 1557 in poi si ebbe il crescente rialzo della calce. Furono emanate <strong>di</strong>verseprammatiche nel 1564, nel 1619 ed un bando nel 1627 allo scopo <strong>di</strong> frenare tali rialzi,vietando l’acquisto da parte <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>ari e in<strong>di</strong>cando una tariffa massima. A partire dal1638, con l’istituzione dell’ufficio del pesatore, la calce fu gravata da imposte crescenti neltempo, che unite alle enormi richieste del mercato e alle speculazioni messe in atto dacapimastri e fornitori ne fece alzare ulteriormente il prezzo che in seguito al terremoto del1688 raddoppiò. A causa <strong>di</strong> ciò si ebbero fro<strong>di</strong> sulla quantità <strong>di</strong> calce realmente utilizzataper la realizzazione della malta, in particolare in tutto il XVIII secolo.Fig. 2.8: Napoli, complesso <strong>di</strong> S. Caterina a Formiello, prospetto su vico S. Caterina [Russo, 1998]Le murature a cantieri sono state utilizzate estesamente per l'e<strong>di</strong>ficazione deiquartieri extra moenia sorti, dalla seconda metà del XVI secolo, lungo la Costigliola, a26


Fonseca e nella Sanità, in un periodo <strong>di</strong> notevole sviluppo demografico ed urbanistico dellacapitale del viceregno. Tale cronotipo si riscontra, inoltre, nelle fasi <strong>di</strong> impianto deiQuartieri Spagnoli e nelle sopraelevazioni degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> esistenti all'interno delle muraurbane.Fig. 2.9: Napoli, palazzo Donn’Anna, cortina della galleria del primo piano [Russo, 1998]Fig. 2.10: Napoli, palazzo Donn’Anna, cortina del cortile orientale [Russo, 1998]Tra le murature a cantieri, si cita un tratto della parete del complesso <strong>di</strong> S. Caterina aFormiello (1501-1514) prospettante sul vico S. Caterina [Fig. 2.8]. Qui, si nota che nei27


cantieri composti da materiale <strong>di</strong> spacco <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa pezzatura sono interposti filari <strong>di</strong>spaccatoni, con funzione stabilizzante.Un esemplare egualmente significativo [Fig. 2.9] è costituito dal palazzo Donn’Annaa Posillipo (1642-1644): nella cortina della galleria del primo piano si riconoscono cantieria due filari, alti tra 40 e 45 cm, associati a ricorsi <strong>di</strong> 30 cm da pezzame <strong>di</strong> notevoli<strong>di</strong>mensioni, lavorato con precisione nella giacitura <strong>di</strong> assetto e sommariamente nei lativerticali, sul quale sono <strong>di</strong>sposti spessi strati <strong>di</strong> malta e scaglie minute, allo scopo <strong>di</strong>ripristinare l’orizzontalità del filare. Nella cortina del cortile orientale [Fig. 2.10] dellostesso <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o si nota l’uso <strong>di</strong> elementi lapidei assemblati in modo che ciascunallineamento sia approssimativamente orizzontale.Alla fine del Settecento si assiste ad un graduale cambiamento della tecnicacostruttiva che porta all’affermazione delle murature a filari nell’area napoletana. I fattorideterminanti per il rinnovamento delle pratiche <strong>di</strong> cantiere e il loro affinamento furono inprimo luogo l’esigenza <strong>di</strong> realizzare spessori <strong>di</strong> muratura ridotti per la sopraelevazionedegli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> esistenti e successivamente la necessità <strong>di</strong> eseguire dopo il terremoto del 1688interventi <strong>di</strong> consolidamento o <strong>di</strong> parziale ripristino adottando provve<strong>di</strong>menti cheproteggessero la struttura dagli effetti del sisma. Inoltre il cambiamento <strong>di</strong> tecnica fufavorito dal miglioramento economico dei ceti borghesi, che comportò un incremento <strong>di</strong>capitali investiti [D’Aprile, 1998].Pertanto, la muratura a filari <strong>di</strong> bozzette (XVIII secolo) fu realizzata con elementilapidei (bozzette) – rapidamente regolarizzati, in varia misura, sugli assetti orizzontali everticali e sulla faccia <strong>di</strong> paramento - allineati su filari, con letti <strong>di</strong> malta <strong>di</strong>stanziati <strong>di</strong> circamezzo palmo (13 cm), associati, nei nuclei murari, ad elementi <strong>di</strong> pezzatura analoga, marifiniti sommariamente. L’esecuzione <strong>di</strong> queste strutture murarie avveniva per piccoli strativerticali e prevedeva il preventivo posizionamento delle pietre <strong>di</strong> paramento in modo daformare con esse le casseforme per il successivo riempimento del nucleo interno, realizzatocercando <strong>di</strong> colmare tutti i vuoti della muratura. Sui paramenti esterni venivano <strong>di</strong>spostialcuni conci trasversalmente che garantivano una maggiore connessione con il nucleointerno.Per il confezionamento della malta venivano utilizzati sabbia vulcanica e pozzolana<strong>di</strong> granulometria me<strong>di</strong>o-grande ed una quantità insufficiente <strong>di</strong> calce, dovuta alle tasseimposte su queste dall’amministrazione borbonica. In più all’interno della malta si possonoriscontrare una quantità elevata <strong>di</strong> calcinelli non idrati e <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> calcare non cotto,28


dovuto in primo luogo all’impreparazione tecnica degli operatori. Infatti il processo <strong>di</strong>produzione della calce risentì della sommarietà con cui erano condotte le operazioni <strong>di</strong>cottura e <strong>di</strong> spegnimento della calce. A causa delle suddette caratteristiche la maltautilizzata in questo periodo viene considerata scadente.Tali murature erano caratterizzate, in senso generale, dal progressivo affinamentodelle tecniche <strong>di</strong> conformazione e <strong>di</strong> messa in opera del materiale. Infatti, si possonoriscontrare alcune <strong>di</strong>fferenze presenti nella realizzazione dei paramenti della muratura abozzette permettendo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere tre perio<strong>di</strong> (1689-1740, 1741-1775, 1776-1800). Insintesi si ha che le pareti in tufo giallo della prima parte del secolo sono costituiti da conci<strong>di</strong> altezza variabile tra 13 e 17 cm, sommariamente sbozzati su due o tre facce, per i qualisi cura maggiormente la complanarità della superficie a vista e dei lati inferiore e superioredella pietra e sono <strong>di</strong>sposti secondo ricorsi orizzontali <strong>di</strong> spessore variabile, <strong>di</strong> fascia e <strong>di</strong>punta (con minore frequenza) con l’uso <strong>di</strong> materiale minuto.Nella seconda metà del Settecento l’altezza degli elementi lapidei si riduce a 12-15cm. In questo periodo, grazie al lento perfezionamento delle tecniche estrattive e <strong>di</strong>sbozzatura, vi è anche una maggiore attenzione per la sagomatura dei conci lavorati sucinque facce, comportando una riduzione delle <strong>di</strong>mensione dei giunti ed un’omogeneità <strong>di</strong>spessori tra i vari filari con un conseguente minore utilizzo del minuto <strong>di</strong> cava e deiringrossi <strong>di</strong> malta. Infine vi è più cura nella <strong>di</strong>sposizione dei pezzi in modo da ottenere losfalsamento dei giunti verticali.Verso la fine del Settecento si assiste al <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> apparecchi murari con blocchi<strong>di</strong> altezza quasi costante (pari a circa 11-14 cm ossia mezzo palmo) e rifiniti su cinquepiani a spigoli vivi comportando una riduzione degli spessori dei letti e dei giunti <strong>di</strong> maltapari a 1-1.5 cm. Viene rivolta maggiore attenzione allo sfalsamento delle connessureverticali e all’ammorsamento dei due paramenti esterni con il nucleo interno, attraverso lamaggiore frequenza <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> punta.Murature realizzate a filari <strong>di</strong> bozzette si riscontrano negli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> ristrutturati aseguito del sisma del 1668 e in quelli oggetto <strong>di</strong> profonde mo<strong>di</strong>fiche e sopraelevazionimotivate dalla loro trasformazione in case <strong>di</strong> affitto. Per i nuovi piani veniva utilizzata latecnica a filari <strong>di</strong> bozzette, che consentivano il confezionamento <strong>di</strong> pareti <strong>di</strong> spessoreridotto, più leggere <strong>di</strong> quelle apparecchiate a cantieri. La tecnica <strong>di</strong> filari a bozzette è statautilizzata anche per l'erezione dei nuovi <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, a partire dalle gran<strong>di</strong> opere pubbliche delregno carolino, quali l’Albergo dei Poveri, il palazzo reale <strong>di</strong> Portici, e dalle residenze <strong>di</strong>29


svago della nobiltà sorte lungo la costa vesuviana. Tra queste, viene illustrato [Fig. 2.11]un tratto delle murature del braccio ovest del belvedere della reggia <strong>di</strong> Portici, terminatonel 1763. Si nota che le pietre sono <strong>di</strong>sposte secondo filari <strong>di</strong> altezza quasi costante (circa15 cm) paralleli, con giunti <strong>di</strong> malta sottili, accuratamente sfalsati, <strong>di</strong> spessore 1-1.5 cm; èevidente la presenza <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> ammorsamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni speciali (pressochéquadrate) in prospetto.Fig. 2.11: Portici, palazzo reale, braccio ovest del belvedere, particolare del fronte occidentale [D’Aprile,1998]Fig. 2.12: Napoli, chiesa dell’Annunziata, particolare del fianco settentrionale [D’Aprile, 1998]30


In Fig. 2.12 è riportato un tratto delle murature della chiesa dell’Annunziata aNapoli, ricostruita da L. Vanvitelli dopo l'incen<strong>di</strong>o del 1757. Si nota l’impiego <strong>di</strong> elementiben riquadrati lunghi 30-35 cm ed alti 12-13 cm, allettati su giunti <strong>di</strong> spessore ridotto, connumerosi elementi <strong>di</strong>sposti <strong>di</strong> punta, con funzione <strong>di</strong> ammorsamento.Dall'età napoleonica, le murature furono allestite con blocchetti, riquadrati con lamannara da muratore, alti 20-25 cm, apparecchiati a filari, con letti <strong>di</strong> malta <strong>di</strong> spessoreeterogeneo. I conci <strong>di</strong> cortina, con spigoli esterni a squadro e facce <strong>di</strong> paramentocomplanari, avevano le zone interne grossolanamente sbozzate, per favorirnel'ammorsamento con il masso interno, realizzato a sacco, utilizzando pietrame irregolare,asche (frantumi <strong>di</strong> pietra <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni) e abbondante malta. Le suddette muraturesono caratterizzate dalla presenza <strong>di</strong> pietre dette, a seconda del rapporto tra i lati delle facceesterne, "da uno", "da uno e mezzo"e "da due" (h:l pari rispettivamente a 1:1, 1:1.5 e 1:2).Intorno alla metà del XIX secolo furono utilizzati elementi lapidei ben regolarizzati<strong>di</strong> altezza 20-25 cm con strati sottili <strong>di</strong> malta e <strong>di</strong>sposti con particolare attenzione per losfalsamento dei giunti. I conci erano lavorati con cura nella faccia <strong>di</strong> paramento e negliassetti, ovvero nei letti e nei “fianchi”, i quali costituiscono rispettivamente le facce acontatto con i blocchi inferiori e superiori e con quelli contigui. Le pietre venivano<strong>di</strong>sposte alternativamente con la maggiore <strong>di</strong>mensione parallela al fronte del muro eortogonale a questo, alternanza che veniva ripetuta tanto in orizzontale quanto in verticale,posizionandoli con giacitura parallela al letto <strong>di</strong> cava [Carillo, 1998].I collegamenti tra le pietre sono affidati alla malta. Lo spessore iniziale <strong>di</strong> malta erasempre esuberante rispetto a quello strettamente necessario per riempire le connessure. Lacompressione del concio nel proprio alloggiamento, infatti, garantiva il perfettoricoprimento dei fianchi e del letto <strong>di</strong> posa permettendo, nel contempo, il rifluimento versol’esterno della malta in eccesso. Per occludere gli eventuali interstizi rimasti si spargevasulla superficie <strong>di</strong> ciascun filare una malta molto fluida, detta beverone.Per quanto riguarda le <strong>di</strong>mensioni delle pietre nei primi due decenni dell’ottocentopresentano un altezza pari a 16-18 cm con un rapporto h:l <strong>di</strong> 1:2. Nel ventennio successivo,si riscontrano pezzi alti 19-21 cm, meno estesi longitu<strong>di</strong>nalmente, con lunghezze nonsuperiori ai 30 cm. Proseguendo nei decenni si ha che l’altezza delle pietre aumenta e leproporzioni dei lati del paramento a vista sono prossime a quelle <strong>di</strong> un quadrato o <strong>di</strong> unrettangolo breve.31


Nel XIX secolo era <strong>di</strong>sponibile una vasta gamma <strong>di</strong> malte, variabili per la natura dellegante, ma anche per il tipo e per la granulometria degli inerti. Per gli aggregati ci siavvaleva della pozzolana, della sabbia e del lapillo, materiali reperibili sul territorio. Lamalta più <strong>di</strong>ffusa, ad<strong>di</strong>rittura imposta dalla tariffa municipale, prevedeva l’uso <strong>di</strong> maltarealizzata con calce spenta e sabbia raccolta da depositi <strong>di</strong> torrenti o <strong>di</strong> cava.Fig. 2.13: Napoli, barriera doganale al ponte della Maddalena, particolare del paramento [Carillo, 1998]Fig. 2.14: Napoli, ospedale psichiatrico “L.Bianchi”, muratura a blocchetti [Carillo, 1998]32


La suddetta tipologia <strong>di</strong> murature è stata utilizzata negli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> dei quartieri <strong>di</strong>espansione orientale (Arenaccia), occidentale (Chiaia) e collinare (Vomero) e negli opificidella nuova area industriale orientale.A siffatta tipologia è riconducibile, tra le altre, la cortina della barriera doganaleponte della Maddalena, allestita con blocchetti ben lavorati, alti circa 20 cm [Fig. 2.13]. Unparamento che ben illustra l'ulteriore evoluzione del suddetto cronotipo è quello del frontestradale dell’ospedale psichiatrico “L. Bianchi”, costituito da blocchi ben lavorati alti circa22 cm [Fig. 2.14]. In entrambi i casi, i tufelli sono caratterizzati da un rapporto h:l pari a1:1-1.5, i giunti <strong>di</strong> malta sono sottili e sfalsati.Nella stagione del Risanamento, seguita all'epidemia colerica del 1884, e dellecontestuali iniziative <strong>di</strong> urbanizzazione delle aree collinari, sino all'introduzione, nel sestodecennio del XX secolo, <strong>di</strong> sistemi meccanizzati <strong>di</strong> estrazione del tufo, si fece ricorso ablocchetti delle medesime <strong>di</strong>mensioni, ma riquadrati meno accuratamente <strong>di</strong> quelliadoperati in precedenza.33


Capitolo 3Modellazione della muratura in tufo giallo napoletano. analisisperimentale su macromodelli3.1 Sperimentazione: legame σ-εLa conoscenza delle tecniche costruttive adottate per la realizzazione delle murature in areanapoletana in età post-me<strong>di</strong>evale ha permesso <strong>di</strong> effettuare prove <strong>di</strong> compressione adeformazione controllata su macromodelli <strong>di</strong> muratura tra<strong>di</strong>zionale, in scala reale, allestitiriproducendo le tecniche costruttive riscontrabili nell'areale del tufo giallo napoletano per ilperiodo che va dal XV al XX secolo.In questo modo è stato possibile, in primo luogo, determinare il comportamentomeccanico <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> muratura non solo in termini <strong>di</strong> resistenza, ma anchedeformativi, potendone valutare in particolare la capacità <strong>di</strong> adattamento plastico, una voltaraggiunta la resistenza massima. Inoltre si è valutato quali sono gli elementi checaratterizzano e determinano il comportamento meccanico e deformativo dei tre crono-tipianalizzati.La conoscenza delle caratteristiche meccaniche è in<strong>di</strong>spensabile per valutare lavulnerabilità sia nei confronti delle or<strong>di</strong>narie azioni gravitazionali che <strong>di</strong> quelle sismiche;le caratteristiche da considerare non si riducono solo alla resistenza massima acompressione ed alla corrispondente deformazione ma si estendono alla valutazione dellacapacità portante della muratura nella fase plastica, esprimibile come la deformazionecorrispondente ad un’aliquota della capacità massima.Il seguente lavoro è stato preceduto da una sperimentazione analoga condotta sublocchi snelli in scala 1:10 [Calderoni 1 et Lenza, 2004; Calderoni et al., 2004]. Lariproduzione dei massi murari in scala pur determinando una limitazione dell’analisi, datal’impossibilità <strong>di</strong> rispettare un criterio <strong>di</strong> rigorosa analogia geometrica e meccanica, inparticolare a causa della <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> riproporre in scala lo spessore dei giunti <strong>di</strong> malta, hafornito le prime in<strong>di</strong>cazioni sul comportamento meccanico della muratura e la forma dellegame costitutivo del materiale (σ-ε).34


Per la realizzazione dei provini in scala ridotta sono stati impiegati elementi <strong>di</strong> tufogiallo provenienti da una cava <strong>di</strong> Chiaiano, dapprima tagliati in pezzame regolare, secondovariabili <strong>di</strong>mensionali analoghe a quelle dei paramenti tra<strong>di</strong>zionali, in seguito rilavoraticonformandoli secondo la scabrezza ed il grado <strong>di</strong> finitura connesso alla tipologia murariada realizzare; per la malta si è adoperato un impasto <strong>di</strong> grassello <strong>di</strong> calce e sabbiapozzolanica.Durante le prove a compressione le prime lesioni si sono manifestate poco prima delraggiungimento della tensione massima, variabile tra 0.6 ed 1.5 N/mm 2 , a cuicorrispondeva una deformazione variabile tra 0.5 e 1,3%. La deformazione ultimaregistrata oscillava tra 1.3 e 2.9%.I <strong>di</strong>agrammi σ−ε erano caratterizzati da un tratto crescente che presentava sindall’inizio un legame non lineare con riduzione progressiva del modulo elastico sino alraggiungimento della tensione <strong>di</strong> picco. Il tratto <strong>di</strong> softening, molto esteso in tutti i casi, eracaratterizzato da un flesso, non sempre particolarmente accentuato, che testimonia unrallentamento <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> resistenza del provino.Dai <strong>di</strong>agrammi σ−ε sperimentali è stata ricavata una formulazione analitica dellegame costitutivo in grado <strong>di</strong> descrivere il comportamento <strong>di</strong> tutte le tipologie analizzatein funzione <strong>di</strong> quattro parametri caratteristici: la resistenza massima, la deformazionecorrispondente, la deformazione ultima e la resistenza corrispondente.Il suddetto lavoro preliminare ha consentito <strong>di</strong> definire la base <strong>di</strong> conoscenza utileper la sperimentazione sistematica, attraverso prove a compressione, <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong>murature tra<strong>di</strong>zionali in scala reale, riferibili alla produzione e<strong>di</strong>lizia postme<strong>di</strong>evale<strong>dell'area</strong>le del tufo giallo napoletano.I macromodelli realizzati sono stati sottoposti a prove <strong>di</strong> compressione semplice adeformazione controllata, in modo da ottenere il legame costitutivo della muratura, inparticolare il ramo decrescente, <strong>di</strong>pendendo il comportamento duttile <strong>di</strong> un elementostrutturale dalle capacità che ha <strong>di</strong> attingere alle risorse plastiche.Come già evidenziato al par. 2.2 circa i ¾ dei fabbricati napoletani in elevazionesono riconducibili alle tipologie murarie post-me<strong>di</strong>evali. Di conseguenza, la costruzione <strong>di</strong>macromodelli riconducibili ai suddetti cronotipi e la loro analisi meccanica consente <strong>di</strong>valutare la vulnerabilità nei confronti delle azioni gravitazionali e <strong>di</strong> quelle sismiche <strong>di</strong> unafrazione considerevole del patrimonio architettonico napoletano <strong>di</strong> interesse culturale.35


L’analisi delle caratteristiche meccaniche dei provini riprodotti in laboratorio nonpuò prescindere da un’ attenta analisi dei materiali costituenti l’organismo murario stesso,per cui si sono valutate anche le proprietà meccaniche del tufo e della malta utilizzati per ilconfezionamento dei campioni murari, rivestendo particolare interesse anche la valutazionedella capacità <strong>di</strong> adattamento plastico, conducendo per tutti i materiali costituenti lemurature prove a compressione semplice a deformazione controllata, ottenendo il legameσ-ε.Si sono confrontati i <strong>di</strong>agrammi dei <strong>di</strong>versi tipi malta e <strong>di</strong> tufo con il legamecostitutivo del materiale in modo da poter valutare l’influenza che hanno sulcomportamento globale della muratura.Si è proposta un’espressione analitica del legame costitutivo σ−ε funzione <strong>di</strong> alcuniparametri meccanici caratteristici. 13.2 Realizzazione dei macromodelliPer ciascuna delle tre tipologie murarie tra<strong>di</strong>zionali in<strong>di</strong>viduate, sono stati allestiti inlaboratorio due provini in una fase precedente della sperimentazione da specialisti delrestauro [Prof. L. Guerriero, Arch. G. Cecere]. Qui si riportano i materiali adottati, lemodalità e le fasi costruttive, pur non essendo oggetto <strong>di</strong>retto del lavoro <strong>di</strong> tesi, per potermeglio comprendere in che modo hanno determinato il comportamento meccanico dellmuratura.L'intervento <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> specialisti <strong>di</strong> restauro nella fase <strong>di</strong> costruzione dei massimurari è stato reso necessario dalla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> trasferire ai muratori contemporanei lecognizioni tecniche relative a pratiche costruttive estranee alla prassi professionale o<strong>di</strong>erna.L'allestimento dei macromodelli non ha la finalità <strong>di</strong> imtare le tecniche costruttivetra<strong>di</strong>zionali, ma <strong>di</strong> analizzare le caratteristiche meccaniche della muratura dei tre cronotipi,le cui peculiarità sono state sintetizzate nei macromodelli realizzati.1 I risultati qui riportati sono in parte anticipati in: B. Calderoni, E.A. Cordasco, L. Guerriero; P. Lenza;G. Manfre<strong>di</strong>; Prove sperimentali su macromodelli <strong>di</strong> murature <strong>di</strong> tufo postme<strong>di</strong>evali; Atti del convegnonazionale “Sperimentazioni su materiali e strutture”, e in B. Calderoni, E.A. Cordasco, L. Guerriero; P.Lenza; G. Manfre<strong>di</strong>, Experimental tests on post-me<strong>di</strong>eval and modern tuff masonry walls36


Per l’allestimento dei campioni murari "a cantieri" e "a bozzette" è stato adoperatopietrame spaccato <strong>di</strong> tufo giallo napoletano estratto a metà del XVIII secolo in una cavasottostante il cantiere vanvitelliano della chiesa dei Padri della Missione, ai Vergini,accatastato in occasione dell'ampliamento settecentesco del complesso sovrastante[Fig.3.1]. Per quelli a blocchetti si è fatto ricorso ad elementi <strong>di</strong> recupero, del medesimolitotipo, provenienti dalla demolizione <strong>di</strong> un partito murario tardo-ottocentesco delcomplesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum, ad Aversa, allestito con materiale proveniente,presumibilmente, da cave locali.Fig. 3.1: Napoli, Complesso dei Preti della Missine ai Vergini, pietre <strong>di</strong> tufo accatastate nella cavitàsotterranea creata nel XVIII secolo. [foto G. Cecere]La <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> tufo ridotto ab origine secondo le classi morfologiche e<strong>di</strong>mensionali tipiche delle cronotipologie tra<strong>di</strong>zionali ha consentito, la realizzazione <strong>di</strong>partiti murari che approssimano assai da vicino le murature degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> postme<strong>di</strong>evalidell’area <strong>partenopea</strong>. L'utilizzo del pietrame settecentesco anche per i provini "a cantieri",riconducibili al XVI e al XVII secolo, è giustificato dalla continuità dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong>estrazione delle cave nel corso dell'età moderna, caratterizzati dalla produzione <strong>di</strong>scheggioni spaccati o grossolanamente attozzati, riferibili alle pezzature tra<strong>di</strong>zionali(spaccate, spaccatoni, spaccatelle e pietre rustiche). Pertanto, il materiale lapideo estrattonel XVIII secolo (spaccato in cava e destinato ad essere sbozzato in cantiere) è risultato37


adeguato anche al confezionamento dei campioni riferibili alla tipologia muraria delperiodo precedente. Il pietrame è stato sottoposto ad un accurato vaglio morfologico<strong>di</strong>mensionale,selezionandolo in modo da approntare un numero adeguato <strong>di</strong> elementi,delle classi <strong>di</strong>mensionali necessarie per approssimare con buona verosimiglianza letipologie murarie tra<strong>di</strong>zionali che si intendeva riprodurre.I blocchetti <strong>di</strong> recupero utilizzati per la realizzazione della muratura ottocentesca “ablocchetti” sono stati accuratamente ripuliti dai residui <strong>di</strong> malta e messi in operaapportandovi limitate mo<strong>di</strong>fiche [Fig. 3.3].Fig. 3 2: Pietre <strong>di</strong> tufo dalle <strong>di</strong>mensioni prossime alla classe <strong>di</strong>mensionale delle spaccate (circa 52x35x13cm), delle spaccatele (circa 35x26x13), del pezzo (circa 35x39.5x13), osservata da due lati.Anche la malta, <strong>di</strong> calce aerea, è stata confezionata adeguandosi alle caratteristichedelle murature tra<strong>di</strong>zionali, in relazione al rapporto legante-aggregati ed alla natura egranulometria <strong>di</strong> questi ultimi. Per tal via, nei provini a cantieri, con giunti <strong>di</strong> notevolespessore, si è fatto ricorso ad un impasto costituito da 1/3 <strong>di</strong> sabbia vulcanica, 1/3 <strong>di</strong>grassello <strong>di</strong> calce, ad<strong>di</strong>zionato ad 1/3 <strong>di</strong> inerti grossolani come pomice, lapilli e scaglie <strong>di</strong>tufo, ottenendo un conglomerato.38


Nelle murature a filari <strong>di</strong> bozzette e in quelle a blocchetti è stata utilizzata una maltacostituita da tre parti <strong>di</strong> sabbia vulcanica ed una <strong>di</strong> grassello <strong>di</strong> calce, lavorata, al pari dellaprecedente, con quantitativi ridotti <strong>di</strong> acqua.Le murature realizzate hanno le <strong>di</strong>mensioni minime, esplicitate nel seguito, ritenuterappresentative delle morfologie in esame.Per i provini a cantieri e a filari <strong>di</strong> blocchetti si è provveduto innanzitutto a prove <strong>di</strong>allestimento a secco [Fig. 3.4], per scegliere accuratamente le pietre da utilizzare e la loro<strong>di</strong>sposizione all’interno della sezione muraria. In questa fase, si sono effettuate, sulla basedelle conoscenze storico-critiche precedenti, numerose puntualizzazioni in or<strong>di</strong>ne alle<strong>di</strong>mensioni dei provini delle <strong>di</strong>verse tipologie, al grado <strong>di</strong> finitura degli elementi lapidei edella loro <strong>di</strong>sposizione su ciascun orizzontamento.Fig. 3 3: Viste della faccia esterna e del profilo <strong>di</strong> blocchetti <strong>di</strong> altezza pari a circa 20 cm, h:l pari a 1:1 ,h:lpari a 11.5, h:l pari a 1:2.Ciascuno dei provini della tipologia cinque-secentesca (nominati C1 e C2) ècostituito da due "cantieri" alti circa 45 cm, dello spessore <strong>di</strong> circa 65 cm, <strong>di</strong>visi da un39


doppio strato <strong>di</strong> malta. Alla base <strong>di</strong> ogni cantiere si sono <strong>di</strong>sposte "spaccatelle" alte circa13 cm, con base 30-35 cm, profonde circa 26 cm, e "spaccate" <strong>di</strong> circa 13x35x52 cm circa,posizionate una per lato, <strong>di</strong>sposte come <strong>di</strong>atoni per realizzare un parziale ingranamentotrasversale. Sopra siffatto ricorso sono state impilate "pietre rustiche", sgrossaterapidamente, con giunti non sfalsati colmati con il conglomerato prima menzionato,facendo ricorso anche a taglime e asche <strong>di</strong> tufo. Gli elementi lapidei dei paramenti e quelliinterni hanno un grado <strong>di</strong> lavorazione e pezzature analoghi. La messa in opera è avvenutain <strong>di</strong>verse giornate lavorative, una per ciascun cantiere, stendendo, in occasione dellaripresa del lavoro, uno strato <strong>di</strong> malta <strong>di</strong> allettamento sul ricorso orizzontale sottostante.Fig. 3 4: Fasi <strong>di</strong> allestimento dei macromodelli a cantieriCiascuno dei provini della tipologia settecentesca a filari a bozzette (B1 e B2),40


dello spessore <strong>di</strong> 55 cm, è costituito da sei ricorsi <strong>di</strong> "spaccatelle", con elementi <strong>di</strong>paramento, alti circa 13 cm, sbozzati accuratamente sulla faccia esterna e sugli assettiorizzontali, più rapidamente su quelli verticali, avente una base quadrangolare con lativariabili tra 20 e 30 cm, posizionati curando lo sfalsamento dei giunti verticali. Su ciascunfilare, per ognuno dei paramenti, una "spaccatella" è stata <strong>di</strong>sposta trasversalmente, perottenere un <strong>di</strong>screto ingranamento trasversale della sezione muraria. Lo spazio residuo tra iparamenti è stato colmato con elementi <strong>di</strong> altezza analoga a quelli <strong>di</strong> paramento,regolarizzati solo sugli assetti orizzontali, facendo ricorso in maggiore misura alla malta, inparticolare per i giunti verticali.Fig. 3 5: Fasi <strong>di</strong> allestimento dei macromodelli a filari <strong>di</strong> bozzetteOgni campione <strong>di</strong> muratura ottocentesca a blocchetti (S1 e S2), <strong>di</strong> spessore41


complessivo pari a 42 cm, è costituito da quattro filari <strong>di</strong> blocchetti regolarizzati sullafaccia esterna e su una parte degli assetti orizzontali e verticali, conformati secondo untronco <strong>di</strong> piramide, alti circa 20 cm, larghi 22-28 cm, con spessore variabile tra 12 e 15 cm,<strong>di</strong>sposti curando lo sfalsamento dei giunti verticali. Solo sulle testate laterali del bloccomurario sono presenti elementi <strong>di</strong> ingranamento trasversale, con lo scopo <strong>di</strong> riprodurrel'effetto <strong>di</strong> contenimento esercitato, nelle costruzioni reali, dai maschi murari ortogonali edalle spallette delle aperture. Il nucleo interno è costituito da elementi <strong>di</strong> forma irregolare,<strong>di</strong> pezzatura analoga a quelli dei paramenti, combinato con l’uso <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> asche <strong>di</strong>pezzatura variabile, annegato in abbondante malta.Fig. 3.6: Fasi <strong>di</strong> allestimento dei macromodelli a filari <strong>di</strong> blocchetti42


3.3 I materiali: Tufo e maltaSi sono valutate preliminarmente le proprietà meccaniche dei materiali costituentila muratura, sottoponendoli a prove <strong>di</strong> compressione, a deformazione controllata,ottenendone i corrispondenti legami σ−ε, nonché in<strong>di</strong>cazioni anche sulla loro capacità <strong>di</strong>adattamento plastico.Si noti che le pietre <strong>di</strong> tufo usate per la realizzazione dei provini “a cantieri” e “abozzette” sono state denominate “Tufo dei Vergini”, mentre il “Tufo <strong>di</strong> Aversa” in<strong>di</strong>ca iconci utilizzati per la muratura “a filari <strong>di</strong> blocchetti”. Inoltre la malta adoperata per lamuratura “a blocchetti” e “a bozzette” è stata in<strong>di</strong>cata con la sigla MB, mentre per quellautilizzata per la muratura “a cantieri” si è adottata la sigla MC.Le prove sugli elementi <strong>di</strong> tufo sono state eseguite secondo la norma UNI EN 772-1e quelle ad essa correlate, che in<strong>di</strong>cano in sei il numero minimo <strong>di</strong> provini da realizzare eprescrivono che da ciascun blocco lapideo si possa ricavare un solo campione da sottoporrea prova. La norma UNI EN 772-1 prescrive una prova a controllo <strong>di</strong> carico, in<strong>di</strong>candone lavelocità <strong>di</strong> applicazione e specificando che il carico massimo deve essere raggiunto entrocirca un minuto dall’inizio della prova. In questo lavoro si è scelto <strong>di</strong> realizzare delle provea deformazione guidata, per percorrere il ramo decrescente del <strong>di</strong>agramma ed investigarel’andamento plastico del materiale. Gli incrementi <strong>di</strong> deformazione sono stati applicati convelocità molto basse per rispettare i tempi <strong>di</strong> applicazione dei carichi prescritti dalla norma.Le prove a deformazione guidata sono state eseguite con un’apparecchiaturacostituita da un telaio in acciaio, la cui traversa è forata nel centro per consentire la <strong>di</strong>scesa<strong>di</strong> una vite con escursione massima <strong>di</strong> 65 cm, azionata manualmente, che comprime ilprovino imponendo uno spostamento controllato. Una cella <strong>di</strong> carico da 100 KN e quattrotrasduttori, collegati ad una centralina, leggono rispettivamente la forza agente el’abbassamento verticale.Sono stati realizzati quattor<strong>di</strong>ci provini in tufo, <strong>di</strong> 70x70x70 mm (come da UNI EN771-6), otto ricavati dal pezzame della cava dei Vergini, sei dai blocchetti recuperati nelcomplesso aversano.Nessuno dei provini ha evidenziato l'insorgenza <strong>di</strong> lesioni sensibili prima delraggiungimento della tensione massima: solo con l’aumentare delle deformazioni si sonoriscontrate ampie fessurazioni inclinate a 45°. Durante le prove non si sono verificatifenomeni esplosivi ed il materiale ha mostrato una notevole capacità portante per elevate43


deformazioni, raggiungendo valori superiori al 3% per carichi considerevoli. A fine provale basi, poco fessurate, erano costituite da due pirami<strong>di</strong> prive, in alcuni casi, degli inclusipiroclastici <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni, staccatisi durante la sperimentazione.Provino σ max(N/mm 2 )ε pσ u(N/mm 2 )ε uE co(N/mm 2 )V0 3.89 0.64% 1.26 3.18% 732.47(188)V1 3.31 1.39% 0.85 2.79% 335.75(101)V2 4.59 1.47% 2.03 2.84% 366.87(80)V3 3.52 1.49% 0.90 2.85% 283.22(80)V4 6.01 0.45% 1.67 3.51% 1723.85(287)V5 4.21 0.37% 2.20 3.04% 1311.27(311)V6 4.55 0.38% 1.53 3.11% 1522.78(335)V7 4.35 0.49% 1.92 3.35% 995.56(229)A1 4.92 0.56% 1.10 3.77% 1625.08(330)A2 4.86 0.44% 2.07 3.94% 1283.98(264)A3 2.47 0.51% 1.32 3.54% 545.10(221)A4 1.96 0.64% 0.81 3.35% 654.26(336)A5 3.48 0.53% 1.94 3.33% 865.19(249)A6 3.24 0.37% 2.10 2.86% 989.23(305)Tab. 3.1: Riepilogo caratteristiche meccaniche dei provini <strong>di</strong> tufoLa tensione massima, ottenuta come me<strong>di</strong>a sui campioni analizzati, è <strong>di</strong> 4.31N/mm 2 per il tufo dei Vergini e <strong>di</strong> 3.49 N/mm 2 per quello <strong>di</strong> Aversa.44


Il <strong>di</strong>agramma σ–ε è caratterizzato da un tratto iniziale elastico lineare, che <strong>di</strong>ventanon lineare poco prima <strong>di</strong> raggiungere la tensione massima, e da un tratto softening moltoesteso.76σ (N/mm 2 )V45V7V6V0V24V5V13V321ε00,0% 0,5% 1,0% 1,5% 2,0% 2,5% 3,0% 3,5% 4,0% 4,5% 5,0%Fig. 3.7: Diagrammi σ−ε per i provini <strong>di</strong> tufo dei VerginiCome riportato in [Fig.3.7], i provini <strong>di</strong> tufo dei Vergini hanno evidenziatocomportamenti <strong>di</strong>fferenziati. V1, V2 e V3 (caratterizzati, all'esame visivo condotto dopo larottura, da una matrice <strong>di</strong> materiale piroclastico fine, con inclusi sferoidali <strong>di</strong> ridotte<strong>di</strong>mensioni, <strong>di</strong> circa 2 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro) hanno registrato una deformazione incorrispondenza del carico massimo molto elevata, pari in me<strong>di</strong>a ad 1.45%, con unconseguente abbassamento del valore del modulo elastico. Infatti, il modulo secante,valutato in corrispondenza <strong>di</strong> un carico pari ad 1/3 <strong>di</strong> quello massimo, oscilla tra 283 e 366N/mm 2 , e i <strong>di</strong>agrammi hanno una forma a campana. I campioni V0, V4, V5, V6, V7 sonocaratterizzati da un modulo elastico più alto rispetto al gruppo precedente, con moduloelastico secante oscillante tra 733 e 1724 N/mm 2 , e da una deformazione a tensionemassima pari me<strong>di</strong>amente a 0.47%. La curva è costituita dopo il raggiungimento dellatensione massima da un tratto non lineare con pendenza elevata, che tende a <strong>di</strong>minuiregradualmente al crescere delle deformazioni, terminando con un tratto quasi orizzontale. Inogni caso per i gruppi <strong>di</strong> provini considerati le deformazioni ultime sono elevate, variabilitra il 2.67% e il 5.00%.45


Per i provini ricavati dal tufo proveniente dal cantiere aversano (in<strong>di</strong>cati con la siglaA), durante le prove si è registrato <strong>di</strong> frequente il <strong>di</strong>stacco, in corrispondenza degli spigolidel solido lapideo, <strong>di</strong> elementi abbastanza consistenti. I campioni in causa sonocaratterizzati da deformazione a tensione massima pari a circa lo 0.5% e a deformazioneultima variabile tra il 3.9% e il 5.0%. Il <strong>di</strong>agramma [Fig 3.8] è costituito da un trattolineare elastico, con una curvatura molto dolce in corrispondenza della tensione massima, eda un ramo <strong>di</strong>scendente, pressappoco lineare, con una pendenza minore rispetto a quellariscontrata per il tufo ricavato dalla cava settecentesca. Sono emerse, inoltre, notevoli<strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> resistenza tra i <strong>di</strong>versi provini. A1 e A2, <strong>di</strong> colore giallo intenso, hannoraggiunto una tensione <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> 4.89 N/mm 2 , con un modulo elastico secante pari inme<strong>di</strong>a a 1454.53 N/mm 2 . A3 ed A4, caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong> inclusioni <strong>di</strong> elementi<strong>di</strong> colore rosso, vantano una tensione massima pari in me<strong>di</strong>a a 2.22 N/mm 2 , con un modulosecante pari a 600 N/mm 2 . I provini A5 ed A6 hanno evidenziato un comportamentointerme<strong>di</strong>o registrando una tensione massima <strong>di</strong> 3.36 N/mm 2 ed un modulo secante <strong>di</strong>927.21 N/mm 2 . In Tab.3.1 si sintetizzano le caratteristiche meccaniche dei due tipi <strong>di</strong> tufo.765σ ( N/mm 2 )A2A14A63A52A3A4100,0% 0,5% 1,0% 1,5% 2,0% 2,5% 3,0% 3,5% 4,0% 4,5% 5,0%εFig. 3 8: Diagrammi σ−ε per i provini <strong>di</strong> tufo <strong>di</strong> AversaNella colonna del modulo elastico viene riportato in parentesi anche il rapporto(Es/σ max ). In entrambe i casi si è riscontrato un rapporto circa uguale a 250, evidenziando46


un elevato comportamento deformativo del materiale tufo.I valori <strong>di</strong> resistenza a compressione sono in accordo con quelli <strong>di</strong>sponibili inletteratura. Dell’Erba [Dell’Erba, 1923] durante i suoi saggi sperimentali per i <strong>di</strong>versi tipi<strong>di</strong> tufo ha riscontrato un elevato range <strong>di</strong> variazione, passando da 1.26 N/mm 2 fino a 12.1N/mm 2 . Tale intervallo si riduce nel caso in cui si considera il tipo <strong>di</strong> tufo utilizzatogeneralmente nei secoli passati per le costruzioni (tufo fine comune) per il quale laresistenza varia tra 2.64 N/mm 2 a 4.78 N/mm 2 . Valori della resistenza a compressioneanaloghi sono stati trovati anche da altri stu<strong>di</strong> condotti sul tufo: Ceroni et al. [Ceroni et al.,2004] riscontrano una resistenza a compressione pari a 3.72 N/mm 2 e 3.28 N/mm 2 sucubetti (<strong>di</strong> lato 7 cm) provenienti da conci <strong>di</strong> tufo o<strong>di</strong>erni e da un’apparecchiatura murariademolita; mentre Calderoni [Calderoni, 1996] rileva su mattoncini <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 2.5x2.5x4cm una tensione pari a 3.14 N/mm2 nell’altra <strong>di</strong>rezione.Per il confezionamento dei provini <strong>di</strong> malta è stata seguita la norma UNI EN 1015-11, che fissa le <strong>di</strong>mensioni dei provini in 40x40x160 mm e in tre il loro numero minimo.Sono stati realizzati cinque provini (MB3, MB4, MB5, MB6, MB7) sottoposti dapprima aprove a flessione e poi a compressione, effettuate sui due monconi ottenute dalla prova aflessione.Come si nota dalla tabella riassuntiva dei risultati [Tab.3.2], nonostante valoriapprezzabilmente <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> resistenza a flessione, le resistenze a compressione presentanouna certa omogeneità. La suddetta circostanza è da riferire all’influenza sulla resistenza aflessione <strong>di</strong> fattori esterni come la fessurazione da ritiro, ininfluenti sul comportamento acompressione. Infatti, i provini maggiormente fessurati presentano una bassa resistenza aflessione, pur restituendo a compressione risultati analoghi agli altri campioni. Laresistenza a compressione della malta utilizzata è pari in me<strong>di</strong>a a 1.51 N/mm 2 .ProvinoF max(N)σ f(N/mm 2 )σ t(N/mm 2 )N max(N)σ max(N/mm 2 )MB3 240 0.60 0.48 2400 1.50MB4 110 0.27 0.22 2200 1.38MB5 180 0.4.5 0.36 2400 1.50MB6 210 0.5.2 0.42 2650 1.66MB7 180 0.4.5 0.36 2400 1.50Tab. 3.2: Caratteristiche meccaniche della malta MB47


Su altri due campioni (MB1, MB2) <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 40x40x90 mm, sono state eseguiteanche prova a compressione a deformazione controllatata, con la stessa attrezzaturautilizzata per le prove sui cubetti <strong>di</strong> tufo.Il primo fenomeno osservato durante la prova è stato l’incremento dell’ampiezzadelle fessure presenti a causa del ritiro; successivamente si è registrata una fessurazione<strong>di</strong>ffusa in tutta la massa del provino, che appariva, al termine della prova, quasi sgretolato.Nelle prove in <strong>di</strong>scorso non sembra aver giocato un ruolo significativo il fenomeno, tipicodelle prove a compressione, del confinamento, causato dalle piastre <strong>di</strong> appoggio.76σ (N/mm 2 )5432MB2MB1100,0% 0,5% 1,0% 1,5% 2,0% 2,5% 3,0% 3,5% 4,0% 4,5% 5,0%εFig. 3.9: Diagrammi σ−ε per i provini <strong>di</strong> malta MBIl <strong>di</strong>agramma σ–ε è costituito da un tratto crescente inizialmente lineare chepresenta un abbattimento graduale della rigidezza fino al raggiungimento <strong>di</strong> un valoremassimo, superato il quale si ha un tratto decrescente lineare con una pendenza quasi nulla.Da quanto precede si deduce il notevole contributo, in termini <strong>di</strong> capacità deformativacomplessiva della muratura, fornito dalla malta <strong>di</strong> calce.Dai <strong>di</strong>agrammi riportati in Fig. 3.9 emerge un ottimo comportamento deformativodel materiale, che assume elevate deformazioni con capacità portanti ancora rilevanti. Siregistra una tensione massima me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 1.85 N/mm 2 per una deformazione corrispondente<strong>di</strong> circa il 2.2%, ed un modulo elastico molto basso. Per una deformazione del 4% il48


provino vanta una resistenza pari alla metà <strong>di</strong> quella massima. In definitiva la resistenza acompressione me<strong>di</strong>a per la malta MB (valutata su tutti i campioni provati) è stata <strong>di</strong> 1.57N/mm 2 [Tab. 3.4].Sui provini <strong>di</strong> malta del tipo MC sono state realizzate cinque prove a flessione e acompressione, la prima su un cubo (MC1) <strong>di</strong> lato 150 mm, le rimanenti su cubi (MC2,MC3, MC4, MC5) <strong>di</strong> lato70 mm.Provinoσ maxε pσ uε u(N/mm 2 )(N/mm 2 )MC1 4,31 0.0077 1.34 0.0504MC2 3.71 0.0110 1.42 0.0393MC3 3.54 0.0205 2.20 0.0453MC4 3.34 0.0107 0.78 0.0440MC5 3.92 0.0119 1.51 0.0454Tab. 3.3: Caratteristiche meccaniche della malta <strong>di</strong> tipo MC7σ (N/mm 2 )654MC1MC5MC2MC4MC332100,0% 0,5% 1,0% 1,5% 2,0% 2,5% 3,0% 3,5% 4,0% 4,5% 5,0%εFig. 3.10: Diagrammi σ−ε per i provini <strong>di</strong> malta MCL'affinità tra il legante <strong>di</strong> calce aerea ed il materiale minuto aggregato, costituito da pomicee taglime <strong>di</strong> tufo, e la <strong>di</strong>versificazione granulometrica <strong>di</strong> questi ultimi conferiscono allamalta ottime caratteristiche meccaniche. Infatti, prima del raggiungimento del caricomassimo si sono riscontrate solo microlesioni, né si sono manifestate espulsioni49


improvvise <strong>di</strong> materiale. Il tipo <strong>di</strong> rottura registrato è molto simile a quello dei provini <strong>di</strong>tufo: anche in questo caso le tensioni tangenziali che nascono tra le piastre ed i cubettiinducono lesioni <strong>di</strong>agonali che portano ad una rottura bipiramidale.Dall’analisi dei risultati ottenuti emerge l'omogeneità <strong>di</strong> comportamento dei provini<strong>di</strong> 70 mm, sia in relazione al valore della tensione massima che per quello delladeformazione corrispondente al carico massimo: ne consegue un modulo elastico moltosimile per i quattro provini analizzati.Il <strong>di</strong>agramma σ–ε [Fig. 3.10] è caratterizzato da un tratto crescente quasi lineare, che<strong>di</strong>venta non lineare, anche per questo materiale, poco prima del raggiungimento del caricomassimo, seguito da un tratto decrescente molto “dolce” che si può sud<strong>di</strong>videre in quasitutti i casi in tre tratti: il primo e il terzo pressappoco lineari, quello interme<strong>di</strong>o conandamento curvilineo e caratterizzato da una maggiore pendenza rispetto agli altri.Dopo aver raggiunto la tensione massima, la capacità portante <strong>di</strong>minuisce moltolentamente: al 3 % <strong>di</strong> deformazione, i provini MC2, MC3 e MC5 vantano una resistenzaresidua superiore a metà <strong>di</strong> quella massima.Il comportamento del provino MC1, <strong>di</strong> lato 150 mm, è stato anche migliore, condeformabilità minore e resistenza maggiore (4.31 N/mm 2 ), ma con uguale capacitàdeformativa post elastica. Ciò è dovuto probabilmente alle <strong>di</strong>mensioni maggiori <strong>di</strong> questoprovino in relazione al <strong>di</strong>ametro degli inerti.In Tab.3.4 sono riportati in sintesi le caratteristiche meccaniche me<strong>di</strong>e riscontrate peri vari materiali adottati per il confezionamento. Provino σ max (N/mm 2 ) ε p ε ( σ max/2 )Tufo dei Vergini 4.30 0.84% 2.38%Tufo <strong>di</strong> Aversa 3.49 0.51% 3.31%Malta MB 1.57 2.29% 5.00%Malta MC 3.76 1.24% 3.86%Tab.3.4: Proprietà meccaniche del tufo e della malta3.4 La muraturaSui campioni murari in scala reale (C1, C2, B1, B2, S1, S2) sono state effettuateprove <strong>di</strong> compressione semplice utilizzando una pressa oleo<strong>di</strong>namica da 3000 kN in50


controllo <strong>di</strong> spostamento. Per evitare eccentricità <strong>di</strong> carico ed ottenere una <strong>di</strong>stribuzioneuniforme <strong>di</strong> tensioni sulla muratura sono state posizionate tra il provino e la testadell’attuatore una traversa d’acciaio molto rigida ed una cerniera sferica. Il perfettocontatto tra il provino e la superficie inferiore è stato poi garantito me<strong>di</strong>ante il getto <strong>di</strong> unostrato <strong>di</strong> malta autolivellante a ritiro compensato [Fig.3.11].Per monitorare gli spostamenti sono stati installati sei (tre per paramento)trasduttori <strong>di</strong> spostamento <strong>di</strong> tipo induttivo, nonché, per i provini B1, B2, S1, S2, duepotenziometri a filo fissati alla traversa superiore mobile ed al banco <strong>di</strong> prova fisso sulquale si poggia il campione murario.Fig.3.11: Schema dell’apparecchiatura <strong>di</strong> provaTutte le prove sono state caratterizzate dall’insorgere delle prime lesioni subverticalisolo al raggiungimento della tensione <strong>di</strong> picco. All’incrementarsi delladeformazione, poi, sono comparse anche lesioni <strong>di</strong>agonali trasversali (nello spessore delmuro).Queste lesioni hanno causato il <strong>di</strong>stacco, più o meno evidente, dei paramentiesterni, tanto che l’intero carico verticale è rimasto quin<strong>di</strong> sostenuto solo dal nucleointerno.In generale nessuna significativa separazione si è evidenziata tra le pietre <strong>di</strong> tufo ela malta (soprattutto per la tipologia “a cantieri”), testimoniando una sostanzialeomogeneità del materiale muratura così realizzato.La prova è consistita in una prima fase a controllo <strong>di</strong> carico avente lo scopo <strong>di</strong>imprimere una tensione iniziale <strong>di</strong> assestamento pari a 0,1 N/mm 2 , con successivo scarico,e da una seconda fase a controllo <strong>di</strong> spostamento, caratterizzata da abbassamenti <strong>di</strong> 0.1mm, con una velocità <strong>di</strong> applicazione del carico <strong>di</strong> 0.05 mm/s e soste <strong>di</strong> 10 secon<strong>di</strong>.I risultati ottenuti dalle prove sono riportati in Tab3.2, dove sono anche in<strong>di</strong>cate,51


per ciascun provino, la tipologia, le <strong>di</strong>mensioni ed i componenti della muratura.Fig.3 12: Apparrecchiatura <strong>di</strong> provaI risultati ottenuti hanno evidenziatoresistenze massime variabili tra 2.55 N/mm 2 (B1)e 4.34 N/mm 2 (C2), con deformazionicorrispondenti variabili tra 0.35% (S1) e 0.88%(C1). Come deformazione ultima (ε u ) sono statiottenuti valori tra 3.20% (S2) e 4.90% (B1). Sinoti che per deformazione ultima si è intesaquella corrispondente alla rottura definitiva delcampione, ovvero quella relativa ad unaresistenza residua pari al 20% <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> picconel caso in cui la rottura sia avvenuta per unvalore <strong>di</strong> resistenza inferiore. Nella tabella ècomunque riportata anche la deformazione(ε (σmax/2) ) relativa ad una resistenza (misurata sulramo decrescente) del 50% della massimaraggiunta.ProvinoTipologiaDimensioniComponenti(cm)L t H Tufo Maltaσ max(N/mm 2 )ε p ε (max/2) σ u(N/mm 2 )ε uE c0(N/mm 2 )C1 Cantieri 125 67 90 3.60 0.88% 2.40%Vergini MCC2 Cantieri 120 65 954.34 0.49% 1.60%B1 Bozzette 100 55 82 2.85 0.49% 3.10%Vergini MBB2 Bozzette 100 55 863.32 0.55% 1.78%S1 Blocchetti 133 42 91 2.55 0.35% 1.26%Aversa MBS2 Blocchetti 120 42 882.74 0.61% 1.69%Tab.3.5: Caratteristiche dei campioni provati e risultati ottenuti0.72(0.2 σ max )1.32(0.3 σ max )1.36(0.45σ max ))0.66(0.2 σ max )0.51(0.2 σ max )0.54(0.2 σ max )4.00% 7464.60% 11834.90% 12523.10% 10673.20% 9232.80% 743Per tutte le tipologie murarie analizzate si è riscontrata una resistenza massimadecisamente superiore a quella registrata per i provini in scala ridotta ed una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>52


capacità portante molto più lenta, dato che si raggiungono deformazioni ultime pari a circasette volte la deformazione corrispondente al carico massimo.Le curve σ-ε ottenute sperimentalmente presentano un primo tratto elastico lineare,che inizia a <strong>di</strong>ventare non lineare poco prima del raggiungimento della tensione massima.Al <strong>di</strong> là del picco <strong>di</strong> resistenza il <strong>di</strong>agramma è caratterizzato da un trattodecrescente (softening) che continua fino alla rottura, anche se con pendenza in generedecrescente.Le deformazioni notevoli (se si considera che sono riferite ad un materiale fragilecome la muratura) raggiunte al collasso <strong>di</strong>mostrano una inaspettata significativa capacità“plastica” del materiale.Per meglio approfon<strong>di</strong>re il comportamento meccanico mostrato da macromodellidurante le prove, si riporta <strong>di</strong> seguito per ogni cronotipologia una descrizione accurata deimeccanismi <strong>di</strong> rottura, seguiti da due schede (una per ogni prova). In ognuna <strong>di</strong> esse èriportato:- lo schema dell’apparecchiatura <strong>di</strong> prova in pianta, con in<strong>di</strong>cate le posizionidei trasduttori, l’area <strong>di</strong> carico e l’area del provino- il <strong>di</strong>agramma σ-ε- l’evoluzione dello stato fessurativo sui vari lati ai <strong>di</strong>fferenti step <strong>di</strong>deformazione.53


Provini a cantieriI provini a cantieri (C1, C2) hanno manifestato inizialmente microlesioni, sia nel tufo chenella malta, per valori del carico prossimi a quello massimo.Le prime fessure, con andamento subverticale, sono comparse nella parte superioredel provino, in corrispondenza dell’estremità della superficie <strong>di</strong> carico, per <strong>di</strong>fferenzelocalizzate <strong>di</strong> sforzi, dovute alla maggiore area <strong>di</strong> base del provino rispetto a quella dellatraversa.Per il campione C1, a causa della sua maggiore sporgenza rispetto al filo dellatraversa, si è avuta una più accentuata estensione e apertura delle fessure sino al completo<strong>di</strong>stacco dei paramenti, che, <strong>di</strong> conseguenza, hanno subito limitate lesioni perschiacciamento, a <strong>di</strong>fferenza del nucleo, che è risultato particolarmente danneggiato[Scheda 3.1].Nel provino C2 in corrispondenza dei paramenti esterni si è avuto il <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong>lamelle <strong>di</strong> tufo e malta; associato al crescere delle deformazioni alla loro fessurazione,evidenziando la <strong>di</strong>ffusione degli sforzi esternamente all’area <strong>di</strong> carico, essendo il provinosolo leggermente più grande della traversa. [Scheda 3.2].In entrambe i casi, lo strato <strong>di</strong> malta autolivellante solidale con la traversa <strong>di</strong> carico,più rigido e con un’impronta planimetrica più piccola rispetto alla faccia superiore delprovino, ha provocato un effetto cuneo su quest'ultimo. Successivamente le lesioni si sonoestese senza <strong>di</strong>fferenze tra il tufo e la malta, proseguendo dagli spigoli esterni della basealla parte centrale interna, con andamento obliquo. A rottura avvenuta i campioni hannoassunto una forma bipiramidale, tipica dei provini in materiale omogeneo, evidenziandouna buona affinità <strong>di</strong> comportamento meccanico da parte dei materiali costituenti.Considerando la me<strong>di</strong>a dei valori registrati per C1 e C2 il carico massimo è pari a 3.9N/mm 2 in corrispondenza <strong>di</strong> una deformazione <strong>di</strong> 0.7%, con una deformazione ultimame<strong>di</strong>a del 4.3%.Per il provino C2, l'omogenea <strong>di</strong>stribuzione delle fessurazioni e la posizione assuntadalla traversa consentono <strong>di</strong> dedurre che il carico ha agito simmetricamente. Per il muroC1, durante la prova si è riscontrata una rotazione della traversa, che ha determinato un piùevidente danneggiamento del lato C-B, lasciando quasi in<strong>di</strong>sturbata la sezione residua.Tale comportamento è da imputare ad un eccentricità <strong>di</strong> carico o <strong>di</strong> deformazione, che hainfluenzato la prova, comportando probabilmente una tensione <strong>di</strong> picco più bassa ed unmaggiore degrado delle capacità portanti per elevate deformazioni.54


Dai <strong>di</strong>agrammi della tipologia a cantieri [Schede 3.1, 3.2] emerge che il provino C1 ècaratterizzato da una tensione <strong>di</strong> picco più bassa del provino C2, ma da un andamento piùdolce intorno alla tensione massima. Al contrario, il <strong>di</strong>agramma del provino C2 presenta unvalore della resistenza massima più alta, seguito da un breve tratto caratterizzato daun’elevata pendenza. Successivamente il ramo decrescente curva rapidamente percontinuare con un tratto poco inclinato sino a deformazioni significative, uniformandosi alcomportamento del provino C1. Per entrambi i provini si riscontra una deformazioneultima molto pronunciata ed una notevole capacità <strong>di</strong> portare i carichi per deformazioniestese. A fine prova e durante la demolizione del macromodello si è avuta ulterioreconferma del comportamento omogeneo del provino, non avendo evidenziato nessun piano<strong>di</strong> rottura preferenziale tra malta e tufo. Infatti la scabrezza e la non regolarità del materialelapideo, unita alla presenza <strong>di</strong> inerti grossi nella malta ed alla buona affinità tra i duemateriali da luogo alla formazione <strong>di</strong> un materiale omogeneo, così come mostrato inFig.3.13.Fig.3 13: Demolizione del provino “a canieri”: parte interna55


Provino a cantieri – C15σ (N/mm 2 )4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Foto 1 –Lato C, ε = 0.0137 Foto 2 –Lato A, ε = 0.0154 Foto 3 –Lato D, ε = 0.0218Foto 4 – Lato A, ε = 0.0224 Foto 5 – Lato C, ε = 0.0363 Foto 6 – Lato B, demolizioneScheda 3.156


Provino a cantieri – C25σ (N/mm 2 )4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Foto 1 –Lato A, ε = 1.37% Foto 2 –Lato A, ε = 1.40% Foto 3 –Lato D, ε = 1.53%Foto 4 –Lato B, ε = 1.74% Foto 5 –Lato D, ε = 4.50% Foto 6 –Lato B, demolizioneScheda 3.257


Tipologia a “filari <strong>di</strong> bozzette”I pannelli <strong>di</strong> muratura realizzati con filari <strong>di</strong> bozzette (B1, B2), con base <strong>di</strong> caricominore della traversa, non hanno manifestato lesioni significative sino a valori elevati delcarico, prossimi a quelli massimi. Le prime fessure si sono verificate nelle zone centrali deiparamenti e sono caratterizzate da un andamento verticale, dovuto probabilmenteall’effetto <strong>di</strong> confinamento esercitato dalle superfici <strong>di</strong> appoggio. Nel seguito della prova,si sono manifestati fenomeni fessurativi <strong>di</strong> tipo superficiale, con lesioni parallele aiparamenti esterni, che hanno provocato il <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> lamelle <strong>di</strong> tufo e malta.All’aumento delle deformazioni si associa la formazione <strong>di</strong> fessure verticali, tipichedei meccanismi <strong>di</strong> schiacciamento, concentrate nella parte alta e in quella bassa del provinoe nelle zone d’angolo, che provocano il <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> schegge <strong>di</strong> tufo. Successivamente sinotano lesioni leggermente inclinate che partono dalle basi dei paramenti e proseguonoverso l’interno dell’elemento murario, tipico meccanismo <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> un materialeomogeneo non resistente a trazione. Col proseguire della prova, si accentuanomaggiormente le fessure lungo le <strong>di</strong>agonali, particolarmente visibili sui lati corti.Infine, la malta autolivellante, molto più rigida della compagine muraria sottostante,sprofonda all'interno <strong>di</strong> questa, provocando il <strong>di</strong>stacco e il successivo crollo <strong>di</strong> grossi pezzi<strong>di</strong> tufo, riducendo la sezione trasversale del provino ad un terzo circa <strong>di</strong> quella primitiva.Anche dopo la rottura la malta integra aderisce strettamente al pietrame.Per il provino B1 non si sono determinate eccentricità <strong>di</strong> carico, con conseguente<strong>di</strong>stribuzione uniforme degli sforzi [Scheda 3.3]. Per quello B2 si è notata sui lati corti unalesione <strong>di</strong>agonale più accentuata, che evidenzia un meccanismo <strong>di</strong> scorrimento lungo ilpiano <strong>di</strong>agonale che congiunge lo spigolo in alto sul paramento C a quello in basso sulparamento A, provocando anche una leggera rotazione della traversa; ciò comporta in faseanelastica una minore area <strong>di</strong> carico e quin<strong>di</strong> un più rapido deca<strong>di</strong>mento della resistenzadella muratura [Scheda 3.4].Considerando la me<strong>di</strong>a dei valori <strong>di</strong> B1 e B2 si ha che la tensione massima <strong>di</strong>compressione è <strong>di</strong> 3.08 N/mm 2 , cui corrisponde una deformazione dello 0.32%, con unadeformazione ultima del 4%.I relativi <strong>di</strong>agrammi [Schede 3.3, 3.4] evidenziano che il provino B1 ha il flessosubito dopo la tensione <strong>di</strong> picco ed una fase decrescente molto lenta; infatti, condeformazioni superiori al 4.5% mostra una capacità portante pari ai 2/3 del caricomassimo. Questo tratto quasi orizzontale potrebbe essere dovuto ad un meccanismo58


esistente formatosi a seguito della messa in forza, da parte del campione, del profilatometallico. Al contrario, il provino B2 ha una fase decrescente più ripida, che, dopo lapresenza <strong>di</strong> un flesso, rallenta, tendendo ad annullare il carico.59


Provino a filari <strong>di</strong> bozzette – B15σ (N/mm 2 )4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Foto 1 – Lato D, ε=1.60% Foto 2 – Lato B; ε =1.60%) Foto 3 – Lato A , ε =1.76%Foto 4 – Lato D, ε =2.53% Foto 5 – Lato C, B, ε =2.54% Foto 6 – Lato D, demolizioneScheda 3.360


Provino a filari <strong>di</strong> bozzette – B25σ (N/mm 2 )4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Foto 1 – Lato D, ε =1.69% Foto 2 – Lato C, ε = 2.00% Foto 3 – Lato B, ε = 2.24%Foto 4 – Lato D, ε = 2.50% Foto 5 – Lato A, ε = 2.67% Foto 6 – Lato B, DemolizioneScheda 3.461


Tipologia "a filari <strong>di</strong> blocchetti"I provini "a blocchetti" (S1, S2) sono caratterizzati da una lunghezza maggiorerispetto a quella della traversa, in particolar modo S1. Non si sono avute lesioni prima delraggiungimento del carico massimo, successivamente si è notato un fenomeno fessurativolocalizzato sul bordo dei paramenti, in corrispondenza delle zone <strong>di</strong> contatto della traversa<strong>di</strong> carico con il campione murario, dovute ad una concentrazione locale <strong>di</strong> sforzi sullasuperficie superiore. Di conseguenza, all’aumentare delle deformazioni, i tratti estremi delcampione non sono più caricati e tendono a <strong>di</strong>staccarsi progressivamente dal resto delprovino.Per l’allestimento dei provini a blocchetti i conci che creano connessione tra iparamenti esterni e il nucleo centrale sono <strong>di</strong>sposti lateralmente, per cui l’elevatasporgenza del provino S1 rispetto alla traversa <strong>di</strong> carico ha <strong>di</strong>minuito ulteriormentel’efficienza <strong>di</strong> tali elementi <strong>di</strong> ingranamento trasversale, comunque quasi del tutto assentinella pratica costruttiva <strong>partenopea</strong> del XIX secolo e della prima metà del XX.Infatti, la rottura del provino S1 è caratterizzata da lesioni principali localizzate nellegiunzioni tra il nucleo centrale ed i paramenti esterni, i quali, dopo il raggiungimento dellatensione <strong>di</strong> picco, si sono instabilizzati, perdendo velocemente il carico portato edeterminando il punto <strong>di</strong> cuspide visibile nel <strong>di</strong>agramma [Scheda 3.5].Il provino S2, in virtù della maggiore efficienza degli elementi trasversali dovuta allaminore sporgenza del campione rispetto alla traversa <strong>di</strong> carico, ha avuto un tipo <strong>di</strong> rotturasimile ai provini a cantieri e a bozzette, con una sconnessione tra i paramenti più lenta.Rispetto ad S1, per S2 si ha un valore maggiore della tensione ultima, un vertice menoacuto intorno alla tensione massima ed una minore velocità <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento della capacitàportante [Scheda 3.6].Per il provino S2 si è avuta una leggera rotazione della traversa rispetto al paramentoC, comportando una leggera eccentricità <strong>di</strong> carico.Dai <strong>di</strong>agrammi relativi [Schede 3.5, 3.6] si evince una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> carico più velocerispetto ai campioni delle altre tipologie; il ramo decrescente del <strong>di</strong>agramma si estende finoa valori della deformazione prossimi al 3% ma associati a valori <strong>di</strong> tensione abbastanzamodesti. La me<strong>di</strong>a delle tensioni massime è pari a 2.64 N/mm 2 per una deformazionecorrispondente dello 0,38% ed una deformazione ultima del 3.5%.62


Provino a filari <strong>di</strong> blocchetti – S15σ (N/mm 2 )4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Foto 1 – Lato B, ε = 0.54% Foto 1 – Lato C, ε= 1.69% Foto 1 – Lato A, ε = 1.44%Foto 1 – Lato A, ε = 2.19% Foto 1 – Lato C, ε =2.47% Foto 1 – Lato B, DemolizioneScheda 3.563


Provino a filari <strong>di</strong> blocchetti – s25σ (N/mm 2 )4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Foto 1 – Lato A, ε =1.09% Foto 2 – Lato A, ε = 1.16% Foto 3 – Lato B-A, ε = 2.12%Foto 4 – Lato C, ε = 2.62% Foto 5 – Lato D, ε = 2.89% Foto 6 – Lato B, demolizioneScheda 3.664


Legame σ-εSulla base delle curve sperimentali σ−ε ottenute dalle prove a compressione semplice adeformazione guidata, si è proceduto, in funzione <strong>di</strong> alcuni parametri caratteristici <strong>di</strong> tipomeccanico, alla formulazione analitica del legame costituitivo della muratura, cheapprossimi adeguatamente il comportamento registrato sperimentalmente.Si è considerata l’espressione in<strong>di</strong>cata da EC2 per il calcestruzzo (modello <strong>di</strong>Sargin), ricavata sperimentalmente.:2( K ⋅η−η)⎡⎤σ = ⎢⎥⋅σ⎢⎡1+ ( K −2)⋅η⎤⎣⎣⎦⎥⎦max[1]dove:E1,8o⋅εpK = ⋅ andσmaxεη = εpcon:E cσ maxmodulo secante all’origine;tensione <strong>di</strong> picco; ε p deformazione corrispondente alla tensione <strong>di</strong> picco;In questo caso per descrivere meglio la curva sperimentale si è adottata una <strong>di</strong>versaespressione <strong>di</strong> K ottenuta attraverso una regressione lineare dei parametri registratisperimentalmente.La relazione [1] descrive bene i rami crescenti (lineare e non lineare) del <strong>di</strong>agrammaσ-ε ed anche quello decrescente fino alla deformazione ε =1.4 ε p (η=1.4), dove si ha unasignificativa riduzione della sua pendenza, in<strong>di</strong>cando il rallentamento della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>resistenza ad elevate deformazioni. Tale effetto è ben descritto da una curva <strong>di</strong> tipologaritmico, per cui, per il ramo <strong>di</strong> softening, per valori <strong>di</strong> η>1.4, si propone la seguenteespressione:σ = σmax ⎡⎣a⋅ ln( η)+ b⎤⎦ [2]65


1 ⎡ σu−σ⎤sa = ⎢ ⎥σmax⎣lnηu− ln( 1,4)⎦εudove: ηu=εp[3]con:σsb= −a⋅ ln( 1,4)[4]σsmaxσ tensione fornita da [1] in corrispondenza <strong>di</strong> η = 1. 4σutensione corrispondente alla deformazione ultima, pari almeno al 20% <strong>di</strong>ε uσ maxdeformazione ultima.In Figg.3.14-3.16, per ogni tipologia muraria analizzata, i <strong>di</strong>agrammi sperimentali σ-ε sono confrontati con quelli teorici, ottenuti applicando le formule [1] e [2]. Può esserenotata una buona corrispondenza, mostrando la correttezza della formulazione adottata.7654σ ( N/mm 2 )Diagramma sperimentaleDiagramma teorico321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig.3.14: Confronto tra le curve sperimentali e quelle teoriche per i provini “a cantieri”66


7σ ( N/mm 2 )65Diagramma sperimentaleDiagramma teorico4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig.3.15: Confronto tra le curve sperimentali e quelle teoriche per i provini“a bozzette”7σ ( N/mm 2 )65Diagramma sperimentaleDiagramma teorico432100.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig.3.16: Confronto tra le curve sperimentali equelle teoriche per i provini “ablocchetti”.ε3.5 Risultati sperimentali e valori <strong>di</strong> normativaSe si considerano i valori sperimentali del modulo elastico secante [Tab. 3.5], ottenutodalla curva σ-ε in corrispondenza <strong>di</strong> 1/3 della σ max si ha che i valori riscontrati sono67


inferiori rispetto a quelli che si otterrebbero applicando le in<strong>di</strong>cazioni dell’EC6 e delD.M.’87, che propongono il valore E=1000 f k , anche se si pone f k = σ max . I valorisperimentali, infatti, variano tra 240 σ max e 380 σ max , risultando invece in buon accordo conle in<strong>di</strong>cazioni riportate in letteratura, che suggeriscono <strong>di</strong> adottare E=300÷500f k [Carboneet al., 2001].Tipologiafm (sper) fm(med) fm(max) Eco (sper) Eco (Tab.11D1)N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2Cantieri 3.97 2.25 2.70 964 (357) 1620 (600)Bozzette 3.08 1.50 1.80 1159(644) 1080 (600)Blocchetti 2.64 1.00 1.20 843(702) 1080 (900)Tab. 6.6: Confronto tra caratteristiche meccaniche sperimentali e quelle fornite dall’or<strong>di</strong>nanzaInoltre per ogni tipologia sia i valori della resistenza che del modulo elastico sonostati confrontati con quelli forniti dall’or<strong>di</strong>nanza nella Tab. 11D1 per una muratura a conci<strong>di</strong> pietra tenera, tenendo conto della presenza <strong>di</strong> elementi trasversali <strong>di</strong> collegamento e deltipo <strong>di</strong> malta a seconda delle tipologie analizzate. Tali valori saranno <strong>di</strong>versi in funzionedel livello <strong>di</strong> conoscenza raggiunto e del numero <strong>di</strong> prove realizzato. Nella tabella sonoriportati nella seconda colonna i valori della resistenza me<strong>di</strong>, nella terza quelli che sidovrebbero utilizzare per un’eventuale analisi <strong>di</strong> vulnerabilità sismica dato un livello <strong>di</strong>conoscenza <strong>di</strong> tipo LC3 ed avendo condotto due prove. Infine è stato riportato il moduloelastico calcolato sia come me<strong>di</strong>a delle prove che come valore me<strong>di</strong>o degli estremidell’intervallo fornito dalla tabella della normativa. Questi due valori possono essereutilizzati in<strong>di</strong>fferentemente nei casi in cui il livello <strong>di</strong> conoscenza sia pari ad LC3 equalsiasi sia il numero <strong>di</strong> prove a <strong>di</strong>sposizione. Dalla tabella si può notare come i valoriottenuti sperimentalmente per le resistenza a compressione siano sensibilmente più elevati<strong>di</strong> quelli forniti dall’or<strong>di</strong>nanza, mentre i moduli elastici non forniti più come rapporto conla resistenza caratteristica del materiale, sono molto prossimi a quelli ottenutisperimentalmente.Con riferimento alla resistenza a compressione ottenuta dalle prove, può essereinteressante analizzare le prescrizioni fornite dalle norme in relazione alla determinazione<strong>di</strong> tale resistenza delle murature. Come è noto, esistono in letteratura una serie <strong>di</strong>correlazioni su base teorico-sperimentale che permettono <strong>di</strong> risalire alla resistenza dellamuratura realizzata con blocchi o pietre squadrate a partire da quelle della malta e delle68


pietre che la compongono. Su alcune <strong>di</strong> tali relazioni si basano le in<strong>di</strong>cazioni riportate nelD.M. 20/11/1987 e dell’EC6. Queste espressioni sono state adottate per le tre tipologiestoriche analizzate, per valutare se la forma dei conci e la tessitura irregolare influenzinonegativamente le proprietà meccaniche delle murature tra<strong>di</strong>zionali.Il D.M.’87 permette <strong>di</strong> ricavare la resistenza caratteristica della muratura (f k ),interpolando i valori riportati in una tabella, ottenuti in funzione dei <strong>di</strong>fferenti valori <strong>di</strong>resistenza caratteristica delle pietre (f bk ) e <strong>di</strong> quattro tipi <strong>di</strong> malta, caratterizzati da unadeterminata composizione, in<strong>di</strong>cata in normativa o da valori minimi <strong>di</strong> resistenza me<strong>di</strong>a acompressione.La resistenza a compressione caratteristica delle pietre naturali deve esserecalcolata come:f= 0 . 75⋅bkf bmdove f bm rappresenta la resistenza me<strong>di</strong>a a compressione degli elementi.Successivamente si calcola la resistenza caratteristica della muratura, considerando ivalori ottenuti dalle prove sulla muratura, usando la seguente formula:fk=fbm− K ⋅ sdove K è un coefficiente tabellato, funzione del numero <strong>di</strong> provini, fissato non inferiore a6, ed s è lo scarto quadratico me<strong>di</strong>o. In questa sperimentazione si sono analizzati solo dueprovini, per cui K=2.33, corrispondente a 6 provini, è stato incrementato del 20%, perevitare sovrastime a causa del numero limitato <strong>di</strong> muri analizzati.Per la muratura a bozzette ed a sacco non è stato possibile eseguire il confrontosecondo il D.M.’87 in quanto la malta utilizzata per tali provini non è classificabile traquelle in<strong>di</strong>cate; mentre per il provino a cantieri si è considerata la malta <strong>di</strong> tipo M4.L’EC6 propone <strong>di</strong> calcolare la resistenza caratteristica della muratura a partire daquella degli elementi, attraverso la seguente formula, valida per murature con maltaor<strong>di</strong>naria:f = k⋅ f ⋅ f0,7 0,3k b mdove f b è la me<strong>di</strong>a delle resistenze dei conci, f m è la me<strong>di</strong>a delle resistenze della malta,mentre k, tabellato in funzione delle caratteristiche degli elementi e della muratura, è statoassunto pari a 0.45, relativo alle murature costituite con pietra naturale. Secondo normativaquesto coefficiente deve essere moltiplicato per 0.8 per tenere conto della presenza <strong>di</strong>giunti verticali paralleli alla faccia della parete muraria.69


Per calcolare la resistenza caratteristica della muratura, l’EC6 fa riferimento allanorma UNI-EN 1052-1 sui meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> prova per la determinazione della resistenza acompressione della muratura. Come resistenza caratteristica a compressione si deveconsiderare il minore tra i valori che si ottengono con le seguenti espressioni:f k=f1.2fk= f i,mindove f è la me<strong>di</strong>a delle resistenze a compressione ottenute dalle prove sui singoli provinimurari.La norma UNI-EN 1052-1 specifica che bisogna analizzare almeno tre provini pervalutare la resistenza a compressione. In questo caso, essendo stati provati solo dueelementi, si è deciso <strong>di</strong> ridurre la resistenza caratteristica ottenuta sperimentalmente del10% per tener conto <strong>di</strong> eventuali sovrastime.Le <strong>di</strong>mensioni dei provini non possono rispettare le in<strong>di</strong>cazioni del D.M.’87 edell’EC6, essendo determinate in funzione delle caratteristiche geometriche della tipologiada riprodurre. In particolare, la snellezza dei provini confezionati è più bassa rispetto aquella in<strong>di</strong>cata dal D.M.’87, variabile tra 2.4 e 5, e dall’EN 1052-1, compresa tra 3 e 15.Per ovviare ad eventuali sovrastime, comunque limitate, i valori ottenuti per le muraturesperimentate sono stati ridotti <strong>di</strong> un ulteriore 5%.Dal confronto tra la resistenza me<strong>di</strong>a sperimentale e il valore teorico, ottenutiseguendo le in<strong>di</strong>cazioni delle normative, emerge che la resistenza delle murature storiche èmaggiore <strong>di</strong> quella che si otterrebbe dalla muratura in pietra squadrata se fosse realizzatacon gli stessi elementi, evidenziando per l’EC6 uno scarto pari quasi al 50%.Muratura Resitenza a compressione me<strong>di</strong>a (f m ) (N/mm 2 )ValoriValori normativisperimentali DM ‘87 EC6Cantieri 3.97 2.9 2.1Bozzette 3.09 – 1.6Blocchetti 2.65 – 1.4Tab. 6.7: Resistenza muratura sperimentale e normativaSe si applicano tali in<strong>di</strong>cazioni ai casi analizzati risulterebbero valori <strong>di</strong> resistenzame<strong>di</strong>a delle murature provate significativamente più basse <strong>di</strong> quelle ottenute70


sperimentalmente [Tab. 6.7]. Ciò significa che le relazioni fornite dalle norme si possonoutilizzare per tipologie ben definite <strong>di</strong> murature “moderne” ed in fase <strong>di</strong> progetto, mentrenon sono applicabili tout-court a murature storiche <strong>di</strong> tufo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti fatture, inparticolare assemblate con malta <strong>di</strong> calce <strong>di</strong> limitata resistenza, per le quali fornirebberovalori troppo cautelativi e quin<strong>di</strong> non adatti ad un consapevole ed efficace progetto <strong>di</strong>restauro statico <strong>di</strong> strutture esistenti.3.6 Discussione dei risultatiNelle Schede 3.1, 3.2, 3.3, 3.4, 3.5, 3.6 per ciascuna tipologia <strong>di</strong> muratura provata sonoriportati il <strong>di</strong>agramma σ−ε sperimentale ed alcune immagini del muro durante la prova.Come si può notare, le tre tipologie <strong>di</strong> muratura analizzate hanno mostrato uncomportamento simile, anche se con valori <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong> resistenza massima e deformazioneultima. Il valore me<strong>di</strong>o della tensione <strong>di</strong> picco per la muratura a cantieri è stata <strong>di</strong> 3.97N/mm 2 , per quella a bozzette <strong>di</strong> 3.09 N/mm 2 mentre, per quella “a sacco” <strong>di</strong> 2.65 N/mm 2 .Le <strong>di</strong>fferenze nella resistenza e nella deformabilità non <strong>di</strong>pendono solo dallecaratteristiche meccaniche della malta e delle pietre <strong>di</strong> tufo utilizzate, ma anche dallatessitura corrispondente alla specifica tipologia muraria e, quin<strong>di</strong>, dalla maggiore o minorepresenza <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> cucitura trasversale.Le prove a deformazione guidata eseguite sul tufo, sulla malta e sulla muraturaoffrono la possibilità <strong>di</strong> confrontare sia i valori ottenuti in termini <strong>di</strong> resistenza che lecaratteristiche <strong>di</strong> deformabilità. Tenendo conto dei <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> tufo e malta utilizzati perle tipologie murarie analizzate si sono sovrapposti i vari <strong>di</strong>agrammi σ-ε me<strong>di</strong>, peranalizzare come il legame σ-ε della muratura è influenzato da quello degli elementicostitutivi.Si è scelto <strong>di</strong> considerare per le murature il <strong>di</strong>agramma teorico ottenuto con iparametri me<strong>di</strong> (f co , ε mo , f cu , ε u ) ricavati sperimentalmente per ogni tipologia muraria,mentre per il tufo e la malta si sono adoperati i <strong>di</strong>agrammi sperimentali me<strong>di</strong>. Per lacostruzione della curva σ-ε della malta non si è considerato il provino MC1, che aveva<strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>verse dagli altri.71


Per tutti i provini analizzati, si ha inizialmente che la curva σ-ε della muraturacoincide con quella del tufo; successivamente si pone in una fascia <strong>di</strong> comportamentointerme<strong>di</strong>a tra la malta e il tufo ed infine il ramo softening scende al <strong>di</strong> sotto del<strong>di</strong>agramma della malta.In ogni caso, come atteso, la resistenza <strong>di</strong> picco della muratura èpiù bassa <strong>di</strong> quella delle pietre ma più alta <strong>di</strong> quella della malta, anche se più vicina aquella delle pietre [ve<strong>di</strong> anche Tab. 6.4 e 6.5].In particolare, quin<strong>di</strong>, la resistenza a compressione della muratura “a cantieri” èmaggiore <strong>di</strong> quella a bozzette e <strong>di</strong> quella a blocchetti, dato che essa è costituita da pietre <strong>di</strong>tufo e da malta aventi le caratteristiche meccaniche migliori. Per la muratura con filari <strong>di</strong>bozzette la <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> resistenza è data dall’utilizzo <strong>di</strong> una malta caratterizzata da unatensione <strong>di</strong> picco inferiore alla metà <strong>di</strong> quella del conglomerato utilizzato per il provino acantieri e dalla sua abbondanza nel nucleo. La tensione massima raggiungibile dallamuratura è influenzata soprattutto da quella dei conci <strong>di</strong> tufo e la deformazione ad essacorrispondente è molto prossima a quella degli elementi lapidei. Ovviamente il peggiorrisultato in termini <strong>di</strong> resistenza è stato ottenuto dalla muratura a blocchetti che, anche sepiù moderna, è costituita da pietre e malta entrambe <strong>di</strong> qualità inferiore.Il dato che i tipi <strong>di</strong> muratura più recenti non siano le migliori può sembraresorprendente, ma è bene ricordare che (come evidenziato nel par. 2.2) nel XVIII secolo ilprezzo della calce era molta alto, generando fro<strong>di</strong> sulla quantità <strong>di</strong> calce utilizzatarealmente per la malta e ottenendo così una malta più scadente. Inoltre nel XIX secolo sisciolsero le corporazioni, che fino a quel momento avevano permesso <strong>di</strong> tramandare pervia orale le tecniche del buon costruire ed avevano controllato sulla buona fattura dellefabbriche murarie.La malta a causa dell’elevata deformabilità si comporta come un “cuscinetto”,interposto tra i conci <strong>di</strong> tufo, capace <strong>di</strong> assecondare le deformazioni imposte dallamacchina. Per deformazioni elevate si verifica una sostanziale analogia tra i <strong>di</strong>agrammi deltufo e della malta, a testimonianza del buon grado <strong>di</strong> affinità anche dal punto <strong>di</strong> vistadeformativo.Allo stesso modo la deformazione ultima raggiunta nelle prove (che rappresenta ilcomportamento plastico del materiale) è fortemente con<strong>di</strong>zionata dalla tipologia muraria,nel senso, come già detto, <strong>di</strong> apparecchiatura e tessitura. Ciò significa che una buonatessitura svolge nella muratura un ruolo equivalente a quello delle staffe nelle strutture inc.a.. Come è noto l’aumento della staffatura in un elemento compresso, oltre a migliorare72


la resistenza, determina un significativo incremento delle capacità deformative. Questo èproprio ciò che si è riscontrato dalle prove svolte, nelle quali la migliore tessituratrasversale della muratura ha consentito <strong>di</strong> raggiungere valori più alti <strong>di</strong> deformazioneultima.7σ ( N/mm 2 )65Muratura a cantieriTufo dei VerginiMalta MC4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig.3.17: Confronto tra la curva σ-ε teorica del provino a cantieri e i legami costitutivi della malta e del tufoD’altronde, l’efficacia delle connessioni trasversali nella massa muraria èchiaramente riscontrabile dai meccanismi <strong>di</strong> collasso evidenziati nelle prove. Si può notareche la εu dei provini “a cantiere” è significativamente maggiore <strong>di</strong> quella della tipologia “ablocchetti”; ed infatti essa presenta una buona tessitura trasversale unitamente ad unaottima affinità degli elementi componenti, (malta e pietre hanno all’incirca le stessecaratteristiche meccaniche), da cui deriva una buona omogeneità della muratura, che puòessere considerata come un unico materiale solido [Fig.3.13].Come si osserva in [Fig.3.17], nel primo tratto il modulo elastico della muratura “acantieri” è leggermente maggiore <strong>di</strong> quello del tufo; in corrispondenza dei 2/3 dellatensione massima la muratura ha una <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> rigidezza, mentre il tufo ha unandamento quasi lineare sino al raggiungimento della tensione massima. Per il ramodecrescente, in corrispondenza <strong>di</strong> una deformazione del 1%, in prossimità del punto <strong>di</strong>flesso, il <strong>di</strong>agramma della muratura si colloca al <strong>di</strong> sotto dei <strong>di</strong>agrammi del tufo e dellamalta, a causa della riduzione della sezione resistente della muratura.73


