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Cassazione

snciv@sL0@a2016@n17775@tS.clean

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Civile Sent. Sez. L Num. 17775 Anno 2016<br />

Presidente: DI CERBO VINCENZO<br />

Relatore: AMENDOLA FABRIZIO<br />

Data pubblicazione: 08/09/2016<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso lu26-: proposto da:<br />

LINE SECURITí SERVICE S.R.L. IN LIQUIDAZIONE C.E.<br />

03104190929, S1CUPLYALJA GROUP HOLDING S.P.A. C.E.<br />

0262840137, SlCUPITALIA MULTISERVICE SOCIETA'<br />

COOPERATIVA C.F. N«010013/, SICURITALIA SERVIZI<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

FIDUCIARI SO"1ETA' COOPERATIVA C.E. 0295048013,<br />

2016<br />

1991<br />

SICURIIALIA S.P.A. già SICURITALIA GLOBAL SECURITY<br />

SFRVIcE S.P. , 07897711003, in persona dei<br />

legali rappresenl,nti pro tempere, tutte<br />

elettivamente domiciliate<br />

in ROMA, VIA FRANCESCO<br />

DENZA 3, O<br />

U2, 0 in studio dell'avvocato ANGELO


MARTUCCI, che le lappresenta e difende unitamente<br />

all'avvocato LUIGI CEANATO, giusta delega in atti;<br />

- ricorrenti -<br />

contro<br />

ZITO ENRICO O<br />

ETINNRC69L14B3540, elettivamente<br />

domiciliato H ROMA, VIA PINEROLO 22, presso<br />

lo<br />

studio dell' vvocat , MARCO ROSSI, rappresentato e<br />

difeso dagli avvocati CARLO MASSACCI, CARLO ATZORT,<br />

MONICA MARRAS, giuda delega in atti;<br />

- con troricorrente -<br />

avverso la son[enia n. 62/2015 della CORTE D'APPELLO<br />

di CAGLIARI, depositata il 19/02/2015 r.g.n.<br />

207/2014;<br />

udita la rela ione iella causa svolta nella pubblica<br />

udienza del 11/05/2fli6 dal Consigliere Dott. FABRIZIO<br />

AMENDOLA;<br />

udito l'Avvocate MARTECCI ANGELO;<br />

udito l'AvvecaLo AVORI CARLO;<br />

udite il P.M. in porsona del Sostituto Procuratore<br />

Generale DoLL. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

per 1'inammissibi -1 o in subordine rigetto del<br />

ricorso.


.G. n. 10526/2015<br />

Svolgimento del processo<br />

1.— Il Tribunale di Cagliari, all'esito del procedimento regolato dalla I. n. 92<br />

del 2012, rigettò l'opposizione avverso l'ordinanza con cui era stato annullato il<br />

licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo ad Enrico Zito ed<br />

ordinato alle società Line Security Service Sri, Sicuritalia Group Holding Spa,<br />

Sicuritalia Servizi Fiduciari soc. coop., Sicuritalia Global Security Service Spa,<br />

Sicuritalia Multiservice soc. coop. di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro,<br />

condannando le medesime società al pagamento, a titolo di risarcimento del<br />

danno, di una somma pari alle retribuzioni globali di fatto spettanti allo Zito dal<br />

recesso all'effettiva reintegrazione, oltre accessori e contributi.<br />

Con sentenza del 19 febbraio 2015 la Corte di Appello di Cagliari ha respinto il<br />

reclamo proposto dalle società soccombenti in data 4 luglio 2014.<br />

La Corte territoriale ha preliminarmente ritenuto condivisibile la decisione del<br />

Tribunale di considerare applicabile lo speciale rito di cui all'art. 1, commi 47 e ss.<br />

della I. n. 92 del 2012 anche alle impugnazioni di licenziamento in cui si<br />

controverta dell'esatta identificazione del datore di lavoro.<br />

Nel merito, scrutinato il materiale istruttorio, ha confermato la decisione dei<br />

giudici di primo grado che avevano ravvisato nella specie un fenomeno di cd.<br />

