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L'intervento logopedico con il bambino sordo grave e ... - ACP

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2005interna, che sostituisce la funzione della coclea, organo preposto allaricezione del suono).Purtroppo nessun sussidio uditivo restituisce ad un <strong>bambino</strong> <strong>sordo</strong>profondo un ascolto sufficiente ad acquisire naturalmente la lingua vocale edè quindi evidente che se vogliamo che questo <strong>bambino</strong> parli, occorre unintervento <strong>logopedico</strong> più articolato e complesso.L’iter riab<strong>il</strong>itativo di questi bambini è chiaramente diverso da caso a caso,ma può durare anche più di dieci anni ed è estremamente impegnativo efaticoso per tutti coloro che vi prendono parte.Esistono diversi modelli riab<strong>il</strong>itativi per insegnare a parlare ai bambinisordi, che vanno dall’oralismo al gestualismo.La scelta oralista punta tutta la riab<strong>il</strong>itazione sullo sfruttamento delresiduo uditivo e su un insegnamento precoce del linguaggio. Il problema diquesto approccio è che vede <strong>il</strong> <strong>bambino</strong> <strong>sordo</strong> in un’ottica biomedica, comeuna macchina da aggiustare: “Metti una protesi e sente; gli insegni a parlare etorna normale”. Il rischio di questo approccio è la negazione del problema,trasmessa anche al <strong>bambino</strong> <strong>con</strong> i danni che ne <strong>con</strong>seguono.L’approccio gestuale ri<strong>con</strong>osce alla persona sorda <strong>il</strong> diritto ad avere unalingua naturale, la lingua dei segni, che è veicolata dal canale visivo-gestuale,integro nelle persone sorde. Solo una lingua compresa e prodotta senzasforzo permetterà alla persona sorda di sv<strong>il</strong>uppare al massimo le propriepotenzialità. I fautori di questo approccio ipotizzano un’educazione b<strong>il</strong>ingue,lingua vocale e lingua dei segni, ma poiché priv<strong>il</strong>egiano quest’ultima, spessola lingua vocale viene trascurata ed è impossib<strong>il</strong>e ipotizzare un buonadattamento all’ambiente senza la competenza in questa lingua.Infine vi è una terza possib<strong>il</strong>ità che cerca di mediare tra i due approccidescritti che si chiama metodo misto o bimodale, che ut<strong>il</strong>izza un supportogestuale in accompagnamento alla parola, lasciando inalterata la strutturadella lingua vocale. La prima testimonianza dell’uso di un modello di questotipo risale alla fine del ‘700, mentre in tempi recenti è stato proposto daH<strong>il</strong>de Schlesinger (1978) a San Francisco. Esistono diverse varianti diapproccio bimodale, ma parlerò di quella messa a punto da me (Massoni,Maragna, 1997) per vedere se, <strong>con</strong> opportune modifiche, <strong>il</strong> mio interventoriab<strong>il</strong>itativo <strong>con</strong> i bambini sordi gravi e profondi è compatib<strong>il</strong>e <strong>con</strong>l’Approccio Centrato sulla Persona di Carl Rogers.Il metodo bimodale se<strong>con</strong>do l’<strong>ACP</strong>Bimodale significa doppia modalità e infatti nella metodologia bimodalevengono ut<strong>il</strong>izzate la modalità acustico-vocale, perché si parla, e la modalitàvisivo-gestuale, perché si segna, ma un’unica lingua: la lingua vocale. Inpratica, quando si parla <strong>con</strong> <strong>il</strong> <strong>bambino</strong> <strong>sordo</strong>, si dà un supporto gestuale atutto quello che viene detto.La caratteristica fondamentale è che <strong>il</strong> <strong>bambino</strong> viene visto come uncomplesso sistema inserito in sistemi più ampi come la famiglia e l’ambientein cui vive e che ha una facoltà di linguaggio strettamente collegata allo4

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