7σ ( N/mm 2 )65Muratura a bozzetteTufo Verginimalta MB4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig.3.18: Confronto tra la curva σ-ε teorica del provino a cantieri e i legami costitutivi della malta e del tufoSi nota che il legame costitutivo della muratura è molto simile a quello del tufo,grazie alla malta MC, che presenta un buon comportamento deformativo, prossimo aquello del tufo.7σ ( N/mm 2 )65Muratura a blocchettiTufo AversaMalta MB4321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig.3.19: Confronto tra la curva σ-ε teorica del provino a cantieri e i legami costitutivi della malta e del tufo74


In [Fig.3.18] si osserva che il primo tratto del legame costitutivo della muratura sisovrappone al legame costitutivo del tufo, incurvandosi per un carico pari al 70% <strong>di</strong> quellomassimo. Il ramo decrescente segue lo stesso andamento del ramo softening del tufo,addolcendo leggermente la pendenza quando i tratti del legame costitutivo del tufo e dellamalta tendono a sovrapporsi.L’ulteriore <strong>di</strong>minuzione della resistenza dei provini a blocchetti è giustificatadall’uso <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> tufo con tensione <strong>di</strong> picco leggermente più bassa, che influenza piùdella malta la tensione <strong>di</strong> rottura della muratura. La minore <strong>di</strong>fferenza riscontrata tra letensioni <strong>di</strong> picco della muratura e del tufo rispetto alla muratura a bozzette è dovuta alloscarto tra la resistenza massima dei conci e della malta. La deformazione corrispondentealla tensione massima coincide con quella del tufo.Il tipo <strong>di</strong> tessitura incide sul comportamento del provino dopo il raggiungimentodella tensione massima, in particolare sulla pendenza del ramo decrescente. Infatti, nelcaso della muratura a bozzette, per la quale si ha un buon ingranamento trasversale, lavelocità <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento delle capacità <strong>di</strong> resistenza è più lenta <strong>di</strong> quella registrata per lamuratura a blocchetti, dove lo scarso ingranamento comporta la <strong>di</strong>visione del pannello intre strati, innescandosi fenomeni d’instabilità [Fig.3.19] dei paramenti, e portando ad una<strong>di</strong>minuzione repentina della capacità <strong>di</strong> resistere ai carichi [Oliveira et al., 2006].75


Capitolo 4Modellazione della struttura complessa. Elementi strutturalideterminanti4.1 E<strong>di</strong>ficio speciale4.1.1Comportamento sismico degli elementi snelli (piedritti)L’e<strong>di</strong>fico speciale,come già detto nel capitolo 2, è costituito da murature molto alte,<strong>di</strong> notevole estensione, <strong>di</strong>sposte lungo una <strong>di</strong>rezione prevalente; sulle quali sono attestatevolte o capriate lignee, non assimilabili ad un <strong>di</strong>aframma rigido capace <strong>di</strong> trasferire lesollecitazioni determinate da eventi sismici alle strutture verticali parallele all’azione delsisma. Il collasso tipico <strong>di</strong> questi <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> è determinato dalla eccessiva snellezza delle paretirispetto a forze ad esse ortogonali. La rotazione del blocco snello alla base rappresenta ilmeccanismo cinematico più significativo per questo tipo <strong>di</strong> strutture.Nella prassi progettuale il comportamento sismico delle pareti fuori dal piano èanalizzato con un’analisi cinematica lineare, <strong>di</strong> notevole utilità per calcolare ilmoltiplicatore ultimo <strong>di</strong> collasso della parete, che in base allo spettro fornito dall’OPCM3431 nell’allegato 11.C.1 permette <strong>di</strong> risalire all’effettiva PGA della struttura utilizzandoun fattore <strong>di</strong> struttura 2, valutando a priori le capacità non lineari della struttura. Volendoesaminare l’effettive non linearità geometrioche della struttura, considerata rigida, èpossibile condurre un’analisi cinematica non lineare, la quale però pur considerando ilcomportamento del blocco rigido, per determinare la sicurezza della struttura in termini <strong>di</strong>spostamento necessita della definizione <strong>di</strong> un periodo T, riferito alle caratteristiche delcorpo elastico.In alternativa si può considerare <strong>di</strong>rettamente il comportamento deformabile dellastruttura valutando la capacità plastica della cerniera che si forma alla base dell’elemento.Per determinare l’effettiva capacità plastica <strong>di</strong> un blocco snello durante un eventosismico è stata condotta in passato una campagna sperimentale su elementi snelli in scalaridotta in muratura storica ed or<strong>di</strong>naria [Calderoni e Lenza, 2001; Calderoni e Lenza,2004]. I provini sono stati sottoposti sia prove a compressione a deformazione controllatache a forze orizzontali cicliche per <strong>di</strong>fferenti valori del carico verticale.La capacità <strong>di</strong>ssipativa e la duttilità si sono mostrati influenzati dal valore del carico e76


dalla resistenza massima del materiale a compressione. Infatti, cicli meno duttili ma più<strong>di</strong>ssipativi sono stati registrati per carichi maggiori, mentre l’incremento <strong>di</strong> resistenzacomportava nella maggior parte dei casi una minore isteresi. Sono stati valutatianaliticamente valori <strong>di</strong> duttilità pari a 10 ed una capacità <strong>di</strong>ssipativa pari al 20-30%dell’energia <strong>di</strong>ssipata da un elemento strutturale <strong>di</strong> forma analoga ma con uncomportamento elastico perfettamente plastico e privo <strong>di</strong> degrado.I test condotti hanno fornito la curva σ-ε e il <strong>di</strong>agramma F-δ e hanno permesso <strong>di</strong>sviluppare un modello teorico capace <strong>di</strong> prevedere il comportamento strutturale <strong>di</strong> unelemento snello in muaratura sottoposto a carichi orizzontali.Più in particolare, partendo dai <strong>di</strong>agrammi sperimentali σ−ε si ricava il <strong>di</strong>agrammaM-χ e il <strong>di</strong>agramma M-φ, consentendo così <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare il <strong>di</strong>agramma F-δ.Fig. 4.1: Comportamento schematico <strong>di</strong> un pannello murario <strong>di</strong> una chiesa in muraturaSi ha quin<strong>di</strong> che la conscenza del legame costitutivo completo del materiale, che <strong>di</strong>solito non è utile per analizzare le strutture murarie soggette a soli carichi verticali, è alcontrario uno strumento essenziale per analizzare la capacità sismica <strong>di</strong> un blocco murariosnello (per esempio l’elemento <strong>di</strong> Fig.4.1) che rappresenta un tipico muro <strong>di</strong> una chiesastorica in muratura, che sorregge la volta centrale) strettamente connesso anche alcomportamento post-elastico, essendo il meccanismo <strong>di</strong> collasso principalmente dovutoalla flessione piuttosto che al taglio.Infatti una realistica valutazione del comportamento sismico <strong>di</strong> un semplice elmentostrutturale, ed ancor <strong>di</strong> più per una complessa struttura muraria, richiede <strong>di</strong> condurre analisi77


non lineari. Per questo scopo è necessaria la definizione della curva momento- curvatura(M -χ) della base trsversale dell’elemento, quando è sollecitata anche dallo sforzo normale[Calderoni et al., 2004]Questa curva può essere determinata, attraverso una procedura iterativa, dal<strong>di</strong>agramma σ−ε (nella sua formulazione analitca) del materiale strutturale, considerando laresistenza a trazione nulla e una <strong>di</strong>stribuzione lineare delle deformazioni lungo la sezionetrasversale.90M (kN*m)t=60L=120Muratura cantieriMurtura bozzetteMuratura blocchetti60t=55L=100L=12630t=42Χ *100000000 50 100 150 200 250Fig. 4.2: Diagramma M-χ per i tre tipi <strong>di</strong> muratura analizzataUn esempio delle curve M-χ che si possono ottenere è dato in Fig. 4.2 per la sezione<strong>di</strong> base dell’elemento strutturale rappresentato in Fig. 4.1, considerando le tre <strong>di</strong>fferentitipologie ed una forza assiale pari ad 1/5 della massima capacità portante.I <strong>di</strong>agrammi M-χ hanno anche il ramo <strong>di</strong> scarico, che si è ottenuto considerando uncomportamento lineare della curva σ−ε nelle fase <strong>di</strong> scarico, con una pendenza uguale aquella iniziale del ramo <strong>di</strong> carico.La forma del <strong>di</strong>agramma M-χ, ottenuto dal <strong>di</strong>agramma σ-ε teorico calibrato suirisultati sperimentali relativi ai macroldelli, evidenzia un'inaspettata capacità <strong>di</strong>ssipativae una duttilità dell'elemento murario che potrebbe giuistificare il buon comportamento78


sismico <strong>di</strong> strutture, spesso osservate dopo i terremoti. Questa capacità cresce conl’aumentare elle caratteristiche meccaniche della muratura sia in termini <strong>di</strong> resistenza acompressione che <strong>di</strong> tensione ultima.4.2. E<strong>di</strong>ficio or<strong>di</strong>nario alto: submodello parete – modello non lineare aplasticità concentrata 2Se si considera un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o or<strong>di</strong>nario si ha che il comportamento sismico della struttura puòessere ricondotto a quello delle pareti nel proprio piano, qualora siano evitati i meccanismi<strong>di</strong> I modo. In tal caso, <strong>di</strong>ventano fondamentali le caratteristiche meccaniche sia dei maschimurari che delle fasce <strong>di</strong> piano, che costituiscono ciascuna parete muraria.La parete dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in muratura, configurabile come una lastra forata dotata <strong>di</strong>eventuali tiranti orizzontali, quali cordoli o catene più o meno efficaci, può essereinterpretata in maniera sufficientemente approssimata anche con modelli semplificati.In tale ambito la modellazione a telaio, con no<strong>di</strong> rigi<strong>di</strong> estesi corrispondenti aipannelli <strong>di</strong> nodo (intersezione dei maschi murari con le fasce <strong>di</strong> piano), già utilizzata datempo in ambito scientifico [Lenza 1987; Lenza 1989; Magenes et al 1996] trova pienalegittimazione operativa anche nelle più recenti normative sismiche (OPCM 3274/03 esucc. mod., EC8,) e nelle linee guida per i monumenti, ove viene in<strong>di</strong>cata come schema <strong>di</strong>riferimento. Essa si ritiene necessaria per valutare l’effettiva capacità deformativa dellastruttura evitando <strong>di</strong> ricorrere a modellazioni più complesse e meno controllabili aglielementi finiti a non linearità <strong>di</strong>ffusa. Lo schema a telaio, tende a sostituire il modelloPOR, usato ed abusato nelle applicazioni tecniche dal 1980 ad oggi. Paradossalmenteanche il POR, apprezzabile per i suoi sviluppi non lineari, configura le pareti come untelaio: però mentre da un lato considera la fascia <strong>di</strong> piano infinitamente rigida e resistente(senza poi porsi il problema <strong>di</strong> effettuare le corrispondenti verifiche), dall’altro ne trascurala capacità <strong>di</strong> accoppiamento, tanto che non vengono considerate le variazioni <strong>di</strong> sforzonormale dovute all’azione ribaltante delle forze orizzontali.2 I risultati riportati in questo paragrafo sono anticipati in: B. Calderoni, E.A. Cordasco, P. Lenza, Il ruolodella fascia <strong>di</strong> piano nel comportamento sismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura, Ingegneria Sismica, n°1, 200779


La modellazione a telaio, invece, non pone tali limitazioni mentre si presta, me<strong>di</strong>anteopportuni accorgimenti nella schematizzazione, ad interpretare il comportamento anche <strong>di</strong>pareti che non presentino perfetta regolarità nella <strong>di</strong>sposizione delle aperture.L’analisi non lineare può facilmente conseguirsi adottando un modello <strong>di</strong> telaioelastico a plasticità concentrata, che prevede la formazione <strong>di</strong> cerniere plastiche perpressoflessione e/o taglio, sia negli elementi <strong>di</strong> fascia che in quelli <strong>di</strong> maschio. Negli ultimianni <strong>di</strong>versi autori hanno condotto stu<strong>di</strong> per valutare l’efficacia della suddettamodellazione per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura [Kappos et al., 2002; Salonikios et al., 2003; Rocaet al., 2005].In questo modo non si può cogliere la progressiva maggiore deformabilità connessaalla estensione delle parzializzazioni, ma si considera comunque la non linearità meccanicadel materiale connessa alla plasticizzazione degli elementi.Le maggiori <strong>di</strong>fficoltà si incontrano, in questo caso, proprio nella modellazione dellafascia <strong>di</strong> piano, in quanto le potenziali cerniere plastiche devono interpretare, sia in termini<strong>di</strong> resistenza che <strong>di</strong> deformabilità, il comportamento ultimo <strong>di</strong> un elemento strutturalemolto complesso e poco stu<strong>di</strong>ato.4.2.1 Comportamento limite della parete: fascia debole; fascia resistenteEntrando nel merito della valutazione delle capacità sismiche delle pareti nel propriopiano, si può affermare che la “fascia <strong>di</strong> piano”, costituita dalla striscia orizzontale <strong>di</strong>muratura al <strong>di</strong> sopra dei vani, assume un ruolo fondamentale sia per la resistenza che per ladeformabilità (e quin<strong>di</strong> la duttilità) delle pareti stesse. Infatti al variare della loromorfologia e dalla loro tipologia strutturale si ottengono comportamenti strutturali dellepareti molto <strong>di</strong>versi a fronte <strong>di</strong> assetti geometrici e <strong>di</strong> carichi verticali simili: durantel’evento sismico può accadere che le fasce <strong>di</strong> piano risultino più resistenti dei maschi, chequin<strong>di</strong> si lesionano, evidenziando un comportamento che tende ad un meccanismo <strong>di</strong> tiposhear-type piano per piano [Fig. 4.3a], oppure che le fasce si fessurino prima dei maschi[Fig. 4.3b], che, al limite, assumono il comportamento <strong>di</strong> mensole estese sull’intera altezzadell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o.La <strong>di</strong>versa resistenza e rigidezza delle fasce <strong>di</strong>pende dalle configurazioni che <strong>di</strong> voltain volta la fascia stessa assume nell’ambito della parete. In questo capitolo si vogliono80


in<strong>di</strong>viduare <strong>di</strong>fferenti configurazioni, il modello meccanico equivalente e <strong>di</strong> conseguenza ilgrado <strong>di</strong> accoppiamento che la fascia <strong>di</strong> piano fornisce ai maschi, ed evidenziare come le<strong>di</strong>versità in<strong>di</strong>viduate influenzino la vulnerabilità sismica della parete muraria e quin<strong>di</strong>dell’intero <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o.La scarsa attenzione data al ruolo che la fascia <strong>di</strong> piano svolge all’interno <strong>di</strong> unaparete muraria si può desumere da un’analisi delle normative sismiche degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> inmuratura, dove è evidente un ridotto approfon<strong>di</strong>mento della sua funzione nel determinarela risposta sismica della struttura.a) b)Fig. 4.3: Meccanismi <strong>di</strong> danno delle pareti nel proprio piano: a) lesioni nei maschi; b) lesioni nelle fasceSolo nell’OPCM 3431, ultimo aggiornamento dell’Or<strong>di</strong>nanza 3274, si considera lapossibilità che possa esistere una certa resistenza flessionale della fascia anche nel caso incui sia presente un solo elemento orizzontale tensoresistente, quale una catena, un cordoloo una piattabanda efficacemente ammorsata alle estremità. L’EC8 invece considera che lacapacità <strong>di</strong> accoppiamento dei pannelli <strong>di</strong> fascia possa essere considerata solo nel caso incui sia presente sia un cordolo superiormente che una piattabanda inferiormente, cioèquando si può instaurare un classico comportamento <strong>di</strong> trave a doppia armatura. La normaamericana FEMA 375 non fa alcun riferimento alla capacità <strong>di</strong> accoppiamento delle fasce<strong>di</strong> piano, pur considerando per i maschi murari sia il comportamento a mensola che <strong>di</strong> tiposhear – type.81


4.2.2 <strong>Analisi</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> fasce <strong>di</strong> piano (resistenza aumentata con <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong>intervento: cordoli aderenti, semiaderenti, scorrevoli)Nel costruito storico si può osservare per le fasce <strong>di</strong> piano una significativa varietà <strong>di</strong>tipologie strutturali, che determina la necessità <strong>di</strong> definire modelli <strong>di</strong>versi per interpretarneil comportamento strutturale. Le <strong>di</strong>verse configurazioni delle fasce sono quasi semprecorrelate alle varie tipologie <strong>di</strong> impalcato al quale le pareti sono in qualche modo collegate.Tali configurazioni possono schematicamente ricondursi ai seguenti tipi:a) fascia debolea.1) Negli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> caratterizzati da orizzontamenti a volta e da vani nelle paretisovrastati da archi, la fascia è priva <strong>di</strong> qualsiasi elemento tenso-resistente, sempre che sivoglia cautelativamente trascurare la debole resistenza a trazione della muratura sia dellafascia vera e propria che della striscia <strong>di</strong> volta in prossimità del collegamento alla parete.a.2) Negli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> con impalcati orizzontali e solai isostatici con travi in legno o inferro, la fascia è egualmente priva <strong>di</strong> elementi tenso-resistenti anche volendo considerare,come nel caso precedente, la collaborazione <strong>di</strong> una fascia <strong>di</strong> solaio; le piattabande, in legnoo ferro, sono semplicemente appoggiate, senza ancoraggi, alle spalle dei vani e nonpossono quin<strong>di</strong> svolgere la funzione <strong>di</strong> efficaci tiranti [Fig.4.4].Per entrambe queste tipologie alla debolezza della fascia è associata l’inaffidabilitàdell’impalcato ad assicurare un comportamento a <strong>di</strong>aframma rigido.Fig. 4.4: Fascia <strong>di</strong> piano caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> solai e piattabande in legnob) fascia confinata.b.1) Gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura dotati dei primi impalcati in c.a. sono costituiti da paretiverticali interrotte dal cordolo <strong>di</strong> piano che, assieme ad una striscia a<strong>di</strong>acente <strong>di</strong> solaio,costituisce un vero e proprio elemento resistente a trazione, anche se l’aderenza <strong>di</strong> talecordolo alla muratura è affidato al solo attrito tra i due materiali. Quin<strong>di</strong> tale elemento può82


configurarsi come una catena aderente o scorrevole in funzione del carico verticale agentesul cordolo: nel caso <strong>di</strong> solaio <strong>di</strong> copertura or<strong>di</strong>to parallelamente alla parete tale capacitàattritiva può rivelarsi insufficiente per cui il cordolo è da considerarsi per tutta la sualunghezza alla stregua <strong>di</strong> una catena scorrevole; nel caso degli impalcati degli altri piani,ancor più se il solaio scarica sulla parete, si ha un comportamento “aderente” dei cordoli incorrispondenza delle zone <strong>di</strong> parete intersezione dei maschi murari e delle fasce <strong>di</strong> piano(pannelli <strong>di</strong> nodo), mentre lungo la luce libera della fascia i cordoli si comportano dacatene scorrevoli, essendo ovviamente ridotti i carichi verticali agenti in corrispondenzadei vani d’apertura sovrastanti. In questo caso la catena risulta localmente scorrevole.Le piattabande, anch’esse in c.a., sono generalmente ancorate comunque in misurainsufficiente sulle spalle dei vani, presentandosi quin<strong>di</strong> come tiranti inaffidabili.b.2) Le pareti presentano ad ogni piano una cordolatura continua non solo incorrispondenza del solaio ma anche al <strong>di</strong> sopra dei vani, così realizzata in alcuni casiinvece delle piattabande <strong>di</strong>scontinue a causa della vicinanza delle aperture. Si determina inquesto modo una configurazione pienamente confinata della fascia, con due elementi (unosuperiore ed uno inferiore) tenso-resistenti. I due cordoli possono configurarsi poi comecatene aderenti o scorrevoli, sulla base delle stesse considerazioni esposte in precedenzaper il caso (b.1).Per entrambe tali categorie l’impalcato è generalmente idoneo ad assicurare lafunzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>aframma rigido.a)b)Fig. 4.5: Fascia <strong>di</strong> piano caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> piattabande e cordoli <strong>di</strong> piano in c.a.: a) Piattabandein corrispondenza dei vani; b) cordolatura continua al <strong>di</strong> sopra dei vani <strong>di</strong> apertura83


c) fascia consolidataIn questa categoria rientrano tutte le numerose tipologie ottenute come risultato <strong>di</strong>una trasformazione delle configurazioni originarie. In generale la trasformazione interessasia la fascia stessa che l’impalcato vero e proprio. In particolare:c.1) L’adozione <strong>di</strong> una catena metallica ancorata sulle testate dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o, collocatain a<strong>di</strong>acenza alla parete muraria ed in genere alla quota <strong>di</strong> intradosso del solaio, costituiscel’intervento minimo che tuttavia è sufficiente a conferire alla fascia <strong>di</strong> piano una primacapacità <strong>di</strong> accoppiamento tra i maschi murari [Fig. 4.6].Fig. 4.6: Fascia <strong>di</strong> piano con solai e piattabande in legno consolidata attraverso l’inserimento <strong>di</strong> una catenametallicac.2) La creazione invece <strong>di</strong> elementi tenso-resistenti alla quota del solaio, spessocome completamento <strong>di</strong> un intervento sull’impalcato, e/o alla quota delle piattabande deivani, ha la stessa efficacia della fascia confinata, senza necessariamente interrompere lacontinuità verticale del paramento. La necessità <strong>di</strong> ancorare i nuovi elementi alle murature,me<strong>di</strong>ante chiodature frequenti, determina poi, sia che si adotti la tecnologia del c.a. chequella dell’acciaio, l’aderenza dei tiranti per tutta la lunghezza della parete.c.3) L’adozione su una fascia confinata da catene aderenti anche <strong>di</strong> ulterioriinterventi <strong>di</strong> rinforzo, che impe<strong>di</strong>scano l’instaurarsi <strong>di</strong> un meccanismo fragile per rottura ataglio, porta ad un elemento strutturale fortemente consolidato. Tra gli interventi piùfrequentemente adottati si ricorda il placcaggio del pannello <strong>di</strong> fascia con reti metalliche ebetoncino, la <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> rinforzi in acciaio lungo le <strong>di</strong>agonali o la fasciatura conmateriali innovativi del tipo fibrorinforzati. In questa configurazione si rende pienamente<strong>di</strong>sponibile la deformabilità flessionale dell’elemento (ottenendo un meccanismo <strong>di</strong> rotturapiù duttile).In definitiva, ai fini della modellazione strutturale finalizzata alla valutazione dellacapacità delle pareti <strong>di</strong> controvento, il rilievo, oltre ad evidenziare l’efficacia84


dell’impalcato come collegamento bi<strong>di</strong>mensionale tra le pareti e, eventualmente, comepiano rigido, deve verificare la presenza, in corrispondenza delle fasce, <strong>di</strong> elementi tensoresistentiefficaci, che possano configurarsi come catene scorrevoli, localmente scorrevoliovvero del tutto aderenti.Il modello nel quale la capacità <strong>di</strong> accoppiamento della fascia è correlata allaformazione <strong>di</strong> un unico puntone <strong>di</strong>retto nel verso delle forze orizzontali agenti puòdescrivere il comportamento <strong>di</strong> tutte le configurazioni precedentemente elencate. Questomeccanismo resistente, basato sullo sfruttamento della resistenza a compressione delmateriale anche per resistere a taglio, si può attivare, però, solo se esiste la possibilità <strong>di</strong>assorbire uno sforzo assiale <strong>di</strong> trazione pari alla componente orizzontale dello sforzo <strong>di</strong>compressione (inclinato) agente nel puntone [Liberatore 2000].Ne consegue che tale modello trova applicazione nelle configurazioni a “fasciadebole” solo nei limiti modesti della resistenza a trazione (in <strong>di</strong>rezione orizzontale) dellamuratura della fascia, mentre ben si presta ad interpretare il comportamento delle fasce neicasi <strong>di</strong> fascia confinata o consolidata. Invece <strong>di</strong>viene non significativo nella configurazione<strong>di</strong> “fascia consolidata” c.3, nella quale è esclusa a priori la possibilità <strong>di</strong> una crisi pertaglio.a) b) c)Tensione <strong>di</strong> CompressioneTensione <strong>di</strong> TrazioneFig. 4.7: Sforzi normali <strong>di</strong> compressione in una parete muraria quando si adotta una schematizzazionereticolare: a) presenza <strong>di</strong> sole catene scorrevoli in corrispondenza dei solai; b) presenza <strong>di</strong> soli cordoli <strong>di</strong>piano (solai in cls); c) presenza <strong>di</strong> sole piattabande al <strong>di</strong> sopra dei vaniUtilizzando, invece dello schema a telaio, una modellazione della parete muraria <strong>di</strong>tipo reticolare, nella quale i pannelli murari <strong>di</strong> fascia e <strong>di</strong> maschio sono sostituiti da sistemi85


eticolari semplici equivalenti ai pannelli stessi in termini <strong>di</strong> deformabilità, è possibileevidenziare l’importante funzione dei tiranti orizzontali <strong>di</strong> fascia, anche nei casi <strong>di</strong> fasciaconfinata.Nella Fig. 4.7 è mostrata la risposta, in termini <strong>di</strong> sforzi normali, <strong>di</strong> una parete cosìschematizzata soggetta a carichi verticali ed orizzontali. In essa tutte le aste <strong>di</strong>agonali everticali del sistema reticolare sono considerate non resistenti a trazione, ad eccezione <strong>di</strong>quelle orizzontali che rappresentano appunto elementi tenso-resistenti.La capacità <strong>di</strong> accoppiamento delle fasce è evidente sia che si adotti una catenascorrevole ancorata solo sulle testate della parete [Fig.4.7a], sia che siano presenti solo icordoli <strong>di</strong> piano considerati come tiranti localmente scorrevoli [Fig.4.7b] o le solepiattabande al <strong>di</strong> sopra dei vani [Fig.4.7c].Nell’OPCM 3431 per la prima volta viene considerato per la fascia <strong>di</strong> piano ilmeccanismo resistente corrispondente al modello a puntone, che può attivarsi solo se esistealmeno un elemento (cordolo, piattabanda, catena) resistente a trazione.La formulazione proposta dall’or<strong>di</strong>nanza è la seguente:H HpVpH ⎛⎞=p⋅ ⋅⎜1−⎟L ⎝ 0,85 fhd⋅ H ⋅ t ⎠[4.1]nella quale H p è il minimo valore tra la resistenza a trazione dell’elemento presente ed il40% della resistenza a compressione in orizzontale della sezione trasversale della fascia <strong>di</strong>piano (H p =0,4f hd Ht), che, in una schematizzazione <strong>di</strong> pannello murario soggetto a sforzonormale eccentrico ed a taglio, corrisponde all’incirca al valore dello sforzo normaleagente che fornisce la massima resistenza del pannello ad azioni taglianti.Come si vede l’or<strong>di</strong>nanza riconosce la possibilità <strong>di</strong> resistere a flessione grazie allapresenza <strong>di</strong> uno sforzo <strong>di</strong> compressione nella fascia; ma tale sforzo <strong>di</strong> compressione viene<strong>di</strong>menticato nella valutazione della resistenza a taglio per scorrimento della sezionetrasversale dell’elemento <strong>di</strong> fascia, per la quale viene proposta la formulazione:Vt= Htf[4.2]voessendo f vo la resistenza a taglio della muratura in assenza <strong>di</strong> sforzo normale.86


Invece il formarsi del puntone con conseguente compressione in orizzontale dellafascia comporta sicuramente un incremento della resistenza a taglio, analogamente aquanto avviene nei maschi murari. Per cui sembrerebbe opportuno non trascurare talecontributo, connesso alla massima resistenza a taglio ma non noto a priori come nelmaschio murario. In prima analisi si è considerata la seguente formula:V = Ht( f + 0.4 σ )[4.3]t vo nNella quale si tiene conto del pieno sviluppo <strong>di</strong> un comportamento a puntone nella fascia <strong>di</strong>piano generando uno sforzo normale H p =0,4f hd Ht. In realtà questa è solo un’ipotesi enecessita <strong>di</strong> una verifica sperimentale.È evidente che in assenza <strong>di</strong> azioni orizzontali non si attiva tale comportamento apuntone; pertanto, in presenza <strong>di</strong> soli carichi verticali, l’esiguo taglio corrispondente puòessere assorbito anche attraverso un comportamento locale ad arco.Per la valutazione delle capacità ultime <strong>di</strong> resistenza sismica delle pareti murarie,perseguita me<strong>di</strong>ante un’analisi non lineare, non è sufficiente definire la resistenzadell’elemento <strong>di</strong> fascia, ma è in<strong>di</strong>spensabile anche conoscerne le capacità deformative.Il modello a puntone suggerisce due modalità <strong>di</strong> valutazione del limite <strong>di</strong>deformabilità che, fortunatamente, conducono a risultati sufficientemente concordanti.LdHLLdHHLdFig. 4.8: Schema per la valutazione della deformazione ultima della fascia quando si attiva il meccanismo apuntoneIn primo luogo, in via semplificata, si può ipotizzare che la plasticizzazione delpuntone si estenda per un quarto della lunghezza del puntone in corrispondenza <strong>di</strong> ciascunestremo. Pertanto, considerando un comportamento del materiale ideale <strong>di</strong> tipo elasto87


plastico e facendo coincidere per semplicità l’asse del puntone con la <strong>di</strong>agonale geometricadel pannello (L d ), risulta un accorciamento totale limite del puntone pari a:LdΔl d= εmu⋅ [4.4]2essendo ε mu la deformazione unitaria ultima a compressione della muratura, ricavabile daprove <strong>di</strong> compressione semplice condotte in controllo <strong>di</strong> spostamento.A tale contrazione <strong>di</strong>agonale corrisponde, me<strong>di</strong>ante semplici considerazionigeometriche [Fig.4.8], una rotazione ultima della fascia pari a:φlimLd= Δ = 0.5ε+senα⋅ H HL2 2( H L )mu[4.5]dove h e l sono rispettivamente l’altezza e la lunghezza della fascia ed α l’inclinazionedella <strong>di</strong>agonale rispetto alla verticale.In alternativa si può assumere che la crisi del puntone corrisponda alla formazione <strong>di</strong>una cerniera plastica all’estremità della fascia. In questo caso, se si assume che lalunghezza della cerniera plastica sia pari all’estensione della zona plasticizzata e quin<strong>di</strong>alla larghezza del puntone [Calderoni 1989], la rotazione limite (φ lim ) risulta coincidentecon la deformazione unitaria ultima a compressione (ε mu ), cioè:φlim= ε[4.6]muSi può vedere quin<strong>di</strong> che nel caso <strong>di</strong> pannello <strong>di</strong> fascia tozzo (H ≅ L) le dueespressioni <strong>di</strong> φ lim coincidono. Viceversa per pannelli <strong>di</strong> fascia più snelli (H ≅ L/2) larotazione limite valutata con il primo modello è pari al 125% <strong>di</strong> quella risultante dalsecondo.In ogni caso, considerando che la rottura del pannello in cui si forma il puntone è ineffetti una rottura a taglio e che per le applicazioni pratiche <strong>di</strong> tipo non lineare è quin<strong>di</strong>richiesta la definizione <strong>di</strong> una cerniera plastica “a taglio”, è utile passare dalla rotazioneultima dell’estremità del pannello ad uno spostamento ultimo equivalente a taglio δ u [Fig.4.8], che definisce il limite deformativo della corrispondente cerniera. Si ha quin<strong>di</strong>:88


Lδu= 2φlim⋅ = φlim⋅ L[4.7]2Pertanto, riferendosi alla notazione utilizzata dall’Or<strong>di</strong>nanza per definire i limiti <strong>di</strong>deformabilità ammessi per i maschi murari, risulta:δuL= φ[4.8]limcon φ lim variabile, a seconda del modello considerato, tra ε mu ed 1.25 ε mu .Se si considera che per ε mu si possono adottare, in via cautelativa, valori compresi tra lo 0.5% e l’1.0 %, come evidenziato dalle prove <strong>di</strong> compressione a deformazione controllata, siritrovano per le fasce <strong>di</strong> piano valori numerici dello stesso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong> quelliforniti dall’Or<strong>di</strong>nanza per i maschi murari (δ u /L = 0.8% per la rottura a presso-flessione eδ u /L = 0.4% per la rottura a taglio).Nel caso <strong>di</strong> fascia confinata da cordoli e/o catene aderenti e dotata inoltre <strong>di</strong>interventi <strong>di</strong> rinforzo che escludano la crisi per meccanismo <strong>di</strong> taglio (crisi del puntone),può evidenziarsi un comportamento più duttile <strong>di</strong> tipo flessionale, caratteristico deglielementi “trave”.A <strong>di</strong>fferenza del caso <strong>di</strong> fascia confinata con tiranti localmente scorrevoli,caratterizzati da un valore costante dello sforzo assiale, il modello prevede nei cordoli,assimilabili ai due registri estremi <strong>di</strong> armatura <strong>di</strong> una sezione in cemento armato, unavariazione della sollecitazione lungo la luce del pannello, generalmente con nettainversione <strong>di</strong> segno. Il modello suggerito trae spunto dal comportamento <strong>di</strong> trave o <strong>di</strong> travetozza, a seconda dell’altezza della sezione trasversale della fascia, ove la muraturasostituisce il materiale calcestruzzo [Leonhardt, 1977]. Per attivare questo funzionamento,oltre all’aderenza dei cordoli ai pannelli <strong>di</strong> fascia è importante anche l’ancoraggio deglistessi nei no<strong>di</strong> rigi<strong>di</strong> della parete-telaio.Per calcolare il momento resistente della fascia schematizzata come una trave sipossono utilizzare le in<strong>di</strong>cazioni riportate dall’EC6 per la muratura armata. La normativaconsidera la presenza <strong>di</strong> sola armatura inferiore, fornendo i seguenti valori del momentoultimo resistente:89


- per la rottura lato acciaioMrd= As ⋅ fyd⋅ z[4.9]Con⎛ As⋅fyd⎞z = d⋅⎜1−0.5 ⎟≤0.95d⎝ b⋅d⋅fd⎠[4.10]- per la rottura lato muraturaM = β ⋅ f ⋅b⋅ d[4.11]rddcon β = 0.4 (nel caso specifico <strong>di</strong> muratura in pietra naturale o in mattoni pieni)essendo in entrambe le formule:b la larghezza della trave;d l’altezza efficace della trave;f d la resistenza <strong>di</strong> calcolo a compressione della muratura;f yd la resistenza <strong>di</strong> calcolo a trazione dell’acciaioPer trave a semplice armatura il coefficiente 0.4 determina un valore del momentoresistente ultimo (lato muratura) corrispondente a quello <strong>di</strong> una sezione a forte armatura(con <strong>di</strong>stanza dell’asse neutro dal lembo compresso pari a 0.69d) e quin<strong>di</strong> ad una crisi <strong>di</strong>tipo fragile per compressione della muratura con l’acciaio al limite <strong>di</strong> snervamento. Lostesso valore del momento resistente (lato muratura) viene però restituito dall’elementostrutturale con un comportamento molto più duttile ove mai si aggiunga armatura incompressione a partire dal rapporto tra armatura compressa e tesa pari a 0.3. Talecircostanza si verifica quasi sempre nei casi reali dove le fasce sono armate conabbondanza rispetto alle necessità sia superiormente (cordoli) che inferiormente(piattabande).Nel caso <strong>di</strong> travi corte (travi tozze con H/L> 0.5), caso peraltro abbastanza comune in<strong>e<strong>di</strong>fici</strong> esistenti, si utilizzano le stesse formulazioni considerando però, in accordo con lateoria delle travi tozze, un’altezza utile ridotta in funzione dello stesso rapporto tra altezza90


e lunghezza della trave.Per quanto riguarda la resistenza a taglio, l’EC6 in<strong>di</strong>ca che nel caso in cui non siapresente una specifica armatura trasversale, che rappresenta la maggioranza dellesituazioni reali, essa è data dalla somma della resistenza a taglio della muratura non armatacompresa tra gli elementi resistenti a trazione e quella del calcestruzzo del cordolo e dellapiattabanda (se sono in c.a.). L’aliquota <strong>di</strong> resistenza a taglio relativa alla muratura,analogamente a quanto prescritto nell’Or<strong>di</strong>nanza, viene valutata senza considerare ilcontributo offerto dall’eventuale sforzo normale che si può instaurare in <strong>di</strong>rezioneorizzontale. Pertanto si ha:Vsd= f ⋅b⋅ d essendo:vdfffvk vk 0vd= =[4.12]γMγMAnche in questo caso si ritiene invece che possa essere considerato nella valutazionedella resistenza a taglio della fascia anche il contributo attritivo connesso alla formazionedel puntone all’interno della fascia stessa durante l’evento sismico.È ovvio che nel caso in cui la trave sia specificamente armata a taglio si debbaconsiderare, in linea con i principi dello stato limite ultimo, oltre al contributo dellamuratura anche quello dato dalle armature stesse.Per la valutazione dei limiti <strong>di</strong> deformabilità delle fasce <strong>di</strong> piano che si comportanocome travi, nel caso <strong>di</strong> elementi snelli si potrebbe fare riferimento ai limiti <strong>di</strong> duttilitàvali<strong>di</strong> per le travi in cemento armato. D’altronde le parti estreme della sezione sono proprioi cordoli e le piattabande, per cui, se essi sono in cemento armato, sembrerebbe abbastanzaragionevole adottare i limiti <strong>di</strong> deformazione specifica vali<strong>di</strong> per il calcestruzzo, ottenendorotazioni limiti corrispondenti valutabili nell’or<strong>di</strong>ne dell’1- 2 %.Nella realtà le fasce <strong>di</strong> piano, almeno negli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> esistenti, sono sempre piuttostotozze, per cui sembrerebbe più opportuno riferirsi al comportamento delle pareti in c.a.piuttosto che a quello delle travi, anche in considerazione del fatto che l’attivazione delpuntone all’interno del pannello comporta comunque la presenza <strong>di</strong> sforzo normale <strong>di</strong>compressione nell’elemento strutturale. Pertanto è molto probabile che l’abbassamentodell’asse neutro e la non conservazione della sezione piana determinino, come nelle pareti,riduzioni anche significative delle capacità rotazionali della fascia. Ad esempionell’OPCM 3431 è prevista per le pareti in c.a. una riduzione <strong>di</strong> circa il 40 % dellarotazione ultima valutata per elementi snelli. D’altronde l’estensione della sezione91


trasversale rispetto alla lunghezza della trave rende anche piuttosto <strong>di</strong>fficile adottare neicalcoli non lineari i più semplici modelli a plasticità concentrata.Su questo argomento, però, mancano ancora sicuri riferimenti bibliografici basati sustu<strong>di</strong> esaustivi, in particolare per gli elementi in muratura, per cui è sicuramente necessarioapprofon<strong>di</strong>re la questione dal punto <strong>di</strong> vista sia teorico che sperimentale.4.2.3 Ruolo strategico della fascia <strong>di</strong> piano, per la riduzione della vulnerabilità sismicadella paretePer evidenziare il ruolo della fascia <strong>di</strong> piano nel comportamento sismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, si ècondotta un’analisi parametrica su pareti murarie a geometria regolare, caratterizzate dafasce <strong>di</strong> piano <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa altezza e da maschi murari <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e assortimento variabili.Le pareti poi sono state analizzate facendo variare la configurazione dei pannelli <strong>di</strong> fascia<strong>di</strong> piano nell’ambito <strong>di</strong> quelle descritte nei paragrafi precedenti.Fig. 4.9: Schema delle pareti analizzate: 1, 3, 5, 7 con fascia <strong>di</strong> altezza 0.5 m; 2, 4, 6, 8 con fascia <strong>di</strong> altezza1.0 m92


