Cassazione
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R.G. n. 12322 del 2013<br />
giusta causa per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della<br />
comune etica o del comune vivere civile che avesse fatto venir meno il rapporto<br />
fiduciario tra datare di lavoro e lavoratore.<br />
Nella specie, la Commissione di disciplina aveva correttamente osservato<br />
che le espressioni indirizzate dal dirigente al commissario straordinario erano di<br />
gravità estrema, nella forma, scurrili nei contenuti, aggressivi, minacciosi ingiuriosi.<br />
Va rilevato, in proposito, che, in ordine ai criteri che il giudice deve<br />
applicare per valutare la sussistenza o meno di una giusta causa di licenziamento,<br />
la giurisprudenza è pervenuta a risultati sostanzialmente univoci affermando<br />
ripetutamente (come ripercorso in Cass., n. 6498 del 2012, n. 5095 del 2011) che<br />
per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve<br />
rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di<br />
lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità<br />
dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei<br />
medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità<br />
dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione<br />
inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la<br />
collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la<br />
massima sanzione disciplinare.<br />
Il giudizio è rimesso al giudice di merito la cui valutazione è insindacabile in<br />
sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione, dovendo ritenersi (Cass.,<br />
n. 21965 del 2007) al riguardo che spetta al giudice di merito procedere alla<br />
valutazione della proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla condotta<br />
addebitata al lavoratore con riferimento a tutte le circostanze del caso concreto,<br />
secondo un apprezzamento di fatto che non è rinnovabile in sede di legittimità,<br />
bensì censurabile per vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione<br />
(cfr., altresì, ex plurimis, Cass. n. 7948 del 2011, n. 6823 del 2004).<br />
In tema di ambito dell'apprezzamento riservato al giudice del merito, è stato<br />
condivisibilmente affermato (cfr. fra le altre, Cass. n. 8254 del 2004) che la giusta<br />
causa di licenziamento, quale fatto che non consente la prosecuzione, neppure<br />
provvisoria, del rapporto, è una nozione che la legge, allo scopo di un adeguamento<br />
delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura<br />
con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle c.d. clausole generali) di limitato<br />
contenuto, delineante un modello generico che richiede di essere specificato in sede<br />
interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza<br />
generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama.<br />
A sua volta, Cass. n. 9266 del 2005 ha ulteriormente precisato che l'attività<br />
di integrazione del precetto normativo di cui all'art. 2119 c.c., (norma c.d. elastica)<br />
compiuta dal giudice di merito - ai fini della individuazione della giusta causa di<br />
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Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale