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REPORTAGE<br />
RUNNING<br />
MAGAZINE<br />
n. 5 - 2015<br />
più o meno patinate che ho letto io, ha visto<br />
i video più o meno esaltanti. Ogni tanto ti<br />
scrive qualcuno che in questo inferno c’è già<br />
stato. Lo capisci da quello che scrive, anche<br />
se vista da lontano questa gara è sempre e<br />
solo dura, bella e affascinante. Abbiamo<br />
il difetto o il pregio di saper dimenticare i<br />
momenti di sofferenza e, passato il dolore,<br />
ci esaltiamo solo in coloriti racconti di gloria.<br />
Una gloria nuovamente piccola. Svelata<br />
a poco a poco nei racconti, ma ancora intensa<br />
nei nostri cuori. Un sogno che anche nei<br />
momenti più critici non ci ha fatto mollare.<br />
Abbiamo stretto i denti, qualcuno ha pianto,<br />
qualcuno imprecato, io mi sono più volte<br />
commosso. E l’arrivo che non giungeva mai<br />
è arrivato. La tenda svolazzante e scomoda,<br />
eppure agognata per un riposo dovuto. Un<br />
tetto sotto cui nascondersi dal sole e dalla<br />
fatica, un rifugio in cui ricaricare le batterie,<br />
una casa per condividere a parole, fatiche ed<br />
emozioni.<br />
lo affianca lo spagnolo in questione e allungandogli<br />
la mano in segno di pace gli chiede<br />
scusa per l’accaduto di qualche giorno<br />
prima. Un gesto molto bello, molto nobile.<br />
Saper chiedere scusa è una dote sempre<br />
più rara. Innalza i valori morali dell’atleta<br />
caduti a terra il primo giorno di deserto,<br />
dimostra ancora una volta quanto la fatica<br />
sia anche fonte d’ispirazione morale e spirituale.<br />
Paolo, accettando stretta di mano<br />
e scuse, dice di essersi letteralmente commosso.<br />
Vedendo lo sguardo lucido di tutti<br />
quelli che ascoltavano sdraiati nella tenda,<br />
devo dire che non è stato il solo.<br />
Maurizio Veglia<br />
“<br />
Tra le tante storie che si raccontano<br />
all’ombra del telo grezzo e nero che<br />
ci ripara, mi piace questa riferita da Paolo,<br />
che con Marco, Flavio, Maurizio, Cinzia e<br />
Linda è uno dei componenti della tenda<br />
berbera numero 6, la mia. In uno di quei<br />
pomeriggi caldi siamo sdraiati a terra a riposare<br />
le gambe. Paolo ci narra di aver fatto<br />
pace con lo spagnolo con cui aveva rumorosamente<br />
bisticciato il primo giorno al self<br />
service. L’ispanico, con alcuni amici connazionali<br />
di pari spavalderia, aveva fatto lo<br />
gnorri e saltato quasi tutta la lunga coda.<br />
Paolo, prima molto educatamente come da<br />
suo stile, poi inalberandosi a dovere, lo aveva<br />
ammonito e non lo aveva lasciato passare.<br />
Erano volate parole grosse ma per fortuna<br />
non si era andati alle mani. Comunque<br />
non un bell’inizio. Paolo ci racconta che<br />
nel bel mezzo della tappa appena conclusa,<br />
in un tratto che sembrava pavimentato con<br />
irregolari piastrelle nere spaccate dal sole,<br />
LA TESTIMONIANZA / Insieme al sottoscritto<br />
altri due runner sono stati accreditati<br />
come giornalisti alla MDS 2015, due statunitensi.<br />
Nessuno con macchina fotografica<br />
al seguito. Io poi, oltre che runner e<br />
fotogiornalista, alla MDS ci sono andato<br />
anche come organizzatore di eventi legati<br />
al mondo della corsa, quindi come curioso<br />
di tutte le più svariate sfaccettature che<br />
questo grande carrozzone poteva offrire,<br />
sempre in cerca di spunti da valutare e<br />
poi eventualmente copiare per migliorare<br />
le mie gare pianificate in giro per il mondo:<br />
Run Iceland nella magnifica Islanda,<br />
Carrera de Baja nel caldo Mexico, la selvaggia<br />
Uganda TTT e la Sunset Running<br />
Race sulle nevi di Prato Nevoso, in quel<br />
di Cuneo.<br />
“<br />
I racconti ingannano il tempo fino<br />
a sera, quando è ora di preparare<br />
la cena. Chi con liofilizzati da mangiare<br />
freddi, chi con quelli che necessitano un<br />
fuoco, chi con il fondo di una bottiglia<br />
come improvvisata scodella, chi direttamente<br />
nel cartoccio dell’essiccato o in un<br />
pentolino sempre più incrostato. Lavarlo<br />
significa usare la poca acqua in dotazione,<br />
uno “spreco” che poche volte ci si concede.<br />
Nel deserto l’acqua è oro, tutti i runner<br />
lo sanno e ne fanno tesoro. Intanto<br />
il disco rosso del sole, dopo una lunga<br />
parabola discendente, accarezza l’accampamento<br />
e si spegne friggendo all’orizzonte.<br />
Una cortina di stelle puntella la notte, il<br />
buio spegne tutti i colori e tutti i rumori.<br />
Solo il vento continua il suo fruscio e la<br />
sua spinta crescente. Solleva nuvole di sabbia<br />
e intasa nasi e gole. Si dorme male e si<br />
ha l’impressione di non dormire affatto. I<br />
muscoli e le vesciche si lamentano qualsiasi<br />
posizione si adotti, il freddo fa il resto.<br />
Sapersi riposare alla MDS, Olmo insegna,<br />
è un pregio che si guadagna solo nel tempo,<br />
con furbizia ed esperienza. Perché la<br />
Marathon des Sables è dura sempre, anche<br />
di notte, anche quando t’illudi di poter<br />
staccare la spina, almeno per qualche ora.<br />
Da sinistra: Dino Bonelli, Flavio Ferrero, Marco Olmo e Paolo Bressy<br />
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