In Fig. 4.9 sono riportate le pareti considerate con l’in<strong>di</strong>cazione delle <strong>di</strong>mensioni deimaschi e delle fasce <strong>di</strong> piano.Sono stati considerati due gruppi <strong>di</strong> pareti, tutte simmetriche. Il primo gruppopresenta i maschi uguali, <strong>di</strong> larghezza 1.80 m, mentre il secondo è caratterizzato da maschicentrali più rigi<strong>di</strong>, aventi larghezza <strong>di</strong> 4.5 m, e laterali più snelli da 0.75 m. Nell’ambito <strong>di</strong>ciascun gruppo sono state considerate due <strong>di</strong>verse altezze della fascia <strong>di</strong> piano (0.5 e 1.0m) e due <strong>di</strong>verse altezze <strong>di</strong> parete (4 e 6 piani). Gli spessori variano tra 0.7 m e 0.5 m per lepareti <strong>di</strong> 6 piani, e tra 0.6 m e 0.5 m per quelle <strong>di</strong> 4 piani.Per analizzare la risposta sismica delle pareti si è utilizzata l’analisi statica nonlineare, che consente <strong>di</strong> determinare in modo abbastanza agevole la curva <strong>di</strong> capacità dellastruttura in relazione ad azioni orizzontali crescenti (push-over) con carichi verticalicostanti. Da tale curva è possibile ricavare in<strong>di</strong>cazioni sia sulla resistenza alle azioniorizzontali che sulla duttilità globale (intesa come rapporto tra spostamento massimoraggiunto e spostamento elastico equivalente). L’insieme <strong>di</strong> resistenza e duttilità consente<strong>di</strong> valutare la vulnerabilità sismica della parete. Per vulnerabilità sismica si intende qui lamassima accelerazione al suolo sopportabile dalla struttura, valutata riferendosi allo spettro<strong>di</strong> risposta elastico (fornito dall’OPCM 3431 per un suolo <strong>di</strong> tipo B) ridotto in relazionealla capacità plastica della struttura (ricavata dalla curva <strong>di</strong> push-over), me<strong>di</strong>ante uncoefficiente <strong>di</strong> struttura determinato, caso per caso, in funzione del periodo principale edella duttilità globale. Come consentito dalla norma, tutte queste valutazioni sono statesvolte considerando la struttura complessa (cioè a più gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> liberta) ridotta ad unoscillatore semplice equivalente sulla base dei risultati della push-over.Nella determinazione delle curve <strong>di</strong> push-over sono state considerate due <strong>di</strong>fferenti<strong>di</strong>stribuzioni <strong>di</strong> forze orizzontali lungo l’altezza delle pareti: la prima proporzionale<strong>di</strong>rettamente alle masse <strong>di</strong> piano e la seconda proporzionale al prodotto delle masse per glispostamenti corrispondenti al primo modo <strong>di</strong> vibrare.La vulnerabilità è stata valutata per lo SLU, arrestando l’analisi quando il primoelemento strutturale raggiunge lo spostamento ultimo definito, accettando quin<strong>di</strong> un livello<strong>di</strong> danneggiamento basso. Infatti, la parete in muratura è ancora in grado <strong>di</strong> sopportare leforze sismiche pur subendo un degrado <strong>di</strong> rigidezza.Si è ipotizzato che le pareti siano costituite da muratura <strong>di</strong> tufo avente le seguenticaratteristiche meccaniche:93


f m 1.85 N/mm 2f vmo 0.1 N/mm 2E 3000 N/mm 2G 1200 N/mm 2w 17 kN/m 3Tab. 4.1: Caratteristiche meccaniche della muratura considerataPer quanto riguarda i carichi verticali, oltre al peso proprio della parete, si èconsiderato ad ogni piano un carico <strong>di</strong>stribuito <strong>di</strong> 19.25 kN/m, corrispondente ad un solaioportato <strong>di</strong> circa 6 m <strong>di</strong> luce.L’analisi non lineare è stata svolta su un modello semplificato a telaio delle pareti. Inesso le aste, dotate <strong>di</strong> deformabilità estensionale oltre che flessionale tagliante,corrispondono ai maschi murari ed ai pannelli <strong>di</strong> fascia <strong>di</strong> piano, mentre le zone <strong>di</strong> nodosono state schematizzate con tratti infinitamente rigi<strong>di</strong>.Tutte le aste presentano alle estremità cerniere plastiche. Nella valutazione delmomento flettente plastico corrispondente si è tenuto conto in modo opportuno dellapresenza o meno dello sforzo normale <strong>di</strong> compressione. Tale sforzo è stato sempreconsiderato presente nei maschi murari, variabile in funzione delle forze esterne, mentre èstato portato in conto nelle fasce <strong>di</strong> piano, con un valore costante, solo quando si èutilizzata la schematizzazione a puntone.Inoltre, per tutti gli elementi strutturali, si è inserita una cerniera plastica “a taglio”,che consente <strong>di</strong> tener conto della possibilità <strong>di</strong> occorrenza <strong>di</strong> rotture a taglio prima <strong>di</strong> quelleflessionali. Il valore del taglio <strong>di</strong> “plasticizzazione” <strong>di</strong> tali cerniere è stato valutato, neimaschi murari, con riferimento sia alla rottura a taglio per scorrimento che alla rottura ataglio per fessurazione <strong>di</strong>agonale.Per i maschi murari si è considerata una rotazione plastica ultima a flessione (δ/H) <strong>di</strong>0.8% ed una deformazione ultima a taglio (δ/H) pari a 0.4%, essendo H l’altezza delmaschio.Le analisi sono state svolte considerando 3 <strong>di</strong>versi comportamenti statici della fascia<strong>di</strong> piano, ciascuno corrispondente ad una <strong>di</strong>versa tipologia morfologica. In particolare sonostate analizzate: la fascia priva <strong>di</strong> qualsiasi affidabile elemento resistente a trazione (fasciadebole), la fascia dotata <strong>di</strong> almeno un elemento resistente a trazione (anche non aderente) ela fascia dotata <strong>di</strong> due elementi (superiore ed inferiore) entrambi “aderenti” e resistenti atrazione.94


Nel primo caso l’elemento murario <strong>di</strong> fascia non presenta in pratica alcuna resistenzaflessionale ed è quin<strong>di</strong> privo <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> accoppiamento tra i maschi, riducendosi ad unpendolo nella schematizzazione della parete. In realtà, poiché la deformazione dei maschi(quand’anche ridotti a mensole) costringe le fasce a deformarsi, è in ogni caso necessarioverificare se la rotazione subita dalle estremità dell’elemento orizzontale sia compatibilecon le sue capacità deformative. In altri termini, pur non collaborando al meccanismoresistente della parete, la fascia <strong>di</strong> piano si rompe per eccesso <strong>di</strong> deformazione; dato che leanalisi sono state condotte raggiungendo uno stato <strong>di</strong> danno ridotto per la parete si èadottato un limite <strong>di</strong> rotazione pari a 0.4%Pertanto ai soli fini operativi la fascia debole viene comunque modellata con unelemento trave dotata <strong>di</strong> cerniere plastiche flessionali all’estremità, aventi però momentiplastici irrisori e limitate rotazioni plastiche ultime. In tal modo si simula l’incapacità dellafascia a resistere a sforzi <strong>di</strong> trazione anche piccoli in assenza <strong>di</strong> un qualche elementoresistente a trazione o comunque <strong>di</strong> uno sforzo normale <strong>di</strong> compressione in orizzontale. Inparticolare, per la rotazione ultima si è considerato un valore, in prima analisi moltocautelativo, pari a 0.4%.Nel secondo caso il modello <strong>di</strong> comportamento dell’elemento <strong>di</strong> fascia è quello <strong>di</strong>puntone. Pertanto nello schema <strong>di</strong> telaio i traversi sono stati modellati con elementi traveprivi <strong>di</strong> cerniere plastiche flessionali alle estremità, ma dotati <strong>di</strong> una “cerniera plastica ataglio” avente resistenza limite pari al massimo taglio sopportabile dallo schema <strong>di</strong>puntone. Non si è adottata la formulazione relativa alla formazione <strong>di</strong> meccanismi <strong>di</strong> taglioclassicocce non tiene conto del contributo dello sforzo normale. I limiti <strong>di</strong> deformabilitàconsiderati sono quelli relativi allo stesso schema, già riportati al par. 4.2.2.Nel terzo caso l’elemento <strong>di</strong> fascia, come già detto, si comporta effettivamente comeuna trave. Pertanto i traversi sono stati modellati con elementi trave a plasticità concentratacon limiti <strong>di</strong> resistenza (momenti plastici) e deformativi (rotazione ultima) relativi a taleschema (ve<strong>di</strong> par. 4.2.2 ). Si noti che, per semplicità, ma anche perché le <strong>di</strong>mensioni dellefasce <strong>di</strong> piano rientrano all’incirca nei corrispondenti limiti geometrici, sono state adottati ivalori relativi alle travi non tozze, con un limite <strong>di</strong> rotazione ultima pari all’1.5%. Per imomenti plastici si è ipotizzato che le armature presenti nei cordoli e nelle piattabandefossero comunque sufficienti a permettere il raggiungimento del massimo momentoflettente corrispondente alla rottura lato muratura.95


Con riferimento a quest’ultimo caso le pareti sono state analizzate nuovamente<strong>di</strong>minuendo opportunamente i momenti plastici delle travi, cercando <strong>di</strong> migliorare in talmodo la vulnerabilità delle pareti stesse. Si tratta in pratica <strong>di</strong> “calibrare” la resistenza dellefasce <strong>di</strong> piano in relazione a quella dei maschi murari, applicando una sorta <strong>di</strong> criterio <strong>di</strong>gerarchia delle resistenze [Calderoni et al., 2004].La “calibrazione” della resistenza delle fasce è possibile nella realtà, in quanto èfacile ridurre in modo opportuno (entro certi limiti) l’armatura nei cordoli e/o nellepiattabande oppure l’entità dei rinforzi nel caso <strong>di</strong> ristrutturazioni.Con questa operazione <strong>di</strong>minuisce la resistenza ultima della parete ma ne aumenta laduttilità globale, in quanto l’evoluzione delle plasticizzazioni <strong>di</strong>viene più favorevole,privilegiando la formazione <strong>di</strong> cerniere nelle travi prima che nei maschi murari.2000160012008004000F b (kN)PGA=0,06gPARETE 1PGA=0,33gFascia debolePuntoneTraveFascia calibrataPGA=0,44gPGA=0,49gδ top (m)0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,126 piani, H fascia = 0.5 m 6 piani, H fascia = 1.0 m200016001200800400F b (kN)P.G.A.=0,43gPARETE 2P.G.A.=0,30gP.G.A.=0,46gFascia debolePuntoneTraveFascia calibrataP.G.A.=0,06gδ top (m)0.0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,1220001600F b (kN)PARETE 3Fascia debolePuntoneTraveFascia calibrata20001600F b (KN)PARETE 4Fascia debolePuntoneTraveFascia calibrata1200800P.G.A.=0,52gP.G.A.=0,59g1200800P.G.A.=0,54gP.G.A.=0,38gP.G.A.=0,63g4000P.G.A.=0,07gP.G.A.=0,36gδ top (m)0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,124 piani, H fascia = 0.5 m 4 piani, H fascia = 1.0 mFig. 4.10: Push-over per le pareti 1, 2, 3, 44000P.G.A.=0,07gδ top (m)0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12Nei telai analizzati in questo lavoro la calibratura si è attuata riducendo nella stessapercentuale il momento resistente <strong>di</strong> tutte le fasce <strong>di</strong> piano. È ovvio che sarebbe possibile,anche se più complesso, procedere ad una calibrazione più mirata, <strong>di</strong>versa per ciascunelemento <strong>di</strong> fascia.Nelle Figg. 4.10 e 4.11 sono riportate le curve <strong>di</strong> capacità, ottenute come detto,relative alle pareti analizzate per tutte le <strong>di</strong>verse tipologie considerate per le fasce <strong>di</strong> piano.96


Nella stesse figure sono in<strong>di</strong>cati anche i corrispondenti valori calcolati della vulnerabilitàsismica, espressa in PGA.Come preve<strong>di</strong>bile il ruolo della fascia <strong>di</strong> piano si rivela determinante ai fini delcomportamento della parete, sotto l’aspetto sia della resistenza che della duttilità.Prima <strong>di</strong> tutto risulta evidente il miglioramento che si consegue anche con la solaintroduzione a livello <strong>di</strong> fascia <strong>di</strong> un elemento tenso-resistente, che permette l’attivazione<strong>di</strong> un meccanismo a puntone. Infatti, passando dalla parete con le fasce deboli a quella conle fasce funzionanti a puntone, la vulnerabilità sismica passa da un minimo <strong>di</strong> 0.06g per lafascia debole ad un minimo <strong>di</strong> 0.29g per la fascia a puntone.È evidente che mentre il valore <strong>di</strong> 0.06 g è assolutamente insufficiente per sopportareterremoti reali, il valore <strong>di</strong> 0.29g rappresenta una capacità <strong>di</strong> resistere efficacemente aterremoti relativi anche alle zone sismiche <strong>di</strong> II categoria. D’altronde è ben nota l’efficaciache hanno avuto i semplici interventi <strong>di</strong> incatenamento (con catene scorrevoli) <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>antichi, come quelli effettuati su molti fabbricati del centro storico <strong>di</strong> Napoli dopo ilterremoto del 1930.200016001200F b (KN)PARETE 5P.G.A.=0,40gFascia debolePuntoneTraveFascia calibrata200016001200F b (KN)PG.A. = 0,39gPARETE 6P.G.A. = 0,70gFascia debolePuntoneTraveFascia calibrata800P.G.A.=0,29 gP.G.A.=0,52g800P.G.A. = 0,49g400P.G.A.=0,07 g400P.G.A. = 0,08gδ top (m)δ top (m)000,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,126 piani, H fascia = 0.5m 6 piani, H fascia = 1.0m200016001200F b (kN)P.G.A.=0,46gPARETE 7Fascia debolePuntoneTraveFascia calibrata200016001200F b (KN)P.G.A.= 0,46gPARETE 8P.G.A.= 0,75gFascia debolePuntoneTraveFascia calibrata800P.G.A.=0,38gP.G.A.=0,51g800P.G.A.= 0,59g400P.G.A.=0,14g400P.G.A.= 0,13g0δ top (m)0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,124 piani, H fascia = 0.5m 4 piani, H fascia = 1.0mFig. 4.11: Push-over per le pareti 5, 6, 7, 8.0δ top (m)0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12L’ulteriore rafforzamento delle fasce <strong>di</strong> piano con cordoli e piattabande aderenticomporta un ulteriore sensibile incremento sia <strong>di</strong> resistenza che duttilità. In questi casi si97


arriva a vulnerabilità sismiche dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 0.40g con punte anche <strong>di</strong> 0.75g. Taleconfigurazione della fascia <strong>di</strong> piano è peraltro quella corrispondente agli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong> nuovarealizzazione (i cosiddetti <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> della 3a classe), per cui si rileva ancora una volta che taletipologia costruttiva è in realtà notevolmente affidabile in zona sismica, e che valori delcoefficiente <strong>di</strong> struttura anche superiori a 3 siano applicabili anche agli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura,se assimilabili a tale classe.Per quanto riguarda i casi <strong>di</strong> fascia calibrata, si osserva che i miglioramenticonseguiti in termini <strong>di</strong> vulnerabilità sismica non sono significativi ed a volte si hannoanche peggioramenti. Pertanto, almeno per la casistica considerata, non sembrerebbeparticolarmente conveniente adottare una procedura iterativa <strong>di</strong> riduzione generalizzatadella resistenza delle fasce <strong>di</strong> piano, come quella utilizzata nei casi qui presentati.I risultati ottenuti sono abbastanza costanti anche al variare della geometria dellepareti e delle fasce <strong>di</strong> piano, a parità <strong>di</strong> comportamento strutturale degli elementi <strong>di</strong> fascia.Viceversa è abbastanza ovvio che le pareti più basse presentino livelli <strong>di</strong> sisma sopportabilipiù alti, anche se il comportamento globale esibito non si <strong>di</strong>fferenzia moltoall’incrementarsi del numero dei piani. Allo stesso modo, per le pareti più alte, ad unariduzione <strong>di</strong> resistenza si accompagna un incremento <strong>di</strong> deformabilità (e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> duttilità)con un comportamento complessivo comunque piuttosto buono.Si ha che il collasso viene raggiunto sempre per attingimento della rotazione ultimain qualche cerniera plastica o dei maschi murari o delle travi. Viceversa, mentre spesso siraggiunge il limite <strong>di</strong> resistenza a taglio in alcuni dei maschi murari, mai, nei casi stu<strong>di</strong>ati,si è arrivati alla rottura per deformazione ultima per taglio.C’è da notare però che, nel caso <strong>di</strong> fasce <strong>di</strong> piano funzionanti a puntone, l’attivazionedella cerniera plastica corrisponde ad un comportamento limite a taglio e presso flessionecombinato, per cui l’attingimento della deformazione ultima non è da considerarsi comeuna vera e propria rottura a flessione in quanto coinvolge anche il funzionamento a taglio.Si ricorda ancora che nel caso <strong>di</strong> fasce <strong>di</strong> piano con comportamento a trave, la rotturaa taglio dei traversi non si è considerata possibile, in quanto è implicito il fatto che bisognagarantire all’elemento un comportamento il più duttile possibile, prendendo gli opportuniprovve<strong>di</strong>menti in termini <strong>di</strong> resistenza a taglio.Nel caso <strong>di</strong> fasce <strong>di</strong> piano deboli, come ovvio, i maschi murari si comportano comemensole a tutta altezza e, quin<strong>di</strong>, nel caso specifico, raggiungono il momento ultimo allabase. La rottura della parete, però, è dovuta all’eccesso <strong>di</strong> deformazione degli elementi <strong>di</strong>98


fascia ai piani più alti, con<strong>di</strong>zionando quin<strong>di</strong> pesantemente la capacità della parete asopportare il sisma.Le <strong>di</strong>mensioni delle fasce <strong>di</strong> piano sono chiaramente ininfluenti, in questo caso, sulladeformata a collasso delle pareti. Viceversa, negli altri casi (fascia-puntone e fascia-trave),la maggiore altezza degli elementi orizzontali, pur non influenzando in manierasignificativa la vulnerabilità della parete in termini <strong>di</strong> PGA, sposta la configurazionedeformata a collasso della parete verso meno rassicuranti meccanismi <strong>di</strong> piano, con rotturefinali a flessione nei maschi murari e con un maggiore impegno a taglio dei maschi stessi,che spesso raggiungono i corrispondenti limiti <strong>di</strong> resistenza; ciò soprattutto quando le<strong>di</strong>mensioni dei maschi sono paragonabili a quelle delle fasce <strong>di</strong> piano (pareti del primogruppo) e quando queste ultime sono maggiormente resistenti (fascia-trave). Ed infatti siverificano rotture a taglio nei maschi murari per fessurazione <strong>di</strong>agonale solo nel caso <strong>di</strong>fasce <strong>di</strong> piano alte con comportamento a trave. Miglioramenti significativi in tal senso sihanno calibrando la resistenza delle fasce rispetto a quella dei maschi (fascia calibrata): intal modo si riesce sempre ad evitare che le rotture avvengano nei ritti e si riduce in modosignificativo anche la formazione <strong>di</strong> cerniere a taglio negli stessi ritti, restituendo quin<strong>di</strong>vali<strong>di</strong>tà alle procedure <strong>di</strong> progetto basate sui criteri <strong>di</strong> capacity design.L’analisi parametrica mette in luce il ruolo strategico della fascia <strong>di</strong> piano neiconfronti della risposta sismica degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, quando l’impalcato consente <strong>di</strong> impegnare lepareti come controventi (nel proprio piano). Infatti la configurazione strutturale deipannelli <strong>di</strong> fascia, che può assumere assetti molto <strong>di</strong>versi nel costruito storico e/o a seguito<strong>di</strong> possibili interventi <strong>di</strong> consolidamento, determina, alla luce delle modellazioni esaminatee delle analisi numeriche svolte, comportamenti sismici delle pareti molto <strong>di</strong>versi.Questo risultato può essere utile anche per limitare il consolidamento dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>oalle sole fasce determinando così un intervento strutturale moderato e quin<strong>di</strong>maggiormente compatibile con le esigenze <strong>di</strong> conservazione del fabbricato.Dato il ruolo strategico che assume la fascia <strong>di</strong> piano nel determinare ilcomportamento sismico della struttura e gli scarsi riferimenti presenti sia in normativa chein letteratura e le problematiche riscontrate nella modellazione del comportamentomeccanico si è deciso <strong>di</strong> svolgere una campagna sperimentale per indagare ilcomportamento sismico della fascia <strong>di</strong> piano con la presenza <strong>di</strong> una catena nel caso <strong>di</strong>evento sismico.99


Capitolo 5<strong>Analisi</strong> sperimentali sull’elemento fascia “storico” e “moderno”5.1 In<strong>di</strong>viduazione delle tipologie strutturali delle fasce <strong>di</strong> pianoAppurato il ruolo strategico che assume la fascia nel determinare il comportamento sismicodella parete muraria e quin<strong>di</strong> dell’intero <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in muratura e la mancata chiarezza daparte delle normative vigenti europee e americane nel considerare in modo univocol’efficacia dell’accoppiamento della fascia, si è focalizzata l’attenzione sul comportamentomeccanico che questo elemento ha durante un evento sismico.Si è quin<strong>di</strong> condotta una campagna sperimentale su elementi murari in scala ridotta(1:10) per valutare non solo i valori <strong>di</strong> resistenza, ma anche le capacità deformative <strong>di</strong> taleelemento (del tutto sottaciute al momento dalla normativa italiana OPCM 3274).Partendo dalle <strong>di</strong>verse morfologie che la fascia può assumere nel costruito storico riportatenel par. 4.2.1 si possono considerare tre <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> comportamento strutturale.a) fascia priva <strong>di</strong> significativa capacità <strong>di</strong> accoppiamento (fascia debole)Questa tipologia comprende le fasce <strong>di</strong> piano caratterizzate da piattabande ad arco ocon elementi lignei o metallici semplicemente appoggiati, senza ancoraggi, alle spalle deivani. Esse sono tipiche degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> più antichi con orizzontamenti a volte o con solai contravi parallele in legno od acciaio e sono prive in pratica <strong>di</strong> qualsiasi elemento tensoresistente[Fig. 4.4]. In genere alla loro conseguente "debolezza" è associata anchel’inaffidabilità dell’impalcato ad assicurare un comportamento a <strong>di</strong>aframma rigido.La mancanza <strong>di</strong> affidabile resistenza a trazione della muratura comporta l'incapacità<strong>di</strong> resistere a taglio e flessione e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> accoppiare i maschi murari se la parete èsoggetta a forze orizzontali.b) fascia con comportamento a puntone (fascia-catena)In questa tipologia rientrano le fasce <strong>di</strong> piano dotate <strong>di</strong> almeno un elementoorizzontale resistente a trazione, che sia efficacemente ancorato in modo da impe<strong>di</strong>respostamenti relativi tra i singoli pannelli della fascia [Fig. 4.6]. Pertanto può nascereall'interno della fascia <strong>di</strong> piano uno sforzo normale orizzontale <strong>di</strong> compressione (<strong>di</strong> valore100


non noto) che rende il pannello simile ad un maschio murario, con un comportamento apuntone equivalente (Magenes et al., 2000), (Liberatore, 2000). La <strong>di</strong>fferenza sostanziale èche nel pannello <strong>di</strong> fascia il valore dello sforzo normale che nasce al suo interno e deltaglio che il pannello stesso può trasmettere sono in relazione <strong>di</strong>retta tra loro (Calderoni etal., 2007), mentre nei maschi murari lo sforzo normale è noto e non <strong>di</strong>pende dal taglioagente.In ogni caso la possibilità <strong>di</strong> attivarsi <strong>di</strong> tale meccanismo, come si mostrerà nelseguito, <strong>di</strong>pende anche dalla forma (snellezza) del pannello <strong>di</strong> fascia.c) fascia con comportamento a trave (fascia-trave)In questa categoria rientrano tutte le fasce <strong>di</strong> piano dotate <strong>di</strong> armature aderenti siainferiormente che superiormente (sotto forma ad es. <strong>di</strong> cordoli, piattabande ben ammorsateo continue, catene aderenti etc.) [Fig. 4.5]. È possibile allora l'attivazione <strong>di</strong> un vero eproprio comportamento flessionale a trave, con resistenza a taglio e a flessionepraticamente <strong>di</strong>saccoppiate e valutabili come per una trave in muratura armata. È chiaroperò che, in mancanza <strong>di</strong> specifiche armature, il taglio trasmissibile è limitato comunquedalla resistenza a taglio del materiale muratura, che costituisce la parte centrale (anima)della trave e non già dai massimi momenti flettenti sopportabili dalle estremità della trave.5.2 Caratterizzazione morfologica delle fasce <strong>di</strong> piano storiche in areanapoletanaSi sono condotte ricerche sulle caratteristiche morfologiche e <strong>di</strong>mensionali delle fasce <strong>di</strong>piano nel costruito storico napoletano per i tre cronotipi fondamentali – in<strong>di</strong>viduati per glielementi in muratura or<strong>di</strong>naria – che caratterizzano l’e<strong>di</strong>lizia storica napoletana in tufogiallo tra il XVI e il XX secolo, <strong>di</strong> cui si è <strong>di</strong>scusso nel par. 2.2. Tali caratteri costruttivisono stati identificati nel corso <strong>di</strong> sopralluoghi coor<strong>di</strong>nati dal prof. arch. Luigi Guerriero e irisultati del lavoro sono anticipati in parte in: Calderoni B., Cordasco E.A., Guerriero L.,Lenza P.: Experimental analysis of spandrels in historical and modern URM buil<strong>di</strong>ngs inNaples area (c.s.).101


In particolare si sono precisati i caratteri determinati dalla speciale funzionecostruttiva assolta dalle fasce <strong>di</strong> piano, che consiste nel trasferimento del suo peso proprioe <strong>di</strong> parte del solaio o della volta ai maschi murari a<strong>di</strong>acenti il vano.In questi elementi costruttivi speciali si viene ad instaurare un meccanismo ad arco,per cui pur presentando la fascia un intradosso orizzontale o leggermente arcuato i concisono <strong>di</strong>sposti <strong>di</strong> coltello, così da poter trasmettere meglio gli sforzi <strong>di</strong> compressione, con laconfigurazione tipica dell’arco, svolta però nel caso particolare <strong>di</strong> freccia nulla.Tutti i trattatisti dell’Ottocento hanno considerato il vano con profilo intradossalepiano come un caso particolare dell’arco a freccia nulla in<strong>di</strong>cando come <strong>di</strong>sposizioneottimale per i conci quella per cui le facce degli elementi lapidei avessero dei piani <strong>di</strong>taglio tali che il loro prolungamento si congiungesse in un unico punto. Nella realtàcostruttiva si è potuto osservare tale tendenza, pur non essendo rigorosamente rispettata.Si ha quin<strong>di</strong> che sull’apertura è allestito un archetto ad intradosso orizzontale,realizzato con elementi lapidei appositamente lavorati, sovrapposti per due o tre or<strong>di</strong>ni, cheoccupa una parte a volte significativa dell’estensione della fascia muraria.Talvolta, la struttura ad arco presenta un profilo intradossale lievemente rialzato,regolarizzato con alcuni piccoli conci sagomati a cuneo o con materiale minuto (confunzione <strong>di</strong> casseforma), sostenuti da tavole lignee <strong>di</strong> modesto spessore.In alcuni casi si è riscontrata la presenza <strong>di</strong> fasce or<strong>di</strong>te secondo le caratteristichetipiche del cronotipo a cui appartengono (a filari o a cantieri) sovrapposti su tavole lignee<strong>di</strong> altezza pari a 7-9 cm che interessano l’intero spessore. Ciò si è potuto osservare nellamaggior parte dei casi per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> a carattere rurale, per i vani <strong>di</strong> luci piccole <strong>di</strong>sposti alprimo o al massimo al secondo piano, con parti <strong>di</strong> muro superiore non eccessivamente alte;si evidenzia, comunque, una particolare conformazione <strong>di</strong> tali elementi, pur noninterrompendo la continuità del partito murario.Ad esemplificazione <strong>di</strong> tale tipologia si riportano in Fig. 5.1 i particolari dei due vanidella facciata ovest della masseria Prati, sita nel comune <strong>di</strong> Piana <strong>di</strong> Monteverna (CE),databile alla fine dell’Ottocento. Si nota sia per l’apertura del primo piano che del secondola <strong>di</strong>sposizione dei conci a filari <strong>di</strong>sposti su tavole non efficacemente ammorsate sui muria<strong>di</strong>acenti, portando in un caso al suo sfilamento. Per il vano del primo piano i conci, quasitutti <strong>di</strong> forma quadrata, sono <strong>di</strong>sposti in modo tale da ottenere un profilo intradossaleleggermente arcuato, tanto che la piattabanda non sembra svolgere alcuna funzione <strong>di</strong>sostegno. La piattabanda al secondo piano è costituita da cinque elementi lapidei, <strong>di</strong>sposti102


<strong>di</strong> fascia, <strong>di</strong> forma <strong>di</strong>fferente rispetto a quelli che caratterizzano il partito murario; <strong>di</strong>altezza tale che sommata allo spessore della piattabanda lignea raggiungono la quota deifilari a<strong>di</strong>acenti. Risulta <strong>di</strong> particolare interesse la forma marcatamente cuneiforme delconcio <strong>di</strong> chiave e il taglio obliquo delle facce dei due conci addossati.a)Fig. 5.1: Piana <strong>di</strong> Monteverna (CE), masseria Prati, particolari della fronte <strong>di</strong> ingresso.b)In Figg. 5.2 e 5.3 si riportano i prospetti <strong>di</strong> due <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> rurali, siti a Casoria (NA) inlocalità Lufrano, databili a metà Ottocento. In entrambi i casi gli elementi lapidei del primofilare, appoggiati almeno inizialmente su una piattabanda lignea, sono blocchetti <strong>di</strong> tufo <strong>di</strong>larghezza inferiore rispetto ai conci a<strong>di</strong>acenti e con un rapporto <strong>di</strong> forma h:l inferiore ad1:1.Fig. 5.2: Casoria (NA), località Lufrano103


Fig. 5.3: Casoria (NA), località LufranoFig. 5.4: Napoli, ospedale “Incurabili” fronte su via LongoSi è riscontrato che in tutti i casi in cui era necessaria la presenza <strong>di</strong> un elementoresistente a flessione venivano utilizzate delle tavole lignee che, in talune occasioni, sonostate sostituite in seguito a lavori <strong>di</strong> ristrutturazione o rinforzo da putrelle in ferro o da traviin calcestruzzo armato. Tale caso si può osservare in Fig. 5.4 dove è rappresentato un vanodel prospetto orientale dell’ospedale gli Incurabili, al <strong>di</strong> sopra del quale è stato inserito unelemento in calcestruzzo armato, efficacemente ancorato nelle spalle dei muri a<strong>di</strong>acenti,con lo scopo <strong>di</strong> mantenere la parte <strong>di</strong> muro superiore.104


Per meglio valutare i caratteri morfologici delle fasce appartenenti ai tre cronotipi sisono redatte delle schede fotografiche e <strong>di</strong> rilievo (sommario) dei prospetti a vista in cuifosse chiara la tessitura muraria adoperata per apparecchiare l’elemento <strong>di</strong> fascia [Fig. 5.5].Si è evidenziato in primo luogo la morfologia della fascia nella sua globalità, data sia dalrapporto dell’altezza <strong>di</strong> muratura compresa tra due vani successivi in elevazione e la lucedell’apertura (H/L), sia dal rapporto tra l’altezza della piattabanda e quella della fascia(H 1 /H). Successivamente vengono analizzate le peculiarità della tessitura dell’archetto e glielementi morfologicamente caratterizzanti, evidenziando le <strong>di</strong>mensioni dei conci <strong>di</strong> tufo<strong>di</strong>sposti <strong>di</strong> coltello (l c , h c ) e confrontandole con quelle degli elementi or<strong>di</strong>nari cheinteressano la restante muratura (l t , h t ). Infine è stato evidenziato in che modo viene risoltoil passaggio dall’apparecchiatura della piattabanda a quella tipica del cronotipo, dalla cuiosservazione si può evincere se la piattabanda è stata costruita contemporaneamente allepareti o in una fase successiva. In Fig. 5.5 è mostrato uno schema <strong>di</strong> rilevo <strong>di</strong> una fascia <strong>di</strong>piano, in cui sono in<strong>di</strong>cate le grandezze considerate per valutarne le caratteristichemorfologiche.Fig. 5.5: Rappresentazione <strong>di</strong> fascia e delle <strong>di</strong>mensioni analizzateIl rinvenimento <strong>di</strong> poche fasce appartenenti al XVI ed al XVII secolo durante isopralluoghi svolti non permette <strong>di</strong> dare precise in<strong>di</strong>cazioni, pur essendo lecito supporreche le stesse siano allestite a cantieri, per cui le piattabande sono spesso costituite dasemplici tavole lignee. Talvolta però si rinvengono anche piattabande ad arco realizzate105


con scapoli <strong>di</strong> tufo giallo <strong>di</strong> modeste <strong>di</strong>mensioni, grossolanamente sagomati a cuneo, congiunti <strong>di</strong> malta <strong>di</strong> notevole spessore. La stabilità della fascia è assicurata dalla buonaqualità della malta che determina una omogeneità della corrispondente muratura.Un maggior numero <strong>di</strong> casi è stato, invece, possibile raccogliere per le tipologieapparecchiate a filari del XVIII e del XX secolo.Per le fasce tardo–settecentesche e ottocentesche, spesso, si è riscontrato nellapiattabanda l’uso <strong>di</strong> due o tre filari <strong>di</strong> laterizi in combinazione ai conci <strong>di</strong> tufo,probabilmente proprio per la funzione particolare che questa assolve nel trasferimento deicarichi.Le fasce osservate sono per la maggior parte tozze (H/L>1) fino a valori <strong>di</strong> 2 conun’estensione della piattabanda pari a circa il 30-50% della fascia; solo in rari casi è pari al100%.In sintesi le fasce settecentesche sono realizzate a filari <strong>di</strong> bozzette, con piattabandesottostanti realizzate con elementi lapidei d’altezza pari a quella del pietrame destinato aiparamenti e <strong>di</strong> lunghezza leggermente inferiore. In questo caso i giunti <strong>di</strong> malta sonopiuttosto grossi, consentendo una scarsa lavorazione a cuneo degli elementi <strong>di</strong>sposti <strong>di</strong>coltello. Le piattabande hanno gli intradossi piani, costituiti raramente da sottoarchi,eventualmente realizzati con materiale minuto e malta.Ad esemplificazione <strong>di</strong> questa tipologia si riportano le fasce rinvenute a Napoli, in un<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o fondato nell’alto Me<strong>di</strong>oevo sito alla via S. Biagio dei Librai al n° 36, cheestesamente consolidato nel XVIII secolo, presenta un’elevata complessità data dallamancata omogeneità della tessitura muraria, assumendo <strong>di</strong>fferenti soluzioni anche per glielementi <strong>di</strong> fascia.La piattabanda lapidea all’estremità sinistra del secondo impalcato [Scheda 5.1] ècostituita da un doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo alternati a due filari <strong>di</strong> mattoni conconnessure orizzontali sfalsate e si estende per circa la metà dell’elemento murario al <strong>di</strong>sopra del vano. I conci non presentano una particolare lavorazione a cuneo e sonoleggermente più alti (h c > h t ) e <strong>di</strong> lunghezza inferiore (l c < l t ) rispetto agli elementi or<strong>di</strong>nari.Si nota una sostanziale continuità <strong>di</strong> tessitura tra la piattabanda e la parte <strong>di</strong> muraturaa<strong>di</strong>acente.All’estremità destra dello stesso impalcato [Scheda 5.2] si osserva una fasciarealizzata con soli conci <strong>di</strong> tufo <strong>di</strong> forma leggermente più tozza rispetto agli elementi deisetti murari. Pur non essendo particolarmente sagomati, gli elementi lapidei sono <strong>di</strong>sposti106


con le facce inclinate, realizzando una superficie <strong>di</strong> estradosso orizzontale ed un profilo <strong>di</strong>intradosso leggermente curvo ottenuto con una casseforma costituita da malta e materialeminuto stesa su una piattabanda lignea. La realizzazione della fascia sembra avvenuta insostanziale continuità con le parti <strong>di</strong> muro a<strong>di</strong>acenti.In corrispondenza del terzo e quarto impalcato [Scheda 5.3] sono visibili due fasceinteramente in conci <strong>di</strong> tufo, <strong>di</strong>sposti in verticale probabilmente per due filari, della stessa<strong>di</strong>mensione e forma <strong>di</strong> quelli adoperati per realizzare la tessitura or<strong>di</strong>naria.In un altro <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o, in via Longo, si possono osservare all’ultimo piano fasce moltotozze (H/L=2) [Scheda 5.4], apparecchiate con un doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> elementi lapidei,sostanzialmente analoghi ai conci <strong>di</strong> tufo dei paramenti murari a<strong>di</strong>acenti rispetto ai quali sinota una continuità <strong>di</strong> soluzione.Sul prospetto orientale dell’Albergo dei Poveri [Scheda 5.5] si osservano fascesettecentesche con tessitura omogenea, costituite da tre or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo <strong>di</strong>sposti inverticale, alternati a tre strati <strong>di</strong> elementi laterizi con letti <strong>di</strong> malta orizzontaliaccuratamente sfalsati e giunti verticali leggermente inclinati. La piattabanda lapideainteressa una porzione <strong>di</strong> fascia notevole pari a circa un terzo.Dall’esame del prospetto sud dell’ala settecentesca del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo adseptimum ad Aversa [Fig. 5.6] è possibile riscontrare una notevole varietà <strong>di</strong> soluzioni perla realizzazione delle fasce. Al primo piano le piattabande sono caratterizzate da conci <strong>di</strong>tufo più snelli rispetto a quelli or<strong>di</strong>nari, sagomati a cuneo solo in corrispondenza dellaparte centrale del vano, alternati a due strati <strong>di</strong> elementi laterizi con profilo intradossalecurvo e superficie estradossale talvolta curva ed altre piana, interessando un’altezza pari acirca la metà dell’intera fascia.Al secondo impalcato le piattabande assumono una conformazione ad arco conestradosso curvo attestandosi sulle cornici lapidee della finestra, in sommità a forma <strong>di</strong>timpano. In sostanza la conformazione degli elementi lapidei e dei laterizi è simile a quelliprecedentemente descritti.Al terzo impalcato la piattabanda che interessa circa la metà dell’intera fascia ècostituita da soli elementi <strong>di</strong> tufo non sagomati con altezza pari a circa 13 cm, <strong>di</strong>spostialternando un concio molto snello con due tozzi con particolare cura per lo sfalsamentodelle connessure orizzontali.Le piattabande otto-novecentesche venivano realizzate con sottili giunti <strong>di</strong> malta econ blocchi accuratamente sagomati a cuneo, caratterizzati da un’altezza minore (18-20107


Fig. 5.6: Prospetto sud del Quarto dell’Abate, complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad Septimum ad Aversa (rilievo<strong>di</strong> R. Cestari, M. Pastore, A. Serracino, laboratorio <strong>di</strong> R.A. II Università Napoli, prof. arch. G. Fiengo,a.a. 2005-2006)cm) rispetto agli elementi or<strong>di</strong>nari (20-25 cm) e da una lunghezza variabile, fino araggiungere una notevole estensione (sino a circa 50 cm). L’uso <strong>di</strong> elementi anche moltopiccoli consentiva un <strong>di</strong>screto sfalsamento dei giunti lungo l’orizzontale. L’intradosso della108


piattabanda è in alcuni casi leggermente arcuato, in altre occasioni veniva reso pianocostruendo sottoarchi, con conci <strong>di</strong> tufo opportunamente sagomati.A Napoli, in via S. Gregorio Armeno n° 108 sono presenti a vista tre piattabandelapidee, che pur se databili tutte all’Ottocento sono caratterizzate da tessiture notevolmente<strong>di</strong>verse, a testimonianza ancora una volta dell’elevata complessità del costruito storico. Laparte superiore del vano in corrispondenza del lato destro del primo impalcato [Scheda 5.6]è costituita da un triplo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo <strong>di</strong>sposti in verticale con una leggeracurvatura ottenuta con materiale minuto e malta stesa sulla piattabanda lignea. Inparticolare gli elementi lapidei leggermente sagomati a cuneo hanno un’altezza inferiore aiblocchetti <strong>di</strong> tufo or<strong>di</strong>nari, adoperando sia elementi <strong>di</strong> forma rettangolare allungata (h:l=1:1.7÷2.5) che quadrata; questi ultimi in<strong>di</strong>spensabili per ottenere un piano orizzontalecontinuo alla sommità della piattabanda in pietrame. Tale elemento presenta una superficie<strong>di</strong> netta <strong>di</strong>scontinuità nei confronti degli elementi murari a<strong>di</strong>acenti, tanto da poter supporrela sua costruzione in una fase successiva a quella dei maschi.Sul lato sinistro al secondo impalcato si può osservare una fascia [Scheda 5.7]realizzata da un doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sagomati a cuneo alternati a due filari <strong>di</strong>mattoni, collocati ad arco a sesto ribassato su elementi in tufo che, poggiati su piattabandalignea, fungono da cassaforma.Al secondo impalcato la fascia [Scheda 5.8] è realizzata interamente in tufo conelementi a cuneo, <strong>di</strong> altezza superiore a quelli del partito murario or<strong>di</strong>nario, alternando unconcio con h:l = 1:2 con due quadrati (h:l = 1:1).A Napoli, in piazza Garibal<strong>di</strong>, ad angolo con Corso Umberto [Scheda 5.9] si sonorilevate fasce <strong>di</strong> piano internamente all’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o realizzato tra il 1894 e il 1904. Una <strong>di</strong> esseè costituita da elementi lapidei sagomati a cuneo, snelli (h:l = 1:2.5), alti circa 20 cm a<strong>di</strong>fferenza dei blocchetti <strong>di</strong> tufo (circa 25 cm) e <strong>di</strong>sposti su un doppio or<strong>di</strong>ne siainternamente che esternamente con una netta corrispondenza dei giunti verticali sui duelati, mostrando la continuità lungo lo spessore del muro. Anche in questo caso vengonoadoperati elementi lapidei <strong>di</strong> pareggiamento <strong>di</strong> lunghezza minore (circa 20 cm) <strong>di</strong> formatrapezia. Si nota inoltre che i conci sui due lati delle spalle sulle quali scarica la piattabandasono accuratamente sagomati. La fascia del vano esterno [Scheda 5.10] è interamenterealizzata con elementi <strong>di</strong>mensionalmente analoghi a quelli precedenti, <strong>di</strong>sposti <strong>di</strong> coltellosovrapposti su tre or<strong>di</strong>ni.109


