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ALCUNE PAGINE DEL LIBRO I cattolici e il paese di LUIGI ALICI ...

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planetarie <strong>di</strong> comunione e <strong>di</strong> fraternità, ma anche <strong>di</strong> alienazione e <strong>di</strong>emarginazione.In particolare, <strong>il</strong> sistema dell’informazione si avvale oggi <strong>di</strong> tecnologieavanzate e aperte a forme <strong>di</strong> interattività sempre più complesse, che stannomo<strong>di</strong>ficando <strong>il</strong> nostro rapporto con <strong>il</strong> volume dei dati informativi a nostra<strong>di</strong>sposizione; dati che non sono più racchiusi in contenitori inerti e passivi, ma chedebordano continuamente, trasformandosi in una miscela elastica e aggressiva, cheentra in casa nostra senza bussare, ci asse<strong>di</strong>a con le sue seduzioni, occupa tutti gliinterstizi del tempo libero, è <strong>di</strong>sposta a tutto pur <strong>di</strong> catturare la nostra capacità <strong>di</strong>attenzione sempre più frag<strong>il</strong>e e <strong>di</strong>stratta. Se per l’uomo antico la forma più alta <strong>di</strong>autoriconoscimento si è sv<strong>il</strong>uppata a partire dalla meraviglia <strong>di</strong>nanzi alla natura ese per l’uomo moderno tale meraviglia si è progressivamente spostata dal mondodella natura a quello della cultura e della scienza, l’uomo postmoderno sembraricercare la sua immagine unicamente nel mondo della tecnologia e dellamassme<strong>di</strong>alità; l’antica meraviglia assomiglia sempre più ad una forma <strong>di</strong>pericoloso stor<strong>di</strong>mento.Come risultato <strong>di</strong> questo potenziamento tecnologico, <strong>il</strong> sistema dell’informazione<strong>di</strong>viene gradualmente un “nuovo potere”, strutturale e pervasivo, che cambia <strong>il</strong>“paesaggio culturale”, plasmato fino ad oggi da una trama invisib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> relazioni einformazioni, moltiplicando <strong>di</strong> conseguenza opportunità e pericoli: lo specchio,paradossalmente, può nascondere interi orizzonti <strong>di</strong> realtà; può trasformarsi in unpericoloso fattore <strong>di</strong> <strong>di</strong>storsione; può ad<strong>di</strong>rittura arrivare a riflettere unicamente sestesso o a produrre pezzi <strong>di</strong> mondo fittizi, <strong>di</strong>venendo fonte <strong>di</strong> fuorvianti <strong>il</strong>lusioniottiche.La esemplificazioni non sono <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i; su gran parte delle notizie che ci asse<strong>di</strong>anopesa <strong>il</strong> sospetto <strong>di</strong> una incontrollata ipertrofia del virtuale: le armi <strong>di</strong> istruzione <strong>di</strong>massa in Iraq, <strong>il</strong>lustrate con dovizia <strong>di</strong> apparati massme<strong>di</strong>ali in una seduta delleNazioni Unite, sono l’esempio più inquietante <strong>di</strong> questa <strong>il</strong>lusione ottica, forse nondel tutto <strong>di</strong>sinteressata. Oppure basterebbe confrontare la sproporzione assolutaesistente tra l’informazione culturale o scientifica e, ad esempio, quella legata almondo dello spettacolo o dello sport: in un caso, con un atteggiamento sempre piùnarcisistico e invadente, lo spettacolo sta letteralmente <strong>di</strong>vorando gli spazi dellacronaca, fino a trasformare i me<strong>di</strong>a in strumenti che parlano <strong>di</strong> se stessi; nell’altrocaso, l’informazione sportiva (soprattutto legata al mondo del calcio!), gonfiata dauna clamorosa sproporzione <strong>di</strong> risorse economiche, si autoalimenta <strong>di</strong> un’enfasi avolte fondata sul nulla, alla quale corrisponde una smisurata pressione agonisticasugli atleti e una inevitab<strong>il</strong>e ricaduta <strong>di</strong>seducativa nei confronti dei tifosi.sociali”, dal 1967 al 2004. Cfr. anche UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI –SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CULTURALE, Parabole me<strong>di</strong>atiche. Fare cultura nel tempodella comunicazione, Ed. Dehoniane, Bologna 2003.4


Più in generale, dobbiamo chiederci quale sia <strong>il</strong> senso complessivo <strong>di</strong> questa“overdose informativa”, alla quale non corrisponde automaticamente un aumento<strong>di</strong> ossigeno per la democrazia. Quale immagine <strong>di</strong> uomo e <strong>di</strong> società lo specchiodell’informazione ci restituisce? Non sempre la società reale si riconosce in quellavirtuale, soprattutto quando in quest’ultima prevale un’umanità rampante e<strong>di</strong>sinibita, immersa in una rete <strong>di</strong> relazioni corte, a “geometria variab<strong>il</strong>e”, cheinsegue l’idolatria del guadagno fac<strong>il</strong>e (quasi sempre affidata alla casualità) e delsuccesso ad ogni costo (egregiamente rappresentato da testimonial m<strong>il</strong>iardari eviziati); un’umanità <strong>di</strong>sposta ad andare fino in fondo in quell’escalation <strong>di</strong>spogliarellismo psicologico, astutamente sceneggiato nei talk show e in tutte letrasmissioni in cui d<strong>il</strong>aga una insopportab<strong>il</strong>e pornografia delle emozioni e deisentimenti.Si aprono a questo punto due questioni, che investono, rispettivamente, <strong>il</strong>rapporto tra informazione e democrazia da un lato, e le responsab<strong>il</strong>ità sociali dei<strong>cattolici</strong> dall’altro.2. Informare, voce del verbo partecipareIl Documento preparatorio elaborato in vista della XLIV Settimana socialecontiene una serie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni molto ut<strong>il</strong>i per inquadrare la prima delle duequestioni, soprattutto al n. 8 e al n. 27. Vi si sottolinea, in particolare, che lademocrazia non è questione che possa essere circoscritta alla sfera politica, intesain senso stretto (n. 4). La democrazia, vi si aggiunge, « è oggi più che mai<strong>di</strong>pendente dal corretto uso che si fa dei me<strong>di</strong>a; dalla capacità, in altri termini, <strong>di</strong>farli <strong>di</strong>ventare libera espressione <strong>di</strong> un’opinione pubblica responsab<strong>il</strong>e epluralistica» (n. 27). «Ad essere minacciata è pertanto – si aggiunge - la centralitàdella politica, sia per la pressione esercitata dagli interessi economici, sia per lasostituzione da parte dei me<strong>di</strong>a dei tra<strong>di</strong>zionali canali <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione, con laconseguente tendenza alla spettacolarizzazione della vita pubblica e con l’avanzare[…] <strong>di</strong> una tentazione tendenzialmente populista» (n. 8).Pesa dunque sulla piena accettazione della <strong>di</strong>namica democratica, anche inor<strong>di</strong>ne al sistema dell’informazione, una insuperab<strong>il</strong>e ipoteca etica. Percomprendere <strong>il</strong> senso profondo <strong>di</strong> queste affermazioni, può essere opportunoprovare ad allargare <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso, a partire da una questione <strong>di</strong> principio:l’informazione è parte integrante della comunicazione, la quale, prima ancora chestrumento e tecnica, è una qualità fondamentale del rapporto tra le persone.Offrendo i contenuti <strong>di</strong> base che me<strong>di</strong>ano, in modo veritiero ed efficace, talirapporti, una informazione onesta, libera e positiva deve farsi carico almeno <strong>di</strong> unadoppia responsab<strong>il</strong>ità: anzitutto, una responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> fedeltà agli eventi(che implica un approccio critico e pluralistico, capace <strong>di</strong> sfruttare correttamente lepotenzialità tecnologiche, resistendo ad uno scandalismo urlato o a un settarismointeressato); in secondo luogo, si potrebbe parlare anche <strong>di</strong> una responsab<strong>il</strong>ità5


