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Cassazione

snciv@sL0@a2016@n06015@tS.clean

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Civile Sent. Sez. L Num. 6015 Anno 2016<br />

Presidente: NOBILE VITTORIO<br />

Relatore: TRICOMI IRENE<br />

Data pubblicazione: 25/03/2016<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso 12322 - 2013 proposto da:<br />

VACCA NAZZARENO C.F. VCCNZR53D15I294I, elettivamente<br />

domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso lo<br />

studio dell'avvocato DE ANGELIS ANTONIA,<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

rappresentato e difeso dall'avvocato DAVIDE VALERIANO<br />

BONIFACIO, giusta delega in atti;<br />

2016<br />

289<br />

contro<br />

- ricorrente -<br />

CONSORZIO BONIFICA BASSO SULCIS, in persona del<br />

Commissario Straordinario e legale rappresentante pro<br />

tempore,elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLA


FALCONIERI, 100, presso lo studio dell'avvocato PAOLA<br />

FIECCHI, rappresentato e difeso dall'avvocato<br />

GIUSEPPE MACCIOTTA, giusta delega in atti;<br />

- controricorrente -<br />

avverso la sentenza n. 209/2012 della CORTE D'APPELLO<br />

di CAGLIARI, depositata il 03/05/2012 R.G.N.<br />

259/2011;<br />

udita la relazione della causa svolta nella pubblica<br />

udienza del 21/01/2016 dal Consigliere Dott. IRENE<br />

TRICOMI;<br />

\\ udito l'Avvocato BONIFACIO DAVIDE VALERIANO;<br />

Adito a l'Avvocato PATETE DOMENICO per l'avvocato<br />

GIUSEPPE;<br />

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore<br />

Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per<br />

il rigetto del ricorso.<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale


R.G. n. 12322 del 2013<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

1. La Corte d'Appello di Cagliari, con la sentenza n. 209 del 2012, rigettava<br />

l'appello proposto dall'ing. Vacca Nazzareno nei confronti del Consorzio di Bonifica<br />

del Basso Sulcis, in ordine alla sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di<br />

Cagliari, in data 13 aprile 2010, e accoglieva l'appello del Consorzio dichiarando<br />

legittimo il licenziamento irrogato nei confronti del Vacca per giusta causa.<br />

2. Il Vacca aveva lavorato come direttore generale alle dipendenza del<br />

Consorzio di Bonifica del Basso Sulcis con rapporto di lavoro regolato dalle norme<br />

contenute nel CCNL per i dirigenti dei Consorzi di Bonifica.<br />

Con lettera del 2 agosto 2006 del Commissario straordinario gli veniva<br />

contestato di aver inviato, in due date di luglio, degli sms all'utenza privata del<br />

Commissario straordinario di contenuto offensivo (sms 13 luglio 2006: "uomo<br />

venale, ipocrita falso, cretino falso ignorante, nullatenente, ex Dc, buono a nulla, mi<br />

spiace ma lei è fottuto"; sms 29 luglio 2006: "se leggi messaggi sappi che sei un<br />

coglioncello in quaquaraquà, se non lo sapevi o lo sapevi te lo dico io").<br />

In data 8 agosto 2006 il Vacca aveva offerto le proprie giustificazioni, in<br />

particolare trattandosi di sfogo fuori dalle righe perché sotto pressione.<br />

Con lettera del 29 gennaio 2007 del Commissario straordinario era stato<br />

licenziato in tronco per giusta causa, ex art. 5 del CCNL di categoria in esito al<br />

parere favorevole espresso dalla Commissione prevista dal suddetto CCNL per i<br />

procedimenti disciplinari a carico dei dirigenti.<br />

3. Il Tribunale di Cagliari con la suddetta sentenza del 13 aprile 2010<br />

riteneva indiscutibile l'applicabilità del CCNL fin dall'avvio del procedimento, ma<br />

riteneva illegittimo il licenziamento in quanto il fatto non rientrava tra le giuste<br />

causi/ elencate nell'art. 5, dell'allegato H, del CCNL, ma era sussumibile<br />

nell'ipotesi di cui alla lettera h, dell'art. 4, dell'allegato H, del CCNL, per la quale<br />

era prevista la sospensione dal servizio fino a tre giorni.<br />

4. Entrambe le parti proponeva' appello; il datore di lavoro perché fosse<br />

accertata la legittimità del licenziamento; il lavoratore per la declaratoria di<br />

reintegra, esclusa dal Tribunale senza tener conto che l'art. 81 del CCNL garantiva<br />

la stabilità del rapporto di lavoro del dirigente.<br />

5. La Corte d'Appello riteneva fondato l'appello dei Consorzio, in quanto il<br />

fatto contestato andava ricondotto alla nozione di giusta causa ex art. 2119 cc, e<br />

rigettava l'appello del lavoratore, in quanto non vi era più spazio per la tutela<br />

reale.<br />

6. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il<br />

lavoratore con tre motivi.<br />

7. Resiste con controricorso il Consorzio.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

3<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale


R.G. n. 12322 del 2013<br />

1. Preliminarmente va rilevato che nel dispositivo della sentenza di appello si<br />

legge: "accoglie l'appello proposto con ricorso 13.4.2010 dal Consorzio di bonifica<br />

del Basso Sulcis e, in riforma della sentenza impugnata, dichiara illegittimo<br />

licenziamento per giusta causa intimato a Vacca Nazareno".<br />

L'espressione "illegittimo" invece di "legittimo" deriva da una semplice<br />

svista o lapsus calami. Ed infatti le odierne parti nel riportare il contenuto della<br />

decisione impugnata e nel formulare i motivi di impugnazione e le difese, si<br />

riferiscono alla intervenuta declaratoria di legittimità del licenziamento irrogato al<br />

Vacca, da parte della Corte d'Appello, come si evince dal tenore complessivo della<br />

sentenza.<br />

2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione di legge e falsa<br />

applicazione degli artt. 2106 e 2119 cc, nonché del CCNL di categoria; omessa e/o<br />

contradditori motivazione, ex art. 360, n. 3 e n. 5, cpc.<br />

Il ricorrente, nel ripercorrere le previsioni del CCNL (in particolare, art. 4 e 5<br />

dell'allegato H al CCNL), censura la statuizione con la quale la Corte d'Appello ha<br />

sussunto la condotta oggetto della contestazione disciplinare nella nozione di giusta<br />

causa, mentre la stessa andava riferita alla previsione di cui all'art. 4, lettera h),<br />

dell'allegato H del CCNL di settore, che stabiliva una sanzione non espulsiva per la<br />

"denigrazione dell'Amministrazione consortile o dei superiori".<br />

Assume che la fonte collettiva, a cui è rimessa la valutazione del rapporto di<br />

proporzionalità tra condotta e sanzione, evidenzia un elevato grado di specificità<br />

nella determinazione delle sanzioni, per cui le ipotesi ivi contenute non possono<br />

essere considerate meramente esemplificative. La massima sanzione è prevista<br />

solo per condotte che si connotino per la loro valenza assolutamente negativa nei<br />

confronti del Consorzio e che arrechino un grave pregiudizio patrimoniale al<br />

Consorzio.<br />

Né poteva ritenersi che la condotta contestata non fosse ricompresa in<br />

alcun modo nella suddetta elencazione.<br />

La stessa non riferibile, come ritenuto dal Tribunale, all'art. 5, andava<br />

riportata nell'art. 4, lettera h), "denigrazione dell'Amministrazione consortile o dei<br />

superiori".<br />

Erroneamente, la Corte d'Appello aveva fatto applicazione dell'art. 2119 cc,<br />

ove richiama la nozione di giusta causa, nonché dell'art. 2106 cc in relazione alla<br />

proporzionalità della sanzione disciplinare, erroneamente e falsamente<br />

interpretando le norme del CCNL di categoria, espressamente applicate al rapporto<br />

di lavoro.<br />

Ed infatti se l'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento<br />

contenute nei contratti collettivi ha valenza meramente esemplificativa, tuttavia il<br />

datore di lavoro non può irrogare una sanzione espulsiva quando la stessa, come<br />