E’ stato possibile osservare nel complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum <strong>di</strong> Aversa [Fig.5.7] il prospetto interno <strong>di</strong> una fascia, databile all’Ottocento, rinvenuta in un localeprospiciente il ballatoio del chiostro sul fronte sud al secondo piano. Si evince un doppioor<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo <strong>di</strong> forma piuttosto snella collocati su sottoarchi in tufo. In questocaso l’estradosso della piattabanda lapidea ha un profilo curvo pareggiato adoperandoelementi speciali triangolari.Fig. 5.7: Aversa, complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad Septimum, facciata interna <strong>di</strong> un vano al secondo piano delchiostro, lato NordFig. 5.8: Napoli, fascia settecentesca110


Fig. 5.9: Napoli, fascia ottocentescaIn generale si può ritenere, per la particolare funzione statica che assolve lapiattabanda, che gli elementi lapidei del nucleo interno siano <strong>di</strong> pezzatura analoga a quellidei paramenti e non realizzati con materiale minuto.111


Napoli, via S. Biagio dei Librai, 36Datazione: fine XVIII sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:Doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo alternati a due filari <strong>di</strong>mattoni sfalsati lungo il pianoMORFOLOGIA DELLA FASCIA: H/L = 1.07; H 1 = 0.5 H,MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:h c = 1-1.2 h t ; l c =0.8 l t , gli elementi non sono sbozzatia cuneoContinuità tra la piattabanda e i filari <strong>di</strong> muraturasovrastantiScheda 5.1112


Napoli, via S. Biagio dei Librai, 36Datazione: XVIII sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:Doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungol’orizzontaleMORFOLOGIA DELLA FASCIA: H/L = 1.3; H 1 = 0.40 H,MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Scheda 5.2h c =1.0 h t ; lc = 0.8 l t, gli elementi non sono sbozzati acuneo;Realizzata in continuità con la muratura a<strong>di</strong>acenteseparata da una superficie sub-orizzontale rispetto aifilari superiori113


HH1LNapoli, via S. Biagio dei Librai, 36HH1LDatazione: XVIII sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungol’orizzontale <strong>di</strong>sposti su sottoarco in tufoH/L=2; H 1 =0.250Hh c = h t , l c = l t , gli elementi non sono sbozzati a cuneoSuperficie <strong>di</strong> separazione sub-orizzontale tra lapiattabanda e i filari <strong>di</strong> muratura sovrastanti,sostanziale continuitàScheda 5.3114


Napoli, via LongoHHH1H1LLDatazione: XVIII sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungol’orizzontale su sottoarco <strong>di</strong> malta su tavola ligneaH/L = 1.57; H 1 = 0.50 Hh c =1-1.1 h t , l c =0.8-1 l t , gli elementi sono leggermentesbozzati a cuneo;Superficie <strong>di</strong> separazione estradossale curva, èpermessa la continuità con la parte superioreutilizzando elementi <strong>di</strong> pareggiamento orizzontaliScheda 5.4115


Napoli, Albergo dei Poveri, prospetto orientaleDatazione: metà XVIII sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:Tre or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo alternati a due filari <strong>di</strong>mattoni sfalsati lungo l’orizzontaleMORFOLOGIA DELLA FASCIA: H/L = 2.00; H 1 = 0.30 H,MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Scheda 5.5h c =h t ; l c =l t , gli elementi non sono sbozzati a cuneoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura sovrastanti116


Napoli, via S. Gregorio Armeno, 108Datazione: XIX sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Tre or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungo l’orizzontalesu sottoarco <strong>di</strong> malta su tavola ligneaH/L = 1.17; H 1 = 0.6H,h c = 0.8-0.9 h t ; l c = 1.5 l t ; lc = 1.7-2.5 h c ; concileggermente sbozzati a cuneo; l’intradosso èleggermente arcuatoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura sovrastanti; probabilmente costruitasuccessivamente al muroScheda 5.6117


Napoli, via S. Gregorio Armeno, 108Datazione XIX sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Conci <strong>di</strong> tufo alternati a doppio strato <strong>di</strong> mattoni<strong>di</strong>sposti su sottoarco <strong>di</strong> tufoH/L=1.15; H 1 =0.56H,hc=1-1.1 ht; lc=0.9-1 lt; lc=1.2-1.5 hc, gli elementisono sbozzati a cuneo; l’intradosso è leggermentearcuatoProfilo estradossale curvo, con sostanziale continuitàtra i filari a<strong>di</strong>acenti e la piattabandaScheda 5.7118


Napoli, via S. Gregorio Armeno, 108Datazione: XIX sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungol’orizzontale <strong>di</strong>sposti su sottoarco in tufo (si alterna unconcio lungo a due me<strong>di</strong>)H/L=1; H1=0.50Hh c =1.3h t ; lc=1-1.5h c ; lc=2-2.5h c , gli elementi sonosbozzati a cuneo; l’intradosso è arcuatoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari<strong>di</strong> muratura sovrastantiScheda 5.8119


Napoli, Piazza Garibal<strong>di</strong>, angolo Corso UmbertoDatazione: 1894-1904ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungo i giuntiorizzontali su entrambe i latiH/L=1.5; H 1 =0.5H,h c =0.8h t ; l c =1.5-2l t , gli elementi sono riquadrati acuneo, profilo d’intradosso è arcuatoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura sovrastantiScheda 5.9120


Napoli, Piazza Garibal<strong>di</strong> angolo Corso UmbertoDatazione: 1894-1904ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA: H/L=1.5; H 1 =HMORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Scheda 5.10Due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungo i giuntiorizzontali su entrambe i latih c =0.8h t ; l c =1.5-2l t , gli elementi sono riquadrati acuneo, profilo d’intradosso è arcuatoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura a<strong>di</strong>acenti121


Napoli, quartiere Poggioreale, via Aquileia 1HH1LDatazione: metà XIX sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo alternati a tre filari <strong>di</strong>mattoni sfalsati lungo l’orizzontaleH/L=2.50; H 1 =0.30H,h c =0.8h t ; lc=1-1.3l t, ,gli elementi non sono sbozzati acuneo, profilo d’intradosso leggermente arcuatoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura sovrastanteScheda 5.11122


Napoli, angolo via Stadera via S. SeverinoHH1LDatazione: XIX sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungo i giuntiorizzontaliH/L=1.40; H 1 =0.3Hh c =0.8h t ; l c =0.8-1.6l t , gli elementi sono sbozzati acuneoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura sovrastantiScheda 5.12123


Napoli, quartiere Poggioreale, via S. Maria del Pianto 2AHH1LDatazione: XIX sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Triplo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungol’orizzontaleH/L=1.50; H 1 =0.40H,h c =1.2h t ; lc=0.8l t , gli elementi sono riquadrati acuneo, profilo d’intradosso è arcuatoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura sovrastanteScheda 5.13124


Napoli, via S. Biagio dei Librai, 1Datazione: metà XIX sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Conci <strong>di</strong> tufo alternati doppio strato <strong>di</strong> mattoni <strong>di</strong>spostisu sottoarco in tufo e tavola ligneaH/L=1.17; H1=0.46H, hc=0.9hth c =0.9h t ; , gli elementi sono sbozzati a cuneo;l’intradosso è arcuatoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta tra la piattabanda e ifilari <strong>di</strong> muratura sovrastanti; costruitasuccessivamente al muro a<strong>di</strong>acenteScheda 5.14125


Napoli, Via Egiziaca, 9Datazione: fine XVIII sec.ELEMENTI CARATTERIZZANTITESSITURA:MORFOLOGIA DELLA FASCIA:MORFOLOGIA DELLA PIATTABANDA:SOLUZIONE DI CONTINUITÀ:Tre or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> tufo sfalsati lungo l’orizzontalesu sottoarco in conci <strong>di</strong> tufoH/L=2; H 1 =0.25Hh c =h t ; l c =l t , gli elementi sono leggermente sbozzati acuneoSuperficie <strong>di</strong> separazione netta e a profilocurvo tra lapiattabanda e i filari <strong>di</strong> muratura sovrastantiScheda 5.15126


5.3 Attività sperimentale sui modelli in scala ridotta5.3.1 Realizzazione delle fasce <strong>di</strong> pianoLa campagna sperimentale è stata condotta su elementi <strong>di</strong> fascia realizzati in scalaridotta (1:10) la quale, come precedentemente detto, determina una limitazionedell’indagine essendo impossibile applicare un criterio <strong>di</strong> rigorosa similitu<strong>di</strong>ne geometricae meccanica, in particolare a causa dello spessore dei giunti <strong>di</strong> malta. Ciò però nonpregiu<strong>di</strong>ca la valutazione qualitativa dei fenomeni, specie in termini comparativi tra iprovini appartenenti a <strong>di</strong>versi rapporti <strong>di</strong> snellezza e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti epoche storiche.Il programma sperimentale ha previsto la realizzazione <strong>di</strong> 10 provini sia per ilcronotipo settecentesco (in<strong>di</strong>cati con la sigla S) che per quello ottocentesco (nominati O),tralasciando per il momento la sperimentazione sulle fasce d’epoca vicereale, non essendoancora del tutto certe le caratteristiche morfologiche e <strong>di</strong>mensionali. Inoltre sono statirealizzati 15 campioni con or<strong>di</strong>naria <strong>di</strong>sposizione dei blocchi a filari orizzontali (muraturaor<strong>di</strong>naria) [Fig. 5.10] e in<strong>di</strong>cati con la sigla P, così da poter valutare come la presenza dellepiattabande con i conci <strong>di</strong>sposti a cuneo influenza la rottura della fascia durante l’eventosismico. I conci <strong>di</strong> tufo, sono stati ottenuti dal taglio <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni maggioriprelevati dalla cava <strong>di</strong> Frullone per i provini in muratura storica e dalla cava <strong>di</strong> Quarto per icampioni in muratura or<strong>di</strong>naria. In particolare per l’allestimento dei provini storici talielementi sono stati “lavorati a mano”, in modo da simulare il materiale <strong>di</strong> spacco antico.Per entrambe si è utilizzata una malta <strong>di</strong> calce e pozzolana, (una parte in volume <strong>di</strong>grassello e tre parti <strong>di</strong> pozzolana).Per ogni cronotipo analizzato, la larghezza dei provini è costante (14 cm), variandol’altezza H in modo da ottenere tre <strong>di</strong>versi rapporti <strong>di</strong> snellezza, realizzando fasce snelle(H/L ≅ 0.5), fasce interme<strong>di</strong>e (H/L ≅ 0.71) e tozze (H/L≅1.07). Per i <strong>di</strong>versi cronotipi lealtezze nell’ambito della stessa classe <strong>di</strong> snellezza variano leggermente a causa dell’uso <strong>di</strong>conci <strong>di</strong>mensionalmente <strong>di</strong>versi per il loro allestimento [Figg. 5.10-5.12]. Gli spessori deiprovini, sono tali da essere rappresentativi della tipologia analizzata, per cui tra <strong>di</strong> lorovariano e sono pari a 4.5 cm per i campioni in muratura or<strong>di</strong>naria, a 7.5 cm perl’apparecchiatura settecentesca ed a 6.5 cm per i provini ottocenteschi.Per le tre classi <strong>di</strong> snellezza realizzate l’altezza della piattabanda non è in rapportocostante con l’estensione del provino, essendo più alta per i provini snelli (H 1 /H ≅0.6) eminore per le fasce interme<strong>di</strong>e e tozze (H 1 /H ≅0.4) [Figg. 5.11,5.12].127


..Fig. 5.10: Dimensioni e tessitura delle fasce or<strong>di</strong>nariea) b) c)Fig. 5.11: I tre rapporti <strong>di</strong> snellezza per le fasce settecentesche: a) H/L=0.5; b) H/L=0.8; c) H/L=1.17Fig. 5.12: I tre rapporti <strong>di</strong> snellezza per le fasce ottocentesche: a) H/L=0.5; b) H/L=0.8; c) H/L=1.17Per la realizzazione dei provini storici si è cercato <strong>di</strong> riprodurre, con le limitazioniche permette la scala ridotta, il grado <strong>di</strong> lavorazione dei conci, la forma e la tessiturariscontrate con maggiore frequenza nel patrimonio costruito, tralasciando per il momento ilcaso <strong>di</strong> fascia realizzata con muratura listata.Per entrambe i cronotipi storici si è realizzato un sottoarco <strong>di</strong> malta e materialeminuto al <strong>di</strong> sopra del quale si sono affiancati trasversalmente tre strati <strong>di</strong> conci tra <strong>di</strong> lorouniti solo dalla malta senza nessun collegamento trasversale, con i giunti orizzontalisfalsati sia in elevazione che nello spessore del setto murario. È stato realizzato un piano <strong>di</strong>128


<strong>di</strong>scontinuità netta, ponendo uno strato <strong>di</strong> malta tra la piattabanda e la muratura sovrastanterealizzata a filari.Fig. 5.13: Elementi speciali usati per l’allestimento delle piattabande dei provini a filari <strong>di</strong> bozzetteFig. 5.14: Elementi or<strong>di</strong>nari usati per l’allestimento dei paramenti a filari <strong>di</strong> bozzettePer i provini settecenteschi, <strong>di</strong> spessore pari a 7.5 cm, si sono adottati elementi dellastessa pezzatura per la piattabanda [Fig. 5.13] e per la muratura a filari [Fig. 5.14] (h=1.8-2cm; l=3.4 cm; t= 2.5 cm), <strong>di</strong>fferenziando solo la forma e aggiungendo nella costruzionedella piattabanda elementi speciali più piccoli <strong>di</strong> altezza pari ad 1.5-2 cm, atti ad assicurareun buon sfalsamento dei giunti. La muratura sovrastante è stata realizzata da paramentiesterni ottenuti con conci <strong>di</strong> altezza 2 cm, posizionati in modo da ottenere un <strong>di</strong>scretosfalsamento dei giunti. Per ogni filare, all’estremità <strong>di</strong> ognuno dei paramenti è stato<strong>di</strong>sposto un concio trasversale, così come era avvenuto per la costruzione dei macromodelli<strong>di</strong> muratura a filari <strong>di</strong> bozzette. Lo spazio interno è stato colmato con elementi <strong>di</strong><strong>di</strong>mensioni leggermente ridotte, pur conservando la stessa altezza, come si può vedere inFig. 5.15, nella quale sono riportate le fasi <strong>di</strong> allestimento <strong>di</strong> un provino settecentesco.Per i provini otto-novecenteschi la piattabanda è stata realizzata <strong>di</strong>sponendo elementilavorati a forma <strong>di</strong> cuneo a base quadrata 2x2 cm con tre <strong>di</strong>versi valori dell’altezza,129


variabile tra 3 e 5 cm [Fig. 5.16]. Anche in questo caso si sono adottati elementi moltopiccoli (<strong>di</strong> forma quasi cubica).Fig. 5.15: Fasi <strong>di</strong> allestimento della fascia tozza con filari a bozzetteFig. 5.16: Elementi speciali usati per l’allestimento delle piattabande dei provini a filari <strong>di</strong> blocchetti130


Fig. 5.17: Elementi or<strong>di</strong>nari usati per l’allestimento dei paramenti a filari <strong>di</strong> blocchettiFig. 5.18: Fasi <strong>di</strong> allestimento della fascia tozza con filari a blocchetti131


I filari superiori sono stati allestiti con conci <strong>di</strong> altezza 2.5 cm e con <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>base pari a 2x4 cm o 2x3 cm, simulando un’apparecchiatura con blocchetti in rapporto 1:1e 1:1.5 [Fig. 5.17]. Per ogni paramento un concio <strong>di</strong> punta è stato posizionato a chiusuradel provino. Lo spazio interno è stato riempito a sacco con malta e materiale minuto[fig.5.18]I provini in muratura or<strong>di</strong>naria sono setti murari a due teste con conci <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionisquadrati 2x2x4 cm e 2x2x3 cm, <strong>di</strong>sposti in modo da ottenere un <strong>di</strong>screto sfalsamento siadei giunti orizzontali che nello spessore della muratura pari a 4.5cm. Per ogni filare è stato<strong>di</strong>sposto un elemento <strong>di</strong> connessione.5.3.2 Prove definitorieSul tufo e sulla malta utilizzati per il confezionamento dei provini è stata svolta unapreventiva analisi sperimentale.Sugli elementi <strong>di</strong> tufo sono state eseguite prove <strong>di</strong> compressione secondo le normeUNI EN 772-1 e UNI EN 771-6. Pertanto sono stati schiacciati nove cubetti <strong>di</strong> tufoprovenienti dalla cava <strong>di</strong> Quarto (nominati con la sigla Q) e 9 provenienti dalla cava <strong>di</strong>Frullane (nominati con la sigla F), <strong>di</strong> lato circa 70 mm.I Provini Q sono stati sottoposti a prove a compressione semplice raggiungendo ilcarico massimo in non più <strong>di</strong> un minuto dall’inizio della prova e hanno presentato a rotturale classiche fessurazioni <strong>di</strong>agonali, con configurazione finale <strong>di</strong> tipo bipiramidale. Laresistenza a compressione è risultata piuttosto omogenea, variando tra 3.52 N/mm 2 e 5.43N/mm 2 , con un valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 4.70 N/mm 2 , come nelle norma per tale materiale.Pertanto, ai sensi del D.M. 20/11/87, risulterebbe una resistenza caratteristica del tufof bk =3.5 N/mm 2 .I provini F sono stati sottoposti a prove <strong>di</strong> compressione a deformazione controllatariscontrando valori compresi tra 2.35 N/mm 2 e 5.28 N/mm 2 con un valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 3.91N/mm 2 e un modulo elastico pari a circa 780 N/mm 2 , valori tutti in accordo con quelliregistrati per la caratterizzazione <strong>di</strong> materiali per le prove a compressione sui macromodelliin tufo. In Fig. 5.19 si riportano i grafici relativi alle suddette prove.132


7σ ( N/mm 2 )654F1 F2F3 F4F5 F6F7 F 8F9321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig. 5.19: Prove a compressione sul tufo FLe prove sulla malta sono state eseguite in accordo alla UNI EN 1015-11 su otto<strong>di</strong>versi campioni. La resistenza me<strong>di</strong>a a compressione ottenuta da tali prove è risultata <strong>di</strong>2.06 N/mm 2Dei 15 provini realizzati in muratura or<strong>di</strong>naria, due per ogni classe <strong>di</strong> snellezza (perun totale <strong>di</strong> 6 campioni), sono stati sottoposti anche a prove <strong>di</strong> compressione semplice. Treprove sono state effettuate applicando il carico parallelamente ai letti <strong>di</strong> malta, e tre nella<strong>di</strong>rezione ortogonale ad essi. I risultati ottenuti in termini <strong>di</strong> massima resistenza acompressione sono riportati in Tab. 5.1. Come si può rilevare da essa, si conferma che, perla muratura <strong>di</strong> tufo, i valori <strong>di</strong> resistenza sono sostanzialmente in<strong>di</strong>pendenti dalla <strong>di</strong>rezione<strong>di</strong> applicazione del carico [Calderoni, 1996]. Il valore me<strong>di</strong>o della tensione massimariscontrata è <strong>di</strong> 2.50 N/mm 2 , al quale corrisponde un valore caratteristico (D.M. 20/11/87)f k =1.85 N/mm 2 .Tale valore è solo leggermente inferiore a f k = 2.25 N/mm 2 , che si otterrebbe applicando latabella fornita dallo stesso D.M. 20/11/87, in funzione delle resistenze del tufo e dellamalta ottenute dalle prove. Allo stesso modo la resistenza caratteristica a taglio risulta f vko= 0.1 N/mm 2 .133


H/L Direzione <strong>di</strong> carico Area(risp. ai giunti orizz.) <strong>di</strong> carico(mm 2 )σ max(N/mm 2 )1,07 parallela 45x150 2,621,07 ortogonale 45x140 2,510,71 parallela 45x100 2,160,71 ortogonale 45x140 2,330,50 parallela 45x70 2,990,50 ortogonale 45x140 2,41Tab. 5.1: Resistenza a compressione dei provini murariPer i provini in muratura storica sono state condotte due prove (una per ogni cronotipo) acompressione a deformazione controllata, applicando il carico parallelamente ai giunti <strong>di</strong>malta su provini <strong>di</strong> snellezza interme<strong>di</strong>a. Si è registrato per il provino ottocentesco σ pari a1.6 N/mm 2 , mentre per la fascia settecentesca σ è pari a 2.15 N/mm 2 . per entrambi iprovini si nota un comportamento simile a quello riscontrato nei macromodelli registrandouna grande capacità defpormativa del materiale in fase post-elastica.76σ ( N/mm 2 )54Fascia '700Fascia '800321ε00.0% 0.5% 1.0% 1.5% 2.0% 2.5% 3.0% 3.5% 4.0% 4.5% 5.0%Fig. 5.19: Prove a compressione sulle fasce realizzate secondo i due cronotipi settecentesco e ottocentesco134


5.3.3 Apparecchiatura <strong>di</strong> prova e protocollo delle proveI restanti provini murari sono stati sottoposti a prove tali da simulare il comportamentodelle fasce quando la parete muraria <strong>di</strong> cui fanno parte è soggetta ad azioni orizzontali.Si è utilizzata una apparecchiatura <strong>di</strong> prova appositamente realizzata, costituita da untelaio in acciaio orizzontale, nel quale è inserito un martinetto elettrico a funzionamentoanche ciclico, avente una capacità massima <strong>di</strong> carico statico <strong>di</strong> 25 kN [Fig 5.20]. Talemartinetto esercita la forza alle estremità <strong>di</strong> due bracci rigi<strong>di</strong> in acciaio incernieratiinferiormente, collegati tra loro con un pendolo, realizzato con un tirante filettato. I duebracci, ruotando insieme, sollecitano a flessione e taglio il provino murario contenuto tra ledue opposte estremità dei bracci stessi. Disponendo il pendolo in posizione <strong>di</strong>versa sui duebracci, è possibile anche assegnare rotazioni <strong>di</strong>fferenti alle due facce del provino. In questafase della sperimentazione, comunque, tutte le prove sono state eseguite imponendosempre rotazioni uguali.I bracci mobili ben riproducono il comportamento dei pannelli <strong>di</strong> nodo (rigi<strong>di</strong>) dellaparete muraria, mentre il provino rappresenta il pannello <strong>di</strong> fascia <strong>di</strong> piano (deformabile).Essendo fissi i due punti intorno ai quali ruotano i bracci <strong>di</strong> acciaio, le estremità delpannello murario non possono spostarsi tra loro in corrispondenza del loro asse. In questomodo si simula la situazione reale <strong>di</strong> fascia <strong>di</strong> piano dotata <strong>di</strong> un elemento resistente atrazione (non aderente) <strong>di</strong>sposto a metà altezza della fascia stessa.Fig. 5.20: Schema dell’apparecchiatura <strong>di</strong> prova135


Fig. 5.21: Dispositivo <strong>di</strong> prova realizzatoPer ciascuna delle tipologie geometriche <strong>di</strong> provino sono state eseguite due provecicliche ed una monotona, condotte tutte in controllo <strong>di</strong> spostamento. Più precisamente alleestremità dell'elemento <strong>di</strong> fascia in prova è stata applicata una rotazione (uguale per le dueestremità) ottenuta me<strong>di</strong>ante lo spostamento orizzontale imposto dal martinetto ai braccid'acciaio.Nelle prove cicliche sono state eseguite nove step <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> tre cicli ognuno,essendo ciascuno step caratterizzato da una rotazione massima prefissata. In particolare, larotazione massima delle serie <strong>di</strong> tre cicli si è fatta variare da un minimo <strong>di</strong> 0.002 rad ad unmassimo <strong>di</strong> 0.018 rad (corrispondente ad uno spostamento orizzontale massimo dei bracci<strong>di</strong> 10.8 mm). La legge <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> tipo sinusoidale per i provini in muratura “moderna” èstata data con un periodo T=10s ad ogni step <strong>di</strong> carico, mentre per i campioni con lepiattabande lapidee è stata fissata la velocità me<strong>di</strong>a pari a 0.48mm/s per ogni step <strong>di</strong> carico.Nelle prove monotone si è raggiunta sempre una rotazione massima <strong>di</strong> 0.042 rad(pari a 25 mm <strong>di</strong> spostamento del martinetto (δ)) ottenuta con una bassa velocità me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>incremento, pari a 0.4 mm/s per i provini in muratura moderna e 0.125mm/s per quelli inmuratura storica.136


5.3.4 Risultati sperimentaliL'output <strong>di</strong> ogni prova è rappresentato da un <strong>di</strong>agramma F-δ, nel quale lospostamento è quello imposto, mentre la forza è quella misurata dalla cella <strong>di</strong> caricoinserita tra il martinetto ed il primo braccio. Dal <strong>di</strong>agramma F-δ si è poi ricavatoanaliticamente il <strong>di</strong>agramma M-φ della fascia <strong>di</strong> piano.Provini in muratura or<strong>di</strong>nariaStep 3, φ=0.6%aStep 4, φ=-0.8%bcStep 9, φ=1.8%Step 9, φ=-1.8%.Fig. 5.22: Fasi della prova ciclica per il provino P14 (H/L=0.5)dAnalizzando le fasce in muratura or<strong>di</strong>naria si ha che durante l'esecuzione delle provetutti i campioni hanno mostrato un quadro fessurativo caratteristico <strong>di</strong> rotture a taglio. Laforma e l'evoluzione delle lesioni è stata però <strong>di</strong>versa in relazione alla snellezza delpannello provato.Nelle Figg. 5.22-5.25 sono raffigurati per ogni classe <strong>di</strong> snellezza gli stati fessurativisignificativi, in<strong>di</strong>cando per ciascuno <strong>di</strong> essi lo step <strong>di</strong> carico e la rotazione per cui si sonomanifestati.137


aφ=4.2%.φ=-4.2%.Fig. 5.23: Fasi della prova monotona per il provino P11 (H/L=1.07)bStep 4, φ=0%.aStep 6, φ=0%.bcStep 9, φ=-1.8%.Step 9, φ=-1.8%.Fig. 5.24: Fasi della prova ciclica per il provino P10(H/L=1,07)dIn generale, comunque, le lesioni si sono evidenziate essenzialmente in corrispondenzadell’interfaccia tra i giunti <strong>di</strong> malta e i conci <strong>di</strong> tufo; esse poi, quasi sempre, si sonoformate inizialmente nella zona centrale del provino, per estendersi poi, all'aumentare delcarico esterno, verso gli spigoli.138


In particolare, per i provini più snelli (H/L=0.5) le lesioni, al loro primo apparire,mostrano un andamento obliquo al centro del pannello; ma, subito dopo, la lesione centraletende a proseguire sui due lati lungo i giunti orizzontali <strong>di</strong> malta [Fig. 5.22].All'aumentare della rotazione imposta, poi, lo scorrimento avviene lungo tutto ilgiunto <strong>di</strong> malta, interessando orizzontalmente tutta la lunghezza del pannello [Fig.5.22c],tanto che al termine <strong>di</strong> una prova ciclica il provino risulta separato nei filari <strong>di</strong> blocchi chelo compongono, anche se continua a mostrare una certa resistenza residua, dovutaprobabilmente all'attrito tra i filari stessi [Fig 5.22d].Per i provini tozzi (H/L =1.07) le lesioni fin dal primo apparire seguono la <strong>di</strong>agonaleal pannello [Fig.5.23] e non mo<strong>di</strong>ficano la loro inclinazione iniziale anche all'aumentaredella rotazione imposta, fino a rottura. Ovviamente, nel caso specifico <strong>di</strong> malta con bassaresistenza a compressione, le fessure seguono il percorso definito dai giunti <strong>di</strong> malta senzainteressare il corpo degli elementi <strong>di</strong> tufo [Fig.5.23]. Nelle prove cicliche al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong>certi valori <strong>di</strong> rotazione imposta, nelle zone triangolari superiore ed inferiore definite dallelesioni <strong>di</strong>agonali, si nota l'apparire <strong>di</strong> lesioni anche lungo i giunti orizzontali tra i filari[Fig. 5.24d].Step 3, φ=0%.aStep 5, φ=0%.bcStep 7, φ=0%.Step 9, φ=0%.Fig. 5.25: Fasi della prova ciclica per il provino P2 (H/L=0.71)d139


Per i provini <strong>di</strong> snellezza interme<strong>di</strong>a (H/L=0.71) si è avuto corrispondentemente unquadro fessurativo misto, nel quale convivono sia lesioni <strong>di</strong>agonali che fessurazionievidenti lungo i giunti orizzontali, soprattutto nelle prove cicliche [Fig.5.25].In Fig. 5.26 è riportato l’andamento della lesione principale evidenziatasi durante laprova monotona per le tre <strong>di</strong>verse classi <strong>di</strong> snellezza. Si nota che in tutti casi la lesione sisviluppa all’incirca lungo la <strong>di</strong>agonale del provino, anche se tende a posizionarsi incorrispondenza dei giunti tra i vari filari, mostrando una estensione maggiore in orizzontalenei casi <strong>di</strong> minore snellezza. La prima lesione ha mostrato ovviamente un analogoandamento anche nelle prove cicliche, nelle quali però, al susseguirsi dei cicli <strong>di</strong> carico sisono manifestate, come detto, anche altre fessurazioni. E’ evidente comunque che il quadrofessurativo e quin<strong>di</strong> anche la resistenza del pannello è influenzata sia dai rapporti<strong>di</strong>mensionali tra altezza e lunghezza che dal tipo <strong>di</strong> tessitura muraria.Fig. 5.26: Lesioni iniziali per le <strong>di</strong>verse classi <strong>di</strong> snellezza.Dalla stessa figura si evince chiaramente che l’inclinazione della <strong>di</strong>agonale delpannello, rispetto al piano verticale è in tutti casi superiore a 22°, che rappresenta l’angolo<strong>di</strong> attrito corrispondente al coefficiente 0.4 fornito dalla norma per le verifiche a taglio perscorrimento dei pannelli <strong>di</strong> maschi murari. Comunque l’inclinazione della <strong>di</strong>agonale deipannelli provati è in tutti i casi superiore o uguale a 45°, che può considerarsi pari al realeangolo <strong>di</strong> attrito <strong>di</strong> primo <strong>di</strong>stacco tra i filari <strong>di</strong> blocchi.140


Ciò significa che un eventuale puntone compresso che volesse svilupparsi lungo la<strong>di</strong>agonale in pratica non potrebbe farlo, almeno nei due casi più snelli: infatti la suainclinazione (cioè quella della risultante delle forze in esso agente) sarebbe superiore aquella consentita dall’attrito interno della muratura, attivandosi prima lo scorrimento lungoun piano orizzontale.Le Figg. 5.27-5.29 rappresentano i <strong>di</strong>agrammi momento-rotazione ottenuti dalleprove cicliche, relativamente a ciascuna snellezza geometrica considerata. Sugli stessi<strong>di</strong>agrammi è anche riportata (sia per le escursioni positive che per quelle negative) la curvadella corrispondente prova monotona.Dalle prove monotone si evince in tutti i casi un comportamento del pannellosostanzialmente lineare nella fase <strong>di</strong> carico fino al raggiungimento della massimaresistenza. All’aumentare della rotazione si ha poi un ramo decrescente piuttosto ampio,che mostra una caduta <strong>di</strong> resistenza significativa ma non brusca, unitamente ad unacapacità <strong>di</strong> mantenere una certa resistenza residua anche per rotazioni abbastanza elevate.Le prove cicliche hanno evidenziato un degrado abbastanza graduale masignificativo sia della resistenza che soprattutto della rigidezza. In ogni caso, comunque,esse sono ben inviluppate dalle corrispondenti curve monotone.In definitiva tutti i provini hanno evidenziato un comportamento degradante ma con unainaspettata e non trascurabile capacità <strong>di</strong> deformazione in campo plastico.In Tab. 5.2 sono riportati, per tutti i campioni provati, il momento ed il taglio massimoraggiunti negli elementi durante le prove con la corrispondente rotazione. Inoltre, solo perle prove monotone, sono anche in<strong>di</strong>cate la rotazione ultima a rottura, intesa come quellaraggiunta quando il momento resistente si è ridotto al 50% <strong>di</strong> quello massimo, e lacorrispondente duttilità, calcolata come il rapporto tra la rotazione ultima e la rotazionecorrispondente alla resistenza <strong>di</strong> picco. Si può notare che essa, pur calcolata in modo moltocautelativo (con riferimento al picco <strong>di</strong> resistenza e non al limite elastico) risulta comunquesignificativa (3% - 4%). Si rilevano spostamenti ultimi (du) piuttosto elevati che giungonofino al 3.71% <strong>di</strong> L, registrando solo per il provino interme<strong>di</strong>o un valore piuttosto basso paria 0.65%L.141


φ=0,2%φ=0,6%φ=0,4%φ=0,8%75M (Nm)50H/L=0.50φ=0.2%φ=0.6%φ=0.4%φ=0.8%75M (Nm)50H/L=0.50φ=1,0%φ=1,2%φ=1.0%φ=1.2%φ=1,4%φ=1,8%φ=1,6%Monotona25φ=1.4%φ=1.8%φ=1.6%Monotona250-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5%φ u3.0% 4.5%-25φ (rad)0-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ u-25φ (rad)-50-50-75a)Fig. 5.27: Diagramma M-φ: a) P14 e P15; b) P14 e P15.-75b)φ=0.2%φ=0.6%φ=0.4%φ=0.8%75M (Nm)50H/L=0.71φ=0,2%φ=0,6%φ=0,4%φ=0,8%75M (Nm)50H/L=0.71φ=1.0%φ=1.2%φ=1,0%φ=1,2%φ=1.4%φ=1.8%φ=1.6%Monotona25φ=1,4%φ=1,8%φ=1,6%Monotona250-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ u-25φ (rad)0-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ u-25φ (rad)-50-50-75a)Fig. 5.28: Diagramma M-φ: a) P1 e P3; b) P2 e P3.-75b)φ=0,2%φ=0,6%φ=0,4%φ=0,8%75M (Nm)50H/L=1.07φ=0,2%φ=0,6%φ=0,4%φ=0,8%75M (Nm)50H/L=1.07φ=1,0%φ=1,2%φ=1,0%φ=1,2%φ=1,4%φ=1,8%φ=1,6%Monotona25φ=1,4%φ=1,8%φ=1,6%Monotona250-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ u-25φ (rad)0-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5%φ u3.0% 4.5%-25φ (rad)-50-50-75a)Fig.5.29 Diagramma M-φ: a) P9 e P11; b) P10 e P11.-75b)142


Provino H/L T max(N)M max(Nm)φ(Mmax) φ(Mu) μP13 0.50 416 29.12 0.55% – –P14 0,.50 376 26.32 0.47% – –P15 0.50 430 30.10 0.84% 2.61% 3.10P1 0.71 430 30.10 0.11% – –P2 0.71 430 30.10 0.20% – –P3 0.71 388 27.16 0.31% 0.92% 2.89P9 1.07 958 67.06 0.50% – –P10 1.07 804 56.28 0.31% – –P11 1.07 804 56.28 0.82% 3.47% 4.21Tab. 5.2: Momento e rotazione ottenuti dalle prove sperimentaliProvini in muratura storicaSuccessivamente si è analizzato il comportamento delle fasce <strong>di</strong> piano nel caso degli<strong>e<strong>di</strong>fici</strong> storici, caratterizzate, molto spesso, come evidenziato nel capitolo precedente, dallapresenza <strong>di</strong> piattabande lapidee.Per ogni test sperimentale condotto, è stata redatta una scheda, dove viene riportato:– il <strong>di</strong>agramma F-d così come è registrato dall’apparecchiatura <strong>di</strong> prova,– il <strong>di</strong>agramma M-φ della fascia,– l’evoluzione del quadro fessurativo della fascia.Si anticipa che:– per il provino O2 durante la prova alla fine del primo step vi è stato un movimentoaccidentale del martinetto <strong>di</strong> circa 3.6 mm che ha provocato la rottura <strong>di</strong>agonale delprovino. Negli step <strong>di</strong> carico successivi per gli spostamenti positivi non si è quin<strong>di</strong>registrata la massima forza. Si fa quin<strong>di</strong> riferimento ai valori e al <strong>di</strong>agrammaottenuto per gli spostamenti negativi.– Per il provino O4 si sono avuti problemi relativi alla registrazione dei dati, per cuisi riporta solo l’evoluzione del quadro fessurativo.143


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=1.14, prova monotona – O1F(kN)1.8M(Nm)2401.21600.6800-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ ( rad)-80-1.2-160-1.8-240d=25mmd=-10mmd=-25mmd=-25mmdemolizioneScheda 5.16demolizione144


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=1.14, prova monotona – O2d=1.2d=3.6d=6.0d=8.4d=2.4d=4.8d=7.2d=9.61.81.2F (kN)φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.6%240M (Nm)160d=10.80.6800.0-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%-80φ (rad)-1.2-160-1.8-240Dopo il I step d=3.6mmStep4, d=-4.8mmStep 5, d=6mmStep 5 d=-6mmStep 9, d=10.8mmScheda 5.17Step 9, d=-10.8mm145


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=1.14, prova ciclica – O3d=1.2d=3.6d=6.0d=8.4d=2.4d=4.8d=7.2d=9.61.81.2F (kN)φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.6%240M (Nm)160d=10.80.6800.0-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%-80φ (rad)-1.2-160-1.8-240Step 1 d=2.4mmStep3, d=3.6mmStep 3, d=-3.6mmStep 8 d=9.6mmStep 9, d=0mmScheda 5.18Step 9, d=0mm146


Prova non registrataPROVINO OTTOCENTESCO H/L=0.77, prova monotona – O4d=10mmd=25mmd=15mmd=0mmd=-25 mmScheda 5.19Fine prova147


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=0.76, prova monotona – O5F(kN)1.8M(Nm)2401.21600.6800-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ ( rad)-80-1.2-160-1.8-240d=10mmd=25mmd=15mmd=-15 mmd=-25 mmScheda 5.20Fine prova148


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=0.76, prova ciclica – O6d=1.2d=3.6d=6.0d=8.4d=2.4d=4.8d=7.2d=9.61.81.2F (kN)φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.6%240M (Nm)160d=10.80.6800.0-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%-80φ (rad)-1.2-160-1.8-240Step 4, d=0mmStep 7, d=0mmStep 9, d=-6mmStep 9, d=-10.8Fine provaScheda 5.21Fase <strong>di</strong> demolizione149


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=0.57, prova monotona – O7F(kN)1.8M(Nm)2401.21600.6800-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ ( rad)-80-1.2-160-1.8-240d=13 mm (fase <strong>di</strong> carico) d=16 mmd=21 mm d=25.2 mmd=-8 mmScheda 5.22d=-24mm150


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=0.56, prova monotona – O8d=1.2d=3.6d=6.0d=8.4d=2.4d=4.8d=7.2d=9.61.81.2F (kN)φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.8%240M (Nm)160d=10.80.6800.0-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%-80φ (rad)-1.2-160-1.8-240Step 3, d=-3.6Step 4, d=4.8Step 5, d=0Step 6 d=7.2Step 8 d=-9.6Scheda 5.23Fine prova151


PROVINO OTTOCENTESCO H/L=0.56, prova ciclica – O12d=1.2d=3.6d=6.0d=8.4d=2.4d=4.8d=7.2d=9.61.81.2F (kN)φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.8%240M (Nm)160d=10.80.6800.0-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%-80φ (rad)-1.2-160-1.8-240Step 3,d=3.6 mm (fase <strong>di</strong> carico)Step 4, d=-3.6 mmStep 6, d=6 mm (fase <strong>di</strong> carico)Step 7, d=-8 mm (fase <strong>di</strong> carico)Step 8, d=-9mmScheda 5.24Step 9, d=-10.8mm152


PROVINO SETTECENTESCO H/L=0.56, prova monotona – S9F(kN)1.8M(Nm)2401.21600.6800-27 -18 -9 0 9 18 27d (mm)-0.60-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%φ ( rad)-80-1.2-160-1.8-240d= 10mm d=22,5 mm153


Anche per i provini in muratura storica si è riscontrato sostanzialmente un quadrofessurativo <strong>di</strong> rottura a taglio con un’evoluzione delle fessure <strong>di</strong>versa in funzione dellaclasse <strong>di</strong> snellezza e fortemente influenzata dalla presenza dei conci <strong>di</strong>sposti <strong>di</strong> coltello.In particolare per il caso <strong>di</strong> fascia snella (H/L≅0.50) si ha la formazione <strong>di</strong> lesioni chemostrano un andamento obliquo. Si osserva in genere una rottura verticale tra i primi dueconci che <strong>di</strong>venta orizzontale per un piccolo tratto in corrispondenza della superficie <strong>di</strong>separazione tra la piattabanda e i filari <strong>di</strong> muratura e successivamente attraversa i conci<strong>di</strong>sposti <strong>di</strong> coltello con un andamento obliquo fino a raggiungere l’estremo destro incorrispondenza del quale non si hanno netti <strong>di</strong>stacchi ma si evidenziano delle lesioni dacompressione per una zona pari a circa 1/3 dell’altezza della fascia. L’instaurarsi <strong>di</strong>fenomeni <strong>di</strong> schiacciamento nelle zone <strong>di</strong> estremità è confermato dalla forma del<strong>di</strong>agrammi M-φ relativi alle prove monotone, nei quali si nota un’ elevata duttilità delmeccanismo <strong>di</strong> rottura, tipica dello schiacciamento del puntone agli estremi. In sintesi sievidenzia un comportamento misto taglio per rottura <strong>di</strong>agonale e rottura per compressionedelle estremità della fascia. Si ritiene che tale meccanismo si attivi proprio grazie allapresenza degli elementi lapidei <strong>di</strong>sposti quasi ortogonalmente alla risultante delle azioni,impedendo l’instaurarsi <strong>di</strong> meccanismi <strong>di</strong> taglio per scorrimento orizzontale riscontratiinvece per le fasce <strong>di</strong> piano con or<strong>di</strong>tura regolare. A fine prova si è notato un degrado<strong>di</strong>ffuso della fascia e solo in un caso (provino O12 – ottocentesco) le lesioni si sonosviluppate in modo tale da creare la rottura completa della piattabanda lapidea.Nel caso <strong>di</strong> fascia interme<strong>di</strong>a (H/L≅0.70) si ha la formazione <strong>di</strong> lesioni lungo la<strong>di</strong>agonale, sia nella zona tessita regolarmente che in quella “speciale”, attraversandol’intero provino e congiungendo i due spigoli opposti. Le lesioni piuttosto nette e definitelungo piani obliqui sono tali che alla fine della prova monotona o dopo un numero elevato<strong>di</strong> step <strong>di</strong> carico e scarico (φ= 1.6%) per le prove cicliche si ha il <strong>di</strong>stacco totale <strong>di</strong> unaparte più o meno rilevante della piattabanda lapidea pur avendo ancora una capacitàresistente. Nella realtà si avrebbe quin<strong>di</strong> solo un crollo parziale della fascia, ma non dellaparte sovrastante. Naturalmente tale crollo può essere impe<strong>di</strong>to dalla presenza <strong>di</strong> unapiattabanda lignea o in ferro. Anche in questo caso la presenza <strong>di</strong> elementi speciali <strong>di</strong>spostiin verticale determina l’attivarsi <strong>di</strong> una rottura <strong>di</strong>agonale che nel caso <strong>di</strong> fasce a tessituramoderna non era così evidente ed era associata ad una rottura <strong>di</strong>agonale che nel caso <strong>di</strong>fasce a tessitura moderna non era così evidente ed era associata ad una rottura perscorrimento orizzontale.162