"codatorialità" e cioè dell'imputazione del rapporto di lavoro non ad un unico<br />

soggetto ma a più soggetti distinti; ha richiamato a sostegno la giurisprudenza di<br />

questa Corte secondo cui più imprese devono essere considerate datrici di lavoro<br />

in quanto esercitano il potere direttìvo e disciplinare su uno stesso lavoratore, ai<br />

sensi dell'art. 2094 c.c., rendendo così solidale la loro obbligazione nei confronti<br />

di questi. Pertanto la Corte ha ritenutQ correttamente non provato il giustificato<br />

motivo oggettivo di licenziamento intimato dalla datrice di lavoro formale, in<br />

relazione all'asserto venir meno della necessità delle mansioni dello Zito<br />

esclusivamente rispetto a detta società.<br />

2.— Per la cassazione di tale sentenza tutte le società soccombenti hanno<br />

proposto unico ricorso affidato a cinque motivi. Lo Zito ha resistito con<br />

controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

Motivi della decisione<br />

3.— Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 1,<br />

co. 47 e ss., della I. n. 92 del 2012, per "inammissibilità della domanda di<br />

t


R.G. n. 10526/2015<br />

accertamento del collegamento societario/codatorialità" nell'ambito di detto<br />

procedimento speciale.<br />

Si censura quella parte della sentenza impugnata che ha ritenuto che<br />

nell'ambito di operatività del rito previsto dalla I. n. 92 del 2012 possano rientrare<br />

tutte le questioni proposte in via incidentale riguardanti la qualificazione del<br />

rapporto di lavoro, tra cui anche la questione dell'individuazione del datore o dei<br />

datori di lavoro.<br />

Si sostiene che l'accertamento della titolarità del rapporto in capo ad un<br />

soggetto diverso dal formale datore di lavoro non costituisce una questione<br />

relativa alla qualificazione del rapporto come individuata dal comma 47 dell'art. 1<br />

della 1. n. 92 del 2012.<br />

Pertanto si opina che l'accertamento del collegamento societario richiesto dal<br />

lavoratore avrebbe dovuto essere dichiarato ab origine inammissibile, con<br />

conseguente carenza del requisito dimensionale necessario per l'applicazione<br />

dell'art. 18 della I. n, 300 del 1970.<br />

Il motivo non può trovare accoglimento.<br />

3.1.— Questa Corte ha di recente (Cass. n. 12094 del 2016) avuto modo di<br />

chiarire che, in quanto il comma 47 dell'art. 1 della I. n. 92/2012 individua<br />

l'ambito di applicazione del rito specifico con il richiamo "alle controversie aventi<br />

ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'articolo 18<br />

della legge 20 maggio 1970 n. 300, e successive modificazioni, anche quando<br />

devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro",<br />

è necessario che, dedotta l'esistenza di un rapporto di lavoro qualificabile come<br />

subordinato a tempo indeterminato e di un licenziamento che lo risolva in modo<br />

illegittimo, si invochi la tutela prevista dall'art. 18 dello Statuto.<br />

Applicando il criterio della prospettazione, l'individuazione della fattispecie, ai<br />

fini delle questioni di mero rito, deve essere compiuta in base alla domanda come<br />

formulata e, in particolare, con riferimento al petitum ed alla causa petendi con<br />

essa esposti, indipendentemente dalla relativa fondatezza.<br />

Invero secondo l'insegnamento di legittimità, "qualora l'attore chieda il<br />

riconoscimento di un diritto che assume essere stato violato, previa allegazione di<br />

specifici fatti relativi ad un determinato rapporto giuridico, competente a decidere<br />

la controversia - sulla base di tale "petitum" sostanziale - è il giudice indicato<br />

dalla legge in relazione a tale rapporto, anche se il convenuto, in base alla<br />

contestazione dell'esistenza di quel determinato fatto, eccepisca che al rapporto<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

r)JA\ 2


. n, 1052612015<br />

intercorso tra le parti debba essere assegnata una natura diversa, salvo che la<br />

prospettazione dell'attore non risulti in modo evidente pretestuosa ed<br />

artificiosamente allegata proprio al fine di operare una non consentita scelta del<br />

rito e del giudice" (così Cass. n. 4662 del 1997; ma v. anche Cass. n. 11415 dei<br />