4<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale


R.G. n. 12322 del 2013<br />

nella specie, costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto<br />

collettivo, in relazione ad una determinata infrazione.<br />

2.1. Il motivo non è fondato.<br />

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. , n. 9223 del<br />

2015, n. 13353 del 2011), in materia di licenziamento disciplinare, un determinato<br />

comportamento del lavoratore, invocato dal datore di lavoro come giusta causa di<br />

licenziamento, qualora sia contemplato dal contratto collettivo come integrante una<br />

specifica infrazione disciplinare cui corrisponda una sanzione conservativa, non può<br />

formare oggetto di una autonoma e più grave valutazione da parte del giudice,<br />

salvo che non si accerti che le parti non avevano inteso escludere, per i casi di<br />

maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva.<br />

Tale principio deve, tuttavia, essere letto tenendo presente che (Cass., n.<br />

4060 del 2011, n. 5372 del 2004) la giusta causa di licenziamento è nozione<br />

legale e il giudice non è vincolato dalle previsioni del contratto collettivo; ne deriva<br />

che il giudice può ritenere la sussistenza della giusta causa per un grave<br />

inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme<br />

della comune etica o del comune vivere civile, ove tale grave inadempimento o tale<br />

grave comportamento, secondo un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede<br />

di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto<br />

fiduciario tra datare di lavoro e lavoratore; per altro verso, il giudice può escludere<br />

altresì che il comportamento del lavoratore costituisca di fatto una giusta causa, pur<br />

essendo qualificato tale dal contratto collettivo, in considerazione delle circostanze<br />

concrete che lo hanno caratterizzato.<br />

Dunque, la mancata riconducibilità della condotta contestata alle previsioni<br />

disciplinari contrattuali, non esclude che la stessa possa essere sussunta nella<br />

giusta causa di cui all'art. 2119 cc, come ha ritenuto la Corte d'Appello con corretta<br />

e congrua motivazione.<br />

La stessa infatti, ha riformato la sentenza di primo grado, che nell'escludere<br />

che il fatto contestato rientrasse nelle ipotesi di licenziamento elencate nell'art. 5<br />

del CCNL, aveva ritenuto che era sussumibile nella lettera h) dell'art. 4, come<br />

denigrazione dell'amministrazione consortile o dei superiori, sanzionata con la<br />

sospensione fino a tre giorni.<br />

Affermava la Corte d'Appello, con giudizio di merito adeguatamente<br />

motivato, che le gravi offese indirizzate al Commissario straordinario, possibili di<br />

condanna penale, non potevano confondersi con una semplice denigrazione, senza<br />

rilevanza penale punita con la più mite sanzione.<br />

La circostanza che tale condotta non rientrasse nelle giuste cause di<br />

licenziamento di cui all'art. 5 del CCNL non assumeva rilievo, atteso che detta<br />

elencazione aveva solo carattere esemplificativo e non escludeva la sussistenza di<br />

5<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale


R.G. n. 12322 del 2013<br />

giusta causa per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della<br />

comune etica o del comune vivere civile che avesse fatto venir meno il rapporto<br />

fiduciario tra datare di lavoro e lavoratore.<br />

Nella specie, la Commissione di disciplina aveva correttamente osservato<br />

che le espressioni indirizzate dal dirigente al commissario straordinario erano di<br />

gravità estrema, nella forma, scurrili nei contenuti, aggressivi, minacciosi ingiuriosi.<br />