4000300020001000V (N)4000H/L=1.10V (N)H/L=1.103000200050% V max50% V max100000.0% 1.0% 2.0% 3.0% 4.0%δ/Hhδ/H0h0.0% 1.0% 2.0% 3.0% 4.0%Fig. 30: curve monotone provini tozzi: a) cronotipo ottocento b) cronotipo settecento4000300020001000V (N)4000H/L=0.76V (N)H/L=0.7630002000100050% V max00.0% 1.0% 2.0% 3.0% 4.0%δ/Hhδ/H0h0.0% 1.0% 2.0% 3.0% 4.0%Fig. 31: curve monotone provini interme<strong>di</strong>: a) cronotipo ottocento b) cronotipo settecento4000300020001000V (N)4000H/L=0.57V (N)H/L=0.763000200077% V max100058% V max0δ/Hh0δ/Hh0.0% 1.0% 2.0% 3.0% 4.0% 0.0% 1.0% 2.0% 3.0% 4.0%Fig. 32: curve monotone provini snelli: a) cronotipo ottocento b) cronotipo settecento163


Provino H/L Tmax Mmax φ(Mmax) φ(Mu) μ(N) (Nm)O7 0.57 1041 72.90 0.55% 4.20% 7.64(77%Mmax)O8 0.57 1053 73.74 -O12 0.57 847 59.30 -O4 0.77 1194 83.55 1.90% 3.50% 1.84(50%Mmax)O5 0.77 0 0.00 -O6 0.77 973 68.13 -O1 1.14 2680 187.57 0.70% 2.00% 2.86(50%Mmax)O2 1.14 2344 164.08 -O3 1.14 2150 150.50 -Tab. 5.3 Momento e rotazione ottenuti sperimentalmente per i provini ottocenteschiProvino H/L Tmax Mmax φ(Mmax) φ(Mu) μ(N) (Nm)S9 0.57 1027 71.92 1.30% 4.20% 3.23(58%Mmax)S13 0.57 1318 92.24 -S14 0.57 915 64.07 -S10 0.77 1596 111.73 1.20% 3.30% 2.75(50%Mmax)S15 0.77 1446 101.21 -s16 0.77 1374 96.17 -S11 1.14 3194 223.60 0.80% 3.80% 4.75(50%Mmax)S18 1.14 2370 165.90 -S17 1.14 2218 155.26 -Tab. 5.4 Momento e rotazione ottenuti sperimentalmente per i proviniAnalogamente a quanto fatto per i provini in muratura or<strong>di</strong>naria si riportano in Tab.5.3 e 5.4 le principali caratteristiche meccaniche riscontrate durante l’esecuzione della164


M(Nm)24018012060d=1.2mmd=2.4mmd=3.6mmd=4.8mmd=6mmd=7.2mmd=8.4mmd=9.6mmd=10.8mmMonotonaM(Nm)24018012060d=1.2mmd=2.4mmd=3.6mmd=4.8mmd=6mmd=7.2mmd=8.4mmd=9.6mmd=10.8mmMonotona0-5% -4% -3% -2% -1% 0% 1% 2% 3% 4% 5%-600-5% -4% -3% -2% -1% 0% 1% 2% 3% 4% 5%-60φ-120φ-120-180-180-240Fig. 5.35: Diagramma M-φ: provini snelli ottocenteschi-240240M (Nm)240M (Nm)φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.6%Monotona16080φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.6%Monotona160800-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%0-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%-80φ (rad)-80φ (rad)-160-160-240-240a)b)Fig. 5.36: Diagramma M-φ: provini tozzi settecenteschi, a) S11 e S17, b) S11 e S18240M (Nm)240M (Nm)φ=0.2%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%φ=1.8%φ=0.4%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.6%Monotona16080φ=0.2%φ=4.2%φ=0.8%φ=1.2%φ=1.6%φ=0.4%φ=0.6%φ=1.0%φ=1.4%Monotona160800-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%0-4.5% -3.0% -1.5% 0.0% 1.5% 3.0% 4.5%-80φ (rad)-80φ (rad)-160-160-240-240a)b)Fig.5.37: Diagramma M-φ: provini interme<strong>di</strong> settecenteschi, a) S10 e S15 b)S10 e S16166


M(Nm)24018012060H/L=0.56d=1.2mmd=2.4mmd=3.6mmd=4.8mmd=6mmd=7.2mmd=8.4mmd=9.6mmd=10.8mmMonotonaM(Nm)24018012060H/L=0.57d=1.2mmd=2.4mmd=3.6mmd=4.8mmd=6mmd=7.2mmd=8.4mmd=9.6mmd=10.8mmMonotona0-5% -4% -3% -2% -1% 0% 1% 2% 3% 4% 5%-60φ0-5% -4% -3% -2% -1% 0% 1% 2% 3% 4% 5%-60-120-120φ-180-180-240Fig. 5.38: Diagramma M-φ: provini snelli settecenteschi-240Le Figg. 5.33-5.38 rappresentano i <strong>di</strong>agrammi momento rotazione ottenuti dalle provecicliche, relativamente a ciascuna snellezza geometrica considerata confrontate con lacorrispettiva curva della prova monotona. Dal confronto si evince un comportamentopiuttosto analogo in termini <strong>di</strong> resistenza ad eccezione dei provini tozzi settecenteschi per iquali si è riscontrato nelle prove cicliche un abbassamento pari a circa il 20%. Per ladeformabilità sembra, invece, incidere negativamente il degrado ciclico ma non <strong>di</strong>deformabilità sulla quale sembra incidere negativamente il degrado ciclico, che comportauna <strong>di</strong>minuzione della resistenza al crescere della deformazione. Nelle prove cicliche nonsi è riscontrato quasi mai il comportamento estesamente duttile registrato per le provemonotone, in particolare per i provini snelli e interme<strong>di</strong>, per cui i valori elevati <strong>di</strong>spostamento ultimo non sono del tutto confermati. Analizzando il degrado ciclico deicampioni si ritiene <strong>di</strong> poter considerare valori pari almeno a 1.5% (in alcuni casicautelativo)5.3.5 Considerazioni critiche sui risultatiCon riferimento alle sollecitazioni massime ed alle rotazioni ultime raggiunte nelle proverisulta interessante confrontare i risultati ottenuti con le formule fornite dall’ultimoaggiornamento dell’Or<strong>di</strong>nanza per la valutazione del momento resistente e delladeformazione ultima <strong>di</strong> una fascia <strong>di</strong> piano dotata <strong>di</strong> almeno un elemento tensoresistente.Come già detto nel capitolo 4, l’OPCM 3431 fornisce due formulazioni. Nella primasi fa riferimento al modello nel quale la capacità <strong>di</strong> accoppiamento della fascia è correlata167


alla formazione <strong>di</strong> un unico puntone <strong>di</strong>agonale <strong>di</strong>retto nel verso delle forze orizzontaliagenti. Questo schema resistente, basato sullo sfruttamento della resistenza a compressionedel materiale anche per resistere a taglio, si può attivare, però, solo se esiste la possibilità<strong>di</strong> assorbire uno sforzo assiale <strong>di</strong> trazione pari alla componente orizzontale dello sforzo <strong>di</strong>compressione (inclinato) agente nel puntone.Nell’attrezzatura <strong>di</strong> prova, la posizione dei bracci <strong>di</strong> carico è fissa, quin<strong>di</strong> il campionenon ha la possibilità <strong>di</strong> “allentarsi” e l’attivazione del meccanismo a puntone è comunquepossibile.L’espressione corrispondente del taglio massimo proposta dall’or<strong>di</strong>nanza è laseguente:h HpVpH ⎛⎞=p⋅ ⋅⎜1−⎟l ⎝ 0,85 fh⋅ h ⋅ t ⎠(1)La seconda formulazione si riferisce invece ad un meccanismo <strong>di</strong> rottura a taglio“classico”, connesso al raggiungimento <strong>di</strong> una massima tensione tangenziale sulla sezionetrasversale, come dalla seguente espressione:V= htf(2)t v0Per valutare effettivamente il comportamento meccanico della fascia <strong>di</strong> pianosoggetta ad evento sismico si valutano i meccanismi <strong>di</strong> rottura che si possono attivare perun pannello <strong>di</strong> fascia soggetto a taglio ortogonalmente ai letti <strong>di</strong> malta e a sforzo normaleparallelamente ad essi, con uno sforzo normale strettamente collegato al massimo sforzo <strong>di</strong>taglio. In Fig. 5.38 sono riportati tre tipi <strong>di</strong> rottura che si possono verificare oltre la rotturaper schiacciamento del puntone.Scorrimento orizzontale Scorrimento verticale Trazione <strong>di</strong>agonaleRRVVNNHtHRVNτHσ otNNNLVRLFig. 5.39: Possibili meccanismi <strong>di</strong> rottura della fasciaVRLVR168


Per tutte le rotture si è considerato il contributo dello sforzo normale, messo inrelazione con il taglio. Si ha che:V ⋅ LN⋅ H = V ⋅ L N =HPer lo scorrimento orizzontale si ha che:V ⋅ LNmax= fvo⋅t⋅ L+ V ⋅ tgϕ = fvo⋅t⋅ L+ V ⋅ tgϕH⎛ HVmax ( fvot H)1 tgLϕ ⎞= ⋅ ⋅ ⎜ − ⎟⎝ ⎠Se si considera il caso <strong>di</strong> scorrimento verticale si ha che:Vmax⋅ LVmax= fvo⋅t⋅ H + N⋅ tgϕ Vmax= fvo⋅t⋅ H + ⋅ tgϕH⎛ LVmax ( fvot H)1 tgHϕ ⎞= ⋅ ⋅ ⎜ − ⋅ ⎟⎝ ⎠Per entrambe le rotture nel caso in cui si trascuri l’effetto dell’attrito si ottiene laformula proposta dall’or<strong>di</strong>nanza.Se si considera la rottura <strong>di</strong>agonale per trazione si ha:1 σV ft t H 10= ⋅ ⋅ ⋅ + k ftcon k=L/H e 1


1400V(N)12001000800V-OPCM (fvo)Scor. VerticaleScor. OrizzontaleRottura <strong>di</strong>agonalePuntone6004002000H/L0 0.25 0.5 0.75 1 1.25Fig. 5.40: Confronto tra i dati sperimentali e le formulazioni della norma peri provini <strong>di</strong> tipo or<strong>di</strong>nario170


3000V(N)2500Puntone2000V-OPCMfvko=1/10Rottura <strong>di</strong>agonaleScor. Orizzontale1500Scor. Verticale1000500H/L00 0.25 0.5 0.75 1 1.25Fig. 5.41: Confronto tra i dati sperimentali e le formulazioni della norma peri provini ottocenteschi171


4000V(N)350030002500V-OPCM (fvo)Scor. VerticaleScor. OrizzontaleRottura <strong>di</strong>agonalePuntone2000150010005000H/L0 0.25 0.5 0.75 1 1.25Fig. 5.42: Confronto tra i dati sperimentali e le formulazioni della norma peri provini ottocenteschiIn Figg 5.40-5.42 sono <strong>di</strong>agrammati i risultati ottenuti sperimentalmente, in termini<strong>di</strong> taglio massimo raggiunto in funzione del rapporto <strong>di</strong> snellezza (H/L) del pannelloprovato. Sullo stesso grafico sono riportate le curve corrispondenti ai due meccanismiresistenti in<strong>di</strong>cati dalla norma e ai tre meccanismi <strong>di</strong> taglio sopra descritti. Per calcolarequesti valori si è considerato f h (cioè la resistenza a compressione in orizzontale) per lamuratura or<strong>di</strong>naria pari al valore caratteristico della corrispondente tensione massima a172


compressione (1.85 N/mm 2 ) e per la muratura storica, avendo a <strong>di</strong>sposizione una solaprova a compressione per ciascun cronotipo, si è adottato il valore me<strong>di</strong>o pari ancora ad1.85 N/mm 2 . Per f vo ed f t si è assunto per la muratura or<strong>di</strong>naria il valore <strong>di</strong> 0.0925 N/mm 2 .pari a circa 1/20 della resistenza a compressione, mentre per la muratura storica si èadottato un valore fittizio <strong>di</strong> f vo pari ad 1/10 fh, necessario per tenere conto dell’effettobenefico provocato dalla presenza della piattabanda lapidea.In tutti i casi si nota una buona corrispondenza tra i valori ottenuti sperimentalmentee quelli ottenuti utilizzando la formulazione <strong>di</strong> Turnsek & Cacovic mo<strong>di</strong>ficata.Per quanto riguarda le capacità deformative dell’elemento <strong>di</strong> fascia l’Or<strong>di</strong>nanza nonda alcuna in<strong>di</strong>cazione sui limiti, mentre per i maschi murari, in<strong>di</strong>ca i seguenti valori:δ u /L = 0,8%rottura a presso flessioneδ u /L= 0,4%rottura a taglioPer il primo tipo <strong>di</strong> rottura nel caso <strong>di</strong> muratura storica la rotazione ultima èulteriormente ridotta a 0.6%.Dall’analisi delle rotazioni ultime osservate sperimentalmente si è riscontrato in me<strong>di</strong>a unvalore pari a circa 2%, quin<strong>di</strong> nettamente superiore a quelli in<strong>di</strong>cati dalla normativa per larottura a taglio.173


Capitolo 6Valutazione della vulnerabilità sismica e delle modalità <strong>di</strong>miglioramento su <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> storici in area <strong>partenopea</strong>: casi stu<strong>di</strong>o6.1 Introduzione ai casi stu<strong>di</strong>oL’obbiettivo del seguente capitolo è la valutazione della vulnerabilità sismica <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>storici in area napoletana e dell’efficacia degli interventi da attuare per conseguirne ilmiglioramento sismico; si è tenuto conto delle tecniche costruttive adottate per larealizzazione degli elementi murari, della stratificazione storica dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o e delleeffettive capacità deformative degli elementi strutturali, riscontrati dalla prove sperimentalidescritte in questo lavoro.I due <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> analizzati sono entrambe il prodotto delle mo<strong>di</strong>fiche, degli ampliamentie delle aggiunte succedutesi nei vari secoli e costruiti per la maggior parte in tufo con letecniche costruttive tipiche dell’area napoletana, raggiungendo entrambi altezze moltoelevate (17-23 m). I due fabbricati si <strong>di</strong>stinguono per la destinazione d’uso originaria e perla conseguente <strong>di</strong>versa configurazione assunta sia in pianta che in elevazione. Infatti ilprimo (palazzo Petrucci a Napoli) con una forma piuttosto compatta, appartiene al tessutoe<strong>di</strong>lizio storico <strong>di</strong> Napoli, ed ha subito negli anni mutamenti <strong>di</strong> tipo tipologico e funzionaleportando all’aggiunta ed alla mo<strong>di</strong>fica degli ambienti.La seconda fabbrica (Il complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum ad Aversa), invece, ècostituita da più parti costruite in epoche <strong>di</strong>fferenti che hanno un comportamentostrutturale tra <strong>di</strong> loro piuttosto in<strong>di</strong>pendente e molto <strong>di</strong>verso.I due casi stu<strong>di</strong>o sono stati scelti in modo da poter analizzare il comportamento <strong>di</strong>fabbriche appartenenti sia alla categoria or<strong>di</strong>naria che speciale, evidenziando ancheproblemi relativi alla modellazione ed al tipo <strong>di</strong> analisi da condurre, essendo le strategied’intervento scelte strettamente connesse alla fase <strong>di</strong> valutazione.174


6.2 Palazzo Petrucci a Napoli6.2.1 Rilievo e configurazione strutturale della fabbricaIl primo <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è sito nel centro antico <strong>di</strong> Napoli in corrispondenza deldecumano inferiore (via Benedetto Croce) ed è conosciuto come palazzo Petrucci dal nomedel proprietario che detenne l’immobile nella seconda metà del XV secolo. Le notizie sullesue vicissitu<strong>di</strong>ni storiche, la configurazione morfologica e i grafici <strong>di</strong> rilievo sono stateforniti da Helen Rotolo [H. Rotolo, 2003].Il nucleo originario fu costruito nel XIV secolo, pur non conoscendo la data certa, esubì numerosi ampliamenti, mo<strong>di</strong>fiche e consolidamenti nei secoli successivi fino araggiungere la configurazione attuale.Fig. 6.1: prospetto <strong>di</strong> Palazzo Petrucci su P.zza S. Domenico MaggioreL’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o confina a sud-est con un fabbricato ad uso residenziale, avente lo stessonumero <strong>di</strong> piani, in minima parte a nord-ovest con la chiesa <strong>di</strong> S. Arcangelo a Morfisa e aNord-Est con la scalinata fatta costruire nel XV secolo da Alfonso D’Aragona per accederealla suddetta chiesa. Tale scala si estende in pianta per poco meno della metà175


dell’estensione dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o su P.zza S. Domenico e raggiunge la chiesa in corrispondenzadel primo piano nobile dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o.Le facciate principali prospettano su via Benedetto Croce e su piazza S. DomenicoMaggiore, sulla quale è <strong>di</strong>sposto l’ingresso.Il fabbricato è situato presso l’estremo sud-occidentale della Neapolis greca, le cuimura <strong>di</strong> IV secolo si trovano al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> S. Domenico Maggiore – come rinvenuto daalcuni scavi condotti nel XVII secolo e nel 1943 in corrispondenza della guglia <strong>di</strong> P.zza S.Domenico Maggiore.La presenza delle mura ha determinato per la basilica <strong>di</strong> S. Domenico Maggiore unaposizione <strong>di</strong>fferente rispetto agli altri spazi claustrali e alle chiese che fanno parte delcentro antico e che risultano <strong>di</strong>sposte trasversalmente o longitu<strong>di</strong>nalmente alle insulae.L’orientamento della chiesa segue, infatti, la <strong>di</strong>rezione delle mura greche utilizzate comefondazioni.Di conseguenza l’orientamento delle fabbriche appartenenti a questo isolato eprospicienti su Via Benedetto Croce sono state quelle più con<strong>di</strong>zionate da taleorientamento. In particolare l’influenza è accentuata per Palazzo Petrucci che presenta unlato su P.zza S. Domenico Maggiore, e che si configura secondo gli allineamenti impostidalla omonima basilica.Palazzo Petrucci con un assetto geometrico in pianta piuttosto articolato, raggiungeun’altezza <strong>di</strong> circa 23 m, ed è costituito da un piano terra, un piano ammezzato e da trelivelli superiori.Attualmente, i locali al piano terra che affacciano sulla strada e sulla piazza sonoa<strong>di</strong>biti a destinazione commerciale mentre quelli sul cortile interno sono utilizzati comedepositi e per attività varie. I vani ai piani superiori hanno destinazione d’usoprevalentemente residenziale.L’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o presenta una configurazione tipologica a corte chiusa, è dotato <strong>di</strong> giar<strong>di</strong>noalla quota del piano nobile. Esso è costituito da sei vasti ambienti <strong>di</strong>sposti in linea su viaBenedetto Croce dal piano terra fino al secondo e con i due muri longitu<strong>di</strong>nali <strong>di</strong>sposti adun interasse <strong>di</strong> 8.00 m. A questi vani è addossato il volume della scala che serve anche lecellule abitative retrostanti e quelle <strong>di</strong>sposte intorno alla corte interna. L’ala Nord-orientaleè costituita da altri quattro vani tra <strong>di</strong> loro allineati secondo una <strong>di</strong>rezione più o menoortogonale a quella della facciata <strong>di</strong> S. Domenico Maggiore. I muri entro cui sono collocatii suddetti ambienti hanno un interasse <strong>di</strong> circa 5.30 m. Vi sono inoltre una serie <strong>di</strong> ambienti176


<strong>di</strong>sposti anch’essi in linea in a<strong>di</strong>acenza all’altro <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o e compresi tra due murilongitu<strong>di</strong>nali con un interasse variabile tra 5.30 m e 6.30 m. Le ultime cinque celluleprospicienti tutte il giar<strong>di</strong>no interno si estendono in elevazione fino al primo piano nobile.Dalle piante si evince che i due ambienti <strong>di</strong>sposti all’estremità Sud-occidentale, quelloall’estremità Nord-orientale e gli altri interni sono costituiti da setti murari ruotati rispettoalle a<strong>di</strong>acenti <strong>di</strong> circa 45°, in modo da adeguarsi da un lato agli andamenti <strong>di</strong> vico S.Geronimo – che all’epoca della fondazione della fabbrica proseguiva lateralmente fino araggiungere il sagrato della chiesa <strong>di</strong> S. Arcangelo a Morfisa - e dall’altro l’orientamento<strong>di</strong> piazza S. Domenico Maggiore. In entrambi i casi la rotazione dà luogo a celluletriangolari con la funzione <strong>di</strong> “cerniere” in cui alloggiano le scale <strong>di</strong> servizio tra i duelivelli del pianterreno. La prima è sovrastata da solai lignei, mentre la seconda è conclusasecondo la consuetu<strong>di</strong>ne me<strong>di</strong>evale da volte a botte ribassate. Ai livelli superiori si trovanodue ambienti <strong>di</strong> forma trapezia.La struttura è servita da un unico vano scala in muratura con volte, situato in asse conl’ingresso su P.zza S. Domenico Maggiore, sul lato opposto dell’atrio del palazzo. Gliultimi due livelli si possono raggiungere anche attraverso un ascensore, installato <strong>di</strong>recente.Si è ipotizzato che le murature portanti della struttura si estendano al <strong>di</strong> sotto delpiano <strong>di</strong> campagna per circa due metri escludendo la possibilità <strong>di</strong> cavità sotterranee. Lepareti portanti hanno spessore variabile da un massimo <strong>di</strong> 120 cm ad un minimo <strong>di</strong> 45 cm,con riseghe variabili per ogni piano.Ai vari livelli gli impalcati non sono <strong>di</strong>sposti tutti alla stessa quota, ma sono sfalsatianche fino a 40 cm. Considerando la quota zero in corrispondenza del piano stradale <strong>di</strong> viaBenedetto Croce si ha che partendo dal basso verso l’alto gli interassi tra i vari impalcatisono: 3.85, 3.75, 5.87, 5.20, e 3.60. Sul lato della piazza, si ha che il piano stradale è inpendenza, raggiungendo il valore <strong>di</strong> 1.76m all’inizio della scalinata che conduce alla chiesa<strong>di</strong> S. Arcangelo a Morfisa, con una quota <strong>di</strong> 1m in corrispondenza del portone d’ingresso<strong>di</strong> palazzo Petrucci. Di conseguenza il piano <strong>di</strong> imposta del cortile e quin<strong>di</strong> dei locali cheaffacciano su <strong>di</strong> esso sono situati ad una quota <strong>di</strong> 1.00 m. e per la maggior parte siestendono fino a raggiungere un’ altezza <strong>di</strong> circa 6.40 m.Per le tipologie d’impalcato non vi è omogeneità <strong>di</strong> soluzione né in pianta né inelevazione. Gli orizzontamenti al terzo piano sono tutti costruiti da putrelle in ferro, alsecondo da solai lignei e al piano terra da volte a vela o a botte ad eccezione <strong>di</strong> un paio <strong>di</strong>177


solai in legno. In corrispondenza del piano ammezzato e del primo piano la configurazionedegli impalcati è molto più complessa. Al piano ammezzato gli ambienti in lineaprospicienti via Benedetto Croce e la piazza sono voltati tranne la cellula <strong>di</strong>sposta adangolo, mentre al primo piano nobile sono tutti coperti con solai in legno. Gli ambientia<strong>di</strong>acenti l’altro <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o al piano ammezzato sono tutti voltati, mentre a l primo piano sologli ultimi cinque che affacciano sul giar<strong>di</strong>no. Per quanto riguarda i locali <strong>di</strong>sposti intornoalla corte e alla scala sia al piano ammezzato che al primo piano sono in parte voltati ed inparte coperti con solai in legno. Inoltre, si fa notare che alcuni ambienti nell’arco dei secolihanno subito mo<strong>di</strong>fiche proprio in relazione alla morfologia dell’impalcato; in particolare ilocali al piano terra prospicienti via Benedetto Croce erano inizialmente a doppia altezza,successivamente <strong>di</strong>visi in elevazione con solai lignei in età angioina, sostituiti nell’arco delXVIII secolo con volte a vela ribassate. In tabella 6.1 sono sintetizzati le principalicaratteristiche geometriche.Si ha quin<strong>di</strong> riprendendo la classificazione <strong>di</strong> Pagano per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura che ilcomportamento meccanico cambia in relazione alla sezione verticale che si esamina,riscontrando comunque nella maggior parte dei casi una struttura continua in muratura peri primi due piani, mentre per i tre superiori si ha un assetto morfologico tipico dellaseconda classe.Livello Altezza (h) Spessore (s) Snellezza Tipo Impalcati(h/s)Terra 3.85 1.20-0.60 3.20 - 6.40 VolteAmmezzato 3.75 1.20-0.60 3.12 - 6.25 Volte/ Solai legnoPrimo 5.90 0.90-0.60 6.55 - 9.07 Solai legno/ volteSecondo 5.20 0.90-0.50 5.77 –10.04 Solai legnoTerzo 3.60 0.90-0.40 4.00 - 9.00 Solai ferroTab. 6.1: caratteristiche morfologiche <strong>di</strong> palazzo PetrucciSi può notare come ai piani bassi le pareti murarie abbiano una snellezza minore, che<strong>di</strong>pende sia dal carico maggiore che devono sopportare ma anche dalla costruzione delnucleo originario che inizialmente aveva un’altezza <strong>di</strong> 7.40m. Solo successivamente a metàdel XV secolo è stato creato un impalcato interme<strong>di</strong>o. Se si considera l’altezza e lospessore dei muri eretti nel 1300 (1.20m-0.80m) si ha che la snellezza varia tra 6.16 e 9.25e quin<strong>di</strong> piuttosto omogenea lungo tutti i livelli.178


L’or<strong>di</strong>tura dei solai in alcuni casi si è potuta riscontrare da rilievi visivi, mentre neirimanenti è stata ipotizzata cercando <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le murature su cui con maggioreprobabilità scaricano i solai. Di seguito è riportato il rilievo <strong>di</strong> ogni piano in cui sonoin<strong>di</strong>cati i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> impalcati e nel caso dei solai le or<strong>di</strong>ture ipotizzate e note.Pianta piano terraPianta piano ammezzatoPianta primo pianoPianta secondo pianoFig. 6.2: Rilevo architettonico Palazzo Petrucci – piante (Helen Rotolo)Pianta terzo pianoLa copertura dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o è a<strong>di</strong>bita a terrazzo praticabile, perimetralmente delimitatada un parapetto in muratura <strong>di</strong> 70 cm, dove è presente un piccolo belvedere a forma179


cilindrica accessibile attraverso una scala; mentre la parte restante della copertura è inlegno a due falde priva <strong>di</strong> elementi che eliminino le spinte sulle pareti.Sezione A-A’Sezione B-B’Prospetto su P.zza S. Domenico MaggioreProspetto su via Benedetto CroceFig. 6.3: Rilevo architettonico Palazzo Petrucci – sezioni e prospetti (Arch. Helen Rotolo)6.2.2 Cenni storici e cronologia della strutturaDiversi autori fanno risalire la fondazione <strong>di</strong> palazzo Petrucci ai primi anni del 1300 dallafamiglia De Balzo. Il nucleo originario era costitiuito da cinque cellule <strong>di</strong>sposte in linealungo via Benedetto Croce, caratterizzato, quin<strong>di</strong>, da una <strong>di</strong>stribuzione funzionale in lineaa cui era addossato il volume della scala. L’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o comprendeva un alto basamento e duepiani sovrastanti e coincideva salvo l’ultimo modulo <strong>di</strong> Sud-ovest con il volume allineatolungo via Benedetto Croce. La copertura era realizzata a terrazzo. Probabilmente sindall’età angioina il volume a doppia altezza fu soppalcato.Le strutture dei tre vani centrali sono <strong>di</strong>sposte parallellamente ed ortogonalmentealla strada ed inoltre in corrispondenza della cellula centrale era <strong>di</strong>sposto il vestibolo180


d’ingresso contrad<strong>di</strong>stinto dalla presenza <strong>di</strong> due volte a crociera acute a <strong>di</strong>fferenza deglialtri ambienti voltati a botte.Successivamente la proprietà del palazzo passò ad Antonello Petrucci cheintraprese l’acquisto durante gli anni sessanta del XV secolo concludendolo nel decenniosuccessivo, incamerando oltre ai vari appartamenti in cui era articolato il giar<strong>di</strong>no tuttoraesistente.Durante i lavori <strong>di</strong> restauro in seguito al terremoto del 1456 l’immobile fu ampliatoe rinnovato in modo da sod<strong>di</strong>sfare le esigenze abitative e <strong>di</strong> rappresentanza <strong>di</strong> AntonelloPetrucci, segretario <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando I D’Aragona. A tale periodo (1470 circa) è ascrivibilel’ampliamento del palazzo su P.zza S. Domenico Maggiore, con la relativa costruzione delportale quattrocentesco che soppiantò il vestibolo realizzato in origine su Via BenedettoCroce [Fig. 6.4]. A tale variazione seguì l’innalzamento del cortile interno rispetto a viaBenedetto Croce <strong>di</strong> circa 1m per portare la quota della corte interna allo stesso livello <strong>di</strong>P.zza S. Domenico.a) b)Fig. 6.4: I due vestiboli <strong>di</strong> Palzzo Petruuci: a) Lato interno tamponato del vestibolo trecentesco su viaBenedetto croce; b) Portale su P:zza S. DomenicoIl palazzo fu <strong>di</strong> proprietà della famiglia D’Aquino dagli inizi del 1600 fino al 1697,anno in cui fu ceduto ai governatori del Banco del Salvatore, successivamente ai lavori <strong>di</strong>181


estauro <strong>di</strong> connotazione prevalentemente statica succeduti al terremoto del 1688, che loaveva gravemente danneggiato e reso inagibile.In seguito all’acquisizione dell’immobile furono eseguiti lavori <strong>di</strong>rifunzionalizzazione, fino al 1710 svolti sotto la guida dell’architetto Giustiniano Cafaro.Parte dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o fu destinato ad alloggiare le attività proprie del banco; mentre su ViaBenedetto Croce alcuni ambienti furono a<strong>di</strong>biti a residenza del portiere e dei funzionari edaltri locali, al piano terra e al piano ammezzato, ospitavano le botteghe.Nei primi lavori furono sostituite le porte, le finestre, rinforzato qualche solaioligneo, inserite cancellate per la sicurezza e realizzato l’arredamento. Successivamentefurono ampliati gli spazi <strong>di</strong>sponibili a danno della superficie del giar<strong>di</strong>no, aggiungendo inparticolare un corpo seminterrato, destinato ad accogliere i locali della Revisione, a forma<strong>di</strong> L, coperto con volta a vela ribassata sul lato Nord-Ovest del fabbricato e Sud-Ovestdell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o a<strong>di</strong>acente. I solai lignei delle botteghe su via Benedetto Croce furonosostituite con le volte a vela.Fig. 6.5: Stratificazione <strong>di</strong> Palazzo Petrucci – pianta piano terraLa seconda fase dei lavori <strong>di</strong> adattamento alla nuova destinazione d’uso, <strong>di</strong>rettadall’architetto Giuseppe Stendardo, relativa agli anni 1714-1727 interessò principalmente il182


ifacimento dei tetti e l’allestimento della nuova cassa dei pegni. La terza fase tra il 1726 eil 1741, riconducibile sostanzialmente a lavori <strong>di</strong> manutenzione or<strong>di</strong>naria e straor<strong>di</strong>naria, fuseguita da <strong>di</strong>versi architetti.Tra il 1761 e il 1793 le trasformazioni furono condotte sotto la guida dell’architettoGiuseppe Amendola ed interessarono fino al 1781 l’ampliamento delle superfici <strong>di</strong>sposteper le operazioni <strong>di</strong> cassa e <strong>di</strong> deposito, il rifacimento dei tetti e il consolidamento dei vaniparticolarmente caricati, come le botteghe su via Benedetto Croce e i locali costruiti tra il1698 e il 1710, dove fu <strong>di</strong>slocato anche l’archivio. Intanto emerse il problemadell’ampliamento dell’archivio risolto dal 1793 in poi con la realizzazione <strong>di</strong> cinque vaniin linea, voltati a vela, al <strong>di</strong> sopra degli ambienti prospicienti il giar<strong>di</strong>no sul lato sudoccidentale,destinatialla revisione, che furono consolidati.Fig. 6.6: Stratificazione <strong>di</strong> Palazzo Petrucci – pianta primo pianoAlla fine del 1806 il Banco del Salvatore fu soppresso e il fabbricato <strong>di</strong>venne la sededella Corte dei Conti fino al 1829, anno in cui fu acquistato dal prof. Gennaro Galbiati,acquisendo nuovamente l’originaria funzione residenziale. Nel 1834 furono realizzati sottola guida <strong>di</strong> Giuseppe Califano interventi con lo scopo <strong>di</strong> trasformare il sottotetto a pianoabitabile, l’aggiunta <strong>di</strong> un belvedere e l’avanzamento dei fronti Nord-Est e Nord-Ovest del183


cortile attraverso la realizzazione <strong>di</strong> volumi pensili. In seguito alla morte del Prof. Galbiatil’immobile è stato frazionato nell’arco del tempo, raggiungendo la con<strong>di</strong>zione attuale <strong>di</strong>condominio.Nelle Figg. 6.5-6.7 si riporta la lettura stratigrafica in pianta dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o che bensintetizza le vicissitu<strong>di</strong>ni storiche della fabbrica.Fig. 6.7: Stratificazione <strong>di</strong> Palazzo Petrucci – pianta secondo piano6.2.3 Modellazione della strutturaPer valutare la vulnerabilità sismica <strong>di</strong> palazzo Petrucci si è considerata una modellazionea lastre, per como<strong>di</strong>tà configurate con elementi mono<strong>di</strong>mensionali deformabili a taglio.Tale scelta è stata effettuata per svolgere analisi <strong>di</strong> tipo non lineare, necessarie per valutarel’effettiva capacità deformativa della struttura.In realtà per un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in muratura storica <strong>di</strong> notevole complessità morfologica estratigrafica risulta <strong>di</strong>fficile condurre delle analisi <strong>di</strong> tipo lineare (statica o modale che sia)senza correre il rischio <strong>di</strong> sottovalutare il comportamento meccanico della muratura, equin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricorrere ad interventi eccessivi ed invasivi per mettere in sicurezza l’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o184


dalle azioni sismiche. Infatti per utilizzare analisi <strong>di</strong> tipo lineare è necessaria l’adozione <strong>di</strong>un coefficiente <strong>di</strong> struttura q, che sintetizza la duttilità dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in modo piuttostoarbitrario non potendo tenere in conto la particolare complessità che caratterizza in genereun <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in muratura.Si è ricorsi ad una modellazione a plasticità concentrata, essendo piuttosto <strong>di</strong>fficile enon del tutto affidabile la modellazione ad elementi finiti a non linearità <strong>di</strong>ffusa. Infatti nelprimo caso si devono conoscere i meccanismi <strong>di</strong> rottura che governano gli elementiresistenti della struttura in muratura, pochi valori sulle caratteristiche del materiale(modulo elastico, la tensione <strong>di</strong> rottura e la tensione tangenziale) e le capacità deformativedegli elementi resistenti. Nel caso <strong>di</strong> non linearità <strong>di</strong>ffusa è necessaria la definizione delcampo <strong>di</strong> rottura dei pannelli soggetti a stati <strong>di</strong> tensione biassiale, la cui definizione<strong>di</strong>pende non solo dai materiali costituenti, ma anche dalle loro caratteristiche geometriche,dalla tessitura e dall’inclinazione del carico rispetto ai giunti <strong>di</strong> malta, per cui è necessariauna sperimentazione condotta su un notevole numero <strong>di</strong> elementi per ogni tipologiamuraria. L’uso <strong>di</strong> domini <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> elementi murari tessiti <strong>di</strong>versamente può portare aduna non corretta valutazione del comportamento sismico della struttura. Inoltre lasoluzione <strong>di</strong> analisi non lineari agli elementi finiti non è univoca ed è fortementeinfluenzata da problemi numerici.La risposta sismica <strong>di</strong> Palazzo Petrucci è stata valutata considerando separatamentela struttura lungo le due <strong>di</strong>rezioni principali, (in<strong>di</strong>cate con x ed y) in<strong>di</strong>viduate me<strong>di</strong>anteschemi piani <strong>di</strong> pareti riportate in Fig. 6.8 così come si configurano al piano terra. Volendoconsiderare una rigidezza, se pur limitata, per gli impalcati, non è stato calcolato un valorepreciso, essendo <strong>di</strong> dubbia valutazione, come nel caso delle volte per le quali non siconosce l’effettiva configurazione in sezione dei materiali adottati e <strong>di</strong> conseguenza dellecorrispondenti caratteristiche meccaniche. Si è quin<strong>di</strong> considerata la possibilità d’impalcatosia deformabile che rigido, rappresentando i due limiti estremi della fascia in cui ècompresa la risposta effettiva della struttura. Nel primo caso le pareti sono state esaminatesingolarmente, ognuna con la propria massa <strong>di</strong> competenza, nel secondo si sono adottati itreni <strong>di</strong> pareti lungo le due <strong>di</strong>rezioni principali, trascurando le forze dovute agli effettitorsionali. Tale semplificazione è resa possibile se si considera che per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> inmuratura le masse e le rigidezze sono sostanzialmente coincidenti, per cui l’eccentricità ètrascurabile.185


Nel caso in cui si intenda stu<strong>di</strong>are il comportamento meccanico <strong>di</strong> un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o inmuratura, si devono considerare in primo luogo le <strong>di</strong>fficoltà insite nella modellazione <strong>di</strong>una struttura complessa per morfologia e stratificazione, concepita secondo le regole dellaprassi costruttiva e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficilmente riconducibili a modelli sviluppati per stu<strong>di</strong>are ilcomportamento meccanico <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong> concezione moderna.La modellazione con elementi mono<strong>di</strong>mensionali richiede <strong>di</strong> risolvere alcuneproblematiche <strong>di</strong>verse da caso a caso e <strong>di</strong> effettuare scelte ed accorgimenti <strong>di</strong> cui si devetenere conto anche nella fase <strong>di</strong> interpretazione dei risultati. Solo in questo modo larisposta del modello è prossima a quella della struttura reale.Direzione xFig. 6.8: In<strong>di</strong>viduazione delle pareti resistenti lungo le due <strong>di</strong>rezioni principaliDirezione y186


Figura 6.9: Modello a telaio per le pareti in <strong>di</strong>rezione xIl modello adottato è costituito da aste verticali ed orizzontali che schematizzano laparte <strong>di</strong> muratura compresa tra due vani <strong>di</strong> apertura, anche se presenti a quote <strong>di</strong>verse. In187


presenza <strong>di</strong> vani non allineati gli elementi sono stati tracciati coincidenti con gli assi deglielementi murari (fasce o maschi) <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni minori.Figura 6.10: Modello a telaio per le pareti in <strong>di</strong>rezione y188


Nel caso in cui sia presente un’apertura al <strong>di</strong> sopra o al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> un elementomurario pieno, quest’ultimo è stato schematizzato con due aste a sezione equivalente chesono collegate in corrispondenza dell’impalcato da un doppio pendolo impedendo letraslazioni e le rotazioni relative.L’arco è stato modellato con un elemento orizzontale e due aste oblique, tali dasimulare l’effetto spingente sui maschi murari. Ulteriore <strong>di</strong>fficoltà risulta dalladeterminazione della lunghezza effettiva del nodo rigido nel caso in cui le aperture nonsono tra <strong>di</strong> loro allineate, come accade spesso per Palazzo Petrucci.L’estensione della parte deformabile dell’elemento orizzontale coincide con la zonacompresa tra le due rette che uniscono gli spigoli delle aperture presenti lungo la verticale.Il tratto rigido <strong>di</strong> un ritto compreso tra due aperture <strong>di</strong> altezza <strong>di</strong>fferente è determinatadall’altezza della fascia con <strong>di</strong>mensione minore.In Figg. 6.9 e 6.10 è riportata la modellazione adottata per le pareti resistenti <strong>di</strong>Palazzo Petrucci, lungo le due <strong>di</strong>rezioni principali, effettuata secondo le in<strong>di</strong>cazionisuddette. Si deve sottolineare che tale modello può essere adottato solo per valutare ilcomportamento della struttura per effetto del sisma per la presenza del doppio pendolo chevincolando la rotazione relativa tra due aste che compongono lo stesso maschio, nonrestituisce le sollecitazioni effettive che su <strong>di</strong> esso gravano per effetto dei soli carichiverticali.Le analisi statiche non lineari sono state svolte con il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo SAP 2000,assumendo un comportamento a plasticità concentrata a flessione e a taglio per le fasce <strong>di</strong>piano e per i maschi; e rigido per i no<strong>di</strong>. Il taglio resistente per i maschi è stato valutato conla formula <strong>di</strong> Turnsek & Cacovic, come suggerito dall’OPCM 3431 nel capitolo relativoagli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> esistenti. Sia il taglio che il momento ultimo sono stati valutati incorrispondenza dello sforzo assiale generato dalla presenza dei soli carichi verticali, nontenendo conto delle variazioni <strong>di</strong> sforzo normale originate dalle azioni sismiche. Il co<strong>di</strong>ce<strong>di</strong> calcolo non ha reso possibile l’applicazione contemporanea dei carichi verticali e delleforze sismiche. Accade infatti che per la sola applicazione del peso della struttura siverifichino plasticizzazioni o rotture in corrispondenza delle fasce <strong>di</strong> piano, in nettacontrad<strong>di</strong>zione con la configurazione dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o che non presenta nessundanneggiamento dovuto all’eccessivo carico. La scelta effettuata è inoltre avvalorata dallaconsapevolezza che il programma <strong>di</strong> calcolo non tiene conto della capacità <strong>di</strong> adattamentodella fabbrica in fase costruttiva, bensì applica contemporaneamente i carichi sulla189


struttura. Un’ulteriore limitazione della modellazione è data dall’impossibilità <strong>di</strong>considerare contemporaneamente i due <strong>di</strong>versi schemi resistenti che si instaurano nellefasce per trasmettere i carichi verticali (effetto arco) e le forze orizzontali (effetto puntone).Fig. 6.11: Stratificazioni delle tecniche costruttive adottate per le pareti in <strong>di</strong>rezione x190