in<strong>di</strong>retta, che si esprime nella forma <strong>di</strong> un servizio alla convivenza in nomedell’insuperab<strong>il</strong>e primato del bene comune (che non coincide mai con la sommadegli interessi e meno ancora degli egoismi in<strong>di</strong>viduali!), da perseguire attraversoun confronto aperto, fondato sulle risorse argomentative della ragione, impegnato aricercare un terreno <strong>di</strong> convergenze etiche con<strong>di</strong>vise, che non aumenti la<strong>di</strong>saffezione politica dei citta<strong>di</strong>ni e incoraggi forme <strong>di</strong> partecipazione cooperativa.«Le comunicazioni sociali - si legge in un importante documento del PontificioConsiglio delle Comunicazioni sociali - recano beneficio alla società fac<strong>il</strong>itando lapartecipazione consapevole dei citta<strong>di</strong>ni al processo politico. I mezzi <strong>di</strong>comunicazione sociale uniscono le persone allo scopo <strong>di</strong> perseguire fini epropositi comuni, aiutandole in tal modo a formare e a sostenere comunitàpolitiche autentiche. I mezzi <strong>di</strong> comunicazione sociale sono in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i per lesocietà democratiche <strong>di</strong> oggi». In tal senso siamo in presenza <strong>di</strong> «importantistrumenti <strong>di</strong> responsab<strong>il</strong>ità, perché evidenziano l'incompetenza, la corruzione e gliabusi <strong>di</strong> fiducia, richiamando l'attenzione sulla necessità <strong>di</strong> competenza, <strong>di</strong> vitalitàe <strong>di</strong> devozione al dovere» 2 . Esiste dunque una finalità ultima, <strong>di</strong> promozione dellaconvivenza, che legittima la finalità imme<strong>di</strong>ata dell’informare.In nome <strong>di</strong> questa responsab<strong>il</strong>ità, <strong>il</strong> sistema dell’informazione deve oggi essereprotetto, moltiplicando, in forme <strong>di</strong>versificate e trasparenti, quelle garanzie d<strong>il</strong>ibertà, <strong>di</strong> pluralismo e insieme <strong>di</strong> partecipazione e controllo democratico, che lasocietà occidentale ha elaborato per promuovere la convivenza nella sfera politica.In tale prospettiva si pone <strong>il</strong> problema <strong>di</strong> un doppio pluralismo, reale e non fittizio:un pluralismo delle fonti <strong>di</strong> informazione; un pluralismo nelle fonti <strong>di</strong>informazione, soprattutto quando queste assumono la fisionomia istituzionale <strong>di</strong> unservizio pubblico.A livello sociale, infatti, <strong>il</strong> dovere istituzionale <strong>di</strong> promuovere l’informazioneattraverso un servizio pubblico si deve coniugare con la libertà <strong>di</strong> poter alimentaree accogliere fonti <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> informazione, provenienti dalla società civ<strong>il</strong>e. Se inpassato l’informazione ha dovuto essere soprattutto <strong>di</strong>fesa dall’invadenzaideologica dello Stato, oggi sembra in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e <strong>di</strong>fenderla, soprattutto, dallaconcupiscenza interessata del mercato, e sempre in nome della verità e della<strong>di</strong>gnità della persona umana.Anche <strong>il</strong> pensiero f<strong>il</strong>osofico e politico contemporaneo ci mette in guar<strong>di</strong>a neiconfronti <strong>di</strong> questo pericolo: Charles Taylor, ad esempio, citando Tocquev<strong>il</strong>le,denuncia <strong>il</strong> pericolo <strong>di</strong> un “<strong>di</strong>spotismo morbido”, connesso alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> libertàpolitica, che pesa sul nostro tempo 3 . Ralf Dahrendorf, a partire da un <strong>di</strong>versoorientamento teorico, ricorda che oggi la democrazia è sottoposta alla minacciadell'autoritarismo, che non è imme<strong>di</strong>atamente assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e al totalitarismo, poiché2 PONTIFICIO CONSIGLIO <strong>DEL</strong>LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica nelle comunicazioni sociali, 8.3 Cfr. Ch. TAYLOR, Il <strong>di</strong>sagio della modernità, tr. it., Laterza, Bari 1994.6


non si nutre <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> mob<strong>il</strong>itazione <strong>di</strong>ffusa, ma prospera su una sorta <strong>di</strong>apatia <strong>di</strong>ffusa 4 .Sul pericolo che una deriva autoritaria possa essere incoraggiata da un usoimproprio dei mezzi <strong>di</strong> comunicazione mette in guar<strong>di</strong>a, in epoca non sospetta, <strong>il</strong>f<strong>il</strong>osofo danese Søren Kierkegaard, in un testo efficace e provocatorio (del 1847!),riportato nel suo <strong>di</strong>ario e <strong>di</strong> incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e attualità: «…come se su una nave ci fossesolo un megafono <strong>di</strong> cui si fosse impossessato <strong>il</strong> garzone <strong>di</strong> cucina, con <strong>il</strong> consenso<strong>di</strong> tutti. Ora tutto ciò che <strong>il</strong> garzone aveva da comunicare (“Metti <strong>il</strong> burro neglispinaci!”, “Oggi fa bel tempo” e “Chissà se non c’è qualche guasto laggiù?” ecc.)era comunicato con <strong>il</strong> megafono, mentre <strong>il</strong> capitano doveva dare gli or<strong>di</strong>ni con lasola voce, perché ciò che <strong>il</strong> capitano aveva da <strong>di</strong>re non era importante! Anzi <strong>il</strong>capitano, alla fine, dovette invocare l’aiuto del garzone <strong>di</strong> cucina per farsi sentire,quando questi si degnava <strong>di</strong> riferire i suoi or<strong>di</strong>ni, i quali, spesso, passandoattraverso <strong>il</strong> garzone <strong>di</strong> cucina e <strong>il</strong> suo megafono, erano travisati completamente;nel qual caso <strong>il</strong> capitano invano alzava la sua povera voce, perché l’altro con <strong>il</strong> suomegafono soverchiava tutto. Alla fine, <strong>il</strong> garzone <strong>di</strong> cucina s’impossessò delcomando della nave, perché aveva <strong>il</strong> megafono» 5 .E se questo testo dovesse sembrare non “politicamente corretto”, lo si potrebbeautorevolmente corroborare con le parole del Compen<strong>di</strong>o della dottrina socialedella Chiesa: «Occorre assicurare un reale pluralismo in questo delicato ambitodella vita sociale, garantendo una molteplicità <strong>di</strong> forme e strumenti nel campodell’informazione e della comunicazione e agevolando con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> uguaglianzanel possesso e nell’uso <strong>di</strong> tali strumenti me<strong>di</strong>ante leggi appropriate. Tra gli ostacoliche si frappongono alla piena realizzazione nel <strong>di</strong>ritto all’obiettivitànell’informazione, merita attenzione particolare <strong>il</strong> fenomeno delle concentrazionie<strong>di</strong>toriali e televisive, con pericolosi effetti per l’intero sistema democraticoquando a tale fenomeno corrispondono legami sempre più stretti tra l’attivitàgovernativa, i poteri finanziari e l’informazione» (n. 414).3. Tra Babele e Pentecoste: una sfida per i cristianiPossiamo a questo punto porci almeno un’ultima domanda: in che modo lasfida dell’informazione investe le responsab<strong>il</strong>ità sociali dei <strong>cattolici</strong>?Sarà bene ricordare, anzitutto, che questa sfida non riguarda soltanto laquestione, pur centrale, <strong>di</strong> un’etica dell’informazione: sappiamo tutti che <strong>il</strong>cristianesimo primariamente non è un’etica, solo perché è molto più che un’etica.La comunità cristiana nasce a partire da un evento straor<strong>di</strong>nario che si fa buona4 Cfr. R. DAHRENDORF, Libertà attiva: sei lezioni su un mondo instab<strong>il</strong>e, tr. it., Laterza, Roma-Bari 2003, pp. 112 s.5 S. KIERKEGAARD, Diario (1847), VIII’ A 135, vol. IV, n. 1417, Morcelliana, Brescia 1980, p.45.7