2007; Cass. n. 8189 del 2012; Cass. n. 7182 del 2014).<br />

Dunque - salvo il limite di prospettazioni artificiose, teso a scongiurare<br />

condotte processuali obliquamente finalizzate al solo scopo di percorrere la corsia<br />

accelerata del rito speciale - vale ribadire che la contestazione sulla veridicità dei<br />

fatti che radicano l'invocata tutela non è dirimente, ai fini del rito. Infatti la<br />

questione di rito deve essere delibata in base alla domanda dell'attore a nulla<br />

contando né le contestazioni del convenuto sugli elementi posti a fondamento<br />

della domanda, né l'indagine di merito che il giudice deve compiere per la<br />

decisione, poiché tale attività non assume rilievo in ordine alla risoluzione delle<br />

questioni di rito.<br />

Ovviamente l'ammissibilità del rito scrutinata secondo il canone della<br />

prospettazione lascia impregiudicato il merito. Vuole dirsi che se l'azione secondo<br />

le cadenze procedimentali del nuovo rito può essere ammessa sulla base delle<br />

mere allegazioni e richieste contenute nel ricorso, ciò non toglie che resta<br />

naturalmente ferma la successiva verifica dell'applicabilità della tutela sostanziale<br />

richiesta ai fini del merito.<br />

Da tali assunti già affermati da questa Corte, e qui ribaditi, deriva, quale<br />

coerente sviluppo, che una volta azionata dal lavoratore una impugnativa di<br />

licenziamento postulando l'applicabilità delle tutele previste dall'art. 18 dello<br />

Statuto, salvo il limite delle prospettazioni artificiose, deve trovare ingresso il<br />

procedimento speciale previsto dalla I. n. 92 del 2012, a prescindere ovviamente<br />

dalla fondatezza di allegazioni e pretese e senza che la veste formale assunta<br />

dalle relazioni giuridiche tra le parti possa precludere tale accesso.<br />

Di talché la natura giuridica del rapporto di lavoro così come l'individuazione<br />

del soggetto che si assume essere datore di lavoro e destinatario dei<br />

provvedimenti di tutela ex art. 18 I. n. 300/70 risultano tra le questioni che il<br />

giudice dovrà affrontare e risolvere nel percorso per giungere alla decisione di<br />

merito sulla domanda su cui può statuire, che è appunto la domanda concernente<br />

la legittimità o meno del licenziamento.<br />

In tal senso è la lettera del comma 47 dell'art. 1 della I. n. 92/2012 che<br />

condiziona l'applicabilità de! rito al solo presupposto che si tratti di "controversie<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

3


R.G. n. 10526/2015<br />

aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate<br />

dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300, e successive modificazioni",<br />

senza negare l'accesso al procedimento speciale laddove si individui il datore di<br />

lavoro in un soggetto diverso da quello che ne abbia la veste solo formale, con<br />

una preclusione che sarebbe priva di ragionevolezza.<br />

Vuole dirsi - avuto riguardo al caso di specie - che se lo Zito aveva diritto alla<br />

tutela prevista dall'art. 18 della I. n. 300 del 1970 in quanto il rapporto di lavoro<br />

era in fatto realmente imputabile ad una pluralità di soggetti, non si vede perché<br />

il riconoscimento di detta tutela avrebbe dovuto avvenire nelle forme<br />

procedimentali diverse da quelle previste espressamente dalla legge per tali<br />

controversie solo perché egli era formalmente inquadrato da uno solo di tali<br />

soggetti.<br />

Anche il riferimento all'operatività del rito speciale "quando devono essere<br />

risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro" esplica la<br />

volontà del legislatore di non precluderne l'utilizzo per barriere imposte<br />

dall'apparenza della forma: così come pacificamente un lavoratore che alleghi la<br />

qualificazione solo formale di un rapporto come autonomo, deducendo la<br />

subordinazione, può impugnare il recesso invocando la tutela dell'art. 18 con il<br />

ricorso ex lege n. 92 del 2012, altrettanto può fare il lavoratore che invochi la<br />

stessa tutela in un rapporto di lavoro non formalizzato ovvero nei confronti di un<br />

soggetto diverso da quello che risulti essere il formale datore di lavoro.<br />

3.2.— Ciò acquisito, il primo motivo di ricorso non può essere accolto anche<br />

per altro verso, in quanto - in questa sede di impugnazione a critica vincolata in<br />

cui Veri-or in procedendo (come è correttamente qualificabile il vizio denunciato<br />

attinente ad un errore di attività del giudice) rileva nei limiti in cui determini la<br />