Fig. 6.12: Stratificazioni delle tecniche costruttive adottate per le pareti in <strong>di</strong>rezione yLo spostamento ultimo per i maschi murari è stato assunto secondo le in<strong>di</strong>cazionidell’OPCM 3431 pari a 0.4% dell’altezza per le rotture a taglio e a 0.8% dell’altezza perrotture a pressoflessione. Tale valore è in<strong>di</strong>cato per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> <strong>di</strong> nuova realizzazione,mentre per quelli esistenti viene ridotto a 0.6%. Per questa analisi si è adottato ugualmente191


una rotazione pari a 0.8%, data l’elevata deformabilità riscontrata durante le campagnesperimentali condotteData la stratificazione costruttiva dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o si sono considerate le tecnichecostruttive corrispondenti con cui gli elementi murari sono stati realizzati, con riferimentoai cronotipi che caratterizzano l’area napoletana dal XVI al XX secolo. Per quanto riguardail nucleo originario realizzato nel Trecento e le mo<strong>di</strong>fiche subite nel Quattrocento si èconsiderato l’uso della tecnica a cantieri. In Figg. 6.11 e 6.12 si riporta l’in<strong>di</strong>viduazionedelle <strong>di</strong>fferenti tecniche costruttive per le pareti murarie in <strong>di</strong>rezione x ed y. Per ognunadelle fasi costruttive in<strong>di</strong>viduate, si sono adottati i valori <strong>di</strong> resistenza a compressione ed ilmodulo elastico me<strong>di</strong> riscontrati per ogni cronotipo dalle prove a compressione adeformazione controllata sui macromodelli in scala reale. La resistenza a compressione èstata ridotta del 20% per tenere conto <strong>di</strong> eventuali sovrastime dovute al numero esiguo <strong>di</strong>campioni esaminato e alla buona qualità della malta, non sempre riscontrabile nella realtàstorica degradata nell’area <strong>partenopea</strong>. Per la resistenza a taglio non avendo eseguitoapposite prove sperimentali, sono stati adottati valori tali da rispettare il rapporto, che sievince dall’allegato 11 D dell’Or<strong>di</strong>nanza, tra resistenza a compressione e resistenza ataglio, pari a circa 1/28 per la muratura a conci <strong>di</strong> pietra tenera: (calcarenite, tufo, ecc.). InTab. 6.2 si riportano le caratteristiche meccaniche adottate per i tre cronotipi.Cronotipoσ maxτ o(N/mm 2 )(N/mm 2 )(N/mm 2 )Cantieri 3.25 (83%x3.90) 0.12 (1/27σ max ) 965Bozzette 2.60 (83%x3.00) 0.10 (1/26σ max ) 1160Blocchetti 2.17 (83% x2.60) 0.08 (1/27σ max ) 830Tab. 6.2: Caratteristiche meccaniche della muratura adottate nella modellazioneEPer modellare il comportamento della fascia si è esaminato sia il caso in cui lacapacità <strong>di</strong> accoppiamento è inesistente (fascia debole), sia la presenza <strong>di</strong> un elementotensoresistente, dotando così la fascia <strong>di</strong> piano <strong>di</strong> una certa capacità <strong>di</strong> accoppiamento(fascia con “catena”). Nel primo caso si è considerato un momento ultimo molto basso paria 5 Nm ed una capacità rotazionale limitata a 0.4%. Per la fascia con “catena” si è data lapossibilità <strong>di</strong> attivare sia rotture a flessione cha a taglio. Quest’ultima che spesso dominasulla rottura a compressione del puntone è stata valutata in una prima fase con la formulafornita dall’OPCM 3274 (T=f vo Ht),con un valore <strong>di</strong> deformabilità ultima pari a 0.4% della192


luce della fascia, e in secondo luogo considerando le capacità resistenti e deformativeriscontrate durante la sperimentazione condotta sulle fasce storiche in scala ridotta,riportate nel capitolo 5. Si è quin<strong>di</strong> assunta la formulazione <strong>di</strong> Turnsek & Cacovicmo<strong>di</strong>ficata, valutando lo sforzo normale in funzione del massimo taglio agente econsiderando una resistenza a taglio fittizia f vo <strong>di</strong> 0.20 N/mm 2 , pari in me<strong>di</strong>a al doppio <strong>di</strong>quella adottata per i tre cronotipi, in modo da portare in conto l’effetto benefico che siinstaura per la presenza della piattabanda lapidea nelle fasce storiche. Il valore <strong>di</strong>deformabilità ultima si è posto pari a 0.8%L, in maniera cautelativa rispetto ai dati ottenutidalla sperimentazione sulle fasce <strong>di</strong> piano.6.2.4 <strong>Analisi</strong> del comportamento sismicoPer valutare la risposta sismica della struttura si sono condotte analisi statiche nonlineari utilizzando due <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>stribuzioni <strong>di</strong> forze orizzontali lungo l’altezza dellepareti: la prima proporzionale <strong>di</strong>rettamente alle masse <strong>di</strong> piano (cioè costante lungol’altezza), denominata UP, e la seconda proporzionale al prodotto delle masse per glispostamenti corrispondenti al primo modo <strong>di</strong> vibrare (denominata MP).5Treno X43UPMP2100 2000 4000 6000Fig. 6.13: Distribuzione <strong>di</strong> forze per il treno <strong>di</strong> pareti in <strong>di</strong>rezione x193


In relazione alla <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> forze si nota una certa particolarità data dallaconcentrazione delle masse ai piani bassi, determinata dalla variazione della morfologiadegli impalcati lungo la verticale, con pesanti volte ai primi piani, in contrapposizione coni leggeri solai lignei e in ferro al secondo e al terzo piano, come si nota in Fig. 6.13, nellaquale sono riportate le <strong>di</strong>stribuzioni <strong>di</strong> forze assunte per il treno <strong>di</strong> pareti in <strong>di</strong>rezione x.L’analisi statica non lineare consente <strong>di</strong> determinare in modo abbastanza agevole lacurva <strong>di</strong> capacità della struttura, che rappresenta la relazione tra il tagliante <strong>di</strong> base deltelaio e lo spostamento in sommità al crescere delle forze sismiche (push-over) con carichiverticali costanti. Da tale curva, come precedentemente visto nel par. 4.3.3, è possibilericavare la vulnerabilità sismica, in termini <strong>di</strong> accelerazione, intesa come la massimaaccelerazione al suolo sopportabile dalla struttura, valutata riferendosi allo spettro <strong>di</strong>risposta elastico (fornito dall’OPCM 3431 per un suolo <strong>di</strong> tipo B) ridotto in relazione allacapacità plastica della struttura (ricavata dalla curva <strong>di</strong> push-over) trasformata in fattore <strong>di</strong>struttura equivalente, utilizzando le espressioni dello spettro <strong>di</strong> progetto fornite dalla stessaOPCM 3431. Come consentito dalla norma, tutte queste valutazioni sono state svolteconsiderando la struttura complessa (cioè a più gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà) ridotta ad un oscillatoresemplice equivalente.La vulnerabilità della struttura è stata valutata per lo SLU, arrestando l’analisi,inizialmente, nel momento in cui il primo elemento strutturale raggiunge lo spostamentoultimo definito. Successivamente l’analisi è stata proseguita tenendo conto che la rottura <strong>di</strong>un elemento per un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o in muratura non coincide generalmente con il crollo dell’interafabbrica. Si ha infatti nel caso della fascia <strong>di</strong> piano che, pur avendo raggiunto il limite <strong>di</strong>deformazione, non cade se sorretta da una piattabanda lignea o in ferro, e qualora ciòaccadesse si avrebbe un danneggiamento locale. Inoltre quando la fascia non è più in grado<strong>di</strong> esplicare la capacità <strong>di</strong> accoppiamento tra i maschi si ha che la parete è capace <strong>di</strong>sopportare le azioni sismiche, pur subendo una <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> resistenza ed unabbassamento della rigidezza.Nel caso in cui il maschio raggiunge il limite <strong>di</strong> deformabilità il suo crollo comportaconseguenze più gravi, non essendo più in grado <strong>di</strong> portare i carichi verticali. Tale rotturasi è considerata accettabile solo nel caso in cui non provochi abbassamenti <strong>di</strong> resistenzarepentini per la struttura.Per il modello <strong>di</strong> fascia debole non si è fissato un limite <strong>di</strong> deformabilità in modo dapervenire alla rottura del maschio.194


In sintesi per ogni modello analizzato si sono considerati due <strong>di</strong>fferenti livelli <strong>di</strong>danneggiamento della struttura: il primo più lieve, con la rottura in un solo punto, in<strong>di</strong>catocon DS, il secondo <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>ffuso, in<strong>di</strong>cato con CO. In quest’ ultimo caso la vulnerabilitàsismica è stata calcolata nel punto in cui si raggiunge un decremento del 20% della forzamassima che è in grado <strong>di</strong> sostenere la parete.Si sottolinea che dall’esame dei risultati delle analisi condotte si possono dedurre nonsolo delle in<strong>di</strong>cazioni sulla vulnerabilità sismica della struttura ma anche sul tipod’interventi da effettuare per aumentarne la capacità sismica. Infatti i vari modelliconsiderati non restituiscono l’effettiva risposta della struttura ma i limiti <strong>di</strong>comportamento che essa può assumere.Si analizza inizialmente la capacità sismica della struttura nel caso in cui l’impalcatosia effettivamente rigido. In Figg. 6.14, 6.15, 6.20, 6.21 sono riportate le curve push-overrelative rispettivamente alla <strong>di</strong>rezione x ed y, mentre in tabella 6.3 sono dati i valori dellecorrispondenti vulnerabilità sismiche, valutate, per entrambe i livelli <strong>di</strong> danno ( DS e CO),al variare della configurazione della fascia: debole (in<strong>di</strong>cata con FD), con “catena”,valutata quest’ultima con due formulazioni: quella fornita dall’OPCM 3431 (in<strong>di</strong>cata conFC-f vo ) e quella ricavata dalla sperimentazione condotta sulle fasce (in<strong>di</strong>cata <strong>di</strong> seguito conFC-RD). Si è proceduto in tale valutazione attraverso le bilineari equivalenti alle pushover,tracciate in<strong>di</strong>viduando la rigidezza elastica coincidente con la secante alla curva <strong>di</strong>capacità nel punto corrispondente ad un taglio alla base pari a 0.7 volte il valore massimo(taglio massimo alla base) e una retta orizzontale passante per un livello <strong>di</strong> forza tale dasod<strong>di</strong>sfare il criterio delle eguaglianza delle aree.In <strong>di</strong>rezione x, si ha che la vulnerabilità sismica, valutata per la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> forzepiù gravosa, passa da 0.04g per una configurazione <strong>di</strong> fascia debole a 0.20g nel caso <strong>di</strong>fascia con “catena”-RD [Tab. 6.3], evidenziando quin<strong>di</strong> ancora una volta la forte influenzache ha la fascia <strong>di</strong> piano sul comportamento sismico globale della struttura.Come mostrato dalle curve push-over riportate in Fig. 6.14, in tutti i casi si riscontraun valore <strong>di</strong> duttilità piuttosto basso che varia da circa 1 (FD) a circa 1.5 (FC-RD)evidenziando al collasso un comportamento a mensola [Fig. 6.16]. Nel caso <strong>di</strong> fasciadebole e fascia con “catena”- f vo la rottura della parete si ha per il raggiungimento dellimite <strong>di</strong> deformazione in corrispondenza delle fasce <strong>di</strong> piano agli ultimi impalcati [Fig.6.17], mentre per il modello FC-RD un maschio murario raggiunge la rottura per taglio alquarto impalcato della parete N [Fig. 6.18].195


Se si considera la capacità della struttura in muratura per un danno esteso COsembrerebbe in grado <strong>di</strong> raggiungere livelli <strong>di</strong> PGA considerevoli per fascia debole e fasciacon “catena”- formulazione f vo , pari a circa 0.31g, per una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> forze MP. Perfascia “con catena”-RD la capacità sismica della fabbrica è invece variata <strong>di</strong> poco,passando da 0.20g a 0.23g. Considerando le deformate al collasso per danno CO è evidentein tutti i casi un meccanismo che interessa gli ultimi tre impalcati, molto simile ad unamensola [Fig. 6.16].Il mancato instaurarsi <strong>di</strong> un meccanismo globale è data dall’elevata rigidezza, in<strong>di</strong>rezione x, delle pareti A e B ai primi due livelli che assorbono le forze sismiche quasiinteramente e spostano le rotture ai piani superiori.La configurazione al collasso è molto simile per la fascia debole e fascia catena-f v0per un danno esteso, osservando la rottura nello stesso elemento e una deformata alcollasso pressoché identica per i vari tipi <strong>di</strong> fascia [Fig. 6.16]. In particolare si ha unarottura a presso-flessione della parete A al terzo livello per una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> forze UP euna rottura del pilastro al quinto livello della parete G per una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> forze MP[Fig. 6.18].Per la fascia con catena-RD la struttura si rompe per l’innescarsi <strong>di</strong> meccanismilocali al quarto e al quinto livello. In questo caso la resistenza della fascia provoca unaumento della resistenza globale della parete con un corrispondente aumento dellospostamento per il quale si ha il limite <strong>di</strong> snervamento, ma non si consegue un aumentodello spostamento ultimo per cui la duttilità <strong>di</strong>minuisce.In Tab. 6.3 vengono riportate, per le <strong>di</strong>verse resistenze della fascia <strong>di</strong> piano inrelazione alla <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> forze e al tipo <strong>di</strong> danneggiamento considerato per effetto <strong>di</strong>quali elementi strutturali si raggiunge il limite <strong>di</strong> capacità sismica della struttura muraria.La presenza <strong>di</strong> fasce più resistenti richiede un maggior impegno flessionale etagliante dei maschi, in particolare ai piani alti dove invece la struttura in muratura è piùvulnerabile essendo sottoposta a minori carichi verticali e quin<strong>di</strong> meno resistente.Sembrerebbe quin<strong>di</strong> dalle considerazioni suddette che la risposta sismicadell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o sia influenzata negativamente da una <strong>di</strong>screta capacità <strong>di</strong> accoppiamento dellefasce.Dal confronto delle push-over (rappresentate a<strong>di</strong>menzionalizzando il tagliante allabase rispetto al peso sismico corrispettivo) riportate in Fig. 6.15 si nota come al cresceredella resistenza della fascia aumenta il massimo tagliante alla base che la struttura è in196


grado <strong>di</strong> sopportare, ma contemporaneamente <strong>di</strong>minuisce la duttilità con valori pari circa a4 per il modello <strong>di</strong> fascia debole e fascia con “catena” - f vo e <strong>di</strong> 2 per un livello <strong>di</strong>resistenza <strong>di</strong> fascia relativo alla rottura <strong>di</strong>agonale.Si può, inoltre, notare che pur essendo il comportamento della struttura con fasciacon “catena” - f vo inizialmente <strong>di</strong>verso sia in termini <strong>di</strong> resistenza che <strong>di</strong> rigidezza rispettoal modello con fascia debole, all’aumentare dello stato <strong>di</strong> danneggiamento ilcomportamento della struttura tende ad avvicinarsi ad esso.Sembrerebbe quin<strong>di</strong> che la capacità sismica della struttura è piuttosto analoga ein<strong>di</strong>pendente dal comportamento resistente e deformativo della fascia, riscontrando inquesto caso, perfino l’influenza negativa per una <strong>di</strong>screta capacità <strong>di</strong> accoppiamento dellafascia. In realtà valori simili <strong>di</strong> PGA si conseguono per livelli <strong>di</strong> danneggiamento molto<strong>di</strong>versi per cui si deve valutare se la capacità sismica restituita dall’analisi numerica siacorrispondente ad un livello <strong>di</strong> danneggiamento accettabile.In effetti il modello <strong>di</strong> fascia debole-CO rappresenta un comportamento limite dellastruttura a cui corrispondono fessure <strong>di</strong>ffuse nei maschi e le rotture <strong>di</strong> tutte le fasce [Fig.6.18] raggiungendo rotazioni pari a circa il 6%, valore per il quale è <strong>di</strong>fficile ritenere che lefasce siano ancora in grado <strong>di</strong> sostenere i carichi verticali e restare in loco, provocandocrolli locali.Nel caso <strong>di</strong> fascia con “catena” si perviene ad una capacità sismica piuttosto elevataper un livello <strong>di</strong> danneggiamento esteso a molte fasce <strong>di</strong> piano che raggiungono limiti <strong>di</strong>deformazione ultima al massimo pari allo 0.5% (pari al 20% del limite deformativoimposto). Il verificarsi <strong>di</strong> questa deformazione ultima senza il conseguimento del crollo èrealistico se si tiene conto della possibilità dell’instaurarsi <strong>di</strong> un benefico effetto arco chepermette <strong>di</strong> portare almeno il peso proprio.Nel caso in cui il comportamento effettivo della fascia sia quello verificatosperimentalmente (rottura <strong>di</strong>agonale) si raggiunge una vulnerabilità sismica della strutturasostanzialmente analoga ma con un livello <strong>di</strong> danneggiamento poco esteso, tenendo contoche gli elementi che superano il limite <strong>di</strong> deformabilità imposta sono molto ridotti.Se si analizza la capacità sismica della struttura in <strong>di</strong>rezione y per una configurazione<strong>di</strong> danno severo si ha un danneggiamento limitato passando, per con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> carico piùgravose, da una PGA pari a 0.03g (FD) ad una PGA pari a 0.11 g (FC- f v o) ad una PGA <strong>di</strong>0.21g (FC-RD). Per un livello <strong>di</strong> danneggiamento più esteso si ha una PGA <strong>di</strong> 0.21g per lafascia debole e un valore leggermente superiore per una struttura con fascia con “catena”197


pari a 0.27g per entrambi i modelli <strong>di</strong> comportamento adottati a fronte però <strong>di</strong> un <strong>di</strong>versolivello <strong>di</strong> danneggiamento della struttura.Anche in questo caso lo spostamento ultimo maggiore si raggiunge per laconfigurazione <strong>di</strong> fascia debole e si ha che la struttura con fascia FC–fv 0 tende a uncomportamento sismico limite della fascia debole con una configurazione al collassosimile. In particolare come evidenziato in Tab. 6.4 e da alcune configurazioni al collassoriportate <strong>di</strong> seguito [Figg. 6.24-6.27] per un danneggiamento lieve il primo elemento cheperviene al limite <strong>di</strong> deformazione ultima è una fascia mentre il crollo definitivo dellastruttura si raggiunge per effetto della rottura <strong>di</strong> uno o più maschi murari.Per tutti i modelli considerati si ha un meccanismo <strong>di</strong> collasso globale evidenziandonel caso <strong>di</strong> fascia debole e <strong>di</strong> fascia con catena, modello OPCM, una deformata a mensola,mentre per meccanismo <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong>agonale si ha una deformazione al collasso a telaio.Per la fascia con catena, modello rottura <strong>di</strong>agonale al collasso si perviene ad una resistenzamaggiore con un livello <strong>di</strong> deformazione minore ed una conseguente minore duttilità pari acirca 2.5.Facsia debole Fascia con "catena"- f vo Facsia con "catena" - RDTreno xTreno yDS CO DS CO DS COPGA (g) PGA (g) PGA (g) PGA (g) PGA (g) PGA (g)UP 0.09 0.41 0.23 0.52 0.40 0.49MP 0.04 0.31 0.10 0.32 0.20 0.23UP 0.04 0.33 0.11 0.32 0.22 0.36MP 0.03 0.21 0.08 0.27 0.21 0.27Tab. 6.3: Vulnerabilità sismica per i treni <strong>di</strong> paretiSuccessivamente si è analizzato il comportamento sismico della struttura nel caso incui l’impalcato sia deformabile. Avendo appurato dalle considerazioni precedenti lanecessità <strong>di</strong> inserire un elemento tensoresistente nella parete per permettere l’instaurarsi <strong>di</strong>un buon comportamento sismico della struttura con un livello <strong>di</strong> danneggiamento dellastruttura non elevato, si è considerato per le singole pareti il caso <strong>di</strong> fascia con catena,valutando la vulnerabilità sismica con due <strong>di</strong>fferenti limiti <strong>di</strong> resistenza e deformabilità.Per ogni parete si sono riportate le curve push-over relative alle due <strong>di</strong>verseformulazioni considerate per la configurazione <strong>di</strong> fascia con “catena” e per i due <strong>di</strong>versi198


livelli <strong>di</strong> danneggiamento: CO e DS. Si è inoltre riportata la configurazione al collasso cheassume la parete nel caso <strong>di</strong> formulazione per rottura <strong>di</strong>agonale e stato <strong>di</strong> danno DS.Come si evince dalle schede riportate le pareti AX, BX, DX, GX ,NX, CY, EY; FY,GY, HY, IY ed OY non sono influenzate dalle capacità resistenti e deformative dellafascia. Infatti AX, IY ed OY sono delle mensole interamente in muratura, DX; NX ed EYsi rompono all’ultimo piano per effetto <strong>di</strong> un meccanismo <strong>di</strong> labilità che interessa l’ultimopiano, mentre la rottura <strong>di</strong> FY, GY, HY è governata dalla rottura a presso flessione allabase del maschio.Confrontando le curve push-over della struttura complessiva con quelle relative allepareti si evidenzia come in questo caso alla rottura <strong>di</strong> una singola fascia corrisponde unevidente decremento della resistenza, quasi impercettibile nel treno <strong>di</strong> pareti. Ciò in<strong>di</strong>ca laminore influenza delle rotture locali sul comportamento complessivo della struttura qualorasia presente un impalcato rigido.In Figg. 6.28 e 6.29 si confrontano le percentuali <strong>di</strong> forza sismica che gravano suogni parete nel caso <strong>di</strong> impalcato rigido e deformabile. Si nota come la presenzadell’impalcato rigido comporta la concentrazione delle forze nelle pareti più rigide, casoevidente per le pareti AX e BX; mentre nel caso <strong>di</strong> impalcato deformabile si ha una<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> forze piuttosto omogenea e in accordo con le capacità resistenti dellastruttura, portando comunque a concentrare le forze. sismiche nelle pareti con maggiorerigidezza. Ciò accade perché la struttura in muratura ha una maggiore sezione resistentecorrispondente a una maggiore massa e quin<strong>di</strong> ad una migliore capacità della struttura <strong>di</strong>resistere alle forze sismiche.In Tab. 6.5 e 6.6 sono riportati a confronto in <strong>di</strong>rezione x ed in <strong>di</strong>rezione y i risultatiottenuti in termini <strong>di</strong> vulnerabilità per la struttura considerando l’impalcato rigido edeformabile.In particolare volendo considerare la capacità sismica della struttura nelle due<strong>di</strong>rezioni nel caso <strong>di</strong> impalcato deformabile in <strong>di</strong>rezione x le PGA più basse si riscontranonelle pareti D (PGA = 0.10g), G (PGA=0.14g) ed N (PGA=0.09g).In particolare per la parete D si ha un meccanismo locale all’ultimo livello, per N uncrollo degli ultimi due impalcati e per G la rottura per presso flessione <strong>di</strong> una colonnaall’ultimo livello.Per quanto riguarda la <strong>di</strong>rezione y i valori <strong>di</strong> maggiore vulnerabilità si riscontrano perla parete B (0.15g), la parete E (0.16g) e parete L (0.16g). Nel caso della parete B si ha una199


ottura della fascia all’ultimo impalcato. Per la parete E si ha un meccanismo all’ultimoimpalcato mentre per la L si riscontra una rottura a pressoflessione dei maschi alla base.L’atteggiamento nei confronti <strong>di</strong> queste rotture può essere sia <strong>di</strong> accettare che siverifichino, essendo crolli locali che incidono poco sul comportamento globale dellastruttura, o decidere <strong>di</strong> intervenire su <strong>di</strong> essi in modo da ottenere una migliore rispostasismica dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o senza pervenire ad un elevato danneggiamento. In particolare si puòaumentare la resistenza dei maschi con interventi puntuali ma meno invasivi e più efficacidell’inserimento <strong>di</strong> un impalcato rigido.In sintesi si ha che con l’inserimento <strong>di</strong> semplici catene si permette sia <strong>di</strong> attivare imeccanismi (più resistenti nel piano) sia una maggiore capacità sismica della struttura conun danneggiamento non eccessivamente elevato.Livello <strong>di</strong> Distribuzion FD FC-fvo FC-RDdanneggiamento e <strong>di</strong> forzeUP Fasce parete L Fasce parete F Maschio parete NDSIII-IV impalcato IV-V impalcato – Taglio IV livelloMP Fasce parete L Fasce parete F Maschio parete NIII-IV impalcato IV-V impalcato – Taglio IV livelloUP Maschio parete A – Maschio parete A Rottura parete NCOTaglio III livello – Taglio III livello IV e V livelloMP Maschio parete G – Maschio parete G Rottura parete NPMM V livello – PMM V livello IV e V livelloTab. 6.4: Rotture pere i <strong>di</strong>versi modelli utilizzati per il treno <strong>di</strong> pareti in <strong>di</strong>rezione xPrima rotturaPrima rottura2020Ultima rottura2020Ultima rottura1515151510UP FDUP C fvoUP C T&C10UP FDUP C fvoUP C T&C10MP FDMP C fvoMP C T&C10MP FDMP C fvoMP C T&C55550δ (m)0 0.05 0.1 0.150δ (m)0 0.05 0.1 0.150δ (m)0 0.05 0.1 0.150∠(m)0 0.05 0.1 0.15Fig. 6.16 Deformata al collasso per il treno <strong>di</strong> pareti lungo x200


0.45Fb /WTreno XMP FDUP FDMP fvo0.3PGA=0.40gUP fvoMP C T&CPGA=0.23gUP C T&C0.15PGA=0.09gPGA=0.20gPGA=0.10g0PGA=0.04gδ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Fig. 6.14: Curva push-over in <strong>di</strong>rezione x per un livello <strong>di</strong> danneggiamento lieve (DS)0.45Fb /WTreno XMP FDUP FDMP C fvo0.3PGA=0.49gUP C fvoMP C T&CPGA=0.52gUP C T&CPGA=0.41g0.150PGA=0.23gPGA=0.32gPGA=0.32g0(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Fig. 6.15 Curva push-over in <strong>di</strong>rezione x per un livello <strong>di</strong> danneggiamento esteso (CO)201


LEGENDA Figg.16-20, 24-27ABCD202


EFGH-ILMNFig. 6.17: Stato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso del treno <strong>di</strong> pareti x: caso <strong>di</strong> fascia debole, DS203


ABCDEF204


GH-ILMFig. 6.18: Stato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso del treno <strong>di</strong> pareti x: fascia resistente- RD, DSN205


ABCDEF206


GH-ILMNFig. 6.19: Stato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso del treno <strong>di</strong> pareti x: fascia debole, CO207


339 ABCDEF208


GH-ILMNFig. 6.20: Stato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso del treno <strong>di</strong> pareti x: fascia resistente- RD, CO209


0.450.3Fb /WTreno YUP C fvoUP FDMP FDMP C fvoMP C T&CUP C T&CPGA=0.22g0.150PGA=0.11gPGA=0.19gPGA=0.08gPGA=0.04gPGA=0.03gδ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Fig. 6.21: Curva push-over in <strong>di</strong>rezione y per un livello <strong>di</strong> danneggiamento lieve (DS)0.450.3Fb /WTreno YMP FDUP FDMP C fvoUP C fvoMP C T&CUP C T&CPGA=0.36g0.15PGA=0.27gPGA=0.27gPGA=0.33g0PGA=0.32gPGA=0.21gδ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Fig. 6.22: Curva push-over in <strong>di</strong>rezione y per un livello <strong>di</strong> danneggiamento lieve (CO)210


Prima rotturaPrima rotturaUltima rotturaUltima rottura202020201515151510UP FDUP C fvoUP C T&C10MP FDMP C fvoMP C T&C10MP FDMP C fvoMP C T&C10UP FDUP C fvoUP C T&C55550δ (m)0 0.05 0.1 0.150δ (m)0 0.05 0.1 0.150δ (m)0 0.05 0.1 0.150δ (m)0 0.05 0.1 0.15Fig. 6.23: Confronto tra le deformate per i vari livelli <strong>di</strong> danneggiamento per le due <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>stribuzioni <strong>di</strong>forze: MP ed UPLivello <strong>di</strong> Distribuzione FD FC-fvo FC-RDdanno <strong>di</strong> forzeUPFasce parete M Fasce parete M Fasce parete ADSIV impalcato II impalcatoI impalcatoMP Fasce parete M Fasce parete M Fasce parete BIV impalcato II impalcatoII impalcatoUP Maschio parete E – Maschio parete O – Maschio parete M-N –COPMM III livello PMM V livello PMM IV livelloMP Maschio parete E – Maschio parete O – Maschio parete M-N –PMM III livello PMM V livello O- PMM IV-V livelloTab. 6.5: Rotture per i <strong>di</strong>versi modelli utilizzati per il treno <strong>di</strong> pareti in <strong>di</strong>rezione y211


ABCD212


EF-G-HI-LFig. 6.24: Stato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso del treno <strong>di</strong> pareti y: fascia debole, DSM-N-O213


ABCD214


EF-G-HI-LFig. 6. 25: Deformata al collasso del treno <strong>di</strong> pareti y: fascia con “catena”-RD, DSM-N-O215


ABCD216


EF-G-HI-LFig. 6. 26: Stato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso del treno <strong>di</strong> pareti y: fascia debole, COM-N-O217


ABCD218


EF-G-HI-LFig. 6. 27: Deformata al collasso del treno <strong>di</strong> pareti y: fascia con “catena”-RD, COM-N-O219


PARETE AX0.45Fb (kN)PGA=0.48gParete AX0.45Fb (kN)PGA=0.48gParete AXPGA=0.68gMPUPPGA=0.68gMPUP0.30.30.150.15δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb (kN)PGA=0.48gParete AX0.45Fb (kN)PGA=0.48gParete AXPGA=0.68gMPUPPGA=0.68gMPUP0.30.30.150.15δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS220


PARETE BX0.45Fb /WParete BX0.45Fb /WParete BXMPUPMPUP0.30.3PGA=0.61gPGA=0.61g0.150.15PGA=0.20gPGA=0.36gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete BX0.45Fb /WParete BXMPUPMPUP0.30.3PGA=0.61gPGA=0.61g0.15PGA=0.27g0.15PGA=0.49g80% F maxδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS221


PARETE CX0.45Fb /WParete CX0.45Fb /WParete CXMPUPMPUP0.30.3PGA=0.36g0.15PGA=0.14g0.15PGA=0.24gPGA=0.11gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.450.30.15Fb /WParete CXPGA=0.18gParete CXFb /W80% F max0.15PGA=0.30g0.45MPUP0.3PGA=0.36gMPUP80% F maxPGA=0.36g80% F max80% F maxδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS222


PARETE DX0.45Fb /WParete DX0.45Fb /WParete DXMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.19gPGA=0.09gPGA=0.06gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena fvo-DSPGA=0.10gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete DX0.45Fb /WParete DXMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.19gPGA=0.09gPGA=0.06gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena fvo-COPGA=0.10gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS223


PARETE EX0.45Fb /WParete EX0.45Fb /WParete EX0.3MPUP0.3PGA=0.35gMPUPPGA=0.19g0.15PGA=0.13g0.15PGA=0.29gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.450.3Fb /WPGA=0.22gParete EXFb /WParete EX0.45MPUP0.3PGA=0.43g80% F max80% F max80% F maxMPUP0.1580% F max0.15PGA=0.35gPGA=0.14gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-CO224


PARETE FX0.45Fb /WParete FX0.45Fb /WParete FXMPUPMPUP0.30.3PGA=0.31g0.15PGA=0.12g0.15PGA=0.26gPGA=0.10gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete FX0.45Fb /WParete FXMPUPMPUP0.30.3c0.15PGA=0.54g0.15PGA=0.55gPGA=0.48gPGA=0.47gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS225


PARETE GX0.45Fb /WParete GX0.45Fb /WParete GXMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.13g0.15PGA=0.24gPGA=0.08gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.14gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete GX0.45Fb /WParete GXMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.15g80%FmaxPGA=0.10g80%Fmaxδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COPGA=0.25g0.15PGA=0.15gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS226


PARETE HX0.45Fb /WPGA=0.25gParete HX0.45Fb /WPGA=0.36gParete HXPGA=0.23gMPUPPGA=0.35gMPUP0.30.30.150.15δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WPGA=0.31gParete HX80%Fmax80%FmaxMPUP0.45Fb /WParete HXPGA=0.49gPGA=0.45gMPUP0.3PGA=0.28g0.30.150.15δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS227


PARETE IX0.45Fb /WParete IX0.45Fb /WParete IXMPUPMPUP0.30.3PGA=0.17g0.15PGA=0.10gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.39g0.15PGA=0.17gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete IX0.45Fb /WParete IXMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.17g80%Fmax0.15PGA=0.39g80%FmaxPGA=0.10gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -CO80%F maxPGA=0.17gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS228


PARETE LX0.45Fb /WParete LX0.45Fb /WParete LXMPUPMPUP0.30.3PGA=0.20g0.15PGA=0.09g0.15PGA=0.19gPGA=0.24gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.450.30.150Fb /WPGA=0.23gPGA=0.12gParete LXFb /WParete LX0.45MPUP0.3PGA=0.34g0.1580%F maxPGA=0.25g80%F maxδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COMPUPδ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS229


PARETE MX0.45Fb /WParete MX0.45Fb /WParete MXMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.16gPGA=0.12gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.32g0.15PGA=0.23gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete MX0.45Fb /WParete MXMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.42g0.15PGA=0.35gPGA=0.32gPGA=0.33gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS230


PARETE NX0.45Fb /WParete NX0.45Fb /WParete NXMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.18g0.15PGA=0.18gPGA=0.09gPGA=0.09gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete NX0.45Fb /WParete NXMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.18g0.15PGA=0.18gPGA=0.09gPGA=0.09gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS231


PARETE AY0.45Fb /WParete AY0.45Fb /WParete AYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.22g0.15PGA=0.12g0.15PGA=0.21gPGA=0.10gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.450.30.150Fb /WPGA=0.16gPGA=0.14gParete AYFb /WParete AY0.45MPMPUPUP0.3PGA=0.32g80% F max80% F0.15max80% F maxPGA=0.28g80% F maxδ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -CO0δ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS232


PARETE BY0.45Fb /WParete BY0.45Fb /WParete BYMP+UP+MP+UP+0.30.3PGA=0.20g0.15PGA=0.10g0.15PGA=0.15gPGA=0.075gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete BY0.45Fb /WParete BYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.32g0.15PGA=0.16g0.15PGA=0.24gPGA=0.14gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS233


PARETE CY0.45Fb /WParete CY0.45Fb /WParete CYMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.25g0.15PGA=0.51gPGA=0.29gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.29gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete CY0.45Fb /WParete CYMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.45g0.15PGA=0.51gPGA=0.29gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COPGA=0.29gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS234


PARETE DY0.45Fb /WParete DY0.45Fb /WParete DYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.26g0.15PGA=0.12g0.15PGA=0.22gPGA=0.09gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete DY0.45Fb /WParete DYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.32g0.15PGA=0.18g0.15PGA=0.22gPGA=0.14gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS235


PARETE EY0.45Fb /WParete EY0.45Fb /WParete EYMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.16gPGA=0.07gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.28g0.15PGA=0.16gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete EY0.45Fb /WParete EYMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.17g80%FmaxPGA=0.09g80%Fmax0δ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COPGA=0.28g0.1580%FmaxPGA=0.16gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS236


PARETE FY0.45Fb /WParete FY0.45Fb /WParete FYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.19gPGA=0.19gPGA=0.18g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.18g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete FY0.45Fb /WParete FYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.19gPGA=0.19gPGA=0.18g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COPGA=0.18g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS237


PARETE GY0.45Fb /WParete GY0.45Fb /WParete GYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.19gPGA=0.19gPGA=0.20g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.20g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete GY0.45Fb /WParete GYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.19gPGA=0.19gPGA=0.20g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COPGA=0.20g δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS238


PARETE HY0.45Fb /WParete HY0.45Fb /WParete HYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.21g0PGA=0.22g δ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.21g0PGA=0.22g δ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete HY0.45Fb /WParete HYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.21g0PGA=0.22g δ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COPGA=0.21g0PGA=0.22g δ(m)0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS239


PARETE IYFb (kN)PGA=0.74gParete IYFb (kN)PGA=0.74gParete IY0.3PGA=0.71gMP+UP+0.3PGA=0.71gMP+UP+0.150.15δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DSFb (kN)PGA=0.74gParete IYFb (kN)PGA=0.74gParete IY0.3PGA=0.71gMP+UP+0.3PGA=0.71gMP+UP+0.150.15δ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS240


PARETE LY0.45Fb/WParete LY0.45Fb/WParete LYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.24g0.15PGA=0.15g0.15PGA=0.26gPGA=0.14gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb (kN)Parete LY0.45Fb (kN)Parete LYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.24g0.15PGA=0.16gPGA=0.14g0.1580%FmaxPGA=0.26gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS241


PARETE MY0.45Fb (kN)Parete MY0.45Fb (kN)Parete MYMPUPMPUP0.30.30.15PGA=0.09g0.15PGA=0.18gPGA=0.16gPGA=0.07gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.450.30.15Fb (kN)PGA=0.19gParete MYFb (kN)Parete MY0.45MPUP0.30.15PGA=0.43g80%F max PGA=0.33g80%F maxMPUPPGA=0.15gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS242


PARETE NY0.45Fb/WParete NY0.45Fb/WParete NYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.30g0.15PGA=0.15g0.15PGA=0.20gPGA=0.09gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb /WParete NY0.45Fb /WParete NYMPUPMPUP0.30.3PGA=0.30g80%Fmax0.15PGA=0.15g80%Fmax0.1580%FmaxPGA=0.09g80%FmaxPGA=0.20gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS243


PARETE OY0.45Fb/WParete OY0.45Fb/WParete OYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.35gPGA=0.26gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -DSPGA=0.35gPGA=0.26gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-DS0.45Fb/WParete OY0.45Fb/WParete OYMPUPMPUP0.30.30.150.15PGA=0.46gPGA=0.39gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena f vo -COPGA=0.46gPGA=0.39gδ(m)00 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18Catena RD-COStato <strong>di</strong> danneggiamento al collasso, fascia con “catena”- RD, DS244


35%30%25%imp. deformabileimp. rigido20%15%10%5%0%A B C D E F G H I L M NFig. 6.28: Distribuzione delle forze sismiche per i due tipi <strong>di</strong> pareti sul treno <strong>di</strong> pareti x35%30%25%imp. deformabileimp. rigido20%15%10%5%0%A B C D E F G H I L M N OFig. 6.29: Distribuzione delle forze sismiche per i due tipi <strong>di</strong> pareti sul treno <strong>di</strong> pareti y245


Fascia con "catena"- f voFacsia con "catena" - RDTreno xParete AXParete BXParete CXParete DXParete EXParete FXParete GXParete HXParete IXParete LXParete MXParete NXDS CO DS COPGA (g) PGA (g) PGA (g) PGA (g)UP 0.23 0.57 0.40 0.49MP 0.10 0.32 0.20 0.23UP 0.48 0.48 0.48 0.48MP 0.68 0.68 0.68 0.68UP 0.61 0.61 0.61 0.61MP 0.20 0.27 0.36 0.36UP 0.14 0.18 0.36 0.36MP 0.11 0.36 0.24 0.30UP 0.09 0.09 0.19 0.19MP 0.06 0.06 0.10 0.10UP 0.19 0.22 0.35 0.43MP 0.13 0.14 0.29 0.35UP 0.12 0.54 0.31 0.55MP 0.10 0.48 0.26 0.47UP 0.13 0.15 0.24 0.25MP 0.08 0.10 0.14 0.15UP 0.26 0.31 0.36 0.49MP 0.24 0.28 0.35 0.45UP 0.17 0.17 0.39 0.39MP 0.10 0.10 0.17 0.18UP 0.09 0.23 0.20 0.34MP 0.08 0.12 0.19 0.25UP 0.16 0.42 0.32 0.35MP 0.12 0.32 0.23 0.33UP 0.18 0.18 0.18 0.18MP 0.09 0.09 0.09 0.09Tab. 6.5: Vulnerabilità sismica delle pareti e del treno <strong>di</strong> pareti in <strong>di</strong>rezione x246


Fascia con "catena"- f voFacsia con "catena" - RDTreno yParete AParete BParete CParete DParete EParete FParete GParete HParete IParete LParete MParete NParete ODS CO DS COPGA (g) PGA (g) PGA (g) PGA (g)UP 0.11 0.32 0.22 0.36MP 0.08 0.27 0.21 0.27UP 0.12 0.16 0.22 0.32MP 0.10 0.14 0.21 0.28UP 0.10 0.16 0.20 0.29MP 0.08 0.14 0.15 0.24UP 0.25 0.45 0.51 0.51MP 0.29 0.29 0.29 0.29UP 0.12 0.18 0.26 0.32MP 0.09 0.14 0.22 0.22UP 0.16 0.17 0.28 0.28MP 0.07 0.09 0.16 0.16UP 0.19 0.19 0.19 0.19MP 0.18 0.18 0.18 0.18UP 0.19 0.19 0.19 0.19MP 0.20 0.20 0.20 0.20UP 0.21 0.21 0.21 0.21MP 0.22 0.22 0.22 0.22UP 0.74 0.74 0.74 0.74MP 0.71 0.71 0.71 0.71UP 0.15 0.16 0.24 0.24MP 0.14 0.14 0.26 0.26UP 0.09 0.17 0.18 0.43MP 0.07 0.09 0.16 0.33UP 0.15 0.15 0.30 0.30MP 0.09 0.09 0.20 0.200.35 0.46 0.35 0.460.26 0.26 0.26 0.26Tab. 6.6: Vulnerabilità sismica delle pareti e del treno <strong>di</strong> pareti in <strong>di</strong>rezione y247