promuovere una rete <strong>di</strong> pratiche <strong>di</strong> vita, esemplari e propositive, che possanoesprimersi in scelte concrete e atteggiamenti virtuosi. La democrazia si <strong>di</strong>fendeanche adoperandosi per far crescere la sensib<strong>il</strong>ità - e persino <strong>il</strong> gusto - per unabuona informazione, posta primariamente al servizio della verità e del benecomune, e sottratta a qualsiasi accaparramento strumentale. E non c’è dubbio chesi lavora in favore <strong>di</strong> una democrazia inclusiva (come si <strong>di</strong>ce nel Documentopreparatorio), quando ci si educa ad apprezzare un’informazione libera, positiva edalla parte degli ultimi.Per altro verso, infine, occorre adoperarsi in prima persona anche per fareinformazione: un’altra informazione e un altro modo <strong>di</strong> fare informazione;ricordando sempre, però, che la <strong>di</strong>namica originaria dell’annuncio cristiano, che èun raccontare le parole della fede e della vita guardandosi negli occhi eprendendosi per mano, può essere sussi<strong>di</strong>ata, ma mai sostituita dallo strumentoinformativo. In ogni caso, qualsiasi strumento posto al servizio dell’annuncio edella testimonianza personale e <strong>di</strong>retta, non potrà scimmiottare i meto<strong>di</strong>scenografici e aggressivi dell’informazione-spettacolo, né <strong>di</strong>menticare, come hadetto qualcuno, che “la <strong>di</strong>screzione è la firma <strong>di</strong> Dio”. Avendo ben presente questoscarto, si potrà lavorare per far crescere sempre nuovi strumenti <strong>di</strong> informazione(che aiutino anche a fare controinformazione), me<strong>di</strong>tando responsab<strong>il</strong>mente leparole del vangelo, che state dette non solo per gli altri, ma prima <strong>di</strong> tutto proprioper noi: «Io vi <strong>di</strong>co che <strong>di</strong> ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nelgiorno del giu<strong>di</strong>zio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alletue parole sarai condannato» (Mt 12, 36-37).9


dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Cristo, e nulla vi è <strong>di</strong> genuinamente umano che non trovi eco nelloro cuore» (Gau<strong>di</strong>um et Spes, 1).Solo ponendosi um<strong>il</strong>mente in ascolto <strong>di</strong> ciò che è "genuinamente umano" si puòcontribuire ad accre<strong>di</strong>tare una visione unitaria e coerente del bene comune, frutto<strong>di</strong> una sintesi organica e sempre perfettib<strong>il</strong>e, posta alla base della vita sociale epolitica, senza la quale ogni legittima competizione democratica verrebbedelegittimata in partenza.c) Oltre: prima che gestione del potere, la politica è progettualità coraggiosa, chesa sempre gettare lo sguardo oltre i confini degli interessi imme<strong>di</strong>ati. Anchequando i citta<strong>di</strong>ni sembrano chiedere solo questo.Ciò <strong>di</strong> cui la vita politica oggi ha più bisogno è saper <strong>di</strong>re un "no" al presente invista <strong>di</strong> un "sì" al futuro. Riqualificazione del senso e del mercato del lavoro,re<strong>di</strong>stribuzione della ricchezza, promozione della ricerca, riforma dell'istruzione,riprogettazione del welfare, tutela dell'ambiente… Il fattore che accomuna questoelenco, certamente destinato ad allungarsi, è