"nullità della sentenza o del procedimento" a mente dell'art. 360, co. 1, n. 4,<br />

c.p.c. - occorre sottolineare che, secondo giurisprudenza costante di questa<br />

Corte, l'inesattezza del rito non determina di per sé la nullità della sentenza.<br />

La violazione della disciplina sul rito assume rilevanza invalidante soltanto<br />

nell'ipotesi in cui, in sede di impugnazione, la parte indichi lo specifico pregiudizio<br />

processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso,<br />

quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e,<br />

in generale, delle prerogative processuali protette della parte (Cass. n. 19942 del<br />

2008, Cass. SS.UU. n. 3758 del 2009; Cass. n. 22325 del 2014; Cass. n. 1448<br />

del 2015).<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

4


G. n. 10526/2015<br />

Perché essa assuma rilevanza invalidante occorre infatti che la parte che se<br />

ne dolga in sede di impugnazione indichi il suo fondato interesse alla rimozione di<br />

uno specifico pregiudizio processuale da essa concretamente subito per effetto<br />

della mancata adozione dei rito diverso. Ciò perché l'individuazione del rito non<br />

deve essere considerata fine a se stessa, ma soltanto nella sua idoneità ad<br />

incidere apprezzabilmente sul diritto di difesa, sul contraddittorio e, in generale,<br />

sulle prerogative processuali della parte.<br />

Le società ricorrenti, invece, si limitano ad invocare la violazione della legge<br />

processuale, da cui deriverebbe una sanzione di inammissibilità non scritta, con<br />

una concezione del processo volta a ricollegare il danno processuale alla mera<br />

irregolarità, concezione avulsa dai parametri, oggi recepiti anche in ambito<br />

costituzionale e sovranazionale, di effettività, funzionalità e celerità dei modelli<br />

procedurali (da ultimo v. Cass. n. 4506 del 2016).<br />

4.— Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa<br />

applicazione dell'art. 111 Cost. e 132 c.p.c., co. 2, per vizio di motivazione alla<br />

base della condanna di Sicuritaiia Group Holding Spa, in quanto la Corte di<br />

Appello avrebbe affermato "da un lato ... che a nulla rileva l'esistenza del Gruppo<br />

Sicuritalia in relazione al rapporto intercorso tra LSS ed il Sig. Zito per poi,<br />

dall'altro, includere Sicuritalia Group Holding spa nel novero delle asserite società<br />

co-datrici di lavoro del Sig. Zito per il suo ruolo di capogruppo".<br />

Con il terzo motivo si denuncia "violazione o falsa applicazione, ex art. 360, n.<br />

3 e 5 c.p.c., dell'art. 2094 c.c., art. 2697 c.c., art. 18 I. n. 300/70, artt. 115 e<br />

116 c.p.c. - carenza di prova in ordine all'esistenza della cd. codatorialità, errata<br />

valutazione della prova, insussistenza dei requisiti per l'applicazione dell'art. 18 I.<br />

n. 300/70". Si lamenta che la Corte sarda "abbia erroneamente valutato gli esiti<br />

della prova offerta dal Sig. Zito e, comunque, che gli elementi di fatto posti alla<br />

base della decisione non siano sufficienti a supportare la tesi della cd.<br />

così come prospettata dai giudici di seconde cure i quali ... si sono<br />

basati su meri indici indiziari e non su prove acquisite nel giudizio".<br />

Con il quarto motivo si denuncia ancora "violazione e/o falsa applicazione, ex<br />

art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., degli artt. 115, 116, c.p.c. e 2602 c.c. e 2615 - ter,<br />

omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione<br />

tra le parti". Si eccepisce che la sentenza impugnata sarebbe "contraria alle<br />

risultanze documentali, contraddittoria e non motivata", che non avrebbe dato<br />

peso a talune dichiarazioni testimoniali, che la prova della cd. <br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale


n. 10526/2015<br />

"non è stata fornita né raggiunta in nessun grado di giudizio da parte del Sig.<br />