6.3 Complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum ad Aversa6.3.1 Rilievo, configurazione strutturale e stratigrafica della fabbricaIl secondo fabbricato analizzato è il complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum, monasterobenedettino, eretto esternamente al centro storico <strong>di</strong> Aversa.È possibile riconoscere <strong>di</strong>versi corpi <strong>di</strong> fabbrica tra <strong>di</strong> loro a<strong>di</strong>acenti e realizzati inepoche successive, con un comportamento meccanico piuttosto in<strong>di</strong>pendente. L’organismo murario più antico è la chiesa fondata, molto probabilmente, al tempo <strong>di</strong>Riccardo I tra il 1054 e il 1078, costituita da tre navate: la centrale coperta con solaioligneo e le laterali con volte a crociera, alle quali nel Cinquecento si sono aggiuntelateralmente cappelle coperte da cupolette. Agli inizi del Settecento si ebbe un riassettodella basilica ad opera <strong>di</strong> Porciani su <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Giovan Battista Nauclerio, che consistevasostanzialmente in opere <strong>di</strong> stuccatura della chiesa.Nel Seicento, a<strong>di</strong>acente sul fronte Sud della basilica è stata realizzata un’ampia partedell’attuale complesso costituito da ambienti che si organizzano attorno a due chiostri,<strong>di</strong>sposti in linea. Il primo, più piccolo, <strong>di</strong> forma quadrata e lato 10 m, è costituito da undoppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> portici voltati a crociera al piano terra e con volte a vela al primo, chescaricano sui muri e su colonne a base quadrata <strong>di</strong> lato 50 cm, ad un interasse <strong>di</strong> 3.50 m.Nel Settecento, il primo piano del porticato è stato chiuso, realizzando tra le colonnemurature sottili dello spessore <strong>di</strong> 30 cm ed inserendo ampie finestre alte circa 2.50 m e <strong>di</strong>luce 1.50 m. Gli ambienti attorno al chiostro, con uno sviluppo lineare, sono coperti convolte a botte lunettate, che scaricano sui muri paralleli ai lati del chiostro <strong>di</strong>sposti ad uninterasse <strong>di</strong> circa 6.50 m, con spessori sostanzialmente omogenei sia al piano terra che alprimo, variabili tra 1.10 m 1.50 m. Nell’Ottocento si è realizzato un volume aggiuntivo alsecondo piano con i muri perimetrali allineati a quelli sottostanti e dello spessore <strong>di</strong> circa0.80 m.Il secondo chiostro, <strong>di</strong> lati 32x42 m, è realizzato con un doppio or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> porticati inelevazione, con colonne a sezione circolare in marmo, rastremate dal basso verso l’alto, <strong>di</strong><strong>di</strong>ametro pari a 65 cm al piano terra e 50 cm al primo, <strong>di</strong>sposti ad un interasse <strong>di</strong> 3.90 m evoltati a crociera. Sul lato Nord del chiostro si affaccia la chiesa, mentre sui rimanentifronti sono <strong>di</strong>sposti gli ambienti su tre piani sovrapposti, originariamente destinati allecelle dei monaci e al refettorio. I muri perimetrali all’interno dei quali erano realizzati ivari ambienti sono <strong>di</strong>sposti ad un interasse costante <strong>di</strong> circa 9 m sul lato orientale, mentrenel corpo a sud la <strong>di</strong>stanza è pari a circa 11 m, tra i quali si inserisce un ulteriore elemento248


murario <strong>di</strong> spessore inferiore. Gli interassi tra i vari impalcati sono 6.00 m, 5.80 m e 5.10m, raggiungendo snellezze tra i vari impalcati variabile tra 4.2 e 5.5. Da notare sul fronteoccidentale il corpo al piano terra che si estende a doppia altezza con un interpiano <strong>di</strong>11.82m ed un muro perimetrale <strong>di</strong> circa 2.40 m, con una snellezza <strong>di</strong> 4.92. Gli ambienti aiprimi due piani sono tutti voltati, ad esclusione <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong>sposti sul fonte sud del chiostroal primo impalcato costituiti da solai in ferro, al <strong>di</strong> sotto dei quali sono visibili gli antichisolai lignei, scarichi. Al terzo impalcato sono presenti capriate realizzate in epoca modernain legno lamellare o con travi reticolari in acciaio. Gli ambienti sul fronte meri<strong>di</strong>onale delchiostro sono coperti da volte in nervometal.Fig. 6.30: Stratificazione del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum - pianta piano terra (comunicazione oralecon il prof. arch. L. Guerriero)Tra il 1776 e il 1807 venne costruito il nuovo Quarto dell’Abate in prolungamentodell’ala meri<strong>di</strong>onale del chiostro, ideato da Fer<strong>di</strong>nando Fuga e la cui costruzione fu <strong>di</strong>rettada Francesco Iovene e Giuseppe Vecchietti, chiamati a controllare la corretta esecuzionedei lavori. La fabbrica è <strong>di</strong> forma rettangolare, si estendeva inizialmente per tre livelli ed249


ha uno sviluppo lineare con vani <strong>di</strong> forma quasi quadrata, tutti coperti con volte, che sisvolgono sui lati <strong>di</strong> un corridoio centrale largo 4m e coperto con volta a botte lunettata. Laconfigurazione geometrica è costante in altezza, conservando anche le aperture allineate. In<strong>di</strong>rezione longitu<strong>di</strong>nale i muri, <strong>di</strong> spessore 1.40m si trovano ad una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 7m daquelli interni <strong>di</strong> spessore pari a 95 cm; alla fine dell’Ottocento è stato realizzato un altropiano.Fig. 6.31: Stratificazione del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum - pianta piano terra (comunicazione oralecon il prof. arch. L. Guerriero)In seguito alla soppressione napoleonica degli or<strong>di</strong>ni religiosi il complessobenedettino <strong>di</strong>venne proprietà pubblica e fu inizialmente utilizzato come sede dell’IstitutoCarolino e successivamente per una scuola <strong>di</strong> arti e mestieri, annessa ad un orfanotrofio.Nel 1890 il complesso <strong>di</strong> San Lorenzo subì notevoli mo<strong>di</strong>fiche, tra cui ilconsolidamento dei locali del chiostro e l’aggiunta <strong>di</strong> alcuni corpi. In particolare furealizzato un nuovo braccio <strong>di</strong> fabbrica, su tre livelli nel cortile della ginnastica sul latomeri<strong>di</strong>onale. Tale corpo costruito con muri <strong>di</strong> spessore pari a circa 1m (quasi costante in250


altezza) è costituito da ambienti uguali in elevazione, <strong>di</strong> lunghezza 41 m e larghezza 7.50m, originariamente a<strong>di</strong>biti al pian terreno a refettorio e ai piani superiori a dormitorio. Ilsecondo piano, in seguito ad ulteriori lavori, fu ridotto ad infermeria <strong>di</strong>videndo l’ambientein cinque sale per gli infermi, oltre alla camera dell’infermiere e al corridoio <strong>di</strong><strong>di</strong>simpegno; attualmente presenta la configurazione iniziale <strong>di</strong> locale unico. Il primo esecondo impalcato sono realizzati con solai a putrelle in ferro (NP 260) e voltine allasiciliana, con soletta superiore in c.a. I profilati in ferro poggiano su appoggi in acciaioancorati nella retrostante muratura.Al momento il complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ospita la facoltà <strong>di</strong> Architettura ed ha subitoalcuni interventi volti a rifunzionalizzare e a consolidare l’intera fabbrica.In Figg. 6.30-6.32 sono riportate le piante del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ai vari impalcati,riportando anche la stratificazione cronologica della fabbrica.Fig. 6.32: Stratificazione del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum - pianta piano terra (comunicazione oralecon il prof. arch. L. Guerriero)251


Fig. 6.33: Sezioni- prospetto del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum6.3.2 Modellazione della strutturaStu<strong>di</strong>ando la fabbrica si nota che l’analisi del comportamento sismico della struttura puòessere condotta considerando separatamente i <strong>di</strong>versi corpi <strong>di</strong> cui è costituita.In particolare il quarto dell’Abate è una struttura a configurazione scatolare eregolare. Data la funzione <strong>di</strong> rappresentanza che assolveva, questo corpo è stato costruitocon spessori elevati e con un’apparecchiatura muraria <strong>di</strong> buona fattura. La risposta sismica<strong>di</strong> questa parte può essere analizzata analogamente a quanto fatto per Palazzo Petrucci equin<strong>di</strong> riconducendo il comportamento della struttura nel suo piano. Si ritiene comunque inbase alle considerazioni svolte sulle analisi <strong>di</strong> Palazzo Petrucci e alla particolare regolaritàche presenta il corpo <strong>di</strong> fabbrica sia in altezza che in pianta che non sia particolarmentevulnerabile sismicamente se si inseriscono delle catene in corrispondenza delle fasce <strong>di</strong>piano con la doppia funzione <strong>di</strong> ricondurre il comportamento dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o nel piano e <strong>di</strong>attivare meccanismi benefici nelle fasce, permettendo l’accoppiamento dei maschi ed unconseguente buon comportamento <strong>di</strong> questo corpo <strong>di</strong> fabbrica.Nel caso <strong>di</strong> S. Lorenzo si è focalizzata l’attenzione sulle parti della fabbrica che inprima analisi sembrano presentare una certa vulnerabilità per azioni perpen<strong>di</strong>colari allepareti. In particolare la sezione trasversale della chiesa, le sezioni sui quattro lati delchiostro e la sezione trasversale del corpo ottocentesco, in<strong>di</strong>cate in Figg. 6.33 e 6.34. Tra252


queste la più critica sembrano essere quella in corrispondenza del corpo ottocentesco acausa della particolare snellezza dei setti murari e della presenza <strong>di</strong> sezioni resistenti moltoridotte in <strong>di</strong>rezione trasversale Si è quin<strong>di</strong> considerata una porzione significativa.Fig. 6.33 In<strong>di</strong>viduazione in pianta delle sezioni del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo critiche nei confronti del sismaSez.1 Sez.2 Sez.3 Sez. 4Fig. 6.34 Alcune delle sezioni critiche per azioni fuori dal pianoLa struttura è stata modellata con aste a plasticità concentrata ed è stata condottaanche un analisi cinematica lineare e non lineare. Si è considerato un livello <strong>di</strong> conoscenza253


LC3 dato che lo stu<strong>di</strong>o si basa su un’analisi sperimentale delle caratteristiche meccanicheelastiche e plastiche dei tre cronotipi a cui le murature del fabbricato sono riconducibili.Data la stratificazione che l’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o ha subito nel tempo, anche in questo caso, sisono considerate le tecniche costruttive corrispondenti con cui gli elementi murari sonostati realizzati, con riferimento ai cronotipi che caratterizzano l’area napoletana dal XVI alXX secolo. In Fig. 6.35 si riporta l’in<strong>di</strong>viduazione delle <strong>di</strong>fferenti tecniche costruttive per ilcorpo esaminato, omogeneo non solo in elevazione, come evidente in Fig. 6.35, ma anchein pianta. Si noti che pur avendo assunto il complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum laconfigurazione o<strong>di</strong>erna nel corso dei secoli, nella sostanza ogni corpo è <strong>di</strong> impiantoomogeneo e solo in alcuni casi presenta aggiunte o consolidamenti realizzati negli annisuccessivi.Per le fasi costruttive in<strong>di</strong>viduate, si è adottato il valore <strong>di</strong> resistenza riscontrato per ilcronotipo ottocentesco dalle prove a compressione a deformazione controllata suimacromodelli in scala reale. Non si è considerata nessuna decurtazione <strong>di</strong> tale valore [Tab.6.6], affidandosi alla buona qualità costruttiva dei materiali <strong>di</strong> tale complesso.Fig. 6.36 : Stratificazioni delle tecniche costruttive adottate per le sezioni esaminateCronotipoσ maxE (≅1000 σ max )E (≅300 σ max )(N/mm 2 )(N/mm 2 )(N/mm 2 )Blocchetti 2.60 2500 700Tab. 6.6: Caratteristiche meccaniche della muratura adottate nella modellazionePer quanto riguarda il modulo elastico le analisi sono state svolte con due <strong>di</strong>fferentivalori pari a circa 1000 σ max (in<strong>di</strong>cato da EC6 e D.M.’87)e a circa 300 σ max (ottenuto dallasperimentazione) così da stimare in che modo questo parametro incide sulla valutazionedella capacità sismica della struttura. Per la rotazione ultima è stato adottato un valore paria 1%, leggermente maggiore <strong>di</strong> quello considerato dall’or<strong>di</strong>nanza per i meccanismi <strong>di</strong>254


presso flessione per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> esistenti (φ u =0.6%), dati i buoni valori <strong>di</strong> deformazioneultima riscontrati durante la sperimentazione condotta sui macromodelli.6.3.3 <strong>Analisi</strong> del comportamento sismicoFig. 6.37 : Sezione e schema geometrico del corpo ottocentescoSi è condotta inizialmente l’analisi cinematica lineare, considerando il meccanismo<strong>di</strong> ribaltamento della parete, valutato per tre spigoli, corrispondenti alle due riseghe e allalinea <strong>di</strong> terra, in modo da calcolare a quale altezza avviene il ribaltamento e lacorrispondente forza sismica. Si ottiene che il ribaltamento avviene intorno allo spigoloalla base raggiungendo un coefficiente moltiplicativo pari a 0.058.Si è poi considerata una zona plasticizzata <strong>di</strong> circa 10cm, con uno spigolo arretrato <strong>di</strong> circa5 cm rispetto a quello esterno, ottenendo un α 0 pari a 0.053.Dato tale coefficiente si può ricavare l’accelerazione considerando una massapartecipante valutata dagli spostamenti virtuali associati ai vari pesi come una forma <strong>di</strong>vibrare della struttura. Utilizzando lo spettro <strong>di</strong> progetto che l’or<strong>di</strong>nanza forniscenell’allegato 11C per condurre la verifica <strong>di</strong> sicurezza nei confronti dello SLU riferito aduna suolo <strong>di</strong> tipo B si ottiene una PGA pari a 0.07g, per il blocco rigido, e pari a 0.06g seplasticizzato alla base per un estensione <strong>di</strong> 10 cm.Per ottenere una valutazione effettiva e meno cautelativa della capacità sismica si ècondotta un’analisi cinematica non lineare. In Fig. 6.38 si riporta la curva che rappresental’evoluzione del cinematismo, mettendo in relazione l’accelerazione (a), corrispondente almoltiplicatore <strong>di</strong> collasso, allo spostamento della struttura (d k ). Si è inoltre riportata con255


una linea a tratto spesso la curva <strong>di</strong> capacità corrispondente, utilizzata per condurre leverifiche <strong>di</strong> sicurezza, ottenuta arrestando la retta a- dk per uno spostamento pari al 40%del valore per cui si arriva all’annullamento del moltiplicatore α e con un periodo secantedel corpo (Ts).1.41.2a10.8<strong>Analisi</strong> cinematica0.60.40.20d sd ud k (m)0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6Fig. 6.38 : Curva <strong>di</strong> capacità ottenuta dall’analisi cinematica lineareAnche in questo caso si è valutata la PGA utilizzando gli spettri fornitidall’or<strong>di</strong>nanza per la verifica <strong>di</strong> sicurezza del blocco rigido nel caso <strong>di</strong> analisi cinematicanon lineare. Per poter utilizzare tale spettro è necessario conoscere un periodo T 1 pari alprimo modo <strong>di</strong> vibrare della struttura nella <strong>di</strong>rezione considerata, facendo quin<strong>di</strong>riferimento alle sue caratteristiche elastiche. Nel caso del corpo <strong>di</strong> fabbrica analizzato,molto snello ed allungato si sono registrati valori molto alti pari a 1.85 s per E=2500N/mm 2 e uguale a 3.02 s per E=700 N/mm 2 , con una massa partecipante pari al 67%.Per tali perio<strong>di</strong> si ha che gli intervalli <strong>di</strong> definizione dello spettro degli spostamenti(0-1.5T 1 ; 1.5T 1 -T D , >T D ) non sono univocamente definiti essendo vali<strong>di</strong> fino a T 1 pari ad1.33s. Per poter comunque valutare la vulnerabilità sismica si è considerato sia il secondotratto dello spettro ottenendo una PGA pari a 0.04g che il terzo con una PGA pari a 0.03g.Si sono registrati in sintesi dei valori <strong>di</strong> capacità sismica più bassi rispetto a quelli ottenuti256


dall’analisi cinematica lineare, in netto contrasto con la capacità deformativa che si evincedalla curva <strong>di</strong> push-over, per cui tali risultati non sembrano atten<strong>di</strong>bili.Successivamente si è condotta un’analisi statica non lineare modellando i blocchirigi<strong>di</strong> con aste a plasticità concentrate e si è riscontrato anche in questo caso che il collassodella struttura avviene alla base della parete. In Fig. 6.39 si riportano le curve push-overrelative all’oscillatore semplice, ottenute per le due <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>stribuzioni <strong>di</strong> forze per idue moduli elastici considerati in un <strong>di</strong>agramma a-dk, nel quale sono rappresentate anchele curve <strong>di</strong> capacità ricavate dall’analisi cinematica non lineare, considerando sia la baseancora in campo elastico che parzialmente plasticizzata.1.41.210.80.60.4aE=7000 MPE=7000UPE=25000 UPE=25000 MP<strong>Analisi</strong> cinematica- corpo rigido<strong>Analisi</strong> cinematica- base plasticizzata0.20d sd ud k (m)0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6Fig. 6.39 : Curve <strong>di</strong> capacità a confronto per il ribaltamento della parete fuori dal pianoE <strong>di</strong>st forze T q Fmax ag(N/mm 2 )(kN)700 non lin (UP) 2.68 2.32 47 0.21700 non lin (MP) 3.31 2.27 33 0.182500 non lin (UP) 1.54 4.31 57 0.292500 non lin (MP) 1.81 3.92 45 0.24Tab. 6.7 : Valori <strong>di</strong> vulnerabilità per il ribaltamento della parete fuori dal pianoDal grafico si evidenzia in primo luogo che le curve relative al corpo rigido hannouna forma piuttosto simile a quelle del corpo elastico e che si inseriscono all’interno dellafascia <strong>di</strong> comportamento determinata dai quattro modelli considerati, registrando insostanza un’analogia sia in termini <strong>di</strong> resistenza che <strong>di</strong> deformabilità. Si nota inoltre che257


decurtare del 60% lo spostamento ultimo equivale a considerare una capacità rotazionaledel blocco pari ad 1%. Si precisa che i rami <strong>di</strong>scendenti della curva non hanno la stessapendenza a causa <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa posizione delle forze applicate alla sezione per i due tipi <strong>di</strong>analisi condotteAnalizzando la vulnerabilità sismica della struttura, considerando gli spettri <strong>di</strong>risposta elastici, si ottengono dei valori nettamente più elevati rispetto a quelli conseguiticon l’analisi cinematica non lineare, con una PGA variabile tra 0.19g e 0.22g per unmodulo elastico <strong>di</strong> 700 N/mm 2 e PGA tra 0.24g e 0.28g per E=2500 N/mm 2 .1.8d(m)spettro elastico1.2T1=0.333T1=0.5T1=1T1=1.330.6T1=1.750T(s)0 1 2 3 4Fig. 6.40 : Confronto tra gli spettri forniti dall’or<strong>di</strong>nanza per un suolo <strong>di</strong> tipo BDall’esame della forma si evince che ciò che <strong>di</strong>fferenzia i due tipi <strong>di</strong> analisiriguarda sostanzialmente il metodo adottato per la verifica <strong>di</strong> sicurezza nei confronti delleazioni sismiche. In sostanza le due procedure si <strong>di</strong>fferenziano per il mancato passaggio nelsecondo caso dal MDOF al SDOF ma soprattutto per gli spettri adottati. Per evidenziaretale <strong>di</strong>fferenza si riportano a confronto in Fig. 6.40 lo spettro degli spostamenti per i corpideformabili e quelli per il corpo rigido relativi ad un suolo <strong>di</strong> tipo B.Nel secondo caso lo spettro non è univocamente definito ma come detto inprecedenza <strong>di</strong>pende dalle caratteristiche geometriche (coor<strong>di</strong>nate del baricentro dellemasse) e dalle sue caratteristiche <strong>di</strong> deformabilità.258


Si ha che lo spettro degli spostamenti per l'analisi cinematica non lineare coincidecome intervalli <strong>di</strong> definizione con quello elastico per T 1 =0.33s (suolo B). Nel caso in cuiZ/H=0.25 corrisponde esattamente. Per Z/H=0.75 la richiesta degli spostamenti siamplifica del 50%( in corrispondenza del tratto orizzontale). Ma la variazione piùsignificativa si ha al crescere <strong>di</strong> T 1. Si ha infatti che la richiesta dello spostamento perZ/H=0.5 è cinque volte maggiore passando da T1=0.33s a T1=1.75s. Ciò mostra come unanon corretta valutazione <strong>di</strong> T1 può portare a richieste <strong>di</strong> spostamento e quin<strong>di</strong> a valori <strong>di</strong>vulnerabilità sismica <strong>di</strong>versi tra loro. Si ritiene che l’uso <strong>di</strong> spettri così fortementeinfluenzati dal periodo della struttura è da evitare per gli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura, non essendoin realtà una caratteristica della struttura <strong>di</strong> certa determinazione, essendo fortemente<strong>di</strong>pendente dal modulo elastico. Anche tale caratteristica meccanica non è facile dadeterminare e, come visto, i valori forniti dalla letteratura e dalle varie normative oscillanoin un range ampio che ha come estremi 300 f k e 1000f k. È necessario quin<strong>di</strong> un ulterioreapprofon<strong>di</strong>mento per fare in modo che il modello restituisca valori effettivi sulla capacitàsismica della struttura.1.401.20a1.000.800.60E=25000 (UP)E=7000 (UP)E=7000 (MP)E=25000(MP)0.400.200.00d k (m)0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6Fig. 6.41 : Curva push-over per impalcati flessionalmente efficaciDai valori <strong>di</strong> vulnerabilità forniti dall’analisi cinematica non lineare si deduce unbuon comportamento sismico della struttura, nonostante una valutazione cautelativa dellarotazione ultima e una certa influenza del modulo elastico, che per E=2500 N/mm 2 porta259


ad un incremento del 33%. Si ha però che a tale comportamento corrispondono elevatispostamenti in testa (fino a 36 cm), per permettere i quali è necessario che gli impalcatisiano opportunamente collegati alle pareti in modo da consentire tali spostamenti, evitandocrolli. Per permettere ciò non necessariamente l’impalcato deve essere solidale con laparete, ma è sufficiente che uno degli appoggi del solaio sia scorrevole.E <strong>di</strong>stribuzione T q Fmax ag(N/mm 2 ) forze(kg)7000 UP 1.47 3.07 22589 0.327000 MP 1.79 2.40 22092 0.3925000 UP 0.99 4.39 25452 0.3525000 MP 1.19 4.38 20106 0.33Tab. 6.8 Valori <strong>di</strong> vulnerabilità per impalcati flessionalmente efficaciSuccessivamente si è analizzato il caso in cui gli impalcati e il tetto siano in grado<strong>di</strong> permettere un certo accoppiamento dei maschi, portando sia per E=700 N/mm 2 cheE=2500 N/mm 2 ad una PGA <strong>di</strong> 0.32g. Si ha quin<strong>di</strong> che un ulteriore intervento (anche sepiù invasivo) potrebbe consistere nel rendere solidale l’impalcato con la parete.260


CAPITOLO 7CONCLUSIONI7.1 Risultati conseguitiL’oggetto della tesi è l’analisi del comportamento sismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura in tufogiallo in area campana, basata sulla conoscenza delle tecniche costruttive adottate nel corsodei secoli, con lo scopo <strong>di</strong> valutare sia le capacità <strong>di</strong> resistenza che le sue risorse plastiche.Quest’ultime sono <strong>di</strong> fondamentale importanza per poter stimare il reale comportamentosismico della struttura e permettere su <strong>di</strong> essa un intervento <strong>di</strong> tipo compatibile.Il conseguimento <strong>di</strong> tale obbiettivo ha comportato l’approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferentiambiti <strong>di</strong> ricerca, tra <strong>di</strong> loro correlati, raggiungendo alcuni risultati in ognuno <strong>di</strong> essi.In primo luogo si è condotta una campagna sperimentale per conoscere ilcomportamento elastico e post-elastico della muratura e degli elementi che la costituiscono(tufo e malta).La sperimentazione condotta sulle tipologie <strong>di</strong> muratura <strong>di</strong> tufo storicheavvicendatesi in territorio napoletano per circa quattro secoli (dal XVI al XX) haevidenziato innanzitutto la buona affinità tra il tufo e le malte <strong>di</strong> calce aerea che venivanousualmente utilizzate, che conferisce alla muratura una sostanziale omogeneità, anche inpresenza <strong>di</strong> apparecchiature fortemente <strong>di</strong>verse.È stata confermata la buona capacità <strong>di</strong> queste murature nel resistere a carichiverticali, contestualmente ad un’inattesa e significativa capacità “plastica”, con elevatedeformazioni a rottura anche se accompagnate da una non trascurabile per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>resistenza.Il dato ottenuto più significativo è proprio questa capacità <strong>di</strong> adattamento plasticodella muratura, che può considerarsi alla stessa stregua della duttilità degli altri materialistrutturali. Questa capacità appare con<strong>di</strong>zionata più che dai parametri <strong>di</strong> resistenzameccanica dei componenti e quin<strong>di</strong> della stessa muratura, soprattutto dal tipo <strong>di</strong> tessituraspecifico <strong>di</strong> ogni tipologia. In particolare sembra assumere, a questo fine, notevolerilevanza l’ingranamento trasversale tra i conci, la presenza <strong>di</strong> specifici elementi <strong>di</strong>261


cucitura e l’uso <strong>di</strong> una malta con caratteristiche particolarmente affini a quelle del tufo:l’insieme <strong>di</strong> tali elementi svolge quin<strong>di</strong>, nella muratura, un ruolo simile a quello delle staffenel caso degli elementi in c.a..Per tutte le tipologie si riscontra che la resistenza ottenuta dalle prove sulla muraturaè maggiore <strong>di</strong> quella calcolata in funzione delle resistenze dei componenti seguendo lein<strong>di</strong>cazioni delle norme per le murature in pietra naturale squadrata. Non sembra quin<strong>di</strong>lecito utilizzare le formule semplificate riportate dalle norme nel caso <strong>di</strong> murature storiche<strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionale, in quanto la sottovalutazione della resistenza a compressione, se puòessere accettata in sede <strong>di</strong> progetto per le nuove costruzioni, può portare ad un inutileappesantimento degli interventi <strong>di</strong> rinforzo nel caso <strong>di</strong> restauro <strong>di</strong> manufatti storiciesistenti.Inoltre le prove a compressione condotte sui macromodelli sono state utilizzate perstu<strong>di</strong>are il comportamento sismico del blocco snello, essendo l’elemento strutturaleelementare in cui si può scomporre un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o speciale. Questo tipo <strong>di</strong> <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o è concepitocome sistema <strong>di</strong> blocchi, per il quale durante un evento sismico il cinematismo <strong>di</strong> collassoè caratterizzato dalla rotazione degli elementi murari e la cui duttilità <strong>di</strong>pende dallacapacità rotazionale dell’elemento.La formulazione teorica del legame costitutivo σ-ε della muratura è stata data infunzione <strong>di</strong> quattro parametri, facilmente ottenibili dai test <strong>di</strong> compressione a deformazionecontrollata. Per ogni cronotipo dalle curve σ-ε teoriche sono stati ricavati i <strong>di</strong>agrammimomento curvatura relativi ad una sezione trasversale <strong>di</strong> elementi snelli in muratura. I<strong>di</strong>agrammi Momento-curvatura mostrano una notevole capacità <strong>di</strong>ssipativa <strong>di</strong> questo tipo<strong>di</strong> struttura, e spiegano il buon comportamento sismico degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> in muratura antichisebbene esistenti.La conoscenza del legame costitutivo completo del materiale è così essenziale peresplorare il ruolo importante del comportamento post-elastico del materiale per ilcomportamento sismico delle strutture murarie.Successivamente si è passati all’analisi del comportamento sismico <strong>di</strong> un <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>oor<strong>di</strong>nario. In presenza d’impalcato rigido o <strong>di</strong> connessioni delle pareti, realizzato adesempio con delle catene, l’analisi dell’intera struttura può essere ricondotta a quella dellaparete muraria nel suo piano. Le analisi numeriche condotte hanno messo in luce il ruolostrategico della fascia <strong>di</strong> piano nei confronti della risposta sismica degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, quandol’impalcato consente <strong>di</strong> impegnare le pareti come controventi (nel proprio piano). Infatti la262


configurazione strutturale dei pannelli <strong>di</strong> fascia, che può assumere assetti molto <strong>di</strong>versi nelcostruito storico e/o a seguito <strong>di</strong> possibili interventi <strong>di</strong> consolidamento, determina, alla lucedelle modellazioni esaminate e delle analisi numeriche svolte, comportamenti sismici dellepareti molto <strong>di</strong>versi.Si è condotto anche uno stu<strong>di</strong>o sulle caratteristiche morfologiche e <strong>di</strong>mensionali <strong>di</strong>tale elemento costruttivo, rilevando un numero elevato <strong>di</strong> campioni murari riferibili sia alSettecento che all’Ottocento. Le fasce esaminate sono caratterizzate da un rapporto <strong>di</strong>snellezza (H/L) compreso tra 1 e 2.5 e sono costituite da elementi lapidei, sovrapposti perdue, tre or<strong>di</strong>ni apparecchiati ad arco con freccia molto ridotta o nulla. Le <strong>di</strong>fferenzeriscontrate tra i due cronotipi sono date dalla forma dei conci “speciali” e dal loro rapporto<strong>di</strong>mensionale con quelli or<strong>di</strong>nari. Infatti, nell’Ottocento gli elementi lapidei sono sagomatia cuneo e più snelli, mentre nel Settecento non veniva prestata particolare cura allasbozzatura <strong>di</strong> tali conci, più tozzi rispetto a quelli a<strong>di</strong>acenti.Per approfon<strong>di</strong>re il comportamento sismico della fascia <strong>di</strong> piano si è condotta unacampagna sperimentale su campioni murari in scala ridotta corrispondenti a fasce <strong>di</strong> pianodotate <strong>di</strong> un elemento (ad es. una catena scorrevole) in grado <strong>di</strong> contenerle, considerandotre <strong>di</strong>fferenti tessiture murarie, corrispondenti a quelle tipiche del Settecento, a quelleottocentesche e a quelle contemporanee (post 1950), con l’impiego <strong>di</strong> conci squadrati.Per i provini in muratura or<strong>di</strong>naria si sono osservate rotture per scorrimentoorizzontale (fascia snella o me<strong>di</strong>o snella) o per trazione <strong>di</strong>agonale (fascia tozza).Per le fasce in muratura storica (con la presenza <strong>di</strong> una piattabanda lapidea) è statoriscontrato per quelle snelle un comportamento misto <strong>di</strong> rotture a taglio e <strong>di</strong> compressionedel puntone (particolarmente rilevabile dall’elevata capacità deformativa della fascia),mentre per le fasce me<strong>di</strong>e e tozze si è riscontrato una rottura per taglio <strong>di</strong>agonale.Si è accertato per le fasce storiche un aumento <strong>di</strong> resistenza rispetto a quelle in concisquadrati, dato dall’effetto benefico che provoca la presenza della piattabanda lapidea sulcomportamento meccanico dell’elemento strutturale.Per nessuna tipologia <strong>di</strong> fascia la formulazione a taglio fornita dall’or<strong>di</strong>nanzadescrive il meccanismo effettivamente riscontrato. Dall’esame <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse formulealternative si è verificato che la formulazione <strong>di</strong> Turnsek & Cacovic, mo<strong>di</strong>ficata per lefasce <strong>di</strong> piano, con sforzo normale agente in funzione del taglio resistente della fasciadescrive al meglio il comportamento meccanico effettivamente registrato.263


In particolare nel caso <strong>di</strong> fasce storiche con piattabande lapidee la formula <strong>di</strong> Turnsek& Cacovic viene adottata con un valore <strong>di</strong> resistenza a taglio fittizia, doppia rispetto aquella considerata per gli elementi in muratura or<strong>di</strong>naria.In tutte le prove si è riscontrata un’elevata capacità deformativa delle fasce <strong>di</strong> pianodurante l’evento sismico, anche se la rottura è associata a meccanismi <strong>di</strong> taglio, superando ilimiti imposti dall’or<strong>di</strong>nanza per i maschi murari.Lo stu<strong>di</strong>o ha evidenziato inoltre che l’instaurarsi <strong>di</strong> uno schema resistente a puntonee <strong>di</strong> una conseguente rottura a compressione delle zone esterne del puntone, che sarebbepiù favorevole, <strong>di</strong>fficilmente si riesce ad attivare, instaurandosi prima ocontemporaneamente (nel caso <strong>di</strong> alcune fasce storiche) una crisi per scorrimentoorizzontale o per rottura <strong>di</strong>agonale. Si deve tuttavia considerare che nella sperimentazionecondotta si è valutato il comportamento della fascia nella con<strong>di</strong>zione più sfavorevole, nonessendo applicato nessun carico verticale. Invece nelle pareti murarie la presenza del pesoproprio e del solaio comporta in corrispondenza delle fasce quanto meno l’instaurarsi <strong>di</strong>uno schema ad arco e quin<strong>di</strong> la nascita <strong>di</strong> uno sforzo <strong>di</strong> compressione che si oppone inparte allo scorrimento lungo i giunti orizzontali.Risulta evidente, in fine, che gli interventi <strong>di</strong> recupero delle fasce <strong>di</strong> piano,soprattutto nei casi <strong>di</strong> interesse storico, devono tendere a consentire l’instaurarsi del piùresistente meccanismo a puntone, evitando per quanto possibile il ricorso ad invasiveapplicazioni <strong>di</strong> armature a taglio. Ciò probabilmente si può ottenere anche soloincrementando il confinamento superiore ed inferiore del pannello <strong>di</strong> fascia me<strong>di</strong>antel’inserimento <strong>di</strong> elementi metallici.Nella fase finale del lavoro <strong>di</strong> tesi è stata valutata la vulnerabilità sismica <strong>di</strong> due<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>, entrambi <strong>stratificati</strong> e complessi, che appartengono alle due categorie in<strong>di</strong>viduate(or<strong>di</strong>naria e speciale), esaminate entrambe con procedure <strong>di</strong> analisi non lineari.Nel caso <strong>di</strong> Palazzo Petrucci (<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o or<strong>di</strong>nario) il comportamento della struttura èstato modellato a lastre a plasticità concentrata tenendo conto della sua stratificazionestorica, <strong>di</strong> due configurazioni dell’impalcato e <strong>di</strong> due <strong>di</strong>verse tipologie strutturali <strong>di</strong> fascia:debole e con “catena”; quest’ultimo caso è stato analizzato valutando la resistenza a tagliosia con la formulazione dell’OPCM 3274, sia con quella fornita in questo lavoro , basatasull’interpretazione della campagna sperimentale effettuata sulle fasce <strong>di</strong> piano.Si sono inoltre considerati due <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> danneggiamento. Nella sostanza si èriscontrata una buona capacità sismica della struttura con un limitato danneggiamento nel264


caso in cui si inserisce la catena in corrispondenza delle fasce <strong>di</strong> piano, se il suo apportoviene calcolato valutato secondo le formule dedotte dalla sperimentazione. Tale interventoè necessario per poter attivare un meccanismo <strong>di</strong> rottura nel piano, per cui seadeguatamente inserite (in corrispondenza delle fasce <strong>di</strong> piano) nel muro permette unamigliore risposta sismica della parete stessa e quin<strong>di</strong> dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o a cui appartiene.Valutando la capacità sismica del fabbricato sia nel caso in cui l’impalcato siaeffettivamente rigido e resistente sia nel caso in cui sia deformabile, si è riscontrata unamaggiore vulnerabilità all’ultimo livello dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o, maggiormente evidente quando lepareti non sono tra <strong>di</strong> loro collegate. Ciò evidenzia una buona qualità della struttura adeccezione delle parti aggiunte tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, in numeroe <strong>di</strong> spessore inferiore rispetto a quelle presenti ai piani inferiori. Inoltre questi livelli sonoparticolarmente vulnerabili essendo la capacità resistente degli elementi in muratura intermini <strong>di</strong> taglio e sforzo normale funzione del regime <strong>di</strong> compressione cui sono sollecitati.Nonostante tali <strong>di</strong>fetti dell’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o siano maggiormente evidenti nel caso in cui lepareti abbiano un comportamento sismico tra loro in<strong>di</strong>pendente, si ritiene inutilel’inserimento <strong>di</strong> un impalcato rigido, la cui effettiva realizzazione non è certa. Sembra piùopportuno intervenire localmente in corrispondenza dei pochi elementi più vulnerabili.Nel caso del complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo ad septimum ad Aversa, la struttura si può<strong>di</strong>videre in <strong>di</strong>verse parti con comportamenti meccanici in<strong>di</strong>pendenti. In particolare si èvalutato la risposta sismica <strong>di</strong> alcune sezioni murarie maggiormente vulnerabili al <strong>di</strong> fuoridel piano. Tali sezioni sono state analizzate facendo riferimento alla capacità plastica allabase del blocco snello. Anche in questo caso si è verificato un buon comportamentosismico, riscontrabile solo se si considerano le capacità non lineari della struttura,migliorabile con l’inserimento <strong>di</strong> catene o consentendo all’impalcato <strong>di</strong> svolgere unafunzione <strong>di</strong> accoppiamento tra i setti murari. In particolare, essendo la capacità sismica <strong>di</strong>questa struttura connessa alla non linearità geometrica risulta <strong>di</strong> fondamentale importanzapoter permettere alla struttura elevati spostamenti in sommità evitando il crollo degliimpalcati.In sintesi dall’analisi della vulnerabilità sismica degli <strong>e<strong>di</strong>fici</strong> appartenenti alle duecategorie si sottolinea l’importanza della fase della conoscenza dei materiali, delle tecnichecostruttive e delle sue caratteristiche meccaniche e delle vicissitu<strong>di</strong>ni storiche dellafabbrica determinanti per un’attenta valutazione della sua capacità sismica, in modo dapoter accuratamente valutare interventi minimi ma in<strong>di</strong>spensabili da eseguire sull’<strong>e<strong>di</strong>fici</strong>o265


storico. Nel corso del lavoro si sono evidenziate le <strong>di</strong>fficoltà connesse ad un’adeguatamodellazione della struttura in muratura e della scelta del tipo <strong>di</strong> analisi da condurre. Infattia causa della sua complessità è impossibile realizzare un modello unico che tenga contodella reale rigidezza del materiale (<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile valutazione), della progressivaparzializzazione degli elementi resistenti in muratura, della reale rigidezza dell’impalcato,dell’effettivo comportamento deformativo e resistente degli elementi portanti (inparticolare delle fasce) e del livello <strong>di</strong> danneggiamento che la struttura è in grado <strong>di</strong>sopportare. Per cui è necessario esaminare <strong>di</strong>versi modelli e valutare accuratamente irisultati conseguiti dalle analisi numeriche.Si ritiene che solo con un’attenta sperimentazione sulle effettive capacità resistentidegli elementi in muratura e conducendo analisi che tengano conto delle effettive capacitàplastiche della struttura muraria si possano ottenere valori non eccessivamente cautelatividel comportamento sismico della struttura.7.2 Possibili sviluppiIl lavoro presentato in questa tesi apre la strada a <strong>di</strong>versi possibili sviluppi e nello stessotempo in<strong>di</strong>vidua una serie <strong>di</strong> problemi che richiedono ulteriori approfon<strong>di</strong>menti.In particolare per quanto riguarda la caratterizzazione meccanica del materialemuratura <strong>di</strong> tufo per i tre crono-tipi analizzati, una limitazione dell’analisi consistenell’effettiva riproduzione della qualità della malta, ma soprattutto nel non averconsiderato il degrado che la malta subisce nell’arco dei secoli, influenzando ilcomportamento meccanico della muratura. Per cui per avere un quadro più completo dellecaratteristiche storiche delle murature in tufo giallo napoletano post-me<strong>di</strong>evali sipotrebbero condurre delle prove a compressione a deformazione controllata su pannellimurari prelevati in sito.Dagli stu<strong>di</strong> condotti sulle caratteristiche morfologiche della fascia <strong>di</strong> piano in areanapoletana si evince la necessità <strong>di</strong> rilevare campioni <strong>di</strong> fasce <strong>di</strong> età vicereale in modo dapoter estendere i risultati ottenuti sul miglior comportamento sismico della fascia <strong>di</strong> piano“storica”.Avendo riscontrato (solo in pochi casi e nelle prove monotone) che quando siinstaura un meccanismo a puntone il comportamento sismico della fascia migliora266


notevolmente in termini <strong>di</strong> duttilità, risulta necessario condurre successive ricerche perdeterminare con quale tipo <strong>di</strong> intervento (il minimo possibile) si può effettivamenteinstaurare un meccanismo a puntone, riuscendo a sfruttare la sua elevata capacitàdeformativi, anche se sottoposta a carichi ciclici.Infine per quanto riguarda le analisi condotte sul complesso <strong>di</strong> S. Lorenzo adseptimum, data la <strong>di</strong>versità ottenuta per la valutazione della vulnerabilità sismica con duemodellazioni sostanzialmente analoghe su una delle sezioni <strong>di</strong> S. Lorenzo, si è riscontratala necessità <strong>di</strong> indagare sul reale comportamento sismico <strong>di</strong> strutture molto snelle soggettead azioni perpen<strong>di</strong>colari al piano, realizzabile solo conducendo analisi <strong>di</strong>namiche in mododa determinare l’effettivo spettro degli spostamenti elastico da adottare.267


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