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L'intervento logopedico con il bambino sordo grave e ... - ACP

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<strong>ACP</strong> – Rivista di Studi Rogersiani - 2005di attirare la loro attenzione visiva, premessa indispensab<strong>il</strong>e per lariab<strong>il</strong>itazione.Mi sembra che sul mio grande tavolo si trovino in una situazione di“libertà vig<strong>il</strong>ata”. La mamma si siede a fianco del <strong>bambino</strong>, in modo darassicurarlo, ma in una posizione di se<strong>con</strong>do piano per non distrarlo dal<strong>con</strong>tatto visivo <strong>con</strong> me. Non funziona la posizione alle spalle, perché <strong>il</strong><strong>bambino</strong> si girerebbe <strong>con</strong>tinuamente. In caso ci sia <strong>il</strong> papà e un fratellino sisiederanno tutti intorno al tavolo. Ogni terapia prevede un lavoro sul pianofono-acustico e su quello cognitivo linguistico.Generalmente si inizia <strong>con</strong> l’allenamento uditivo per portare <strong>il</strong> <strong>bambino</strong> almassimo dello sfruttamento protesico e <strong>con</strong> la stimolazione fonologica perinsegnargli a pronunciare suoni, parole, frasi e discorsi della lingua.Nella se<strong>con</strong>da parte della terapia si propone gioco libero o rac<strong>con</strong>to distorie <strong>con</strong> proposta di libri adeguati all’età del <strong>bambino</strong>.Si può variare l’ordine di presentazione ma, salvo rare eccezioni in cui <strong>il</strong><strong>bambino</strong> si trova in un momento di crisi, ogni terapia è strutturata così.Rogers afferma che l’autorità non è compatib<strong>il</strong>e <strong>con</strong> <strong>il</strong> rapporto terapeutico(Rogers, 1940), ma nel caso del rapporto <strong>logopedico</strong> possiamo parlare di unrapporto ben strutturato, ma flessib<strong>il</strong>e.Una dimostrazione di come <strong>il</strong> <strong>bambino</strong> introietta la struttura del setting èquando non riusciamo per motivi di tempo a svolgere un’attività, ad esempioleggere un libricino, ed <strong>il</strong> <strong>bambino</strong>, prima di andare via, va a prendere <strong>il</strong> suolibro preferito, come se gli mancasse un pezzo di “copione”.Come abbiamo visto, fanno parte del setting la mamma, a volte <strong>il</strong> papà o lanonna, fratellini o amici.Questo rende <strong>il</strong> lavoro del logopedista più complesso e diffic<strong>il</strong>e, ma iocredo che tenere le persone che interagis<strong>con</strong>o <strong>con</strong> <strong>il</strong> <strong>bambino</strong> presenti allaterapia, permette di raggiungere nella maniera migliore e nel tempo più brevel’obiettivo di fornire strumenti adeguati per comunicare <strong>con</strong> lui.Infatti, come abbiamo detto, spesso i genitori che scelgono <strong>il</strong> metodobimodale sono <strong>con</strong>trari alla lingua dei segni, pertanto è fondamentale la loropresenza in terapia, perché possano apprendere almeno i segni usati dallogopedista come supporto alla proposta vocale per potere riattivare <strong>il</strong> canalecomunicativo interrotto o deficitario <strong>con</strong> <strong>il</strong> loro <strong>bambino</strong>.Il <strong>con</strong>trattoIn un approccio <strong>logopedico</strong> così strutturato chi è <strong>il</strong> cliente? Se è vero che <strong>il</strong>logopedista lavora <strong>con</strong> <strong>il</strong> <strong>bambino</strong>, è anche vero che sono i genitori che loportano in logopedia e scelgono <strong>il</strong> modello riab<strong>il</strong>itativo da ut<strong>il</strong>izzare, sonoinoltre coinvolti sia nel corso della terapia, ad esempio durante <strong>il</strong> gioco, chefuori in quanto sono invitati a riproporre in situazioni più ecologiche i<strong>con</strong>cetti presentati nella seduta logopedica.Spesso esprimono emozioni e sentimenti, piangono, ridono, si arrabbiano,giustificano <strong>il</strong> loro <strong>bambino</strong> o lo sgridano.7

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