sempre lo stesso: futuro. Giovani efuturo: ecco l'en<strong>di</strong>a<strong>di</strong> sconosciuta alla politica. Il cristiano non può tirarsi in<strong>di</strong>etrosu questo punto, per una ragione evidente: «C'è sempre un'escatologia che èl'anima <strong>di</strong> un messaggio sociale» (P. Ricoeur).Insieme, dentro, oltre: nella manutenzione del pavimento etico comune, cherappresenta la prima articolazione dell'impegno politico, non possono esserci <strong>di</strong>ritti<strong>di</strong> esonero per nessuno. Meno che mai per i cristiani, che debbono ritrovare spazicomunitari dentro i quali allenarsi in questo esercizio <strong>di</strong> rimotivazione,<strong>di</strong>scernimento e impegno; spazi istituzionali e associativi che forse esistono edebbono essere profondamente aggiornati, per uscire da un'afasia oggiincomprensib<strong>il</strong>e e forse anche un po' comoda.Solo praticando questa prima sintassi elementare e irrinunciab<strong>il</strong>e della politica, saràpossib<strong>il</strong>e impegnarsi nel secondo livello, come cercherò <strong>di</strong> <strong>di</strong>re nel prossimo eultimo post, evitando che tutto si riduca (come ormai siamo da tempo abituati avedere) a un problema <strong>di</strong> schieramenti, <strong>di</strong> visib<strong>il</strong>ità e <strong>di</strong> qualche poltrona.*fonte: DialogandoPubblicato in Preso in reteLeggi tutto...Giovedì, 06 Settembre 2012 15:5812


Bene comune “biodegradab<strong>il</strong>e”?Chi ha avuto la pazienza <strong>di</strong> seguirmi sin qui si sarà accorto <strong>di</strong> quanto sia fac<strong>il</strong>edenunciare i tra<strong>di</strong>menti, le omissioni e le insufficienze della politica e <strong>di</strong> quanto, alcontrario, sia <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e capovolgere <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso in positivo.Questa <strong>di</strong>fficoltà (a parte i limiti <strong>di</strong> chi scrive) è in una certa misura fisiologica: lapolitica assolve bene alla sua vocazione soprattutto quando riesce a rimuovere gliostacoli che impe<strong>di</strong>scono la “buona vita umana della moltitu<strong>di</strong>ne” (J. Maritain). Alcontrario, quando pretende <strong>di</strong> imporre per decreto un ideale univoco <strong>di</strong> vita morale,siamo a un passo dal totalitarismo dello “Stato etico”.Tuttavia, un eccesso <strong>di</strong> legittima <strong>di</strong>fesa nei confronti dello Stato etico oggi ci staspingendo verso uno Stato etico al rovescio, che pretende <strong>di</strong> erigere <strong>il</strong> nich<strong>il</strong>ismoo <strong>il</strong> relativismo a dottrina etica ufficiale. Espellere ogni rimando al bene comune,neutralizzando lo spazio pubblico, è un altro modo <strong>di</strong> fare etica.Per questo, non si può rinunciare a cercare la “misura giusta” <strong>di</strong> una convivenzapoliticamente governata, tenendo a <strong>di</strong>stanza i due estremi – non equivalenti – <strong>di</strong> unliberismo agnostico e <strong>di</strong> un totalitarismo asfissiante, accettando <strong>di</strong> lasciare unmargine pluralistico <strong>di</strong> osc<strong>il</strong>lazione fra concezioni <strong>di</strong>verse.Da un lato, si potrebbe ricordare la <strong>di</strong>fferenza fra “libertà positiva” e “libertànegativa”, cara alla tra<strong>di</strong>zione liberale e messa a punto da Isaiah Berlin: mentre laconquista <strong>di</strong> una “libertà negativa”, intesa come assenza <strong>di</strong> vincoli o costrizioniesterne (libertà-da), appartiene secondo Berlin alla vocazione propria della politicain quanto rappresenta un presi<strong>di</strong>o antitotalitario a garanzia delle libertà in<strong>di</strong>viduali,la libertà positiva al contrario non può essere sottratta all’in<strong>di</strong>viduo né trasformatain un valore collettivo.La società non è una entità meta-personale, una specie <strong>di</strong> mostruosa “personagigante”, che ridurrebbe le persone reali a semplici parti <strong>di</strong> essa. Da un altro lato,una linea <strong>di</strong> pensiero particolarmente coltivata dalla tra<strong>di</strong>zione cristiana invita anon rinunciare – sul piano antropologico, prima che politico – a un’idea <strong>di</strong> libertàpositiva: solo tenendo insieme la libertà e <strong>il</strong> bene gli esseri umani possonoessere veramente felici. Su questa base, anche la vita <strong>di</strong> relazione deve perseguirecome obiettivo fondamentale un’armonica composizione fra persona e benecomune, cercando <strong>di</strong> avvicinarsi quanto più possib<strong>il</strong>e a un’interpretazione nonvuota e almeno minimamente “sostantiva” <strong>di</strong> queste nozioni.Non possiamo mai rinunciare del tutto a chiederci, in altri termini, che cosa rendeabitab<strong>il</strong>e un mondo “comune”, dentro <strong>il</strong> quale si può tessere insieme la rete della13


convivenza.L’etimologia latina del commune allude a un munus che è dono e compito. Unamedesima semantica dà vita a un altro termine, strettamente imparentato con <strong>il</strong>precedente: communicatio. Una splen<strong>di</strong>da intuizione <strong>di</strong> Tommaso d’Aquino, in uncommento ad Aristotele, ci aiuta a cogliere <strong>il</strong> nesso: secondo Tommaso, la naturaha dato agli umani la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> comunicare, cioè articolare e con<strong>di</strong>videre inmodo <strong>di</strong>alogico la ricerca intorno a ciò che è ut<strong>il</strong>e o dannoso, giusto o ingiusto; èprecisamente la comunicazione intorno a queste cose che e<strong>di</strong>fica la cellulafam<strong>il</strong>iare e quella politica. L’uomo, insomma, è naturalmente un “animaledomestico e civ<strong>il</strong>e” («Sed communicatio in istis facit domum et civitatem. Igiturhomo est naturaliter animal domesticum et civ<strong>il</strong>e»). Per un verso, la vita <strong>di</strong>relazione è una dotazione naturale dell’umano, che tuttavia, per altro verso,dev’essere coltivata attraverso un esercizio <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione con<strong>di</strong>visa della casacomune.La politica non può e non deve offrire un’alternativa pubblica alla responsab<strong>il</strong>itàpersonale, che resta libera e inderogab<strong>il</strong>e, ma la persona umana è naturaliteranimal domesticum et civ<strong>il</strong>e si vedrebbe mortificata in una sua vocazionefondamentale qualora non si riconoscesse più come membro <strong>di</strong> un mondo comune.Hegel ha riconosciuto questa patologia, identificandola con un termine destinato a<strong>di</strong>ventare famoso: alienazione. Se la mia vita si realizza in un mondo nel quale nonmi riconosco, allora non la sento più come veramente mia; in tal caso la vitasociale mi allontana da me stesso, la “parte pubblica” della mia vita non è piùveramente mia.Questo pericolo sembra giunto oggi al suo esito estremo: i valori che presiedonoalla fioritura <strong>di</strong> un mondo comune li avvertiamo come inesorab<strong>il</strong>mente“biodegradab<strong>il</strong>i”.Come i sacchetti <strong>di</strong> plastica <strong>di</strong> nuova generazione: macerano insieme ai lorocontenuti. O come un tappeto, nob<strong>il</strong>e e glorioso, abbellito dai ricami preziosi e<strong>di</strong>versi, sopra <strong>il</strong> quale camminiamo tutti: nessuno ne cura più la manutenzione,mentre i singoli e i gruppi cercano <strong>di</strong> accaparrarsene spazi sempre più ampi. Ognitribù politica è intenta a decorare in superficie la propria parte, per renderla piùappetib<strong>il</strong>e e invitante, senza preoccuparsi della trama e dell’or<strong>di</strong>to