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Cassazione

snciv@sL0@a2016@n17775@tS.clean

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R.G. n. 10526/2015<br />

aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate<br />

dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300, e successive modificazioni",<br />

senza negare l'accesso al procedimento speciale laddove si individui il datore di<br />

lavoro in un soggetto diverso da quello che ne abbia la veste solo formale, con<br />

una preclusione che sarebbe priva di ragionevolezza.<br />

Vuole dirsi - avuto riguardo al caso di specie - che se lo Zito aveva diritto alla<br />

tutela prevista dall'art. 18 della I. n. 300 del 1970 in quanto il rapporto di lavoro<br />

era in fatto realmente imputabile ad una pluralità di soggetti, non si vede perché<br />

il riconoscimento di detta tutela avrebbe dovuto avvenire nelle forme<br />

procedimentali diverse da quelle previste espressamente dalla legge per tali<br />

controversie solo perché egli era formalmente inquadrato da uno solo di tali<br />

soggetti.<br />

Anche il riferimento all'operatività del rito speciale "quando devono essere<br />

risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro" esplica la<br />

volontà del legislatore di non precluderne l'utilizzo per barriere imposte<br />

dall'apparenza della forma: così come pacificamente un lavoratore che alleghi la<br />

qualificazione solo formale di un rapporto come autonomo, deducendo la<br />

subordinazione, può impugnare il recesso invocando la tutela dell'art. 18 con il<br />

ricorso ex lege n. 92 del 2012, altrettanto può fare il lavoratore che invochi la<br />

stessa tutela in un rapporto di lavoro non formalizzato ovvero nei confronti di un<br />

soggetto diverso da quello che risulti essere il formale datore di lavoro.<br />

3.2.— Ciò acquisito, il primo motivo di ricorso non può essere accolto anche<br />

per altro verso, in quanto - in questa sede di impugnazione a critica vincolata in<br />

cui Veri-or in procedendo (come è correttamente qualificabile il vizio denunciato<br />

attinente ad un errore di attività del giudice) rileva nei limiti in cui determini la<br />

"nullità della sentenza o del procedimento" a mente dell'art. 360, co. 1, n. 4,<br />

c.p.c. - occorre sottolineare che, secondo giurisprudenza costante di questa<br />

Corte, l'inesattezza del rito non determina di per sé la nullità della sentenza.<br />

La violazione della disciplina sul rito assume rilevanza invalidante soltanto<br />

nell'ipotesi in cui, in sede di impugnazione, la parte indichi lo specifico pregiudizio<br />

processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso,<br />

quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e,<br />

in generale, delle prerogative processuali protette della parte (Cass. n. 19942 del<br />

2008, Cass. SS.UU. n. 3758 del 2009; Cass. n. 22325 del 2014; Cass. n. 1448<br />

del 2015).<br />

Corte di <strong>Cassazione</strong> - copia non ufficiale<br />

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