Va rilevato, in proposito, che, in ordine ai criteri che il giudice deve<br />

applicare per valutare la sussistenza o meno di una giusta causa di licenziamento,<br />

la giurisprudenza è pervenuta a risultati sostanzialmente univoci affermando<br />

ripetutamente (come ripercorso in Cass., n. 6498 del 2012, n. 5095 del 2011) che<br />

per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve<br />

rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di<br />

lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità<br />

dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei<br />

medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità<br />

dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione<br />

inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la<br />

collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la<br />

massima sanzione disciplinare.<br />

Il giudizio è rimesso al giudice di merito la cui valutazione è insindacabile in<br />

sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione, dovendo ritenersi (Cass.,<br />

n. 21965 del 2007) al riguardo che spetta al giudice di merito procedere alla<br />

valutazione della proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla condotta<br />

addebitata al lavoratore con riferimento a tutte le circostanze del caso concreto,<br />

secondo un apprezzamento di fatto che non è rinnovabile in sede di legittimità,<br />

bensì censurabile per vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione<br />

(cfr., altresì, ex plurimis, Cass. n. 7948 del 2011, n. 6823 del 2004).<br />

In tema di ambito dell'apprezzamento riservato al giudice del merito, è stato<br />

condivisibilmente affermato (cfr. fra le altre, Cass. n. 8254 del 2004) che la giusta<br />

causa di licenziamento, quale fatto che non consente la prosecuzione, neppure<br />

provvisoria, del rapporto, è una nozione che la legge, allo scopo di un adeguamento<br />

delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura<br />

con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle c.d. clausole generali) di limitato<br />

contenuto, delineante un modello generico che richiede di essere specificato in sede<br />

interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza<br />

generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama.<br />

A sua volta, Cass. n. 9266 del 2005 ha ulteriormente precisato che l'attività<br />

di integrazione del precetto normativo di cui all'art. 2119 c.c., (norma c.d. elastica)<br />

compiuta dal giudice di merito - ai fini della individuazione della giusta causa di<br />

6<br />

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licenziamento - mediante riferimento alla "coscienza generale", è sindacabile in<br />

cassazione a condizione, però, che la contestazione del giudizio valutativo operato<br />

in sede di merito non si limiti ad una censura generica e, come nella specie,<br />

contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di non coerenza del<br />

predetto giudizio rispetto agli "standards", conformi ai valori dell'ordinamento,<br />

esistenti nella realtà sociale (Cass., n. 21633 del 2013).<br />

3. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa<br />

applicazione del CCNL di categoria. Omessa e/o contraddittoria motivazione (art.<br />

360, n. 3 e n. 5, cpc) vizio di motivazione.<br />

Ad avviso del ricorrente, l'intero procedimento sarebbe illegittimo ed<br />

inefficace in ragione dell'obbligo di sospensione di cui all'art. 9, dell'allegato H al<br />

CCNL di categoria, che prevede: "qualora per il fatto addebitato al dirigente sia<br />

stata iniziata l'azione penale, il procedimento disciplinare non può essere proposto<br />

fino al termine di quello penale, e se già iniziato, deve essere sospeso, salve le<br />

sospensioni cautelari di cui agli articoli precedenti".<br />

In ragione della intervenuta denuncia querela da parte del Commissario<br />

straordinario nei confronti dell'ing. Vacca il procedimento disciplinare non sarebbe<br />

potuto nemmeno iniziare.<br />

La Corte d'Appello, inoltre aveva sottovalutato la autonoma ragione di<br />

invalidità del procedimento relativa alla posizione del Commissario che, soggetto<br />

passivo della condotta contestata, aveva anche condotto il procedimento<br />

disciplinare e assunto il provvedimento disciplinare finale.<br />

Tale condotta aveva violato il generale principio di terzietà della azione<br />

disciplinare che deve applicarsi a qualunque soggetto pubblico organizzato in forma<br />

privatistica.<br />

3.1. Il motivo non è fondato.<br />

L'art. 9 dell'allegato H del CCNL di settore prevede "Qualora per il fatto<br />

addebitato al dirigente sia stata iniziata azione penale, il procedimento disciplinare<br />

non può essere promosso fino al termine di quello penale e, se già iniziato, deve<br />

essere sospeso, salve le sospensioni cautelari di cui agli articoli precedenti".<br />