Zito".<br />

Le censure non meritano accoglimento.<br />

Esse possono essere trattate congiuntamente in quanto, anche sotto la veste<br />

formale della denuncia di violazioni di legge sostanziale o processuale, nella<br />

sostanza si dolgono della ricostruzione della vicenda storica come operata dai<br />

giudici del merito.<br />

Infatti, "ben potendo esistere un rapporto di lavoro che vede nella posizione<br />

del lavoratore un'unica persona e nella posizione di datore di lavoro più persone<br />

rendendo così solidale l'obbligazione del datore di lavoro" (così, ab imo, Cass. n.<br />

4274 del 2004, conf. Cass. n. 8809 del 2009; Cass. n. 25270 del 2011), non si<br />

contesta l'ammissibilità di una tale eventualità secondo il diritto ma, piuttosto, si<br />

critica l'accertamento di fatto della ricorrenza nella fattispecie concreta di una<br />

siffatta situazione.<br />

Orbene la ricostruzione dei fatti e la loro valutazione, per le sentenze<br />

pubblicate, come nella specie, dal trentesimo giorno successivo alla entrata in<br />

vigore della legge 7 agosto 2012 n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187<br />

dell11.8.2012), di conversione del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, è censurabile in<br />

sede di legittimità esclusivamente nella ipotesi di "omesso esame di un fatto<br />

decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti", ai sensi<br />

dell'art. 360. cc. 1, n. 5, c.p.c..<br />

Ma detto vizio non può essere denunciato per i giudizi di appello instaurati<br />

successivamente alla data sopra indicata (art. 54, comma 2, del richiamato d.l. n.<br />

83/2012) - come nel caso di specie di reclamo del 4 luglio 2014 - con ricorso per<br />

cassazione avverso la sentenza d'appello che conferma - come nella specie - la<br />

decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi<br />

termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter ultimo comma<br />

c.p.c.). Ossia il vizio di cui all'art. 360, cc. 1, n. 5, c.p.c., non è deducibile in caso<br />

di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme (v. Cass. n. 23021 del 2014).<br />

La disposizione è applicabile anche al reclamo disciplinato dall'art. 1, commi<br />

da 58 a 60, della legge n. 92/2012, che ha natura sostanziale di appello, dalla<br />

quale consegue la applicabilità della disciplina generale dettata per le<br />

impugnazioni dal codice di rito, se non espressamente derogata (in tal senso<br />

Cass. n. 23021 del 2014; conforme: Cass. n. 4223 del 2016).<br />

Ne deriva che anche secondo, terzo e quarto motivo di ricorso vanno respinti.<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

6


. n. 10526/2015<br />

5.— Con il quinto mezzo di gravarne si denuncia, ex art. 360, co. 1, nn. 3 e 5<br />

c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1227 c.c., 18 I. n. 300 del<br />

1970, 115 e 116 c.p.c., 2729 c.c., per il mancato accertamento in ordine alle<br />

somme percepite dallo Zito dalla data del licenziamento all'esercizio dell'opzione<br />

(aliunde perceptum) ed alla riduzione del danno per fatto colposo del creditore.<br />

Il motivo è privo di pregio.<br />

La Corte territoriale ha ritenuto che la parte datrice di lavoro, gravata del<br />

relativo onere, non abbia fornito la prova dell'esistenza di redditi in capo allo Zito<br />

per il periodo successivo al licenziamento, limitandosi a dedurre "elementi privi in<br />

realtà di valore presuntivo (quale il fatto che abbia optato per l'indennità<br />

sostitutiva della reintegrazione e che abbia dichiarato in udienza di essere<br />

mantenuto dalla moglie)".<br />

Si tratta di un accertamento di fatto congruamente motivato non sindacabile<br />

in sede di legittimità in quanto si travalicherebbero i limiti imposti dal novellato<br />

art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., come interpretato da Cass. SS.UU. n. 8054 del 2014.<br />

6.— Il ricorso conclusivamente deve essere respinto. Le spese sono a carico<br />

delle società soccombenti liquidate come da dispositivo.<br />

Poiché il ricorso per cassazione risulta nella specie proposto in data 18 aprile<br />

2015 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, co. 1<br />

quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall'art. 1, co. 17, I. n. 228 del<br />

2012.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle<br />

spese liquidate in euro 4.600.00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori<br />

secondo legge e spese generali al 15%.<br />

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della<br />

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,<br />

dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il<br />

ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 11 maggio 2016<br />

Il consigliere est.<br />

Il Presidente

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