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REPORTAGE<br />
Marathon des Sables. 250 km in autosufficienza, 1.400 atleti di 82 Paesi.<br />
Tre giornalisti runner accreditati, ma un solo fotoreporter: il nostro inviato Dino Bonelli<br />
“<br />
Ricorda che da trent’anni a questa parte c’è una settimana all’anno<br />
in cui non c’è spazio alla meschinità, all’inganno,<br />
alla codardia, al sotterfugio... ed è quella della MDS.<br />
Per tutte queste cose ci sono altri 357 giorni.<br />
Paolo Rovera, ultramaratoneta<br />
INFERNO<br />
di sabbia<br />
Ho le gambe a pezzi, sembra che un<br />
“ coltello mi laceri le cosce penetrandole<br />
ripetutamente. Prima dall’esterno, poi da<br />
sopra e infine da sotto. Sento la lama incidere<br />
contemporaneamente il quadricipite e<br />
il bicipite femorale. I muscoli piriformi, sconosciuti<br />
bastardi nascosti nei glutei, bruciano<br />
all’impazzata. Le caviglie gonfie a dismisura<br />
mi fanno male e il piede sinistro soffre<br />
per un principio di fascite plantare. Due<br />
delle sue dita, benché già curate in infermeria,<br />
hanno fatto infezione e le loro vesciche<br />
bruciano terribilmente. Sudo e fatico fuori<br />
da ogni immaginazione, con uno zaino di<br />
oltre 7 kg sulle spalle da ore. Anche il dorso<br />
è a pezzi dietro il collo, leggermente spostato<br />
sul lato destro: un altro coltello sembra<br />
avermi pugnalato alla schiena. Ovviamente<br />
mi chiedo e mi richiedo chi me lo abbia fatto<br />
fare. Mentre provo ad alternare corsa a<br />
camminata veloce faccio una promessa che,<br />
ora che sono comodamente seduto alla mia<br />
UN PAIO DI ANNI FA NE AVEVA PARLATO CON L’AMICO<br />
MARCO OLMO. ALLA MDS 2015, IL NOSTRO REPORTER HA<br />
ABBRACCIATO ANCHE LUI LA SFIDA DEL SAHARA MAGREBINO<br />
PER SEGUIRE IN GARA IL “GIGANTE DEL <strong>DES</strong>ERTO”<br />
E RACCONTARE LA PROPRIA ESPERIENZA, LA PROPRIA VERITÀ.<br />
scrivania, so già che non manterrò: mai più<br />
in questo inferno di sabbia e sassi roventi.<br />
LA SFIDA / Da una decina di anni seguivo la<br />
Marathon des Sables, comunemente abbreviata<br />
in MDS, tramite articoli di giornali,<br />
foto e video, e mi ero fatto una certa idea<br />
di come poteva essere. Dura, senza dubbio.<br />
Massacrante, “of course”. Probabilmente<br />
estrema, per usare alcuni dei coloriti termini<br />
che la stampa specializzata ha usato su<br />
riviste più o meno patinate e in video più<br />
o meno esaltanti. Ma fin da subito mi è venuto<br />
un dubbio: come può un giornalista,<br />
comodamente trasportato su una Jeep o in<br />
elicottero e depositato a caso su una duna<br />
sabbiosa o in un drittone ghiaioso, capire<br />
fino in fondo quello che stanno vivendo i<br />
runner che in rigoroso silenzio sfilano distrutti<br />
uno dietro l’altro alla ricerca di un arrivo<br />
che sembra non giungere mai? Come fa<br />
un redattore, per bravo che sia, a descrivere<br />
il dolore lacerante che aggredisce i muscoli<br />
sotto forma di crampi, duroni o infiammazioni<br />
varie? Come può l’immaginario<br />
editoriale descrivere il dolore delle vesciche<br />
aperte in scarpe che di colpo sembrano<br />
esser diventate troppo piccole? Come si fa<br />
a capire la veglia per più notti passate a girarsi<br />
su se stessi sperando che l’altro fianco<br />
faccia meno male, sotto la perenne spinta<br />
delle ghiaie appuntite del deserto e magari<br />
anche al freddo di una tenda che non ripara<br />
a sufficienza da vento e sabbia e di un sacco<br />
a pelo forzatamente leggero e quindi poco<br />
caldo? Con il senno dei poi mi sono reso<br />
conto di aver sempre letto grandi articoli di<br />
circostanza, grandi e meticolose descrizioni<br />
di paesaggi magnificamente aridi e tremendamente<br />
invivibili, grandi storie di atleti<br />
micidiali che non sentono la fatica e piccole<br />
parentesi di storie umane. Ho letto un sacco<br />
di numeri, tempi e percentuali, statistiche e<br />
pensieri, opinioni e interviste. Ma mai, dico<br />
mai, il racconto diretto di un qualsiasi giornalista<br />
che abbia vissuto in prima persona le<br />
gioie e i dolori di una gara così massacrante.<br />
Poi probabilmente l’articolo giusto c’è stato<br />
e mi è sfuggito, ma intanto io in dieci e più<br />
anni di curiosità non l’ho letto e questo mi<br />
ha spinto ad accettare la “sfida” intrapresa<br />
con l’amico Marco Olmo: seguirlo nel suo<br />
regno, il deserto, per conoscerlo a fondo e<br />
raccontarne quindi, altre alla sua, di Olmo,<br />
anche la mia esperienza, la mia verità.<br />
“<br />
Un inferno di sabbia e sassi roventi.<br />
Pensavo di arrivarci ben preparato ma<br />
alcuni contrattempi muscolari non lo hanno<br />
permesso, mi sono limitato ad arrivarci<br />
discretamente allenato. Non basta, ora lo<br />
so. Soffro fisicamente e quindi mentalmente,<br />
i lunghi rettilinei aridi e stepposi, quasi<br />
sempre con il vento contro, non aiutano la<br />
fantasia e lo spirito. Lunghi e interminabi-<br />
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