A tale disposizione non ha contravvenuto la Corte d'Appello atteso che la<br />

stessa rilevava come la querela era stata prontamente rimessa e non era<br />

intervenuto "inizio dell'azione penale" ai sensi dell'art. 405 cpp, secondo cui il<br />

pubblico ministero esercita l'azione penale formulando l'imputazione ovvero con<br />

richiesta di rinvio a giudizio.<br />

L'art.1 del medesimo allegato H, a sua volta prevede che i provvedimenti<br />

disciplinari devono essere adottati dal competente organo collegiale del Consorzio,<br />

ed è poi previsto dall'art. 5 il parere vincolante di una specifica Commissione.<br />

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Pertanto, non è ravvisabile la dedotta lesione del principio di terzietà, atteso<br />

che, come affermato dalla Corte d'Appello, il Commissario straordinario si limitava<br />

ad adottare il provvedimento di licenziamento in conformità al parere vincolante<br />

espresso dalla Commissione prevista dal CCNL.<br />

Ai sensi dell'art. 5, dell'allegato H, il licenziamento in tronco è adottato<br />

dall'Amministrazione consortile esperita la procedura di contestazione degli<br />

addebiti, sulla base del parere di un'apposita Commissione composta da: un<br />

rappresentante del Consorzio designato dai Consorzio stesso; un rappresentante<br />

del dirigente, designato a pena di decadenza entro il termine di 15 giorni,<br />

decorrenti dalla data di ricezione della richiesta del Consorzio effettuata con lettera<br />

raccomandata a.r., dalla delegazione regionale dell' Organizzazione nazionale<br />

firmataria del presente contratto cui il dipendenté sia iscritto o abbia conferito<br />

mandato; un terzo membro, con funzioni di Presidente designato dall'Assessorato<br />

regionale al lavoro della Regione ove ha sede il Consorzio ovvero, in mancanza di<br />

tale designazione, dalla Prefettura della Provincia ove ha sede il Consorzio.<br />

Nell'ipotesi di mancata designazione nei suddetti termini del rappresentante del<br />

dipendente, tale designazione è devoluta all'Organizzazione sindacale nazionale cui<br />

il dipendente sia iscritto od abbia conferito mandato, su richiesta del Consorzio e<br />

con gli stessi termini di cui al precedente comma.<br />

Dunque sussistono le necessarie garanzie di terzietà.<br />

4. Il terzo motivo di ricorso vede sulle conseguenze della illegittimità del<br />

recesso e sulle relative domande ripristinatorie.<br />

Assume il ricorrente che, ai sensi dell'art. 81 del CCNL di categoria,<br />

all'illegittimità del licenziamento consegue l'obbligo ripristinatorio del rapporto di<br />

lavoro in capo al Consorzio.<br />

4.1. Al rigetto dei precedenti due motivi di ricorso, consegue il rigetto del<br />

presente motivo.<br />

5. Il ricorso deve essere rigettato.<br />

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.<br />

7. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto<br />

della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,<br />

dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il<br />

ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.<br />

PQM<br />

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di<br />

giudizio che liquida in euro cento per esborsi, euro tremila per compensi<br />

professionali, oltre spese generali in misura del 15 per cento, IVA e cpa.<br />

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto<br />

della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,<br />

8<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale


R.G. n. 12322 del 2013<br />

dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il<br />

ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.<br />

Così decisa in Roma, nella camera di consiglio del 21 gennaio 2016<br />

Il Presidente<br />

Vittorio Nobile<br />

F<br />

ONAM GrZTIMUCLO<br />

Giovannt RUELLI ;rx.„2/i/ 1.7-----<br />

444-e—t 1/42<br />

CORTE SUPREMA N CASSAZICAIE<br />

/V Sa.,:one wireari<br />

Il Consigliere estensore<br />

Irene Tricorni<br />

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