sottostante. Frauna tribù e l’altra <strong>il</strong> tessuto appare sempre più liso e cedevole, ma nessuno se ne dàcura.Come non vedere in quest’atteggiamento miope l’anticamera <strong>di</strong> un suici<strong>di</strong>opolitico collettivo?Il <strong>di</strong>scorso sul bene comune ci porta dunque a interrogarci intorno alle con<strong>di</strong>zioniche rendono possib<strong>il</strong>e la convivenza <strong>di</strong> una vera comunità politica.Ci porta a chiederci: che cosa abbiamo in comune tra noi?Il bene comune riguarda essenzialmente la qualità delle relazioni tra le persone,dunque quell’enigmatico panorama invisib<strong>il</strong>e grazie al quale si può continuare a<strong>di</strong>re “io” senza <strong>di</strong>menticarsi del “noi”. Non nasce proprio da qui la pericolosa14


deriva atomistica che sta rendendo biodegradab<strong>il</strong>e anche la forma stessa dellacivitas?Il problema nasce da lontano, d’accordo: dalla celebrazione tutta italiana del“particulare” fino allo scontro tra guelfi e ghibellini (con tutta la serie interminab<strong>il</strong>e<strong>di</strong> varianti interne). Oggi, tuttavia, si ha l’impressione <strong>di</strong> una regressioneallarmante, <strong>di</strong> un solco che si aggrava, per <strong>di</strong> più con la complicità <strong>di</strong> un populismopseudopolitico che lo cavalca allegramente: <strong>il</strong> solco tra nord e sud, tra italiani e“stranieri”, tra laici e <strong>cattolici</strong>, tra politica e “antipolitica”…Per questo, oggi, abbiamo bisogno <strong>di</strong> collanti civ<strong>il</strong>i in quantità industriali.Non qualche p<strong>il</strong>lola, ma vere e proprie flebo da immettere nelle vene profonde del<strong>paese</strong>. Inut<strong>il</strong>e <strong>il</strong>ludersi: la società politica ha certamente bisogno <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni“esterne” che garantiscano la vita civ<strong>il</strong>e, a cominciare dalla natura dellapartecipazione democratica, che implica una costante manutenzione dello statosociale e una cornice <strong>di</strong> presi<strong>di</strong> irrinunciab<strong>il</strong>i per un’autentica communicatio (lascuola, <strong>il</strong> calendario, la piazza, l’informazione, la giustizia…).Ma prima ancora <strong>di</strong> tutto questo, c’è bisogno <strong>di</strong> ritrovare e preservare i p<strong>il</strong>astrifondamentali e non “biodegradab<strong>il</strong>i” della convivenza.Tra questi vorrei in<strong>di</strong>care soprattutto la vita e la pace, dai quali <strong>di</strong>pende lapossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una autentica promozione della comunità umana.Vita e pace sono beni in sé e, insieme, con<strong>di</strong>zioni – non esclusive ma inclusive –che aiutano ad e<strong>di</strong>ficare <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o “comune” del bene; per questo non possonoessere lottizzati politicamente né ridotti a vess<strong>il</strong>li simbolici <strong>di</strong> “parte”: la vita adestra, la pace a sinistra.C’è un rapporto organico tra <strong>il</strong> valore della vita a livello personale e interpersonale,che dev’essere assolutamente preservato da ogni accaparramento ideologico.Fare pace con la vita e far vivere la pace sono due facce della medesima medaglia,inscin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i ed essenziali per l’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> una casa comune, che dev’esserecostantemente messa al riparo – proprio perché comune – dalle interferenzeselettive e strumentali del bipolarismo politico, in modo da impe<strong>di</strong>re a una corretta<strong>di</strong>alettica democratica <strong>di</strong> soccombere al gioco destab<strong>il</strong>izzante delledelegittimazioni reciproche.15

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